[03 TARANTO - 29] QTDN/CULTURA/01 04/04/17 · 2017-05-09 · Feltrinelli di Lecce, in via...

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Cultura Spettacoli & Cultura Spettacoli & di Giuliano PAVONE Un gruppo di ragazzi (col tem- po diventeranno adulti) del Val- darno per vent’anni s’incontra una sera a settimana per giocare a Dungeons & Dragons. Il più cele- bre dei giochi di ruolo, mentre fuori tutto cambia. Con “La stan- za profonda” (primo romanzo del- la storia dell’editore Laterza a concorrere al Premio Strega), Van- ni Santoni genera un fratello (con la faccia un po’ più pulita, forse, ma non meno fascinoso) del suo precedente “Muro di casse”. En- trambi i libri, infatti, si appoggia- no su una forma ibrida saggio-ro- manzo (sebbene questo secondo penda di più verso la narrativa), ed entrambi ambiscono a racconta- re, rendendo loro giustizia, due subculture (in “Muro di casse” il mondo dei rave e della musica tek- no, qui, ap- punto, i gio- chi di ruo- lo), svelando (o suggeren- do) la loro natura di avanguardie. Rave e gio- chi di ruolo: due realtà di- stanti ma tutte e due forme pecu- liari di resistenza- ribellione senza rivoluzione: in entrambi i casi non si voleva cambiare il mondo ma creare dei mondi a sé, delle sacche di bellezza e fantasia. Per molti, dunque, si trattava solo di fughe dalla realtà, eppure, fa capi- re Santoni, non prive di una loro carica eversiva. Che nel caso dei giochi di ruolo consisteva nel pro- porre, in un’epoca (gli anni 80-90) votata al profitto e all’indi- vidualismo, di un’attività basata sulla cooperazione, senza un vero scopo né dei veri vincitori (e per- ciò più assimilabile a un rito che a un gioco in senso stretto. Proprio per queste caratteristi- che, i giochi (e i giocatori) di ruo- lo sono stati spesso fraintesi, emarginati, banalizzati, criminaliz- zati. Non manca la polemica con i mass media, ispirata all’episodio realmente accaduto di un ragazzo il cui suicidio venne messo in rela- zione con il suo interesse per i giochi di ruolo. “In verità” dice un personaggio di “La stanza pro- fonda”, “da fuori, entrambi i grup- pi erano avanguardie che pativano uno stigma sociale. Gli uni si bec- cavano di vandali e tossici; gli al- tri si beccavano di sfigati, autisti- ci...”. Si noti quel “da fuori”: ci torneremo più avanti. La grande differenza fra le due subculture sta invece nel fatto che i giochi di ruolo alla fine han- no vinto. Non in quanto tali, ché la loro epoca d’oro è tramontata da un pezzo, ma per aver conqui- stato, in una specie di vendetta dei nerd, l’immaginario main- stream (si pensi al successo della narrativa Fantasy, alla saga cine- matografica del Signore degli Anelli e più recentemente a Game of Thrones), per aver profonda- mente modificato (e anche in buo- na parte sdoganato) il mondo dei videogames, facendolo diventare un’industria più grande dello stes- so cinema e aprendo le porte al gioco online (funzionale alle dina- miche sociali che erano parte inte- grante dei giochi di ruolo). Ma, andando ancora un gradino più su – e questo è uno degli elementi più interessanti della riflessione di Santoni – i giochi di ruolo si pos- sono considerare dei precursori dell’odierna moltiplicazione e vir- tualizzazione delle identità, essen- do ciò che facciamo quotidiana- mente con i nostri profili social per nulla dissimile dal calarsi in una scheda personaggio di Dun- geons & Dragons. Scrivendo questo libro Vanni Santoni era consapevole di dedi- carsi a una sfida per certi versi im- possibile, quella di raccontare dei mondi che avevano senso solo per chi vi era dentro. Ecco l’im- portanza di quel “da fuori”: “I tan- ti che in quegli anni passarono una sola volta dalla stanza (…) vi- dero solo una decina di sciaman- nati attorno a un tavolo. Si poteva solo esperire”. E poi: “Esistono due foto di quel periodo (…). Co- sa si vede? Nient’altro che, appun- to, una decina di persone attorno a un tavolo in una stanza fumosa e incasinata (…) e, quella sì, una certa concentrazione sulle facce di tutti i presenti, la concentrazio- ne di chi sta tessendo un mondo che può esistere solo nel cloud, nello spazio mentale condiviso, un mondo connesso forse, ti veni- va a volte il dubbio mentre rac- contavano agli altri cosa stavano vedendo, a tutti quelli creati nelle mille e mille altre stanze profon- de…”. Con un lirismo desolato, e con il suo personale stile che mischia gergo giovanile a toscanismi dal sapore antico, Santoni racconta an- che una generazione e la progres- siva desertificazione (materiale e sociale) della provincia italiana. Ma anche qui il gioco c’entra. Per- ché alla fine è da un lato il cordo- ne ombelicale che tiene tutti anco- ra faticosamente uniti al luogo di origine, quando la vita ti porta al- trove, e dall’altro ci si rende con- to che erano proprio quei mondi immaginari l’antidoto a un vuoto esterno che c’era sempre stato, e che cresceva sempre più col tem- po (citare passi), che quel Nulla – ispirato alla lettura de La Storia Infinita – con cui il Dungeon Ma- ster aveva circondato la mappa di una delle prime avventure, li asse- diava davvero, era contro di quel- lo che si ostinavano a costruire mondi, e alla fine se li viene a prendere. Difendono l’alterità di quella bolla (al di fuori non fanno nien- te, non sono davvero amici, sanno poco l’uno dell’altro) dagli attac- chi esterni (“Io questo ostinarsi a dare più peso alle cose reali rispet- to a quelle immaginarie non lo ca- pisco mica…” riflette uno dei per- sonaggi). Quando smettono di ve- dersi ogni settimana, la vita si prende quel tempo e non lo resti- tuisce più. “Chiudersi e produrre senso proprio perché fuori ce n’era sem- pre meno (…). Nel momento in cui il virtuale si sovrappone al rea- le, in cui tutto diventa narrazione, chi può svalutare con sicurezza quanto avveniva là sotto?”. d Appuntamento alle 18.30 alla Feltrinelli di Lecce, in via Tem- plari, con la presentazione del li- bro “Amiche di penna. Il roman- zo epistolare di Anna Karénina ed Emma Bovary” di Marosella Di Francia e Daniela Mastrocin- que (Mondadori). Con le due au- trici interverranno le giornaliste Titta Fiore e Claudia Presicce. Nel libro le autrici fanno in- contrare, nella dimensione episto- lare, le due eroine letterarie più popolari dell’Ottocento. Il risulta- to è un omaggio al coraggio e al- la dignità delle donne. Nel carteg- gio immagi- nario, infat- ti, Anna ed Emma con- frontano le loro aspira- zioni, i desi- deri, le scel- te. Spec- chiandosi l’una nell’altra, le due donne mettono a confronto con sempre maggiore intensità le rispettive concezioni dell’amore, si confida- no, s’ingannano, s’inseguono. Ma intanto fanno incontri con al- tri personaggi letterari e con per- sonaggi reali, con i quali stabili- scono amicizie e realizzano con- fronti, da Rossella O’Hara, a De- gas e Odette de Crécy. Marosella Di Francia e Danie- la Mastrocinque disegnano quin- di con la fantasia dei ritratti evo- luti delle due eroine che grazie alla loro amicizia sperimentano emozioni e scenari del tutto nuo- vi insieme ad esperienze reinven- tate o inedite. Lettera dopo lette- ra prende forma una galleria di personaggi femminili indimenti- cabili che conquistano l’attenzio- ne dei lettori. d Incontro conclusivo alle 16, al Conservatorio di Sant’Anna di Lecce, del corso trimestrale “La pizzica e il tara`ntismo: il pensiero armonico tra ar- te e terapia”, tenuto dall’etnologo e filosofo Pierpaolo De Giorgi. Il corso ha illustrato le in- novative e rigorose teo- rie sul tarantismo, sulla pizzica, sulla relativa musica terapeutica e sul- la scoperta del “pensie- ro armonico”. Ospite dell’incontro sarà l’edi- tore Mario Congedo, che ha pubblicato numerosissimi testi universitari e di ricerca e, tra questi, molti saggi di De Giorgi sul tarantismo, “finalmen- te osservato come risorsa positi- va e preziosa del territorio”. Tra i libri dell’etnologo musicista pubblicati da Congedo, ricordia- mo “La pizzica, la taran- ta e il vino: il pensiero armonico” del 2010 e “Il mito del tarantismo: dalla terra del rimorso alla terra della rinasci- ta” del 2008 (foto), che consentono una sistema- tica comparazione attra- verso un ampio reperto- rio fotografico sulle ma- trici magnogreche del dionisismo, dell’orfi- smo e del pitagorismo. Il taranti- smo - questa la tesi - è un rito di rinascita, allestito per ricreare l’armonia perduta con se stessi e con la comunità. di Raffaele POLO Una recentissima inchiesta napoletana del commissario De Felice vede in questo “Che fine ha fatto l’infermiera?” l’ultima fatica letteraria di Dedo di Fran- cesco che affida ad uno dei suoi personaggi meglio riusciti una piacevole incursione in tem- pi e luoghi che sono diventati topoi dell’ambientazione gialli- stica nostrana. Quasi equivalenti della Chi- cago dei noir americani, la Na- poli degli anni cinquanta è un vero e proprio palcoscenico al- lestito per irrobustire vicende e fatti di gente che è, di per sé, attrice spontanea di buona leva- tura, con caratteristi che dipin- gono uno scenario godibilissi- mo, reso ancora più attraente da un dialetto comprensibile condito dai soprannomi che non possono mancare nello scritto in questione. Abbiamo, ad esempio, la puntuale descri- zione di quel pezzo di femmina denominata Culetta Cecere; ce lo spiega “o spione”, alias Co- viello: «Qui a Napoli Culetta è anche il diminutivo di Nicolet- ta, ma a lei la chiamano Culet- ta anche perchè c’ha proprio un bel didietro...». I protagonisti di questo gial- lo sono un morto ammazzato, i suoi due figli poco cristallini, un portiere pettegolo, un usura- io, un’infermiera scomparsa in- sieme al suo fidanzato... Tra colpi di scena, informa- tori e un pizzico di umorismo, il commissario De Felice e i suoi tradizionali collaboratori (Guardabbascio, Lozupone e Pi- gnataro) comprendono che la chiave di volta per risolvere il caso è rispondere alla doman- da: che fine ha fatto l’infermie- ra? Edito per i tipi della Ro- bin-BdV, il libro è preceduto da una sintetica nota introdutti- va su “Il luogo del delitto”, pre- disposta sagacemente per am- bientare, da subito, il lettore nel microcosmo del commissa- rio De Felice che, anche questa volta, non vede l’ora di potersi rifugiare nella pensione di Ischia, gestita dalla procace Bri- gida Parannante. D ISTANTIDALLAVITA CONUN GIOCO DIRUOLO Un romanzo per lo Strega La casa editrice Laterza in lizza con “La stanza profonda” di Vanni Santoni Un fenomeno che ha preceduto l’era dei social Un nuovo complicato caso per il commissario De Felice Alla Feltrinelli la corrispondenza immaginaria tra Emma Bovary ed Anna Karénina L’editore Congedo ospite del corso di Pierpaolo De Giorgi La copertina Fughe dalla realtà non certo prive di una loro carica eversiva L’autore racconta anche la progressiva desertificazione della provincia italiana Pizzicae pensiero armonico Dedo Di Francesco ambienta nella Napoli degli anni Cinquanta il suo “Che fine ha fatto l’infermiera?” LA PRESENTAZIONE

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Cultura Spettacoli&Cultura Spettacoli&

di Giuliano PAVONE

Un gruppo di ragazzi (col tem-po diventeranno adulti) del Val-darno per vent’anni s’incontrauna sera a settimana per giocare aDungeons & Dragons. Il più cele-bre dei giochi di ruolo, mentrefuori tutto cambia. Con “La stan-za profonda” (primo romanzo del-la storia dell’editore Laterza aconcorrere al Premio Strega), Van-ni Santoni genera un fratello (conla faccia un po’ più pulita, forse,ma non meno fascinoso) del suoprecedente “Muro di casse”. En-trambi i libri, infatti, si appoggia-no su una forma ibrida saggio-ro-manzo (sebbene questo secondopenda di più verso la narrativa),ed entrambi ambiscono a racconta-re, rendendo loro giustizia, due

subcu l tu re(in “Muro dicasse” ilmondo deirave e dellamusica tek-no, qui, ap-punto, i gio-chi di ruo-lo), svelando(o suggeren-do) la loronatura diavanguardie.Rave e gio-chi di ruolo:due realtà di-

stanti ma tutte e due forme pecu-liari di resistenza- ribellione senzarivoluzione: in entrambi i casinon si voleva cambiare il mondoma creare dei mondi a sé, dellesacche di bellezza e fantasia. Permolti, dunque, si trattava solo difughe dalla realtà, eppure, fa capi-re Santoni, non prive di una lorocarica eversiva. Che nel caso deigiochi di ruolo consisteva nel pro-porre, in un’epoca (gli anni80-90) votata al profitto e all’indi-vidualismo, di un’attività basatasulla cooperazione, senza un veroscopo né dei veri vincitori (e per-ciò più assimilabile a un rito chea un gioco in senso stretto.

Proprio per queste caratteristi-che, i giochi (e i giocatori) di ruo-lo sono stati spesso fraintesi,emarginati, banalizzati, criminaliz-zati. Non manca la polemica coni mass media, ispirata all’episodiorealmente accaduto di un ragazzoil cui suicidio venne messo in rela-zione con il suo interesse per i

giochi di ruolo. “In verità” diceun personaggio di “La stanza pro-fonda”, “da fuori, entrambi i grup-pi erano avanguardie che pativanouno stigma sociale. Gli uni si bec-cavano di vandali e tossici; gli al-tri si beccavano di sfigati, autisti-ci...”. Si noti quel “da fuori”: citorneremo più avanti.

La grande differenza fra ledue subculture sta invece nel fattoche i giochi di ruolo alla fine han-no vinto. Non in quanto tali, chéla loro epoca d’oro è tramontatada un pezzo, ma per aver conqui-stato, in una specie di vendettadei nerd, l’immaginario main-stream (si pensi al successo dellanarrativa Fantasy, alla saga cine-matografica del Signore degliAnelli e più recentemente a Gameof Thrones), per aver profonda-

mente modificato (e anche in buo-na parte sdoganato) il mondo deivideogames, facendolo diventareun’industria più grande dello stes-so cinema e aprendo le porte algioco online (funzionale alle dina-miche sociali che erano parte inte-grante dei giochi di ruolo). Ma,andando ancora un gradino più su– e questo è uno degli elementipiù interessanti della riflessione diSantoni – i giochi di ruolo si pos-sono considerare dei precursoridell’odierna moltiplicazione e vir-tualizzazione delle identità, essen-do ciò che facciamo quotidiana-mente con i nostri profili socialper nulla dissimile dal calarsi inuna scheda personaggio di Dun-geons & Dragons.

Scrivendo questo libro VanniSantoni era consapevole di dedi-carsi a una sfida per certi versi im-possibile, quella di raccontare deimondi che avevano senso soloper chi vi era dentro. Ecco l’im-portanza di quel “da fuori”: “I tan-ti che in quegli anni passaronouna sola volta dalla stanza (…) vi-dero solo una decina di sciaman-nati attorno a un tavolo. Si potevasolo esperire”. E poi: “Esistonodue foto di quel periodo (…). Co-sa si vede? Nient’altro che, appun-to, una decina di persone attornoa un tavolo in una stanza fumosa

e incasinata (…) e, quella sì, unacerta concentrazione sulle faccedi tutti i presenti, la concentrazio-ne di chi sta tessendo un mondoche può esistere solo nel cloud,nello spazio mentale condiviso,un mondo connesso forse, ti veni-va a volte il dubbio mentre rac-contavano agli altri cosa stavanovedendo, a tutti quelli creati nellemille e mille altre stanze profon-de…”.

Con un lirismo desolato, e conil suo personale stile che mischiagergo giovanile a toscanismi dalsapore antico, Santoni racconta an-che una generazione e la progres-siva desertificazione (materiale esociale) della provincia italiana.Ma anche qui il gioco c’entra. Per-ché alla fine è da un lato il cordo-ne ombelicale che tiene tutti anco-

ra faticosamente uniti al luogo diorigine, quando la vita ti porta al-trove, e dall’altro ci si rende con-to che erano proprio quei mondiimmaginari l’antidoto a un vuotoesterno che c’era sempre stato, eche cresceva sempre più col tem-po (citare passi), che quel Nulla –ispirato alla lettura de La StoriaInfinita – con cui il Dungeon Ma-ster aveva circondato la mappa diuna delle prime avventure, li asse-diava davvero, era contro di quel-lo che si ostinavano a costruiremondi, e alla fine se li viene aprendere.

Difendono l’alterità di quellabolla (al di fuori non fanno nien-te, non sono davvero amici, sannopoco l’uno dell’altro) dagli attac-chi esterni (“Io questo ostinarsi adare più peso alle cose reali rispet-to a quelle immaginarie non lo ca-pisco mica…” riflette uno dei per-sonaggi). Quando smettono di ve-dersi ogni settimana, la vita siprende quel tempo e non lo resti-tuisce più.

“Chiudersi e produrre sensoproprio perché fuori ce n’era sem-pre meno (…). Nel momento incui il virtuale si sovrappone al rea-le, in cui tutto diventa narrazione,chi può svalutare con sicurezzaquanto avveniva là sotto?”.

d Appuntamento alle 18.30 allaFeltrinelli di Lecce, in via Tem-plari, con la presentazione del li-bro “Amiche di penna. Il roman-zo epistolare di Anna Karéninaed Emma Bovary” di MarosellaDi Francia e Daniela Mastrocin-que (Mondadori). Con le due au-trici interverranno le giornalisteTitta Fiore e Claudia Presicce.

Nel libro le autrici fanno in-contrare, nella dimensione episto-lare, le due eroine letterarie piùpopolari dell’Ottocento. Il risulta-to è un omaggio al coraggio e al-la dignitàdelle donne.Nel carteg-gio immagi-nario, infat-ti, Anna edEmma con-frontano leloro aspira-zioni, i desi-deri, le scel-te. Spec-c h i a n d o s il’una nell’altra, le due donnemettono a confronto con sempremaggiore intensità le rispettiveconcezioni dell’amore, si confida-no, s’ingannano, s’inseguono.Ma intanto fanno incontri con al-tri personaggi letterari e con per-sonaggi reali, con i quali stabili-scono amicizie e realizzano con-fronti, da Rossella O’Hara, a De-gas e Odette de Crécy.

Marosella Di Francia e Danie-la Mastrocinque disegnano quin-di con la fantasia dei ritratti evo-luti delle due eroine che graziealla loro amicizia sperimentanoemozioni e scenari del tutto nuo-vi insieme ad esperienze reinven-tate o inedite. Lettera dopo lette-ra prende forma una galleria dipersonaggi femminili indimenti-cabili che conquistano l’attenzio-ne dei lettori.

d Incontro conclusivo alle 16,al Conservatorio di Sant’Annadi Lecce, del corso trimestrale“La pizzica e il tara`ntismo: ilpensiero armonico tra ar-te e terapia”, tenutodall’etnologo e filosofoPierpaolo De Giorgi. Ilcorso ha illustrato le in-novative e rigorose teo-rie sul tarantismo, sullapizzica, sulla relativamusica terapeutica e sul-la scoperta del “pensie-ro armonico”. Ospitedell’incontro sarà l’edi-tore Mario Congedo,che ha pubblicato numerosissimi

testi universitari e di ricerca e,

tra questi, molti saggi di De

Giorgi sul tarantismo, “finalmen-

te osservato come risorsa positi-va e preziosa del territorio”. Trai libri dell’etnologo musicistapubblicati da Congedo, ricordia-

mo “La pizzica, la taran-ta e il vino: il pensieroarmonico” del 2010 e“Il mito del tarantismo:dalla terra del rimorsoalla terra della rinasci-ta” del 2008 (foto), checonsentono una sistema-tica comparazione attra-verso un ampio reperto-rio fotografico sulle ma-trici magnogreche deldionisismo, dell’orfi-

smo e del pitagorismo. Il taranti-smo - questa la tesi - è un ritodi rinascita, allestito per ricrearel’armonia perduta con se stessi econ la comunità.

di Raffaele POLO

Una recentissima inchiestanapoletana del commissario DeFelice vede in questo “Che fineha fatto l’infermiera?” l’ultimafatica letteraria di Dedo di Fran-cesco che affida ad uno deisuoi personaggi meglio riuscitiuna piacevole incursione in tem-pi e luoghi che sono diventatitopoi dell’ambientazione gialli-stica nostrana.

Quasi equivalenti della Chi-cago dei noir americani, la Na-poli degli anni cinquanta è unvero e proprio palcoscenico al-lestito per irrobustire vicende efatti di gente che è, di per sé,attrice spontanea di buona leva-tura, con caratteristi che dipin-

gono uno scenario godibilissi-mo, reso ancora più attraenteda un dialetto comprensibilecondito dai soprannomi chenon possono mancare nelloscritto in questione. Abbiamo,ad esempio, la puntuale descri-zione di quel pezzo di femminadenominata Culetta Cecere; celo spiega “o spione”, alias Co-viello: «Qui a Napoli Culetta èanche il diminutivo di Nicolet-ta, ma a lei la chiamano Culet-ta anche perchè c’ha proprio unbel didietro...».

I protagonisti di questo gial-lo sono un morto ammazzato, isuoi due figli poco cristallini,un portiere pettegolo, un usura-io, un’infermiera scomparsa in-sieme al suo fidanzato...

Tra colpi di scena, informa-tori e un pizzico di umorismo,il commissario De Felice e isuoi tradizionali collaboratori(Guardabbascio, Lozupone e Pi-gnataro) comprendono che lachiave di volta per risolvere ilcaso è rispondere alla doman-da: che fine ha fatto l’infermie-ra?

Edito per i tipi della Ro-bin-BdV, il libro è precedutoda una sintetica nota introdutti-va su “Il luogo del delitto”, pre-disposta sagacemente per am-bientare, da subito, il lettorenel microcosmo del commissa-rio De Felice che, anche questavolta, non vede l’ora di potersirifugiare nella pensione diIschia, gestita dalla procace Bri-gida Parannante.

DISTANTI DALLA VITACON UN GIOCO DI RUOLO

Un romanzoper lo Strega

La casa editriceLaterza in lizzacon “La stanza

profonda”di Vanni Santoni

Un fenomeno cheha preceduto

l’era dei social

Un nuovo complicato caso per il commissario De Felice

Alla Feltrinellila corrispondenzaimmaginariatra Emma Bovaryed Anna Karénina

L’editore Congedo ospite del corso di Pierpaolo De Giorgi

La copertina

~Fughe dalla realtà

non certo privedi una loro

carica eversiva

~L’autore racconta

anche la progressivadesertificazione

della provincia italiana

Pizzica e pensiero armonicoDedo Di Francesco ambienta nella Napoli degli anni Cinquanta il suo “Che fine ha fatto l’infermiera?”

LA PRESENTAZIONE