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Lenti a Contatto - Contact lenses Agosto 2010, volume XII, numero 2 dodicesimo anno con il patrocinio di

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Lenti a Contatto - Contact lensesAgosto 2010, volume XII, numero 2

Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide.Attenzione alla retina perifericaLuigi Lupelli

Occhio secco e lenti a contattoGonzalo Carracedo OD, Msc

L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologiaMatteo Fagnola, Marco Paolo Pagani, Silvio Maffioletti, Silvia Tavazzi, Antonio Papagni

La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicaliNicola Pescosolido, Chiara Nardella

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Sommario

Lenti a Contatto - Contact lensesAgosto 2010, volume XII, numero 2

d o d i c e s i m o a n n ocon il patrocinio di

EditorialeLuigi Lupelli Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide. Attenzione alla retina periferica pag. 35

ArticoliGonzalo CarracedoOcchio secco e lenti a contatto pag. 37 Matteo Fagnola, Marco Paolo Pagani, Silvio Maffioletti, Silvia Tavazzi, Antonio PapagniL’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia pag. 45

Nicola Pescosolido, Chiara NardellaLa ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali pag. 53

RubricheLuigi LupelliPillole di lac e dintorni pag. 61

Laura Boccardo Tips & tricks pag. 63

Laura Boccardo In libreria pag. 64

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Lenti a contattoContact lensesCodirettori scientificiL. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma)

Comitato scientifico L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo), R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze), P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma),A. Madesani (Forte dei Marmi), S. Maffioletti (Bergamo),L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo),M. Pastorelli (Novi Ligure), M. Rolando (Genova), A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona), L. Sorbara (Toronto), M. Zuppardo (Roma)

Ringraziamenti Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I. per la collaborazione scientifica

Comitato editoriale A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon), M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma)

SegreteriaO. De Bonavia E. Mattei, 11 - 30020 Marcon (VE)tel. 041.5939411e-mail: [email protected]

Nome della rivistaLAC

Direttore responsabileMarco Perini

Proprietario testataBieBi Editrice

EditoreBieBi Editrice di Mauro LampoVia Losana, 4 - 13900 Biella

TiraturaQuadrimestrale, 32 pagine

TipografiaArti Grafiche BiellesiVia Biella, 58 - 13878 Candelo (BI)

Registrazione TribunaleBiella, in data 6/5/99 al n. 487Sped. gratuita

Numeri arretratiPresso la segreteria

Lenti a Contatto - Contact lensesAgosto 2010, volume XII, numero 2

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EDIT

ORIA

LE

PREvENIRE LA mIOPIA CON LENTI A CONTATTO mORbIDEATTENzIONE ALLA RETINA PERIfERICA

Luigi LupelliUniversità degli Studi Roma Tre

Circa un quarto della popolazione del mondo occiden-tale è miope. Tale percentuale appare crescere in questi ultimi anni1, in particolare in Cina.2-3, tanto che è stato prospettato che nel 2020 circa un terzo della popola-zione mondiale sarà miope.Talvolta la miopia può essere congenita o insorgere nell’età adulta ma questi due tipi di miopia sono piut-tosto infrequenti. La miopia più comune è quella che si manifesta nell’età scolare e che si caratterizza, tra l’al-tro, per aumentare di valore negli anni successivi.Diversi approcci sono stati proposti e posti in atto con lo scopo di poter controllare la progressione miopica propria della tarda infanzia e dell’adolescenza. Quelli farmacologici e ottici hanno ottenuto più credito. I far-maci più usati sono gli antimuscarinici4-8 e, tra questi, l’atropina5-6 ha dimostrato di essere la sostanza più ef-ficace. La presenza di rilevanti effetti collaterali rende però estremamente marginale il loro uso. Gli approc-ci ottici sono stati utilizzati in maniera più estesa. Tra questi l’ipocorrezione, a dispetto del massiccio utilizzo anche nel tempo, si è mostrata un metodo totalmente inefficace9. Gli occhiali sono stati prescritti anche con lenti bifocali o progressive con lo stesso scopo. No-nostante tale metodo risultati certamente più efficace della semplice ipocorrezione, gli effetti nell’ostacolare lo sviluppo della miopia sono così limitati che, in par-ticolare nei miopi non esoforici, non pare giustificata la prescrizione10-14. L’applicazione convenzionale (allineamento apicale) di lac RGP è stata spesso considerata la procedura più efficace per il controllo della miopia, ma recentemente è stato confermato che l’effetto è di semplice model-lamento corneale piuttosto che d’inibizione dell’allun-gamento della camera vitrea15.Nuova linfa nel controllo della progressione miopica è stata apportata dallo spostamento dell’interesse della ricerca dal defocus foveale a quello periferico. E così, in prima analisi, si è trovato che se da un lato la mag-gior parte degli ipermetropi, e anche degli emmetropi, si caratterizza per la presenza di un defocus miopico nella retina periferica, dall’altro i miopi mostrano un defocus periferico ipermetropico16-18. Allora il mondo della ricerca si è domandato se non fosse proprio que-sta peculiare ipercorrezione periferica a indurre nei miopi il progressivo allungamento della camera vitrea e quindi essere la causa dell’incremento della miopia.

In particolare Earl Smith III (2005, 2007, 2009) nel di-partimento di optometria dell’Università di Huston, già crogiolo di ricerche sulla progressione miopica con Grosvenor, i Perrigin e Goss. Smith e collaboratori19-21, hanno mostrato, con esperi-menti su animali, che l’informazione visiva provenien-te dalla fovea non è essenziale nel regolare la normale crescita oculare, né elimina il processo di emmetropiz-zazione. Da qui lo stesso gruppo di ricerca è arrivato a suggerire il possibile intervento ottico per controllare la progressione miopica attraverso la manipolazione del fronte d’onda periferico che può essere portato da-vanti alla retina.Dal versante clinico alcuni gruppi di ricerca coordinati da Cho22-23 e da Walline24 hanno mostrato che è pos-sibile, nei miopi, ridurre l’allungamento della camera vitrea, e quindi la progressione miopica, se vengono applicate lenti a contatto RGP in modalità ortochera-tologica notturna. Anche in questo caso è stato ipo-tizzato che l’effetto sia dovuto al decremento o alla neutralizzazione del defocus ipermetropico periferico indotto dall’aumento di curvatura della superficie cor-neale paracentrale, che s’induce con le lac a geometria inversa22.Gli effetti di rallentamento della progressione miopica che si ottengono, in maniera parziale, con l’ortochera-tologia notturna, possono essere ottenuti con l’applica-zione, più semplice e, possibilmente, dagli effetti più prevedibili, di lenti a contatto morbide? Tale interrogativo, oltre che a Huston, con il gruppo co-ordinato da Smith, se lo sono posto in Australia (Brian Holden Vision Institute) e in Nuova Zelanda (Philips nell’Università di Auckland). L’effetto di ciò è stato lo sviluppo di due brevetti, già acquisiti dalle aziende, di altrettante lenti a contatto morbide con geometrie tali da poter gestire non soltanto la visione centrale, per ottimizzare la percezione del dettaglio, ma anche la vi-sione periferica, per ottimizzare la prevenzione della progressione miopica.Certamente è indispensabile analizzare i risultati delle ricerche nel tempo ed è necessaria poi la verifica sul campo, ma se ci viene data la possibilità di dire stop alla miopia con il comfort e la semplicità di una lente a contatto morbida è naturale pensare che il futuro dei miopi, a rischio potenziale di incremento del difetto, è decisamente più luminoso.

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Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide attenzione alla retina periferica

L.Lupelli / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 35-36

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ARTI

COLO

OCChIO SECCO E LENTI A CONTATTO

Ricevuto il 25 agosto, 2010; accettato il 14 settembre, 2010.

SommarioL’occhio secco è considerato la principale causa di ab-bandono dell’uso delle lenti a contatto. Le alterazioni del film lacrimale dovute a secchezza oculare nei portatori di lenti a contatto sono associate a riduzione del comfort, peggioramento dell’acuità visiva, riduzione dei tempi di utilizzo e maggior rischio di staining corneale. Si suppo-ne che, durante l’uso delle lenti a contatto, si instauri una serie di meccanismi che portano all’occhio secco: aumen-to dell’evaporazione del film lacrimale, infiammazione, riduzione della produzione di lacrime con conseguente aumento dell’osmolarità, diminuzione della sensibilità corneale, sofferenza delle cellule caliciformi e possibile variazione della concentrazione di diadenosina trifosfa-to, o qualsiasi combinazione di questi fattori. In questa rassegna descriveremo le alterazioni del film lacrimale e della superficie oculare che sono associate con l’occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto.

L'occhio seccoNel 2007, il Dry Eye WorkShop (DEWS) ha proposto la seguente definizione di occhio secco: “L’occhio secco è una malattia multifattoriale del film lacrimale e della su-perficie oculare che provoca sintomi di discomfort, di-sturbi visivi e instabilità del film lacrimale con potenziale

danno alla superficie oculare. È accompagnata da un au-mento dell’osmolarità del film lacrimale e dall’infiamma-zione della superficie oculare”1.Se analizziamo in dettaglio la definizione di occhio secco, vediamo che si tratta non solo di un disturbo del film lacri-male, ma piuttosto di un problema che coinvolge tutta l’uni-tà funzionale lacrimale (Lacrimal Functional Unit - LFU),2-3 un sistema integrato che comprende la superficie oculare (cornea e congiuntiva), le ghiandole lacrimali, le ghiandole Meibomio, le palpebre e l’innervazione sia sensoriale, sia motoria. La LFU controlla e regola la lacrimazione in rispo-sta a eventuali influenze ambientali o endocrine. Un danno a qualsiasi componente della unità funzionale lacrimale può destabilizzare il film lacrimale e causare una patologia oculare di superficie, che si presenta come occhio secco2-4.Attualmente vengono inclusi intenzionalmente nella de-finizione di occhio secco i segni oculari più rilevanti. I pa-zienti con occhio secco presentano abitualmente sintomi di fastidio, secchezza, sensazione di sabbia negli occhi, irritazione, sensazione di corpo estraneo, bruciore o sen-sibilità alla luce4-7. In funzione del tipo di occhio secco, i segni che si possono presentare più comunemente sono: iposecrezione lacrimale8, instabilità del film lacrimale,9 iperosmolarità lacrimale,10-11 colorazione corneale o con-giuntivale,12 calo di acuità visiva,13 aumento delle aberra-zioni oculari14 e infiammazione oculare15.L’occhio secco si divide in due tipi principali, l’occhio secco da ipoproduzione lacrimale e occhio secco da iper-evaporazione lacrimale. Queste due forme non sono in-dipendenti, ma i pazienti presentano eventi riconducibili ad entrambi i tipi (vedi figura 1).

Gonzalo CarracedoDepartamento de Óptica II (Optometría y Visión), Escuela Universitaria de Óptica, Universidad Complutense de Madrid, Spagna

PAROLE ChIAvEOcchio secco, lenti a contatto, film lacrimale.

OCChIO SECCO

Primario

Secondario

Sindrome Sjögren No-Sindrome Sjögren

Insufficiente secrezione lacrimale

Ostruzione dotto ghiandola lacrimale

blocco del riflesso motore

farmaci sistemici

Ipo-produzione Iper-evaporazione

Intrinseco Estrinseco

Lipidi meibomio vit. A

Apertura palpebre Conservanti dei farmaci

Ammiccamento LAC

Azione farmaci Allergie

Ambiente interno:• Uso di computer• farmaci sistemici• Invecchiamento

• Donne

Ambiente Esterno:• Umidità relativa

• Ambiente di lavoro• ventoFigura 1

Classificazione dell’occhio secco.1

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Occhio secco e lenti a contatto

L’occhio secco da ipo-produzione implica principalmen-te la diminuzione della secrezione lacrimale,16-17 che cau-sa iperosmolarità e quindi innesca il resto degli eventi nella patogenesi dell’occhio secco18. L’occhio secco da ipoproduzione si divide a sua volta in due sottotipi: l’oc-chio secco associato alla sindrome di Sjögren e l’occhio secco non associato alla sindrome di Sjögren.L’altro tipo principale di occhio secco è quello evapora-tivo, in cui si ha un’eccessiva perdita di liquido lacrima-le, che lascia esposta la superficie oculare, malgrado una normale produzione di lacrime. Questo tipo di occhio secco si divide a sua volta in intrinseco, quando la causa è una patologia o una disfunzione propria del paziente, e in estrinseco, quando l’eccessiva evaporazione è causata da un fattore esterno.Fra le cause intrinseche di occhio secco evaporativo tro-viamo le disfunzioni delle ghiandole di Meibomio,19-20 o patologie come l’ipertiroidismo o il morbo di Parkin-son21-22. La causa estrinseca più rilevante è l’uso di lenti a contatto, e a sua volta l’occhio secco è la principale causa di abbandono delle lenti a contatto23.

DiagnosiLa diagnosi di occhio secco è difficile perché questa pa-tologia presenta una grande varietà di segni e sintomi e inoltre non esiste una correlazione tra gli uni e gli altri. Si possono osservare casi di occhio secco con sintoma-tologia, ma senza presenza di segni oculari e vicever-sa24-25. Non esistendo un test gold standard per la diagnosi dell’occhio secco, il sottocomitato di metodologia per la diagnosi del DEWS raccomanda la combinazione di al-cuni dei seguenti test:26

1- Questionari soggettivi - Esistono vari tipi di questiona-ri per valutare i sintomi di occhio secco. I più utilizzati sono: il questionario di McMonnies,27 il Dry Eye Que-stionnaire (DEQ) con la sua versione per le lenti a contat-to (CLDEQ),4, 28 l’Ocular Surface Desease Index (OSDI),29 e il questionario di Schein25.

2- Test per valutare la superficie corneale - Per evidenziare di-fetti o erosioni nella superficie oculare si utilizzano co-loranti come la fluoresceina per la cornea, che si osserva meglio con il filtro giallo, o il verde di lissamina e il rosa bengala per valutare la congiuntiva. I sistemi più usati per quantificare la colorazione (staining) della superficie corneale sono il sistema di Van Bijsterveld,30 il sistema Oxford31 e il sistema CLEK32. Esistono altri test specifici per gli utilizzatori di lenti a contatto, nei quali si valuta lo staining corneale come una complicazione dell’uso delle lenti. I più utilizzati sono le scale di gradazione di Efron33 e del CCLRU34.

3- Stabilità del film lacrimale - Per la valutazione dell’insta-bilità lacrimale, il test più utilizzato è il tempo di rottura del film lacrimale (Tear Film Break-up Time: TFBUT). Per eseguire questo test, si deve instillare fluoresceina sodica sulla superficie oculare. Il tempo normale minimo di rot-tura è considerato 10 secondi35. Inoltre esistono test non invasivi, come l’osservazione delle ghiandole di Meibo-mio e il BUT non invasivo (NIBUT)36.

4- Test per valutare il volume lacrimale - Con questo tipo di test si misura la secrezione lacrimale, sia riflessa, sia ba-sale. Il più comune è il test di Shirmer, che si esegue con una cartina Wathman no. 1. Il valore normale per questo test è di almeno 5,5 mm in 5 minuti30. Altri test meno in-vasivi sono il filo rosso fenolo, il Tear Turnover rate (TTR) e la quantificazione del menisco lacrimale marginale37.

5- Test per valutare l’osmolarità - Fino ad oggi questo era un test di laboratorio con un accesso molto limitato per i professionisti clinici10. Attualmente è disponibile un osmometro compatto, che necessita di una minima quan-tità di lacrime per misurare istantaneamente l’osmolarità. Questo strumento, chiamato Tearlab Osmolarity (Tearlab Corporation), ha reso disponibile il primo test di uso cli-nico per misurare l’osmolarità lacrimale38.

Oltre a questi test diagnostici ampiamente noti, è stata scoperta una molecola, chiamata diadenosina tetrafosfato, Ap4A, presente nel liquido lacrimale umano, che aumenta di concentrazione in caso di occhio secco ed è quindi uno strumento di diagnosi oggettiva39-40 (vedi figura 2).

Figura 2Concentrazione di Ap4A e Ap5A nella lacrima di pazienti con e senza sintomatologia di occhio secco. Si può osservare un aumento delle concentrazioni di queste molecole nella lacrima dei pazienti con sintomi di secchezza oculare, tanto più se hanno anche un volume lacrimale ridotto (> 5 mm Schirmer test).

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Per ora, uno strumento di misura di questa molecola per uso clinico è ancora in fase di sviluppo.

TrattamentoIl trattamento dell’occhio secco è difficile e spesso fru-strante, poiché le cause che lo determinano, nella mag-gior parte dei casi, non hanno un trattamento efficace, né specifico. La prima opzione di fronte ad un occhio secco lieve o moderato sono i lubrificanti, conosciuti come la-crime artificiali, anche se non imitano la composizione della lacrima umana. Considerando che l’infiammazione della superficie oculare è un meccanismo chiave della pa-togenesi dell’occhio secco, sono stati sviluppati farmaci antinfiammatori per questa patologia. Le tre famiglie di antinfiammatori utilizzati sono: la ciclosporina, i corti-coidi e le tetracicline.L’applicazione topica di sieri biologici, come il siero sangui-gno o il siero amniotico, può migliorare i segni clinici di oc-chio secco. Questi fluidi hanno una composizione in qual-che modo simile alla lacrima naturale e inoltre sono ricchi di fattori di crescita, vitamine, immunoglobine e altre pro-teine necessarie per mantenere sana la superficie oculare.Recentemente è stata prospettata come possibile terapia per l’occhio secco l’assunzione di acidi grassi essenziali come l’Omega-341. È stato dimostrato che l’acido linolei-co e l’acido - linoleico somministrati oralmente due volte al dì, porta ad un significativo miglioramento dei sintomi di irritazione oculare42.Un nuovo farmaco, approvato di recente per la com-mercializzazione, è il DIQUAS che verrà distribuito da Santen Pharmaceuticals in Giappone. È un segretagogo (agente chimico che stimola la secrezione) analogo al Ap4A, che ha la caratteristica di stimolare la secrezione delle tre componenti principali del liquido lacrimale: ac-quosa, mucosa e lipidica. Test clinici hanno dimostrato che riduce significativamente la colorazione corneale43. Oltre i trattamenti farmacologici per l’occhio secco, esi-stono altre terapie come l’occlusione dei puntini lacrima-li, gli occhiali a camera umida e le lenti a contatto ad uso terapeutico.

Prevalenza dell’occhio secco negli utilizzatori di lenti a contattoI sintomi di occhio secco sono più frequenti negli utiliz-zatori di lenti a contatto che nel resto della popolazione e ciò significa che la lente a contatto può produrre alte-razioni della superficie oculare. Valutando la differenza nello stesso soggetto, vari studi hanno dimostrato che la frequenza e la severità dei sintomi di occhio secco sono maggiori quando si utilizzano le lenti a contatto44-45. Si ritiene che la sintomatologia di occhio secco sia la princi-pale causa di intolleranza e abbandono delle lenti a con-tatto46. Il 51% degli abbandoni si deve all’occhio secco e

una percentuale compresa fra il 12% e il 21% degli utiliz-zatori riduce le ore di uso delle lenti a causa dei sintomi di secchezza oculare23.La prevalenza di occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto è molto variabile, secondo le condizioni in cui è stato realizzato lo studio. Fattori come il clima e l’area geo-grafica, l’assunzione di farmaci sistemici o l’età dei sogget-ti inclusi nello studio possono causare grandi differenze di prevalenza1. Per questo motivo la percentuale di preva-lenza dell’occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto può variare dal 20% al 74%1, 28, 47. Consideriamo inoltre che il 38% degli utilizzatori che sono soddisfatti delle loro len-ti a contatto, riferisce sintomi di occhio secco48.

variazioni nel film lacrimale e nella superficie oculare indotte dalle lenti a contattoQuando si applica una lente a contatto sull’occhio, questa interrompe la struttura del film lacrimale, dividendolo in una porzione pre-lente e una porzione post-lente. La por-zione pre-lente è composta da uno strato lipidico molto sottile e una base acquoso-mucinica. Il suo effetto è mi-gliorare il comfort mediante la lubrificazione e idratazio-ne della lente. La porzione post-lente è formata da uno strato acquoso-mucinico e da uno strato di mucine che permettono al film lacrimale di aderire all’epitelio cor-neale. Il suo effetto è migliorare il comfort dell’uso della lente a contatto, oltre ad assicurare l’idratazione dell’epi-telio corneale ed eliminare i detriti dalla superficie ocula-re49. La forma e il volume di questa porzione dipendono dai parametri della lente a contatto, come il raggio di cur-vatura, il modulo di elasticità e il diametro49.

Occhio secco e lenti a contatto

Strato lipidico

Strato acquoso

Lente a contatto

Strato acquoso-mucinico

film lacrimale pre-lente

film lacrimale post-lente

Alterazione menisco lacrimaleStaining corneale

metaplasia squamosa

Densità cellule caliciformi

Figura 3Alterazioni prodotte dalla lente a contatto nella lacrima e sulla superficie oculare.

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La divisione del film lacrimale prodotta dalla lente a con-tatto provoca a sua volta una serie di squilibri che, in con-clusione, portano ai tipici sintomi di secchezza oculare. Come già abbiamo detto, la porzione pre-lente del film lacrimale è molto instabile, poiché la componente lipidi-ca è molto sottile, tanto da essere assente il alcune zone, dove quindi il tasso di evaporazione delle lacrime sarà maggiore del normale. L’aumento dell’evaporazione, come vedremo nella patogenesi, aumenta l’osmolarità del liquido lacrimale, causando la comparsa dei sintomi di secchezza oculare50. Nel caso di lenti a contatto mor-bide, l’aumento dell’evaporazione lacrimale induce una maggiore disidratazione della lente, che per reidratarsi as-sorbe parte dello strato lacrimale post-lente, provocando secchezza nella superficie corneale49. Inoltre, nel caso del-la porzione post-lente, il ricambio lacrimale viene ridotto dalla lente in idrogel e quindi aumenta il tempo di esposi-zione dell’epitelio corneale agli agenti infiammatori51.Un’altra variazione che si osserva nel film lacrimale è un incremento della temperatura, che aumenta fino ad 1°C con l’uso delle lenti a contatto, le quali provocano un ef-fetto serra52. Si osservano variazioni anche nella morfo-logia del prisma lacrimale, che si assottiglia nella zona di contatto con il bordo della lente, con conseguente di-sidratazione.Sulla superficie oculare si potrà osservare dello staining, sia corneale, sia congiuntivale, e variazioni istopatologi-che. Di solito in caso di lenti a contatto RGP si potrà ve-dere una colorazione a ore 3-9, provocata fondamental-

mente da un assottigliamento del film lacrimale in questa zona, accompagnato a uno scarso movimento della lente. Nel caso di lente in idrogel, lo staining è di solito cen-trale o arcuato inferiore. Nel caso dello staining centrale, la causa è principalmente un insufficiente ricambio lacri-male sotto la lente, mentre lo staining arcuato inferiore è dovuto per lo più ad un ammiccamento incompleto, che aumenta la disidratazione della lente 51. Si possono osser-vare colorazioni anche nella congiuntiva bulbare, che è correlata con un aumento della sintomatologia di occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto53. In letteratura sono riportate variazioni istopatologiche della congiun-tiva, che si verificano con differenti materiali per lenti a contatto. Le variazioni riportate più di frequente sono la metaplasia squamosa e una diminuzione della densità delle cellule caliciformi54-55. Queste alterazioni aumenta-no l’instabilità lacrimale che, come vedremo, è un’altera-zione importante nella patogenesi dell’occhio secco.

PatogenesiIn figura 4 è schematizzato il possibile meccanismo di oc-chio secco indotto dalle lenti a contatto. I fattori scatenan-ti sono principalmente tre: l’aumento dell’evaporazione lacrimale, la diminuzione del ricambio lacrimale e il trauma meccanico sulla superficie oculare. Questi even-ti producono variazioni nelle lacrime e nella superficie oculare, creando un circolo vizioso che si autoalimenta e provoca un aumento della sintomatologia di occhio sec-co. Il fulcro del meccanismo sembra che siano i media-

Occhio secco e lenti a contatto

frequenza ammiccamento

Ricambio lacrimale

Evaporazione

Danno superficie oculare

Eliminazione detriti

Danno nervi corneali

Sensibilità corneale

mediatori infiammatori Danno epitelio mucine

Alterazione omeostasi

Produzione lacrimaleOsmolarità Instabilità lacrimale

Figura 4Schema del meccanismo della patogenesi dell’occhio secco indotto da lenti a contatto.

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tori infiammatori, come le citochine o interleuchine, che aumentano la loro concentrazione a causa dell’evapora-zione lacrimale e permangono più tempo sulla superficie oculare per via dell’insufficiente ricambio lacrimale56-57. La presenza dei mediatori infiammatori provoca danni ai nervi corneali diminuendo la sensibilità della cornea. La perdita di sensibilità altera l’omeostasi naturale della superficie oculare, facendo sì che diminuisca il volume lacrimale. Inoltre la presenza di cellule infiammatorie provoca la diminuzione della produzione di mucina da parte delle cellule caliciformi e quindi un danno all’epi-telio della superficie oculare, rendendo la lacrima più instabile e aumentando la sua evaporazione. Entrambi i processi contribuiscono ad aumentare l’osmolarità lacri-male e ciò favorisce la presenza di citochine e inteleuchi-ne nelle lacrime.All’inizio dell’uso delle lenti a contatto, nel tentativo di stabilizzare il film lacrimale, aumenta la frequenza di ammiccamento, ma quando diminuisce la sensibilità, di-minuisce anche la frequenza dell’ammiccamento e così aumenta l’evaporazione del liquido lacrimale51.

Applicazione e riapplicazione delle lenti a contattoPer molto tempo l’occhio secco è stato considerato una controindicazione all’uso di lenti a contatto. Inoltre quan-do un paziente presentava una sintomatologia di occhio secco dovuto all’uso di lenti a contatto, l’unica soluzione era quasi sempre interrompere l’uso delle lenti. Ora esi-stono materiali per lenti a contatto, umettanti e liquidi di manutenzione che permettono l’uso delle lenti nonostan-te l’occhio secco.Ogni volta che si inizia un’applicazione di lenti a contatto è molto importante condurre un’anamnesi completa, du-rante la quale vanno acquisite informazioni su patologie,

farmaci o fattori ambientali (uso di computer, ambienti fumosi, o aria condizionata) che siano correlati con la sin-tomatologia di occhio secco. Patologie come il diabete, le allergie o le malattie del tessuto connettivo sono fattori di rischio per l’occhio secco58-59. Farmaci come gli antista-minici o anche gli antidepressivi aumentano la sintoma-tologia di secchezza oculare60. Infine, si deve domandare espressamente se sono presenti sintomi di occhio secco. Quindi, va eseguito un esame completo in lampada a fessura, prestando particolare attenzione alle palpebre, le ghiandole di Meibomio, il BUT e il menisco lacrimale marginale. Inoltre bisogna guardare se è presente stai-ning corneale, soprattutto di tipo arcuato inferiore, tipico di un ammiccamento incompleto. Tutti questi esami ci aiutano a determinare quali pazienti hanno potenziali ri-schi di sviluppare una sintomatologia di occhio secco con l’uso delle lenti a contatto e anche a scegliere i materiali e i sistemi di manutenzione migliori per minimizzare il discomfort e la secchezza. Nel caso di pazienti già adat-tati, bisognerà programmare controlli periodici per iden-tificare in modo tempestivo i segni e i sintomi di occhio secco e prendere le misure opportune.Al momento di scegliere le lenti a contatto si dovrà te-nere conto delle proprietà del materiale. Sarà opportuno scegliere materiali con un’alta trasmissibilità all’ossige-no (Dk/t) per mantenere l’integrità epiteliale ed evitare l’iposssia61. È dimostrato che le lenti con un basso tasso di disidratazione provocano minore secchezza ocula-re e disconfort, rispetto a quelle che si disidratano più rapidamente62. Le lenti che si disidratano meno sono le lenti idrofile a bassa idratazione, non ioniche (Gruppo 1 FDA) e le lenti in silicone idrogel63-64. Altri materiali con alto contenuto acquoso hanno un tasso di disidratazione molto basso, che li rende adatti per i pazienti con occhio secco65-66. Questi materiali sono l’Omafilcon A, che con-tiene fosoforilcolina, una molecola altamente idrofila che si trova nella membrana delle cellule degli organismi vi-venti, e i materiali idrofili con metacrilato di glicerolo, come lo Hioxifilcon A, sviluppati proprio per risolvere i problemi di disidratazione dei materiali ad alto contenu-to di acqua. Altre proprietà da considerare sono la bagnabilità della superficie e la sua affinità con i depositi. Le lenti che han-no buona bagnabilità e poca affinità con i depositi pro-vocano meno sintomi di discomfort67. Le lenti in silicone idrogel presentano affinità per i depositi lipidici a causa dell’idrofobia del silicone e quindi, nei pazienti con lacri-me grasse, queste lenti a basso contenuto acquoso posso-no provocare discomfort e ridotta acuità visiva.Oltre le lenti idrogel che abbiamo già descritto e le len-ti silicone idrogel, vale la pena di considerare l’opzione delle lenti RGP. Queste lenti, quando sono ben applicate, garantiscono un maggior ricambio lacrimale sotto la len-

Occhio secco e lenti a contatto

Figura 5Disidratazione della superficie anteriore di una lente a contatto RGP.

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te e quindi un minor tempo di permanenza dei mediatori infiammatori sulla superficie oculare68.Infine, dobbiamo scegliere le soluzioni per la manuten-zione e gli umettanti più adeguati, che siano meno tossici possibile per la superficie oculare. Fra i conservanti che si trovano nelle soluzioni per lenti RPG, è stato dimostrato che il più tossico è il cloruro di benzalconio (BAC), men-tre la Clorexidina presenta la minore tossicità69. Inoltre è ampiamente documentato che anche il thimerosal è tos-sico per la superficie oculare70. Nelle soluzioni uniche per lenti morbide si utilizzano conservanti come il Polyquad o il PHMB, che sono meno tossici per l’epitelio corneale rispetto ai conservanti precedenti71-72.Se compaiono sintomi di secchezza oculare, sarà neces-sario cambiare il sistema di manutenzione, passando a soluzioni che non contengano BAC o thimerosal e a solu-zioni saline e lubrificanti monodose privi di conservanti.

ConclusioneAttualmente l’occhio secco non deve essere considerato una controindicazione all’uso di lenti a contatto e, quan-do un paziente presenta una sintomatologia di secchezza oculare, la soluzione non è quella di interrompere l’uso delle lenti, poiché esistono materiali, umettanti e liquidi di manutenzione che permettono un uso sicuro e confor-tevole delle lenti a contatto nonostante l’occhio secco.

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Occhio secco e lenti a contatto

Abstractbetween a 5% and a 20% of developed world population wears contact lenses. Still a significant number of them will give up wearing due to intolerance, being dry eyes one of the main reasons. Dry eye and alterations of the tear film in contact lens wearers are associated with reductions in functional visual acuity, reductions in wearing time, and an increased risk of ocular surface desiccation. It has been speculated that poten-tial mechanisms of dry eye, during contact lens wear include increased evaporation of the tear film, inflammation, reduced ability to produce adequate tears with concurrent increased osmolarity, decrease of corneal sensitivity, damage in goblet cells and possible changes in diadenosine polyphosphates concentrations or any combination of these. In this review we describe the different changes in tear film and ocular surface that are associated with dry eye in contact lens wearers.

Key wordsDry eye, contact lens, tear film.

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L’ACIDO IALURONICO E LE SUE APPLICAzIONI IN CONTATTOLOGIA

Ricevuto il 16 luglio, 2009; accettato il 3 settembre, 2009.

SommarioL'acido ialuronico (HA) è una delle molecole più igrosco-piche presenti in natura e, idratato, può contenere una quantità di acqua mille volte superiore al proprio peso. In contattologia, questa eccezionale capacità di riten-zione idrica viene sfruttata per migliorare l'idratazione dell'area pre-corneale. L’acido ialuronico è infatti uno dei principi attivi più impiegati nei numerosi sostituti lacri-mali in commercio e nel trattamento delle varie forme di occhio secco (da quelle più gravi a quelle marginali).In questo articolo illustriamo le principali caratteristiche e applicazioni dell’HA.

L'occhio seccoLo stile di vita del portatore di lenti a contatto (lac) è ra-dicalmente cambiato negli ultimi due decenni. Il compu-ter è divenuto un indispensabile strumento di lavoro per

quasi tutte le professioni, la maggioranza degli uffici e dei locali commerciali è dotata di aria condizionata, la giornata lavorativa implica, generalmente, la necessità di rimanere fuori casa più di 10 ore. Tutto ciò incide negati-vamente sul comfort delle lac.Oggi la priorità dell'applicatore è quella di permettere al portatore un uso confortevole delle lac per l'intera giornata.Il tasso complessivo di drop out dei portatori di lac si col-loca oggi tra il 26% ed il 40%. Tra coloro che rinunciano a utilizzare le proprie lac, il 51% lo fa perché le ritiene poco confortevoli e lamenta una sintomatologia riconducibile alla condizione di occhio secco marginale1. La Figura 1 presenta la classificazione delle sindromi da occhio secco secondo la Commissione Internazionale del National Eye Institute (Study Group on Dry Eye). È una classificazione che prevede due sottocategorie: la chera-tocongiuntivite secca derivante da ipolacrimie e quella derivante da iperevaporazione.La tipologia di occhio secco “marginale” è la più comu-ne e consegue a specifiche condizioni organiche e/o am-bientali; la tipologia di occhio secco “patologico” è meno diffusa ed è associata a patologie sistemiche che coinvol-gono, secondariamente, la salute oculare.

matteo fagnola, marco Paolo Pagani, Silvio maffioletti, Silvia Tavazzi*, Antonio Papagni**Dipartimento di Scienza dei Materiali, Università degli Studi di Milano Bicocca

PAROLE ChIAvEAcido ialuronico, occhio secco marginale

Figura 1Classificazione completa delle sindromi da occhio secco secondo la Commissione Internazionale del National Eye Institute (Study Group on Dry Eye).

OCChIO SECCOcheratocongiuntivite secca

DA IPOLACRImIE DA IPEREvAPORAzIONE

Sindrome di Sjögren Ipolacrimie non Sjögren

Malattia della gh. lacrimale

Distruzione dei dotti lacrimale

Iposecrezione riflessa

Da alterazioni della componente lipidica

Da alterazioni palpebrali

Da lenti a contatto

Da alterazioni della superficie oculare

- Xeroftalmia

- Da incongruità palpebra bulbo oculare

- Da alterazioni dell'ammicca-mento

- Da alterazioni dell'apertura palpebrale

- Blefariti posteriori- Malattie ostruttive delle gh. di Meibomio

- Blefariti anteriori

- Aplasia delle gh. di Meibomio- Distichiasi

- Cheratite neuro-paralitica- Lac- Paralisi del 7° n.c.

- Tracoma- Pemfigoide cicatriziale- Eritema multiforme- Ustioni

- Sarcoidosi- HIV- "Graft vs host disease"- Xeroftalmia- Asportazione della ghiandola lacrimale

- Alacrimia congenita- Ipolacrimie acquisite

- Artrite reumatoide- Lupus eritomatoso sistemico- Granulomatosidi Wegener- Sclerosi sistemica- Cirrosi biliare primitiva- Altre malattie utoimmuni

Primaria

Secondaria

Primarie Secondarie Primarie Secondarie

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Le cause dell'occhio secco marginale sono da ricercare in uno squilibrio dell'intero sistema lacrimale che, oltre alle ghiandole lacrimali, comprende anche la superficie cor-neale, la congiuntiva bulbare, le palpebre e l'ammicca-mento. In presenza di occhio secco marginale si osserva sempre un aumento dell'osmolarità lacrimale, che può portare a una perdita dell'integrità epiteliale e a una ri-duzione delle cellule mucipare caliciformi, avviando così il circolo vizioso che costituisce l’essenza del problema2. Qualunque lac interferisce con la stabilità del film lacri-male; pertanto persone in una condizione “borderline” ma normalmente asintomatiche, possono sviluppare la specifica sintomatologia da occhio secco durante il porto di lac. Esse infatti interagiscono sia con il film lacrima-le (destabilizzandolo) che con la superficie dell'epitelio corneale (causando perdita di integrità e riduzione dei microvilli).Oltre che dalle lac, la manifestazione di una sintomatolo-gia riconducibile ad una condizione di occhio secco mar-ginale può essere indotta da numerosi fattori ambientali; i più comuni sono la ridotta umidità ambientale, l'uso di aria condizionata o di termoconvettori per la regolazione della temperatura, il fumo, la polvere, il vento, l'uso del computer (che causa riduzione della frequenza degli am-miccamenti). Ognuno di questi elementi, singolarmente oppure combinati, può rappresentare il meccanismo di innesco per lo sviluppo di una condizione di occhio secco marginale.Un ruolo chiave è relativo alla riduzione della frequenza degli ammiccamenti e all'aumento della velocità di eva-porazione del film lacrimale: esiste un valore predittivo, definito “indice di protezione oculare” (IPA), che espri-me normalità oppure problematicità. L’IPA viene calcola-to mediante il rapporto tra il tempo di rottura del film la-crimale (BUT) e l’intervallo di tempo che trascorre tra un ammiccamento e l’altro (IBI); quando il rapporto BUT/IBI è minore di 1 è probabile che il portatore sviluppi i sintomi tipici ed evidenzi i segni caratteristici della con-dizione di occhio secco marginale3. Altre caratteristiche che influiscono sul comfort del portatore di lac sono la bagnabilità, il modulo di elasticità e la levigatezza del-le superfici delle lac. Ai portatori di lac che manifestano condizioni di occhio secco marginale è opportuno ap-plicare lac con un elevato bilanciamento idrico, oppure utilizzare materiali capaci di rilasciare molecole bioattive che contrastino la condizione di secchezza.La terapia della sindrome da occhio secco marginale pre-vede l’utilizzo di sostituti lacrimali e di prodotti lubrifi-canti. I sostituti lacrimali contengono acqua, sali, sistema tampone, conservanti, addensanti e altri ingredienti che sono finalizzati a integrare la componente mucinica o la componente lipidica del film lacrimale, a rendere la su-perficie oculare idrofila, a ridurre la tensione superficiale

e a garantire al film lacrimale una densità che gli permetta di rimanere disteso sulla superficie corneale per un inter-vallo di tempo adeguato4. I principali polimeri utilizzati per i sostituti lacrimali includono derivati della cellulosa (hydroxypropylmethyl cellulose, carboxymethyl cellu-lose, hydroxyethyl cellulose), polyvinyl alcohol (PVA), carbomer, polyvinyl pyrrolidone, polyethylene glycol e destrano. Sono prodotti generalmente ben tollerati nelle concentrazioni in uso, ma talvolta le formulazioni mag-giormente viscose divengono poco confortevoli e causa-no visione sfuocata, adesività e formazione di residui. Alcuni di questi polimeri, che sono definiti Newtoniani, non riducono la propria densità al momento dell'ammic-camento limitando così la possibilità di distribuirsi sulla superficie oculare e riducendo quindi la propria effica-cia5. Per alleviare il discomfort e superare tali limitazioni, è recentemente cresciuta l'attenzione verso gli integratori lacrimali che esibiscono un comportamento non New-toniano, in particolare verso i polimeri pseudoplastici come l'acido ialuronico6.

L’acido ialuronico L'acido ialuronico (HA) è un polisaccaride lineare forma-to da unità di disaccaridi contenenti N-acetyl-d-glucossa-mine e acido glucuronico (Figura 2). Possiede una massa molecolare nell'ordine dei milioni di Dalton ed è dotato di interessanti proprietà viscoelastiche e reologiche, che sono l’espressione delle sue caratteristiche polimeriche e di polielettrolita. L'HA è presente in numerosi fluidi e tessuti biologici, nei quali gioca un ruolo fondamentale. In clinica medica è utilizzato come marker diagnostico per varie patologie tra cui il cancro, l'artrite reumatoide e alcune malattie epatiche. È utilizzato anche come princi-pio attivo, ad esempio per sopperire alle insufficienze di

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CO2¯

O

HH

OHH

OH

HH

HO

HH

CO2OH

O

H

H

NHCCH3

O

HO

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n

Figura 2Struttura dell'unità di disaccaride che si ripete nell'acido ialuronico.

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liquido sinoviale nei pazienti artrosici mediante iniezioni intra-articolari. Inoltre viene utilizzato nella chirurgia of-talmica, nella chirurgia otorinica e nella chirurgia estetica per rigenerare e ricostruire i tessuti molli.Dal 1980 numerosi studi scientifici e industriali hanno permesso una miglior comprensione delle proprietà e delle funzioni dell'HA, che ormai è utilizzato in molte-plici applicazioni di svariate aree biomediche anche se, ancor oggi, è considerato un principio attivo di nuova generazione7-11.L'HA appartiene ad un gruppo di sostanze conosciute come glicosaminoglicani (GAGs) e, tra queste, è il poli-mero strutturalmente più semplice perché è l'unico che non si presenta associato o legato a proteine, che non è sintetizzato nell'apparato di Golgi e che non ha gruppi solfato. L'HA è largamente diffuso nel corpo umano e in quello degli altri vertebrati, ma la sua maggiore pre-senza si riscontra nella matrice extracellulare dei tessuti connettivi lassi12. Si stima che in un essere umano adulto del peso di circa 70 Kg vi siano 15 g di HA; di questi, più della metà (56%) è contenuta nella pelle13.Nella cresta del gallo si trova un’elevata quantità di HA il quale, oltre che nei vertebrati, è presente in alcune specie batteriche e in vari tipi di streptococchi mentre è totalmen-te assente in funghi, piante e insetti. Recentemente è stato pubblicato un ampio studio sulle fonti da cui può essere isolato l'HA e sull'eventuale presenza di potenziali impu-rità 14. Un breve elenco della quantità di HA reperibile nei differenti tessuti animali è riportato nella Figura 315.

L’acido ialuronico negli organismi viventiNegli organismi viventi l’HA si concentra principalmen-te nella matrice extracellulare e nella matrice pericellu-lare, ma è stato recentemente dimostrato che è presente anche nello spazio intracellulare16. Nel corpo umano, la maggior concentrazione di HA è nel fluido sinoviale, nel cordone ombelicale e nell'umore vitreo. Quasi la metà dell'HA presente nel corpo umano si trova a livello der-mico, localizzato nello spazio intracellulare dove può raggiungere una concentrazione di 2.5 g/l. Il contenuto di HA è relativamente scarso nella cartilagine, anche se ne rappresenta un importante elemento strutturale.L'HA svolge la funzione di matrice in cui le cellule sono alloggiate, oltre a giocare un importante ruolo in svariati processi a livello dermico. È in grado di trattenere acqua nei tessuti e, di conseguenza, può variare il volume e la compressibilità della pelle. Può influenzare la prolifera-zione cellulare, la differenziazione cellulare e i processi di riparazione del tessuto. Inoltre l’HA si occupa di smaltire i radicali liberi generati dall'azione dei raggi ultravioletti solari della pelle (ovvero il più grande organo del corpo umano e la prima barriera protettiva tra tessuti sottostan-ti e ambiente esterno): la componente ultravioletta della luce esercita infatti un forte stress ossidativo sulle cellule, rischiando di danneggiarne il materiale genetico e cau-sarne degenerazione e morte.Cambiamenti nell'HA si osservano con l'invecchiamento, nel corso di processi cicatriziali e nelle malattie degene-rative, soprattutto se coinvolgono la pelle17. Nel fluido sinoviale, l'alta concentrazione di HA a ele-vata massa molare provvede alla necessaria lubrifica-

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TESSUTO O FLUIDO CONCENTRAZIONE µg/ml NOTECresta di gallo 7500 Il tessuto animale col maggior contenuto di HA

Cordone ombelicale umano 4100 Contiene principalmente HA con peso molecolare relativamente elevato

Articolazione umana (fluido sinoviale)

1400-3600 Il volume del liquido sinoviale aumenta in condizione di infiammazione; ciò deter-mina una riduzione della concentrazione di HA

Cartilagine nasale bovina 1200 Spesso usato come modello per gli studi sperimentali sulla cartilagine

Corpo vitreo umano 140-340 La concentrazione di HA aumenta con la maturazione del tessuto

Derma umano 200-500 Proposto come agente di "ringiovanimento" in dermatologia cosmetica

Epidermide umana 100 La concentrazione di HA è maggiore in prossimità delle cellule che lo producono

Cervello di coniglio 65 Si suppone che l'HA riduca la probabilità di tumore al cervello

Cuore di coniglio 27 L'HA è il maggior costituente della matrice patologica causa di occlusione dell'arte-ria in caso di restenosi coronarica

Linfa toracica umana 0.2-50 Il basso peso molecolare di questo HA è spiegato dall'assorbimento preferenziale, da parte delle cellule endoteliali epatiche, per le grandi molecole

Urina umana 0.1-0.3 L'urina è anche un importante fonte di ialuronidasi

Siero umano 0.01-0.1 La concentrazione di HA aumenta nel siero dei soggetti anziani così come nei pazienti con artrite reumatoide o cirrosi epatica

Figura 3Presenza e concentrazione di HA in vari tessuti animali28.

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zione dell'articolazione, assorbe efficacemente gli shock meccanici, riduce la frizione tra le ossa in movimento e previene l'usura delle articolazioni. Durante i processi infiammatori causati dalle patologie artritiche (osteo-artriti o artriti reumatoidi), l'alta massa molare dell'HA viene degradata ad opera di forme reattive di ossigeno, che riducono la sua viscosità e deteriorano le sue carat-teristiche lubrificanti provocando così dolore articolare e difficoltà di movimento18.Sebbene in passato si fosse attribuito all’HA semplice-mente il ruolo di molecola inerte con funzioni di riem-pimento del tessuto connettivo, studi successivi hanno identificato siti di legami proteici e specifici recettori che evidenziano il ruolo di attiva mediazione dell'HA in nu-merose attività fisiologiche19. Recentemente è stato infatti attribuito all'HA un importante ruolo nell'embriogene-si, nella trasduzione dei segnali, nella motilità cellulare, nell'invasività delle cellule cancerogene e nella formazio-ne delle metastasi20. Pur presentando una semplice e uniforme struttura pri-maria, il polimero di HA può raggiungere grandi dimen-sioni e, proprio in funzione della dimensione raggiunta, può svolgere un ruolo biologico diversificato. I polimeri di grandi dimensioni, oltre che svolgere funzioni di ri-empimento, hanno una funzione anti-angiogenica e im-munosoppressiva. I polimeri di medie dimensione (20-50 disaccaridi) si caratterizzano come agenti infiammatori, immunostimolatori e altamente angiogenici. I polimeri di piccole dimensioni si comportano come antiapopto-tici e stimolano la produzione di proteine implicate nel-lo shock termico21. Una recente pubblicazione22 fornisce un accurato studio sull'ampio range di dimensioni che il polimero di HA può assumere e sulle sue specifiche funzioni.L'HA presente nel corpo umano è sintetizzato per mezzo di enzimi chiamati Hyaluronic-Acid-Synthase (HAS); la sua sintesi è normalmente bilanciata dal contemporaneo catabolismo, pertanto la sua concentrazione nei tessuti rimane costante. I cheratinociti dell'epidermide sono un esempio di cellule che attivamente sintetizzano e catabo-lizzano ialuronati; in questo caso l'emivita delle molecole di ialuronato è incredibilmente breve ovvero meno di un giorno. Esistono però anche cellule che sintetizzano più HA di quello che catabolizzano, così come esistono cellu-le che catabolizzano più HA di quello che sintetizzano13.

Le applicazioni dell’acido ialuronico in farmacologiaLe aree di applicazione clinica dell'HA e dei suoi derivati sono state classificate da Balazs23 nel seguente modo, in relazione alle loro finalità:(1) Protezione di tessuti delicati e fornitura di spazio du-

rante interventi chirurgici(2) Aumento della viscosità, riempimento e aumento di

volume di un tessuto (come la pelle), di un muscolo sfintere o di un tessuto della faringe

(3) Separazione di tessuti connettivi con superfici trau-matizzate a causa di procedure chirurgiche o di trau-mi al fine di prevenire adesioni o eccessive formazio-ni cicatriziali

(4) Rimpiazzo o implementazione di fluidi tissutali (ad esempio rimpiazzo del fluido sinoviale nei soggetti affetti da artrite per alleviarne la sintomatologia)

(5) Protezione di tessuti sani, feriti o offesi da secchezza o da agenti nocivi ambientali e promozione della guari-gione di determinate superfici.

In farmacologia i gruppi carbossilati di HA sono utiliz-zati per produrre idrogel cross-linked in grado di in-trappolare e poi liberare molecole bioattive. L'HA viene anche usato per preparare microcapsule che migliorano la somministrazione di alcuni farmaci24 e per migliora-re la biocompatibilità delle microsfere di chitosan usate come vettori di farmaci25. Microsfere di HA sono inoltre utilizzate per trasportare plasmidi di DNA e anticorpi monoclonali nel trasferimento genico e verso specifici siti bersaglio26.

Le applicazioni dell’acido ialuronico in oftalmologiaSono ampie le possibili applicazioni dell'HA in Ortope-dia, Reumatologia, Otorinolaringoiatria, Dermatologia e Chirurgia Plastica. Nella terapia delle ferite, l’elevato peso molecolare dei preparati a base di HA (applicati a livello topico) promuove e favorisce la guarigione delle ferite a livello cutaneo, la guarigione delle ulcere veno-se (specie a livello delle gambe) e la terapia delle lesioni croniche27. L’HA, grazie alle sue proprietà antiossidanti, è utile anche come componente antinfiammatorio nelle ferite profonde con perdita di materiale.L’HA è il maggior componente del corpo vitreo ed è una macromolecola assai importante anche in oftalmologia. Grazie alle sue proprietà viscoelastiche è utilizzato in numerosi interventi chirurgici in campo oftalmologico, sia per proteggere i tessuti oculari più delicati che per procurare spazi durante la manipolazione chirurgica. Il suo maggior utilizzo consiste però nella sostituzione o nell’integrazione del corpo vitreo che è stato perso du-rante varie manovre chirurgiche, la più frequente delle quali è l’impianto di IOL.Le soluzioni a base di HA sono anche utilizzate come protettori viscoelastici dell’endotelio corneale durante gli interventi di trapianto corneale. Attualmente in oftalmo-logia sono disponibili numerosi preparati caratterizzati dalla presenza di catene di HA (di diverse dimensioni molecolari)28.

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Le applicazioni dell’acido ialuronico in contattologiaL'HA è una delle molecole più igroscopiche presenti in natura e, idratato, può contenere una quantità di acqua mille volte superiore al proprio peso29. In contattologia, questa eccezionale capacità di ritenzione idrica viene sfruttata per migliorare l'idratazione dell'area precorne-ale30; l’HA è infatti uno dei principi attivi più impiegati nei numerosi sostituti lacrimali in commercio e nel trat-tamento delle varie forme di occhio secco (da quelle più gravi a quelle marginali)31,32.L'HA, grazie alla sua alta viscosità e alla sua elevata ca-pacità di legare acqua33, viene impiegato come principio attivo in numerosi colliri in quanto protegge e lubrifica la superficie oculare e migliora la sintomatologia correlata alle sindromi da occhio secco34,35. Viene spesso anche inse-rito nelle formulazioni delle soluzioni per la manutenzio-ne delle lac, in quanto provvede a migliorare e prolungare il comfort dei portatori aumentando la bagnabilità della lente e inducendo così una riduzione della frequenza degli ammiccamenti36,37. L’HA può anche fungere da eccipiente quando viene utilizzato insieme ai farmaci, aumentando il loro tempo di permanenza nell'area precorneale e quindi migliorando la biodisponibilità dei farmaci stessi38,39.È stato dimostrato che l'applicazione topica di HA (0.1% W/V) riduce la sintomatologia soggettiva e i segni clinici nei soggetti con sindrome da occhio secco40,41. Altre ricerche han-no dimostrato che l'HA può efficacemente proteggere l'epite-lio corneale42 e migliorare la stabilità del film precorneale43.L'utilizzo di HA è in grado di ripristinare la secrezione di lattoferrina e difensine B, grazie alla sua elevata mucoa-desività e alla sua capacità di ritenzione idrica nell'area precorneale; ciò velocizza e favorisce il ripristino della condizione fisiologica ottimale, agevolando i meccanismi di riepitelizzazione corneo-congiuntivali. È stato dimo-strato che, quando instillato nell'area pre-corneale, l'HA promuove e favorisce la guarigione fisiologica, stimolan-do la migrazione e la proliferazione dei cheratociti44,45.Le soluzioni a base di HA hanno un comportamento non Newtoniano ovvero sono soluzioni ad alta viscosi-tà quando sono sottoposte a forze di taglio poco intense (occhio aperto), a bassa viscosità quando sono sottoposte a forze di taglio più intense (ammiccamento); tale com-portamento permette un'adeguata distribuzione e un’ot-timale lubrificazione della superficie oculare46,47. Un'altra rilevante caratteristica dell’HA è la muco-adesività, che gli permette di formare un rivestimento duraturo e di for-nire una stabile protezione alla superficie corneale48-50.Le caratteristiche biologiche dell'acido ialuronico deter-minano una modificazione della popolazione microbica aerobica ed anaerobica presente nel segmento anteriore dell’occhio, ripristinando i batteri saprofiti della super-ficie oculare. Utilizzandolo, si osserva infatti una ridu-zione dello Pseudomonas e dello Staphylococcus aureus

a favore dello Stafilococco epidermidis; ciò avviene pro-babilmente grazie al ripristino della secrezione di latto-ferrina e di difensine B prodotte dalle cellule epiteliali congiuntivali, che sono debilitate nei soggetti con occhio secco marginale. L'HA può infatti evitare una situazione infiammatoria cheratocongiuntivale da iposecrezione, può risolvere l'iposecrezione relativa ed inoltre può di-minuire l'incidenza delle mucin-balls, talvolta associate all'uso prolungato di lac in silicone idrogel51.L'HA presente nell'area pre-corneale funge infine da tam-pone osmotico, aiutando a mantenere l'idratazione del tessuto. Nel complesso, in sua presenza si riscontra una maggior funzionalità dell'attività di barriera dell'epitelio corneale15,52.Sempre più produttori di lac inseriscono nella matrice polimerica e/o nel blister della lac dei polimeri capaci di migliorare la bagnabilità superficiale o la capacità di mantenere l'idratazione costante; l'acido ialuronico rap-presenta un'alternativa ai più noti agenti umettanti im-piegati sino ad ora e si differenzia da questi perché è un polimero naturale, presente nel corpo umano e a livello oculare. In questi anni sono state introdotte sul mercato lac contenenti HA nella loro matrice polimerica e nella soluzione contenuta nel blister, che sfruttano le proprietà dell'HA per migliorare il comfort durante le ore di porto. A conferma delle prospettive di impiego dell'HA in con-tattologia, che presentano interessanti margini di crescita, alcuni produttori di lac ed alcuni organi di controllo han-no richiesto la messa a punto di tecniche, relativamen-te semplici, per quantificare l'HA presente in soluzione, nelle condizioni e nelle concentrazioni tipiche di questi prodotti. Da un’analisi della letteratura relativa alle tec-niche analitiche riportate, risulta che le bande di assorbi-mento ottico mostrate a lunghezze d’onda intorno a 200 nm o inferiori sono poco utilizzabili, in quanto coperte dalle bande di assorbimento della matrice polimerica o della soluzione nella quale l'acido ialuronico è disperso. La maggior parte dell'ampio ventaglio di tecniche ana-litiche riportate oggi in letteratura consente l’analisi di soluzioni contenenti HA a concentrazioni più elevate di quelle utilizzate in contattologia, peraltro con tecniche analitiche realizzate per operare in contesti profonda-mente differenti o che richiedono minor sensibilità.Recentemente sono però state sviluppate due nuove tec-niche per la determinazione di HA in soluzione. La pri-ma è un metodo indiretto che si basa sullo studio della variazione del tipico picco di assorbimento del coloran-te libero Alcian Blu in funzione della concentrazione di HA. L'intensità di tale picco decresce all'aumentare dei complessi HA/colorante. La sensibilità della tecnica con Alcian Blu, che può essere utilizzata sia con soluzioni di acqua deionizzata che con soluzioni saline, permette di rilevare la presenza di 2.5 µg/ml di HA; la dipendenza

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tra il valore di assorbanza misurata a 550 nm la concen-trazione di HA risulta lineare nell'intervallo compreso tra 2.5 e 20 µg/ml (Figura 4). La seconda tecnica, in cui si utilizza il colorante Stain All, si basa sull'osservazione di due picchi di assorbimento: uno a 520 nm, che è attribuito al colorante libero e che decresce all'aumentare della concentrazione di HA; uno a 640 nm, che è attribuito al complesso HA/colorante e la cui intensità cresce all'aumentare della concentrazio-ne di HA. Considerando il picco a 520 nm, la sensibilità della tecnica con Stain All è risultata migliore in quanto raggiunge 0.25 µg/ml, ma è influenzata dall’eventuale presenza di altri anioni (come tipicamente accade in so-luzione salina). Al contrario, quando si considera il picco a 640 nm, la sensibilità è la stessa che caratterizza il pro-tocollo basato sull'Alcian Blue (Figura 5)53.

fonti biologiche dell’acido ialuronicoL’indotto economico legato all'HA è enorme e si stima sia superiore al bilione di dollari54,55; ciò perché l'HA ricopre un ruolo essenziale dal punto di vista funzionale per nu-merosi tessuti dei vertebrati. Vari tessuti animali (come la cresta del gallo, la pelle dello squalo e il globo oculare del bovino) ne contengono elevate quantità e rappresentano preziose fonti di approvvigionamento di HA (Figura 3)

ma, poiché l'HA nei tessuti biologici è generalmente le-gato anche ad altri biopolimeri, debbono essere adottate specifiche procedure per renderlo puro. In funzione della sempre migliore efficienza del processo di “purificazio-ne”, è oggi possibile ottenere preparati di HA di dimen-sioni comprese tra alcune centinaia di migliaia di Dalton fino a circa 2.5 MDa così che, attualmente, la domanda di HA per applicazioni mediche è ampiamente soddisfatta. In passato l'HA è sempre stato ricavato da tessuti animali (specialmente dalla cresta di gallo) e l'FDA approva tale fonte di approvvigionamento per l’uso medico (come, per esempio, accade con l'Healon in chirurgia oftalmica). Ne-gli ultimi tempi, diverse compagnie hanno però iniziato a proporre HA prodotto per fermentazione, che viene se-creto da microorganismi come lo Streptococcus zooepide-micus e lo Streptococcus equi, utilizzando diversi ceppi attenuati di streptococchi (s-HA)56,57. Lo s-HA risponde ai requisiti di massa molare, raggiungendo diversi milioni di Dalton58. Se l'HA di origine animale ha l’indubbio vantag-gio di poter raggiungere pesi molecolari anche superiori ai 5 MDa, ha però lo svantaggio di poter contenere varie proteine e di poter causare reazioni allergiche. L'acido ia-luronico prodotto per fermentazione non provoca invece reazioni allergiche e può raggiungere pesi molecolari com-presi tra 0.5 e 2.5 MDa; può però contenere endotossine.

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Figura 4Assorbanza di soluzioni contenenti HA e Alcian Blu in soluzione salina. I pallini indicano l’assorbanza media misurata in diverse soluzioni preparate con le stesse concentrazioni nominali, la barra dell’errore indica la corrispondente deviazione standard e la linea indica il fit lineare dei dati sperimentali tra 2.5 e 20 µg/ml 53.

Figura 5Assorbanza misurata a 520 nm (rombi vuoti) e a 640 nm (rombi pieni) di soluzioni contenenti Stain All (0.03 mg/ml) e HA (varie concentrazioni) in acqua deionizzata e metanolo. I rombi indicano l’assorbanza media misurata in diverse soluzioni con le stesse concentrazioni nominali e la barra dell’errore indica la relativa deviazione standard; le linee indicano i fits lineari dei dati sperimentali nei corrispondenti intervalli di concentrazione 53.

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Recentemente, per produrre su scala industriale HA (b-HA) è stato proposto un nuovo processo di fermentazione basato sul Bacillus subtilis; questo nuovo tipo di HA non contiene endotossine, ma non esistono ancora studi clinici riguardanti il suo utilizzo in forma iniettabile59.Le prime due tecniche descritte portano alla produzio-ne di HA ad alto peso molecolare (>1 MDa), mentre la produzione basata sul Bacillus subtilis fornisce HA di peso molecolare compreso tra 0.6 e 1 MDa. Le soluzioni preparate con HA ad alto peso molecolare sono viscose alle concentrazioni utilizzate nei colliri (0.1-0.3% W/V)60. È importante che siano dotate di una certa viscosità, af-finché non vengano immediatamente drenate dalla su-perficie oculare e possano garantire un lungo tempo di permanenza nel segmento anteriore dell’occhio, miglio-rando così la loro efficacia; non devono peraltro essere eccessivamente viscose in quanto causerebbero visione sfuocata o fluttuante. Ogni anno sono prodotte e vendute varie tonnellate di HA prodotto per fermentazione. È pre-sente il rischio che il ceppo batterico subisca mutazioni e associ la produzione di HA con quella di tossine, pirogeni o immunogeni; ciò ostacola, nelle applicazioni cliniche, un'ampia diffusione dell'HA prodotto per fermentazione. Per questo motivo i campioni di HA derivati dalla cresta di gallo sono tutt’oggi i preferiti per i trattamenti medici, specialmente nei casi in cui il prodotto è destinato ad esse-re iniettato, nonostante che anche questo tipo di HA non sia esente da difetti: è infatti controindicato nei soggetti che presentano allergie ai prodotti aviari ed è proprio per questo motivo che le aziende del settore continuano a ri-cercare e testare nuove fonti possibili di HA28.

ConclusioniLe soluzioni oftalmiche ad uso topico contenenti HA sono sempre più conosciute ed apprezzate grazie alle carat-teristiche di questo interessante polimero naturale, che spesso è utilizzato come agente umettante ed integratore lacrimale. I recenti sviluppi nel campo delle biotecnologie consentono oggi di optare per l'HA con il peso molecolare più adeguato all'uso, scegliendo tra un ampio ventaglio; vengono proposti HA ad alto peso molecolare (>1 MDa) e a medio peso molecolare (0.6-1.0 MDa) mentre le soluzioni oftalmiche che fanno uso di HA presentano generalmente concentrazioni di HA comprese tra 0.1 e 0.3% W/V.Numerosi studi stanno analizzando come e quanto il peso molecolare che caratterizza l'HA possa influenzare la sua capacità di legare molecole d'acqua, il suo profilo reologico, il tempo di permanenza nell'area pre-corneale e la tollerabilità della soluzione oftalmica. Tali studi po-tranno chiarire se esiste un HA con un peso molecolare ottimale, da preferire quindi a tutti gli altri, oppure se è necessario variare il suo peso molecolare in relazione alle diverse problematiche.

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L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia

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L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia

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ARTI

COLO

LA RICERCA DI NUOvI mATERIALI bIOCOmPATIbILI PER LA mANUTENzIONE QUOTIDIANA DELLE LENTI A CONTATTO IN SILICONE IDROGEL E PER UNA NUOvA fRONTIERA DELLE LENTI A CONTATTO mEDICALI

Ricevuto il 14 maggio, 2010; accettato il 14 settembre, 2010.

IntroduzioneLe lenti in silicone idrogel hanno conquistato ad oggi un ampio settore di mercato grazie al caratteristico elevato va-lore di permeabilità all’ossigeno (Dk) che si traduce nella capacità di eliminare o ridurre i segni clinici dell’ipossia of-frendo così all’occhio un comfort maggiore.Originariamente introdotte per il porto prolungato, le lenti a contatto in silicone idrogel sono diffusamente usate an-che per l’uso giornaliero. Questo ha indirizzato l’attenzione dei professionisti e dell’industria del settore verso la cono-scenza delle complicanze associate al loro uso come causa di ridotta tollerabilità e quindi anche verso i sistemi per la manutenzione quotidiana1. È infatti necessario compren-dere come ogni singola soluzione, usata per la manuten-zione giornaliera delle lenti a contatto (lac), interagisca in maniera diversa e specifica con gli svariati materiali in sili-cone idrogel presenti sul mercato. Tale specificità si traduce conseguentemente in diversi gradi, più o meno gravi, di di-scomfort. Dunque, in relazione a quanto detto, assume una certa importanza la definizione di adeguate indicazioni in base alle quali poter scegliere una particolare combinazione “lente-soluzione” che sia più efficace e meno critica.

RassegnaSono stati compiuti numerosi lavori al fine di predire l’esito clinico delle diverse combinazioni esistenti tra soluzioni per la manutenzione e lenti in silicone idrogel.Già nel 2002 Jones et al.2 avevano evidenziato e sollevato l’in-teresse sull’ evidenza di staining corneale risultante dall’uso di lenti in silicone idrogel associate a specifiche soluzioni.Più recentemente Andrasko et al. 3, allo scopo di fornire uno strumento di riferimento che fornisse informazioni sul livello di biocompatibilità delle diverse combinazio-ni, hanno formulato una griglia di staining.I dati si basano su risultati ottenuti in seguito all’immer-sione di una lente (per un’intera notte) in diverse solu-zioni al fine di registrare la percentuale media di staining corneale (per area) valutata il giorno successivo dopo 2 ore di porto. (Tab. 1).Andrasko e Reyen4-5 hanno valutato ancora la comparsa di staining mediante l’uso di un test provocativo eseguito a 2 e 4 ore di porto della lac. Prima dell’applicazione le lenti veni-vano bagnate nella soluzione per un tempo di 12 ore. Le soluzioni usate nello studio sono riportate in tabella (Tab.2). I pazienti, inoltre, prima di utilizzare le nuove lenti dovevano immergerle nelle diverse soluzioni per almeno 12 ore. La severità degli staining (0-4) e le dimensioni dell’area interessata (0-100%) sono state registrate per 5 diverse zone della cornea in ogni occhio. Le combinazioni lente-soluzione che mostravano l’area più estesa di staining erano: • Complete® MoisturePLUS™/ PureVision™ at 2 hrs (38%) and 4 hrs (33.7%)

Nicola Pescosolido*, Chiara Nardella**Sapienza - Università di Roma*Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento**Dipartimento di Scienze Oftalmologiche

PAROLE ChIAvELenti a contatto in silicone idrogel, soluzioni per manutenzione lac, lenti medicali

Gli autori revisionano alcuni lavori di letteratura sulla stretta evidenza esistente tra il tipo di lente a contatto, la soluzione usata per la sua manutenzione, nonchè la loro combinazione e la presenza di eventi avversi oculari legati al porto giornaliero delle lenti in silicone idrogel oggigiorno molto diffuse sul mercato.Tra le diverse associazioni “lente-soluzione” indagate nei vari studi, il perossido di idrogeno con ogni tipo di lente ha mostrato la più bassa incidenza di eventi infiltrativi corneali, com-plicanze direttamente correlate con il discomfort e la tollerabilità all’uso delle lac nei sempre più numerosi consumatori.Come per eliminare le complicanze legate all’uso di lac è di fondamentale importanza cono-scere il tipo di relazione esistente tra le diverse combinazioni “lente-soluzione”, cosi’ lo è la ricerca di nuovi materiali biocompatibili e la comprensione dei meccanismi di reazione tra farmaco e struttura della lente nella produzione delle nuove lenti a contatto medicali.

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La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali

N. Pescosolido, C. Nardella / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 53-60

• AQuify™/ PureVision™ at 2 hrs (21.3%) and 4 hrs • ReNu® MoistureLoc®/ Oasys™ at 4 hrs (8.2%) • ReNu® MoistureLoc®/ PureVision™ at 4 hrs (8%) • ReNu® MoistureLoc®/ O 2Optix™ at 4 hrs (7.4%) • AQuify™/ O 2Optix™ at 2 hrs (7.1%) OPTI-FREE® EXPRESS® utilizzata con ogni tipo di lente risultava determinare le aree di staining di dimensioni minori (3.5% dopo 2 ore e 3.8% dopo 4).Anche in questo caso i risultati dello studio dimostrano come alcune combinazioni lente in silicone idrogel/solu-zione unica (MPS) possano causare in maniera più o meno importante staining a livello della cornea dei soggetti che le utilizzano. Carnt et al. nel 20076 hanno continuato ad esa-minare il variabile rapporto esistente tra i difetti dell’epi-telio corneale indotti dal tipo di manutenzione utilizzata per la cura delle lac e il legame con l’infiammazione della cornea stessa. In un loro secondo studio (Studio IER Ma-trix)7 hanno raccolto e indagato i dati relativi a gruppi di circa 40 pazienti seguiti per tre mesi durante l’utilizzo di 16 combinazioni “soluzione-lente in silicone idrogel”, per un totale di 640 associazioni paziente-liquido-lente.

I partecipanti allo studio venivano visitati per un totale di 4 volte durante lo studio: all’inizio, a due settimane, a 1 e a 3 mesi. Le lenti e le soluzioni utilizzate nello studio sono riporta-te in tabella (Tab. 3 e 4). Ai pazienti è stato chiesto di indossare le proprie lenti per un minimo di 6 ore al giorno per 5 giorni la settimana. Lo staining corneale è stato misurato sulla nuova scala di gra-dazione IER da 0 a 4 per estensione (0= nessuno,1= ≤5 %, 2 = 6 % -15 %, 3 = 16 % - 30 % e 4 = >30 % ) in ciascuna delle 5 zone della cornea. Inoltre, i clinici hanno indicato la pre-senza dei difetti epiteliali indotti dalla soluzione secondo tale definizione: staining diffuso e puntato (grado di esten-sione 1 e superiori) in almeno 4 delle 5 regioni (centrale, superiore, inferiore, nasale e temporale) della cornea. Può essere presente anche staining congiuntivale che si esten-de dal limbus al bordo della lente. Una rappresentazione di staining da lac è raffigurato in figura 1 (Fig.1).I dati dello studio IER Matrix sono riportati nella tabella 5. I valori presentati indicano la percentuale di pazienti con SICS (staining corneale indotto dalle soluzioni) per

marche delle soluzioni * Private LabelUnisol1 4

SalineClear Care4

Opti-free Replenisch1

Opti-free Replenisch1

Renu Fresch3

Renu Sensitive3

Complete MPS Easy

Rub2Aquify4

Walmart MPS

(Renu M+)

Target MPS

(Renu M+)

CVS MPS(Renu M+)

Walgreen MPS

(Renu M+)

Idrog

el

Acuvue5 2 1% 1% 2% 5% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1%

Proclear6 1% 1% 1% 2% 57% 23% 6% 12% 61% 54% 53% 42%

Soflens3 66 1% 1% 1% 1% 73% 32% 17% 8% 66% 62% 63% 56%

Silico

ne Id

roge

l

Acuvue Advance5 1% 1% 1% 1% 13% 4% 12% 2% 16% 13% 12% 12%

Acuvue Oasys5 2% 1% 3% 5% 9% 5% 4% 3% 12% 8% 13% 10%

Biofinity6 2% 2% 3% 2% 4% 2% 2% 2% 4% 3% 3% 2%

Purevision3 2% 1% 4% 7% 73% 43% 15% 21% 71% 76% No test programmato

No test programmato

O2 Optix4 2% 1% 2% 5% 24% 7% 3% 3% 41% 28% 28% 24%

Night & Day4 2% 1% 2% 3% 24% 11% 1% 3% 36% 24% 26% 22%

Salina H2O2 POLYQUAD Biguanide

Tabella 1Griglia di Andrasko. In base al colore la percentuale media di staining corneale (per aerea) è cosi’ organizzata: verde = sotto il 10%; giallo = dal 10% al 20% ; rosso = sopra il 20% *Private Label o marche private sono prodotti o servizi solitamente realizzati o forniti da società terze (fornitore di marca industriale o terzista vera e propria) e venduti con il marchio della società che vende/offre il prodotto/servizio (Distributore) (da Andrasho et al.,2006).

Soluzioni per la manutenzione delle lac usate nello studio di Andrasko e Reyen 4-5Soluzione Marca Molecola

Opti-Free Express Alcon polyquaternium-1

ReNu MoistureLoc B&L alexidine

AQuify CIBA polyhexanideComplete Moisture-

PLUS AMO polyhexamethylene biguanide

Tabella 2Le soluzioni riportate nello studio di Andrasko e Reyen (da Andrasko et al., 2008).

Tipi di lenti utilizzate nello Studio IER MatrixLente Marca

ACUVUE ADVANCE Vistakon, Johnson & Johnson, Vision Care Inc

ACUVUE OASYS Vistakon, Johnson & Johnson, Vision Care Inc

Pure Vision Baush & Lomb

AIR OPTIX CIBA VISION

Tabella 3Le lenti utilizzate nello Studio IER Matrix (da Carnt et al.,2007).

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N. Pescosolido, C. Nardella / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 53-60

mese durante i primi 3 mesi di utilizzo di una particolare combinazione lente/soluzione. Il valore complessivo di SICS per tutti i pazienti nelle 16 celle è stato del 4,9%. Nel 73% dei casi il difetto epiteliale corneale era bilaterale. La maggioranza degli occhi (61%) presentava uno staining diffuso,insieme ad un 39% che mostrava staining perife-rico. La probabilità di SICS non era influenzata dal tipo di

lente. Il 23 % dei pazienti presentava staining diffuso in un occhio e SICS con staining periferico nell’altro occhio.Il perossido di idrogeno aveva determinato in misura mi-nore l’insorgenza di difetto corneale quando associato con il silicone idrogel rispetto a qualsiasi altro tipo di soluzio-ne unica (p <0.001 ). Ciò suggeriva che questo fosse il siste-ma da prediligere al fine di evitare l’insorgenza di danno corneale. Per quanto riguarda le lenti, Pure Vision aveva presentato uno staining significativo con tutti i sistemi di manutenzione fatta eccezione per il perossido di idrogeno, mentre Acuvue Advance aveva avuto una frequenza più bassa di staining con le soluzioni uniche (p<0.001).Sono sorte delle difficoltà nel comparare le informazioni dello Studio IER Matrix e quelle della griglia di Andra-sko e ciò è dovuto al fatto che quest’ultima riporta l’inte-ressamento di un’area media della cornea dopo due ore di esposizione, mentre i dati IER riportano l’incidenza osservata in uno studio clinico nel corso di tre mesi. Il problema di tale approccio sta nel fatto che non ci sono conferme che il risultato a due ore sia correlabile dopo un periodo di porto più lungo. È chiaro dunque che per tali ragioni la griglia di Andrasko non identifica le com-binazioni lente-soluzione potenzialmente problematiche nella realtà clinica.Successivamente, nel 2009 Carnt et al.8 hanno ancora studiato l’incidenza degli effetti collaterali dovuti all’uso giornaliero di varie lenti in silicone idrogel combinate con diverse soluzioni per la manutenzione.I dati di questo lavoro sono relativi a gruppi di circa 40 pazienti seguiti per tre mesi durante l’utilizzo delle 16 combinazioni “soluzione-lente in silicone idrogel”, per un totale di 640 combinazioni paziente-liquido-lente.

Tipi di soluzioni usate nello Studio IER MatrixSoluzione Marca Agente disinfettante

AOSEPT plus CIBA VISION perossido di idrogeno

Solocare Aqua CIBA VISION poliesametilene biguanide

OPTI-Free Express e OPTI-Free RepleniSH

Alcon Laboratories Inc

Polyquaternium e miristilammidopropil

dimetilammina -1

Tabella 4Le soluzioni utilizzate nello Studio IER Matrix (da Carnt et al.,2007)

Studio IER MATRIX: Staining cornealeStaining corneale indotto dal tipo di soluzione per mese

con la combinazione*Lenti/

soluzione AOSEPT SOLOCARE AQUA

OPTI-FREE Express

OPTI.FREE RepleniSH

H2O2 PHMB POLAYQUAD e ALDOX

POLAYQUAD e ALDOX

ACUVUE ADVANCE 0.0% 0.9% 0.0% 0.0% (2W)

ACUVUE OASYS 0.9% (2W) 2.5% (2W) 6.2% 7.1% (2W)

AIR OPTIX 0.5% 3.2% 5.9% 6.7%

Pure Vision 0.9% 23.2% 11.3% 20.9%

Tabella 5Percentuali di pazienti per mese che hanno mostrato staining indotto dal metodo di manutenzione delle lenti nei primi tre mesi di porto; 2W ( sostituzione dopo due settimane) (da Carnt et al.,2007).

Tipi di lenti a contatto

Parametro Galyfilcon A

Lotrafilcon A

Lotrafilcon B

Senofilcon A

Balafilcon A

Contenuto d’acqua,% 47 24 33 38 36

Raggio base, mm 8.7 8.6 8.6 8.8 8.6

Diametro della lente,

mm14 13.8 14.2 14 14

Spessore centrale a, -3.00 D,

mm

0.07 0.08 0.08 0.07 0.09

Dk/t, -3.00 D 86 175 138 147 101

Gruppo FDA 1 1 1 1 3

Produttore Johnson & Johnson

CIBA VISION

CIBA VISION

Johnson & Johnson

Baush & Lomb

Tabella 6Parametri relativi alle lenti a contatto: D (Diottrie), Dk/t (trasmissibilità all’ossigeno), FDA (Food and Drug Administration) (da Carnt et al., 2009).

Figura 1Staining corneale (notare l’impronta causata dalla lente). (Per gentile concessione Academy for Eyecare Excellence di CIBA VISION).

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Le visite venivano eseguite nelle condizioni di base, dopo 2 settimane, 1 mese e 3 mesi di porto.Nello studio sono state utilizzate le seguenti lenti: ACU-VUE ADVANCE® Galyfilcon A ( Johnson & Johnson), Air Optix® Nigth & Day® Lotrafilcon A (CIBA VISION), Air Optix® Aqua Lotrafilcon B (CIBA VISION), Senofilcon A (Johnson & Johnson) e ACUVUE OASYS® Balafilcon A (Bausch & Lomb). Le soluzioni usate invece erano: Aqui-fy (CIBA VISION), Clear Care (CIBA VISION), OPTI-FREE Express (Alcon) e OPTI-FREE RepleniSH (Alcon).I dettagli sul tipo di lenti e sul tipo di soluzioni sono elencati rispettivamente nelle tabelle 6 e 7.Le complicanze osservate nei pazienti inclusi nei diversi trials, in seguito all’utilizzo delle varie associazioni “lac in silicone idrogel-soluzione”, sono state raggruppate cli-nicamente in sintomatiche e asintomatiche. I tipi di eventi infiltrativi osservati nei soggetti arruolati nello studio nel-la metà dei casi erano eventi clinicamente asintomatici. Nonostante tali eventi vengano considerati ad eziologia sconosciuta e osservati anche in soggetti non caratteriz-zati dal porto giornaliero di lac in idrogel, si pensa che possano essere comunque il risultato di insulti locali ai

quali potrebbe contribuire il tipo di lente o il particolare tipo di combinazione “lente-soluzione” utilizzata.Sono stati così evidenziati eventi infiltrativi corneali sin-tomatici (cheratite microbica MK, occhio rosso indotto da lac CLARE, cheratite infiltrativa IK e ulcere periferiche associate all’uso di lac CLPU), eventi infiltrativi asinto-matici ( cheratiti infiltrative asintomatiche AIK e infiltrati asintomatici) e complicanze di tipo meccanico (lesione epiteliale arcuate SEAL, congiuntivite papillare indotta dall’uso di lac CLPC).Nei partecipanti sono stati osservati 70 CIE (eventi infil-trativi corneali) allo stadio iniziale, 18 SEAL, 1 erosione corneale, 10 CLPC e 107 staining corneali.I dati relativi all’ incidenza degli eventi infiltrativi, delle complicanze meccaniche e degli staining corneali sono riassunti rispettivamente nelle tabelle 8-9-10.L’incidenza delle lesioni epiteliali arcuate superiori era in-fluenzata in maniera significativa dal tipo di lente piut-tosto che dal tipo di soluzione; Balafilcon A usata con AQuify e Clear Care ha determinato una più alta inci-denza di SEAL.L’incidenza degli eventi infiltrativi, considerati come tali sia quelli sintomatici che asintomatici, e della congiuntivite papillare indotta da lac variavano in maniera significati-va in relazione al tipo di soluzione usata: l’evidenza di CIE con OPTI -FREE RepleniSH era più alta che con Cle-ar Care e l’incidenza della CLPC era maggiore del 95% dell’intervallo di confidenza (CI).La comparsa di CIE sintomatici, invece, variava in manie-ra indipendente dal tipo di combinazione lente-soluzio-ne usata. L’incidenza di CIE sintomatici con OPTI-FREE RepleniSH era più alta che con Clear Care e OPTI-FREE Express, con Lotrafilcon A era più alta piuttosto che con Lotrafilcon B. Infine, l’incidenza degli staining corneali os-servata variava in relazione al tipo di combinazione so-luzione-lente in silicone idrogel. In particolare, l’uso del perossido di idrogeno (Clear Care – CIBA VISION) ha

SOLUZIONI,N.di CIE totali e sintomatiche (Incidenza per 100 partecipanti-mese)

Cleare Care, Aquify, OPTI-fREE Express, OPTI-fREE, RepleniShLente a contatto

CIE tot. CIE s. CIE

tot. CIE s. CIE tot. CIE s. CIE

tot. CIE s.

Galyfilcon A 1 0 4 3 1 1 4 3

Senofilcon A 0 0 8 2 2 1 6 1

Balafilcon A 0 0 3 1 4 1 9 7

Lotrafil-con B 2 0 1 1 2 0 3 2

Lotrafil-con A 1 1 7 3 1 1 11 11

Tabella 8Incidenza degli eventi infiltrativi corneali (CIE) totali (asintomatici e sintomatici) e CIE sintomatici (s.= sintomatici ; tot.= totali) (da Carnt et al.,2009).

SOLUZIONI,N.delle complicanze meccaniche (Incidenza per 100 partecipanti-mese)

Cleare Care, Aquify, OPTI-fREE Express, OPTI-fREE RepleniShLente a contatto CLPC SEAL CLPC SEAL CLPC SEAL CLPC. SEAL

Galyfilcon A 1 0 0 1 0 0 2 0

Senofilcon A 1 0 0 0 0 0 0 0

Balafilcon A 2 2 0 8 0 1 1 0

Lotrafil-con B 1 0 0 0 0 0 1 1

Lotrafil-con A 0 0 0 0 1 2 0 3

Tabella 9Incidenza delle complicanze meccaniche associate all’uso dei diversi tipi di combinazioni lente-soluzione (CLPC: congiuntivite papillare, SEAL: lesione epiteliale arcuata superiore) (da Carnt et al.,2009)

Componenti delle soluzioniSoluzione Principio Attivo Agente disinfettante

AquifyPoliesamide (Poliesa-metilene biguanide)

0.001%CIBA VISON

Clare Care Perossido di idrogeno 3% CIBA VISION

OPTI-FREE Express

POLYQUAD (Poliqua-ternium -1) 0.001% e ALDOX (miristilam-midopropil dimeti-lammina) 0.0005%

Alcon

OPTI-FREE RepleniSH POLYQUAD 0.01% e ALDOX 0.0005% Alcon

Tabella 7Componenti delle soluzioni indagate nello studio (Carnt et al.,2009).

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mostrato la più bassa incidenza di CIE e difetti dell’epite-lio corneale. Questo studio mostra così chiaramente come il tipo di lente e la soluzione, nonchè la loro particolare combinazione, influenzano la comparsa e l’incidenza de-gli effetti avversi tra i soggetti che usano lac giornaliere in silicone idrogel.Gli stessi risultati, inoltre, suggerisco-no che il materiale, il disegno della lente e i componenti delle soluzioni per la manutenzione sono tutti aspetti che influiscono sul comfort dei pazienti e sul porto delle lac.Con l’obbiettivo di eliminare i suddetti effetti avversi col-legati al porto giornaliero di lenti a contatto in silicone idrogel sarebbe di fondamentale importanza compren-dere il tipo di relazione esistente tra le diverse combina-zioni lente-soluzione e studiare i prodotti per la manu-tenzione delle lac al fine di valutarne la biocompatibilità e favorirne la compliance.La ricerca di nuovi materiali biocompatibili che possono anche essere utilizzati come lac terapeutiche che rilascia-no farmaci nell’occhio è quindi di grande attualità.L’efficacia di tale mezzo di somministrazione è legata alla scelta del materiale che costituisce la lente e alla sua microstruttura studiate entrambe in relazione alle carat-teristiche chimico-fisiche del farmaco.I colliri somministrati sotto forma di gocce possono inve-ce rivelarsi inadatti per una efficace somministrazione di farmaci10. La biodisponibilità del principio attivo può esse-re molto limitata e possono esservi effetti collaterali legati all’assorbimento sistemico del farmaco in questione. Le lac come serbatoio di farmaco offrono il grande vantaggio di permettere un aumento del tempo di residenza del farma-co nell’occhio. Questo grazie alla presenza della barriera geometrica data dalla lente stessa al farmaco quando quest’ ultimo diffonde dalla matrice del gel nel film lacrimale.La permanenza del farmaco nell’occhio è maggiore di 30 minuti in presenza di una lac 10-11 se confrontata con il tempo di permanenza di 15 minuti quando si applicano gocce di collirio 12-15. Inoltre, al fine di ottenere un rilascio controllato del farmaco da parte delle lente, sarebbe ne-

cessario studiare la struttura del materiale di cui è com-posta la lac in termini di percorsi di diffusione: la strut-tura, essenzialmente costituita da nanopori più o meno connessi, regola la velocità di rilascio della sostanza ini-zialmente caricata. In base alla natura chimica del polimero e a i diversi rap-porti con i vari elementi della struttura del principio atti-vo del farmaco, verrà modificata la caratteristica propria di quest’ultimo di essere assorbito con diversa efficacia.Negli ultimi anni diversi studi sono apparsi in lettera-tura che riportano interessanti risultati in questo campo e recentemente Kapoor et al (2009) 16 si sono concentrati sulla diffusione delle lenti a contatto in p-HEMA (poli-drossimetil-metacrilato), ottenuto dalla polimerizzazio-ne di 2 monomeri, che permettono il rilascio controllato di Ciclosporina A (CyA).Tale sostanza è un farmaco immunosoppressore che vie-ne utilizzato per il trattamento di una varietà di malattie e disturbi oculari. La CyA è comunemente fornita tramite collirio, che è altamente inefficace a causa di una bassa biodisponibilità (inferiore al 5%). La biodisponibilità dei farmaci oftalmici può essere notevolmente migliorata di circa il 50%, attraverso l’uso di lenti a contatto medicali17.Questo lavoro si propone di indagare questa disponibili-tà utilizzando un tensioattivo quale il Brij 78 incorporato nell’ idrogel al fine di creare micelle cariche di principio attivo e ritardare i tassi di rilascio.Il materiale è stato studiato mediante Microscopio a Scansione Elettronica (SEM) con cryo-stage (Cryo-SEM) per ottenere un’ evidenza diretta della presenza di aggre-gati di tensioattivo nel gel della lente al fine di modificar-lo rendendolo più o meno affine al particolare polimero che costituisce la lente. Le immagini risultanti mostrava-no una distribuzione di nanopori, più o meno connessi, nei quali erano presenti aggregati di tensioattivo immersi nella matrice del gel che molto probabilmente risultano es-sere veicoli con elevata affinità per le molecole idrofobiche del farmaco. I risultati del lavoro hanno mostrato che i tempi di rilascio della CyA possono essere significativa-mente aumentati grazie all’incorporazione all’interno di micelle di tensioattivo disperso nel gel di poli-drossime-tilmetacrilato. Tra i tipi di tensioattivo indagati nel lavoro il Brij 78 sembra essere il più promettente per il rilascio controllato di tale farmaco da lenti a contatto p-HEMA. Tale conclusione non può essere al contrario raggiunta per il rilascio di altri due tipi di farmaci idrofobici oftal-mici, quali il desametasone (DMS) e desametasone aceta-to (DMSA), per l’insufficente e non adeguata partizione all’interno degli aggregati di tensioattivo.Diversi altri approcci sono stati testati per accrescere le capacità di carico del farmaco delle lenti a contatto medi-cate al fine di ottenerne una migliore efficienza nel con-trollo del rilascio sulla superficie corneale.

La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali

SOLUZIONI,N. di staining corneali (Incidenza per 100 partecipanti-mese)Cleare Care, Aquify, OPTI-fREE Express, OPTI-fREE RepleniSh

Lente a contatto

Galyfilcon A 0 1 0 0

Senofilcon A 1 3 7 8

Balafilcon A 1 24 11 15

Lotrafilcon B 1 3 6 8

Lotrafilcon A 2 1 8 7

Tabella 10Incidenza degli staining corneali associati all’uso dei diversi tipi di combinazioni lente-soluzione ) (da Carnt et al.,2009)

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Esempi ne sono la stabilizzazione del farmaco attraverso la creazione di legami stabili covalenti18, la dispersione in un gel acrilico o l’inclusione in nanopori della matrice idrogel19-22 e tramite la formazione di recettori ad alta af-finità attraverso imprinting molecolare23-26.Un alternativa meno complessa e probabilmente più ver-satile potrebbe essere l’incorporazione della ciclodestri-na (CD) alla struttura dell’idrogel delle lenti a contatto morbide medicali. Le ciclodestrine, oligosaccaridi ciclici naturali, possono formare complessi di inclusione con di-versi farmaci attraverso legami reversibili non covalenti. Generalmente, più alta è la costante di affinità del com-plesso CD-farmaco più bassa è la cinetica della reazione di dissociazione27.Quando però il complesso CD-farmaco viene diluito in soluzione fisiologica la sua dissociazione è istantanea e ciò non permetterebbe di ottenere un rilascio control-lato del farmaco, come nel caso di soluzioni oftalmiche contenenti ciclodestrine28-29. Al contrario, se la CD viene inclusa nelle rete del polimero diminuisce la diluizione e la formazione di un microambiente determinato dalla struttura cava della ciclodestrina favorirebbe il rilascio del farmaco con un tasso inversamente proporzionale alla costante di affinità del complesso stesso 30-31. Polimeri acrilici sono stati usati con successo come comonomeri al fine di ottenere la formazione di una rete con un’ aumen-tata capacità di cattura del farmaco e al fine di sostenerne il rilascio32-33. Tuttavia, il numero dei gruppi polimeriz-zabili in ogni CD e conseguentemente il grado di lega-me alla rete del polimero non è facile da regolare: ad alte proporzioni di CD, infatti, la rete diventa eccessivamente rigida per essere utilizzata come lente a contatto morbida. Riguardo a tale questione Santos et al.(2009) descrivono nel loro studio del 2008 lo sviluppo di un idrogel acrilico con alte proporzioni di ß-ciclodestrina tramite una nuova procedura al fine di conservarne le proprietà meccaniche, la biocompatibilità e di rafforzare la capacità di carico del farmaco, nonché migliorarne il controllo della velocità di rilascio. Il metodo di preparazione consiste nella sintesi ini-ziale dell’idrogel al quale successivamente vengono fissate

molecole di CD attraverso i gruppi idrossilici. In tal modo la CD non interferisce con la formazione della rete del po-limero e perciò potrebbe non alterare significativamente le sue proprietà strutturali. Tale meccanismo prevede la pre-via preparazione di poly-idrogel mediante la copolimeriz-zazione del glicil-metacrilato (GMA), mediante reazione con i gruppi glicidici, a diverse proporzioni con monomeri comunemente usati come componenti degli idrogel.Tutto questo allo scopo di fornire alla rete del polimero punti di legame per il successivo step di carico della beta-ciclodestrina. Quest’ ultima, infatti, in tal modo non entra a far parte delle catene strutturali dell’idrogel, ma viene in-corporata nella rete mediante legame con 2-3 gruppi etere attraverso i gruppi idrossile (Fig. 2).La beta-ciclodestrina “pende” dalla rete del polimero e non ne modifica il coefficiente di trasmittanza alla luce (90% a 600 nm), la temperatura di transizione vetrosa, la viscoe-lasticità e la permeabilità all’ossigeno delle lenti a contatto morbide ma, ne determina la diminuizione del coefficiente di attrito del 50%, il miglioramento del carico del farmaco e una sua maggiore affinità con la lente stessa.Nello studio gli idrogel, ottenuti con la suddetta prepara-zione, sono stati immersi in una soluzione di diclofenac sodico e successivamente misurata la concentrazione di farmaco caricato. La concentrazione di diclofenac incluso nel polimero era maggiore negli idrogel preparati attraver-so la copolimerizzazione di GMA, caratterizzati dalla con-seguente presenza di ß-CD pendente dalla struttura della rete, piuttosto che negli idrogel preparati senza o con mi-nor contenuto in GMA (Fig 3). Questo dimostra che il farmaco può stabilire interazioni idrofobiche con la rete del polimero, in quanto quest’ultimo ospitato nella struttura cavitaria della ß-CD forma con essa un complesso stabile di inclusione attraverso i suoi anelli aromatici. Il rilascio di diclofenac dall’idrogel è stato valutato in un film lacrimale artificiale ed è stato dimostrato come gli idrogel senza ß-CD rilasciavano rapidamente la completa dose del farmaco per diffusione nell’arco di 24 h. Al contrario gli idrogel con ß-CD (in particolar modo quelli con più alte proporzioni)

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Figura 2Schema del polimero idrogel P-HEMA copolimerizzato con GMA con i pendenti di ciclodestrina ß-CDs (da Santos et al., 2009)

Figura 3Diclofenac caricato sull’idrogel dopo immersione del farmaco (colonna bianca) e quota di diclofenac che rimane sull’idrogel dopo conservazione per 30 giorni in soluzione per lenti a contatto (colonna nera) (da Santos et al.,2009)

GMA proportion

Diclofenaccaricato(mg/g)

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erano in grado si sostenere il rilascio del farmaco per diver-si giorni, fino a due settimane. L’alta affinità del farmaco per l’idrogel ferma il rilascio del farmaco nel momento in cui viene raggiunta una certa concentrazione dello stesso nel microambiente formato. Questo ha dimostrato l’otteni-mento dell’equilibrio tra rilascio e riassorbimento del far-maco attraverso le lenti a contatto in idrogel.

ConclusioniLe conclusioni, dunque, evidenziano come le molecole di ß-CD “pendenti” dalla struttura della rete del polimero attraverso legami con i gruppi glicidici del GMA miglio-rino le capacità di carico degli idrogel e prevengano la dispersione del farmaco sulla cornea durante la conser-vazione in soluzioni per lenti a contatto morbide.Tali caratteristiche investono gli idrogel con beta-ciclode-strina di enormi potenzialità per lo sviluppo in futuro di impianti medicali e dispositivi biomedicali.

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La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali

AbstractThe authors reviewed some works of literature on the close evi-dence between the contact lens, lens solution used, as well as their combination and the presence of ocular adverse events si-licone hydrohel contact lens and daily wear related. Daily wear is today the major mode of use for conventional hydrogel material. Among the various associations' lens-solution” investigated in several studies, hydrogen peroxide with any lens type showed the lowest incidence of corneal infiltrative events, complica-tions directly related to the discomfort and safety in the use of lac always more consumers. how to eliminate the complications associated with the use of lac is of paramount importance to know the type of relation-ship among the different "lens-solution", so 'it is the search for new biocompatible materials and the understanding of reac-tion mechanisms between drug and structure of the lens in the production of new contact lenses medical.

Key wordsSilicone hydrogel contact lens, daily wear care system used, medicated contact lenses.

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Gulsen D., Chauhan A.: Ophthalmic drug delivery through 19. contact lenses. Invest. Ophthalmol. Vis. Sci., 2004;45:2342-2347Gulsen D., Chauhan A.: Dispersion of microemulsion drops in 20. HEMA hydrogel: a potential ophthalmic drug delivery vehicle. Int. J. Pharm.,2005;292:95-117Gulsen D.,Chauhan A.: Effect of water content on transpar-21. ency, swelling, lidocaine diffusion in p-HEMA gels.Membr. Sci.,2006;269:35-48Danion A., Doillon C.J., Giasson C.J. et al.: Biocompatibility 22. and light transmission of liposomal lenses. Optom. Vis. Sci., 2007;84:954-961Alvarez-Lorenzo C., Hiratani H., Gómez-Amoza J.L. et al.: 23. Soft contact lenses capable of sustained delivery of timolol. J. Pharm.Sci., 2002;91:2182-2192Hiratani H., Mizutani Y., Alvarez-Lorenzo C.: Controlling drug 24. release from imprinted hydrogels by modifying the characteris-tics of the imprinted cavities. Macromol. Biosci., 2005;5:728-733Alvarez-Lorenzo C., Yañez F., Barreiro-Iglesias R., Concheiro 25. A.: Imprinted soft contact lenses as norfloxacin delivery sys-tems. J. Control. Release,2006;113:236-244Venkatesh S., Sizemore S.P., Byrne M.E.: Biomimetic hydrogels 26. for enhanced loading and extended release of ocular therapeu-tics. Biomaterials, 2007;:717-724

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RUbR

ICA

PILLOLE DI LAC E DINTORNI

a cura di

Luigi Lupelli

È stato pubblicato...

Qualità della vita orientata sull’aspetto visivo in portatori di lenti a contatto in età pediatrica Rah mJ, Walline JJ, Jones-Jordan LA, Sinnott LT, Jackson Jm, manny RE, Coffey b, Lyons SOptometry & vision Science 2010; 87: 560–566Numerosi studi hanno riportato che l’uso delle lenti a contatto, sia RGP che morbide o ortocheratologiche, può essere affrontato con successo dai bambini che riescono a gestirle correttamente e con successo. In que-sta ricerca, che ha avuto una durata di tre anni, si è cercato di valutare se l’uso di lenti a contatto nell’età che va dagli 8 agli 11 anni può contribuire a migliorare la qualità della vita. Il questionario usato è stato The Pedia-tric Refractive Error Profile, che è uno dei due questionari pediatrici orienta-ti sull’aspetto visivo. È stato sommi-nistrato a 484 bambini miopi con as-segnazione random a 247 di essi. Gli altri hanno utilizzato occhiali. Il risultati ottenuti, nello spazio di tre anni, hanno mostrato che l’uso di lenti a contatto, in confronto all’uso degli occhiali, migliora la qualità della vita. Le differenze principali sono state ottenute in particolare per i campi dell’Aspetto, della Soddisfa-zione e delle Attività svolte. In con-clusione appare evidente che l’uso di lenti a contatto va preso in seria con-siderazione anche nei miopi che in età preadolescenziale possono avere una certa avversione estetica per gli occhiali e/o che partecipano ad atti-vità ricreative.

variazione diurna della funzione visiva e segni e sintomi dell’occhio seccoWalker Pm, Lane KJ, Ousler III GW, Abelson mbCornea 2010; 29: 607–612I soggetti con occhio secco spesso lamentano di avere disturbi visivi con peggioramento dei sintomi al mattino. Per verificare tale ipotesi gli autori eseguono, prima al matti-no e poi alla sera, una serie di esami comprendenti, tra l’altro, la valuta-zione dell’acuità visiva con occhiali, l’intervallo tra un ammiccamento e l’altro come segno del decadimento della funzione visiva, la velocità di lettura, l’esame biomicroscopico e il BUT lacrimale. Inoltre ai 21 soggetti esaminati veniva somministrato una versione modificata dell’Ocular Sur-face Disease Index. I risultati mostrano che il deteriora-mento delle funzioni visive in relazio-ne alla secchezza oculare (visione ri-dotta, annebbiata durante la lettura, la visione della Tv, la guida) è maggiore durante la sera. Anche i segni di ipe-remia bulbare e di staining dell’epite-lio corneale sono più accentuati nelle ore serali in confronto a quelli presen-ti al mattino. Il fatto che i sintomi cor-relati alla secchezza oculare vengano riportati principalmente al mattino va probabilmente posto in relazione con la sensibilità corneale che si riduce durante la giornata. Tale lavoro indi-ca che il trattamento dell’occhio secco non dovrebbe essere soltanto mirato a ridurre i sintomi soggettivi di discom-fort (più accentuati al mattino) e quel-li oggettivi (più accentuati la sera, ma anche teso a migliorare la performan-ce visiva e in particolare a prevenire il decadimento di tale funzione durante le ore diurne.

bagnabilità delle lenti a contatto in vitro: effetto dei surfattantiLin mC, Svitova TfOptometry & vision Science 2010; 87: 440–447La capacità del film lacrimale di di-stribuirsi uniformemente sulla su-perficie oculare dipende, tra l’altro, dalla bagnabilità della cornea e, nel caso di applicazione di lente a con-tatto, dalla bagnabilità della stessa. Per migliorare la bagnabilità del-la superficie della lente a contatto sono stati utilizzati vari approcci. Con le lenti in idrogel si è aggiun-to uno o più agenti umidificanti nel blister e nella soluzione conservante per variare la tensione superficiale. Tali agenti adsorbiti sulla superficie della lente sono ritenuti migliorare la bagnabilità. I surfattanti possono anche penetrare nella matrice del materiale della lente per poi, presu-mibilmente, essere rilasciati durante l’uso della lente.Di dieci lenti morbide (quattro in idrogel e 6 in silicone idrogel) gli Autori hanno misurato sia la tensio-ne superficiale, nell’interfaccia aria-acqua, che l’angolo di contatto sia appena dopo aver rimosso la lente a contatto dal blister, sia dopo aver immerso la lente in una soluzione senza surfattante. È stata anche mi-surata la tensione superficiale della soluzione in cui erano conservate le lenti nel blister. I risultati hanno mostrato che la tensione superficiale delle soluzio-ni presenti nei blister è più bassa di quella dell’acqua purificata. Se le lenti vengono prima immerse in una soluzione che elimina il surfattante l’angolo di contatto recedente au-menta mentre il valore del l’angolo contatto recedente rimane invariato.

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Per le lenti in idrogel la bagnabili-tà di superficie dipende largamente dalla presenza del surfattante pre-sente nel blister mentre è interessan-te notare che per la maggior parte delle lenti in silicone idrogel il sur-fattante non contribuisce a migliora-re la bagnabilità in vitro. Ciò può far ritenere che il risciacquo con solu-zione salina prima dell’applicazione può non alterare la bagnabilità e che quindi può essere addirittura con-sigliato in caso si sospetti una iper-sensibilità del portatore al surfattan-te. In conclusione si può affermare che i surfattanti che si trovano nelle soluzioni di conservazione poste nel blister alterano l’idrofilia di superfi-cie, anche se in modo diverso, per le varie lenti a contatto.

Disfunzione lacrimale post-LASIK DisestesiaNettune, G R.; Pflugfelder, S C.:The Ocular Surface, 2010; 8: 135-145Tra le complicanze post chirurgi-che indotte dall’intervento di che-ratomileusi in situ (LASIK) quella più frequente è una disfunzione lacrimale che appare presente nella maggior parte dei pazienti operati. I sintomi riportati da tali soggetti, che contribuiscono a causare il discom-fort oculare, non sono però sempre gli stessi sia dal punto di vista qua-litativo che quantitativo. Tale sin-drome racchiude una componente patologica neurotrofica, una instabi-lità lacrimale e una riduzione della componente acquosa delle lacrime accompagnata da un dolore di ma-trice neuropatica. I sintomi attribu-ibili alla secchezza oculare possono essere, in molti casi, risolti con una gestione appropriata che compren-de un’ottimizzazione della superfi-cie oculare sia prima che dopo l’in-tervento di chirurgia refrattiva. Nel caso che i sintomi persistano anche dopo nove mesi dall’intervento è necessario adottare delle strategie

d’intervento molto più aggressive in confronto a quelle convenzional-mente poste in atto.

L’atteggiamento verso le lenti a contatto. Uno studio comparati-vo tra adolescenti e genitorizeri f., Durban JJ, hidalgo f, Gispets JContact lens & Anterior Eye 2010; 33.119-123È stato condotto un sondaggio, sia in Italia che nella Penisola Iberica, per comprendere quali siano gli atteggiamenti degli adolescenti e dei loro genitori che possono crea-re delle resistenze verso l’uso delle lenti a contatto. In totale sono stati raccolti 344 questionari compilati dai genitori e 370 compilati dai figli. In generale i genitori ritengono che le lenti a contatto siano meno adatte per gli adolescenti in confronto ad una popolazione adulta. Comun-que il giudizio assume una conno-tazione meno negativa se i genitori sono anch’essi portatori di lenti a contatto. Le preoccupazioni che più frequentemente vengono espresse dai genitori, in particolare le madri, sono riferite a un maggior rischio di danno oculare dovuto a una pre-sunta minore attenzione all’igiene e a una minore capacità nel rispettare le indicazioni del contattologo, in particolare per l’aspetto delle proce-dure di manutenzione. Il 78% degli adolescenti che non usa le lenti a contatto sarebbe favorevole a farne uso specialmente per l’attività spor-tiva ma anche per ragioni estetiche e per avere una maggiore libertà di movimento.

Alessandro fossetti è il nuovo Direttore degli Studi dell’IRSOOAttivo collaboratore della nostra ri-vista e membro del Comitato Scien-tifico, il dott. Alessandro Fossetti, professore a contratto presso l’Uni-versità degli Studi di Padova, è sta-to nominato direttore dell’Istituto Regionale degli Studi Ottici e Op-

tometrici di Vinci. La redazione si complimenta con il nuovo direttore e gli augura un proficuo lavoro.

Pillole di lac e dintorni

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TIPS & TRICKS

a cura di

Laura boccardo

Quando tutto il resto fallisce, seguite le istruzioni!Ah, la primavera! Quest’anno il mio programma di cura del giardino si è focalizzato sulla lotta alle erbacce del prato. Ho sparso un'intera confezio-ne di diserbante, ma non ho ottenuto alcun risultato. Perplesso, mi sono deciso a leggere le istruzioni e ho scoperto di aver saltato un passo im-portante: il prato doveva essere ba-gnato prima di spargere il prodotto. Ho buttato via 30 dollari solo per non aver seguito le istruzioni! Ho provato di nuovo e ora le erbe infestanti sono (per lo più) sparite. Perché vi raccon-to questo? Perché spesso le lenti che applichiamo non funzionano, proprio per il motivo che non vengono appli-cate come indicato dalle istruzioni. Le aziende spendono un sacco di tempo e denaro per ottimizzare le procedure di impiego dei loro prodotti. Questa dovrebbe bastare, come ragione per seguire le istruzioni. Penso che sia più forte di noi. Abbiamo applicato un sacco di lenti multifocali: quanto mai potrà essere diversa questa nuova lente dalle altre? Se è un po' che non tirate fuori un foglio illustrativo, ini-ziate a leggere. Rimarrete sorpresi e le lenti che non funzionavano divente-ranno vincenti.J.M. Jacks, When All Else Fails, Follow the Direction, CLSpectrum, giugno 2010

Una soluzione è meglio di dueParlando di manutenzione durante alcuni corsi, dei colleghi mi hanno detto che preferiscono prescrivere ai pazienti diversi tipi di soluzioni per la manutenzione, alternandone un mese una e un mese l’altra. Mi-chael Mayers (One Lens Care Solution is Enough, CLSpectrum Aprile 2010)

riferisce di aver sentito prescrivere un'altra originale combinazione: una soluzione unica per cinque notti e un perossido due volte la settimana. Quale messaggio arriva ai pazienti? Prima possibilità: se una sola solu-zione non basta, significa che non è efficace, quindi si potrebbe provare a mischiarne due insieme! Seconda possibilità: se posso alternare que-sti prodotti, significa che sono equi-valenti, quindi tutti i prodotti sono uguali, quindi tanto vale che compri il primo che mi capita o quello che costa meno. I pazienti hanno già ab-bastanza confusione in testa riguardo alla manutenzione, l'uso e la sostitu-zione delle lenti, senza bisogno di rac-comandazioni strane da parte nostra.

Che occhi grandi che hai!L’ultima trovata nel campo delle lenti a contatto cosmetiche è un tipo di lenti che ingrandiscono il diametro dell'iri-de, creando l'effetto degli "occhioni" stile manga giapponese. Questo pro-dotto è stato originariamente inven-tato in Corea del Sud e, fino al 2009, è rimasto appannaggio dei mercati asiatici (Corea, Giappone, Pakistan e Hong Kong), pressoché sconosciuto in occidente, finché Lady Gaga non le ha utilizzate nel video della canzone "Bad Romance", dove appare con enormi occhi da bambola. Si è così scatenata la frenesia di molte adolescenti che ammirano e copiano il look di questa cantante. Attualmente queste lenti non sono in commercio in nessun paese occidentale, sono prive di marchio CE e, quindi, possono solo essere compra-te on-line. Le circle contact lenses sono vendute come lenti a ricambio annua-le. L’acquisto viene fatto sistematica-mente senza alcun tipo di controllo specialistico: le ragazze imparano ad

utilizzare queste lenti seguendo i tuto-rial su You Tube, che includono colliri vasocostrittori per sbiancare l’occhio, ciglia finte e dosi massicce di trucco bianco sulle rime palpebrali. L’uso sconsiderato delle lenti cosmetiche da parte dei teenager, senza una pre-scrizione, senza controlli e senza una seria istruzione alla manipolazione e alla manutenzione delle lenti, li espo-ne a seri rischi per la salute oculare. Se quindi vedete una ragazza che sembra Sailor Moon, partite dal presupposto che non abbia ricevuto alcuna infor-mazione sul corretto uso delle sue cir-cle lenses. Non perdete mai l’occasione per spiegare le norme basilari di igiene e manutenzione delle lenti a contatto.What Big Eyes You Have, Dear, but Are Those Contacts Risky?”, The New York Times, July 3, 2010.

Valutare le lenti morbide toricheQuando si applicano delle lenti mor-bide toriche, non basta controllare la posizione di riposo, ma è utile con-trollare anche la velocità di recupero dopo una rotazione. Per valutare la facilità di recupero rotazionale, la lente può essere ruotata manualmen-te di 45° tempiali (nello studio hanno usato un asciughino chirurgico). Una lente mostra buone capacità di recu-pero alla rotazione se torna nella sua posizione di riposo entro un minuto.G. Cairns, P. China, T. Gree, Toric Lens Performance: Insights Into Orientation Stability, CLSpectrum, maggio 2010.

Avete un piccolo trucco o qualsiasi sug-gerimento che possa risolvere i problemi più comuni che si incontrano nella pratica contattologica di tutti i giorni? Avete piacere di condividerlo con i colleghi?

Inviate i vostri Tips&Tricks alla redazione di LAC.

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Con quasi venticinque anni e sette edizioni di storia, si può dire che il “Dictionary of Optometry and Visual Science” di Michel Millo-dot sia diventato un classico della letteratura optometrica. Cresciuto e rinnovato, edizione dopo edi-zione, l’attuale versione di que-sto dizionario contiene oltre 5.400 termini inerenti all’optometria, la contattologia, l’ottica, l’ortottica, l’anatomia, la fisiologia, la pato-logia, la farmacologia, le tecniche di esame, la chirurgia refrattiva e

la percezione visiva. Per la prima volta sono stati inseriti termini ri-guardanti la genetica oculare, i me-todi di ricerca e le tecniche di neu-roimmagine. All’inizio del testo è inserito un glossario dei numerosi acronimi, abbreviazioni e simboli usati nell’ambito delle scienze visi-ve. Inoltre, è indicata l’origine gre-ca o latina di molti termini comuni e il significato dei prefissi e suffissi che vanno a formare le parole che usiamo abitualmente nella nostra pratica optometrica. Il “Dictionary of Optometry and Visual Science” diventa così una guida nel lessico specifico delle scienze della visio-ne, che con le dovute trasposizioni, è fruibile anche a chi, come noi, non è di lingua inglese.Un dizionario si concentra in pri-mo luogo sulle parole e sulle loro definizioni e quindi fornisce solo le informazioni essenziali relative al contesto del vocabolo di cui tratta, a differenza di un’enciclopedia, che affronta ogni argomento in modo dettagliato e completo. Molte voci, comunque, sono collegate da riferi-menti incrociati, che permettono di approfondire diversi aspetti dello stesso argomento. Malgrado ogni voce sia trattata in modo relativa-mente breve e conciso, lo scopo ide-ale è quello di fornire almeno tutte le informazioni più rilevanti di ogni singolo termine. Per esempio, ogni patologia è descritta illustrando la sua eziologia, i principali segni e sintomi e una nota sul trattamento. Una struttura anatomica è descritta in base alla sua struttura e alla sua funzione.Autore, insieme a Daniel Laby, an-che di un “Dictionary of Ophthal-mology” (2002), Michel Millodot

ammette di aver sviluppato una passione quasi maniacale per la compilazione e il perfezionamento dei dizionari. Rispetto all’edizione precedente, l’autore ha revisionato quasi tutte le voci, ne ha ampliato altre con informazioni più aggiorna-te, eliminando anche alcuni termini obsoleti. Sono state aggiunte molte nuove illustrazioni e le più vecchie sono state sostituite, per adeguarsi ad una grafica più moderna. Sono state aggiunte sei nuove tabelle, che non solo riassumono il testo scritto, ma spesso sono essenziali nel com-pletare la definizione.La settima edizione del “Dictionary of Optometry and Visual Science” si presenta come un libro tascabi-le, con una robusta quanto insolita copertina plastificata, pensata per resistere a ripetute consultazioni e anche a continui trasporti: non è un libro destinato a riposare in libreria. Grazie alla sua maneggevolezza il dizionario di Millodot è diventato uno strumento di lavoro indispen-sabile per tanti professionisti, oltre ad essere compreso nei testi consi-gliati di un gran numero di corsi di optometria in tutto il mondo.

IN LIbRERIADICTIONARY Of OPTOmETRY AND vISUAL SCIENCE

a cura di

Laura boccardo

michel millodot7a edizionebutterworth-heinemann, 2009409 pagine, 89 tabelle, 241 illustrazioniLingua inglesewww.elsevier.com

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Lenti a Contatto - Contact lensesAgosto 2010, volume XII, numero 2

Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide.Attenzione alla retina perifericaLuigi Lupelli

Occhio secco e lenti a contattoGonzalo Carracedo OD, Msc

L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologiaMatteo Fagnola, Marco Paolo Pagani, Silvio Maffioletti, Silvia Tavazzi, Antonio Papagni

La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicaliNicola Pescosolido, Chiara Nardella

d o d i c e s i m o a n n o9 770002 038370

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