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03 – RELAZIONI E NUMERI RAZIONALI PREREQUISITI - Elementi di teoria degli insiemi (Capitolo 1). - Scomposizione in fattori primi di un numero naturale (Capitolo 1). - Operazioni in N e in Z (Capitolo 1 e Capitolo 2). - Strutture algebriche (Capitolo 2). OBIETTIVI DIDATTICI - Saper evidenziare relazioni fra elementi di insiemi. - Saper riconoscere relazioni d’ordine e di equivalenza. - Saper operare con i numeri razionali. - Saper confrontare numeri razionali. - Saper individuare la frazione generatrice di un numero decimale. - Saper individuare il numero decimale generato da una frazione. PARAGRAFI 1 LE RELAZIONI 2 PARTICOLARI RELAZIONI 3 L’INSIEME DEI NUMERI RAZIONALI

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03 – RELAZIONI E NUMERI RAZIONALI PREREQUISITI - Elementi di teoria degli insiemi (Capitolo 1). - Scomposizione in fattori primi di un numero naturale (Capitolo 1). - Operazioni in N e in Z (Capitolo 1 e Capitolo 2). - Strutture algebriche (Capitolo 2). OBIETTIVI DIDATTICI - Saper evidenziare relazioni fra elementi di insiemi. - Saper riconoscere relazioni d’ordine e di equivalenza. - Saper operare con i numeri razionali. - Saper confrontare numeri razionali. - Saper individuare la frazione generatrice di un numero decimale. - Saper individuare il numero decimale generato da una frazione. PARAGRAFI 1 LE RELAZIONI 2 PARTICOLARI RELAZIONI 3 L’INSIEME DEI NUMERI RAZIONALI

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Antonio Caputi – Roberto Manni – Sergio Spirito

1. LE RELAZIONI 1.1 IL CONCETTO DI RELAZIONE Consideriamo gli insiemi A={2,3,5} e B={4,6,7} e sia

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ){ }2,4 , 2,6, , 2,7 , 3, 4 , 3,6 , 3,7 , 5, 4 , 5,6 , 5,7A B× = il loro prodotto cartesiano. Sulla rappresentazione grafica

4

6

7

B

2 3 5 A

(2;4) (3;4) (5;4)

(2;6) (3;6) (5;6)

(2;7) (3;7) (5;7)G

evidenziamo quelle coppie in cui la prima coordinata divide la seconda. Così facendo leghiamo alcuni elementi di A con alcuni elementi di B, scegliendogli in base alla seguente legge : per ogni x A∈ e per ogni y B∈ diremo che x è in relazione con y se e solo se “x divide y” o, più semplicemente per ogni x A∈ e per ogni y B∈ si ha x yℜ se e solo se “x divide y”. In altri termini, come messo in risalto anche dalla precedente illustrazione, una relazione ℜ fra due insiemi A e B permette di individuare un sottoinsieme G del prodotto cartesiano A B× ; nell’esempio in questione, si ha G ={(2,4),(2,6),(3,6)}. È immediato constatare che scrivere 2 4ℜ equivale ad affermare che (2,4)∈G, ossia x divide y se e solo se la coppia (x,y) è un elemento di G. In definitiva il concetto di relazione può formalizzarsi nel modo che segue. Se A e B sono due insiemi, non necessariamente distinti, considerato il loro prodotto cartesiano A B× , stabiliamo una relazione fra A e B considerando un qualsiasi sottoinsieme G di A B× e ponendo per ogni x A∈ e per ogni y B∈ x yℜ se e solo se (x,y)∈G.

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È altrettanto evidente che se due elementi x ed y non sono in relazione, allora la coppia ordinata (x,y) non è un elemento di G e viceversa. Nell’esempio, infatti, il numero 3 non è in relazione con il numero 4 e, come si può verificare dalla figura, la coppia (3,4) non appartiene a G. D’altra parte la coppia (5,7) non è un elemento di G ed i numeri 5 e 7 non sono in relazione, vale a dire 5 non divide 7. A questo punto possiamo dare la seguente DEFINIZIONE (relazione e grafico) Siano A e B due insiemi, non necessariamente distinti. Si chiama relazione o corrispondenza tra A e B una proprietà che individua un sottoinsieme G del prodotto cartesiano. L’insieme G si dice grafico della relazione ℜ . 1.2 COME RAPPRESENTARE UNA RELAZIONE Riprendiamo in esame l’esempio del paragrafo precedente in cui, considerati gli insiemi A={2,3,5} e B={4,6,7}, abbiamo definito la relazione ℜ ponendo per ogni x in A e per ogni y in B x yℜ se e solo se “x divide y”. Possiamo mettere in risalto il legame esistente fra alcuni elementi di A ed alcuni elementi di B e quindi rappresentare graficamente la relazione ℜ , collegando materialmente attraverso delle frecce quegli elementi di A e di B che sono interessati dalla relazione :

2.

3.

5.

.4

.6

.7

A B

Tale rappresentazione è nota come rappresentazione sagittale (cioè mediante frecce) di una relazione. Come già visto prima, una relazione si può rappresentare graficamente con una rappresentazione cartesiana, oppure con una tabella a doppia entrata, come illustrato di seguito in figura.

5

4 6 7R

2

3

R R

R

Nel nostro esempio si ha che : 2 ha come corrispondente 4 nella relazione ℜ e 4 è corrispondente di 2 nella relazione ℜ , 2 ha come corrispondente 6 nella relazione ℜ e 6 è corrispondente di 2 nella relazione ℜ , 3 ha come corrispondente 6 nella relazione ℜ e 6 è corrispondente di 2 nella relazione ℜ .

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Le precedenti figure mettono in risalto anche un altro fatto: non tutti gli elementi di A hanno un corrispondente in B e non tutti gli elementi di B sono corrispondenti di elementi di A. Questo giustifica la successiva DEFINIZIONE (dominio e codominio) Sia R una relazione stabilita fra gli elementi di due insiemi A e B (non necessariamente distinti). Chiamiamo dominio di ℜ e lo indichiamo con dom(ℜ ) il sottoinsieme di A i cui elementi hanno almeno un corrispondente in B. Chiamiamo codominio di ℜ e lo indichiamo con codom(ℜ ) il sottoinsieme di B i cui elementi sono corrispondenti di almeno un elemento di A. Nel nostro esempio si avrà dom(ℜ ) = {2,3} e codom(ℜ ) = {4,6} e in figura

2.

3.

5.

.4

.6

.7

A B

dom( )Rcodom( )R

1.3 RELAZIONE INVERSA Considera nuovamente la rappresentazione sagittale di ℜ vista nel precedente paragrafo

2.

3.

5.

.4

.6

.7

A B

ed inverti il verso delle frecce nel disegno

2.

3.

5.

.4

.6

.7

A B

Puoi osservare che si ottiene una nuova relazione il cui grafico G’ ={(4,2),(6,2),(6,3)}

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è un sottoinsieme del prodotto cartesiano A B× . La nuova relazione individuata da G’ è detta relazione inversa di ℜ e viene indicata con il simbolo 1−ℜ , che si legge “erre a meno 1”. Osserva, inoltre, che

14 2−ℜ , ossia (4,2) ∈ G’, se e solo se (2,4)∈G, cioè 2 ℜ 4, 16 2−ℜ , ossia (6,2) ∈ G’, se e solo se (2,6)∈G, cioè 2 ℜ 6, 16 3−ℜ , ossia (6,3) ∈ G’, se e solo se (3,6)∈G, cioè 3 ℜ 6.

Questo permette di dare un’altra DEFINIZIONE (relazione inversa) Sia ℜ una relazione stabilita fra gli elementi di due insiemi A e B (non necessariamente distinti). Chiamiamo inversa di ℜ e la indichiamo con 1−ℜ quella relazione fra gli elementi di B e quelli di A così caratterizzata: per ogni y∈B e per ogni x∈A risulta y 1−ℜ x se e solo se x ℜ y. Verificare che dom( 1−ℜ ) = codom(ℜ ) e che codom( 1−ℜ ) = dom(ℜ ). 2 PARTICOLARI RELAZIONI 2.1 RELAZIONI DI ORDINE Riprendiamo la rappresentazione geometrica di N

0 1 2 3 4 5 e conveniamo di porre in relazione due numeri naturali x ed y se e solo se “x è a sinistra di y”, in simboli x ℜ y se e solo se “x è a sinistra di y”; vogliamo scoprire in modo intuitivo quali sono le proprietà di ℜ . Un’osservazione della figura porta a dire subito che, per come ℜ è stata definita, nessun naturale è in relazione con se stesso, cioè x xℜ . Inoltre è altrettanto immediato verificare tramite la figura che, se x è a sinistra di y ed y è a sinistra di z, allora x è a sinistra di z, ossia se x ℜ y e y ℜ z, allora x ℜ z. Le precedenti proprietà sono rispettivamente note come

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1. proprietà antiriflessiva, 2. proprietà transitiva e caratterizzano delle relazioni dette relazioni d’ordine stretto. È bene osservare che se ℜ è una relazione d’ordine stretto in N, allora non può verificarsi contemporaneamente che x ℜ y ed y ℜ x altrimenti, in virtù della proprietà transitiva, si avrebbe x ℜ x il che è escluso dalla proprietà antiriflessiva. La relazione d’ordine stretto introdotta in N è denotata con il simbolo < e la scrittura x < y si legge “x è minore di y”. Accanto alla relazione d’ordine indicata con il simbolo <, nell’insieme dei numeri naturali è possibile introdurne un’altra, la sua inversa, che è indicata con il simbolo >, ponendo x > y se e solo se y < x; la scrittura x > y si legge “x è maggiore di y”. La rappresentazione geometrica di N permette di fare ancora un’osservazione. Se scegliamo due numeri naturali x ed y, si presenta una ed una sola delle seguenti possibilità: x < y, x = y, y < x. In generale possiamo dare le seguenti DEFINIZIONI (elementi confrontabili, insieme ordinato) Se ℜ è una relazione d’ordine in un insieme A ed x ed y due elementi distinti di A, se si verifica che x ℜ y o y ℜ x, gli elementi x ed y si dicono confrontabili; se non si verifica né x ℜ y né y ℜ x, x ed y si dicono non confrontabili. Una relazione d’ordine ℜ in A per la quale tutti gli elementi di A sono confrontabili, si dice relazione d’ordine totale e l’insieme su cui è definita si dice totalmente ordinato; in caso contrario ℜ si dice relazione d’ordine parziale e l’insieme in cui è definita si dice parzialmente ordinato. OSSERVAZIONE Alla luce di quanto detto prima, possiamo affermare che l’insieme N è totalmente ordinato rispetto alla relazione <. Accanto alle relazioni d’ordine stretto si introducono delle relazioni dette d’ordine largo. Più precisamente diremo che in un insieme A, in cui sia possibile stabilire se due elementi sono uguali, è definita una relazione ℜ d’ordine largo se: 1. per ogni elemento x di A risulta che x ℜ x; 2. comunque si scelgano due elementi x ed y di A risulta che se x ℜ y ed y ℜ x, allora x = y;

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3. comunque si scelgano tre elementi x, y e z di A risulta che se x ℜ y ed y R z, allora x ℜ z. Le precedenti sono note nell’ordine come proprietà riflessiva, proprietà antisimmetrica e proprietà transitiva. In N è possibile introdurre una relazione d’ordine largo, che viene indicata con il simbolo ≤ , nonché la sua inversa ≥ . Comunque si scelgano due numeri naturali x ed y, diremo che x è minore o uguale di y [rispettivamente x è maggiore uguale di y] e scriveremo x y≤ [rispettivamente x y≥ ] se si presenta una ed una sola delle seguenti eventualità x < y [rispettivamente x > y] x = y . La relazione d’ordine largo introdotta in N gode, ovviamente, delle proprietà che caratterizzano tali relazioni: 1. per ogni naturale x risulta x x≤ ; 2. comunque si scelgano due elementi x ed y se x y≤ ed y x≤ , allora x = y; 3. comunque si scelgano tre elementi x, y e z se x y≤ ed y z≤ , allora x z≤ . Riassumendo DEFINIZIONI (relazioni d’ordine stretto e largo) Diciamo che ℜ è una relazione d’ordine stretto se essa verifica le proprietà antiriflessiva e transitiva. Se verifica le proprietà riflessiva, antisimmetrica e transitiva si dice d’ordine largo. ESEMPI 1. Dato l’insieme V={a,e,i,o}, sia V×V={(a,a),(a,e),(a,i),(a,o),(e,a),(e,e),(e,i),(e,o),(i,a),(i,e),(i,i),(i,o),(o,a),(o,e),(o,i),(o,o)} il prodotto cartesiano di V con se stesso. Costruisci in V una relazione ℜ in modo tale che essa risulti una relazione d’ordine stretto. La ℜ deve soddisfare la proprietà antiriflessiva e quella transitiva, per cui, sulla base di tali informazioni, considera il seguente sottoinsieme di V×V: G={(a,e), (a,i), (a,o), (e,i), (e,o), (i,o)} e poni x ℜ y se e solo se (x,y)∈ G. Verifichiamo insieme che ℜ è una relazione d’ordine stretto.

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A. La relazione ℜ è antiriflessiva, infatti a G non appartengono coppie aventi prima e seconda coordinata uguali, per cui, comunque si scelga un elemento di V, risulta x xℜ . B. La relazione ℜ è transitiva. Infatti: se a ℜ e ed e ℜ i, allora a ℜ i, poiché (a,e), (e,i) ed (a,i) sono elementi di G, se a ℜ i ed i ℜ o, allora a ℜ o, poiché (a,i), (i,o) ed (a,o) sono elementi di G, se e ℜ i ed i ℜ o, allora e ℜ o, poiché (e,i), (i,o) ed (e,o) sono elementi di G. 2. Scelti due numeri naturali qualunque x ed y, poniamo x ℜ y se e solo se esiste un naturale d tale che x − y = d. Proviamo che ℜ è una relazione d’ordine largo su N. Facciamo vedere che ℜ gode delle tre proprietà che caratterizzano le relazioni d’ordine largo: A. ℜ è riflessiva. Infatti preso un qualsiasi numero naturale x, si ha che x ℜ x in quanto esiste 0∈N tale che x − x = 0. B. ℜ è antisimmetrica. Infatti, presi due naturali x ed y tali che x ℜ y ed y ℜ x, esisteranno

1d N∈ e 2d N∈ tali che 1x y d− = e 2y x d− = . Sommando membro a membro le due uguaglianze ottieni

1 2x y y x d d− + − = + . Sfruttando la proprietà di semplificabilità in N vista nel primo capitolo, ricaviamo

1 2 0d d+ = . Questa uguaglianza è vera se e solo se i due naturali d1 e d2 sono entrambi nulli. Per cui si ha x − y = 0 da cui x = y. Vale, perciò, la proprietà antisimmetrica. C. R è transitiva. Infatti, presi tre naturali x, y e z tali che x ℜ y ed y ℜ z esisteranno 1d N∈ e

2d N∈ tali che 1x y d− = e 2y z d− = . Sommando membro a membro le due uguaglianze ottieni

1 2x y y z d d− + − = + e, per la proprietà di semplificabilità x − z = d dove si è posto d1 + d2 = d, che è ancora un numero naturale. Ne segue che x ℜ z e quindi resta provata la transitività di ℜ . È bene osservare che le relazioni d’ordine stretto < e d’ordine largo ≤ introdotte in N e le rispettive inverse possono estendersi in modo naturale in Z ricordando che se x ∈ Z, allora x ∈ N. Pertanto indicati con x ed y i due interi, è lecito porre per definizione • x < y se e solo se x < y nel caso in cui x è un intero positivo o nullo ed y è un intero positivo, • x < y se x è un intero negativo ed y è un intero positivo o nullo,

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• x < y se e solo se x > y nel caso in cui x è un intero negativo ed y è un intero negativo o nullo.

ESEMPIO Se x = 3 ed y = 5, si ha 3 < 5; se invece x = – 5 ed y = 3, risulta – 5 < 3. Se infine x = – 3 ed y = – 5, abbiamo – 5 < – 3. Facciamo, infine, un’ultima considerazione. Sia F la famiglia di insiemi individuata dalla figura seguente

F

A CG

DE

Osserviamo innanzitutto che l’inclusione fra insiemi, che può definirsi in F, è una relazione d’ordine largo (sei in grado di provarlo?). In F accade, però, che esistono degli insiemi che non sono confrontabili. Ad esempio se consideri A e D non è possibile affermare né che A D⊆ e né che D A⊆ , cioè gli insiemi A e D non sono in relazione. In questo caso ci si trova di fronte ad un esempio di relazione d’ordine parziale. Quindi F è un insieme parzialmente ordinato rispetto all’inclusione. 2.2 RAPPRESENTAZIONE DI UNA RELAZIONE D’ORDINE Risulta interessante vedere come sia possibile rappresentare una relazione d’ordine R fra gli elementi di un certo insieme A segnando dei punti individuanti gli elementi di A, in modo che ogni coppia (x,y) di elementi in relazione sia rappresentata da uno stesso punto nel caso in cui x = y e dagli estremi di un segmento ascendente, che va da x ad y, se x è diverso da y. Ad esempio, se è A={a,b,c,d,e,f} e se il grafico della relazione R è G={(a,a),(a,c),(a,d),(a,e),(a,f),(b,b),(b,c),(b,d),(b,e),(b,f),(c,c),(c,d),(c,e),(c,f),(d,d),(e,e),(e,f),(f,f)} si ha la seguente rappresentazione grafica di ℜ

a b

c

d

e

f

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Questo grafico evidenzia che ℜ è una relazione d’ordine parziale, perché, ad esempio, a non è confrontabile con b, non essendovi un segmento che li unisce. 2.3 RELAZIONI DI EQUIVALENZA Date due figure F e G

F G definiamo la seguente relazione ℜ : F ℜ G se e solo se F e G hanno la stessa “forma”. Cerchiamo di scoprire, in modo intuitivo, quali sono le proprietà di cui gode tale relazione; osserviamo la seguente illustrazione:

F F risulta evidente che F ha la stessa “forma” di F, per cui F ℜ F. Del resto, considerata quest’altra figura

F G appare chiaro che, se F ha la stessa “forma” di G, allora G ha la stessa “forma” di F; pertanto se F Gℜ , allora GℜF. Un’altra proprietà di questa relazione viene chiarita dal seguente disegno

F G H dal quale si deduce che se F ha la stessa “forma” di G e se G ha la stessa “forma” di H, allora F ha la stessa “forma” di H, ossia se FℜG e GℜH, allora FℜH. Le proprietà precedenti vengono nell’ordine chiamate 1. proprietà riflessiva, 2. proprietà simmetrica,

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3. proprietà transitiva.

A questo punto possiamo dare la seguente

DEFINIZIONE (relazione di equivalenza)

Una relazione ℜ che goda delle tre proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva, si dice relazione di equivalenza. Due elementi x ed y tali che x ℜ y si dicono equivalenti.

ESEMPIO

La relazione di uguaglianza fra numeri naturali è una relazione di equivalenza in quanto, scelti arbitrariamente tre numeri x, y e z in N, si ha :

1. x = x (riflessività),2. se x = y, allora y = x (simmetricità),3. se x = y e y = z, allora x = z (transitività)

OSSERVAZIONE

Un esempio di relazione che riflessiva, transitiva, ma non simmetrica è dato dalla seguente relazione in N privato dello 0:

x ℜ y se e solo se x divide y;

ovviamente ℜ è riflessiva, in quanto ogni numero diverso da 0 divide se stesso. Verifica con alcuni esempi che ℜ è transitiva. La ℜ non gode, però, della proprietà simmetrica. Ad esempio risulta che 3 ℜ 6, poiché 6 : 3 = 2, ma 6 non è in relazione con 3 in quanto 6 non divide 3. Provate a verificare che, se x ℜ y ed y ℜ x, allora x = y, ossia ℜ è una relazione di largo.

In generale, le relazioni d’ordine non sono di equivalenza e viceversa; ovviamente vi sono relazioni che non sono né di ordine né di equivalenza.

ESEMPI

Considerata in N la relazione

x ℜ y se e solo se le divisioni di x con 5 e di y con 5 forniscono lo stesso resto,

verifica con opportuni esempi che ℜ è una relazione di equivalenza.

Si tratta di far vedere che, comunque si scelgono tre numeri x, y e z in N, si ha :

1. x ℜ x2. se x ℜ y, allora y ℜ x3. se x ℜ y e y ℜ z, allora x ℜ z.

2.4 CLASSI DI EQUIVALENZA E INSIEME QUOZIENTE

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Riprendiamo in esame la relazione di equivalenza dell’ultimo esempio del precedente capitolo definita con x, y numeri naturali:

x ℜ y se e solo se le divisioni di x con 5 e di y con 5 forniscono lo stesso resto Consideriamo i resti delle seguenti divisioni a gruppi di cinque :

0 : 5 = 0 con resto 0 5 : 5 = 1 con resto 0 10 : 5 = 2 con resto 0 15 : 5 = 3 con resto 0 1 : 5 = 0 con resto 1 6 : 5 = 1 con resto 1 11 : 5 = 2 con resto 1 16 : 5 = 3 con resto 1 2 : 5 = 0 con resto 2 7 : 5 = 1 con resto 2 12 : 5 = 2 con resto 2 17 : 5 = 3 con resto 2 3 : 5 = 0 con resto 3 8 : 5 = 1 con resto 3 13 : 5 = 2 con resto 3 18 : 5 = 3 con resto 3 4 : 5 = 0 con resto 4 9 : 5 = 1 con resto 4 14 : 5 = 2 con resto 4 19 : 5 = 3 con resto 4

Non è difficile convincersi del fatto che andando avanti con le divisioni, i resti si ripetono e, nell’ordine, valgono 0, 1, 2, 3, 4; infatti il resto deve sempre essere minore del divisore, in questo caso di 5. Questo fatto permette di raggruppare in uno stesso insieme quei numeri la cui divisione per 5 fornisce lo stesso resto. Indicato con resto(x,5) il resto della divisione x : 5, poniamo, per definizione

[0] = {x∈N : resto(x,5) = 0}, [1] = {x∈N : resto(x,5) = 1}, [2] = {x∈N : resto(x,5) = 2}, [3] = {x∈N : resto(x,5) = 3}, [4] = {x∈N : resto(x,5) = 4}.

Quindi, tanto per fare un esempio, sia 35 che 125 sono elementi di [0], mentre 11 e 121 appartengono all’insieme [1]. Il numero 0 viene detto rappresentante dell’insieme [0], il numero 1 viene detto rappresentante dell’insieme [1] e così via. Poiché questi insiemi sono stati costruiti a partire dalla relazione di equivalenza ℜ , essi vengono detti classi di equivalenza modulo ℜ proprio per ricordare il loro legame con quella relazione. Osserviamo che, per come sono stati definiti, questi insiemi risultano certamente non vuoti; infatti, la divisione per 5 di un numero naturale x compreso fra 0 e 4, inclusi tali valori, fornisce sempre un resto uguale ad x stesso e quindi il numero x verrà collocato nella classe [x]. Ad esempio a [0] appartiene almeno 0, a [1] appartiene almeno 1 e così via. Inoltre essi sono a due a due disgiunti. Infatti, un numero naturale x per poter appartenere a due classi contemporaneamente, ad esempio [0] e [3], dovrebbe essere tale che il resto della sua divisione per 5 risultasse uguale sia a 0 che a 3 il che è evidentemente impossibile in quanto si avrebbe

resto(x,5) = 0 , resto (x,5) = 3

da cui, per la transitività dell’uguaglianza e l’unicità del resto, 0 = 3 che è impossibile. Infine, osserviamo che, tutti i numeri naturali vanno a distribuirsi nelle classi [0], [1], [2], [3], [4], in quanto la divisione tra x e 5 fornisce sempre un resto da 0 a 4, quindi x è un elemento di una delle classi. Pertanto l’unione di queste è uguale all’insieme N, vale a dire

[0]∪ [1]∪ [2]∪ [3]∪ [4] = N.

L’insieme {[0], [1], [2], [3], [4]} è detto insieme quoziente ed è indicato con il simbolo N / ℜ .

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Esso si rappresenta graficamente così

[0] [1]

[4][2]

[3]

Se andiamo, per così dire, ad aprire le classi di equivalenza, troviamo nel loro interno tutti i numeri naturali fra loro equivalenti. Nella figura successiva ne abbiamo individuati alcuni

[0]

[1]

[4]

[2]

[3]

. 5

. 10. 0

. 15

. 125. 20

. 30

. 1

. 11

. 16. 26 . 56

. 21. 31

. 4. 14. 24

. 39. 29

. 44

. 2 . 7

. 12. 27

. 32. 37

. 23

. 8

. 28

. 38

. 33

. 13

Quest’ultima rappresentazione mette in evidenza ancora un altro aspetto particolare e di notevole importanza: la classe di equivalenza dello 0 coincide con quella del 5, del 10, del 15 e, più in generale, con quella di un qualsiasi numero la cui divisione per 5 dà resto nullo. Similmente la classe di equivalenza dell’1 è la stessa di quella del 6, dell’11 e via di seguito. Una considerazione analoga può essere fatta per le altre classi. Ciò permette di scrivere quanto segue : [0]=[5]=[10]=[15]=[20]=[25]=[30]=... [1]=[6]=[11]=[16]=[21]=[26]=[31]=... [2]=[7]=[12]=[17]=[22]=[27]=[32]=... [3]=[8]=[13]=[18]=[23]=[28]=[33]=... [4]=[9]=[14]=[19]=[24]=[29]=[34]=... vale a dire i numeri 5, 10, 15, 20, 25, 30, ... sono tutti equivalenti e possono essere rappresentanti della classe [0] 6, 11, 16, 21, 26, 31, ... sono tutti equivalenti e possono essere rappresentanti della classe [1], 7, 12, 17, 22, 27, 32, ... sono tutti equivalenti e possono essere rappresentanti della classe [2], 8, 13, 18, 23, 28, 33, ... sono tutti equivalenti e possono essere rappresentanti della classe [3], 9, 14, 19, 24, 29, 34, ... sono tutti equivalenti e possono essere rappresentanti della classe [4]. Il discorso fin qui condotto può generalizzarsi a partire da una qualsiasi relazione di equivalenza, ma rinunciamo ad approfondire ulteriormente l’argomento per brevità.

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3 L’INSIEME DEI NUMERI RAZIONALI 3.1 UN NUOVO INSIEME NUMERICO Chiamiamo numero razionale il quoziente indicato fra due numeri interi a e b, presi nell’ordine, di

cui il secondo non nullo. In simboli, sotto le precedenti ipotesi, si pone : aa bb

= .

Il nuovo simbolo ab

introdotto è detto frazione di numeratore a e denominatore b; a e b sono in

generale detti termini della frazione. L’insieme dei numeri razionali si indica con il simbolo Q. DEFINIZIONI (numeri razionali positivi, negativi, frazioni uguali) Un numero razionale si dice positivo se i termini della frazione sono concordi in segno, negativo se sono discordi.

Due frazioni ab

e cd

si dicono uguali se accade che a d b c⋅ = ⋅ .

In base alla definizione si ha che a a ab b b

−− = =

− e che a a

b b−

=−

.

ESEMPI

La frazione 23

è uguale alla frazione 46

in quanto 2 6 3 4⋅ = ⋅ .

La frazione 13

è uguale alla frazione 26

in quanto 1 6 3 2⋅ = ⋅ .

La frazioni 23

− , 23− , 2

3− sono fra loro uguali.

I numeri razionali 23− e 1

3− sono negativi, mentre i numeri razionali 1

2−−

e 53

−−

sono positivi.

OSSERVAZIONI

Notiamo che a 0 Z∈ si può associare il numero razionale 01

, ad 1 Z∈ si può associare il numero

razionale 11

, a 2 Z− ∈ si può associare il numero razionale 21

− , a 3 Z− ∈ si può associare il

numero razionale 31

− e così via.

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In generale ad ogni a Z∈ si può associare il numero razionale 1a , il che permette di “identificare” i

numeri interi con un sottoinsieme di Q. 3.2 RIDUZIONE DI FRAZIONI ALLO STESSO DENOMINATORE Per le frazioni vale una importante proprietà, nota come proprietà invariantiva, in base alla quale moltiplicando o dividendo numeratore e denominatore di una frazione per una stessa quantità diversa da zero, la frazione si trasforma in un’altra uguale. ESEMPI

1. Considera la frazione 23

e moltiplica il suo numeratore ed il suo denominatore per 5. Ottieni la

nuova frazione 1015

uguale alla precedente, risultando 2 15 3 10⋅ = ⋅ .

2. Considera la frazione 615

e dividi il suo numeratore ed il suo denominatore per 3. Ottieni la

nuova frazione 25

. Ebbene si ha 6 215 5

= in quanto 6 5 2 15⋅ = ⋅ .

Possiamo, ora, di introdurre un nuovo concetto, quello di frazione riducibile o semplificabile e, conseguentemente, quello di frazione irriducibile o non semplificabile attraverso la seguente DEFINIZIONE (frazione riducibile, frazione irriducibile)

Una frazione ab

si dice riducibile oppure semplificabile se i suoi termini non sono primi fra loro. In

caso contrario essa si dice irriducibile oppure non semplificabile. OSSERVAZIONE Se una frazione è irriducibile, si dice anche che essa è ridotta ai minimi termini. ESEMPI

1. La frazione 1510

è riducibile in quanto il suo numeratore ed il suo denominatore sono entrambi

divisibili per 5.

2. La frazione 49

è irriducibile, perché i suoi termini sono numeri primi fra loro.

Per semplificare una frazione è sufficiente dividere i suoi termini per uno stesso fattore comune. Così facendo, grazie alla proprietà invariantiva, si ottiene una frazione uguale alla data. È bene osservare che data una frazione semplificabile, per renderla irriducibile basta dividere i suoi termini per il loro massimo comune divisore. ESEMPI

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La frazione 4860

è semplificabile. Per renderla irriducibile, osservato che MCD(48,60) = 12,

dividiamo numeratore e denominatore per 12. In virtù della proprietà invariantiva possiamo scrivere 45

che è una frazione irriducibile.

La proprietà invariantiva consente anche di ridurre allo stesso denominatore due frazioni qualsiasi.

Considera, ad esempio, le frazioni 23

e 57

che hanno come denominatori numeri primi fra loro.

Se moltiplichi il numeratore ed il denominatore della prima frazione per 7 e quelli della seconda

frazione per 3, ottieni due nuove frazioni uguali alle date 1421

e 1521

che hanno la caratteristica di

presentare lo stesso denominatore.

Un altro esempio può essere quello ottenuto a partire dalle seguenti frazioni 34

e 56

i cui

denominatori non sono numeri primi fra loro.

Se procediamo come nel caso precedente, otteniamo le frazioni 1824

e 2024

che hanno lo stesso

denominatore. In questo caso, però, risulta più conveniente procedere in un modo leggermente diverso, ma che conduce ad un risultato equivalente. Innanzitutto determiniamo il minimo comune multiplo tra i numeri che individuano i denominatori delle frazioni assegnate MCM(4,6) = 12,

che assumeremo come denominatore comune delle due nuove frazioni ?12

e ?12

.

Per quanto riguarda il numeratore, sfruttando la proprietà invariantiva, procediamo come segue: 3 3 94 4

3123

⋅= =

⋅ dove 3 è il risultato della divisione tra l’MCM(4,6) e 4

5 5 106 6 2

22 1⋅

= =⋅

dove 2 è il risultato della divisione tra l’MCM(4,6) e 6

In generale, quindi, volendo ridurre allo stesso denominatore le frazioni ab

e cd

, con b d≠ ,

procederemo assumendo come denominatore comune il minimo comune multiplo m fra b e d e come numeratore della prima e della seconda frazione rispettivamente i prodotti 'a b⋅ e 'c d⋅ , dove

' :b m b= e ' :d m d= , ottenendo le frazioni 'a bm⋅ e 'c d

m⋅ che sono uguali a quelle date

(verificatelo!). Osserviamo che per ridurre allo stesso denominatore più di due frazioni si procede in modo del tutto analogo a quello visto in precedenza, come chiarisce il successivo ESEMPIO

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Riduci allo stesso denominatore le frazioni 12

− , 310

e 415

− .

Procediamo determinando per primo il minimo comune multiplo fra i denominatori 2, 10 e 15: MCM(2,10,15) = 30 che assumeremo come denominatore comune delle nuove frazioni. Risulta, poi: 30 : 2 15= , 30 :10 3= e 30 :15 2= e quindi i numeratori delle nuove frazioni, a meno del segno, sono 1 15 15⋅ = , 3 3 9⋅ = e 4 2 8⋅ =

perciò le frazioni ridotte allo stesso denominatore sono 1530

− , 930

e 230

− .

3.3 CONFRONTO TRA FRAZIONI Ridurre allo stesso denominatore due o più frazioni permette di confrontare le frazioni stesse. In altre parole è possibile definire in Q una relazione d’ordine, indicata con lo stesso simbolo < usato per confrontare fra loro numeri relativi o naturali. Vediamo come procedere, distinguendo due casi: A. le frazioni da confrontare hanno lo stesso denominatore B. le frazioni da confrontare non hanno lo stesso denominatore.

A. Consideriamo le frazioni 51

e 71

. Poiché 5 51= e 7 7

1= , essendo 5 7< in Z, è naturale porre

5 71 1< .

Estendiamo quanto detto a frazioni che hanno lo stesso denominatore, ma diverso da 1, ad esempio

consideriamo le frazioni 13

e 23

.

Confrontando i numeratori, la qual cosa è lecita perché essi sono due numeri interi, essendo 1 2< ,

deduciamo che è 1 13 2< .

B. Consideriamo le frazioni 45

− e 23

− .

Per poterle confrontare riconduciamoci al caso precedente riducendole allo stesso denominatore

ottenendo 1215

− e 1015

− . Dal confronto dei numeratori, essendo 12 10− < − , si ricava che 4 25 3

− < − .

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In generale, pertanto, volendo confrontare le frazioni ab

e cd

distingueremo il caso b = d da quello

che vede b d≠ .

Se b = d, per definizione si ha a cb b< in Q se e solo se a c< in Z

Se b d≠ , considerate le frazioni a db d⋅⋅

e b cb d⋅⋅

ridotte allo stesso denominatore, poniamo, per

definizione, a cb d< in Q se e solo se a d b c⋅ < ⋅ in Z.

È bene ricordare che, per ridurre frazioni allo stesso denominatore conviene assumere come denominatore comune proprio il minimo comune multiplo tra i denominatori delle frazioni stesse. In modo del tutto analogo si introduce la relazione d’ordine ≤ e le loro inverse > e ≥ . 3.4 ADDIZIONE ALGEBRICA NELL’INSIEME DEI NUMERI RAZIONALI In questo paragrafo vogliamo definire l’operazione di addizione algebrica nell’insieme dei numeri razionali. Per farlo osserviamo preliminarmente che, essendo Z un sottoinsieme di Q, l’operazione che definiremo deve necessariamente soddisfare le proprietà che già sono state studiate in Z in modo che l’addizione fra interi fornisca gli stessi risultati ed abbia le stesse caratteristiche dell’addizione tra frazioni con denominatore unitario. Partiamo proprio da quest’ultima considerazione per definire l’addizione algebrica in Q; sappiamo che in Z si ha 2 5 3− + = .

Ricordando che è 221

− = − , 551

= e 331

= , volendo far valere la precedente uguaglianza, scriviamo

2 5 31 1 1

− + = .

L’esempio visto suggerisce in modo naturale di porre per definizione 1 1 1a b a b++ = , qualunque

siano a e b elementi di Z. Definiamo ora l’addizione tra frazioni con lo stesso denominatore. Siccome fra queste rientrano quelle prese come addendi nell’esempio prima visto, è ovvio che il modo di operare che definiremo dovrà garantire la validità delle precedenti uguaglianze. Viene, quindi, spontaneo porre per

definizione a c a cb b b

++ = con ,a c Z∈ e { }0b Z∈ −

Cosicché avremo, ad esempio 3 5 3 5 87 7 7 7

− −− − = = −

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Questo modo di procedere suggerisce come fare per addizionare due frazioni che hanno denominatore diverso: dopo averle ridotte allo stesso denominatore, si applicherà la precedente definizione.

Pertanto 2 3 4 3 4 3 15 10 10 10 10 10

−− = − = = .

In generale: a c ad bc ad bcb d bd bd bd

++ = + = qualunque siano a e c elementi di Z, b e d elementi di Z − {0}.

Spesso si scrive direttamente a c ad bcb d bd

++ = , sotto le opportune ipotesi sui denominatori.

Ribadiamo che come denominatore comune conviene assumere il minimo comune multiplo fra b e d. L’addizione così definita “eredita” la proprietà associativa e quella commutativa dell’addizione in

Z, come potrai facilmente verificare. Inoltre è altrettanto immediato provare che la frazione 01

è

l’elemento neutro in Q rispetto all’operazione di addizione e, potendo identificare l’intero 0 con il

razionale 01

, conveniamo di indicare tale elemento neutro in Q ancora con il simbolo 0.

È evidente che, per come l’operazione di addizione è stata definita, considerato un qualsiasi numero

razionale ab

, esso ha opposto in Q dato da ab

− .

Per quanto esposto ed anche in base alla definizione già data nel precedente capitolo 2, la struttura (Q , +) è un gruppo commutativo. Un’altra osservazione che si può fare è la seguente: perché non possiamo definire l’addizione in Q

in modo diverso, ad esempio ponendo a c a cb d b d

++ =

+?

Se così fosse potremmo scrivere 2 2 2 2 42 2 21 1 1 1 2

++ = + = = =

+ che è un’uguaglianza falsa in Z.

Pertanto la definizione proposta non è corretta in quanto conduce a risultati che contrastano con quelli ottenuti operando sugli interi. Esaminiamo, ora, un esempio in cui si determina il valore di una espressione con i numeri razionali. Attenzione: nel corso dello svolgimento di esercizi di questo tipo, in alcuni casi sarà conveniente semplificare le frazioni al fine di rendere più agevole l’esecuzione dei calcoli. Ricorda che una

scrittura del tipo 23− ha lo stesso significato di 2

3− e che per le parentesi restano valide le

convenzioni viste per lo svolgimento di espressioni in Z. ESEMPIO

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2 3 1 2 3 11 3 1 1 3 25 5 2 3 4 5

2 15 3 3 4 6 15 40 41 1 35 5 6 20

13 3 13 591 1 35 5 6 20

13 3 6 13 591 35 5 6 20

− − + − − + + − − − − − − = − + + − − − = − + − − − − − =

− − = − + − − − − − = − = + + − − − +

13 3 7 60 59 13 3 7 60 591 15 5 6 20 15 5 6 20

13 18 35 1 13 53 1 60 156 106 31 15 30 20 5 30 20 60

325 6560 12

=

− − + − + = + + − − = + + + − =

+ − + + += + + − = + + + = =

= =

3.5 MOLTIPLICAZIONE E DIVISIONE IN Q Anche nel definire l’operazione di moltiplicazione fra razionali sarà necessario tenere conto del fatto che essendo Z un sottoinsieme di Q, tale definizione non dovrà contrastare con quella data per i numeri interi, nel senso già visto nel precedente paragrafo. Per questo motivo, ragionando in modo analogo, poniamo per definizione: a c a cb d b d

⋅⋅ =

⋅ con ,a c Z∈ e { }, 0b d Z∈ −

Si prova che la moltiplicazione così definita in Q è associativa e commutativa. Inoltre la frazione 11

è l’elemento neutro in Q rispetto all’operazione di moltiplicazione e, potendo identificare l’intero 1

con il razionale 11

, conveniamo di indicare tale elemento neutro in Q ancora con il simbolo 1.

La moltiplicazione e l’addizione in Q continuano ad essere legate dalla proprietà distributiva. Ovviamente continua a valere la regola dei segni. OSSERVAZIONI 1. È possibile rendere più agevole il calcolo effettuando la semplificazione prima di moltiplicare le

frazioni piuttosto che dopo averle moltiplicate, eseguendo quella che è nota come semplificazione a croce.

2. Per come abbiamo definito la moltiplicazione in Q è ancora valida la legge di annullamento del

prodotto; pertanto 0a cb d⋅ = se e solo se una delle sue frazioni è uguale a 0.

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Diamo, ora, la seguente DEFINIZIONE (reciproco)

Si dice reciproco o inverso di un numero razionale ab

non nullo quel numero razionale x tale che

1a xb⋅ = .

Si verifica facilmente che è bxa

= .

In particolare se a è un elemento di Q diverso da zero, il suo reciproco è 1a

; ciò consente di

affermare che la struttura { }( )0 ,Q − ⋅ è un gruppo commutativo avente 1 come elemento neutro.

Possiamo, inoltre, affermare che ( ), ,Q + ⋅ è un corpo commutativo. Per ciò che concerne la divisione tra frazioni, essa viene definita nel modo seguente:

:a c a db d b c

= ⋅ con a Z∈ e { }, , 0b c d Z∈ − .

Ne segue che nell’insieme Q la divisione è sempre esatta, ossia due numeri razionali sono sempre divisibili fra loro. Osserviamo che, al contrario di quanto accade per l’addizione e per la moltiplicazione, la divisione fra due numeri interi non sempre dà come risultato un numero intero. Inoltre anche in Q la divisione non gode della proprietà associativa né di quella commutativa. In assenza di parentesi, quindi, le divisioni devono essere eseguite una di seguito all’altra. Inoltre, se in una espressione sono presenti addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni, l’ordine con cui tali operazioni vanno eseguite è uguale a quello già visto per le espressioni nell’insieme dei numeri interi con analoghe considerazioni. 3.6 L’ELEVAMENTO A POTENZA NELL’INSIEME DEI NUMERI RAZIONALI Per definire il concetto di potenza in Q procediamo a partire da quanto già detto in Z ; pertanto, se ab

è un razionale ed n un intero positivo maggiore di 1, poniamo, per definizione:

1.

volte

...n n

n

n

a a a a ab b b b b

= ⋅ ⋅ ⋅ =

Sempre per definizione, si pone

2. 1a a

b b =

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3. 0

1ab

=

se ab

è un razionale non nullo.

Alla scrittura 4. 00 non viene attribuito alcun significato. Osserva che qui 0 è da intendersi come lo zero di Q. Come è facile verificare, se la base è un numero razionale positivo, allora il risultato dell’elevamento a potenza è ancora un numero razionale positivo qualunque sia l’esponente, mentre se la base è un numero razionale negativo, il risultato dell’elevamento a potenza è un numero razionale positivo se l’esponente è pari, un numero razionale negativo se l’esponente è dispari. Ovviamente sono valide tutte le proprietà delle potenze già studiate e che di seguito richiamiamo, sotto le ipotesi fatte nella definizione:

• n m n ma a a

b b b

+ ⋅ =

• n n na c a c

b d b d ⋅ = ⋅

• :n m n ma a a

b b b

− =

con n m≥ e 0ab≠

• : :n n na c a c

b d b d =

con 0cd≠

• mn n ma a

b b

⋅ =

Facciamo, ora, un’osservazione che condurrà ad una nuova definizione; se non poniamo limitazioni agli esponenti che compaiono nella regola sul quoziente di due potenze aventi la stessa base, in Q si può scrivere

00 1 1

1

1 a a aa a

− −= = =

Nell’insieme dei numeri razionali , quindi, assume validità una scrittura del tipo 1a− , se 0a ≠ , che viene ad identificarsi con il reciproco di a. In generale, quindi, se a è un elemento di Q di cui ha senso determinare il reciproco, per definizione

poniamo 1 1aa

− = .

In questo modo si dà significato a potenze con esponente intero, potendo scrivere

• 1 nn na a b

b b a

− − = =

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Osserva con attenzione il differente significato attribuito alle scritture na

b

e na

b. Nella prima

delle due l’esponente è da riferirsi sia al numeratore che al denominatore della frazione, mentre

nella seconda l’esponente si riferisce solo al numeratore. Pertanto, scrivendo 22

3

e 22

3 avremo

rispettivamente 49

e 43

.

3.7 FRAZIONI E NUMERI DECIMALI Consideriamo i due numeri interi 2 e 5. Come già si è avuto modo di dire, essi possono essere

riguardati come due numeri razionali, identificandoli con le frazioni 21

e 51

. Volendo, ora, eseguire

la divisione 2 : 5 in base a quanto detto, potremo anche scrivere 2 5:1 1

che equivale a 2 1 21 5 5⋅ = .

Pertanto, tenendo conto della divisione da cui eravamo partiti, avremo 22 : 55

= , che suggerisce una

nuova interpretazione del simbolo di frazione.

In generale, quindi, se a e b sono due numeri interi, con b non nullo, la frazione ab

si può

identificare con il quoziente esatto della divisione fra a e b, ossia con il risultato di :a b in Q. Inoltre, se eseguiamo la divisione 2 : 5 con l’algoritmo euclideo, otteniamo come risultato il numero

0,4 e potremo quindi scrivere 2 0,45= ; il numero 0,4 è detto numero decimale o anche

rappresentazione decimale del numero razionale 25

.

In generale, diremo decimale un qualsiasi numero che presenti a destra della cifra delle unità, separate da questa con una virgola, altre cifre dette appunto cifre decimali. L’insieme delle cifre decimali prende il nome di parte decimale; esse possono essere in numero finito, come nell’esempio visto, oppure in numero infinito. In quest’ultimo caso, da un certo punto in poi, possono ripetersi in modo periodico oppure no.

È interessante osservare che, eseguendo la divisione :a b , ad ogni frazione del tipo ab

è possibile

associare un numero decimale avente parte decimale formata o da un numero finito di cifre o da un numero infinito di cifre che, da un certo punto in poi, si ripetono in modo periodico.

La frazione ab

è detta frazione generatrice del numero decimale.

Più precisamente si può dimostrare che, data una frazione ab

ridotta ai minimi termini, se la

fattorizzazione del denominatore b contiene esclusivamente potenze di 2, di 5 o di entrambi, allora essa genera un numero avente la parte decimale costituita da un numero finito di cifre. In caso contrario la parte decimale è formata da un numero infinito di cifre che da un certo punto in poi si ripetono in modo periodico.

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Ad esempio, considerata la frazione 138

ed eseguendo la divisione 13:8 , si ottiene il numero

decimale 1,625; per cui avremo 13 1,6258= . Il numero 1, che precede la virgola, è detto parte intera

del numero decimale, mentre le cifre situate a destra della virgola, ossia il 6, il 2 e il 5, ne costituiscono nell’ordine la parte decimale.

Dalla frazione 23

, invece, eseguendo la divisione 2 : 3 , otteniamo il numero decimale 0,666... in cui

le cifre decimali si ripetono all’infinito in modo periodico. Ponendo per definizione 0, 6 0,666...= , chiameremo il numero 0, 6 numero decimale periodico semplice di periodo 6.

Facciamo un altro esempio a partire dalla frazione 12390

. Eseguendo la divisione, si ricava il numero

decimale 1,3666... in cui la cifra 6 si ripete all’infinito in modo periodico. In base alla precedente definizione, ponendo 1,36 1,3666...= , avremo il numero periodico misto 1,36 di periodo 6. Il 3 è detto, invece, antiperiodo, intendendo per antiperiodo la cifra (3 nell’esempio) o il gruppo di cifre che si trovano tra la virgola ed il periodo. Assegnato un numero decimale finito oppure periodico è possibile scrivere la sua frazione generatrice. Si può infatti dimostrare che: la frazione generatrice di un numero decimale periodico è una frazione avente per numeratore la differenza fra tutto il numero senza la virgola e il numero formato dalle cifre che precedono il periodo e per denominatore un numero formato da tanti 9 quante sono le cifre del periodo, seguito da tanti 0 quante sono le cifre dell’antiperiodo. 3.8 FRAZIONI A TERMINI FRAZIONARI Una frazione si dice a termini frazionari se il numeratore o il denominatore sono a loro volta delle frazioni.

Le scritture

2315

, 253

e

1543

sono esempi di frazioni a termini frazionari.

In generale una frazione a termini frazionari è del tipo

abcd

con a, b, c e d interi, b, c e d diversi da

zero (perché?). La linea di frazione fra ab

e cd

si chiama linea di frazione principale.

Rel

azio

ni e

num

eri r

azio

nali

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Page 25: 03 – RELAZIONI E NUMERI RAZIONALI · 2014. 2. 24. · G. e viceversa. Nell’esempio, infatti, il numero 3 non in relazione con il numero 4 e, come si puè verificare dalla ò figura,

Antonio Caputi – Roberto Manni – Sergio Spirito

In base a quanto detto all’inizio del precedente paragrafo, possiamo interpretare una frazione come

divisione e quindi scrivere :

aa c a db

c b d b cd

= = ⋅ .

Rel

azio

ni e

num

eri r

azio

nali

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