0219 cop def ok - Biblioteca di via Senato, Milano · assieme ai fratelli Linares, le Effeme-ridi...

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n.2 – febbraio 2011 la Biblioteca di via Senato Milano mensile, anno iii “In tanta frivolezza” Documenti autografi dai Fondi BvS UNA MOSTRA NELLA MOSTRA Mortillaro Martini Sommaruga Sorge Delfico Mussolini Borges Malaparte Tomasi di Lampedusa Vigorelli De Micheli Manzù Altri manoscritti: Manzoni Canzio Palazzeschi Tommaseo Gentile Capuana L’EVENTO 11 – 13 marzo: Milano capitale del Libro Antico

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n.2 – febbraio 2011

la Biblioteca di via SenatoMilanomensile, anno iii

“In tanta frivolezza”Documenti autografidai Fondi BvS

UNA MOSTRA NELLA MOSTRAMortillaroMartiniSommarugaSorge DelficoMussoliniBorgesMalaparteTomasi di Lampedusa

VigorelliDe MicheliManzùAltri manoscritti:ManzoniCanzioPalazzeschiTommaseoGentileCapuana

L’EVENTO 11 – 13 marzo:Milano capitale del Libro Antico

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la Biblioteca di via Senato - Milano

Sommario5

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LA MOSTRA: LETTERE,AUTOGRAFI E PAGINE“DEDICATE” DAI FONDIDELLA BIBLIOTECA

VINCENZO MORTILLARO E LA CULTURA SICILIANA

GIUSEPPE MARTINI UNA CARRIERA DA LIBRAIO

ANGELO SOMMARUGA,L’EDITORE GIRAMONDO

VINCA SORGE DELFICO,LETTRICE DANNUNZIANA

BENITO MUSSOLINI E IL GIALLO DEI DIARI

JORGE LUIS BORGES,UN SOGNO DI BIBLIOTECA

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SPECIALE MOSTRA DEL LIBRO ANTICO

CURZIO MALAPARTE,L’ITALIANO D’EUROPA

LETTERE A LUCIO PICCOLODI TOMASI DI LAMPEDUSA

GIANCARLO VIGORELLI E LE SUE “PRIME” DEL ’900

ADA E MARIO DE MICHELI,UNA STORIA DELL’ARTE

TRA GIACOMO MANZÙ E NINO BERTOCCHI

RACCONTI MANOSCRITTIDELLA NOSTRA STORIA

Consiglio di amministrazione dellaFondazione Biblioteca di via SenatoMarcello Dell’Utri (presidente)Giuliano Adreani, Carlo Carena, Fedele Confalonieri, Maurizio Costa,Ennio Doris, Fabio Perotti Cei,Fulvio Pravadelli, Miranda Ratti,Carlo Tognoli

Segretario GeneraleAngelo De Tomasi

Collegio dei Revisori dei contiAchille Frattini (presidente)Gianfranco Polerani,Francesco Antonio Giampaolo

Fondazione Biblioteca di via SenatoElena Bellini segreteria mostreArianna Calò sala consultazioneSonia Corain segreteria teatroGiacomo Corvaglia sala consultazioneMargherita Dell’Utri sala consultazioneClaudio Ferri direttoreLuciano Ghirelli servizi generaliLaura Mariani Conti archivioMalaparteMatteo Noja responsabile dell’archivio e del fondo modernoDonatella Oggioni responsabile teatro e ufficio stampaAnnette Popel Pozzo responsabile del fondo anticoBeatrice Porchera sala CampanellaGaudio Saracino servizi generali

Direttore responsabileAngelo Crespi

Ufficio di redazioneMatteo Tosi

Progetto grafico e impaginazioneElena Buffa

Coordinamento pubblicitàMargherita Savarese

Fotolito e stampaGalli Thierry, Milano

Referenze fotograficheSaporetti Immagini d’Arte Snc,Milano

L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali diritti perimmagini o testi di cui non sia statopossibile reperire la fonte

Immagine in copertina: Lettera autografa di GiacomoLeopardi scritta il 26 luglio 1836 al marchese Vincenzo Mortillaro;ritratto del giovane scrittoredisegnato da Lolli.

Organizzazione Mostra del Libro Anticoe del Salone del Libro UsatoInes LattuadaMargherita SavareseAlessia VillaUfficio StampaEx Libris Comunicazione

Direzione e redazioneVia Senato, 14 – 20121 MilanoTel. 02 76215318Fax 02 782387segreteria@bibliotecadiviasenato.itwww.bibliotecadiviasenato.it

Bollettino mensile della Biblioteca di via Senato Milano distribuito gratuitamente

Stampato in Italia© 2011 – Biblioteca di via SenatoEdizioni – Tutti i diritti riservati

Questo periodico è associato allaUnione Stampa Periodica Italiana

Reg. Trib. di Milano n. 104 del11/03/2009

Questo “bollettino” di febbraio è specialmente dedicato alla Mostra del Libro Antico che si ripete

puntualmente nel mese di marzo per la ventiduesima volta. Quest’anno alla “Permanente” di Milano la Biblioteca di via Senato – che sostiene l’oneredell’organizzazione – si mette per la prima volta in mostra con i suoi manoscritti e autografi, documenti quasi tutti inediti o per lo più sconosciuti.

Viene così ad arricchirsi il vasto materialepresentato dalle sessantuno librerie antiquarie

italiane e straniere e si dà modo di conoscere piùda vicino alcune importanti rarità bibliografiche.Questa mostra – il cui titolo prende spunto da una lettera di Giacomo Leopardi al marcheseVincenzo Mortillaro (nella quale il poetaringraziandolo per l’invio di un libro dichiara di apprezzarlo particolarmente “in tantafrivolezza di pubblicazioni di ogni genere”) –continuerà poi nella sede della Fondazione di viaSenato 12 a Milano sino al prossimo giugno.

A questa selezione si aggiunge una serie di libri di letteratura del Novecento con dedicaautografa dell’autore e perciò considerati “unici”.

Editoriale

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 5

L e biblioteche hanno una re-sponsabilità: preservare lamemoria del passato perché si

possa meglio capire il presente e pre-vedere più acutamente il futuro. Lamemoria acquista maggiore signifi-cato se rappresentata da documentioriginali, lettere e manoscritti, chehanno originato e alimentato quelmondo culturale di cui i libri sono latestimonianza più evidente. Lo studio di questo tipo didocumenti – non sempre organizzati, anzi nel più dei ca-si accumulatisi involontariamente ma in maniera fun-zionale all’attività di chi li ha raccolti –, ci consente di co-noscere meglio e più direttamente sia il soggetto che li haprodotti, sia i caratteri e le circostanze della nostra storiaculturale che li ha visti nascere.

Nella sua ormai più che decennale attività, la Bi-blioteca di via Senato ha raccolto un cospicuo numero diimportanti archivi e biblioteche di uomini di cultura del-l’Otto-Novecento.

Tra gli ultimi arrivati, la sterminata raccolta dellecarte di Curzio Malaparte, la biblioteca di Mario De Mi-cheli (che oltre ai libri presenta un gran numero di mano-scritti, dattiloscritti e fotografie, a documentare l’intensaattività del grande critico), i Diari di Mussolini (ancoraoggi in attesa di essere studiati e discussi) e lo schedariopersonale del libraio antiquario Giuseppe Martini. L’ar-rivo di questi ultimi archivi non ci fa dimenticare però lapresenza di altre raccolte come l’archivio dell’editore An-gelo Sommaruga, l’epistolario del grande letterato sici-liano Vincenzo Mortillaro, le lettere di Tomasi di Lampe-

dusa al cugino Lucio Piccolo, le letteredi Giacomo Manzù, alcuni mano-scritti di Niccolò Tommaseo, il mano-scritto La Riforma dell’educazionedi Giovanni Gentile, l’autografoPomponio e Cirillo di Aldo Palaz-zeschi (stampato con il titolo Storia diun’amicizia), i Diari sulla Spedizio-ne dei Mille del genero di GiuseppeGaribaldi, Stefano Canzio, una com-

media manoscritta di Luigi Capuana in dialetto sicilia-no, le lettere di Marino Moretti all’amico e collaboratoreFrancesco Cazzamini Mussi, e il manoscritto di memoriemanzoniane del canonico Giulio Ratti.

In occasione della XXII edizione del Salone del Li-bro Antico che si terrà dall’11 al 13 marzo prossimo allaPermanente di via Turati a Milano, la Biblioteca di viaSenato ha organizzato una mostra dal titolo In tanta fri-volezza… Manoscritti e autografi della Biblioteca divia Senato nella quale saranno esposti documenti mano-scritti o dattiloscritti e alcuni libri con dedica provenientidai diversi Fondi.

I testi sugli archivi, carteggi e manoscritti sonodi: Flaminio Gualdoni (Giacomo Manzù); LauraMariani Conti (Curzio Malaparte); Gianluca Mon-tinaro e Annette Popel Pozzo (Vincenzo Mortillaro);Salvatore Silvano Nigro (Giuseppe Tomasi di Lampe-dusa); Matteo Noja (Angelo Sommaruga, Vinca SorgeDelfico, Jorge Luis Borges, Giancarlo Vigorelli, Ada eMario de Micheli); Patrizio Perlini (Benito Mussolini);Annette Popel Pozzo (Giuseppe Martini, Manoscritti)

LA MOSTRA: LETTERE,AUTOGRAFI E PAGINE

“DEDICATE” DAI FONDI DELLA BIBLIOTECA

Memoria est gloriosum et admirabile naturæ donum, qua præterita recolimus, presentia complectimur et futura per præterita similitudinarie contemplamur.

Boncompagno da Signa, Rhetorica novissima, 1235

6 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2011

BvS: “In tanta frivolezza”

VINCENZO MORTILLAROE LA CULTURA SICILIANA

(Palermo, eredi di Graffeo), che eb-be numerose ristampe, l’ultima dellequali tradotta in francese dal figlioCarlo. Nel 1836 riceve l’incarico distudiare il Tabulario della Cattedraledi Palermo, nel 1837 viene eletto se-natore municipale di Palermo, in se-guito membro della R. Commissio-ne Superiore per la Pubblica Istru-zione e più volte deputato della Bi-blioteca Comunale di Palermo. So-cio di varie Accademie, oltre all’ara-bo insegna lingua, letteratura e alge-bra.

A lui si deve il Nuovo Dizionariosiciliano-italiano (prima pubblicazio-ne dal 1838 al 1844). Durante la ri-

voluzione del 1848 è nominato Paridel Parlamento siciliano. Collaboraa diversi periodici e dirige Il Vaporeassieme ai fratelli Linares, le Effeme-ridi scientifiche e letterarie per la Sicilia,e il Giornale di Scienze, Lettere ed Artiper la Sicilia. Dopo lo sbarco dei Mil-le, nel 1860, dirige i giornali politiciil Presente e L’Inaspettato.

Vivaci testimonianze dellasterminata erudizione di Mortillarosi trovano nel volume I Mortillaro diVillarena 1250-1896. Cenni storici edalbero genealogico (Palermo, RemoSandron, 1896), nella sua biografiaVincenzo di Mortillaro marchese di Vil-larena la vita - le opere. 1806-1888.Pubblicato a 27 luglio 1906 nel primocentenario della nascita, a cura del ni-pote Luigi Maria Majorca Mortilla-ro (Palermo, 1906) e, soprattutto,nelle Opere in 16 volumi (1843-1888), di taglio memorialistico edunque ricche di numerose sue vi-cende personali.

�L’archivio epistolare è dispo-

sto in nove cofanetti: i primi dueconservano un primo gruppo di “il-lustri”, tre cofanetti compongonoun secondo gruppo, altri due un ter-zo, e gli ultimi due la corrispondenzaestera e le firme varie. Rimasto intat-to dalla morte di Mortillaro, l’archi-

L’archivio epistolare Vincen-zo Mortillaro è stato acqui-sito dalla Fondazione Bi-

blioteca di via Senato nel 2000.Tra gli intellettuali siciliani più

in vista della sua epoca, il barone pa-lermitano Vincenzo Mortillaro(1806-1888), marchese di Villarena,incarna la figura dell’erudito e poli-grafo ottocentesco par excellence.Mortillaro si interessa fin da giovanedi matematica e astronomia, dive-nendo l’allievo prediletto dell’astro-nomo Niccolò Cacciatore. Appren-de l’arabo sotto la guida dell’orien-talista Salvatore Morso e a soli venti-tré anni viene nominato professoredi arabo all’università di Palermo.

�Nel 1830 pubblica i Rudimenti

di lingua arabica (Palermo, RegaleStamperia). Sotto la tutela di un al-tro influente erudito, l’abate Dome-nico Scinà, studia paleografia e redi-ge l’indice degli incunaboli della Bi-blioteca Comunale di Palermo. Asoli vent’anni, nel 1826, aveva giàpubblicato il Compendio storico delleultime romane vicende durante la inva-sione dei francesi (Palermo, per lestampe di De Luca), nel 1827 lo Stu-dio bibliografico (Palermo, LorenzoDato) e nel 1829 la prima edizionedella Guida di Palermo e suoi dintorni

vio contiene oltre 2.000 lettere. Si ri-mane stupiti davanti all’immensonumero di corrispondenti. Si trattadelle più importanti firme dell’Ot-tocento europeo, provenienti da no-ti personaggi della vita pubblica sici-liana, da un lato, e dalla comunitàscientifica ed erudita internazionale,dall’altro lato.

Fanno da testimoni al ruolo diprimo piano svolto da Mortillaronella cultura e nella politica dell’e-poca: Carlo Botta, Niccolò Caccia-tore, Cesare Cantù, Massimo d’Aze-glio, Giuseppe de Spuches, Ferdi-nand Gregorovius, Francesco Do-menico Guerrazzi, Joseph vonHammer-Purgstall, Giacomo Leo-pardi, Guglielmo Libri Carucci dal-la Sommaja, Angelo Mai, GiovanniBattista Niccolini, Niccolò Palmeri,Michele Rapisardi, Giuseppe Scara-belli, padre Angelo Secchi, Clemen-te Solaro della Margarita, CarloTroya.

�Come esemplare specimen val-

ga proprio la lettera autografa del ve-nerato Giacomo Leopardi. QuandoVincenzo Mortillaro indirizza, nel1836, una lettera piena di ammira-zione verso chi considerava «la glo-ria moderna dell’Italia», che accom-pagna una copia del primo volumedei suoi Opuscoli di vario genere (Pa-lermo, Tipografia del Giornale Let-terario, 1836), la risposta del poeta (ilcui autografo le edizioni dell’Episto-lario leopardiano avevano sempre da-to per disperso), datata Napoli, 26luglio 1836, non si fa attendere: «Horicevuto il dono di cui ella mi ha vo-luto onorare, e gliene rendo le mag-giori grazie ch’io posso. Il suo libro ame pare piacevolissimo per la varietàdelle materie, utile per l’importanza

delle medesime, pieno di erudizio-ne, pieno di dottrina, e da proporsicome esempio in tanta frivolezza dipubblicazioni di ogni genere. Se gliocchi me lo consentissero, mi dis-tenderei maggiormente circa i pregide’ suoi Opuscoli: ella si contenti diqueste poche righe, e sia certa chevengono dall’animo».

Che le espressioni di Leopardifossero sincere e non ispirate dasemplice cortesia verso uno dei tantiammiratori viene confermato da unappunto di Ronaldo Damiani nelsuo Leopardi e Napoli 1833-1837:«Era sincero, e il volume di Mortil-laro scampò al “triste governo” cheLeopardi faceva, secondo la tarda te-stimonianza di Ranieri, di tanti avutiin dono, “servendosene ove la cartanon fosse morbida per le sue consue-tudini mattinali e facendone insinoparte agli amici per l’uso medesi-mo”». Di certo, nel riguardo utiliz-zato dal poeta di Recanati verso il ba-rone siciliano, giocava anche la bellarecensione dei Canti, firmata daPompeo Inzegna e ospitata sulle pa-gine del Giornale di Scienze, Lettere edArti per la Sicilia diretto proprio daMortillaro.

�Molti gli ammiratori e studiosi

che, di passaggio a Palermo vengo-no ricevuti dal marchese nel suo pa-lazzo. Fra essi anche l’insigne stori-co Ferdinand Gregorovius, che nel1886 visita l’anziano luminare, ri-manendo poi, una volta rientrato aMonaco, in contatto epistolare conlui. Nella lettera del 23 giugno 1886,dà una precisa descrizione della si-tuazione in Baviera, considerando lamorte misteriosa del re Lodovico II,avvenuta dieci giorni prima: «Inquanto a cotesta crisi, vedo che la si

interpreta del tutto erroneamente inItalia. Stia pur sicura che non si trattipunto di rivoluzione di palazzo […]ma semplicemente delle inevitabili egià da lungo tempo aspettate conse-quenze della malatia mentale deldisgraziato re. Il quale, finalmenterivelato pazzo, non poté più gover-nare né se stesso, né lo stato. Nessu-no però era in grado di prevedereuna fine così tremenda, né mai uditanelle storie dinastiche. Il popolo quiosserva un contegno dignitoso e cal-mo, mentre le camere si sono riuni-te. Non ci è da temere nulla di sini-stro essendo ogni cosa regolata dalleleggi costituzionali».

�Il letterato e politico palermi-

tano Giuseppe de Spuches in una sualettera del 1884 ringrazia il marche-se per il dono delle appena usciteNuove Pagine di cronaca recente. Con-tinuazione della Cronografia contem-poranea, specificando «che ho lettocon sommo piacere e profitto, e chevorrei che fossero lette da quanti re-golano i pubblici affari, affinché ap-prendessero molte massime di mo-rale e di finanza, che purtroppo sem-brano da molti dimenticate».

L’erudizione del marchese e ildesiderio di far conoscere le propriepubblicazioni traspaiono nell’epi-stolario quando Cesare Cantù, inuna lettera del 3 luglio 1863, ringra-zia per il Medagliere arabo-siculo del1861 e avendone due copie propone«anzi in doppio esemplare, uno de’quali passerei ad una biblioteca a Suonome», o quando padre Angelo Sec-chi, fondatore della spettroscopiaastronomica e direttore dell’Osser-vatorio Vaticano, ringrazia dei «pre-ziosi volumi di memorie storiche»,precisando: «La devo ringraziare

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8 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2011

per la favorevole maniera con cuigiudica le cose della corporazione acui appartengo».

Il cardinale Angelo Mai, nativodi Bergamo e considerato noto filo-logo e bibliofilo (Giacomo Leopardinel 1820 gli dedica la canzone Ad An-gelo Mai) loda le Opere di Mortillarochiamandole «un vero Tesoro di an-tica filologia, e posso asserire di aver-lo scorso pagina per pagina con verodiletto ed ammirazione».

Di Niccolò Tommaseo, sonopresenti nell’archivio VincenzoMortillaro tre lettere, rispettiva-mente del 1862, 1866 e 1871, chesono esempio del lungo e continuocontatto epistolare tra i due, ma so-prattutto delle profonde riflessionistoriche e politiche di Tommaseo:«L’uno, che, dividendo le coscien-ze, mal si prepara unità; l’altro, cheunità vera non venne in alcun tem-po, e può adesso men che mai, anessun popolo, e all’Italia men chead altri, dal restringere in una partedel corpo sociale la vita, in una par-te che non n’è né il cuore né il capo,e non mostra di poter divenire», o«Questo volume dimostra quantonella regione meridionale d’Italiagià si studiasse, e, nell’apparentedivisione, i vincoli intellettuali emorali fossero meglio conservati eavuti cari che adesso».

�Ancora più che la quantità,

impressiona la qualità dei rapportipersonali di Mortillaro e la rete dicorrispondenze con le più presti-giose istituzioni scientifiche ederudite d’Europa. Era in strettocontatto con il Congrès scientifi-que parigino, con la Société Géolo-gique de France, con l’AteneoCiéntifico y Literario di Madrid,

Il cardinale Angelo Mai, nativo di Bergamo e tra l’altroconsiderato noto filologo e bibliofilo (Giacomo Leopardi nel 1820 gli dedica la canzone Ad Angelo Mai) loda le Opere di Mortillaro chiamandole nella sua lettera del 17 giugno1847 “un vero Tesoro di anticafilologia, e posso asserire di averlo scorso pagina per paginacon vero diletto ed ammirazione”.

con il Museo di Storia Naturale diTorino e con l’Annuario Geografi-co Italiano, per citarne soltanto al-cune; senza dimenticare una ster-minata quantità di istituzioni cul-turali siciliane di primissimo piano.

Al centro di una fitta rete dicontatti fra le più diverse fazioni e trai più distanti campi di attività, Mor-tillaro intesse rapporti con gli uomi-ni più influenti della Sicilia, dall’ari-stocrazia alle alte gerarchie ecclesia-stiche, studiosi di provincia e giuristidi grido, diplomatici, letterati e mili-tari. Il suo archivio è dunque una so-lida fonte per la ricostruzione dellastoria della cultura siciliana.

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Lettera manoscritta di GiacomoLeopardi, datata Napoli, 26 luglio 1836 (il cui autografo le edizioni dell’Epistolarioleopardiano avevano sempre dato per disperso): “Ho ricevuto il dono di cui ella mi ha volutoonorare, e gliene rendo le maggiori grazie ch’io posso. Il suo libro a me parepiacevolissimo per la varietà dellematerie, utile per l’importanzadelle medesime, pieno

di erudizione, pieno di dottrina, e da proporsi come esempio intanta frivolezza di pubblicazionidi ogni genere. Se gli occhi me lo consentissero, mi distendereimaggiormente circa i pregi de’ suoi Opuscoli: ella si contentidi queste poche righe, e sia certache vengono dall’animo”.

Sopra: ritratto a olio di GiacomoLeopardi eseguito da DomenicoMorelli

A sinistra: cartelle con le letteredi Carlo Botta e del duca di Buckingham

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Nella pagina accanto: letteraautografa di Niccolò Tommaseodatata 22 marzo 1866: “Questovolume dimostra, quanto nellaregione meridionale d’Italia già si studiasse, e, nell’apparentedivisione, i vincoli intellettualie morali fossero meglio conservati e avuti cari che adesso”.

Sopra: l’insigne storico tedescoFerdinand Gregorovius, in una lettera del 23 giugno 1886,dà una precisa descrizione della situazione in Baviera,considerando la morte misteriosadel re Lodovico II, avvenuta dieci

giorni prima: “Stia pur sicura chenon si tratti punto di rivoluzione dipalazzo […] ma semplicementedelle inevitabili e già da lungotempo aspettate consequenze dellamalatia mentale del disgraziato re.Il quale, finalmente rivelato pazzo, non poté più governare né se stesso,né lo stato. Nessuno però era ingrado di prevedere una fine cosìtremenda”.

A sinistra: lettera autografa di Cesare Cantù del 3 luglio 1863,in cui si ringrazia il marchese per il Medagliere arabo-siculo del 1861.

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Sopra: lettera autografa del padreAngelo Secchi (30 agosto 1875),fondatore della spettroscopiaastronomica e direttoredell’Osservatorio Vaticano: “La devo ringraziare per la favorevole maniera con cui giudica le cose dellacorporazione a cui appartengo”.

Sopra a destra: una delle numerose lettere del cardinale Angelo Mai, presenti nell’archivio epistolare del marchese Mortillaro.

A sinistra: Giuseppe de Spuches in una sua lettera del 1884ringrazia il marchese per il dono delle appena uscite Nuove Paginedi cronaca recente.Continuazione della Cronografiacontemporanea, specificando “che ho letto con sommo piacere e profitto, e che vorrei che fosserolette da quanti regolano i pubbliciaffari, affinche apprendesseromolte massime di morale e di finanza, che purtropposembrano da molti dimenticati”.

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BvS: “In tanta frivolezza”

nobile associazione bibliofila ameri-cana, il Grolier Club di New York,pubblica il Catalogue of an exhibition oforiginal and early editions of Italianbooks selected from a collection designedto illustrate the development of Italianliterature, specificando che «for thematerial used as the basis of this cata-logue the club is indebted to Mr. Jo-seph Martini». Negli anni compresitra la Prima e la Seconda guerramondiale, Martini torna in Europa,stabilendosi a Lugano, dove tra il1929 e il 1942 pubblica gli ultimi ca-taloghi 19-30.

�L’archivio Giuseppe Martini,

rispecchiandone l’eccezionale car-riera di libraio antiquario, consistenello schedario personale contenen-te oltre 7.900 schede autografe per li-

bri a stampa, incunaboli e manoscrit-ti. Comprende anche la copia perso-nale - numerata 1 su 300 - del Catalo-go della libreria di Giuseppe Martinicompilato dal possessore. Da servire comesaggio per una nuova bibliografia di sto-ria e letteratura italiana. Parte primaincunaboli (Milano, Hoepli, 1934),che descrive nei dettagli 405 incuna-boli, e i due volumi dell’asta che Mar-tini organizzò nel 1934 e 1935 con lesue valutazioni manoscritte del ma-teriale esposto (Bibliothèque JosephMartini. Première partie e deuxièmepartie, Milano 1934 e Ginevra 1935).

Lo schedario viene raggruppa-to in ordine alfabetico (normalmen-te per autore). Ogni scheda contienela trascrizione diplomatica del titoloe delle note tipografiche, a cui si ag-giunge una minuziosa collazione e lasegnalazione di eventuali illustrazio-ni e di diversi repertori, oltre a unadettagliata descrizione bibliograficache fa capire come Martini «fut vrai-ment l’homo bibliographicus», con unapparato «si élaboré, le raisonne-ment si convaincu, qu’on peut diffi-cilement s’y opposer […] Il donne lesdétails les plus minutieux avec uneprécision absolue et il parle des au-teurs, qu’elle qu’en soit l’époque,comme de ses contemporains» (In-troduzione di Mario Armanni, Bi-bliothèque bibliographique, Vente aux

L’archivio Giuseppe Martiniè stato acquisito dalla Fon-dazione Biblioteca di via

Senato nel 2010. Giuseppe Martini (1870-1944)

– contemporaneo di Leo S. Olschki(1861-1940), di Ulrico Hoepli(1847-1935), di Tammaro de Mari-nis (1878-1969) e del direttore dellaLibreria Antiquaria Hoepli in quelperiodo, Mario Armanni (1878-1956) – figura tra i più celebri libraiantiquari italiani della prima metàdel Novecento. Le più note bibliote-che del mondo conservano mano-scritti e incunaboli con la sua prove-nienza, e tracce dei libri passati per lesue mani si ritrovano – sia in forma dinota manoscritta “Coll. Compl.” perindicare “collazionato completo”,sia in forma di ex libris – nei reperto-ri, nei cataloghi dei librai antiquari enelle schede delle case d’asta.

Lucchese d’origine, operò tra il1898 e il 1910 proprio nella sua cittànatale, dove pubblicò i suoi primi ot-to cataloghi, oggi quasi tutti introva-bili e con pochissimi esemplari censi-ti. All’inizio del ventesimo secolo,Martini si sposta negli Stati Uniti, aNew York, e tra il 1912 e il 1922 pub-blica i suoi cataloghi 9-18. Contattiimportanti con il mondo bibliofiloamericano esistevano sicuramentegià prima, visto che nel 1904 la più

GIUSEPPE MARTINI UNACARRIERA DA LIBRAIO

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enchères à Genève, salle Kundig, 1946,p. 5). Similmente viene ricordato inun articolo su La Bibliofilia, indican-do che «per lui la ricerca bibliografi-ca non si esauriva mai con gli scopipratici ai quali essa avrebbe dovutomirare. Ne conseguiva che i suoi ca-taloghi, modelli di precisione, aveva-no un carattere erudito tutto specialee parevano diretti più a una ristrettacerchia di studiosi che non ad unafolla di compratori [...] Le conoscen-ze bibliografiche del Martini si irrag-giavano in tutte le direzioni dello sci-bile, ma egli eccelleva particolar-mente in quelle attinenti agli incuna-boli, alla letteratura italiana e ai ma-noscritti» (La Bibliofilia XLVII,1945, p. 128).

�Impressiona la ricchezza del

materiale illustrato nelle schede.Una descrizione di sei pagine mettein rilievo un eccezionale manoscrittosu pergamena Thesauro di cavalli (oLibro di Mascalcia)di Bonifacio di Ca-labria, probabilmente eseguito «inthe South of Italy, possibly Naples,or the province, towards the middleof the 14th century, and very likely inthe year 1345». Martini indica che ilmanoscritto contenente 8 disegni apiena pagina e 151 a metà pagina è«apparently the earliest known ma-nuscript, at least in its Italian transla-tion, of this very important treatise offarriery, and with all probability theonly one known with pictures».

Anche la provenienza si rivelacelebre, considerando la nota mano-scritta («Questo libro si e del magni-fico et generoso cavaliere M. GioanMaria dalla Salla alias ditto M. Pon-teghino magistro de stalla del Illu-strissimo et Excellentissimo SignoreD. Alfonso Estense Duca de Ferra-

ra») e il fatto che nel ’600 si trovò nel-la biblioteca del giurista napoletanoGiuseppe Valletta (1636-1714), co-me viene censito nel tomo XXIV delGiornale Storico dei Letterati d’Italia.

L’erudizione assoluta e la co-noscenza profonda di Martini tra-spaiono da tutte le schede. Per la pri-ma edizione del raro Trattato di scien-tia d’arme del milanese CamilloAgrippa (Roma, Blado, 1553) si leg-ge «First Edition, and perhaps themost beautiful book from the pressof Blado. The illustrations have beenascrive to a pupilo of MarcantonioRaimondi; but Torquato Tasso, whowas an authority on matters of chi-valry and duelling, and who was in aposition to know something aboutthis book, had written on the title pa-ge of his copy, afterwards owned bythe well known bibliographer andbookseller Molini, le figure intagliateda Michelangelo Buonarroti». Per lamitica Ventisettana del Decamerone,elenca numerose varianti e rivela che«nella Libreria Melzi esisteva il soloesemplare conosciuto impresso incarta grande, già appartenuto a Gi-rardot de Prefond, Gaignat e P. A.Haurott, poi passato in mie mani, edora nella biblioteca del fu principePiero Ginori Conti di Firenze».

A proposito della prima edizio-ne secentesca della Divina Commedia(Padova, 1613), leggiamo che la co-pia fu l’«esemplare proveniente dallabiblioteca di George John WarrenVernon, quinto barone Vernon. I di-segni a penna sulla copertina mostra-no chiaramente la maniera di DanteGabriel Rossetti, e con tutta proba-bilità sono suo lavoro; sappiamoinoltre che Lord Vernon era amicis-simo del Rossetti, il quale come se-gno di amicizia reciproca gli avrà ab-bellita la legatura del Dante». Si ag-

giunga che Vernon fu il massimo col-lezionista dantesco dell’Ottocento.

L’incunabolo Prognostico per il1482/83 di Girolamo Manfredi,stampato presumibilmente a Bolo-gna per Henricus de Colonia nel1483 (presente anche nel Catalogodella Libreria di Giuseppe Martini, In-cunaboli, scheda 245), si rivela l’unicacopia conosciuta al mondo con, nellascheda, l’indicazione manoscritta«Apparently the only known copy ofthis edition witherto undescribed».L’esemplare, in seguito passato nelpossesso del famosissimo libraio an-tiquario newyorkese Hans P. Kraus,viene censito oggi nell’IncunableShort Title Catalogue della British Li-brary sotto «Martini-Kraus copy».

Alla descrizione della primaedizione commentata della DivinaCommedia, stampata nel 1477 a Ve-nezia da Vindelino da Spira (numero144), legata in marocchino rosa daBredford, corrisponde la scheda ma-noscritta: «Folio, rose marocco, […]by the well known English binderFrancis Bredford”. Oltre alla copia inlegatura di Bredford, lo schedario ri-porta altre due copie della stessa edi-zione, una in “late 16th century Ita-lian binding in vellum. a very fine andlarge copy” e una in “18th centuryItalian vellum binding».

�Martini cita con grande agio

repertori sei-settecenteschi, minieredi informazioni utili, oggi purtroppospesso dimenticati a favore di reper-tori più moderni.

Per esempio in una scheda sul-l’incunabolo Liber de homine, Librodel Perchè (Bologna, Ugo Rugeriusand Doninus Bertochus, 1474) delgià citato medico e astrologo bolo-gnese Girolamo Manfredi (1430-

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1493), cita l’opera settecentesca diJohann Albert Fabricius, BibliothecaLatina (Padova, 1754) che contienecenni sulla biografia dell’autore. Perquanto riguarda la vita del brescianoDomenico Mantova, indica l’operadi Ottavio Rossi, Elogi historici di bre-sciani illustri (Brescia, 1620).

Molti anche i repertori e le fon-ti anglosassoni, chiara traccia del-l’importanza del soggiorno america-no nella sua vita professionale. Delresto, una gran quantità di schede so-no redatte in inglese.

Oltre alla descrizione genericadell’edizione, le schede contengonoinformazioni sull’esemplare, la lega-tura e la provenienza, e molto spessosui prezzi d’acquisto o vendita. Il te-ma del prezzo aiuta nell’ambito di ri-cerche sulla valutazione storica deilibri. Sicuramente le schede eranodestinate a essere inserite almeno

parzialmente nei libri in venditapresso la libreria antiquaria.

Le schede sono vivo esempio didescrizioni ricche di dettagli impor-tanti. Ad esempio nel commento sul-la princeps di De gli Hecatommithi diGiovanni Battista Giraldi (Mondovì,Leonardo Torrentino, 1565), nellascheda manoscritta di sei pagine, ag-giunge un interessante dettaglio sul-l’impresa tipografica usata da Leo-nardo Torrentino: «L’impresa del-l’elefante assunta dallo stampatoreLeonardo Torrentino è probabil-mente un’allusione all’altra dell’ele-fante in mezzo al gregge portata daEmanuele Filiberto duca di Savoia, ilquale volendo fondare un’universitào accademia a Mondovì, aveva chia-mato i Torrentino per stabilirvi unatipografia».

La copia descritta in una «lega-tura eseguita da Riviere di Londra» è

proprio quella conservata presso lanostra biblioteca. Oltre a un esem-plare della più piccola Divina Com-mediamai stampata (Salmin e Hoepli1878), Martini possedeva un esem-plare della limitatissima tiratura del1879 (Milano, Ulrico Hoepli […]con 30 fotografie eseguite sui disegnidi Francesco Scaramuzza […]«Esemplare N. Di questa edizioneillustrata del DANTINO esistonocinquantuno esemplari numeratiportanti la firma di [lettera cancella-ta]» [manca il numero dell’esempla-re e la firma – parole cancellate – chedovevano essere apposti da Hoepli];Medesima edizione della preceden-te, ma coll’occhietto e il frontespizioristampati e l’aggiunta di 2 altre cc.contenenti la dichiarazione del [al-cune parole cancellate] degli esem-plari pubblicati colle fotografie el’indice di queste».

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Nella pagina precedente:descrizione della più piccolaDivina Commedia mai stampata(Salmin e Hoepli 1878) della limitatissima tiratura con “30 fotografie eseguite sui disegni di FrancescoScaramuzza”.

Sopra: per la mitica Ventisettanadel Decamerone di GiovanniBoccaccio (Firenze, Giunta, 1527)Martini elenca numerose varianti(“di questa edizione esistono due varieta di esemplari, cosa rimasta fino ad ora ignota ai bibliografi”) e rivela che “nella Libreria Melzi esisteva il solo esemplare conosciutoimpresso in carta grande, già appartenuto a Girardot de Prefond, Gaignat e P. A. Haurott, poi passato

in mie mani, ed ora nellabiblioteca del fu principe PieroGinori Conti di Firenze”.

A sinistra: le più note biblioteche del mondo conservano manoscrittie incunaboli con la provenienzadi Giuseppe Martini, e tracce dei libri passati per le sue mani si ritrovano – spesso in forma di un suo ex libris (accanto quelloallegorico, eseguito probabilmentesu disegno di Domenico Martini)– nei repertori, nei cataloghi deilibrai antiquari e nelle schededelle case d’asta.

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Continuazione della descrizionedi quattro pagine dellaVentisettana di Boccaccio, in cui si indicano altre varianti.

A destra: l’erudizione assoluta e la conoscenza profonda di Martini traspaiono dalladescrizione del raro Trattato di scientia d’arme del milaneseCamillo Agrippa del 1553: “It isvery improbable that theengravings are by Michaelangelohimself, but he must havefurnished the designs, as in somethere is much of his manner andstrength”.

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Scheda manoscritta che descrive la prima edizione commentata della Divina Commedia del 1477.Una gran quantità di schede non sono redatte in italiano, ma in inglese, chiara tracciadell’importanza del soggiornoamericano nella vita professionale del libraio antiquario.

A sinistra: la scheda del manoscrittosu pergamena Thesauro di cavalli (o Libro di Mascalcia) di Bonifacio di Calabria, probabilmente eseguitonel 1345, e appartenuto “al magnifico et generoso cavaliereM. Gioan Maria dalla Salla alias ditto M. Ponteghino magistrode stalla del Illustrissimo et Excellentissimo Signore D. AlfonsoEstense Duca de Ferrara”.

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BvS: “In tanta frivolezza”

ANGELO SOMMARUGA,L’EDITORE GIRAMONDO

stata ai fratelli Bignami, e a quel pun-to intuisce che la vita culturale mila-nese è ormai stagnante per lui: pen-sando senza modestia a un futuro dagrande editore, si reca a Roma.

Quando arriva nella Capitale,nella primavera del 1881, ha 24 annie con sé poche cose: una lettera dipresentazione di Carducci, cono-sciuto poco prima passando da Bolo-gna, qualche biglietto da mille e so-prattutto la certezza di diventare ilpiù grande editore italiano. Lo sor-regge inoltre un’intuizione che si ri-velerà strategica: per essere un gran-de editore avrebbe dovuto avere unarivista o un giornale che promuoves-se i suoi titoli e i suoi autori.

Da qui la nascita della famosis-sima e apprezzatissima rivista Cro-naca Bizantina, che in brevissimotempo fu pronta. I collaboratori pre-mevano alle porte per scrivere.L’ambiente politico e letterario erafavorevole per essere coinvolto, maanche sconvolto.

�Il giovane editore Sommaruga

ha poi il gran fiuto di capire, tra i pri-mi in Italia, il valore della pubblicità;la copertina della Bizantina – unquartino a sé – è infatti piena di pub-blicità delle sue edizioni, pubblicateo in corso di stampa, e addirittura diquelle che non venivano poi nean-che stampate. Oltre alla pubblicitàeditoriale, riempie queste sottili pa-gine gialle o azzurrine con réclamed’ogni genere: dalla fiaschetteria al-l’albergo, dall’ottico ai bagni pub-blici, dai cosmetici alle pillole perrassodare il seno, ogni articolo, ogninegozio e stabilimento trova decan-tate le proprie virtù in piccoli e di-vertenti racconti o filastrocche. Cosìi suoi libri cominciano a diffondersi.

Gli editori concorrenti, quellidi fama come i fratelli Treves, il Bar-bèra e lo Zanichelli, si preoccupano:i loro autori sempre più in massa simuovono verso i tipi sommarughia-ni. Anche il candido Edmondo de

Angelo Sommaruga, editoredella Cronaca Bizantina, na-sce a Milano il 23 dicembre

del 1857 nella centralissima via Cer-va, in una famiglia dedita al commer-cio del carbone e del legname. A 18anni il padre gli trova lavoro comeimpiegato in una miniera vicino aCagliari, ma ciò non gli impedisce difrequentare con successo il mondoletterario e artistico che, all’indoma-ni dell’Unità d’Italia, si va organiz-zando nella “metropoli” meneghina.

In un breve lasso di tempo,fonda e dirige alcuni giornali: LaFarfalla, il Brougham e la Rivista Pa-glierina, tutti ricchi di eleganza ebuongusto. La Farfalla, il più impor-tante, stampato a Cagliari e poi a Mi-lano [con testata disegnata da Tran-quillo Cremona], riunisce sulle pro-prie colonne molti giovani scrittoriche si stanno affermando, quasi tutticollaboratori gratuiti: il fedelissimoPapiliunculus (Cesario Testa), Re-migio Zena, Primo Levi, Cletto Ar-righi, Felice Uda, Antonio Ghislan-zoni, Felice Cavallotti, FerdinandoFontana, Lorenzo Stecchetti, Otto-ne Baccaredda, per citare i maggiori.

�Indebitato per la gestione del

giornale e della vita spensierata checonduce a Milano, deve cedere la te-

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 21

Amicis tradisce per la nuova sigla ilvecchio amico Emilio Treves, con-segnando ad Angiolino il suo Alleporte d’Italia, libro che, nonostante ilparere contrario di Carducci – chechiama l’autore di Cuore «Emondodai languori» – ha grande successo enumerose edizioni.

�Se il rapporto con Carducci,

suo mentore e principale sostenito-re, è improntato sin dall’inizio a unaamicizia sincera da parte del Poeta ea una devozione filiale da parte diSommaruga, diverso è il rapportoche l’editore ha con Gabriele d’An-nunzio, che arriva in redazione allaBizantinaa 18 anni. Ha già pubblica-to presso un modesto tipografo diChieti un libro, Primo Vere, a spese didon Francesco, il padre, e Chiarinil’ha appena salutato come l’astro na-scente della lirica italica.

I giovani collaboratori bizanti-ni vedono subito in lui un fratello maanche un modello; tra tutti, Scarfo-glio ne diviene ardente difensore.D’Annunzio è consapevole della suabravura, è conscio di quale potrebbeessere il suo futuro e già sa vendersicome un grande scrittore. Del pari èun accorto agente di se stesso, ba-dando alle percentuali e stilando icontratti con abilità di provetto av-vocato. Nelle lettere al Sommaruga[oggi conservate nella Biblioteca divia Senato], fissa con avara lucidità iprezzi delle sue collaborazioni: untanto a sonetto, un tanto a novella…altro che quello che andava procla-mando, di essere pochissimo esigen-te e di scrivere per la Bizantina incambio di scatole di biscotti e cesti difiori freschi.

Gabriele scrive per il giornalesommarughiano versi, prose e anche

cronache mondane. La pubblicazio-ne di Intermezzo di rime, che avevaindignato il buon Chiarini, suo pri-mo recensore – dando poi corso allapolemica cosiddetta della “verecon-dia”, cui parteciparono Nencioni,Panzacchi e Luigi Lodi –, di fatto ac-cresce il suo fascino nei salotti mon-dani. Il poeta li frequenta assidua-mente per trarne spunti vivaci e pic-canti, e per farsi ammirare dalle si-gnore del bel mondo; alla fine saran-no queste che lo cercheranno per in-vitarlo, bramose di leggere poi sullaBizantina la descrizione delle lorotoilettes o curiose di vedere con qualeaggettivo le avrebbe dipinte il giova-ne scrittore.

In Sommaruga, da principioegli vede un amico fraterno, pocopiù vecchio di lui, con il quale, all’oc-casione, confidarsi; gli chiede gen-tilmente di comprare dei fiori per ilcompleanno della madre, di cercaredi tenere a bada lo scandalo intornoalla sua fuga e al conseguente matri-monio con Maria Gallese di Har-douin, di pagare eventuali creditori,fossero a Roma o a Parigi.

La rottura però si ebbe nell’e-state del 1884, dopo la pubblicazio-ne del Libro delle Vergini. Il Poetascrive all’editore annunciandogliche il libro contiene pagine caste emiti accanto ad altre di un’audaciainusitata: «La scena si svolge tra unbordello e una chiesa, tra l’odoredell’incenso e il lezzo del fradiciu-me». Sommaruga sceglie, non si sase per non aver letto bene il mano-scritto o di proposito, una copertinabrutta e volgare con tre donnine nu-de in atteggiamento equivoco, certonon dello stesso livello di quelle del-le altre sue pubblicazioni, con un di-segno adatto invece a un tipo di edi-toria volgare e sconcia (tanto che fu

riusata da un tipografo napoletanoper un libro del cavalier Marino,Notti di piacere, libro poi sequestratoe processato per oscenità).

�Sommaruga acquista anche la

mtica Domenica Letteraria, diretta daFerdinando Martini prima e da Er-mete Zanghellini dopo; ma l’imma-ginifico editore non si ferma qui,fondando un giornale molto raffina-to, il quotidiano politico-liberaleNabab, che doveva essere il Figaroitaliano, il giornale «più letterario,meglio informato, più vario di quan-ti siano stati fatti finora in Italia».Diretto da Enrico Panzacchi, vi col-laborano Navarro della Miraglia,Masi, Colautti, Ragusa Moleti e al-tri. Nonostante la «magnificenza ti-pografica», ha vita breve, risucchia-to dal vortice delle vicende sfortuna-te del suo editore.

Di lì a poco, sottovalutandol’infausto effetto di essere l’editoredelle Forche Caudine– giornale diret-to da Pietro Sbarbaro, personaggiocontroverso, polemico politico anti-monarchico –, Sommaruga va in-contro a una penosa serie di disav-venture giudiziarie che lo getteran-no sul lastrico.

Infatti, per togliersi di mezzol’indisponente Sbarbaro che col suogiornale rischiava di scoperchiarescandali politici imbarazzanti, l’in-tero Parlamento decide di sbaraz-zarsi del suo editore.

Segue un processo che coin-volge l’intero mondo artistico e let-terario, chiamato a testimoniarecontro Sommaruga. Nonostante leimputazioni vengano smontate dalledichiarazioni dei testimoni, Som-maruga viene condannato in via de-finitiva a sei anni di carcere e a una

22 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2011

multa. Mentre è in libertà provviso-ria, il giovane, ormai ex-editore, ri-esce a fuggire, partendo da Genovaalla volta del Sud America.

Non ha soldi con sé, ma unbaule pieno di quadri che gli avevaregalato l’amico Francesco PaoloMichetti: questo baule si rivelerà perlui un tesoro permettendogli di ini-ziare una nuova vita.

�Angelo Sommaruga, infatti,

giunge a Buenos Aires dove apre unalibreria italiana; pubblica qualcheclassico della nostra letteratura e unafortunata guida alla città e all’Argen-tina per gli emigranti italiani in cercadi fortuna; non pago di quanto gli èappena accaduto a Roma, fonda ungiornale quotidiano, La Patria Ita-liana, e poi un’altra rivista, il Periodi-co de los Niños. Ha appena 29 anni, maha già l’esperienza – e, forse, la cinicaamarezza – di un uomo maturo.

Probabilmente incontra alcu-ne difficoltà, ma di questo periodonon si sa molto. Si sa, dai documentie dalle lettere tra lui e Michetti [an-ch’esse conservate alla Biblioteca divia Senato] che incomincia con suc-cesso a commerciare in quadri, spo-standosi in tutto il Sud America,molto spesso a Valparaiso, com-prando alle aste di Parigi e rivenden-do alla ricca borghesia locale.

Incerto è l’anno del ritorno inEuropa: probabilmente è il 1890quando arriva a Parigi. Qui apre unagalleria d’arte che agli inizi del No-vecento è nominata come una dellepiù belle della capitale francese.

Negli anni Trenta diventa unimportante mercante d’arte, rivalu-tando e proponendo pittori fino adallora dimenticati, come Zandome-neghi e De Nittis.

Il Fondo Sommaruga della Bi-blioteca di via Senato comprende,oltre a tutto il pubblicato della Cro-naca Bizantina – copia appartenutaall’editore, su carta di lusso – e all’e-dizione completa delle Forche Caudi-ne (collezione difficile a reperirsi peri continui sequestri e le quotidianecensure della polizia), tutte le edi-zioni della casa editrice di AngeloSommaruga, alcuni volumi della suabiblioteca personale e le carte super-stiti del suo archivio.

Tali carte – per lo più lettere e,nel caso di Carducci, bozze corrette

dagli autori – sono rese ancora piùpreziose dalle vicende che le hannoportate in Argentina, poi a Parigi, eancora in Italia.

Le lettere provengono da unanovantina di diversi corrispondenti,molti dei quali gli scrivono durantel’epoca della Cronaca Bizantina. I no-mi sono quelli che ricorrono nel ca-talogo editoriale e sulle colonne del-la rivista: i già citati Carducci e d’An-nunzio, ma anche Dossi, De Amicis,Guerrini, Faldella, Contessa Lara,Ferdinando Fontana, Leone Fortis emolti altri.

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Carlo Dossi. Lettera a Angelo Sommaruga. Datata 8 dicembre 1882«Editore mio, nel segnartiricevuta delle lire 30 da terimessemi jeri qual prezzo delcapitolo “Les Gueux” [AnnoII, vol. III, n. 12 – 1 dicembre1882, p. 89] apparso sullaCronaca Bizantina del mesescorso, approvo e confermoquanto fu pattuito fra te eLuigi Perelli per la riedizionedella Colonia Felice e deiRitratti umani dal calamajodi un medico, nonché peibozzetti che io offrii allasuaccennata rivista tua […]

Carlo Dossi. Lettera a Angelo Sommaruga. Datata R.[oma] 2 luglio 1883«Carissimo, i tuoi servitori

non mi hanno volutoannunciare a te, dicendo che eri occupato col barone De Renzy […] D’oggi innanzii nostri rapporticontinueranno, ove occorre,per via d’avvocato. CarloDossi»

Carlo Alberto Pisani Dossi[1849-1910] grande scrittore,scapigliato della prima ora,conosceva bene Sommaruga,sin dai tempi del “Brougham”e della “Farfalla”, le rivistesommarughiane del periodomilanese. Le due letteresegnano la sua brevecollaborazione con la Casaeditrice che pubblicherà leristampe di Colonia felice[1883] e dei Ritratti umani[1883].

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Sopra: Gabriele d’AnnunzioSenza data [estate 1884]« […] Voi avete mancato verso di me doppiamente; non mandandomi a vedere il disegno prima dellapubblicazione, e disonorando il miolibro con quella porcheria. […] Non venite a incepparmi il passo con la vostra réclame rovinosa! Non fatecredere ch’io sia d’accordo con voi nelrichiamare il pubblico a colpi di grancassa dinanzi a un quadro plastico! Il mio libro sia semplicissimo. Abbiauna copertina bianca col nome mio ecol titolo; nulla più». Con questa letterafinisce l’amicizia con d’Annunzio[1863-1938] che Sommaruga conoscequando diciottenne arriva a Roma.

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Sotto: Giosuè CarducciDatata Bologna 15 giugno 1881«Caro sign. Sommaruga, Il fascicoloprimo di Bizantina è bellissimo […]» L’avallo di Carducci [1835-1907] è decisivo perché Sommaruga attuil’audace progetto di fondare una casaeditrice e una rivista che la sostenga. E il Poeta vuole bene a questo giovaneintraprendente e sfrontato, da quandol’incontra la prima volta; dopo il famoso processo, quando,abbandonato da tutti, l’editore fugge, è ancora il vecchio poeta, solo, ad andare alla stazione, sotto una furiosa nevicata, per salutarlo e dirgli «Si ricordi che io le vogliosempre un po’ di bene».

26 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2011

BvS: “In tanta frivolezza”

VINCA SORGE DELFICO,LETTRICE DANNUNZIANA

La figura di donna Vinca rima-ne una delle più importanti in quelloscorcio di fine Ottocento per lo svi-luppo dell’attività letteraria e artisti-ca di tutto l’Abruzzo.

La sua «bellezza selvaggia»colpisce di certo molti intellettualiche non riescono a sottrarsi al fasci-no di questa donna colta e gentile checon il suo sguardo illumina le riunio-ni del cenacolo letterario e artisticotenute nel Convento di proprietà diFrancesco Paolo Michetti a Franca-villa a Mare: il pittore, anch’egli am-maliato dalle sue grazie, la ritrae piùvolte in quegli anni Ottanta dell’800.

«Le sue apparizioni ai concertiestivi e alle feste di Francavilla, regi-

strate nelle cronache mondane del-l’epoca (anche in quelle dannunzia-ne), fanno sensazione: gli uominiportano in suo onore un fiore di per-vinca all’occhiello, affascinati dallasua freschezza e dalla sua raffinataeleganza» [così Paola Sorge, nipotedella signora, riporta nel suo Sogno diuna sera d’estate. D’Annunzio e il Ce-nacolo Michettiano, Chieti, IanieriEditore 2004].

�Ma è soprattutto d’Annunzio

che si invaghisce di lei e lo dice aper-tamente; è lui che sin dai 16 annil’ammira e la segue con lo sguardo:«…Ero un fanciullo e camminavolungo la riva del mare alla ventura,con la vaga speranza d’incontrarvi.Sono un uomo corrotto dalla espe-rienza della vita, provato dal dolore,e tendo le braccia verso di voi comeverso la mia chimera più desiderabi-le. Che avete voi? Qual segreta attra-zione è ne’ vostri occhi varianti comeun’acqua profonda che chiuda in séstrani tesori?», le confessa in una let-tera del settembre 1888.

È ancora lui che «colpito daquel nome rarissimo “il nome di unfiore cupo e vellutato che cresce al-l’ombra delle siepi” – la pervinca», loimpone «al personaggio di una suanovella, Favola sentimentale, entrata

Vi ringrazio tanto del libro chemi mandaste. L’ho letto con avidità, edè stato per me un gusto finissimo leggeril vostro romanzo, anzi troppo intenso.

[…] Ma perché scrivete voi di questi libri?... Un giorno dovreterenderne conto a Dio; io ve lo dico. E come farete allora? […]

Voi siete Andrea Sperelli, vi sietericopiato in ogni minima piegadell’animo, altrimenti con la solaimmaginazione come avreste potutoconcepire un tale personaggio? Il vostroeroe sarebbe stato inverosimile! – Ionon so capire come siete voi, chi vi hatraviato così… Come potete scrivereperennemente in un’atmosferacorrotta… Io non so capire…

Donna Vinca Sorge Delfico a Gabriele d’Annunzio,

minuta di una lettera non inviata,datata Nereto, 21 maggio ’89

Così donna Vinca Delfico DeFilippis [1861-1911] acco-glie Il Piacere, inviatole pochi

giorni prima da Gabriele d’Annun-zio; lo legge nel suo eremo a Nereto,vicino Teramo, in Abruzzo. Lei, fi-glia di Filippo Delfico (patriota ri-sorgimentale, come il fratello Troia-no) e nipote del noto filosofo illumi-nista Melchiorre Delfico, è moglie diSimone Sorge, proprietario terriero.

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poi a far parte della raccolta Il librodelle vergini. Ma curiosamente, Vin-ca De Rosa, l’avvenente e decisa-mente sexy zia di Cesare, che con-quista cinicamente il nipote e fa mo-rire di crepacuore la sua innamorata,Galatea, è l’opposto della riservata ereligiosissima sposa di Simone che siritrae costantemente di fronte alleavances del poeta» [P. Sorge, op.cit.].

Sempre il Poeta ricorderà poile discussioni, i giochi, i canti e i so-gni di quegli incontri (che spesso av-vengono a Nereto, ospiti di casa Sor-ge) e nelle lettere che le invia cerche-rà di rievocare i giorni la cui «“me-moria sarà assai lunga e assai dolce intutti”, le serate passate ad ascoltaregli “incantesimi vocali” di Tosti, ilmago di Francavilla, le passeggiateper la Via Larga, fuori di Nereto, lelunghe chiacchierate “sotto la per-gola già carica di grappoli”».

Assieme a d’Annunzio e a Mi-chetti, vi parteciperanno FrancescoPaolo Tosti, Vittorio Pepe, CarmeloErrico, Alfonso Muzii, lo scultoreCostantino Barbella «che “passa legiornate intere nell’aer perso dellafonderia” e Guido Boggiani, “pron-to a partire per l’America dove va acercar la fortuna e a trovar mogli bel-le e ricche alli amici brutti e poveri”»(Boggiani, pittore, si distinse anchecome valente esploratore in Americameridionale, dove fu ucciso dagli in-dios Chamacoco, che avendolo ospi-tato per lungo tempo, non condivi-devano alcune sue idee).

Però donna Vinca, come ab-biamo visto, rimane sconvolta dallalettura de Il Piacere e attraverso que-sta conosce l’amico sotto una luce di-versa. Se pure d’Annunzio continue-rà a frequentare con Michetti la casadei Sorge ancora negli anni seguenti,sino al 1894, e continuerà imperter-

rito nel suo corteggiamento, non cisarà più l’affiatamento dei primitempi. Se tra loro non fu mai verarottura, da parte di Vinca vi fu uncontinuo dibattersi tra l’ammirazio-ne per lo scrittore e la disapprovazio-ne per l’uomo dissoluto.

Nel 1910, Vinca Sorge si am-mala di una malattia che neanche ilcelebre luminare della medicina diallora, Augusto Murri, riesce a rico-noscere e muore nel maggio dell’an-no successivo, confortata dall’affettodel marito e dei suoi sette figli.

�Il Fondo dannunziano Sorge

Delfico, nato dai libri dedicati dalPoeta a donna Vinca e accresciutonotevolmente dalla nipote PaolaSorge [1930-2007], infaticabile col-lezionista delle opere del Vate, è sta-to acquisito dalla Fondazione Bi-blioteca di via Senato nel 1999.

Consta di oltre 800 volumi(opere di Gabriele d’Annunzio, rivi-ste con le sue collaborazioni, com-presa Cronaca Bizantina, e testi scrittisu di lui), più l’importante mano-scritto Sur une image de la France croi-sée peinte par Romaine Brooks, scrittonel marzo 1915.

Il manoscritto consta di 6 cartenon numerate (cm.27x22,5) con fili-grana “Per Non Dormire”, più unatavola fotografica che riproduce ilquadro della pittrice americana Ro-maine Brooks (1874-1970), dovel’attrice e ballerina Ida Rubinstein èritratta in veste di infermiera. I so-netti di d’Annunzio vengono pubbli-cati su Le Figaro del 5 marzo 1915,insieme a una lettera indirizzata adAlfred Capus, e vengono ristampatisu Il Giornale d’Italia il 1º settembredello stesso anno. I 4 sonetti sono poistampati, in facsimile di autografo, in

un opuscolo destinato a finanziaregli interventi della Croce Rossa fran-cese sui campi di guerra: questo fac-simile d’autografo inaugurerà unavera e propria moda dannunziana.

Il nostro manoscritto è rilegatoin piena pelle a grana grossa, di colorblu con una croce rossa in pelle inse-rita al centro del piatto anteriore; lariproduzione del quadro è posterio-re, su carta Agfa, probabilmente in-serita dalla Sorge.

La Brooks è citata nelle Favilledel maglio, con un curioso gioco diparole in inglese: «Ella diceva riden-do, per grazioso gioco di parole sulsuo casato: – Do not fish the moon inthe brook – Non cercate di pescare lalune nel ruscello» (Guabello, Raccol-ta dannunziana, Biella 1948, p. 161].

�Come abbiamo ricordato so-

pra, uno dei volumi più importantipresenti nella raccolta è quello dellaprima edizione de Il Piacere (Milano,Fratelli Treves, 1889), che donnaVinca non apprezzerà e anzi deplo-rerà come esempio della malvagia edissoluta natura del Poeta.

Il volume reca la dedica auto-grafa di d’Annunzio alla prima carta– «A donna Vinca Sorge ricordo af-fettuoso di Gabriele d’Annunzio.Maggio 1889» – ed è ricoperto dallacarta con cui era stato confezionatoper la spedizione; al piatto anterioreriporta tre francobolli e la dicitura«A donna Vinca Sorge | Nereto |prov. di Teramo | (Abruzzi) | (un li-bro)», autografa del Poeta.

All’interno una mano ignotascrive «Gran miseria del Secolo Illu-minato»; probabilmente si tratta delgiudizio rapido ma perentorio dellasignora Vinca, che aveva visto spec-chiarsi nella dissolutezza di Sperelli

la mentalità malata di d’Annunzio.La prefazione-dedica del volume aFrancesco Paolo Michetti è datata«Dal Convento, secondo Carmine,1889», mentre la data in fine al ro-manzo è «Francavilla al Mare: lu-glio-dicembre 1888».

Altro volume importante èquello della prima edizione, su cartanormale (ne esiste una di lusso, sucarta a mano forte, di 100 copie, concopertina in pergamena), di Giovan-ni Episcopo, edito a Napoli da LuigiPierro nel 1892. Alla prima carta, ladedica: «A donna Vinca si ricordaGabriele d’Annunzio e Ciccillo Mi-chetti la saluta tanto tanto, 21 gen-naio 92, Napoli».

Il primo libro che d’Annunziodedica e invia a donna Vinca è IsaottaGuttadauro, stampato a Roma da LaTribuna nel 1886. La dedica recita«A donna Vinca Delfico-Sorgeumilmente Gabriele d’Annunzio.Agosto, ’87». Michetti, nel 1894, leinvierà poi un volume dell’amico, ilTrionfo della Morte, edito a Milanodai Fratelli Treves; la copia portastranamente l’indicazione di secon-da edizione, ma con la data del 1894:le edizioni di quell’anno recano solo

l’indicazione del migliaio. La dedica,meno partecipe delle precedenti, di-ce: « Alla gentile Comare Vinca. Mi-chetti. 12 giugno ’94».

�Molto importanti dal punto di

vista bibliografico, sono, nel fondo,quelle edizioni che paradossalmentesembrano meno interessanti, cioèquelle che Guabello definisce «legloriose edizioni napoletane»: siaquelle degli anni ‘90 dell’Ottocento,sia quelle successive, per la maggiorparte non autorizzate, dei primi annidel Novecento.

Napoli in quel voltare di secoloè all’avanguardia in campo culturale;Scarfoglio e sua moglie, Matilde Se-rao, vi fondano due importanti quo-tidiani: il Corriere di Napoli e poi ilMattino. E il nostro Poeta, che versa-va fino ad allora in cattive acque fi-nanziarie, anche grazie a loro e alleloro conoscenze, vi trova ampio re-spiro e sostentamento, collaborandosui giornali napoletani, affermando-si anche presso gli editori della città,Ferdinando Bideri e Luigi Pierro.

Ma soprattutto, ciò che sistampa a Napoli ha una larga eco an-

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Gabriele d’Annunzio Manoscritto di Sur une image dela France croisée peinte parRomain BrooksDatato Parigi, 5 marzo 1915Contiene 4 sonetti. Pubblicatonello stesso giorno da “LeFigaro”, viene poi stampato sottoforma di opuscolo e messo invendita per finanziarel’intervento della Croce rossafrancese sui campi di guerra.La pittrice Romain Brooks [1874-1970] al momento ha unarelazione con d’Annunzio macontemporaneamente anche con ladonna ritratta nel quadro chediede l’ispirazione per i sonetti,l’attrice e ballerina d’originerussa Ida Rubinstein. Perl’attrice, d’Annunzio ha giàscritto il Martyre de SaintSebastien, rappresentato a Parigiil 12 maggio 1911, dove, congrande scandalo, la Rubinsteinimpersona il santo.

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 29

che all’estero. Guabello racconta:«Da Napoli spiccò il volo la rino-manza internazionale di d’A. Eccocome: Georges Hérelle abbonato alCorriere di Napolivi scorse nel dicem-bre 1891 un singolare romanzo, sene innamorò e concepì il disegno ditradurlo in francese per farlo cono-scere ai compatrioti. Il romanzo eral’Innocente, e prima ancora che uscis-se in volume in Italia (aprile 1892) fuletto in Francia tradotto, sul giornaleLe Temps, tra i consensi ammirati del-la critica dove militavano dei De-champs e dei Brunetière. Dopo di al-lora ogni nuovo romanzo del nostroscrittore fu disputato come una pri-mizia dai vari cotidiani e riviste pari-gine, mentre le traduzioni delle varieopere si susseguivano in tutte le lin-gue europee (ad eccezione della rus-sa, greca, portoghese) ed in america-no» [Guabello, op. cit., p. 51].

�Altro documento importante è

la raccolta pressoché completa delBollettino ufficiale del Comando diFiume d’Italia, edito nel 1920; la col-lezione permette di conoscere da vi-cino molte vicende dell’impresa fiu-mana e riporta numerose testimo-nianze scritte dal Poeta condottiero.

I testi del Fondo Sorge Delficosi intrecciano e si completano conquelli di altri fondi come quello de-dicato alla letteratura del ’900 oquello Sommaruga, dove, attraversolettere indirizzate al quasi coetaneoeditore, la figura del giovane d’An-nunzio lascia intravedere la grandez-za indiscussa dello scrittore, ma an-che il carattere bizzoso e poco rico-noscente, impegnato nella ricercaspasmodica di quelle somme di de-naro che gli permettessero di viverein modo a dir poco principesco.

Gabriele d’AnnunzioIl piacere Milano, Fratelli Treves, 1889Invio autografo del poeta «A donna Vinca Sorge ricordoaffettuoso di Gabriele d’Annunzio.Maggio 1889»

Il libro, arriva, fresco di stampa, il 16 maggio a Nereto, dove risiedecol marito Simone la giovanedonna Vinca Sorge [1861-1911]. A lei il libro non piace, sembrandolela dissolutezza di Sperelli tropposimile a quella dell’amico scrittore,e lo scrive in una lettera che forsenon invia mai.

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Sopra: Gabriele d’AnnunzioIl piacere Milano, Fratelli Treves, 1889La copertina del libro è curiosamente ricoperta con la carta usata per la spedizione. Sul piatto anteriore campeggianoil nome e l’indirizzo della signorascritte da d’Annunzio. All’interno della carta, una mano ignota, ma si presume quella di Vinca Sorge,scrive: «Gran miseria del Secolo Illuminato».

Sotto:Gabriele d’Annunzio Sur une image de la France croisée peinte par Romain BrooksLegatura del manoscritto

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 31

BvS: “In tanta frivolezza”

BENITO MUSSOLINI E IL GIALLO DEI DIARI

stare in sordina per la malauguranteconcomitanza dei diari attribuiti aHitler e rovinosamente sbugiardati),torna alla grande nel 1994 dopo setteanni di laboriosa gestazione» (E.Mannucci, Caccia grossa ai diari delDuce, Bompiani, Milano, 2010, p. 7).

�Si può affermare con ragione-

vole certezza che le agende acquisitedalla Biblioteca e in corso di pubbli-cazione per Bompiani siano le stesseproposte nel 1994 al giornale ingleseSunday Telegraph e nel 2004 al setti-manale L’Espresso.

Il Sunday Telegraphe in partico-lare il giornalista Nicholas Farrell,

nonostante fosse ancora ben presen-te nell’opinione pubblica il ricordodei falsi diari di Hitler, non sottova-lutarono il materiale e diedero inca-rico di studiarlo dal punto di vistastorico a Brian Sullivan, Senior re-search professor all’Istituto per glistudi strategici della National De-fence University, e dal punto di vistachimico-grafologico a Nicolas Bar-ker, Viceconservatore della BritishLibrary. Inoltre, fu chiesto un parereallo storico Denis Mack Smith, giàautore di una biografia di Mussolinidi grande successo in Inghilterra.

Il risultato di questi studi e pa-reri, tutti sostanzialmente favorevoliall’autenticità degli autografi musso-liniani, venne condensato in una se-rie di articoli a firma dello stesso Far-rell, successivamente anch’egli auto-re di una ricca biografia di Mussolini.

Esattamente dieci anni dopo, ilsettimanale L’Espresso chiese a Emi-lio Gentile una perizia storiografica eal prof. Roberto Travaglini una gra-fologica. Entrambi, pur giungendo aconclusioni nel complesso sfavore-voli all’ipotesi dell’autenticità, rico-noscono un esito controverso dei lo-ro esami, tale da non potergli per-mettere di dichiarare con certezza lafalsità dei manoscritti. Scrive infattiTravaglini nella sua perizia: «la scrit-tura apparente sui diari potrebbe es-

IDiari di Mussolini vengono ac-quisiti dalla Biblioteca di via Se-nato nell’aprile del 2010. Si tratta

di cinque agende prive di copertina,comprendenti gli anni dal 1935 al1939 per complessive 1.900 paginecirca. Sono tutte complete e in buo-no stato di conservazione, trannequella del ’39, le cui pagine successi-ve al 16 dicembre sono slegate estrappate all’altezza della data senzatuttavia perdita di testo.

Il loro ritrovamento viene an-nunciato da Marcello Dell’Utri perla prima volta a Sulmona, il 26 set-tembre 2006, passando praticamen-te inosservato. Dopo alcuni mesi, in-vece, il 10 febbraio 2007 a Udine,complice la presenza di alcuni gior-nalisti per un convegno dei Circolidel Buongoverno, la lettura di pochiestratti basta ad amplificare la notiziaa livello nazionale e a scatenare un di-battito tra storici che non ha ancoratrovato una sintesi definitiva.

L’emersione di materiale diari-stico attribuibile a Benito Mussolininon avviene per la prima volta nel2007, ma anzi «è una saga nazionaleche nasce praticamente il 25 luglio1943, con la seduta del Gran Consi-glio che decreta la fine del regime fa-scista […] Il caso scoppia nel 1957, ri-esplode dieci anni dopo, si intravedecome incombente nel 1983 (salvo re-

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sere un’altra manifestazione graficadi Mussolini, perfettamente e logica-mente rientrante tra quelle invecepiù note […]: si tratterebbe di diariintimi segreti, di una sorta di narra-zione quasi postuma di un lato nasco-sto di sé».

�Al di là delle analisi e degli studi

storici, grafologici o di qualsiasi altrogenere, i diari di Mussolini costitui-scono uno straordinario documentoper le impressioni che si ricavanodalla lettura integrale. Non ci sonoinfatti pagine “noiose”, prive di con-tenuto o scadenti dal punto di vista

linguistico. Mussolini, o perlomenoil Mussolini autore di queste pagine,scrive bene come potrebbe farlo ungiornalista che a soli 29 anni diventadirettore de L’Avanti e lo rimane,non ufficialmente ma di fatto nel Po-polo d’Italia, per tutta la vita.

Nella quotidiana scrittura deidiari, infatti, con stile asciutto ed es-senziale, affronta tutti gli aspetti del-la sua vita di uomo prima ancora chedi capo del Governo italiano. Descri-ve e racconta sia gli avvenimenti sto-rici di quegli anni come la guerra inEtiopia, il congresso di Monaco, l’i-nizio della II guerra mondiale, sia ifatti della vita quotidiana: il rapporto

con la moglie e i figli, i ricordi del fra-tello Arnaldo, le descrizioni dellepersone a lui più vicine ma anche del-lo stesso popolo italiano.

Dopo averli avuti in visione,Romano Mussolini, ultimo dei suoicinque figli, rilasciò una dichiarazio-ne ufficiale a un notaio svizzero: «Holetto integralmente e con attenzionetutti e cinque i volumi indicati, costi-tutivi di diari personali e privati cheio personalmente attribuisco al miodefunto padre Benito Mussolini. Isuddetti manoscritti sono in partico-lare ricchi di fatti e di elementi anchestrettamente relativi alla vita privata,segnatamente a quella della nostra

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famiglia, che ricordo con perfezione.Personalmente riconosco la bontàdei suddetti manoscritti di mio pa-dre, di cui riconosco anche la calli-grafia ed al quale io li attribuisco e liritengo suoi autentici».

Tre anni dopo, nonostante ledivergenze di opinione degli storiciche difficilmente potranno stabilirnecon ragionevole certezza falsità o au-tenticità, i Diari sono a disposizionedi tutti. La casa editrice Bompiani hagià pubblicato, integralmente e conla riproduzione anastatica dell’origi-nale, l’agenda del ’39, prima della se-rie cui faranno seguito le altre quat-tro con cadenza semestrale.

Nella pagina accanto: particolaredella pagina datata 10 marzo1935, con il commento di Mussolinialla figura dell’imperatore romanoCesare, come letto nellatrasposizione della tragedia di Shakespeare: “Il testo ha dei punti vitali, ma il Cesare della realtà storica è diverso da quello del dramma”.

In questa pagina: l’esaltazione della forza e del coraggio dei giovani (12 maggio), per la quale Mussolini confida di aver ricevuto l’elogio da parte di tutta la stampa internazionale,contro la lentezza dei vecchi (“sono lenti, pesanti nell’anima e barbosi - e hanno quellastanchezza naturale verso le novità,verso le conquiste - hannoabbandonato il coraggio che spinge i giovani nella meravigliosaavventura della vita!”). Accanto, le confidenze su Honoré de Balzac, letto eapprezzato nei suoi insegnamenti.

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quotidiana, le tirature alla CarolinaInvernizzio”. E ancora, annuncia che avrebbe continuato lapubblicazione dei suoi articolianonimi che “saranno come il formaggio grattugiato sulletagliatelle, ne aumentano il sapore”.

Accanto, lo sdegno verso i circolisalottieri borghesi, dove si perdetempo in “conversari inutili,maldicenti, dove si parla a schiovere,come si dice a Napoli”, che diventauna nota da lasciare ai posteri.

Nella pagina del 21 dicembre ilgiornalista Mussolini annota le idee per il rinnovamento de Il Popolo d’Italia: “Il Popolo va ridimensionato – rinnovato”:“Basta con le elucubrazioni deigiullari del fascismo che fannocrescere la barba persino allerotative”. Servono articoli “breviconclusivi scattanti” per teneredesta l’attenzione del pubblico;grande evidenza doveva esseredata ai servizi degli inviatispeciali, la cronaca di Milano“efficace”, lo sport “diffuso”, da eliminare invece “le tragicommedie della vita

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A sinistra: la pagina del 1 Marzo1938 riassume i lavori alla Cameraper l’approvazione dell’eserciziofinanziario, movimentati dallapresenza di “uno strano personaggiosi chiama Coselschi offre opuscoliquaderni e volumi una quantitàimpressionante e ingombrante - tutto a sfondo antibolscevico”. Ma soprattutto riporta in calce una “notizia ferale”, la morteimprovvisa di Gabriele D’Annunzio “per emorragia cerebrale. Il poeta non stava male e si muovevaper le stanze”, poi, improvvisamente,il crollo.

A destra, il commento ad unamassima di Goethe nella pagina del 5dicembre; la massima “Agire è facile,pensare difficile” diventa lo spuntoper fermare la propria opinione inmerito e stabilire l’esaltazione delpensiero che guida l’azione:“Capovolgerei la prima frase - perme pensare non è affatto difficile -tutt’altro - agire invece è più difficileper chi riflette e valuta come me. No,non è per niente incomodo realizzarequanto prima si è pensato”.

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BvS: “In tanta frivolezza”

JORGE LUIS BORGES, UN SOGNO DI BIBLIOTECA

ghilterra (dalla nonna paterna im-parò a parlare prima in inglese chein spagnolo), Borges visse e studiòin Svizzera dal 1914 al 1919. In se-guito, fino al 1921, fu in Spagna, do-ve partecipò all’ultraismo, movi-mento artistico d’avanguardia.

Tornato in patria, pubblicò trail 1924 e il 1925 tre numeri della ri-vista Proa, con la collaborazione diRicardo Güiraldes e altri. Dal 1924al 1927 collaborò a Martin Fierro, ri-vista d’avanguardia che determinòuna sorta di svolta generazionale: ilmovimento di Florida, o «martin-fierrista», poi confluito nella rivistaSur, fondata e diretta da VictoriaOcampo.

In seguito a un banale inciden-te occorsogli la Vigilia di Natale del1938, cominciò a perdere la vista si-no a diventare progressivamentecieco. Lavorò come professore uni-versitario e come bibliotecario, e al-la caduta di Perón (1955) fu nomi-nato direttore della Biblioteca Na-zionale di Buenos Aires; tenne nu-merose conferenze (soprattutto sul-la filosofia e sulle letterature italia-na, inglese e tedesca); molto signifi-cativa fu l’amicizia con Adolfo BioyCasares, coautore di «svariate im-prese letterarie».

�Nel 1961, a Formentor, gli fu

conferito, insieme a Beckett, il Pre-mio internazionale degli editori. Daallora, la sua fama si è sviluppata intutto il mondo. Ha vinto il premio“Cervantes” e ha ottenuto la laureahonoris causa in varie università, ulti-ma quella di Roma, nel 1984.

Intraprese molti viaggi, negliStati Uniti, in Europa, in Giappone,in Israele. Si sposò due volte: nel1967 con Elsa Astete Millán, da cuidivorziò tre anni dopo, e poi, nel1986, per procura, in Paraguay, conl’allieva e segretaria María Kodama.

L’altra amatissima donna dellasua vita, la madre Léonor [1876-1975], gli fu sempre vicina leggen-

En el sueño del hombre quesoñaba, el soñado se despertó.

Nel sogno dell’uomo che lo sognava, il sognato si svegliò.

J.L.Borges, Las ruinas circulares.

Come se si fosse alla fine di unsogno, quando il confine trail sognatore e l’essere so-

gnato si fa labile, o come quando ilsogno stesso induce a interrogarsisu chi sta sognando chi, noi non pos-siamo sapere quanto la biblioteca diBorges uomo (colui che sogna) ab-bia potuto contenere Borges scrit-tore (colui che è sognato) e quantoda lui, ombra creata dal sogno, possaessere stata formata e raccolta anchenella realtà.

La fortuna di possedere tra ifondi della Biblioteca di via Senatoalcuni libri appartenuti al grandescrittore argentino ci permette, pe-rò, di entrare direttamente nei sogni(o negli incubi) di uno degli autoriche più hanno influenzato la lettera-tura mondiale del Novecento.

�Nato a Buenos Aires il 24 ago-

sto 1899 da una famiglia colta e be-nestante, originaria in parte dell’In-

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 37

dogli i libri quando la cecità fu totalee scrivendo ciò che lui dettava.

Dopo poco meno di due mesidal secondo matrimonio, il 14 giu-gno 1986, Jorge Luis Borges morìper un enfisema polmonare, a Gine-vra, assistito dalla giovane moglie.

La prima attività letteraria diBorges è prevalentemente in versi edi “argomento” argentino: Fervor deBuenos Aires (1923), Luna de enfrente(l925), Cuaderno San Martín (1929).

Il passaggio alla prosa si com-pie attraverso la biografia, in granparte inventata, di Evaristo Carriego(1930) e soprattutto con i racconti diHistória universal de la infamia(1933) e con i saggi di Discusión(1932) e di História de la eternidad(1935). Egli si rivela infine grandis-simo scrittore di racconti con Ficcio-nes (1944) e con El Aleph (1949).

�L’arte di Borges si esplica at-

traverso l’uso costante ed erudito diuna personale mitologia letterariadove primeggiano i simboli del labi-rinto, della biblioteca, degli scacchi,degli specchi e una riflessione origi-nale sul tema del tempo e dello spa-zio. Col passare degli anni, egli hareso ancor più essenziali il propriostile e la propria fantasia; tanto nelleprose e nelle poesie di raccolte mistecome El hacedor (1960) o El elogio dela sombra (1965), quanto nei raccon-ti de El informe de Brodie (1970), deEl congreso (1971) e de El libro de are-na (1975), nonché nelle pagine diviaggio di Atlas (1984).

Altri libri di poesia sono Elotro, el mismo (1964), El oro de los ti-gres (1972), La moneda de hierro(1976). Altre raccolte di saggi, Otrasinquisiciones (1960) e Nueve ensayosdantescos (1982).

Molte le opere scritte in colla-borazione: con Bioy Casares: Seisproblemas para Don Isidro Parodi(1942), Un modelo para la muerte(1946, illustrato dall’amico pittoreXul Solar), Crónicas de Bustos Domecq(1967); con Margarita Guerrero, ilManual de zoología fantástica (1957).

�Il Fondo Borges è costituito da

circa cinquecento opere. Vi sono ivolumi scritti da Borges in primapersona – da solo o in collaborazio-ne con amici e allievi –, e le opere didiversi autori che recano un suoprologo o una sua prefazione, i vo-lumi che hanno fatto parte della bi-blioteca personale dello scrittore odella sua famiglia (la madre, la sorel-la e il cognato) e molti fascicoli di ri-viste che hanno ospitato i suoi scrit-ti. Molti di questi libri hanno la suadedica o le sue note.

Tutti questi volumi furonoraccolti negli anni ’80-’90 dal nipotedello scrittore, Miguel de Torre (fi-glio di Norah Borges e Guillermode Torre), che per anni girò per ognidove cercandoli e acquistandoli neltentativo di ricostituire la bibliotecadel “tio”; vennero poi dispersi agliinizi del 2000 in un’importante ven-dita all’asta a New York.

La raccolta è impreziosita dal-la presenza del manoscritto Las rui-nas circulares. Il racconto, pubblica-to per la prima volta nel 1940 sul nu-mero 75 (dicembre) della rivistaSur, viene inserito, assieme ad altriracconti, nella raccolta El jardín desenderos que se bifurcan (Buenos Ai-res, Sur, 1941).

Il libro, stampato a fine dicem-bre del 1941, sarà distribuito l’annoseguente; El jardin… diventerà poila prima metà di Ficciones (Buenos

Aires, Sur, 1945; la seconda parte,dal titolo Artificioscontiene raccontiscritti tra il 1941 e il 1944).

Racconto tra i più intensi diBorges, narra di un uomo che sognaun altro uomo. Il tema del sogno(caro a Borges che ai sogni dedica unintero libro) viene qui inteso comecreazione dell’uomo, sorta di an-drogenesi mentale e onirica. La nar-razione termina con la scoperta del-l’uomo di essere a sua volta un sognodi un altro uomo.

«Con alivio, con humillación,con terror, comprendió que él tam-bién era una apariencia, que otroestaba soñando». Con sollievo, conumiliazione, con terrore, comprese cheera anche lui una parvenza, che un al-tro lo stava sognando.

�Tra i volumi, un opuscolo po-

co appariscente ma rarissimo (se neconoscono solo cinque copie almondo), La Leche Cuajada de LaMartona. Estudio dietético sobre las le-ches ácidas. Folleto con recetas (BuenosAires, La Martona, s.d. [1937]).

Si tratta del primo testo scrittoinsieme da Borges e Bioy Casares eriporta notizie sulle virtù curativedello yogurt prodotto dall’azienda“La Martona”, di proprietà del pa-dre di Bioy, azienda che derivava ilnome da quello della madre, Marta.Bioy raccontava che un giorno unozio gli propose di scrivere un opu-scolo su questo prodotto a 16 pesosper pagina; subito pensò all’amicoJorge come estensore, insieme a lui,di queste pagine.

Questa esperienza di scritturaa quattro mani fu una sorta di ap-prendistato per Bioy Casares, checonfessò di esserne uscito come unaltro scrittore, più consapevole.

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Come già detto, molti dei li-bri presenti nel fondo hanno la de-dica autografa di Borges, molti altrirecano a margine note e postille au-tografe dello scrittore. Notevoletra questi è la prima edizione del li-bro Discusion (Buenos Aires, M.Gleizer Editor, 1932), la quintaraccolta di saggi di Borges, volumeappartenuto allo scrittore con leannotazioni, le variazioni e le can-cellazioni per la seconda edizionedel 1957.

�Altri libri riportano anche le

note dei famigliari, la madre so-prattutto, ma anche il nipote checollezionando i libri appartenutiallo zio, ne ricorda aneddoti e ma-nie.

Tra i libri appartenuti a Bor-ges – oltre a titoli e autori classici emoderni che compaiono più voltenei suoi saggi a proteggere le suefunamboliche elucubrazioni – unlibro stampato a Palma di Majorcanel 1921. Si tratta de El Caudillo,unico romanzo pubblicato da JorgeGuillermo, padre di Jorge Luis.

Una dedica autografa lo inviaa una cugina, Aurora de Haedo,Aurorita. Rapporto di grande affet-to e di molto pudore quello col pa-dre, avvocato, che non riuscì a se-guire la propria vocazione e percompensazione indirizzò il figlioalla letteratura, facendo sì che que-sta non fosse una semplice occupa-zione, ma un destino tale da vincereogni impedimento, come la cecitàche gli lasciò in eredità.

Jorge Luis BorgesLas ruinas circularesManoscritto autografoIl racconto è pubblicato per la prima volta nel 1940 sul n. 75 (dicembre) della rivista “Sur”, farà poi parte di Ficciones[Buenos Aires, Sur, 1941].Scritto minuziosamente su carta da computisteria, come la gran parte dei racconti di quel periodo, il racconto, che è tra i più intensi di Borges,narra di un uomo che sogna un uomo, e signandolo lo crea dal nulla. Il racconto termina con la scoperta di chi sogna di essere a sua volta il sogno di un altro uomo.

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 39

Sotto: Jorge Guillermo BorgesEl Caudillo. Novela[Palma de Mallorca], [ImprentaJuan Guasp Reinés], 1921Al frontespizio, dedica dell’Autorea Aurora de Haedo de Haedo:«Para Aurorita con afecto Jorge».Unica edizione dell’unicoromanzo scritto dal padre di Borges.

Jorge Luis Borges El Aleph. Segunda ediciónBuenos Aires, Editorial Losada, 1952Al frontespizio, firma autografadell’Autore. La copia fu compratanella libreria “Fray Mocho” dal nipote Miguel de Torreespressamente per lo zio che non la possedeva più.

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Jorge Luis BorgesLas ruinas circularesManoscritto autografoIl racconto si chiude con la frase«Con alivio, con humillación, conterror, comprendió que él tambiénera una apariencia, que otroestaba soñando».Con sollievo, con umiliazione,con terrore, comprese che eraanche lui una parvenza, che unaltro stava sognandolo.La scrittura di Borges in questepagine si va facendo più incerta,complice la vista che sindall’infanzia peggiora ogni anno.Diventerà completamente ciecododici anni dopo.

BvS: l’Appuntamento

TRE GIORNI DI LIBRIDINETRA PRINCEPS E RARITÀ

Palazzo della Permanente, appuntamento con 61 librai antiquari

degli espositori che hanno contribuito al successo dellafiera, intervallati da racconti dedicati al mondo del li-bro.

�L’edizione di quest’anno comprende sessantuno

librerie antiquarie provenienti da ogni parte d’Italiacome pure da Francia, Austria, Germania, Inghilterrae Stati Uniti. Anche presenti, come tutti gli anni, le li-brerie antiquarie specializzate in incisioni, stampe e li-tografie (DANStampe, Il Bulino Antiche Stampe, Ser-gio Trippini Stampe Antiche, Stampe Antiche Buzzan-ca e Stanza del Borgo).

Uno sguardo al catalogo dà subito un’idea dellavastità del materiale offerto. Lo Studio Bibliografico diGiuseppe Solmi, specializzato in manoscritti medieva-li e miniature, presenta un libro d’oro all’uso di Rouen,miniato in latino e francese su pergamena e databile aiprimi anni del XVI secolo. Le miniature sono opera

del Maître d’Ango, attivo durante iprimi decenni del XVI secolo e au-tore di codici destinati a nobili dirango quali erano Anna Bolena eMargherita di Valois. Nel catalogodella Mostra si presentano, conmateriale manoscritto, anche le li-brerie antiquarie Il Cartiglio, Pre-gliasco, Alberto Govi e Bibliopa-thos – l’ultima con una collezionedi trentasette manoscritti di Cabalanumerica (databili ai secoli XVIII-XIX), particolarmente suggestivi

Dal tempo della sua invenzione, il libro incantal’uomo per tutte le proprie sfaccettature e faparte della sua vita quotidiana. Basti ricordare

che le fiere e i cataloghi di Francoforte e Lipsia, con laloro tradizione cinquecentenaria, sono espressione delsuo successo e del suo fascino. Certamente, un’operacome il De monade di Giordano Bruno, stampata nel1591 e quello stesso anno annunciata e pubblicizzatanel catalogo della fiera di Francoforte, col passar dei se-coli è divenuta un libro molto raro e desiderato dai bi-bliofili. I volumi offerti in vendita nei cataloghi dei libridisponibili delle fiere di Francoforte e Lipsia al nostrotempo sono divenuti oggetto delle passioni dei colle-zionisti e degli amanti dei libri.

�Alla sempre esistente fiera del libro “disponibile”

si affianca la fiera del libro introvabile e raro. Ed è daquesto punto di vista che vogliamo parlare della “Mo-stra del Libro Antico” di Milano,da ventidue anni il più importantepalcoscenico italiano per amanti,collezionisti, bibliofili e curiosi dellibro antico e moderno di pregio.Per rendere omaggio a questa con-suetudine annuale, la Mostra vedeper l’edizione del 2011 la realizza-zione del libro-catalogo La Mostradel Libro Antico di Milano: 1990-2011. Tra due secoli di libri, che con-tiene una selezione di testi e illu-strazioni del meglio dei volumi e

ANNETTE POPEL POZZO

LA XXII MOSTRA DEL LIBRO ANTICOva in scena dall’11 al 13 marzo,ospitata come di consueto neglispazi del Palazzo della Permanentedi Milano. 61 i librai antiquariselezionati, in arrivo da tuttal’Italia, come pure da Francia,Austria, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Info: www.mostradellibroantico.it

SPECIALE MOSTRA LIBRO ANTICO, MILANO DALL’11 AL 13 MARZO 2011

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 43

per le implicazioni mistiche ed esoteriche, alle qualifurono fortemente interessati autori tardo-medievali erinascimentali come Egidio da Viterbo, Marsilio Fici-no e Giovanni Pico della Mirandola.

�Più di una libreria antiquaria si segnala per dei te-

sti scientifici. Norbert Donhofer di Vienna offre la pri-ma edizione di Georg Peurbach e Johann Müller (me-glio noto come Regiomontano), Tabulae eclypsium, Ta-bula primi mobilis, stampata a Vienna nel 1514 a cura diGeorg Tannstetter. L’opera dell’astronomo e matema-tico Peurbach (1423-1461), probabilmente completa-ta attorno al 1459, fu, anche se in maniera critica, anco-ra usata da Tycho Brahe alla fine del Cinquecento pres-so la corte di Rodolfo II di Praga.

La libreria antiquaria Bado e Mart di Padova, in-vece, presenta l’editio princeps dell’Istoria e dimostrazioniintorno alle macchie solari di Galileo Galilei (Roma, Gia-como Mascardi, 1613), opera che Federico Cesi pro-pose di intitolare Helioscopia e che è di fondamentaleimportanza nella storia della scienza moderna poichécontiene la definizione della vera natura delle macchiesolari e la ragione del loro movimento. Si tratta inoltredella prima opera di Galileo stampata a cura dell’Acca-

demia dei Lincei. La copia presentata dalla libreria an-tiquaria padovana è completa delle tre lettere inviateda Christoph Scheiner (usando lo pseudonimo di “Ilfinto Apelle”) al banchiere Marcus Velserius, che man-cano in molti esemplari. Galilei confuta con vigore leipotesi addotte da Scheiner sulla natura del fenomenodelle macchie solari, della cui scoperta il gesuita avevarivendicato la priorità. La corretta attribuzione dellascoperta delle macchie solari, infatti, non è ancora sta-ta stabilita.

�Il legame con Galilei è presente anche nella sche-

da presentata dal libraio antiquario romano AntonioPettini. Si tratta dell’incisione di Cornelis Galle (1576-1650) su disegno del pittore Ludovico Cardi detto ilCigoli (1559-1613), raffigurante il Lucifero Dantesco.Durante tutto il Cinquecento, iniziando con la descri-zione della morfologia scientifica dell’Inferno dante-sco da parte di Antonio Manetti, l’Accademia Fiorenti-na discute la controversa topografia degli inferi. Forsesu invito diretto del console Baccio Valori, venne chie-sto al giovane Galileo di tenere due lezioni all’Accade-mia Fiorentina sulla figura, il sito e la grandezza del-l’Inferno di Dante, considerando anche gli aspetti ma-

Nella pagina accanto: La visione di Galileo dell’Inferno di Dante, incisione di Cornelis Galle su disegno del pittoreLudovico Cardi detto il Cigoli (Antonio Pettini, Roma). Sopra da sinistra: copia dell’Opera di Cornelio Tacito,appartenuta a Eugène de Beauharnais, viceré del Regno d’Italia (Tusculum Rare Books Limited, Londra); La Geografia diClaudio Ptolemeo alessandrino, Venezia, 1548 (Meda Riquier Rare Books LTD., Londra)

44 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2011

Londra presenta l’editio princeps di tutti gli scritti attri-buiti a Omero, comprese Iliade e Odissea, stampate il 9dicembre 1488 (i.e. non prima del 13 gennaio del1488/1489) a Firenze per Bernardo e suo fratello NeroNerli, con il supporto finanziario di Giovanni Acciaiuo-li. Questa monumentale prima edizione in greco fu cu-rata da Demetrio Calcondila (che dal 1491 insegnò gre-co a Milano presso la corte di Lodovico il Moro), usan-do i caratteri creati dal greco Demetrio Damila.

�Nel libro offerto da Wolfgang Kaiser della Tu-

sculum Rare Books Limited si sposa invece l’impor-tanza dell’edizione con quella della copia: l’Opera diCornelio Tacito, stampata da Giambattista Bodoni nel1795, si presenta a fogli chiusi in legatura in mezzo ma-rocchino bordeaux alle armi di Eugène de Beauharnais(1781-1824), viceré del Regno d’Italia e principe diVenezia, e di sua moglie Amalie-Auguste.

In gran parte all’esemplare fa riferimento il titoloproposto dal libraio antiquario romano Prometheos.

Alberto Giacometti, Paris sans fin, 1969, in legatura d’artista firmata da Pierre-Lucien Martin (Sims Reed, Londra)

tematico-scientifici della statura di Lucifero (le due le-zioni conservate in originale e in una copia sincronavennero rinvenute e presentate da Ottavio Gigli negliStudi sulla Divina Commedia, Firenze, Felice Le Mon-nier, 1855).

Galilei accompagnò le sue specificazioni conesemplificazioni grafiche che purtroppo non sono sta-te conservate, ma il Lucifero nell’incisione di Gallecorrisponde esattamente alle ipotesi proposte dal Pisa-no. Per quel che riguarda Dante, ricordiamo anche laprima mitica edizione uscita dai torchi di Aldo Manu-zio il vecchio nel 1502, presentata dallo Studio Biblio-grafico Paolo Pampaloni. Questa princeps aldina o vul-gata fu stampata in due tirature, rispettivamente senzae con l’àncora aldina nel colophon (cfr. Ahmanson-Murphy 59 e 59.5). L’esemplare molto marginoso(160x95 mm) offerto da Pampaloni si distingue per lapresenza dell’àncora e della carta bianca l2 tra Inferno ePurgatorio, che è molto spesso mancante.

In Mostra ci saranno anche edizioni di notevoleimportanza per l’Umanesimo. Peter Harrington di

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 45

La sua Epitome iuris viarum et fluminum, praxim rei ae-dilis compraehendens & aliquid de immunitate opusculumdi Alessandro Brugiotti (Roma, Michele Ercole, 1669)appartenne al cardinale Pallavicino e al papa ClementeIX (al secolo Giulio Rospigliosi) e si presenta in una le-gatura in piena pergamena, senz’altro opera di Grego-rio Andreoli. Il testo affronta tematiche relative a stra-de e a corsi d’acqua dal punto di vista giuridico e fiscale,con un’interessante analisi dedicata ai problemi dellevie di Roma.

�Molti librai antiquari hanno scelto come scheda

di rilievo in catalogo una pubblicazione d’argomentogeografico. Alessandro Meda Riquier presenta Lageografia di Claudio Ptolemeo alessandrino, stampata aVenezia nel 1548 da Giovanni Battista Pedrezano perNiccolò Bascarini. Si tratta della prima edizione ita-liana nella traduzione di Andrea Mattioli, basata sultesto di Sebastian Münster del 1540, contenente lecarte geografiche su disegno di Giacomo Gastaldi. Laparticolarità dell’edizione risiede nel fatto che lamaggior parte delle trentaquattro carte raffiguranti ilcosiddetto “mondo nuovo” furono disegnate apposi-tamente per l’edizione. La tavola intitolata Nueva Hi-spania tabula nova che rappresenta il Mississippi e laFlorida, è la prima carta geografica separata di questaregione.

�Sebbene il titolo stesso della Mostra faccia riferi-

Sotto da sinistra: Collezione di 37manoscritti di Cabala numerica(Bibliopathos, Milano); Libro d’Oreall’uso di Rouen, manoscritto del XVIsecolo (Giuseppe Solmi StudioBibliografico, Bologna)

A sinistra: Editio princeps di tutti gli scritti attribuiti aOmero, compreso l’Iliade e l’Odissea, Firenze, 1488 (PeterHarrington, Londra)

46 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2011

mento al Libro Antico, sono numerose le schede dedi-cate al Libro Moderno di Pregio. Non v’è dubbio, in-fatti, che negli ultimi anni i libri d’artista e le edizionidi pregio abbiano visto un rapido aumento di interesseda parte del mondo bibliofilo. La Librairie 123 offrecon Anonyme Skulpturen – Eine Typologie technischerBauten di Bernd & Hilla Becher del 1970 un’opera in-teressante nel contesto del movimento dell’arte foto-grafica concettuale.

Il Polifilo impressiona con La Guerre. Une Poésiedi Giuseppe Ungaretti (Parigi, 1919) in un esemplareappartenente alla limitatissima tiratura di ottanta co-pie firmate dall’artista, mentre lo Studio Bibliografi-co Marini presenta Los Versos del Capitan di Pablo Ne-ruda (Napoli, 1952) nella prima edizione di 44 esem-plari numerati fuori commercio (copia n. 19 per Sal-vatore Quasimodo). Sicuramente non passa inosser-vato il manoscritto autografo redatto su 138 schedebibliografiche dell’ultimo romanzo incompiuto diVladimir Nabokov, The Original of Laura (Dying isFun), che fu pubblicato solo nel 2009 da Knopf, atrent’anni dalla scomparsa dell’autore, e nello stessoanno anche in traduzione italiana da Adelphi. Le

schede manoscritte sarebbero dovute essere distrutteper volontà di Nabokov, ma non rispettandone il de-siderio, il figlio Dmitri alla fine decise di renderepubblico il testo. Il manoscritto offerto proviene dal-l’archivio del figlio Dmitri e fu venduto nel 2010 daChristie’s a Londra. Last but not least anche il londine-se Sims Reed ha scelto un libro d’artista, Paris sans findi Alberto Giacometti (Teriade, 1969). Contenente150 litografie originali dell’artista svizzero, la copiaproveniente dalla biblioteca del bibliofilo Henri Pa-ricaud, si presenta in legatura amatoriale di Pierre-Lucien Martin (1913-1985), che appartiene al grup-po dei più rinomati legatori della seconda metà delXX secolo, famoso per la sua attenzione ai materiali eper l’uso del cosiddetto “décor de lettres”.

�Per quanto piccola, quest’anteprima dei libri

esposti basta per dare un’idea della ricchezza e vastitàdel materiale in Mostra. Se si pensa che il catalogo rap-presenta soltanto una tranche minima di tutti i libriesposti, va considerato con attenzione l’invito di venirea visitare la Mostra del Libro Antico.

Da sinistra: copia di Alessandro Brugiotti, Epitome iuris viarum et fluminum, Roma, 1669, alle armi di papa Clemente IX (Prometheos, Roma); copia n. 19 per Salvatore Quasimodo di Pablo Neruda, Los Versos del Capitan, Napoli, 1952(Studio Bibliografico Marini, Bari); Georg Peurbach e Regiomontano, Tabulae eclypsium, Tabula primi mobilis, Vienna,1514 (Antiquariat Norbert Donhofer, Vienna)

febbraio 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 47

Per non parlare dello sventurato caso in cui, per in-decisione o titubanza, per l’inutile e assurda vanità di pro-vare a dimostrare a se stesso la propria morigeratezza o ilproprio buon senso, il “nostro” rimandasse l’acquisto diquel tanto (o quel poco) da farselo soffiare. Apriti cielo!

�Prima ancora di esserne l’inferno, però, la Mostra

del Libro Antico di Milano è il paradiso di ogni bibliofiloitaliano e non solo, l’occasione quasi unica di ammirare,tutti in una volta, capolavori della nostra arte e del nostropiù raffinato sapere artigiano, capisaldi della nostra civil-tà, colonne portanti delle nostre lettere e della nostracultura: “oggetti” che sommano al valore intrinseco del-la propria rarità e della propria fattura quello della storiache hanno vissuto, del mondo che testimoniano, quellodelle mani da cui sono passati, del sapere e delle tradizio-ni che tramandano.

Carte sgualcite dall’uso, fogli ingialliti dal tempo,copertine e legature sbiadite dalla polvere, caratteri or-mai un po’ sbavati eppure sempre netti, decisi, leggibilis-simi. E quel fruscìo delle pagine, quell’odore inconfon-dibile, la morbidezza di certi pellami e le asperità di certetorchiature, l’incredibile lucentezza di alcune miniaturei cui colori hanno resistito ai secoli: non è certo per tutti ilfascino dell’antico, del “sopravvissuto”. Perché non è ditutti - e oggi a maggior ragione - la consapevolezza del-l’importanza del conservare, del farsi custodi, del rico-struire secondo un senso di coerenza con noi stessi e conun passato che sentiamo appartenerci.

Un passato, più o meno lontano, che in queste oc-casioni viene celebrato anche nella novità, nell’attentaselezione di quei pochi prodotti a noi contemporaneitanto “di pregio” da poter fare il paio con gli splendidi

BvS: la Mostra del Libro Antico

UN VIAGGIO D’INCANTOTRA INFINITE SORPRESEPagine antiche e raffinate novità, manoscritti e fogli d’autore

Qualcuno sostiene che le mostre-mercato, le fie-re, si assomiglino un po’ tutte. Quelle dei librinon fanno eccezione. Le hostess all’ingresso,

qualche dépliant, l’alveare degli stand, i venditori sor-nioni e quelli più esuberanti, uno stuolo di curiosi e qual-che manipolo di compratori “veri”, fintamente distrattiin chiacchiere di ogni tipo, ma in realtà impegnatissiminel dissimulare il proprio specifico interesse. Non que-sta volta, però.

E l’eccezione, certamente non l’unica, dipendenon solo dall’eleganza e dal prestigio degli spazi, quellidel Palazzo della Permanente, che dall’11 al 13 marzoospitano la XX edizione della Mostra del Libro Antico,ma soprattutto dal suo “oggetto”, squisitamente di nic-chia, eppure incontrovertibilmente (e fortunatamente)ancora poco à la page. Qui non c’è spazio, infatti, né pergli ultimi ritrovati della tecnica né per spegiudicate pro-vocazioni culturali (o presunte tali), e tantomeno si dànotizia di nuove vacuità legate alle mode del momento odi futuribili soluzioni tecnologiche.

Anzi, di soluzioni, qui, non se ne vedono proprio,né se ne vogliono vedere. Perché ogni bibliofilo - non acaso, più o meno scherzosamente definito anche biblio-mane o libridinoso - sa di firmare la propria condanna,varcando quella soglia. Necessariamente, infatti, si im-batterà in una chicca che per una ragione o per l’altra nonpotrà permettersi di acquistare, oppure troverà quellache dovrà comprare per forza, a cui non potrà rinunciare,senza se e senza ma; portandosela via, però, sentirà fin dasubito che la soddisfazione sarà breve, intensa ma cadu-ca, perché già sa che un rimando bibliografico, una chio-sa manoscritta, un timbro o una nota editoriale gli indi-cheranno presto un nuovo imprescindibile oggetto deldesiderio, genereranno in lui una nuova passione.

48 la Biblioteca di via Senato Milano – febbraio 2011

“monumenti” qui collezionati dai principali librai anti-quari del mondo. Come nel raffinato “Il fuoco nel mare”presentato in queste stesse pagine, infatti, le edizioni deigiorni nostri che trovano spazio alla Mostra perpetuanola celebrazione di quel gusto ormai quasi desueto per ilbello in sé, discostandosi a tutti gli effetti dalle produzio-ni “di massa” a loro contemporanee, che non perdonooccasione di umiliare la carta in favore di qualsivoglia al-tro supporto, meglio se digitale.

Il tatto che ancora vince sul touch, lo sfogliare enon lo scorrere, materiali, caratteri e ritmi compositiviscelti con accuratezza, per essere conservati, impreziosi-ti dai disegni e dalle incisioni (parole quasi impronuncia-bili nell’art-system di oggidì) di artisti colti e raffinati, at-tenti alle tecniche e capaci di mettere il proprio estro alservizio di un altro linguaggio, consapevoli di dover es-sere dei “creatori” e non dei creativi.

Ed è proprio questo concetto di creazione, forse, afare da trait-d’union alla Mostra e alle sue atmosfere.Perché quello che vi si incontra è un mondo sempre nuo-vo, frutto di epoche e terre lontane tra loro, che qui con-vergono per fondersi quasi alchemicamente attraverso il

distillato delle loro pagine più intense e preziose, o attra-verso le carte, i documenti e le mappe appartenuti ai loropiù luminosi intelletti, a quegli uomini che con le proprieazioni e con i propri pensieri, secolo dopo secolo, hannoforgiato il nostro sapere.

�Quel sapere che ogni bibliofilo cerca di custodire e

tramandare alla propria maniera, modellando la propriabiblioteca secondo uno specifico interesse o una peculia-re visione del mondo, raramente inseguendo la rarità fi-ne a se stessa, ma andando alla ricerca di quel tomo o diquel foglio che non possono più mancare nelle sue speci-fiche collezioni. Ogni acquisto sarà un affare, allora, sen-za alcun bisogno di fare affari a tutti i costi.

È questa la sensazione che si avverte tra i corridoidella Mostra del Libro Antico, quella di una famiglia diappassionati che si godono il piacere di essere propriodove vorrebbero. Forse tutto ciò è anche il motivo percui sempre più “profani” scelgono di lasciarsene incanta-re, con il rischio di trasformarsi per qualche ora in libri-dinosi inclini alla follia.

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BvS: “In tanta frivolezza”

CURZIO MALAPARTE, L’ITALIANO D’EUROPA

quasantiere, da Lenin a Hitler, daMussolini a Mao, dagli anarchici alPapa, militante di tutte le cause edel loro contrario, Malaparte è sta-to un impareggiabile precursoredell’intellettuale impegnato.

Teatrale, esibizionista, esteta,dandy (non è un caso che abbia stu-diato nello stesso collegio – il Cico-gnini di Prato – frequentato dal1874 al 1881 da Gabriele D’An-nunzio), seduttore incallito, inna-morato di sé - c’è chi ha detto che lasua opera e la sua vita sono un’in-stancabile e variegata monografiadell’io -, “camaleonte” pronto aservire e a servirsi di tutti i poteri,l’autore famoso nel mondo per laTecnica del colpo di Stato, Kaputt e LaPelle ha fatto di tutto per nasconde-

re il suo vero volto, la sua vera pelle,quella di uomo generoso e tuttosommato fragile e inquieto.

Anche in letteratura ha incar-nato due “tipi” opposti, da quellostrapaesano, pseudopopolarescodei suoi primi romanzi e pamphlets edella collaborazione al Selvaggio diMino Maccari a quello allucinato esurreale che sarà alla base delle sueopere migliori, i libri della sua ma-turità. In mezzo ai due momenti let-terari, l’opposizione al provinciali-smo culturale di Strapaese e l’anelitoa un allargamento in senso europeodelle prospettive culturali italiane,avvicinandosi al movimento diStracittà e fondando con MassimoBontempelli la rivista 900.

�La sensibilità internazionale

di Malaparte è dimostrata non solodai suoi numerosi viaggi, ma anchedall’elezione della Francia a sua“seconda patria”: due sono i suoilunghi soggiorni a Parigi, dovestringe amicizie importanti con po-litici e letterati – per lo storico e cri-tico Daniel Halévy e sua moglieproverà un rispetto e una venera-zione quasi filiali e loro lo ospite-ranno spesso nella casa di Jouy-en-Josas - e arrivando a padroneggiareperfettamente la lingua francese.

Kurt Erich Suckert – CurzioMalaparte (Prato, 1898 –Roma, 1957), scrittore dal-

la vocazione cosmopolita, ha vissu-to in un’epoca di grandi tragedie,ma anche di grande fermento cul-turale, sfidando tutte le convenzio-ni del suo tempo e facendo fioriresul proprio conto, da un capo all’al-tro del pianeta, miti e leggende d’o-gni tipo.

Uomo d’azione, romanziere,giornalista, drammaturgo, è statoun instancabile viaggiatore e perciòattaccatissimo alle sue radici, aquella “pratesità” intesa comecomplesso insieme di condizionistoriche, sociali, economiche e cul-turali.

Di padre tedesco e di madrelombarda, talento precoce, “bru-cia” tutto nella sua prima giovinez-za, scosso dalle carneficine del1914, di cui fa esperienza direttacome volontario in Francia.

�Inviato speciale su tutti i fron-

ti di guerra, e altrettanto “speciale”sorvegliato negli anni del confinopolitico prima a Lipari, poi a Ischiae infine a Forte dei Marmi, espertocospiratore, capace di passare daisalotti alle trincee, dalle fabbrichealle lunghe marce, dai roghi alle ac-

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Ma a Parigi proverà anche, a caval-lo tra il 1948 e il 1949, una cocentedelusione, in seguito alla stronca-tura da parte di pubblico e criticadelle sue commedie teatrali DasKapital e Du côté de chez Proust.

�Anni fondamentali per la sua

carriera di scrittore e di giornalistasono quelli che trascorre alla dire-zione della Stampa di Torino(1929-1931). Sa dare grande im-pulso al giornale e, aperto com’è alrichiamo dei grandi fatti che hannoinciso nell’Europa contempora-nea, sviluppa soprattutto il settoredelle cronache dall’estero, ospitan-do grandi inchieste sulla condizio-ne operaia in Italia e in Europa.Proprio per questa attività contro-corrente, mal sopportata dal Regi-me e per il suo spirito indipenden-te, viene allontanato anche in se-guito al diretto interessamento diMussolini.

Profeta della decadenza del-l’Europa di fronte alle potenze glo-bali (URSS, Stati Uniti e Cina) e al-le ideologie di massa (fascismo, co-munismo, terzomondismo), acutostoriografo (la sua rilettura dellatragedia di Caporetto fu accoltasessant’anni dopo), anticipatore dimode e tendenze (individua nellaCoca Cola un possibile sponsor perun viaggio in bici negli U.S.A.;mette in guardia contro un’eccessi-va meccanizzazione della vita mo-derna e propaganda un ritorno allanatura), resta il grande sconosciutotra i grandi interpreti del XX seco-lo, colui che, Malaparte-Bonapar-te, volle “perdere a Austerlitz e vin-cere a Waterloo”.

Muore nel 1957 a soli 59 anni.Peccato: gli anni Sessanta, tra Dol-

ce Vita e contestazione, gli sareb-bero piaciuti.

�Nel 2009 la Biblioteca di via

Senato ha acquistato dagli eredi diMalaparte tutto il suo Archivio, cheera stato pazientemente e minuzio-samente costituito dalla sorella, Ed-da Suckert in trent’anni di lavoro.

Si tratta di 300 faldoni checontengono manoscritti, dattilo-scritti, ritagli di giornale, docu-menti privati riguardanti tutta la vi-ta di Curzio Malaparte, dalla nasci-ta sino alla morte, oltre alla sua cor-rispondenza.

Quest’ultima è stata rico-struita da Edda Suckert recuperan-do e trascrivendo anche la maggiorparte delle lettere inviate da Mala-parte stesso.

Vi sono inoltre i manoscrittidi diversi romanzi, da La Pelle a Ka-putt (di quest’ultimo ci sono tutti imateriali, gli appunti e i taccuiniche vi daranno vita), da Mammamarcia a Viaggio in inferno, che ser-virà per la stesura di Maledetti tosca-ni, fino a Il ballo al Cremlino.

C’è la serie completa di Pro-spettive, la rivista fondata nel 1937dallo scrittore e a cui tanto teneva.

A questa inusuale rivista col-laborarono tutte le migliori pennedell’epoca, come Elio Vittorini, Li-bero De Libero, Oreste Macrì, En-rico Falqui, Giancarlo Vigorelli,Tommaso Landolfi, Elsa Morante,Renato Guttuso, sotto il coordina-mento della fida segretaria LuisaPellegrini - vero e proprio facto-tum - e con il contributo di OrfeoTamburi per la parte grafica. Nel1940, quando Malaparte si trovò alfronte, fu Alberto Moravia a pren-derne le redini.

L’epistolario contiene emo-zionanti lettere scambiate con Pie-ro Gobetti, con il quale Malaparteintrattenne una breve ma intensaamicizia dal 1922 al 1926; con poli-tici, ambasciatori, editori (ArnoldoMondadori, Daria Guarnati) e di-rettori di giornale (Aldo Borelli);con Giuseppe Prezzolini, con l’a-mico-nemico Leo Longanesi, econ un giovanissimo Giorgio Na-politano. Oltre 3000 corrispon-denti diversi, politici, letterati, arti-sti, tralasciando i comuni lettoridella popolarissima rubrica Batti-becco sul settimanale Tempo.

�Numerosissime le testimo-

nianze di affetto giuntegli durantela malattia, dapprima in Cina in oc-casione del ricovero nei primi mesidel 1957 e poi alla clinica Sanatrix diRoma, dove lo scrittore si spegneràquattro mesi dopo il ritorno in Ita-lia; tra lettere, biglietti, telegrammi,auguri, consigli e rimedi per la gua-rigione, voti a questo o a quest’altrosanto, raccomandazioni di medicicui affidarsi, santini e immagini sa-cre benedette da tenere sul petto, sipercepisce la sua popolarità. Pernon parlare dei messaggi di condo-glianze giunti alla famiglia dopo lasua morte. Di questo momento del-la vita di Malaparte, l’Archivio con-serva anche le fotografie di illustripolitici quali Togliatti, Fanfani eTambroni che si avvicendano al suocapezzale, e quelle dei funerali informa pubblica a Prato, nonché del-la traslazione della salma a Spazza-vento quattro anni dopo.

Curioso il carteggio con la fa-miglia Amitrano di Napoli, titolaridell’impresa incaricata della co-struzione della famosa casa di Ca-

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pri, della quale Malaparte si occupòpersonalmente sia dal punto di vi-sta progettuale che da quello esecu-tivo, con tutte le difficoltà logisti-che che comportava edificare – allafine degli anni Trenta – sulla cimarocciosa del suggestivo Capo Mas-sullo, in un luogo raggiungibile so-lo a piedi o via mare e molto lonta-no dall’abitato. Di questa dimoraMalaparte amava dire, a chi visitan-dola rimaneva a bocca aperta pertanta bellezza, con la sua solita pun-ta di narcisismo e ironia: «La casal’ho trovata così. Io ho disegnato ilpaesaggio».

�L’archivio Malaparte è stato

notificato dalla SoprintendenzaArchivistica come «estremamenteimportante per la storia del nostroPaese e soprattutto per la storiadella nascita e dello sviluppo del fa-scismo».

Quanto basta per ricostruiredettagliatamente i primi cinquantaanni del nostro Novecento.

Ugo Ojetti [1871-1946]Firenze, il Salviatino, 5 nov. 1929«Caro nemico, sa dirmi qualcosadelle Cose viste che Grasset dovevapubblicare in francese? Né daPrezzolini ormai americano né dal traduttore Rival né daCrémieux riesco a sapere qualcosa dipreciso. Ne ho chiesto a Fracchia cheha la sua Angela nelle stessecondizioni di demi-vierge. Mi aiutilei. Spero venir presto a Torino,vederla e liticare con lei a viva voceche è sempre il modo migliore.Affettuosamente suo Ojetti»

Nella pagina accanto, in senso orario, alcune letteredell’Archivio Malaparte:Leo Longanesi [1905-1957], su carta intestata de “L’assalto”,rivista bolognese, con un lapidario:«Manda porco! Ti può giovare!»; una bella lettera di Elio Vittorini[1908-1966] nella quale scrive del suo lavoro e dice «ma spero anche, e moltissimo, nel lavoro degli altriperché spero nella “civiltà” e nessuno al mondo può avere“civiltà” per conto proprio…»; una delle molte lettere di Piero

Gobetti [1901-1926] che attestanouna affettuosa amicizia densa di rispetto e stima reciproca (qui l’editore torinese lo mette in guardia contro il partito fascista); infine, una lettera tra quelle che il giovanissimo GiorgioNapolitano [1925] invia da Caprinell’estate del 1944 quando l’attualePresidente della Repubblica incontra spesso lo scrittore pratese,insieme con Antonio Ghirelli, Gianni Scognamiglio, MassimoCaparra e altri giovani partenopei.

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Nella pagina precedente:Giuseppe Ungaretti Biglietto a Curzio MalaparteMarino 2 marzo 1930«Illustre Direttore, ricevo la Sualettera del 25 u.s. ed accetto l’onore di far parte della Commissione chedovrà assegnare il premio istituitodalla “Stampa”. La ringrazio e Le porgo gli atti del mio cordialeossequio Giuseppe Ungaretti».I rapporti non furono molto intensima sempre molto più cordiali diquanto non trapeli da questobiglietto. Giuseppe Ungaretti [1888-1970] collaborò anche a “Prospettive”.

Sopra: Louis-Ferdinand CélineCopenhagen 19 novembre 1947«Cher Malaparte, je suis trèsvivement touché par votre joli gestesi chaleureux, si confraternel! Refuserserait impie! Mais je me suis entenduaussi de mon cote [sic] avec Tosi pourque cette somme providentielle soitmise a [sic] votre service a [sic] Parisd’autre façon… Kaputt est ici surtoutes les lèvres. Je veux dire leslèvres des membres de l’élite lisante,bien timorée par exemple, mais pourle Danemark c’est un triomphe.Encore merci, freternellement, et a [sic] bientôt j’espere! EmbrassezCamus pour moi, mon colonel! L.F.

Céline». Louis-Ferdinand Céline [Louis-Ferdinand Auguste Destouches,1894-1961], ancora in Danimarca,scrive a Malaparte per ringraziarlodi avergli messo a disposizione unacifra considerevole dei suoi dirittifrancesi. Il fatto che la lettera nonfosse mai stata ritrovata, ha generatouna serie di dubbi sull’autenticitàdell’episodio. In realtà, il gesto diMalaparte, vero e proprio atto distima e amicizia, anche se i due nonsi conoscono mai di persona, rimaneunico. Il Camus citato è Clement,medico, amico sia di Céline, sia delnostro scrittore.

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BvS: “In tanta frivolezza”

Giovanna, sognavano di allevare sa-lamandre, fatine svolazzanti, silfi, el-fi, folletti e genietti con cappucci apan di zucchero, gnomi e gnomidi:avrebbero voluto coltivarli come fio-ri, tra le aiuole rigogliose e fruscianti,e i venti carichi di mare.

Lucio, poeta e “musico”, era“mezzo occultista”: si incontravacon le anime latranti dei cani mortiche bussavano alla porta, così comeCasimiro, il pittore, dava udienzaagli spettri di antichi maghi con ilcappello a punta e la bacchetta stel-lante. In casa, gli ectoplasmi di gior-no sonnecchiavano nelle loro culledi ragnatele, in attesa di svegliarsi; edi mettersi in posa, esibizionisti e in-nocui: pronti a farsi fotografare albuio da Casimiro, orgogliosi della

loro fosforica luminescenza di fanta-smi. I Piccolo maneggiavani il fiabe-sco, e il magico, come cose ovvie, na-turali, e riposanti. Con familiarità etenerezza. E con tutti i rispetti. Per ilmondo invisibile avevano una se-conda vista.

Vivevano in un angolo appar-tato di Sicilia, ma al confine con unaltro mondo. Colti, coltissimi, e po-liglotti. Assistiti dai libri di mezzaEuropa. E monarchi assoluti del lororegno di chimere. Come nell’Irlandadelle Fiabe di Yeats, nella Piana deibaroni Piccolo di Calanovella la poe-sia e la pittura erano misteriosamen-te collegate alla magia.

Vanni Ronsisvalle, che guidavala troupe, sorprese Lucio Piccolonell’atto di cavalcare una ferrata cas-sapanca barocca. Il poeta non siscompose. E anzi rivelò all’ospite ilsegreto che, cavalcando, covava. Inquella cassapanca, irta di chiavistelli,custodiva le “lettere privatissime”che Lampedusa aveva spedito ai cu-gini dall’estero: «un giorno» ag-giunse «qualcuno le leggerà e si di-vertirà un mondo».

Nella conversazione televisivacon Ronsisvalle, Lucio Piccolo tor-nò a parlare delle lettere di Lampe-dusa: «Ho trovato recentemente(ma di questo non ne deve parlare)…ho trovato le lettere di Lampedusa

«Molto divertente, principe, davvero spassoso! Lei dovrebbe scriveredei romanzi, racconta così bene queste frottole!».

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, 1958

Il Fondo Tomasi di Lampedusacomprende, oltre ad altri docu-menti, una trentina di lettere in-

viate dal grande scrittore siciliano aicugini Lucio e Casimiro Piccolo du-rante i suoi viaggi in Europa dal 1925al 1930. Le lettere sono state pubbli-cate dalla Silvio Berlusconi Editorecon il titolo L’Utopia del Mostro, nellacollana dell’Utopia nel 2006, e quin-di da Mondadori con il titolo Viaggioin Europa. Epistolario 1925-1930. Ri-produciamo dall’introduzione diSalvatore Silvano Nigro a questa edi-zione, alcuni passi che spiegano l’im-portanza e la storia dell’epistolario.

�Nella primavera del 1967, una

troupe della televisione raggiunse lavilla magica dei Piccolo, a Capod’Orlando: là dove, diceva Montale,si sentiva risuonare ancora il cornodel paladino Orlando. I tre fratelliPiccolo, cugini di Lampedusa, eranosquisitamente eccentrici. Nel giar-dino incantato, accudito da Agata

LETTERE A LUCIO PICCOLODI TOMASI DI LAMPEDUSA

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interessantissime, di un ventennio,dirette a me e a mio fratello, letteredall’Inghilterra, dalla Germania…alcune sono dei veri e propri bozzettiletterari, del gusto di Chestertonverso il ’26, ’27… ’30… ’31… non leposso pubblicare … Perché l’erededi Lampedusa è la principessa e do-vrei mettermi d’accordo con la prin-cipessa, perciò preferisco per oraserbarle… le serberò a Solicchiata, leconserverò lì». La vedova lettone diLampedusa era, per i Piccolo, un’or-sa baltica: imponente e irsuta, e tantopiù temibile in quanto addestrata neicirchi massimi della psicoanalisi/

Le lettere Lucio le aveva ritro-vate l’anno prima. E s’era propostodi pubblicarle. Ne aveva scritto adAntonio Pizzuto: «Ho ritrovato eraccolto un gruppo di lettere diLampedusa, di molti anni addietro –da Londra ecc. – di tono umoristico –alcune di carattere privato altre veri epropri bozzetti – atmosfera chester-toniana. Pensi che potrebbero inte-ressare qualche rotocalco – giornaleo rivista? Debbo farle trascrivere amacchina». Pizzuto pensò alla rivi-sta “L’Approdo Letterario”. E siconsultò con Contini e con VanniScheiwiller.

Le lettere diventarono subito“le Lampedusa”: una “ghiotta avidapreda per una rivista”. Ma Piccoloper un po’ fece cadere il discorso.Pizzuto lo aveva messo in allarme.Gli aveva suggerito di “chiedere”una preventiva “autorizzazione allaprincipessa di Lampedusa”. Alla fi-ne, dopo tre mesi di rimuginamento,Lucio rinunciò al progetto. Mescrisse a Pizzuto il 1º marzo del 1967:«Carissimo, non ho più parlato dellelettere di Lampedusa perché smessadel tutto l’idea di pubblicarle – essesono in gran parte scherzi e sberleffi

riguardanti personaggi di Palermoin quell’epoca, oppure trattanti cosedi famiglia – le poche pubblicabili sa-rebbero quelle che sono veri e propribozzetti letterari – durante il suo ri-petuto soggiorno a Londra, rifletto-no Chesterton-Cecchi che ammira-va allora moltissimo. D’altra parteinformatomi con persona legalmen-te competente – non mi sarebbe pos-sibile pubblicarle senza trattative econsenso della vedova. Ora questorende del tutto irrealizzabile la cosa.Questa signora ha un carattere pessi-mo e non vogliamo assolutamenteaverci d’affare. Le lettere verrannoromanticamente conservate in unpossente mobile in una casa che ab-biamo sulla fiumara di Naso – dovec’è la grande pressa elettrica dell’o-lio. Casa quanto mai spiritata e sug-gestiva. Ci penserà poi nel futuro l’e-rede dei “Piccioliti” (così ci chiama-no a Ficarra)».

[…]

�Qualcuno ha dubitato pure

della loro effettiva esistenza. Ma so-no state recuperate. Sottratte alladispersione, alle arcane fatture, allemani empie, sono ora custodite nellaBiblioteca di via Senato a Milano.

Piccolo riteneva che “poche”fossero le lettere pubblicabili. Toltele familiari, le scanzonate, e le sber-tuccianti o di “bbabbìu”, avrebbe vo-luto consegnare alle stampe solo i«bozzetti letterari» improntati all’e-stro ironico e umoristico di Chester-ton, che Lampedusa aveva imparatoad ammirare sulle pagine della“Ronda”: quando Emilio Cecchi vipubblicò a puntate, tra il 1921 e il1922, la sua traduzione di Manalive.Al di là di ogni buona intenzione, losforbiciamento avrebbe sfilacciato la

trama dell’epistolario, che una dellesue unità trova nell’assunzione a mo-dello degli stendhaliani Mémoiresd’un touriste: «pieni di aneddoti aci-duli, del resto mirabilmente raccon-tati» dirà Lampedusa nelle sue lezio-ni di letteratura francese.

�Ma forse Piccolo giocava a na-

scondere le lettere che lo riguarda-vano. Un mite rancore, un bofon-chiamento affiora qua e là nelle suedichiarazioni: una stizza neppuretanto nascosta. Lucio aveva qualchevolta viaggiato con il cugino: «Ilviaggio a Londra di me con Lampe-dusa avvenne – salvo errori – nel ’30-31, anche il ’29, non ricordo… Co-munque posso dire non fu privo diun certo colore, perché Lampedusaera un umorista; specialmente io erola mira dei suoi benevoli e affettuosisarcasmi: s’era fitto in capo di crearedi me la macchietta del giovane…così, di tendenze letterarie, che si re-cava per la prima volta a Parigi e aLondra; voleva creare senz’altro lamacchietta del giovane di provin-cia… Debbo dire che non ci riuscìnaturalmente, perché “monsieur”visto che si comportava così cercavain ogni modo di sfuggire ai suoi friz-zi».

Anche nelle lettere, Lampedu-sa bersaglia Lucio: con salda perse-veranza e con placide infamie. Lucioè, nella commedia che per celia divolta in volta il cugino gli improvvisaattorno, la “maschera” Lucien deCalenouvelle, chevalier; il Gramma-tico senza lingua; il Poeta peccatore,diviso tra le muscolosità portuali e leblasonature degli «esteti» («eufemi-smo a sua volta per indicare cose peg-giori», nel racconto I gattini ciechi).

Lampedusa arriva a intestarsi

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una clamorosa scoperta bibliografi-ca: tra gli scarti di un bouquiniste hascovato un libello inglese di primissi-mo Seicento, che ragguaglia sugliamori celebri di Lucius of Newport edell’«esteta» Faulkes (futuro dise-gnatore di gioielli per Paul Iribe eCoco Chanel), duca di Verdura emarchese di Murata la Cerda. Alla“persecuzione” sollazzevole dellelettere, alle burle scritte, Lucio nonpoteva «sfuggire». Lampedusa eraincorreggibile. […]

“Le Lampedusa” sono però, ingran parte, le lettere di un umoristache pratica il wicked joke: lo scherzomaligno e canzonatorio. Sono, nellafinzione “romanzesca” ce le unifica esorregge, il journal de route (allaStendhal) e i racconti di un corri-spondente pickwickiano (dickensia-namente «esagerato») del circolonobiliare Bellini di Palermo: un Cir-

colo Pickwick provincialmente sici-liano, i cui soci palleggiano tra loro«invidie, rancori, timori», «frotto-le» e «barzellette», come si convienea una classe tragicamente comica cheha perso il proprio «primato» e «fascarso consumo di idee generali»(secondo l’analisi che Lampedusa af-fiderà al racconto I gattini ciechi).

Decidere di partire e sceglierel’equipaggiamento, sono operazio-ni che impongono a Lampedusa unasosta preliminare in biblioteca. È ilguardaroba del narratore, il cameri-no dei trucchi. Lampedusa è «mo-struosamente letterario». Ed è un«mostro» di curiosità, e di indiscre-zione aneddotica, come lo Stendhaldei Memoires d’un touriste. Viaggiaper l’Europa «col monogramma suldidietro», un cartello appeso al col-lo su cui si legge il nomignolo «Mo-stro», e una batteria di mostrine in-

solenti al petto. Calza i sandali diUlisse e indossa a rovescio lo stiffe-lio dello Chateaubriand dei Memoi-res d’Outre-Tombe. Tutto ha visto,tutto sa, tutto ha provato, tutto haletto. Ha attraversato l’Odissea, maora viaggia «per svago e istruzio-ne» come Pickwick. E del perso-naggio dickensiano ha il «cervellogigantesco» e la «gravità» del fisi-co. Pingue e corpulento, attrattodalle colazioni più sgomentevoli, sispecchia negli occhi di un oste; ecome su un giornale vi legge il suonome di briccone e di bisboccione:è senz’altro Falstaff. Il Mostro è«angelo e porco» […] Il Mostro,tonificato dalla propria mostruosi-tà, si impegna e si disimpegna, divolta in volta, nelle maschere tuttedel suo teatrino. Entra ed esce daicostumi e dalle maschere che la bi-blioteca gli fornisce […]

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A sinistra: Parigi, 27 luglio 1925«Caro Casimiro, sono eccitatissimoper la politica. […] In una strada secondaria c’è una specie di fiera e frale altre cose una ‘roulette’ in cui invece di numeri ci sonobandiere delle varie nazioni; dopo un po’ che stavo a guardare la pallina s’è fermata sulla bandieraitaliana; e l’uomo ha annunziato:“C’est l’Italie qui a gagné”. E nella folla un giovane diceall’amico: “Je te crois; avec leurMussolini!”. Piccoli sintomi…»

Sopra: Londra, 5 luglio 1927«[…] Vuole avvertire i cavalieriCasimiro e Lucio che se un giorno(che egli spera prossimo) si decideranno a visitare queste rive,è perfettamente inutile che lo facciano senza il Mostro, perché da soli essi vedranno sì Westminster, la Torre di Londra e i musei; ma della città e della sua anima,senza il mostro che ne detiene le chiavi, non capiranno niente di niente. Il Mostro “over-fed”».

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Nella pagina precedente:Da Londra, 10 agosto del 1927,nel capitolo dedicato a «Casimiro,dipintore» Tomasi loda“l’eccellenza” del pittore John S. Sargent. Ne decanta la bravura,soprattutto per la realizzazionedel ritratto della famigliaWertheimer, per la resa perfettadei caratteri dei personaggi, che escono dalla tela tanto che «il Mostro ci si è seduto davanti e si è divertito come se fosse a teatro».

Sopra: Da Londra, 20 luglio1927, il «Mostro offeso» apostrofa malamente i cuginicolpevoli di non distogliersi dalle occupazioni sedentarie per rispondergli.

A fianco: Londra nel giugno del 1928 è diventata ormai«Mostropoli». Tra le lettere più compiute letterariamente, è strutturata in cinque gustosibozzetti. Alla fine, si firma «Il Mostro metropolitano».

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BvS: “In tanta frivolezza”

GIANCARLO VIGORELLI E LE SUE “PRIME” DEL ’900

Dopo aver militato nella Resi-stenza, alla fine della guerra fonda IlCorriere Lombardo. Dirige quindi IlMomento e La Settimana Incom. Nel1958 dà vita alla Comunità Europeadegli scrittori, fonda e dirige l’Euro-pa Letteraria e Nuova Rivista Europea.

�Scrive per le maggiori testate

italiane ed europee, ed è per moltianni presidente del Centro Nazio-nale di Studi Manzoniani di Milano.

Ha fatto il critico letterario, damilitante, come usava nel Novecen-to, mostrando una capacità di analisiche ha pochi esempi anche tra i suoicontemporanei: forse solo nell’ama-to sodale Carlo Bo, o nel tanto am-mirato Pasolini.

Ha visto passare accanto a sétanti personaggi, tanti amici – ma an-che nemici – e ha promosso interegenerazioni di scrittori: a ognuno diloro ha dedicato un’attenzione, unalettura, un consiglio, magari intrisodi quel fare spiccio, quasi burbero mabonario che lo contraddistingueva.

Per questo suo mestiere ha rac-colto nel corso degli anni migliaia dilibri, sino a costituire una notevolebiblioteca con delle specializzazionispiccate: la letteratura a lui contem-poranea, quella della sua terra, Mila-no e la Lombardia, quella dell’Otto-cento con grande attenzione allaScapigliatura e al verismo, quellafrancese tra Otto e Novecento, quel-la dei grandi autori russi.

Di questa biblioteca, una co-spicua parte è conservata nella nostraBiblioteca, circa 5.000 volumi, per lopiù prime edizioni di gran parte dellaletteratura italiana del Novecento.

Per tutta la vita ha inseguito al-cuni specifici autori, arrivando anchea essere un colto bibliofilo, a comin-ciare ovviamente dal Manzoni (non èdifficile immaginare che il periodo incui è stato presidente del Centro Na-zionale di Studi Manzoniani sia statoper lui uno tra i più felici).

Nel nostro Fondo però la pre-senza di autori ottocenteschi è circo-scritta alla Scapigliatura. Sono infat-

«Se non scrivessi, so che tradirei»Teilhard de Chardin,

citato in Giancarlo Vigorelli, Il gesuita proibito, Milano,

Il Saggiatore, 1963

Nessuna frase meglio di que-sta riesce a evocare la figuradi Giancarlo Vigorelli.

Egli stesso la cita nel libro dedicato algrande pensatore cristiano, padreTeilhard de Chardin – mai scritta pe-raltro, solo riferita da padre Leroy,suo biografo –, senza accorgersi cheforse l’avrebbe potuta tranquilla-mente sottoscrivere.

Nato a Milano nel 1913, Vigo-relli sin da giovanissimo ha “servito”la letteratura. Addirittura calcandola terra calpestata, almeno idealmen-te, dal suo mito personale, quel Man-zoni la cui casa e le cui memorie cu-stodirà poi per anni. Da bambino in-fatti abitava nella casa della nonna aOlate, vicino a Lecco, la casa che latradizione vuole sia stata quella diLucia Mondella.

Scrittore, saggista, critico let-terario, inizia a collaborare con le piùimportanti riviste degli anni Trenta eQuaranta del ’900 (tra queste, sicu-ramente intensa è l’esperienza conProspettive, di Malaparte, testimo-niata da una lunga serie di lettere ecartoline).

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ti presenti alcuni autori come Ghis-lanzoni, da cui discendeva per partedi madre, e il commediografo Fonta-na. Altri, anche se più tardi, comeDossi, Lucini e Paolo Valera, que-st’ultimo ingiustamente dimentica-to dai più.

Ma gli scrittori di riferimento,quelli più amati, erano i suoi con-temporanei. A cominciare da Mala-parte, con il quale aveva per lungotempo collaborato e del quale ricam-biava un’affettuosa amicizia, testi-moniata da le molte lettere presentinel nostro Archivio Malaparte e an-che da alcune significative dedichesui libri. Accanto allo scrittore prate-se, il suo “gemello” bolognese, Lon-ganesi, è ben presente nella bibliote-ca di Vigorelli, che ne ha raccoltoquasi tutto il pubblicato.

�Moravia è stato un amico e un

autore seguito dal grande critico chene ha conservato tutti i volumi, di cuimolti con dedica; Pasolini, letto estudiato a lungo e poi pianto; Svevo,e tutti gli scrittori giuliani; alcuni fu-turisti, come certo il milanese Mari-netti; Gadda, ovviamente, che anchese residente a Roma mantenne quel-l’umore lombardo che Vigorellicondivideva appieno. E poi i poeti:Montale, Quasimodo, Ungaretti,Bertolucci, Marin e molti altri.

Ma oltre ai testi originali deivari scrittori – come abbiamo dettoVigorelli privilegiava sempre le pri-me edizioni – egli ha raccolto anche ilibri di critica su di loro, per docu-mentarsi e per approfondire facendodiventare la sua biblioteca un luogoideale per chi voglia affrontare certiautori.

A questa parte di biblioteca vi-gorelliana si innesta poi la grande

raccolta di prime edizioni della lette-ratura italiana del Novecento, checonsta ormai di 9000 titoli, dalla Li-tolattae il libro imbullonato di Depe-ro sino agli autori più significatividegli ultimi decenni del secolo scor-so, come Sciascia o i poeti EdoardoSanguineti e Franco Loi.

È evidente che, una volta af-fiancati tanti autori, tante storie percosì dire parallele, nasce l’esigenza di

una sintesi con cui rispondere – siapure per approssimazione – alla do-manda: quale quadro unitario dise-gnare di un secolo di letteratura.

Ma è altrettanto evidente chequesto è il compito di una bibliotecacome la nostra, di conservazione enon solo di consultazione: quello difornire degli elementi originali, ma-gari anche una filigrana disegnata daaltri, come Giancarlo Vigorelli, per

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meglio intendere quello che è avve-nuto ed è stato scritto, per megliocomprendere – parafrasando RobertDarnton – in che modo le idee chehanno mosso la nostra nazione si sia-no sviluppate e siano state trasmesseattraverso i libri e come il contattocon essi abbia influito sul nostropensiero e sul nostro comportamen-to nell’ultimo secolo.

Attraverso i libri del Fondo delNovecento e del Fondo Vigorelli,forse è possibile ricostruire il com-plesso percorso, molto spesso sot-terraneo e ben poco evidente mamolto affascinante, della storia “rea-le” delle idee degli ultimi cento anni.

Nella pagina precedente,dal Fondo del ’900:Federico De RobertoI vicerèMilano, Casa editrice Galli di C. Chiesa e F. Guindani, 1894Dedica autografa dell’Autore ad Alberto Albertini [1879-1954],fratello di Luigi con cui dal ’21 al’25 condivise la carica di direttore

del “Corriere della Sera”, dopo di che idue fratelli, invisi al fascismo, furonocostretti a dimettersi e a cedere leproprie quote alla famiglia Crespi.

Sopra, a sinistra:Piero ChiaraItinerario svizzeroLugano, Edizioni del “Giornale delPopolo”, [1950]

Chiara [1913-1986] e Vigorelli furono molto amici. Qui lo scrittore di Luino ringrazial’amico per averlo accompagnato, eforse spronato sulla strada della poesia.Il libro di poesie Itinerario svizzerosegue Incantavi edito a Poschiavo nel 1945.

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Sopra a sinistra: Carlo BoOtto studiFirenze, Vallecchi Editore, 1939Oltre all’amicizia, vi era una grandestima che legava Giancarlo Vigorelli a Carlo Bo [1911-2001]. Di lui, nella biblioteca, sono conservatitutti i libri pubblicati.

A sinistra:Ignazio SiloneEd egli si nascose. Dramma in 4 attiRoma, Documento, Libraio Editore, 1945Ignazio Silone [SecondoTranquilli, 1900-1978] dedica qui la riduzione teatrale di Pane e Vino. Il libro vienepubblicato nel 1944 prima in tedesco e poi in inglese,tradotto dalla moglie DarinaLaracy; in Italia il drammaappare solo l’anno successivo.

Carlo Betocchi, Altre poesieFirenze, Vallecchi Editore, 1939Carlo Betocchi [1899-1986]menziona nella dedica l’“aspraamicizia” di Vigorelli; forsealludendo al carattere diquest’ultimo, severo e brusco nelle sue espressioni, burbero a prima vista, ma sempre“benefico” con gli amici.

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Nella pagina accanto: Alberto MoraviaLa noiaMilano, Bompiani, 1960L’amicizia con Moravia [Alberto Picherle, 1907-1990]dura dagli anni Trenta quando,sotto la direzione di Malaparte,collaborano entrambi a “Prospettive”.

A sinistra: Luigi Pirandello,Elegie Renane. (1889-90) Roma,Tipografia dell’Unione Coop.Editrice, 1895Luigi Pirandello [1867-1936] è presente nella biblioteca del ’900con numerosi titoli, quasi tutto il pubblicato. Qui una delle sueplaquette più rare, in un esemplarecon dedica.Sotto: Arturo Onofri, Poemitragici (1906-1907). Roma, a spese dell’Autore, 1908. Tra le prime pubblicazioni del metafisico Onofri [1885-1928],con dedica a Raffaello Piccoli,critico letterario [1888-1933].

A sinistra: G. P. LuciniLa solita canzone del MelibeoMilano, Edizioni di “Poesia”Grande bibliofilo, Vigorellicompulsava regolarmente i cataloghi antiquari per cercare gli autori che amava. Tra questi,senz’altro Gian Pietro Lucini[1867-1914] che dedica il libroall’amico pittore Achille Guerra[1832-1903].

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BvS: “In tanta frivolezza”

ADA E MARIO DE MICHELI,UNA STORIA DELL’ARTE

rente, in cui si fa apprezzare cometeorico e poeta. Nel 1941 sposa AdaTommasi, da cui avrà due figli, Annae Gioxe. Accanto a lei, sin dai tempidell’Università, si interessa di arte eletteratura, con lei partecipa allaResistenza nel gruppo di EugenioCuriel. Durante questo periodoMario De Micheli viene arrestato esolo l’intraprendenza della moglielo salverà da una morte certa.

�All’indomani della fine della

guerra, alla rinascita di tutti i pro-getti civili e culturali, si avvicina alPartito Comunista, per il quale ac-cetta nel 1947 di andare a insegnarenelle scuole della minoranza italia-

na in Istria. Sarà per De Micheli e lasua famiglia un periodo molto du-ro: «L’Ada e il Mario … criticano la“congiura del silenzio” verso le vocidissenzienti» ricordano i figli. Co-noscerà ancora la galera e la fame,tentando di ritornare in patria inmolti modi, alcuni veramente ro-camboleschi: alla fine la famigliatornerà nascosta nel doppio fondodi un camion.

Rientrato a Milano, riprendele antiche occupazioni. Nel 1953 ètra i curatori e allestisce la grandemostra di Picasso a Palazzo Reale.La moglie insegna al liceo e lo so-stiene. Sono anni duri ma nei qualiil giovane critico scrive libri, saggi,presentazioni di cataloghi. Per ilquotidiano del Partito Comunista“l’Unità” tiene la cronaca d’arte.

Nel 1959 esce il libro che lofarà conoscere internazionalmen-te, Le avanguardie artistiche del No-vecento, riflessione sull’arte moder-na e sul suo sviluppo nel ’900 sottol’egida di una frase di Rimbaud, «Ilfaut être absolument moderne»,dove absolument è per De Micheli ilcategorico imperativo del modo diintendere l’arte: sciolta da ogniconformismo e vissuta con fede, di-rettamente sino alla fine.

I figli ne descrivono l’attivitàdi quegli anni così: «… essenzial-

Gertrude Stein […] che ha seguitoattentamente l’intero periodocubista, ha scritto che Picasso nons’interessava dello spirito perchéera troppo occupato con le cose.[…] Se insomma Kandinsky hadistrutto l’antica idolatria delpittore per il mondo, Picasso l’hafuriosamente ribadita. […] egli[Picasso] afferma … «…Nellapittura come nella vita bisognaagire direttamente».

M. De Micheli, Avanguardie artistiche del Novecento

Se nell’arte bisogna agire diret-tamente, pochi in Italia vihanno agito per così tanti anni

e in modo così diretto come MarioDe Micheli. La passione della criti-ca lo ha portato sempre a confron-tarsi intellettualmente con il suotempo e a incidervi, civilmente emoralmente.

Nato a Genova nel 1914, DeMicheli si trasferisce a Milano nel1938, dove si laurea con una tesi suipoeti del surrealismo. Conosce edentra in amicizia con alcuni giovaniartisti e intellettuali come ErnestoTreccani, Raffaele De Grada, Gia-como Manzù, Alfonso Gatto, Sal-vatore Quasimodo. Partecipa conmolti di loro al movimento di Cor-

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mente il Mario è un critico militan-te, un critico, cioè, che vive con gliartisti, li appoggia, sprona, confor-ta, cresce assieme a loro e al loro la-voro; come quando, in quegli anni,difende e valorizza la pittura dei“ragazzi” che in seguito, con felicedefinizione, Marco Valsecchiavrebbe chiamato del “realismoesistenziale” […] Certo non è inte-ressato alle “cose” della moda-mer-cato-potere; l’arte, la cultura sonoper lui la risposta “alta” ai nodi del-l’esistenza, per questo lavora, ope-rando attraverso una scelta di cam-po ben definita ma lontana da dog-matismi ideologici o settarismi».

�Dalla fine degli anni Sessanta

conosce un periodo di tranquillitàeconomica e di grande successo.Organizza grandi mostre interna-zionali che gli decretano la fama:Siqueiros, Orozco, Marino Marini,Arturo Martini, Henry Moore so-no i nomi degli artisti. Escono leprestigiose monografie su Picasso,Guttuso, Manzù.

Ottiene la cattedra di Sociolo-gia dell’Arte al Politecnico di Mila-no e contemporaneamente conti-nua a seguire gli artisti, giovani co-me anche meno giovani, con la stes-sa foga e impegno di quando seguivagli amici della Bottega di Corrente.

Mario De Micheli muore nel2004 a Milano ed è sepolto a Trezzosull’Adda, cittadina dove era nata lamadre e dove risiedeva da alcunianni, che, pur essendo vicina a Mi-lano, gli pareva avere la qualità divita necessaria per un uomo: «E poiTrezzo è a un salto da Milano, unnitido e gradevole paese che haconservato parte della sua vecchiafisionomia, è un luogo ricco di me-

morie storiche, c’è il fiume di Leo-nardo».

La sua opera è sempre statapervasa da una visione interdisci-plinare che accosta l’immagine allaparola e che trova nella dimensionepoetica il momento della loro sin-tesi e del loro confronto.

La sua formazione umanisticae letteraria si è avvertita nel suo la-voro in campo artistico e viceversa:è proprio partendo dagli studi supersonaggi come Apollinaire oMallarmè che egli comincia a inter-rogarsi sulla nascita delle avan-guardie artistiche. E per capire me-glio la direzione della sua attivitàcritica, bisogna ricordare le magi-strali traduzioni che lui ha condot-to sui testi di Majakovskij [Il poemadi Lenin, Feltrinelli, 1951], diEluard [A Pablo Picasso, Forlì, Edi-zioni di Pattuglia, 1943] e su quellidei poeti romeni contemporanei[Parma, Guanda, 1967]. Tali tradu-zioni infatti illustrano meglio dimolti discorsi il suo insistere sullapoesia come luogo di incontro ditutte le attività culturali e comeluogo privilegiato per riflettere sul-la vita e quindi agire.

�La Biblioteca e l’Archivio di

Mario De Micheli erano già stati do-nati al Comune di Trezzo e nel giu-gno del 2010 sono arrivati alla Fon-dazione Biblioteca di via Senato.

Il cospicuo fondo consta dicirca 14.000 monografie, 1500opere di Mario De Micheli, 8000opuscoli.

Oltre alle pubblicazioni sullastoria e critica d’arte e ai cataloghidi mostre da tutto il mondo, il Fon-do di Mario De Micheli rispecchia ipersonali interessi del critico: la

letteratura italiana e straniera conparticolare riguardo alla poesia, lafilosofia e la politica, la storia dellaResistenza.

Accanto a questa biblioteca, sitrovano una serie ancora impreci-sata di documenti manoscritti edattiloscritti che ne testimonianol’incessante attività.

Parimenti importante, la fo-toteca ancora da catalogare e stu-diare: un impressionante insiemedi fotografie di opere d’arte, pub-blicate poi nei vari testi dell’autore;fotografie di artisti e dei loro studi;immagini originali di monumenti edipinti scattate da De Micheli stes-so; diapositive utilizzate per l’inse-gnamento.

L’importanza del Fondo li-brario di De Micheli è ormai con-fermata da più parti; crediamo chesarà dallo studio delle fotografieche potranno venire le sorpresemaggiori, essendo queste un ric-chissimo patrimonio iconograficodella storia dell’arte internazionalee italiana.

La Fondazione Biblioteca divia Senato ha accolto con grandeentusiasmo il fondo che costituisceuna solida base per gli studi sull’ar-te in generale e in particolare dellaseconda metà del Novecento, met-tendolo a disposizione di quanti vivorranno approfondire le propriericerche.

Nell’esporre qui per la primavolta alcune pubblicazioni della bi-blioteca con due dei molti mano-scritti, abbiamo voluto dare risaltoalle relazioni umane e personali chesottendono a questi libri e a questabiblioteca, proponendo alcuni vo-lumi con dedica autografa che gliamici artisti e letterati “lasciaro-no”al grande critico.

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Il percorso intellettuale di DeMicheli, dai tempi di Corrente, siinterseca con quello di molti altripersonaggi del mondo culturaleitaliano e straniero.

�Anche per questo si trovano

alcuni libri che per vari motivi si so-no fermati sugli scaffali della sua bi-blioteca anche se provenienti da al-trove, come quelli dedicati a Giaco-mo Manzù da Renato Birolli, quel-lo di Sereni dedicato a Vasco Prato-lini e quello di Arthur Miller e suamoglie, la fotografa austriaca IngeMorath, dedicato allo scultore rus-so Ernst Neizvestny.

Ma sono casi sporadici, ilgruppo delle dediche a De Micheliè di per sé già cospicuo: da quelle diTristan Tzara a quelle degli amicidel gruppo di Corrente – comeTreccani, Quasimodo, Sereni, tragli altri –, da quelle dei poeti del-l’Est, come il rumeno Tudor Ar-ghezi e la sua compatriota MariaBanus, a quella di Pablo Neruda edi David Alfaro Siqueiros.

David Alfaro SiqueirosNo hay mas ruta que la nuestraMexico, s.i.t., 1945Dedica autografa dell’Autore a Mario De Micheli: «Para Mario De Micheli camaraday amigo con la solidaridad del [?]DASiqueiros, Genova el 11 deoctubre del 1951».Nel 1976 De Micheli cura a Firenze una grande mostradell’amico Siqueiros [1896-1974],grande artista messicano a cuiaveva già dedicato numerosi scritti.

Accanto:Bruno CarusoManicomio[Milano], Edizioni della ColonnaInfame, 1969Alla prima carta, dedica autografadell’Autore: «A Mario De Micheli,con l’affetto del suo Bruno Caruso». Bruno Caruso [1927] grandeartista palermitano.

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Sopra: Tudor ArgheziVersuriBucuresti, Editura de Stat PentruLiteratura Si Arta, 1959Il grande poeta romeno Arghezi[1880-1967] rende omaggio al fineconoscitore della letteratura del suopaese, l’amico De Micheli, che nel1967 curerà per Guanda unafortunata antologia di poeti romeni[Poeti romeni del dopoguerrapresentati e tradotti da Mario DeMicheli, Parma, Guanda, 1967].

A destra: Pablo Neruda. A cura di Giuseppe BelliniMilano, Nuova Accademia Editrice, 1960Per De Micheli la poesia è sempre stata il luogo di incontro e confronto di tutte le attivitàartistiche.

Sotto: Vittorio SereniDiario d’AlgeriaFirenze, Vallecchi editore, 1947Finito tra i libri di De Micheli un volumetto di poesie dell’amicoSereni [1913-1983] (amico sin dai tempi di Corrente), dedicato però a Vasco Pratolini [1913-1991].

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Nella pagina precedente:Attilio RossiBuenos Aires en tinta china […]Prólogo de Jorge Luis Borges.Poema de Rafael AlbertiBuenos Aires, Editorial Losada S.A., 1951Simpatica dedica del pittore e grafico Attilio Rossi [1909-1994]; naturalmente, parlando di “un pittore e un poeta comunisti” allude a se stesso e a Rafael Alberti.

Sopra:Inge Morath; Arthur MillerIn RussiaNew York, Viking Press, 1970Altro libro “estraneo” nella bibliotecadi De Micheli. Lo dedicano alloscultore russo dissidente ErnstNeizvestny [1925] i coniugi Miller. Il celebre drammaturgo americano[1915-2005], dopo aver divorziatocon Marylin Monroe, nel 1962 sposa la fotografa di origine austriaca Inge Morath.

Vittorio SereniStella variabileMilano, Garzanti, 1981All’occhietto, dedica autografadell’Autore: «A Mario De Micheli e ai comuni ricordi il suo Vittorio Sereni. Nov. ’82».Altro libro di Sereni, questa voltacon dedica all’amico Mario.

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BvS: “In tanta frivolezza”

TRA GIACOMO MANZÙ E NINO BERTOCCHI

za intellettuale, di idem sentire chepuò leggersi, al di là delle occasioni,in seno a una generazione tutta –che era anche quella dei Luigi Bar-tolini, degli Aldo Salvadori, degliUmberto Vittorini, per non citareche alcuni degli esponenti di quellacerchia cospicua – che fece una scel-ta di modernità non legata alle ansiedi aggiornarsi sull’art-en-train-de-se-faire, sui portati ogni volta ulte-riori del dibattito, ma in una pro-spettiva di identità artistica forte,autorevole, ben cosciente d’un radi-camento profondo, e insieme nonortopedico, nella storia.

Di tale determinazione, dellaquale Manzù è il frutto più alto intermini di esiti qualitativi, Bertoc-

chi ha rappresentato il versante dimassima consapevolezza intellet-tuale. Fatale, verrebbe da dire, èdunque il loro incontro; cruciale illoro rapporto, tale da riverberarsisu un orizzonte ben più ampio diquello delle singole biografie.

Manzù, l’autodidatta che s’as-setta un’espressione lavorando conrigore giansenista e insieme consguardo fragrante e meravigliatosui testi del passato, trova in Bertoc-chi il primo degli interlocutori colti(saranno, poi, figure come Giusep-pe De Luca e Cesare Brandi) ai qua-li affidare, verrebbe da dire con pa-role d’oggi, l’editing intellettualedel proprio lavoro, uno specchia-mento critico che non valga garan-zia mondana, ma autentica e risen-tita nourriture.

�Bertocchi, dal canto suo, vede

nello scultore l’inverarsi in un lin-guaggio alto, altissimo, in una per-sonalità fondativa, dei propri ra-gionari sull’Ottocento come hu-mus d’una modernità non nomina-listica, un «clima di poesia figurati-va ostile ad ogni contaminazioneletteraria, i diritti di una fantasiache si alimenta nella quotidiana os-servazione del reale», come scrivenel 1945.

L’archivio Giacomo Manzù(1908-1991) consiste di ungruppo di lettere, scritte

dallo scultore a Nino Bertocchi(1900-1956), e dipanantesi lungoun arco temporale che va dall’ago-sto 1936 alla morte dell’amico, nel1956. Questi documenti epistolarici illuminano su uno dei sodalizi in-tellettuali più intensi dell’arte ita-liana del Novecento.

Già in occasione della MostraGiacomo Manzù. Le opere e i libri (aquesta pubblicazione si rimanda an-che per una biobibliografia generalesull’Artista) tenutasi nel 2000 pressola Fondazione Biblioteca di via Se-nato, un primo censimento delle let-tere di Manzù conservate nell’archi-vio di Ardea ne ha mostrato tutto ilvalore di documenti fondamentaliper l’intendimento dei complessi, esovente sofferti, percorsi biografici ecreativi dell’Artista.

�Proprio in quella circostanza,

e sulla base di tale consapevolezza, èavvenuta l’acquisizione da partedella Biblioteca del prezioso episto-lario. Grazie a un’accurata opera ditrascrizione, l’importanza dell’epi-stolario ne esce amplificata, sia perla messe di notizie che ci offre, siaper il tono complessivo di confiden-

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Nino Bertocchi, pittore e stu-dioso d’arte, attento sin dalla gio-ventù alle ragioni della critica mili-tante, si consegna ai posteri peropere fondamentali come la mono-grafia su Luigi Bertelli, 1946, e lagrande mostra dell’Ottocento emi-liano, 1955. Ma parimenti conta lasua fittissima attività pubblicistica,che lo fa annoverare tra i collabora-tori di testate come Il Resto del Carli-no e Il Popolo d’Italia, Arte Mediterra-nea e La Fiera Letteraria, Frontespi-zio e Primato, Domus e Casabella, ol-tre che tra i fondatori de L’Orto.

Il suo incontro critico conManzù è precoce. Alla XX Bienna-le, 1936, scopre nel giovane pittoree scultore bergamasco “la bellezzadi certi chiaroscuri leonardeschi”,così come il talento dei suoi compa-gni di via milanesi Salvadori e Sassu.Di lì a due anni, ecco Manzù cele-brato come autentico “caso” dellaXXI Biennale.

Il critico legge in Manzù unatutta affatto particolare e inequivo-ca “italianità”, maturata sul rappor-to profondo la tradizione e l’Otto-cento e parimenti sull’amore senzasudditanze per la grande scuolafrancese, che l’artista ha esplicitatosenza mezzi termini in un’inchiestadi Domus voluta da Lamberto Vitali:«Lascio il mio spirito libero a tuttele forme del bello e posso così emo-zionarmi davanti a un’opera greca,d’un primitivo come davanti a unacera di Rosso. […] I nostri anzianihanno cercato la via del compro-messo, lasciandoci in una situazionedi equivoco. Essi hanno trascuratodi continuare la strada tracciata da-gli impressionisti e da Cézanne equella di Rosso, di Degas e di Re-noir scultori, e di Rude e Carpeaux,la cui tradizione non si poteva spe-

gnere se non grazie una spiritualitànuova. Per questo credo che l’operadel Novecento, o meglio del Nove-centismo, sia condannata alla steri-lità. […] La mia generazione deverifiutare proprio questi vezzi for-malistici degli ‘ismi’. La tradizionedell’Ottocento, che conclude quel-la di secoli, ci lascia una profondaeredità spirituale. Come gli impres-sionisti, forti dell’insegnamento ro-mantico, hanno trovato il loro lin-guaggio, così noi sul loro esempiosapremo esprimere con mezzi no-stri quello che è profondamente no-stro. […] Un fatto plastico puro esi-ste quando gli elementi contingentidiventano universali» (G. Manzù,risposta all’inchiesta Dove va l’arteitaliana, in Domus XV: 110, Milano,febbraio 1937).

�Di tono affine, d’altronde, in

quello stesso 1937 era stata la lettu-ra di un altro pittore e critico atten-tissimo a tali snodi culturali, CarloCarrà, che presentando Manzù allaromana Cometa scriveva: «In lineadi principio stilistico, Manzù si ap-poggia, da qualche tempo, sullascultura classica, ma in linea di fattonon si saprebbe indicare esempi acui si richiami. Ciò vuol dire che,pur profittando degli insegnamentidel glorioso passato, Manzù cercasoprattutto di chiarire se stesso, co-sa più importante che tutto il resto.Nelle opere che ora presenta allaCometa, si ritrovano i punti più sa-lienti di questa accanita e singolarericerca. Massimamente nel David, enella Donna che si pettina parmi ve-dere le attitudini stilistiche dell’au-tore» (C. Carrà, Manzu alla ‘Come-ta’, in Meridiano di Roma, 23 marzo1937).

Quando, nel 1942, Bertocchipubblicherà l’album Manzù per l’E-ditoriale Domus (alla rivista ha pre-so a collaborare l’anno precedente),sulla cui gestazione il carteggio cioffre testimonianza illuminante, ol-tre che il prototipo con gli originalifotografici delle tavole, non potràesordire che indicando «Le sugge-stioni donatelliane e correggesche,gli amori per il Pollaiuolo e per Mi-chelangelo, le infinite curiosità diun cervello attentissimo ad ogniemergenza dello stile…».

Tali ragionamenti, tali presedi posizione, coraggiose d’un co-raggio che è difficile misurare con ilmetro d’oggi, ma che in quel bien-nio 1941-1942, fatto più di silenzi eacquiescenze che di dichiarazioninette come quelle contenute nel-l’articolo Un grande scultore del1941, dovevano avere pregio inesti-mabile, raffermano Manzù nel pas-saggio forse più delicato del suo la-voro, quello che lo porta ai risultatidefinitivi dell’immediato dopo-guerra.

�Bertocchi è davvero una sorta

di guida solidale, in questo momen-to. E un amico sulle cui spalle appog-giare anche le crisi personali grandi epiccole, gli ancor stringenti proble-mi economici, offrendo in cambiouna complicità che le glorie degli an-ni successivi mai adombreranno, e semai renderanno più vivida.

Colpisce, al termine di questoepistolario, la sollecitudine cheManzù dimostra a Renata Colliva,moglie di Bertocchi e sorella di Lea,valente pittrice, dopo la scomparsadell’amico: quasi a coronamento diuna vicenda umana, ancor più checulturale, d’impareggiabile spessore.

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A sinistra: il critico NinoBertocchi fu interpreteprivilegiato di Manzù e anche suo intimo amico, come rivela la lettera del 17febbraio 1941: “mi chiedi della Susannina. È qui nellostudio a tua disposizione”. Alla lettera allega una fotografianella quale Manzù regge inbraccio il piccolo Pio, suo figlio.

A sinistra: ritratto della signoraVitali (bronzo, 1938/1939) con il messaggio di Manzù scritto sul verso dellariproduzione fotograficaoriginale: “caro Bertocchi - nonpuoi immaginare quanto sii costernato - a giorni tornerò a Milano e puoi immaginare in che stato d’animo”.

Sopra: schizzo a matita su unabusta diventata carta da riuso.

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Schizzo raffigurante l’Artista nel suo atelier in un momento di riflessione. Il disegno si trovaproprio nel mezzo di una letteranon datata, indirizzata come al solito al “carissimo Bertocchi”. Manzù nella lettera del 29dicembre 1947 si lamenta con Bertocchi del suo “improvvisoimpoverimento causato dallacompleta mancanza di opere nello studio”, però felice di avere“in marzo […] una personale a New York alla galleria Hugo”.

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Lettera del 25 marzo 1944: “Ho mandato a Roma della fotodella mia Pietà (Bozzetto) perché sembra che la voglianoproporre al Papa per dedicare al monumento a Papa Pio XIcome mia intenzione.L’interessamento viene da Brandie Don Giuseppe De Luca,comunque io questa cosa la farò lostesso perché rientra nelle mienecessità spirituali”. Felicissimo in quanto “sto finendoi Bronzi per la mia mostra a New York”, la lettera del 8 gennaio 1948 viene decorata da un abbozzo.

6.000 spot grL’impegno di Med

atuiti all’anno

6.000i passaggi tv che Mediaset, in collaborazione con

Publitalia’80, dedica ogni anno a campagne di carattere sociale.Gli spot sono assegnati gratuitamente ad associazioni ed enti no profit che necessitano di visibilità per le proprie attività.

250i soggetti interessati nel 2008 da questa iniziativa.

Inoltre la Direzione Creativa Mediaset produce ogni anno,utilizzando le proprie risorse, campagne per sensibilizzare

l'opinione pubblica su temi di carattere civile e sociale.

3società - RTI SpA, Mondadori SpA e Medusa SpA costituite nella Onlus Mediafriends per svolgere attività di ideazione,

realizzazione e promozione di eventi per la raccolta fondi da destinare a progetti di interesse collettivo.

iaset per il sociale

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BvS: “In tanta frivolezza”

RACCONTI MANOSCRITTIDELLA NOSTRA STORIA

Card. Tit. S. Praxedis Archiep. Mediol.in rosso è da attribuire al pittore e mi-niaturista dalmata Giorgio GiulioClovio (1498-1578), del quale Gior-gio Vasari nelle Vite de più eccellentipittori scultori ed architetti (Firenze,Lorenzo Torrentino, 1550) scriveche le miniature riproducono in scalaridotta gli argomenti del veneratopittore rinascimentale: “Onde pos-siàn dire che don Giulio abbia, comesi disse a principio, superato in que-sto gl’antichi e ‘ moderni, e che siastato a’ tempi nostri un piccolo enuovo Michelagnolo”. La miniaturaè importante per l’iconografia di

Borromeo, considerando gli scarsiesempi di ritratti giovanili del santomilanese.

Le carte dalla 190 alla 197 con-tengono l’Ultima volontà dell’Animafatta in forma di testamentoe le Protestefatte da me Carolus misero peccatore, ilquale desidero in questo poco di vita chemi resta, stare apparecchiato, per non es-ser colto dalla morte all’improvviso. Lafirma autografa di Carlo Borromeo“Carolus” si trova ripetuta due voltesul recto della carta 190 e sul rectodella carta 197 in fine al testamentospirituale con luogo e data “di Mila-no. 20 dec 1560”.

LA SPEDIZIONE DEI MILLE(1860)

Canzio, Stefano (1837-1909).Memorie della spedizione volon-taria in Sicilia - di Stefano Canzio -di Genova Maggio - 1860.

Manoscritto cartaceo autogra-fo (84x140 mm) in lapis grigio di 69carte. Taccuino confezionato daHenry Penny’s Metallic Memoran-dum Books N.o 42 1/2 in piena pellenera con fermaglio di metallo e alettaporta penna.

Il diario copre la preparazionee il periodo intero della Spedizionedei Mille, e contiene numerose e det-tagliate informazioni su questo im-

IL LIBRO D’ORE DI SAN CARLO BORROMEO (1538-1584)

Officium B. Mariae ad usumEm[inentiae] suae Dominus Ca-rolus Boromeus S.R.E. Card. Tit.S. Praxedis Archiep. Mediol.

Manoscritto miniato su perga-mena. Lombardia, probabilmenteMilano, datato 1560. Legatura coevaseicentesca in pieno marocchino bor-deaux, bordura dorata ai piccoli ferrisui piatti e fregi dorati al dorso, taglidorati e cesellati, entro marmotta.

207 carte (99x64 mm), testo su21 linee, scritto con inchiostro brunoin carattere tondo con interventi dicarattere corsivo umanistico. Tuttele pagine sono incorniciate da unadoppia filettatura bruna e dorata.Capilettera miniati in oro su fondorosso, arancione o blu oppure in ros-so su fondo dorato.

Sul recto della prima carta recail ritratto miniato a piena pagina delgiovane Carlo Borromeo, realizzatoa penna a tratti fini. Viene raffiguratoil santo a mezzo busto nel suo studio-lo davanti a un crocefisso, con in bas-so le armi cardinalizie. Il ritratto inovale entro cornice, con fleurons do-rati negli angoli e la scritta OfficiumB. Mariae ad usum Em[inentiae] suaeDominus Carolus Boromeus S.R.E.

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portante periodo del Risorgimento,come ad esempio orari di partenza,punti di combattimento, la consi-stenza delle squadre e un elenco deicaduti. Gli eventi non sono riportatinecessariamente in ordine cronolo-gico. Inoltre si nota che il diario con-tiene anche semplici informazionisul quotidiano, come le spese per lasartoria e i profumi. Sotto la data del27 Maggio, giorno nel quale StefanoCanzio fu ferito, si legge “alle ore 3.ant. restai ferito mentre incalzavo ilnemico alle Baj fu portato in un por-tico di poi all’Ospitale di S. Anna mapreso di nuovo dai Bombardieri Na-poletani dovettimo sloggiare unabomba Cadde proprio nel Cortile vi-cino alla mia Stanza Mi portarononell’Ospitale dello Spasimo qui sia-mo al sicuro presso un antico fabbri-cato saraceno tutto a volte Il Bom-bardamento cominciò”. Il diario èarricchito da disegni e schizzi: Gari-baldi viene raffigurato più volte e nu-merosi sono gli schizzi dei luoghi dibattaglia.

Canzio, Stefano (1837-1909).Spedizione nella Sicilia 1860. IlLombardo Com. di Bixio [Il] Pie-monte [di] Garibaldi.

Manoscritto cartaceo autogra-fo (92x150 mm) in lapis grigio e in-chiostro bruno di 28 carte, con moltepagine lasciate bianche, probabil-mente da datare al 1876, consideran-do l’ultima data riportata del 3 Otto-bre 1876. Taccuino confezionato daHenry Penny’s Metallic Memoran-dum Books N.o 43 in piena pelle ne-ra con fermaglio di metallo e alettaporta penna. La prima data riportataè del 5 Maggio 1860. Il diario riassu-me la Spedizione dei Mille, ripeten-do in parte le informazioni del tac-cuino precedente e aggiungendo in-

formazioni mancanti nel primo. Sulverso della carta 20 si legge: “il restonel altro libretto”. Contiene alcunenote in inchiostro che sembrano es-sere state aggiunte in un secondomomento.

Stefano Canzio, nativo di Ge-nova, nel 1859 fece parte dei Caccia-tori delle Alpi con i carabinieri geno-vesi. Entusiasta di Garibaldi e consi-derato tra i garibaldini più ferventi,lavorò alla preparazione della spedi-zione dei Mille. Lo si vede a VillaSpada, con Bixio e Bertani. Ha il gra-

A sinistra il ritratto miniato a piena pagina del giovane CarloBorromeo, realizzato a penna a fini tratti, da attribuire al pittoree miniaturista dalmata GiorgioGiulio Clovio (1498-1578); sopra il testamento spirituale del santo milanese con la sua firmae data “di Milano. 20 dec 1560”.

Disegno raffigurante Garibaldi nel diario manoscritto da StefanoCanzio durante la Spedizione dei Mille. Le memorie contengononumerose e dettagliateinformazioni su questo importanteperiodo del Risorgimento, come ad esempio orari di partenza, puntidi combattimento, la consistenzadelle squadre e un elenco dei caduti.

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do di sergente. Quando viene delibe-rata la formazione, torna a far partedel drappello dei carabinieri genove-si e sbarca con essi a Marsala. Parteci-pa alla battaglia di Calatafimi. Nu-merosi schizzi nel diario riportanol’evento. Il 27 maggio viene ferito alponte dell’Ammiraglio, durante lapresa di Palermo. Dopo un breve pe-riodo di convalescenza a Genova, ri-torna in campo, militando fino allafine della guerra. È presente a Teanoall’incontro tra Garibaldi e il Re Vit-torio Emanuele II. Nel novembreaccompagna Garibaldi a Caprera,dove conosce la figlia Teresita, chesposa nel 1861, a Genova, nella chie-sa della Maddalena. Prende parte atutte le azioni garibaldine. Lo ritro-viamo con il grado di maggiore ebraccio destro di Garibaldi nella bat-taglia di Bezzecca, dove si fa tantoonore da meritare la Medaglia d’oroal Valor Militare. Durante la batta-glia di Mentana salva la vita di Giu-seppe Garibaldi. Nel 1870 partecipain Francia alla battaglia di Digionecon il grado di generale a soli 34 anni.

Ritiratosi a vita privata, con una solaparentesi come deputato nel 1891,Canzio è nominato il 25 giugno 1903primo presidente del Consorzio Au-tonomo del Porto di Genova. Chia-mato in aiuto durante un incendio alporto, Canzio si espone alle intem-perie, viene colpito da polmonite emuore il 14 giugno del 1909, rice-vendo solenni funerali.

IL TEATRO DIALETTALESICILIANO

Capuana, Luigi (1839-1915).Nicola Feola di Valcorona. ‘ntri-chi e ... ‘ntrichi! - cumedia in tri at-ti - tradutta ‘n dialettu sicilianu daLuigi Capuana.

Manoscritto cartaceo autogra-fo (275x225 mm) di 2 carte non nu-merate e di 56 carte numerate a ma-no. Testo in inchiostro bruno sul rec-to delle carte, con sottolineature deinomi, titoli, argomenti degli atti epaginazione in rosso. Correzionimanoscritte in lapis e inchiostro. So-vraccoperta in brossura muta con ti-

tolo manoscritto di una seconda ma-no “Autografo della traduzione diIntrighi e intrichi di Luigi Capuana”.

Luigi Capuana si interessa diletteratura fin da piccolo, e fa le pri-me prove come scrittore negli annipassati come scolaro del Real Colle-gio di Bronte. Pubblica un giornalet-to tra il serio e l’umoristico e scriveuna commedia che faceva la caricatu-ra delle abitudini dei suoi insegnanti.Nel 1861, a Unità d’Italia avvenuta,si trasferisce a Firenze, dove vivonodue suoi quasi coetanei di Catania, il

Pagina del titolo dell’Autografo della traduzione di ‘ntrichi e ‘ntrichidi Luigi Capuana; a destra una lettera manoscritta autografa(Catania 15 settembre 1907) che dimostra il continuo lavoro sullecommedie in dialetto siciliano, anchese questi progetti rimasero talvoltainediti: “Ribolle è già pronta, e speroche potrà essere rappresentata nellaprossima stagione invernale, dove e da chi non so, nel periodod’incertezza che oggi il teatroitaliano attraversa”; a destra Per i cittadini di D’Annunzio, lettadal poeta alla Scala di Milano il 19gennaio 1916.

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pittore Michele Rapisardi e Giovan-ni Verga. Capuana frequenta salottiletterari ed è instancabile frequenta-tore di spettacoli teatrali, una passio-ne che si rifletterà più tardi nel Teatrodialettale siciliano. Lo stimolo per laletteratura dialettale deriva sicura-mente anche dall’amicizia con Leo-nardo Vigo, che fu il primo appassio-nato raccoglitore di canti popolari si-ciliani. A Milano Capuana lavora co-me critico letterario e teatrale per ilCorriere della Sera, e frequenta l’am-biente degli scapigliati; a Roma diri-ge Il Fanfulla della domenicae conoscelo scrittore francese Emile Zola.

Una lettera manoscritta auto-grafa inclusa al manoscritto ‘ntrichie ‘ntrichi, datata Catania il 15 set-tembre 1907, dimostra il continuolavoro sulle commedie in dialettosiciliano, anche se questi progetticome del resto ‘ntrichi e ‘ntrichi ri-marranno inediti: “Ribolle è giàpronta, e spero che potrà essererappresentata nella prossima sta-gione invernale, dove e da chi nonso, nel periodo d’incertezza che og-gi il teatro italiano attraversa”.

D’Annunzio, Gabriele (1863-1938). Preghiera per i cittadini *XXII gennaio MCMXVI*

Manoscritto cartaceo autogra-fo (320x220 mm) in versi, datato 22gennaio 1916, di 8 carte sciolte nu-merate da D’Annunzio in alto sulladestra. Ciascuna carta è montata sucartoncino, protetto da velina. LaPreghiera per i cittadini (pubblicatacon il titolo Per i cittadini), contenen-te una toccante supplica all’”Iddioverace” affinché possa alleviare lesofferenze di tutti coloro che hannoconosciuto loro malgrado gli orroridella guerra, fu letta dal poeta insie-me a Per i combattentialla Scala di Mi-

lano durante un intermezzo dellaBattaglia di Legnano di Verdi il 19gennaio 1916. Entrambi gli scrittivennero pubblicati rispettivamenteil 21 e il 22 gennaio sul Corriere dellaSera. Nella pubblicazione sul Corrie-re viene ricordato che “Questa ‘Pre-ghiera per i cittadini’ di Gabrieled’Annunzio non è più inedita perchéè stata abusivamente riprodotta daun giornale romano che poté avere –l’autore non sa come – una copia deltesto” ma che la redazione ha co-

munque deciso la pubblicazione “perdiffondere parole alate di altissimapropaganda civile”. La pubblica di-zione e la destinazione dei testi a unlargo pubblico giustifica l’uso di unmetro “facile”. Entrambe le poesiefanno parte dei Canti della guerra lati-na, la cui titolatura definitiva (rispet-to alla provvisoria e liquidata Astero-pe) dimostra l’eccentricità della rac-colta rispetto alle quattro parti pre-cedenti (Maia, Elettra, Alcyone, e Me-rope). I Canti formano una quasi oc-

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casionale collezione di canti, odi esalmi che scandiscono il calendariodella “guerra sacra e giusta”. Perun’introduzione critica, cfr. Gabrie-le D’Annunzio, Versi d’amore e di glo-ria, a cura di Annamaria Andreoli eNiva Lorenzini, Milano, ArnoldoMondadori, 1984 (I Meridiani).

Dudovich, Marcello (1878-1962). Marcello Dudovich di 1°elementare nella Scuola di pittu-ra.

Manoscritto cartaceo autogra-fo (207x150mm ) in inchiostro blu,intitolato Quaderno di Marcello Du-dovich di 1o elementare nella Scuola diPittura di 16 carte. Il quaderno, fitta-mente scritto, contiene l’evoluzionedella pittura dalla preistoria attraver-so l’Egitto, la Grecia, Roma, il Rina-scimento (anche appunti sulla pittu-ra a olio) e la Francia. Una secondaparte, iniziata al rovescio, contienenote sulla pittura a fresco. Due schiz-zi in inchiostro nel testo e qualcheschizzo in lapis sui contropiatti. Loscritto si costituisce come significati-va testimonianza di una profondapassione per la storia dell’arte che ac-compagnerà il triestino per tutta lavita.

Dudovich, trasferendosi daTrieste a Milano nel 1897, viene as-sunto come litografo alle Officinegrafiche Ricordi. Notato dal famosocartellonista triestino LeopoldoMetlicovitz, viene incaricato di rea-lizzare bozzetti per la pubblicità.Trasferitosi a Bologna su chiamatadell’editore Edmondo Chappuis,inizia a creare cartelloni pubblicitari,

copertine e illustrazioni per varie ri-viste (Italia Ride nel 1900 e Fantasionel 1902). Sempre per le Officinegrafiche Ricordi crea nuovi manife-sti, tra i più famosi quelli per i magaz-zini Mele di Napoli e per Borsalino.Nel 1911 è chiamato a Monaco diBaviera per sostituire Reznicek co-me disegnatore nella redazione dellarivista satirica Simplicissimus. A Tori-no, tra il 1917 e il 1919, crea per il ci-nema diversi cartelloni e lavora pervarie aziende (Carpano, Fiat, Pirelli,Alfa Romeo e le Assicurazioni Gene-rali). Per La Rinascente di Milanorealizza diversi manifesti (tra il 1920e il 1929) e nel 1922 viene nominatodirettore artistico dell’Igap. Nel1930 disegna il celebre manifesto peri copertoni Pirelli. Dopo la Primaguerra mondiale lascia da parte l’atti-vità pubblicitaria per dedicarsi allapittura.

LA RIFORMA SCOLASTICA

Gentile, Giovanni (1875-1944). Giovanni Gentile. La Rifor-ma dell’educazione. Discorsi ai

Sopra, il Quaderno di MarcelloDudovich di 1o elementare nella Scuola di Pittura; a destra il manoscritto cartaceo La riforma dell'educazionedi Giovanni Gentile, che, rispetto alla versione edita, presentamoltissime varianti e importantiaggiunte di mano dell’Autore. Il manoscritto fu donato da Gentile a Valeria Benetti Brunelli nel 1922 (particolare della dedica).

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maestri di Trieste. Manoscritto cartaceo autogra-

fo (245x185 mm) di 265 pagine, con-tenuto in una rilegatura tutta tela conil titolo in oro al piatto anteriore, en-tro cofanetto con il titolo al dorso Lariforma dell’educazione. Discorsi aimaestri di Trieste. Si tratta della ver-sione integralmente autografa - fir-mata da Gentile sulla carta di ri-sguardo che avvolge le carte del ma-noscritto stesso - dei discorsi tenutida Gentile ai docenti triestini tra l’a-gosto e il settembre del 1919, e pub-blicati l’anno successivo da Laterza epresentati nella prefazione nella spe-ranza, scrive l’Autore, “che i miei dis-corsi triestini possano essere lettinon senza frutto da quanti hanno acuore l’educazione di queste nuovegenerazioni, a cui si schiude innanziun nuovo mondo, e sentono il biso-gno di un rinnovamento intero e so-stanziale di tutta la scuola”. Rispettoalla versione edita, il manoscrittopresenta moltissime varianti e im-portanti aggiunte di pugno dell’Au-tore. Si trattò, per il filosofo, diun’occasione imperdibile per rinsal-dare la propria idea di educazione co-me autoeducazione, e per precisarela propria concezione di Nazione, laquale ebbe come si sa un’influenzadeterminante nell’evoluzione dell’i-deologia fascista dello Stato. Genti-le, celebre filosofo e sodale di Bene-detto Croce, poi suo acerrimo avver-sario, aderisce nel 1923 al Partito Fa-scista, dal 1922 al 1924 è ministrodella Pubblica Istruzione e si fa pro-motore della riforma scolastica del1923, definita da Mussolini “la piùfascista delle riforme”, che per moltiaspetti è ancora valida, e della quale ilmanoscritto costituisce in qualchemodo il cartone preparatorio. Il ma-noscritto reca una dedica autografa

“Alla gentile amicaProf. Valeria Benettiper ricordo delle eser-citazioni da Lei fatte in-torno a questo libro nel1922, e in segno di gratitudi-ne” in data di “Roma, 26 luglio1922”. Valeria Benetti Brunelli fudocente di pedagogia e di storia dellapedagogia, collaborò con GiuseppeLombardo Radice alla riforma dellascuola elementare, e pubblicò nume-rose opere sull’argomento. Non oc-corre aggiungere che il manoscritto

gentiliano rappresenta untesto chiave su un argo-mento che negli anni ètornato a pieno titolo alcentro delle discussioni,anche al di là delle pole-miche suscitate dai più o

meno interessati tentatividi revisione della storia del

Novecento italiano.

LE PREGHIERE DINICCOLÒ TOMMASEO

Tommaseo, Niccolò (1802-1874). Preghiere edite ed ineditedi Niccolò Tommaseo autografetutte proprietà di Vincenzo Mia-gostovich.

Il manoscritto delle Preghieredi Niccolò Tommaseo. Particolare la forma con cui l’Autore raccolse il materiale, trascrivendolo di voltain volta su piccoli fogli di carta e dandone talvolta delle piccole sceltealle stampe in pubblicazioni minori o periodiche (dettaglio in alto).

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Manoscritto cartaceo autogra-fo (280x230 mm) di 826 pagine dellePreghiere (Preghiere edite e inedite rac-colte e ordinate nel 1903 da Vincen-zo Miagostovich, e pubblicate a Fi-renze dai successori di Le Monnier),considerato perduto fino a pochi an-ni fa. Lo scrittore dalmata, noto so-prattutto per il suo Nuovo Dizionariode’ Sinonimi della lingua italiana, lavo-ra dopo la laurea come giornalista esaggista tra Padova e Milano, fre-quentando intellettuali del mondocattolico come Rosmini e Manzoni.In questi anni inizia anche la collabo-razione all’Antologia di Giovan Pie-tro Vieusseux. A Tommaseo si devo-no anche meditazioni sui Vangeli,elaborate in parte durante la prigio-nia veneziana. Le Preghiere formanouna raccolta delle più diverse espres-sioni rivolte a Dio nelle forme più in-genue. Mentre nei Canti popolari ita-liani, corsi, illirici, greci del 1841,Tommaseo sceglie la forma dei versi(pur sperimentando metri inconsue-ti), nella trascrizione e “personaliz-zazione” delle Preghiere, fa uso diuna particolare forma di prosa “d’ar-te”, percepibilmente ritmica, alter-nata a una prosa non ritmica (nelconcetto baudelairiano di “poèmesen prose” e “poèmes sans rhytme”),ma scolpita di accensioni cromatichee alterne evanescenze in clausola.

Particolare anche la forma nel-la quale Tommaseo raccolse il mate-riale, trascrivendolo di volta in voltasu piccoli fogli di carta e dandone tal-volta delle piccole scelte alle stampein pubblicazioni minori o periodi-che. Un probabile previsto lavoro diriordino in vista di una pubblicazio-ne integrale rimane però incompiu-to. Lo fece per lui l’amico e discepolodalmata Vincenzo Miagostovich, ilquale, venuto in possesso dell’intera

raccolta (fu proprietario anche di al-tri manoscritti e documenti di Tom-maseo), si mise a ordinarla seguendoun ordinamento tematico, che non èdato sapere se corrispondesse effetti-vamente alle intenzioni di Tomma-seo. Nell’introduzione all’operastampata del 1903 Miagostovich in-dica: “Delle Preghiere inedite che traqueste pagine occorrono, e dellamassima parte dell’edite posseggo,in fogliolini scritti di mano dell’Au-tore, gli originali; e qui se ne vedran-no segnati i tratti corrisponden-ti da due lineine tra cui lirachiusi. Su questi ma-noscritti riscontrai lestampe del tempoch’egli viveva, e neseguii la lezione,perchè certo fattida lui i mutamenti;e in simil guisa e perla ragione medesima,nelle varianti tra essestampe, m’attenni all’edi-zione ultima”. Il manoscrittoriflette la complessa stratificazionenel tempo del lavoro di Tommaseo,come si vede nell’alternarsi delle gra-fie e nella varietà di inchiostri e disupporti cartacei, pur nell’uniformi-tà tendenziale dei formati e dellagrammatura. Proprio dallo studiodei diversi supporti, pare possibile ri-costruire una datazione interna del-l’opera che prescinda dall’ordina-mento fatto da Miagostovich se-guendo un criterio tematico. Il ma-noscritto viene raccolto in diciottofascicoli cartacei (a loro volta legati inun fascicolo di cartone rigido con ag-giunto il titolo a penna di mano diMiagostovich) che recano ciascunoun titoletto sempre di mano di Mia-gostovich. Ciascun cartiglio a suavolta contiene in calce una sorta di ri-

chiamo di con-cordanza inmatita, proba-bilmente sem-

pre di mano delcuratore dell’e-

dizione. Questaguida alla lettura si ri-

vela fondamentale, ancheper futuri studi filologici. I diciottofascicoli riflettono l’ordinamento,come risulta dalla stampa: contiene I.Il Giorno (34 carte), II. Messa (23 car-te), III. Confessione-Comunione (54carte), IV. Chiesa (34 carte), V. La Fe-sta (17 carte), VI. Commemorazionisolenni (75 carte), VII. Mondo fisico (22carte); VIII. Il corso della vita. Virtù evizi. Gioia e dolore (62 carte), IX. Fa-miglia (59 carte), X. Utilità esteriori(52 carte), XI. Tribolazioni varie (35carte), XII. Carità (18 carte), XIII.Occupazioni campestri (20 carte), XIV.Vita civile (152 carte), XV. Gli studi el’educazione (71 carte), XVI. Professio-ni, arti, mestieri, industrie (57 carte),XVII. Morte (41 carte), XVIII. Avve-nire (10 carte). Le Preghiere sono unvero prontuario dei temi che percor-

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rono l’intera produzione letteraria diTommaseo. La Preghiera intitolataNel contemplare le bellezze della terra odel cielo (compresa nel fascicolo VII.Mondo fisico) anticipa i toni cosmicidell’ultima parte dell’autoraccoltadelle Poesie: “Vedete, o figliuoli degliuomini. Leggete questo libro scritto,entro e fuori, di maraviglia. Ogni co-sa che noi contempliamo, è visione diDio in ispirito: ogni luogo è orma delgrande amor suo. Ogni suono è ar-monia che ci annunzia l’entrare dellagloria di Dio sulla terra. Ogni giornoè giorno memorabile di glorificazio-ne. Sappia la famiglia de’ popoli chevoi siete il Signore, il Dio loro. Nelmezzo delle nazioni sia noto il santonome vostro”.

Palazzeschi, Aldo (1885-1974). Pomponio e Cirillo [Storiadi un’amicizia].

Fascicolo che rilega insiemedue manoscritti autografi di AldoPalazzeschi (pseudonimo di AldoGiurlani), il primo, intitolato Pompo-nio e Cirillo, di 1 pagina non numeratae 213 pagine numerate (210x150mm); il secondo, anepigrafo, di 160pagine numerate (240x160 mm).

Il primo manoscritto, sulla pa-gina non numerata, reca oltre al tito-lo la dedica in inchiostro blu “Al miocaro Domenico Porzio questa curio-sità per ricordo dal suo vecchio ami-co Aldo Roma, 23.5.73”. La dedica èvergata con mano incerta, metà nellostesso inchiostro nero dei due mano-scritti, metà in biro blu. I due mano-scritti sono due stesure successive delromanzo Storia di un’amicizia, uscitonel 1971. Entrambi, il primo in mi-sura maggiore del secondo, recanonumerosi interventi correttori di pu-gno dell’Autore, talvolta nel versodel foglio. Tali interventi correttori

si presentano come altrettante va-rianti. Nelle note sul testo nel secon-do volume di Tutti i romanzi di AldoPalazzeschi nella collana de I Meri-diani viene indicato che “DomenicoPorzio, amico di Palazzeschi dal1961, ha dichiarato nel 1975 di averericevuto in regalo dall’autore ‘il ma-noscritto della prima stesura di Pom-ponio e Cirillo (che divenne, poi, Storiadi un’amicizia)’ (Porzio 1976 [i.e. Al-do Palazzeschi, in Primi piani, Milano,Mondadori], p. 134) e dalla lettera diAldo ad Arnoldo Mondadori, del 26novembre 1970, […] siamo informa-ti dell’esistenza di ‘tre’ copie (‘e dal-l’una all’altra la differenza è notevo-le’): la ‘prima stesura’ donata a Por-zio, MSAa e MSAb (l’esemplare pas-sato in tipografia). Il titolo orignarioPomponio e Cirillo– poi scartato, stan-do alla testimonianza riferita a Prez-zolini il 23 luglio 1971, per non‘emulare un libro consacrato daltempo, un capolavoro famoso [Bou-vard et Pécuchet]’ – non sappiamo sesia sopravissuto in MSAa (mutilodella c. 1), ma è certo che diventa Sto-ria di un’amicizia in MSAb”. Il ro-manzo forma il terzo volume della“trilogia del vegliardo”, dopo Il Dogedel 1967 e Stefanino del 1969. Nelledue bandelle della prima edizione silegge che si tratta di una “favola sur-reale e grottesca, […], permeata dipalesi riferimenti all’odierna realtàsociale, questo nuovo romanzo diPalazzeschi si contraddistingue per ilfatto che alla trama, sia pure scarna,succinta e volutamente essenziale,viene ad incorporarsi, giusta il titolo,un bizzarro trattatello sull’amicizia[…] Che cosa sembra voler dimo-strare Palazzeschi con questa sua sto-ria esemplare? Che l’amicizia nonnasce sul terreno d’affinità fisica espirituale, ma su quello dell’incon-

Il manoscritto Pomponio e Cirillo di Aldo Palazzeschi che nel 1971 appare a stampa con il titolo Storia di un’amicizia.Palazzeschi regalò il manoscritto“Al mio caro Domenico Porzioquesta curiosità per ricordo dal suo vecchio amico Aldo Roma,23.5.73”.

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scia rivalità, della mutua sopraffazio-ne, che temprano ed esaltano, per lacontinua tensione, il carattere indivi-duale”.

Jacques Prévert (1900-1977).Le Fil de la Soie.

Manoscritto cartaceo autogra-fo di 6 carte numerate a mano, contesto solo sul recto (430x255 mm).Due volte presente è la carta nume-rata 5, che contiene l’ultima parte deltesto ma con varianti fra le due ver-sioni manoscritte. Rispetto alla ver-sione pubblicata per la prima voltanella raccolta Spectacle nel 1951 (unaprima versione integrale con testoitaliano a fronte fu pubblicata sotto iltitolo Spettacolo nel 2007), il mano-scritto rivela varianti della mise en pa-ge ma anche del testo stesso. Pensan-do che la poesia di Prévert è scrittaper essere detta, dunque parlata piùche scritta, le varianti - comunquegiocando con le parole chiave pre-

senti nella versione definitiva stam-pata – trovano una propria motiva-zione estetico-linguistica. Al 1951 ri-sale anche la pubblicazione del carto-ne animato pubblicitario La légendede la soie di Paul Grimault (1905-1994), con il quale Jacques Prévertcollaborò per numerosi anni. La sce-na finale del cartone raffigura la Pla-ce Vendôme citata in Le Fil de la Soiedi Prévert.

Ratti, Giulio (1801-1869).

Memorie intime sulla vita di Ales-sandro Manzoni aneddoti e scrittiinediti raccolte dal suo parocco inS. Fedele di Milano dall’anno1831 del sacerdote don GiulioRatti preposto parroco di dettaparocchia.

32 cartelle contenenti le Me-morie intime sulla vita di A. Manzonimanoscritte e Memorie manzonianevarie manoscritte (285x195 mm) ininchiostro bruno, raccolte da donGiulio Ratti, prevosto di San Fedelea Milano, e per 35 anni confessore econfidente di Alessandro Manzoni.Le cartelle contengono tra l’altro os-servazioni su Verità e fantasie suDonna Teresa Borri vedova Stampa,Un’epigrafe inedita del Manzoni inmemoria di Rosmini, Del conte Ste-fano Stampa figliastro del Manzoni,suo carattere, stravaganze e relazionicol padrino, Vere ragioni per cui ilManzoni declinò la candidatura a de-putato del Collegio di Arona e sue

Manoscritto cartaceo autografodi 6 carte della poesia Le Fil de la Soie di JacquesPrévert, pubblicata per la prima volta nellaraccolta Spectacle nel 1951.Rispetto alla versione definitiva si notano varianti nella mise en page,ma anche nel testo stesso.

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lettere sconosciute in proposito,Della scarsa affettività del Manzoni esue ragioni, Relazioni fra il Manzonie Cesare Cantù, loro rottura e cause,una poesia contro il Cantù, Chi fu ve-ramente l’Agnese dei Promessi Spo-si, La grave malattia del Manzoninell’anno 1858, particolari e ricordipersonali, Come morì l’ultima figliadel Manzoni Matilde, Donde vera-mente il Manzoni trasse da un mano-scritto sulla peste di Domodossola laprimissima idea della sua descrizionedella peste di Milano e della morte dipadre Cristoforo, La cronologia deiPromessi Sposi ed una scomessa nel-la villa Stampa a Lesa fatta col Man-zoni nel 1849, Un accenno convivia-le di don Abbondio al cardinale Bor-romeo ed il pranzo di Perpetua inuna pagina ignorata del Manzoni,Memoria sulla suocera di AlessandroManzoni donna Marianna BorriMeda scritta dal sac. don Giulio Rattipreposto parroco di S. Fedele in Mi-lano. anno 1859, Memorie storiche egenealogiche sulla famiglia Manzoni

di Milano, di Val Toleggio e di Val-sassina dalla quale uscì il grandescrittore Alessandro Manzoni, rac-colte dal dr. Giuseppe Garzari diLecco e trascritte con altri documen-ti inediti e sconosciuti dal sac. donGiulio Ratti, Di una amorosa simpa-tia di Alessandro Manzoni per unapoetessa di nobile casato piemonte-se, I personaggi minori e minimi deiPromessi Sposi. Conversazioni criti-che avute a Milano con GiuseppeRovani.

Ratti, Giulio (1801-1869), eRatti, Innocenzo (1806-1883). Ri-servate Memorie su AlessandroManzoni e la sua Famiglia conversi inediti contro di Lui ed unacopiosa raccolta di aneddoti man-zoniani sconosciuta ed inedita delprevosto di S. Fedele in Milanodon Giulio Ratti dal 1831 al 1869parroco del Manzoni ordinati ecompletati dal d.r Innocenzo Rat-ti suo fratello anni 1872 - 78 - 79.

Manoscritto cartaceo di 68 car-

te non numerate (180x120 mm), rac-colto da don Giulio Ratti, prevosto diSan Fedele a Milano, e per 35 anniconfessore e confidente di Alessan-dro Manzoni, ordinato e completatoda suo fratello Innocenzo Ratti. Le-gatura in piena pergamena.

Ratti, Giulio (1801-1869). 1.Memorie sulla vita di don PietroManzoni e di donna Giulia Becca-ria genitori di Alessandro Manzo-ni raccolte dal sac. don Giulio Rat-ti dal 1831 parroco di casa Manzo-ni in San Fedele.

Manoscritto cartaceo di 84pagine numerate (180x115 mm),raccolto da don Giulio Ratti, prevo-sto di San Fedele a Milano, e per 35anni confessore e confidente di Ales-sandro Manzoni. Legatura in mezzapergamena.

Ratti, Giulio (1801-1869).Biografia di donna Teresa Borrivedova del Conte Decio Stampaseconda moglie di Alessandro

Memorie sulla vita di don PietroManzoni e di donna GiuliaBeccaria genitori di AlessandroManzoni e la Biografia di donnaTeresa Borri vedova del ConteDecio Stampa seconda moglie di Alessandro Manzoni, entramberaccolte da don Giulio Ratti, che, prevosto di San Fedele a Milano,fu per 35 anni confessore e confidentedi Alessandro Manzoni. I manoscritticontengono numerose osservazionicuriose sulla biografia manzoniana.

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Manzoni 1799 - 1861 scritta dalsuo parroco don Giulio Ratti pre-vosto di S. Fedele in Milano. 1867.

Manoscritto cartaceo di carte2, pagine 3-26, carte 27-28, pagine29-70, carte 71-72, pagine 73-94 (al-cune carte in parte ripiegate) nume-rate in rosso (190x130 mm), raccoltoda don Giulio Ratti, prevosto di SanFedele a Milano, e per 35 anni con-fessore e confidente di AlessandroManzoni. Legatura in mezza pelle.

Ratti, Giulio (1801-1869), eRatti, Innocenzo (1806-1883). Me-morie manzoniane.

Manoscritto cartaceo di 107carte non numerate (180x115 mm),raccolto da don Giulio Ratti, prevo-sto di San Fedele a Milano, e per 35anni confessore e confidente di Ales-sandro Manzoni, e ordinato dal fra-tello Innocenzo Ratti. Legatura inmezza pelle di riuso. Il manoscrittocontiene “Ricordi ed episodi della vi-ta di Alessandro Manzoni a Lesa dal1839 al 1857 con lettere dello stesso escritti inediti”, una “Raccolta di

LXXI aneddoti manzoniani scono-sciuti o poco noti fatta dal prevosto diSan Fedele in Milano don GiulioRatti dal 1831 al 1869 ... di Alessan-dro Manzoni ordinati dal di lui fra-tello dr. Innocenzo Ratti l’anno 1880con scritti inediti del Manzoni”.

Il caso dei manoscritti attri-buiti a Giulio Ratti, e in parte al fra-tello Innocenzo Ratti, contenentivarie memorie manzoniane, non ènuovo. Come del resto le numerosediscussioni sul fatto che le memoriemanzoniane siano autografe o apo-crife. Per maggiori dettagli, cfr.Claudio Cesare Secchi, Don GiulioRatti prevosto di S. Fedele in Milano …e vescovo mancato, estratto da Studi inonore di mons. Carlo Castiglioni (Mila-no, Giuffrè, 1957), Paolo Bellezza,Aneddoti manzoniani, a cura di Clau-dio Cesare Secchi (Milano, Alle-gretti, 1978) e la più recente pubbli-cazione di Pier Carlo Masini, Man-zoni (Pisa, Masini, 1996, Collanaperduti e ritrovati I).

Il ritratto di Manzoni in ovale in fotografia, preso dall’albumVedute prese dal vero neidintorni di Lecco di G.B. Ganzini;le Riservate Memorie suAlessandro Manzoni e la sua Famiglia e la Cronologiadei Promessi Sposi, entramberaccolte da Giulio Ratti

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