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Si ringrazia la Biblioteca Apostolica Vaticana. La curatrice, inoltre, è grata a Enzo Mattesini e Ugo Vignuzzi, direttori della rivista «Contributi di Filologia dell’Italia Mediana», per avere autorizzato la ristampa di parte del presente lavoro.

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ARACNE

«Caro Peppe mio……tua Cicia»

L’epistolario di Maria Conti Bellial marito e al figlio

Edizione critica, commento linguistico e glossario

a cura diRita Fresu

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via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1001-3

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre 2006

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Ricordando nonno Giggi e il suo romanesco

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Indice

Premessa ...................................................................................................... 9

I. Introduzione I.1. Epistolari, scrittura femminile e storia linguistica .............................. 11 I.2. I corpora ............................................................................................. 15 I.3. Donna d’affari, sposa devota, madre affezionata ................................ 16 I.4. La lingua delle lettere .......................................................................... 26I.5. Belli, Mariuccia e i semicolti .............................................................. 31

I.5.1. Interventi correttori di Belli ................................................. 3

II. Analisi linguistica II.1. Grafia e paragrafematica

II.1.1. Incertezze del ductus, autocorrezioni, fenomeni grafici .... 39 II.1.2. Segmentazione nei cambi di rigo ....................................... 41 II.1.3. Il confine della parola ........................................................ 41 II.1.4. I diacritici ........................................................................... 42 II.1.5. Gruppi grafematici ............................................................. 43

II.2. Osservazioni sull’interpunzione ........................................................ 44 II.3. Fonetica II.3.1. Vocalismo ....................................................................................... 46

II.3.1.1. Vocalismo tonico ............................................................ 46 II.3.1.2. Vocalismo atono ............................................................. 49

II.3.1.2.1. Protonia ........................................................... 49 II.3.1.2.2. Postonia ........................................................... 52 II.3.1.2.3. Casi particolari di vocalismo atono ................. 52

II.3.2. Consonantismo ............................................................................... 53 II.3.2.1. Gradi di intensità consonantica ....................................... 53 II.3.2.2. Oscillazione fra consonanti sorde e sonore ..................... 57 II.3.2.3. Affricazione della sibilante ............................................. 58 II.3.2.4. Nessi di consonante + jod ............................................... 59 II.3.2.5. Altri fenomeni consonantici ............................................ 59

II.3.3. Fenomeni generali .......................................................................... 60

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II.4. Morfosintassi II.4.1. Articoli e preposizioni ........................................................ 61 II.4.2. Nomi, aggettivi, congiunzioni, elementi avverbiali ........... 62 II.4.3. Pronomi e aggettivi indefiniti e dimostrativi ..................... 65 II.4.4. Sistema pronominale .......................................................... 65 II.4.5. Il verbo: forme e usi ........................................................... 69

II.5. Sintassi e testualità

II.5.1. Articolazione testuale della lettera ..................................... 72 II.5.2. Ordine dei costituenti e strategie di tematizzazione ........... 75 II.5.3. Polifunzionalità di che ....................................................... 78 II.5.4. Sovraestensione di dove ..................................................... 81 II.5.5. I costrutti ipotetici e condizionali-restrittivi ....................... 82 II.5.6. Il discorso riportato ............................................................ 85 II.5.7. Lo stile nominale ............................................................... 87 II.5.8. Il riflesso dell’oralità........................................................... 88

II.6. Lessico e fraseologia

II.6.1. La stratificazione lessicale delle lettere tra pluralità di registri e condizionamenti di genere .......... 91

III. Edizione delle lettere III.0. Nota al testo .................................................................................... 101 III.1. Corpus A: Mariuccia al marito ........................................................ 102 III.2. Corpus B: Mariuccia al figlio Ciro ................................................ 152

IV. Glossario IV.0. Avvertenza al glossario .................................................................. 161 IV.1. Glossario ........................................................................................ 162 Bibliografia .............................................................................................. 183 Indice delle forme e degli argomenti ....................................................... 197

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Premessa

Raccolgo in questo volumetto il contributo Una scrittura femminile di primo Ottocento: le lettere di Mariuccia nel Carteggio Conti Pichi Belli, pubblicato in «Contributi di Filologia dell’Italia Mediana» 13 (1999): 111-140 [prima parte]; 14 (2000): 165-206 [seconda parte]; 15 (2001): 143-180 [terza parte]; 16 (2002): 209-246 [quarta parte].

Per motivi di spazio non fu allora possibile dare alle stampe tutte le lettere che Mariuccia scrisse al Belli, delle quali tuttavia già nel 1999 era stata approntata l’edizione, anche ai fini dello spoglio linguistico. In questa sede quindi si pubblica l’intero corpus costituito da 77 lettere di Maria a Peppe e 11 della stessa a Ciro.

Il notevole interesse interdisciplinare per il genere degli epistolari privati e l’incremento di contributi filologico-linguistici registrato negli ultimi anni riguardo a tali produzioni, soprattutto di mano femminile, hanno reso opportuno aggiornare il commento che accompagna l’edizione, in particolare l’inquadramento teorico che apre lo studio, che dunque è stato ampiamente rielaborato e introdotto da un paragrafo inziale inedito.

Anche le sezioni relative all’analisi e al glossario sono state integrate e riviste dove è parso indispensabile per eliminare refusi e incoerenze. Non segnalo tali interventi, tranne gli eventuali aggiornamenti bibliografici, inclusi entro parentesi quadre.

Rita Fresu Roma, novembre 2006

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I. Introduzione I.1. Epistolari, scrittura femminile e storia linguistica

Accade, da qualche tempo, e sempre più frequentemente, che da archivi e

fondi privati si affaccino testimonianze di mano femminile, talvolta dalle inaspettate competenze linguistiche, considerate quelle che potevano essere le possibilità di acculturazione per una donna del passato.

Tra queste si può annoverare anche il caso dell’epistolario di Maria Conti, gentildonna romana vissuta fra la fine del Settecento e il primo quarantennio dell’Ottocento, certamente meno anonima di altre scriventi perché sposa del «miglior fabbro su cui il romanesco abbia potuto contare nel corso della sua storia»1.

Nel 1984 M. Adelaide Caponigro pubblicò, in appendice al volume Le donne di Belli, un’edizione parziale delle lettere che Maria scrisse al celebre consorte. Nel suo contributo la studiosa ricostruiva l’influsso dell’universo femminile in Belli attraverso la disamina di documenti di varia provenienza, tra cui, appunto, anche le missive della moglie, sino ad allora inedite.

Un tale disinteresse da parte dei precedenti biografi del Belli appare incomprensibile, sia sotto il profilo storico-letterario, a giudicare dall’importanza che la figura di Maria ebbe nella vita privata e artistica del marito, sia sotto l’aspetto connesso alla lingua e all’uso che Belli seppe fare di tale strumento. Tenendo conto, infatti, della straordinaria sensibilità unanimemente riconosciuta al poeta nei confronti della variazione linguistica, sembra quasi impossibile che si sia potuto resistere, per tanto tempo, alla tentazione di accostarsi alla dimensione linguistica privata di una delle persone a lui più vicine, e per questo verosimile fonte di ispirazione, e di esaminarne la scrittura, spontanea e libera da condizionamenti diafasici, come appunto quella della lettera destinata ai propri cari2.

1 Cfr. SERIANNI 1989d: 296. 2 I tratti di autenticità del genere epistolare (e più in generale il rapporto tra occasioni di

scrittura senza fini letterari, i contenuti e gli stili) sono stati discussi in MORTARA GARAVELLI 1988: 163-164 e ricordati in D’ACHILLE 1994: 53. Riguardo alle teorie circa lo statuto della lettera si rinvia alla bibliografia indicata in AGOSTINELLI 2006: 209-210 n6, di cui ai fini della nostra indagine, andranno in particolare ricordati, per la corrispondenza dall’antichità a oggi, almeno CHEMELLO 1998 e per le produzioni più colte del XIX secolo cfr. TELLINI 2002. Sulla specificità della scrittura epistolare intesa sia come strumento di comunicazione ordinario, sia come genere letterario “maschile”, ma nel contempo “pratica femminile”, imprescindibile è il rimando a ZARRI 1999 (e pare confermare tale specificità il recente volume miscellaneo BARBARULLI-FARNETTI 2005 dedicato a scambi epistolari otto e novecenteschi, non solo di dominio italiano, tra donne).

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E proprio la caratteristica di tale tipologia testuale intesa come «genere a metà tra lingua letteraria e lingua quotidiana»3 ha suscitato, negli ultimi anni, l’interesse degli studiosi e prodotto, nello specifico, un notevole incremento di edizioni e sondaggi su epistolari familiari di scriventi di vario livello diastratico e di differente provenienza geografica4.

Tale attenzione pare allinearsi in primo luogo con gli orientamenti che da tempo hanno iniziato a ritenere il condizionamento generato dalla classe di testo come uno dei parametri fondamentali della ricognizione linguistica5. In secondo luogo si inserisce in una prospettiva che sembra in parte confermare la graduale riformulazione che ha coinvolto gli studi relativi alla scritture lontane da fini letterari, non più interpretate soltanto come prodotti dei poli diastraticamente più bassi, bensì valutate nella loro molteplice e articolata gamma di realizzazioni intermedie6.

3 Cfr. ANTONELLI 2001a: 123. Già FOLENA 1985: 5-9 ha insistito sulla funzione storica della

comunicazione epistolare «in rapporto all’alfabetizzazione ed ai modelli di scrittura» e soprattutto come «testimonianza non tanto di ‘italiano popolare’ quanto di lingua scritta informale». La definizione della lettera familiare è discussa in MARZULLO 2002: 85-86 e ANTONELLI 2003: 12-14 (ma sugli scambi epistolari privati tra familiari e amici nel periodo compreso tra XVIII e XX secolo cfr. anche BETRI-MALDINI CHIARITO 2000 e RUSSO 2006).

4 Tra le iniziative più recenti andrà ricordato il CEOD (Corpus Epistolare Ottocentesco Digitale), ideato e realizzato dall’Università per stranieri di Siena (coordinatore scientifico Massimo Palermo) e dall’Università di Cassino (coordinatori scientifici Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo) nell’ambito del progamma COFIN 2001 «Tradizioni e testi. Edizioni, studi e strumenti per la Biblioteca Italiana Digitale», coordinato da Amedeo Quondam, che raccoglie epistolari di scriventi non scrittori redatti tra l’inizio del XIX secolo e il primo decennio del Novecento, consultabile e interrogabile con modalità di ricerca avanzata all’indirizzo http://www.unistrasi.it/ceod/. Notevoli risultati sono stati raggiunti anche sul fronte di accertamenti linguistici relativi a tale genere, per cui cfr. ANTONELLI 2001a e 2001b e soprattutto, dello stesso studioso, l’ampia monografia del 2003; il contributo di SAVINI 2002, i saggi contenuti in ANTONELLI-CHIUMMO-PALERMO 2004. Una cospicua parte di interventi è dedicata alla epistolografia femminile (laica o religiosa): cfr., solo per limitarci a quelli ottocenteschi, MARZULLO 2002; POGGIOGALLI 2004; BIASCI 2004; RATI 2004; AGOSTINELLI 2006: 237-280; LORENZETTI 2006 e, con una diversa prospettiva di indagine (basata sul confronto tra scriventi maschili e femminili), FRESU 2003. Vanno inoltre ricordati alcuni importanti antecedenti tra cui, solo per limitarci all’epoca grosso modo coeva alla Conti, BIANCONI 1987 sul Carteggio Oldelli e le osservazioni linguistiche sulla miniatrice Teresa Fioroni per le quali cfr. SERIANNI 1989a: 173-177; a un livello più elevato, il Carteggio Verdi-Ricordi in SERIANNI 2002c (e in merito agli interventi correttori di Giuseppina Strepponi su lettere stilate da Verdi cfr. SERIANNI 1989g: 127-128).

5 Per un primo quadro di riferimento sulla variabile diagenerica in rapporto alle scritture non letterarie cfr. FRESU 2004: 745-747.

6 Gli studi linguistici italiani hanno progressivamente abbandonato la visione dicotomica che ha per molto tempo privilegiato nelle analisi i «poli estremi di un ideale continuum di scrittura» come messo in luce da SERIANNI 2004: 51-52 proprio in merito al genere epistolare. Un tale mutamento di prospettiva sta avendo evidenti ricadute nel settore delle scritture non istituzionali, inducendo gli addetti ai lavori a una riorganizzazione sistematica che coinvolge tanto gli aspetti teorici e metodologici della questione, come ad esempio un ripensamento

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Proprio in tale direzione acquistano maggiore significato le ricognizioni condotte sulle produzioni non letterarie femminili che, a differenza di quelle maschili 7 , risultano ancora scarsamente rappresentate negli studi. Tale lacuna, causata talvolta anche dalla mancanza di edizioni filologicamente attendibili8, ha sinora impedito di delineare con chiarezza le varietà medie di lingua scritta (e parlata) dalle donne9.

La repertoriazione e la trascrizione di scritture femminili, invece, rappresentano i primi imprescindibili passi verso la realizzazione di corpora da affiancare in modo sistematico ad analoghi e coevi documenti di scriventi maschili. Ciò costituisce un requisito indispensabile per condurre sondaggi anche sul rapporto tra lingua e gender in un’ottica realmente oggettiva, come pochi studi hanno fatto10.

della classificazione tipologica dei testi, quanto i risvolti applicativi, come l’esigenza di estendere la disamina linguistica a livelli meno battuti, in particolare quello sintattico-testuale e pragmatico (sulla questione cfr. la sintesi introduttiva in CANTONI-FRESU in stampa).

7 Impossibile in questa sede riassumere gli innumerevoli interventi relativi a edizioni e analisi di testi non letterari, per cui si rinvia al tuttora insuperato D’ACHILLE 1994 (ricordando che nell’ultimo decennio si registrano molte altre acquisizioni) e ai numerosi spunti contenuti in BARTOLI LANGELI 2000.

8 La necessità di adottare soluzioni conservatrici e di trascrivere gli epistolari con scrupoloso rispetto degli originali sembra ormai un requisito assodato per garantire una lettura trasversale e nel contempo specialistica di questa particolare classe di testi (cfr. MARZULLO 2003: 286-290; PALERMO 2004: 14-16. Sulla metodologia ecdotica dei carteggi agli interventi contenuti in D’AURIA 1989; sulla questione si veda anche LUBELLO 1997).

9 Sembra tuttavia di poter affermare che le indagini più recenti stiano colmando le lacune riconducibili a quel ritardo denunciato da MATTESINI-VIGNUZZI 2000: 305 nelle ricerche storiche-linguistiche italiane, in cui appunto si parla di una «cecità selettiva» verso le donne scriventi.

10 La riflessione teorica sul genere sembra essersi fatta negli ultimi anni più consapevole, sebbene manchi ancora nel panorama italiano una sintesi che inquadri il problema in maniera organica. Come noto nel nostro paese la questione si è sviluppata attraverso due orientamenti nei quali il genere è rispettivamente inteso come categoria grammaticale, confluito nel dibattito sul sessismo, o come variabile sociolinguistica, con discussioni relative alla (effettiva o presunta) differenza d’uso dello strumento linguistico da parte dei due sessi. Al fondamentale intervento di MARCATO 1988 (preceduto da alcune importanti anticipazioni, tra cui CARDONA 1976: 77-81; BERRUTO 1980: 133-151 e soprattutto BERRETTA 1983), hanno fatto seguito molti altri contributi, tra i quali, solo per limitarci al dominio italiano, quelli contenuti in MARCATO 1995; e ancora, da diverse angolazioni, ROBUSTELLI 2000; ORLETTI 2001; MARCATO-THÜNE 2002. Un ampio excursus bibliografico è offerto in AGOSTINELLI 2006: 237-239 nn1-4, a cui si può aggiungere il recente volume miscellaneo LURAGHI-OLITA 2006 (soprattutto la parte introduttiva alle pp. 27-41) e di quest’ultimo in particolare l’articolo di BAZZANELLA-FORNARA-MANERA 2006, cui si rinvia, alle pp. 155-163, per una breve sintesi degli orientamenti e per una discussione critica dei siti presenti in Internet dedicati al linguaggio delle donne e al gender. A una riflessione transdisciplinare di più ampio respiro sulla cultura di genere, che muove principalmente dal mondo classico, inteso come momento di formazione delle strutture concettuali, è dedicato BERRETTONI 2002. Fuori dal panorama nazionale, tra le acquisizioni più recenti che affrontano la questione in termini generali, anche

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Nella maggior parte dei casi, infatti, i contributi hanno adottato una visuale sbilanciata, servendosi di campioni di corpora (soprattutto parlati e contemporanei, più raramente scritti e relativi al passato) prodotti esclusivamente da donne, alla ricerca della sola specificità femminile, confermando o, viceversa, confutando gli stereotipi diffusi e tradizionalmente attribuiti al linguaggio delle donne. Anche gli studi, peraltro non numerosissimi, che hanno avviato un confronto tra linguaggio maschile e femminile mediante l’accostamento di corpora coevi e simili per contesto e tipologia testuale hanno spesso dimostrato un inconscio condizionamento di prospettiva e condotto analisi in chiave occultamente prototipica maschile11.

Del resto, per quello che riguarda la nostra vicenda culturale e linguistica, non sarebbe potuto essere altrimenti. Condurre un’indagine alla ricerca di una eventuale specificità linguistica maschile risulterebbe difficile, se non impossibile. La norma della nostra lingua, infatti, è stata elaborata e codificata da uomini e sostanzialmente per quegli uomini, ai quali, in un passato non troppo lontano, era riservato l’accesso alla cultura e soprattutto alle occasioni di scrittura12.

Tali deprivazioni culturali subite dalla condizione femminile, da tempo descritte dagli women’s and gender studies, cui si accennava anche in apertura, hanno costituito un altro indiretto condizionamento alla speculazione teorica sui rapporti tra lingua e genere, favorendo il ricorso al topos dell’emarginazione delle donne dal mondo della lettura e della scrittura per giustificare come specificatamente femminili una serie di tratti (disartrie sintattico-testuali, moduli dell’oralità, uso del dialetto, presenza di alterati e di formule attenuative) spesso invece rintracciabili anche in scritture maschili di pari livello socio-culturale.

A ciò va aggiunto che spesso le ricognizioni sulle scritture autografe

in rapporto alla complessità della relazione tra i generi, cfr. almeno BRAUN-STEPHAN 2000 e KLANN-DELIUS 2005; molto articolata, e relativa a diverse lingue, infine, è la bibliografia proposta da Elisabeth Burr Bibliographie zu Gender, consultabile in rete all’indirizzo http://www.uni-duisburg.de/Fak2/FremdPhil /Romanistik/Personal/Burr/gender/Biblio.shtml.

11 Sulla questione relativa all’attribuzione di prototipicità al linguaggio maschile si rimanda per brevità a FRESU 2003 (in particolare alle pp. 93-96).

12 Riguardo alle dinamiche e ai canali di acculturazione a Roma nel periodo grosso modo coevo a Maria Conti cfr. FRESU 2005: 172-176. Sull’istruzione delle donne, con particolare riferimento alla divergenza tra sessi e all’alterità del sapere femminile, utilitaristico e domestico, sono a disposizione molti contributi che hanno illustrato anche i differenti ambiti di applicazione (ossia le occasioni di scrittura), persino per quelle donne che appartenevano a strati socialmente più elevati: in questa sede ci si limiterà a rinviare alla rassegna bibliografica relativa all’educazione femminile negli stati italiani pre- e postunitari suggerita in FRESU 2001 [ma 2003]: 259-272, di cui, ai fini della nostra indagine, andranno ricordati, tra i molti, almeno gli studi contenuti in SOLDANI 1989, in BESEGHI-TELMON 1992 e in CAMBI-ULIVIERI 1994; e ancora COVATO 1991 e ULIVIERI 1999, in particolare pp. 204-208 e 229-240.

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femminili sono state condotte soprattutto su testi di estrazione popolare, o comunque di livello basso 13 , circostanza che ha contribuito a rafforzare ulteriormente il binomio tra scrittura/lingua femminile e deviazione dalla norma.

Si comprende, da ciò, la necessità di orientare l’attenzione anche verso prodotti femminili medio-alti, la cui disamina consentirebbe di fare luce sulle modalità di un’alfabetizzazione e di una perizia scrittoria rese certamente difficili da particolari condizioni sociali, alle quali, però, alcune donne hanno saputo - e forse potuto - sottrarsi, raggiungendo un grado di familiarità con la penna che, come detto, non sembra differire molto da quello di alcuni scriventi maschili del medesimo livello diastratico e negli stessi generi testuali.

Questo breve viaggio attraverso le lettere di Mariuccia, come affettuosamente la chiamava il marito, si propone dunque di sondare i tratti più ricorrenti della varietà scritta da essa impiegata, verificandone tangenze con la lingua d’uso del tempo e interferenze con il sostrato locale e con l’oralità. Si è tentato inoltre di interpretare, laddove possibile, i fenomeni esperiti in una prospettiva di gender, registrando la presenza o l’assenza di tratti normalmente definiti dalla letteratura sull’argomento come propri del linguaggio femminile, e rilevandone, rispetto a questi ultimi, punti di contatto o, viceversa, e più spesso, divergenze.

I.2. I corpora Le lettere che Maria scrive al marito (corpus A) in occasione dei viaggi di

lui sono 77, coprono gli anni 1829-1837 14 e sono conservate presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel fondo sono inoltre custodite anche 11 lettere inedite (corpus B) che la Conti indirizza al figlio “Sig.r Ciro Belli, convittore nel Collegio Pio di Perugia”15 (su cui cfr. § I.5.).

Le missive sono autografe, fatta eccezione per le n. 1297 e 1407 vergate da altra mano sotto probabile dettatura di Maria (riportate nell’edizione, ma escluse dall’esame linguistico)16.

13 Si pensi, ad es., alle scritture di bottegaie, cucitrici, suore e religiose appena alfabetizzate

(cfr. le indicazioni in D’ACHILLE 1994: 61-62 e BARTOLI LANGELI 2000: 128-134, cui si rinvia anche per la nota bibliografica alle pp. 140-141).

14 Precisamente dal 22 agosto 1829 al 27 giugno 1837 (ma l’ultima è forse solo dettata; la penultima è del 9 luglio 1836).

15 Così appare l’intestazione sul retro delle lettere. Per un quadro di riferimento di ambedue i corpora cfr. la tabella 1. Nel fondo sono state rinvenute anche le copie di alcuni documenti scritti di Maria (lettere, relazioni e atti) esclusi dall’indagine.

16 Per maggiori dettagli si vedano le note all’edizione delle due lettere.

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La maggior parte dei 77 documenti del corpus A si sviluppa sul recto e verso di uno stesso foglio di circa cm 40 x 26 piegato in due, per un totale di 3 facciate al massimo per lettera; la quarta facciata è riservata all’intestazione e l’indirizzo del destinatario. Solo 28 lettere sono della lunghezza di una facciata; altre 28 constano di due facciate in recto/verso; le restanti 19 lettere sono di tre facciate; 2 lettere infine si sviluppano su tutte e quattro le facciate: si ha così un totale di 149 pagine.

Più brevi le 11 epistole indirizzate a Ciro vergate su fogli pressoché uguali a quelli sopra descritti: soltanto 3 sono recto/verso, una a tre facciate; le rimanenti 7 sono di una facciata per un totale di 16 pagine.

È parso opportuno conservare, per ambedue i corpora, il numero (in parentesi quadre nell’edizione) corrispondente a quello di inventario del catalogo della Biblioteca Apostolica Vaticana (Carte Belli 450, Fondo Guglielmo Janni)17. I riferimenti preceduti dalla lettera B si riferiscono alle lettere scritte da Maria a Ciro. Per i criteri editoriali si rinvia al § III.0.

I.3. Donna d’affari, sposa devota, madre affezionata Pensando a quelle che furono le vicende del Belli e alle condizioni nelle

quali i due si conobbero e si unirono è fin troppo facile alludere al classico matrimonio di convenienza. Ciò nonostante quasi tutti coloro che si sono occupati di Maria non hanno potuto fare a meno di constatare un sentimento sincero tra i due sposi: discreto e quasi materno da parte di lei (che aveva desiderato a tutti i costi unirsi con Peppe), intenso e rispettoso quello che trapela dagli scritti di Gioachino nei confronti della moglie18.

17 Si indica soltanto il primo numero, anche nei casi di lettere identificati da più cifre (es.

lettera n. 887-88 > 887). 18 Si vedano le osservazioni di GIBELLINI 1984 nell’Introduzione ai Sonetti, p. LXXXIII in cui

parla di «ventun anni di matrimonio improntati, se non ad amore, a profondo e affettuoso rispetto». Della figura di Maria e delle nozze con il poeta hanno ovviamente parlato quasi tutti i biografi e gli studiosi del Belli: GNOLI 1942: 29ss; SPAGNOLETTI 1961: 15; MAZZOCCHI ALEMANNI 1973: 98; TEODONIO 1992: 33 e 1993: 97ss. Per i riflessi che l’avvenimento biografico ha avuto sulla produzione poetica del Belli cfr. VIGOLO 1963: 43ss. La migliore testimonianza della figura di Maria però proviene soprattutto dagli studi che Guglielmo Janni, figlio di Teresa Belli (figlia di Ciro), ha scrupolosamente condotto conservando e trascrivendo i documenti che la riguardarono (cfr. JANNI 1967). Alcune notizie sulle prime nozze della gentildonna romana sono reperibili in LIBURDI 1961: 81-96 in cui sono pubblicate anche due lettere che Maria scrisse nel 1813 al Cav. Giuseppe Neroni Cancelli di San Benedetto del Tronto al quale la legava una giovanile amicizia sin dai primi anni del secolo; lo studioso segnala uno scambio epistolare tra i due rinvenuto nelle carte della famiglia Neroni. Per una ricostruzione del rapporto Gioachino-Maria cfr. inoltre il già citato CAPONIGRO 1984. [Sulla biografia di Maria si veda ora anche l’accurata ricostruzione offerta in VIGNALI 2002: 120-123, in cui sono pubblicate una sessantina di lettere inedite di Belli a Mariuccia].

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La donna, nata nel 178119, unica erede dei beni della sua famiglia, aveva sposato all’inizio del secolo l’anconetano Giulio Pichi, ma se ne era separata nel 1813 a causa della pazzia di lui; una follia che lo condusse alla morte, rendendo Maria vedova e facoltosa20. La Conti infatti aveva stipulato lo stesso anno un compromesso con i parenti del Pichi per il rimpatrio del consorte, ma soprattutto per la garanzia della propria dote, ottenendo alcuni privilegi patrimoniali nei territori delle Marche21.

Nonostante l’abilità con la quale riuscì a salvaguardare i propri interessi economici, Maria uscì emotivamente prostrata dall’amara vicenda coniugale con il patrizio anconetano 22 . Pochi mesi dopo però si apriva un nuovo capitolo della sua esistenza e nello stesso anno della morte del suo primo marito la gentildonna romana diveniva la moglie di Belli23.

19 [Come osserva VIGNALI 2002: 120 n2, l’esatta età di Maria è stata a lungo ignota e

soltanto grazie a REBECCHINI 1970: 63 si è potuti risalire alla data di nascita del 15 agosto 1781].

20 In seguito ad alcune dispendiose controversie Giulio Pichi dissipò nel giro di un anno un patrimonio di circa trentamila scudi. Morì nel 1816 presso la casa paterna, dove era tornato tre anni prima, indigente e mentalmente instabile. In una delle lettere all’amico Neroni, datata 18.12.1813, la Conti parla chiaramente di una «cattiva amica, una donnaccia che à frequentato, per il corso di otto anni, lò anno ridotto ad estrema miseria; ed un fiero spavento avuto in casa di questa birbona, dà due anni circa gli à fatto perdere il cervello» (cfr. LIBURDI 1961: 94).

21 Scrive ancora Maria a Neroni: «Giulio lo abbiamo rimandato in Ancona, ed ora davero non ci sta più affatto con là Testa, il Fratello si è incaricato di mantenerlo, ed Io mi sono indossato, il non piccolo peso di quietare qui tutti i creditori, che non sono in piccolo numero, e vi accerto, che ò tanto dà fare, che appena ò il tempo di mangiare è dormire» (cfr. LIBURDI 1961: 94). Le lettere che Maria scrive all’amico sono infatti una richiesta d’aiuto per recuperare alcuni crediti del moroso Filippo Vulpiani di Acquaviva, poi residente a Ripatransone, dove Neroni appunto dimorava.

22 Ancora nella lettera del 18.12.1813 all’amico Neroni la donna si confida: «per quanto dà voi dipende di rendere vostra Moglie felice, nessuna meglio di mè è in grado di compiangere quelle, che non lo sono [...]; amico mio siate certo, che parlo per esperienza niun Tesoro al Mondo eguaglia la pace domestica [...]. Se voi mi vedeste [...] direste, che piuttosto della mia persona, e in tutti i generi la mia ombra, che gira; ed imparticolare nel carattere, essendo diventata della estrema serietà, e passando il mio tempo quasi sempre solissima nella mia camera» (cfr. LIBURDI 1961: 94).

23 Maria incontra il Belli in occasione di un’adunanza dell’Accademia Tiberina. Francesco Spada, amico del poeta e autore di alcune note biografiche sulla sua vita racconta: «E fu appunto per uno di questi parlari in certa conversazione, che essendo caduto il discorso particolarmente sul Belli e sui casi della sua vita, una gentile signora desiderò di farne conoscenza. Ella, donna di pronto ingegno, franchissima parlatrice, ed oltre a ciò vedova facoltosa e l’unica ereditiera di sua famiglia, rimase presa tenacemente, non dirò tanto all’aspetto, benché allora molto attrattivo del nostro giovine, quanto alle sue maniere e al suo spirito» (cfr. TEODONIO 1992: 32-33).

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Di dieci anni più anziana, la Conti forse non rappresentò l’amore per il poeta, ma certamente costituì per lui il porto sicuro entro il quale potersi abbandonare, libero finalmente da preoccupazioni pratiche ed economiche24.

Dal canto suo Maria, consapevole della sua maturità, si limitò a un affetto schietto e generoso, badando sempre alla salute e al benessere del marito, finché i suoi mezzi lo consentirono e celando il dissesto economico incontro al quale alla fine sarebbero andati.

Del particolare legame dunque che unì Gioachino e Mariuccia ci rimane questo fitto carteggio dal quale trapelano, con la delicatezza e il pudore consoni al modo di esternare gli affetti del tempo25, i sentimenti di reciproca stima che li tennero uniti, che si rafforzarono dopo la nascita di Ciro nel 1824 e che perdurarono fino alla morte di lei, avvenuta il 2 luglio 183726.

Più che le testimonianze altrui, sono le stesse parole vergate da Maria ai

suoi congiunti che svelano l’immagine di una moglie affettuosa e devota, di una madre attenta e apprensiva, di una straordinaria donna d’affari, dotata di grande forza interiore e di una notevole ironia verso se stessa e verso la società circostante27.

Nelle lettere costante è la preoccupazione per il benessere dei suoi cari:

Quanto mi è stato di consolazione il sentire | il tutto ottimo arrivo altretanto di ramari=|co mi riesce il non potere vivere perfettamen=|te tranquilla sopra alla tua salute (587); Come | diavolo il tuo raffredore è così ostina-|to levatolo dà torno per carità (628);

24 Sempre in Spada leggiamo: «In breve, l’interesse della vedova divenne amicizia, questa

si cambiò in amore, e finalmente gli offerse la sua mano. Il Belli da prima rifiutò, dichiarando che mai non si sarebbe piegato a vivere a carico di sua moglie. Essa, che ad ogni costo voleva venirne a capo, confidossi allora colla Principessa di Piombino sua amica: la quale, presone vivo interesse, recossi dal Segretario di Stato, cardinal Consalvi, e n’ebbe promessa per Belli d’un conveniente impiego» (cfr. TEODONIO 1992: 33). Nell’agosto del 1816, infatti, Belli è nominato terzo commesso del deposito della Carta Bollata e Registro e nel settembre dello stesso anno si sposa e si trasferisce a palazzo Poli.

25 [Sull’evoluzione dei rapporti familiari tra XVIII e XIX secolo e sul conseguente cambiamento del ruolo della donna, sia come moglie, sia come madre, cfr. l’ampia bibliografia suggerita in AGOSTINELLI 2006: 25-60 (in particolare p. 25 n1 e p. 27 n4)].

26 Lo smarrimento che la morte di Maria deve aver procurato nell’animo del poeta si avverte nelle parole di Gioachino nella nota lettera del 2 novembre 1837 a Giuseppe Neroni: «Ella mi era tutto: moglie, amica, madre, consolatrice amorosissima. Tutto mi è mancato con Lei. E nel mio temperamento cupo, concentrato, malinconico, irritabile, figuratevi il mio stato di isolamento come debba essermi insopportabile» (cfr. SPAGNOLETTI 1961: I, pp. 401-402, lettera 270).

27 [Alla posizione delle donne appartenenti a strati medio-alti all’interno del contesto sociale dell’epoca sono dedicati i contributi contenuti in BETRI-BRAMBILLA 2004].

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il non | sentire in essa parlare affatto del tuo raf-|fredore, mi fà assolutamente sperare, che sé | non è guarito, sia almeno in gran parte | diminuito (630); spero che assolutamente tù stai meglio, | anzi sei guarito (632); quello, che di vero cuore mi | ramarica è il sentirti mezzo amalazato, e ti=|mpongo assolutamente che vadino_le cose come | vogliono andare penzi assolutamente altro, che | alla tua salute a mé troppo cara, ed atutto | in appresso vi sarà rimedio (943); Mazzucchelli mi | aveva detto, che sè ti seguitava con qual=|che pertinacia tanto il rosore interno, che | il Viscido averti messo un visigantino, mà | ciò nel estremo caso, altrimenti non stu=|zicassi niente. Un funestissimo esempio ac-|caduto sotto i miei occhi in questi giorni, | mi à fatto sul momento decidere à vac-|cinare il nos.o Ciro; già ò Parlato al Medi=|co è si cerca à furia un pusse buono | per farlo al momento (589). Ricevo la tua è [‘e’] sono ramaricatissima del male | di ciro, dio voglia, che la cosa sia così leggera come | tù ma la dipinghi; ciò che più mi angustia sì è | che non vorrei, che ora con la continua applicazio=|ne questo male le divenisse abbituale […]; io sono più che sicura | che come il male di ciro non sarà più che per=|fettamente dileguato tù non penserai ad abban=||donarmelo, pensa che la vista è la cosa più pre=|ziosa che abbiamo è conviene in uno di così te=|nera età pensare seriamente che questa ma=|latia non divenga abbituale (900).

A questo sentimento si intreccia uno zelo instancabile nella gestione degli

affari. La centralità della sfera finanziaria emerge tanto nelle missive a Peppe, quanto in quelle indirizzate a Ciro:

L’affare Bertinelli pare conciliato sebene | ancora non del tutto ultimato vedremo (878); Sono fina=|lmente cominciata à venire un poco in chia=|ro del affare Canale, con la Missione (957); Dimani mi occuperò | del affare del Ipoteche (943); Dimi se hai Memoria se in questi 99: bajoc., | che abbiamo fatti pagare ultimamente da Ber-|tolazzi à Giacopetti vi fossero Compresi quelli | baj 36: di prima ò vero quelli fossero già | fati pagati, e dà noi non mai rimborsati | alla Moglie (536); Mi adoprerò | di trovare questo Sig.r Barba nera, mà | io da Stocchi non hò avuto avviso, | è ne tampoco ho veduto un bajocco (741); riguardo al venire | i nostri affari richiedono assolutamen=|te ancora per qualche | tempo la mia | presenza quì, nè potrei abbandonarli | che con grandi sagrifizi, li quali sono | certa che tu non vorrai permettere | che io faccia: vivi per altro sicuro che | se mi si darà un piccolo largo io vo=|lerò ad abbracciarti ed a restare qualche | poco con tè, e ciò deve bastarti per vive=|re tranquillo (B1179).

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La premura e il discernimento con i quali amministrò i suoi negozi la assorbirono a tal punto da renderla sempre indaffaratissima:

Caro Peppe Tù non lò crederai ma io alle | tue non posso, che rispondere in fretta | du righe, mi sì è dato un incaglio di cose | per cui non ho il tempo (546); Due righe in somma fretta, perché malgrado | il tempo orribile, che tù dici, è che | anche noi esperimentiamo mi conviene | escire à radunare un poco di denaro, | avendo data la mia parola à Ballanti | di pagarlo in settimana (741); Sono affollatissima di brighe, essendo fine, e | principio di mese, onde non ti scrivo, che | due sole righe (855); moltissime | volte mi manca proprio il tempo, e | perciò sono costretta di farti sempre | scrivere da Papà (B1179)

e spesso costretta a coinvolgere lo stesso consorte:

Ricordati l’affaruccio | Setacci, se non erro (628); Mi raccomando per | l’affare di Bianchi, il quale è di già stato | lungo oltre modo (811); Godo sentire, che le nos.e facende | di Terni pare, che prendino tutte buona piega, | ramenta anche l’affare Brenciardi Per Valle | Caprina (878); Come già tì dissi in altra mia, non posso esi=|mermi di mandarti la citazione per il | Bianchi, pregandoti di farla presentare nel=|le regole; tì averto per carità che questa | mi necesita che sia quì di ritorno per il | giorno dodici, e niente più tardi, mi | fido à tè, è tanto basta (830)

con il quale sovente argomenta gli esiti meno favorevoli, talvolta irritata:

Riguardo al | affare Canale anche io dico, che sarebbe | meglio prendere tutto insieme, mà quan=|do sarà ! Tutte le cose sono eterne; vedre=|mo se Esso viene dà mè cosa saprà dir=|mi; ciò, che tì faccio riflettere è, che | un ribasso di cento scudi è cosa troppo | forte, è che sono tempi, che tutti badano | anche ad un baj.o, è vedi quanti hanni | sono, che io aspetto, onde se si condo=|nassero una sessantina di scudi frà tutto | mi sembra non potessero lagnarsi, bene | inteso per altro, che sì prendino un quat=|rino sopra l’altro (929); quì tutti mancano alli Pagamen=|ti, ed intanto io devo pagare di certo, vedi che | bella vita (739); Fami il Piacere di Scrive=|vere di bon inchiostro al Antaldi, io pag=|go, pago e chi deve à noi hanno tutti la | Podagra (830);

in altri casi del tutto rassegnata:

Tutto è | in convulsione, mà non voglio pigliarmi più | di niente, pensa à star

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bene, e | contento, e poi addio, | tanto tutto vole | caminare come gli | pare, e noi non | possiamo ripararci (598).

L’assidua cura delle proprietà e delle rendite la costrinsero a un costante

rapporto con il mondo della burocrazia, verso il quale dimostrò tenacia e spiccato senso pratico. Se ne ha un assaggio nella perseveranza con la quale, ad esempio, condusse la causa contro Costanzi, dal momento in cui

Con Costanzi sono nate | delle oposizioni, e ci battiamo (882);

e ancora:

lesito del affare | Costanzi pur mi obbliga dirigerti la presente. | Questo e stato seguito da una mucchia d’inci=|denti, che troppo lungo sarebe il trascriverli, | oltre di che non sò se ne sarai capace, poiché | la magior parte delle cose risaltano dal e[n]fasi | con il quale il Legale le rapresenta, e ques=|ti se Biscontini verrà à Perugia te li raccon=|terà Esso, e riderai. Il fatto stà, ed è per | altro, che la conclusione jeri fù, che il | Giudice gli accordò tempo 15: giorni al intero | pagamento, condanandolo nelle spese vive | sol_tanto, se poi decorre un ora doppo i 15: | giorni, che non abbia pagato i sd. 1200 allora | sia condanatto, anche alle funzioni, ed ecote | fatto (889); dice Bisconti=|ni, che secondo Lui con quello, che abbiamo | in mano non è cavusa, da poterne dubita=|re, à meno, che Costanzi non avesse in mano | delli documenti ignoti affatto à noi (907);

finché esordisce soddisfatta, in una delle ultime missive al marito:

L’altro | giorno dietro tutte le apparenze ed anche | la persuasione di Biscontini che si dovesse per=|dere dicendo che i giudici avevano presa | una impuntatura fù vinta la Causa | delli sc. 18: contro Costanzi (1030).

La sua esperienza e l’innegabile predisposizione a destreggiarsi negli

eventi mondani le procurarono spesso incarichi di organizzatrice, come nel caso delle nozze del fratello di alcuni conoscenti, per cui scrive eccitata al marito:

Fantaguzzi fà sposo il suo | Fratello grande è tutto deve provedersi in Ro=|ma, ciò che sono abbellimenti per la sposa, | ed hanno incombensato mè, onde si comin=|cia da fenimenti di Brillanti, da altro di | smeraldi, da ornamenti di oro, dà vari e | bellissime cose per fargli de regali i Paren=|ti, che tutto deve essere di ottimo gusto, | ed indi abiti di velluto di, Merletto, ecc., | onde vedi quanto vi è che fare (857)

rassicurandolo, alcune lettere dopo, che

mi fù imposibile di scriverti, perché im=|brogliatissima per ultimare le spese, è l’invio | delle robbe Fantaguzzi; tutto è riescito à | meraviglia (873).

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Nonostante tali impegni, Maria non rinunciò a coltivare le attività sociali e culturali del suo tempo, come la lirica e il teatro, l’arte e le riunioni mondane, rendendone sempre partecipe il suo sposo lontano:

Ieri sera fui à | passare le serata in Casa Pandolfini, dove | vi fù una brillantissima società (598); Ierj sera Passai la serata in casa Lelmi, e | questa sera vado dalla Salvatori, e così | tanto mé la passo benone, quando verran-|no le piogge poi si organizerà la cosa, | qualche volta dalli Pigionati, e qualche | sera di più in casa, basta, che si tiri | via questi 400 anni, che ci rimangono (601).

Anche le serate trascorse nella propria dimora, in compagnia degli amici,

ci restituiscono l’immagine di una impeccabile padrona di casa, capace di creare intorno a sè un clima allegro e conviviale:

Ieri sera volevo andare al Teatro, che sebene assai mediocre, | volevo vederlo almeno una volta, ma non mi vollero dare | un palcaccio al terzo ordine à meno di sd. 3:, per cui mi feci | passare subito la voglia, e rimasi à casa à fare il mio treset=|taccio, che fù veramente accio, giache si fece una cagniara | imenza, e sì rise mile volte più, che non avèssimo fatto al Teatro | (630).

Tra le numerose descrizioni delle sue serate a teatro valga, una per tutte,

la gustosa lettera-cronaca della prima del Torquato Tasso tenutasi al Teatro Valle:

Gazzetta Teatrale, Teatro Valle. Torquato Tasso, Musi=|ca del Maestro Donizetti, Libretto del imortale Giac.o | Ferretti. Libretto bellissimo; Musica, atto primo Bellissi=|mo, secondo un poco calante, è forse un poco | nojoso, del terzo non ne sò niente, perché | essendo digià un ora è mezza doppo la mezza | notte, prima, che cominciasse mè nè andetti, | Basso Linarivabile Ronconi; Il Tenore Sig.r Poggi, ottima | figura grazzia nel esprimere, voce sublime, insom=|ma un Tenore compito, il quale resta quì an=|che nel carnevale. Prima Donna Sig.a Speche, assai | giovane, bellina bellina di viso, bellissima di figura, | dignitosa nel porgere, voce se non perfetta | piutosto buona, sebene non puole dirsi un so=|prano deciso; sembra che alla prima cavata | di voce la lengu abbia un poco appannata, ma questo | difetto sparise [sic] nel progresso. Seconda Donna Sig.a | Carocci di Rieti stabilita in Terni Canchero inso= | portabile (900).

La sfera affettiva e quella della salute, dunque, insieme alle

preoccupazioni economiche e pratiche rappresentano senza dubbio i temi dominanti dell’epistolario 28 , affiancati dalla premura materna verso la

28 Una rapida scorsa ai contenuti delle lettere può rappresentare un primo passo verso

l’individuazione di elementi comuni ad altre scritture femminili. Tematiche analoghe che, coinvolgendo la sfera emotiva, hanno certamente condizionato le scelte linguistiche, in

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formazione morale e culturale di colui che in più di una missiva Maria apostrofa come lidolo della tua affezionata mammà B846,6.

A tale proposito uno degli argomenti che più spesso ricorre nei suoi scritti

è lo struggimento per la lontananza di Ciro, che nel 1832 entra nel Collegio Pio a Perugia. Un cruccio del quale Maria, donna intelligente e razionale, tenta di farsi una ragione ma che intimamente non riesce ad accettare29. Se ne lamenta con il marito nella lettera n. 739:

Riguardo alla mia | salute essa è meno cattiva di quello, | che vorrei; riguardo al umore non nè | parliamo, conosco da mè stessa di | essere divenuta di una stranezza | tale, che pochi potranno avere | la pazienza di combaterci; che voi | che tì dica, io sono in mè stessa di in una cotradi=|zione tale, che mi spaventa, vedo la necesità di | tenere Ciro in colleggio, e d’altronde non posso | persuadermi à vivere senza di Esso, credo certo, che | in tutta la vita mia non ho pianto tanto | quanto in questi (non diro 18: giorni) dà che Egli | è partito, ma 18: secoli, giachè tali sembrano | à mè le giornate, da che non_lo vedo.

Ed ancora scrive a Peppe:

Tu non lo crederai, ma dal momento, che | jeri ricevetti la tua Lettera, io non ho fatto | altro, che piangere; jeri sera poi fù | serata nera, nera, è non potevo arrivare | ad adormentarmi, per il gran piangere, | pensando, che era la prima sera, che | Ciro mio rimaneva in mezzo à_tutti stra=|nieri, ed abbandonato à fatto dalle per-|sone alle quali Esso è più Caro. Peppe mio | io faccio quello, che posso per adatar=|mi alla mia sorte, mà non sò se | ci riesco, è non sò se posso adat=|tarmi à vivere senza | il Figlio, tì assicuro, | che il pensare, che | io vedrò rientrare | tè la porta di casa | senza di Lui, è per mè | una idea insoportabile, basta sì vedrà, ma | non mi riprometto di regere, quantunque | ne veda la necesità (730).

Unico sollievo, dunque, è la corrispondenza epistolare che la donna intrattiene con il ragazzo, del quale tuttavia numerose volte lamenta la laconicità, sia con il padre:

il nos.o Ciro del quale gradisco, ed i bagi, e | la memoria, mà mi sembra, che un ri=|go ho una parola almeno di suo cara=|tere poteva aggiungersi, ad una povera | Madre, basta deve andare così (729)

sia con il diretto interessato:

particolare macrotestuali, sono infatti rintracciabili anche in altri carteggi femminili (cfr. le indicazioni bibliografiche in § I.1.).

29 Una sofferenza resa forse più acuta dalla traumatica esperienza della perdita di un figlio, nato morto, che la donna sembra ebbe nel 1812 dal primo marito (cfr. LIBURDI 1961: 85).

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Sapendo l’immenso amore che io tì porto non | tì deve avere recato maraviglia se io fui assai | dolente nel vedere che scrivendo al papà tu | non mi avevi affatto nominata. Per quanto | tu voglia scusarti, devi però confessare | che hai avuto gran torto (B966); Una | cosa mi rincrese, ed è che ogni volta, che mi | scrivi si vede che lo fai in fretta, e con la | testa peraria, perché il tuo scritto è assai | tirato via, e vi sono sempre vari cassi, e | pasticci, tanto che se ricevo la tua Lettera, che | vi sia qualcuno, è [sic] mi si domandi le tue nuove | non ardisco mostrargli la Lettera, e dirgli vedete | come scrive bene, perché le tue Lettere, sebbene mi | scrivi di rado, non hanno mai faccia da comparire (B1071).

Accanto alla preoccupazione per la salute del ragazzo emerge l’attenzione

rivolta ai progressi nel campo dell’educazione e degli studi:

Ciro mio caro caro [sic], ti raccomando | di studiare, e profittare delli comodi che la | providenza ti somministra per divenire un | uomo utile a te stesso e alla società (B966); Da Papà con indicibile consolazione ho sentito | il tuo ben stare, lessere tù contento, ed an=|che la buona volontà, che tieni di studiare, | sopra di che tì esorto à radopiare il tuo | calore, e perseverare nella intrapresa car=|riera, se vuoi essere sempre più lidolo di tua | Madre (B1001);

A tale proposito risulta particolarmente emblematico il passo che segue,

nel quale Maria sintetizza i valori che a parer suo devono contraddistinguere un uomo e che ella auspica per il figliolo:

Ho ricevuta la tua, dalla qua=|le sento con piacere sì il buon stato di salu=|te, che la buona disposizione, che tieni di far=|ti onore nel prossimo èsame; acciò tu pren=|da più coraggio a farlo tinvio con il mezzo | del Sig.r Fani, che ritorna à Peruggia, una pic=|ciola scattoletta, che tì verrà presentata dal | Papà. Essa contiene una Borsettina da denari, che | la tua Antonia à recamata, per comando di | Mammà, e_Sotto la sua direzione, Essa rappre=|senta quattro cose diverse, che tutte hanno | il suo significato, cioè il Gallo è il simbo=|lo della vigilanza che tu devi avere, il cervo | è il simbolo della sveltezza nell’eseguire ciò | che ti simpone; l’omo à Cavallo denota la for-|tezza, che deve avere un uomo sapendosi | difendere trovandosi in pericolo; e l’altro | piccolo ominino il cittadino pacifico, il qua=|le se bene dotato di scenze, e di coraggio sà | vivere tranquillo in’mezzo [sic] alla sua Famiglia (B846).

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30

.07.

1836

Tabella 1

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- introduzione -

I.4. La lingua delle lettere30 Dalle notizie ottenute sulla biografia di Maria e da un’attenta lettura

dell’epistolario non è difficile immaginare quale fosse la sua formazione culturale e l’ambiente entro il quale si muoveva.

Sappiamo che si trattava della ricca e unica figlia dell’avvocato romano Valentino Conti, nobile di origine ternana, e che probabilmente aveva studiato in qualche «educandato religioso della capitale come era consuetudine d’ogni buona famiglia» 31 , oppure mediante l’insegnamento privato individuale, diffuso tra i «ceti borghesi e aristocratici, in particolare per le ragazze»32. La donna mantenne il contatto con l’ambiente nobiliare33 grazie al matrimonio con il patrizio anconetano, che pure esercitò l’avvocatura e ricoprì diverse cariche civili e politiche34. Rimasta vedova, infine, si avvicinò al mondo letterario, soprattutto attraverso il suo secondo marito, ma il suo rapporto con la penna fu certamente di altra natura.

Quella della Conti, infatti, appare come la scrittura di una romana di «buona famiglia»35 che, spinta da esigenze di ordine pratico e affettivo36, si

30 L’indagine linguistica è stata condotta su ambedue i corpora. Sono state spogliate 30

pagine del corpus A e 3 del corpus B, che rappresentano complessivamente circa il 20% dell’epistolario (tenendo conto della differente lunghezza delle lettere, per cui cfr. § I.2., si è optato per un calcolo in base al numero effettivo di pagine, anziché sul numero dei documenti). Per fenomeni non sufficientemente rappresentati o meritevoli di approfondimento lo spoglio è stato esteso a tutte le lettere. Nei rinvii al testo il primo numero indica la lettera, il secondo il rigo. Si è fatto talvolta uso del corsivo, del grassetto e del sottolineato per marcare elementi rilevanti ai fini dell’analisi nei brani esemplificativi; in questi ultimi, inoltre, il cambio rigo si riproduce soltanto con un trattino verticale scempio. I vocabolari si intendono citati sub voce, se non indicato altrimenti. La cifra che può seguire la sigla di un dizionario (GDLI 2) indica a quale accezione si fa riferimento; il numero in esponente (GDLI2) segnala tra gli omografi quello di cui si tratta. Con LIZ si intende, se non specificato diversamente, il corpus sette-ottocentesco ricavato dalla quarta edizione della Letteratura italiana Zanichelli su cd-rom. In tutte le citazioni è stata rispettata la grafia originale.

31 Cfr. LIBURDI 1961: 87. Secondo altre fonti «conviveva colla madre, col padre, curiale di Collegio, e collo zio avvocato, che tenevano aperto uno studio fiorente. Libreria, grande appartamento, ricche suppellettili, servitù numerosa, capitali, possedimenti a Terni, la casa frequentata da molti amici» (cfr. GNOLI 1942: 29).

32 Cfr. SERIANNI 1989a: 32. Circa i processi di educazione femminile cfr. § I.1. 33 Nell’intestazione della lettera inedita che Francesca Nanni, balia di Ciro, scrive da S.

Vito il 30 novembre 1825, si legge a Maria Pichi Belli, Nobildonna Contessa (catalogo Fondo Janni n. 283).

34 Dopo alcuni studi a Osimo e Urbino Giulio Pichi si laureò in giurisprudenza a Bologna. Conoscitore della lingua francese, organizzò la nuova municipalità alla venuta dei francesi e, al ritorno del governo pontificio, si trasferì a Roma dove intraprese con successo attività commerciali (cfr. LIBURDI 1961: 87). [Per cenni biografici sul Pichi cfr. ora anche VIGNALI 2002: 129].

35 Scrive appunto TEODONIO 1992: 33: «Era costei Maria Conti vedova Pichi […] donna paziente e intelligente e, come molte romane di buona famiglia di allora, non coltissima, ma dotata di notevoli capacità di intuito e di buon senso».

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- introduzione -

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accosta intenzionalmente a un particolare sottogenere testuale, quello della lettera familiare, rispettandone a grandi linee le norme fondamentali37.

Ma è anche una scrittura, quella di Mariuccia, che ha ricevuto, in più di un’occasione, una connotazione popolare, soprattutto per le numerose interferenze dialettali38. M. Adelaide Caponigro (1984: 71), confrontando gli autografi con le trascrizioni di Guglielmo Janni, nota che quest’ultimo corregge la forma delle lettere «che nella versione manoscritta rivelano un indice di alfabetizzazione piuttosto basso». Anche Spagnoletti (1961: 15), curando l’edizione delle lettere di Belli, definisce la moglie «quasi illetterata»39.

Eppure non v’è traccia in Maria di quel disagio palesato per secoli da molti altri scriventi, soprattutto donne, nei confronti di una pratica scrittoria forse un po’ vacillante, ma alla quale la Conti si accosta con un entusiasmo e un’espressività, con una volontà affabulatoria tipicamente femminili40.

Il tratto che maggiormente caratterizza la facies linguistica di Maria è la notevole pluralità di registri. L’alternanza tra elementi popolari e retaggi colti, il travaso di forestierismi, di tecnicismi e locuzioni mutuate dai linguaggi settoriali all’interno di una cornice pragmatico-testuale comune e dimessa, il prelievo di elementi e formule stereotipate tratte da modelli extrascolastici e paraletterari, soprattutto di ambito burocratico e dal melodramma, certamente non la distinguono da produzioni simili41. Ma per

36 Non va infatti dimenticato che situazioni pratiche legate agli sviluppi sociali

contribuirono alla nuova cultura femminile: le donne sole, come ad esempio le vedove, avevano assoluta necessità di saper leggere, scrivere e far di conto, per non compromettere il proprio ruolo familiare e domestico (sulla questione cfr. PALAZZI 1986 e 1997).

37 Per l’articolazione testuale delle lettere cfr. § II.5.1. 38 Cfr. ad esempio TRIFONE 1992: 71 che la annovera tra le «scritture di carattere popolare

ed informale» segnalandone alcuni tratti fonologici come la lenizione occlusiva sorda guasi ‘quasi’ (601,47 e passim) e morfologici come tui ‘tuoi’ (685,3).

39 E LIBURDI 1961: 87 paragona la sua lingua a quella del celebre Biglietto di gentil donna di Belli (cfr. § I.5.).

40 Circa la creatività nell’impiego dello strumento linguistico e la prorompente «voglia di raccontare» che accomuna la scrittura femminile, tanto a livelli medi quanto a livelli popolari, cfr. in particolare BIANCONI 1987 e CORDIN 1995: 241-243.

41 Il riuso di elementi colti, di varia provenienza, da parte di scriventi scarsamente acculturati ha rappresentato, sin dagli inizi, uno degli aspetti più chiaramente individuati nella speculazione teorica sull’italiano popolare (cfr. CORTELAZZO 1972: 43-50, in particolare per la sfera lessicale). [Sulla diffusione dell’italiano a partire dalla narrativa di consumo d’obbligo il rimando ad ANTONELLI 1996, ma, da una diversa angolazione, si veda anche il lo studio di ROGGERO 2006 che affronta proprio la questione della fruizione di modelli colti da parte di analfabeti e illetterati. In tempi recenti diversi contributi hanno insisito sull’azione unificatrice che il linguaggio burocratico, più rigido e incisivo della lingua letteraria o di quella veicolata dalle istituzioni scolastiche e religiose, andava esercitando nelle fasi preunitarie e sulla sua capacità di imporsi come modello anche per coloro che non erano «provvisti di adeguati strumenti culturali, in particolare per i cosiddetti semicolti» (cfr. RASO 2005: 87; sul

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Maria, gentildonna di media cultura (e non popolana scarsamente alfabetizzata) il discorso si fa più sottile. La sua lingua sembra offrire al lettore moderno la chiara esemplificazione di quella «oscillazione nell’uso» di cui già negli anni Sessanta parlava Migliorini (1960: 622)42.

L’incapacità di mantenersi su un registro medio si realizza nelle lettere a tutti i livelli43.

Nella morfologia verbale, ad es., convivono soluzioni legate al modello letterario e formazioni analogiche: la nostra scrive (io) annunciava 630,20; (io) aveva 1031,13 e mi dimenticava44 929,45 ma poi ignora come vadino 551,3 le sue lettere e spera che faccino 45 857,62 trovare al marito un linguaggio burocratico nella storia linguistica italiana cfr. ora la sintesi proposta in TRIFONE 2006). Tale prospettiva è applicata ad esempio nel lavoro di PIRAS 2001, in cui si discute il ruolo della varietà giuridico-amministrativa nei processi di italianizzazione nella Sardegna dell’Ottocento (in particolare pp. xlii-xlvii), e nella disamina di documenti burocratici di semicolti di area mediana in FRESU 2005. Quanto all’influsso della librettistica sette-ottocentesca cfr. innanzitutto SERIANNI 1989f; sull’argomento sono inoltre a disposizione numerosi contributi, tra i quali andranno almeno ricordati TELVE 1998 e SERIANNI 2002b; ROSSI 2005b (parzialmente anticipato in ROSSI 2005a) e BONOMI 2006, in particolare pp. 100-101 per la fruizione nell’Ottocento del melodramma anche da parte degli strati medi della popolazione (e, con modalità alternative, al di fuori dei teatri, anche di quelli bassi].

42 A proposito della incapacità di gestire la dimensione diafasica e della commistione di modelli popolari /aulici in scritture medio-basse cfr. D’ACHILLE 1994: 75 e la bibliografia ivi indicata. Significativa ai fini della nostra indagine l’osservazione di SERIANNI 1989d: 293 che parla di «oscillazione tra i due poli - letterario e popolare - che segnava il romanesco dell’Ottocento anche ai livelli più bassi», anche se, come detto, non è questo il caso della nostra scrivente. [A proposito della difficoltà di delimitare la varietà d’uso media rispetto quelle più basse o diatopicamente marcate e di identificare la categoria degli incolti nei secoli passati proprio in rapporto alla varietà colloquiale della lettera familiare cfr. ora le osservazioni in POGGIOGALLI 2004: 95-97].

43 Per l’inquadramento teorico e i riscontri coevi degli esempi si rinvia ai relativi paragrafi dell’analisi; in questa sede ci si è limitati a commentare le forme notevoli.

44 Nel romanesco la forma letteraria coincide con l’esito dialettale in -a conservato più a lungo (cfr. ERNST 1970: 148 e n93). È probabile pertanto che le forme in -a rappresentino, più che un’adesione a moduli stilistici alti, il normale esito etimologico per cui «un romano poteva essere più facilmente indotto a scrivere e a pronunciare io aveva che non io avevo» (cfr. SERIANNI 1989c: 201 n150). Numerosi esempi di imperfetto in -a per la 1a persona si trovano infatti anche nelle lettere della miniatrice romana Teresa Fioroni. [Per un quadro del fenomeno in epistolari colti coevi alla nostra cfr. ANTONELLI 2003: 150-153].

45 Si tratta, come noto, di forme congiuntive la cui oscillazione con la forma standard era ammessa dalle grammatiche (cfr. SERIANNI 1989a: 61). Nel suo repertorio di verbi l’abate romano Marco Mastrofini dispone in quattro colonne le forme, in base al loro uso reputato “regolare”, “antico”, “poetico” o “incerto, erroneo”. Come ha messo in luce SERIANNI 1989a: 12 e 61, il confronto con il repertorio ha utilità se inteso a «valutare stilisticamente», e in questo contesto aggiungerei diafasicamente, «le alternanze verbali» della lingua coeva. In questo caso MASTROFINI 1814: I.311 inserisce vadino nella colonna di uso “incerto, erroneo”, mentre vadi oscilla accanto a vada nell’elenco delle forme “regolari”. Anche faccino si trova tra le forme censurate, mentre accanto all’allotropia “regolare” facci/faccia MASTROFINI 1814: I.269 annota facci anche tra gli usi erronei. Per la documentazione esemplificativa delle forme

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compratore; si preoccupa di controllare se fia46 vero 900,36 un procedimento, impiega disinvoltamente ponno 850,39 e vonno47 863,14; 847,44; 949,27 e non dimentica l’immancabile stasse48 733,54.

A un lessico ricco di regionalismi si affiancano vocaboli ed espressioni che risentono di modelli alti, talvolta extra-scolastici: di Ciro scrive che zompa49 632,35 e sta tarrocando50 598,75 con i conti, ma poi si lamenta perché le sue lettere sono piene di cassi51 B1071,20. Le sue giornate passano tra la preparazione dell’allesso 52 733,47 e la piacevole cagniara53 630,41

esperite nelle lettere si rinvia al § II.4.5. [Per i rimandi coevi del tratto cfr. ANTONELLI 2003: 157-162].

46 A cui i grammatici dell’epoca attribuiscono ancora una valenza poetica (cfr. MASTROFINI 1814: I.36). Dai riscontri LIZ se ne constata la resistenza in poesia (76 Cesarotti; 7 Pindemonte; 9 Pindemonte, trad. Iliade). La forma si registra anche in fia cosa | assai lunga 943,28. [Una discreta vitalità della forma anche nell’epistolario di Costanza Monti Perticari, per cui cfr. AGOSTINELLI 2006: 256].

47 Cfr. SERIANNI 1995 [e 2001: 207, 213-214]. Nel repertorio del MASTROFINI 1814: II.673 il tipo vonno si trova elencato nella colonna “incerto, erroneo”, mentre il NANNUCCI 1843: 767 ne difende l’uso in poesia. La forma sembra essere particolarmente diffusa in area romana, in particolare nel dialetto del Belli (frequente nei Sonetti, LIZ), ma la ritroviamo anche nella varietà “bassa” dell’odierno repertorio della capitale (cfr. TRIFONE 1992: 90). [Per riscontri delle due forme nella situazione del primo Ottocento cfr. ANTONELLI 2003: 149 n89 e AGOSTINELLI 2006: 255-256 che, interrogando anche il corpus CEOD, ne dimostra, per l’epoca di Maria, il declino].

48 Rilevare tale forma nelle scritture semicolte sembrerebbe ormai un topos. I 4 ess. nei Sonetti di Belli, LIZ certamente non stupiscono [forse colpisce di più dasse in una sua lettera dell’11giugno 1833 a Mariuccia, cfr. VIGNALI 2002: 42]. Tuttavia è necessario tenere in considerazione la presenza di stasse anche in fogli a stampa a carattere divulgativo circolanti nei piccoli centri (ad esempio nell’Almanacco Spirituale del Rustico Indovino del 1820, cfr. SERIANNI 1989a: 36). Ancora più interessante il rinvenimento di stasse anche nella lirica autografa Le rimembranze del 1816 di Leopardi, poi rifiutata dal poeta, nonché in un passo dello Zibaldone (cfr. BERTINI MALGARINI 1999: 82 n15). [Utili riscontri con epistolari coevi sono rintracciabili in ANTONELLI 2003: 163].

49 Cfr. glossario. 50 Con il significato di ‘brontolare, imprecare’; per le attestazioni nel romanesco cfr.

glossario. 51 Vale la pena soffermarsi subito su questo hapax. Il verbo cassare ‘cancellare’ è attestato

anticamente già dal XIII secolo, così come il participio passato casso (già in Dante). Per indicare ‘cancellature’ la lingua si serve di cassature (cfr. ad es. Foscolo, LIZ). La condanna espressa da UGOLINI di casso m. ‘cancellamento, cassatura’ rientra probabilmente nella censura dei deverbali a suffisso zero dei repertori puristici. Il sostantivo maschile cassino ‘cancellino’ invece sembra comparire piuttosto recentemente in Panzini, e anche nei repertori romaneschi di CHIAPPINI e RAVARO, segno questo di una certa diffusione della voce a Roma. Anche VRM infatti riporta casso indicando, per il rinvio alla Crusca, la forma cancellature. E nel S. 1941 di Belli al v. 10 leggiamo e ffaccio un scasso, dunque un sostantivo maschile con il significato ‘cancellatura, cassatura’ (deverb. di scassà VACCARO s.v. scasso; LIZ).

52 Cfr. glossario. 53 Nel suo glossario DE GREGORIO 1912 (s.v. cagnara ‘chiasso’) la definisce «voce diffusa

in tutta la penisola ma credo genuina del rom.»; cfr. anche VACCARO (SS. 306; 788; 1722) e

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fatta con gli amici giocando a carte; tuttavia mediante un’elegante sineddoche trasforma la carrozza in Legno54 943,89 e il traghetto in vapore55

907,55. Alludendo alla rinuncia a un documento legale esordisce con un raffinato

ne deposi il Pensiere 941,62, ma a proposito di un’altra pratica commenta che gli avversari si levano la sete con il Preciutto56 943,65 servendosi di una espressione colorita che le permette di commentare efficacemente gli avvenimenti quotidiani57.

Parlando delle condizioni atmosferiche Maria si serve di prelievi colti affermando di avere l’impressione che l’ira da nenbi sia Placata58 949,43 e sottolineando poche righe dopo mà io intanto del presen=|te mi giovo ed e il meglio aspetto59, ma usa anche il modo di dire è un fredo che taglia la

RAVARO. I dizionari di lingua la attestano con il medesimo significato di ‘chiasso, confusione’ dal 1835 in V. Bellini (GDLI s.v. cagnara; DELI s.v. cagna, anche come cagnaia 1865, TB).

54 Cfr. glossario. 55 La forma si registra in una lettera di Maria del 1833. DELI sostiene che la voce arriva

nell’italiano attraverso il fr. vapore ‘nave a vapore’ (per battello a vapore da bateau à vapeur) ma che «ci vorranno decenni prima che la nave (o bastimento o scialuppa e simili) a vapore riesca a sostantivarsi nel solo s. vapore: la stampa milanese del primo cinquantennio dell’Ottocento non ha, fra un centinaio e più di occorrenze, un solo es. di vapore in questa accezione». Anche da un riscontro in LIZ il sostantivo risulta attestato più tardi, per la prima volta in Tommaseo, Fede e bellezza e DIZMAR 1937 riporta vapore come «termine usato a volte nel linguaggio comune per indicare una nave marcantile a vapore» segnalandone in veneziano il significato di ‘piroscafo’ (dalle Giunte e correzioni al Dizionario del dialetto veneziano di Nanni, 1890). [Un quadro confermato ora anche da ANTONELLI 2001a: 201 che registra la forma in una lettera del 1835].

56 Il modo di dire è documentato in Belli: S’ha da cavà la sete cor presciutto e in Zanazzo: Fanno levà la sete cor preciutto (cfr. RAVARO s.v. preciutto). Cfr. inoltre GDLI s.v. prosciutto e DMDA 1692 [e per l’epistolografia familiare colta di primo Ottocento i riscontri ora offerti in ANTONELLI 2001a: 191].

57 Circa l’uso di sentenze gnomiche e modi di dire nell’italiano popolare cfr. CORTELAZZO 1972: 149ss. Sulla consapevolezza dell’uso del dialetto e di formule paremiologiche a fini espressivi (e talvolta criptici o trasgressivi) di scriventi incolti cfr. la bibliografia indicata in D’ACHILLE 1994: 75 n53 [mentre per la funzione espressiva di locuzioni idiomatiche e la rielaborazione personale di tali forme in mittenti ottocenteschi cfr. ANTONELLI 2001a: 185-188]. Sulla realtà paremiologica romanesca in Belli cfr. VIGNUZZI-BERTINI 1997.

58 La locuzione non risulta dai riscontri coevi. Lo spoglio in LIZ (esteso anche ai secoli precedenti), tuttavia, restituisce diversi contesti associati in lirica: ⎡ira + nembi⎤ 1 Metastasio, Poesie; 1 Foscolo, Le Grazie; 2 ess. di ⎡ire + nembi⎤ in Metastasio; ira de’ nembi in Carducci, Juvenila. L’impiego di nembi è piuttosto vitale in poesia (1 Tassoni; 9 Marino; 7 Poesia dell’età barocca; 58 Cesarotti; 2 Pindemonte; 19 Monti; 9 Monti, trad. Iliade), frequentemente preceduto dalle preposizioni da’ e de’ con dittongo discendente ridotto (ad es. da’ nembi: 1 Cesarotti; 1 Foscolo; de’ nembi: 1 Carducci; e passim). Per l’uso di <-nb-> in luogo di <-mb-> cfr. § II.1.5.

59 Sulla presenza e la funzione della sottolineatura nelle lettere cfr. § II.2.

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faccia 60 934,19. E a proposito dei suoi frequenti mal di testa afferma colloquialmente siamo proprio | alli frutti61 1300,16-17 ma, a parte la salute, sostiene elegantemente nulla mi cale del resto62 1304,12.

Sul piano della progettazione sintattica poi alterna ai telegrafici Angelica sempre | peggio 878,27-28; Di Costanzo niente di nuovo 857,18, complesse costruzioni, scandite da una scarsa o inadeguata interpunzione e realizzate spesso mediante una subordinazione lineare che indebolisce il legame sintattico e privilegia, tra i connettivi a disposizione, l’uso ridondante del che, per poi concludere con i suoi frequentissimi per carità 830,6 e gli olofrastici basta deve andare così 729,15, basta tiriamo avanti 590,63, basta vedremo 857,1763.

I.5. Belli, Mariuccia e i semicolti A giudicare dalla richiesta di Maria nella lettera 847 del 23 Luglio 1833

nella quale si legge consegno le cose per Ciro, ed un Lettera | anche per Ciro aperta, che tù legerai è sigillerai | prima di dargliela è legittimo

60 L’espressione è assente dai repertori romaneschi, ad eccezione di VRM (s.v. tagliare)

che commenta: «si dice dell’impedire che fa il vento troppo impetuoso il respiro» con un rimando a mozzar ‘il fiato’ nella Crusca. Come locuzione figurata si trova s.v. tagliare in DISC riferita a un agente atmosferico particolarmente pungente e intenso.

61 La locuzione incuriosisce se messa a confronto con l’esiguità e la natura delle sue attestazioni. Assente dai vocabolari romaneschi è utilizzata da Belli in S. 2067.11 Ssemo a li frutti ‘siamo alla fine’ (LIZ). È presente invece nell’italiano letterario con sfumature diverse, ma tutte connesse al medesimo ambito semantico: ⎡essere alla frutta⎤ ossia ‘alla fine di un pranzo’ e, per estensione figurata, ‘alla fine di qsa’ in 1 Giov. Cavalcanti, 1 Borsieri, 1 Manzoni Promessi Sposi 1827, 2 Nievo e 1 D’Annunzio; 1 Ariosto con il valore di ‘arrivare in ritardo, quando è tutto finito’; con il significato di ‘ridursi in miseria estrema’ in 1 Dolce (GDLI s.v. frutta; LIZ). Soltanto i dizionari contemporanei affiancano al senso generico di ‘arrivare alla fine, arrivare in ritardo’ l’implicita allusione, contenuta nel parlato odierno, di non essere più in grado di sostenere una situazione perché si è giunti al termine delle proprie risorse (DISC s.v. frutta; DMDA 814). Anche Maria sembra servirsene per descrivere una situazione che volge al termine, in cui tuttavia non si può non cogliere un velato riferimento a una circostanza al limite della tollerabilità: La mia salute pare che piutosto tenda al miglio=|ramento, ma non cessa di tempo, in tempo di | darmi delle scosse […] la testa ancora non | è perfettamente atturata, ma siamo proprio | alli frutti del resto tutto il sistema di vita | seguita sù l’ostesso piede.

62 [Anche in questo caso è ravvisabile il debito stilistico verso la lingua del melodramma che, come osserva SERIANNI 2002b: 147-148, attinge tale costrutto dal linguaggio poetico tradizionale per esprimere disinteresse, affiancandolo a quello più comune e meno marcato che pure ricorre nelle lettere in mà | non importa 739,30-31. Anche LSPM 75 annovera calere tra le voci genericamente letterarie diffuse nel tempo. Sull’anteposizione di nulla cfr. § II.5.2.].

63 Gli esempi citati sono discussi in § II.5.

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immaginare che si fosse instaurata tra i due sposi l’abitudine di allegare alle lettere per Peppe anche quelle indirizzate al figliolo64.

Ma tutte le lettere a Ciro, ad eccezione della B738 e della B883, sembrano presentare numerosi interventi correttori, quasi certamente del consorte65. Se, come è probabile, ci troviamo di fronte a interventi di Belli66, apportati dunque a una scrittura destinata all’altrui lettura 67 , è legittimo supporre che tali lettere possano darci un’idea piuttosto realistica di ciò che veniva percepito come errato e ciò che invece poteva essere tollerato68.

La qualità degli interventi di Belli conferma ancora una volta che l’ambito più colpito dalla censura sociale rimane l’esecuzione ortografica, veste esteriore della propria competenza scrittoria, quanto indizio della faticosa interiorizzazione di una norma imposta69. Ancora oggi, nell’opinio communis, la buona padronanza con la lingua si identifica soprattutto in un corretto impiego della ortografia e della punteggiatura. Lo dimostrano chiaramente le correzioni a Mariuccia che tracciano un gradatum che muove da un alto tasso di modifiche a livello grafico per arrivare a un grado zero per l’aspetto sintattico e testuale70.

Si discutono in questa sede le correzioni belliane più interessanti, rinviando, per lo spoglio completo, al § I.5.1.

64 Anche in Prima di ogni cosa piega, e consegna | à ciro la quì annessa 822,7-8. 65 Nell’edizione gli interventi del marito sono sempre indicati nell’apparato per distinguerli

dalle non rare autocorrezioni. 66 Anche CAPONIGRO 1984: 91 è del parere che sia la mano del marito a intervenire sulla

«punteggiatura, le consonanti doppie, gli accenti, che Mariuccia mette ovunque [...] e gli apostrofi tralasciati».

67 Anche la lettera n. 542 (cfr. § III.1.) indirizzata a Peppe ma destinata forse a una lettura condivisa con l’amico Giuseppe Vannuzzi di Terni presenta alcuni interventi correttori.

68 Del resto il Belli, «attento ascoltatore che si aggira instancabile tra la sua plebe [...] ne annota il registro sonoro: singole parole isolate, motti di spirito [...] spropositi e bisticci» (cfr. MEROLLA 1981: 120), è noto per la notevole sensibilità nei confronti della variabilità della lingua in rapporto alla stratificazione socio-culturale e alla situazione. Ne sono testimonanza -una tra le tante - le famose lettere alla moglie sugli otto orzaroli incontrati durante il suo viaggio verso Milano del 1828 in cui l’attacco alla loro ignoranza si palesa attraverso la descrizione dei loro spropositi fonetici e lessicali (cfr. SPAGNOLETTI 1961: I, pp. 187-193, lettere 90-93).

69 Non a caso negli studi di italiano popolare la grafia è l’aspetto meglio descritto. Per un quadro di riferimento sulla convenzionalità dell’ortografia cfr. ROMANELLO 1972: 77; SERIANNI 1986: 55; MARASCHIO 1993 e la bibliografia ivi suggerita. [Un approfondimento circa l’invarianza e la sistematicità di grafie semicolte in area romana è ora offerto in FRESU 2001-2003 [ma 2004], in particolare pp. 22-26].

70 Il quale tuttavia nelle missive al figlio risulta più controllato rispetto a quello delle lettere a Peppe (cfr. § II.5.).

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Si registrano innanzitutto numerosi interventi finalizzati a un miglioramento del ductus, soprattutto per il grafema <-e->71. Da un punto di vista quantitativo le modifiche più ricorrenti riguardano l’eliminazione di accenti incongrui sui monosillabi, indice questo del processo di regolarizzazione verso il quale il sistema accentuativo, seppure lentamente, si avviava dopo un lungo periodo di oscillazioni e incertezze72.

Decisamente più gravi dovevano apparire al giudizio del poeta le scorrettezze grafiche che riguardano la divisione delle parole (del tipo lidolo > l’idolo B846,6; lessere > l’essere B1001,4; simpone > s’impone B846,21); l’impiego di apostrofo incongruo (vivere tranquillo in’ mezzo > in mezzo B846,26); errori nel sistema diacritico (scenze > scienze B846,25) 73 ; omissioni di grafemi (di <-r-> in pogi > porgi B1195,21); tanto che il Belli impiegherà copiosamente proprio elementi di questo tipo, qualche anno dopo, per caratterizzare «le deformazioni più scritte che parlate» (cfr. VIGHI 1988: s. 121, p. 68) dei sonetti Biglietto di gentil donna e Dieciotto inscrizioni74.

L’atteggiamento normativo verso l’interpunzione fu piuttosto oscillante nel primo Ottocento 75 . Le modifiche più interessanti nella punteggiatura sembrano quelle attraverso le quali Belli cerca di regolare la scansione sintattica. Ad esempio nel passo:

Se tù sapessi quanto mi costa | il privarmi di vederti ed il non poterti | scrivere così spesso come lo vorrei, tì | acerto che cambieresti di opinione riguar=|do allo scriverti ti accerto che moltissime | volte mi manca proprio il tempo, e |

71 Più volte è stata messa in luce la relazione tra una scrittura irregolare e slegata e una

scarsa accuratezza espressiva (cfr. ROMANELLO 1978; MARASCHIO 1993: 144; D’ACHILLE 1994: 66). Il ductus di Maria si presenta piuttosto fluido e sicuro, con qualche incertezza, ma è comunque oggetto delle rettifiche belliane (cfr. anche § II.1.1).

72 Cfr. SERIANNI 1989a: 154 n18; MARASCHIO 1993: 144-145. 73 Cfr. anche à > ha B823,24 (ma nel corpus abbiamo anche casi di hà 814,55). Per gli

accenti ridondanti nel carteggio cfr. § II.1.1. 74 Soltanto alcuni dei numerosi riscontri dai due sonetti: Biglietto di gentil donna per

l’apostrofo incongruo e il diacritico <-i-> all’gorno all’suo gardino ‘di giorno nel suo giardino’ v. 6; per il diacritico <-h-> ciuderà ‘chiuderà’ v. 10; per la caduta di grafema Intato ‘intanto’ v. 12 (cfr. VIGHI 1988: IX-2, App. II-3, 3, p. 191). A rappresentare inoltre le variazioni della lingua in rapporto alla condizione delle persone e delle situazioni (anche in rapporto al medium) rimane esemplare il trittico di sonetti I vasi di porcellana (cfr. VIGHI 1988: s. 1224, p. 520-525) e la celeberrima parodia La lettra de la Commare (cfr. VIGHI 1988: s. 121, p. 66-68).

75 Cfr. MIGLIORINI 1960: 624. Secondo MARASCHIO 1993: 143 il settore dell’interpunzione, «sociolinguisticamente più connotato», tardò a stabilizzarsi anche a causa della mancanza di strumenti normativi che ne regolassero l’uso. Nei testi ottocenteschi l’ortografia (e in particolare la punteggiatura) presenta numerose oscillazioni anche a stratificazioni sociali alte. Ancora una volta le scorrettezze reali trovano riscontro nella satira del linguaggio scritto di Belli nel sonetto Avviso (1834) in cui ironizza sull’ignoranza della punteggiatura (cfr. VIGOLO 1952, II, s. 1212, p. 1649; VIGHI 1988: s. 1209, pp. 490-491).

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perciò sono costretta di farti sempre | scrivere da Papà riguardo al venire | i nostri affari richiedono richiedono assolutamen|te ancora per qualche tempo la mia | presenza.

Belli appone il punto fermo prima del modulo tematizzante riguardo a B1179,9; B1179,13 (trasformando anche l’iniziale in maiuscola76).

Analogamente cerca si suddividere il periodo sostituendo la virgola con un punto fermo in la mancanza di occasioni non | non [sic] mi ha fatto riescire nel mio intento,(.) da | Papà che agiunge qui due righe senti=|rai per qual mezzo riceverai una pic=|ciola cassettina B1195,1677.

Molto più contenute le correzioni nell’ambito grafo-fonetico. Degna di nota il passaggio da borza a borsa B1320,36 peraltro isolato78. In rapporto alla questione dello scempiamento della vibrante nel romanesco79 è utile notare la preferenza di Belli per carriera B823,15 corretto sull’allotropo scempio, mentre il passaggio di doppo a dopo B1320,41 sembra rimarcare lo scarto tra dialetto e lingua avvertito dal poeta80.

Veramente rari i cambiamenti di Belli a livello morfo-sintattico81. Sporadiche modifiche negli articoli e preposizioni plurali (Li > Gli

B1320,52; alli > agli B1195,21) nulla aggiungono a quanto sappiamo sul processo di standardizzazione delle forme in questione in questo periodo82.

76 A proposito del passaggio minuscola > maiuscola Belli interviene solo in due casi: dopo

il punto fermo: chì ha cura di tè. ramentami all’ottimo (> Ramentami) B846,45 e in un antroponimo: i domes=|tici ti dicano molte cose ed antonia in partico=|lare (> Antonia) B1320,53. L’uso della maiuscola/minuscola nelle trattazioni grammaticali sette-ottocentesche fu piuttosto incerto, ma quasi tutte concordavano sull’impiego della maiuscola almeno dopo il punto fermo e con i nomi propri (cfr. PERSIANI 1998: 233-236).

77 L’inserimento del vocativo all’interno di due virgole, come in ti prego (,) mio Caro (,) di conservare B1195,8, trova invece un preciso riscontro nelle grammatiche sette-ottocentesche (cfr. PERSIANI 1998: 166).

78 Cfr. infatti borzettina B846,30 tralasciata dal Belli, che non rinuncia però a impiegare l’ipercorrettismo calsoni ‘calzoni’ v. 2 nelle Dieciotto inscrizioni (cfr. VIGHI 1988: 189).

79 Per cui cfr. PALERMO 1993 (e anche § II.3.2.1). Si noti nel Biglietto di gentil donna il tipo arosto ‘arrosto’ (v. 11).

80 Nei sonetti belliani infatti è quasi sempre presente doppo, persino nella caratterizzazione del Biglietto di gentil donna v. 9 (cfr. 88 ess. Belli, LIZ, ma in prosa anche 4 ess. Manzoni, Storia della colonna infame). La forma intensa del resto era normale in quell’epoca a Roma; la troviamo anche nelle lettere della Fioroni (cfr. SERIANNI 1989a: 174).

81 I motivi possono essere molteplici. Le incongruenze sintattico-testuali potevano probabilmente risultare tollerabili in nome di uno stile spontaneo e colloquiale che il carattere privato e familiare della lettera giustificava; inoltre modifiche più complicate da realizzare graficamente avrebbero compromesso troppo la competenza scrittoria di Maria agli occhi del figlio. Del resto anche le grammatiche «si occuparono poco e raramente di sintassi» (cfr. PATOTA 1993: 131, cui si rinvia per un quadro di riferimento circa i percorsi grammaticali).

82 Per cui cfr. MIGLIORINI 1960: 629-630.

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Nella morfologia verbale si registrano due sostituzioni: puole 83 trasformato da Belli in può B823,11-12; B1320,34, e un caso di perfetto sigmatico giunse B1179,26 preferito all’analogico giungette84.

Più rilevante invece l’intervento di Belli all’invito di Maria Amami, Ciro mio [...] essere buono B1195,22 in cui il verbo viene probabilmente percepito come italianizzazione del romanesco essi85 e prontamente corretto in sii buono B1195,22. La conferma di una interpretazione ottativa della forma proviene dall’integrazione da parte di Belli del verbo servile in (devi) essere persuaso B823,7; (devi) essere certo che vivi B1179,586. La forma standard dell’imperativo non era sconosciuta a Maria che la impiega una sola volta (nel corpus B) in luogo del congiuntivo87: essendo questo uno delli primi nostri do=|veri, dal quale anche tu bramo sii gelosissimo B1320,16.

Registro infine la sostituzione del pronome oggetto di 1a persona me impiegato da Maria come pronome personale soggetto in onde divenire quel ga=|lantuomo che tanto tuo Padre, che me de=|sideriamo che Belli modifica in io B1195,1188.

83 Analogico su vuole, con numerose attestazioni antiche e moderne (cfr. ROHLFS § 547).

MASTROFINI 1814: II.449 condanna puoli e puole inserendoli nella colonna degli usi “incerti, erronei” e commentando «Puoli, e puole si escludono; perchè nè l’uso comune le ammette, nè sono derivazioni del verbo potere». Segue una breve lista di esempi di impiego della forma per «chi voglia proteggere le disconvenienze coll’autorità» alla quale infine replica «Ma i scrittori non valgono quanto i grandi in proteggere. Presto o tardi il giudizio de’ savj approva o condanna». Più permissivo NANNUCCI 1843: 641-642.

84 Frequente in Maria il passato remoto in -etti anche se ad esempio andetti 857,47; 900,9 e andette 847,56, nelle lettere al marito, trovano riscontro nell’uso coevo (LIZ andetti prosa: 1 Nievo; andette prosa: ib.; poesia: 1 Giusti). Si registra inoltre anche richiedettero 1040,13.

85 Cfr. 5 ess. di èssi nei Sonetti di Belli, LIZ. 86 Tale era evidentemente l’abitudine di Maria per esprimere una iussiva: analogamente

infatti nel corpus A si legge l’esortazione Addio Peppe mio, | essere buono 943,96. 87 Lo scambio non stupisce: la 2a e la 5a persona dell’imperativo sono mutuate dal

congiuntivo (con valore esortativo) del quale sii è variante antica (cfr. SERIANNI 1988: § XI.56a e 397; XIII.32). Si può aggiungere inoltre che nell’uso dell’epoca l’oscillazione per il congiuntivo sii/sia e simili era ammessa anche nel repertorio verbale del MASTROFINI 1814: I.37 (cfr. SERIANNI 1989a: 61).

88 Nel selezionare il pronome Maria ha probabilmente percepito il costrutto come un paragone di uguaglianza, uno dei casi in cui è consentito l’impiego delle forme oblique me e te in funzione di soggetto (del tipo lo so quanto te, fà come me cfr. SERIANNI 1988: § VII.10). Sul pronome personale soggetto cfr. § II.4.4.

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I.5.1 Interventi correttori di Belli89

► GRAFIA E PARAGRAFEMATICA ● definizione del ductus: -e-: 966,14; 1001,18; 1179,8; 1179,14; 1179,33;

1179,38; 1179,4190; 1195,891; 1229,5; 1229,17; 1320,20; 1320,31; 1320,37; 1320,47; 1320,49; -è-: 1071,17; 1179,16; 1320,20; -l-: 823,15; 846,8; -r-: 823,6; 1179,29; -er-: 1179,10; alcuni grafemi in carattere: 823,13;

● modifica della segmentazione di cambio rigo: potr-|ai > potrai 1179,35-36; ● eliminazione di accento incongruo: MONOSILLABI: preposizioni: à > a

846,31; 846,47; 1001,6; 1001,17; 1001,20; 1071,6; 1071,7; 1071,16; dà > da: 1071,9; congiunzioni: è > e 846,39; 1071,22; mà > ma 1001,11; pronomi: mè > me: 1195,8; tù > tu92 846,31; 846,35; 1001,4; 1001,9; 1001,16; 1071,16; 1229,13; 1320,43; té > te 846,43; 846,45; 1001,18; 1001,20; 1071,15; 1229,16; 1320,48; né > ne: 1071,1593; POLISILLABI: forma verbale: apprendà > apprenda 1179,34;

● eliminazione di apostrofo incongruo: in’mezzo > in mezzo 846,26; ● separazione di grafia unita e aggiunta di apostrofo: lidolo > l’idolo 846,6;

1001,8; lessere > l’essere 1001,4; simpone > s’impone 846,21; tinvio > t’invio 846,11;

● minuscola > maiuscola: dopo il punto fermo: chì ha cura di tè. ramentami all’ottimo > Ramentami94 846,45; in un antroponimo: i domes=|tici ti dicano molte cose ed antonia in partico=|lare > Antonia 1320,53;

● interventi nel sistema diacritico95: per <-i->: scenze > scienze 846,25; ● nessi grafici: metatesi grafica in lagro > largo 1320,22; ripristino di <-r->

pogi > porgi 1195,21. ► INTERPUNZIONE

● sostituzione della virgola con il punto fermo per definire la scansione sintattica: 846,16; 1195,8; 1195,16;

● aggiunta del punto fermo per definire la scansione sintattica96: 1179,9; 1179,13;

● eliminazione della virgola: davanti a che: 823,12; 823,27; 846,32; 846,46; 966,26; 1001,5; 1001,9; 1001,23; 1071,17; 1195,11; 1195,14; davanti a e in dittologie: 823,13; 846,35; 846,48; 1001,21;

● aggiunta della virgola97: ti prego (,) mio Caro (,) di conservare 1195,8; sarai intento alli studi (,) ed al tuo do=|vere 823,6;

89 Solo in questo paragrafo si omette B davanti ai rinvii al testo. 90 Per giache in cui appone anche l’apostrofo e aggiunge c. 91 Per mè in cui allunga il tratto della vocale allo scopo di nascondere l’accento. 92 Spesso la cancellazione dell’accento avviene mediante allungamento dell’asta orizzontale

della t. 93 E la forma verbale: fà > fa 1229,10. 94 Alla forma Belli aggiunge anche un’altra <-m->. 95 Per <-h->: forma verbale à > ha 823,24; 846,15. 96 Nelle parole dopo il punto Belli modifica la minuscola in maiuscola. 97 In parentesi le parti aggiunte dal Belli.

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● virgola > due punti: un picciolo attestato della mia so=|disfazione intorno alla tua condotta, prosiegui | è conta sopra Mammà > condotta: prosiegui | e conta sopra Mammà 846,38;

● punto e virgola > punto: le tue ottime notizie [...] mi vennero | jeri confermate da Biscontini e da un tua | scritta a Papà; Da te sento pure > scritta a Papà. Da te sento pure 1229,8.

► GEMINAZIONE E SCEMPIAMENTO

● scempie > geminate: /b/: abasta-|nza > abbasta-|nza 1179,4-5; sarebe > sarebbe 1320,14; Sebene > Sebbene 823,3 (e anche se bene > sebbene 846,25); Febrajo > Febbrajo 1001,2; /p/: radopiare > raddoppiare 1001,6; /t/: affetuosa > affettuosa 1195,4; /d/: sodisfazione > soddisfazione 1195,20; radopiare > raddoppiare 1001,6; /c/: giaché > giacché 846,35; 966,17; 1179,41; sciochezze > sciocchezze 1195,14; /g/: agiungere > aggiungere 1320,49; /m/: ramentami > Rammentami 846,45; /r/: cariera > carriera 823,15; /z/: Colizi > Colizzi 1320,27;

● geminate > scempie: /p/: doppo > dopo 1320,41. ► FONETICA ● affricazione della sibilante postvibrante: borza > borsa 1320,36. ► MORFOSINTASSI

● articoli: Li > Gli 1320,52; ● preposizioni: alli > agli 1195,21; non consiste, che | con il formarsi > non

consiste che | nel formarsi 823,13; integrazione: in fondo (a) detta | Borzettina 846,29;

● pronomi: me > io 1195,11; ● negazione integrata: sia che (non) sorto affatto le porte di Roma 1320,24; ● forma e selezione verbale: giungette > giunse 1179,26; puole > può 823,11-

12; 1320,34; dicano > dicono98 966,24; 1320,53; essere buono > sii buono 1195,22; fosti > fossi 1195,7; integrazione: (devi) essere persuaso 823,7; ma (devi) essere certo che vivi 1179,5; piccolo ominino (è) il cittadino 846,2499.

98 Cfr. § II.4.5. 99 Belli corregge inoltre brighe=|le > brighe 1001,11-12.

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II. Analisi linguistica II.1. Grafia e paragrafematica1

II.1.1. Incertezze del ductus, autocorrezioni, fenomeni grafici A differenza di altre scritture medio-basse, il ductus di Maria si presenta

abbastanza fluente e sicuro, con poche soluzioni brachilogiche (cfr. III.0.) e una punteggiatura limitata ai segni più usuali.

L’alta frequenza delle autocorrezioni tuttavia tradisce una certa insicurezza. Si hanno semplici incertezze come russo 628,26 in cui sotto il grafema doppio si scorge -zz-; brillate ‘brillante’ 1308 con l’iniziale corretta su p; quanto 536,9 in cui t è sovrascritta a d; spedirgli 863,19 in cui sotto g è visibile l; la l corretta su b in Alberici 551,33; lag=|niarmi 741,16-17 dove sotto la n è visibile un’altra g; e ancora di corretto su ‘de’ 847,36; di su ‘da’ 551,19; il caso di pure di disg disbrigare 729,28. Molteplici risultano le perplessità nell’impiego dei diacritici come in bagnio in cui la i è visibilmente sovrascritta su una o; la i ricorretta su c in pertinacia 589,12; nell’ausiliare l’ha 857,15 dove <h> è inserito su a; l’aggiunta di apostrofo negli agglutinati del tipo questora 589,34 e lunica 822,10.

Anche la resa dell’intensità consonantica è sottoposta a continui ripensamenti: numerose le doppie aggiunte successivamente (ad esempio in vorrebbe 678,38 o ficcata 857,15) o viceversa corrette successivamente come nel cognome Origo 844,23 e nel toponimo Perugia 840,19 (in cui è visibile, in ambedue i casi, la seconda g cassata) e addirittura Peruggi Perugia 989,7; per distrazione anche potrebbe 857,53 in cui <-bb-> è chiaramente corretto su <-bbb->. Numerosissime inoltre le maiuscole corrette su minuscole (Procura 551,13; Lui 583,31; Ha 598,5; il cognome Lelmi 601,35 e Bianchi 811,18, dopo il punto Ancora 850,32) e viceversa (basta 673,11)2.

Questa grande attività di autocorrezione dimostra una certa coscienza e soprattutto un processo di rilettura che colloca la scrivente su un gradino più alto rispetto ad altre produzioni analoghe. Ne sono inequivocabili indizi

1 Per questo paragrafo (e in parte anche per il successivo sulla punteggiatura) essenziali

rimangono CORTELAZZO 1972: 119ss; ROMANELLO 1978; MARASCHIO 1993: 143; D’ACHILLE 1994: 66-69. [Sulla grafia in scritture semicolte grosso modo coeve di area romana cfr. ora FRESU 2001-2003 [ma 2004]: 15-22, cui si rinvia anche per un aggiornamento bibliografico. Molti dei tratti grafici e interpuntivi rinvenuti nelle lettere di Maria trovano riscontro in altre scriventi romane quasi coeve, in particolare Amalia Ruspoli, per cui cfr. POGGIOGALLI 2004: 99-107 e 127, e Suor Maria Leonarda Bussani, per cfr. BIASCI 2004: 140-142 e soprattutto per l’interpunzione 157-177].

2 [Una disamina delle incertezze linguistiche manifestate dagli scriventi del corpus CEOD attraverso le autocorrezioni è ora anche in PALERMO 2004: 18-25].

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anche le numerose parti aggiunte in interlinea (come dovesse 1030,26), le cancellature che evitano ripetizioni originate presumibilmente da distrazione (onde onde lo saprai 873,37) e addirittura vere e proprie modifiche lessicali, sintattiche e stilistiche, come ad esempio in non faceva portava ombra 598,63; che assai molto spesso | ho veduto 542,55; mi e promis=|se di venirmi à trovare 678,24 (con e in interlinea sopra il pronome cassato); ved, devi vedere se 857,64; e - quasi una ricerca di variatio - mi sembra | che, Ciro deve troppo riscaldarsi in tale esercizio, mi sembra pare, che | almeno per qualche tempo potrebbe contentarsi3 900,83-85.

Malgrado tale attività di autocontrollo non mancano tuttavia fenomeni di ellissi e ridondanze, aplografie, cacografie, scambi di lettere: di per ‘ti’ 542,49; legeriere ‘leggere’ 863,14; giuziaria 844,55 (ma Giudiziaria cinque righi prima, 844,50); rigorossimo ‘rigorosissimo’ 678,37; sommanete ‘sommamente’ 900,76; in fine rigo ristrezza ‘ristrettezza’ 814,294. Grafica anche l’anticipazione in Paenteon 907,20 e la propagginazione in aplauisi 989,23 e in fine rigo aurdua 897,32 (ma forse per compitazione in ringranzio ‘ringrazio’ 630,8). Particolarmente frequenti sono le dittografie, probabilmente per compitazione: gravivitavano 941,69; nomiminato 941,36; Picicionaia5 989,34; siasisi ‘siasi’ 832,12; solilite ‘solite’ 857,32; addirittura mai la la casa 733,526. Qualche difficoltà infine anche nella resa grafica di alcuni cognomi come quello dei signori Devitene ‘De Witten’ 920,11 e dei Loverì ‘Lovery’ 620,14; 628,38.

Moltissime sono le allotropie grafiche che nulla aggiungono a quanto già si conosce circa la normale instabilità nell’uso dell’epoca a più livelli e comuni alle scritture semicolte. Per questo motivo se ne tralascia un’analisi puntuale offrendo solo qualche riscontro a titolo esemplificativo. Casi di omissione di maiuscola dopo il punto fermo: a pensarci. jeri 630,16; con tè. | abiamo 630,23; di minuscola per antroponimi (Costanza chiodi 601,19; ciro 465,8; cirone 465,2; D. antonio 465,2) e toponimi (ossimo 601,15). Viceversa per l’impiego di maiuscola “reverenziale”7 si veda Contratto 539,20; Notajo

3 In quest’ultimo caso può aver giocato un ruolo la posizione di fine rigo delle due forme

coincidenti che ne ha favorito la visione allineata e quindi la decisione di sostituirne una con un sinonimo.

4 Si veda anche il caso di miglio per ‘migliaio’ in cui l’aplografia potrebbe essere stata favorita semanticamente dal contesto: ricevi un miglio di saluti di tutti 873,53.

5 Per questo vocabolo cfr. glossario. 6 Mentre intenzionale ed enfatica dovrebbe essere la reduplicazione morfosintattica in la

consegna dei | beni [...] non debba [...] farsi senza la | tua presenza, ò al più, al più quella di Peppino 941,87.

7 Espressione notoriamente mutuata negli studi sull’argomento da CAMILLI 1965: 206 (sulla questione cfr. almeno ROMANELLO 1978: 87-88; CORTELAZZO 1972: 122; D’ACHILLE 1994: 67). Circa le consuetudini tipografiche dell’epoca in merito all’uso della maiuscola cfr. SERIANNI 1989a: 149.

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536,13; Padroni 592,22; Patto 539,17; Pusse 601,47; Denaro 630,9 e passim, le forme verbali Pagare 539,15 e Compresi 536,12 e vocaboli come Memoria 536,10; Moglie 536,15. Tra le abitudini grafiche si nota la tendenza a conservare <-j->8: bujo 824,7; Ferajolo 857,12; centinaja 878,10; paja 863,18; 873,16; in fine di parola in erj 850,57 e anche in posizione iniziale jeri 620,14-15; 620,21; 620,22-23; 621,15; 626,30-31; 630,16-17; 873,8 e passim (vs. due sole occorrenze Ieri 601,35 e 630,37). Fra i tratti paragrafematici si registrano nell’impiego dell’accento nei monosillabi numerose oscillazioni che rientrano pienamente nell’uso dell’Ottocento9: la forma verbale fù 536,5 e passim; l’avverbio quì 536,4; 542,11 e passim. A scarsa dimestichezza con la scrittura, invece, sarebbe da attribuirsi l’abbondante impiego di accenti in altri casi: la congiunzione è 536,8; 592,18 e passim (viceversa assenza di accento per il verbo ‘essere’: jeri e morta 863,24; E morto al improviso 873,24 e passim)10, le preposizioni semplici à 536,12; 592,5 e passim e dà 536,14; 592,12 e passim; la congiunzione disgiuntiva mà 551,34; 583,31 e passim; i pronomi mé 601,14; 601,37 (ma me 601, 28), tù 546-47,10 e passim, tì 546-47,20 e passim, lò 546-47,10; sì 542,24; 546,4 e passim; lì 626, 28; infine apostrofi ridondanti o assenti (un ora 878,7).

II.1.2. Segmentazione nei cambi di rigo

Generalmente regolare, qualche volta presenta delle anomalie rispetto alla normale sillabazione del vocabolo: disgraz=|ia 897,21-22; fina=|lmente 857,42-43; Las=|cia Passare 630,16-17; pi=|acere 900,64-65; quat=|rino 929,21-22; seco=|ndo 630,19-20. Più spesso può rappresentare un elemento di disturbo per la scrivente che in corrispondenza di questo realizza una serie di refusi, da una semplice omissione di nasale in amiche=|volmete 844,46 (ma amichevolmente 934,102) sino a vere e proprie aplografie: occupatis=|ma 873,43-44 e per cui tutti i poveri guadagno [‘guadagnano’] | e viveno bene 920,35; o, viceversa, ripete in maniera ridondante alcuni grafemi come in qual=|lunque 677,13-14; pag=|go 830,46-47. In altri casi l’incertezza spinge Maria a cassare il vocabolo e riportarlo per intero al rigo successivo come per intralciat | intralciatura 889,4-5. II.1.3. Il confine della parola

Numerosissimi i casi di concrezione dell’articolo: lambasciata 1304,33; lesecuzione 929,63 (ma l’esecuzione 929,65); lestenzione 907,9; letà 943,70;

8 Cfr. SERIANNI 1989a: 157 n2 (l’oscillazione i/j è normale nel primo Ottocento e, specialmente in posizione iniziale, per alcuni vocaboli si mantiene anche sino a oggi).

9 Cfr. § I.5. 10 Anche l’accento in funzione distintiva si è stabilizzato soltanto intorno alla metà del

Settecento (cfr. MARASCHIO 1993: 144-145).

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lora 873,45; lunica 822,10; lavevo 863,9; lesame 822,31; lesito 889,5; lessere 863,14 (ma l’essere 850,24); lusu=|frutto 691,64. Grafia unita anche con congiunzione edigli 844,6; 844,14; con preposizione: adonta 1300,20; aquello 626,4; e appran-|zo 601,6-7 (con raddoppiamento fonosintattico); dindicargli 863,23; dochio 989,25; incompagnia 678,39; inparticolare 863,7 e imparticolare 601,18; peraria B1071,19; con pronomi, tra i quali è esemplare il caso di ti=|mpongo 11 943,4-5, non ce cosa ‘non c’è cosa’ 840,27; mìngiunze 620,25; mintendo 900,34; simpegna 857,56; gle leanunzi 1031,25; me lasento 539,16 e, con omissione di <-h-> diacritico, me la rilasciata 601,28; non lò veduto 678,26 (con accento sulla forma verbale là convertita 589,24). In fine di parola Essole porti 1031,26.

Più contenuti i casi di discrezione dell’articolo: l’a marca 590,27; l’ostesso 601,44; 620,34; 630,22; 822,36; 1300,18. Separazione grafica anche in gle la 878,15 850,75; 878,15; 1031,25 e passim e gle le 850,75; 1031,25 e infine per gli avverbi calda mente 941,35; or mai 929,712. II.1.4. I diacritici

Assenza del diacritico <-h-> indicatore di velarità in largezza, e lungezza 590,21; lungezza 814,65; luogi 590,28; pagerebbe 551,35; Raccette 882,13 (ma Racchette 863,16; 873,15). Il grafema manca anche nelle forme del verbo avere: a ‘ha’ 897,27 e anno ‘hanno’ 685,17; nelle forme agglutinate già commentate me la rilasciata ‘me l’ha rilasciata’ 601,28; non lò veduto ‘non l’ho veduto’ 678,26. Viceversa se ne registra la ridondanza in Palcho 934,8; 934,10 (ma Palco 1312,34); hanni ‘anni’ 929,17 e nelle congiunzioni correlative: di effettuare, ho la vendita del Pezzo di Tereno [...] ho un nuovo affitto 920,26-27; tì prego ho in | una maniera ò nel altra 934,43-4413. Il diacritico <-i-> manca in agunta ‘aggiunta’ 857,32, celo 907,29 e gle la 878,15 850,75; 878,15; 1031,25 e passim e gle le 850,75; 1031,25. Ridondante in faccie14 1312,43; piogie15 878,35 per l’affricata

11 Nel quale la percezione del continuum è talmente radicata da costringere la scrivente a

segnalare una segmentazione a capo. 12 Il tipo separato Palco Senico ‘palcoscenico’ 989,27 e passim è normale per l’epoca (cfr.

MIGLIORINI 1960: 623; anche in Borsieri, LIZ). 13 Segnalo anche il caso se potrà levarsi 10 o | ho 12 nei che tiene 850,35, interessante per

il riporto effettuato nella segmentazione a capo. 14 Decisamente in minoranza nell’uso coevo: LIZ 5 ess. di faccie (4 in prosa: 1 Borsieri; 1

Conciliatore; 2 Manzoni, Fermo e Lucia; in poesia: 1 Manzoni) vs. ben 83 ess. di facce (57 in prosa: 1 Berchet; 9 Conciliatore; 6 Pellico; 8 Manzoni, Fermo e Lucia; 22 id., Promessi sposi 1827; 11 ib., 1840; 26 in poesia: 4 Cesarotti; 2 Monti; 1 Berchet; 19 Belli).

15 LIZ pioggie 7 ess. (prosa: 1 Conciliatore, 1 Nievo; poesia: 1 Cesarotti; 2 Pindemonte; 2 Tommaseo) vs. piogge 20 (prosa: 1 Conciliatore; 2 Manzoni, Fermo e Lucia; 1 id., Promessi Sposi 1827; 1 ib., 1840; 3 Leopardi; 3 Nievo; poesia: 1 Pindemonte; 4 Monti; 2 Monti, trad.

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palatale e per la nasale palatale in bagnio16 1312,30 (anche ogniuno 590,21; 929,61) e nel cognome Gnioli 628,36; 542,11 (ma Gnoli 628,30 e passim).

II.1.5. Gruppi grafematici

L’omissione del grafema che rappresenta la nasale occorre più frequentamente 17 in concomitanza con dentale sorda come in brillate ‘brillante’ 1308,22 (ma brillante 850,50); matenerle ‘mantenerle’ 934,79; at=|tieti ‘attien(i)ti’ 900,61-62, e con dentale sonora come in secodo ‘secondo’ 1312,43; ma anche con altri suoni: efasi ‘enfasi’ 889,10; rigrazialo B738,22; strigi ‘stringi’ 814,82 (e in fonosintassi gra giovamento 1304,24); in posizione postvibrante gioro ‘giorno’ 1308,23; prima dell’affricata dentale sorda in compezo ‘compenzo’ 934,109 (ma si registra anche la ridondanza nel già citato ringranzio ‘ringrazio’ 630,8)18.

Non mancano cadute di altri grafemi: omissione di <-t-> dopo nasale distini ‘distinti’ 626,27, e dopo sibilante sessa ‘stessa’ 989,33; di <-c-> velare postvibrante in cira ‘circa’ 1300,25; di <-v-> in segliarmi ‘svegliarmi’ 685,18; di <-l-> in Pachi ‘palchi’ 1312,42 (ma Palco 1312,24); di <-r-> in impervesi ‘imperversi’ 587,21; trasportasi ‘trasportarsi’ 844,31 e nel trigramma estemamente ‘estremamente’ 822,8; istuzione ‘istruzione’ 685,10. Semplificazione del gruppo labiale anche in sgamettare ‘sgambettare’ 729,19.

Si registra oscillazione per <-mb-> / <-nb-> e <-mp-> / <-np-> in nenbi19 949,43 e m’inpegnerei 814,49 (ma in grafia unita imparticolare 601,18).

Fra gli altri gruppi grafici osserviamo per il nesso labiovelare omissione del grafema <-c->: aqua 934,88 e passim (ma acqua 822,16 e passim); aquisto 949,50; piaque 863,20, 807,48 (ma dispiacque B1320,7). Per la resa della nasale palatale bisono ‘bisogno’ 840,7. Anche il trigramma che designa la sibilante palatale subisce la perdita del grafema <-c->: rincrese B1071,17 (ma rincresce 814,65; 900,56); conosessi ‘conoscessi’ 814,82; sparise ‘sparisce’ 900,19; Palco Senico 989,2720.

Iliade; 1 Belli, S. 1588.6; 1 Tommaseo).

16 La variante con <-i-> sembrerebbe assente nella grafia standard coeva: LIZ 13 ess. di bagno in poesia (10 Pindemonte; 1 Monti; 1 Foscolo; 1 Leopardi); numerosissimi ess. in prosa: 2 Foscolo; 7 Conciliatore; 1 Manzoni, Promessi Sposi 1827, 1 ib., 1840; 2 Leopardi; e ancora in Tommaseo; Giusti; Nievo.

17 In alcuni casi originata dalla dimenticanza del titulus, ma più probabilmente per motivazioni fonetiche, specie in relazione all’autodettatura (cfr. ROMANELLO 1978: 81).

18 Si veda anche istalazione 850,19. 19 Si tratta certamente di un refuso grafofonetico, sebbene GDLI segnali nénpo come antico

(fine del sec. XIV, Storia di Stefano). 20 Per la resa della laterale palatale si veda il cognome devigliers 1028,20 allato a Devillers

1028,14, in cui è chiaramente visibile sotto la prima l una g poi cassata. Semplificazione infine del digramma <-ea-> in laura ad onereme 844,32.

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II.2. Osservazioni sull’interpunzione21

Nella scrittura di Maria si riscontrano tutti i moderni segnali di interpunzione variamente distribuiti. Persiste ancora l’uso della virgola prima di una congiunzione; se ne registra un impiego abbondante in particolare prima del che e davanti a e, specialmente in dittologie. I due punti sono pressoché assenti a vantaggio del punto e virgola più frequente, mentre il punto ammirativo e quello di interrogazione sono impiegati non senza incertezze e in alcuni casi con grafia anomala e in accumulo con altri segni interpuntivi 22 . Si riscontrano inoltre l’uso di parentesi e di segnali di richiamo. Del tutto assenti invece i segnali grafici che indichino il discorso riportato, i turni dialogici o la resa di titoli23, per i quali la scrivente adotta talvolta la sottolineatura24.

Impiego della virgola davanti al che: io gli ò risposto, che | senza di tè non voglio fare niente 465,30; Biscontini non parte che, | il giorno 536,15; non si lasciò vedere, che jeri 844,9; mi occu=|però delle Gabie meglio, che mi sarà possibile 844,15; ora, che sono in ballo, voglio il | Denaro 878,32; per il senzo, che mi fanno i buoni ! portamenti di Ciro 878,20; qui alla nuova | apertura si dice, che sarà buono 863,38; quello, che | sò di certo, che tenendo un affitto uno è | tenuto a sempre migliorare 934,83 fà tù, che, tì trovi lì 949,23; ciò, che tì

21 [Oltre alla bibliografia citata in § I.5. cfr. l’excursus sugli sviluppi della punteggiatura

offerto in MORTARA GARAVELLI 2003: 117-135, cui si rinvia anche la bibliografia (ma ai fini della nostra indagine andranno almeno ricordati il saggio del 1986 della stessa autrice; cfr. inoltre CHIANTERA 1986 e alcuni contributi contenuti in CRESTI-MARASCHIO-TOSCHI 1992). Alcune utili osservazioni si ricavano anche dalla disamina in chiave testuale sulla funzionalità del punto e della virgola nella varietà contemporanea condotta in FERRARI 2003: 55-144]. Sulla punteggiatura della prosa del secondo Settecento in particolare cfr. il già citato PERSIANI 1998.

22 Il punto esclamativo e quello di interrogazione, come noto, sono sempre stati oggetto di un impiego aberrante, anche in scritture medio-alte. Basterà rammentare, ad esempio, l’uso capovolto del punto interrogativo nelle Memorie (1872) di Garibaldi e i bizzari rovesciamenti a inizio di frase adottati da Dossi (cfr. SERIANNI 1990: 226).

23 Del tipo la musica | è il Torquato Tasso, scritta apositamente 863,39 e L’orchestra era tutta | colocata sul Palco Senico, il quale era | decorato come nella prima scena del | Anna Bolena 989,26-28.

24 Si noti ad es. la resa del discorso diretto in non ardisco mostrargli la Lettera, e dirgli vedete | come scrive bene B1071,23-24, oppure la citazione di un titolo di canzone In fino i tempi ti si son mossi 677,33. MENGALDO 1987: 41 rileva come la sottolineatura negli epistolari rappresenti una strategia degli scriventi per enfatizzare elementi del testo. Nelle lettere di Mariuccia ricorre spesso con la medesima funzione, oltre ai casi già citati, anche per marcare cifre (spesso relative a denaro), vocaboli degni di attenzione, proverbi, espressioni colorite (ad es. cinquecento Doppie 1308,27; Parigi 590,38, colera 590,48; Libretto bellissimo 900,5; Canchero 900,20; ciro mio anima mia 824,15; ambasciatore non porta pena 620,28-29; ed ecote | fatto 889,19-20, solo per indicarne alcune) [Frequenti sottolineature sono registrate anche da RATI 2004: 242-243 nel carteggio tra Amalia Depretis e Ferdinando Martini].

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faccio riflettere è, che | un ribasso di cento scudi 929,14 e passim; prima della congiunzione e: il quale | stà benone, e ciò che è assai curioso 465,3; avrai proseguito bene, e nè | attendo i dettagli 536,7; Ciro stà bene, è và bene 536,8; Ciro sta benone, e chiede | la S. Bened(izione) 587,29; mi sono rimessa | ad esse, e spero bene 542,63 e passim, specialmente in dittologie: con il tempo, e cambiamento | di aria 587,9; chiara, è | lampante 542,28 e passim25. Nei casi di minuscola dopo punto (a pensarci. jeri 630,16; con tè. | abiamo 630,23) è necessario pensare all’omissione di maiuscola piuttosto che al punto mobile, ormai decaduto almeno dalla metà del secolo precedente26. I due punti, nei rari casi in cui occorrono, rivestono una funzione deittico-presentativa: I denari della Delasche | sì presero: non quelli di Stocchi 729,20; ciro | mio anima mia: esortalo per carità à continu=|are in tutto 840,24. Il punto interrogativo ricorre moderatamente nelle lettere (7 occorenze in tutto, di cui 1 nel corpus B) in Tu dici che il Matrimonio | Teodoli si fà sotto brutti auspici perché? 620,29-32; io poi che sò sè il Villano si lascia ve-|dere ò nò? 943,18; in un quesito riportato Biscontini jeri in tavola disse secondo mè | una eresia, dicendo mà, che il Sig.r Belli | non potrebbe dare una corsa à Fermo? 598,22; in accumulo con una virgola in tutti | vorrebero essere distinti, mà come sì fà?, 678,49 e chi sà, che non venga il momento nel quale | possa assentarmi per qualche giorno di quì, | onde riabraciarti,? B1001,16; nelle domande retoriche i 34: Piantoni che mancano dovrebero andare a | carico mio? Signor nò 934,68 in cui il segno appare specularmente invertito, come pure in ma questo diavolo | chi lo conosce ? 941,20. Più consapevole l’uso del punto esclamativo (8 occorrenze in tutto, assente dal corpus B) in Bravo Babbocci! 628,9; indovina un poco! 628,58; Peppe mio, che coppia! 632,40; credo sarà andato bene così! 678,57; che poi per amicizia, ò convenzione si poteva | fare anche per un baj.! 941,19. Non mancano tuttavia anomalie: in Non sò come non abbi ricevuta la mia | seconda diretati à Terni! 929,70 l’esclamativo è corretto sull’interrogativo, e in due passi andarvi frà tuoni, saette | è diluvio orendo! 934,17 e sarebbe | meglio prendere tutto insieme, mà quan=|do sarà! 929,12 è chiaramente visibile sotto il puntino una virgola. Discretamente impiegate anche le parentesi (12 occorrenze in tutto, solo nel corpus A) per racchiudere incisi27: la | felice (io spero) operazione 590,12; Mazzucchelli (che è il Medico | del Monastero) per essere 590,49-50; io lo sodisferò (risparmiando più che_si | puole) è te nè renderò avvertito 678,17-18; le racchette, con pella (da | fare un bel botto) 873,15-16; e ancora in 691,75; 739,26; 900,68; 943,92-93; 949,25-26; 949,35; 1040,21-22. Si registrano due soli casi di richiamo per annotazione ai margini, ambedue nella lettera 733.

Per quanto riguarda il ruolo di scansione sintattica che la punteggiatura

25 A una probabile disattenzione saranno da imputare i casi abiti di velluto di, Merletto, ecc

857,41 e quelle, forastiere oltre | lessere assai legeriere vi vonno sd. 1:50 863,13. 26 Cfr. MARASCHIO 1993: 144. 27 Come i repertori normativi dell’epoca prescrivevano (cfr. PERSIANI 1998, in particolare

per le semilune a pp. 230-231).

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assolve si noterà che questa è del tutto assente nelle lettere di Maria. Si esamini un caso per tutti, il corpo centrale della lettera 539, in cui un articolato periodo sintattico è scandito soltanto da una virgola, la cui posizione - davanti a che - lascia per giunta supporre che si tratti di una scelta obbligata dall’uso e non da una reale motivazione logico-grammaticale28:

Sono appena ricevuta la tua risortita | ed ho sentito Fratocchi Esso dice che tutto | si puol fare ma che ti serva di regola | che ora Compagnioni quando sono Procure di | atti determinati prende esso il dritto non | ho troppo capito bene di che per la la fretta | ma la conclusione si è, che per questo | nostro affare prenderebbe sd. otto e cinque | scudi importerebbe il Notajo che solenità | tutto per tua norma riguardo poi al | Pagare le spese di qual si voglia procura | a metà io non me la_sento affatto Esso | a fatto il Patto che tutto vada a suo | carico onde doveva pensarci prima bene | giaché tali spese le doveva prevedere fin | dal giorno che si stabilì il nos.o Contratto | Ciro stà benone.

II.3. Fonetica29

II.3.1. Vocalismo

II.3.1.1. Vocalismo tonico Regolari gli esiti di E breve tonica in sillaba libera. Si segnalano soltanto

intiera 601,26; intiere 733,23 (e in posizione atona nel composto intieramente 1304,15-16; 857,67; 920,28 vs. interamente 590,13)30 e l’antica

28 Del resto le grammatiche accoglievano più diffusamente la teoria pausale

dell’interpunzione, lasciando in secondo piano, pur senza trascurarla del tutto, la funzione logico-grammaticale; al più potevano sostenere una «visione combinatoria pausativo-grammaticale», come nel caso di Puoti (cfr. CHIANTERA 1986: 150; PERSIANI 1998: 133-136). Assenza di scansione sintattica per mezzo della punteggiatura si nota anche in: Non prima di jeri mi riescì di riverire il fa=|bricatore delle Racchette con la Pelle, poiché in tutta | Roma non vè nè è che uno quelle, forastiere oltre | lessere assai legeriere vi vonno sd. 1:50: ed io non ho | creduto prenderle queste saranno fatte per Giovedì | prossimo allora avrò in ordine due Racchette due | capucci da riprendere il volante, e_sei | paja di solette il tutto per ciciotto mio vedremo | come spedirgli il tutto 863,11-19; Io seguito a soffrire con la | testa, e questa Lettera lo scritta almeno in dieci | tempi tutti tì salutano Benedici è abbraccia | ciro mio 830,51-54 e passim.

29 [Anche nell’ambito fonologico moltissimi dei fenomeni riscontrati e riconducibili per lo più al sostrato locale, trovano puntuale conferma nelle lettere coeve di Amalia Ruspoli, per cui cfr. POGGIOGALLI 2004: 107-113; più esigui i riscontri in Suor Maria Leonarda, diatopicamente meno marcata (cfr. BIASCI 2004: 143-144)].

30 Per le alternanze intero/intiero nella lingua dell’epoca cfr. ANTONELLI 1996: 84 n18. PATOTA 1987: 29 offre un excursus sull’oscillazione tra i due tipi nella prosa del secondo Settecento notando una certa espansione fra Sei e Settecento per la forma dittongata, nonché la piena concorrenza di ambedue le forme sulla stampa periodica milanese della prima metà dell’Ottocento e il successivo declino del tipo dittongato per intervento manzoniano. [Tale

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forma prosiegui31 B846,38. Più articolato il quadro per gli esiti di O breve tonica32. Assenza del

dittongo in core 1304,3 (ma cuore 465,39; 592,23; 691,30; 920,39 e passim); foco 943,66; 873,56; 873,62; 873,69; fori 626,6; 677,27 (ma fuori 632,41; 677,18; 897,41 e passim); loco33 626,10 (anche nell’espressione cristallizzata ⎡essere sulla faccia del loco⎤34 ‘essere sul posto’ 741,23; 900,35) e logo 592,12; 630,16 (vs. luogo 542,18; 934,82; luogi 590,28); omo 857,47; 1040,29; B846,21 (allato a uomo 590,66; 677,28; 857,56 B846,22 e passim); omini35 873,67; 941,97; ovo 733,43; scola B846,28 (ma scuola 691,77). Per il monottongo del calco semantico bono ‘cambiale, debito’ 542,58 si deve pensare a un adattamento dal francese36. quadro risulta confermato ora anche in ANTONELLI 2003: 92 n16].

31 Già “rarissima” dalla seconda metà del secolo precedente (cfr. PATOTA 1987: 30; ANTONELLI 1996: 85). [Anche nei riscontri offerti da ANTONELLI 2003: 91 un solo caso rinvenuto in Giordani].

32 Per il mantenimento del monottongo nella serie velare si può certamente pensare a un influsso della situazione romana, sebbene alcune delle esemplificazioni riscontrate siano confortate anche dalla tradizione colta. Del resto si parla di asimmetria tra serie palatale (con dittongamento stabile) e serie velare (in cui prevalgono forme monottongate) già dal romanesco di “prima fase” (cfr. ERNST 1970: 47); per la stabilizzazione della tendenza nel tardo Cinquecento cfr. PALERMO 1991: 29-30; lo squilibrio risulta chiaramente anche dalle forme attestate in CHIAPPINI (cfr. PENZO 1997: 245). Sull’instabilità del dittongo velare rispetto alla serie palatale, anche nel toscano cfr. ROHLFS: § 107.

33 Conservazione ben documentata anche nella lingua letteraria (e confermata dall’assenza di sonorizzazione della velare). Lo spoglio della LIZ restituisce il quadro di una notevole varietà di soluzioni che sembrano attribuire al tipo loco una valenza poetica (nei versi di Cesarotti, Pindemonte, Monti, Foscolo, Manzoni ma anche nella prosa di Borsieri e in Il Conciliatore) allato a logo (nella prosa di Cuoco, Borsieri, Foscolo e Berchet ma anche nella poesia di Cesarotti, Monti e Foscolo); il tipo luoco, usato già in Sarpi e Boccalini, occorre anche in Croce mentre il pl. luochi in Manzoni sia nella ventisettanta che nella quarantata; logo infine in Goldoni e nei Sonetti di Belli [una distribuzione confermata anche in AGOSTINELLI 2006: 251-252].

34 Cfr. glossario s.v. faccia2. 35 E l’atono ominino B846,24. Per umo ‘uomo’ 1028,47 si potrebbe pensare, se si esclude il

lapsus calami, alla riduzione grafica del dittongo al primo elemento, registrata per la serie palatale anche in trattine ‘trattiene’ 907,58.

36 Probabilmente da bon (du Trésor), a. 1755, Saint-Simon, TLF 4,658. In effetti la forma monottongata è decisamente più frequente all’epoca: si veda nel particolare significato di ‘ricevuta’ (1796, L. Veladini, Raccolta degli ordini ed avvisi stati pubblicati dopo il cessato governo austriaco, LESO 1991: 407 [746-747]); nella stampa periodica con il significato di ‘titolo d’obbligazione’ (1825, in LSPM 363); nel Dizionario Politico Popolare come ‘titolo di credito’ con rimando a ‘carta-moneta’ (1851, DIZPOLPOP: 53 e 278); tra le ‘voci guaste o nuove’ del dizionario di D’Ayala (1855, DELI), in Rajberti (a. 1861, GDLI); invece buono ‘ricevuta’ (1796, Della Valle, Termometro politico della Lombardia, in I giornali giacobini italiani, LESO 1991: 411 [808]); in Foscolo come ‘documento nominativo o al portatore che legittima il prelevamento di somme o merci’ (1805, GDLI; DELI); costantemente dittongata nel dizionario economico del Boccardo (1875-1877, DIZPOLPOP: 53 n37). La lettera in cui Maria impiega il termine risale al settembre del 1830: E venuto | al pettine il nodo del bono

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Ancora mancato dittongamento in fonosintassi nell’aggettivo bon inchiostro 830,45 (allato a un pusse buono 589,19; buoni | portamenti 878,17 e 878,20; buona piega 878,24; buone | nuove 673,3 e buone cose 897,38) 37 e nell’espressione cristallizzata bon prò le faccia 943,25. Presentano dittongamento nuova f. ‘notizia’ 900,66 e nuove38 621,19; 679,4; gli aggettivi nuovo 920,28 e passim; nuo=|va 592,16-17; nuovi 598,56; la locuzione avverbiale di nuovo 542,40 e di bel | nuovo 465,2439.

Tra le forme verbali si registrano poi ‘puoi’ 878,13; B883,10 (ma puoi 897,18; 900,77), voi ‘vuoi’ 691,5; 844,26; B1320,45, vole 587,32; 621,22; 840,12; 840,25; 1028,31 e passim (vs. l’hapax vuole B1320,49); dole 628,25 (ma duole 628,7 e passim e sempre suole 40 620,10 e passim). Probabili ipercorrettismi gli hapax puoi41 avv. ‘poi’ 887,8 e suopra 590,24 (ma sopra 850,21 e passim).

Del tutto assenti le forme non anafonetiche, a meno che non si tenga conto del passo non puole dirsi un so=|prano deciso; sembra che alla prima cavata | di voce la lengu abbia un poco appannata, ma questo | difetto sparise [sic] nel progresso 900,18 in cui per altro la forma sembra cassata più per un cambio progettuale che per una censura fonetica42.

del Muratore, in voce | saprai tutto, per riguardo di Pippo mi sono messa | di concerto, onde non fare per questa inezia dan-|no à suo Padre, Pippo però mi assicura, che ora | vi è una qualche probabilità, che abbiamo i sd. 13 | che ci deve il Muratore.

37 E ancora in buon cristiano 620,11; buon fine 847,35; buon Ferajolo 857,12; buon omo 814,80.

38 Ma non il protonico novette ‘notizie’ 691,45 (come solette ‘piccole suole’ 850,40; 863,18 e 873,16-17).

39 Un ulteriore avallo degli orientamenti coevi che reputavano la formamonottongata ormai come poetica (cfr. PATOTA 1987: 23-24; ANTONELLI 1996: 81 n5).

40 Anche in posizione tonicamente debole, come suol dirsi 907,18. 41 Presente comunque anche nel romanesco dell’anonimo (anche in forma elisa puo’, cfr.

TRIFONE 1992: 118-119) e nella lingua antica (cfr. ROHLFS: § 106). 42 Per l’assenza del fenomeno nel romanesco cfr. ERNST 1970: 58-59; TRIFONE 1992: 21. La

voce cassata da Maria sembra offrire un’ulteriore conferma della vitalità delle forme prive di innalzamento vocalico in Belli (e nel romanesco postbelliano) di cui parla SERIANNI 1989e: 300-301 anche per la serie palatale. L’evidente resistenza nel dialetto della serie velare invece (già segnalata da TELLENBACH 1909: 21ss e DE GREGORIO 1912: 89) si manifesta in lingua, cinta, striggne di Belli contro fongo, onto (cfr. VIGNUZZI 1991: 746), forme con o chiusa mantenuta addirittura fino a Trilussa, per esempio ogne (cfr. SERIANNI 1981: 80). Per lo squilibrio tra serie palatale e serie velare nel romanesco anche rispetto all’anafonesi cfr. pure PALERMO 1991: 31. [Esigua la presenza di forme non anafonetiche, solo per la serie velare, anche in Suor Maria Leonarda Busani, per cui BIASCI 2004: 143].

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II.3.1.2. Vocalismo atono

II.3.1.2.1. Protonia La conservazione di /e/ protonica (in corrispondenza della i toscana) in

posizione iniziale rispecchia molto spesso l’uso dell’epoca: Decem=|bre43 907,41; Nepote 44 1030,18; 1040,28; fenimenti 857,37, nell’aggettivo megliore 897,24 e nei verbi fenire 934,44; fenirei 863,42; fenisce 628,34 (ma difinito 844,64); megliorare 934,69 (ma migliorare 934,85). Si ha passaggio a /i/, forse per assimilazione, in Panigirico45 630,31. Da osservare a parte il tipo Chierurgo 1300,19 e 1304,19, attestato solo nei Sonetti belliani, ma presente tra i romaneschismi banditi da Tommaso Azzocchi46.

Per Torchino 598,66 e per le forme verbali stipolò 592,26 e stipoli 47 542,19 si può pensare a una reazione ipercorrettiva del passaggio a /u/ da /o/ protonica nel romanesco belliano. Il mantenimento di /o/ nell’hapax molino 943,88 sembra riflettere un uso coevo ormai in regresso 48 . Viceversa la conservazione etimologica di /u/ in tribulazione 857,8 - oltre ai numerosi riscontri nella lingua letteraria - trova una conferma in qualche esito romanesco antico49.

L’oscillazione di-/do- in posizione iniziale sembra risolversi a svantaggio della forma labializzata: dimani 943,8; 1300,22; 1040,26 e passim (persino

43 Presente, anche se in netta minoranza, nell’uso coevo: LIZ riporta 6 ess. di decembre (1

Manzoni, Promessi Sposi 1827; 3 ib., 1840; 3 Leopardi, Zibaldone) vs. ben 41 ess. di dicembre (40 prosa: 4 Cuoco; 6 Conciliatore; 2 Pellico; 3 Manzoni, Fermo e Lucia; 5 id., Promessi Sposi 1827; 4 ib., 1840; 10 Leopardi; 4 Tommaseo; 2 Nievo; 1 poesia in Giusti). Spesso anche in Belli nel tipo decemmre [cfr. ora anche ANTONELLI 2003: 98].

44 Non mancano occorrenze, sebbene esigue, nella lingua del tempo: LIZ 12 ess. di nepote equamente distribuiti tra 6 in prosa (4 Leopardi, Zibaldone; 2 Tommaseo) e 6 in poesia (2 Monti; 3 Foscolo; 1 Belli) contro ben 79 casi di nipote (di cui 70 in prosa). Cfr. anche PATOTA 1987: 34 [e ANTONELLI 2003: 98].

45 Impiegato invece da Belli nella forma paneggirico (LIZ, S. 2091). 46 LIZ chierurghi Belli, S. 907.8. Assente dai repertori di lingua, la forma doveva tuttavia

godere di una certa diffusione nel romanesco, a giudicare dalla condanna dei vocabolari della lingua d’uso di Azzocchi e di Ugolini (cfr. SERIANNI 1981: 125) e dalla sua presenza nei dizionari dialettali di CHIAPPINI (che la definisce voce “plebea”) e di BELLONI-NILSSON-EHLE che le attribuiscono il simbolo di voce “fuori uso” (s.v. chirusico). Inaccettabile l’ipotesi di VACCARO che ipotizza un incrocio dell’etimo gr. χειρουργός con il lat. clericus.

47 Cfr. stipolà in Belli, S. 756.14 (LIZ). 48 LIZ 6 ess. molino (4 prosa: 1 Manzoni; 3 Nievo; 2 poesia: 1 Monti; 1 Giusti) vs. ben 47

ess. di mulino (45 prosa e 2 poesia, di cui 1 anche in Belli). [Cfr. anche ANTONELLI 2003: 102]. L’occorrenza si riscontra nel modo di dire sanno tira=|re assai bene l’aqua al loro molino.

49 Per la lingua standard si vedano gli ess. in TB; DEI; LIZ; GRADIT, per il quale è appunto variante obsoleta. Circa i riscontri nel dialetto arcaico cfr. tivulazioni nella Vita di Cola di Rienzo e tribulazione nel Memoriale di Paolo dello Mastro (in RAVARO), anche se nei sonetti belliani si registrano le forme in /o/: tribbolazzione come titolo del S. 142.

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l’indimani50 691,59); dimanda f. 850,41 e le forme verbali dimanda 934,122; dimandi 932,25; dimandai 621,19; 832,25; dimandano 878,40; dimandarmi 830,11 (vs. l’isolato domandarmi 873,54)51.

Il tipo usc- è assente in entrambi i corpora: escita f. 850,19; le forme verbali escire 733,15; 1308,26; escirtene 620,4; riescì 733,15; 857,45; 863,11; 1300,21; riescito 621,9; 873,5; riescire B823,8 e passim52.

Per l’allotropia re-/ri- trova riscontro nella lingua del tempo il mantenimento della /e/ protonica in resultato53 873,36; 934,123; probabile ipercorrettismo invece per recamata 54 824,36 e B846,15; viceversa si ha chiusura in ricuperata 632,14; ristauri 949,30 e, probabilmente per assimilazione, in rispinghino 592,12 (ma respingermi 725,36) e ristringere 844,46 e ristrizione 844,5055.

La tendenza del romanesco al mantenimento di /ar/ protonico e intertonico56 si riscontra soprattutto nelle forme verbali: replicarei 949,17 (ma replicherò 542,31); ripiegaremo 929,44; sembrare=|be 949,17 e nei composti con suffisso -arello 57 : Cacarella 590,46 e cacarelle 590,52; cosarella 878,14; giocarello 855,12; piantarello 733,85; e, riferito a Ciro, Ciu=|carello 824,32-33 (il tipo con e non occorre mai in ambedue i corpora). Per i sostantivi sembra prevalere l’esito fiorentino: buscherata58

50 Forma tra quelle censurate da Azzocchi (cfr. SERIANNI 1981: 173). 51 Per un quadro sull’allotropia dimanda, -are/domanda, -are, dimani/domani e sulla

posizione dei repertori lessicografici dell’epoca cfr. PATOTA 1987: 47; SERIANNI 1989c: 179; ANTONELLI 1996: 103 n67 [e ora anche 2003: 95-96].

52 L’affermazione del tipo in usc-, già presente nella ventisettana, non tarda ad arrivare, nonostante la presenza del tipo con e mantenuta sia in testi letterari, sia nei numerosi rimandi dei lessicografi (cfr. PATOTA 1987: 44-45; SERIANNI 1989c: 205 [riscontri per la lingua d’uso coeva sono offerti ora anche in ANTONELLI 2003: 170]). Dell’alternanza vocalica del verbo uscire si sono occupati TEKAVČIĆ 1983; MAIDEN 1995; LAUTA 1999.

53 LIZ 2 ess. resultato (1 Conciliatore; 1 Nievo); resultati 8 ess. Conciliatore [riscontri anche in ANTONELLI 2003: 99].

54 Illuminante a tale proposito il commento di CHIAPPINI: recamo e recamare sono «voci usate dalle persone semicivili quando pretendono di parlare bene». La forma è attestata anche in VRM e condannata da Azzocchi (cfr. SERIANNI 1981: 219) [e ricorre anche nelle lettere della Bussani, cfr. BIASCI 2004: 143].

55 Ampiamente attestati tuttavia nella lingua standard. Le varianti in ri- sono numerosissime per tutti i casi. Si riporta una sintetica esemplificazione solo per le forme in questione: LIZ: ristauro 4 ess. (2 Nievo; 1 Borsieri; 1 Monti); ricuperata 5 ess. (1 Manzoni, Fermo e Lucia; 1 id., Promessi Sposi 1827 e mantenuto nella quarantana; 2 Leopardi, Zibaldone; 1 Nievo); ristringere 11 ess. (2 Conciliatore; 2 Manzoni, Fermo e Lucia; 7 Leopardi, Zibaldone) [cfr. anche il quadro in ANTONELLI 2003: 99].

56 Cfr. ERNST 1970: 59-60. 57 [Per il quale cfr. ora i riscontri coevi offerti in ANTONELLI 2003: 104]. 58 In CHIAPPINI buscheratura, ma in Zanazzo buscarata (in RAVARO, che registra anche il

verbo buscherà).

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907,35 e nell’alternanza -aria/-eria si ha osteria 59 632,11 e 632,21; corbeleria60 934,59 per l’intero corpus.

La conservazione dell’iniziale etimologica di armellino ‘ermellino’ 900,74 trova consenso in alcuni esiti dialettali e letterari61.

Per l’oscillazione di a/e in protonia si registra Forastieri 907,27, 920,34; 1031,22 e l’agg. forastiere 863,13 (per i quali sarebbe possibile pensare a un influsso di fora): le forme con a, per quanto rifiutate dai repertori lessicografici, furono presenti nella lingua dell’epoca, seppure in modo minoritario rispetto al tipo con e62.

Probabile scambio di prefisso infine per preciutto 943,65 e preciutti 934,91; 934,99-100; 934,102; 934,108, largamente attestato nel romanesco e in molte varianti regionali63.

59 Il tipo osteria prevale nei repertori romaneschi (cfr. ROLANDI e BELLONI-NILSSON-EHLE), così come nella lingua letteraria (cfr. GDLI e LIZ), mentre ostaria e ostarie sono nei sonetti belliani, rispettivamente in 19 e 7 ess. (ma cfr. anche 6 ess. di osterie).

60 Del resto corbelleria e corbellerie, più frequente, sono dominanti nella lingua standard (cfr. LIZ in Berchet, Il Conciliatore, Manzoni, Fermo e Lucia, id., Promessi Sposi 1827 e 1840, Nievo e nella poesia di Giusti).

61 Cfr. le numerose attestazioni nell’italiano antico e nei dialetti in GDLI1 (s.v. armellino) e LEI III, 1309-1313 s.v. armenius (cui si rinvia, alle pp. 1317-1318, per la discussione etimologica e soprattuto per il prevalere della odierna forma letteraria ermellino). Nel romanesco si riscontra armellino in Belli (S. 386.2) e Zanazzo (cfr. RAVARO, che però la indica come voce arcaica). I riscontri in LIZ mostrano il lento regresso della variante in a, che, ancora vitale nei due secoli antecedenti all’epoca di Mariuccia (in Bargagli, Marino, Casti, AA.VV., Poesia dell’età barocca e l’apocopato armelin Goldoni, La cameriera brillante), si riduce a un esempio isolato in Il Conciliatore.

62 Per il quadro delle occorrenze nella lingua del secondo Settecento e per i giudizi dei dizionari cfr. PATOTA 1987: 43 e n97. Il declino del tipo con a a vantaggio di quello con e è ben visibile da un riscontro con le scelte attuate nel romanzo manzoniano: LIZ registra soltanto un caso del sostantivo forastiero in Fermo e Lucia vs. 5 ess. di forestiero in Promessi Sposi 1827, riconfermati in ib. 1840, a cui si aggiungono altri 5 casi della forma in e (ma il tipo forastiero m. è anche in Pindemonte, trad. Odissea, Foscolo, trad. Viaggio di Sterne, Il Conciliatore, Pellico, Leopardi, Zibaldone). Anche forastiere m. nel cap. 14 del Fermo e Lucia viene modificato in forestiero nello stesso passo della ventisettana e della quarantana. Degli unici due esempi del plurale forastieri del Fermo e Lucia, uno viene modificato in forestieri nelle edizioni successive. Anche in altri autori è percepibile lo scarto tra le due varianti: in Pindemonte, trad. Odissea 1 es. di forastier m. vs. 34 forestier m.; il Belli 1 es. di forastieri pl. in S. 903.7 vs. 3 ess. di forestieri. Del sostantivo plurale forastieri si hanno 3 ess. anche in Il Conciliatore (che presenta inoltre 1 es. di forastiere agg.sing). Il femminile sost. e agg., infine, appare sempre con e nel tipo forestiera in 39 ess. (Il Conciliatore, Manzoni, Promessi Sposi 1827 e 1840, Leopardi, Zibaldone, Tommaseo, Fede e Bellezza).

63 Per i riscontri si rinvia al glossario, limitandoci in questa sede a segnalare soltanto il rinvenimento del tipo presciutto in Leopardi, Zibaldone, 7 aprile 1826, p. 4173 (LIZ). Già presente nel romanesco di prima fase, lo scambio di prefisso risulta un tratto ancora vitale in Belli (cfr. VIGNUZZI 1991: 747). Per il consonantismo cfr. § II.3.2.4.

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II.3.1.2.2. Postonia Tra i sostantivi si noterà l’hapax giovene 941,13 (in cui la vocale palatale

però è già presente nella base etimologica) allato al maggioritario giovane 900,14 e passim64.

Sistematico l’innalzamento di /a/ > /e/ in postonia non finale nei proparossitoni65 nelle forme verbali della 6a persona del presente indicativo della prima coniugazione come abbracceno 814,23; as=|sicureno 590,39-40; camineno 1308,19; cominceno 621,14; domandeno 632,34; nella 4a persona dell’imperfetto66 in mandaveno 590,48 (ma mandavano 590,51) e nella 2a persona dell’imperativo (con pronome personale enclitico) in abbraccelo 840,29 e abbracelo 863,5; 897,17; bagelo 814,9.

Similmente nel romanesco la /o/ postonica passa a /e/ nella 6a persona del presente indicativo di seconda e terza coniugazione, per analogia con i verbi di prima coniugazione 67 : assisteno B883,17; chiedeno 1312,51; deveno 729,31; 897,40; 934,81; 934,107; 949,32; parteno 920,14; posseno 691,29; 934,108; prendeno 832,10; riman=|geno 68 1037,18-19; risenteno 863,35; soglieno 897,27; 989,21; tendeno 620,12; vedeno 742,53; 832,31; 934,20; verteno 1028,43; viveno 920,36; voglie=|no 590,61-62 (ma vogliono 943,6 e voglia=|no 1304,16). II.3.1.2.3. Casi particolari di vocalismo atono

Scambio vocalico di /e/ in luogo di /i/ per probabile paretimologia in eminente ‘imminente’ 850,49. L’impiego di volontieri 847,55 (verosimilmente incrociato con ‘volontà’) rappresenta un ulteriore tentativo di resistenza dell’antica variante, discussa e talvolta ammessa dai lessici puristici, e comunque ancora presente nella lingua d’uso e nel romanesco del primo Ottocento69. Anche il passaggio o > e nell’ultimo vocabolo della locuz.

64 Il tipo giovine, preferito dalla prosa ottocentesca (cfr. PATOTA 1987: 47-48; ANTONELLI 1996: 105 n72) è assente nelle lettere di Maria (sull’allotropia giovane/giovine cfr. SERIANNI 1989c: 181-183).

65 Fenomeno tipico del romanesco che talvolta si spinge fino a /i/: già in DE GREGORIO 1912: 93, cfr. ROHLFS: § 139; TEKAVČIĆ 1972: § 164; TELMON 1993: 115 (p. 96). Per il fenomeno in Belli cfr. VIGNUZZI 1991: 747.

66 Generalmente regolare: cascavano 632,44; davano 850,25; portavano 847,50; stavano 590,55.

67 Cfr. ERNST 1970: 136. 68 Per altri esempi di omissione del diacritico <-h-> cfr. § II.1.4. 69 I giudizi permissivi di alcuni repertori (Ugolini, Bolza, Viani) nei confronti della variante

antica, comunque bandita da Azzocchi (cfr. SERIANNI 1981: 262), non sembrano impedire il regresso di volontieri; lo dimostrano gli esigui riscontri in LIZ (contro 74 ess. di volentieri soltanto 5 ess. con o, rispettivamente in Cuoco, Saggio sulla rivol. nap. del 1799, Il Conciliatore, Manzoni, Fermo e Lucia, Nievo, Confessioni e nella poesia di Belli, S. 268.6). Anche DELI (s.v. volere) ritiene volontieri parallelo al comune volentieri (dal fr.a. volentier

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lat. laura ad onereme ‘laurea ad honorem’ 844,32 si può spiegare per effetto di un’attrazione vocalica, forse favorita dalla paragoge finale. II.3.2. Consonantismo

II.3.2.1. Gradi di intensità consonantica In accordo alla tendenza del romanesco a intensificare il grado della

labiale sonora intervocalica si trovano abbituale 900,44; 900,53; 929,8 (ma abituale 900,80); abborto 887,17; globbo 678,50; 840,30; 863,42; 907,8 e passim; robba 70 943,71 e passim (ma Guardarobiere 832,26); subbito 71 583,49 (ma subito 583,19); nel cognome Babbocci 628,9 (ma Babocci 551,18 e passim). Per reazione ipercorrettiva viceversa registro abiamo 630,23; arrabiatura 691,72; riabocato 857,58 (ma abboccarsi 830,27; 920,25) e in giuntura di parole sebene 626,20; 630,18; 630,37; 685,15 e passim.

Analogamente si osserva per la resa doppia della affricata prepalatale sonora in aggitata 730,24; aggitazione 587,12; colleggio 601,11 (ma collegio 601,8); eloggi 601,9 e passim; imagginare72 911,19 (ma imaginarsi 630,24 e passim; imagina 811,8; imaginato 691,5); proggetto 814,50; 844;52; raggione 934,14 e passim; raggioni 601,15; 873,34; 941,39 e passim; persino Peruggia 601,13. Di contro sono scempi lungagine 814,47; passagi 620,24; piogie 878,35; vantagio 929,58 (ma vantaggio 592,19); vilegiatura 632,23 e villegiatura 632,26; villegianti 628,44 (e, con omissione del diacritico indice di velarità, agunta ‘aggiunta’ 857,32)73.

sec. XI, a sua volta dal lat. VOLUNTĀRIE ‘volontariamente’) in cui si è immesso volontà.

70 Presente già nell’italiano antico (cfr. GDLI1) e nel toscano popolare, nel Lazio, in Umbria e nell’Italia meridionale (cfr. ROHLFS: § 215). Da un riscontro in LIZ risulta 1 es. della forma geminata nella prosa dello Zibaldone di Leopardi (15.09.1823, pag. 3433) e 4 ess. in Nievo. Per la poesia: 29 ess. in Porta; 57 in Belli; 1 Giusti. Il plurale robbe è presente in un passo dei Promessi Sposi (sia nell’edizione del 1827 sia nella successiva, nonché già in Fermo e Lucia) e in un sonetto di Belli. La forma intensa si trova anche in alcuni appunti belliani (cfr. VIGHI 1966: p. 224, n. 344 e p. 368, n. 915) e nella stesura precedente del terzo bollettone per il teatro popolare (cfr. VIGHI 1966: p. 534, n. 19 nella loc. robba robba). Un’accurata disamina della presenza del tipo intenso nella lingua letteraria è in BERTINI MALGARINI 1999: 81 n13, cui rimando per la bibliografia sull’argomento e per le attestazioni in altri secoli.

71 Per cui si tenga presente la frequente geminazione della consonante che segue la vocale tonica nei proparossitoni (cfr. ROHLFS: §§ 227 e 228).

72 Cfr. in Belli (LIZ) 1 es. immagginà; 4 immagginate; 1 immagginato; 8 immaggine. 73 L’intensificazione di grado della affricata palatale è un fenomeno tipico del romanesco

(cfr. gli ess. di proggetto, raggion, raggione e raggioni nei Sonetti di Belli, LIZ), tuttavia si riscontra una certa perplessità per la resa grafica davanti a vocale palatale anche nella lingua standard del primo Ottocento (cfr. MIGLIORINI 1960: 623; SERIANNI 1981: 111): cfr. 5 ess. di diriggere nello Zibaldone di Leopardi (LIZ); diriggi, rifuggio e tranguggiarmi in Foscolo, Ortis e nella stampa del tempo (cfr. PATOTA 1987: 55 diriggersi nella “Gazzetta di Parma” e

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Per il tipo doppo 551,23; 587,17; 592,11 e passim, presente nel carteggio solo in forma intensa, si veda quanto osservato al § I.5.

Il raddoppiamento indebito di /r/ in Burrattini74 934,8 potrebbe indicare un ipercorrettismo alla tendenza di scempiare la vibrante, ma non è da escludere che sia stato indotto anche dalla presenza nel vocabolo di un altro suono di grado intenso. Di tradizione romanesca invece sembrano essere Tamburrello75 900,83; 907,6 e, per il raddoppiamento della laterale, Baulle76 691,58.

Costituisce hapax il diminutivo scattoletta B846,13 (ma scatola 678,14 e passim e scatoletta 830,37 e passim) per probabile estensione anche alle forme derivate del fenomeno della geminazione postonica nei proparossitoni77.

È legittimo supporre un influsso del modello latino per essame78 1031,5; essempio79 733,44 (e forse anche essatezza B883,5). Resa della medio-forte in trasscrivo 941,34, mentre per siassi ‘siasi’ 822,18, si può pensare a uno scorso di penna. Grafica, infine, la geminazione in grazzia 900,11 e Ringrazzio 729,7; notizzi ‘notizie’ 824,17 e notizzie B883,9; pazzienza 943,65 (ma pazienza 1028,47 e passim); Fabrizzi 934,72.

Si registra un caso di raddoppiamento fonosintattico in appran-|zo 601,6-7 (ma à Pranzo 632,11 e passim).

Degeminazione della plosiva labiale sorda dopo o- in oposizioni 882,9, presente anche nell’italiano antico, mentre probabilmente grafici sono sapi 620,30; scapata 887,6; supongo 601,3; 920,3.

Diversi casi per la dentale sorda: in carateri 465,2; 685,3 (ma caratteri B823,5) si può pensare a una reazione alla tendenza al raddoppiamento nei proparossitoni; influsso del romanesco in ma=|latia 80 900,52-53 (ma malattia 589,6; 900,67 e passim, maggioritario) e quat=|rino81 929,21-22

tranguggiarlo nella “Gazzetta piemontese”). [Circa l’impiego di tali grafie con palatale intensa cfr. anche la bibliografia indicata in ANTONELLI 2003: 110 n81].

74 Scempio invece in Belli: burattino e burattinaro (cfr. VACCARO, S. 1636; LIZ). 75 Con vibrante geminata da Berneri (tamburro e tamburrino); in Belli tamburro (LIZ, S.

1385,6), tammurrello e tammurrelli (cfr. VACCARO, S. 1849 e S. 2063). Per i repertori dialettali cfr. tamburro in VRM e tammurro in CHIAPPINI che la definisce voce plebea. Sulla voce cfr. glossario.

76 Cfr. baullo in CHIAPPINI. 77 Cfr. almeno ROHLFS: § 228. Il tipo scattola, diffuso nella prosa coeva (cfr. PATOTA 1987:

55 [e ANTONELLI 2003: 116]), viene condannato sia dai repertori della lingua d’uso di Azzocchi e Ugolini (cfr. SERIANNI 1981: 234), sia da CHIAPPINI, che osserva «lo dicono molti del medio ceto che si piccano di parlar bene».

78 Cfr. ERNST 1970: 110-111 per altri esempi romaneschi del fenomeno. 79 Cfr. 10 casi di essempio e 2 di essempi anche in Belli, LIZ. 80 Per probabile influsso di malato (cfr. VIGNUZZI 1984: 57). Presente anche in Belli. 81 Cfr. CHIAPPINI.

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(ma quattrino 929,27); etimologico lo scempiamento in ceroto82 (ma cerotto 1312,31), mentre è probabilmente grafico in profiterò 1312,49. Svista grafica pure per fati 536,14 che può aver subito l’influsso del vicino pagati (lo dimostrano fatta 887,13; fatto 539,17; 630,42 e fatti 536,11; 620,31). In giuntura di parole piutosto 742,44; 1300,12.

Per la dentale sonora adormentarmi 83 730,7; adurgli 941,39; fredo 630,26; 907,34 (ma freddo 685,7); raffredano 887,8 e raffredore 628,20; il tipo Idio 620,10.

Per la velare sorda si ha bichiere84 1031,32 e machine85 863,34, scempi già nell’etimo, e sciroco 949,45; in giuntura in giaché 539,19; 601,14 e passim e sicome 882,3; anche nel cognome Mazzuchelli 590,9 e passim (ma Mazzucchelli 583,6 e passim). Per la velare sonora raguaglio 882,10 e passim e raguaglierò 587,14; rivega 465,8.

Per l’affricata palatale sorda abbracelo 863,5; 897,17 (ma abbraccelo 840,29); capocia 897,10; piovicica86 630,28.

Tenue la fricativa labiodentale sorda in gara=|fine87 ‘caraffine’ 830,37, mentre non stupisce il grado debole per la fricativa labiodentale sonora davero 878,19 e passim (per 6 occorrenze) giacché a Roma da non provoca raddoppiamento fonosintattico (ma si registra un caso di davvero 943,102).

La laterale risulta graficamente debole in affolatissima 847,4 (ma affollatissimo 592,24 e affollatissima 855,3), mile 630,42 (ma mille 1031,37 e passim ), Pilole88 830,37 e nel già visto vilegiatura 632,23 (ma villegiatura 632,26 e villegianti 628,44), nel cognome Frecavali 824,33 (ma Frecavalli 814,21 e passim)

Esempi di nasale degeminata in imenzi 601,9 e imenza 630,42; ramari=|co 691,24; ramarica 943,4 e ramaricatissima 900,40; solenita 539,13; in unione con il clitico in dimi 536,10; 601,29; nella giunzione

82 Già degeminato nell’etimo greco (cfr. DEI; VEI; anche nel repertorio di Azzocchi, cfr.

SERIANNI 1981: 125) e nei lessici romaneschi VRM; VACCARO; ROLANDI. L’incertezza della resa grafica comunque si registra anche nella prosa medio-alta: cfr. ad esempio un caso di ceroto in P. Verri segnalato in PATOTA 1987: 53 [e nelle lettere di Costanza Monti Perticari, cfr. AGOSTINELLI 2006: 249].

83 Le cui forme scempie sono attestate anche anticamente (cfr. GDLI). 84 Cfr. DELI per la discussione sui possibili etimi del vocabolo, tutti comunque scempi. 85 Cfr. VRM; VACCARO; il repertorio di Azzocchi (cfr. SERIANNI 1981: 182); CHIAPPINI. 86 Quest’ultima attestata nei repertori romaneschi sempre nella variante geminata (cfr.

VRM; CHIAPPINI; RAVARO). Compare tra le voci censite da T. Azzocchi (cfr. SERIANNI 1981: 206).

87 Scempia già nell’etimo e nei repertori romaneschi (per i riscontri cfr. § II.3.2.2.). 88 Già scempia nell’etimo (cfr. DELI) e con alcune attestazioni della variante degeminata

anche nella lingua letteraria (cfr. GDLI1). Nell’uso dell’epoca il tipo intenso si era ormai generalizzato (LIZ pillola 2 ess. Nievo, Confessioni, 2 ess. id., Novelliere campagnolo, 1 es. nella poesia di Giusti; pillole pl. 1 es. Il Conciliatore, 1 es. Nievo, Confessioni e 1 es. id., Novelliere campagnolo e 1 es. Giusti).

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nemeno 601,22; 934,26 e nel prefissato ama=|lorata 89 850,6-7. Sempre scempio l’etimologico imagginare 911,19; imaginarsi 630,24 e passim; imagina 811,8; imaginato 691,5 che risente di molteplici influssi colti90.

Suffragata dall’etimo sarebbe anche la degeminazione di scimia 91 1028,48; 1040,29. Ampiamente diffuso nella prassi scrittoria ottocentesca anche il tipo caminare92 598,69; 673,24 (con camineno 1308,19 e incaminati 929,34).

Probabilmente tutte grafiche le degeminazioni della sibilante in aspettase 943,37; eccesivo 630,25; paserò 626,5, ad eccezione di nesun 1308,16 e nesuno 873,58 (ma nessuno 897,6 e passim; nessuna 691,38 e passim) che subisce influsso dialettale 93 . Per azardo 800,5 (ma azzardo 992,3); organizerà 601,38 e ripizicarmi 814,75 avrà pesato l’etimo supportato da un influsso d’oltralpe. Grafico lo scempiamento in indrizata 1031,43 e nel cognome Colizi 738,22 e passim (ma Colizzi 833,15 e passim).

Per quanto riguarda l’incerta questione dello scempiamento della vibrante94 numerose sono le allotropie nelle lettere di Maria: orendo 590,6; 934,17 (ma orrenda 590,57); smarisca 632,10 (ma smarrimento 725,39); Tereno 840,17 e teritorio 941,69; 941,71 (ma Terreno 920,27 e passim; Terreni 630,11); le forme verbali ero ‘erro’ 873,62 (ma erro 628,17); occore 807,24 (ma occorre 630,12); verà 900,81 (ma verrà 678,20 e passim; converrà 1312,27); infine Linarivabile ‘l’inarrivabile’ 900,10 (ma arrivo 587,4; arrivare 730,6; arrivato 673,28 e arrivata 857,4) e il cognome Toricelli 677,9 (ma Torricelli 677,4 e passim).

Si trovano sempre nella variante doppia i tipi arrabiò 465,30; arrabiato 814,46 e arrabiatura 691,72; carrozza 542,37 e 934,16; corrente 601,24 e passim (ma concorenti 929,55); orribile 741,4 e passim. Si registra solo la variante tenue invece per ferajolo 678,33; 850,10; 857,12 e Ferajoli95 934,20 e teremo=|to 592,21-22.

89 Geminata invece la forma nei repertori di CHIAPPINI ammalorcato ‘malaticcio’ e di

BELLONI-NILSSON-EHLE ammalorcicato ‘più tipico di ammalorato’. Per i riscontri nella lingua cfr. glossario.

90 Piuttosto abbondante la casistica di varianti degeminate, sebbene la forma scempia si avviasse al declino, anche grazie all’intervento manzoniano [per un quadro di riferimento cfr. ora AGOSTINELLI 2006: 250].

91 Cfr. DEI; DELI. La forma appare scempio sin dalle prime attestazioni (fine sec. XIII, Novellino; Dante), ma è geminata in Belli (cfr. VACCARO, S. 1804 s.v. fà la scimmia e negli appunti VIGHI 1966: p. 231, n. 369).

92 [Cfr. ANTONELLI 2003: 106]. 93 Cfr. ERNST 1970: 109. 94 Cfr. TRIFONE 1992: 64 e la bibliografia ivi indicata; per il fenomeno nel romanesco

prebelliano cfr. il contributo di PALERMO 1993 e LORENZETTI 1999: 101-102. 95 Già degeminato dall’etimo arabo (cfr. DELI s.v. ferraiolo1; GDLI s.v. ferraiolo3).

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II.3.2.2. Oscillazione fra consonanti sorde e sonore Il tipo loco occorre solo in 626,10 e nell’espressione già citata ⎡essere

sulla faccia del loco⎤96 ‘essere sul posto’ 741,23; 900,35 allato a logo 592,12; 630,16 secondo l’uso dell’epoca97.

Anche la sonorizzazione della velare seguita da vibrante sembrerebbe rientrare, per alcuni casi più che per altri, nell’uso coevo: lagrime98 730,30; 900,54 e sagro 934,56 (e anche sagro santo 934,56; Sagramentate 621,18; sagrifizi B1179,17; sagrifico B738,7; sagrificare 721,25; sagrificheresti 620,9)99.

La pronuncia semisonora causata dalla tendenza del romanesco a lenire le occlusive sorde, in particolare velari100, si manifesta in posizione iniziale in gara=|fine101 ‘caraffine’ 830,37; guadro 583,4; guasi 601,47; 630,28; 857,56 e passim e nel cognome Garavita 630,21; in posizione interna in buga 934,93; seguestro 626,21-22 e passim; spregare102 934,14 e Pudrida103 s.f. 863,25.

Sempre sonoro si riscontra l’esito di SJ in bagi 620,33; 729,11; 873,48; 878,10 e passim; bagioni 729,34; bagelo 814,9; bagerai104 1031,37, forse come possibile ipercorrettismo al fenomeno della perdita dell’elemento occlusivo nella pronuncia romanesca della affricata palatale105.

96 Cfr. § II.3.1.1. e glossario s.v. faccia2. 97 Ancora in luogo 542,18; 934,82; luogi 590,28. Per i riscontri coevi cfr. § II.3.1.1. 98 In ambedue i corpora solo nel sintagma cristallizzato con le lagrime alli occhi. 99 Cfr. PATOTA 1987: 58 e ANTONELLI 1996: 121, per quanto in sacr-/sagr- la variante sorda

sembra prevalere rispetto all’allotropo sonoro nella prosa del Settecento e del primo Ottocento. [Anche ANTONELLI 2003: 121-122, cui si rinvia per la bibliografia sul fenomeno e per i riscontri coevi, registra un netto predominio per l’alternativa con vocale sorda in sacro e corradicali, una forte oscillazione per sacrificio/-zio e sagrificio/-zio e per sacrificare/sagrificare, una maggioranza quasi assoluta del tipo lagrima].

100 Cfr. ROHLFS: § 209; ERNST 1970: 98-102; TRIFONE 1992: 6. 101 La consonante sonora è presente già nell’etimo arabo garrāf(a) (cfr. DELI; MANCINI

1992: 90), ma si mantiene per influsso dialettale: è presente infatti nei repertori romaneschi (cfr. VRM; CHIAPPINI, che della base originaria mantengono anche la consonante scempia) e con 2 ess. in Belli (SS. 45 e 438), anche negli appunti (cfr. VIGHI 1966: p. 113, n. 127); di contro le attestazioni letterarie presentano tutte l’iniziale sorda (cfr. GDLI; LIZ ).

102 Quest’ultima, lemmatizzata dai repertori romaneschi (cfr. VRM; VACCARO; CHIAPPINI, spregato anche negli appunti belliani, VIGHI 1966: p. 136, n. 180), è tra le voci messe al bando da Azzocchi (cfr. SERIANNI 1981: 245). Le forme seguestrati e spregare si trovano anche nelle lettere della Fioroni (la prima in SERIANNI 1989a: 176, la seconda in TRIFONE 1992: 71).

103 Cfr. glossario. 104 La forma con affricata prepalatale sorda non si presenta mai in tutto il carteggio. [Un

caso di bagi in una lettera del romano Giuseppe Melchiorri (1796-1856) segnalato da ANTONELLI 2003: 124].

105 Infatti Ugolini commenta «il nostro popolo dice bascio e basciare; e dice meglio di quelli che con una certa leziosaggine preferiscono il bagio»; è inoltre tra le forme condannate da Azzocchi (cfr., per ambedue, SERIANNI 1981: 109).

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Meritevole di commento il tipo calosce 850,13 che compare in una lettera al Belli datata luglio 1833. Le attestazioni della variante con iniziale sorda si registrano solo verso la metà del XIX secolo106: caloscia infatti risulta dal 1846 tra le voci rubricate da Azzocchi107. Poiché inoltre nell’unico repertorio romanesco108 in cui compare risulta solo la variante sonora, l’iniziale sorda nella lettera di Maria può essere ricondotta a reazione ipercorrettiva.

Lo stesso si potrebbe pensare per la 3a persona prodica 1312,54, anche se sembrerebbe più convincente spiegare il fenomeno ricorrendo alla tendenza delle varietà centro-meridionali di desonorizzare la consonante che segue la vocale tonica nei proparossitoni109. II.3.2.3. Affricazione della sibilante110

Copioso il manipolo di forme dopo nasale: apprenzione 840,5; compenzo 934,103 e compezo 934,109 con caduta della nasale (ma compensare 857,9); senzo 878,20; tonzille 691,8 (ma tonsilla 873,29); con articolo agglutinato lestenzione 907,9; gli aggettivi imenza 630,42 e passim; imenzi 601,9 e passim; imenzo 907,21; le forme verbali cenzito 807,12; conzolano 887,3 (ma consolazione 536,3); dispenzo 900,55; giunze 673,5 (e agiunze 941,62; mìngiunze 620,25; sogiunze 847,31); penza 620,12; penzi 943,6; penzo 626,12; 1030,5 (ma pensare 592,24; pensarci 539,18; 630,16 e pensarcisi 621,7); gli ipercorrettismi mensione 900,23; 1304,11 e incombensato 857,36

106 Cfr. GDLI; DEI; DELI; LIZ. Anche la variante con iniziale sonora galoscia ‘soprascarpa

impermeabile’ (dal fr. galoche, XIV-XV secc., FEW IV44a), attestata per la prima volta nel 1771, D’Alberti (s.v galosche) riappare solo alla fine del XIX secolo in Linati e Baldini. Il tipo con iniziale sorda calosce invece, nel senso originario di ‘zoccoli dalla spessa suola di legno’, è attestato già nel 1668 in L. Magalotti (cfr. DARDI 1992: 146-147 per uno studio su questo adattamento). Per le precoci attestazioni di gal(l)ozza con il primitivo significato di ‘sandalo, zoccolo’ in un sonetto di Pulci (ante 1484), in P. Nelli (1546), Garzoni (1585) e F. Venuti (1614) rimando alle indicazioni in GDLI e in DARDI 1992: 146 n114, alle quali va aggiunto gallozze ‘scarpe di legno’ in Ramusio, Commentari di Sigismondo di Herberstain sulla Moscovia e Russia, Cap. 25.7 (1557), LIZ [‘500].

107 Ugualmente condannata nei lessici di Carena (1856) e Viani (1858), è però ammessa da Rigutini (1898) (cfr. SERIANNI 1981: 119). Lemmatizzata in ambedue le varianti in TB 1865 e 1869, la voce è messa al bando come «estraneo vocabolo» anche nell’edizione del 1871 del Vocabolario di parole e modi errati di Ugolini e in Fanfani-Arlìa (1877) che puntualizza «siamo certi che questo nostro articoletto non leverà dall’uso la voce francese, ma era nostro ufficio il condannarla».

108 Cfr. RAVARO (s.v. galosce). 109 Cfr. ROHLFS: § 227. Del resto per le forme coeve si riscontra soltanto la variante sonora

(cfr. GDLI e LIZ). 110 Attestato nel romanesco (cfr. ERNST 1970: 82-83) sin dai tempi della Cronica, il

fenomeno dell’affricazione della sibilante dopo nasale (-n-) e liquida (-l-, -r-) è condiviso con molte varianti centro-meridionali (cfr. almeno ROHLFS: § 267; VIGNUZZI 1997: 318). Per il tratto nel romanesco di Belli cfr. VIGNUZZI 1991: 748.

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(ma incomben=|zato 844,57-58)111. In posizione postlaterale si registra scelze 850,20 e l’ipercorrettismo

calsette 850,43 (ma calze 832,26), mentre in posizione postvibrante si nota borzetta 855,11 e borzettina B846,30 (ma borsettina B846,14 e B846,27) e ancora rim-|borzo 678,5 e rimborzare 873,23 (ma sborsa 673,15 e rimborsati 536,14); corze 465,26; forze 598,30 (ma forse 897,13). II.3.2.4. Nessi di consonante + jod

Per gli esiti di LJ si hanno casi di palatalizzazione indebita in figliale B1071,5; miglioni 800,10 (ma milione 878,9); ogliata 598,62 (ma olio 742,15 e 742,22); e nella forma autocorretta vagliolo vajolo 590,58 112 . Viceversa per lo scadimento della laterale palatale 113 registro solo l’ipercorrettismo vogliartri 733,51 (ma voialtri 878,39).

Per NJ registro la palatalizzazione nell’aggettivo pecugniare 844,22, mentre per la riduzione di RJ a /r/114 l’unico caso significativo è il suffissato cucchiarino 1031,30 (regolare ad esempio paja 863,18; 873,16).

Quanto a SJ si registra il già commentato preciutto115 943,65 e preciutti 934,91; 934,99-100; 934,102; 934,108, mentre per bagi 620,33 e passim; bagioni 729,34; bagelo 814,9; bagerai 1031,37 si veda quanto già osservato al § II.3.2.2. II.3.2.5. Altri fenomeni consonantici

In Nuole 583,3 si registra il dileguo della fricativa labiovelare intervocalica116 (ma ranu=|volato 907,32-33).

I casi admosfera 878,37 e admosferico 632,32 potrebbero rappresentare un’assimilazione di sonorità in gruppi consonantici rari, mentre per enima ‘enigma’ 1028,44 si può supporre una grafia che riflette la semplificazione

111 Per i riscontri di quest’ultima forma cfr. glossario. 112 L’oscillazione persiste anche ai livelli più alti (cfr. MIGLIORINI 1960: 623 che segnala

oglio in una lettera di Foscolo). La forma bigliardo 721,9 (anche in VRM e in Azzocchi, SERIANNI 1981: 112) potrebbe aver subito l’influsso di ‘biglia’; analogamente per famigliari B1179,29 da ‘famiglia’, tralasciato infatti da Belli, che invece preferisce intervenire soltanto sul ductus di <-r-> (cfr. § I.5.1.). Per questa forma inoltre è sufficiente osservare la situazione nella sola prosa del Manzoni: 20 casi di famigliari (8 Fermo e Lucia; 7 Promessi Sposi 1827 e 5 nell’edizione del 1840) vs. solo 2 familiari (1 Promessi Sposi 1827 e 1 1840). Circa la resa del cognome Devillers 1028,14 / devigliers 1028,20 cfr. § II.1.5.

113 Cfr. ROHLFS: § 280; TEKAVČIĆ 1972: § 406; nel romanesco belliano VIGNUZZI 1991: 749.

114 Cfr. per il romanesco almeno ERNST 1970: 85-86; VIGNUZZI 1991: 749 (sul fenomeno cfr. anche ROHLFS: §§ 284-285).

115 Per i riscontri della forma cfr. glossario (per lo scambio di suffisso cfr. § II.3.1.2.1.). 116 Cfr. ROHLFS: § 215; per il fenomeno nel romanesco cfr. ERNST 1970: 102-103.

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fonetica di tali nessi. Per il trattamento di NG si registra piagno117 824,17 (ma Piange 678,29 e

piangere 730,5 e passim). Un caso di rotacismo della laterale preconsonantica 118 in vogliartri

733,51119.

II.3.3. Fenomeni generali Pochissimi i tratti rilevanti: per quanto riguarda l’inizio di parola si

registra soltanto la prostesi di a in allesso120 ‘carne bollita’ 733,47. Assenza di elisione (ma in fine di rigo) in siamo dì | accordo121 626,11-12.

Per i fenomeni all’interno di parola si riscontra la normale oscillazione dell’epoca tra forme verbali e nominali sincopate e non: dritti 122 ‘diritti’ 941,9; 941,17; indrizata 1031,43; la 1a persona del verbo indrizzo 900,3; e invece anderò 621,8; 814,77; anderà 857,20; 897,45-46; 929,9; 1031,8; anderebbe123 620,41; 873,30. Assenti nelle lettere le forme, diatopicamente marcate, di 6a persona di perfetto sincopato, fatta eccezione per furno 1407,7 (ma furono 598,49 e passim).

Si ha frequente epentesi di v davanti a vocale posteriore 124 : cavusa 907,44; pavolo 941,12 e Pavoli125 900,75126. Il tipo canchero 900,20; 920,32-

117 Cfr. ROHLFS: § 256; nel romanesco belliano VIGNUZZI 1991: 749. 118 ROHLFS: § 243; TEKAVČIĆ 1972: § 409a; nel romanesco belliano VIGNUZZI 1991: 748. 119 Maggiori dubbi invece suscita l’antroponimo Brenciardi 878,25 (ma Brencialdi 929,28)

dal momento che in una precedente lettera Maria afferma il marito di sua zia di Terni, che se non | sbaglio mi pare si chiami Brenciardi, ò Brenciag=|lia 840,15-16.

120 Circa il fenomeno della prostesi di a nel romanesco cfr. ERNST 1970: 115-117. Per i riscontri del tipo allesso cfr. glossario.

121 Del resto l’orientamento coevo optava per il tipo eliso: LIZ sei d’accordo in Foscolo, Ortis; essere [...] d’accordo, saremo [...] d’accordo e sono d’accordo in Il Conciliatore; sarà d’accordo e siete d’accordo in Manzoni, Fermo e Lucia.

122 L’allotropia tra diritto e dritto nella variatà d’uso coeva è documentata anche dai dizionari, che rinviano comunque alle forme non sincopate (cfr. PATOTA 1987: 65).

123 Frequenti le forme non sincopate nella lingua coeva: LIZ anderò 17 ess. (16 prosa: 1 Conciliatore; 1 Foscolo, trad. Viaggio di Sterne; 10 Manzoni, Promessi Sposi 1840; 1 id., Storia della colonna infame; 1 Leopardi; 2 Tommaseo; 1 poesia in Giusti); anderà 13 ess. (9 prosa: 1 Conciliatore; 1 Manzoni, Fermo e Lucia; 1 id., Promessi Sposi 1827 e 6 nell’edizione del 1840; 4 ess. poesia: 1 Manzoni; 3 Giusti); solo ess. in prosa per anderebbe (1 Foscolo, trad. Viaggio di Sterne; 9 Manzoni, Promessi Sposi 1840; 1 id., Storia della colonna infame; 3 Leopardi) [cfr. ora anche i riscontri in ANTONELLI 2003: 124-125].

124 Cfr. ERNST 1970: 117; VIGNUZZI 1991: 750. 125 Attestato nel romanesco prebelliano (cfr. pavoli nella commedia di Gio. Battista Pianelli

Li falsi mori in UGOLINI 1939) e ancora presente all’epoca del poeta: cfr. LIZ ben 30 ess. per pavolo in Belli (sia l’antroponimo sia la moneta) e 7 ess. di pavoli.

126 Per pavura 733,37; 897,6 (ma paura 907,28) si potrebbe supporre un influsso dell’etimo, per quanto pavura e pavure ricorrano frequentemente nel romanesco belliano (cfr.

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33 (ma anche Cancero 992,10), attestato nel romanesco, continua l’originario nominativo127.

Probabile metatesi grafica in creto ‘certo’ 907,25; nell’antroponimo Stanilsao 1031,46 e nella posizione di ‘a capo’ inpre=|fetto 920,29-30; inversione sillabica in Orsonila 934,11 (ma Orsolina 929,39). Solo grafiche anche alcune propagginazioni per le quali si rinvia al § II.1.1.

Per i fenomeni in fine di parola si segnala la caduta di o davanti a s complicata in buon stato 934,80128; un caso di apocope in du righe 546,3 (ma due righe 677,3; 882,6; 992,3 e passim); la paragoge di -e finale129 in pusse 589,19 e 590,9 e, per probabile attrazione, in onereme 844,32 nella locuz. lat. ‘laurea ad honorem’ (§ II.3.1.2.3.).

II.4. Morfosintassi

II.4.1. Articoli e preposizioni Regolare l’impiego del maschile determinativo preconsonantico singolare

il 465,6; 465,9; 465,13; 465,14; 465,27 e passim. La forma lo non si registra che nella locuzione per lo ché 691,72 ‘per la qual cosa’, con il medesimo valore anche in Belli (B966) in un messaggio a Ciro130. Per il plurale, invece, si notano alcune oscillazioni: allato al preconsonantico i 465,6; 536,3; 536,8 e passim, abbiamo soltanto li quali B1179,17; li talenti 844,22 e con i cognomi li Garo=|folo 900,21-22; li To[r]uzzi 844,32; li Valentino 900,22. Per la forma prevocalica: li altri 911,7 e passim; anche nelle lettere a Ciro in B823,22 e passim (ma gli altri 814,22 e passim; B1001,22 e passim); li amici 465,29 e passim; B738,15 (ma gli amici 691,41 e passim); li atti 929,63 (ma gli atti 551,20; anche gli affari 1040,13); sistematico davanti a e: gli elogi 907,11; gli Eredi 941,57; più incerto l’uso per o: li occhi 733,20 (ma gli occhi 934,91); li omini 678,32 (gli opportuni 844,41); per u infine li ultimi 992,24.

In accordo all’oscillazione coeva circa l’uso davanti a s complicata e a

LIZ e per gli appunti VIGHI 1966 vd. glossario-indice s.v.), anche nei derivati pavuraccia S. 1966,12 e spavuracchi SS. 918.5 e 1077.8, LIZ.

127 Ma è anche attestata la normale oscillazione nell’uso dell’epoca, per i cui riscontri cfr. glossario.

128 Ma in genere nel romanesco si ha spesso dopo -n e -r in proclisia sintattica apocope di -a, di -e e -o.

129 Cfr. ROHLFS: § 335. 130 Circa il complesso problema dell’oscillazione di lo e il dopo per nel secolo della

scrivente cfr. MIGLIORINI 1960: 630 e soprattutto SERIANNI 1989c: 166-167, il quale segnala la sopravvivenza di alcuni sintagmi con lo, nonostante la spinta manzoniana a favore di per il e malgrado «una vasta zona» in cui questo tipo domina.

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z 131 anche in Maria si osservano il Zucchetto 911,15 e i plurali i sforzi 878,33; i | sposi 920,13-14 (ma lo schioppo 943,63; lo scorso 814,3 e passim; lo scrupo=|lo 943,74; lo speziale 830,10; lo stato 863,5); un scanda=|glietto 1023,10; un stimolo 907,12; un zeppo 941,93. Davanti al simbolo monetario indicante ‘scudi’ si registra sempre la forma i: 542,61; 678,4; 863,8 e passim.

A probabile cambiamento di diatesi verbale sarebbe da attribuirsi l’articolo femminile la (in luogo del maschile il) anteposto al pronome relativo in Passai la tua à Biscontini la quale doppo | letta, e riletta, e_bene esaminata, ed anche dop=|po avergli detto [...] mi rispose 807,18: nella realizzazione della ipotattica relativa la scrivente passa da una iniziale costruzione passiva con soggetto femminile (“la lettera” appunto) a una diatesi attiva recuperando il soggetto logico maschile (Biscontini).

Conformi alla norma del tempo anche le preposizioni articolate che si presentano in forma sintetica, con l’articolo costantemente aggregato per a, da, di, in, mentre con, per, su mantengono ancora la forma analitica132. Si segnalano inoltre i tipi alli af=|fari 630,7; dalli Pigionati 601,39; delli argenti 601,21; delli comuni amici 882,11; delli passagi 630,24 e passim.

La tendenza (condivisa dalle scritture popolari) di ristrutturare il sistema delle preposizioni133 si sovrappone spesso nelle lettere di Maria a specifici usi coevi: si registrano così alcune anomalie134, soprattutto davanti a infiniti verbali come in sebene ora non sia cosa tanto facile ad | ottenersi 630,18-19; onde anticipo à scriverti 601,5; nella norma del tempo infine l’omissione di preposizione come in spero mandar|la per Biscontini 546,17-18; vedi spronare dinuovo 592,14; Spero sentire 882,12; dice non avere memoria 626,11. Per l’enclisi pronominale delle preposizioni cfr. § II.4.4. II.4.2. Nomi, aggettivi, congiunzioni, elementi avverbiali

Passaggi dalla 1a alla 3a classe135 per i tipi fame ‘fama’ 907,18 e la valige 855,8 e 857,4, attestato quest’ultimo sia nei repertori romaneschi sia nella

131 Cfr. MIGLIORINI 1960: 629. 132 Circa l’allotropia ancora esistente nell’Ottocento tra forme unite e forme staccate cfr.

MIGLIORINI 1960: 705; in particolare per con SERIANNI 1981: 31-32. In Maria si riscontra una sola forma sintetica per la preposizione con, per altro cassata dalla scrivente, in facendo costare la loro indolenza col essen=|dosi dati tutto il carico 941,67.

133 Circa l’impiego di preposizioni sovraestese e scambiate in scritture non istituzionali cfr., tra gli altri, CORTELAZZO 1972: 113-117; VANELLI 1976: 303-304; BERRUTO 1983: 50-52; D’ACHILLE 1994: 71.

134 Corretto da parte di Maria invece l’impiego di di e da, comunemente confuse in produzioni analoghe.

135 Cfr. ROHLFS: § 351.

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lingua coeva136. Relitti di plurali in -a 137 sono probabilmente pella ‘pelli’ 873,15 e

poc=|hissime ora 873,51, mentre rimodellato sul plurale dei sostantivi maschili è il tipo diti138 934,123.

Come spesso accade per scritture medio-basse (ma non senza infiltrazioni anche nello standard) nelle lettere di Maria si trova l’uso dell’aggettivo in funzione avverbiale139 come in io le dissi fer=|mo 830,20 per ‘fermamente’; anche quì il tem=|po fà le_stesse stravaganze, e mi sembra, | che sia cosa or mai inutile di farci più | attenzione, giaché è reso male abbituale 929,8 per ‘abitualmente’.

Anche nelle lettere di Maria si registra il costrutto francesizzante con doppio articolo per la realizzazione del superlativo relativo140 come in un vajolo il | più diabolico 589,22; una perizia la più scrupo=|losa 628,67.

Adattamento d’oltralpe anche il costrutto malgrado + QUALCOSA 141 721,3; 741,3 che sostituisce l’indigeno a malgrado di.

Merita qualche considerazione adunque 142 850,20 e B966,18 (allato a dunque 824,28; 847,43; 863,37 e passim 6 volte in tutto, oltre a B1320,17)143. In sintonia con una tendenza frequentemente riscontrata in scritture non istituzionali144 si nota talvolta qualche ridondanza nell’uso di connettivi, spesso di tipo avversativo come ma bensì 626,23-24; 733,36; ma che bensì 1031,25 e addirittura ma non della mor=|te, ma bensì di grave malattia 900,66-67; anche con il tipo se in se hai Memoria se in questi 99:

136 Cfr. CHIAPPINI valice (cfr. anche PENZO 1997: 253 n96 e 186); LIZ valige 2 ess. (prosa 1

Nievo; poesia 1 Giusti). DELI definisce valige regionalismo meridionale. 137 Per il fenomeno nel romanesco cfr. ERNST 1970: 124. 138 Cfr. ROHLFS: § 364. 139 Cfr. CORTELAZZO 1972: 111-113; D’ACHILLE 1994: 71. 140 Seppure attestato anticamente, il superlativo relativo con doppio articolo deve la sua

espansione sette-ottocentesca al modello francese, nonostante le numerose censure dei grammatici puristi che lo percepivano appunto come un esotismo; per la diffusione del costrutto nella prosa ottocentesca cfr. SERIANNI 1989c: 143-144 n5 (tra i quali accostabili, più di altri, al nostro caso quelli della miniatrice romana Teresa Fioroni).

141 [Cfr. SERIANNI 1981: 183; ANTONELLI 2001a: 150]. 142 Secondo PATOTA 1987: 97 nel periodo di poco antecedente alle nostre lettere la forma

adunque, seppure minoritaria, era tuttavia ancora diffusa nella prosa e, ciò che più interessa, considerata dai repertori lessicografici come forma principale (anche se poco più tardi TB la considera «men comune di Dunque»). Infatti, sebbene per GDLI sia letteraria e in disuso, da un riscontro in LIZ risulta piuttosto vitale: 94 ess. in poesia e ben 189 ess. in prosa (ma con decremento nelle edizioni del romanzo manzoniano: 21 ess. nel Fermo e Lucia; 13 nella ventisettana; solo 5 nella quarantana).

143 Escludendo la sua sostantivizzazione in saremo al dunque ‘essere al momento culminante’ 897,12 per la quale cfr. infra.

144 Cfr. CORTELAZZO 1972: 116.

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bajoc. 536,10 (mentre nel passo se quale sarà la spesa mino=|re, se il far fare la scatola, che mi dici 844,16 si potrebbe supporre un’anticipazione del se successivo).

Con sfumatura finale (e sempre impiegato con il congiuntivo) si registra il tipo abbreviato acciò 465,23; 583,16; 592,15; 632,10 e passim, inviso ai lessicografi145, per 11 volte e nelle lettere al figlio B738,8; B846,10 e passim per 4 volte.

Tra gli avverbi va segnalato il tipo forsi 807,32 (ma forse 601,14 e passim, maggioritario) diffuso nella lingua coeva (e suffragato dall’etimologia)146, l’hapax tampoco 741,11 e l’uso formalmente letterario, ma funzionalmente improprio di colà 733,5; 920,3 impiegato da Maria in ambedue le occorrenze per indicare lo stesso luogo (lontanto dall’enunciante) in cui risiede il destinatario147 , mentre la norma ne prescriveva l’uso limitatamente a un luogo distante sia dall’emittente sia dal destinatario148.

Un procedimento che sembra accostare la lingua di Maria ai registri informali e del parlato è quello che consiste nella sostantivazione di alcuni elementi avverbiali della lingua, come avviene per il tipo di più149 in il di più su di ciò in voce, perché troppo lungo sarebbe il dettaglio 850,37 e in | seguito tì dirò il di più 897,47 e per saremo al dunque ‘essere al momento culminante’ 897,12, locuzione quest’ultima attestata in GDLI, con il medesimo significato, soltanto in Foscolo150.

145 Così commentava UGOLINI 1871: «congiunzione, che anche si scrive a ciò, è lo stesso, ma è meno elegante di acciocchè». E ancora Arlìa (cfr. GDLI): «che ci sieno gli esempi più recenti lo sappiamo; né questa nota abbiamo fatto per gridar contro a chi scrivesse acciò senza la chè, ma per affermare che esso è un mozzicone irragionevole, da lasciarlo stare a chi desidera scrivere esattamente». Ancora GDLI glossa «cong. finale (a cui si preferisce la forma acciocché) ». La forma intera è assente dal carteggio.

146 Cfr. DELI. Da un sondaggio in LIZ forsi risulta nelle commedie di Goldoni, in 7 ess. Cuoco, Saggio sulla rivol. nap. del 1799, 1 es. nella Storia della colonna infame di Manzoni, nella poesia di Monti e Giusti. La forma è attestata anche nei secoli passati, nonché in altre scritture non istituzionali; non si può tuttavia escludere, nel nostro caso, un’anticipazione del successivo il (l’intero passo: forsi il Procuratore del Patrimonio Canale lo avrà 807,32).

147 I contesti: Non ti indrizai due righe à Spoleto [...] perché non aven-|domi tu detto di risponderti colà temei, | che non andasti alla Posta 733,5 e Tì supongo giunto in Terni, onde colà indrizzo la presen=|te 920,3.

148 Per i riferimenti della tradizione lessicografica e della normativa cfr. PATOTA 1987: 95 il quale parla di un processo di semplificazione di corrispondenze avverbiali, avviatosi già dal primo Ottocento, che l’uso riscontrato in Maria sembrerebbe appunto confermare.

149 Il modulo ⎡il di più⎤ risulta comunque documentato nella prosa coeva con 1 es. in Cuoco, Saggio sulla rivol. nap. del 1799, 2 ess. in Manzoni, Fermo e Lucia e con 3 ess. in ambedue le edizioni dei Promessi sposi (LIZ).

150 Cfr. glossario.

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II.4.3. Pronomi e aggettivi indefiniti e dimostrativi Per quanto riguarda l’allotropia nessuno/niuno 151 risulta nettamente

prevalente il primo tipo (nessuno 897,6 e, solo come aggettivo, nessuna 691,38 e passim in tutto 14 occorrenze; anche nella forma scempia nesun 1308,16 e nesuno 873,58) allato a niuno 590,59 (e niun altra spesa 941,52).

Impronta dialettale per l’hapax medema152 941,53 (ma medesimo 920,8). Rientra tra le abitudini della scrivente (e nella norma coeva, cfr. LIZ)

l’uso di qualche seguito da un sostantivo e preceduto da articolo intederminativo per esprimere indefinitezza: una qualche | coserella 878,13-14; una qualche inqui=|etudine 598,30; una qualche lusinga 850,8; una qualche probabilità 542,61; un qualche Pe=|rugino 824,28; un | qualche schiarimento 934,32-33 e passim (e senza articolo in associazione a categorie temporali come qualche trè ò | 4 : giorni 873,45-46; qualche altra mezzora 598,39).

Talvolta si registra la sostantivazione dell’indeterminativo uno 153 con valore indefinito di ‘un certo, un tale’: in uno di così te=|nera età 900,51; tenendo un affitto uno è | tenuto a sempre migliorare 934,84; uno, che non conosco | nemeno di vista 943,19 e passim.

Hapax, significativamente ricorrente in una lettera al figlio, anche il dimostrativo in funzione aggettivale codesti B846,44 di matrice toscana154.

Valore deittico pronominale infine per l’impiego di questi nel passo Ierj portai | questi di servizio à Pranzo 632,13; e che questi chiunque siano parlando in | generale sono tutti scio[l]ti 934,86.

II.4.4. Sistema pronominale In funzione di pronome personale soggetto (d’ora in poi PPS) di 3a e 6a

persona Maria impiega per referenti umani i tipi lui 465,22; 465,25 e passim allato a Egli 590,50 e passim, ma anche esso 539,6; 539,9; 539,16; 592,4; B966,29 e passim; essa 677,25 e passim (anche inanimato essa 739,15;

151 Cfr. SERIANNI 1982 (e per le posizione manzoniane SERIANNI 1989c: 195-196). [Circa la

situazione coeva cfr. ANTONELLI 2003: 140-141 n58]. 152 Attestato nel romanesco dal 1481-1492, Diario di Gaspare Pontani, è tra i vocaboli

bandidi da Azzocchi e da molti altri puristi che la reputano voce da «non rubarsi alla plebe» (così sostiene Ugolini, cfr. SERIANNI 1981: 187). Per i riscontri nei repertori dialettali cfr. VRM; CHIAPPINI; VACCARO. La forma è ben attestata in una vasta area meridionale (cfr. ROHLFS § 495) ma non mancano riscontri settentrionali (cfr. DEI e GDLI, per cui a. 1511, Caviceo).

153 Cfr. ROHLFS: § 517. 154 [All’impiego di codesto, promosso dai grammatici ottocenteschi, ricorrono largamente i

corrispondenti del corpus CEOD, per cui cfr. SERIANNI 2004: 62-63].

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B846,14; B846,16; B833,3 e passim); essi 673,5 e passim (nonché per inanimati essi B1071,4)155.

Quanto al pronome allocutivo nelle lettere Maria si rivolge a Peppe soltanto con il simmetrico tu (e analogamente fa con il figlio Ciro)156.

Sempre in contesti associati a Teatro ricorrono i personali comitativi meco157 1031,48 e 1040,27; si registra anche un caso di teco158 920,16.

Morfologicamente regolari le forme dei pronomi possessivi ad eccezione del già citato tui ‘tuoi’ 685,3 (ma tuoi 536,4 e passim).

Tra gli scambi pronominali, comuni alle scritture medio-basse, si registra l’uso di si per ‘ci’159 in noi si decideremo di darla al | Maggiore offerente 929,53, e l’impiego dell’enclitico -ne per un probabile plurale ‘li’ in La Gabia costa sd. 20 | come tù sai, onde fattene rimborzare 873,23.

Per quanto del locativo la forma vi sembra ancora preferita al tipo ci160: ancora non è un mese che | vi stà 850,33; oltre lessere assai legiere vi vonno scudi 30 863,14; per cui vi vole gran | giudizio 840,12; io non vi andetti 685,34 e ridondante in se in questi 99: bajoc. […] vi fossero compresi 536,12161.

155 Tralascio le esemplificazioni dei PPS per la 1a, la 2a e la 4a persona conformi allo

standard. Assenti dal corpus intero voi (ma si registra voialtri 878,39 e l’ipercorretto vogliartri 733,51, già commentati) ed esse in funzione di soggetto mentre lei occorre una sola volta in posizione posposta tì sa=|luta tanto si Lei che Balestra 1030,17. Hapax anche loro 807,26 come soggetto umano. Circa l’uso dei PPS di 3a e 6a persona cfr. D’ACHILLE 1990: 313-341 e PALERMO 1997, in partic. per il primo Ottocento pp. 299-318. [Per riscontri nella lingua media epistolare coeva alla scrivente cfr. ANTONELLI 2003: 130-137].

156 [Non sempre negli epistolari privati coevi si riscontra una distribuzione degli allocutivi così omogenea, spesso per il fatto che il loro uso era svincolato, ancora per tutto il XIX secolo, da implicazioni affettive: cfr. ad esempio SERIANNI 2002c: 167 per il carteggio Verdi-Ricordi; ANTONELLI 2003: 14 e 2004: 38 n16 e per le lettere di Costanza Monti Perticari AGOSTINELLI 2006: 242-245 (cui si rinvia anche per le osservazioni relative a uno sbilanciamento di uso in base al genere del corrispondenti)].

157 I passi interi: verrano meco al Teatro 1031,48; Rosina [...] la porto meco al Teatro 1040,27. [Sull’ampio uso di meco, teco, seco negli epistolari ottocenteschi del corpus CEOD cfr. SERIANNI 2004: 64].

158 A proposito di una coppia di signori che desiderano scrivere a Peppe, Maria precisa Io le dissi, che non | sì fossero incomodati à scriverti, che io avrei fat-|to teco le loro parti.

159 Si riferisce appunto alla situazione romana la glossa di CHIAPPINI: «Se, pronome personale. Il volgo l’usa sempre invece di Ce o di Ci [...]. Taluni dicono e scrivono Si credendo di far bene. Dunque siamo intesi: si vedremo domani».

160 Del resto la prima forma domina ancora per tutto l’Ottocento e le indicazioni circa il discrimine dell’uso sembrano collocarsi più «su un piano diafasico che su un piano funzionale» (cfr. PATOTA 1987: 88-90, anche per le posizioni dei grammatici). Dopo la riforma manzoniana, come noto, si segnala l’incremento di ci rispetto a vi (cfr. SERIANNI 1989a: 141).

161 Ma si trovano anche casi con ci: viene | à pranzo quando è in Roma, mà non ci stà tanto 620,17-18 e Lenuccia, che ci fù à pranzo | Giovedì 626,29-30 io non ci sono | nominata nemeno con un saluto 934,25 e non ce cosa ‘non c’è cosa’ 840,27. La preferenza nel parlato di ci, già segnalata in ROHLFS: § 900, è ribadita da D’ACHILLE 1990: 263 n7 che sottolinea

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Come elemento di rinforzo, quasi lessicalizzato, occorre ci 162 in associazione a pensare in onde doveva pensarci prima bene 539,18; si avrà | logo a pensarci 630,15-16; fino à Nov.e del 32: non puole nemeno | pensarcisi 621,6-7.

Il fenomeno che senza dubbio risulta più interessante (nonché quantitativamente più cospicuo) è quello degli allargamenti pronominali163. Semplificazioni e conguagli analogici si riscontrano frequentemente nelle lettere di Maria, generando una fenomenologia che può essere riassunta come segue:

- uso di gli in luogo del femminile singolare le164 in non gli à lasciato nemeno un | sospiro 601,22 (riferito a Costanza chiodi 601,19); Orsolina [...] gradì tanto l’abito inviatogli 941,101; Riguardo alla Piacenti direi [...] di fargli fare subito lesecuzione 929,63;

- uso di gli per il pl. ‘a loro’165: Ierj portai | questi di servizio à Pranzo […]; questo pranzo gli era stato promeso | in onore della tua ricuperata salute 623,13 (ma pregano tè | dare loro le più esatte notizie 832,33 e il singolare esempio di proponi loro darle qualche piccola cosa peril | loro mantenimento 742,46 in cui per lo stesso referente femminile plurale, le cugine 742,45, sono impiegate entrambe le soluzioni, la forma standard loro e il clitico -le);

- uso di le per il pl. ‘a loro’ in I Sig.i Grazioli sono assai amareggiati, perché il loro Figlio non le scrive regolarmente 832,30; Io le dissi, che non | sì fossero incomodati à scriverti, che io avrei fatto teco le loro parti166 920,14

come la gamma di usi di vi sia «assai più ristretta, limitata al valore propriamente locativo».

162 Per l’impiego di ci si veda D’ACHILLE 1990: 261-275, in particolare 262-264. Anche BERRUTO 1983: 48-49 lo definisce «un elemento desemantizzato, con generico valore enfatico rafforzativo, probabilmente per estensione da forme come ci sono, ci vedo, ecc., ove il valore locativo […] è sempre più labile» (per il ci nell’uso contemporaneo cfr. anche SABATINI 1985a: 160-163 e BERRUTO 1985a: 123). Assente dalle lettere di Mariuccia la forma in unione con avere.

163 Circa il trapasso del sistema pronominale nelle produzioni popolari cfr. almeno CORTELAZZO 1972: 86-88; D’ACHILLE 1994: 71 [e in riferimento alla situazione ottocentesca cfr. ANTONELLI 2003: 138 e la bibliografia ivi indicata]. Sulla diffusione del tratto nelle varietà contemporanee cfr. SABATINI 1985a: 158; BERRUTO 1987: 75, ma fondamentale per la questione dei clitici in generale rimane BERRETTA 1985, in particolare p. 121 per l’espansione di gli e il suo prevalere su le ‘a lei’.

164 Un impiego questo riscontrato anche in Leopardi (cfr. MIGLIORINI 1960: 628). 165 Per quanto gli per ‘loro’ fosse ampiamente attestato nella lingua antica (e nonostante ciò

censurato dai grammatici), nell’Ottocento l’uso di loro era ancora saldo, a giudicare dalla sua presenza negli scritti linguistici di Manzoni, nelle sue lettere e negli spogli che SERIANNI 1989c: 193-195 ha condotto sui documenti coevi in cui gli ‘loro’ appare solo in due testi di toscano parlato.

166 Piuttosto complesso in realtà questo caso in cui forse Mariuccia si riferisce soprattutto a quella che doveva essere stata verosimilmente la sua interlocutrice, ovvero la Sig.a Giovanna;

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(e il già visto proponi loro darle qualche piccola cosa peril | loro mantenimento 742,46);

- uso di le per un referente maschile singolare, probabilmente per influsso del sistema allocutivo di cortesia167: il Sig.r del | Ombrella […] è però assai curioso di | sentire le storie che tù le riprometti 465,14; proverò di vedere il | Medico, è le terrò proposito sopra il tuo roso=|re 587,13; vedi spronare dinuovo | l’Antaldi […] e ramentale la prossima nuo=|va scadenza 592,16; Spada non lo ave-|vo mai più veduto e le fe-|ci la tua ambasciata 620,21; Frecavalli […] incontrandolo le feci i tuoi saluti in_pri=|mo, indi le dissi 832,12-14; era venuto quì Curi con una Lettera nella | quale Giacopetti le diceva che 1031,15; ed io le risposi (riferito a Angelici lo speziale) 830,14; se voi | risponderle ò nò 844,27 (riferito a Giuseppe Origo); Se poi il diavolo | se lo è portato bon prò le faccia 943,25 (riferito al Villano); il Beccamorto non le avesse portato via Padro=|ne, e Padrona 850,29 e il giorno, che terminerà il mese le farò una bella Predicozza 850,33 (ambedue riferiti al servitore).

Caso particolare costituisce l’impiego di le per riferito a Ciro. La posizione enclitica sembra mettere maggiormente in crisi Maria: in una medesima sequenza infatti - per lo stesso referente - il pronome tonico è impiegato correttamente, mentre il clitico è scambiato: lo ringrazierai ed abbracerai, e benedirai mille volte dicendole che stò con la massima impazienza 857,29. L’oscillazione digli / dille potrebbe lasciare supporre, forse, una resa grafica ipercorretta del tipo romanesco dije: e dille | che studi 1028,7; abbraccelo, Benidicilo, e dille | che lo dispenzo dallo scrivermi 900,54; nel caso poi di dille mille cose affetuose per | mè abbracelo Benedicilo 907,7 si potrebbe ipotizzare anche una attrazione della parola successiva mille (inoltre il passo prosegue e falli i saluti). Altre esemplificazioni per la posizione clitica sono: N° Paja 6: di calze per Ciro l’anno | possino bastarle 832,27; per dimostrarle il mio | attaccamento 1031,35; giunto | in tempo per darle un diversivo 900,59 (ma da dargli 878,14 oppure abbraccia il figlio, e tornagli i saluti 900,88). Non mancano casi anche per le forme proclitiche: tanto è il bene, che le voglio 850,76; questo male le divenisse abbituale 900,44; mi rincresce, che non le | sia toccato il premio 900,56; Antonia, e tutti le fanno | mille saluti 900,59-60. ecco il passo intero: Tì riverisce la || Sig.a Giovanna, ed il Sig.r Natale Devitene, i quali vole=|vano scriverti facendoti parte formale del Matri=|monio di Elisa, con il Sig.r Bisoni, il quale và ad efe=|tuarsi sabato prossimo mattina al alba, ed indi i | sposi parteno subito per Napoli. Io le dissi, che non || sì fossero incomodati à scriverti, che io avrei fat-|to teco le loro parti.

167 L’uso di le per gli è un «dialettalismo» secondo MIGLIORINI 1960: 628 (che lo rileva nelle lettere di Quirina Mocenni).

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II.4.5. Il verbo: forme e usi168 Diverse le formazioni analogiche per l’indicativo presente: puol 539,7 e

puole169 465,10; 621,6; 677,31; 857,7 e passim (il tipo può non occorre mai); per la 6a persona ponno 850,39 e vonno 863,14; 847,44; 949,27 (cfr. § I.4.).

Per i tempi storici si segnalano i casi di imperfetti di 1a persona in -a, già commentati in § I.4., annunciava 630,20; aveva 1031,13; dimenticava 929,45 e forme di passato remoto in -etti/-ettero come andetti 857,47; 900,9 e andette 847,56; risolvetti 934,15; richiedettero 1040,13; giungette B1179,26 (corretto da Belli in giunse) già esaminate in § I.5.

Anche il futuro fia 900,36; 943,38 è stato discusso in § I.4. (ma si rinviene pure sarà 673,28; 677,13; 678,12; 678,21 e passim).

Nel congiuntivo presente è normale per l’epoca, come già commentato (cfr. § I.4.), la desinenza in -i per la 2a persona170 come abbi171 863,3; 546,14; 929,69; vadi 1031,59 e nei tipi dipinghi 900,42; respinghi 882,7; rimanghi 882,7 attestati nel romanesco172; la desinenza in -i- è estesa per analogia173 anche alla 6a persona: devino 850,42; faccino 857,62; possino 832,27; 900,82 (ma possano 949,33); prendino 878,24; 929,21; voglino 590,19; vadino 551,3; e ancora venghino174 929,66 (ma vengano 590,61e passim); giunghino 929,41 (ma giunga=|no B823,4); rispinghino 592,12.

Per il congiuntivo passato si è già osservato al § I.4. il tipo stasse 733,54 (ma stessimo 934,90); notevole è l’ipercorrettismo andesse 949,24.

Più rilevanti, e diatopicamente marcate, le forme contaminate a flessione mista della 4a persona del condizionale175 del tipo av=|ressimo176 814,71-72; lev[a]ressimo 949,26; potressi=|mo177 941,64-65; tratteressimo 949,55. Sulla

168 Le forme di 6a persona del presente indicativo e di 2a persona dell’imperativo con /e/ postonica sono state già discusse in § II.3.1.2.2. Per furno 1407,7 (ma furono 598,49 e passim) cfr. § II.3.3.

169 Per il tipo puole cfr. quanto detto in § I.5. 170 Cfr. MIGLIORINI 1960: 632. 171 Con valore fortemente esortativo nei frequenti abiti | cura 840,34-35 e passim (cfr.

SERIANNI 1988: § XIII.32). 172 Cfr. VIGNUZZI 1991: 751. 173 E si riscontra anche nel dialetto: cfr. in Belli vàdino e àbbino (cfr. VIGNUZZI 1991: 751). 174 Anche nel S. 629.2 di Belli (LIZ). 175 Cfr. ERNST 1970: 152. MIGLIORINI 1960: 631 le annovera tra le forme settentrionali, ma

anche romanesche (segnalando vedressimo in una lettera del 1826 di Giulia Manzoni Beccaria e vorressimo in lettera di Costanza Arconati del 1832). In Belli staressimo (cfr. VIGNUZZI 1991: 751). [Per riscontri coevi cfr. SERIANNI 2002c: 167 n14 e ANTONELLI 2003: 163-164 e bibliografia ivi indicata].

176 Da un sondaggio in LIZ il tipo avressimo risulta anche in un passo dello Zibaldone di Leopardi (12 gennaio 1821, p. 492, nell’espressione l’avressimo saputo).

177 Anche questa forma trova riscontro in un pensiero di Leopardi dello Zibaldone (23 settembre 1821, p. 1771: altrimenti non potressimo negare le loro conseguenze). Cfr. anche in Belli potressi (LIZ s. 261.10) e potressivo ‘potreste’ (cfr. TRIFONE 1992: 67 e LIZ ss. 134,10 e 935.10). Nel suo repertorio verbale l’abate romano Mastrofini (1814: I.451) inserisce

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base di questi pochi esempi riscontrati è possibile pensare al tipo prendendaressimo 920,27, forse ‘pretenderessimo’, come a un possibile incrocio tra il condizionale ‘pretenderemmo’ e il verbo semanticamente connesso ‘prendere’178.

Per quanto riguarda la selezione dei modi bisogna ammettere che nella lingua di Maria l’uso del congiuntivo è abbastanza vitale. Si riscontrano tuttavia casi in cui tale modo cede il passo all’indicativo. Si osservino ad esempio le seguenti ipotattiche concessive, tutte introdotte da un operatore prototipico179: sebene | vado in Letto non tanto tardi 685,16; sebene io non | ne profitto 729,16-17; sebbene mi | scrivi di rado B1071,24-25; sebene non puole dirsi un so=|prano deciso 900,16; anche con tempi storici: sebene vi voleva assai di più 677,10; non riescì di vincere mai, | sebene giocai benissimo 632,20180.

Più interessante la sostituzione con il condizionale in sebbene non mi mancherebbero B1320,25 che sembra confermare la difficoltà di gestire i due modi.

Meritano approfondimento inoltre alcuni apparenti impieghi del congiuntivo. Innanzitutto il suo uso in luogo dell’indicativo presente nelle numerose formule di pre-chiusura del tipo tutti | ti dicano mille cose 601,17-18; Tutti ti dicano | mille e mille cose 465,37-38; Tutti ti dicano mil-|le cose 590,63-64 e passim: secondo il romanesco la forma corretta sarebbe dicheno mentre per il toscano popolare è normale l’impiego di dicano per l’indicativo 181 . In Maria si potrebbe ipotizzare una sovrapposizione di dicano/dicono, una sorta di scambio fono-morfologico (a meno che non si attribuisca all’uso del congiuntivo un valore ‘ottativo’, ossia augurale). Lo stesso fenomeno occorre 2 volte nel corpus B in Tutti ti dicano mille cose B966,24 e Gli amici tutti e Parenti ed i domes=|tici ti dicano molte cose B1320,53, in entrambi i casi corretto dal Belli in dicono.

Per la sostituzione dell’imperfetto congiuntivo con le forme del passato remoto indicativo182 si potrebbe supporre nel caso della nostra scrivente un potressimo nella colonna di uso “incerto, erroneo”.

178 Cfr. il passo: la vendita del Pezzo di | Terreno di cui prendendaressimo noi il Denaro. 179 [Sulla resa “mista” di tale nesso logico-semantico in scritture non istituzionali,

soprattutto in rapporto alla classe di testo, cfr. FRESU 2004: 749-753 (cui si rinvia anche per le indicazioni bibliografiche sull’argomento). A una recente disamina dell’espressione della concessività nei secoli XIV-XVIII è dedicato CONSALES 2006].

180 Ma con il congiuntivo: sebene fossero tut=|ti i Santi 733,8; sebene | sia bene tardi 742,53; sebene ancora non | siano dettagliate 807,39 e passim; persino con salto di frase Sebene, come tù mi dici io riceva B823,3 e anche con introduttore diverso: non mi riprometto di regere, quantunque | ne veda la necesità 730,22-23; per quanto il tuo | amore verso di mè voglia paliarmi la | cosa la credo di certo di sommo perico=|lo 691,18.

181 Cfr. bibliografia indicata per questo tratto in TELMON 1993: 124 (p. 33). 182 [Scambio scarsamente documentato nella prosa media coeva, per cui cfr. ANTONELLI

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fenomeno di ipercorrettismo morfologico, in cui può aver giocato un ruolo determinante anche la confusione con le forme del condizionale. Nel romanesco infatti la 2a persona del perfetto esce in -essi (< -esti)183. I casi riscontrati in Maria (se potesti farmi riave=|re il picciolo canestro per ‘potessi’ 1031,43; converebbe | che tù vedesti di farne ricerca per ‘vedessi’ 1031,41; non vorrei affatto, che tì | esponesti ad avere forze una qualche inqui=|etudine per ‘esponesti’ 598,30; se per caso | non lo avesti fatto fallo subito per ‘avessi’ 725,23) potrebbero essere intesi come forme dell’imperfetto congiuntivo in -essi ipercorrette in -esti perché confuse dalla scrivente con l’indicativo perfetto 184 (forse a causa della connotazione temporale passata di ambedue i modi). Ne è ulteriore riprova la limitazione del fenomeno soltanto alla 2a persona185. Ben saldo infatti risulta l’impiego della 1a persona dell’imperfetto congiuntivo 186 , per giunta omografa e omofona alla 2a; così che non sarebbe da escludere anche l’ipotesi di una spinta dissimilatoria per risolvere la sovrapposizione tra 1a e 2a persona dell’imperfetto congiuntivo. Si deve inoltre osservare che due dei quattro esempi sono periodi ipotetici; i verbi nelle protasi potrebbero aver subito una sorta di attrazione del condizionale (in questo caso ‘potresti’ e ‘avresti’) spesso indebitamente impiegato in luogo del congiuntivo imperfetto nei costrutti dell’eventualità (per cui cfr. § II.5.5.).

Per quanto della selezione dell’ausiliare si registrano alcuni scambi187: Sono appena ricevuta la tua risortita 539,5 (ma Ho ricevuta tanto la tua, che i due fascico=|li 626,3-4); Sono fina=|lmente cominciata à venire un poco in chia=|ro 857,42-43 e la diatesi attiva nel tipo Povera Angelica à assai pegio=|rato188 844,27.

2003: 157, ma decisamente presente in un’altra scrivente romana coeva, Amalia Ruspoli, per cui POGGIOGALLI 2004: 119-120].

183 Cfr. ROHLFS: § 574; oltre al romanesco la risoluzione nel perfetto del nesso -st- in -ss- si riscontra anche in altre parlate dell’Italia centrale (Lazio, Umbria e Marche); cfr. VIGNUZZI 1991: 751 per i sonetti belliani (ad esempio vedessi ‘vedesti’ TRIFONE 1992: 67).

184 Del resto correttamente impiegato dalla scrivente sia dal punto di vista morfologico sia nel suo aspetto temporale altrove nelle lettere: dicesti 621,3; ricevesti 465,37; prendesti 863,21 e passim.

185 La cui forma corretta si trova (per ambedue i corpora) soltanto in facessi tu 1023,10 e tu la tenessi B846,32 (a parte se vedessi il Povero ossoli 589,26 in cui probabilmente influisce il modello cristallizzato dell’esclamazione piuttosto comune). Non si tiene inoltre conto di tu conosessi (sic) 814,82 perché di lettura incerta e di sapessi B1179,6 visibilmente corretto proprio sul digramma geminato (-ss-).

186 Ad esempio confessi 721,19; dovessi 863,41; facessi 678,35; vedessi 811,9; scrivessi 941,52 e passim.

187 Secondo CORTELAZZO 1972: 117 «spesso, ma non sempre, riflesso della posizione dialettale» dal momento che l’impiego degli ausiliari ha localmente soluzioni molto varie; cfr. anche BERRUTO 1983: 49-50.

188 Un uso, quest’ultimo, peraltro non ignoto anche alla lingua letteraria, cfr. GDLI s.v.

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Per le reggenze verbali si nota un esempio di accusativo preposizionale in dio cè nè liberi à tutti 873,30-31 e l’uso antico transitivo del verbo regalare Anche | me checco regalò di due Libretti 941,108.

Di tono colloquiale l’impiego di verbi accompagnati da pronomi intensivi di chiara valenza affettiva189: in riferimento a se stessa in mé la passo benone 601,37; io non me lasento affatto 539,16; io mé la prendo con pazienza 621,23; in riferimento a terzi in sè nè risenteno 863,35; e ancora nei numerosissimi abiti | cura 840,34-35 e passim diretti al marito e nell’esemplare la raccomandazione per il figlio come il male di ciro non sarà più che per=|fettamente dileguato tù non penserai ad abban=|donarmelo 900,49-50.

La selezione della diatesi attiva o passiva190 costituisce spesso un punto di crisi per la nostra scrivente, che talvolta si risolve mediante cambi di progetto, come nel già citato Passai la tua à Biscontini la quale doppo | letta, e riletta, e_bene esaminata, ed anche dop=|po avergli detto [...] mi rispose 807,18. In altri casi la disattenzione, l’assenza di rilettura, e più in generale il basso livello di controllo formale possono generare fenomeni di sovrapposizione e attrazione come per fossero già | fati pagati 536,14, in cui i due moduli “fossero già pagati” (diatesi attiva) e “fossero già fatti pagare” (diatesi passiva) si sovrappongono e si fondono in un’unica forma, probabilmente anche sotto l’influsso del precedente abbiamo fatti pagare 536,11.

II.5. Sintassi e testualità

II.5.1. L’articolazione testuale della lettera Pur caratterizzate da un alto grado di colloquialità e da strategie

comunicative che esprimono concretezza e immediatezza, le lettere offrono una struttura piuttosto omogenea per quanto riguarda i moduli stilistici di intestazione, avvio e chiusura191. Tanto nelle lettere al Belli, quanto in quelle peggiorare 7 e 10.

189 A proposito della funzione affettivo-intensiva del pronome atono cfr. SERIANNI 1988: §§ VII.40-41 e IX.22 e la bibliografia ivi indicata. Sul tratto, tipico delle regioni centro-meridionali e della dimensione orale BERRUTO 1985a: 136; SABATINI 1985a: 163-164 e 167; TELMON 1993: 119 (p. 1) (al tratto accennano anche ROHLFS: § 482 e TEKAVČIĆ 1972: § 1123).

190 Sui costrutti passivi cfr. § II.5.2. 191 [Circa la grammatica epistolare ottocentesca cfr. ora ANTONELLI 2001b: 46-49 e

soprattutto 2003: 53-62 e 2004, cui si rinvia per una disamina delle formule di esordio e congedo e per fenomeni di articolazione testuale della lettera. La ripetizione di modelli fissi, già osservata ad es. in BARTOLI LANGELI 2000: 161-162 e in PALERMO 1994: 112-119, trova sistematica conferma anche nelle analisi più recenti; cfr. solo per limitarci a carteggi

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a Ciro, è possibile distinguere le seguenti parti:

- cornice pragmatica, contenente segnali di apertura e chiusura, formule allocutive e di saluto, auguri, raccomandazioni, etc.;

- informazioni metaepistolari, ossia ragguagli sulle ultime missive spedite o ricevute e sui tempi e le modalità di ricezione;

- ambito dei contenuti, destinato a ospitare il contenuto referenziale mediante uno sviluppo tematico libero in cui i connettivi e demarcativi collegano i vari segmenti testuali;

- post scripta, frequentemente usati dalla scrivente per aggiungere informazioni e notizie che non sono state inserite nel corpo della lettera.

Tutte le missive si aprono con la formula allocutiva di apertura assoluta con cui la scrivente si rivolge al destinatario, posta in alto a sinistra192. Segue sul secondo rigo a destra l’indicazione della data, preceduta dal luogo di spedizione193.

Meno omogenei gli incipit che seguono l’intestazione, nei quali la scrivente, pur aderendo nella scelta dei contenuti alla tradizione testuale della lettera, fa riferimento alle precedenti missive ricorrendo piuttosto raramente a formule stereotipate dello stile epistolare come in Di somma mia consolazione sono stati i due | tuoi scritti 536,3-4 e Sempre più mi conzolano, le nuove del mio | caro Ciro 887,3-4.

Come molti corrispondenti coevi, anche Maria personalizza le informazioni metaepistolari, di evidente funzione fàtica, esprimendo riserve sull’efficacia dei collegamenti postali come in Supongo, che al solito avrò la tua tardissimo, | ed inconseguenza non sarò di certo in tempo | à risponderti 601,3-5; Sicome prevedo, che al certo non sarei in tempo | di rispondere alla tua di questa mattina, perché | come sai ricevo le Lettere un poco tardi, per=|ciò tì scrivo queste due righe 882,3-6 o avanzando ipotesi sulle modalità e i tempi di ricezione come in La tua Lettera non deve assolutamente avere | trovato Bondì in Sinigaglia 592,3-4; Non sò come non femminili ottocenteschi a MARZULLO 2002: 85-91].

192 Alcuni esempi indicativi: Caro Peppe 536,1; 539,1; 601,1 e passim; Mio Caro Peppe 551,1; 592,1 e passim e con il possessivo posposto Caro Peppe mio 587,1; 621,1; 923,1 e passim; con elativo abbreviato Caris.o Peppe 626,1; 628,1 e passim e Caris.o Peppe mio 620,1; Mio Caris.o Peppe 590,1. Più articolata la formula di apertura nelle lettere indirizzate al figlio, in cui il comune denominatore sembra essere il pronome possessivo, anteposto o posposto ma sempre presente e addirittura, in un caso, reduplicato in una struttura a cornice: Caro Ciro mio B966,1; Caro Ciruccio mio B823,1; Caro Figlio mio B1001,1; Ciro mio Figlio adorato B738,1; Mio Caro Figlio B883,1; Mio Caro Ciro B1195,1; B1229,1; B1320,1; Mio Caro ed amato Ciro B1179,1; Mio ottimo Ciro Caro Figlio B846,1; Mio Caro Ciro figlio mio B1071,1. [Uno specimen delle soluzioni maggiormente frequenti nel corpus CEOD è sintetizzato in ANTONELLI 2004: 31-35 (un dettaglio esaustivo relativo ai carteggi coevi è disponibile nella monografia del 2003 dello stesso studioso alle pp. 53-58)].

193 Sempre Roma in entrambe i corpora, fatta eccezione per la n. 721 da Albano. Per l’abbreviazione dei mesi cfr. § III.0.

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abbi ricevuta la mia | seconda diretati à Terni! 929,70. Spesso si giustifica per la fretta con la quale è costretta a replicare alle missive del marito come in Due righe in somma fretta perché parte la | Posta 539,3-4; Tù non lò crederai ma io alle | tue non posso, che rispondere in fretta 546,1-2. Altrove si limita semplicemente a confermare la ricezione dei documenti come in Ho ricevuta tanto la tua, che i due fascico=|li analoghi al Colleggio 626,3-4; Ricevo la cara tua in data delli 2 630,3 o viceversa la mancata consegna in Sono due ordinari, che non vedo tui carateri 685,3.

In alcuni casi il coinvolgimento emotivo e il grande interesse per l’argomento spingono la scrivente a entrare direttamente nel vivo del discorso: Tù hai voluto scrivere un processo sopra una cosa, che | con una sola parola potevi escirtene 620,3-4 e Rapporto à Colleggio mi dicesti anche di troppo 621,3.

La parte conclusiva di ogni lettera è costituita da moduli di prechiusura, per lo più preconfezionati194, nei quali ricorrono raccomandazioni e saluti di parenti, familiari, amici, e dalla formula di chiusura assoluta che si trova in genere sulla destra del foglio; strettamente dipendente dalla prechiusura, presenta spesso la resa abbreviata del gerundio abbracciandoti, degli aggettivi affezionata e affezionatissima e persino dell’affettuoso Cicia con cui Maria si firma195.

Seguono infine numerosi post-scripta di varia lunghezza, talvolta anticipati dal convenzionale P.S.196, più spesso privi di tale introduttore197.

194 Cfr. ad esempio i numerosissimi Tutti ti dicano | mille e mille cose 465,37-38; tutti | ti dicano mille cose 590,63-64; 601,17-18 e passim.

195 Qualche esempio: amami, e credimi La tuaCic.a [sic] 536,16; Io non ho che il tempo | di abbracciarti e sono | La tua aff. Cic.a 539,21-22; Tì abbraccio tì saluto per parte | di tutti, e sono tua aff.a Cec.a Mar. 546, 20-21; Mille cose alli Padroni di casa; Intanto | sono abbracciandoti di cuore La tua Cic.a 592,22-23; Tutti ti salutano, ed io pregandoti di fa=|re l’ostesso con i tuoi di casa mi dico | La tua Cic.a 601,43-45; Tutti ti salutano | fà tù l’ostesso con i tuoi | di casa mentre | abbrac.i sono tua | Cic. 620,33-36; Tutti li amici tì saluta=|no ed Io abbrac. sono La tua aff. Cic.a 621,29-30; Dì mille cose per | mé in Famiglia. abiti cura, ed abbr.i | sono tua Cic.a 685,19-21; abbraccio tè | di cuore, e mi dico tua Cic. 882,15-16; Tì ritorno i saluti di tutti, tì abbraccio | di cuore, e sono tua Cic. 887, 22-23. Talvolta la firma può mancare: Ti abbraccio e sono | tua 630,35-36; amaì è credimi | mentre stringendoti al | seno sono tua 857,71-73 (mai però nelle lettere a Ciro in cui è sempre ⎡tua aff.a Madre ⎤). [Per riscontri coevi cfr. ANTONELLI 2003: 59-62 e, dal corpus CEOD, 2004: 35-38].

196 Alcuni casi: P.S. Biscontini affollatissimo pare non possa pensare per | ora al Bendetti. | con corsini si stipolò.| Foravanti mi ha giurato, | che in agosto paga i frutti 592,24-28; P.S. Il dottore mi fà sperare | di essere guasi in ordine con un Pusse 601,46-47; P.S. Piombino bene. | A momenti si farà la Porticella nel tuo Camerino, prima con la malattia | di Servi e del Principe non si è potuto parlarne. Io stimo precedenza di prendere il per=|messo, giaché è credo impossibile di farla segretamente, e si andrebbe incontro | di certo a_delle amarezze 620,37-42.

197 Da un telegrafico saluta tutti 546-47,22 fino a un prolisso Ieri sera volevo andare al Teatro, che sebene assai mediocre, | volevo vederlo almeno una volta, ma non mi vollero dare

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II.5.2. Ordine dei costituenti e strategie di tematizzazione Per quanto concerne l’ordine marcato dei costituenti si registrano esempi

di interposizione del complemento di specificazione198 in nel di cui teritorio 941,71 e alli | di lui Nepoti 551,24-25 e dell’avverbio di tempo tra reggenza preposizionale e verbo in uno è | tenuto a sempre migliorare 934,85. Tmesi dell’argomento retto dal verbo anche in quanto io sia di Lui sodisfatta 1031,36; e dell’oggetto in voglio però ciò attribuire 620,25.

Prelievo colto anche per l’anteposizione enfatica dell’indefinito negativo al verbo199 nei numerosi casi nulla mi nomini 542,5; nulla fa 542,18; Nulla ho penato 900,67; nulla fosse con | mè affettuoso 725,7 e passim, fino al già citato nulla mi cale del resto 1304,12 (cfr. § I.4.).

La dislocazione 200 rappresenta certamente l’espediente maggiormente impiegato dalla scrivente tra quelli a disposizione per realizzare la mise en relief. Si riportano di seguito solo alcuni dei numerosissimi casi di dislocazione a sinistra dell’OGG con ripresa pronominale: Angelici davvero la nos.a robba non la | compra 943,102-3; Bertinelli lo vidi in occasione di qualche sua necesità 850,53; Biagini lo vedo così, così 620,20; Ricci ancora non lo vedo 855,13; Ricci lo vedo spesso 620,17; Spada non lo ave=|vo mai più veduto 620,20-21; Lì Lauretti, li Garo=|folo, li Valentini già li conosci 900,21-22; Il giro della Sicilia lo fà in | otto giorni 907,56; il | viaggio lo pagerebbe Lui 551,34-35; la | cosa la credo di certo di sommo perico=|lo 691,16-18; La presente lò comin=|ciata jeri 1304,28-29; questa Lettera lo scritta almeno in dieci | tempi 830,52-53; il detto affitto Canale lo cederebbe

| un palcaccio al terzo ordine à meno di sd. 3. per cui mi feci | passare subito la voglia, e rimasi à casa à fare il mio treset=|taccio, che fù veramente accio, giache si fece una cagniara | imenza, e sì rise mile volte più, che non avèssimo fatto al Teatro 630,37-42.

198 Sul costrutto ⎡il di lui⎤ cfr. PALERMO 1998 [e ANTONELLI 2003: 142 n61 cui si rinvia per i riscontri coevi]. Per il secondo esempio andrà rimarcato l’impiego disambiguante in un contesto burocratico: detto antonio avesse | disposto, che doppo la morte di sua moglie | la robba sua dovesse tutta andare alli | di lui Nepoti.

199 [Cfr. i moduli nulla pavento o nulla temo commentati in SERIANNI 2005: 93]. 200 Amplissima la bibliografia su questo fenomeno per cui conviene rinviare a D’ACHILLE

1990: 91-124 (anche per un quadro delle posizioni teoriche, non sempre coincidenti) e PALERMO 1994: 129-156. In rapporto all’italiano popolare e al parlato, basterà in questa sede ricordare almeno CORTELAZZO 1972: 134-143; SORNICOLA 1981: 59-61; SABATINI 1985a: 162 e i numerosi interventi di BERRUTO, tra cui, in chiave variazionista, quello 1985b. [Alcune osservazioni sulla presenza del costrutto nel romanzo manzoniano, anche in rapporto alla revisione apportata rispetto alla Ventisettana, si trovano in BONOMI 2001-2003: 274-285. Per la presenza del fenomeno negli epistolari ottocenteschi cfr. ANTONELLI 2003: 209-214 (e in particolare per un riscontro del tratto in quelli femminili di vario livello cfr. MARZULLO 2002: 102-103; POGGIOGALLI 2004: 121-122; BIASCI 2004: 150; AGOSTINELLI 2006: 260). Una riflessione in prospettiva semantico-pragmatica sulle costruzioni sintatticamente marcate a sinistra nell’italiano odierno, con ampia ricostruzione bibliografica del fenomeno, è contenuta in FERRARI 2003: 145-233].

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intieramente 857,66-67; la ricevuta me la rilasciata 601,28; questa somma nel corrente mese non nè lavevo calcolata 863,8-9; l’altra rata la farò fare 601,31; tali spese le doveva prevedere 539,19; Le gara=|fine non le avrai ancora ricevute 830,37-38; le lettere le ho avute tarduccio 943,83; le viti non deve matenerle in | buon stato 934,79; anche con l’oggetto sottinteso come in di Peppe non posso | darteli perché stà à Genzano, anche distini | te lì dò di Lenuccia (‘i saluti’) 626,26-28 e con l’interruzione di una ipotetica-incidentale in ques-|ti se Biscontini verrà à Perugia te li racconterà Esso 889,11-13.

Si riscontrano inoltre alcuni casi di dislocazione di un elemento estratto da subordinata completiva impersonale201: con ripresa clitica in Angelica si credeva di perderla l’altra sera 887,15-17; la spesa poi di detta rinovazione [...] non è necessario pagarla subito 941,53-54; le nostre facende | di Terni pare, che prendino tutte buona piega 878,23-24; senza ripresa clitica in io forse converrà, che | sistemi i miei affari 934,47-48 e nella completiva oggettiva in Canale | sò che stà per Roma, ma dà mè non | si è lasciato vedere 934,41-41.

Più complesso il caso tù che sei ora non tanto distante dà detto | colleggio vorrei, che tì occupassi seriamente 601,10-11 in cui l’emarginazione a sinistra del soggetto logico (quasi una sorta di nominativus pendens) può essere facilitata dalla relativa incidentale.

Gli studi hanno ormai dimostrato come anche la ridondanza pronominale rientri nell’ambito dei procedimenti di emarginazione con ripresa202. Tale fenomeno risulta assente nella scrittura di Maria, come pure i casi di doppia presenza pronominale nei nessi verbali (non riconducibili a dislocazioni); l’unico esempio degno di menzione è Che diavolo di Fani las=|ciarsi la valige à mè non mè nè và una bene203 855,7-9.

Talvolta la scrivente ricorre ad altri espedienti di tematizzazione, funzionalmente analoghi alla dislocazione, come ad esempio l’integrazione

201 Cfr. D’ACHILLE 1990: 122; PALERMO 1994: 134 (con esempi alle pp. 152-156). Non

sempre l’elemento estratto viene collocato in apertura del segmento frasale; talvolta esso può subire una sorta di estrazione incompleta e, pur estrapolato dalla completiva, rimane all’interno della principale. Esempi di questo tipo sono riscontrati nella sintassi dei sonetti belliani (cfr. SABATINI 1985b: 249-250).

202 Cfr. D’ACHILLE 1994: 70. Per CORTELAZZO 1972: 82-86 e BERRUTO 1983: 46 si tratta di una sovrapposizione di due moduli opzionali alternativi, talvolta con sostegno del sostrato locale, in cui tuttavia parrebbe riconoscibile una evidenza al topic o tema ripetuto due volte (cfr. anche BERRUTO 1987: 120).

203 Sempre che non si escluda che à mè possa, molto dubitosamente, riferirsi all’atto di Fani di lasciare la valige. Su questo costrutto cfr. almeno BERRETTA 1990.

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di una locuzione preposizionale davanti all’elemento tematizzato 204 : in posizione iniziale assoluta Raporto al servitore non è cosa dà parlarne 857,12; Rapporto à Colleggio mi dicesti anche di troppo 621,3; Riguardo al | affare canale anche io dico, che sarebbe | meglio prendere tutto insieme 929,9-10; Riguardo alla Piacenti direi [...] di fargli fare subito lesecuzione 929,63; Riguardo à Valle Caprina, ed alla Pia=|centi mi riporto alla passata mia 934,35; all’interno di un periodo riguardo à vendi=|ta di Terreni [...] non occorre, che entri in trattativa 630,10-12; riguardo poi al | Pagare le spese [...] a metà io non me lasento affatto 539,14-16 e, a destra, in Stà bene quanto mi | dici rapporto à tè 626,14; oppure con l’emarginazione a sinistra di complementi indiretti mediante una semplice preposizione tematizzante: Di angelica non | se né capisce niente 847,47-48; di Servi e del Principi non si è potuto parlarne 620,39; Del Lascia Passare non | ti posso dire niente 934,117-118; del mio malanno non ci pensare 628,23; Del colera | tì accerto, che nessuno sé né occupa 621,12-13; del Barba nera nessuno | ne aveva contezza 742,10-11; con ellissi del verbo Di Costanzi ancora nulla di nuovo 887,12 e Di Costanzi niente di nuovo 857,18.

Anche l’impiego della diatesi passiva permette di tematizzare l’elemento percepito come più importante 205 : Le solette saranno fatte dimanda al Guardarobiere 850,40-46; Le | vedute, è carta sono già stata comprate 887,8-9; Il Proggetto del nuovo Istro=|mento fù ricusato 844,53; Di somma mia consolazione sono stati i due | tuoi scritti 536,3-4, per quanto quest’ultimo caso potrebbe risentire dell’influsso di modelli stereotipizzati della tradizione testuale.

Non sono stati riscontrati casi di dislocazione a destra nelle parti sottoposte ad analisi.

204 Cfr. D’ACHILLE 1990: 122. [Si tratta di strategie ampiamente diffuse nella scrittura

epistolare coeva, per cui cfr. ANTONELLI 2003: 215-218]. 205 In più di un contributo è stato posto l’accento sulla preferenza dell’oralità per la

costruzione attiva che mediante la dislocazione sostituisce la diatesi passiva (cfr. CORTELAZZO 1972: 135-136; D’ACHILLE 1990: 99). VANELLI 1986: 251-253 tuttavia sottolinea come, da un punto di vista pragmatico, le due costruzioni coincidano soltanto in parte. Sul costrutto passivo cfr. almeno BAZZANELLA 1994: 134-143 e CRESTI 1999.

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II.5.3. Polifunzionalità di che I tratti di polivalenza e di indeclinabilità che generalmente caratterizzano

l’uso di che206 e il suo frequente impiego in cumuli congiunzionali sono ben rappresentati nella scrittura di Mariuccia.

Come subordinatore ipotattico generico troviamo che con sfumatura causale, in Io le dissi, che non | sì fossero incomodati à scriverti, che io avrei fatto teco le loro parti 920,15; si comincia da fenimenti di oro, dà varie bellissime cose per fargli da regali i Parenti, che tutto deve essere di ottimo gusto 857,40; una debole sfumatura causale si percepisce anche nel tipo analitico207 in Avrai la settimana entrante | l’acqua della scala, per mezzo di qualche occasione, che non nè mancano 822,17. Nel caso vedi se poi spiare una qualche | cosarella, che gradisse dà dargli subito seguito | il saggio, che io te la spedirei 878,15 il connettivo introduce una consecutiva-conclusiva 208 , mentre ha valore conclusivo-esplicativo in ti basti la

206 Molti contributi degli ultimi decenni hanno individuato l’ampia polimorfia di ruoli

sintattici e pragmatici condivisi da questo coesivo, originariamente pronome relativo, e divenuto poi raccordo generico dalle molteplici funzioni. Per il fenomeno, sia in prospettiva diacronica, sia in quella sincronica, si rinvia alla ricca messe di indicazioni bibliografiche contenute in PALERMO 1994: 170 n144 e, nello specifico, all’excursus normativo e documentario dedicato al tipo relativo indeclinato offerto da D’ACHILLE 1990: 205-260. Descrizioni di che nella varietà popolare e nella dimensione orale sono contenute in ALISOVA 1965; CORTELAZZO 1972: 93-98; SORNICOLA 1981: 61-74; BERRUTO 1983: 53-55 e 1987: 68-69 e 123-134; SABATINI 1985a: 164-165 (al relativo invariabile nella lingua antica o popolare e in alcuni dialetti accennano anche ROHLFS: §§ 484 e 486 e TEKAVČIĆ 1972: § 748). Diversi studi hanno indicato la convergenza tra moduli sintattici del che impiegati in livelli informali (o pertinenti alla dimensione orale), spesso trascurati dai repertori normativi, e usi antichi o letterari (cfr. DURANTE 1981: 274; SORNICOLA 1981: 65 e 1985: 10-11; D’ACHILLE 1994: 52). Di continuum circa l’uso del che parlano BERRUTO 1987: 128-134; BERNINI 1989: 89 e PALERMO 1994: 171, alludendo a una sorta di “continuità d’uso” del paradigma dei relativi in italiano tra due poli opposti (ovvero il quale/cui e che polivalente), sottolineando che a simili risultati sono pervenuti anche alcune ricognizioni sulla relativa francese (già VANELLI 1976: 302-303 e CINQUE 1988: 463 non ritengono il che indeclinato dell’italiano popolare un pronome relativo, bensì un indicatore generico di subordinazione, come quello che introduce numerosi tipi di frasi dipendenti). [Sulla questione cfr. ora lo studio diacronico e comparativo dedicato all’alternanza tra diverse strategie di realizzazione della frase relativa in italiano di FIORENTINO 1999 e la ricognizione sociolinguistica di ALFONZETTI 2002, cui si rinvia per gli ampi riferimenti bibliografici e per un inquadramento del problema all’interno dei processi di ristandardizzazione dell’italiano contemporaneo. Ai fini della nostra indagine, infine, si rinvia a BONOMI 2001-2003: 265-274 per la presenza del fenomeno nell’edizione definitiva del romanzo manzoniano, con particolare attenzione al percorso correttorio dalla prima edizione, e ad ANTONELLI 2003: 197-201 per l’esemplificazione in epistolari colti di primo Ottocento].

207 Termine proposto, per il latino volgare, in LEHMANN 1979: 18 e ripreso da BERRUTO 1987: 131, in opposizione al modello «sintetico (costituito dal pronome relativo declinabile che esprime funzione e caso)». Circa la diffusione della costruzione analitica della relativa in più lingue standard cfr. LEHMANN 1984. Sulla complessa questione terminologica riferita a questo costrutto cfr. PALERMO 1994: 171 n148.

208 Chiaramente consecutivo il valore in la | Domenica mattina fù un tempo così

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conclusione, che per varie raggioni la missione non ha più nessuna pretenzione 857,49209.

Tra gli esempi di che introduttore relativo-temporale210 si nota il giorno, che terminerà il mese le farò una bella Predicozza 850,33; fin | dal giorno che si stabilì il nos.o Contratto 539,19-20; essendo vari giorni che batte la ritirata 626,7; nel momento che viene penzo | di farci mettere mano 626,12-13 (e anche Domenica che come tì dissi ebbi Meconi appran-|zo 601,6-7).

Si rinviene inoltre un caso di che introduttore di completiva pseudorelativa211 in à sentito, che io mi | rallegravo 601,20-21 e qualche episodio di omissione del che dichiarativo212 come in credo [Ø] prima non potrà aversi di | certo 546-47,19-20; a | me basta siano quì circa la fine del mese 1030,11.

Come legame di subordinazione relativa, privo di marca di caso, occorre in Tù hai voluto scrivere un processo sopra una cosa, che | con una sola parola potevi escirtene 620,3-4; tanto è una cosa, | che fino à Nov.e del 32: non puole nemeno | pensarcisi 621,5-7, e nel tipo analitico, con ripresa pronominale anaforica, in Ieri sera volevo andare al Teatro, che […] | volevo vederlo almeno una volta 630,37-38.

Riconducibile alla sfera dell’oralità anche l’impiego della forma declinata di che, non raro nella prosa medio-colta primo ottocentesca213 , in per il libretto, che mi ha mandato (e di che tì ringrazio) 900,68 (anche nei tipi dovrà farsi l’estirpazione di una | tonsilla, senza di che dice Mazzuchelli,

indavo=|lato [sic], che mi presi una pena 536,4-6; Il tempo | dello scorso sabato fù così perverso, che […] non | fù più possibile 685,7-11; mi producono una sonnolenza tale, | che parlo, è dormo 685,14-15.

209 Valenza esplicativa-dichiarativa anche nei seguenti casi: ti serva di regola | che ora Compagnioni 539,7-8; la conclusione si è, che per questo | nostro affare prenderebbe sd. otto 539,11-12; Esso | a fatto il Patto che tutto vada a suo | carico 539,16-18; sono | d’intesa con quelli della Posta, che quando | vanno Lettere in Sinigaglia doppo la partenza | di Giuseppe si rispinghino al logo dà dove | ne sono venute 592,9-13; eri per=|fettamente del mio sentimento, che in questo mo=|mento la gita di Fermo non tì conveniva 620,5-6 e con omissione del verbo in riferisco sotto l’auspici di quel proverbio, che | ambasciatore non porta pena 620,28-29.

210 Come noto il che temporale presenta un livello di tollerabilità maggiore rispetto ad altri tipi di che polivalente: SABATINI 1985a: 164; BERRUTO 1987: 123-128; CINQUE 1988: 446 e 463 (soprattutto per la motivazione del fenomeno, che sembra contraddire la gerarchia di accessibilità); SERIANNI 1988: §§ XIV.82 e 197; D’ACHILLE 1990: 258 (per il tratto nella realtà contemporanea cfr. anche LARSSON 1990).

211 Cfr. BERRUTO 1987: 69. 212 Cfr. ROHLFS: § 797; CORTELAZZO 1972: 96-98. 213 [Per un quadro dei riscontri coevi in LIZ e nel corpus CEOD cfr. AGOSTINELLI 2006:

258-259 che rinviene il fenomeno nelle lettere di Costanza Monti Perticari, anche nelle forme a che, con che, in che, assenti in Mariuccia].

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che in segui=|to anderebbe incontro à guai seri 873,29 e, nella lettera a Ciro, la buona volontà, che tieni di studiare, | sopra di che tì esorto à radopiare il tuo | calore B1001,6).

Si registrano inoltre alcuni casi del modulo ⎡il che⎤, proprio, secondo la grammatica tradizionale, delle relative appositive di tipo giustapposto-parentetico con una frase intera per antecedente, in genere una completiva (per lo più soggettiva)214: mi pare […] che non sia troppo in ordi=|ne per il ritiro del anello, il che mi darebbe ama=|rezza 850,59; non portare il Denaro il che mi cagiona non poche inquietudini 857,16; La facciata del | nos.o Oratorio quì in contro fù illuminata, | e furono anche messe delle fiaccole, il che | si replica anche questa sera 628,62.

In posizione incipitaria, spesso con funzione enfatizzante-esclamativa215, il connettivo occorre in Che diavolo di Fani las=|ciarsi la valige à mè non mè nè và una bene 855,7-9; Che parli di stravaganze | ed intemperie il primo di agosto quì non si | vergognarono anche i più giovani di girare | con un buon Ferajolo 857,9 e anche nelle parole riportate di Biscontini mà, che il Sig.r Belli | non potrebbe dare una corsa à Fermo?216 598,22.

Spesso che ricorre come elemento rafforzativo in alcuni costrutti: ⎡subito che⎤ 217 626,5-6; 632,8; 850,88 e passim, nella perifrasi ⎡avere che fare⎤ 218 in ed anno assai | che fare per segliarmi [‘svegliarmi’] 685,17-18.

La forma viene impiegata anche nel modulo ⎡oltre di che⎤ 219 in oltre di che ò | piovicica ò minaccia di piovere 630,27-28; oltre di | che essendo ultimo di mese le occupazioni non so=|no poche 887,20-22 e, più frequentemente, nella costruzione francesizzante ⎡non + VERBO + che⎤ 220: Io

214 Cfr. SERIANNI 1988: §§ VII.234. 215 Cfr. BERRUTO 1987: 69. 216 Si noti, in quest’ultimo passo, l’impiego del che enfatico con funzione interrogativa,

tratto principalmente romano, a tutt’oggi vitale (cfr. TELMON 1993: 121, p. 13). 217 Il tipo ⎡subito che + VERBO⎤ con il significato di ‘appena + VERBO’ ricorre

sporadicamente nella prosa di fine Settecento e primo Ottocento; se ne riscontra 1 es. in Cuoco, Saggio sulla rivol. nap. del 1799, 1 es. in Leopardi, Dialogo di Moda e Morte e alcuni casi nell’edizione del 1840 del romanzo manzoniano (LIZ).

218 Anche questo costrutto trova un riscontro nell’uso della lingua coeva in Cuoco, Saggio sulla rivol. nap. del 1799, Foscolo, Ortis e trad. Viaggio di Sterne, nel Conciliatore (LIZ).

219 Modulo attestato nella lingua coeva (LIZ) con 1 es. Foscolo, Ortis, 1 es. Conciliatore, 6 ess. Manzoni, Fermo e Lucia, 2 ess. nei Promessi sposi del 1827 e in 3 ess. Leopardi, Zibaldone (oltre un quarto caso in cui la locuzione è usata dal poeta come glossa all’it. fuorché, al fr. hors, hornis e allo sp. fuera de que).

220 Cfr. MIGLIORINI 1960: 543 e SERIANNI 1989a: 178 n4, che riscontra l’uso di che per introdurre una eccettuativa (in luogo di se non) tra le strutture indicate nei formulari ottocenteschi per compilare correttamente lettere per ogni occasione: manualetti questi che raccomandano l’impiego di una lingua media, priva di «troppe preoccupazioni letterarie che non evita costrutti e forme sospetti di francesismo».

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non ho che il tempo | di abbracciarti 539,21-22; non posso, che rispondere 546-47,11; non posso, che scongiurarti à | perseverare B823,16; non potrai, che essere felice B823,10-11; Biscontini non parte, che | il giorno 30 536,15; non | costano che sei baj il mazzo 1312,25; questa non consiste, che con il formarsi buono, e docile carattere B823,12; ma vi è del enima, che credo non sia dato | che a tè di spiegarlo 1028,44-45.

Con valore correlativo, infine, che si presenta in Ho ricevuta tanto la tua, che i due fascico=|li analoghi al Colleggio 626,3-4; è tanto l’uno che l’|altro, si succedono à vicenda 630,26-27.

II.5.4. Sovraestensione di dove Generalmente utilizzato da Maria con il valore di congiunzione locativo-

relativa221, dove risulta sovraesteso222 con funzione relativo-temporale in ed in un momento dove aveva di già in sua | casa altri malati223 691,27. Meno trasparente la sfumatura logico-semantica in pervenuta la | notizia della scoperta fatta al Paenteon del | corpo di Raffaelle dove il concorso è imenzo 907,21, in cui si intrevede, forse, un valore esplicativo-causale. Con funzione più decisamente locativo-relativa ma con una sorta di procedimento ellittico dell’elemento referente del relativo (per es. ‘del luogo’ e ‘nel luogo’) in mi piaque la precisione della indicazione dove Esso | dimora 863,20.

Più complessa la funzione da attribuire al connettivo nel brano seguente:

tì | dirò poi francamente [...] che l’affare non è affatto mio [...] ed Esso è assai arrabiato per | la lungagine, e porcherie, che si sono | fatte il in questa cosa così liquida, | per cui non m’inpegnerei à farlo smon=|tare dal proggetto di non essere paga=|to al più presto dove la raggione | lo assista; rifletti anche tù, e vedi, che | io non avrò colpa se il Sig.r Bianchi | avrà delle amarezze 814,51.

221 Ad esempio Dentro la detta borsettina vi troverai una piccola | bacilazzetta dove potrai

mettere dell’acqua B846,28; Paesi | dove questa malattia è nel pieno vigore 590,39; fui à | Passare la serata in Casa Pandolfini, dove | vi fù una brillantissima società 598,47; Casa Loverì, dove jeri sera passai gran parte del=|la serata 620,14; viene ad allogiare| da Lepri dove rimarà 2: mesi 1031,51; in Albano, dove sento, che il cli=|ma non sia tanto indiavolato 873,46; Fà i miei à tutti di | casa dove tì ritrovi 626,32; si stipoli dove | è domiciliato il venditore 542,19; preceduto da preposizione in al logo dà dove | ne sono venute 592,12; dalla porta, che | da dove si pranza và in camera 733,33.

222 Circa il dove sovraesteso e indeclinato cfr. ALISOVA 1965: 327; BERRUTO 1987: 124-125 n20 (che nota nella varietà media contemporanea un allargamento della forma a vari livelli, come per es. nel parlato radiofonico); D’ACHILLE 1994: 72. [Esempi di sovraestensione di dove sono rintracciabili nelle lettere di un’altra scrivente romana coeva, Suor Maria Leonarda Bussani, per cui cfr. BIASCI 2004: 149-150].

223 E anche locativo-temporale in vi è un opera magnifica, dove canta Ru=|bini 850,51.

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Nel passo si intuisce una implicazione logico-semantico limitativo-restrittiva con sfumatura temporale (probabilmente ‘fintantoché’ la raggione | lo assista o ‘per quanto’); la scrivente cede alla tentazione di semplificare strutturalmente la connessione mediante una relativa-locativa che ne garantisce da un punto di vista semantico il valore restrittivo sacrificandone tuttavia la dimensione temporale a vantaggio di quella spaziale (ad es. ‘laddove’).

Nel caso Ho imenzi saluti per | tè di casa Devittone, dove passai la | serata Giovedì; e di Gnoli, e sua moglie, | e Lalmi moglie, è Marito dove passai | la serata jeri sera, mezza dalli uni, e | mezza dalli altri 628,29 e 31 la seconda occorrenza sottintende ‘casa’. In Sì dice di più, che pochi | giorni prima di partire avesse una Lettera da Spa=|gna, dove oltre questa Figlia sì dicesse essersi sco=|perto anche un Figlio 691,68, infine, non è chiaro se il referente della locativo-relativa si riferisca, come è più probabile, alla lettera (che costituirebbe il topic) o piuttosto alla Spagna.

II.5.5. I costrutti ipotetici e condizionali-restrittivi224 L’impressione che si ricava da una prima osservazione sulla maniera di

rendere l’idea della eventualità è quella di un utilizzo più sorvegliato delle strutture standard quasi esclusivamente nelle lettere rivolte al marito. Nella comunicazione con il figlio Maria preferisce costruzioni semplificate, in cui l’espressione dell’ipotesi viene affidata ai modi dell’indicativo presente o futuro, raramente al condizionale e al congiuntivo, con i quali invece si cimenta spesso nelle missive a Peppe. Ciò sembrerebbe contraddire il maggiore controllo formale e sintattico appurato nelle lettere a Ciro (cfr. § I.5.). In realtà il motivo di tale semplificazione in queste ultime potrebbe essere di ordine semantico: si osserverà, infatti, che le eventualità prospettate

224 Un panorama bibliografico sull’espressione di questo nesso logico-semantico, sia nella

nostra che in altre lingue, è offerto in FERRARI 1996: 197-207. In questa sede, tuttavia, andranno almeno ricordati i contributi di MAZZOLENI 1991a; 1991b; 1992a; 1994 che propone (soprattutto nei primi due) una revisione del tradizionale paradigma dei costrutti condizionali, ritenendo che una certa concordanza di modi e tempi verbali non costituisca una garanzia per dedurre la controfattualità, la quale, invece, scaturisce da una serie di inferenze che si eseguono dal confronto tra il contenuto proposizionale espresso dal costrutto e il contesto extralinguistico (ma già SERIANNI 1988: § XIV.150 dimostra come la partizione tradizionale del periodo ipotetico sia insoddisfacente in quanto contamina criteri tipologici diversi, ossia quello formale per il modo del verbo e quello logico, cioè il carattere reale, possibile o irreale dell’ipotesi). All’ampia trattazione del periodo ipotetico controfattuale (o dell’irrealtà) è dedicato D’ACHILLE 1990: 295-311. Per l’influenza del sostrato dialettale in tale costruzione cfr. ROHLFS: §§ 744-755, mentre della sua realizzazione substandard discutono CORTELAZZO 1972: 103-105 e BERRUTO 1983: 59-60. [Riscontri della resa del periodo ipotetico in epistolari ottocenteschi sono reperibili in MARZULLO 2002: 105; ANTONELLI 2003: 194-195; BIASCI 2004: 148].

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al figlio rientrano quasi tutte nell’ambito della possibilità225, sono tutte cioè potenzialmente e facilmente realizzabili (se non proprio apparenti o fittizie226), mentre i problemi sottoposti al marito presentano implicazioni più complesse con la realtà, se non addirittura abnormi (ad es. l’ipotesi di costruire le racchette per Ciro con la propria pelle: se altra Pelle non si tro=|vasse per contentarlo gle le farei con | la Pelle mia 850,74-76)227.

Passando agli esempi, per il costrutto controfattuale, corrispondente nella tripartizione tradizionale al casus irrealis, si registra innanzitutto il tipo misto, con il condizionale nell’apodosi e l’indicativo imperfetto nella protasi228, in al certo sa=|rebero toccate à tè, se erj quì 850,56-57. Coerente al sistema standard invece la selezione verbale nei seguenti casi: se stasse à Lui non vorrebbe mai niente da | mangiare229 733,54; assai sensibile | mi sarebe stato se avessi veduto che tù | in quel giorno ti fossi dimenticato B1195,6-7; se ti avessi data pa=|rola te l’avrei già mantenuta B1320,12-13.

Congiuntivo nella protasi anche nel caso di periodo ipotetico incompleto (ovvero con apodosi sottintesa): parlando di affittuari disonesti Maria puntualizza poco cè nè intendia=|mo, è che stiamo lontani, poiché se stessimo | lì lg gli occhi poi li hanno tutti 934,90-91.

Tra i tipi della possibilità si segnala il frequente impiego del futuro in entrambe le proposizioni: se dovrà in seguito farsi si avrà | logo a pensarci 630,15-16; se [...] attenderai à volere riescire perfetto in tutto [...] non potrai, che essere felice B823,10-11; sempre più tè nè darò, se | tù seguiterai àcomportarti come si deve B1071,15-16; se i miei af-|fari lo permeteranno, io verrò B1320,17-18; se mi si darà un piccolo largo io vo=|lerò ad abbracciarti B1179,20-21.

225 Non nel significato che le grammatiche tradizionalmente attribuiscono a un certo tipo di

periodo ipotetico, ispirandosi alla nota tripartizione latina, bensì in senso semplicemente semantico, ossia di presentare tutte “possibili verità”. Secondo MAZZOLENI 1991b: 756-757, infatti, il sistema linguistico si serve proprio dell’opposizione tra la concordanza all’indicativo e quella al congiuntivo-condizionale per distinguere diversi gradi di probabilità dei contenuti: l’uso dell’indicativo segnala una “possibile verità”, mentre il congiuntivo-condizionale indica una “possibile falsità” (cfr. in merito anche MAZZOLENI 1992b).

226 Sui costrutti ipotetici con valore apparente o fraseologico cfr. SERIANNI 1988: §§ XIV.160 e 161.

227 In questa ottica si chiariscono anche gli sporadici esempi in cui, pur rivolgendosi al marito, Maria impiega scelte verbali per così dire più semplici.

228 L’uso dell’imperfetto indicativo nella protasi delle ipotetiche dell’irrealtà rappresenta, come noto, un meccanismo di semplificazione (cfr. BERRUTO 1983: 59-60), non esclusivo dell’area mediano-meridionale, né di recente diffusione, dotato anzi di saldi esempi letterari (cfr., tra gli altri, SABATINI 1985: 166-167 e D’ACHILLE 1990), riconducibile al processo di allargamento di valori semantici che tale modo subisce e alle implicazioni modali che esso assume (cfr. almeno SERIANNI 1988: § XI.374; BERTINETTO 1986: 368-380; BAZZANELLA 1987 e 1990).

229 Per stasse cfr. § I.4.

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Regolare l’uso del congiuntivo e del condizionale invece in se dovessi nominarli non finirei più 863,41-42; se Peppino vi andasse come ci ripromette [...] ci lev[a]ressimo tutti lì | scrupoli 949,24-27. Anche il passo se potesti farmi riave=|re il picciolo canestro, che invio ti sarei tenu=|ta 1031,43-45 presenta una selezione dei modi conforme allo standard in cui la forma verbale nella protasi è dovuta piuttosto alla confusione morfologica già notata in § II.4.5. che a una effettivo scambio di modo.

L’uso dell’indicativo presente si registra nei casi in cui il periodo ipotetico è fittizio 230 , designa cioè una formula, un modo di dire, una sentenza e non una reale ipotesi: se tù sei dispiaciuto per non | essere presso di mè, imagina se lo sono io B738,5-6; se nel mondo puo=|le eservi felicità, questa non consiste, che con il formarsi buono, e docile carattere B823,12; và à star bene se ti bastarda l’animo (riferito alle condizioni atmosferiche) 630,29; il modo di dire cristallizzato se Messena piange, Sparta non ride 678,29 (per cui cfr. glossario) e, con congiuntivo presente nella apodosi (perché dipendente da sovraordinata con un verbo indicante un’aspettativa), mi fà assolutamente sperare, che sé | non è guarito, sia almeno in gran parte | diminuito 630,5-7231.

Stabile l’impiego del congiuntivo e del condizionale anche con introduttori diversi dal più comune se232, come in nel caso doves-|si prendere qualche cosa sarebbe meglio | la Salsa 583,29-31; nel caso voglino farla converebbe avere una | esatta misura 590,19-20 e con protasi posposta converebbe | che tù vedesti di farne ricerca, nel caso Esso | non avesse il tempo di venire da tè 1031,40-42, anche nella restrittiva ò presto, ò tardi uno sì arrende alla rag=|gione, purché le venga ben insinuata233 897,28-29.

230 Si tratta dei cosiddetti costrutti bi-negativi e bi-affermativi (cfr. almeno MAZZOLENI

1991b: 766-770), ossia strutture che, pur introdotte dall’operatore di subordinazione se, non esprimono una ipotesi, tanto meno una condizione, bensì presentano un contenuto «sicuramente vero» (o «sicuramente falso»). In questo tipo di nessi logico-semantici, in altre parole, non sussiste un reale rapporto di “condizione-conseguenza”, che invece sottostà al periodo ipotetico, ma soltanto un collegamento che talvolta può assumere sfumature profondamente differenti da quella condizionale, come, ad esempio, quelle causali o concessive.

231 Potrebbero rientrare in questa casistica, per estensione, anche il tipo semplificato se vedi Micheletti ed il buon | Biscontini salutali tanto B738,27-28. Il costrutto condizionale imperativo se tù voi con tutta libertà scrivimi B1320,45 presenta invece, a differenza dei precedenti esempi, una effettiva relazione condizione-conseguenza.

232 Fatta eccezione per quelli segnalati non sembrano ricorrere in Maria altri operatori di subordinazione condizionale, più “prototipici” e ritenuti «lessicalmente più ricchi» (portatori cioè di un significato meno astratto, presentano connotazioni stilistiche più marcate e in genere di livello più elevato, cfr. MAZZOLENI 1991b: 772). [Sui connettivi specializzati per tale relazione cfr. lo studio comparativo condotto in VISCONTI 2000].

233 Sul connettivo purché cfr. BRAMBILLA AGENO 1981.

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Concludo analizzando il complesso periodo che segue, nel quale un apparente costrutto bi-affermativo è sovraordinato a una reggente:

se amarezza mi | avrebbe recato il sentire delle nuove medio=|cri, imagina quale sarebbe il mio dolore | se doppo così belle lusinghe vedessi che si | rafredasse; mò ciò non posso pensarlo 811,7.

Nella premessa iniziale Maria, applicando un sistema simmetrico 234 , sembrerebbe a tutta prima incorrere nello scambio più frequentemente attestato in produzioni semicolte, l’uso cioè del condizionale anche nella protasi in luogo del congiuntivo. Tuttavia, cogliendo il reale nesso logico dell’espressione, la proposizione se amarezza mi | avrebbe recato il sentire delle nuove medio=|cri dovrà andare intesa nel senso ‘già mi avrebbe recato amarezza ricevere notizie non eccellenti’, e di conseguenza ‘immagina quale sarebbe il mio dolore qualora venissi a sapere del raffreddore’: e così l’impiego del condizionale avrebbe appare comprensibile, specialmente considerando il se iniziale non come un reale operatore di subordinazione condizionale, ma piuttosto come l’introduttore di una sorta di brachilogia (‘se è vero, com’è vero, che anche solo ricevere notizie non eccezionali mi avrebbe recato amarezza, puoi immaginare etc.’).

II.5.6. Il discorso riportato235 In più passi Mariuccia mostra di essere in grado di riferire il messaggio

altrui in modo corretto e coeso 236 . Sono tuttavia necessarie alcune considerazioni. Osserviamo ad esempio l’andamento della lettera 830,9-20:

L’altro gior=|no venne angelici lo speziale di Porta | Settignana à dimandarmi se era vero, | che era stato in Roma il duca Cesi per | effettuare la compra de nos.i beni di Cesi, | ed io le risposi, che non solo non era ve=|ro questo, mà che nemeno sapevo, che fos=|se stato in Roma. ciò lo credo un pretes=|to, perché doppo alla lontana mi cominciò | a dire di, che sentimento

234 Ovvero condizionale nella protasi e nell’apodosi, o viceversa congiuntivo in ambedue. 235 Circa la tradizionale tripartizione di discorso diretto, indiretto e indiretto libero cfr.

almeno SERIANNI 1988: §§ XIV.264-267. Sull’argomento cfr. MORTARA GARAVELLI 1985 e 1995 e la bibliografia ivi indicata. [A una disamina strutturale e funzionale delle strategie linguistiche utilizzate per trasmettere le parole e il discorso altrui (o quelle proprie nell’autocitazione) in prospettiva testuale e pragmatica è dedicato CALARESU 2004].

236 Eccone alcune esemplificazioni: dice che crede che non ne possa venire danno | perché l’originale stà presso di tè, e ne vorreb=|be altra copia, mà io gli ò risposto, che | senza di tè non voglio fare niente, e | che al tuo passaggio da Terni sè nè par-|lerà parlerà 465,28-33; e ancora dice, che non gli à lasciato nemeno un | sospiro 601,21-22; recitò il figlio | per la Madonna adolo=|rata, che dicono, che | fosse bello 630,31-33; Esso dice che tutto | si puol fare 539,6-7; Tu dici che il Matrimonio | Teodoli si fà sotto brutti auspici 620,29-30; e persino con una completiva-relativa non à avuto un momento di tempo | per venire à visitare il loco preciso, di cui | dice non avere memoria 626,9-11.

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ero, perché que=|la persona gli aveva riscritto, d’indagare | di nuovo come sì pensava.

Indice del grado di coesione del passo risulta il corretto impiego delle marche verbali (indicatori di persona e tempi) in relazione ai deittici che connotano l’azione e la posizione dei partecipanti alla comunicazione nel tempo e nello spazio. Nel riportare le proprie parole (ed io le risposi che [...] in Roma) Mariuccia rispetta la prospettiva temporale impiegando i tempi storici (era; sapevo; fosse stato); nella resa delle parole di angelici lo speziale si apprezza la coesione soprattutto nel secondo periodo, grazie all’utilizzo del deittico pronominale gli che consente alla scrivente di confermare ancora una volta il proprio punto di vista di soggetto enunciante.

Ma il racconto prosegue:

io le dissi fer=|mo, che non ca[m]biavo di sentimento, e | che nemeno un baj.o meno di quello, che | tù gli avevi ristretto, che già per ora non | poteva parlarsene, perché tù non eri quì, | ed allora egli mi rispose tanto meglio, se | il Sig.r Belli è da quelle parti potrebbe | abbocarsi con la persona; ed io le dissi, che | per ora eri in Perugia, ed Esso mi disse, | io tornerò verso settembre per sapere | in quale epoca il sig.r Belli sarà in | Terni acciò la persona vi sì presenti, e vedi=|no se in voce possano combinarsi; Io però | vedo il caso dificile, perché per varie | raggioni vorrei vendere à pronti contanti; | basta il tempo ci darà consiglio 830,20-35.

In questo secondo brano si assiste a una sfasatura prospettica che costringe la scrivente ad adottare una dualità di sistemi per rendere contemporaneamente le proprie parole e quelle dell’interlocutore su due piani spaziali e temporali differenti. Mentre infatti per descrivere il proprio discorso Maria si mantiene sul piano dello stile indiretto, impiegando correttamente le marche verbali e temporali, per trasmettere al marito le affermazioni di angelici lo speziale passa (per così dire) a quest’ultimo la parola, lasciando che si esprima in prima persona (tanto meglio, se | il Sig.r Belli è da quelle parti potrebbe | abbocarsi con la persona e addirittura io tornerò verso settembre per sapere | in quale epoca il sig.r Belli sarà in | Terni). Man mano che il racconto incalza il coinvolgimento emotivo aumenta e tradisce la volontà di Maria di ripetere al marito le esatte parole dell’interlocutore (l’unico impercettibile indizio della difficoltà di gestire il discorso misto potrebbe essere rappresentato dall’indicatore spaziale quì che coincidendo però in entrambe le dimensioni temporali con lo stesso luogo non è sufficientemente probante).

L’impressione che se ne ricava dunque è quella di una discreta capacità nel gestire il mezzo linguistico in rapporto al discorso riportato, supportata talvolta da una scelta intenzionale, quasi espressionistica. Una conferma di ciò si ricava da altre esemplificazioni in cui la sfasatura prospettica che porta al repentino passaggio da una narrazione indiretta a uno stile diretto sembra

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rivestire proprio tale ruolo enfatico: ad esempio nel riportare intatto un quesito ritenuto insulso in Biscontini jeri in tavola disse secondo mè | una eresia, dicendo mà, che il Sig.r Belli | non potrebbe dare una corsa à Fermo? 598,22; oppure quando a proposito della mancata restituzione di un libro Maria ironizza Esso mi rispose, che lo | aveva prestato ad un Frate; ma che se lo faceva rida=|re, e me lo avrebbe portato, io sogiunzi, a suo comodo, | a suo comodo, onde mi sembra non vi sia di che piccar=|si 832,19-20; evidente la finalità espressiva anche a proposito di una lettera di Belli contenente l’elenco di alcuni documenti sottoposta al vaglio di Biscontini che mi rispose per ben due volte, non basta, non | basta, e mi riconsegnò la Lettera, con sotto scritte queste due paroline 807,22-23; polemico il tono riguardo al restauro delle fabbriche in doppo passati delli anni tutti possano dire stava così, e non stava così 949,34; emotivamente connotata, infine, la resa diretta delle proprie parole nel brano in cui rimprovera Ciro per l’incuria con cui le scrive, tale da non permetterle di vantarsi con altri della perizia scrittoria del ragazzo: non ardisco mostrargli la Lettera, e dirgli vedete | come scrive bene perché le tue Lettere, sebbene mi | scrivi di rado, non hanno mai faccia da comparire B1071,23-24.

Fatta eccezione per questo ultimo caso, in cui il discorso riportato appare sottolineato, non si può non osservare nella scrittura di Maria l’assenza di qualsiasi segnale grafico non solo per introdurre i turni dialogici, ma persino per indicare semplicemente titolazioni quali ad esempio in Teatro Valle. Torquato Tasso, Musi=|ca del Maestro Donizetti 900,3 (per lo stile telegrafico cfr. § II.5.7.).

II.5.7. Lo stile nominale Dettate dall’esigenza di immediatezza, dal grado di informalità, ma

soprattutto dalla possibilità degli interlocutori di riferirsi a un medesimo con-testo, spesso si riscontrano inserti nominali ed espressioni telegrafiche (tipici di un certo stile epistolare e pertanto riconducibili in alcuni casi alla formularità del genere) nelle quali il verbo viene omesso237.

Il fenomeno si riscontra in frasi semplici: tutto per tua norma 539,14; Angeli=|ca sempre meglio 807,53-54; Angelica sem=|pre peggio 863,23-24; Angelica sempre | di male in peggio 934,108-109; Piombino bene 620,37; Di Costanzi ancora nulla di nuovo 887,12; Di Costanzo niente di nuovo 857,18; Cirone benone 621,20; Mazzarosa meglio, Angelica sempre | peggio 878,27-28; nella paratassi: così meno voglie ed | in conseguenza meno capricci 897,41-42; Cirone benone, e vivacio=|ne 621,20; e nella seconda tra due

237 [Per riscontri del tratto in epistolari coevi cfr. MARZULLO 2002: 109-110; ANTONELLI

2003: 190-194, cui si rinvia per una classificazione delle funzioni degli inserti nominali].

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coordinate: mà ora è in piedi, | ed assai meglio 620,16-17; Questa sera vanno sù tutti i | Teatri [...] e poi | le solite burattinate 621,9-11; godo che stai bene ed anche qui tem-|porale 539,4-5; nella reggente seguita da subordinata: benissimo quanto | mi dici intorno alla tua mossa 620,23-24; Due righe in somma fretta perché parte la | Posta 539,3-4; Niente di nuovo, che possa in=|teressarti, meno, che i soliti saluti delli comuni | amici 882,10-12; il di più su di ciò in voce, perché troppo lungo sarebbe il dettaglio 850,37; Niente di nuovo, che possa in=|teressarti, meno, che i soliti saluti delli comuni | amici 882,10; nelle subordinate: mi fù imposibile di scriverti, perché imbrogliatissima per ultimare le spese, e l’invio delle robbe Fantaguzzi 873,4-5; se dovessi nominarli non finirei più, onde in globbo 863,42 in cui la coerenza del messaggio è garantita dall’uso di Maria di nominare, al momento dei saluti ‘gli amici tutti’ in globbo 678,50; 824,32; 840,30 e passim.

Talvolta lo stile nominale sembra risponde a esigenze di espressività. Particolarmente significativa in questo senso è la lettera-cronaca (900,3-7) che la moglie scrive a Belli per raccontare con entusiasmo la prima teatrale del Torquato Tasso, già riportata in § I.3.

II.5.8. Il riflesso dell’oralità Alcune strategie ricorrenti nelle lettere sembrano avere la funzione di

annullare la dimensione scritta del testo riproducendo i moduli della comunicazione orale. L’adesione alla sfera del parlato si realizza mediante l’impiego di esclamazioni, interiezioni e formule augurali, confezionate per lo più con elementi cristallizzati, interrogative retoriche e speculari, connettivi fraseologici, riempitivi e segnali discorsivi238.

Tra le interiezioni costruite mediante la reiterazione di elementi fissi si nota innanzitutto la resa della commiserazione espressa mediante la formula enfatica ⎡povero + nome persona/pronome⎤: Povera Angelica à assai pegio=|rato 844,27; dio sà come fenisce il povero Galluzzi 628,34; se vedessi il Povero ossoli 589,26, anche in riferimento a se stessa povera_me 949,5; Poveretta mè 583,20.

Altro elemento cristallizzato ricorrente è il modulo ⎡per carità⎤ con cui la scrivente rafforza le raccomandazioni: tì averto per carità che questa | mi necesita che sia quì di ritorno per il | giorno dodici 830,6; vedi per carità di non lasciare impre=|fetto questo affare 920,29; anche in posizione

238 [Si tratta in gran parte di quei fenomeni che ANTONELLI 2003: 62-84 e 2004: 48-49 ha

raggruppato tra gli elementi di dialogicità ed espressività e che costituiscono l’armamentario linguistico mediante il quale il mittente, riproducendo la tensione dialogica e potenziando l’espressività, cerca di diminuire la distanza con il destinatario, evocandone la presenza].

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conclusiva Come | diavolo il tuo raffredore è così ostina-|to levatolo dà torno per carità 628,21; abiti | cura per carità 840,34-35.

Frequente anche l’impiego di espressioni colloquiali come non pensa, che | divertirsi in continue gite, beato Lui 907,50; tornerà doppo Natale, e viva Lui 907,63; questa somma nel corrente mese non nè lavevo calcolata, mà poco | male ora è fatta 863,9-10; Fà pure ciò, che credi necesario per tè, | e per Esso; con Biscontini siamo già intesi, onde | mosca sopra di ciò 822,15, e di elementi desemantizzati come diamine e diavolo239: che | diamine di guadro mi fai 583,3-4; Che diavolo di Fani las=|ciarsi la valige à mè non mè và una bene 855,7-9; Come | diavolo il tuo raffredore è così ostina-|to levatolo dà torno per carità 628,21; Come Diavolo il tempo | fù Giovedì così perverso 807,40.

Ampia la casistica di formule interiettive e ottative: fin che Idio vorrà 934,54; dio cè nè liberi | à tutti 873,30-31; Dio cè né guardi 583,24; dio guardi in una ricaduta 691,92; à Dio piacendo 587,30; dio voglia, che la cosa sia così leggera 900,41; dio sà come fenisce 628,34; dio sà, che giornata pas=|sai 733,13; Dio sa | se io bramerei B966,18; alcun sinistro evento, | che, dio tenga sempre lontano 685,6; dio mè | lo conservi 742,51-52 e dio lo possa | Benedire mille volte 878,7-8 (gli ultimi due esempi sono riferiti a Ciro).

Meno numerose le interrogative (nella maggior parte dei casi prive del segno interpuntivo corrispondente), tra le quali Sai chi stà assai male | e dio sà come fenisce il Povero Galluzzi 628,33-34; indovina | un poco! La facciata del | nos.o Oratorio quì in contro fù illuminata 628,57-58; Tu dici che il Matrimonio | Teodoli si fà sotto brutti auspici perché? anzi sapi, che | mai tanti sè nè sono fatti è conclusi come in questo | momento 620,29-32; Va al Teatro, questo tì piace, | dunque perché non nè profitti 863,36-37, talvolta anche in associazione ad espressioni di auspici come Cicio mio bello come lo lasciasti spero pres=|to di avere sue Lettere 920,36.

Alla sfera dell’oralità sono riconducibili anche alcune espressioni olofrastiche disgiuntive oppositive come Ciro mio, Coco mio me lo abbracci spesso sì, ò nò da mia Parte 830,42; se voi | risponderle ò nò 844,27; non sò dirti se capì, ò nò 811,27; non so se vi vole | tuo consenso, ò nò per fare questa quietan=|za 847,38; io poi che sò sé il Villano si lascia ve-|dere ò nò? 943,17-18, fino alla profrase negativa 240 di tono ironico Signor nò 934,68.

239 Il tipo diavolo risulta ampiamente attestato come riempitivo enfatico, espressivo e

familiare (cfr. LSPM 535). 240 Cfr. BERNINI 1995: 179, cui si rinvia anche per uno studio sulle profrasi.

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Tra i segnali conclusivi si registra il frequente impiego del modulo ⎡vedi che⎤: vedi che | bella vita 739,11-12; vedi che bel negozio 691,87; vedi che faccenda 850,11; vedi che flem=|ma che vi vole 742,23-24, anche introdotto dall’interiezione ò vedi, che | buscherata 907,34-35.

Discretamente cospicuo l’impiego del futuro ⎡vedremo⎤ (o, in un passo, della perifrasi analitica ⎡staremo a vedere⎤: è gius=|to che si tratti e si trotti, staremo à vedere 847,34) che conclude le argomentazioni denotando una condizione di attesa fisica e psicologica241: Cardinali à ottenuti due | mesi di dilazione al pagamento, e poi vedremo 465,39; Lunedì prossimo spera di prendere la sentenza, vedremo 873,40-41; nel prossimo Decembre, ed anche questo vedremo 907,42; si aspetta qualche cavil=|lo, vedremo 907,39; Mazzucchelli vi spera poco, | vedremo 907,18; L’affare Bettinelli pare conciliato sebene ancora non del tutto ultimato vedremo 878,42; certo che è un gran bel Matri=|monio, ed il tutto sì fà senza risparmio, Esso sem=|bra dal tutto insieme, che adori Elisa, poi vedremo 920,18; sì | dice apertamente, che noi muteremo Padrone | di casa, e che Piombino sia obbligato di vend-|erla, vedremo 628,27; Biscontini distribuisce la scrittura fatta | avanti il primo turno, vedremo 887,14; poi vedremo 920,18, persino in accumulo con un altro segnale conclusivo Valle và sù con | grande aspettazione, basta vedremo 621,11-12.

Anche basta, infatti, appare impiegato con stessa funzione che ha nel parlato, ossia come segnale di sospensione o conclusione del discorso242: Il vento qui | continua tuttora. basta si stancherà. Veniamo a Ricci 673,12; basta tiriamo avanti 590,63; basta fà tù 742,48; 857,68; basta fà tù, fà tù 949,36; basta il tempo ci darà consiglio 830,35; basta sentiremo 1030,11; la sua Lettera […] non merita dà mè risposta né guasi, guasi, che | se ne faccia mensione, basta fino, che il Sig.e | mi conserva tè, nulla mi cale del resto 1304,11; Ebbi Lettera di cicio | ciumaco, Lettera veramente dà Ottobre perché | assai tirata via, ma basta intanto à | scritto, e questo è tutto 923,6; il veder=|mi imobilitata à qualunque delli miei ese=|rcizi graditi mi dà una decisa malinconia | basta sopra ciò 1312,12; Questa sera vanno sù tutti i |

241 Con tale valore il tipo vedremo ricorre in diversi passi di ambedue le edizioni del

romanzo manzoniano (spesso anche nella reduplicazione vedremo, vedremo, LIZ). 242 Uso che accomuna Maria ad altre scriventi femminili (cfr. ad esempio BIANCONI 1987:

95). DURANTE 1981: 201 parla di «collegamento zero» all’espressione «tipica del parlato» e ritiene basta come di una innovazione del discorso moderno già risalente al Seicento. Su basta come brusca interruzione di discorso cfr. anche SPITZER 1976: 51. [Sul cauto affermarsi di basta a scapito di formule più sostenute nella librettistica, soprattutto verdiana, cfr. SERIANNI 2002b: 132-133. L’uso della forma come elemento generico conclusivo doveva essere diffuso nella scrittura epistolare, soprattutto femminile, a giudicare dai ritrovamenti in altri carteggi coevi, come ad esempio quelli rinvenuti in ANTONELLI 2003: 193 e quello segnalato da BIASCI 2004: 150 nelle lettere di Suor Maria Leonarda Bussani alla famiglia Merolli].

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Teatri, grandi, è piccoli, cioè Valle e poi | le solite burattinate; Valle và sù con | grande aspettazione, basta vedremo 621,12; si trattò un accomodamento, basta vedremo 857,17; non vorrei affatto, che tì | esponesti ad avere forze una qualche inqui=|etudine; ciò non ostante per obbedirlo te lò | accennato, è [‘e’] basta 598,32.

Tra i riempitivi pragmatici243 si registra l’uso di ecco, talvolta incipitario, come in Ecco 244 | belli 68: scudi 934,76; in altri casi come segnale conclusivo allora sia condanatto, anche alle funzioni, ed ecote | fatto 889,19-20 (persino sottolineato da Maria245).

Esemplare infine appare il brano seguente (a proposito delle condizioni metereologiche) non erano due ore di notte, che di=|luviava dirottamente, il che à continua=|to tutta la notte ed oggi minaccia assai, | onde felicisima notte à lorsignori 992,18, in cui la locuzione finale, mutuata dal linguaggio parlato, assume consapevolmente la dimensione comica di una vera e propria battuta teatrale246. II.6. Lessico e fraseologia

II.6.1. La stratificazione lessicale delle lettere tra pluralità di registri e condizionamenti di genere

Il versante lessicale, generalmente più permeabile agli influssi di codici diversi, sembra confermare, maggiormente rispetto agli altri livelli di analisi, la pluralità di registri osservata in apertura247. Si riscontrano nelle lettere arcaismi, tecnicismi, neologismi, regionalismi, espressioni formulari e

243 Sui cosiddetti segnali discorsivi e sulla loro polifunzionalità nell’italiano parlato e contemporaneo cfr. almeno MANILI 1986 e 1990; MARA 1986; STATI 1986;i lavori di BAZZANELLA 1985 e 1995 e la bibliografia ivi indicata.

244 Circa la polifunzionalità di ecco nel parlato cfr. BAZZANELLA 1995: 251-253 (ma per il suo impiego nell’italiano contemporaneo cfr. SPITI 1983). Circa l’uso di tale particella nel linguaggio femminile cfr. BAZZANELLA-FORNARA 1995: 75 (per la presenza in generale di segnali discorsivi impiegati come modulatori e riformulatori, spesso con valore attenuativo, nel linguaggio delle donne cfr. anche ATTILI-BENIGNI 1979: 275; BERRETTA 1983: 229). [Sulla questione dei segnali discorsivi nel linguaggio femminile cfr. ora BAZZANELLA-FORNARA-MANERA 2006].

245 Per la sottolineatura cfr. § II.2. 246 Più raramente la scrivente realizza il potenziamento espressivo mediante il ricorso a

espedienti retorici, come la figura etimologica ad esempio in Tù bestemi, io Bestemio, | e_tutti e due bestemiamo 742,24-25 e la più frequente iperbole, soprattutto nelle numerosissime formule di saluto del tipo Tutti ti dicano | mille e mille cose 465,37-38; tutti | ti dicano mille cose 590,63-64; 601,17-18 e passim.

247 [Alle forme riscontrate nelle lettere di Maria offre un utilissimo riscontro la disamina di ANTONELLI 2001a sul lessico composito di epistolari colti primo-ottocentenschi].

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“epistolarismi”248 (molti dei quali nel mirino dei puristi249). Tra questi ultimi se ne rinvengono, come prevedibile, molti, sia per la designazione del servizio postale come corriere 949,39; corso 725,16 e passim; ordinario 873,38; 900,39 e passim (e ordinari 685,3 e passim), sia per quel che riguarda l’allestimento e la spedizione della corrispondenza: accludo 844,39 e passim; affrancato 934,112; annesso 725,28 e passim; caratteri ‘lettere’ 465,2; 685,3; B823,5 e passim (ma anche carateraccio ‘calligrafia’ 934,37; due righe ‘breve lettera’ 677,3; 882,6; 992,3 e passim, anche nel già commentato du righe 546,3); compiego 900,31 e compiegata 814,28; direzione 934,112; la presen=|te 920,3; impostare 830,49 e passim; indrizzo 920,3; piego 551,11 e passim; sia, soprattutto, per le formule deittiche temporali: corrente agg. 601,24 e passim e s.m. 911,3 e passim; entrante agg. 822,15 e s.m. ‘mese prossimo’; scaduto s.m. ‘mese passato’ 589,5; scorso agg. ‘passato’ 601,23 e passim; venturo agg. ‘successivo’ 907,26 e passim; i costrutti il giorno 536,16 e passim, il dì 887,11 e in data 592,4 e passim seguiti dal numerale.

Per quanto riguarda la componente aulica, alla quale si è già più volte accennato, si notano i locativi indi 592,6 e colà 733,5; 920,3; la congiunzione acciò 592,15 e i comitativi già osservati meco 1031,48; 1040,27 e teco 920,16; numerosi sostantivi come auspici 620,28; 620,30; cagione 546-47; contezza ‘conoscenza’ 742,10; panigirico 630,31; raguaglio 882,10; solenita 539,13; turba magna 626,31; le forme verbali bramo 934,40; B1320,16 e bramerei 929,35; B966,14; fia 900,36; suole 620,10; 887,7; non occorre 630,12; à operato ‘ha fatto’ 887,6, il part. pass. cognito ‘conosciuto’ 850,24, la locuzione le fe=|ci la tua ambasciata 620,21-22, il già citato ne deposi il Pensiere 941,62.

Gli argomenti trattati nelle lettere costituiscono indubbiamente un condizionamento delle scelte lessicali (e in tal senso sembrano essere talvolta maggiormente legati al gender).

Per tale motivo non sorprende, considerate le attività della donna, la quantità di vocaboli e locuzioni burocratiche appartenenti soprattutto alla sfera giuridico-economica: affitto 725,20 e passim; aspettazione 857,25;

248 [Definiti in ANTONELLI 2001b: 49 (cui si rinvia per i singoli riscontri delle forme

rinvenute) come «vocaboli e locuzioni che rientrano in un particolare tipo di tecnicismi, non solo per il loro referente specifico, ma anche perché circolano quasi esclusivamente nell’ambito della scrittura epistolare»].

249 [ANTONELLI 2001b: 50-51 osserva come all’inizio dell’Ottocento si accelera il processo di «tecnificazione del lessico epistolare» che conduce, in molti casi, a percepire alcuni termini come specificatamente burocratici (e dunque a elencarli nei lessici puristici, bandendoli dagli usi privati) o relegandoli appunto, specialmente nella seconda metà del secolo, nella sfera della corrispondenza ufficiale].

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devolutivo 857,19 e passim; incasso 1031,20; ipoteca 807,6 e passim; Estratto | Ipotecario 807,24-25; pendenza 739,8; 844,45 e passim; pigione 934,53 e passim; processo 620,3; procura 1028,13 e passim; rata 601,31; ribasso 929,15; ricevuta 601,28; rinovazione 941,47; 941,53; scadenza 592,17; subasta 929,64; Tassa di successio=|ne 807,64-65; usu=|frutto 691,64; forme verbali e locuzioni come incomben=|zato 844,57-58 e incombensato 857,36; entri in trattativa 630,12; Legato delli argenti 601,21; paga i frutti 592,26; rilasciata in carta | semplice 601,28-29 (allato a carta bollata 601,29-30); si stipolò 592,25. Occorrono in particolare alcuni deverbali a suffisso zero, come discarico ‘esecuzione’ 590,4 (e il già commentato cassi ‘cancellature’ B1071,20, per cui cfr. § I.4.), oppure forme composte da due verbi, come lascia passare ‘salvacondotto’ 628,49 e passim, che testimoniano dei processi derivativi censiti dai repertori puristici dell’epoca250.

Nel settore finanziario non mancano, ovviamente, termini inerenti al Denaro 630,9 e passim e al quattrino 929,27 (anche quat=|rino 929,21-22), come bajocco 741,11 e bajochino 900,73, doppia ‘moneta d’oro del valore di due ducati’ 1308,27; B846,30; scudi 539,13 e passim (con i relativi sborsa 673,15, rim-|borzo 678,5 e rimborzare 873,23; rimborsati 536,14 e il dialettale sfragne ‘sborsa’ 943,103).

Analogamente si rinviene un discreto contingente di vocaboli medici, farmacologici o comunque connessi alla sfera della salute, riconducibili proprio alla centralità che tale tema riveste nel carteggio. Si registrano termini che designano organi, come i già visti tonsilla 873,29 e tonzille 691,8; sintomatologie, disturbi e conseguenze di stati patologici come abborto 887,17; ascesso (alli occhi) 620,16; cacarella 590,46 e cacarelle 590,52; cancrena 589,25; convulsioni 685,13; male di capo 814,26; 824,4 (anche al pl. mali di capo 677,16); rosore 589,12; viscido s.m. 589,13; vomito 590,46 (e il generico malattia 589,6; 900,67 e passim e ma=|latia 900,52-53); vere e proprie patologie come colera 590,48; 620,12 e passim; perniciose s.f.pl. ‘malarie’ 590,58; podagra 830,47; pudrida s.f. ‘infezione’ 863,25; vajolo 589,22; 590,58; cure e rimedi come cerotto 1312,31 e ceroto 844,10; cunizia 1304,42; 873,28; estirpazione 691,8; Magnesia 621,23 e Magnesì 592,19; Pusse ‘vaccino’ 589,19 e passim; sanguignia ‘salasso’ 840,7 e sanguigne 873,27; 1407,8; vaccinare 589,17 e vaccinazione 590,5; visciganti ‘revulsivo’ 1304,20 (nonché relative professioni: medico 583,25 e chierurgo 1300,19; 1304,19).

250 Cfr. SERIANNI 1981: 64-67 e 86. Molte delle forme riscontrate nelle lettere, come si è

avuto modo di osservare, risultano bandite dal repertorio del lessicografo romano Tommaso Azzocchi, «cappellano segreto di sua santità» che, peraltro, secondo TEODONIO-VIGHI 1991: 66-67, Belli conosceva certamente, «non fosse altro perché era un illustre Arcade».

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Gli interessi culturali di Mariuccia trovano riscontro in un piccolo gruppo di tecnicismi, per lo più nei resoconti degli spettacoli d’opera, come Basso 900,10; Palco 1312,34 (e Palcho 934,8; 934,10); Palco Senico 989,27; pic(c)ionaia ‘loggione’ 989,34; orchestra 989,26; Tenore 900,10; 900,12 (oltre, ovviamente, a Teatro 630,37 e passim).

Alla sua assidua partecipazione alla vita mondana sono riconducibili voci che designano attività ricreative come campagnata ‘scampagnata’ 632,37; villegiatura 632,26 e vilegiatura 632,23; vignata ‘scampagnata’ 907,5, o ludiche come il gioco delle bocce 632,18, il bigliardo 721,9 (e la relativa stecca 628,45), il gioco della Campana 632,18 e gli attrezzi per giocare come racchette 863,16; 873,15; 882,13; tamburrello 900,83; 907,6 e volante 863,17, 900,85 e passim (anche volantino 721,9); gli intrattenimenti di carte come calabresella 628,37 e il tresettaccio 630,40.

Ricorre infine qualche termine dell’abbigliamento: calosce 850,13; corpetto 847,9; Mutande di lana 847,9; raso turco 873,7; zucchetto 911,15; l’espressione di ultima moda di sciali 929,42.

Ma la condizione esistenziale femminile trapela anche dalla scelta di vocaboli che riguardano la sfera del domestico e del quotidiano, in molti dei quali si coglie il sottofondo locale (le gara=|fine 830,37; la boccia da acqua 1031,31; la chicheretta di Porcellana 1031,29, il cucchiarino da Caffè 1031,30 e lo schifo ‘vassoio’ 1031,28; 1031,33; i saluti dei domestici 811,16; B1001,22; il guardarobiere 832,26; 850,41; l’allesso che già bolle ancora prima delle otto 733,47; il Caffè con l’ovo 733,43 con cui Maria inizia la giornata; lo spicciare delle camere 733,47; i Preciutti 934,91 e passim; le descrizioni meteorologiche che vanno dallo sbruffo di acqua 807,43 ai temporali 840,10 e tropee 590,62) e quella dei sentimenti: lo struggimento per la lontananza del figlio251, la sofferenza fisica e morale (numerosissime le allusioni ai suoi mali di capo 677,16 e ai suoi nervi 587,23 e passim), il tema della rassegnazione252, il cui vessillo sembra risiedere nella reiterazione del vocabolo pazienza253 1028,47.

251 Cfr. i brani riportati in § I.3., in particolare le lettere 730 e 739. 252 Emblematico il seguente passo: Tutto è | in convulsione, mà non voglio pigliarmi più | di

niente, pensa à star bene, e contento, e poi addio, | tanto tutto vole | caminare come gli | pare, e noi non | possiamo ripararci 598,65-71.

253 Sul termine pazienza come espressione di rassegnazione femminile cfr. SPITZER 1976: 76. GDLI registra la forma con tale accezione dal 1547, P. Bembo fino a T. Tasso, con assenza di attestazioni fino al 1827, U. Foscolo. Tale documentazione può essere integrata con altri rinvenimenti in scriventi grosso modo coeve (cfr. BIANCONI 1987: 102 nelle missive delle donne della famiglia Oldelli della seconda metà del XVIII secolo) e in una lettera del 1825 di Teresa Neroni, sorella di Giuseppe, anch’essa corrispondente del Belli (cfr. FRESU 2003: 100). Con il significato di ‘esortare (anche rivolgendosi a se stesso) a essere paziente’ in 1840, A. Manzoni, LIZ.

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Anche in Mariuccia, come per altre produzioni di scriventi (soprattutto femminili) scarsamente acculturati, l’adesione ai moduli dell’oralità si realizza attraverso l’inserimento nel tessuto linguistico di numerosi dialettalismi254 (per i quali si rimanda al glossario), di proverbi (ambasciatore non porta pena 620,29; se Messena Piange, Sparta non ride 678,29, alcuni di dominio romanesco come si levano la sete con il Preciutto 943,65), di modi di dire (dagli, dagli manda al ablativo 741,19; mettersi i baffi 941,95; scrivere di bon inchiostro 830,45; sono caduta dalle Nuole 583,3; tira=|re assai bene l’aqua al loro molino 934,87; E [‘è’] venuto | al pettine il nodo del bono del Muratore 542,58), taluni attinti dal repertorio del marito (né asino, né bestia 934,28; a tozzi e bocconi 1304,31), talaltri soggettivamente rinnovati (avevo [...] imaginato, che | piovesse, ma nò che diluviasse à tal segno 691,6); per alcuni di essi le lettere della nostra scrivente rappresentano un’attestazione anticipata, talvolta anche di qualche decennio (ad es. dargli pelo, e contrapelo 822,32; un pugno in un occhio 949,52)255.

Come per molte scritture analoghe, inoltre, si riscontra la tendenza a servirsi di vocaboli estremamente concreti, di perifrasi analitiche, di termini generici dotati di alta polisemia (o il cui significato è spesso affidato alla deissi extratestuale)256 . Ricorre frequente l’impiego di cosa: un processo sopra una cosa che con una sola parola potevi escirtene 620,1; tanto è una cosa, | che fino à Nov.e del 32 non puole nemeno | pensarcisi 621,5-7; non sia cosa tanto facile ad | ottenersi 630,18-19, nel plurale incaglio di cose 546-47 e buone cose 897,38; nelle molteplici formule stereotipate di chiusura257 del tipo Mille cose alli Padroni di casa 592,22; tutti | ti dicano mille cose 601,17-18 e passim. Analogo uso generico di ⎡fare⎤ come in tutto | si puol fare 539,6-7; mi fa sperare 601,46; Procura da farsi 546,8; 546,17; la farò fare 601,31; il far fare la scatola 844,17; l’altra rata la farò fare 601,31; faccia fare 929,51; 929,52 e passim; dei verbi ⎡andare⎤ e ⎡stare⎤ in io vado sempre | meglio 592,17-18; Ciro stà bene e và bene 536,8, spesso impiegati in costruzioni perifrastiche258, come quelle con sfumatura continua

254 Una tendenza già segnalata in altri corpora femminili, come in BIANCONI 1987: 97 che

parla di «una volontà espressiva e trasgressiva» realizzata anche mediante una sintassi prevalentemente informale; oppure in BADINI 1995: 214-215 la quale rintraccia nella lingua delle donne del suo corpus un maggiore uso del dialetto rispetto alle produzioni maschili coeve e una sostanziale disartria sintattico-testuale (che però non sembra differire molto da quella individuata nell’italiano popolare in genere).

255 Per la casistica citata si rimanda al glossario. Per l’uso di modi di dire e proverbi cfr. anche § I.4.

256 Cfr. CORTELAZZO 1972: 144-155; BERRUTO 1983: 64-65; D’ACHILLE 1994: 73. 257 Per le quali cfr. § II.5.1. 258 Per l’impiego delle quali nelle varietà popolari cfr. CORTELAZZO 1972: 145ss

(specialmente per l’uso di stare e farei). Sulle perifrasi verbali in italiano, soprattutto con

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del tipo Piombino va migliorando 601,32 e và à star bene 630,29; và ad efe=|tuarsi 920,12-13, oppure con implicazione durativa tutti | stanno a far magro in casa259 943,14; tra le perifrasi verbali, inoltre, se ne registrano alcune con valore epistemico come il consiglio di Allessandro, deve essere di certo ve=|ridico 949,14-15 e due | altre Lettere à tè dirette, una […] da quanto si rileva deve essere | una delle Fani 989,11-12 e numerose con valore incoativo come ho cominciato à scrivere la | presente 691,39-40; la | testa comincia à ripizicarmi 814,74-75; Sono fina=|lmente cominciata à venire un poco in chia=|ro del affare Canale 857,43-44; ma à cominciato à diluviare, e dilu=|via tutt’ora 907,33-34.

Contenuta la presenza di malapropismi: il già citato laura ad onoreme ‘laurea ad honorem’ 844,32 (§§ II.1.5, II.3.1.2.3 e II.3.3.); miglio per ‘migliaio’ nella frase ricevi un miglio di saluti di tutti 873,53; eminente ‘imminente’ 850,49 (§ II.3.1.2.3.).

Nutrito invece il manipolo di appellativi e allocutivi marcati rivolti a se stessa o ai suoi cari260, in particolare al figlio: Ciccia 465,40; Cic. 620,36 e Cic.a 536,16 e passim con cui si firma; Ciuco 800,10 e passim; cicio 863,5 e passim e ciciotto 857,70; 863,18; ciumaco 850,43; 855,14 e passim (talvolta preceduto da cicio 923,4-5); Ciu=|carello 824,32-33; i già notati Ciruccio B823,1; Cirone 465,2 e passim261.

Tra gli espedienti lessicali enfatizzanti si riscontra un ampio uso degli elativi (affollatissimo 592,24; benissimo 583,12 e passim; brillantissima 598,48; 632,26; funestissimo 589,15; rapidissimi 630,24; sensibilissimo 630,26; tardissimo 601,3 e passim, solo per citarne alcuni), anche come rafforzativi reiterati del tipo sono sempre | nella ferma fermissima opinione 941,85, reduplicazioni lessicali come ti abbraccio stretto stretto 934,124 e l’uso del prefisso stra- in doppia, è strà-doppia consolazione 814,7 (per il quale cfr. glossario s.v. stra-)262.

Discreto anche il numero di voci appartenenti alla sfera lessicale comico-giocosa, attinte a un serbatoio colto, per lo più letterario e teatrale (soprattutto dell’opera buffa sette-ottocentesca)263, ma certamente impiegate

andare e venire e con il gerundio, cfr. almeno SQUARTINI 1990, GIACALONE RAMAT 1995; BERTINETTO 1998 [e 2003].

259 Per una riflessione sui valori di (non) stare a + INFINITO, soprattutto in rapporto a stare + GERUNDIO nella varietà romana, cfr. D’ACHILLE-GIOVANARDI 2001: 46-54.

260 Il cui uso nel linguaggio delle donne era già stato segnalato da CARDONA 1976: 97ss. 261 Con valenza affettiva anche gli onomastici Lenuccia 626,28 e Menicuccio 632,41. 262 [I procedimenti elativi, di varia natura, così come pure l’uso degli alterati di cui si dirà

oltre, rientrano secondo ANTONELLI 2003: 63-65 tra le strategie utilizzate dagli scriventi per aumentare il gradiente di espressività compensando così la lontananza dell’interlocutore].

263 [Cfr. ANTONELLI 1996: 214-227; per la presenza di tali elementi nella lingua dei libretti

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in un genere testuale come la lettera familiare con l’obiettivo di ribadire l’immediatezza e la confidenzialità con il destinatario che del resto venivano raccomandate anche dalla manualistica epistolare dell’epoca264; si tratta di termini che richiamano situazioni relative al raggiro, spesso in riferimento a qualche affare, come corbeleria 934,59, bamboccio 628,10 e Fantoccio 628,10, o come i verbi insac[are] ‘imbrogliare’ 949,28 e ficcarla ‘farla a qualcuno’ 857,15 e sbirbantando ‘spassandosela’ 626,6; oppure, più semplicemente, vocaboli impiegati con sfumatura ironica, come buscherata ‘fregatura’ 907,35 riferito ai capricci del tempo, o affettiva come birbaccione 907,49, riferito a un amico di famiglia e briconcellone 807,60 rivolto al figlio Ciro265.

Si conclude la rassegna sul lessico delle lettere con un passo nel quale Mariuccia lascia intuire attraverso i puntini di sospensione un vocabolo forse sconveniente, ma alla cui espressività la scrivente non vuole rinunciare, probabilmente anche in nome del rapporto confidenziale che intrattiene con il consorte266; a proposito della vendita di terreni ipotecati per i quali risulta difficile trovare un acquirente, Maria lancia un chiaro segnale allusivo al marito scrivendo se | mai tù conos[c]essi il Co... che lo Facesse, stri[n]gi | subito la cosa 814,82.

Riguardo agli stereotipi lessicali notoriamente attribuiti al linguaggio

femminile è possibile avanzare alcune considerazioni. Nel carteggio non sembrano comparire strutture riconducibili alla cosiddetta politeness o “strategia del garbo”, fatta eccezione per l’impiego di sporadiche formule cristallizzate con funzione fàtica-attenuativa, del tipo se non erro; 628,17; 873,61-62; mi sembra se non erro 934,100; se non | sbaglio 840,14-15 (evidentemente modellate sullo stile dialogico) e per l’uso di alcuni modulatori discorsivi già segnalati in § II.5.8.

Pare invece possibile constatare la presenza di numerosi alterati come i diminutivi chicheretta 1031,29; cosette 934,49 ‘affari’; doloretti 583,23; novette ‘notiziole’ 691,45; sonettini 1031,22; pendenzuole 729,29 (rafforzato da un precedente piccole); e ancora stò benino 800,9; il solo solito | bajochino 900,73; à mè ciò incomoda un | pochino 1037,22; manderò il pezetto di carta [‘la lettera’] à Feretti 1037,8; Poveretta mè 583,20; le lettere

d’opera, a cui Mariuccia, evidentemente, non era insensibile, cfr. SERIANNI 2002b: 158-159].

264 [Cfr. SERIANNI 2002c: 170-171 n21 che registra la componente spontanea e ludica, non priva di ammiccamenti e giochi linguistici, anche nel carteggio Verdi-Ricordi].

265 Per tutte le voci cfr. glossario. [ANTONELLI 2001a: 175 constata una gamma di funzioni differenziate che appunto vanno «dal finto insulto come segno d’affetto allo sbotto d’ira»].

266 [Anche ANTONELLI 2001a: 181, a proposito del turpiloquio e della autocensura in epistolari colti primo-ottocenteschi, nota come lo svuotamento eufemistico di un vocabolo mediante l’uso dei punti sospensivi sia un impiego piuttosto diffuso all’epoca].

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le ho avute tarduccio 943,83; Ricodati l’affaruccio | Setacci 628,16; e i peggiorativi carateraccio 934,37; palcaccio 630,39; visitaccia 673,3 e l’emblematico rimasi à casa à fare il mio treset=|taccio, che fù veramente accio 630,40-41.

Bisogna tuttavia precisare che sia l’uso dei diminutivi con funzione attenuativa (talvolta ironica), sia l’alterazione peggiorativa costituiscono tratti ampiamente documentati nelle scritture popolari 267 , pertanto non attribuibili esclusivamente a una differenza di gender.

L’abuso da parte delle donne di marche morfologiche e indicatori lessicali affettivo-attenuativi rappresenta uno degli stereotipi più largamente diffusi, tanto nell’opinio communis (e nell’immaginario letterario sulla lingua femminile) quanto nei tratti linguistici riscontrati dagli studiosi268.

I pregiudizi sull’uso degli alterati come prerogativa del linguaggio femminile derivano dalla constatazione che la donna si esprima in un modo infantile o emozionale, e che ciò rappresenti il riflesso della sua debolezza. Tale impostazione è riconducibile soprattutto alla linea interpretativa della politeness (o “strategia del garbo”)269, uno degli orientamenti che, sulla scia di studi anglo-statunitensi, sembra aver caratterizzato anche nel panorama italiano la riflessione sui rapporti tra la variabile gender e linguaggio270. Supportato da una visione di fondo “prototipica” della lingua maschile, tale approccio si fonda sull’asimmetria tra schemi e stili comunicativi degli uomini e delle donne e soprattutto sulle aspettative socio-culturali nei riguardi dei due sessi. In realtà diverse ricognizioni, per lo più condotte sul parlato271, hanno confutato il maggiore uso di forme attenuative, soprattutto

267 Per la funzione espressivo-affettiva degli alterati nei semicolti cfr. D’ACHILLE 1994: 74. 268 [Sulla questione si rinvia per brevità a FRESU 2003: 95-96 e bibliografia ivi indicata].

Per una sintetica rassegna (e per la relativa critica metodologica) circa le affermazioni di un maggior uso delle forme attenuative da parte delle donne cfr. BERRUTO 1995: 43-44.

269 Un ampio numero di contributi, tra cui cfr. almeno BROWN/LEVINSON 1987 e HELD 1992, testimoniano l’attenzione della linguistica pragmatica per le manifestazioni della cortesia nel comportamento verbale (cfr. la bibliografia indicata in CAFFI-HÖLKER 2002: 507).

270 L’idea di una lingua femminile “powerless” risale, come noto, a LAKOFF 1975: 17-19 e si pone a fondamento del dominance approach, detto anche ipotesi del deficit, che considera le differenze tra i due sessi come il riflesso sulla lingua del dominio maschile e della subordinazione femminile (cfr. ROBUSTELLI 2000: 6; ORLETTI 2001: 12). Diversi studi italiani, sulla scorta di tali teorie, hanno rilevato l’alta ricorrenza di marche di cortesia e di attenuazione della forza delle affermazioni, spesso come indice di insicurezza, nelle produzioni femminili (cfr. ad es. ATTILI-BENIGNI 1979; CORTESE-POTESTÀ 1987).

271 Cfr. almeno BERRETTA 1983; BAZZANELLA-FORNARA 1995, in partic. pp. 81-82 e DE MARCO 1995 (che esamina la variabilità nell’uso dei diminutivi in rapporto all’identità di genere e il condizionamento che gli stereotipi esercitano su tale uso). Non mancano tuttavia indagini anche su corpora scritti che approdano a conclusioni piuttosto omogenee registrando spesso la quasi totale assenza delle “forme di garbo”, nonché la mancanza degli alterati affettivi o attenuativi (cfr. ad es. CORDIN 1995a: 100-101 e 1996b: 243-244; FRESU 2003: 97-

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di diminutivi, e degli alterati in genere, nelle produzioni femminili, dimostrando una sostanziale equità d’impiego da parte di uomini e donne, in linea con una tendenza che da qualche decennio sta mettendo in luce l’infondatezza delle opinioni attribuite alla lingua delle donne. Alcune di queste indagini, anzi, hanno puntualizzato come eventuali differenze risiedano soprattutto nell’uso qualitativo e strategico di tali forme e più in generale nel diverso modo di gestire la dimensione pragmatico-testuale attraverso lo strumento linguistico.

Tale presupposto sembra trovare conferma anche nelle lettere della nostra. Ciò che infatti accomuna Mariuccia ad altre scriventi è il massiccio uso degli alterati in contesti associati al caro Figlio 878,5-6, dunque emotivamente connotati272. Si tratta per lo più di accrescitivi con evidente valore affettivo: bagioni 729,34; quel briconcellone 807,60, l’onomastico cirone 465,2, spesso in combinazione con altri accrescitivi come tutto va benone e godo | sempre di Cirone 1028,37-38; Cirone [...] stà benone 601,37; Cirone benone, e vivacio=|ne 621,20-21 273 ; oppure, più frequentemente, di diminutivi: cosarella ‘regalo per Ciro’ 878,14; cosette 673,10; piantarello 733,85 (pensando alla lontananza del figlio); Pantufolette 824,36; regaluccia 900,58 talvolta in vere e proprie catene sequenziali: ciciò mio | anima mia caro con quel beretino parà un fraticello 863,28-29; Cicio non potrà tenere [...] la | borzetta [...] la potrà tenere come un altro giocarello 855,10-12; Godo del Atlantino; Le solette [...] le altre calsette per cimaco mio [...] mi pare di vederlo quanto avrà ricevuta la scatoletta 850,40-45274.

Decisamente minoritaria la presenza nelle lettere al marito di alterati rivolti a referenti diversi da Ciro o legati a contesti differenti, pur sempre emotivamente marcati, come ad esempio Angelica l’altra | notte dette alla luce un figlietto maschio | un poco patito sì ma che pur vive bene 907,15.

Più contenuto, infine, risulta l’impiego degli alterati nelle lettere indirizzate al figlio: scattoletta B846,13 (rafforzato da un precedente pic=|ciola); borsettina B846,14 e passim; cassetti=|na B1071,11 e passim; Caro Ciruccio mio B823,1; vengo a farmi una visituccia B846,47.

101, quest’ultimo riferito a scriventi grosso modo coeve a Mariuccia).

272 Cfr. DE MARCO 1995: 92-95 che ha dimostrato come l’impiego dei diminutivi nel parlato spontaneo presenti la medesima frequenza in ambedue i sessi, fatta eccezione proprio per contesti rivolti a bambini (o a essi associati), nei quali effettivamente si registra una quantità maggiore di alterati nelle donne.

273 Vi sono tuttavia sporadici esempi in cui il contesto di riferimento riguarda se stessa (mè la passo benone 601,37) o altri (tua zia, | che sta benone 601,18-19; Uber stà benone 1308,23; Pippo è un birbaccione, che non pensa, che | divertirsi 907,49).

274 Del resto però, alludendo al desiderio del figlio di ricevere racchette e qualche volantino per giocare, anche Belli scrive che a Ciro gli è venuta una vogliarella (cfr. SPAGNOLETTI 1961: I, p. 284, lettera 168).

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III. Edizione delle lettere

III.0. Nota al testo Si sono adottati criteri di trascrizione conservativi, con limitatissimi interventi di seguito

specificati: impiego del trattino basso per grafie continue incerte (che_jeri 620,23; la grafia unita viene sempre conservata nei casi certi: leanunzi 1031,25); impiego del maiuscoletto per casi dubbi di maiuscola o minuscola (Anche 620,10); parentesi uncinate (< >) per grafemi o vocaboli indecifrabili o di lettura incerta (<versi> 536,4), sostituiti da puntini (per quanto possibile corrispondenti al numero dei grafemi illeggibili) se non interpretabili (<…>); parentesi quadre per lacune meccaniche dovute al cattivo stato di conservazione della carta, a strappi o lacerazioni della stessa, a macchie o labilità dell’inchiostro o per i grafemi, spesso tagliati, in fine di rigo al margine destro (Caro Peppe m[io] 949,1; mi sem[bra] | di avere detto 949,17; onde conviene lo facciamo […] | per coscienza 583,43-44); correzioni e cassature della scrivente sono rese con il barrato se leggibili (convul 589,7; ag.o 620,2), con il barrato tra parentesi aguzze se incerte (<basta> 943,29), con il barrato e puntini tra parentesi aguzze se illeggibili (<...> 949,27); aggiunte interlineari sono rese in corpo minore (quando possibile nello stesso luogo in cui la scrivente le ha introdotte: dovesse 1030,26; converebbe però che 1304,4; le annotazioni a margine laterale vengono riportate alla fine della pagina in cui si trovano); riproduzione con trattini verticali degli a capo dei manoscritti (doppi in corrispondenza dell’inizio dei righi 5, 10, 15, ecc.; il capoverso (corrispondente nell’edizione con quelli dei manoscritti) fa le veci di un trattino verticale scempio o doppio; riproduzione con doppia barra obliqua (//) del cambio di foglio (recto/verso) (che però non modifica la numerazione e fa le veci del trattino o trattini verticali). Le segmentazioni di parola prodotte dalla scrivente all’interno dello stesso rigo (a causa del sigillo sul verso della lettera) sono rese con la barra singola (Pantu=/folette 824,36). Per quanto non specificato si riproduce fedelmente l’originale, incluso l’omissione e/o l’uso aberrante di tutti i segni paragrafematici e interpuntivi, l’alternanza tra i e j (non si sono riscontrate oscillazioni grafiche tra u e v, fatta eccezione in vomo 857,56), la segmentazione di cambio rigo (anche quando non rispetta la norma odierna; è resa con il doppio trattino, con un singolo trattino o nulla secondo l’uso della scrivente: tem=|porale 539,4-5; gran-|di 536,6-7; mandar|la 546,17-18), le sottolineature di numeri, date, vocaboli di particolare rilievo (riferisco sotto l’auspici di quel proverbio, che | ambasciatore non porta pena 620,28-29; ed ecote | fatto 889,19-20). Raddoppiamenti e scempiamenti, anche se meramente grafici, sono stati conservati. Mantenute anche le citazioni errate di antroponimi, toponimi, opere, autori e personaggi. In nota sono segnalate tutte le anomalie che non è stato possibile riprodurre o i casi dubbi nell’interpretazione dei singoli grafemi.

Le soluzioni brachilogiche, per lo più realizzate con il punto e la contrazione del vocabolo, vengono mantenute nei casi usuali e interpretabili, sciolte tra parentesi tonde nei casi più insoliti o incomprensibili1. In particolare per le unità di moneta si trovano bajoc. = ‘baiocchi’ 536,10 e baj = ‘id.’ 536,13; il simbolo monetario indicante gli scudi viene trascritto sd. Per la descrizione dei manoscritti cfr. § I.2.

1 Un breve elenco delle abbreviazioni più frequenti: mesi: Agg.o ‘agosto’ 593,2; Ag.o ‘id.’ 882,2;

887,2; Giug.o ‘giugno’ 685,2; Nov.e ‘novembre’ 621,6; ott.e ‘ottobre’ 630,2; Ottob.e ‘id.’ 551,2; Sett.e ‘settembre’ 536,2; 601,2; 620,2; sett.e ‘id.’ 621,6; sett. ‘id.’ 539,2 (ma Febrajo 992,2; Luglio 847,2; Maggio 678,2 e passim); sostantivi e verbi usati in formule di apertura e di congedo: abbrac.i ‘abbraciandoti’ 620,35; abbrac. ‘id.’ 626,32; abbr.i ‘id’ 685,20; aff. ‘affezionata’ 539,22; aff.a ‘id.’ 546-47,21; Caris.o ‘carissimo’ 620,1; 626,1; 630,1; Cic.a ‘Cic(c)ia’ 546,21; Cic.a ‘id.’ 536,16; 592,23; 601,45 e passim; Cic. ‘id.’ 620,36; 882,16; Mar. ‘Maria’ 546,21; S.B. ‘Santa Benedizione’ 620,33; 630,30; S.Be ‘id.’ 621,21 e Santa B. ‘id.’ 685,19; pronomi personali: nos.o ‘nostro’ 601,13; 601,13 e passim; nos.a ‘nostra’ 601,7; titoli sig. ‘signor’ 630,30 e passim.

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III.1. Corpus A [465]2 Roma 22: Ag.o 1829 Caro Peppe Eccoti i carateri di cirone il quale | stà benone, e ciò che è assai curioso voleva | per forza scriverti in carta bollata. Godo sentir=||ti continuare bene il tuo viaggio, e così spero | fino alla fine quando giungi a Milano ricer=|ca D. antonio = Tocco lo ritrovò subito ò piacere | che tù lo rivega e gli parli di ciro e di mè e | lo esorti a tornare frà noi. Il Canonico tì dice || mille cose. Esso non puole prendersi il piacere | che tù volevi procurargli perché da gran tempo | non và più da Falconieri ne sà se il Sig.r del | Ombrella vi vada più è però assai curioso di | sentire le storie che tù le riprometti. Farò la || tua comissione con Spada. Deromanis, che ques.a | mattina ò visitato passando dalla sua Libreria | ti saluta. Biscontini e dispiaciuto che tù non | abbi veduto ne D. Carlo ne il Marchesino alme=|no pare, che così dobiamo argomentare dalla || tua. Pariani scrisse che voleva il Denaro e già | l’ò impostato dandogliene avviso a pronto corso | di Posta. Scrive Peppino che avendo Lui man=|dato il foglio a Corazza acciò lo avesse di bel | nuovo fatto risottoscrivere à Stocchi il messo || che lò portò si perdette le carte che Lui assai // si arrabiò3 che corze a Cesi che fece tutte | le possibili diligenze mà niente rinvenne | dice che crede che non ne possa venire danno | perché l’originale stà presso di té, e ne vorreb=||be altra copia, mà io gli ò risposto, che | senza di tè non voglio fare niente, e | che al tuo passaggio da Terni sé né par-|lerà parlerà. Cardinali à ottenuti due | mesi di dilazione4 al pagamento, che ter=||mina alli 12: di ottobre, e poi vedremo. | Io tì scrissi a Firenze mi dispiace se non | lo ricevesti come pare. Tutti ti dicano | mille e mille cose ed Io abbracciando=|ti di cuore sono

La tua Ciccia [536] Caro Peppe

Roma 21: Sett.e 1830 Di somma mia consolazione sono stati i due | tuoi <versi> scritti, da Narni5 perché quì la || Domenica mattina fù un tempo così indavo=|lato, che mi presi una pena delle più gran-|di; spero che avrai proseguito bene, e né | attendo i dettagli. Ciro stà bene, è và bene | per quanto6 dice Stanislao intorno allo studio. || Dimi se hai Memoria se in questi 99: bajoc., | che abbiamo fatti pagare ultimamente da Ber-|tolazzi à Giacopetti vi fossero Compresi quelli | baj 36: di prima ò vero quelli fossero già | fati pagati, e dà noi7 non mai rimborsati || alla Moglie. Biscontini non parte, che | il giorno 30: amami, e credimi La tuaCi.a [539] Caro Peppe

Roma, 23: sett. 1830 Due righe in somma fretta perché parte la | Posta godo che stai bene ed anche qui tem=||porale. Sono appena ricevuta la tua risortita | ed ho sentito Fratocchi Esso dice che tutto | si puol fare ma che ti serva di regola | che ora Compagnioni quando sono Procure di | atti

2 Precede un breve messaggio di Ciro al padre. 3 La finale è corretta su grafema illeggibile 4 La prima i è corretta forse su a. 5 L’iniziale è corretta su D. 6 Il grafema t è corretto forse su d. 7 Difficile la lettura di o a causa di una perforazione del foglio.

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determinati prende esso il dritto non || ho troppo capito bene di che per la la8 fretta | ma la conclusione si è, che per questo | nostro affare prenderebbe sd. otto e cinque | scudi importerebbe il Notajo che solenità | tutto per tua norma riguardo poi al || Pagare le spese di qual si voglia procura | a metà io non me la_sento affatto Esso | a fatto il Patto che tutto vada a suo | carico onde doveva pensarci prima bene | giaché tali spese le doveva prevedere fin || dal giorno che si stabilì il nos.o Contratto | Ciro stà benone. Io non ho che il tempo | di abbracciarti e sono La tua aff. Cic.a [542]9 Caro Peppe

Roma 25: sett.e 1830 Godo sentirti in ottimo stato è molto più il | vedere, che in un lampo tì sei sbrigato à Spole=||to, tù nulla mi nomini mà supongo, che non | dovrai più tornarci, altrimenti a che partirne. | Giacopetti mandò l’iscrizione già presa con la mas_ | sima solecitudine, e ritornò pure le sentenze, | e disse ciò, che sapeva intorno alli Benedetti, che || comunicai à Biscontini, il quale non parte | di quì che il giorno 30. Gnioli credo sarà à | Terni lunedì prossimo à sera, perché deve par=|tire dimani mattina è credo di certo vada per | vettura. Biscontini sostiene, che rapporto alli Istro=||mento da farsi con Peppino io non sono tenuta | di pagare nemeno un grosso, subito che si è con=|venuto, che le spese fossero tutte à suo carico, | e che nulla fà che non sia convenuto il luo=|go, prima perché è di dritto, che si stipoli dove || è domiciliato il venditore, secondo perché essen-|do io Donna devo stipolare avanti al mio giudice, | né mai dovrei io trasferirmi à stipolare | in altro logo, ed avanti ad altro10 giudice curia, dice | in oltre, che quando non sì voglia venire qui || tutto ciò, che deve rappresentarmi altrove | deve essere assolutamente à Carico di chi lo | richiede, e che ciò è di jure, né puole11 sapre12 | di ostilità; malgrado tutto ciò quando avrai | fatta conoscere a la mia raggione, chiara, è13 || lampante, ti lascio in arbitrio di fare ciò // che più ti piace ed esser certo che io non tì | replicherò affatto onde basti sopra ciò ed alla | fine ne saprò l’esito. Attendo la tua di Lunedì | ed in seguito vedrò di sbrigare ciò che quì di=||pende da mé al più presto possibile. | Le mie gambe tornano a molestarmi male=|dettamente e questa mattina e convenuto esci=|re in carrozza perché non mi reggo in piedi | ed resto starei assai bene. Rispose Frasconi || La Figlia tornò con il Duca di Monfort e | viene di nuovo in Roma la Madre è in | Milano. Scrisse Martini, nulla di rimarchevole | se potrò14 gli risponderò altrimenti lo farai | tù al ritorno. Ieri sera favorì il Marchese || Antici, e sebene fossimo in assai ristretta | brigata, parve vi rimanesse con piacere, | almeno ciò devo argomentare dal tempo, | che vi si trattene; venne alla ora mezza |

8 Sic. 9 Questa lettera riporta sul margine in alto, tra l’incipit e la data, la seguente annotazione di Belli:

Vannuzzi restò | tenace nel voler | dividere a metà la | spesa della procura | di modo che per finirla | gli condonai s. 2:50 sopra | gli s. 5 che la medesima | importò. Detto abbuona=|mento si trova notato | nel bilancio Vannuzzi | del 5 ott.e 1830, dove | apparisce che egli mi | rimborsò di soli s. 2:50 | sul conto pagato al Notaio. La missiva, inoltre, presenta alcuni interventi correttori di Belli (cfr. le lettere inviate da Maria al figlio Ciro), indicati nelle note. In effetti sul retro si constata che la lettera era indirizzata a Terni a Gioachino, ma Presso il Sig. Giuseppe Vannuzzi. È quindi probabile che Belli l’abbia corretta in previsione di una lettura comune con l’amico.

10 La vocale finale è corretta in a dalla stessa grafia che ha aggiunto in interlinea curia barrando giudice.

11 Viene cancellato l’ultimo digramma e aggiunto l’accento sulla vocale finale. 12 Sic. 13 Vengono cancellati virgola e accento della congiunzione successiva. 14 Malgrado la lacerazione del foglio il vocabolo è leggibile.

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ora di notte, e partì un quarto avanti || la mezzanotte, Esso di15 fa mille complimen-|ti, l’attestato a Gazani già lo ha spedito. | Pariani scrive di ritenere il denaro che tù le | rimetterai dietro suo ordine quando le av=|rai dato conto di avere incassato l’altro || trimestre. Ciro sta benone legge benino e // Stanislao ne pare contento. Pippo Ricci, che assai molto spesso | ho veduto in questi giorni assai ti saluta. E venuto | al pettine il nodo del bono del Muratore, in voce | saprai tutto, per riguardo di Pippo mi sono messa || di concerto, onde non fare per questa inezia dan-|no à suo Padre, Pippo però mi assicura, che ora | vi è una qualche probabilità, che abbiamo i sd. 13 | che ci deve il Muratore, basta io mi sono rimessa | ad esso, e spero bene. Tutti ti salutano, ed Io abbrac=||ciandoti e chiedendoti la B. per parte di Ciro mi dico

La tua Cic.a

[546]16 Caro Peppe Tù non lò crederai ma io alle | tue non posso, che rispondere in fretta | du righe, mi sì è dato un incaglio di cose | per cui non ho il tempo di dirti che sper[o]17 || che abbi ricevuta à mano da Gnoli la mia, | e saputa la cagione percui non andò per | la Posta. Che tutto và bene intorno alla | Procura da farsi ma che spero mandar | la per Biscontini, se partirà Sabato gia=||chè credo prima non potrà aversi di | certo Tì abbraccio tì saluto per parte | di tutti, e sono tua aff.a Caris.a M. saluta tutti [551] Mio Caro Peppe

Roma 5: Ottob.e 1830 Non sò in verità come vadino le mie Lettere, | io ti posso assicurare che sempre ti ho scrit-||to; con la Posta di Giovedì ti avertii della | partenza di Biscontini, che seguiva quella stessa | Mattina; non sò18 poi come il Passagio di | Biscontini ti abbia impedita la gita à Torre | orsina da poi, che tù mi avevi data l’istruzio=||ne come dovevo fare per farti pervenire | il piego, onde non mi sembra che possa essere | stata mia colpa. Spero, che avrai trovata la | Procura19 in regola, e che tutto anderà bene. | Incontrai il cavaliere Antici al quale feci || la tua comissione, e mi disse che credeva che | ormai fosse andato à Napoli, che se starà in | Roma le farà le tue parti. Domenico tì | prega dire à Babocci che gli necesita che rin=|contri il testamento di fatto di20 Antonio21 || Puggeri per gli atti del Ricci fatto da circa | anni sedici, poiché gli viene suposto, che | in tale Testamento detto antonio22 avesse | disposto, che doppo la morte di sua moglie | la robba sua dovesse tutta andare alli || di lui Nepoti, ed in tal caso sarebbe nullo | il Testamento della Sig.a Alberici, giachè non | avrebbe potuto disporre23 della robba di cui non // era padrona che durante la sua vita. Domeni=|co prega tè di avere sù di ciò una sicura || risposta; dice poi, che se il Testamento | di Antonio non parla così, vorrebbe chee

15 Sic per ‘ti’. 16 Precede un breve messaggio di Ciro. La lettera porta la data Roma, 28 settembre 1830. 17 La finale o non è chiaramente visibile a causa di uno strappo sul bordo destro del foglio. 18 La vocale finale è corretta su un grafema poco chiaro. 19 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 20 La i è corretta su a. 21 Perforazione del foglio in corrispondenza della vocale finale. 22 La lettura è incerta. 23 Foro sulla o.

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| Babocci andasse assolutamente à rincontra=|re il Testamento della Alberici24, e che il | viaggio lo pagerebbe Lui, mà vorrebbe || avere la consolazione di saperne i ter-|mini precisi. Ciro stà benone e tì chiede | la S. Benedizione. Tutti ti salutano ed Io | abbracciandoti sono la tua affez.a Cars.a Ci.a [583] Caro Peppe

Roma 28: Giug.o 1831 Ricevuta la tua sono caduta dalle Nuole, che | diamine di guadro mi fai, è imposibile di peg=||gio. Ho nel momento mandato à chiamare | Mazzucchelli il quale è di deciso sentimento, | che per tutti i rapporti tù non devi rimanere | più lì, come opina nello stesso tempo, che non | devi con questi caldi passare da quel à questo || clima, e che ora trova, che la Marca, è | particolarmente verso Macerata potrebbe an-|dare benissimo; onde risoluto pensiere non | vol consiglio, tù scrivi sul momento alla | Roberti, mettiamoci di concerto, ed io combi=||nerò il tutto fissandoti il Posto nella Di=|ligenza, acciò tù giunga qui come oggi, e | […] i parta dimani. Con Publio mi regolerò dicen-|[…] che un urgente <nos.o> affare tì chiama | […] ni, insomma rispondi subito, acciò tutto || […]dare bene. Poveretta mè Io, che ti | […] un ventre di vacca, ma dio ti | […] non darmene almeno un | […] poi ancora doloretti, cattivo | […]ziole, Dio cè né guardi, scap-|| […] Medico, che <aromati> così | […] solutamente nò, che il deco-|[…] sugerito non è per tè, // essendo troppo violento, che poi temerebbe assai | che non sapesero25 fartelo, che nel caso doves-||si prendere qualche cosa sarebbe meglio | la Salsa Pe<ri>glia, mà che Lui26 crede di non | stuzicare niente come non vedi di essere in | un clima dal quale né ricavi assolutamente | giovamento, che la tua malattia è stata di || una natura tale, che conviene, e converrà | rispettarla non solo per mesi, ma per qualche | anno, e che come non si trova una lo=|calità dalla quale tù vedi evidenti lì | effetti di esserti ristabilito, non bisogna || stancare di cercarla, altrimenti si rischia | di rimanere un cronico eterno, e che tu […] | sei giovane, ed hai mezzi di riparare […] | ciò, onde conviene lo facciamo […] | per coscienza, tutte queste anti […] || fanno tremare, e mi fann […] | assolutamente di obbedi […] | care à quanto io per […] | giachè la tua vita mi […] | mia. Rispondi subbito. […] || non dovrei dirti, mà non […] [587] Caro Peppe mio

Roma 2827: Luglio 1831 Quanto mi è stato di consolazione il sentire | il tutto ottimo arrivo altretanto di ramari=||co mi riesce il non potere vivere perfettamen=|te tranquilla sopra alla tua salute; conosco, | che l’incomodi, che tù senti non deveno essere | asolutamente, che reliquie della burasca sofer=|ta, e, che queste con il tempo, e cambiamento || di aria deveno di certo andare à disiparsi, mà | ciò non ostante ciò non lascia di tenermi in | continua aggitazione; proverò di vedere il | Medico, è le terrò proposito sopra il tuo roso=|re, e viscidume, in seguito tì raguaglierò della || sua risposta. Le tue Lettere le ho ricevute | tutte, è due, e quella di Macerata la ebbi | minuti doppo le 2: Spero che tua abbi avuta la mia28 | Mi rallegro della spiritosa | bambina della C[a]rozzi, fà mille ossequi à tutti. || Io sto meglio dal mio incomodo locale, sebene | la

24 La l è corretta su b. 25 La seconda e è corretta su un altro grafema. 26 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 27 La seconda cifra è corretta sopra un altro numero. 28 Quest’ultima frase è aggiunta in interlinea con un carattere più ristretto.

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stagione impervesi29 in un caldo furioso; | nel tutto insieme poi non vado benissimo, gia=|chè i miei nervi mi fanno una gran gu[…]30 | ed io credo ciò in gran parte prodotto dalla vita || sedentaraia31, che sono stata obbligata à fare per | qualche tempo per il mio riscaldo, ora però poten=|domi rimettere nel mio moto perpetuo anderò | spero meglio in tutto. Ciro stà benone, e chiede | la S. Bened.e. Il Diretore spirituale è assai contento || di Lui ed à Dio piacendo il giorno della assunta | farà la sua prima con=|fessione dal nos.o P. Curato | che32 lo vole suo penitente Ti abbraccio, e sono tua

Cic.a

[589] Caro Peppe

Roma 4: Ag.o 1831 Prevedo, che al solito il Porta lettere verrà | tardi, onde senza aspettarlo riscontro la_tua || Cars.a33 delli 24: scaduto. La mia salute và del | tutto bene in quanto alla malattia locale | non così per altro del mio convul convul=|so, che assai mi tormenta, mà anche questo | passerà sono assai stordita, onde non mi || ricordo se ti scrissi, che Mazzucchelli mi | aveva detto, che sè ti seguitava con qual=|che pertinacia34 tanto il rosore interno, che | il Viscido35 averti messo un visigantino, mà | ciò nel estremo caso, altrimenti non stu=||zicassi niente. Un funestissimo esempio ac-|caduto sotto i miei occhi in questi giorni, | mi à fatto sul momento decidere à vac-|cinare il nos.o Ciro; già ò Parlato al Medi=|co è si cerca à furia un pusse buono || per farlo al momento. Il Povero Peppe Ossoli | à perduta la sua sola, e carissima figlia | Ieri sera doppo nove giorni un vajolo il | più diabolico, il quale36 nella giornata | che doveva darle di volta là convertita || tutta in una cancrena; Peppe mio che spet=|tacolo, se vedessi Povero ossoli fa <pià> 37 alli | sassi, èsso non è suscettibile 38 di alcuna con=//solazione, e lo compatisco, perché frà le Figlie | certo, che era una delle carissime, di un || talento superiore assai alla sua età. | Io mi presto quanto posso ramentandomi | di quanto Esso à fatto per noi nel occasione | della tua Malattia, mà il caso è assai | diverso. Mille saluti à tutti; à questora39 || avrai veduto Meconi, che mi favorì prima | di partire. L’Iscrizione Costanzi fin da jeri | fù rinovata. Ciro Ti chiede la S. Benedizione | ed Io dandoti i saluti di tutti mi dico

La tua Cic.a [590] Mio Caris.o Peppe

Roma 11: agg.o 1831 Spero, che avrai ricevuta l’altra mia, nella quale | ti davo discarico di avere già pensato alla Is-||cizione Costanzi, ed anche alla vaccinazio=|ne di Ciro dietro l’orendo caso accaduto ad |

29 Sic. 30 Una lacerazione impedisce la lettura del vocabolo, forse guaio. 31 Sic. 32 Perforazione del foglio in corrispondenza di h. 33 Forse Carissima. 34 La i è ricorretta su c. 35 L’iniziale è corretta su un grafema poco chiaro. 36 Foro su q. 37 Sic, forse per ‘pietà’. 38 Lacerazione su b. 39 Sulla forma agglutinata è visibile un apostrofo aggiunto tra la s e la t.

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Ossoli40 di sua Figlia; questo và ad eseguirsi | da un momento al altro tosto, che sia trova=|to un pusse perfetto, è Mazzuchelli41 mi || assicura, che è facile, che dà una ora, alla | altra Esso sia à casa mia per fare la | felice (io spero) operazione, e così secondare | interamente i tuoi giusti desideri. | Circa la coperta sarà impossibile di farla42 || con meno di sd. 18:;43 La raggione per cui non | tì risposi à pronto corso di44 Posta fù per fare | le più minute ricerche se poteva risparmiarsi | qualche cosa, mà fù inutile, mi si dice, che | nel caso voglino farla converebbe avere una || esatta misura, tanto dello specchio del Letto, | cioé largezza, e lungezza, come pure della | altezza dà terra allo specchio, onde dami i | tuoi comandi intorno à ciò. Le due tue45 ulti=//me sono assai allarmanti suopra il Colera, || ma qui nessuno sé né dà per inteso, ed | anzi ad ogniuno, che se ne parla tutti dica=|no, che hanno Lettere dà tutta l’a marca, | e dà altri luogi, che non vè il minimo sospet=46|to. Vidi jeri47 Lettere di Bondì scritta da || Sinigaglia, il giorno sei nella quale dice, che quest’anno | in fiera contro il solito non vi è stato | nemeno un morto, e che per essere svanito | qualunque sospetto di epidemia i bastimen=|ti, che erano stati condannati à 38 giorni || di quarantena, erano48 stai graziati è | non avevano fatti, che dieci, onde non | sò come tutto quest’allarme nel <vos.o> | Parigi, di più Lettere provenienti da Paesi | dove questa malattia è nel pieno vigore as-||sicureno, come i Fogli Pubblici, che và dimi=//nuendo non solo, ma che la magior parte né | guariscano, né mi ricordo bene sotto quale | data dice il preciso N°, che né era stato attaca=|to, ed il N° che né sono guariti, supera più || della metà quello de morti. Anche qui per essere | venuto una Cacarella con del vomito a due Mo=|nache a S. Domenico, e Sisto si diceva già, che | cominciava il colera, e vari Cardinali mandaveno | a chiamare in fretta Mazzucchelli (che è il Medico || del Monastero) per essere informati di ciò, ed Egli assai | ridendo disse, che se lo mandavano à chiamare per | sapere notizie delle cacarelle49 nel estate in Roma | poteva lasciare di fare il medico, giaché appena avrebbe | avuto il tempo di andare à rendere conto di tutti || quelli che à sua notizia sapeva che stavano in Cas=|setta. quello che qui domina assai in quest’an-|no è che fà orrenda strage, ed in poco tempo | è il vagliolo vajolo, e le Perniciose, che sono | frequentissi, e dalle quali niuno la scampa né || tì assicuro ti assicuro che non valgano ne cure | ne precauzioni, giaché vengano quando voglie=|no venire. anche qui abbiamo50 avuto tropeè51, e | stranezze, basta tiriamo avanti. Tutti ti dicano mil-|le cose, ed inparticolare casa Mitterpoch; fà i miei || complimenti in casa, benedici52 Ciro, al quale jeri | comprai il cappello dà uomo per andare à confesarsi. | amami tì abbraccio, e stò meglio di salute e cred.i

tua Cic.a

40 Foro sull’iniziale. 41 Lacerazione alla base di h. 42 Perforazione del foglio in corrispondenza della a finale. 43 Sic. 44 In questo punto il foglio è molto consumato, ma si legga comunque corso di. 45 Perforazione del foglio in corrispondenza di tue. 46 Lacerazione su sp. 47 Foro su e. 48 Lacerazione ma si intuisce erano. 49 Lacerazione sulla seconda sillaba. 50 Foro sulla seconda b. 51 Sic, per il pl. di ‘tropea’. 52 Lacerazione in corrispondenza della parte centrale del vocabolo.

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[592] Mio Caro Peppe Roma 13: Agg.o 1831

La tua Lettera non deve assolutamente avere | trovato Bondì in Sinigaglia, Esso scriveva in data || del giorno sei à suo cogniato, che partiva alla | volta di Bologna per indi portarsi à Livorno ad | accompagnare il figli, ed essere quì verso la | fine del mese. Giacomo però mi assicura, che | tù, devi riavere la tua Lettera, giaché sono || d’intesa con quelli della Posta, che quando | vanno Lettere in Sinigaglia doppo la partenza | di Giuseppe si rispinghino al logo dà dove | ne sono venute, siché fanne ricerca. Essendo | fallito questo mezzo, vedi spronare dinuovo || l’Antaldi acciò veda di mandarmi il denaro | al più presto, e ramentale la prossima nuo=|va scadenza di settembre. Io vado sempre | meglio è credo di avere ritratto grande | vantaggio dalla Magnesì, che seguito tutt’ora || à prendere. Ossoli ti ringrazia, e_saluta, come | fanno tutti. Cirone stà bene, ed è un teremo=|to. Mille cose alli Padroni di casa; Intanto | sono abbracciandoti di cuore La tua Cic.a P.S. Biscontini affollatissimo pare non possa pensare per || ora al Bendetti. | con corsini si stipolò. | Foravanti mi ha giurato, | che in agosto paga i frutti [598] Mio caro Peppe

Roma 27: Ag.o 1831 Ieri ebbi il piacere di rivedere Meconi il quale | mi recò una tua unitamente al Libro da || té consegnatogli; Ha 53 varie delle cose, che Essa | tua Lettera contiene già vi aveva dato discari=|co in una passata mia, onde bando alle ri=|petizioni. Riguardo alle 2: Elene, che avrei dov=|uto complimentare tù hai raggione, mà non || potetti vederne che una perché già andetti | un poco tardi in Casa Barberi, e poi ebbi una | violenza, doce violenza sì, dà non potermi | disimpegnare à_ffatto costretta dalli padroni | di casa à rimanere in loro compagnia fino || alle 2: sonate, che à gambe venni à casa | per pranzare. Il Principe di Piombino và dan=|do delli alti, e bassi avendo degenerata la | malattia, mà sempre sono più i peggio del=|li meglio, e dà assai, assai dà temere. || Biscontini jeri in tavola disse secondo mé | una eresia, dicendo mà, che il Sig.r Belli | non potrebbe dare una corsa à Fermo? | mi sembra, che ciò sarebbe utile, ed io po=|trei darle le opportune istruzioni à mé ciò || sembra cosa ereticale, sì per il clima, sì | pure perché stò con il detto di Mazzucchelli // che non mi lusinghi, ma che la tua convalescen=|za ancora dura, e né avrai anche per qual=|che tempo, onde non vorrei affatto, che tì || esponesti ad avere forze una qualche inqui=|etudine; ciò non ostante per obbedirlo te lò | accennato, è basta. Tu hai raggione di pensare | così, mà il Pusse buono ancora non si è | trovato. L’abate, che istruì Ciro per la con-||fessione lò ha preso assai à benvolere, e | viene à vederlo di tempo in tempo, ed ora | vole insegnargli à servire la Messa, io lo | lascio fare, già è cosa utile, è poi serve | per tenerlo occupato qualche altra mezzora. || Vidi Savetti in Casa Capranica, e mi dise, | che aveva ritrovato il tuo manoscritto, e lo | tiene à tua disposizione. Sono stata à | rallegrarmi in Casa Teodoli, avendo conc=|luso il matrimonio della sua Prima-genita || con il Marche(s)e Sagripanti, e sposano il gior=|no del nome di Maria. Ieri sera fui à | Passare la serata in Casa Pandolfini, dove | vi fù una brillantissima società, è frà | mille saluti, che mi furono dati per té, Te=||nerani si fece promettere, che lò avrei no=|minato individualmente. E passato alli Eterni // riposi il Sig.r Paolo Mariani, mi dicono che abbia lascia=|to un Legato di argenti à Costanza chiodi, mà io an=|cora non lò veduta, onde non sò il preciso. || Vi è stata in questi giorni gran promozione nella | Milizia, e si sono nominati molti nuovi ufficiali, | e_deveno nominarvene ancora. Tù mi scrivevi delli | colori del Sole, quì ancora abbiamo lestesse stra=|vaganze, ed anche nella Luna; due sere in par-||ticolare è_stata una cosa assai rimarcabile, cioé | una sera, che tutta la serata à Cielo serenissimo |

53 La maiuscola è corretta sulla minuscola.

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parve sempre la Luna avesse una carta ogliata | d’avanti per cui non faceva portava 54 ombra, ne ris=|plendeva affatto; ed una sera, che fù di un || colore frà il verde, ed il Torchino. Tutto è | in convulsione, mà non voglio pigliarmi più | di niente, pensa à star bene, e contento, e poi addio, | tanto tutto vole55 | caminare come gli || pare, e noi56 non | possiamo ripararci57. | Dimani ho invitato | Meconi à Pranzo. | Ciro Tì fà tante carezze || è stà tarrocando con i conti, godendo però perfet=|ta salute. Tutti tì dicano mille cose, ed io tì | abbraccio di cuore e sono tua Cic.a. P.S. Saluta i Padroni di casa. Baruzzi ci abbandona | Esso è_stato nominato con un Rescritto del S. P. Diret=||tore della accademia delle Belle arti in Bologna [601] Caro Peppe

Roma 1: sett.e 1831 Supongo, che al solito avrò la tua tardissimo, | ed inconseguenza non sarò di certo in tempo || à risponderti; onde anticipo à scriverti. | Domenica, che come tì dissi ebbi Meconi appran-|zo uno delli soggetti principali della nos.a | conversazione fù quello del collegio di | Osimo, del quale Meconi fà imenzi eloggi; || tù che sei ora non tanto distante dà detto | colleggio vorrei, che tì occupassi seriamente, | è non superficialmente se questo fosse più | adattato di quello di Peruggia per il nos.o Ciro, | giaché forse à mé piacerebbe più questo di || ossimo che, quello per varie raggioni, onde ve=|di di compiacermi in ciò. Lunedì mattina fui in | Casa Belli à fare una lunga visita, è tutti | ti dicano mille cose imparticolare tua zia, | che stà benone. Costanza chiodi ti saluta assai, || ed à assai riso quando à sentito, che io mi | rallegravo del Legato delli argenti, perché | dice, che non gli à lasciato nemeno un | sospiro. Lunedì scorso pagai al francese di | Bochet sd. 100 e nel corrente mese ne || prenderà altri cento, e così di mano in | mano fino à tutta l’intiera somma, che | noi abbiamo in mano di detto Bochet // la ricevuta me la rilasciata in carta | semplice, dimi se deve essere in carta || bollata, perché allora quando prende | l’altra rata la farò fare di nuovo. | Piombino va migliorando è dà qualche | speranza di guarigione58. Ottavio Ossoli | quì presente ti saluta di cuore. || Ierj sera Passai la serata in casa Lelmi59, e | questa sera vado dalla Salvatori, e così | tanto mé la passo benone, quando verran-|no le piogge poi si organizerà la cosa, | qualche volta dalli Pigionati, e qualche || sera di più in casa, basta, che si tiri | via questi 400 anni, che ci rimangono. | Cirone tì dice mille cose è stà benone. | Tutti ti salutano, ed io pregandoti di fa=|re l’ostesso con i tuoi di casa mi dico

La tua Cic.a P.S. Il dottore mi fà sperare | di essere guasi in ordine con un Pusse. [620] Caris.o Peppe mio

Roma 8: ag.o sett.e 1831 Tù hai voluto scrivere un processo sopra una cosa, che | con una sola parola potevi escirtene, cioé che <eri>60 per=||fettamente del mio sentimento, che in questo mo=|mento la gita di

54 Il vocabolo portava è scritta sopra la parola cancellata. 55 Testo ristretto in corrispondenza del sigillo della lettera sul retro. 56 La i è corretta su n. 57 La lettura non è chiara; forse aveva inizialmente scritto riparare, poi ha aggiunto il clitico. 58 Foro in corrispondenza di o. 59 L’iniziale è corretta forse su l minuscola. 60 La lettura è dubbia.

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Fermo non tì conveniva, e questo | bastava, giaché tù non hai bisogno di alcun modo | di giustificarti presso di mé per persuadermi, che | tutto sagrificheresti alli vantaggi della Famiglia. || Anche quì si prega Idio, come suole farsi dà ogni | buon cristiano, mà poi tì assicuro, che nessuno | penza al colera, ed anzi tutti in genere tendeno | piutosto à divertirsi. Devo farti mille saluti della | Casa Loverì61, dove jeri sera passai gran parte del=||la serata; il Povero Maestro è stato assai male, | con un ascesso alli occhi, mà ora è in piedi, | ed assai meglio. Ricci lo vedo spesso, ed anche viene | à pranzo quando è in Roma, mà non ci stà tanto, | essendo diventato un gran disviato è facendo continue || gite; Biagini lò vedo così, così, Spada non lo ave=|vo mai più veduto, l’incontrai jeri mattina, e_le fe=|ci la tua ambasciata tì dice mille cose, come Pippo | che_jeri pranzo con mé. Stà bene, benissimo quanto | mi dici intorno alla tua mossa. Vidi Mazzucchelli || il quale mìngiunze dà sua parte di dirti, che ama | che tù non fai disordini, mà neanche una cura tan=|to rigorosa, perché sei giovane, e devi un poco scuo=|terti; riferisco sotto l’auspici di quel proverbio, che | ambasciatore non porta pena. Tu dici che il Matrimonio || Teodoli si fà sotto brutti auspici perché? anzi sapi, che | mai tanti sé né sono fatti è conclusi come in questo | momento, ed inparticolare frà62 signori. Ciro ti chiede la | S(anta) B(enedizione), e_dà mille bagi63 Tutti ti salutano | fà tù l’ostesso con i tuoi di casa mentre

abbrac.i sono tua Cic.

P.S. Piombino bene. 64A momenti si farà la Porticella nel tuo Camerino, prima con la malattia || di Servi e del Principe non si è potuto parlarne. Io stimo precedenza di prendere il per=|messo, giaché è <credo> impossibile di farla segretamente, e si anderebbe incontro | di certo a_delle amarezze [621] Caro Peppe mio

Roma, 10: sett.e 1831 Rapporto à Colleggio mi dicesti anche di troppo; | ho già chiesto il libro à Biscontini è né || parleremo à suo tempo, tanto è una cosa, | che fino à Nov.e del 32: non puole nemeno | pensarcisi65. Il primo momento, che avrò di | tempo anderò dà Savetti, ancora non mi | è riescito. Questa sera vanno sù tutti i || Teatri, grandi, è piccoli, cioè Valle è poi | le solite burattinate; Valle và sù con | grande aspettazione, basta vedremo. Del colera | tì accerto, che nessuno sé né occupa. I tem-|pi anche qui cominceno ad essere inco-||modi, e jeri sera fù una serata orribile. | Casa Devitone tì fà mille saluti, come | Puccinelli, ed il Padre di Nino. Fui Domeni=|ca à messa alle Sagramentate, è | dimandai nuove di Mimma le quali || sono ottime. Cirone benone, e vivacio=|ne e ti chiede la S. Be.e Il mio calore | non vole assolutamente fare pace, | ma io mè la prendo con pazienza, e se=|guito sempre la Magnesia La Pandolfi=||ni e suo Marito che tì salutano sono | afflitti per avere perduto una bambina di | circa anni 2: // 66 Caro Peppe La Montani qui presente tì | dice mille cose. Tutti li amici tì saluta=||no ed Io abbrac. sono La tua Aff.a

Cic.a

61 Si intenda ‘Lovery’. 62 È dubbio se Frà sia corretto su dà o viceversa. 63 Spazio bianco in corrispondenza, sul retro, del sigillo della lettera. 64 Le righe che seguono sono situate sul retro del foglio, nel lembo della piegatura della lettera. 65 La c è corretta su s. 66 Sono visibili cinque tratti obliqui vergati dalla scrivente prima del cambio di foglio.

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[626] Caris.o Peppe Roma 17: sett. 1831

Ho67 ricevuta tanto la tua, che i due fascico=|li analoghi al Colleggio, che uniti aquello che || mi à dato Biscontini paserò à Ricci subito | che lo vedo, ma credo che sia fori sbirbantan_|do essendo vari giorni che batte la ritirata. | La tua Porticella ancora non sì fà, perché | Servi non à avuto un momento di tempo || per venire à visitare il loco preciso, di cui | dice non avere memoria, ma siamo già dì | accordo, è nel momento che viene penzo | di farci mettere mano. Stà bene quanto mi | dici rapporto à tè ed attendo di mano, in || mano le altre notizie analoghe à ciò. | Io sono di pessimo umore, per essermi tor=|nato il mio calore più fieramente | di prima dà vari giorni, eti accerto, | che mi rompe assai la Devozione. Ciro stà || benone è tì dice mille cose. Sebene nuovi | intoppi siano seguiti non sul su quel nos.o se=|guestro che tù conosci à carico di Trivisa=|ni, ma sopra un altro, non si parlava dà Biscontini di ciò, | ma bensì del affare in grande, ed il tutto || sì rimetterà come tu dici à Primavera. | Ottavi quì presente tì saluta, di Peppe non posso | darteli perché stà à Genzano, anche distini68 | te lì dò di Lenuccia, che ci fù à pranzo | Giovedì, ed anche jeri al giorno stette con || mé. altro distinto del contino Menicucci, segue // poi la turba magna. Fà i miei à tutti di | casa dove tì ritrovi è credimi abbrac.i al solito

La tua69 [628] Caris.o Peppe

Roma 1: ott.e 1831 Non puoi credere di quale consolazione mi | sia stato il sentirti giunto bene in Terni, || poiché mi sembra, che quando sei à Terni, | sei in casa ò almeno il viaggio più incomo=|do sia fenito. Mi duole assai di Mariuc=|cia, ed esortala ad aversi gran 70 cura, è | sollevarsi. Bravo Babbocci! divenuto71 vero || Bamboccio ò sia Fantoccio vedi di radura-|re72 Denari. approvo, ed anzi comando di non | venire con la Diligenza per cento è più | raggioni, una delle quali è quella, che | ti toccarebbe à prendere il posto, che || vi sarebbe in essa vacante al suo pas-|saggio dà Terni. Ricordati l’affaruccio | Setacci, se non erro. Questa sera Biscon-|tini parte in Diligenza è mi promette, | che farà il possibile per vederti. Come || diavolo il tuo raffredore è così ostina-|to levatolo dà torno per carità; anche | quì il tempo è stravagante73, mà che // farci, del74 mio malanno non ci pensare. | Strillo di tempo in tempo, e quelli mo-||menti, che dole meno mi sembra di | essere Padrona del mondo e russo75 in | capezza, le credo il solito, il tempo poi | ci darà consiglio. Ho imenzi saluti per | tè di casa Devittone, dove passai la || serata Giovedì; e di Gnoli, e sua moglie, | e Lalmi moglie, è Marito dove passai | la serata jeri sera, mezza dalli uni, e | mezza dalli altri. Sai chi stà assai male | e dio sà come fenisce il Povero Galluzzi. || Lunedì abbiamo organizzato fisso tresset=|ante Gnioli, ed il Mercoledì vi è per | lo più una disfida di calabresella | frà il Maestro Loverì, B. Ferdinando | di Ciro, è Peppe Ossoli Mecone viene || tutte le sere, che mi piace di stare | in casa fedelmente. La Domenica

67 L’iniziale è corretta sopra un grafema illeggibile. 68 Sic, ma qualche rigo sotto distinto. 69 La vocale finale si conclude con un’increspatura, come quella di Cic.a. 70 Macchia sul vocabolo. 71 Macchia sul vocabolo. 72 Sic, forse per ‘radunare’. 73 Tra a e g forse r. 74 Macchie ma del è intuibile. 75 La doppia sibilante sembra essere corretta su -zz-.

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la // solita Trocchi i Pusconi ce76 Il Sabato la turba | magna, che però ora sì è ristretta assai, | per il N° dé villegianti. Si gioca spesso con || la stecca, nelle quali partite si distingue | assai il Francese raccomandato da Boschet, | che non manca mai tutti i sabati, e ques.a | sera prenderà altri sd. 50. Farò il possibile | per avere il Lascia Passare, mà non posso occupar||mene, che Lunedì, oggi ho ricevuta la tua | assai tardi, è dimani è Festa. Molto mi à | tranquilizato77 la tua spiegazione intorno riguardo à | Mezzi tù conosci la mia delicatezza | intorno à ciò, onde devi || compatirmi. Ieri ebbe il cap=|pello l’abate Sala, ed il | P. Lambruschini, indovina | un poco! La facciata del | nos.o Oratorio quì in contro fù illuminata, || e furono anche messe delle fiaccole, il che | si replica anche questa sera, cosa di cui non | hanno memoria nemeno78 le antiche Giovan=|ne dal Palazzo Poli; Ciro godette assai è dima=|ni sera sarà di Burattini79, avendo man=||dato per lui l’invito la sposa Fiano. Sono dà | tutto il giorno il compagnia di architetti, e mi=|suratori80, che fanno una perizia la più scrupo=|losa del nos.o Palazzo, per parte di Cesarini, sì | dice apertamente, che noi muteremo Padrone || di casa, e che Piombino sia obbligato di vend-|erla, vedremo. Tutti ti salutano, ed io abbrac-|ciandoti, è Ciro chie(d)e la S(anta) B(enedizione), pregandoti dire mil-|le cose in casa mi dico tua Cic. P.S.81 E porto Frà Petroni al araceli in gran || concetto di Santità e vi è stato un concorso | imenzo nelli giorni che è stato esposto [630] Caris.o Peppe

Roma 4: ott.e 1831 Ricevo la cara tua in data delli 2: ed il non | sentire in essa parlare affatto del tuo raf-||fredore, mi fà assolutamente sperare, che sé | non è guarito, sia almeno in gran parte | diminuito. Stà tutto bene riguardo alli af=|fari è ti ringranzio82 di quanto fai. Manda | pure tutto il Denaro, che ritiri per la Dili=||genza, che pure stà bene. Riguardo à vendi=|ta di Terreni, ò qualunque altra sorte di | vendita, non occorre, che entri in trattativa | con alcuno, giaché nel momento presente mia | è mia decisa volontà di non disfarmi di || niente, se dovrà in seguito farsi si avrà | logo a pensarci. jeri mi occupai del tuo Las=|cia Passare è spero, che lo avrò in questi gior=|ni, sebene ora non sia cosa tanto facile ad | ottenersi. Spero che avrai veduto Biscontini, seco=||ndo io tì annunciava di passaggio in Diligenza. | Saluta Garavita, Bambocio è tutti di casa, questi | amici è parenti fanno l’ostesso con té. | abiamo il tempo più stravagante, che possa | imaginarsi, perché fà delli passagi rapidissimi || dà un ora alla altra, dà un eccesivo caldo, | ad un fredo sensibilissimo, è tanto l’uno che l’ | altro, si succedono à vicenda, oltre di che ò | piovicica ò minaccia di piovere, guasi sempre, | ò và à à star bene se ti bastarda l’animo. || Ciro tì chiede la S. B. Jeri andò dal sig. Zampana ad udire | un magnifico Panigirico che recitò il figlio | Per la Madonna adolo=|rata, che dicono, che | fosse bello, e detto con molto spirito dal ragazzo | io non vi andetti per=/ché si disse alle ore 21, || ora troppo incomoda per mé. Ti abbraccio e sono

tua 83Ieri sera volevo andare al Teatro, che sebene assai mediocre, | volevo vederlo almeno una volta, ma non mi vollero dare | un palcaccio al terzo ordine à meno di sd. 3:, per cui mi feci ||

76 Probabilmente ‘c’è’. 77 La seconda a è corretta su un altro grafema, forse una z o una i. 78 Consumato il foglio in corrispondenza dell’intero vocabolo che si intuisce appena. 79 Un foro in corrispondenza della seconda sillaba impedisce una sicura lettura. 80 Lacerazione sugli ultimi tre grafemi. 81 Il post scriptum è situato nel margine superiore del secondo foglio ed è scritto capovolto. 82 Sic. 83 Le righe che seguono sono situate sul retro del foglio, nel lembo della piegatura della lettera.

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passare subito la voglia, e rimasi à casa à fare il mio treset=|taccio, che fù veramente accio, giache si fece una cagniara | imenza, e sì rise mile volte più, che non avèssimo fatto al Teatro [632] Caris.o Peppe

Roma 6: ott.e 1831 Essendo assai tardi ne vedendo il porta Lettere, | per non farti rimanere affatto senza mie || notizie, equelle di Ciro tì mando queste due | righe, spero che assolutamente tù stai meglio, | anzi sei guarito del tutto del tutto 84 del tuo raffredore. | Il Lascia Pasare si è avuto, e subito, che av-|rò l’aviso della tua venuta lo manderò alla || Porta, acciò non sì smarisca. Ierj portai | questi di servizio à Pranzo ad un osteria | fori di Porta Salara, chiamata Grotta Pal-|lotta; questo pranzo gli era stato promeso | in onore della tua ricuperata salute, e || per i continui miei impicci mai si era po=|tuto effettuare; non ti posso ridire come | Ciro si divertisse, e dette gran saggio di sé | al gioco delle Bocce, e Campana, alli quali | due giochi à mé non riescì di vincere mai, || sebene giocai benissimo; avessimo à Contato85 | del locale della nost.a osteria il S. Padre, che | venne à pranzo dalli Colegiali della Appolina=|ra86, che sono in vilegiatura ad una loro | vignia, ed oggi il S. P. parte per Castel Gandolfo || per una 15na di giorni. In albano dicono, che | vi sia una villegiatura brillantissima. Io ho | varie istigazioni per andarci, e quindi vedere // al Monte Cave che mi dicono sia cosa ver-|gognosa che io non abbia ancora veduto, || nulla ho ancora ho risoluto, ed il tempo | mi darà consiglio, e più, che il tempo, tempo | il tempo admosferico. Mille saluti à tutti | i Parenti, ed amici, come fanno qui tutti | è poi tutti, che mi domandeno incessante=||mente di té. Ciro Zompa, e corre, sà benis=|simo servire la Messa, e jeri sera doppo tor-|nato dalla campagnata, mé né dette un | saggio, ti chiede la S. B., ed io abbraciandoti | sono La_tua Cic. P.S. Peppe mio, che coppia! Annamaria | è Menicuccio à braccetto87 fuori di Porta | Salara, che spicco facevano in distanza, | uno pendeva à sinistra, ed una altra a | destra, è cascavano à pezzi tutti e due [673]88 Caro Peppe

Roma 10: Maggio 1832 Questa mattina sono stata in casa Belli à fare una | visitaccia è da Toto ho sentite le tue buone | nuove, avendomi detto che à ricevute tue Lettere || questa mattina; Essi tì dicano mille cose. Mi giunze | tutta in una volta la spedizione delli arretrati | Figurini dà Gennajo in poi, in N° di 24 = è_ques=|ta mattina l’altro in corrente, sono certo, che | tù tì ci divertirai, essendoci nel foglio che lo89 || accompagna un mondo di cosette. Il vento quì | continua tuttora. basta90 si stancherà = Veniamo // a Ricci, ed à suoi contanti, Esso tì farà un | ordine libero di sd. 30 che consegnerà alla | contessa Marcolini, che parte al termine || di questa settimana, la quale sborsa quì | al Ricci detta somma di sd. 30 in quanto | alli altri 10: fino al compimento delli | sd. 40 tieli per té, per il momento, | che io penzo à passarli à Ricci quì || in Roma. Mi dirai poi

84 In interlinea, sopra la locuzione cassata. 85 Sic per ‘contatto’. 86 Lacerazione in corrispondenza dell’iniziale, che tuttavia si legge. 87 Lacerazione in corrispondenza del secondo e terzo grafema. 88 Questa lettera è preceduta da 11 righe di Ciro al padre. 89 Il grafema o è corretto su i. 90 L’iniziale è corretta forse su B.

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qual esito | avrà la riscossione Antaldi, per poter=|mi regolare, onde farti avere altro | denaro al occorrenza, e ciò mi sembra | possa caminare; se non ti capacità scri=||vimi con libertà. Godo sentire i Prodigi | di Tortquatello, mà non mi scoragisco di | Ciro mio; Ciro à talento, e farà forse | più che un altro tosto sarà arrivato | al epoca nella quale la ragione gli farà || ad evidenza vedere, che per essere nel mon=|do qualche cosa, conviene sapere; riguardo | al fisico, credo certo non dovrà rimanere // perciò indietro, giaché posso senza dificoltà dire, | che pochi né vedo della Sua età, che siano così || geniali come Lui, onde lasciamo fare à dio, | e basta che dal canto nostro non venga | trascurato, il tempo avrà cura del resto. | I saluti per té sono à milioni, e vengono | anche dà Napoli dà parte di Fanetti, alli || quali si aggiungano quelli della Moglia do=|lente di non essere stata in Casa il giornee91. Mille cose alli tuoi | ospiti, amami, e credimi tua Cicia [677] Caro Peppe

Roma 17: Maggio 1832 Due righe per non incomodare l’ottimo nos.o 92 | Torricelli, e per annunciarti, che ho conseg=||nato alla Diligenza che parte questa | mattina il quadro, che ben condizionto93 | e messo in una Cassetta mi è stato rimes-|so dal Sig.r Camilletti, per lo ad indirizzo dello 94 stesso conte | Toricelli. Il porto dovrà pagarsi à Fosso=||mbrone, e sebene vi voleva assai di più | io lò convenuto per soli Paoli95 otto come | da marca presso di me esistente, per qual=|lunque effetto sarà di raggione, spero, che | tù, ed Esso sarete contenti del mio ope=||rato.96 Ieri venne la Sigra Mancini, mà ci feci parlare | Ricci, perché uno delli miei fieri mali di capo mi_inpedì dì | vederla. L’oggetto per cui voleva presentarsi al Cav. Antici mi | sembra affatto fuori di proposito; voleva che le avesse fatto | ottenere qualche cosa dalla benificenza, senza però essere sog=||getta ad avere la visita in casa. Io le feci dire, che Antici non | poteva di certo fare niente per Lei, oltre di, che Esso parte al | più frà un pajo di giorni per Recanati, dove rimarà sei | mesi; che l’unico canale era quello di sapere chi era la de=|putata della sua parrochia, e presso di quella fare delle premu=||re, mà che la visita in casa era inevitabile. Essa disse che si | sarebbe informata della deputata, e sarebbe tornata dà mé per | vedere quello si poteva fare. Ciro fù fori di se dalla consolazione | vedendo, che la Lettera era tutta per Lui e che era divenuto uomo | di affari, e tì chiede la S. B., oggi si và à pranzo alla vigna Lelmi. || Quì è fredo vento, e pioggia continua, il, che cagiona mal essere, | ed imenza malinconia, e si puole dire danaro danaro come la | tua canzone In fino i tempi ti si son mossi, mà quelli in bene | e questi in male. Galliano, che vidi l’altro giorno, ti dicee97 || mille cose, e stà suficientemente benino. Tutti ti salutano,98 | ed io mi dico abbracciandoti di cuore tua affez. Moglie99

Pichi Belli

91 Ovvero ‘il giorno’. Il vocabolo però non è chiaro, potrebbe essere anche il giovedi. 92 Difficile la lettura dell’abbreviazione: sembra più probabile nostro, ma anche mas.o per maestro. 93 Sic per ‘condizionato’; cfr. infatti condizionati 678,4. 94 L’espressione in interlinea è scritta sopra alle parole cancellate. 95 Corretto sull’abbreviazione corrispondente. 96 Da questo punto per tutto il resto della lettera il tratto grafico e l’interlinea si restringono

notevolmente. 97 Sic. 98 Sul bordo destro del foglio si trova una lacerazione di circa 5 mm. 99 La forma è ricalcata su grafemi poco chiari, forse sul consueto Cic.a.

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[678] Carimo Peppe mio Roma 19100: Maggio | 1832

Ieri ricevetti ben condizionati i sd. 30, in rim-||borzo di quelli dà mé improntati per l’ami=|co Torricelli. Sò bene che tù non sei capa=|ce di compromettermi, mà sicome mille pos=|sano nel mondo essere le combinazioni, | in cosa così di premura per mé devi || scusare, se tì dissi la cosa con tanto calo=|re. Riguardo al Porto avrai sentito, che lo | avevo combinato per baj.i Ottanta, e spero sarà | andata bene. Per l’imbalaggio poi Camilletti mi | portò quì la scatola tal quale come té la || spedii, senza parlarmi affatto di alcuna sua | pretenzione per ciò, se mi dirà qualche co=|sa io lo sodisferò (risparmiando più che_si | puole) è te né renderò avvertito101. | Pagai l’ordine Lazarini; quello di Pariani non || si vide ancora, mà verrà senza meno, e | sarà sodisfatto. Vidi Monsig.r Piccolomini | al quale parlai delle carte Borghi, dapoiché | aveva incontrato pochi giorni prima il | Sig.r Parozzi, che stà per Roma mi 102 e promis=||se di venirmi à trovare, mà ancora | non lò veduto. Piccolomini poi mi disse | averne scritto à Monsig.r Nicolai, e che | così spera di cavarne le mani quanto pri=|ma. Caro Peppe se Messena Piange, Sparta || non ride, giaché sé tù soffri l’incostanza // del tempo noi siamo nella stessa categoria, | aqua, fredo è venti eccesivi; li omini sono | con il ferajolo103, e tì basti sapere, che | Mercoledì sera per andare al Teatro, seb=||ne facessi tutti i miei sforzi per andar=|vi à piedi, non mi fù possibile, sembran-|do una serata dà rigorossimo104 inverno. | Si vorrebbe105 un giorno andare alli Cavalli | incompagnia della Trocchi, giaché tutti || dicono, che questa volta fanno delle | cose amirabili, e mai più vedute, | mà non è possibile di raccapezare | mezza giornata senza timore di pren-|dersi di certo un malanno, almeno per || noi corpi patiti; C Ciro è perciò nella | massima impazienza, Esso tì chiede la | S. Benedizione, e tì abbraccia. Gli amici | tutti tì dicono mille cose, e tutti | vorrebero essere distinti, mà come sì fà?, || prendili in globbo, è basti. | Mille cose alli ospiti di tutte le razze | grandi, è piccoli Tì abbraccio, e sono tua

Ciccia P.S. mi duole, che non abbi || portato il soprabito di Borzone. Non mi par=|li delli sd. 10, che tì dissi ritenerti, ciò non ostante | credo sarà andato bene così! [685] Caro Peppe

Roma 5: Giug.o 1832 Sono due ordinari, che non vedo tui carateri, | voglio però ciò attribuire à mancanza di ma=||teria, e non mai ad alcun sinistro evento, | che, dio tenga sempre lontano. Quì diluvia | giorno, e notte, e fà freddo. Il tempo | dello scorso sabato fù cosi perverso, che essen=|do nel giorno capitato B. Ferdinando || per dare la piccola istuzione106 à Ciro, non | fù più possibile, che sortisse di quì, e | restò perfino à dormire. Le mie convul=|sioni sono al eccesso107, e frà le altre | cose mi producono108 una sonnolenza tale, || che parlo, è dormo, e la notte sebene |

100 La seconda cifra è corretta probabilmente su 8. 101 Una macchia sulla parte finale del vocabolo rende incerta la lettura di o. 102 Sopra il pronome cancellato si intravede anche un accento in corrispondenza del puntino della i. La

congiunzione è aggiunta sopra alla cancellatura. 103 La a è corretta sopra un altro grafema. 104 Sic per l’elativo ‘rigorosissimo’. 105 I grafemi che rappresentano la labiale geminata sono corretti sopra -be-. 106 Sic per ‘istruzione’. 107 Foro in corrispondenza della seconda e. 108 Foro in corrispondenza della o finale.

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vado in Letto non tanto109 tardi, dormo come | un morto tutta la notte, ed anno assai | che fare per segliarmi110. Ciro stà benone, e | ti chiede la Santa B. Dì mille cose per || mé in Famiglia. abiti111 cura, ed abbr.i

sono tua Cic.a [691] Mio Caro Peppe

Roma 23: Giug.o 1832 Quale impressione abbia in mè prodotta la lettura | del Tuo N. 14 non è possibile che possa des=||crivetela poiché avevo se mai imaginato, che | piovesse, ma nò che diluviasse à tal segno, | la chiusa poi di quanto tì passa per | la mente del estirpazione delle tonzille | à in me prodotto un terrore tale, che || non mi fà trovare requie né giorno, ne | notte. Imagina se io darei anche la mia | vita per vederti tornare in salute, mà | mi sembra impossibile di potere112 regere | à vederti assogettare ad una operazione || così dolorosa, e che per quanto il tuo | amore verso di mè voglia paliarmi la | cosa la credo di certo di sommo perico=|lo; rientra in tè, e se mi ami rifletti | meglio alla cosa; per ora non tì dico di || più, perché in verità sono così angustia=|ta, che poco posso continuare sù questo | proposito. Se sono dolente per tè de sd. in | quale maniera, lo sono anche per l’ottimo | amico Torricelli, il quale oltre il ramari=||co non piccolo di vedere tè così, imagino | quanti pensieri, ed incomodi le avrai recati, | ed in un momento dove aveva di già in sua | casa altri malati, ad à Esso carimi113, queste | cose non114 posseno mai compensarsi, ne rimane115 || altro à dire, che indelebile sarà nel mio cuore // riconoscenza tanto verso di Esso, che di tutti | quelli che si sono prestati per tè, per cari=|tà abiti cura è non lasciarmi un momento | senza tue notizie, e se mai ciò tì facesse || incomodo per la tua debolezza fami pure | scrivere dà chì tì pare, mi basterà sol=|tanto di vedere la tua firma. Anco=|ra oggi non ho ricevuta nessuna noti=|zia, mà ho cominciato à scrivere la || presente in anticipazione attendendo la | posta. Non puoi credere gli amici | tutti quanto interesse mostrano per tè, | e cercano di consolarmi, ma per mè non | trovo alcun solievo, sapendo, che tù pati=||sci. ora passo à darti una, ò due novette116. | La prima è quella, che essendo andato | Giovedì sera Ossoli come il solito in Casa | Lepri, ed avendolo io incaricato di salut=|armi Galiano, e dargli le tue notizie, || trovò con sua sorpresa, che non vi era | più, è sentì dalla Marchesa padrona | di casa, che era giunta dà due giorni | da Firenze la sua padrona di casa Fior=|entina, la quale appena giunta, (è pri=||ma di entrare nella sua camera) aveva | dimandato se aveva fatto Testamento, | ed indi sù due piedi gli aveva117 fatto | fare il Baulle, Licenziare tutti è due // li servitori e partire l’indimani con Lei per || Firenze, ed i sig.i Lepri non seppero tutto ciò, | che la mattina, che partì, che tè nè pare; sì dice | ora, che Egli abbia 80 mila sd. nel banco Ce=|lano, delli quali per altro non gode, che lusu=|frutto essendo tutta robba di M.a Carolina, la || quale morendo dichiarò di avere una figlia | alla quale và tutto. Sì dice di più, che pochi | giorni prima di partire avesse una Lettera da Spa=|gna, dove oltre questa Figlia sì dicesse essersi sco=|perto anche un Figlio di detta M.a Carolina, il || quale cavava fuori delle grandi pretenzioni | sopra l’asse Materna, e che ciò in Lei

109 Foro in corrispondenza della n. 110 Sic per ‘svegliarmi’. 111 Il foglio risulta lacerato in corrispondenza della prima sillaba. 112 Seguono due grafemi poco chiari. 113 Sic, con titulus per ‘carissimi’. 114 Lacerazione in corrispondenza di non. 115 Una lacerazione sulla vocale finale rende incerta la lettura. 116 Sul vocabolo sono visibili alcune lacerazioni. 117 Lacerazione in corrispondenza della vocale finale.

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produ=|cesse una grande arrabiatura, per lo ché stette | per vari giorni assai male. | L’altra notizia è, che Cencio Rosa || (che tì saluta particolarmente) | à avuto un posto di sotto-Fante | con l’obligo di dare scuola di | spada alli uficiali di Lincia. | Io tì ò scritto un processo legimi un poco || alla volta. Ricci mi disse118, che questo ordinario non | tì scrive, il Padre è partito questa notte per | Bagnaia per fare l’inventari del Povero B. Pie=|tro Lante, di cui è rimasto esecutor testamen=|tario. La vedova si dice, che già siasi rimari=||tata con un Pittore Napoletano di poca ab=|bilità, vedovo con due Figli, e con molte | miserie vedi che bel negozio. Mio caro Peppe | ricevo assai tardi il tuo N. 14 15, e sono in certa ma=|niera più tranquilla, sentendo che progredisce la tua || convalesenza; per quanto desiderio ò anche io di averti con | mè, non tì aventurare al viaggio per carità se non sei | sicuro del fatto tuo, dio guardi in una ricaduta in una | Locanda. Tù non devi rendermi conto, è dio provederà à | tutto. Ricci non lò veduto, ma credo senza anche sen=||tiro, che anderà benissimo. Così tì abbracciamo io e Ciro

di cuore tua Cic.a [721] Mio Caro Peppe

Albano 11: ott. 1832 Come avrai sentito dà Rotondi malgrado | il tempo un poco incerto noi non abbia=||mo mancato di essere sempre in moto. | Ierj sera si andette prima in Casa Capra=|nica, e poi in casa Corsini, dove sì fece | assai tardi è ciro si divertì assai, tant-|to con il volantino, che con il bigliardo. || Noi dà jeri sera, che siamo rimasti soli, | che sì pranza è sì cena in Casa. Oggi | è una giornata divina è quì la | gente è in tal numero dà non poter-|si imaginare, al ora, che tì scrivo, || che ancora non è un ora doppo il | mezzo giorno, Ciro oggi già è stato ore | quattro è mezzo a Cavallo al asino, ed | è nel suo centro. Peppe mio bisogna, che | tì confessi la verità, che non vi è che || l’imperiosa circostanza della partenza di | Ciro, che non mi faccia assolutamente | obligare té à tornare quì, è vedere di si=|stemarci, è terminarvi il mese di ottobre. | giache io ci stò troppo bene, mà mi || conviente119 il tutto sagrificare, ad una cosa // che purtroppo non amette dilazione. Io | procuro di venire dimani, mà non té | né dò parola, per sabato poi senza fallo, | onde fami il piacere se vedi qualcu=||no di quelli, che vengano il Sabato, di | assicurarli, che la sera ci sono. | Mille saluti alla Famiglia, ed à tutti | separatamente dirai qualche cosa | da parte di tutti; Ciro poi abbraccia || antonia in modo speciale120, ed io an=|che agiungo qualche cosa particolare | per Essa; chiede ciro à té la S. Bened.e; | e saluta i Biagi, ed i Gregori. Ti abbraccio | e sono dandoti i saluti di Ossoli La tua affez. Cic. La presente ti sarà recapitata da | Peppe Salvatori addio [725] Caro Peppe mio

Roma martedì 23: Ott.e 1832 Ricevetti la tua dà Narni, e di massima | consolazione mi è stato il sentirvi tutti || in ottimo stato di salute; in quanto | allo stare allegra ti accerto, che non mi | è possibile, e sebene ciro nulla fosse con | mè affettuoso, qual si sarebe dovuto, | ciò non ostante ogni giorno più mi || riesce sensibile la sua lontananza, non mi | consolo di altro che Esso non ha davero | soferto niente nel lasciarmi, il che | pure mi avebbe fatta pena magiore. | Attendo di sentire, che siate

118 Corretto su un altro vocabolo, forse dici. 119 Sic, forse si tratta di un incrocio tra mi conviene ed è conveniente. 120 Il grafema iniziale s condivide il tratto con l’asta della p.

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sani, è sal=||vi giunti in Peruggia, ed il dettaglio | di tutto il resto. Ricevo in questo corso | una Lettera di Stocchi a_tè diretta | nella quale pare che dica, ò almeno | che voglia dire, che pagherà al tuo || passaggio in Terni la rata del affitto; | spero, che se ciò à egli eseguito, tù | me lì avrai già spediti, se per caso | non lo avesti fatto fallo subito, gia=|chè tal somma è da mè destinata || à pagarci la Pigione il che doveva già | avere eseguito, e sul momento non sapre=|rei come ripiegare. // Quì annesso troverai un mezzo foglio | di carta Bollata; dalla parte di dietro || vi troverai due segnetti con il lapis | in quel posto tù facci il tuo no=|me è metti appresso mi obbligo come | sopra, devo fare una cosa indispen=|sabile, che saprai al tuo ritorno || per cui mi necesita tale sottos=|cizione, che tì prego respingermi | à pronto corso di posta, ed assicu=|rarmi la Lettera, per evitarne un | smarrimento. E venuta un Lettera || dalla Suocera di Torricelli la quale | dice di avere impostato il dena=|ro, che io credo riceverò con la | diligenza di oggi, ed il ritardo dice | essere provenuto dal essere stata || assai in confusione per un furto, | che gli hanno fatto di sd. 200. | Anna Maria, Antonio, e gli amici | salutano tutti. E inutile che ti // dica quante volte devi abbracciare Ciro, || e Bendirlo per mè, perchè secondo la mia | volontà dovrebbero essere senza limiti. | Dì mille cose ad Antonia, Domenico, Bis=|contini, Micheletti, ed il Pad.e Rettore. Rispondi subito rimanda || il Foglio, e credimi mentre abbracciand. So.Tu.a Cic.a [729] Caro Peppe

Roma 27: Ott.e 1832 Ho puntualmente ricevuta la cara tua, con | entro la nota carta, è và benissimo. || Nel mio malumore non godo altro refri=|gerio, che il sentirvi tutti in ottimo sta=|to, il che non è poco. Ringrazzio senza | fine l’amico Biscontini delle attenzioni | prodigate, del che non dubitava. và tutto || in regola quanto hai ordinato per | il nos.o Ciro del quale gradisco, ed i bagi, e | la memoria, mà mi sembra, che un ri=|go ho una parola almeno di suo cara=|tere poteva aggiungersi, ad una povera || Madre, basta deve andare così. Quì sono | giornate di Paradiso, e sebene io non | ne profitto, né godo per voi tutti, pen=|sando, che vi daranno il campo di | sgamettare121. I denari della Delasche || sì presero: non quelli di Stocchi per | altro, del quale nemeno in questo | corso mi è pervenuta alcuna notizia. | Tutti, è poi tutti ti dicono mille cose. | Mi raccomando di non muoverti dà || Terni se non hai sistemato il nuo=|vo affitto in modo tale, da non darci // alcun pensiere nel corso di Esso. Come | pure di disg disbrigare le altre piccole | pendenzuole che lì vi sono, tù sai || per esperienza, che anche l’inezie | quando si deveno trattare per Lettera | sono eterne. abiti cura conservami | Ciro mio, e benedicilo anche per mè | dandogli delli bagioni, saluta Antonia, || Domenico gli am.ci amami, e | Credimi La tua Cic.a [730] Caro Peppe

Roma 30 Ott.e 1832 Tu non lo crederai, ma dal momento, che | jeri ricevetti la tua Lettera, io non ho fatto || altro, che piangere; jeri sera poi fù | serata nera, nera, è non potevo arrivare | ad adormentarmi, per il gran piangere, | pensando, che era la prima sera, che | Ciro mio rimaneva in mezzo à_tutti stra=||nieri, ed abbandonato à fatto dalle per-|sone alle quali Esso è più Caro. Peppe mio | io faccio quello, che posso per adatar=|mi alla mia sorte, mà non sò se | ci riesco, è non sò se posso adat=||tarmi à vivere senza | il Figlio, tì assicuro, | che il pensare, che | io vedrò rientrare

121 Sic per ‘sgambettare’.

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| tè la porta di casa || senza di Lui, è per mè | una idea insoportabile, basta sì vedrà, ma | non mi riprometto di regere, quantunque | ne veda la necesità. Scusa ma io sono | così convulsa, così aggitata, che non mi || resta la forza di dirti, se non che, tì abbi | cura, che Stocchi non mi ha mandato nie=|nte, che io bestemio dovendo pagare | Ballanti, vado à scrivergli un rigo, non_sò | se gioverà. Saluta tutti, Benedici ciro mio || caro, tì lascio con le Lagrime alli occhi e

sono tua Cic.a [733] Caro Peppe mio

Roma 3: Nov.e 1832 Non ti indrizai due righe à Spoleto per | due raggioni, la prima perché non aven-||domi tu detto di risponderti colà temei, | che non andasti alla Posta. La seconda, | Perché mi sentivo in quel giorno assai | male al punto, che sebene fossero tut=|ti i Santi non andai nemeno à messa, || e poi la tua Lettera con il dettaglio del | in<..> ingresso in Colleggio del mio Caro Ciro | mi comosse ad un punto, che non fui più | padrona di mè, e dio sà, che giornata pas=|sai, l’ipocondria fù tale, che non mi || riescì di vincermi ed escire nemeno jeri; | oggi poi la necesità delli miei affari | stringe è conviene andare, ed anche per | la mia salute, perché vedo pur troppo, che | un solo giorno di casa è per mè un ve=||leno tanto per i nervi, che per li occhi, | giaché è affatto impossibile, che io stia | senza fare niente, è quelli continui occhia=|li le giornate intiere sono la mia rovi=|na. In casa di Domenico sono assai dispia-||ciuti, perché dicano di non avere notizie122 di | Esso, io li ho assicurati, che state tutti bene. an=//na Maria la quale si porta benissimo, | sta sotto sopra per volere sapere in te=|mpo quando arriverete, non solo perché || vole rifare il Letto della sora Antonia, | ma la cosa, che più gli preme, è quella | di Levare il catenaccio dalla porta, che | da dove si pranza và in camera di | antonia, acciò se viene impicciata || con i fagotti non passi per il Passetto, | mà bensì entri comoda in camera sua, | è sempre à pavura, che arriviate al’im=|proviso, e di non essere in tempo à levare | questi santi catenacci. Essa però stà svel=||tissima; imagina, che io non dormo guasi | mai, e sono sempre alla mia scrivania | prima di giorno, ed ogni mattina al alba | antonio mi dà il mio Caffè con l’ovo; | oggi per essempio ora, che tì scrivo non || sono ancora le otto, ed anna Maria già | a terminato123 di spicciare tutte le came-|re mie, è la carne del mio alleso già bolle, e la sera // si và in Letto assai tardi, perché io non potendo dor=|mire, mi faccio fare conversazione da antonio più || che posso che servitore eccellente, non sò se dave=|ro si trovi il compagno, dà che vogliartri siete par=|titi, non ha abandonato mai la la124 casa, se non per | le cose di stretta necesità; lesto, pulito, ed economo, | e poi se stasse à Lui non vorrebbe mai niente da || mangiare, mi tocca comandargli per forza, che com=|pri, che basti anche per Lui. # Fioravanti non pagò | la cambiale, il Sig.e Vitelli è fuori, e dicano, che quando non | stà quì non ce mai nessuno che faccia i suoi affa=|ri, sentirai in voce come mi sono condotta, ti basti || per ora di sapere, che mi sono consigliata anche con | Bondì, il quale mi à assicurato, che la cambiale | non aveva bisogno di Protesto125; sono stati per altro | da mè fatti citare fin da jeri al Tribunale di co=|mercio, tanto Vitelli, che Fioravanti, vedremo cosa || ne sortirà. Sospendo di scriverti fino, che non sò se | vi siano tue Lettere. Ricevo la tua, e per tè è | tutto Paradiso, per mè | tutto Inferno126, onde | basti sù127 ciò. Nemeno || in questo coso128 vedo | Lettera di

122 Lacerazione del foglio ma il vocabolo è chiaramente leggibile. 123 Lacerazione in corrispondenza della forma. 124 Sic. 125 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 126 Foro sull’iniziale che compromette anche la prima a di Paradiso nel rigo superiore. 127 Lacerazione in corrispondenza della s. 128 Sic, probabilmente per ‘corso’ della Posta.

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Stocchi, | questa è una gran | B. Io porto àspasso Ballanti per la Pigione129 di | giorno, in giorno, speravo di suplire con la || cambiale di Fioravanti, ed anche questo è an-|data à voto, imagina con il malumore, che | mi ritrovo quanto queste circostanze lo ac=|reschino. Saluta tutti, amici, Parenti, e do=|mestici, abiti cura, amami è credimi tua cic.a

# Quando i miei affari, me lo permeetteno, io pranzo | fino un quarto doppo il mezzo giorno. Non vedo la | mia camera da Letto, che per dormirvi, mentre passo | tutto tutto il giorno, è la sera nel camerino dove stà | il ritratto di ciro mio, e di tempo in tempo ci faccio dà || me un piccolo coloquio, che termina con un piantarello130 | P.S. | Tì saluta il marchese Melchiorri, con il quale ho combinato | questi giorni un affare, ed ho dovuto vederlo varie volte. | jeir sera restò à fare la Partita, stando io in casa, parché Lel=||mi sono alla vignia131 [739] Caro Peppe

Roma 6: Nov.e 1832 Ricevo in questo corso una Lettera del mio Caro | Ciro, al quale rispondo quest’oggi. Esso mi dice di sta-||re bene, e contento, questo sarà, ed io gli auguro | di cuore, che ciò sia così. Godo sentirti ben giunto | à Terni, e spero, che avanti di partirne saran=|no ultimate le pendenze, che ivi abbiamo. Ne=|meno jeri ebbi nessuna notizia del denaro || di Stocchi, quì tutti mancano alli Pagamen=|ti, ed intanto io devo pagare di certo, vedi che | bella vita. Farò il possibile per il Lascia pasare | ma non te lo prometto di certo, in tutti i casi | dimandane alla Porta. Riguardo alla mia || salute essa è meno cattiva di quello, | che vorrei; riguardo al umore non nè | parliamo, conosco da mè stessa di | essere divenuta di una stranezza | tale, che pochi potranno avere || la pazienza di combaterci; che voi | che tì dica, io sono in mè stessa di in una cotradi=|zione tale, che mi spaventa, vedo la necesità di | tenere Ciro in colleggio, e d’altronde non posso | persuadermi à vivere senza di Esso, credo certo, che || in tutta la vita mia non ho pianto tanto | quanto in questi (non diro 18: giorni) dà che Egli | è partito, ma 18: secoli, giachè tali sembrano | à mè le giornate, da che non_lo vedo. Saluta | tutti; veramente avrei certo creduto, che alme=||no una volta Antonia mi avesse scritto, mà | non importa, pegio và meglio và. Tì abbrac=|cio, e sono La tua Cic.a [741] Caro Peppe

Roma 8: Nov.e 1832 Due righe in somma fretta, perché malgrado | il tempo orribile, che tù dici, è che || anche noi esperimentiamo mi conviene | escire à radunare un poco di denaro, | avendo data la mia parola à Ballanti | di pagarlo in settimana. Mi adoprerò | di trovare questo Sig.r Barba nera, mà || io da Stocchi non hò avuto avviso, | è ne tampoco ho veduto un bajocco. | con antonia si faranno le paci | in voce. Di ciro hai raggione, ed | anche di quello parleremo ed || in sieme, è sì deciderà. Tì dicevo | che della salute non potevo lag=|niarmi132, mà sono due giorni, che | và assai male, sarà perché secondo | quel detto, dagli, dagli manda al || ablativo. Con la Posta di Sabato spero | sentirti di ritorno. Mi dispiace, che | non abbi potuto portarti sopra la faccia del | loco, per queste benedette Fabriche, | converebbe fare le cose in modo, che || d’ora in avanti

129 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 130 Questa aggiunta è vergata capovolta in alto sul verso del primo foglio della lettera. 131 Il post scriptum è situato sul retro della lettera, in uno dei lembi che venivano ripiegati all’interno. 132 Sotto n è stata cancellata g.

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ne avessero esatta | cura, perché se oggi non stano an-|cora in caso di cadere, potranno esserlo con | un poca più di trascuragine. Saluta tutti, tutti tì | salutano. de io tì abb.o || e_sono tua C. P.S. Jeri pagai l’ordine di Pariani e andiamo | avanti: [742] Cari:mo Peppe

Roma 10: Nov.e 1832 Sento tutto vedo tutto, e conosco bene, che | da poco in quà non nè và più bene || una, converebbe prenderla con pazien-|za ma io nè ho avuta sempre poca, | adesso poi niente affatto. Girai133 per il | veturalle, e ben presto venni al giorno, | che non era Barba-nera, ma bensì || Bocca-nera, perché del Barba-nera nessuno | ne aveva contezza; e del Bocca nera | sì, e che faceva recapito al albergo | in piazza Randanini; mà dallo staliere | seppi, che era ripartito doppo avere || venduto il suo olio, fin dà Domenica | scorsa. Appena ricevuta oggi la tua, che | ò spedito Antonio al albergo di piazza | Randanini, per rintraciare il Fioretti, | ed ho saputo, che non lì, mà bensì al || albergo di S. Antonio Esso allogia; ma, che | felicemente fino da jeri doppo avere | venduto il suo olio, se nera ripartito, | senza lasciarsi dà mè vedere, vedi che flem=|ma che vi vole. Tù134 bestemi, io Bestemio, || e_tutti e due bestemiamo. Ciò che mi duo=//le si è, che tù temi135 di malarti, è che | Patisci il Fredo; quì si à il tempo india=|volato, niente meno, che dove sei tù. | jeri notte fù una nottata, che tutti || si raccomandavano l’anima dà_loro, | sembrando il diluvio universale, la | grandine era come_le noci, ti basti | di sapere, che questo fù la sera alle | ore sette d’Italia, e la mattina quando || io mi alsai ancora era alta per le stra=|de, e sopra i tetti come avesse fatta la | neve; non puoi credere la pena, che | mi presi jeri credendoti in viaggio per-|ché fù un tempo orribile tutto il gior=||no. Mi sembra, che faresti una grande | bestalità136 di rimandare Antonia, e Dome=|nico senza di tè; io ò più piacere | che non stando benissimo tù torni | in compagnia, piutosto se credi, che || Essi siano troppo d’agravio alle cugine, | proponi loro darle qualche piccola cosa peril | loro mantenimento, tanto io se vengano quì | devo passarle il mangiare, basta fà tù. | Ho avuto con il mezzo del copista di Bis.i || nuove del mio adorato Ciro, dice che lo vide | alla passegiata, e che stava benone, dio mè | lo conservi. vedrò i Lepri, mà ancora sebene | sia bene tardi non sì vedeno. Saluta tutti, | come quì tutti salutano voialtri, e credimi

abbracciand.i di cuore. La tua Cic.a [800] Caro Peppe

Roma 30: Maggio 1833 Ho atteso fin ad ora, per ricevere là | tua, ma vedendo, che l’ora si fà ben tar=||di; azardo di mandarti queste due righe | a Spoleto, dove imgino137, che potrai ricever=|le secondo i conti, che io faccio. Ricevetti | la tua da Narni, spero, che ottimo sarà | stato il resto del viaggio. Io stò benino. || abbraccia Ciuco mio miglioni di volte. | Li amici tutti ti salutano. Ierj vidi Ber=|tinelli ristabilito. Ti abbraccio e sono tua

Ciccia

133 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 134 L’iniziale sembra corretta su I forse di Io seguente. 135 Sotto l’ultimo grafema si scorge una cancellatura, forse j. 136 Sic. 137 Sic per ‘immagino’.

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[807] Caro Peppe Roma 8: Giug.o 1833

Ho ricevuto il tuo processo, al quale per darci una | corsa ho impiegato mezza giornata. Mandai subito || a chiamare Canale, per avere un qualche schia=|rimento sopra l’ipoteca della Missione, ed Esso mi | disse, che credeva che la Missione se non fosse | del tutto pagata vi mancasse poco, perché | qualche anno fà sà che spogliò il Fratello Gio=||vanni di un fondo, che Saverio le aveva dato | per sua porzione, perché era appunto il | fondo Cenzito della Missione, che si poteva | prendere delle notizie dal Procuratore della | Missione, dal che per solecitare la cosa mi || incaricai io stessa, come farò al più pres=|to, ed ecco uno scoglio superato, mà nello stes=|so tempo si urta in uno assai pegiore. | Passai la tua à Biscontini la quale doppo | letta, e riletta, e_bene esaminata, ed anche dop=||po avergli detto quello sì era contestato | con Valentino riguardo alla Missione, mi | rispose per ben due volte, non basta, non | basta, e mi riconsegnò la Lettera, con sotto | scritte queste due paroline occore l’Estratto || Ipotecario contro Pavolo, e Filippo Canale non | meno, che contro Saverio, altrimenti loro non | sono sicuri prendendo il pezzo di Tereno, ne | troveranno nessuno che lo prenda senza | questi estratti a tali parole mi spaventai, e dissi || questo è guasi impossibile, ed allora Biscontini | mi disse, si puole fare un altro tentativo, | forsi il Procuratore del Patrimonio Canale lo avrà // ed allora si puole provare se volesse farci la gra=|zia di farci dare una guardata, ed anche questo || si farà, e si vedrà se potremo cavarne le mani. | Sono di ritorno in casa e trovo la cara tua | di Perugia del giorno 6: Godo al sommo di sen=|tire le nuove di Ciuco mio sebene ancora non | siano dettagliate come le vorrei, e come spero || di averle in appresso; Come Diavolo il tempo | fù Giovedì così perverso, qui al contrario | non avessimo, che à lodarsi della giornata | la quale fece piccolo sbruffo di acqua, | in ora, che non incomodò, e del resto fù || fretta, coperta, senza sole, e senza Polve=|re, e la Procesione fù magnifica, ed an=|dette con un ordine singolare, ed, a me | piaque assai, assai. In genere abbiamo | il tempo incostante, cioè grande ore || calde, e grade138 ore fredissime, mà non | diluvi; oggi poi puole dirsi buono assolu=|tamente. Attenderò se Freccavalli porta i volumi 139 . | Ti saluta Antonelli140, il Tolomei, e Perozzi; Angeli=|ca sempre meglio. Spada dice, che ti scrisse à || Terni, e vorrebbe sapere se ricevesti la tua | Dimani Parte la Malanchini, passa da Perugia | e si propone di vedere Ciro. Antonia vole | al solito essere distinta, è nominata. Io | stò mediocremente, e tiro via. abbraccia stretto, // stretto quel briconcellone, ricevi i saluti di tutti, | e credimi la tua Cic.a P.S. Scrivoin questo stesso corso a Corazza, e_le mando | copia del Rescritto favorevole dal quale risulta, che | la Madre è stata assolta dalla Tassa di successio=||ne. [811] Mio Caro Peppe

Roma 11: Giug.o 1833 E impossibile, che ti esprima la consolazione, | che mi à recato il dettaglio, che mi hai || fatto di Ciro nostro, per carità inculcagli | la S.a perseveranza, poiché se amarezza mi | avrebbe recato il sentire delle nuove medio=|cri, imagina quale sarebbe il mio dolore | se doppo così belle lusinghe vedessi che si || rafredasse; mò ciò non posso pensarlo neme=|no da lontano; ringrazia tutti quelli, che | hanno cura di Lui, ed infondigli ad Esso la mas=|sima di essere con tutti grato, e riconos=|cente, abbraccialo, benedicilo, e_salutolo da || parte, e delli amici, e delli parenti, e | di antonia, ed altri domestici. Godo che | ti sei bene alloggiato. Mi

138 Sic per ‘grande’. 139 Si tratta dei Promessi Sposi in tre | volumetti di cui Gioachino parla nella lettera precedente a

Mariuccia datata Perugia, giovedì 6 Giugno 1833 [n. 806]. 140 L’iniziale è corretta sulla minuscola.

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raccomando per | l’affare di Bianchi 141 , il quale è di già stato | lungo oltre modo. Le Mitterpoch vonno essere || nominate distintamente. Parlerò con | Biscontini acciò scriva à Rossi, ne credo | vi sarà dificoltà, per jeri, e per oggi | non vedo strada di tenerne proposito, | perché cade oggi quel tale Esama in casa || di Potes142, ed è così occupato, che appena | respira, gli ò dato un cenno della tua, | mà non sò dirti se capì, ò nò,143 di, che | gli parlavo // Le mie nuove disgraziatamente non sono || tanto buone, perché da due giorni sono at=|tacata da un male tale di nervi, che mi ca=|giono un male di testa, e di stomaco orribile, | e ciò non ostante conviene andare in giro, | mà sofro assai; spero per altro, che passe=||ra. Dimi dove tieni il Libro del Colleggio. | Perché devo farlo vedere à Giorino Borgia. | Adelaide à Portato, da Missina il Figlio | primogenito di sua Figlia, per porlo | in un colleggio e se gli piace il metodo || del Pio, chi sà, che non si determini di | portarlo lì. Ossequi a tutti ricevi i saluti | delli amici, e credimi mentre abbraccian=|doti sono tua Cic.a [814] Caro Peppe mio

Roma 15: Giug.o 1833 Non tì risposi lo scorso ordinario, perche mi sem=|bra assai meglio che se non vi è cosa di somma || importanza frà di noi ci scriviamo a botta, | e risposta come siamo soliti di fare le altre | volte che tù sei fuori. Doppia, è strà-doppia | consolazione mi recano le notizie sempre egua=|li di Ciro nostro, accarezzalo, bagelo, e benedici=||lo per mé mille volte, e fagli pure tutto ciò | che gli occorre. Biscontini in questo corso avver=|te Rossi di ciò, che possa occorerti, e di mano | in mano mè nè darai avviso; mi disse giorni | sono, che aveva scritto ad un suo cliente, che || le doveva due scudi di darli à tè; quando | tù mi avertirai di averli ricevuti, io li passerò | à Lui. Feci fare da Ricci la tua comissione à | Spada. Gli amici tutti al solito tì salutano, | e vorrebero essere nominati tutti, ma ques=||to è impossibile; per combinazione non vidi | mai più Frecavalli. Antonia si raccomanda | di ricordarla spesso à Ciro, e gli altri tutti lo | abbracceno, e salutano. Godo molto, che sei | contento del allogio, tanto più, che ci pote=||va dificile di ritrovarlo a tuo modo. E un | giorno è mezzo, che il mio male di capo và | un poco meglio, ma è stato assai nero. | Nella tua ho ricevuta compiegata la dichia=|razione del Sig.r Bianchi; ancora la ristrezza || del tempo non mi à permesso di farla vede=|re à Marini; à mè sembra per altro, che sia | un bel pasticcio, e che tutte quelle proteste | siano del tutto inutili.144 Riguardo poi à quanto // mi dici nella tua dì non farle danno non sò || se ciò potremo evitarlo, per due raggioni, la | prima perché interessando à noi estremamente | di sostenere il seguestro Legale à fronte delli | altri, se questa si sostiene il Sig.r Bianchi | non vi è dubio, che deve consegnare il sesto || à noi spettante, dal giorno che gli fù in=|timato il seguestro da Lui non atteso; tì | dirò poi francamente come già tè nè feci | cenno, che l’affare non è affatto mio, | ma bensì tutto di assoluta propietà145 di || Biagini, al quale non prestai che il | solo nome, ed Esso è assai arrabiato per | la lungagine, e porcherie,146 che si sono | fatte il in questa cosa così liquida, | per cui non m’inpegnerei à farlo smon=||tare dal proggetto di non essere paga=|to al più presto dove la raggione | lo assista; rifletti anche tù, e vedi, che | io non avrò colpa se il Sig.r Bianchi | avrà delle amarezze, doppo che non à atteso || un seguestro legale, che hà là preferenza | sopra à tutti, ed Egli, che vorrebbe met=|terci alla coda, quando noi siamo al capo, per=|ché il nos.o seguestro è legale, ed à dirit=|to sul sesto, il che non altera le

141 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 142 Il ductus del nome è ricalcato. 143 La virgola è cassata. 144 Il passo da à mè sembra fino a questo punto è chiuso tra due barre verticali. 145 Sic. 146 La forma e porcherie, (inclusa la virgola) è circondata da un tratto sottile con un inchiostro diverso.

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cessioni || volontarie Fatte dal Sig.r Marcucci, il quale | è Padrone di suo remoto proprio di alie=|nare tutta la sua mesata, fuori del sesto il | quale spetta alli creditori seguestratari147 in forza | di sentenze, onde quì non mi pare vi siano || dubi. ciò che mi rincresce è la lungezza della cosa, | ed il gravare di ulteriori spese il Marcucci, che | se si attendeva come sì doveva al seguestro, se si | Partecipata al à chi si doveva, se si dichiarava | subito come gli fù richiesto, e come doveva farsi || per regolarità della cosa, di tutte queste inquie-|tudini non ve ne era alcuna, ed io, e tè non av=|ressimo avute tante noje. vedrò di sapere dalla | Borgia della cantante, ma non sarà così pres=|to, perché stà à Velletri. Tì lascio perché la || testa comincia à ripizicarmi, abbraccia ciuma=|co, come io abbraccio tè e credimi tua Cic. P.S. De Romanis a mandati fascicoli anderò a | vedere cosa deve avere. | P. Scritto Mi dimenticai dirti, che non credo che sì || troverà il buon omo, che compri il terreno Cana=|le senza guardare alle Ipoteche, mà, che se | mai tù conosessi148 il Co... che lo Facesse, strigi149 | subito la cosa, perché Canale è contentissimo. | Venne due ordinari sono una Lettera dalla Roberti || per tè Essa è un processo nella quale non si parla | che delli Lumi che vole da tè per educare sua Figlia | e di Libri che devi comprargli. T’invita e aspetta alla Marca [822] Mio Caro Peppe

Roma 22: Giug.o 1833 Sebene mille cose credo, che dovrei dirti per rispondere | ad Lettera, alla tue, pure il mio ostinatissimo dolo=||re di testa, che mi perseguita fino à farmi passare | molte ore colca, non mi permetterà di scriverti, che | il puro necesario. Prima di ogni cosa piega, e consegna | à ciro la quì annessa. Io sono estemamente150 con=|tenta di quanto di esso mi dici, e sopra à tutto || della salute, è lunica151 cosa di cui tì prego si è, di | raccomandarti à chi à cura di Lui d’invigilare | acciò questa non venga à sofrire alcuna alte=|razione. Fà pure ciò, che credi necesario per tè, | e per Esso; con Biscontini siamo già intesi, onde || mosca sopra di ciò. Avrai la settimana entrante | l’acqua della scala, per mezzo di qualche occasione, | che non nè mancano. Ho piacere che Sig.r Bian=|chi siassi persuaso altrimenti sarei stata assai | imbarazata à parlarne à Biagini, il quale è as=||sai inasprito per questa cosa. Di Canale non se | cavano le patte, | ancora non posso | avere niente di | concludente in mano. || Stà bene quanto mi | dici riguardo à Babocci. | Lì amici tutti tì salutano, imparticolare Dero=|manis, e la vedova Visconti. Manderò da Freca=|valli il quale sò, che è in Roma, mà sì || è reso invisibile, e vero che io non posso mol=|to girare, ma non lò più incontrato. Lesame Ros=|si non ebbe ancor luogo ma Biscon.i cerca dargli pelo, e | contrapelo. abiti cura; ritorna mille saluti a_tutti, e | ringraziamenti senza fine à chi usa delle atten=|zioni al mio ciro, che tì prego abbracciare stretto || stretto nel atto che facendo io l’ostesso con tè mi dico

tua Cic.a

147 Con un inchiostro diverso la parte finale del vocabolo è corretta in seguestranti. 148 Sic. 149 Sic per ‘stringi’. 150 Sic per ‘estremamente’. 151 Sopra u è visibile l’apostrofo.

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[824] [...]o Peppe152 Roma 29: Giug.o 1833

Prendo un contratempo per scriverti nel quale il | mio male di capo è soportabile; poiché vi sono la || magior_parte delle ore della giornata, nelle qua=|li mi è interdetta ogni azione, e conviene stare | al bujo sopra un sofà. Lunedì prossimo attacco | di proposito i bagni, per ultimo tentativo, e se | questi non giovano non sò cosa potrà farsi || per tirarla fuori. Io ciò non ostante mi dò | coraggio è sorto tutti l’intervalli nelli quali | lo spasimo è soportabile, sì per i nos.i affari, | che per non lasciarmi vincere dal male. Non | puoi credere la consolazione, che mi reca le nuove || di ciro mio anima mia, che Benedirai mille volte, | ma essendo così iritata di nervi, quella giornata, | che ricevo tali notizzi piagno assai, e stò così con[fu]=|sa, ed irritata, che faccio paura. Credo, che non | potrò esimermi nel venturo corso di mandarti la || citazione da farsi presentare à Bianchi, acciò | consegni le rate ritenute dal giorno del segues=|tro, tè nè prevengo, questa è una formalità dal=|la quale non posso esimermi. Riceverai à momen=|ti la scatola del aqua della scala per mezzo del || Sig.r Avv.o Luigi Marsuzzi, che sì porta in Perugia per | affari, ed à cui Ossoli l’aveva già consegnata quando | io ricevetti la tua ordinazione delle Pilole, queste | dunque le riceverai per mezzo di un qualche Pe=|rugino amico di Biscontini, che partirà di quì nel || entrante settimana. Stà bene quanto mi dici | riguardo al denaro. antonia vole essere nomina=|ta distintamente. Tutti in globbo salutano tè e Ciu=|carello. Frecavali che incontrai, e gli ramentai il Man=|zoni lò riportò poco doppo. Fami il piacere d’indagare se il || mio ciro potesse portare nel prossimo inverno | un pajo di quelle Pantu=|folette recamate nel ge=|[n]er[e] delle mie, mà non farne parola con Esso. [830] Caro Peppe

Roma 4: Luglio 1833 Come già tì dissi in altra mia, non posso esi=|mermi di mandarti la citazione per il || Bianchi, pregandoti di farla presentare nel=|le regole; tì averto per carità che questa | mi necesita che sia quì di ritorno per il | giorno dodici, e niente più tardi, mi | fido à tè, è tanto basta. L’altro gior=||no venne angelici lo speziale di Porta | Settignana à dimandarmi se era vero, | che era stato in Roma il duca Cesi per | effettuare la compra de nos.i beni di Cesi, | ed io le risposi, che non solo non era ve=||ro questo, mà che nemeno sapevo, che fos=|se stato in Roma. ciò lo credo un pretes=|to, perché doppo alla lontana mi cominciò | a dire di, che sentimento ero, perché que=|la persona gli aveva riscritto, d’indagare || di nuovo come sì pensava. io le dissi fer=|mo, che non cabiavo153 di sentimento, e | che nemeno un baj.o meno di quello, che | tù gli avevi ristretto, che già per ora non | poteva parlarsene, perché tù non eri quì, || ed allora egli mi rispose tanto meglio, se | il Sig.r Belli è da quelle parti potrebbe | abbocarsi con la persona; ed io le dissi, che | per ora eri in Perugia, ed Esso mi disse, | io tornerò verso settembre per sapere || in quale epoca il sig.r Belli sarà in // Terni acciò la persona vi sì presenti, e vedi=|no se in voce possano combinarsi; Io però | vedo il caso dificile, perché per varie | raggioni vorrei vendere à pronti contanti; || basta il tempo ci darà consiglio. Ho | consegnato al Sig.r Speroni amico di Biscon-|tini la scatoletta delle Pilole. Le gara=|fine non le avrai ancora ricevute, per=|ché il Sig.r Av. Marsuzzi è stato poco bene || <…>154 e à ritardata la sua Partenza, la | quale sarà senza fallo Sabato prossimo. | Ciro mio, coco mio me lo abbracci

152 L’angolo in alto a sinistra è strappato e in generale il documento non si presenta in buone

condizioni, soprattutto per i bordi lacerati che rendono dubbia la lettura di alcune parole in margine. 153 Sic per ‘cambiavo’. 154 Due grafemi illeggibili.

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spesso sì, ò nò | da mia Parte, Antonia155 insiste per essere | sempre nominata. Fami il Piacere di Scrive=||vere di bon inchiostro al Antaldi, io pag=|go, pago e chi deve à noi hanno tutti la | Podagra sono presso le due ed ancora non ho ricevu=|ta Lettera nel dubio di non essere in tempo ad | impostare piego la presente lusingandomi che || nella tua non vi sia cosa di somma urgenza, da | replicare subito. Io seguito a soffrire con la | testa, e questa Lettera lo scritta almeno in dieci | tempi tutti tì salutano Benedici è abbraccia | Ciro mio. L’unica cosa che l’inculco doppo data || una corsa alla tua, che ricevo al momento, è | che non tì muove muovi perché si è deciso che | siano tutte convulsioni e che da un momento // al altro deve sparire come deve suole accadere in | tale156 sorte di mali. Tì abbraccio, e sono tua Aff. Cic.a | Cicia P.S. di Frecavalli ti dirò | in appresso157 [832] Mio Caro Peppe

Roma 6: Luglio 1833 Oggi non dovrei scriverti, ma non posso farne di meno | in primo luogo per ringraziarti senza fine della pre=||mura, che hai dimostrata per mè nella tua del 2: cor=|rente alla quale la brevità del tempo non mi per=|misse di rispondre158 che di volo; in secondo luogo per | dirti, che stai più tranquillo, perché da venerdì al | giorno pare che la cosa vada assai meglio e non || mi prendeno, che di tempo; in tempo, che dlle159 pas=|sate assai miti, onde speriamo bene del tutto. | Frecavalli mi sembra non siasisi160 potuto piccare, | perché incontrandolo le feci i tuoi saluti in_pri=|mo, indi le dissi, che se à tutto suo comodo mi || avesse reso il Manzoni, dovevo mandarlo ad | una mia Cugina, che trovava in Albano | malata; ed assai si nojava, Esso mi rispose, che lo | aveva prestato ad un Frate; ma che se lo faceva rida=|re, e me lo avrebbe portato, io sogiunzi, a suo comodo, || a suo comodo, onde mi sembra non vi sia di che piccar=|si. questa mattina ho ricevuta una Lettera di Piat=161|teletti diretta à tè, nella quale dice di avere dato | con questo corso di Posta ordine à Binarelli di pas=|sarci sd. 20: in saldo del semestre di Marzo, tanto || per tua norma norma... Antonia dice che tù dimandi al | Guardarobiere, se N° Paja 6: di calze per Ciro l’anno | possino bastarle, cioè Paja 3: Bianche, e paja 3: negre, | saluta e abbraccia Ciro, come faccio io con tutto il | cuore. I Sig.i Grazioli sono assai amaregiati, per=||ché il loro Figlio non le scrive regolarmente, ed | e più di un mese, che non vedeno suoi carateri, | il che lì rende assai mal contenti, pregano tè | dare loro le più esatte notizie del loro Pietruccio. | Mandai à Matet la piccola notizia. Questa mat=||tina ho veduto Marcelli che mi à date162 tue | notizie. Biscontini stà tirando il collo al ripar=|to Trivisani; di Canale ancora non puole venirsi | à capo di sapere quanto resti ad avere la Missione. | abbiti cura, carezza Ciro per mè, ricevi i saluti di tutti, e || dandoti mille abbracci credimi tua affez. Cic.a

155 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 156 La finale è corretta su i. 157 Il ductus della forma è ricalcato. 158 Sic per ‘rispondere’. 159 Sic per ‘delle’. 160 Sic. 161 La i è corretta su a. 162 Il grafema finale è corretto su a.

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[840] Mio Caro Peppe163 Roma 11: Luglio 1833

Di volo riscontro due tue, perché tardissimo ho ricevute le | Lettere; alla passata poco avrei che dire, se non ché la || sua laconicità mi aveva messa in qualche apprenzione, | ora vedo, che non mi sono del tutto ingannata, poiché vi | è bisono164 di sanguignia; mà voglio sperare, che la cosa | sia di poco momento. Tì ringrazio della Citazione, e | tutto và bene. Intorno alle mosse fà ciò, che più tì || piace. anche quì sono temporali ed à piovuto gua=|si per 24: ore continue, vi è umido assai, e grandi ore | caldissime e grandi fredissime, per cui vi vole gran | giudizio. Venne da mè Nina Battaglia è mi portò una | Lettera del marito di sua zia di Terni, che se non || sbaglio mi pare si chiami Brenciardi, ò Brenciag=|lia il quale gli faceva premure perché mi fa in=|terogasse se io volevo vendere il Tereno valle Cap=|rina, à stima, ed à pronti contanti, le dissi, che | ero contentissima di farlo; che tù eri165 à Perugia166 || che saresti ripassato à Terni nel ottobre, che con | tè poteva combinare il tutto, tanto per tua | regola. Non è possibile che tì esprima la gioia167 | che mi reca la descrizione, che mi fai di ciro | mio, anima mia: esortalo per carità à continu=||are in tutto, e per tutto così, se vole essere l’ido=|lo di Mammà, ed ottenere tutto da mè, poiché | non ce cosa che mi possa fare crescre168 se è possibile | l’amore che la sua retta, e perseverante condotta. | abbraccelo, Benid.o mille volte, e tornagli i saluti di tut=||ti in globbo ed in particolare di antonia. Io non | vado peggio, vi sono delli alti e bassi, onde si cam-|pa; per i Bagni vi è poco tempo, e poi l’incostan-|za della stagione fà tremare Tutti ti salutano | Io termino poiché temo, che parta la Posta; abiti || cura per carità, saluta tutti mentre abbr.i sono tua

Cic.a [844] Mio Caro Peppe

Roma 20: Luglio 1833 Non posso esprimerti la consolazione, che mi ha | recata la Lettera del mio caro Ciro, anima mia, || e molto più la tua con sentire i progressi, che Esso | fà nelli studi, abbracelo Benedicilo mille volte, edigli | che io risponderò alla sua con il mezzo del Sig.r Fa=|ni, che parte nella settimana entrante. Il detto | Sig.r Fani non si lasciò vedere, che jeri questa || mattina ho subito consegnato il Ceroto a_Spada | da cui ne ebbi i baj 20. Pregai il Sig.r Fani di ve=|nire à pranzo con noi Domenica, mà mi disse | essere impegnato, per cui viene Lunedì. Riverisci | la_Sig.ra Chiara, edigli, che Lunedì prossimo mi occu=||però delle Gabie meglio, che mi sarà possibile, | doppo fatte vedrò se quale sarà la spesa mino=|re, se il far fare la scatola, che mi dici; ò se | o vero il farle imballare dalli Facchini di Do=|gana, modo con il quale credo verrebero169 egualmen-||te sicure, basta vedremo. In ques.o Corso vi è per tè | una Lettera di Moraglia, il quale ti chiede un | dettaglio sopra li talenti, e facoltà pecugniare, | del March. Giuseppe Origo170, che ora trovasi à Mi=|lano per cagione di salute171. Ti desidera à Mila=||no, e ti dà nuova del ottimo stato dì tutti di | sua famiglia, tu farai ciò, che credi se voi | risponderle ò nò. Povera Angelica à assai pegio=|rato, e_sì dubita assai; assai, il che ci tiene | tutti nella

163 In fondo a questa lettera è visibile un breve promemoria probabilmente di Belli. 164 Sic per ‘bisogno’. 165 La finale è corretta su e. 166 La g forse è corretta su -gg-. 167 Il ductus della o è ricalcato. 168 Sic, refuso grafico per ‘crescere’, ma potrebbe anche essere l’infinito apocopato crescie. 169 Il digramma iniziale sembra corretto su grafemi illeggibili. 170 La g sembra corretta su -gg-. 171 La finale è corretta su a.

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massima desolazione, è tuttora in || Albano, ne pare che vi sia speranza che possa | trasportasi 172 quì, Gigio Cerroti jeri ha avuta la | laura ad onereme. Se vedrò la o li Tor[u]zzi173 farò | i tuoi saluti, attenderò il Sig.r Santi. Io seguito | con i miei alti, e bassi il clima incost.e non permette || Bagni. // Biscontini che tì saluta mi ha consegnata la | Lettera recata dal Sig.r Santi, assicura il Prof[essor]e174, | che in un modo, ò nel altro sarà servito secondo | i suoi desideri. Tì accludo quanto è necesario || per ultimare la pendenza Marcucci, tù mi | darai à suo tempo gli opportuni discarichi. | Saluta Cirone, da parte di antonia, di ami=|ci, e di Parenti i quali fanno l’ostesso con | tè. Siamo al Principio di batterci con Costan=||zi 175 ; mandò di nuovo per volere amiche=|volmete 176 ristringere l’Ipoteche, Bisconti177 | fù d’aviso ò che dovesse farsi nuovo Istro=|mento vergine, e nel quale non si parlasse | più di rivedere la cosa in devolutivo, o || che là ristrizione sì facesse Giudiziaria178, | e con tutte le formalità prescritte | dalla Legge. Il Proggetto del nuovo Istro=|mento fù ricusato, e da Biscontini gli | fù scritto, un Biglietto, che la ristrizione || non si sarebbe fatta che giuziaria179, | che intanto lo preveniva, che se non vo=|leva fare il nuovo Is.o Esso era incomben=|zato di citarlo per la restituzione della sor=|te; che aveva tempo à decidere fino al pros=//simo Martedì, la risposta à tale biglietto è stata una | bella citazione, che mi è venuta oggi à ristringere | l’Ipoteca giudizialmente, per cui Lunedi Bisconti=|ni citerà subito per la restituzione della sorte, e | così tutto sarà difinito, ò dentro, ò fuori. || Addio Peppe mio Caro, Tì abbrac. di cuore e sono

tua Cic.a

[847] Caro Peppe

Roma 23: Luglio 1833 Per combinazioni, che troppo lunghe sarebe il descriver=|ti oggi oltre le altre mie brighe sono affolatissima || di Posta, onde non mi dilungo, che à dirti il puro | necesario. Il Sig.r Fani dice di partire dimani og-|gi le consegno le cose per Ciro, ed un Lettera | anche per Ciro aperta, che tù legerai è sigillerai | prima di dargliela; il tuo corpetto e due Mutande: || di lana, e dal detto Sig.r Fani in voce sentirai | le mie notizie. Errai nella citazione Costanzi, | che andò in mano di Biscontini, la quale non | era per la ristrizione del Ipoteche, mà bensì | per proseguire la Causa in merito in Rota, ed || à citato avanti Mosg.r Marini; dice Biscontini | però, che questa non puole, che avere luogo | che180 à Novembre; Intanto noi jeri mattina | citiamo avanti il primo turno per la restituzione | della sorte è181 pagamento di un trimestre di frut=||ti à tutto Maggio pp.to182, e questa dice Bicontini, | che si sbriga dentro agosto; Ierj stesso venne | qui il Procuratore del Sig.r Costanzi, Fabi Figlio | à dire, che il Sig.r Costanzi vole restituire, | e che per ciò amava di sapere se io ero || stata erede di mio Padre in forza di testa=|mento ò nò, e se il Capitale dà vender=|si da Costanzi era affetto da vincolo dota=|le, e se io ero disposta à pagare le solenità | del Giudice facendosi la quietanza; le detti || i schiarimenti

172 Sic per ‘trasportarsi’. 173 Una lacerazione sul grafema u rende dubbia la lettura. 174 Lacerazione sulla parte finale del vocabolo. 175 La z è corretta su un grafema illeggibile. 176 Sic, con caduta della n. 177 Con inchiostro diverso è aggiunto -ni. 178 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 179 Sic per ‘giudiziaria’. 180 Il pronome è cassato da un’altra mano. 181 L’accento è cassato da un’altra mano. 182 Probabilmente per ‘passato’; cfr., infatti, la medesima abbreviatura in 911,6.

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necesari, e le dissi, che avrei pa=|gate le sole solenità. Sogiunze Fabi con ques.o | non intendo, che Lui sospenda nemeno un momen=|to quanto à già intrapreso ò fare, perché è gius=|to che si tratti è si trotti, staremo à vedere; || Intanto per ogni buon fine mandami tù | subito un di183 quelli soliti tuoi firmati | da tè in bianco, perché non so se vi vole | tuo consenso, ò nò per fare questa quietan=|za ed in tutti i casi voglio tenermi pron=||ta. Ierj mi occupai delle Gabie, ma non ho | voluto ordinarle senza prima sentire se | la Sig.a è disposta di spendere tanto; Per184 | anche dunque come si deve, buone, è for=|ti vi vonno sd. 1:20 per la piccola e sd. 4: per || l’altra, se vole Gabie senza pensare né al | modo di spedirle, ne al Porto; rispondimi | è sarai servito come voi. Di angelica non | se né capisce niente poiché sono trè gior=|ni consecutivi, che ci hanno fatto sperare || che la portavano in Roma, mà il fatto | sì è, che ora con un pretesto ora con un | altro ancora non sì vede comparire. | Ti lascio dandoti i saluti di tutti, e pregan=|doti di salutare tutti, ed abbracc.i sono tua Cic.a P.S. Ricci sincaricò volontieri per tè della | Missione del Ministro di Baviera, andette jeri | Mattina, ma non lo trovò, tornerà, ed esegui=|ta la comissione ti darò discarico. [850] Caro Peppe

Roma 27: Luglio 1833 Avrai à quest’ora veduto il Sig.r Fani, ed a_suo | tempo ne avrò i dettagli. Stà bene qnto185 mi di=||ci del Bianchi, ed anche Biagini, che ti saluta tì | ringrazia. Tornò Angelica per verità assai ama=|lorata, è poco da sperare, ma la gioventù, e la gra=|vidanza pur danno una qualche lusinga, vedremo. | Anche quì à assai piovuto è lo scorso Lunedì non || fù fredo dà Ferajolo, ma la sera anche da Pel=|licia, vedi che faccenda. Mi pare chiaro a quest’|ora che Moraglia non voglia essere pagato delle | calosce. Riguardo à Giacomo Esso non è più al | nos.o servizio fin dal mese passato, perché con || quella tocca di abilità, che sì ritrovava pretende=|va, che gli si aumentasse il salario; non ti ave=|vo detto niente di ciò, perché volevo prima | stabilirmi à mio modo, e poi darti parte della | escita del uno, e del istalazione inemovibile del || nuovo Eroe; uno adunque se ne scelze doppo | averne veduti circa una ventina sopra_il | quale parve, che non potessero cadere dubi sop=|ra la fidatezza, e buon servizio, perché oltre | l’essere assai cognito à varie persone di riguar=||do, ed à molti di mia relazione, che davano ot=|timo conto di Lui, aveva il requisito di | essere stato 17: anni in Casa del Sig.r Vallati Forie=|re delle Guardie Nobili, e vi starbbe186 ancora, se | il Beccamorto non le avesse portato via Padro=||ne, e Padrona vi trovai l’ostacolo, che aveva Mo=|glie, e Famiglia, ma lo superai in vista delle | ottime informazioni. Ancora187 non è un mese, che // vi stà, il giorno, che terminerà il mese le | farò una bella Predicozza, e se potrà levarsi 10 o || ho 12: nei che tiene sarà un servitore | impagabile, è rimarà, altrimenti alli <svampi> | subito il di più sù di ciò in voce, perché trop=|po lungo sarebbe il dettaglio, solo tì aggiungo, | che sono nei, e non difetti, ma non si ponno || soportare. Godo del Atlantino; Le solette saran=|no fatte dimanda al Guardarobiere se per | che epoca crede, che devino essere in ordine | le altre calsette per ciumaco mio; abbracia=|lo stretto, stretto; mi pare di vederlo quando || avrà ricevuta la scatoletta, che al certo non | aspettava; tù già me ne farai la descrizione | esatta è ne sono sicura. Mi sembra che Lo=|verì abia torto, poiché à Foligno lò avranno | mandato per rinforzo per l’eminente Fiera, || che quest’anno è più brillante del solito, | e vi è un opera

183 La i è corretta su e. 184 L’iniziale è corretta sulla minuscola. 185 Sic per ‘quanto’. 186 Sic per ‘starebbe’. 187 La maiuscola è corretta sulla minuscola.

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magnifica188, dove canta Ru=|bini e la Pasta onde non mi sembra tanto | dispetto. Bertinelli lo vidi in occasione di qualche | sua necesità, ora è qualche giorno, che non lo vedo, || sò che stà bene da Biagini al quale à date certe | prosciugate di viscere sorprendenti, che al certo sa=|rebero toccate à tè, se erj quì, mi pare da | alcune cose che disse, che non sia troppo in ordi=|ne per il ritiro del anello, il che mi darebbe ama=||rezza, giaché questi contano sopra la somma alla | fine del mese. Deromanis dice che il Lapìe non | sà se vi era, che l’enciclopedia stà in un altra | spedizione che verrà. Mi dimenticai dirti che tempo | fà venne una Lettera per tè della Celzi che tì chiedeva || un piacere e io o fatto fare la comisione, e vado à | dargliene discarico oggi giaché prima non si è potuto. Di | Costanzi non ho più saputo niente se non che fù il | curiale da Fratocchi l’altro giorno a rincontrare | il Testamento. Lascio perché attendo la posta di quest’||oggi per vedere se ho alcuna cosa di premura da | replicarti. Caro Peppe ricevo la tua con l’accluso | Foglio firmato, è stà bene. Per Ciro mio vi saran=|no volanti, cartocci è Racchette, con carta Peco=|ra, ò sia Pelle, perché se altra Pelle non si tro=||vasse per contentarlo gle le farei con | la Pelle mia, tanto è il bene, che le voglio, | cresciuto à dismisura, | per i suoi buoni | portamenti, e voglia || di studiare. Stà bene | e La Gabia, e il Marcucci. | Tutti tì salutano, ed io | abbraciandoti di cuore

sono tua Cic.a P.S. Ricci è andato due altre | volte da S.E. ma non potè mai vederlo, è do=|vuto andare in Albano, onde ritornerà, | subito che sarà reduce del gran viaggio [855] Caro Peppe

Roma 1: agg. o 1833 Sono affollatissima di brighe, essendo fine, e | principio di mese, onde non ti scrivo, che || due sole righe, tanto più che non credo | di essere in tempo per rispondere alla tua | di questa mattina. Che diavolo di Fani las=|ciarsi la valige à mè non mè nè và una | bene; come pure mi dispiace il sentire, che || Cicio non potrà tenere Lui riposta la | borzetta, mi pare, che senza farne uso la | potrà tenere come un altro giocarello. | Ricci ancora non lo vedo. Tutti tì saluta=|no, abbraccia Benedici ciumaco, amamì, e

credimi mentre abbraciandoti sono tua Cic.a Po S. và bene il conto Marcucci [857] Mio Caro Peppe

Roma 3: Agos.o 1833 La rabbia che mi cagionò la tua di Giovedì al | sentire, che ancora non era arrivata la valige fù || assai calmata dal racconto delle parole de Sig.r | Rettore il quale tì disse, che l’educazione di ci=|cio mio non puole fallire, onde se nel mondo | avremo qualche tribulazione questo solo figlio ci | potrà compensare di tutto. Che parli di stravaganze || ed intemperie il primo di agosto quì non si | vergognarono anche i più giovani di girare | con un buon Ferajolo. Raporto al servitore non | è cosa dà parlarne per Lettera, converebe non | avere altro da dire ed a noi non manca mai || materia: Bertinelli me l’ha ficcata189 di non portare il | Denaro il che mi cagiona non poche inquietudi=|ni, si tratta un accomodamento, basta vedremo. | Di Costanzi niente di nuovo à riprodotta la Cita=|zione per il Devolutivo, Biscontini vi a fatta || la sua comparsa è questa anderà in Decem=|bre, intanto noi andiamo avanti per_la | restituzione della sorte. Angelica và assai | male, è poco ci speriamo. Ricevo quest’oggi la tua | la quale

188 Dopo g è visibile un’asta, forse di h o l. 189 Nell’ausiliare h è corretto su a; nel participio una c è aggiunta.

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non è stata niente minore della mia || aspettazione, già imaginavo, che Ciro mio Caro | avrebbe gradito tutto. Esso mi ha scritta una | graziosissima Lettera della quale lo ringrazierai | ed abbracerai, è benedirai mille volte dicen=|dole, che stò con la massima impazienza || attendendo le nuove del suo sagio, che spero | sarà benone. Io sono in grandi faccende poi=|ché oltre le brighe solilite190, mi si è agunta191 // una piccola bega. Fantaguzzi fà sposo il suo | Fratello grande è tutto deve provedersi in Ro=||ma, ciò che sono abbellimenti per la sposa, | ed hanno incombensato mè, onde si comin=|cia da fenimenti di Brillanti, da altro di | smeraldi, da ornamenti di oro, dà vari e | bellissime cose per fargli de regali i Paren=||ti, che tutto deve essere di ottimo gusto, | ed indi abiti di velluto di, Merletto, ecc., | onde vedi quanto vi è che fare. Sono fina=|lmente cominciata à venire un poco in chia=|ro del affare Canale, con la Missione. Doppo || mille giri mi riescì di scoprire chi veramen=|te faceva tutti lì affari dellaMissione, vi | andetti è trovai un omo di massimo garbo, | che mi istruì di tutto. Lunghissimo ne sarebbe | il racconto, tì basti la conclusione, che || per varie raggioni la missione non ha | più nessuna pretenzione sopra il Tere=|no, che spetta à Valentino, che Valen=|tino potrebbe192 costringere la Missione | a restingere l’ipoteca è liberare il || suo fondo, ma che senza ciò, questo | bravo vomo guasi simpegna, che trovan=|dosi il compratore, Esso farà prestare il // consenso alla Missione. Dietro ciò mi sono riabo=|cato con Canale, è siamo convenuti, che tù ve=||da ora, che è sparito questo cane grosso, di scri=|vere in Terni, acciò al tuo passaggio tì | faccino trovare se è possibile un qualche | compratore, con cui trattare; in Caso Poi di | qualunque ostacolo ved, devi vedere se Cara=||ciotti nè vole riprendere l’affitto, altrimenti | procurare altro affituario, e il detto affitto | Canale lo cederebbe intieramente à noi, | basta fà tù, per la meglio poiché Canale | sì rimette tutto à tè. || Riabraccio ciciotto, abiti | cura, amamì è credimi193 | mentre stringendoti al | seno sono tua [863] Caro Peppe

Roma 10: Ago.o 1833 Mi sorprende che non abbi ricevuta la mia scritta saba=|to la quale era ben lunga. Godo sempre più di senti=||re lo stato di cicio mio, fisico, è morale abbracelo | mille volte è benedicilo al solito; salutalo poi da | parte di tutti, ed inparticolare di antonia. Ho | passati i sd. 20: à Biscontini questa somma nel | corrente mese non vè lavevo calcolata, mà poco || male ora è fatto. La Gabia ancora non posso aver=|la. Non prima di jeri mi riescì di riverire il fa=|bricatore delle Racchette con la Pelle, poiché in tutta | Roma non vè nè è che uno quelle, forastiere oltre | lessere assai legeriere194 vi vonno sd. 1: 50: ed io non ho || creduto prenderle queste saranno fatte per Giovedì | prossimo allora avrò in ordine due Racchette due | capucci da riprendere il volante sei volanti, e_sei | paja di solette il tutto per ciciotto mio vedremo | come spedirgli195 il tutto. Recapitai la tua à Ricci, || mi piaque la precisione della indicazione dove Esso | dimora, tù con ciò non solo prendesti per stordi=|to il servitore, ma anche mè credendomi inca=|pace dindicargli dove doveva andare. Angelica sem=|pre peggio; jeri e morta la sposa Salvatori moglie || di Pietruccio di una Pudrida doppo il Parto, la creatura | campa onde frà i malanni almeno non si deve rende=|re la Dote. Mi giunge la tua dalla quale sempre | più consolazione ricevo con le notizie di ciciò196 mio | anima mia caro con quel

190 Sic per ‘solite’. 191 Sic per ‘aggiunta’. 192 Il ductus della doppia è ricalcato e sono visibili tre grafemi per la -b-. 193 La finale è corretta su e. 194 Sic per ‘leggere’. 195 Prima di g è visibile l’asta cancellata di l. 196 Il vocabolo è corretto, forse su ciuco.

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beretino parà un || fraticello, ribenedicilo ancora mille volte e salu=|ta tutti del colleggio non meno // che tutti quelli che si ricordano di mè. Quì non | diluvia, ma la stravaganza, è cambiamento del tem=|po è continuo, per cui tutte, tutte le machine || anche le più sane, sè nè risenteno, imagina | poi le frolle: Va al Teatro, questo tì piace, | dunque perché non nè profitti. Quì alla nuova | apertura si dice, che sarà buono; la musica | è il Torquato Tasso, scritta apositamente da || Donizetti per Ronconi, anche gli altri si di=|cano buoni. Addio Tutti ti salutano, se dovessi | nominarli non fenirei più, onde in globbo.

Tì abbraccio di cuore e sono tua Cic.a [873] Caro Peppe

Roma 20: Ag.o 1833 Sabato mi fù imposibile di scriverti, perché im=|brogliatissima per ultimare le spese, è l’invio || delle robbe Fantaguzzi; tutto è riescito à | meraviglia, ed i miei incomodi mi hanno frut=|tato un belissimo taglio di abito di Raso_tur=|co color di viola, che jeri mattina il Canoni=|co in nome di sua Madre mi portò in dono, || è che io non volevo ricevere ad alcun patto, | ma convenne accetarlo per non farlo | andare in collera. Finalmente la Gabia è | fatta ed è presso di mè, dimi ora come de=|vo fare à spedirtela, è pure in ordine tan=||to i volanti, che le racchette, con pella (da | fare un bel botto), non che sei paja di solet=|te per Ciro mio Caro, al quale dirai, che | gratissima sono stata della sua Lettera alla | quale non rispondo sapendolo tanto occupato. || Il tuo sonetto à fatto assai ridere, ed io | tì ringrazio del augurio, sebene mi sembri | un poco troppo esteso. La Gabia costa sd 20 | come tù sai, onde fattene rimborzare. | E morto al improviso il Conte Celani à Guercino do=||ve era andato per suoi affari. Pietro Mazzarosa | è stato, e stà tutt’ora assai male con la gola, | e si è già fatto 6: sanguigne, e sì crede, che doppo | la guarigione dovrà farsi l’estirpazione di una // tonsilla, senza di che dice Mazzuchelli, che in segui=||to anderebbe incontro à guai seri; dio cè nè liberi | à tutti. Ierj non ricevetti tue Lettere, ciò su=|pongo sia stato perché la brevità della mia | del 15: non tì avrà data materia da scrivere, | è non per altre raggioni. Questa mattina deve || andare la nos.a Causa con Costanzi, al ora, che | ne saprò il resultato non sarò più in tem=|po à scrivere, onde onde lo saprai in | altro ordinario; se sì deve dare retta à | Biscontini, dice che al più lungo Lunedì pros=||simo spera di prendere la sentenza, vedre=|mo. Quì muore gran gente, ed il tempo incos=|tantissimo fà stare male anche i più robus=|ti colossi, imagina i tarefatti. Io sono occupatis=|ma197, ma se posso combinare alla meglio non || vedo lora di andarmene per qualche trè, ò | 4: giorni in Albano198, dove sento, che il cli=|ma non sia tanto indiavolato. Saluta tutti; | abbraccia Ciro è tornagli 200 bagi da mia Parte, | e 100 da quella di antonia, Benedicilo, ed esor=||talo alla perseveranza, E stata in Perugia po=|chissime ora Tata Cioja, mà non potè fare ri=//cerca di te, nè di Ciro à causa del cattivo tempo. | Addio Peppe mio Caro, ricevi un miglio di saluti di tutti | li amici, che non cessano di domandarmi di tè ama=||mi, e credimi abbracc.i La tua Cic.a P.S. A proposito di Albano, giorni sono andò à Foco tutto | il locale di Tordimezzavia, nè si salvò, che la Cappeletta, | non vi perì nesuno, perché fù di giorno. Tutto il dan=|no và à carico del cond.e Calcagni, che era impiegato || alla Posta di Albano, e teneva in affitto la | Posta della Torre; credo sia fratello, se non | ero della Toruzzi. Il foco seguì per | sua colpa, perché in una giorna=|ta di un vento di cui non si à || memoria volle dare foco à certe | stoppie contro il sentimento di | tutti lì omini di Campagna.

197 Sic. 198 La maiuscola è corretta sulla minuscola.

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[878] Mio Caro Peppe Roma 24 Agg.o 1833

Ricevo due care tue il N: 26: 27:, tutte è due | in questo corso, nè sò à cosa attribuirne la || cagione. I dettagli, che tù mi fai del caro | Figlio mio mi hanno intenerito al segno di | farmi piangere più di un ora, dio lo possa | Benedire mille volte, è tè lo conservi per tua | consolazione; gli dirai un milione di cose, gli || darai à centinaja i Bagi, per mè, per anto=|nia, e per quanti lo conoscano, che al paro | di mè hanno gioito alla lettura delle | tue Lettere; vedi se poi spiare una qualche | cosarella, che gradisse dà dargli subito seguito || il saggio, che io te la spedirei, e tù gle la | presenteresti in nome di noi due, ed in attes=|tato della nos.a sodisfazione, de suoi buoni | portamenti; Peppe mio di consolazione non sì | muore davero, altrimenti io sarei bella, e || andata, per il senzo, che mi fanno i buoni | portamenti di Ciro mio anima mia. | Stà bene della Gabia, ed attendo, Biscontini | fù avvisato. Godo sentire, che le nos.e facende | di Terni pare, che prendino tutte buona piega, // ramenta anche l’affare Brenciardi Per Valle | Caprina. Farò le tue comissioni à Ricci, e | Biagini. Mazzarosa meglio, Angelica199 sempre | peggio. Costanzi fece mettere un agiorna=|mento, dicendo che voleva parlare con Biscon=||tini, mà ancora non sì è veduto alcuno, | non sò precisamente quando ricada, sen=|tiremo, ora, che sono in ballo, voglio il | Denaro, almeno farò tutti i sforzi per ter=|minarla. Qui pure la stagione è incostan=||tissima, non tanto per le piogie, che in | realtà non sono frequenti, ma per i con=|tinui cambiamenti di admosfera momenta=|ni, che portano grandi sconcerti, onde state | assai meglio voialtri. Tutti li amici tì saluta=||no, e mi dimandano incessantemente di tè. | L’affare Bertinelli pare conciliato sebene | ancora non del tutto ultimato vedremo. Addio Caro Peppe mio, tì raccomando la solita | cura amami, è credimi tua Cic.a [882] Caro Peppe

Roma 29: Ag.o 1833 Sicome prevedo, che al certo non sarei in tempo | di rispondere alla tua di questa mattina, perché || come sai ricevo le Lettere un poco tardi, per=|ciò tì scrivo queste due righe, onde non | rimanghi tanto tempo senza mie notizie. | Dì mille cose à ciuco. Con Costanzi sono nate | delle oposizioni, e ci battiamo, in seguito tì || darò raguaglio. Niente di nuovo, che possa in=|teressarti, meno, che i soliti saluti delli comuni | amici. Spero sentire come devo200 spedirti la | Gabia, alla quale unirò i volanti Raccette, | e cartocci. Mando à Ciuco la Benedizione, || ed i saluti di antonia, abbraccio tè

di cuore, e mi dico tua Cic. [887] Caro Peppe

Roma 31: Ag.o 1833 Sempre più mi conzolano, le nuove del mio | caro Ciro il quale spero, che persevererà nella || buona volontà di ben fare, e quanto fin | quì à operato non sarà una prima scapa=|ta sol tanto, come suole vedersi in al=|cuni, che puoi si raffredano nel meglio. Le | vedute, è carta e sono già stata comprate, ed ho || incaricato il nos.o Biagini per farlo legare201, e | spero certo di fartelo avere per il di 8: del | entrante. Di Costanzi ancora nulla di nuovo, og=|gi Biscontini distribuisce la scrittura fatta | avanti il primo turno, vedremo. Mazzarosa gua=||rì, Angelica si credeva di perderla l’altra sera, | và assai male, e non sì hanno segni affatto | di abborto, stà in

199 La maiuscola è corretta sulla minuscola. 200 La vocale finale è ricalcata su un grafema illeggibile. 201 Il ductus del grafema inziale si confonde con s, potrebbe anche essere segare.

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otto mesi, è questo è il | taccolo più fiero di tutti. Caro Peppe ricevo in | questo punto una carissima Lettera di Ciro mio, al || quale voglio rispondere subito due righe, oltre di | che essendo ultimo di mese le occupazioni non so=|no poche. Tì ritorno i saluti di tutti, tì abbraccio | di cuore, e sono tua Cic. [889] Mio Caro Peppe

Roma 3: Sett.e 1833 Sebene jeri ricevessi la tua N: 29 non tì avrei og | gi scritto, per non fare la solita intralciat || intralciatura di Lettere, ma lesito del affare | Costanzi pur mi obbliga dirigerti la presente. | Questo e stato seguito da una mucchia d’inci=|denti, che troppo lungo sarebe il trascriverli, | oltre di che non sò se ne sarai capace, poiché || la magior parte delle cose risaltano dal efasi202 | con il quale il Legale le rapresenta, e ques=|ti se Biscontini verrà à Perugia te li raccon=|terà Esso, e riderai. Il fatto stà, ed è per | altro, che la conclusione jeri fù, che il || Giudice gli accordò tempo 15: giorni al intero | pagamento, condanandolo nelle spese vive | sol_tanto, se203 poi decorre un ora doppo i 15: | giorni, che non abbia pagato i sd. 1200 allora | sia condanatto, anche alle funzioni, ed ecote || fatto. Manderò à prendere il careto dal Pavolucci, | che vidi giungere jeri al giorno. Imagino ciro fuori | di sè, già le risposi come sai, attendo lesito con tanta | ansietà come l’ora che attendeva per partorirlo. Tutti tì | salutano ed io abbracci.i sono tua Cic.a P.S. attendo il vetturale | ed eseguirò a puntino [897] Caro Peppe

Roma 11: Sett.e 1833 Ho ricevuta la tua con l’annesso foglio firma=|to, e va bene. Anche quì il tempo sebene || non diluvi di continuo è di una stravagan=|za tale, che fà pavura è nessuno si azzar=|da di fare la benche minima cosa. | Circa Costanzi tù sai bene, che io dico, ma | poi dipendo direttamente da Biscontini, ed || Esso à capocia sul busto, ora sento, che | possa anche appellare, onde se ciò sì effet=|tua, credo che quando saremo al dunque, | tù forse già sarai quì, e se non vi sarai | vi mancherà poco. Mi pare mille anni || di sapere della Premiazione, e se come Ciro | mio à gradite le Vedute. Del Saggio sentii, e | sono stata sodisfatissima, abbracelo, Benedicilo, | e carezzalo sempre più, che puoi. | Il fatto del picciolo Micheletti mi a fatto || rabrividire è dico, che è orrendo; sempre più | mi confermo, che quando sì à la disgraz=|ia di avere un figlio simile la strada | del sommo rigore, e della contradizione non | è la megliore, conviene un poco seconda=||re, e tentare la strada delle raggionare, | poiché per solito le menti così fervide | soglieno aver talento, e quando sì a questo // ò presto, ò tardi uno sì arrende alla rag=|gione, purché le venga ben insinuata, || e senza dare, ne tutto vinto, ne tutto | contradetto si puole usare la via di | mezzo; conosco che limpresa è aurdua, | ma amando molto un figlio sono per=|suasa, che sì farebbe. Io ringrazio sempre || più il Sig.e del figlio, che ci à dato, | e della ispirazione di metterlo nel egre=|gio Colleggio di Perugia, dove frà le | altre buone cose, sanno dal momento, | che vi entrano, che per 8: anni non || deveno andare nemeno un giorno à | pranzo fuori, è così meno voglie, ed | in conseguenza meno capricci. Addio | Peppe mio Caro Tì abbraccio di cuore, | e sono tua Cic.a tutti tì || salutano. Pare deciso, che Biscontini ande=|rà dalla parte del Mezzogiorno, in | seguito tì dirò il di più [900] Caro Peppe

202 Sic per ‘enfasi’. 203 Segue un grafema cancellato illeggibile.

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Roma 14 Sett.e 1833 Gazzetta Teatrale, Teatro Valle. Torquato Tasso, Musi=|ca del Maestro Donizetti, Libretto del imortale Giaco || Ferretti. Libretto bellissimo; Musica, atto primo Bellissi=|mo, secondo un poco calante, è forse un poco | nojoso, del terzo non ne sò niente, perché | essendo digià un ora è mezza doppo la mezza | notte, prima, che cominciasse mè nè andetti, || Basso Linarivabile Ronconi; Il Tenore Sig.r Poggi, ottima | figura grazzia nel esprimere, voce sublime, insom=|ma un Tenore compito, il quale resta quì an=|che nel carnevale. Prima Donna Sig.a Speche, assai | giovane, bellina bellina di viso, bellissima di figura, || dignitosa nel porgere, voce se non perfetta | piutosto buona, sebene non puole dirsi un so=|prano deciso; sembra che alla prima cavata | di voce la lengu abbia un poco appannata, ma questo | difetto sparise204 nel progresso. Seconda Donna Sig.a || Carocci di Rieti stabilita in Terni Canchero inso=|portabile, prò onia, e toto eo. Lì Lauretti, li Garo=|folo, li Valentini già li conosci, onde non merita | che io tè nè faccia mensione. Appun=|to Mercoledì sera quando ero sul momento di sortire per || andare al Teatro venne à farmi visita Anna_Maria | Rugeri, con Marito, è cognata, che tì salutano assai. Io // anticipo à scrivere la presente, per vedere se sarò in | tempo à spedirtela oggi Giovedì doppo avere ricevu=|ta la tua, altrimenti vi porrò la data di sabato, || e la spedirò in detto giorno. Le Mitterpoch tì salu=|tano assai. Tì compiego il Mandato per le spese | Marcucci, dice Marini, che per questo non vi | è bisogno di formalità Legali, che tù stesso | puoi presentarlo al Sig.r Bichi, io non mintendo || di queste cose, tù sù la faccia del loco ve=|drai se fia vero, altrimenti tì regolerai | secondo farà di bisogno. Sono circa luna è trè_quar=|ti e le Lettere non si vegano, onde rimetto di ter-|minare la presente per il venturo ordinario. || Ricevo la tua è sono ramaricatissima del male | di ciro, dio voglia, che la cosa sia così leggera come | tù ma la dipinghi; ciò che più mi angustia sì è | che non vorrei, che ora con la continua applicazio=|ne questo male le divenisse abbituale; consulta be=||ne i Professori205 se ciò possa accadere, ed allora con=|viene senza faporci206 dimora prendere sù di ciò un | qualche temperamento; io sono più che sicura | che come il male di ciro non sarà più che per=|fettamente dileguato tù non penserai ad abban=||donarmelo, pensa che la vista è la cosa più pre=|ziosa che abbiamo è conviene in uno di così te=|nera età pensare seriamente che questa ma=|latia non divenga abbituale. Io te lo raccoman=//do con le lagrime alli occhi. abbraccelo, Benidicilo, e dille || che lo dispenzo dallo scrivermi fin che non sia più | che perfettamente ristabilito. Mi rincresce, che non le | sia toccato il premio, ma godo di averlo sentito rassegna=|to, e mi compiacio del piccolo nos.o regaluccia207 giunto in | tempo per darle un diversivo. Antonia, e tutti le fanno || mille saluti. Biscontini mì assicura essere questo Sig.r | Dottorini veramente capace in fatto di occhi, onde at=|tieti ad Esso in tutto ciò che prescrive. E bella che | mentre a me prese la voglia di darti raguaglio del | nos.o Teatro tù lavevi già data à mè del tuo, ho pi=||acere, che sia buono, è ti stia vicino. Di Florenzi an=|che quì sì è sparsa la nuova, ma non della mor=|te, ma bensì di grave malattia. Nulla ho penato | per il libretto, che mi ha mandato, (e di che tì ringrazio) | perché il portalettere || me lo portò in casa | unitamente alla Lettera | mediante il solo solito | bajochino. Qui dietro trove=|rai la misura della Pelle208 || di armellino, ed il prezzo | è di Pavoli 6: la prima qualità, cinque la seconda, | e quattro la terza. Ricevo la tua da mè sommanete209 | desiderata, come puoi imaginare, e godo sentire il piccolo | miglioramento di Ciro, sebene non sia del tutto tranquilla, ve-||do che tù sei dello stesso mio sentimento circa al temere, | che non sia cosa abituale, onde sono certa, che nulla | verà nè dà tè, nè dal Professore Dottorini trascurato onde | togliere tutte le cause che possino rendere l’occhio vizioso. | Non approvo troppo la compra del Tamburrello, mi sembra

204 Sic per ‘sparisce’. 205 La maiuscola è corretta sulla minuscola. 206 Sic. 207 Sic. 208 La finale sembra corretta su i. 209 Sic per ‘sommamente’.

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|| che, Ciro deva troppo riscaldarsi in tale esercizio, mi sembra pare, che | almeno per qualche tempo potrebbe contentarsi del volante. | Il bereto sì farà, e mi sembra, che potrà farsi senza misura. | va bene del Denaro, e mi spiace del Sig.r Rossi. Saluta tutti, come | questi fanno con tè. Abbraccia il figlio, e tornagli i saluti.

mentre abbraciandoti di cuore mi dico tua Cic.a [907] Mio Caro Peppe

Roma 21: Sett.e 1833 Di somma gioia mi è stato il sentire la guasi cer=|ta guarigione del mio caro Cirone, e la sua || rassegnazione, tanto per la vignata, che per | i Tamburrelli; dille mille cose affetuose per | mè abbracelo Benedicilo210 e falli i saluti dis=|tinti di antonia, ed in globbo i tutta la turba | magna. Aprovo in tutta lestenzione del termine || tutto il resto della tua Lettera. Inculca à Ciro, | che gli elogi ricevuti in quest’anno gli siano | di un stimolo magiore per farlo essere anche | più diligente nel venturo e ciò per dare utile | a se e consolazione a noi. Angelica l’altra || notte dette alla luce un figlietto maschio | un poco patito sì ma che pur vive bene | Essa stà al solito, è Mazzuchelli vi spera poco, | vedremo. La fame vola come suol dirsi on=|de non dubito, che tì sarà pervenuta la || notizia della scoperta fatta al Paenteon del | corpo di Raffaelle dove il concorso è imenzo, | concorso che fà grande onore à Roma, perché | si vede, che tutti anche i più idioti gustano | il bello. Si fà una questua per farle un || gran funerale, che di creto211 si dice avrà luogo | nel venturo aprile, per lasciarle il luogo alle | elargizioni dè Forastieri. Quì il tempo è di una // incostanza tale da far paura; questa mat=|tina quando mi sono svegliata era un celo || limpido come un cristallo, ed un aria, che con-|solava, nel solo spazio, che mi sono vestita | per sortire, detto fatto non solo sì è ranu=|volato, ma à cominciato à diluviare, e dilu=|via tutt’ora, con un fredo dà cani, ò vedi, che || buscherata. Jeri costanzi citò à prefigere | il termine onde ricevere il denaro, la cita=|zione cade il prossimo Lunedì; Biscontini anco=|ra non ci crede, e si aspetta qualche cavil=|lo, vedremo. Jeri però contemporaneamente || citò per concordare il dubio in Rota, per | vedersela in Devolutivo, nel prossimo Decem=|bre, ed anche questo vedremo; dice Bisconti=|ni, che secondo Lui con quello, che abbiamo | in mano non è cavusa, da poterne dubita=||re, à meno212, che Costanzi non avesse in mano | delli documenti ignoti affatto à noi. Tì saluta | tua Zia Teresa, e Mariuccia Modesti, che ebbi ocasio=|ne di vedere l’altro giorno. Biagini è sempre | assiduo. Pippo è un birbaccione, che non pensa, che // divertirsi in continue gite, beato Lui, io ancora | con tante cose non mi sono potuta muovere | un giorno, ma se comincio non mi fermo più. | Lunedì al giorno Parte Biscontini alla volta | di Napoli, ed indi à Palermo, avendo per un tal || viaggio fissato già il Posto nel vapore, che parte dà | Napoli il giorno 26: Il giro della Sicilia lo fà in | otto giorni, di ritorno | à Napoli si trattine213 | una 20na di giorni; tor=||na quì sula fine di | Ottobre, è riparte per | Perugia, dà dove nè | tornerà doppo Natale, | e viva Lui. Peppe mio

Tì abbraccio di cuore, e mi confermo costantemente tua Cic.a

210 La maiuscola è corretta sulla minuscola. 211 Sic per ‘certo’. 212 Il vocabolo è corretto su grafemi poco chiari; si intravede solo una i. 213 Sic per ‘trattiene’.

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[911] Caro Peppe Roma 26: Sett.e 1833

Martedì 24: corrente alle ore 22: precise Costan=|zi pagò alla presenza di Mons.r Manari come Pre=214 || sidente del primo Turno i sd. 1200 con più sd. 18 | in saldo di un trimestre à tutto Maggio pp.to215, | per li altri frutti fino al giorno 23216: corrente | se avrà raggione in appresso, per vari inciden=|ti, che in voce sentirai, ò da me, ò dà Biscontini. || Intanto per altro Costanzi à già fatto concordare | il dubio per andare in Rota alli primi di Dece=|mbre,: il Ponente è Monsg.r Marini, che ora secon=|do il nuovo stile ci vota anche Lui, come già | saprai. Quest’oggi è partito alla vo(lt)a di Perugia || Checco Cioja al quale ho consegnato217 il Zucchetto | per Ciro, che Esso aveva voglia di visitare al | suo passaggio; se lo vedi salutalo dà mia par=|te. Io sono non poco occupata come puoi | imagginare, e non sono potuta ancora scap=||pare nemeno per un giorno, vedremo se sarò | più fortunata nel mese entrante. Pippo Ric=|ci, che jeri venne à Pranzo con mé tì saluta, Esso | è sempre quì per momenti, è Prelustra la stra=|da di Frascati, è di Albano à tutto potere. || E ben tardi, ed in vano ho atteso il Porta Lettere, che | ancora non sì è mai veduto, onde non avendo cosa di | maggiore premura da dirti termino la presente con ab=|braciarti di cuore, Benedire il Figlio, ed abbraciarlo, e dicami al

solito tua Cic.a [920] Caro Peppe

Roma 10: Ottobre 1833 Tì supongo giunto in Terni, onde colà indrizzo la presen=|te. Prima di tutto ti averto, che dal uficio Patti di Monte||citorio mi hanno mandati trè fogli di stampe, che | mi dissero appartenere a mè per cose d’Ipoteche in | Spoleto; sicome questo non è mio dipartimento così | te le spedisco in questo medesimo corso in Terni sotto | fascicolo senza nemeno averli letti. Tì riverisce la || Sig.a Giovanna, ed il Sig.r Natale Devitene218, i quali vole=|vano scriverti facendoti parte formale del Matri=|monio di Elisa, con il Sig.r Bisoni, il quale và ad efe=|tuarsi sabato prossimo mattina al alba, ed indi i | sposi parteno subito per Napoli. Io le dissi, che non || sì fossero incomodati à scriverti, che io avrei fat-|to teco le loro parti. certo che è un gran bel Matri=|monio, ed il tutto sì fà senza risparmio, Esso sem=|bra dal tutto insieme, che adori Elisa, poi vedremo. | Angelica è tornata à || stare assai male. Ho | quest’oggi scritto un | bigliettino à Canale il | quale mi disse, che aveva | in Terni persona, che faceva || i suoi affari, onde lo averta di abbocarsi con tè | per vedere di effettuare, ho la vendita del Pezzo di | Terreno di cui prendendaressimo219 noi il Denaro, ho un | nuovo affitto il quale intieramente ci cederebbe on=|de rintegrarci, vedi per carità di non lasciare impre=||fetto questo affare, come qualunque altra picciola pen=|denza che abbiamo, poiché sai, che per Lettera non si cava, | averti il Branciardi del tuo arrivo, se si esitasse quel can=|chero mi parrebbe un miracolo. Quì diluvia notte, e gior=|no, e tutti bestemiano. I Forastieri di ogni condizione || giungono à migliaja, per cui tutti i poveri guadagno | e viveno bene. Cicio mio bello come lo lasciasti, spero pres=|to di avere sue Lettere. L’ora d’impostare è giunta, e non | vedo il Porta Lettere, onde non mi resta, che pregarti de | soliti saluti à tutti mentre abbraciandoti di cuore sono tua Cic.a

214 L’iniziale è corretta su p minuscola. 215 Abbreviazione poco chiara, forse ‘passato’; cfr. anche pp.to 847,20. 216 La seconda cifra è corretta su un grafema poco chiaro. 217 Il ductus della vocale finale è ricalcato. 218 Si intenda ‘De Witten”. 219 Sic, forse per pretenderessimo ‘pretenderemmo’ incrociato con ‘prendere’.

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[923] Caro Peppe mio

Roma 15220: Ott.e 1833 Godo di sentirti giunto bene in Foligno, e | spero meglio in Terni. Ebbi Lettera di cicio || ciumaco, Lettera veramente dà Ottobre perché | assai tirata via, ma basta intanto à | scritto, e questo è tutto. Vedi nel fare i | conti con Peppino di ramentargli i denari | per Ballanti, Esso gradisce averli con || il tuo mezzo come il più sicuro. | Saluta tutti ricevi i saluti di tutti, e | mentre ti abbraccio di cuore credimi

tua Cicia [929] Caro Peppe

Roma 19: Otto.e 1833 Godo di sentirti bene arrivato in Terni, è mi | duole lo stato cattivo di tutti i parenti, che || mi saluterai senza fine; anche quì il tem=|po fà le_stesse stravaganze, e mi sembra, | che sia cosa or mai inutile di farci più | attenzione, giaché è reso male abbituale. | Del Ipoteche anderà bene così. Riguardo al || affare Canale anche io dico, che sarebbe | meglio prendere tutto insieme, mà quan=|do sarà ! 221 Tutte le cose sono eterne; vedre=|mo se Esso viene dà mè cosa saprà dir=|mi; ciò, che tì faccio riflettere è, che || un ribasso di cento scudi è cosa troppo222 | forte, è che sono tempi, che tutti badano | anche ad un baj.o, è vedi quanti hanni | sono, che io aspetto, onde se si condo=|nassero una sessantina di scudi frà tutto || mi sembra non potessero lagnarsi, bene223 | inteso per altro, che sì prendino un quat=|rino224 sopra l’altro; che se poi si avessero | da prendere sopra l’affitto, ed in conseguenza | à rate annuali, mi sembra, che quando || si condonassero le spese sarebbe il tutto, | poi regolati tù. Di valle Caprina starà | bene, mà io voglio un quattrino sopra | al altro come mi offriva il Brencialdi, | perché delle cose à rate non se ne cava || un costrutto, onde regolati. Mi dispiace, che | non si siano presi i Denari di Piacenti; nel mese | entrante necesito di Denaro, devo pagare la | Pigione, il semestre di ciro, è sodisfare à vari | altri impegni per affari già incaminati, onde // tutto mi fà, intanto bramerei se si potesse sa=|pere almeno per approsimazione cosa mì ri=|marà dal Semestre del affitto di Stocchi. | Avrei voluto già fare una piccola dimostra=|zione ad Orsolina, alla ma Giuseppe Bondì || tornato di recente da Livorno mi fà sperare | che gli giunghino da Livorno da un momento | al altro delli abiti bellissimi e di ultima | moda di sciali ed avrei intenzione di | aspettarli, in caso diverso ripiegaremo con || qualche altra cosa. Mi dimenticava di | darti i Saluti di Ferretti e di Teta. | Caro Peppe viene la tua in data di jeri, | à mè non capacita 225 assolutamente, che | sì escluda di fatto la proposizione del || contadino intorno alla vendita di valle | Caprina, faccia fare Peppino la sua | stima, la faccia fare anche il conta=|dino, è noi si decideremo di darla al | Maggiore offerente, poiché non è bene || quando vi sono due concorenti di | determinarsi per uno, e quando | vi è una certa gara torna sempre | a vantagio del venditore, ora perché | dunque non profitarne, le prefenze226 sono // buone fino ad un certo segno, mà in fatto di | interesse ogniuno cerca il suo meglio. | Riguardo alla Piacenti direi se non è fatta, | di fargli fare subito lesecuzione, li atti poi | di subasta si faranno ad aperta di Tribuna=||le puol essere, che facendogli l’esecuzione |

220 La data sembra corretta su 11. 221 Sotto il punto di esclamazione si scorge una virgola. 222 Gli ultimi grafemi sono poco chiari. 223 Il vocabolo è corretto su bente. 224 Sotto t si vede chiaramente a; la vocale è stata poi aggiunta. 225 La seconda c è corretta su t. 226 Sic per ‘preferenze’.

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stando tù lì venghino ad ultimare la cosa | senza andare avanti. Mi sembra di avere | risposto à tutto; stà bene, è credimi tua Cic.a P.S. Non sò come non abbi ricevuta la mia || seconda diretati à Terni!227 [934] Caro Peppe

Roma 22: Otto.e 1833 Ricevo la cara tua, e godo di sentirti bene; per | carità non parliamo più di tempo, quì || tempesta, è flagella Mercoledì scorso volevo | portare in qualche luogo à pranzo questi dome=|stici, è fù il diluvio universale, Sabato sera | la Fiano mi mandò il Palcho228 delli Burrattini, | e non fù possibile di andarci, Domenica || sera mi toccava il Palcho229 di Valle lò | mandai à regalare, ad Orsonila230 è me lo | rimandareno dicendo, che non potevano | andarci, che in voce mi avrebbero detta | la raggione, ed io per non farlo spregare || risolvetti di andarci, mi convenne prendere | la carrozza, ed andarvi frà tuoni, saette | è diluvio orendo!231 tì piace uesta232 Legenda, | sono due giorni, che non è tanta rovina, | ma è un fredo che taglia la faccia, è || si vedeno andantemente Peli, e Ferajoli. | In questo corso ricevo una Lettera di Ciro | diretta à tè alla quale credo, che abbia | sbagliato, ed abbia messo, Roma in luogo | di Terni, poiché diversamente mi sembrare=||be una cosa assai buffa, che io non ci sono | nominata nemeno con un saluto; mi dispia=|ce per altro, che anche fosse stata destina=|ta per Terni non ci metta ne asino, ne | bestia, per quelli lì dì Casa, che pure conosce, || e dalli quali avrà ricevute finezze al suo pas=|saggio. Scrivendole tanto tù che io conviene in=|culcarle un poco sul punto gratitudine, ora | dimentica sempre anche antonia, ed à me non // piace tanta disinvoltura, la quale con il tem=||po genera diviene egoismo. Devo poi dirti che le due | ultime Lettere scritte tanto à mè, che à tè | sono così tirate via, e di un carateraccio così brut=|to che fanno venire la rabbia, ed anche di | questo non sono contenta. Veniamo alli af=||fari. Riguardo à Valle Caprina, ed alla Pia=|centi233 mi riporto alla passata mia. Canale | sò che stà per Roma, ma dà mè non | si è lasciato vedere, onde tì prego ho in | una maniera ò nel altra di fenire quest’ || affare, io bramo assolutamente sistemare | le mie cose, la mia salute non è più quel=|la di una volta, ed io forse converrà, che | sistemi i miei affari in altro modo, onde | mi conviene ultimare tante cosette, che || stanno in pendenza. Attenderò il Sig.r Or=|landi che conosco benissimo, come il com=|pimento del semestre destinato già come | il solito a pagarci la Pigione di casa, | fin che Idio vorrà. Io non vorrei oppormi al || tuo parere, ne al savissimo giudizio di Van=|nuzzi mà chiunque perito sarà sagro santo, | ma il dare la consegna di cose così gelose | senza un occhio del vero Padrone mi sem=|bra un bella corbeleria, fatto il riscontro || da questo Sig. Perito, e riconfrontato dà tè | nel atto della consegna mi sembra, che la | cosa sarebbe andata assai meglio; possibile | che non vi sia una giornata cristiana da | fare questo lavoro. Io non ho mai sapu=//to se Stocchi abbia avuto consegna, che se una di | qualunque razza ve ne fosse stata anche informe | i 34: Piantonì che mancano dovrebero andare a | carico mio? 234 Signor nò, sarebbe bella davero che | l’affittuario deteriorasse in luogo di megliorare il || fondo, ed io à questi stessi che deteriorano gle | lo avessi ridato. I

227 L’escalmativo sembra corretto su un punto di interrogazione. 228 Il grafema h è corretto su o. 229 Il grafema h è corretto su o. 230 Sic per ‘Orsolina’; la maiuscola è corretta sulla minuscola. 231 Sotto il punto esclamativo si scorge una virgola. 232 Sic per ‘questa’. 233 La maiuscola è corretta sulla minuscola. 234 Il punto interrogativo è specularmente invertito.

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Pantoni235 per quanto sento | quì da Domenico, e da Monsig.r Fabrizzi, anche | i più infimi almeno uno per l’altro grossi, e | piccoli vanno sd. 2: luno che se poi sono come || suole chiamarsi ridotti allora fino a sdi 4, e 5: luno | mettiamo che lì miei fossero tutti di sd. 2: Ecco | belli 68: so andati al diavolo, e di questi il Sig.r | affittuario non deve darne conto, ò rimpiazar=|li, mè nè rido, le viti non deve matenerle236 in || buon stato, mè ne rido i Fichi saranno poco, | ma anche sei o otto scudi, perché si deveno | rimettere; io non sono sopra la faccia del | luogo, e tù vedrai più di mè, quello, che | sò di certo, che tenendo un affitto uno è || tenuto a sempre migliorare, à non deteriora=|re, e che questi chiunque siano parlando in | generale sono tutti <scioti>237, che sanno tira=|re assai bene l’aqua al loro molino, fidando=|si di mè, e di tè, che poco cè nè intendia=||mo, è che stiamo lontani, poiché se stessimo | lì lg gli occhi poi li hanno tutti. I Preciutti238 | vennero doppo la tua partenza, e furono | Pessimi uno con una grossa buga tutti ver=|mi, ed un altro piccolissimo, e secco secco, il Vet=||turale di Stroncone, che lì portò senza Bol=|letta volle ciò non ostante essere pagato | con baj 38= ed io ne avertii Corazza, se non à | ricevuto la Lettera, non è mia colpa. Non sò // poi perché devi fare la ricevuta per i preciut=||ti, mi sembra se non erro, che Essi spunta=|vano alcuni sfronciconi di Legna, e dava=|no così amichevolmente questi Preciutti | per compenzo, non ramento se ora si sia | messo per espressa condizione che Essi ta=||glino, e man noi mangiamo, che se ciò fos=|se averebbe dovuto prefigersi le some di | Legna, che deveno tagliare, e non più, | poiché per 4: Preciutti poche Legna posseno | entrarvi. Ramento il compezo239 dei sd. che deve || avere Corazza di cui mi lasciasti già l’appunto | e và bene; venne con la Posta di jeri alla | tua direzione affrancato un libro sotto fa=|scicolo che porta per titolo Oniologia | Giorn(almente) Spada mi dice averti mandato || à Perugia due suoi libretti, vedi di farli | ritirare. Mi dispiace i malori de Parenti, | che mi saluterai. Del Lascia Passare non | ti posso dire niente, poiché non sò se | sia in Roma il Sig.r Puccini che è solito fa=||vorirmi sù ciò, ci proverò, e tè ne darò | aviso con la posta di Giovedì, se sarà in | tempo, altrimenti dimanda alla Porta, e | lì saprai il resultato. Non ho più diti non | ho più occhi, ti abbraccio stretto stretto, e

sono tua Cic.a [941] Caro Peppe

Roma 26: Ottobre 1833 Non mancai jeri mattina di portarmi subito al uficio | di Pomponi per fare quanto tù mi richiedevi, mà trovai || che Pomponi aveva venduto l’uficio ad un tale, che sep=|pi in seguito essere Milanese, ed avendogli egli esposta | la cosa, mi disse, che l’atestato, che io richiedevo in | quanto alla spesa poco diversificava dal prende=|re la copia Publica, giaché i suoi dritti erano los=||tesso dovendo in sucinto mettere tutto, il Registro prendeva sopra la somma, che por=|tava l’atto, dunque, che la cosa non diversificava, | che in poca carta bollata, e qualche pavolo di più | al giovene per la copia; che la copia Publica impor=|terebbe circa sd. 13: ed il certificato circa 12. àtale || sproposito strillando misericordia sortii dal ufi=|cio; mi consultai con Fratocchi, il quale mi | disse, che così era, che tali erano i loro dritti, | che poi per amicizia, ò convenzione si poteva | fare anche per un baj.! ma questo diavolo || chi lo conosce?240 Mi portai in traccia di Pompo=|ni, e seppi che era in Letto amalato, vi andet=|ti sperando, che

235 Sic. 236 Sic per ‘mantenerle’. 237 Il vocabolo è poco chiaro; potrebbe trattarsi di ‘sciolti’. 238 La maiuscola è corretta sulla minuscola. 239 Sic per ‘compenso’. 240 Il punto interrogativo è specularmente invertito.

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essendo amico del suo succeso=|re mi potesse Esso mercantegiare la cosa, ma | lì sepi anzi essere in discordia per raggioni || d’interesse, ne potermi essere Esso utile in nul=|la. Giravo il capo titubante, poiché avendomi tù | messo in dubio, che chi sà, sè poi Fosse241 questo sta=|to utile, non solo mi dispiaceva d’impiegarci | sd. 12, mà anche s:, ò b. in questo stato di cose || mi venne in mente di andare dal nos.o amico | Dedominicis, e farle il nos.o caso, con la tua lettera | alla mano per sapere se potevo avere da Esso un | qualche schiarimento, ed Egli mi scrisse il piccolo // pezzo di carta che fedelmente tì trasscrivo || per tua norma; pregandomi calda mente | di non essere mai nomiminato 242 , per non es=|sere compromesso, ed agiungendo, che il | conservatore di Spoleto taglia al ingrosso, | ma, che basta adurgli le sue raggioni ap=||pogiato alla Lege, che subito caglia, | e mi ha fatto vedere come tù stesso | vedrai, che se anche questa Ipoteca si ripren=|desse non sarebbe poi tutta la rovina che noi | ci figuriamo, ed in appresso con nos.o comodo sì || farà levare, onde non nasca più questo incon=|veniente // Copia della carta Dedom.243 | La spesa della rinovazione di una Iscrizio=|ne nascente da atto anteriore nell’agosto 1809, è | del mezzo per mille, e rinovandosi di ufficio il doppio || cioè sd. 1: per ogni mille scudi. L’emulumento ed il bollo | de Reg.i potrà ascendere in tutto à baj sessanta all’in=|circa, e niun altra spesa può avere luogo per la | medema. La spesa poi di detta rinovazione d’iscrizione | non è necesario pagarla subito, dovendo il conserva=||tore intimare il debitore ò gravato della Iscrizione | è perciò sembra che in questo caso dovrebbe ri=|volgersi contro gli Eredi del Sig.r Con.e Pichi. | Essendo poi trascorsi i termini Legali, ne il Gover=|natore di Terni, né al la delegazione di Spoleto || potrà impedire che l’escrizione venga rinovata244 | dietro ciò vidi più che mai essere inutile l’atestato, che | tù mi richiedevi, e ne deposi il Pensiere; agiunze | poi di più allesandro, che tutto al più, se per nos.a // colpa si ritrovasse questa Inscrizione di uficio potressi=||mo essere sogetti à pagare la metà poiché essendo sta=|ta rinovata di ufficio si è pagato uno scudo più mille | di Pichi, facendo costare la loro indolenza, col essen=|dosi dati tutto il carico, che si radiassero tutte quelle, | che gravivitavano245 il teritorio di Ancona, perché ivi || esistenti le loro propietà, e non questa, che pure era | à carico del Pichi, ma nel di cui teritorio non possedeva | più niente, insomma sì vedrà alla fine dei conti, e | per ora regolati come credi; | quì in voce poi da Alessandro || avrai altri schiarimenti, per | fare stare à dovere il Sig.r | Conservatore se volesse farci | qualche ingiusta Legge. Fami | il Piacere di fare sapere sub=||bito à Corazza, che il Sig.r Orlandi | mi portò sd. 46: 95: e le ne lasciai | piccola ricevuta, che soleciti di | mandarmi il compimento con | cui devo pagare la Pigione. || Caro Peppe ricevo la tua in data del 25: è sono sempre | nella ferma fermissima opinione, che la consegna dei | beni di Cesi non debba assolutamente farsi senza la | tua presenza, ò al più, al più quella di Peppino, | chè per le raggioni da tè addottemi vale quanto la || tua, e trovo indispensabile, che vi sia il Perito | Pulci, con il quale è di assoluta necesità di con=|tratare prima. Stocchi poi dovrà senza meno | socombere alli danni delli Piantoni mancanti, | ma anche ad un zeppo che non esistesse del inve=||ntario fatto il 1829: e ti accerto, che qualche volta | conviene anche nos.o malgrado mettersi i Baffi, io | ero più di buona fede di tè, mà la perfidia | delli omini mi à resa difidente fino del ombra | mia. Godo di sentirti meglio, ed abiti cura, di valle || Caprina và bene, è vieni facendo tù. Orsolina, che | senza mia saputa aveva già sposato fin dallo scorso // scorso Lunedì gradì tanto l’abito inviatogli, che la | stessa sera venne quì con Balestra à farmi mil=|le ringraziamenti, dicendo che li scrivessi anche à || tè, poiché io lo avevo mandato in nome di tutti è | due. Essi tì salutano, e stanno benone, e contenti. | Godo che vada meglio la cognata e mi dispiace del | piccolo; saluta tutti come tutti salutano tè. Anche | me checco regalò di due

241 La maiuscola è corretta sulla minuscola. 242 Sic per ‘nominato’. 243 Da questo punto fino alla fine della copia Mariuccia sottolinea il testo; nell’originale questo titolo è

in interlinea; l’abbreviazione sta per Dedominicis. 244 A questo punto termina la parte sottolineata. 245 Sic per ‘gravitavano’.

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Libretti. Angelica sempre || di male in peggio, è non fà, che patire. Addio tì ab=|braccio di cuore è sono tua Cic.a P.S. ricordati di Ballanti al tuo ritorno [943] Caro Peppe mio

Roma 24: Ott. 1833 Ricevo la tua, e quello, che di vero cuore mi | ramarica è il sentirti mezzo amalazato, e ti=||mpongo assolutamente che vadino_le cose come | vogliono246 andare penzi assolutamente altro, che | alla tua salute a mé troppo cara, ed atutto | in appresso vi sarà rimedio. Dimani mi occuperò | del affare del Ipoteche, secondo la tua istruzio=||ne, poiché oggi fuori, che per mé che stò in | casa è fatico tutto è chiuso come la festa | essendo si puol247 dire l’ultimo Giovedì di ottob=|re, poiché quest’altro come vigilia de S.nti tutti | stanno a far magro in casa. Di valle Caprina, || tù stesso non mi puoi negare, che se in un248 | fondo vi sono due competitori và sempre me=|glio; io poi che sò sé il Villano249 si lascia ve-|dere ò nò? 250 sono qui, e devo con tutto il fon=|damento suporre, che uno, che non conosco || nemeno di vista, è che mi fà dà un terzo251 chie=|dere un nostro Fondo se vogliamo venderlo à | stima, e pronti contanti, ne abbia voglia, e così | quando vi e l’occasione tratti con chi à faco=|ltà di combinare l’affare; Se poi il diavolo || se lo è portato bon prò le faccia, se gli si | puole fare sapere, che il terreno non sì | da à meno un baj di sd. 405:80252 se lo vole, | subito, ed à pronti contanti, ed accetasse il | partito basta253 da entrarne in possesso ad aprile, || e con le condizioni che fà Vannuzzi riguardo | alla stipolazione, bene: altrimenti diamolo | à Peppino, per i sd. 375:92: ed alle condizioni, | che tù dici, che se con la posta di sabato mi | dici qualche cosa tì mando subito la Procura, || se necesta254 ora, ò vero à suo tempo, secondo ciò, | che mi dirai, Canale, e venuto dà me, come sentirai, | e doppo lungo congresso; si è deciso, che l’aspettase, che | tutto sia in pronto per vedere il terreno fia cosa // assai lunga, che s’affitto e di sd. 100, annui che cosa per || Esso di tutta imposibilità è255 di cedermelo tutto, | ed avendo implorata la mia pietà, gli ho detto, | che mi sarei contentata di una metà, avendo=|mi detto che l’affitto si paga in Aprile, ed | essendomi io assai stretta nelle spalle senten=||do che dovevo aspettare ancora tanto prima | di prendere niente, è convenuto, è mi à data | la sua Parola che mi darà i sd. 50 alli primi | di Gennajo, e così à Gennajo di ogni anno, | ritenendo noi sempre il Mandato in stato || eseguibile, ad ogni sua mancanza, che intan=|to io penzi se voglio usarle una qualche | equità di ribasso sul totale d’averne256 raggione | sopra l’ultima rata delli sd. 50:;257 che se poi | Esso con comodo, e con largo Potrà vendere || il Fondo, dal ché non è lontano, allora | saltandomi intieramente io Le avrei usa=|ta lì, per lì quella più di equità, che avrei | creduto; così siamo rimasti pacifici, ed il | N° di 8: Figli, che sempre mi mette davanti, || mi hanno fatto abbracciare il partito del=|li sd. 50: annui, che credo piacerà pure a_té, | che gia se non và

246 Il ductus della vocale finale è ricalcato. 247 Il ductus del vocabolo è ricalcato. 248 Il ductus della u è ricalcato. 249 L’iniziale è corretta su v minuscola. 250 Sotto il punto di interrogazione è visibile una virgola poi cancellata. 251 Il grafema z è corretto su s. 252 Il numero è corretto su altra cifra. 253 La lettura è incerta ma sono ben visibili la b e la a finale. 254 Sic per ‘necessità’. 255 Segue un grafema cancellato. 256 Il ductus del vocabolo è ricalcato e poco chiaro. 257 Sic.

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bene noi siamo sempre | con lo schioppo carico, poiché non mettiamo | niente in scritto. Della Piacenti converà avere || pazzienza, mà si levano la sete con il Preciutto | Di Cesi tù prendi le cose con troppo foco, final=|me258 se io cerco ora il Pelo nel uovo, non è | davero per mé, mà per tuo figlio; io figura=|ti, che quello che ò fatto, ho fatto, e torno à || ripeterti, che tanto per letà, che per la salute, | poca speranza ò Più di godermi la robba; ma sico=|me pur troppo ho avuto à mie spese luogo di | vedere, come tutti i miei mi hanno assasinato // non vorrei avere nemeno per un minuto lo scrupo=||lo di coscienza di avere non bene invigilato à | quello che m’incombe per Ciro nostro. Se tù | credi dà la consegna, ti trovi lì è vedrai più | di mé, mà quello che è certo, che data sotto li259 | propri occhi riesce assai meglio; ti260 dico poi, che || se ciò tì deve costare non dico un male, mà | un ora di meno di sonno non voglio, che tù | lo facci, e tì basti assolutamente quanto tì | dico sù di ciò. Le Lettere le ho avute tarduccio, | onde mi sembra aver ricostrauto261 il più || necesario. Il Lascia Passare già lò avuto | al aviso della tua venuta lo manderò | alla Porta, tì averto però, che Esso | è per la tua sola persona, e non | per chiunque altro fosse in Legno || con té, tanto per tua norma. | Questa mattina ho mandato | L’abito ad Orsolina262, (che à detto | di tutti era assai bello) ancora | non ne sò risposta, mà spero || lo abbia gradito. Addio Peppe mio, | essere buono; sai, che io dico, ma che | poi il più delle volte mi rimetto263 | à té, e che tì voglio bene davero, | e té ne ò date tante prove, || che tù stesso non puoi negare. Tì abbraccio è sono tua Cicia. P.S. Angelici davvero la nos.a robba non la | compra, se non sfragne assai, assai [949] Caro Peppe m[io]264

Roma 29: Ott.e 1833 Ma davero, che processi, ma come farne di meno tutto | deve dirsi è tutto è indispensabile, onde conviene che tù || povera_me scrivi, ed io lega. Tutto va bene quanto mi | dici riguardo valle Caprina, ed il Sig.r Villano vada | al Diavolo con i suoi carri, e con la sua salita 265 mentre | noi non scendiamo certo dalle nose pretese, ma conviene | pure convenire, che à noi capitano delli belli origina=||li. Riguardo alla apoca266 privata mi sembra vada bene, | ed approva tù di ciò quanto farai. Per quella male=|detta Iscrizione hai avute tutte le opportune istruzio=|ni nella passata mia, ed a quelle credo tì atterai men=|tre il consiglio di Allessandro, deve essere di certo ve=||ridico, primo perché sa la cosa di sicuro, indi per=|ché [à]267 della amicizia per noi, onde lasciamoci r[e] | golare. Di Cesi non replicarei più poiché mi sem[bra] | di avere detto abbastanza, pure rifletendo meglio alla | tua, mi sembra di rilevare che Essendo Stocchi con=||venuto di stare alla Perizia Pulci rifacend[o]ci i | danari, che passano frà quella, e quella Profili, | non solo in Piantoni, ma in fichi ecc tù da[rai] | la consegna à Tavolino; fà tù, che tì trovi lì, | mà io dico che se Peppino vi andesse come ci || ripromette (poiché forse al

258 Sic per ‘finalmente’. 259 La vocale è corretta sopra un altro grafema illeggibile, forse a. 260 L’iniziale t corretta su d, probabilmente della parola successiva. 261 Sic, forse per ‘ricostruito’. 262 L’iniziale è corretta su o minuscola. 263 Lacerazione in corrispondenza di -tt-. 264 Una lacerazione impedisce la lettura, quasi sicuramente mio. 265 Con riferimento alla risposta del Villano Micaddei incontrato dal Belli e dal Babocci: “Ci

fermiamo, gli parlo, e gli dimando perché non si era mai | fatto vedere. Egli mi risponde: perché io non metto mai li carri | per la salita, cioè a dire che non vuol competenze” (lettera 947 di Belli a Mariuccia, Terni 27.10.1833 [ora in VIGNALI 2002: 81]).

266 Sic. 267 Alcune lacerazioni rendono difficile l’interpretazione di questo e di alcuni vocaboli che seguono.

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certo la tua salute | non comporterà ciò) ci lev[a]ressimo tutti lì | scrupoli, e si <...> vedrebbe esatamente se vonno | insacarci sotto nessuno aspetto, ne sò sè dico ben[e] | mà pure conviene dare una occhiata alle Fabri=||che, poiché spendendoci ora per i ristauri, e bene | che qualcuno con i propri occhi veda come ce le | deveno conservare dal punto della consegna in | poi, giaché doppo passati delli anni tutti possano | dire stava così, e non stava così, mà quando sasiste // uno scritto (come tù pure dici sempre) allora non | si sbaglia, basta fà tù, fà tù. Biscontini fù | quì di ritorno Domenica scorsa in ottima | salute; riparte Giovedì con la Diligenza per | Perugia, tì saluta assai. Attendo il corriere || prossimo per sapere il tuo ritorno, come | mi riprometti268, ed à tenore delle tue istru=|zioni manderò il Lascia Passare. Pare che | l’ira da nenbi sia Placata, poiché vediamo il | sole, tutti dicano, che il tempo non dura || perché e sciroco mà io intanto del presen=|te mi giovo ed e il meglio aspetto. abbraccio | tè mille volte, saluto tutti, ti dò il saluto di

tutti, e sono tua Cic.a P.S. Di Canale non essendo Esso contrito di vendere convere=||be coltivare l’idea di farne l’aquisto a quel Sig.r | Amati, poiché il prendere noi una somma insie=|me non sarebbe un pugno in un occhio. senti | tù se puoi, se Esso comprerebbe a_stima, poiché | credo tale sia la pretesa269 di Canale ed alla || tua venuta noi stessi tratteressimo la cosa [989] Caro Peppe

Roma 1270 Febrajo 1834 Ho ricevuta la tua di Terni la quale | mi ha un poco tranquilizata sopra || il tuo viaggio, essendomi io presa gran=|de pena à cagione del tempo cattivo, e ne | attendo le tue notizie da Peruggi Perugia. | questa mattina parimenti vi erano due | altre Lettere à tè dirette, una della || solita Angela almeno così era la firma, | ma da quanto si rileva deve essere | una delle Fani. L’altra di Cirone nos.o | il contenuto di tutte è due lo sen=|tirai in voce. Ho veduto Biagini ques=||ta mattina, il quale tì saluta, e dice, | che non gli è possibile darti le nuove | della accademia, perché ha molto dà fare, | ed anche perché le ho detto, che te le | dava io. Il Clarino buono, ma non su=||blime, lì altri già li conosci, ma fe=|cero meno di quello, che soglieno fare se=|ralmente, ciò non ostante tutti ebbero | delli aplauisi 271 imenzi, ed inparticolare | l’Angelona272. del Teatro non tè nè parlo, || perché era un colpo dochio, che passa // ogni imaginazione. L’orchestra era tutta | colocata sul Palco Senico273, il quale era | decorato come nella prima scena del | Anna Bolena, la piena era274 indiscrivi=||bili, e non vi era in tutto il teatro | una persona di bassa condizione, poiche | cominciando dalle Sig.e Patrizi, e molte | della sessa275 loro condizione erano alla | Picicionaia276, i Principi poi al 4°: e 5to || ordine erano comuni, ed in fatto di | Tolette, e di lusso tutti convengano, che | da anni, ed anni non sì era più in | Roma veduta una cosa simile, insom=|ma fù un gran serata, per chì ama=||va più di vedere che di sentire. | Tutti tì salutano, abbraccia il mio caro | Ciro, e Benedicilo, tornandole i saluti | di tutti, è particolarmente di Antonia; | mentre io abbraciandoti mi dico tua aff.a

Cic.a.

268 La vocale finale è corretta su o. 269 Lacerazione in corrispondenza del vocabolo. 270 Il numero non è chiaro. 271 Sic per ‘applausi’. 272 La maiuscola sembra corretta su a minuscola. 273 Sic per ‘Scenico’. 274 La r sembra corretta su un altro grafema poco chiaro. 275 Sic per ‘stessa’. 276 Sic per ‘piccionaia’.

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[992] Caro Peppe mio Roma 4 Febrajo 1834

Azzardo due righe come tù mi dici. Non puoi | imaginarti se di quanta consolazione mi sia || stata la tua nel sentire le notizie di ciro | mio caro, che abbra.i, Benedirai, e carezerai per | mè, ed al quale darai mille saluti di tutti, | ed in particolare di Antonia, ed li altri fami=|gliari an.e 277. Anche quì al tempo è venuto || il Cancero, poiché oltre la Pioggia, che acco=|mpagnò tè, che come avrai sentito, mi fece | assai pena, sebene jeri spuntasse il giorno | con una giornata di primavera, e durasse278 | fino guasi à sera, con strade belle, è asciu=||te, non erano due ore di notte, che di=|luviava dirottamente, il che à continua=|to tutta la notte ed oggi minaccia assai, | onde felicisima notte à lorsignori. | Mitterpoch va meglio, ma ora si è messa in || castrica e credo ci avrano da fare per un | pezzo, si dice per cosa certa, che Giovedì | sia lultima sera, che canta la Ronzi e, che | venerdì notte parte per Firenze, dove | canterà li ultimi due giorni di Carneva=||le. Tì abbraccio, e sono in fretta tua | ritorna i279 saluti à tutti quelli che si ri=|cordano di me in partic. alli Sig.i Rossi La tua Aff.a Cic.a P.S. dimani sera vado | a Tordinona, con la Princ.a di Danimarca, per sentire per l’ultima volta la Rozzi, || se mai partisse, è perciò mi ha | invitata con Lei | non potendomi dare il Pu[...]280 [1023] Caro Peppe

Roma 6: Maggio 1834 Ricevo la tua ed assai godo di sentire, che | il tuo viaggio fino à Terni sia stato felice, || spero certo, che sarà continuato fino à | Perugia dove avrai trovato il mio caro | ciro in ottimo stato, e di tutto | attendo esatte notizie. | Vorrei, che ad un dipresso || facessi tù un scanda=|glietto di quanto potrà | ancora occorerti fino | al tuo ritorno, per | potermi io regolare circa quanto devo || mandarti, ed avvertimi281 subito. Saluta | tutti abbr.a mille volte il figlio, ricevi | i saluti di tutti, ed abbraciandoti cre=|dimi tua aff.a Cic.a [1028] Caro Peppe

Roma 10: Maggio 1834 Spero di ricevere oggi una tua, ma intanto | comincio à rispondere alla passata: Godo del || ottimo viaggio, e dello stato del figlio, come pure | di tutti i dettagli, che di Esso mi dai è voglio lu=|singarmi, che andrà sempre meglio, e dille | che studi è non dubiti della mia gratitudi=|ne. Biscontini ricevette la tua è credo abia || trovato tutto in regola. Stà bene quanto | mi dici del denaro di Vannuzzi e stò | attendendo. Con l’ordinario di Giovedì si ricevet=|te un Piego con entro una Procura amplis=|sima di Monsiur Devillers282, una sua Lettera, || ed un Foglio con molti articoli d’istruzioni | sopra tanti crediti, che devi ricuperargli; sem=|bra che vi sarà da travagliare assai, ed | Ossoli tì si esebisce se tù credi in ajuto per | allegerirti la fatica, almeno di girare283 à prende=||re cognizione delle cose. Esso devigliers284 dice | che

277 L’abbreviazione non è comprensibile, forse ‘anche’ 278 L’iniziale è corretta sopra un grafema poco chiaro, forse T o F. 279 Macchia tra la fine del verbo e l’articolo maschile plurale. 280 Il vocabolo è situato nell’angolo estremo del foglio ed è illeggibile. 281 La seconda v è aggiunta. 282 Sotto la prima l è chiaramente visibile una g poi cassata (cfr., sei righi sotto, devigliers). 283 La g è corretta sopra un grafema poco chiaro. 284 Si veda la nota a Devillers.

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dapresso le notizie, che à di tè ricevute | dal comune amico Amadeo Davisier non esi=|ta un momento a Mandarti la sua procu=|ra, onde tù faccia tutto. Io con questo || stesso corso le ho risposto dicendole, che tu sei | fuori di Roma, dove dovrai restare per del // tempo per affari urgenti di nos.a Famiglia, | che al tuo ritorno tì occuperai subito | di Lui di tal Lettera ne lascio la minuta, onde tù la || veda al tuo ritorno. Antonia dice di salutar | ciro, è digli, che vole con il tuo mezzo la | piccola Letterina, che Esso aveva fatta per | Lei, e che doveva mandarle dal Sor Antonio | Abbiamo Domenico in Letto in seguito di un || dente, che si levò jeri, è gli ci è concorsa | l’infiamazione, vedremo come termina. 285Ricevo l’altra tua tutto va benone e godo | sempre di Cirone che teneramente abbrac=|cio. Sento quanto mi dici riguardo alli de=||nari è sarai obedito à suo tempo, onde | vivi tranquillo. In questo corso vi e è una | Lettera per te con dei versi di Torricelli, | essi verteno sopra un disgraziato amore, | ma vi è del enima286, che credo non sia dato || che a tè di spiegarlo. Tutti tì fanno mil=|le saluti. quì fà un caldo che scortica la | Pelle Pazienza. Al287 Teatro vi è un umo288, che | fà la scimia, che passa ogni imaginazione Tutti tì salutano ed io abbraciand.i sono tua Cic.a. [1030] Caro Peppe

Roma 15: Maggio 1834 Avendo assai da fare questa mattina temo di | non essere in tempo quando ritorno in casa a || scriverti e perciò penzo di farlo prima di | sortire. Tì289 accludo l’ordine per Bianchi di <…>290 | venticinque secondo tù mi dici e spero che | anderà bene così. L’altro giorno vannuzzi | per mezzo di un vetturale mando sd. 300 ma || non mi scrisse onde non sò quando mande=|rà li altri 60 e rotti. basta sentiremo a | me basta siano quì circa la fine del mese | Ieri sera venne a trovarmi Orsolina che stà | benone come tutti di casa e mi disse che ve=||niva a dirmi addio perché in giorni parte | per Venezia dove rimarà 3: o 4 mesi e tì sa=|luta tanto si Lei che Balestra291. Biagini | Parte per Napoli con la Nepote sabato pros=|simo al più tardi Onorato292 e Partito con || il Padre per ascoli onde vedi come si spopo=|la. Biagini ti dice mille cose. E venuta | una Lettera di Misserini con due sonettini | uno per la Tachinardi ed uno per la Ron=|zi che legerai al tuo ritorno. L’altro || giorno dietro tutte le apparenze ed anche | la persuasione di Biscontini che si dovesse per=|dere dicendo che i giudici avevano presa | una impuntatura fù vinta la Causa | delli sc. 18: contro Costanzi. Io fui ad ufi=||ciare L’avocato Grazioli il quale ti saluta // e Biscontini dice che da lui di_certo dob=|biamo ripetere la nos.a vittoria poiche Esso | certo deve assai avere perorato a nos.o favo=|re. abbraccia Ciro mio di cuore e digli || che sia buono ed ami Mammà come lo | ama. Io tì lascio perché già è ben tardi | amami ricevi i saluti di tutti e credi=|mi tua Cic.a.

285 Le righe che seguono sono vergate con un altro inchiostro, aggiunte in seguito alla ricezione di

un’altra lettera di Gioachino. 286 Sic per ‘enigma’. 287 La maiuscola è corretta su a minuscola. 288 Sic per ‘uomo’. 289 La maiuscola è corretta su un altro grafema, forse su t minuscola. 290 Abbreviazione non chiara; sembra poco probabile che si tratti di ‘scudi’, per cui occorre solo il

simbolo grafico (cfr. criteri di edizione); potrebbe trattarsi di ba.i per ‘baiocchi’. 291 L’iniziale è corretta forse su minuscola. 292 Sopra Onorato è aggiunto in interlinea a matita rossa (forse da G. Janni) l’ipotesi Martucci?

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[1031] Caro Peppe Roma 17: Maggio 1834

Mi lusingava avere oggi due tue righe nelle | quali mi seguitasti a_dare il dettaglio del || essame di ciro, ma ne sono priva, voglio | sperare, che ciò non provenga né da tua | indisposizione, né da essere andato male | il detto esame, come dunque sia converà ave=|re pazienza ed aspettare Lunedì. Mi sembra || impossibile di avere fatta la storditagine | di non averti accusata la riscossione Pariani | che seguì il Martedì doppo la tua partenza | di Giacopetti non tì aveva detto nulla perché | era venuto quì Curi con una Lettera nella || quale Giacopetti le diceva che martedì scorso | sarebbe stato in Roma il vetturale che | avrebbe portato il Denaro per mè, ma il fat=|to stà che attu tutto oggi ancora non sì e visto nes=|suno, ed io volevo farti la sorpersa293 di darti la || nuova del incasso tutto in un botto. 294Antonio | il vetturino Parte Lunedì per Perugia, che vi era | a riprendere certi forastieri è va ad allogiare | alla nuova Locanda, ad Esso consegno certe cosette | per ciro mio, che sono le seguenti ma che non || voglio che gle leanunzi prima, ma che bensì tal | quale come le riceverai ad Essole porti, e_gli dai | il piacere di fare ad Esso stesso svolgere le cose | d.o295 un piccolo schifo, che dovrà contenere quella | chicheretta di Porcellana, che già Ciro tiene alla || quale verrà giunto un cucchiarino da Caffè di ar=|gento con sue Lettere e N° una Boccia da acqua | ed un bichiere con la cifra di Ciro in fondo, il | tutto potrà tenersi nel sundicato296 schifo, e potrà | servirgli al occorrenza, tutto cio in premio delli suoi // buoni portamenti, e per dimostrarle il mio | attaccamento, e quanto io sia di Lui sodisfatta | lo benedirai poi, e bagerai mille volte per mè, | come pure lo saluterai da parte di tutti. | Il detto vetturino antonio deve trovarsi senza || meno à Perugia per il giorno 23:, converebbe | che tù vedesti di farne ricerca, nel caso Esso | non avesse il tempo di venire da tè, La rob=|ba sarà indrizata a_tè, se potesti farmi riave=|re il picciolo canestro, che invio tì sarei tenu=||ta. ho già passato à Domenico i baj 35: per conto | di Stanilsao297, vi è in Roma Saverio Caraciotti, | con due Figlie, ed un fratello, ed io li vedo | spesso, anzi Lunedì verrano meco al Teatro. | Oggi sì aspetta quì sotto il Cardinal Monaco || arcivescovo di Venezia, che viene ad allogiare | da Lepri dove rimarà 2: mesi. questa mattina | sono stata avedere, anzi adare il buon viaggio | ad Orsolina è tì ho asociato alla Madon-|na di Balestra, poiché mi pareva vergognoso || di non farlo. E venuta una Lettera della | Roberti la quale è un solito processo per | avere delle istruzioni per educare la Figlia, | alla tua venuta te ne occuperai, Essa298 tì | fà le più forti premure, anche in nome di || suo marito, perché vadi à vederla in q.a | estate. Tutti ti salutano, ed io tì abbraccio | stretto, stretto è mi conf.o tua Cic.a. [1037] Caro Peppe

Roma 22: Maggio 1834 Eccoti due righe in somma fretta, poiché | lora è ben tardi. Di Grande consolazione || come puoi credere mi sono le nuove | di Ciro mio caro, che abbr.i, e Benedirai | mille volte, è saluterai da parte di tutti. | Manderò il pezetto di carta à Feretti. | Stà bene quanto disponi intorno al tuo || viaggio. Cesj mi assicura essere già in | Roma il vetturale, che deve lasciargli | il denaro per noi, è che stà vendendo | le Tele dalle quali deve ritrare la som=|ma, onde

293 Sic per ‘sorpresa’. 294 Le righe che seguono sono separate dal passo precedente mediante un tratto orizzontale e, a seguire,

per verticale lungo il margine sinistro del foglio. 295 Forse per ‘dentro’. 296 Sic. 297 Sic. 298 La prima s è corretta su e.

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aspettiamo. || Ricevo una Lettera di Vannuzzi nella | quale mi dice che darà à te il compi=|mento delli sd. 18: che hai presi fino al=|li sd. 50: e_baj, e che i sd. 25: che riman=|geno lì manderà da suo cognato, che || viene in Roma nel mese entrante, | veramente à mè ciò incomoda un | pochino, perché avevo contauto299 so=|pra à tutta la somma, mà vi vorrà300 // pazienza, e vedrò di ripiegare alla me=||glio quando non si possa fare altri=|menti. | quì il caldo è al punto della Pazia, | e si gronda anche stando fermi,301 Tì abbraccio, è sono tua di cuore Cic.a. [1040] Caro Peppe

Roma 27: Maggio 1834 Ricevetti jeri la tua è questa mattina | mi lusingava di vederti giungere, ma alla || mia svegliata ho sentito, che non era | giunto che il solo Micheletti, il quale | ancora non ho potuto vedere, ma da | ciò che à detto à Biagio mi fà stare | non poco in pena, poiché dice, che || tù non hai potuto proseguire il viag=|gio per il Male di Denti; io voglio lusin=|garmi che ciò sia un equivoco, e che non | sei venuto perché gli affari richiedettero | lì la tua presenza, ma tì confesso ciò || non ostante, che non sono punto tran=|quilla, e non vedo lora di avere le Let=|tere di Giovedì. Riguardo alla nos.a | Causa sapi intanto, che Amici non | scrive di certo, ed anche sò da parte || di Biscontini che un altro avvocato | di molta vaglia (che Esso302 non mi ha | voluto nominare) non gli à voluto | scrivere, onde credo che avremo a fare | con il solito Belloni. Ti saluta Rosina || Polidori, che è assai impegnata per noi, // ed io per farle un attenzione dimani | a sera la porto meco al Teatro, insie=|me con il Nepote dì Monsignore | per vedere quest’omo scimia, che vera=||mente merita assai. Mille saluti à | tutti mentre abbra.i sono tua Cic.a. P.S. Scrisse Pariani, e Giovedì le imposterò | il denaro. Ha scritto Calvi. [1297]303 Caro Peppe

Roma li 18: Giugno 1836 Io sto tal qual come mi hai lassato. jeri sera fù messo il | Viscicante colla mantega di Napoli, del quale non posso || darti altra notizia che del dolore che sento, perché | ancora non è stato medicato; Spero che averai | fatto ottimo viaggio, ed averai trovato Ciro mio beno=|ne, abbraccialo mille volte, e Benedicilo, tutti ti salu=|tano, ed io abbracciandovi di Cuore mi dico

Tua Ciccia

299 Sic forse per ‘contato’. 300 Lacerazione in corrispondenza della vocale finale. 301 Sic. 302 La maiuscola è corretta su una e minuscola. 303 Questa missiva presenta una grafia diversa da quella consueta. È probabile che le precarie

condizioni di salute abbiano costretto Maria a ricorrere all’aiuto di qualcuno per scrivere al marito. A conferma di ciò si legga l’incipit della lettera successiva in cui appare chiaro anche il nome dello scrivente, Saverio. Nella lettera 1305, datata Perugia, 30 giugno 1836 inoltre Belli, preoccupato per la salute della moglie scrive: Né potendo tu | ancora occuparti in nulla, perché Mariuccia mia | cara non mi mantieni la promessa già fattami, | di scrivermi cioè per altrui mano?

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[1300] Caro Peppe mio Roma 23: Giug.o 1836

Il tempo stringe, e qui non apparisce nessuno | onde io possa farti scrivere; l’altra volta mi ser=||vii di Saverio, ma ora stà à pranzo, onde anche | contro il tuo divieto mi conviene fare da mè, | sarò perciò brevissima è non mi restringerò che a | ringraziarti delle tue due tanto di Terni, che di Perug=|ia, e del304 manifestarti la mia grande consolazione || per quanto mi scrivi riguardo a Ciro, che abbracerai305 | e benedirai mille, e mille volte da mia parte. | La mia salute pare che piutosto tenda al miglio=|ramento, ma non cessa di tempo, in tempo di | darmi delle scosse, le quali sono per altro assai || miti, e di corta durata, la testa ancora non | è perfettamente atturata, ma siamo proprio | alli frutti del resto tutto il sistema di vita | seguita sù l’ostesso piede; jeri mattina per | altro con il permesso del Chierurgo feci un giret-||to a piedi, quì intorno à casa, il quale adonta | della mia grande debolezza riescì assai bene, oggi | riposo dimani vedremo. Tutti tì salutano io tì | ringrazio per il sommo interesse, che prendi di mè, || ed abbracciandoti di cuore mi dico tua aff.a Cic.a. 306L’accademia Regaldi riescì mediocremente, e vi erano cira307 | 200 Persone; ma dice Biscontini, che à fatto assai di più, perché | gran gente gli hanno pagati i Biglietti, e non vi sono andati [1304] Caro Peppe

Roma 28 Giug.o 1836 Ti ringrazio di vero core per tutte le tue | affettuose espressioni, le quali converebbe però che seria=||mente pensasti ad infondere qualche poca | della tua premura per mè al nos.o ciro, dal308 che | vedo che è ben lontano; la sua309 Lettera come | avrai tù stesso luogo310 di rilevare, tanto per | la sua insulsagine, che per la sua brevità || non merita dà mè risposta né guasi, guasì, che | se ne faccia mensione, basta fino, che il Sig.e | mi conserva tè, nulla mi cale del resto. | Nella mia salute vi sono ancora delli grandi | alti è bassi, per cui non cesso di avere delli || grandi momenti di malumore. La testa è in=|tieramente chiusa, è dicano tutti ciò che voglia=|no io à te unico, è solo devo un tanto bene. | I Professori sono Licenzioni, il medico311 da qual=|che giorno, ed il Chierurgo da Sabato, ora si và || avanti con i visciganti, è tutto il resto si tra=|lascia, non facendo dovendo, che ben purgarsi, per in=|di il primo di Luglio attaccare à passare | l’aqua santa, dalla quale si dice, che tro=|verò gra312 giovamento; Della cura mè né ho, || ma sorto tutti i giorni, e procuro di passar=|mela frà Chiese313, è case, onde occupare il tem=|po, non essendomi permesso affatto ancora | nessuna occupazione. La presente lò comin=|ciata jeri quando ricevetti la tua, e la termi=||no ora, che stà per partire la posta, onde | è fatta à tozzi, e bocconi. L’altra notte alle // ore dieci Morì povero Salvatore

304 La vocale è incerta: potrebbe leggersi anche dal. 305 Sopra la r, dopo la geminata, è visibile un’asta, poi cassata dalla scrivente. 306 Il post scriptum che segue si trova vergato capovolto nella parte superiore del foglio, tra la data e

l’incipit della lettera. 307 Sic per ‘circa’. 308 Corretto su un probabile al. 309 Corretto su tua. 310 Il ductus della prima o è ricalcato. 311 Il ductus della c è ricalcato. 312 Sic. 313 L’iniziale è corretta su minuscola.

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imagina | le accorazioni <…>314. Farò315 a Biagini lambasciata | ma non sò quando perché essendo dimani sera || serata di Girandola non verrà certo da mè | Tutti tì fanno mille saluti, e Vasselli vole | che gli saluti il Sig.r Ciro niente di nuo=|vo, che possa interessarti. Il Caldo è gran=|de ma io stando debolissima lo sento || meno delli altri anni. Rotondi ti prega, se | non è di grande incomodo, di un pochino di | cunizia316. A Foligno converebbe prendere un | qualche Ballino di carte da gioco dà 6: bajoc=|chi, il mazzo che mi dicano essere assai buone. Scrive || Bucchi à Domenico, che và à Pesaro, e che | saremo serviti La Ronzi oltre 5: Sere, che doveva | cantare per sodisfare al suo impegno, è stata <…|…> per altre quattro del apaltino, non so con quale | fondamento, mà pure mi nasce la speranza, di sen=||tire la Gemma, Benedici il Figlio, saluta li amici,

abiti cura, amami molto, e credimi tua Cic.a.

[1308] Caro Peppe

Roma 2: Luglio 1836 Ciro à tua intercessione è stato perdonato, abbracelo, | e Bendicilo317 mille volte; però sicome deve avere || un picciolo gastigo, questo sarà, che non le risponderò | che di quì à qualche tempo... Stà bene quanto mi | dici in tutta la tua Lettera, ne mi pare, che | vi sia bisogno, che vi risponda in dettaglio, tanto | più, che oggi è per me giornata piutosto cri=||tica. a scritto Calvi, ma non mi sembra vi sia | nulla di premura, e credo, che verà in tempo, | che tù lo riscontri alla tua venuta, anche | per l’aquisto delle Perle vi è assai tempo. | Ierj il Pagioli Pagò i sd. 30 e gli si consegnò la || tua ricevuta ponendovi la Data. Quì il caldo | è eccesivo, ma è costante onde di nesun pregiu=|dizio alla salute, meno che un poca di smania | nel soportarlo. Tutti dimandano di tè, e ti saluta=|no assai, abiti cura, giaché le cose camineno || bene. La Marini è guarita subito benissimo, e | mi dicono, che la mattina di S. Pietro al gran | ricevimento fosse più brillate318 di tutti li altri | anni, beata Lei. Uber stà benone, il gioro319 | di S. Pietro pranzò in tavola con tutta || la famiglia è mangiò bene, jeri cominciò | ad escire di casa, il Padre à dato à Baroni | frà operazione, e Regalo cinquecento Doppie | non calanti. addio Peppe mio, saluta tutti,

e credimi al solito tua Cic.a.

314 Abbreviazione non comprensibile, forse si tratta di un segno di pausa. Nella successiva lettera di

risposta di Belli, infatti, si legge: A buon conto la tua del 28 l’hai dovuta vergare in due tempi. L’ipotesi potrebbe trovare un appoggio anche nel radicale cambio di argomento, sebbene il ductus sembri immutato.

315 L’iniziale è corretta su minuscola. 316 Probabile variante di cunzia. Infatti nella lettera successiva di risposta di Belli a Maria, datata

Perugia, 30 giugno 1836 si legge: Cercherò la cunzia per Rotondi. [Cfr. anche lettera 1309 del 3 luglio 1836, sempre da Perugia, in cui Belli scrive a Mariuccia La cunzia per Rotondi la porterò io, come cosa di meno urgenza, edita ora in VIGNALI 2002: 106].

317 Sic per ‘benedicilo’. 318 Sic per ‘brillante’; sotto la b si scorge un’asta rivolta verso il basso, come p. 319 Sic per ‘giorno’.

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[1312] Mio Caro Peppe Roma 9 Luglio 1836

Ricevo la_tua, e sempre più tì ringrazio delle | premure che dimostri per me, il mio stato, è || nel320 solito stato di alternative, ed il mio | male da tregue ma non pace; sebene abia | reso la mia vita assai meno nojosa tutta | via tì accerto, che di tempo, in tempo perdo | affatto la pazienza, perché proprio il veder=||mi imobilitata à qualunque delli miei ese=|rcizi graditi mi dà una decisa malinconia, | basta sopra di ciò. Stà bene quanto hai fat=|to, e farai per il nos.o Ciro, che al solito abbrac=|cio, è benedico mille volte. Godo delli assasini || presi, e del Pranzo. Attendo321 più decisi dettagli | sopra al tuo ritorno, che io per altro non | vorrei così solecito, perché credo, che in ques=|ta stagione tù devi trovarti meglio à Perug=|ia che in Roma, onde se ti agrada non || avere riguardi di stare fino alle prime | aque. Riguardo alle Carte di Foligno io te lo | aveva detto, perché persona, che è venuta | da Bologna le à provedute in Foligno pas=|sando dicendo che sono migliori, e non || costano che sei baj il mazzo, con questi | dubi per altro ne providerai un solo bolli=|no, ed io deciderò quello mi converrà meglio per | il tratto a_venire; Delli Denari va bene, e saran=|no pronti. Il Caldo è eccesivo ed io sono in un || continuo bagnio322, altra noja. Publio Giovedì | sera recò la Lettera, ed il cerotto, ma io non // lo vidi, perché avendo fatto un animo risoluto | ed essendomi fatta da Marzi vendere quel | tal Palco ero andata a Valle a sentire la || Parisina, giaché per la Gemma non pare | che vi sia più speranza; tì confesso il mio | peccato323 che mi seccai; la Rozi fece quello | che potete, ma non essendoci affatto illusio=|ne per il sogetto che rapresentava324 dovendo || essere di una giovanissima, non mi lasciò | affatto il desiderio325 di risentirla in questa | musica, i Pachi326 sono prezzi fissi è sono un | orrore il secodo327 ordine faccie e Prosceni 76328 | fianchi di 50 e così tutto il resto in pro=||porzione, io riebi il mio solito Palco, con | più una obligantissima visita di Marzi con | mille espressioni, che qualunque sera vo=|glio andare sono Padrona senza nessuno in=|teresse del che non profiterò mai un poco || per la salute e per non essere indiscreta. | Peppe mio caro tutti mi chiedeno di te, e ti saluta=|no, ma io non faccio Litanie: Ringrazia la Sig.a // Cangenue329 da mia parte per tutte le bontà | che prodica al nos.o Ciro. Ti abbraccio di cuore | e sono al solito tua Cic. [1407]330 Caro Peppe

Roma 27. Giugno331 Hò ricevuto la tua e godo sentirti giunto bene fino a | Terni. il mio male è delli più ostinati e Sabato || dalla mezza notte sino alle trè della mattina del | Lunedì fù un affare serio assai e per tutti non | poco aLarmanti332 furno fatte due altre grosse | sanguigne333, e molti molti rimedi e

320 Il ductus della l è ricalcato; segue un grafema cancellato, forse o. 321 La maiuscola è corretta su a minuscola. 322 Sotto la i è visibile o. 323 Il ductus del vocabolo è ricalcato. 324 Una macchia di inchiostro per il ricalco del vocabolo rende incerta la lettura. 325 La r è probabilmente aggiunta. 326 Sic per ‘palchi’. 327 Sic per ‘secondo’. 328 La prima cifra non è chiara. 329 Nelle lettere indirizzate a Ciro Maria scrive Cangenua 1229,15 e 1320,50 ma in questo caso la

vocale finale si legge chiaramente. 330 Anche questa lettera, come la 1297, sembra vergata da una mano diversa da quella di Maria. 331 Si tratta dell’anno 1837. 332 La vocale iniziale è aggiunta.

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Locali e per | bocca, sì ottenne qualcche334 solievo, ma però mi || trovo sempre a p presso a poco come tu mi hai | viduto, oggi si è preso altro purgante e se | bene siano molte ore non se ne vede ancora | il resultato, il Medico mi esorta alla pazie=|nza, ma per chì soffro e piccolo solievo. || Giovedì spero di ricevere tue nove e procu=|rerò darti le mie benedici e_abraccia_mille | volte Ciro mio che di non poco solievo // mi sarebbe se stesse quì con mè. Ti abraccio | e sono T. M.

III.2. Corpus B [738] Ciro mio Figlio adorato Roma 6: Nov.e 1832 Non puoi farti un idea della consolazione, che | mi ha recata la tua Lettera sentendoti bene, e || contento; se tù sei dispiaciuto per non | essere presso di mè, imagina se lo sono io, | ma tutto sagrifico volontieri, per il tuo | bene, ad acciò un giorno abbi da benedirmi, | per averti reso utile à_té stesso, ed alla || società. Quando tì sarà permesso non mi | privare delle tue nuove, che mi fanno gran | piacere. Studia Figlio mio Caro, abbi rispetto | alli tuoi superiori, ed affetto verso quelli, | che devono servirti, ed avere cura di té. || Tutti li amici dimandeno tue nuove, e | sono dispiaciuti, che tù non abi messo un | saluto per Essi, inparticolare quelli più inti=|mi della famiglia, ed il buon B. Ferdinando | al quale tù hai tante obbligazioni; ricor=||dati figlio mio, che nel mondo la gratitudine | è la prima cosa, che si deve avere. Presenta | i miei rispetti al Sig.r Profesore Colizi, e rigrazialo335 | dà mia parte, per le tutte atenzioni336 usate | al Pappà, ed à té; racomandami al Sig.re nelle || tue preghiere, mentre abbracciandoti, e benedi=|cendoti mille volte, mi dico tua affez.a Madre P.S. se vedi Micheletti ed il buon Ved. Pichi in Belli | Biscontini salutali tanto Palazzo Poli | N: 91 || Roma [823] Caro Ciruccio mio Roma 22: Giug.o 1833 Sebene337, come tù mi dici io riceva dal Pappà le | tue nuove; grate fuori di ogni credere mi giunga=||no i tuoi caratteri, e le assicurazioni, che mi | fai che sarai338 intento alli studi339 ed al tuo do=|vere; essere340 persuaso, che se con fondamento | tù attenderai à volere riescire perfetto in tutto | ciò, che per mezzo delli tuoi ottimi precet=||tori noi 341 facciamo 342

333 Sotto la n si intravede una i. 334 Sic. 335 Sic. 336 Il grafema iniziale è ricalcato. 337 Belli aggiunge tra e e b un’altra b. 338 Belli ricalca r. 339 Belli aggiunge una virgola. 340 Belli aggiunge in interlinea devi. 341 La vocale finale è corretta su n. 342 La prima a è ricalcata.

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insegnarti, non potrai, | che essere felice, poiché se nel mondo puo=|le343 eservi felicità, questa non consiste,344 che | con il345 formarsi buono,346 e docile carattere347, | ed essere istruito, e capace di fare il suo || dovere in qualunque348 cariera349 voglia intra=|prendersi, onde non posso, che scongiurarti à | perseverare nelle tue buone disposizioni, as=|sicurandoti in pari tempo, che non ometterò | cosa alcuna che possa farti piacere à_secon=||da delle mie forze La tua antonia tì dice | milioni di cose, non meno, che la_Sig.a | annamaria, e tutti li altri grandi, e piccoli. | Presenta i miei ossequi al degnissimo Sig.r | Professor Colizi, non meno che à chiunque à350 || cura di tè; conserva la tua preziosa salute, | dì mille cose al Pappà, amami mentre dan=|doti, mille,351 e mille Benedizione mi dico tua

Affez.a Madre [846] Mio ottimo Ciro Caro Figlio Roma 23: Luglio 1833 Lì rapporti, che mi fà Papà352 della tua persona, mi | colmano di piacere, nè mi resta che esortarti || ad un ferma perseveranza in ogni genere, ed | allora diverrai sempre più lidolo353 della tua affe=|zionata mammà. Ho ricevuta la tua, dalla qua=|le sento con piacere sì il buon stato di salu354=|te, che la buona disposizione, che tieni di far=||ti onore nel prossimo èsame; acciò tu pren=|da più coraggio a farlo355 tinvio356 con il mezzo | del Sig.r Fani, che ritorna à Peruggia, una pic=|ciola scattoletta, che tì verrà presentata dal | Papà. Essa contiene una Borsettina da denari, che || la tua Antonia357 à358 recamata, per comando di | Mammà, e_Sotto la sua direzione, 359 Essa rappre=|senta quattro cose diverse, che tutte hanno | il suo significato, cioè il Gallo è il simbo=|lo della vigilanza che tu devi avere, il cervo || è il simbolo della sveltezza nell’eseguire ciò | che ti simpone360; l’omo à Cavallo denota la for-|tezza, che deve avere un uomo sapendosi | difendere trovandosi in pericolo; e l’altro | piccolo ominino361 il cittadino pacifico, il qua=||le se bene362 dotato di scenze363, e di coraggio364 sà |

343 Belli cancella il segno di ‘a capo’, -le e aggiunge l’accento. 344 Belli cassa la virgola. 345 Belli cancella con e corregge il in nel. 346 Belli cassa la virgola. 347 Belli ricalca il ductus di alcuni grafemi del vocabolo. 348 Belli definisce meglio il tratto della l. 349 Belli aggiunge un’altra r. 350 Belli soprascrive ha cancellando l’accento. 351 Belli cassa le virgole tra cui è racchiuso mille. 352 L’iniziale è corretta su p minuscola. 353 Belli ripassa l e appone l’apostrofo. 354 Belli ripassa l. 355 I primi tre grafemi sono corretti forse su ciò. 356 Belli aggiunge un apostrofo tra t e i. 357 L’iniziale è corretta su a minuscola. 358 Belli antepone h facendo coinciderne l’occhiello con l’accento. 359 Belli sostituisce la virgola con un punto. 360 Belli cancella s iniziale e riscrive il grafema più arretrato frapponendo l’apostrofo. 361 Belli aggiunge in interlinea è. 362 Belli unisce aggiungendo un’altra b. 363 Belli corregge in scienze. 364 Lacerazione del foglio.

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vivere tranquillo in’mezzo365 alla sua Fam<iglia>. // Dentro la detta borsettina vi troverai una piccola | bacilazzetta dove potrai mettere dell’acqua della scola, | che Papà ti ha regalata; finalmente in_fondo detta366 || Borzettina vi ho posta una doppia di oro nuova, | che tù367 darai à368 chi si deve, acciò te la conser=|vi; e questa amerei,369 che tù la tenessi più per | memoria di esserti stata data da mè per i | tuoi buoni portamenti, che per spenderla, || giaché370 tù371 hai,372 ed avrai sempre altro denaro | disponibile senza toccare questa. Eccoti, Figlio | mio caro, un picciolo attestato della mia so=|disfazione intorno alla tua condotta,373 prosiegui | è374 conta375 sopra Mammà in qualunque inco=||ntro; gradirò che tù mi accusi il ricevimen=|to delle picciole cose, e non dimenticare | di ringraziare nella tua Antonia, che si è | occupata per tè376; Presenta i miei ossequi | a tutti codesti Sig.ri e ringrazia in mio nome || chì ha cura di tè377. ramentami all’ottimo | Sig.r Professor Colizzi, al quale dirai,378 che spero | che presto venga à 379 farmi una visituccia. | Tutti tì salutano, ed Io abbracciandoti, 380 e Bene=|dicendoti381 mille volte, mi dico tua aff.a Madre [883] Mio Caro Figlio Roma 31: agos.o 1833 Ricevo la carat tua, essa mi fà estremamente | piacere, perché mi accerta del tuo ben stare, e || della tua essatezza nello scrivermi regolarmente, | che è quanto io sommamente desidero. Tutto già | seppi dal Papà382, e né rimasi pienamente sodisfat=|ta, attendo ora il compimento del opera, con sen=|tire eguali buone383 notizzie della giornata del 5. || comportandoti così tutto tù poi sperare da Ma=|ma, e lo vedrai con il fatto. Non hai bisogno | d’inculcarmi di raccomandarti al Sig.r, poiché ques=|to è sempre il mio primo pensiero. Presenta i | miei ossequi alli tuoi degni superiori, e distinti || al Sig.r Prof.e Colizzi384, che ho il bene di conoscere di | persona; ringrazia da mia parte quelli di ser=|vizio, che ti assisteno, ricevi i

365 Belli cancella l’apostrofo. 366 Belli aggiunge a tra i due vocaboli. 367 Belli cassa l’accento. 368 Belli cassa l’accento. 369 Belli cassa la virgola. 370 Belli aggiunge una c. 371 Belli cassa l’accento. 372 Belli cassa la virgola. 373 Belli cancella la virgola e appone i due punti. 374 Belli cassa l’accento. 375 Lacerazione sulla n. 376 Belli cassa l’accento, cancella la virgola e lascia il punto. 377 Belli cassa l’accento; nel vocabolo seguente corregge l’iniziale in maiuscola e aggiunge un’altra m. 378 Belli cassa la virgola. 379 Belli cancella l’accento. 380 Belli cassa la virgola. 381 Lacerazione del foglio. 382 Il grafema finale è ricalcato. 383 Il grafema finale è corretto forse su i. 384 L’iniziale è corretta su un altro grafema, forse P.

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saluti di Antonia, | non meno, che del resto delli amici, e parenti, | mentre Benedicendoti mille volte, ed abbraciandoti || altretante385 mi dico

tua Aff.a Madre [966]386 Caro Ciro mio Roma 6: Dece.e 1834387 Sapendo l’immenso amore che io tì porto non | tì deve avere recato maraviglia se io fui assai || dolente nel vedere che scrivendo al papà tu | non mi avevi affatto nominata. Per quanto | tu voglia scusarti, devi però confessare | che hai avuto gran torto. Io per altro tì | perdono, e tì accerto che non poca conso=||lazione mi ha recata la tua, che mi ha | rimessa Biscontini. Essa sopra a tutto mi | assicura del tuo ottimo stato di salute, che | è quanto basta à tenermi contenta. Dio sa | se io bramerei388 di venire a vederti, ma || non posso dartene una sicurezza. Ciò dipen=|de assolutamente dalli miei affari, ossia | dalli tuoi, giaché389 io al certo non fatico | che per te. Vedremo adunque come si po=|trà fare, ed il tempo ci darà consiglio. || Intanto, Ciro mio caro caro, ti raccomando // di studiare, e profittare delli comodi che la | providenza ti somministra per divenire un | uomo utile a te stesso e alla società. | Tutti tì dicano390 mille cose ed antonia è dolente || al pari di te di non averti riveduto, ma | accertati,391 che non ha potuto fare altrimenti. | Mille ossequi al Sig.r Prof.e Colizzi non meno | che al Sig.e Rettore. Di papà non ti parlo | poiché esso aggiungerà da se quì qualche || cosa. Io intanto ti benedico abbraccio di

cuore nell’atto che mi dico Tua Aff.a Madre [1001] Caro Figlio mio Roma 18. Febrajo392 1834 Da Papà con indicibile consolazione ho sentito | il tuo ben stare, lessere393 tù394 contento, ed an=||che la buona volontà,395 che tieni di studiare, | sopra di che tì esorto à396 radopiare397 il

385 Il grafema finale è ricalcato. 386 La grafia di questa lettera è senz’altro di Maria, ma la sintassi, la scelta dei vocaboli lasciano

supporre che sia il frutto di un’altrui elaborazione, magari di Belli stesso, che infatti, dai documenti risultava in quel periodo a Roma e che apporta, comunque, delle correzioni, come per altre lettere della moglie a Ciro. Dopo il commiato di Maria alla fine della lettera si legge il seguente messaggio di Belli: [967] Mio caro Ciro | Mentre la tua Mammà scriveva mi è giunta l’|altra tua del 4 corrente. Godo della tua buona salute, e ti do notizia che neppure la mia è | cattiva. I miei sentimenti sono quelli stessi che ti ha espressi Mammà: per lo che non faccio | altro che incaricarti de’ miei rispetti | pe’ tuoi Il.i Superiori, e benedirti di | cuore. Ti abbraccio stretto stretto e | sono | il tuo aff:mo padre.

387 Maria sbaglia data; è in realtà il 1833. 388 Belli ricalca la prima e. 389 Belli aggiunge un’altra c. 390 Belli corregge dicano con dicono. 391 Belli cassa la virgola. 392 Belli aggiunge un’altra b. 393 Belli appone l’apostrofo. 394 Belli cassa l’accento. 395 Belli cassa la virgola. 396 Belli cassa l’accento. 397 Belli corregge le doppie aggiungendo d e p.

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tuo | calore, e perseverare nella intrapresa car=|riera, se vuoi essere sempre più lidolo398 di tua | Madre. Sono persuasa, 399 che tù 400 mi avresti || riveduta con piacere, e non minore de=|siderio ne tengo io, mà401 le continue brighe=|le402 da cui sono assediata mi hanno fatta | privare fino ad ora di un tal piacere; chì | sà, che non venga il momento nel quale || possa assentarmi per qualche giorno di quì, | onde riabraciarti,? Speriamolo, mio caro, e tù403 se=|guita à404 renderti degno di avermi presso di | tè405 per qualche poco, con i tuoi buoni por=|tamenti. Ti prego dire mille cose da mia par=||te à406 questi Sig.ri, che hanno tanta cura di tè407, e | presentare i miei rispetti,408 e quelli di Papà al | Sig.r Prof.e Colizi. Antonia, e gli altri domestici, | non meno, 409 che glì amici ti ritornano mille | affettuosi saluti ed Io abbracciandoti e benedicendoti || mille volte mi dico tua affezio.a Madre | volta //410 [1071] Mio Caro Ciro figlio mio Roma 19: Ag.o 1834 Ti ringrazio senza fine delli augurj, che mi hai | fatti, vivendo sicura, che essi siano dettati || da vero amore figliale; tì esorto sempre | più à411 confermarti nelli tuoi propositi di | attendere sempre alli studi, ed à412 fare intut=|to il tuo esatto dovere, e farti amare | dà413 tutti con414 la tua docilità, e buoni || portamenti. Ho piacere | che abbi gradita la cassetti=|na delli compassi 415 , vedi che | io non tralascio in ogni | incontro di darti prove della || mia benevolenza, e sempre più tè nè416 darò, se | tù417 seguiterai à418 comportarti come si deve.419 Una | cosa mi rincrese420, ed è421 che ogni volta,422 che mi | scrivi si vede che lo fai in fretta, e

398 Belli appone l’apostrofo. 399 Belli cassa la virgola. 400 Belli cassa l’accento. 401 Belli cassa l’accento. 402 Belli cancella il segno di a capo e le. 403 Belli cassa l’accento. 404 Belli cassa l’accento. 405 Belli allunga l’asta orizzontale della t per coprire l’accento e ricalca la e. 406 Belli cassa l’accento. 407 Belli cassa l’accento. 408 Belli cancella la virgola. 409 Belli cancella la virgola. 410 Con i due tratti obliqui Maria intende segnalare al figlio il seguente messaggio del padre sul retro:

Mio caro Ciro | Da alcuni giorni io sono in letto con un | poco di costipazione, frutto forse del molto | freddo sofferto nel mio viaggio. Oggi però sto | molto meglio, e non dev’essere altro. Io già | ti mandai le mie nuove per mezzo della Casa | Fani. Nella presente non faccio che aggiungere | le mie esortazioni a quelle della tua Mammà, | e i miei particolari rispetti pel Signor | Presidente e pel Sig.r Rettore. Ti abbraccio | e benedico | Il tuo aff:mo padre.

411 Belli cassa l’accento. 412 Belli cassa l’accento. 413 Belli cassa l’accento. 414 Segno grafico circolare in interlinea. 415 Maria aggiunge la parte finale -ssi sopra l’abbreviazione compa.i. 416 Gli accenti di tè nè sono cancellati. 417 Belli cassa l’accento. 418 Belli cassa l’accento. 419 Sotto il punto è visibile una virgola cancellata. 420 Sic.

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con la | testa peraria, perché il tuo scritto è assai || tirato via, e vi sono sempre vari cassi, e | pasticci, tanto che se ricevo la tua Lettera, che | vi sia qualcuno, è423 mi si424 domandi le tue nuove | non ardisco mostrargli la Lettera, e dirgli vedete | come scrive bene, perché le tue Lettere, sebbene mi || scrivi di rado, non hanno mai faccia da comparire. | Presenta i miei ossequi alli tuoi superiori, abbraccia Papà | ricevi i saluti di tutti mentre nell’atto che tì abbraccio e Be=|nedico, mi ripeto tua aff. Madre [1179] Mio Caro ed amato Ciro

Roma 7 Luglio 1835 Tu forse giudicherai dal mio silenzio e dalla | mia lontananza che io non tì ami abasta425=||nza, ma essere426 certo che vivi in un gran=|de errore. Se tù sapessi427 quanto mi costa | il privarmi di vederti ed il non poterti | scrivere così spesso come lo vorrei428, tì | acerto che cambieresti di opinione riguar=||do429 allo scriverti ti accerto430 che moltissime | volte mi manca proprio il tempo, e | perciò sono costretta di farti sempre | scrivere da Papà riguardo431 al venire | i nostri affari richiedono432 assolutamen=|te ancora per qualche tempo la mia || presenza quì, nè potrei abbandonarli | che con grandi sagrifizi, li quali sono | certa che tu non vorrai permettere | che io faccia: vivi per altro sicuro che | se mi si darà un piccolo largo io vo=||lerò ad abbracciarti ed a restare qualche | poco con tè, e ciò deve bastarti per vive=|re tranquillo. Ho ricevuta la tua per // mezzo di Borgia, ed una altra assai grazio=|sa e ben scritta jeri con il ritorno di || Papà, che grazia al Sig.r giungette433 unitamen=|te a Domenico in ottimo stato di salute, | e tì dicono mille cose come fanno tut=|ti gli altri tanto amici che famigliari434, | frà i quali al solito tiene il posto || distinto antonia tua. Ti prego, mio caro, | continuare con fervore i tuoi studi e | non trascurare la Musica che435 a me | assai piace che tu apprendà436 bene. Se | tale437 sarà la tua condotta tutto potr=||ai438 sperare da Mammà e da Papà. Fat=|ti amare dalli tuoi superiori ed anche | dalli tuoi inferiori439, ed essere un poco | più attento alle tue robbe, ed usa | della tua generosità con qualche mo=||derazione giache440 anche la troppa pro=|digalità è un difetto bello e buono ed | io voglio assolutamente che il mio

421 Belli ricalca la lettera. 422 Belli cancella la virgola. 423 Belli cassa l’accento. 424 Il tratto di si è più stretto, come aggiunto tra mi e domandi dopo. 425 Belli aggiunge un’altra b. 426 Belli soprascrive in interlinea devi. 427 Il digramma -ss- è ricalcato. 428 Belli ricalca la e. 429 Belli appone il punto e corregge la minuscola iniziale in maiuscola. 430 Belli definisce meglio il tratto di -er-. 431 Belli appone il punto e corregge l’iniziale in maiuscola. 432 Belli marca il tratto della e. 433 Belli corregge in giunse. 434 Belli ricalca la r. 435 Belli marca il tratto della e. 436 Belli cassa l’accento. 437 L’iniziale è corretta, sembra su c, forse intendeva scrivere così. 438 Belli elimina i grafemi del secondo rigo e completa il vocabolo sul primo rigo. 439 Belli marca il tratto della e. 440 Belli aggiunge un’altra c, ricalca il grafema e ed appone l’accento.

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// Ciro di difetto non abbia alcuno. Ti abbrac=|cio e ti Benedico mille volte. Pappà agiun=||ge quì due righe. sono tua aff.a Madre441 [1195] Mio caro Ciro Roma 18: Ag.o 1835 Con la più grande consolazione il giorno | 15 del corrente ricevetti la tua affetuosa442 || Lettera, e tì confesso, che assai sensibile | mi sarebe stato se avessi veduto che tù | in quel giorno ti fossi443 dimenticato di | mè,444 ti prego mio Caro445 di conservare | gelosamente quelli sentimenti che nella || tua mi dimostri, onde divenire quel ga=|lantuomo che tanto tuo Padre,446 che me447 de=|sideriamo. Io mi ero data pensiere on=|de in detto giorno 15: ti fossero pervenu=|te alcune sciochezze, 448 che tì aveva desti=||nate, ma la mancanza di occasioni non | mi ha fatto riescire nel mio intento, da449 | Papà che agiunge quì due righe senti=|rai per qual mezzo riceverai una pic=|ciola cassettina, e spero che il tutto sarà || di tua sodisfazione 450 . Amami, Ciro mio, | pogi 451 mille ossequi da mia parte alli 452 ot=|timi superiori, essere453 buono, ricevi la mia | benedizione, e credimi con tutto il cuore tua

Aff.a Madre454 [1229] Mio Caro Ciro Roma 17: Nov.e 1835 Ricevetti tempo fa una tua Cariss.a, alla quale | le mie occupazioni non mi permissero455 di rispon=||dere. Dall’amico Gnoli, che me la recò456, sentii | le tue ottime notizie, le quali mi vennero | jeri confermate da Biscontini e da una tua | scritta a Papà457; Da te sento pure le ottime dis=|posizioni458 che hai di molto applicare nell’anno || venturo, il che mi fà459 grande consolazione, | e mi voglio lusingare che riescirai in quan=|to intraprendi. Ti prego pure di non trascurare | la Musica, giacché si spende il denaro onde tù460 | abbia questo adornamento. Ringrazia in mio nome || la Sig.ra Cangenua per tanti pensieri che si prende | per tè461, e

441 Segue un lungo P.S. del Belli per il figlio. 442 Belli aggiunge un’altra t. 443 Belli sembra ricalcare -ss-, forse per coprire un sottoscritto fosti. 444 Belli allunga il tratto della e per minimizzare l’accento, elimina la virgola apponendo un punto e

rendendo maiuscola l’iniziale successiva. 445 Belli chiude mio Caro tra due virgole. 446 Belli cassa la virgola. 447 Belli cassa me e soprascrive in interlinea io. 448 Belli aggiunge un’altra c e cassa la virgola. 449 Belli toglie la virgola, appone un punto e rende maiuscola la d. 450 Belli aggiunge un’altra d. 451 Sic; Belli aggiunge r omessa. 452 Belli corregge la prima l con g modificando in ‘agli’. 453 Belli cancella essere e vi soprascrive in interlinea sii. 454 Segue nella stessa lettera un messaggio di Belli a Ciro della lunghezza di un foglio e mezzo circa. 455 Corretto probabilmente sul presente permettono. 456 Belli ricalca la e. 457 L’iniziale è corretta su p minuscola; nel segno di interpunzione che segue Belli elimina la virgola

lasciando solo il punto. 458 Il grafema s è corretto su z, forse anticipato. 459 Belli cassa l’accento. 460 Belli cassa l’accento. 461 Belli cassa l’accento.

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salutala da mia parte, come pure | porgi i miei ossequi462 al Sig.r Professor Colizzi, ed | altri tuoi superiori. Tutti quì ti salutano senza | fine, ed in_particolare Antonia. Papà credo di || certo che aggiungerà quì sotto, e perciò non tì | dico nulla. Seguita ad essere buono, amami men=|tre abbraciandoti ti benedico Tua affez.a Madre463 [1320] Mio Caro Ciro Roma 30 Luglio 1836 Eccomi a riscontrare la Cara tua che ricevetti | per mezzo di Papà, la quale mi a recata la || più grande consolazione credendola dettata dal | tuo cuore. Della antecedente non voglio farne | parola: tù già sai che essa mi dispiacque, ma | non se ne parli più. Tì ringrazio del vivo deside=|ro464 che mostri di rivedermi, e tì accerto che il || mio supera di gran lunga il tuo. Dici bene che | te lo ho mezzo promesso, ma non ti ho mai as=|sicurato di ciò, perché se ti465 avessi data pa=|rola te l’avrei già mantenuta, poiché non | sarebe466 possibile che mancassi ad una parola || data, essendo questo uno delli primi nostri do=|veri, dal quale anche tu bramo sii gelosissi=|mo. Vivi467 dunque tranquillo, che se i miei af-|fari lo permeteranno, io verrò, poiché non | vi è che questo ostacolo che mi possa con || molta riflessione tenere468 lontanta da te; nè469 | mai attribuire a poco desiderio di vederti la | mia continua dimora quì: un lagro470 che mi | si desse471 volo da tè, ed una prova te ne | sia che sorto472 affatto le porte di Roma per || andare in altro luogo, sebbene non mi mancherebbero473 // continue occasioni di farlo. Ciro mio Caro, dal | Sig.r Professore Colizi474 ho sentite le tue notizie | precise. Riguardo alla tua condotta ed anche | alli tuoi studi mi sembra che da quanto Esso || mi dice i tuoi Superiori e Maestri non sia=|no malcontenti di te475: per carità ti prego | per quanto so e posso acciò tù non tras=|curi in alcun modo niente di quanto | puole476 condurti a renderti degno e di noi || e della società. Vedi477 quanti sagrifizi faccia=|mo e_di borza478 e di cuore onde tù divenga | veramente 479 uomo. Spero che anche comprende=|rai che ciò alla fine ridonderà a tuo gran=|de vantaggio, e che tante cose riunite insieme || serviranno sempre più ad animarti al ben fare. | Non trascurare doppo480 quelli delli tuoi supe=|riori i consigli di Papà, ed essere certo che tì | troverai sempre bene. Si avicina come tù481 | sai la mia festa: io ti destino una

462 Belli marca il tratto della e. 463 Segue un lungo messaggio di Belli al figlio. 464 Sic. 465 Corretto su tù. 466 Belli aggiunge un’altra b. 467 L’iniziale è corretta su v minuscola. 468 Belli marca il tratto della prima e. 469 Anche qui Belli ricalca e. 470 Belli cancella il vocabolo e scrive in interlinea largo. 471 La doppia sibilante è ricalcata. 472 Belli aggiunge la negazione non tra che e sorto. 473 Corretto su altro vocabolo iniziante per p, sembra ‘piacerebbe’. 474 Belli aggiunge un’altra z. 475 Belli ricalca e. 476 Belli cancella -le e appone l’accento. 477 L’iniziale è corretta su v minuscola. 478 Belli soprascrive s su z. 479 Belli ricalca la prima e. 480 Belli cassa il vocabolo e scrive sopra in interlinea la forma scempia dopo. 481 Belli allunga l’asta orizzontale della t per coprire l’accento.

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piccola || cosa: se tù voi con tutta libertà scrivimi in | tempo cosa gradiresti, altrimenti farò io ciò che // credo482 per tale occasione. Vedi483 che non mi dimentico | mai di quanto debbo e voglio fare per té484. Ti lascio. | Pappà485 vuole agiungere486 qualche cosa. Ti prego delli miei || ossequi a tutti, ed in particolare alla Sig.ra Cangenua, | a cui tì prego essere molto grato perla cura che | prende di tè. Li487 amici tutti e Parenti ed i domes=|tici ti dicano488 molte cose ed antonia489 in partico=|lare. Tì abbraccio mille volte, e tì Benedico: abbiti cura

Tua aff.a Madre490

482 Belli marca il tratto della e. 483 L’iniziale è corretta su v minuscola. 484 Belli allunga l’asta orizzontale della t per coprire l’accento. 485 Ricalcata la parte centrale del vocabolo, forse per cassare la doppia -pp-. 486 Belli inserisce un’altra g e calca il tratto della seconda e. 487 Belli corregge in Gli. 488 Belli scrive o sopra -a-. 489 L’iniziale è corretta in maiuscola. 490 Segue il messaggio di Belli a Ciro.

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IV. Glossario

IV.0. Avvertenza al glossario Sono raccolti in ordine alfabetico vocaboli ed espressioni significative

che non figurano nei repertori, che vi compaiono con accezioni diverse, oppure che si offrono in una variante rara o desueta. Sono state privilegiate soprattutto forme la cui attestazione possa rappresentare un elemento di retrodatazione rispetto ai limiti cronologici sinora conosciuti, o che comunque vada a integrare in modo significativo una serie di esemplificazioni esigue o cronologicamente distanti tra di loro. Per le sole forme che soddisfano tali condizioni si è ritenuto opportuno indicare tra parentesi quadre la data della lettera in cui compare la prima occorrenza del lemma. Si sono inoltre regitrate forme che per grafia, fonomorfologia e usi particolari testimoniano l’aderenza della lingua di Maria al dialetto e all’oralità.

Ad eccezione dei verbi, inseriti sotto l’infinito (tra parentesi quadre se non attestato), le forme sono riportate nell’entrata (in neretto corsivo) nella veste linguistica 1 e nella categoria grammaticale in cui compaiono nelle lettere. È stata lemmatizzata la forma singolare maschile qualora un sostantivo o un aggettivo compaiano sia al singolare che al plurale (e/o sia al maschile che al femminile). Eventuali varianti grafiche e formali e forme alterate sono elencate in ordine alfabetico e rimandano (mediante → ) al lemma con frequenza più elevata sotto cui sono riunite (in corsivo). A parità di occorrenze si rimanda al lemma formalmente più vicino alla norma odierna.

Locuzioni, sintagmi, modi di dire e proverbi sono lemmatizzati sotto un’unità lessicale a cui le altre unità che compongono l’espressione rimandano (anch’esse mediante → ).

La definizione2 tra apici fornisce il significato assunto dalla forma nel passo in cui ricorre; viene offerta rispettando anche il numero e il genere dell’entrata. I contesti (in corsivo tra parentesi quadre) vengono riportati soltanto in casi particolari che esigono maggiore chiarezza. Sia nel lemma e nelle varianti, sia nelle citazioni non sono segnalati eventuali interventi editoriali (scioglimento di abbreviazioni, integrazioni, espunzioni, etc.), né i cambi di rigo e/o di pagina. Per forme con segmentazione a capo il rinvio si riferisce al rigo superiore.

I rinvii al testo sono esaustivi, tranne per le voci di più alta frequenza di cui si forniscono soltanto i riferimenti delle prime occorrenze.

1 L’unico intervento riguarda le maiuscole iniziali che vengono normalizzate secondo l’uso

moderno. 2 Preceduta da congett. tra parentesi tonde nei casi in cui il significato non risulti del tutto

chiaro, non trovi riscontro nei repertori o sia frutto di una deduzione.

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Il glossario informa essenzialmente sull’aspetto semantico. Il riscontro con dizionari storici e/o etimologici, repertori lessicali italiani e dialettali e studi specifici (per la cui citazione valgono i criteri indicati in § I.4.)3 è presente solo per significati non ovvi, nel caso di retrodatazioni o integrazioni alla documentazione esistente4; viene tralasciato per vocaboli e forme che presentano solo un interesse grafico e fono-morfologico, già commentate nell’analisi, per le quali ci si limita a rinviare al relativo paragrafo. Si omettono, inoltre, i riscontri dialettali quando la forma è documentata anche nella lingua, ad eccezione di casi particolari che ne giustificano il richiamo.

IV.1. Glossario

abboccarsi v.intr.pron. ‘incontrarsi, riunirsi’ 830,27; 920,25; anche riabboc[arsi] 857,58. GDLI 7 con esempi dal XIV sec.

abborto s.m. ‘interruzione prematura della gravidanza’ 887,17. DELI dal 1622, T. Campanella. Per il raddoppiamento della consonante cfr. § II.3.2.1.

ablativo in mand[are] all’ablativo locuz.verb. ‘arrivare allo stremo delle forze’ 741,19 [1832] [Tì dicevo | che della salute non potevo lagniarmi, mà sono due giorni, che và assai male, sarà perché secondo quel detto, dagli, dagli manda al ablativo]. LEI I, 110, 20-28 s.v. ablativus it. ridotto all’ablativo ‘ridotto all’estremo, senza alcuna risorsa’ da 1961, GDLI (e anche vogher. es a l’ablatûv ‘essere in miseria’ 1976, Maragliano); TB rimanere come un ablativo assoluto ‘rimanere sospeso’. Pochi i repertori recenti che registrano la forma: DO2 ridursi all’ablativo ‘a niente (o quasi), ai minimi termini, perché l’ablativo compare per ultimo negli specchietti dei casi sulle grammatiche scolastiche’ con un esempio in B. Fenoglio; GRADIT essere, stare all’ablativo ‘senza soldi, sprovvisto di tutto, allo stremo delle forze’; DMDA 822 essere all’ablativo ‘essere in cattive condizioni, allo stremo delle forze’.

acclud[ere] v.tr. ‘allegare con una lettera’ 844,39 e passim; cfr. § II.6.1. admosferico agg. ‘relativo all’atmosfera’ 632,32 [1831]. DELI s.v. atmosfera dal

1789, F. Paoletti; LSPM 145.

3 Per locuzioni, modi di dire e proverbi le citazioni di vocabolari si intendono sub voce relativamente all’unità lessicale sotto cui l’espressione è lemmatizzata nel glossario. Le citazioni sottintendono sempre il rinvio alla bibliografia ivi indicata, ad eccezione dei casi in cui la discussione del vocabolo ne giustifichi l’esplicito richiamo. Nel caso di studi specifici il rinvio è alla pagina.

4 La data della prima attestazione è seguita dal nome dell’autore o del lessicografo che l’ha usata (o dal titolo dell’opera in cui occorre) e accompagnata dalla sigla del dizionario da cui è tratta la citazione. Quando non è stato possibile individuare la data precisa della fonte si indica l’anno di morte dell’autore preceduto da a. ‘ante’. Per voci comuni, notoriamente attestate prima del XVI secolo e dotate di una ininterrotta documentazione, si omettono i riferimenti cronologici.

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adunque cong. ‘dunque’ 850,20; B966,18; cfr. § II.4.2. affolatissima → affollatissimo affollatissimo agg. ‘indaffarato, pieno di impegni’ 592,24; affolatissima 847,4;

anche nella locuz. affollatissima di brighe 855,3 [1831]. GDLI in questa accezione con attestazioni dei secc. XIX e XX (cfr. anche affollare1 ‘essere riempito, sopraffatto’ in a. 1786, G. Gozzi e 1946, G. Manzini). [Cfr. ANTONELLI 2001a: 194 che registra affollato in una lettera del 1830].

affrancato agg.verb. ‘pagato alla partenza (detto di tassa postale)’ 934,112; cfr. § II.6.1.

al(l)armanti part.pres. ‘preoccupanti’ 590,24; 1407,7. DELI dal 1667, V. Siri. Tra le voci bandite dai puristi (SERIANNI 1981: 98).

allesso s.m. ‘carne bollita’ 733,47. Nel romanesco di Peresio, Micheli; in VRM e CHIAPPINI. LIZ: 9 ess. Belli, Sonetti; ma anche 1 esempio nella prosa di Nievo, Confessioni. La forma in Belli ricorre anche negli appunti (cfr. VIGHI 1966: p. 200, n. 304) e nei proverbi in opposizione a arrosto: TEODONIO-VIGHI 1991: 125 prov. n. 120 Arrosto è sempre arrosto e allesso allesso e 344 prov. n. 1381 Sin c’un strilla arrosto e un antro allesso e tutti in compagnia fanno fracasso, dureranno li guai che ce sò adesso.

amalazato agg. ‘infermo, malaticcio’ 943,4 [1833]. La prima attestazione del sec. XIV, Z. Bencivenni [Crusca] riportata in GDLI (s.v. ammalazzato) potrebbe essere un falso rediano; le successive infatti sono 1825, G. Leopardi, LIZ; 1840, A. Manzoni (al plur.) e a. 1936, L. Viani (cfr. anche ammalazzare ‘buscarsi un malanno’ 1947, E. Pea).

amalorata agg. ‘ammalata’ 850,6 [1833]. GDLI registra ammalorato soltanto in 1953, R. Bacchelli. Per la consonante scempia cfr. § II.3.2.1.

ambasciatore in ambasciatore non porta pena prov. ‘chi riferisce qualcosa non ne è responsabile’ 620,29. In Belli Imbasciator nun porta pena (VIGHI 1966: p. 348, n. 773; TEODONIO-VIGHI 1991: 220 prov. n. 667 nell’appunto del ms 690, 7, f. 622); RAVARO. Per attestazioni nella lingua cfr. GDLI s.v. ambasciatore; DPI 368; DMDPL; DP VIII.4.4.2.

and[are]1 in andare al diavolo locuz.verb. 1. ‘andare alla malora, in rovina’ 934,77. DELI (s.v. diavolo) dal 1623, G. B. Marino; GDLI 36. 2. ‘andare a quel paese’ 949,6. DMDA 79; GRADIT s.v. andare1.

and[are]2 in non andarne bene una (a qualcuno) locuz.verb. ‘andare tutto per il verso sbagliato’ 855,8.

andantemente avv. ‘di continuo, senza interruzione’ 934,20 [1833]. GDLI da a. 1703, V. Viviani.

andata (essere) bella e andata → bella animo bastardare l’animo → bastard[are] annesso agg.verb. ‘allegato’ 725,28 e passim; cfr. § II.6.1. aperta s.f. ‘apertura’ 929,64 (riferita al Tribunale). Diverse attestazioni antiche nel

significato di ‘entrata, valico’, mentre come ‘inizio’ un esempio in a. 1617, B. Baldi, GDLI.

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aria in con la testa per aria locuz.prep. ‘in modo distratto, svagatamente’ (associato a scrivere) B1071,19 [1834]. DELI s.v. testa e GDLI 33 s.v. testa1 registrano avere la testa tra le nuvole da a. 1936, L. Pirandello (cfr. anche vivere con la testa tra le nuvole da a. 1911, A. Fogazzaro, GDLI s.v. nuvola e con la testa tra le nuvole dal 1953, R. Bacchelli, GDLI 33 s.v. testa1); GDLI 13 s.v. aria1 attesta camminare con la testa per aria 1840, A. Manzoni.

arretrati s.m.pl. ‘somme non pagate’ 673,6 [1832]. Dal 1797, D’Alberti, DELI s.v. arretrare. Voce censita dai repertori puristici (SERIANNI 1981: 103); LSPM 125.

ascesso s.m. ‘raccolta di pus in una parte del corpo’ 620,16. DELI da a. 1698, F. Redi.

asino in né asino, né bestia locuz.nomin. ‘nemmeno una parola di saluto’ 934,28. Attestato nei domini dialettali (LEI III, 1639, 49-54 e 1640, 1-10 s.v. asinus); per il romanesco in Belli senza dije né asino né bestia S. 1717.4, LIZ; ROLANDI; BELLONI-NILSSON-EHLE; RAVARO.

aspettazione s.f. ‘attesa’ 857,25. Diffuso nella lingua del tempo (Conciliatore, A. Manzoni, S. Pellico, I. Nievo, N. Tommaseo, LIZ).

atlantino s.m. ‘raccolta di carte geografiche’ per estens. ‘qualunque raccolta’ 850,40. DELI e GDLI da a. 1703, V. Viviani.

av[ere] avere il cappello → cappello azard[are] → azzard[are] azzard[are] v.tr. ‘provare, tentare’ 992,3; azard[are] 800,5 [Azzardo due righe come

tù mi dici; azardo di mandarti queste due righe]. Per le censure puriste di azardo cfr. SERIANNI 1981: 108.

bacilazzetta s.f. ‘bacinella, piccolo catino’ B846,28. Mancano attestazioni della forma. LEI IV, 178, 10-39 s.v. *bac(c)ile registra bacilet(t)a.

baffi in mettersi i baffi locuz.verb. ‘comportarsi in modo autorevole incutendo timore’ 941,96 [1833]. Espressione assente dai repertori, attestata soltanto nel romag. (faent.) metts i bafi ‘mostrare i denti, farsi temere’ 1840, Morri e nel bol. meters i bafi ‘id.’ 1869-1874, Coronedi (LEI IV, 361, 24-26 s.v. *baf(f)-). L’associazione semantica dei baffi all’idea di autorevolezza è tuttavia ampiamente documentata sia in lingua sia nei repertori dialettali: TEODONIO-VIGHI 1991: 127 prov. n. 127 Baffi, e gnente pavura; RAVARO co tanto de baffi ‘di persona importante e autorevole o ritenuta tale’; GDLI 2 con i baffi ‘di gran conto, autorevole’; DELI coi baffi ‘di persona o cosa valente’ 1808, F. Pananti; LEI IV, 360, 27-33 s.v. *baf(f)- coi baffi ‘di gran conto’. [L’espressione, soprattutto riferita all’idea di un processo di virilizzazione della donna, inoltre, doveva essere diffusa all’epoca dal momento che AGOSTINELLI 2006: 71-73 la rinviene anche in una lettera del 1814 della bolognese Teresa Carniani Malvezzi indirizzata a Vincenzo Monti].

bagi[are] v.tr. ‘baciare’ 814,9; 1031,37; cfr. § II.3.2.2. bagio s.m. ‘bacio’ 729,11; 620,33 e passim; bagioni 729,34; cfr. § II.3.2.2. bagioni → bagio ballo in ess[ere] in ballo locuz.verb. ‘non potersi più sottrarre a un impegno’ 878,32.

Cfr. negli appunti belliani il prov. Semo in ballo, bisogna ballà (VIGHI 1966: p. 353, n. 823; TEODONIO-VIGHI 1991: 334 prov. n. 1323, appunto nel ms. 690, 7, f.

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56 v.). Non risulta nei sonetti, ma ZANAZZO 238 Quanno se sta in ballo, bisogna ballà. Per i riscontri in lingua GDLI 6 attesta già nei secoli passati la locuz. entrare in ballo, ma più recentemente essere in ballo da a. 1742, G. B. Fagiuoli. DPI 4773; DMDA 938.

bamboccio s.m. ‘babbeo, sciocco’ 628,10 [1831]. Con la medesima accezione nella lingua dal 1817, G. Leopardi, DELI. GDLI come ‘bambino’ e, per estens., ‘stupido, sciocco’ a. 1609, G. C. Croce.

bastard[are] in bastard[are] l’animo locuz.verb. ‘(congett.) alterare, rimescolare (detto delle condizioni atmosferiche)’ 630,29 [1831]. Assente dai repertori, ma bastardar (la lingua) 1756, C. Goldoni (e part.pass. bastardati a. 1557, G. B. Ramusio) LIZ. GDLI (s.v.) imbastardare a. 1874, G. Rovani (nel significato di ‘corrompere, degenerare’ imbarstardire la mente 1872, G. Mazzini, GDLI 2 s.v. imbastardire).

batt[ere] in battere la ritirata locuz.verb. ‘darsi, svignarsela’ 626,7. LEI V, 508, 5-17 s.v. battu(u)ere ‘ritirarsi, per lo più in senso scherzoso’ a. 1665, Lippi, con poche attestazioni fino al 1889, Guglielmotti. È variante più antica di battere in ritirata (1851, DizPolPop, DELI) preferita dai dizionari più recenti (GRADIT s.v. battere). DMDPL battere la ritirata come frase sinonimica di tagliare la corda, mentre DMDA 442 registra solo battere in ritirata.

baulle in fare il baulle locuz.verb. ‘fare la valigia, preparare il bagaglio’ 691,58 [indi sù due piedi gli aveva fatto | fare il Baulle, Licenziare tutti è due | li servitori e partire l’indimani con Lei per | Firenze] [1832]. DELI s.v. baule registra fare il baule ‘riempirlo’ da a. 1742, G. B. Fagiuoli’ (e fare i bauli ‘andarsene’ dal 1845, G. Giusti).

beccamorto s.m. ‘becchino’ 850,29. Attestato nel romananesco soprattutto come ingiuria (CHIAPPINI; RAVARO) conserva qui il significato originario di ‘colui che seppellisce i morti’ (come anche nell’appunto belliano VIGHI 1966: p. 254, n. 464).

bella in (ess[ere]) bella e andata locuz.verb. ‘essere perduta, spacciata’ 878,19 [1833]. Il costrutto ⎡essere bello e + AGG. VERB.⎤ per indicare la conclusione di un’azione è attestato già anticamente (DELI s.v. bello; LEI V, 998, 39-49 s.v. bellus), tuttavia la locuz. bell’e andato ‘perduto’ risulta in it. dal 1936, Pirandello (LEI II, 698, 11-12 s.v. ambulare), con precedenti attestazioni settentrionali già nel piem. bele andait 1859, DiSant’Albino (ib.) e nel ver. belo e andà 1900, Patuzzi-Bolognini (LEI V, 999, 1-6 s.v. bellus).

bene non andarne bene una (a qualcuno) → and[are]2 bestia né asino, né bestia → asino bianco in firm[are] in bianco locuz.verb. ‘firmare documenti senza inserire i dati e

le condizioni’ 847,36 [1833]. DELI s.v. bianco dal 1925, N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana (e firma in bianco dal 1905, Panz. Diz.). GDLI2 10 registra soltanto mandava cambiali accettate in bianco 1946, B. Cicognani.

bigliardo s.m. ‘gioco in cui le bilie d’avorio vengono mosse con le mani o con una stecca su un apposito tavolo’ 721,9 [1832]. DELI s.v. bilia a. 1712, L. Magalotti

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e GDLI s.v. biliardo a. 1764, F. Algarotti (ma nel tipo biliardo già a. 1574 A. F. Doni, DELI e GDLI). Forma invisa ai puristi (SERIANNI 1981: 112).

birbaccione s.m. ‘birbone, briccone’ 907,49 [1833]. In Belli, S. 440.2, LIZ. GDLI 5 (s.v. birba1) da a. 1850, G. Giusti. [ANTONELLI 2001a: 177 ne segnala un’occorrenza in una lettera di Vincenzo Pianciani nel 1838].

bocce in gioco delle bocce locuz.nomin. ‘gioco tra due giocatori o due squadre in cui vince chi manda le proprie bocce più vicino al boccino’ 632,18. DELI (s.v. boccia) gioco delle bocce dal 1673, G. De Luca (per l’uso assol., senza gioco o giocare, bisogna attendere a. 1927, F. De Roberto, GDLI).

boccia s.f. ‘bottiglia di vetro, caraffa per contenere acqua’ 1031,31. DELI dal 1499, Ricettario fiorentino; GDLI a. 1533, L. Ariosto. Attestato nel romanesco in Belli (anche negli appunti, cfr. VIGHI 1966: p. 265, n. 509), Trilussa, Dell’Arco (RAVARO).

bocconi in a tozzi e bocconi locuz.nomin. ‘poco per volta’ 1304,31. L’espressione è attestata negli appunti belliani (VIGHI 1966: p. 364, n. 878) ma assente nei sonetti. CHIAPPINI; RAVARO (s.v. boccone). DELI a pezzi e bocconi ‘poco per volta’ a. 1712, L. Magalotti. DMDA 736 a spizzichi e bocconi.

bon1 bon prò le faccia → pro bon2 (scrivere) di bon inchiostro → inchiostro bono s.m. ‘debito; cambiale’ 542,58 [1830]; cfr. § II.3.1.1. botta in botta e risposta locuz.nomin. ‘ dialogo serrato, rapido susseguirsi di battute’

814,5. Cfr. gli appunti belliani VIGHI 1966: p. 372, n. 951; RAVARO. Anche nella lingua comune (GRADIT).

botto in tutto in un botto locuz.nomin. ‘tutto in una volta’ 1031,20. Lievemente diversa la sfumatura semantica nei repertori, nei quali assume il significato di ‘all’improvviso; di colpo’: già in B. Micheli int’un botto (INCARBONE GIORNETTI 1991 s.v. botto); in Belli tutt’a ‘n botto (VACCARO); CHIAPPINI tutt’in un botto; RAVARO. DELI in un botto ‘in un attimo’ 1863, P. Fanfani.

bravo inter., seguito dal nome della persona a cui è rivolto 628,9 [Bravo Babbocci!]. [Cfr. ANTONELLI 2001a: 144-145].

briconcellone s.m. ‘ragazzo vivace e scanzonata (riferito a Ciro)’ 807,60 [1833]. In tale accezione DELI e GDLI 2 registrano briccone dal 1857-58, I. Nievo; GDLI 6 attesta bricconcello da a. 1612, B. Guarini.

brighe affollatissimo di brighe → affollatissimo brillante agg. ‘simpatico, vivace (detto di compagnia, serata mondana e sim.)’

850,50; anche brillantissima 598,48; 632,26. Vocabolo nel mirino dei puristi già nel significato di ‘allegro’ riferito a uomo (SERIANNI 1981: 116) [Cfr. ANTONELLI 2001a: 149 cui si rinvia per i riscontri coevi].

brillantissima → brillante buscherata s.f. ‘buggeratura, fregatura’ 907,35; cfr. § II.3.1.2.1. DELI (s.v.

buscherare ‘buggerare, ingannare’ 1863, P. Fanfani) buscherata ‘sproposito, inezia’ a. 1850, Giusti (e anche a. 1861, I. Nievo, LIZ).

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cacarella s.f. ‘diarrea, dissenteria’ 590,46; 590,52. Dal 1615, G. B. Marino, DELI s.v. cacare e GDLI (e ancora in V. Monti). [ANTONELLI 2001a: 178 ne segnala un’occorrenza in Vincenzo Pianciani].

cad[ere] in cadere dalle nuole locuz.verb. ‘meravigliarsi di quanto è accaduto, stupirsi moltissimo’ 583,3 [1831]. DELI dal 1797, D’Alberti, ma la successiva attestazione a. 1911, A. Fogazzaro, GDLI 12. Tarda anche la variante con cascare a. 1876, L. Settembrini, GDLI 18 (s.v. cascare). DMDPL; DMDA 493.

cagliare v.intr. ‘capitolare, deporre la baldanza’ 941,40 [basta adurgli le sue raggioni appogiato alla Lege, che subito caglia]. CHIAPPINI lo marca come vocabolo fuori d’uso. Per esempi letterari cfr. GDLI2.

cagniara s.f. ‘confusione’ 630,41; cfr. § I.4. cal[ere] v.intr.impers. ‘interessare, stare a cuore (preceduto da un elemento di

negazione)’ 1304,12; cfr. § I.4. calabresella s.f. ‘terziglio, ossia gioco simile al tressette giocato con 40 carte da tre

giocatori, a ognuno dei quali vengono distribuite 12 carte mentre le restanti costituiscono il monte’ 628,37 [1831]. DELI s.v. calabrese dal 1825, G. B. Zannoni, Saggio di scherzi comici; GDLI da a. 1873, F. D. Guerrazzi (e ancora in G. Giusti e R. Fucini).

calosce s.f.pl. ‘soprascarpe’ 850,13 [1833]; cfr. § II.3.2.2. camp[are] v.intr. ‘tirare avanti, vivere’ 840,31; 863,26. Belli (LIZ); RAVARO. campagnata s.f. ‘scampagnata’ 632,37 [1831]. Da a. 1861, I. Nievo, LIZ (GDLI lo

attesta soltanto in 1816, U. Foscolo, dove però da un riscontro in LIZ non risulta); anche in LSPM 496 tra le voci regionali e popolari.

campana s.f. ‘gioco che consiste nell’avanzare, saltellando e spingendo una piastrella, in vari riquadri numerati di uno schema tracciato sul suolo’ 632,18 [1831]. CHIAPPINI. Da a. 1864, Rigutini, VEI2; GRADIT 5.

canchero s.m. ‘persona molesta e noiosa’ 900,20. Ampiamente attestato nei repertori romaneschi: VRM; in Belli (LIZ); CHIAPPINI canchero pisto; RAVARO; presente nella lingua dell’epoca: 1761, C. Goldoni, DELI; TB e LIZ canchero 6 ess. in prosa (1 Manzoni, Promessi Sposi 1827 e 1840; 5 Nievo); 9 ess. in poesia (4 Belli, Sonetti; 5 Giusti); cancheri 3 ess. Belli; anche nell’espressione al tempo è venuto il Cancero 992,9 per la quale cfr. GDLI 5 s.v. canchero come ‘augurio di ogni male’ con una lunga tradizione di attestazioni, spec. in associazione al verbo venire; RAVARO.

cancrena s.f. ‘processo di disfacimento di un tessuto o di un organo’ 589,25. DELI sec. XIV, Guglielmo volgare (GDLI dal 1765, C. Mei).

cani in freddo da cani locuz.nomin. ‘freddo molto intenso e pungente’ 907,34 [1833]. ROLANDI segnala l’uso aggettivale di cane in un freddo cane. GDLI 17 (s.v. cane1) registra soltanto le locuz. fame da cani a. 1679, P. Segneri e sera da cani (riferito al clima) a. 1930, A. Beltramelli.

capocia s.f. ‘capo, testa’ 897,10 [esso à capocia sul busto]. VRM; nei bollettoni belliani capoccia (VIGHI 1966: p. 530, b. 2,7); CHIAPPINI; RAVARO.

cappello in avere il cappello locuz.verb. ‘ottenere in cardinalato’ 628,55. GDLI 2 s.v. cappello registra una lunga serie di attestazioni del lemma nel significato di ‘dignità cardinalizia’.

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carateraccio → caratteri caratteri s.m.pl. 1. ‘corrispondenza, lettere’ 465,2; 685,3; B823,5 e passim; 2.

carateraccio ‘calligrafia, modo di scrivere’ 934,37, carattere anche negli appunti belliani (cfr. VIGHI 1966: p. 172 a. 253); cfr. § II.6.1.

cartocci s.m.pl. ‘pacchetti, regali’ 850,73; 882,14. CHIAPPINI e BELLONI-NILSSON-EHLE nella locuz. ce scappa er cartoccio ‘si avrà il regalo’ (non con il medesimo significato cartocci negli appunti belliani VIGHI 1966: p. 253, n. 457).

cassi s.m.pl. ‘cancellature’ B1071,20 [1834]; cfr. § I.4. cav[arse] cavarse le patte → patte cav[arse]ne cavarsene un costrutto → costrutto cavata in cavata di voce locuz.nomin. ‘atto di trarre da uno strumento suoni più o

meno forti e limpidi’ 900,17 [1833]. DELI s.v. cavo1 registra la locuz. nel significato dal 1797, D’Alberti; GDLI 2 s.v. cavata a. 1859, G. Carena (e ancora in G. D’Annunzio e E. Montale).

cercare cer[are] il pelo nel uovo → pelo2

ceroto → cerotto cerotto s.m. ‘cerotto’ 1312,31; ceroto 844,10; cfr. § II.3.2.1. chicheretta s.f. ‘tazzina di porcellana o maiolica’ 1031,29. DELI s.v. chicchera da a.

1636, F. Carletti. Cfr. chicchera in una lettera di Belli a Francesco Spada (VIGHI 1966: p. 496, L4,2); chicchera anche in CHIAPPINI e RAVARO.

chierurgo s.m. ‘chirurgo’ 1300,19; 1304,19; cfr. § II.3.1.2.1. ciuco s.m. ‘piccolo (riferito a Ciro)’ 800,10 e passim. Attestato nel romanesco con il

significato ‘piccolo’ (VRM; CHIAPPINI; RAVARO) ricorre nelle lettere come allocutivo affettuoso.

ciumaco s.m. ‘bello, caro’ 850,43; 855,14 e passim. CHIAPPINI; RAVARO. colca agg.verb. ‘coricata, distesa’ 822,6 [farmi passare molte ore colca]. Cfr. colco

VRM; UGOLINI 1939. Numerose attestazioni antiche e letterarie di colcare ‘adagiarsi, distendersi’ (anche tra le voci genericamente letterarie in LSPM 76), ma l’uso del part.pass. colco/-a risulta solo in a. 1938, G. D’Annunzio, GDLI (s.v. colcare).

colera s.m. ‘grave infezione intestinale epidemica’ 590,48; 620,12 e passim. DELI da a. 1750, A. Cocchi, con un precedente cholera in napoletano nel 1702, D’Ambra. Il latinismo cholera, maggioritario nella lingua coeva, è assente nelle lettere di Maria [per riscontri coevi cfr. anche ANTONELLI 2001a: 204; AGOSTINELLI 2006: 252].

collo in tir[are] il collo (a qualcuno) locuz.verb. ‘infliggere un tormento, strapazzare’ 832,36 [1833]. GDLI1 11 tirare il collo in tale accezione a. 1922, G. Verga. DMDA 2688. In romanesco tirà er collo è attestato soprattutto con il significato di ‘attendere a lungo qualcosa’ (RAVARO).

combinare v.tr. ‘concludere un affare, risolvere una questione’ 943,24 [1833]; 840,21, anche con uso assol. 873,44; combinarsi 830,31. DELI ‘riuscire a mettere in atto un progetto’ a. 1802, V. Alfieri, ma nel significato di ‘stabilire, organizzare, decidere di comune accordo’ a. 1832, A. Lamberti. È tra le voci censite da T. Azzocchi e da diversi lessici puristici (SERIANNI 1981: 130).

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combinarsi → combinare compieg[are] v.tr. ‘accludere insieme’ 900,31; compiegata 814,28; cfr. § II.6.1. compra s.f. ‘acquisto’ 830,13; 900,32 [effettuare la compra de nos.i beni] [1833]. In

CHIAPPINI comprita. Numerose attestazioni letterarie da G. Villani, GDLI. LSPM 541 far compra di è tra le locuz. popolari ed espressive registrate nella stampa periodica del tempo.

contezza s.f. ‘cognizione, conoscenza’ 742,10-11. Cultismo anticamente attestato (cfr. DELI da a. 1303, Onesto da Bologna).

contrapelo in dare pelo e contrapelo locuz.verb. ‘sottoporre a minuziose indagini e controlli’ 822,32 [1833]. RAVARO servì de pelo e contropelo. Nelle lettere appare la variante senza articoli e con dare (cfr. locuz. dare il contropelo ‘criticare con malignità’ a. 1742, G. B. Fagiuoli, GDLI 3). I repertori invece registrano più tardi l’associazione ⎡pelo e contropelo⎤ nella forma con fare e con gli articoli: DELI (s.v. pelo) fare il pelo e il contrappelo 1863, P. Fanfani, mentre GDLI attesta la locuz. fare il contropelo a. 1886, V. Imbriani e G. Verga. In GRADIT (s.v. fare) la locuz. fare pelo e contropelo è marcata come comune e colloquiale. DMDPL; DMDA 1329.

convulsioni s.f.pl. ‘contrazione brusca e involontaria dei muscoli causata da particolari stati morbosi’ 685,13. DELI s.v. convulso 1561, A. Citolini (l’attestazione di Z. Bencivenni [Crusca] in TB e GDLI è un falso rediano).

corbeleria s.f. ‘sciocchezza, sproposito’ 934,59. [Anche in ANTONELLI 2001a: 178, cui si rinvia per riscontri coevi].

corrente1 agg. ‘in corso’ 601,24 e passim; cfr. § II.6.1. corrente2 s.m. ‘mese corrente’ 911,3 e passim; cfr. § II.6.1. corriere s.m. ‘servizio postale’ 949,39; cfr. § II.6.1. corso s.m. ‘servizio postale’ 725,16 e passim; cfr. § II.6.1. costrutto in cav[arse]ne un costrutto locuz.verb. ‘intendere il significato’ 929,29

[delle cose à rate non se ne cava | un costrutto]. GDLI 2 s.v. costrutto2 in associazione a cavare da a. 1535, Leone Ebreo.

creatura s.f. ‘neonato, bambino’ 863,26. Dialettalismo panmeridionale attestato nel romanesco (VRM; CHIAPPINI e RAVARO s.v. cratura; nelle lettere di Teresa Fioroni, SERIANNI 1989a: 176), presente anche nella lingua (GDLI 3; GRADIT 2a).

cristiana agg. ‘decorosa, civile (riferito a giornata)’ 934,63 [1833]. GDLI 7 (s.v. cristiano1) ne registra l’uso come agg. non riferito a persona solo in lavoro cristiano 1959, C. Cassola. GRADIT 2b marca tale uso come colloquiale.

cucchiarino s.m. ‘piccolo cucchiaio’ 1031,30 [1834]. GDLI s.v. cucchiaino registra la forma italiana solo da a. 1859, G. Carena. Per i repertori romaneschi cfr. RAVARO.

cunizia s.f. ‘pianta ebacea le cui radici amare hanno proprietà toniche e diuretiche’ 1304,42. Variante di cunzia; infatti nella successiva lettera di risposta Belli scrive a Maria: Cercherò la cunzia per Rotondi (Perugia, 30 giugno 1836). Iberismo (da juncia) attestato nella lingua soltanto in a. 1698, F. Redi e in a. 1938, G. D’Annunzio, GDLI.

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dagli in dagli dagli locuz.verb. ‘a furia di insistere’ 741,19. CHIAPPINI (s.v. dà) dagli che ti ridagli; ROLANDI (s.v. dà) dàje e ddàje.

dare1 dare pelo e contrapelo → contrapelo dare2 dare retta → retta dettagliate agg.verb. ‘definito nei minimi particolari’ 807,39. [Cfr. ANTONELLI

2001a: 149 per i riscontri coevi]. dettaglio s.m. ‘particolare’ 725,15; 811,4 e passim. [Cfr. ANTONELLI 2001a: 149-150

per i riscontri coevi]. detto in detto fatto locuz.avv. ‘immediatamente, subito’ 907,32. CHIAPPINI; RAVARO.

Diverse attestazioni in lingua in GDLI1 5. devolutivo s.m. ‘ciò che riguarda la trasmissione dei beni’ 857,19 [1833]; anche

nella locuz.prep. in devolutivo 844,49; 907,41. GDLI registra una sola attestazione come aggettivo in a. 1683, De Luca.

diavolo1 s.m. ‘individuo, tizio’ 941,19 [1833]. GDLI1 8 ‘persona insignificante, trascurabile’ a. 1793, C. Goldoni (e ancora in C. Dossi e C. Pavese).

diavolo2 il diavolo se lo porti → portarsi diavolo3 andare al diavolo → and[are]1 diavolo4 in che (o come) diavolo inter. ‘che (o come) cavolo, che (o come) diamine’

855,7; 628,20; 807,40. diluvi[are] in imagin[are] che piovesse, no che diluviasse prov. ‘credevo che vi

fossero degli imprevisti sgradevoli, ma non che fossero così tanti’ 691,6 [avevo [...] imaginato, che piovesse, ma nò che diluviasse à tal segno]. ROLANDI e RAVARO (s.v. diluvià). GDLI 5 registra solo credeva che egli avesse a piovere, ma non a diluviare 1588, F. Sassetti.

direzione s.f. ‘indirizzo, recapito’ 934,112; cfr. § II.6.1. discarico s.m. ‘definizione, esecuzione’ 590,4; 844,41 e passim. Attestato dal 1812,

G. Bernardoni e censito da numerosi lessici puristici (SERIANNI 1981: 146). disfida s.f. ‘sfida’ 628,37. GDLI e DELI s.v. disfidare da a. 1536, G. Mauro. disviato s.m. ‘girovago’ 620,19 [Ricci lo vedo spesso, ed anche viene à pranzo

quando è in Roma, mà non ci stà tanto, essendo diventato un gran disviato è facendo continue gite]. PORTAGIACOMELLI e RAVARO attestano soltanto la forma verbale disvià (s.v.) ‘deviare, avviare in diversa direzione’. Come s.m. in G. Boccaccio, P. Aretino, T. Garzoni, GDLI 3.

diversivo s.m. ‘espediente atto a distogliere da un’idea, una preoccupazione e sim.’ 900,59 [1833]. In tale accezione dal 1848, F. Ugolini, DELI s.v. diverso.

domestici s.m.pl. ‘camerieri’ 811,16; B1001,22. Vocabolo nel repertorio di Azzocchi (SERIANNI 1981: 148). [Cfr. anche ANTONELLI 2001a: 150 per riscontri coevi].

doppia1 doppia, è strà-doppia consolazione → stra- doppia2 s.f. ‘moneta d’oro coniata a Milano da Carlo V nel 1548’ 1308,27; B846,30.

DELI s.v. doppio e GDLI s.v. doppia2 dal 1618, M. Buonarroti il Giovane; RAVARO.

doppo avv., cong. ‘dopo’ 551,23; 587,17 e passim; cfr. §§ I.5. e II.3.2.1. due due righe → righe dunque in ess[ere] al dunque locuz.verb. ‘arrivare al punto essenziale, nel momento

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culminante’ 897,12 [1833]; cfr. § II.4.2. GDLI s.v. dunque documenta giungere al dunque dal 1809, U. Foscolo (e più tardi in A. Moravia e M. Luzi). DELI s.v. venire attesta venire al dunque dal 1961, Dizionario enciclopedico italiano. Per i repertori romaneschi cfr. venì ar dunque in C. Pascarella, RAVARO.

emulumento s.m. ‘entrata, profitto’ 941,50. entrante1 agg. ‘prossimo (spec. riferito a settimana)’ 822,15 e passim; cfr. § II.6.1. entrante2 s.m. ‘mese prossimo’ 887,12 [spero certo di fartelo avere per il di 8: del |

entrante] [1833]. GDLI 5 come sostantivo attesta la forma da a. 1828, V. Monti, (e poi ancora in G. Leopardi e F. De Sanctis). Su altri epistolarimi cfr. § II.6.1.

ess[ere]1 essere al dunque → dunque ess[ere]2 essere alli frutti → frutti ess[ere]3 essere a(l) servizio → servizio ess[ere]4 essere in ballo → ballo ess[ere]5 essere sopra la faccia del luogo → faccia2 estirpazione s.f. ‘asportazione chirurgica (detto di tonsilla)’ 691,8; 873,28. GDLI 2

da a. 1758, A. Cocchi (e ancora in Bicchierai, Verga e Cicognani). faccia1 freddo che taglia la faccia → tagliare faccia2 in ess[ere] sopra la faccia del luogo locuz.verb. ‘in sede, sul posto’ 900,35;

934,82; anche port[arsi] sopra (o sulla) la faccia del loco 741,23; 900,35. Cfr. essere sulla faccia del luogo da a. 1712, L. Magalotti (e ancora in V. Alfieri e V. Monti), GDLI.

fagotti s.m.pl. ‘bagagli, pacchi’ 733,35. Come ‘involto’ DELI1 dal 1503-05, Diario di Francesco di Giuliano de’ Medici (con un antecedente falso in Z. Bencivenni, GDLI1 che attesta il vocabolo nell’accezione di ‘pacco’ successivamente dal 1800-1808, L. Cantini). Per i repertori dialettali cfr. RAVARO.

fantoccio s.m. ‘persona priva di volontà, pupazzo’ 628,10 [1831]. fare1 fare il baulle → baulle fare2 fare magro in casa → magro fare3 tutto fa → tutto fatto detto fatto → detto ficcarla v.tr. ‘farla a qualcuno, raggirare’ 857,15. Scarse le attestazioni di ficcarla a

uno ‘ingannarlo’ da a. 1533, L. Ariosto, GDLI 19 (s.v. ficcare). fidatezza s.f. ‘affidabilità, l’essere fidato’ 850,23 [1833]. La forma è attestata da a.

1869, C. Cattaneo, DELI (s.v. fido), con pochissimi altri riscontri nei secc. XIX e XX in N. Tommaseo, C. Collodi, B. Tecchi, GDLI.

fieri agg. ‘insopportabili, dolorosi (riferito ai mali di capo)’ 677,16. Per esempi nella lingua letteraria in contesti associati al malessere fisico cfr. GDLI 14.

firm[are] firmare in bianco → bianco forastieri s.m.pl. ‘chi proviene da fuori’ 907,27; 920,34 e passim; anche agg.

forastiere 863,13; cfr. § II.3.1.2.1. forsi avv. ‘forse’ 807,32; cfr. § II.4.2. freddo1 freddo che taglia la faccia → tagliare freddo2 freddo da cani → cani

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frolle agg. ‘guaste, scadenti (riferito alle machine)’ 863,36 (in opposizione a sane 863,35). GDLI 2 s.v. frollo e RAVARO.

frutti in ess[ere] alli frutti locuz.verb. ‘essere alla fine, agli sgoccioli’ 1300,16; cfr. § I.4.

garafine s.f.pl. ‘caraffine’ 830,37; cfr. § II.3.2.2. giocarello s.m. ‘balocco, giocattolo’ 855,12. Attestato nel romanesco in Berneri,

Belli (ggiocarelli anche negli appunti, VIGHI 1966: p. 234, n. 380), Chiappini, Zanazzo, Pascarella, RAVARO.

gioco gioco delle bocce → bocce giovanne s.f.pl. ‘(congett.) figure femminili’ 628,62 [La facciata del | nos.o Oratorio

quì in contro fù illuminata, | e furono anche messe delle fiaccole, il che | si replica anche questa sera, cosa di cui non | hanno memoria nemeno le antiche Giovan=|ne dal Palazzo Poli] [1831]. Difficile stabilire il significato dell’espressione (usata in rapporto a un evento solenne, un’investitura cardinalizia), che potrebbe riferirsi anche solo semplicemente a conoscenze private e familiari della scrivente. Mancano attestazioni nei repertori. L’unico riscontro relativo a giovanne, che non pare potersi correlare al nostro caso, si rinviene in Pietro Fanfani, Vocabolario dell’uso toscano, Firenze, Barbera, 1863 che s.v. capra registra l’espressione capre giovanne commentando «lo dice il volgo fiorentino a significare il ricorrimento di una gran solennità straordinaria» e a proposito dell’origine del detto prosegue «Io non la so indovinare; ma la festa di San Giovanni, che fu solennissima per i Fiorentini c’entra per qualcosa» (l’attestazione di Fanfani è riportata anche da 1931, P. Petrocchi e GDLI s.v. capra). Anche TB s.v. giovanni sottolinea la grande devozione popolare per la festività di San Giovanni e la tendenza del nome a lessicalizzarsi in modi di dire o proverbi.

guardarobiere s.m. ‘persona di servizio addetta alla cura degli abiti e della biancheria in case private o collegi’ 832,26; 850,41 [1833]. DELI (s.v. guardare) da a. 1861, I. Nievo nella variante guardarobbiera, con poche successive attestazioni (in G. Verga, A. Palazzeschi C. Dossi, A. Oriani, A. Moravia, sempre al femminile, GDLI e LIZ), mentre in 1840, A. Manzoni si ha guardarobi (LIZ). Come guardarobbiere di teatro a. 1852, P. Borsieri, LIZ.

guasi avv., cong. ‘quasi’ 601,47; 630,28 e passim; cfr. § II.3.2.2. il di + NUMERALE locuz.prep. 887,11; cfr. § II.6.1. il giorno + NUMERALE locuz.prep. 536,16 e passim; cfr. § II.6.1. imagin[are] imagin[are] che piovesse, no che diluviasse → diluvi[are] impostare v.tr. ‘spedire’ 830,49 e passim; cfr. § II.6.1. in data + NUMERALE locuz.prep. 592,4 e passim; cfr. § II.6.1. incaglio s.m. ‘intoppo, intrico’ 546,3 [mi sì è dato un incaglio di cose per cui non ho

il tempo]. Con il significato ‘perdita di tempo’ in Belli nelle lettere alla moglie del 23 settembre 1827 e 19 ottobre 1829 (VACCARO s.v. incàjo); RAVARO (s.v. incajo). DELI (s.v. incagliare) ‘ostacolo; difficoltà’ da a. 1698, F. Redi. Attestazioni in lingua, per lo più concentrate nel XIX sec., in GDLI1.

incasso s.m. ‘guadagno, ricavo’ 1031,20 [1834]. Dal 1797, Assemblee della Repubblica Cisalpina, LESO 1991: 594 [3515] (DELI s.v. incassare).

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inchiostro in (scrivere) di bon inchiostro locuz.verb. ‘efficacemente’, anche ‘risolutamente, senza riguardi’ 830,45 [Fami il Piacere di Scrivere di bon inchiostro al Antaldi, io pago, pago e chi deve à noi hanno tutti la Podagra]. Scarse attestazioni da a. 1484, L. Pulci, GDLI1 5.

incombensato → imcombenzato incombenzato agg.verb. ‘incaricato’ 844,57; incombensato 857,36. La forma verbale

incombenzare è documentata da a. 1798, F. Milizia, GDLI. I tipi incumbenzare e incombenzare si trovano tra i vocaboli censurati da Azzocchi (SERIANNI 1981: 172) e nella stampa periodica coeva (LSPM 162). Per il consonantismo cfr. § II.3.2.3.

indavolato agg. ‘inclemente, infernale (riferito al tempo)’ 536,5. Con riferimento agli agenti atmosferici indiavolato da a. 1735, N. Forteguerri, DELI; GDLI 5.

indimani avv. ‘il giorno seguente’ 691,59; cfr. § II.3.1.2.1. insac[are] v.tr. ‘imbrogliare, mettere nel sacco’ 949,28. RAVARO (s.v. inzaccà);

CHIAPPINI e BELLONI-NILSSON-EHLE registrano insaccata (s.v.) ‘inganno, truffa in una compra-vendita’. GDLI 9 da a. 1862, A. Bresciani, con scarse attestazioni.

insulsagine s.f. ‘l’essere insulso (riferito a una lettera di Ciro)’ 1304,9 [1836]. DELI (s.v. insulso) da a. 1798, F. Milizia, ma già in 1756, C. Goldoni (al plur.) e 1757, S. Bettinelli, LIZ (GDLI registra la forma da a. 1898 L. Gualdo, e ancora in G. Bechi e R. Bacchelli).

ira in plac[are] l’ira da nenbi 949,43; cfr. § I.4. lascia pasare → lascia passare lascia passare s.m. ‘salvacondotto’ 628,49; 934,177 e passim [1831], lascia pasare

632,8 e passim. Dal 1825, F. Pananti e 1831, G. Leopardi, GDLI 2 e 1 (SERIANNI 1981: 180), ma come ‘documento di accompagnamento di merci alla dogana’ già dal 1757, P. Genovesi, DARDI 1992: 134.

legno s.m. ‘carrozza, mezzo di trasporto’ 943,89 [1833]. Vocabolo impiegato in tale accezione frequentemente dal marito (VACCARO), condannato da Azzocchi e Viani (cfr. SERIANNI 1981: 181) e moderatamente diffuso nella stampa periodica del tempo (LSPM 490); RAVARO «in romanesco il vocabolo è usato comunemente per indicare un veicolo trainato da uno o più cavalli»; in CHIAPPINI legnetto ‘carrozza’.

lev[arsi]1 in levarsi (qualcosa) da torno locuz.verb. ‘liberarsi di qualcosa di fastidioso e sgradevole’ 628,21. In Belli llevàvve da torno S. 1647.13, LIZ. Cfr. si gli levò da torno 1524, A. Firenzuola, LIZ. La variante levarsi di torno (comune per GRADIT s.v. levare) si registra in 1883, G. Verga e 1894, F. De Roberto, LIZ.

lev[arsi]2 levarsi la sete con il Preciutto → preciutto luogo ess[ere] sopra la faccia del luogo → faccia2 machine s.f.pl. ‘macchine’ 863,34; cfr. § II.3.2.1. magnesia s.f. ‘ossido di magnesio, solubile in acqua, usato come antiacido e leggero

purgante ’ 621,23; magnesì 592,19. DELI e GDLI dal 1707, L. Magalotti. magro in fare magro in casa ‘astenersi da alcuni alimenti, principalmente la carne,

nei giorni prescritti’ 943,14 [tutto è chiuso come la festa | essendo si puol dire

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l’ultimo Giovedì di ottob=|re, poiché quest’altro come vigilia de S.nti tutti | stanno a far magro in casa]. DELI s.v. magro attesta soltanto mangiare di magro da a. 1758, A. Cocchi, con un antecedente da magro 1641, F. Testi. GDLI 20 s.v. magro registra fare di magro da 1869, N. Tommaseo (e ancora in F. Tozzi e C. Pavese). CHIAPPINI s.v. magro s.m. distingue a Roma il magro stretto, più rigoroso e obbligatorio nelle vigilie comandate, nelle tempora e negli ultimi tre giorni della settimana santa, e il latticino (volg. lattaccino), meno rigoroso, prescritto il venerdì e il sabato. RAVARO s.v. magro registra magnà de magro.

malgrado + QUALCOSA cong. ‘nonostante’ 721,3; 741,3; cfr. § II.4.2. mammà s.f. ‘mamma’ 840,26; 1030,35; B846,39 e passim. Frequentissimo nelle

lettere a Ciro (mamma non occorre mai). Anche in Teresa Fioroni (SERIANNI 1989a: 174 n1). VACCARO; CHIAPPINI; RAVARO nell’Appendice di voci romanesche derivate dalla lingua francese.

mand[are] mandare all’ablativo → ablativo meglio in alla meglio locuz.prep. ‘meno male possibile, nel migliore modo

possibile’ 873,44. Cfr. A la mejo (RAVARO s.v. mejo), anche nella lettera di Belli a mons. Rosani (VIGHI 1966: p. 486, L2,9). Da a. 1742, G. B. Fagiuoli, DELI.

mettersi mettersi i baffi → baffi mò avv. ‘adesso, ora’ 811,10. Cfr. CHIAPPINI s.v. adesso; LSPM 520. moda in di ultima moda di sciali ‘modernissimi da sfoggiare (riferito ad abiti)’

929,42. DELI documenta all’ultima moda dal 1760, P. Chiari, con due precedenti nel XVII secolo e il s.m. scialo ‘sfoggio’ da a. 1704, L. Bellini (s.v. scialare). GDLI 2 s.v. scialo registra di scialo con valore aggett. ‘appariscente, lussuoso (spec. di abito)’ da a. 1868, G. Gargiolli.

molino in tirare assai bene l’aqua al [proprio] molino locuz.verb. ‘fare il proprio interesse’ 934,87. DP IX.6.7.29.

mondo in un mondo di locuz.nomin. ‘una moltitudine di, un sacco di’ 673,10 [1832].

mosca s.f. ‘silenzio’ 822,15 [con Biscontini siamo già intesi, onde | mosca sopra di ciò]. Vocabolo frequentemente usato nel romanesco (e non solo), anche in numerose locuzioni, per imporre silenzio: in Belli S. 736.13, LIZ; ROLANDI; RAVARO (anche BELLONI-NILSSON-EHLE s.v. moschiera nella locuz.verb. fà mosca ‘tacere’). GRADIT 1 ne marca l’uso come familiare.

nenbi plac[are] l’ira da nenbi → ira nervi s.m.pl. ‘disturbi fisici e psicologici’ 587,23 e passim [Cfr. ANTONELLI 2001a:

204-205 cui si rinvia per i riscontri]. niente1 in niente di nuovo locuz.nomin. ‘nessuna novità’ 882,10 e passim [1833]. La

locuz. risulta attestata in 1763, C. Goldoni e 1824, G. Leopardi, LIZ. La successiva attestazione risulta in 1895, F. De Roberto (e ancora in A. Fogazzaro, F. Tozzi, I. Svevo), LIZ; cfr. § II.5.7.

niente2 in più di niente locuz.prep. ‘nulla’ 598,66 [mà non voglio pigliarmi più | di niente] [1831].

nodo ven[ire] al pettine il nodo → pettine noj[arsi] v.rifl. ‘annoiarsi’ 832,17. Variante letteraria ancora presente in 1840, A.

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Manzoni, LIZ. norma per tua norma → per nuole cadere dalle nuole → cad[ere] nuovo niente di nuovo → nuovo occhio in un pugno in un occhio locuz.nomin. ‘una cosa sgradevole (riferito a un

affare)’ 949,52 [1833]. Cfr. un pugno nell’occhio dal 1929, Illustrazione italiana, DELI, mentre GDLI 12 dal 1965, A. Bonsanti (ma con il medesimo significato nelle varianti pugno sul muso a. 1806, C. Gozzi, TB e pugno nello stomaco 1986, E. Filippini La Repubblica, GDLI 14 s.v. pugno). DMDA 1221.

oltre di che locuz.cong. ‘oltre a ciò’ 630,27 e passim; cfr. § II.5.3. ora in non ved[ere] l’ora locuz.verb. ‘attendere con grande impazienza qualcosa’

873,44. RAVARO. Attestazioni letterarie da a. 1547, P. Bembo, GDLI1 35. ordinario s.m. ‘servizio postale’ 685,3 e passim; cfr. § II.6.1. pali[are] v.tr. ‘dissimulare, distogliere’ 691,16. DELI a. 1342, D. Calvalca. papà s.m. ‘babbo’ B846,3; B846,14; B846,29 e passim; pappa B738,24; B823,3;

B823,27 e passim [1832]. [Cfr. ANTONELLI 2001a: 147 cui si rinvia per i riscontri].

pappà → papà passarsela v.intr. ‘condurre un’esistenza, vivere’ 601,37; 1304,25. GDLI 68 (s.v.

passare). patte in cav[arse] le patte locuz.verb. ‘(congett.) ottenere un risultato, raggiungere

una risoluzione’ 822,21 [Di Canale non se cavano le patte, ancora non posso avere niente di concludente in mano]. GDLI1 patta (s.v. ) ‘risultato, risoluzione’, ma la locuz. non è attestata.

pazienza1 inter. ‘esclamazione conclusiva e/o di rassegnazione’ 1028,47 [1834]; cfr. § II.6.1.

pazienza2 prenderla con pazienza → prenderla pelo1 dare pelo e contrapelo → contrapelo pelo2 in cer[are] il pelo nel uovo prov. ‘cavillare, essere eccessivamente pignolo e

pedante’ 943,67. In Belli cchi nnell’ovo sa ttrovacce er pelo, S. 527.7, LIZ; RAVARO (s.v. ovo). Attestazioni letterarie da a. 1686, F. F. Frugoni, GDLI 16. DMDPL; DMDA 550.

pena ambasciatore non porta pena → ambasciatore pendenza s.f. ‘conto non liquidato’ 739,8; 844,45 e passim. DELI s.v. pendere dal

1791, F. M. Gianni (nell’accezione più ampia di ‘questione giuridica o economica non ancora risolta’ già da 1565, A. Ulloa [Guevara], GDLI).

per in per tua norma locuz.prep. ‘perché ti possa regolare’ 539,14; 941,35 e passim [1830]. GDLI 24 s.v. norma registra per norma di qualcosa o di qualcuno da a. 1869, I. Tarchetti; nelle locuz. per tua, nostra, vostra norma da a. 1837, G. Leopardi (e ancora in N. Tommaseo, L. Pirandello, R. Bacchelli); per tua regola locuz.prep. ‘perché ti possa regolare’ 840,21 [1833]. [La locuzione è attestata nel 1819 in Suor Maria Leonarda, cfr. BIASCI 2004: 154; in DELI s.v. regola solo dal 1872, TB].

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perniciose s.f.pl. ‘febbre malarica, terzana maligna’ 590,58 [1831]. DELI s.v. pernicioso come s.f. soltanto dal 1871, TB (nel sintagma febbre perniciosa dal 1697, P. Boccone, anche GDLI 15 s.v. pernicioso).

pettine in ven[ire] al pettine il nodo locuz.verb. ‘arrivare alla resa dei conti, giungere a una risoluzione’ 542,58 [1830]. GDLI 27 s.v. pettine in associazione al verbo arrivare dal 1894, F. De Roberto (con un precedente in associazione a rimanere in a. 1686, F. F. Frugoni); anche DMDPL; DMDA 2764; DP VI.7.3.2.72; IX.18.5.60 (ma DMD s.v. nodo p. 599 attesta i nodi vengono al pettine in a. 1742, G. B. Fagiuoli).

piang[ere] in se Messena piange, Sparta non ride prov. ‘se l’uno piange, l’altro non ride’ 678,29 [1832] [Caro Peppe se Messena Piange, Sparta non ride, giaché sé tù soffri l’incostanza del tempo noi siamo nella stessa categoria, aqua, fredo è venti eccesivi]. Diverse le combinazioni attestate con denominazioni di luoghi (a partire da Petrarca nel binomio Africa-Italia); in particolare se Messenia piange, Sparta non ride in a. 1828, V. Monti, GDLI 21 (s.v. ridere).

piantoni s.m.pl. ‘elemento architettonico a forma di regolo o di bastone che divide in parti una finestra o un portale’ 941,93 e passim. Cfr. GRADIT 3 s.v. piantone2.

pic(c)ionaia s.f. ‘loggione del teatro’ 989,34 [1834]. Per quanto reduplicata (la forma è Picicionaia) l’attestazione di Mariuccia precede di paio di anni quella attribuita al marito: DELI s.v. piccione dal 1836, G. G. Belli, Lettere-Giornali-Zibaldone; GDLI 3 s.v. piccionaia da 1871, N. Tommaseo (con un precedente piccionara a. 1798, F. Milizia).

piccarsi v.intr.pron. ‘impermalirsi, offendersi’ 832,12; 832,20. Già in G. Berneri e B. Micheli (RAVARO s.v. piccàsse). GDLI 3 (s.v. piccare5); GRADIT 2.

piego s.m. ‘incartamento, plico’ 551,11; 830,49 e passim; cfr. § II.6.1. pigione s.f. ‘affitto’ 929,33; 934,53. CHIAPPINI s.v. piggione; RAVARO (cfr. anche

VRM piggionante ‘pigionante’). piov[ere] imagin[are] che piovesse, no che diluviasse → diluviare piovicic[are] v.intr. ‘piovigginare’ 630,28; cfr. § II.3.2.1. più1 in il di più locuz.nomin. ‘il resto’ 850,37; 897,47; cfr. § II.4.2. più2 più di niente → niente plac[are] plac[are] l’ira da nenbi → ira podagra s.f. ‘gotta localizzata nell’articolazione dell’alluce’ 830,47. GDLI e DELI

inizio del sec. XIII, Canzone del fi’ Aldobrandino. portare ambasciatore non porta pena → ambasciatore portarsi1 in il diavolo se lo porti locuz.verb. ‘che vada al diavolo, a quel paese’

943,24. Cfr. negli appunti belliani, in un contrasto tra italiano e romanesco, e’ vvenuto nessuno a cercarmi? E’ vvienuto er diavolo che te se porti (VIGHI 1966: p. 329, n. 707). Attestazioni letterarie in GDLI 23 (s.v. diavolo1).

portarsi2 port[arsi] sopra (o sulla) la faccia del loco → faccia2 preciutto s.m. ‘prosciutto’ 943,65; spec. al pl. preciutti 934,91; 934,99; 934,102;

934,108. Attestato nei repertori romaneschi (CHIAPPINI e RAVARO) e in molte varianti regionali, il vocabolo compare tra quelli banditi da Azzocchi (cfr.

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SERIANNI 1981: 210). Lo spoglio della LIZ ha restituito 17 ess. in Belli (2 dei quali al plurale), oltre al tipo presciutto nello Zibaldone di G. Leopardi già osservato (cfr. § II.3.1.2.1). Per il modo di dire lev[arsi] la sete con il Preciutto 943,65 cfr. § I.4.

predicozza s.f. ‘esortazione di tono amichevole, paternale’ 850,34. In Belli predicozzo S. 1321.4, LIZ. GDLI (s.v. predica) registra predicozza solo in S. Bernardino da Siena e a. 1862, A. Bresciani, ma cfr. predicozza anche in Fanfani, TB (e predicosso da a. 1802, D. L. Batacchi, DELI s.v. predicare e GDLI s.v. predicozzo).

prenderla in prenderla con pazienza locuz.verb. ‘reagire con rassegnazione a un evento’ 742,5; anche in forma pronominale prendersela 621,23. Nel significato di ‘adirarsi, risentirsi’ prendersela dal 1871, TB (DELI s.v. prendere).

prò in bon prò le faccia locuz.verb. ‘che sia utile, che torni utile’ 943,25. RAVARO. Dal 1550, A. F. Grazzini, DELI.

prosciugate prosciugate di viscere → viscere pudrida s.f. ‘infezione, febbre tifoidea’ 863,25. GDLI 4 s.v. putrido attestazioni solo

come agg., spesso in unione con febbre. Per la sonorizzazione della dentale cfr. § II.3.2.2.

pugno un pugno in un occhio → occhio puntino in a puntino locuz.prep. ‘benissimo, come si deve’ 889,26. DELI s.v. punto1

dal a. 1565, B. Varchi. pusse s.m. ‘vaccinazione antivaiolosa’ 589,19; 590,9; 601,47 [1831]. Da a. 1837, G.

Leopardi, TB (s.v. pus). GDLI 2 nella variante assoluta pus (s.v.) solo da a. 1889, G. Massaia, mentre attestazioni precedenti si hanno per pus vaccino 1813, Stampa milanese (e ancora in a. 1837, G. Leopardi e a. 1859, G. Carena).

racchette s.f.pl. ‘attrezzo di legno, con telaio ovale e cordatura a rete usato nel gioco del tennis’ 863,16; 873,15; 882,13. DELI e GDLI s.v. racchetta1 a. 1536, M. Sanudo.

ranuvolato agg.verb. ‘coperto di nubi, rannuvolato’ 907,32. Dal sec. XIV, DELI (s.v. rannuvolare).

raso turco sintag.nom. ‘resistente tessuto di lana spinato’ 873,7 [1833]. GDLI s.v. raso3 dal 1931, P. Petrocchi [ma ANTONELLI 2001a: 199 ne registra un occorrenza nel tipo con grafia unita in una lettera di Giusti del 1836].

regola per tua regola → per retta in dare retta (a qualcuno) locuz.verb. ‘stare a sentire, ascoltare, prestare

credito e attenzione’ 873,38. VRM; in Belli (VACCARO s.v. dà; LIZ); RAVARO. riabboc[arsi] → abboccarsi ribasso s.m. ‘calo, diminuzione, detto di prezzo o valore’ 929,15. DELI s.v.

ribassare dal 1745, G. P. Bergantini; GDLI da a. 1755, F. Argelati; LSPM 427. rid[ere] se Messena piange, Sparta non ride → piang[ere] righe in due righe locuz.nomin. ‘breve lettera’ 677,3; 882,6; 992,3 e passim; du

righe 546,3 [1830]. [La locuzione è attestata nel 1818 in Suor Maria Leonarda (con un precedente due sole righe nel 1817 nel carteggio Mosti-Maffei nel CEOD), cfr. BIASCI 2004: 154; in DELI s.v. riga solo dal 1863, Fanfani].

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rimarcabile agg. ‘degno di essere rimarcato, notevole’ 598,60. Vocabolo nel mirino di numerosi repertori puristici (SERIANNI 1981: 224). Cfr. DARDI 1992: 380-381. [Per riscontri negli epistolari ottocenteschi cfr. anche ANTONELLI 2001a: 151].

rimarchevole agg. ‘degno di essere rimarcato, notevole’ 542,41. Vocabolo nel mirino di numerosi repertori puristici (SERIANNI 1981: 224). Cfr. DARDI 1992: 380-381.

rinovazione s.f. ‘rinnovo’ 941,47; 941,53. Dal sec. XIV, F. Buti, DELI (s.v. rinnovare).

risposta botta e risposta → botta ritirata battere la ritirata → batt[ere] ritrov[arsi] v.intr.pron. ‘avere, possedere’ 850,15. rosore s.m. ‘arrossamento, prurito’ 589,12. CHIAPPINI. rotti in e rotti locuz.nomin. ‘quantità di danaro che eccede la cifra tonda di una

somma’ 1030,11 [1834] [li altri 60 [scudi] e rotti]. Il costrutto ⎡cifra di danaro + e rotti⎤ è attestato dal 1863, P. Fanfani, DELI (s.v. rompere), ancora in 1959, M. Moretti e 1959, A. Moravia, GDLI 68 (s.v. rotto1). Il pl. rotti ‘spiccioli’ già è in 1750, C. Goldoni, LIZ.

sanguigne s.f.pl. ‘salasso praticato con applicazione di sanguisughe’ 840,7; 873,27; 1407,8; sanguignia. GDLI s.v. sanguigna2 da a. 1581, L. Pasqualigo e poi ancora in Monti, Foscolo, Belli, D’Azeglio. Per i repertori dialettali la forma è attestata in CHIAPPINI e RAVARO.

sbirbant[are] v.intr. ‘divertirsi, spassarsela’ 626,6 [Ricci [...] credo che sia fori sbirbantando essendo vari giorni che batte la ritirata]. Assente dai repertori. Probabile incrocio con birbante. Cfr. sbirbarsela da a. 1802 V. Alfieri, GDLI (s.v. sbirbare) con poche altre attestazioni.

sbruffo s.m. ‘breve scroscio di pioggia’ 807,43 [fece piccolo sbruffo di acqua] [1833]. Con tale accezione dal 1886, L. Capuana (tarde anche le attestazioni come ‘spruzzo d’acqua in genere’), GDLI 2.

scaduto s.m. ‘mese passato’ 589,5 [delli 24: scaduto]; cfr. § II.6.1. scattoletta s.f. ‘piccola scatola’ B846,13; cfr. § II.3.2.1. schifo s.m. ‘vassoio’ 1031,28; 1031, 33. In G. C. Peresio, nella forma pl. schifi

(UGOLINI 1939), in B. Micheli (RAVARO), in Belli (VACCARO; LIZ); CHIAPPINI; PORTAGIACOMELLI (BELLONI-NILSSON-EHLE schifetto, soprattutto ‘per mondare il grano’). TB; DEI. Risulta tra le voci censite in T. Azzocchi (SERIANNI 1981: 234).

sciali di ultima moda di sciali → moda scorso agg. ‘passato’ 601,23 e passim; cfr. § II.6.1. sensibile agg. ‘suscettibile’ 725,10; B1195,5 [Cfr. ANTONELLI 2001a: 151 cui si

rinvia per i riscontri]. servizio in di servizio locuz.prep. ‘della servitù, che è relativo alla servitù’ 632,11

[Ierj portai | questi di servizio à Pranzo ad un osteria] [1831]; anche nella locuz.verb. essere al servizio ‘lavorare come domestico’ 850,13 [1833]. GDLI 24 s.v. servizio registra di servizio (nell’espressione due persone di servizio) a. 1827, U. Foscolo e essere al servizio da a. 1793, C. Goldoni. DELI registra le

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espressioni composte con le locuz.prep. a/di servizio in date posteriori: entrata di servizio s.v. entrata 1960, C. Sbarbaro; porta di servizio s.v. servizio 1947, C. Bernari; anche andare a servizio 1872, TB [per i riscontri in epistolari coevi cfr. donna di servizio ‘cameriera’ dal 1813 in una lettera di Porta, ANTONELLI 2001a: 196; anche in BIASCI 2004: 152 (in DELI s.v. donna dal 1815, Giornale di Venezia)].

sete si levano la sete con il Preciutto → preciutto sfragn[ere] v.tr. con uso assol. ‘sborsare danaro, spendere’ 943,103 [Angelici

davvero la nos.a robba non la compra, se non sfragne assai, assai]. Letter. ‘schiacciare’, ma CHIAPPINI ne segnala tale uso metaf. con l’es. quanto se sfragne? ‘quanto si paga?’. Nel significato di ‘spendere’ anche nei sonetti e negli appunti belliani (VIGHI 1966: p. 421, n. 1391).

sfronciconi s.m.pl. ‘rami secchi e contorti’ 934,101. Assente nei sonetti, ma cfr. sfroncicone negli appunti belliani (VIGHI 1966: p. 421, n. 1395); CHIAPPINI sfrunciconi; RAVARO sfruncicone.

sofà s.m. ‘divano imbottito’ 824,7 [1833]. Voce di origine araba, diffusasi soprattutto nel XVIII secolo attraverso il francese: DELI da a. 1764, F. Algarotti cit. in Gherardini (con un antecedente nel 1579); GDLI 2 dal 1762, P. Chiari; LSPM 481.

sortire v.intr. ‘uscire’ 900,24; 1030,6 e passim. Francesismo, secondo Fanfani-Arlìa «tra i più radicati», bandito da molti repertori puristici (SERIANNI 1981: 242). ROLANDI; BELLONI-NILSSON-EHLE; RAVARO (s.v. sortì). [Per riscontri negli epistolari ottocenteschi cfr. anche ANTONELLI 2001a: 151].

spicciare v.tr. ‘rassettare, rigovernare la casa’ 733,46. In Belli (VACCARO s.v. spiccià e LIZ); CHIAPPINI; RAVARO (s.v. spiccià).

spregare v.tr. ‘mandare perduto (riferito al Palcho del teatro)’ 934,14; cfr. § II.3.2.2. stecca s.f. ‘asta di legno guarnita a un’estremita con del cuoio usata per giocare al

biliardo’ e per estens. ‘gioco del biliardo’ 628,45 [1831]. DELI dal 1839-41, Molossi; GDLI 6 da a. 1859, G. Carena e ancora in Carducci e in Pavese (nel significato di ‘gioco del biliardo’ da a. 1986, P. Chiara).

stoppie s.f.pl. ‘residui di steli e foglie di una coltura, rimasti sul terreno dopo la mietitura’ 873,66. DELI 1350 ca., Piero de’ Crescenzi, Trattato dell’agricoltura.

storditagine s.f. ‘dimenticanza, sventatezza’ 1031,10. Da 1808, U. Foscolo, DELI. stra- pref. che enfatizza il significato dei vocaboli cui è premesso in doppia, è strà-

doppia consolazione locuz.nomin. 814,7. In Belli ccotto e stracotto S. 726.4, LIZ (anche negli appunti cotto stracotto VIGHI 1966: p. 118, n. 141); RAVARO. Si attestano costrutti simili già dalla metà del secolo precedente: cotto, stracotto e biscottato 1753, C. Goldoni; matto, stramatto e di là di matto 1765, C. Goldoni; finite e strafinite a. 1803, V. Alfieri, LIZ. In particolare stradoppio in 1868, C. Dossi, LIZ.

subasta s.f. ‘vendita pubblica di beni mobili o immobili aggiudicati al miglior offerente’ 929,64.

successione in tassa di successione locuz.nomin. ‘imposta di trasferimento di un diritto o di un obbligo da un soggetto a un altro’ 807,64-65. GDLI 7 s.v. successione da a. 1886, V. Imbriani (con un precedente in tassa sulle successioni

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a. 1861, C. B. Cavour). svegliata s.f. ‘risveglio’ 1040,5 [1834]. GDLI dal 1840, A. Mazoni, ma già in a.

1803, V. Alfieri, LIZ. taccolo s.m. ‘impiccio, problema’ 887,18. VRM (e taccolare ‘pigliar lite, litigare’);

in Belli S. 952.6, LIZ; RAVARO. tagli[are] in freddo che taglia la faccia locuz.verb. ‘gelo particolarmente pungente’

934,19; cfr. § I.4. tamburrello s.m. ‘attrezzo di legno e pelle tesa usato per rilanciare la palla

nell’omonimo gioco’ 900,83; 907,6 [1833]. DELI dal 1863, P. Fanfani; GDLI 2 (s.v. tamburello1) e LIZ dal 1912, S. Slataper. Per la presenza della vibrante geminata nelle attestazioni romanesche della forma cfr. § II.3.2.1.

tarefatti agg.sost. ‘(congett.) deboli, malati’ 873,43 (in opposizione a i più robusti colossi). Assente dai repertori ma cfr. VRM tareffo ‘logorato’ e tarèffe ‘in cattive condizioni; magagnato’ (dall’ebr. taref ‘carne immangiabile perché non macellata ritualmente’), quest’ultimo utilizzato dal Belli S. 441.1, LIZ (anche nella lettera a mons. Rosani quant’è ttareffe, VIGHI 1966: p. 487, L2,12 n12); CHIAPPINI (s.v. tarèf); RAVARO (s.v. tarèffe).

tarroc[are] v.intr. ‘brontolare’ 598,75. Attestato nel romanesco da Peresio fino a Dell’Arco (VRM s.v. tarroccare; VACCARO s.v. tarroccà, S. 1855; RAVARO s.v. taroccà), compare anche tra le voci bandite da T. Azzocchi (SERIANNI 1981: 251).

tassa tassa di successione → successione testa con la testa per aria → aria tir[are]1 tirare il collo → collo tirare2 tirare assai bene l’aqua al [proprio] molino → molino tirato via part.pass. ‘fatto in fretta e con scarsa cura’ 923,6; 934,37; B1071,20

[1833]. DELI s.v. tirare dal 1863, P. Fanfani; GDLI 68 s.v. tirare1 da a. 1764, F. Algarotti (e ancora in N. Tommaseo, C. Linati).

tonsilla s.f. ‘ghiandole linfatiche della cavità orale’ 873,29 ; tonzille 691,8. DELI 1598, Florio. Vocabolo nel mirino dei puristi (SERIANNI 1981: 254).

tonzille → tonsilla torchino s.m. ‘colore azzurro cupo’ 598,66. Come sostantivo DELI s.v. turchino a.

1580, V. Borghini. torno levarsi (qualcosa) da torno → lev[arsi]1 tozzi a tozzi e bocconi → bocconi trascuragine s.f. ‘trascurataggine, trascuratezza’ 741,28 [1832]. Numerosi esempi

letterari da a. 1375, G. Boccaccio, TB (s.v. trascuraggine) e LIZ. travagliare v.intr. ‘lavorare’ 1028,17. tresettaccio s.m. ‘gioco del tressette’ 630,40. Alterato di tresette, attestato scempio

da a. 1708, I. Neri, GDLI s.v. tressette (e ancora a. 1726, L. Sergardi) e secondo TB e DELI s.v. tré da a. 1735, N. Forteguerri, ma già in a. 1632, G. B. Basile, LIZ (e nella variante tressetti 1758, C. Goldoni, LIZ).

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tresettante part. pres. ‘(congett.) che gioca a tressette’ 628,35 [Lunedì abbiamo organizzato fisso tresset=|ante Gnioli, ed il Mercoledì vi è per | lo più una disfida di calabresella]. Mancano riscontri nei repertori.

tropee s.f.pl. ‘temporali improvvisi’ 590,62 [1831]. Meridionalismo attestato anche nel romanesco in CHIAPPINI (s.v. tropèa).

tutto1 in tutto fa (a qualcuno) locuz.verb. ‘ogni piccolo apporto si rivela utile, tutto serve’ 929,35. CHIAPPINI tutto fà diceva quello che pisciava a fiume; ROLANDI tutto fà, anche nella variante tutto fà bbròdo (drént’a la pila); RAVARO (s.v. fà).

tutto2 tutto in un botto → botto ultima di ultima moda di sciali → moda vacca in in un ventre di vacca locuz.nomin. ‘in una posizione invidiabile che

garantisce benessere, tranquillità e vantaggi’ 583,21. In Belli S. 1984.14, LIZ; ROLANDI; RAVARO. DMDA 2584.

vaccinare v.tr. ‘sottoporre a vaccinazione per immunizzare da una malattia’ 589,17 [1831]. DELI s.v. vacca e GDLI dal 1801, Stampa milanese.

vaccinazione s.f. ‘pratica profilattica atta a provocare nell’organismo immunità contro alcune malattie infettive’ 590,5 [1831]. DELI s.v. vacca e GDLI dal 1801, Stampa milanese.

vaglia in di vaglia locuz.prep. ‘di grande valore, che sa imporsi’ 1040,21 [1834] [avvocato di molta vaglia]. RAVARO (s.v. vàja) de vaja ‘di gran valore, di molto pregio’. La locuz., presente già in 1813, Stampa milanese, DELI1, si registra anche in 1817, G. Leopardi; 1819, Conciliatore; 1840, A. Manzoni; a. 1861, I. Nievo, LIZ; 1879, TB.

vajolo s.m. ‘malattia infettiva contagiosa di origine virale’ 589,22; 590,58. valige s.f. ‘valigia’ 855,8; 857,4; cfr. § II.4.2. vapore s.m. ‘traghetto’ 907,55 [1833]; cfr. § I.4. ved[ere] non vedere l’ora → ora ven[ire] ven[ire] al pettine il nodo → pettine ventre in un ventre di vacca → vacca venturo agg. ‘prossimo, successivo’ 907,26 e passim; cfr. § II.6.1. vettura s.f. ‘carrozza per servizio pubblico’ 542,14 [1830]. DELI dal 1848, F.

Ugolini, con alcuni isolati antecedenti. CHIAPPINI; SERIANNI 1981: 262. vetturale s.m. ‘chi conduce una carrozza a cavalli’ 889,25 e passim. Tra le voci

bandite da Azzocchi (SERIANNI 1981: 262). vetturino s.m. ‘chi conduce una carrozza a cavalli’ 1031,21 e passim. VACCARO;

CHIAPPINI (SERIANNI 1981: 262). DELI s.v. vettura 1585, G. M. Cecchi; GDLI a. 1622, M. Palescandolo.

vignata s.f. ‘scampagnata (tra le vigne)’ 907,5 [1833]. CHIAPPINI. TB precisa «A Roma si chiamano vignate quei giardini con pergolato dove la gente va a diporto, a giocare, a bere, ecc. (Fanfani)».

vilegiatura → villegiatura villegiatura s.f. ‘vacanza’ 632,26; vilegiatura 632,23. DELI s.v. villa da a. 1729, A.

M. Salvini. Per lo scempiamento cfr. § II.3.2.1. viscere in prosciugate di viscere locuz.prep. ‘(congett.) frattaglie, interiora’ 850,56

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[1833]. Mancano riscontri della locuz. nei repertori. Una conferma del significato, tuttavia, proviene da VACCARO che nella parte italiano-romanesca del dizionario glossa viscere (s.v.) con le corrispondenti forme dialettali ragàja (S. 189), rigàja (S. 1810) e corata (S. 1719), appunto ‘interiora degli animali da macello’.

viscido s.m. ‘viscidume’ 589,13. VACCARO. visciganti s.m.pl. ‘farmaco revulsivo che determina la formazione di vesciche’

1304,20; visigantino 589,13. VRM vescicante. In Belli viscigante (VACCARO; RAVARO) e vescicante S. 1702,6, LIZ.

voce cavata di voce → cavata vogliartri → voialtri voialtri pron.pers. ‘voi’ 742,; 878,39; vogliartri 733,51. Belli voiantri S. 1258.5,

LIZ. Variante del più antiquato voàntri (CHIAPPINI; RAVARO). Per il rotacismo della laterale in vogliartri cfr. § II.3.2.5.

volante s.m. ‘gioco simile al tennis in cui i giocatori si rimandano vicendevolmente una sfera di sughero o di altro materiale ricoperta di piume colpendola con racchette o tamburello’ 863,17, 900,85; anche al pl. volanti 850,73; 863,17, 873,15 e passim [1833]; volantino 721,9 [1832]. Variante obsoleta di volano a. 1698, F. Redi, TB s.v. volano e GRADIT2 3. Un’attestazione di volantino in 1757, C. Goldoni, LIZ.

volantino → volante volo in di volo locuz.avv. ‘velocemente (riferito alla fretta con cui Maria risponde

alle lettere del marito)’ 832,7; 840,3. La locuz., già in T. Tasso, presenta numerose attestazioni nei secc. XVIII e XIX (LIZ) con particolare riferimento proprio alla rapidità dell’azione del leggere o dello scrivere.

volontieri avv. ‘volentieri’ 847,55; cfr. § II.3.1.2.3. zomp[are] v.intr. ‘saltare’ 632,35. DELI 1905, Panz. Diz. (ma 1891, Petr. ‘voce

imitat. tra Zampare e Zombare’). Per riscontri nei repertori romaneschi cfr. VRM; CHIAPPINI; RAVARO.

zucchetto s.m. ‘berretto’ 911,15. In vari sonetti di Belli (LIZ), anche nella locuz. zucchetto rosso ‘prelato’ (VACCARO). TB. Un es. in a. 1609, C. G. Croce, LIZ. Compare tra le voci bandite da T. Azzocchi (SERIANNI 1981: 263).

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abbigliamento, lessico dell’ 94. abbreviazioni 101. accento grafico 41. acciò 64. admosfera, admosferico 59. adunque/dunque 63. /a/ > /e/ in postonia nelle forme verbali di

6a persona del presente indicativo (tipo domandeno) e 2a persona dell’imperativo con pronome enclitico (tipo abbraccelo) 52.

a/e in protonia (tipo forastiere/forestiere) 51.

affettivo-intensivo, pronome 72. aggettivo, in funzione di avverbio (tipo

dissi fermo ‘dissi fermamente’) 63. aggiunte in interlinea 40. alfabetizzazione ed educazione femminile

14, 26. allocutivo, pronome 66. alterazione e gender 97-99. anafonesi 48. analogiche, forme verbale: vd. faccino,

devino, possino, prendino puole, stasse, vadi, vadino, venghino voglino.

anderò, anderà, anderebbe 60. andesse ‘andasse’ 69. apertura, formule epistolari di 73. aplografie 40-41. apocope 67. apostrofo 41. -ar- protonico e intertonico, mantenimento

50-51.

articolo indeterminativo + qualche + sostantivo (tipo una qualche probabilità) 65.

articolo, davanti a s preconsonantica e a z 61-62; sostantivazione dell’indeter-minativo 65.

aulicismi 92 ausiliare, scambi 71. autocorrezioni 39-40. avere che fare 80. basta 90-91. burocrazia, lingua della 27-28, lessico

della 92-93. caduta di grafemi 43. che incipitario 80. chiusura, formule epistolari di 74. ci/vi 66. codesti 65. colà 64. comico-giocoso, lessico 96-97. concessività, espressione della 70. concrezione / discrezione 41-42. condizionale, forme di 4a persona in -

ressimo (tipo avressimo) 69. congiunzioni, ridondanza di (tipo ma

bensì) 63-64. consonantismo: vd. -cr-/-gr-; NG, resa del

nesso; palatalizzazione di LJ (tipo miglioni) e di NJ (tipo pecugniare); RJ >/r/ (tipo cucchiarino); SJ, resa del nesso.

-cr-/-gr- 57. devino 69.

INDICE DELLE FORME E DEGLI ARGOMENTI

Il regesto, limitato alle cose notevoli, comprende fenomeni o nozioni (in tondo) e forme (in corsivo), a esclusione di quelle elencate nel Glossario (§ IV.1.). Sono stati tralasciati gli argomenti immediatamente ricavabili dall’indice generale. Sono inoltre esclusi i fenomeni compresi nei brani antologici e, naturalmente, nella bibliografia. Una barra verticale separa le eventuali forme concorrenti; le grafie sono poste tra parentesi aguzze (< >). Non si distingue tra casi in cui la forma o il fenomeno appare a testo e casi in cui appare a nota. Si registrano una volta sola, col numero della pagina, i fenomeni di cui si parla sia nel corpo della pagina sia in nota. Nell’ordine alfabetico i lemmi formati da più parole sono trattati come se costituissero una parola unica.

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di che 79. di-/do- (tipo dimandarmi/domandarmi) 49. diamine, diavolo, desemantizzazione di 89. diatesi passiva, uso della 72, 77. dipinghi 69. disinteresse, formule per esprimere: vd.

nulla mi cale. dislocazioni 75-76. diti ‘dita’ 69. dittografie 40. dittongamento 46-48. dopo/doppo 34. ductus grafico 33, 39. e/i in protonia (tipo

megliorare/migliorare) 49. ecco, uso di 91. egli/lui 65-66. elativi, uso degli 96. elisione 60. enima ‘enigma’ 59. epentesi di v (tipo pavolo) 60. epistolari femminili 11-12. epistolarismi 91-92. essi/sii 35. faccino 28. fia 29. finanzia, lessico della 94. forsi 64. furno/furono 60. gender, questioni linguistiche di 13-14. giochi, lessico dei 94. giovane/giovene 52. giunghino 69. giunse/giungette 35. giuridico-economico, lessico 92-93 gli ‘a loro’ e ‘le’ 67. grafia: vd. accento grafico; aggiunte in

interlinea; aplografie; apostrofo; autocorrezioni; caduta di grafemi; concrezione / discrezione; dittografie; ductus grafico; <h> diacritico; <i> diacritico; <j> conservazione; indicatori grafici nell’introduzione del discorso diretto; maiuscola/minuscola; <mp> / <np>, <mb> / <nb>.

<h> diacritico 42. <i> diacritico 42. i/li 61. il che 80. il di più 64. imperfetto indicativo, prima persona in -

a/-o 28. indicatori grafici nell’introduzione del

discorso diretto 87. interiezioni e formule enfatiche 88. interpunzione, ruolo sintattico della 45-46. interrogative retoriche 89. io/me 35. <j> conservazione 41. le ‘a loro’ 67, ‘gli’ 68. lessico domestico e quotidiano 94. lessico generico 95. maiuscola/minuscola 40-41. malapropismi 96. malgrado + sostantivo (tipo malgrado il

tempo) 63. mandavano/mandaveno 52. meco, teco 65. medema/medesimo 65. medico e farmacologico, lessico 93. melodramma, lingua del 27-28. metaplasmi nominali 62. metatesi grafica 61. modelli colti, riuso di 27-28. <mp> / <np>, <mb> / <nb> 43. nel caso, introduttore di limitativa-

restrittiva 84. nessuno/niuno 65. NG, resa del nesso 60. nominativus pendens 76. non + VERBO + che (tipo non costano che

sei baj il mazzo) 80. nulla mi cale 31. nulla, anteposizione di 75. nuole ‘nuvole’ 59. /o/ > /e/ in postonia nella 6a persona del

presente indicativo (tipo deveno) 52. olofrastiche, espressioni 89. oltre di che 80.

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opera lirica, lessico dell’ 93-94. ortografia e norma 32-33. ottative, formule 89. palatalizzazione di LJ (tipo miglioni) e di NJ

(tipo pecugniare) 59. paragoge 61. parentesi, uso di 45. passato remoto, confusione con il

congiuntivo imperfetto (tipo potesti ‘potessi’) 70-71.

pazienza 94. pensarci 67. per carità 88. perfetti deboli e forti -etti/-ettero 35, 69. perifrasi verbali 95-96. periodo ipotetico fraseologico 83-84. piagn-/piang- 60. plurale, in -a 63. ponno 29. possino 69. post-scriptum 74. povero + nome persona/pronome 88. PPS, espressione del 65-66. prefisso, scambio di (tipo preciutto) 51. prendino 69. pronome: vd. allocutivo, affettivo-

intensivo; egli/lui, gli ‘a loro’ e ‘le’; le ‘a loro’ e ‘gli’; PPS.

propagginazione grafica 40. prostesi di a (tipo allesso) 60. proverbi e modi di dire 30, 95. punto esclamativo, uso di 45. punto interrogativo invertito 45. puoi ‘poi’ 48. puol(e) 35. purché, introduttore di limitativa-restrittiva

84. rassegnazione, formule per esprimere: vd.

pazienza. re-/ri- 60. reiterazione lessicale enfatica 96. respinghi 69. retoriche, figure 91. (ri)esc-/(ri)usc- 50.

rimanghi 69. RJ >/r/ (tipo cucchiarino) 59. scattoletta 54. segnali conclusivi: vd. basta, vedi che,

vedremo / staremo a vedere. semicolti, parodia dei 31-34. si ‘ci’ 66. sincope 60. SJ, resa del nesso (tipo preciutto, bagio)

59. sottolineatura, funzione della 44. sovrapposizione di costrutti 72. stasse 29. subito che + verbo 80. superlativo relativo con doppio articolo

(tipo una perizia la più scrupolosa) 63. tamburrello 54. tampoco 64. tematizzanti, elementi 76-77. tui ‘tuoi’ 66. turpiloquio e autocensura 97. vadi, vadino 28. vedi che 89-90. vedremo / staremo a vedere 90. venghino 69. virgola, davanti a che e a e 44. vocalismo atono: protonia: vd. a/e (tipo

forastiere/forestiere); -ar- protonico e intertonico, mantenimento; di-/do- (tipo dimandarmi/domandarmi); e/i (tipo megliorare/migliorare); re-/ri-; (ri)esc- / (ri)usc-; postonia: /a/ > /e/ nelle forme verbali di 6a persona del presente indicativo (tipo domandeno) e 2a persona dell’imperativo con pronome enclitico (tipo abbraccelo); /o/ > /e/ nella 6a persona del presente indicativo (tipo deveno).

vocalismo tonico: vd. anafonesi, dittongamento.

vogliartri/voialtri 59. voglino 69. vonno 29.

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AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI

Area 01 – Scienze matematiche e informatiche

Area 02 – Scienze fisiche

Area 03 – Scienze chimiche

Area 04 – Scienze della terra

Area 05 – Scienze biologiche

Area 06 – Scienze mediche

Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie

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Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione

Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche

Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

Area 12 – Scienze giuridiche

Area 13 – Scienze economiche e statistiche

Area 14 – Scienze politiche e sociali

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Finito di stampare nel mese di del 200dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)

per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma

dicembre 6

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