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Parte seconda - Gli scenari settoriali 41 P ARTE SECONDA GLI SCENARI SETTORIALI

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Parte seconda - Gli scenari settoriali

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PARTE SECONDA

GLI SCENARI SETTORIALI

Ambiente e Territorio 42

Parte seconda - Gli scenari settoriali

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INTRODUZIONE

Lo stato dell’ambiente in un territorio è fortemente caratterizzato dalla dimensione economica, demografica e sociale del territorio stesso. Lo stato dell’ambiente e la sua evoluzione sono profondamente interrelati alle dinamiche di tutti i settori che coinvolgono attività produttive e di servizi: da un lato infatti l’attività economica e sociale hanno un impatto sullo stato dell’ambiente, attraverso l’uso diretto delle risorse ambientali o la produzione di ‘esternalità’1 sull’ambiente, dall’altro lo stato dell’ambiente influenza la qualità della vita della popolazione, la scelta degli interventi (normativi, di mercato, o strutturali) e l’evoluzione delle attività di produzione di beni e servizi. L’aspetto fortemente integrato del settore ambiente con tutti gli altri settori comporta la necessità di analizzare le principali variabili ambientali in funzione dei fattori esterni che ne influenzano le dinamiche ed in funzione dei loro impatti sugli altri fattori di produzione. La ‘fotografia’ sul settore ambiente nel territorio della provincia di Bergamo cerca di cogliere questa complessità identificando alcuni indicatori cruciali che mettano in relazione le politiche ambientali con le attività produttive e le aree di impatto. Analizzeremo indicatori di vulnerabilità, di pressione, e di qualità dell’ambiente sul territorio della provincia in relazione alle principali dimensioni ambientali: l’aria, l’acqua, la terra. Laddove possibile, questi indicatori saranno confrontati con le medie regionali, nazionali e/o internazionali, e saranno analizzati in funzione delle politiche e degli strumenti di regolazione e di mercato già in atto o di prossima attuazione. Quest’analisi aiuterà la definizione dei principali orientamenti per lo sviluppo delle politiche ambientali nella provincia di Bergamo, e per l’integrazione delle politiche fra più settori: ambiente e territorio, industria, agricoltura, trasporto, infrastrutture, sanità.

1 Per esternalità negativa sull’ambiente si intende il danno arrecato all’ambiente in un processo di produzione o di consumo di un bene o di un servizio che non viene pagato né dal produttore né dal consumatore di quel bene o servizio. L’esternalità negativa sulla risorsa si traduce in un divario fra i costi sostenuti dalla società ed i costi sostenuti dai privati per l’uso di quella risorsa.

Ambiente e territorio1

Ambiente e Territorio 441. LA SITUAZIONE ATTUALE

In questo capitolo sono brevemente illustrate le caratteristiche di vulnerabilità della provincia di Bergamo, con un accenno alla dimensione territoriale e socio- economica della provincia; all’interno di questa cornice introduttiva saranno poi analizzati più in dettaglio gli indicatori di pressione e di qualità delle risorse ambientali più rilevanti, nella prospettiva dell’evoluzione delle politiche di settore. Per una analisi approfondita del settore delle attività produttive e dei trasporti si rimanda ai capitoli settoriali del presente rapporto.

1.1 Indicatori di pressione sull’ambiente e politiche di regolazione e di governo delle risorse Gli indicatori di pressione sull’ambiente e gli indicatori di qualità delle risorse naturali nella provincia di Bergamo sono analizzati alla luce degli elementi di vulnerabilità evidenziati in relazione alle principali dimensioni dell’ambiente: l’aria, l’acqua e la terra. Questa prima analisi non pretende di essere esaustiva: non tutti gli indicatori che esercitano una pressione sull’ambiente rientrano nell’analisi. Gli indicatori identificati2 sono quelli per cui è stato possibile reperire informazioni e dati da fonti secondarie, e per i quali è stato possibile sviluppare degli approfondimenti, soprattutto in relazione alle azioni di tutela e di regolamentazione già attuate o in corso di attuazione. Anche se le politiche ambientali che emergono da questo quadro sono molto settoriali e poco integrate, sviluppandosi su di una scala e su livelli di intervento molto diversi in relazione al settore di riferimento, evidenziano comunque delle criticità da affrontare sul territorio della provincia. Queste criticità saranno analizzate nel capitolo 3. Le informazioni più complete sugli indicatori di pressione e di qualità dell’aria nella provincia di Bergamo sono contenute nel Piano Regionale di Qualità dell’Aria (PRQA)3, la cui versione definitiva è stata pubblicata nel dicembre 2000. Questo piano persegue primariamente due obiettivi di politica ambientale: 1. la tutela della popolazione e dell’intero patrimonio di un territorio dagli effetti

dell’inquinamento atmosferico, in una prospettiva locale (già affrontata a livello nazionale nei provvedimenti DPR n.203/88 e D.lgs. 351/99);

2. la tutela dall’inquinamento transfrontaliero, dalla riduzione della fascia di ozono stratosferico e dai cambiamenti del clima, in una prospettiva globale (temi già affrontati da trattati internazionali).

L’inquinamento transfrontaliero, che comporta fenomeni di acidificazione, di eutrofizzazione, di formazione di inquinanti secondari (quale l’ozono troposferico), e la diffusione di sostanze tossiche e nocive e persistenti, quali metalli pesanti e sostanze organiche persistenti, è stato regolato da trattati internazionali, direttive europee e leggi nazionali/regionali che vincolano le emissioni degli inquinanti (l. 289/1982). A livello Europeo è in fase di approvazione la Direttiva Europea relativa ai ‘limiti di emissione nazionali per l’SO2 (anidride solforosa), l’NOx (ossidi di azoto), i COV (composti organici volatili) e l’NH3 (ammoniaca) da raggiungere entro il 2010’. Il problema della distruzione della fascia di ozono stratosferico è stato affrontato nel Protocollo di Montreal, in vigore dal 1989, che si impegna a ridurre e bandire la produzione ed il consumo delle sostanze ozono-distruttive, essenzialmente i clorofluorocarburi e i bromofluorocarburi.

2 Gli indicatori analizzati sono stati identificati fra gli indicatori di pressione rilevanti utilizzati nel modello europeo DPSIR: Driving Forces, Pressures, States, Impacts, Reponses. Il modello è acquisito come benchmark a livello europeo per organizzare le informazioni relative alle interazioni fra sistema ambientale ed economico; il più recente rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia è basato sullo stesso modello di riferimento. 3 Il PRQA è stato adottato come strumento di supporto alle politiche delle regioni, delle province e dei comuni, con delibera della Giunta Regionale della Lombardia (Deliberazione n. 35196 del marzo 1998).

Aria

Indicatori di pressionesull’ambiente e politiche

di regolazione e digoverno delle risorse

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45 Il fenomeno dei cambiamenti climatici è stato affrontato nel Protocollo di Kyoto; con questo trattato, in occasione della terza Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, tutti i Paesi Industrializzati e le Economie in Transizione si sono impegnate a ridurre globalmente le emissioni dei gas serra4 del 5% in media rispetto ai livelli (espressi in tonnellate equivalenti di anidride carbonica) prodotti nel 1990 entro il periodo compreso fra il 2008-2012. L’Italia si è assunta l’impegno di ridurre i gas serra del 6,5% rispetto ai livelli del 1990 entro il primo periodo di riferimento: questo significa, a fronte di un aumento tendenziale delle emissioni, una riduzione di emissioni pari a ca. 100 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, con interventi di mitigazione per un costo stimato di ca. 100.000 miliardi di lire5. Questo fenomeno globale avrà dunque implicazioni sempre più pressanti a livello regionale e locale, a seguito dell’adozione degli strumenti normativi e di mercato necessari per raggiungere gli obiettivi di mitigazione. Le analisi sulla qualità dell’aria della Regione Lombardia si sono basate su serie storiche per il periodo 1989-1998 rilevate attraverso 166 stazioni distribuite sul territorio (cui si associano alcune unità mobili locali). La tabella seguente mostra la distribuzione della rete di monitoraggio nella regione. Tabella 1 - Rete di monitoraggio per provincia e inquinante PROVINCE n. SO2 NOX O3 CO PTS PM10 BENZENE Future installazioni BERGAMO 17 16 16 2 10 10 5 - 1 PM10

BRESCIA 17 13 14 2 7 12 1 - 1 Benzene + 2 PM10

COMO 7 6 3 3 7 1 6 1 1 Benzene

CREMONA 13 12 8 5 6 4 4 - 1 PM10

LECCO 9 9 9 6 6 5 3 - 1 PM10

LODI 6 6 6 - 1 3 - - 1 PM10

MANTOVA 19 17 11 3 1 4 - 1 1 PM10

MILANO 50 28 46 19 30 11 6 2 2 Benzene

PAVIA 10 9 5 1 4 6 - - 2 PM10

SONDRIO 5 5 5 3 4 2 3 - 1 PM10

VARESE 13 12 11 9 10 1 6 - 1 Benzene

TOTALE 166 133 134 53 86 59 34 4

Fonte: PRQA, 2000 I risultati principali del monitoraggio della qualità dell’aria per la regione con riferimento all’anno 1997 mostrano che: per l’anidride solforosa (SO2) non si sono registrati superamenti dei limiti previsti dalla normativa italiana ed internazionale6, con l’eccezione di alcune centraline a Brescia e a Sondrio; • i valori limite sono stati sostanzialmente rispettati per il monossido di carbonio, le polveri

e gli ossidi di azoto, ma hanno mostrato dei superamenti dei valori di attenzione e di allarme per la salute umana previsti dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità e proposti dall’Unione Europea nei grandi centri urbani. Nella provincia di Bergamo (seconda solo alla provincia di Milano) più del 90% delle stazioni ha superato il livello di attenzione per gli ossidi di azoto, e circa il 50% delle stazioni ha superato i livelli di attenzione per l’emissione di monossido di carbonio (vedi figure 1 e 2);

4 Il paniere dei gas serra come definito a Kyoto nel Dicembre del 1997 include 6 gas: l’anidride carbonica, il protossido di azoto, il metano, i perfluorocarburi, gli esofloruocarburi, l’esofloruro di zolfo. 5 Approvazione delle Linee Guida per il Piano Nazionale per la Mitigazione del Cambiamento Climatico, Gazzetta Ufficiale, Febbraio 1999. 6 Per i vincoli normativi alle emissioni dei vari inquinanti atmosferici si veda l’Appendice 1.

Ambiente e Territorio 46Figura 1: NO2 - Percentuale di stazioni che non rispettano il livello di attenzione e numero complessivo di superamenti della soglia (200 µg m-3 su 1 h) per ogni provincia

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BG BS CO CR LC LO MN MI PV SO VA Totale

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% stazioniN° superamenti

Fonte: PRQA, 2000

Figura 2: CO - Percentuale di stazioni che non rispettano il livello di attenzione e numero complessivo di superamenti della soglia (15 mg m-3 su 1 ora) per ogni provincia Fonte: PRQA, 2000

• per le polveri fini (PM10) i dati, sebbene rilevati da sole 34 centraline in tutta la regione, evidenziano una diffusa criticità tanto in termini di medie annue quanto di valori di punta; non sono disponibili informazioni puntuali per l’area della provincia;

• l’ozono presenta una situazione di superamento dei limiti pressoché generalizzata sul territorio, in particolare nei mesi estivi e nelle ore centrali della giornata;

• per i COV le campagne di rilevamento eseguite nell’ambito del PRQA e specificatamente orientate all’individuazione dei precursori dell’Ozono, hanno mostrato sorprendentemente valori superiori alla media soprattutto nelle zone a sud di Milano, mettendo in evidenza la necessità di un approfondimento del problema della formazione dell’Ozono con ulteriori monitoraggi;

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BG BS CO CR LC LO MN MI PV SO VA Reg.

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47 • per quanto riguarda il benzene, i dati sono molto limitati: nel 1997 esistevano 2

centraline soltanto in area milanese, diventate 3 nel 1998 e 4 nel 2000 (sono poi previste a breve altre 5 centraline). Dai dati disponibili risulta chiaramente una significativa correlazione delle concentrazioni di benzene con la densità del traffico, che fa presumere un rilevante inquinamento da benzene nelle aree più densamente trafficate della provincia. Mancano tuttavia le centrali di rilevamento necessarie per offrire un’evidenza empirica attendibile e dettagliata.

La tabella seguente riassume i dati sulle emissioni totale a livello regionale, offrendo un’indicazione sulle fonti principali delle emissioni dell’inquinamento in aria. Le maggiori criticità a livello regionale sono date da: • la produzione di energia elettrica e gli impianti di cogenerazione e riscaldamento per

l’emissione di anidride solforosa • i trasporti per le emissioni di monossido di carbonio e di ossidi di azoto • le combustioni commerciali, istituzionali e residenziali per le emissioni di anidride

carbonica • l’uso dei solventi per le emissioni di composti organici volatili • l’agricoltura per le emissioni di metano, ossidi di azoto e ammoniaca Tabella 2 - Contributi settoriali all’emissione di inquinanti in atmosfera7 MACROSETTORI DI ATTIVITÀ

SOx Nox NMCOV CH4 CO CO2 N2O NH3

t/anno t/anno t/anno t/anno t/anno kt/anno t/anno t/anno

1 Produzione energia elettrica, impianti cogenerazione e riscaldamento

41.486 23.574 579 595 1.898 13.513 1.667 2

2 Combustioni commerciali, istituzionali e residenziali

5.979 15.760 9.952 7.342 119.546 16.622 1.644

3 Combustioni industriali e processi con combustioni

21.152 47.176 2.681 730 36.407 13.053 1.097 7

4 Processi diversi da combustione

14.978 7.163 57.431 48 53.529 251 24 875

5 Estrazione e distribuzione combustibili

12.362 52.850

6 Uso dei solventi 132 175.559 37 7 Trasporti stradali

(traffico diffuso) 1.124 33.018 61.369 1.449 231.363 5.132 386 449

7 Trasporti stradali (traffico lineare – proiezioni)

2.800 97.825 11.307 691 88.946 9.150 1.108 879

8 Altre modalità di trasporto

1.772 16.791 2.489 48 6.988 899 370 2

9 Trattamento rifiuti e acque reflue

294 979 58 133.380 399 598

10 Agricoltura 1.123 161 212.880 5.922 101.788 11 Natura 443 1.947 29.963 55.976 62 443 TOTALE 90.029 245.489 363.911 410.013 595.09 59.218 12.279 104.445

Fonte: PRQA, 2000 Il PRQA ha dunque messo in rilievo le criticità emissive, unitamente ad una valutazione dell’impatto ambientale delle emissioni, ed ha individuato interventi strutturali nell’ambito dei seguenti comparti di attività: produzione di energia, mobilità e trasporti, incenerimento rifiuti e settore civile.

7 Le quantità sono da intendersi ancora in una versione non definitiva (in particolare i dati sul traffico lineare sono ricavati da proiezioni).

Ambiente e Territorio 48Gli interventi in ciascun comparto di attività, che includono l’introduzione o il miglioramento di tecnologie, e azioni e interventi di carattere gestionale, hanno generato una serie di scenari emissivi entro diverse scadenze temporali, al 2005 e al 2010. Nei vari scenari sono state fatte ipotesi alternative relative alla penetrazione delle nuove tecnologie e/o combustibili nei settori del riscaldamento civile ed inceneritori, e all’andamento dell’evoluzione naturale del parco auto, dei nuovi combustibili, delle percorrenze, delle politiche e delle ipotesi di fluidificazione del traffico. Per l’energia si sono stimati due scenari in base all’introduzione massima o parziale di nuove tecnologie quali la cogenerazione, il teleriscaldamento e le biomasse. Oltre al consolidamento di una metodologia per la costruzione di scenari emissivi, l’elaborazione del Piano ha permesso di evidenziare alcuni elementi importanti per lo sviluppo di strategie di mitigazione delle emissioni nella regione, ed anche all’interno della provincia: 1. la necessità di focalizzare l’attenzione sugli inquinanti secondari provenienti dagli

inquinanti primari reattivi. Infatti è emerso che in particolari zone e in particolari condizioni la riduzione degli inquinanti primari può comportare la produzione di inquinanti secondari, quale l’Ozono;

2. l’esistenza di un trade-off fra la riduzione di alcuni inquinanti importanti (SOx, NOx e CO) e la produzione di emissioni dei gas serra: le ipotesi di sviluppo del settore energia e trasporti non sembrano essere compatibili con i traguardi di Kyoto;

3. gli scenari analizzati mostrano anche una possibile tendenza alla crescita delle emissioni di metalli pesanti, tendenza che andrà meglio monitorata e controllata;

4. tutti i grandi agglomerati urbani della regione mostrano caratteristiche di criticità significativa ed in prospettiva la loro criticità relativa al resto dell’area tenderà ad accentuarsi. La provincia di Bergamo rientra nelle aree di criticità. In particolare l’Area Omogenea di Bergamo (Bergamo, Seriate, Ponte S. Pietro, Curno e Mozzo) è stata studiata nell’ambito del PRQA e segnalata come area dove si manifestano acuti episodi di inquinamento atmosferico. I rilevamenti giornalieri disponibili sulla qualità dell’aria nella provincia inoltre mettono in evidenza nodi critici nell’area di Treviglio.

Per quanto riguarda l’inquinamento acustico, le fonti di rumore nell’area della provincia sono innumerevoli: l’aeroporto, il traffico veicolare, la ferrovia e l’industria. La Provincia di Bergamo è coinvolta più attivamente principalmente nei problemi legati all’inquinamento acustico dell’aeroporto. Riguardo agli aspetti di regolamentazione, dopo la legge quadro 447/95 la normativa ha subito varie modifiche, e si è in attesa della legge regionale. In base al DM 31.10.97 ed al DPR 496/97 sono stati definiti i primi compiti e obblighi, in particolare dal punto di vista urbanistico, per tutelare la popolazione dall’inquinamento acustico. Recentemente si è insediata la commissione aeroportuale per la promulgazione delle procedure antirumore e l’adozione delle zone di rispetto, come definite nel DM 31.10.97 (vedi tabella 3).

Tabella 3 - Zone di rispetto aeroportuale secondo il DM 31.10.97 Valore dell’indice LVA (livello di valutazione del rumore aeroportuale) in dB(A)

Attività consentite (nuove costruzioni)*

Zona A tra 60 e 65 nessuna limitazione

Zona B tra 65 e 75 attività agricole ed allevamenti di bestiame, attività industriali e assimilate, attività commerciali, attività di ufficio, terziario e assimilate previa adozione di adeguate misure di isolamento acustico

Zona C oltre 75 esclusivamente le attività funzionalmente connesse con l’uso ed i servizi delle infrastrutture aeroportuali

Fonte: Galileo Ambiente (a cura di),Relazione sull’inquinamento acustico aeroportuale dello scalo di Orio al Serio (BG), Dicembre 1999; * la regolamentazione è valida solo per le nuove costruzioni: non sono previste azioni nel caso in cui nelle zone più a rischio (zona C) ci siano già attività non connesse all’uso aeroportuale

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49 Nella provincia esiste una rete permanente di rilevamento del rumore aeroportuale; la tabella 4 riporta i valori dell’inquinamento acustico aeroportuale nelle tre postazioni di Bagnatica (est rispetto all’aeroporto), Bergamo (asilo) e Bergamo (scuola media).

Tabella 4 - Valore medio giornaliero del LVA in alcuni mesi selezionati Postazione LVA

(media giornaliera Dicembre 1999)

LVA (media giornaliera Novembre 1999)

LVA (media giornaliera Settembre 1999)

Bagnatica 65,5 65 67,5

Bergamo, asilo 62,5 62 61

Bergamo, scuola Media 60 60,5 57

Fonte: Galileo Ambiente (a cura di),Relazione sull’inquinamento acustico aeroportuale dello scalo di Orio al Serio (BG), Dicembre 1999

La tabella evidenzia che nell’area di Bergamo le stazioni mostrano valori simili: il valore superiore ai 60 dB è essenzialmente dovuto ai decolli notturni verso la città (con dei picchi intorno ai 70 dB, decisamente classificabili come più a rischio). Quest’evidenza empirica potrà influenzare notevolmente l’attività dello scalo, nella direzione di un maggior controllo ed una riduzione dei voli notturni. Il DPCM 14.11.97 stabilisce i valori limite delle sorgenti sonore nel caso in cui i comuni adottino la ‘zonizzazione acustica’. I valori limite sono riportati nella tabella 5.

Tabella 5 - Limiti assoluti di immissione ex DM 14.11.1997 Classi di destinazione d’uso del territorio Tempi di riferimento

diurno (h.6-22) notturno (h.22-6)

Aree particolarmente protette 50 40

Aree prevalentemente residenziali 55 45

Aree di tipo misto 60 50

Aree di intensa attività umana 65 55

Aree prevalentemente industriali 70 60

Aree esclusivamente industriali 70 70

Fonte: Galileo Ambiente (a cura di),Relazione sull’inquinamento acustico aeroportuale dello scalo di Orio al Serio (BG), Dicembre 1999

E’ importante evidenziare che i provvedimenti legislativi più recenti intendono rendere operativi gli obiettivi della politica comunitaria in materia di inquinamento acustico, per garantire che nessuna persona sia esposta a livelli sonori tali da costituire un pericolo per la salute e la qualità della vita. Gli obiettivi stabiliti dal Quinto Programma d’Azione dell’Unione Europea, che avrebbero dovuto essere conseguiti entro la fine dell’anno 2000, stabiliscono che: • l’esposizione della popolazione a livelli eccedenti i 65dB(A) deve essere evitata; • in nessun caso devono essere ammessi livelli sonori eccedenti gli 85 dB(A); • la percentuale di popolazione esposta a livelli compresi fra 55 e 65 dB(A) non deve

aumentare; • alla popolazione esposta a livelli inferiori ai 55 dB(A) deve essere garantito il rispetto di

tale soglia.

L’idrografia della provincia di Bergamo è molto ricca. Il territorio della provincia è compreso fra il fiume Adda a ovest, il Lago d’Iseo e il fiume Oglio a est: mentre a Nord il limite naturale del territorio è costituito dalle Prealpi Orobiche, a sud il territorio non ha limiti naturali e termina nella cosiddetta ‘fascia dei fontanili’, che confina con

Acqua

Ambiente e Territorio 50la provincia di Cremona. All’interno del territorio da nord a sud scorrono il fiume Brembo, il fiume Serio e il fiume Cherio. Nella fascia montana e collinare si sviluppa una fitta rete di torrenti, mentre nella pianura si sviluppa una fitta rete di rogge e canali che derivano le acque dai fiumi. Nel territorio della provincia vi sono inoltre numerosi laghi, precisamente 199; fra i laghi compresi nella fascia montana vi sono il Lago d’Aviasco, il Lago Nero, i Laghi Gemelli, il Lago Colombo, il lago Fregabolgia, il Lago Sardegnana, che sono tutti laghi naturali ampliati, e il lago artificiale del Barbellino. Fra i laghi nella fascia collinare vi sono invece i laghi naturali: il Lago d’Iseo, il Lago di Endine e il Lago di Gaiano. Figura 3: La rete idrografica nella provincia di Bergamo

Fonte: Provincia di Bergamo, Cartografia elaborata dal Servizio Pianificazione Territoriale

Il territorio della provincia di Bergamo appartiene al Bacino Idrografico principale del fiume Adda e del Fiume Oglio. Il bacino dell’Adda comprende quasi tutta la fascia montana (da ovest a est le valli Imagna, Brembana e Seriana), l’Isola Bergamasca e la parte sud-ovest della fascia di pianura. Al suo interno si possono evidenziare, fra gli altri, i sottobacini del Brembo e del Serio. Il bacino del fiume Oglio comprende invece la parte est della provincia (la zona della Valle Cavallina e del Sebino), e la parte sud-est della fascia di pianura. Fra i vari sottobacini si identifica il bacino del fiume Cherio.

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51 I fiumi Adda, Serio, Oglio, il Lago d’Iseo, il Naviglio Civico di Cremona e numerosi fossi irrigui della bassa hanno carattere interprovinciale. Quantità e usi dell’acqua A livello quantitativo, le portate dei corpi idrici della provincia sono state stimate all’interno del Piano Regionale di Risanamento delle Acque, ai fini dei bilanci per la valutazione dei limiti allo scarico dei depuratori pubblici. Le valutazioni fatte dal 1987 ad oggi sulle portate medie di tempo asciutto (sulla base delle portate medie superate per almeno 250 giorni all’anno tenuto conto dei deflussi naturali e delle acque di scarico non sottratte dai sistemi di collettamento definiti nel piano) non si discostano dalla portata specifica di 15 l/sec per km2, adottata come riferimento (dedotte le importanti derivazioni senza sostituzione e tenendo conto della presenza di un deflusso minimo vitale costante superiore a 2 l/sec per km2) e sono ritenute accettabili. Guardando alla varianza delle portate nell’arco dell’anno e sul territorio tuttavia sono da segnalare alcune carenze: si manifestano deficit di risorse per quanto riguarda l’area di montagna durante i periodi di magra estivi, e deficit medi annui della falda di pianura. Dall’indagine sulle magre estive nelle aree montane emerge che con frequenza elevata (in media ogni 2-5 anni) possono aversi periodi estivi di durata 10-20 giorni con portate inferiori ai valori delle derivazioni irrigue concesse. Nella falda di pianura il deficit medio annuo delle risorse idriche è invece evidenziato dall’abbassamento medio annuo della falda, dovuto all’intensa estrazione per usi civili, industriali e irrigui. Le estrazioni per uso industriale, che sono la causa principale di tale deficit, sono particolarmente concentrate nella zona di pianura circostante l’autostrada Milano-Venezia in prossimità della città di Bergamo e nella zona di Zingonia. Le risorse idriche nella provincia grazie ai forti dislivelli e alle precipitazioni elevate, comprese tra 2.000 mm nella zona montuosa e 1.000 mm nella bassa pianura, riescono comunque a garantire la produzione di energia idroelettrica. Nei sottobacini del Serio, dell’Oglio e in particolare del Brembo sono inserite numerose installazioni idroelettriche e derivazioni per la rete dei canali irrigui dell'alta pianura. Nelle Alpi Orobie sono presenti pochi ghiacciai, in fase di ritiro, numerosi laghetti naturali e bacini artificiali che consentono la gestione della risorsa. Oltre ad una produzione da parte dell'ENEL sono presenti impianti di altre società con capacità produttive molto variabili. I corsi d'acqua sono interessati da numerosissime opere idrauliche (dighe, traverse, canali) per lo sfruttamento della risorsa; altre opere (briglie, difese spondali) sono volte alla regimazione e difesa degli alvei anche in relazione alla forte pressione antropica che caratterizza le valli bergamasche. Tra i problemi ambientali legati all'acqua vanno infatti menzionate le pericolosità legate ad instabilità dei versanti che si manifestano in occasione di eventi meteorici estremi nelle aree montane soggette a rischio idrogeologico. Le numerose sorgenti della fascia prealpina sono utilizzate per acquedotti e per impianti di imbottigliamento di acque minerali, commercializzate con una ventina di marchi. Nella bassa pianura vi sono numerose risorgive (fontanili) che tuttora svolgono una funzione agricola, naturalistica e di richiamo turistico, oltre a fornire acqua per alcuni allevamenti ittici. Qualità dell’acqua A livello qualitativo, a partire dal 1987 la qualità dei principali corsi d’acqua bergamaschi è stata oggetto di un sistematico controllo ad opera della Provincia di Bergamo. Infatti con le leggi 32/1980 e 58/1984 la Regione Lombardia ha delegato alle Province ed ai consorzi d Lecco e di Lodi le operazioni di rilevamento delle caratteristiche dei corpi idrici, in collaborazione con i Presidi Multizonali di Igiene e Prevenzione. In applicazione della legge 319/1976, con delibera interministeriale del 04.02.1977, sono stati per la prima volta fissati i criteri, le metodologie e le norme tecniche generali per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici.

Ambiente e Territorio 52Le campagne di rilevamento prevedevano quattro campionamenti con scadenza stagionale: solo per i fiumi Serio e Brembo i controlli erano mensili8 (in uniformità al Decreto legislativo 130/92, per la verifica della qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci). Per ogni corso d’acqua, oltre alla portata, venivano determinati i seguenti parametri: temperatura/ Ph/ ossigeno disciolto e % di saturazione/ COD/ BOD5/ conducibilità/ solidi sementabili e sospesi/ tensioattivi anionici e non ionici/ nitrati/ nitriti/ azoto ammoniacale/ azoto Kjeldahl/ fosforo totale/ fosforo ortofosfato/ solfati/ cloruri/ calcio/ magnesio/ sodio/ bicarbonati/ coliformi totali e fecali/ streptococchi fecali/ salmonelle/ Indice Biotico Esteso9/ cadmio/ cromo totale/ rame/ mercurio/ piombo e zinco. I dati forniti dall’ultima campagna di rilevamento, condotta nel 1998/99, sono stati invece elaborati utilizzando i criteri introdotti dalla più recente normativa sulle acque: D.Lgs. 152/99 e sue successive modificazioni con il D.Lgs. 258/00, in base alle quali si riclassificheranno i corsi d’acqua adeguandosi alle direttive europee. La nuova normativa, finalizzata alla tutela ed al risanamento delle acque superficiali e sotterranee, richiede che siano rispettati obiettivi specifici di qualità per i corpi idrici in funzione della loro destinazione (acque potabili, balneazione, idoneità alla vita dei pesci e molluschi), ed in funzione della loro capacità di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e diversificate. Lo strumento attraverso cui si devono raggiungere questi obiettivi di qualità ambientale è il Piano di Tutela delle Acque che deve raggiungere i seguenti obiettivi riguardo alle acque di superficie: • entro il 30.04.2003 procedere alla classificazione di qualità dei corpi idrici superficiali; • entro il 31.12.2008 raggiungere l’obiettivo di qualità corrispondente allo stato

‘sufficiente’; • entro il 31.12.2016 raggiungere l’obiettivo di qualità corrispondente allo stato ‘buono’. Queste diverse classi di qualità sono definite in base allo stato ecologico ed allo stato chimico del corpo idrico: il primo prende in esame gli elementi biotici del micro-sistema acquatico ed i parametri chimici e fisici di base relativi al bilancio dell’ossigeno ed allo stato trofico, prevedendo l’utilizzo dell’IBE; il secondo prende in esame i micro-inquinanti (organici ed inorganici). Si tratta in questo caso di parametri addizionali e non obbligatori, da determinare solo quando ne esistono i presupposti. Solo quando lo si ritiene necessario inoltre vengono svolti dei test di tossicità. La frequenza del campionamento è divenuta mensile; tuttavia il numero dei corsi d’acqua e le stazioni di controllo rispetto agli scorsi anni sono diminuite, in quanto il Decreto è volto al raggiungimento degli obiettivi di qualità in chiusura dei bacini idrografici ritenuti ‘significativi’. La tabella seguente riporta dunque i risultati della prima campagna di rilevamento secondo la classificazione proposta dal nuovo Decreto.

8 Solo il fiume Serio, nel tratto compreso fra Ponte Nossa e Seriate, è stato definito ciprinicolo, cioè idoneo alla vita di specie quali alborella, cavedano, barbo, scardola, lasca, oltre che ai lucci, pesci persici ed anguille, dalla Regione. 9 L’Indice Biotico Esteso (IBE) è un metodo di valutazione della qualità dei corsi d’acqua basato sulla diversa sensibilità all’inquinamento da parte della comunità di organismi macroinvertebrati che lo popolano: in base all’IBE i corsi d’acqua sono poi classificati in classi di qualità.

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53 Tabella 6 - Stato di qualità ambientale nei corsi d’acqua dei bacini ‘significativi’10

Corso d’acqua (località) Stato di qualità ambientale

Fiume Brembo (Brembate Sopra) Sufficiente

Fiume Brembo (Brembate) Sufficiente

Torrente Ambria (Zogno) Sufficiente

Torrente Imagna (Ubiale Clanezzo) Sufficiente

Torrente Dordo (Filago) Pessimo

Roggia Brembilla (Osio Sopra) Buono

Roggia Masnada (Bonate Sotto) Buono

Roggia Moschetta (Treviglio) Scadente

Roggia Vignola (Treviglio) Scadente

Fiume Serio (Ponte Nossa) Sufficiente

Fiume Serio (Seriate) Scadente

Torrente Riso (Ponte Nossa) Sufficiente

Torrente Romna (Casnigo) Scadente

Roggia Morlana (Albino) Scadente

Roggia Borgogna (Villa di Serio) Buono

Fiume Oglio (Costa Volpino) Sufficiente

Fiume Cherio (Palosco) Scadente

Torrente Borlezza (Castro) Scadente

Roggia Sale (Palosco) Buono

Torrente Morla (Bergamo) Sufficiente

Roggia Vailata (Arzago d’Adda) Sufficiente

Fonte: Provincia di Bergamo, Monitoraggio dei corsi d’acqua superficiali della provincia di Bergamo, Anni 1998/1999 E’ da evidenziare che nella valutazione dello stato di qualità ambientale le analisi effettuate non indicano mai il superamento della soglia di contaminazione da inquinanti chimici, come determinata dal Decreto: il grado di qualità quindi è essenzialmente determinato dallo stato ecologico dei corsi d’acqua. Gli studi predisposti dalla Provincia di Bergamo per la redazione del PTCP del 1994 evidenziava una carenza di sistemi di fognatura e di impianti di depurazione, che spiegherebbe l'elevato carico inquinante di tipo biologico evidenziato anche nell’ultimo monitoraggio. Lo stato ecologico peggiore dei corsi d’acqua è comunque rilevato in corrispondenza delle aree pedemontane e di pianura ad economia prettamente industriale, con un peggioramento della qualità da monte a valle e una variazione stagionale. Questa classificazione rappresenta solo un primo tentativo di adeguamento al nuovo Decreto, e si basa su dati raccolti secondo criteri di frequenza diversi da quelli introdotti con la nuova normativa: per questo motivo le valutazioni illustrate, anche se indicative dello stato di qualità dei corsi d’acqua monitorati, non devono essere ritenute complete ed esaustive. Per quanto riguarda le acque dei laghi, è importante notificare che è stata recentemente approvata, in data 20 Marzo 2000, la Convenzione per la Costituzione dell’Osservatorio del Lago d’Iseo e del Lago Moro, finalizzata a individuare e intraprendere misure più efficaci per affrontare il persistente inquinamento dei laghi. La Convenzione è stata stipulata dalla Regione Lombardia (Ambiente e Energia), dalle Province di Bergamo e di Brescia, dal Comune di Iseo, dalla ASL di Valle Camonica- Sebino, e dall’ARPA Lombarda. Le Parti della Convenzione si sono accordate ‘con l’intento di porre in essere il massimo sforzo finalizzato a sviluppare programmi, pratiche e le più idonee tecnologie che consentano la migliore conoscenza dell’ecosistema e che contribuiscano a eliminare o ridurre quanto più possibile lo scarico di inquinanti e nutrienti nel sistema dei laghi [….] le Parti concordano di assumere quale obiettivo primario: a) la valorizzazione e la salvaguardia nel tempo della qualità e della

10 In base al D. Lgs. 152/1999.

Ambiente e Territorio 54quantità del patrimonio idrico per usi antropici, ambientali e produttivi, b) la rimozione dei fattori che causano o potrebbero causare diseconomia nella produzione di servizi e nella qualità dell’acqua, c) la protezione, in attuazione della normativa comunitaria-nazionale-regionale, delle risorse idriche, in particolare quelle destinate al consumo umano, d) il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla specifica programmazione regionale, e) la definizione di proposte di pianificazione coordinata e di pratiche amministrative per le rispettive competenze, assicurando un adeguato controllo di tutte le fonti inquinanti, promuovendo l’assistenza finanziaria attraverso la combinazione di partecipazione locale- provinciale e regionale, privilegiando azioni mirate al risparmio idrico e al riutilizzo delle acque reflue’ (art. 4 della Convenzione). Per quanto riguarda le acque sotterranee, i dati della Regione Lombardia rilevano che le acque sotterranee di vari comuni nella provincia di Bergamo risultano colpiti da contaminazione da atrazina. Sono inoltre noti flussi contaminati sotterranei di cromo VI, carbamazepina e solventi clorurati. Il monitoraggio della falda idrica nella pianura bergamasca in realtà ha avuto inizio nel 1999, attraverso l’utilizzo di una rete di 69 pozzi, sia pubblici che privati, distribuiti omogeneamente sul territorio della provincia. In base al D.Lgs. 152/99 e alle sue successive modificazioni con il D.Lgs. 258/00 l’organizzazione del monitoraggio delle acque sotterranee per la loro classificazione prevede: una prima fase conoscitiva necessaria a promuovere la conoscenza dello stato chimico delle acque sotterranee, e finalizzata ad una analisi di inquadramento generale attraverso la ricerca di un gruppo ridotto di parametri chimici, fisici e microbiologici, che consenta l’individuazione delle aree critiche, di quelle potenzialmente soggette a crisi, e di quelle naturalmente protette; secondariamente una fase a regime, in cui il monitoraggio è finalizzato all’analisi del comportamento e delle modificazioni nel tempo dei sistemi acquiferi. La classificazione delle acque è correlata sia allo stato chimico che allo stato quantitativo: quest’ultimo dipende dalle caratteristiche dell’acquifero (tipologia, permeabilità, coefficienti di immagazzinamento) e dal relativo sfruttamento (tendenza piezometrica o delle portate, e prelievi per vari usi). L’attuale rete di controllo è costituita da 68 pozzi presso i quali vengono eseguite due volte all’anno i campionamenti delle acque di falda e la misurazione dei livelli; fra questi pozzi ne sono stati identificati 21 ‘significativi’, presso i quali con cadenza mensile viene misurato il livello piezometrico. Riguardo alle infrastrutture, dal Piano Regionale di Risanamento delle Acque si rileva che gli acquedotti sono essenzialmente pubblici (nella regione rappresentano il 98% del totale), e si approvvigionano da ca. 6.519 fonti, tra pozzi e sorgenti. La pianificazione prevede una futura riduzione nel numero degli acquedotti e nelle fonti. Le fognature, anche se estese in termini di numero, sono carenti in termini qualitativi: la maggior parte delle reti nella regione (l’81%) infatti è di tipo misto. Gli impianti di depurazione comunali inoltre sono ancora insufficienti e il Piano prevede un incremento del servizio. Nella provincia una parte dei servizi di collettamento e depurazione delle acque reflue è servita da consorzi intercomunali. A marzo 2001 risultano serviti da impianti di depurazione il 62% dei comuni, parzialmente serviti il 15%, e non serviti il rimanente 23%. Le politiche per la tutela dell’acqua si stanno evolvendo nella direzione di una gestione complessiva della risorsa: la L.183/1989 ha introdotto la pianificazione di bacino, la L.36/1994 (legge Galli) ha introdotto il principio di uso sostenibile della risorsa idrica attraverso un sistema di gestione integrato, nelle fasi di approvvigionamento, collettamento e depurazione, e infine il D.Lgs. 152/1999 ha posto l’enfasi sulla prevenzione ed il risanamento delle acque in funzione della tutela della qualità del corpo idrico. Questa tendenza nell’evoluzione della normativa italiana, che riflette l’evoluzione delle politiche a livello europeo, implica una rivoluzione della struttura operativa e di gestione per la realizzazione del servizio idrico integrato, ed il monitoraggio della qualità sulle acque. La Provincia di Bergamo si impegnerà per attuare queste trasformazioni. Gli indicatori di pressione e di qualità della terra e del suolo identificati in base alla disponibilità di informazioni per la provincia sono: la superficie forestale, la superficie delle aree protette, la perdita della biodiversità, l’inquinamento e l’uso del suolo agricolo, i siti inquinati, i rifiuti e le cave. Per ognuno di questi indicatori vengono di seguito analizzate

Terra

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55 l’evidenza empirica sul territorio della provincia, e le azioni di regolazione già intraprese o di prossima adozione, che ne influenzeranno l’andamento e l’impatto sul sistema ambientale. Superficie forestale La superficie occupata da foreste della provincia di Bergamo è di 73.165 ettari, pari al 26,6% del territorio11. La superficie forestale della provincia rappresenta circa il 14% della superficie forestale della regione Lombardia, pari a circa 512.000 ha (circa il 21% del territorio regionale). E’ interessante osservare che nella regione Lombardia la copertura delle foreste è cresciuta di circa il 5% nell’ultimo decennio, pur rimanendo al di sotto della media nazionale, e sensibilmente al di sotto della media dei Paesi dell’Unione Europea, dove le foreste occupano circa il 33% del territorio. Il 72,2% dei boschi è ceduo, ad uso prevalentemente locale, mentre la restante parte dei boschi è a fustaia e riveste un forte interesse economico soprattutto per le aree montane interne. Il 68,1% dei boschi è di proprietà privata. Tra i boschi monospecifici di latifoglie, il castagno da frutto che veniva tradizionalmente coltivato oggi presenta solo un interesse culturale e naturalistico. Seguono, per importanza, pioppeti e faggeti. Il 23,5% della superficie forestale è occupata da conifere ad alto fusto, in cui la specie più rappresentata e di maggior interesse economico è l’abete rosso, che rappresenta il 34% del totale dei boschi monospecifici. La frammentazione della proprietà e la trasformazione socio-economica degli ambiti montani negli ultimi 30 anni ha determinato una forte riduzione dell'interesse per la risorsa. Nonostante ciò, ampi settori della provincia presentano condizioni climatiche adatte per un suo sviluppo sostenibile. Fra le cause principali di disturbo degli ecosistemi forestali secondo il Corpo Forestale dello Stato vi sono l’incendio (2.033 incendi boschivi nel periodo 1980-1999) e, in misura minore valanghe e frane, che insieme accorpano meno di un quarto delle cause di danno totale. Le valanghe possono però incidere più degli incendi in anni caratterizzati da condizioni climatiche particolari. Un tipo di degrado diffuso nei boschi bergamaschi è il ‘rimodellamento’ antropico: boschi di robinia floristicamente poveri, spesso ricchi di elementi esotici e poco fruibili ne sono l’esempio più tipico. Disposizioni per la prevenzione e il recupero dei boschi soggetti a degradazione antropica sono state predisposte solo in alcune aree protette e in ridotte aree soggette a piani di assestamento forestale. Con riguardo alla prevenzione degli incendi, mancano indagini intese a valutare le relazioni tra caratteristiche fisiche del territorio, uso dei boschi, cicli biogeochimici e propensione agli incendi. Superficie delle aree protette L’intero territorio comprende 12 aree protette che ricoprono il 29,6 % del territorio, pari ad una superficie di 813 kmq. Le aree protette sono definite come aree sottratte ad ogni intervento di alterazione o distruzione al fine di garantire l’equilibrio biologico e la biodiversità delle specie in esse presenti così come la protezione e la conservazione dei differenti tipi di habitat che le caratterizzano. Le aree protette nella provincia rappresentano circa il 13% delle aree naturali protette sull’intero territorio lombardo, che a sua volta ‘ospita’ circa il 22% delle aree naturali protette sul territorio nazionale. Le stime suggeriscono che la regione Lombardia, che ha visto crescere di circa sei volte la superficie naturale protetta rispetto agli inizi degli anni ’70, si comporta molto bene rispetto alla media nazionale, che vede solo il 6-7% di aree protette su tutto il territorio12. Le aree protette nella provincia di Bergamo sono tutte istituite con provvedimenti regionali: non vi sono quindi parchi naturali nazionali. La loro gestione è affidata a consorzi costituiti dai Comuni, dalla Provincia e dalle Comunità Montane ai quali è affidata anche la predisposizione di piani territoriali di coordinamento e la definizione di investimenti di tutela e valorizzazione.

11 Fonte: IRS, Regional Review on Bergamo, Rapporto OCSE sulla provincia di Bergamo, 2000 12 Fonte: elaborazione su dati Regione Lombardia- DG Tutela Ambientale, ISTAT,1998

Ambiente e Territorio 56Gli spazi protetti13 sono suddivisi in: • parchi regionali, aree organizzate in modo unitario con riguardo alle esigenze di

protezione dell’ambiente e di uso culturale e ricreativo, oltre che allo sviluppo delle attività agricole, silvicole e pastorali e delle attività tradizionali atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti. Sono distinti in parchi fluviali, montani, agricoli, forestali e di cintura metropolitana. Nella provincia di Bergamo ne esistono cinque14 (due interamente compresi nel territorio provinciale, tre situati a cavallo con le province limitrofe);

• parchi locali di interesse sovracomunale (LR.86/83). All’interno del territorio provinciale esistono due parchi di questo tipo;

• riserve naturali, zone specificamente destinate alla conservazione della natura e al mantenimento degli ecosistemi; coprono nel loro insieme una superficie di 3,70 kmq (0,13 % del territorio bergamasco). Nella provincia di Bergamo ne esistono sei15; di queste alcune rientrano nei confini dei parchi regionali;

• esistono inoltre sei aree di rilevanza ambientale16 e un monumento naturale (Berbenno). Le aree protette sono tutelate dalla legislazione nazionale (L. 6 dicembre 1991 n. 394- legge quadro sulle aree protette). Le normative regionali riguardano la flora e la fauna: la tutela ambientale con particolare riguardo agli ambienti lacustri e fluviali (L.R. 27 luglio 1977 n. 33 e successive modificazioni), la flora dei parchi (L.R. 27 gennaio 1977 n. 9 e successive modificazioni), le aree protette rappresentate dalle riserve naturali, dai Parchi regionali e dai Monumenti naturali (L.R. 30 novembre 1983 n. 86 e successive modificazioni). Perdita della biodiversità Sono in corso, ma non sono disponibili, stime sulla perdita o sulla ricchezza della biodiversità nella provincia. Tuttavia si possono fare alcune considerazioni sulle stime disponibili per la regione e il nostro paese, anche a confronto con l’intera Unione Europea. L’Italia infatti mostra un buon livello di biodiversità, grazie al rilevante numero di habitat esistenti, alla varietà morfologica del territorio, ed all’estensione in latitudine. Questa varietà si riscontra all’interno della regione ed anche della provincia di Bergamo, dove coesistono diversi ambienti fisici: l’arco alpino, la fascia prealpina, la pianura, corsi d’acqua di varia portata e regime, e laghi prealpini. La tabella 7 illustra e confronta il numero delle specie per classe presenti in Lombardia, in Italia e nell’Unione Europea. E’ interessante osservare che la percentuale delle specie presenti in Lombardia sul totale delle specie in Italia risulta maggiore per il numero delle specie di animali caratterizzati dalla migrazione e da maggiore mobilità, come gli uccelli, rispetto a specie più endemiche, spesso meno mobili, come molti invertebrati, anfibi e rettili. La ricchezza specifica dei pesci d’acqua dolce nella regione è probabilmente da attribuirsi anche al gran numero di bacini e di corsi d’acqua, collegati tra loro da un’articolata rete di canalizzazione artificiale.

13 In Appendice si trovano: la descrizione sintetica dei parchi regionali, l’elenco delle riserve naturali e delle aree di rilevanza ambientale 14 Orobie Bergamasche, Colli di Bergamo, Serio, Adda Nord, Oglio Nord 15 Boschi del Giovetto di Palline, Valle del Freddo, Valpredina, Fontanile Brancaleone, Bosco dell’Isola, Boschetto della Cascina Campagna 16 Legnone-Pizzo Tre Signori-Gerola, Monte Resegone, Isola, Endine-Iseo, Corso Superiore del Fiume Oglio, Corso Superiore del Fiume Serio

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57 Tabella 7 - Numero di specie presenti in Lombardia, Italia e Unione Europea

Classe Numero di specie nell’UE

Numero di specie in Italia

% in Italia vs. UE

Numero di specie in

Lombardia

% in Lombardia vs. l’Italia

Mammiferi 150 102 68 67 66

Uccelli 500 473 95 372 79

Rettili/ Anfibi 180 91 51 38 42

Pesci 150 84 56 66 78

Invertebrati 100.000 57.000 57 20.000 35

Piante Vascolari

10.000 6.000 60 3.000 50

Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia, Regione Lombardia, 2000 La conservazione della biodiversità in Europa è diventata parte integrante delle politiche ambientali, sia a livello globale che a livello locale, solo negli ultimi dieci anni, in particolare a seguito del Vertice della Terra di Rio de Janeiro del 1992 (UNCED: United Nations Conference on Environment and Development), e della Conferenza Ministeriale Europea di Sofia sull’ambiente del 1995. Il principale riferimento legislativo per la politica dell’Unione Europea nel settore della protezione della natura è rappresentato dalla Direttiva 92/43/CEE (direttiva ‘Habitat’ relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche), che è stata recepita a livello nazionale con il DPR n.375 del 9/98. L’istituzione sul territorio della provincia di parchi regionali per la protezione della natura e di aree protette svolge sicuramente un ruolo importante nella direzione della conservazione della biodiversità, offrendo in particolare degli habitat adatti alle specie migratorie. La caccia e la pesca sono regolamentati La caccia e la pesca sono regolamentati, oltre che dalle vigenti normative nazionali e regionali, rispettivamente dal Piano Faunistico Venatorio Provinciale approvato il 23.10.2000 e dalla Carta Ittica con il Piano Provinciale di destinazione e uso delle acque pubbliche superficiali, approvata il 2.04.2001. Ai fini faunistici e venatori il territorio è suddiviso in quattro comprensori alpini (CA) e due ambiti territoriali di caccia (ATC). La fauna selvatica di interesse venatorio comprende l’avifauna migratoria, stanziale (starna, fagiano, pernice rossa), l’avifauna tipica alpina (coturnice, gallo forcello), la lepre, la volpe e gli ungulati (capriolo, cervo, camoscio, cinghiale). Il piano di prelievo della stagione è determinato in base a censimenti effettuati ogni anno per le specie suscettibili di prelievo. I cacciatori nella stagione venatoria 1999-2000 sono stati 15.026. Le specie di ungulati attualmente cacciate hanno buona densità di popolazione grazie a una gestione venatoria pianificata e di tipo selettivo. Solo il cinghiale, che si è rapidamente diffuso nell’area compresa tra i laghi di Endine e d’Iseo, desta qualche preoccupazione per l’impatto negativo sugli ecosistemi forestali e sulle attività agricole. Ai fini della pesca le acque provinciali vengono classificate in: Acque principali (lago d’Iseo); Acque secondarie pregiate (principali fiumi e relativi affluenti; immissari dei laghi); Acque secondarie normali (le restanti acque). Sono inoltre riconosciute 22 zone di tutela ittica, delle quali 14 sono zone di protezione e ripopolamento. La Provincia ha rilasciato 4 licenze per pescatori professionisti e 3.490 per pescatori dilettanti. I divieti riguardano per ogni specie ittica determinati periodi dell’anno e particolari tecniche di pesca. Inquinamento e uso del suolo agricolo L’ERSAL ha prodotto una carta pedologica e d'uso dei suoli dell'intera pianura bergamasca. Per quanto riguarda la capacità d’uso del suolo prevale la seconda classe, che si riscontra in buona parte della pianura. Nelle aree di raccordo tra pianura e montagna sono presenti suoli con forti limitazioni d’uso (classi IV, VI e VII). I liquami prodotti in zootecnia vengono normalmente usati per concimare i terreni agricoli. Questa pratica può però inquinare le acque di superficie e quelle di falda. Di conseguenza i suoli sono stati giudicati adatti allo spargimento dei liquami per il 19,3% della superficie nell’area pedemontana e moderatamente adatti per la maggior parte della pianura (56,9%).

Ambiente e Territorio 58E' stata inoltre classificata l’attitudine allo smaltimento dei fanghi di depurazione urbana. I suoli adatti sono molti ridotti (4,6%), mentre prevalgono quelli moderatamente adatti (50,2%). Quelli poco adatti e non adatti sono limitati dalle pendenze e dalla vulnerabilità della falda. Ai fini della tutela dell'inquinamento del suolo ad uso agricolo e della falda, mancano tuttora strumenti normativi ed informazioni sulla zonizzazione locale relativa all'impiego di fertilizzanti e diserbanti chimici, nonché al trattamento di rifiuti organici. Siti inquinati Numerosi insediamenti industriali attivi dal dopoguerra sono oggi valutabili come siti inquinati o potenzialmente inquinanti. Le recenti normative in materia ambientale hanno infatti notevolmente ristretto le soglie di contaminazione un tempo tollerate. L'obbligo di riportare queste aree entro gli attuali limiti di accettabilità richiede un consistente impegno economico e lo sviluppo di competenze specifiche attualmente non consolidate. Il DM 471/99 impone il censimento della consistenza e distribuzione di questa realtà. La Regione Lombardia, attraverso l’Unità ‘Piani e programmi di bonifica delle aree contaminate’, ha censito i siti contaminati nella regione, identificandone la localizzazione e la pericolosità nei confronti della salute umana e degli ecosistemi. Un’anagrafe dei siti da bonificare era già prevista dal Decreto Ronchi (D.Lgs. 22/97), e la Regione Lombardia già con il DGR 66818 del’11.04.1996 aveva approvato il Piano Regionale per la Bonifica delle Aree Contaminate, nel quale erano individuati i siti contaminati o potenzialmente contaminati. I siti censiti sono stati suddivisi in tre categorie17: 1. ‘Evidenze’: cioè siti che rappresentano un rischio immediato per la salute umana o lo

comporteranno entro due anni dalla valutazione; 2. ‘Attenzione’: siti che rappresenteranno un rischio per la salute umana e gli ambienti

sensibili dopo i due anni dalla valutazione; 3. ‘Generale’: siti per i quali non esistono evidenze di contaminazioni in atto, ma che in

futuro potranno rappresentare una minaccia per la salute umana e gli ambienti sensibili. Nella provincia di Bergamo sono stati censiti ben 204 siti contaminati, sui 2.258 censiti nella regione (ca. il 9%). Di questi 25 sono stati censiti come ‘evidenze’, 58 come ‘attenzione’, 121 ‘generale’: questi numeri suggeriscono che c’è uno spazio di intervento per prevenire una potenziale contaminazione dei suoli, ed il conseguente impatto sulla salute dell’uomo e sull’equilibrio ecologico. In particolare viene segnalata la crescente rilevanza assunta dalla problematica della contaminazione da policlorobifenili (PCB), in merito alla quale l’ASL di Bergamo ha istituito uno speciale gruppo di lavoro per la mappatura provinciale, al quale partecipano: - il Dipartimento di Prevenzione, il Servizio Veterinario, il Servizio Prevenzione e

Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, il Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione dell’ASL di Bergamo;

- l’Unità Operativa Medicina del Lavoro degli Ospedali Riuniti di Bergamo; - l’ARPA di Bergamo; - il Servizio Rifiuti della Provincia di Bergamo. Nella classificazione delle province lombarde Bergamo si colloca al terzo posto (dopo Milano, con 1.222 siti contaminati, e Como, con 212 siti contaminati), mostrando dunque un’elevata fragilità anche relativamente al contesto regionale. E’ attualmente in corso l’aggiornamento del censimento regionale.

17 Fonte: Regione Lombardia, Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia, 2000.

Parte seconda - Gli scenari settoriali

59 La produzione di rifiuti rappresenta uno degli indicatori più rilevanti dell’interazione fra attività di produzione e di consumo e sistema ambientale. L’efficienza dei processi di produzione nell’utilizzo delle risorse, oltre alla quantità ed alla qualità ‘ambientale’ dei beni che si consumano, determinano la quantità e la natura dei rifiuti prodotti. Il processo di smaltimento o riciclo dei rifiuti prodotti a sua volta comporta un impatto sul sistema ambientale. Per avere un ordine di grandezza di riferimento, si pensi che in Europa nel 1997 sono stati prodotti ca. 190 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari ad una media di 1,38 kg al giorno per abitante, con un aumento di ca. il 4% rispetto al 1990; in Italia nello stesso anno sono stati prodotti 26,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari a circa il 14% del totale rilevato nell’Unione Europea. Questi pochi numeri suggeriscono che i modelli di produzione e consumo perseguiti dalle ‘società moderne’ comportano una pressione crescente sul sistema ambientale. In base ai dati raccolti dall’Osservatorio Rifiuti18 anche la provincia di Bergamo mostra una consistente crescita della quantità totale di rifiuti prodotti da ciascun abitante nell’arco degli ultimi sei/sette anni: l’incremento percentuale fra il 1999 ed il 2000 è stato del 5.1%, se pur marginalmente in diminuzione rispetto all’anno precedente, in cui si era verificato un aumento di ca. il 7%. Questa crescita è imputabile soprattutto all’aumento dei rifiuti ingombranti e di quelli raccolti in modo differenziato, a fronte di una diminuzione dei rifiuti a smaltimento rispetto ai primi anni ’90 (vedi tabella 8). La provincia di Bergamo nel 2000 ha prodotto ca. 410.500 tonnellate di rifiuti, pari ad una media per abitante di ca. 1,15 kg (rispetto a ca. 390 mila tonnellate prodotte nel 1999, pari ad una media pro-capite di 1,1 kg). L’evidenza empirica disponibile per la provincia riflette l’andamento manifestatosi nella regione, che nel 1998 ha prodotto ca. 1,2 kg di rifiuti al giorno per abitante19. La provincia mostra comunque una notevole incidenza della raccolta differenziata (pari a circa il 45.7%, il 44,7% e 42,1 % rispettivamente nel 2000, nel 1999 e nel 1998), nettamente superiore anche alla media regionale che nel 1998 era pari a ca. il 31%. Se la Regione Lombardia emerge come regione all’avanguardia nella raccolta delle frazioni riutilizzabili dei rifiuti (dal 1996 infatti non esistono province lombarde che realizzano tassi di raccolta differenziata inferiori al 5%), la provincia di Bergamo conferma addirittura il suo primato anche a livello nazionale: nel 1997 e 1998 infatti è stata premiata da Legambiente come la provincia più ‘riciclona’ d’Italia, cedendo il primato nei successivi due anni a quella di Lecco. La raccolta differenziata nel nostro Paese ha sicuramente avuto una ‘spinta’ a seguito del recepimento delle nuove direttive europee con il D.lgs. 22/97, che sposta l’enfasi dalle operazioni di raccolta e di smaltimento alla gestione complessiva del ciclo di rifiuti. Il D.lgs. 22/97 definisce come raccolta differenziata ‘la raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, destinate al riutilizzo ed al recupero di materia prima’, e fissa le seguenti percentuali minime di rifiuti da raccogliere separatamente entro determinate scadenze temporali: • il 15% entro il 1999 • il 25% entro il 2001 • il 35% a partire dal 2003 La provincia di Bergamo dunque ha già superato l’obiettivo del 35% previsto per il 2003 (insieme alla provincia di Lecco e di Milano).

18 I dati derivano dall’elaborazione dei contenuti della scheda regionale tipo ex art. 12 L.R. 21/93 compilata dai singoli Comuni: in base alla legge regionale 21/93 infatti la Regione in collaborazione con le Province, attraverso l’Osservatorio Rifiuti, predispone annualmente l’attività di censimento dei rifiuti urbani. 19 I dati regionali cui si fa riferimento in questa sezione sono estratti dal ‘Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia’, 2000.

Rifiuti

Ambiente e Territorio 60 Tabella 8 - Evoluzione nella tipologia e quantità di rifiuti prodotti (1993-2000) Tipo di rifiuti

1993 t/a

1994 t/a

1995 t/a

1996 t/a

1997 t/a

1998 t/a

1999 t/a

2000 t/a

∆ % 1999-2000

Abitanti 946.829 953.457 935.520 942.915 950.639 956.289 964.802 974.290 0.09%

Smaltimento 312.092 326.067 265.794 240.041 223.584 211.238 215.883 222.782 3.2 %

Raccolta Differenziata (RD)

16.198 33.121 64.793 105.916 126.666 153.239 174.779 187.740 7.4 %

Totale rifiuti 328.312 359.188 330.587 345.957 350.250 364.477 390.555 410.450 5.1 %

Totale in g/ab/giorno

950 1.030 960 1.000 1.000 1.040 1.110 1.15 3.6 %

Incidenza RD 4,9% 9,2% 19,6% 30,6% 36,2% 42,1% 44,7% 45.7% 2.2 %

Fonte: Provincia di Bergamo, Rapporto dell’Osservatorio Rifiuti della Provincia di Bergamo, 2001 - elaborazione IRS su dati dell’Osservatorio Tabella 9 - Produzione complessiva di rifiuti nel 2000

Tipo di rifiuti20 t/anno % sul totale G/abitante al giorno Totale RSU (Rifiuti Solidi Urbani)

165.596 40,34% 464

Totale rifiuti da spazzamento strade

16.145 3,93% 45

Totale rifiuti ingombranti 40.969 9,98% 115 Totale rifiuti cimiteriali 72 0,02% 0 Totale rifiuti a smaltimento 222.782 54,27% 624 Totale rifiuti da raccolta differenziata

187.740 45,73% 526

Totale rifiuti prodotti 410.522 100% 1.150 Fonte: Rapporto dell’Osservatorio Rifiuti della Provincia di Bergamo, 2000 La composizione merceologica della raccolta differenziata nella provincia in base ai dati disponibili per il 2000 presenta una prevalenza di carta (27%) e di frazione organica (21%), seguite da vetro e frazione verde (entrambe 17%) , materiali ferrosi (6%), legno e plastica (4%), e una minima parte di rifiuti residui. Sempre riguardo alla raccolta differenziata, è importante osservare che la distribuzione dell’incidenza della raccolta differenziata è estremamente variabile sul territorio della provincia: alla performance di alcuni Comuni molto avanzata rispetto al contesto nazionale si associano situazioni ancora molto arretrate. 20 I RSU sono rifiuti solidi di origine domestica destinati a smaltimento (in discarica o inceneritore) compresi

quelli di origine non domestica che finiscono nel medesimo flusso in quanto assimilati ai rifiuti urbani (ai sensi

dell’art. 7 del D.Lgs. 22/97); i rifiuti da spazzamento strade derivano da operazioni di pulizia delle superfici

stradali, e non si possono recuperare; i rifiuti ingombranti sono rifiuti di origine domestica di dimensioni e di

ingombro tali da non poter essere smaltiti nel circuito dei RSU; i rifiuti Cimiteriali provengono da esumazioni e

altre attività cimiteriali la raccolta differenziata comprende tutte le frazioni di rifiuto che vengono raccolte

separatamente (rispetto al flusso indifferenziato destinato a smaltimento): essa è finalizzata al recupero di materiale

oppure allo smaltimento in condizioni di sicurezza per l’ambiente e la salute di alcune sostanze ad alto potere

inquinante, come nel caso dei Rifiuti Urbani Pericolosi.

Parte seconda - Gli scenari settoriali

61 Tabella 10 - Distribuzione fra Comuni dell’incidenza della raccolta differenziata negli ultimi anni % della RD sul totale dei rifiuti

Numero dei Comuni

1997 1998 1999 2000

da 0 a 4 % 5 3 0 0

da 5 a 14% 18 14 19 14

da 15 a 24% 47 39 30 31

da 25 a 34% 62 58 49 46

da 35 a 44% 55 46 47 54

da 45 a 54% 33 34 43 37

da 55 a 64% 20 38 39 47

oltre 65% 4 12 15 13

Deviazione standard 22,3 18,9 17,5 n.c.

Fonte: Provincia di Bergamo, Rapporto dell’Osservatorio Rifiuti della Provincia di Bergamo, 2000 - elaborazione IRS su dati dell’Osservatorio La provincia di Bergamo presenta inoltre una consistente diffusione del compostaggio domestico e di sistemi sperimentali di tariffazione, che la pone ancora una volta all’attenzione nel panorama italiano. Riguardo allo smaltimento, i dati mostrano che sul territorio della provincia nel 1997 il 59% ca. dei rifiuti solidi è stato avviato a discarica, e il 10% ca. a impianti di termodistruzione, più o meno in linea con quanto avviene a livello regionale: infatti in Lombardia in media nello stesso anno lo smaltimento è stato garantito per il 61% attraverso l’avviamento a discarica, per il 14% con i termoutilizzatori, e per il 25% per mezzo della selezione e trattamento. Le modalità di smaltimento dei rifiuti negli ultimi anni si sono spostate da un quasi totale smaltimento in discarica e per piccola parte in termodistruzione, ad una distribuzione più uniforme fra la discarica, la termodistruzione, la selezione/ trattamento. Per quanto riguarda i rifiuti di origine produttiva (speciale) sono attivi in provincia numerosi impianti di smaltimento e/o recupero. In particolare: - una discarica per rifiuti tossico-nocivi derivanti da un impianto che recupera ossidi di

zinco dai fumi di acciaieria - una discarica tipo IIB per rifiuti speciali non pericolosi - 25 discariche per rifiuti inerti e/o derubricati inerti - un termodistruttore per rifiuti liquidi - numerosi impianti di recupero o smaltimento (stoccaggio, cernita, ammasso,

depurazione, trattamento) - numerose attività di recupero in procedura semplificata Il processo di smaltimento implica un impatto sull’ambiente, soprattutto attraverso la produzione di emissioni che varia in relazione all’efficienza della tecnologia utilizzata. E’ importante sottolineare che ca. il 54% dei rifiuti urbani prodotti nel 2000 (tabella 9) sono stati destinati allo smaltimento. Da questa evidenza emerge come, al di là di una corretta politica di recupero dei rifiuti, sia necessario attuare una politica di riduzione dei rifiuti all’origine. La forte pressione ambientale nelle normali procedure di smaltimento dei rifiuti e anche nelle fasi di ‘riciclaggio’ a seguito della raccolta differenziata, a fronte dell’incremento progressivo dei rifiuti prodotti, suggerisce di intervenire con strumenti e misure di prevenzione. La regolamentazione e le istituzioni attualmente prevedono una serie di iniziative di prevenzione e di ‘mitigazione’ nella produzione dei rifiuti. Per sopperire alla carenza di sistemi di smaltimento di rifiuti il D.lgs 22/97 infatti garantisce dei percorsi autorizzativi preferenziali per i sistemi di produzione di energia, installati in

Ambiente e Territorio 62contesti industriali preesistenti, e che siano alimentati con particolari matrici di rifiuto. Lo stesso decreto invita le autorità competenti a favorire la prevenzione e la riduzione della pericolosità dei rifiuti. Alla luce dell’evidenza illustrata la Provincia di Bergamo sembra sufficientemente matura per attuare iniziative nella direzione della prevenzione. Le attività estrattive di cava attraverso lo sfruttamento delle risorse minerali e geologiche implicano un impatto diretto sul sistema ambientale. Proprio per questo motivo è molto importante ricercare la compatibilità ambientale dell’attività estrattiva attraverso l’analisi delle condizioni esistenti prima dell’apertura della cava, in modo da prevederne gli effetti sul tessuto sociale ed economico dell’area e della popolazione interessata. Riguardo alle cave dunque la Regione Lombardia ha intrapreso azioni di regolazione volte a conciliare le esigenze di sviluppo economico con una gestione che ne minimizzasse l’impatto sull’ambiente. In questa direzione era già orientata la legge regionale 18/82, che prevedeva la pianificazione delle attività estrattive e introduceva il concetto di riutilizzo dell’area, con la finalità di stabilire, prima ancora di effettuare l’escavazione, il destino dell’area al termine dell’escavazione stessa. La più recente legge 14/98 della Regione Lombardia in materia di coltivazione di sostanze minerali di cava richiede che, nella formazione dei Piani Cave, le Province tengano prioritariamente conto oltre che della situazione geologica e idrogeologica (come già previsto dalla L.R.18/82) anche dell’impatto paesistico e in genere di tutte le situazioni territoriali che riguardano il territorio interessato. La Provincia di Bergamo è attualmente impegnata nell’elaborazione del nuovo Piano Cave, che programma lo sfruttamento di tutte le risorse geologiche e minerarie. I dati regionali mostrano come l’attività estrattiva della provincia sia tra le più elevate fra le province lombarde: la provincia di Bergamo è seconda solo a Brescia per l’estrazione di volumi di materiali lapidei e per l’edilizia. L’intero territorio della provincia è ricco di risorse minerarie; la pianura si contraddistingue per la presenza di sabbia e di ghiaia, mentre la zona montana e la zona collinare sono caratterizzate dalla molteplicità e dalla peculiarità di altri tipi di materiale, fra cui pietre e rocce ornamentali. In queste zone l’attività estrattiva, di origini molto antiche, è ancora oggi molto rilevante, in termini sia quantitativo/qualitativi, che commerciali. Lo sfruttamento delle risorse minerarie è sicuramente un’attività rilevante per l’economia della provincia, e per il futuro si prevede una conferma di questo andamento. Fra i progetti di sviluppo delle risorse minerarie vi sono anche progetti di manutenzione e di recupero a fini turistici, e di tutela ambientale e del territorio delle attività dismesse. Le maggiori criticità per la compatibilità ambientale delle cave sul territorio della provincia si manifestano in particolare negli ambiti fluviali in pianura, talora all'interno o ai margini delle aree protette, o nelle aree ad alta urbanizzazione. In termini di impatto ambientale, l’impatto dell’attività estrattiva sull’assetto paesistico, oltre che sul sistema geologico e idrogeologico locale, sarà valutato nella definizione del nuovo Piano Cave, con l’individuazione delle aree più a rischio e delle aree compatibili con l’attività estrattiva. La tabella seguente riporta i dati disponibili ISTAT più recenti sulle risorse estratte nel territorio della provincia da cave e da torbiere.

Cave

Parte seconda - Gli scenari settoriali

63 Tabella 11 - Estrazione di materiali da cave e torbiere nella provincia di Bergamo (Anno 1999) Prodotti Quantità estratta

(tonnellate)

Numero delle cave

(permanenti e a cielo aperto) Ardesia in lastre 11.701 5 Calcare (anche dolomitico) 2.994.630 15 Marmo colorato 67.027 3 (di cui 1sotterranea) Quarzo e quarzite 57.295 1 Gesso 188.056 3 Argilla 157.831 4 Dolomia in roccia per macinazione 626.857 9 Sabbia e ghiaia 5.830.879 52 Totale 92

Fonte: Elaborazione IRS su dati Istat, Statistiche delle cave e torbiere

La tabella mostra che nel 1999 erano autorizzate 92 cave: l’attività estrattiva investiva primariamente l’estrazione di sabbia e di ghiaia (52 cave e quasi 6 milioni di tonnellate estratte nel 1999), secondariamente il calcare (con 15 cave e ca. 3 milioni di tonnellate estratte nel 1999). Successivamente l’estrazione di dolomia e di altri minerali. Attualmente sono autorizzate circa 100 autorità estrattive, di cui circa 50 per l’estrazione di ghiaia.

2. TENDENZE E CRITICITÀ

2.1. Scenario tendenziale Da questa prima analisi sul settore ambiente nella provincia di Bergamo sono emerse varie criticità a livello di settore. L’evidenza empirica unitamente alla valutazione degli scenari di evoluzione delle politiche ambientali in ciascun settore hanno messo in luce da un lato la necessità di attuare alcuni interventi cruciali di pianificazione a livello locale, dall’altro la necessità di sviluppare misure preventive di mitigazione di fronte a politiche di prossima attuazione su scala regionale e globale. Le maggiori criticità da affrontare a livello locale, per cui attualmente si osserva un superamento delle soglie di attenzione previste dalla normativa, sono le emissioni di monossido di carbonio e di ossidi di azoto, prodotte essenzialmente dai trasporti. Da affrontare anche il problema delle emissioni di benzene e di polveri fini, per cui non esistono ancora rilevamenti sufficienti, anch’esse legate ai trasporti. In questo senso la Provincia dovrà adeguarsi al Piano Regionale della Qualità dell’Aria che, nel rispetto dei vincoli normativi già esistenti, prospetta degli scenari di mitigazione volti ad adempiere agli obiettivi delle politiche internazionali per far fronte a problemi globali (l’inquinamento transfrontaliero, la riduzione della fascia d’ozono e i cambiamenti climatici). Riguardo all’inquinamento acustico, anche se in attesa della legge regionale, sarebbe opportuno muoversi più rapidamente nella direzione degli obiettivi comunitari, dotandosi degli strumenti necessari per la rilevazione e la valutazione dei livelli di rumore nelle aree più trafficate. Riguardo alle acque l’esistenza di deficit in alcune aree della provincia e in alcuni periodi dell’anno, in particolare nelle aree montane nei periodi di magra estivi e nella falda di pianura in media nell’anno, suggerisce l’opportunità di adottare misure per il risparmio idrico. Fra queste si possono segnalare interventi di risanamento delle reti idriche per contenere le

Scenario tendenziale

Ambiente e Territorio 64perdite, interventi per il contenimento e la riduzione dei consumi produttivi e per l’irrigazione attraverso il controllo delle derivazioni per le acque superficiali e sotterranee e una politica tariffaria adeguata, la gestione più efficace dei serbatoi montani, per sopperire alle necessità delle derivazioni irrigue ed industriali nella garanzia del deflusso minimo costante vitale. Per quanto riguarda gli aspetti qualitativi delle risorse idriche, si dovrà procedere alla classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici superficiali dei corsi d’acqua entro il 2003, in adeguamento al D.Lgs.152/99; tuttavia i rilevamenti già avviati mettono in luce la necessità di interventi per il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua (attraverso la realizzazione di impianti di depurazione e di sistemi di fognatura adeguati), per raggiungere entro il 2008-2016 gli obiettivi di qualità che dovranno essere tradotti nel Piano di Tutela delle Acque. La Provincia dovrà inoltre portare a compimento lo sviluppo operativo della banca dati idrogeologica per il monitoraggio delle acque sotterranee. Riguardo ai rifiuti la provincia ha ottenuto dei buoni risultati in termini di incidenza della raccolta differenziata, adempiendo pienamente alla nuova normativa italiana; tuttavia nell’attuale revisione del Piano dei Rifiuti è importante che la Provincia valuti le notevoli disparità presenti sul suo territorio a livello di efficienza della gestione del ciclo dei rifiuti, cercando di intervenire con strumenti adeguati nelle aree ancora più arretrate, e che introduca misure di prevenzione a fronte dell’aumento tendenziale della produzione di rifiuti. Più in particolare esiste l’opportunità di operare ai fini della calmierizzazione delle tariffe di esercizio degli impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti urbani; di perseguire la riduzione dell’uso delle discariche; di pervenire all’individuazione delle aree idonee alla localizzazione di impianti per lo smaltimento o il recupero dei rifiuti21; per i rifiuti urbani, più che la necessità di nuovi strumenti di pianificazione, c’è la necessità di una verifica ed un aggiornamento degli strumenti di pianificazione esistenti; per i rifiuti speciali è necessario stimolare e concorrere allo sviluppo di una programmazione da parte dell’organo regionale. Riguardo all’attività estrattiva, in adempimento alla recente legge regionale, è importante che la Provincia, nel nuovo Piano Cave in corso di elaborazione, tenga prioritariamente conto del contesto ambientale e territoriale in cui si svolge l’attività estrattiva, attuando una vera e propria valutazione dell’impatto delle cave sull’ambiente e sul territorio. La pianificazione settoriale dovrà dunque essere armonizzata con altri strumenti di pianificazione territoriale, quali il PTCP e il PAI (Piano per l’Assetto Idrologico). Riguardo alla contaminazione dei suoli agricoli e dei siti industriali mancano ancora informazioni sufficienti sullo stato di qualità dei siti stessi: sarebbe opportuno sviluppare strumenti di monitoraggio in un’ottica di prevenzione, oltre a sostenere il recupero delle aree degradate, dei siti contaminati e delle aree industriali dismesse. Riguardo alle foreste, si evidenzia la necessità di azioni di prevenzione del degrado e di azioni di recupero dei boschi. Più in dettaglio si possono riportare allora alcune priorità: • l’opportunità e la necessità di costruire un sistema di contabilità ambientale che integri

gli indicatori ambientali, evidenziando le carenze nella disponibilità dei dati e delle informazioni necessari per costruire gli indicatori identificati come rilevanti. Un tale sistema di contabilità ambientale permetterebbe di misurare l’andamento tendenziale della situazione ambientale in relazione agli obiettivi individuati.

• la necessità di raccogliere dati e costruire indicatori in particolare riguardo a: - le emissioni di tutti i ‘gas serra’; - le emissioni di benzene e di polveri, in particolare nei nodi cruciali per la viabilità; - l’inquinamento acustico legato alla viabilità ed al traffico urbano; - l’emissione di inquinanti tossici da parte dell’industria; - l’uso di diserbanti e fertilizzanti chimici in agricoltura, per valutare il grado di

inquinamento dei suoli.

21 Ai sensi dell’art.20, comma 1, lettera e, del D.Lgs.22/97 l’individuazione deve essere effettuata sulla base delle previsioni del Piano Territoriale di Coordinamento.

Parte seconda - Gli scenari settoriali

65 • la necessità di razionalizzare le reti di monitoraggio, in particolare per monitorare la

qualità dell’aria e dell’acqua (non solo le acque di superficie ma anche le acque sotterranee);

• creare una ‘zonizzazione’ delle aree a maggiore criticità ambientale; • la necessità di rivedere gli strumenti di intervento per la pianificazione a livello locale; le

maggiori criticità sono evidenti nella revisione del Piano Cave e del Piano Rifiuti; • la necessità di sostenere interventi volti alla bonifica delle falde contaminate; • la necessità di pensare a strumenti di gestione delle aree protette più efficienti, in grado

di valorizzarne la ricchezza e promuoverne lo sviluppo; • la necessità di interventi sul settore dei trasporti, anche in funzione degli obiettivi di

mitigazione del cambiamento climatico e quindi degli obblighi di riduzione delle emissioni dei ‘gas serra’ (Kyoto);

• l’opportunità e la necessità di intervenire nella prevenzione della contaminazione dei suoli, in particolare in quelli che sono stati ritenuti dal censimento della Regione ‘generali’, ovvero a rischio ma non ancora contaminati;

• promuovere iniziative e programmi di educazione e sensibilizzazione ambientale a vari livelli, coinvolgendo la scuola, la cittadinanza e le associazioni di categoria.

In termini più generali si osserva una certa difficoltà da parte della cultura locale a vedere l’ambiente e il territorio come possibili fonti di sviluppo. L’istituzione di aree a parco stenta ad essere letta al di fuori di un’ottica vincolistica e si fatica ad individuare nella consistente ricchezza naturalistica della provincia un patrimonio da valorizzare, anche come possibile motore per lo sviluppo economico del territorio.

2.2 Punti di forza e punti di debolezza Rispetto al territorio provinciale è possibile individuare alcuni elementi di diversità fra i tre principali ambiti territoriali: • la fascia montana • la fascia pedecollinare e della prima pianura, che comprende la città di Bergamo e il suo

hinterland • la pianura, che comprende i cosiddetti comuni dell’Isola e l’area di Treviglio. In questa sezione ne sintetizziamo le caratteristiche ambientali, evidenziandone le criticità ed i punti di forza, là dove le informazioni raccolte ci permettono di sviluppare considerazioni relative alla specificità dell’ambito territoriale, a livello sovra- comunale o comunale. L’area montana I fattori di pressione sulle risorse ambientali in quest’area non sono omogenei. L’area montana è caratterizzata da diversi andamenti demografici: ad esempio la popolazione della Valle Imagna negli ultimi anni mostra un trend crescente, mentre la Valle Brembana e la Valle Seriana mostrano un calo demografico, e una migrazione interna verso le basse valli e le zone di pianura, essenzialmente indotta da differenziali attesi nei redditi e nelle opportunità di lavoro. Questo andamento, se da un lato si traduce in una minor pressione antropica nelle Alte Valli, dall’altro però implica una minore disponibilità di risorse capaci di promuovere l’economia locale. L’economia agricola, forestale e del turismo di quest’area infatti è generalmente debole, e nei piani locali c’è l’intenzione di creare dei nuovi sentieri di sviluppo grazie alla valorizzazione delle risorse dell’ambiente e del territorio: le valli sono molto fiorenti, coperte di boschi e ricche di minerali. La ricchezza naturale delle valli sicuramente rappresenta un punto di forza per l’area montana, in quanto possibile motore di crescita.

Punti di forza e punti di debolezza

Ambiente e Territorio 66Tuttavia la cultura locale fatica a percepire l’ambiente e il territorio come fonte di sviluppo. La questione del Parco delle Orobie Bergamasche, l’unico parco regionale di quest’area, caratterizzato da un regime di tutela di ‘Parco Montano Forestale’, e attualmente commissariato (dal 1997), è esemplificativa delle difficoltà nel perseguire un sentiero di sviluppo comune: la Valle Brembana è contraria alla istituzione del parco, mentre la Valle Seriana e di Scalve sono a favore. Il parco è infatti percepito da molti comuni come vincolo e non come risorsa. Attualmente è in fase di approvazione la proposta di legge per rivedere i termini per l’istituzione del Parco, ed è già stato dato l’incarico di redigere il PTC. Le norme fisseranno ciò che si può fare all’interno del Parco, superando il regime di salvaguardia molto restrittivo finora in vigore e continuamente prorogato dalla Regione. I sindaci da tempo chiedono di essere coinvolti direttamente nella gestione (che per ora coinvolgerebbe solo Comunità Montane e Provincia), di dividere il parco in due ambiti (Valle Brembana e Alta Valle Seriana e Scalve), e di poter disporre di finanziamenti certi. Le difficoltà istituzionali degli ultimi anni relativamente ai parchi, e in particolare relativamente alla questione del Parco delle Orobie, rappresenta una delle criticità che la Provincia e la Regione dovranno affrontare e risolvere al più presto, per creare delle opportunità anche negli ambiti del territorio economicamente più ‘deboli’ ed ambientalmente più vulnerabili. Il tema della mobilità e delle infrastrutture in quest’area della provincia è rilevante, in termini di impatto ambientale, soprattutto per il fenomeno del pendolarismo dalle valli verso la fascia pedecollinare e della pianura. Proprio per ridurre l’impatto ambientale del traffico privato nelle Valli Brembana e Seriana è stato pensato il ‘tram delle valli’, una metropolitana leggera che, ad oggi, percorrerà la Valle Seriana fino ad Albino, ideata anche in funzione dello scambio inter-modale. Questo progetto, anche se su piccola scala, è il segnale di un orientamento del sistema dei trasporti verso una crescita ambientalmente ‘più pulita’. Le ultime informazioni disponibili sullo stato di qualità ambientale nei corsi d’acqua dei bacini significativi (ai sensi del D.Lgs. 152/99) rivelano che nella fascia montana il Torrente Romna, in località Casnigo, e la Roggia Morlana, in località Albino, hanno una qualità scadente (vedi tabella 7): la cattiva qualità delle acque, imputabile allo stato ecologico del corpo idrico, in queste zone è probabilmente dovuta alla carenza di sistemi di fognatura e di impianti di depurazione adeguati. Una criticità che emerge dall’analisi empirica è evidente anche nell’inefficienza dei comuni montani in termini di bassa incidenza della raccolta differenziata dei rifiuti. Le tabelle 11 e 12, che mostrano i 10 comuni più attivi ed i 10 comuni meno attivi nel 1999 nella raccolta differenziata sul territorio della provincia, mettono in evidenza che nessun comune montano rientra fra i comuni più attivi, mentre 9 su 10 fra i comuni meno attivi sono localizzati nell’area montana. Questi stessi comuni mostrano una produzione pro capite quotidiana di rifiuti molto elevata, superiore all’1,5 kg in ben 4 comuni (rispetto alla media provinciale di ca.1,1 kg). C’è evidentemente la necessità di rendere più accessibili ed efficienti i servizi della raccolta differenziata e di attuare delle campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione della popolazione locale per ridurre la produzione di rifiuti. L’accessibilità ai servizi e la creazione di infrastrutture adeguate rappresenta sicuramente una necessità ancora per molti dei comuni sul territorio dell’area montana, soprattutto nella prospettiva di uno sviluppo più sostenibile. La fascia pedecollinare e della prima pianura In questo ambito del territorio si osserva una forte pressione demografica, con una densità della popolazione molto elevata. Economicamente quest’area è molto ricca, caratterizzata dall’industria e dai servizi, questi ultimi concentrati nel capoluogo e nel suo hinterland, e in minima parte dall’agricoltura, orientata soprattutto alle produzioni tipiche. Proprio la natura dell’economia in questa fascia del territorio determina una rilevante criticità ambientale nell’inquinamento dell’aria, nella forma di emissioni di gas climalteranti e dannosi per la salute, e nella forma dell’inquinamento acustico. Quest’ultimo ha raggiunto livelli critici intorno all’aeroporto di Orio al Serio, tanto da far prospettare una riduzione dei voli notturni per adempiere alle nuove normative sui massimi livelli di rumore nelle aree aeroportuali.

Parte seconda - Gli scenari settoriali

67 Anche se al momento non sono disponibili stime puntuali sulle emissioni di inquinanti in aria nell’ambito specifico della fascia pedecollinare, si possono presumere delle criticità soprattutto riguardo alle emissioni legate ai trasporti, ai processi di combustione e alla produzione di energia elettrica, di impianti di cogenerazione e riscaldamento. Si ricorda che i dati regionali in serie storica per gli anni 1989-1998 mostrano che il 40 % delle stazioni di rilevamento nell’area della provincia non hanno rispettato il livello di attenzione per l’emissione di monossido di carbonio. Negli ultimi rilevamenti sullo stato di qualità delle acque nei bacini ritenuti ‘significativi’ il fiume Serio, in località Seriate, il fiume Cherio in località Palosco, e il torrente Borlezza, in località Castro, tutti localizzati nella fascia pedecollinare e della bassa pianura, si sono rivelati ‘scadenti’, evidenziando anche in quest’area l’esistenza di problemi legati allo stato ecologico del corpo idrico. Riguardo al problema dei rifiuti si può osservare che 8 fra i 10 comuni più attivi per l’elevata incidenza della raccolta differenziata nella provincia risiedono in quest’area, a fronte di una produzione dei rifiuti sempre inferiore alla media provinciale: questo dato rivela una maggiore efficienza dei servizi di gestione del ciclo dei rifiuti, e una maggiore sensibilità locale al tema dei consumi. In questa fascia del territorio è rilevante il problema dell’escavazione: numerose sono le cave distribuite lungo il corso dei fumi che attraversano la provincia da nord a sud percorrendo la fascia pedecollinare, e che comportano impatti sull’ambiente e sul territorio. Il nuovo Piano Cave attualmente in corso di elaborazione dovrà identificare le aree compatibili con l’attività estrattiva. Le maggiori criticità si rilevano ai margini del Parco Adda Nord e del Serio. Questa fascia del territorio comprende numerose aree protette: il Parco dei Colli di Bergamo di Bergamo (Parco Regionale Forestale Agricolo), e la parte settentrionale dei Parchi Regionali Fluviali dell’Adda Nord, del Serio e in minima parte dell’Oglio Nord, oltre a numerose riserve naturali e aree di rilevanza ambientale, tutte caratterizzate da una grande varietà in termini di biodiversità. Nei parchi fluviali è da evidenziare anche la presenza di isole ornitologiche. La disponibilità di questa ricchezza naturalistica rappresenta uno dei fattori da valorizzare nel percorso di sviluppo della provincia, sfruttandone le potenzialità per il turismo e per la creazione di spazi ricreativi per la popolazione residente: in questa direzione sono già state realizzate piste ciclabili lungo il corso dei fiumi. La pianura Anche nella pianura si osserva un’elevata densità della popolazione, associata ad un forte peso dell’industria e dei trasporti e, in minima parte, dell’agricoltura verso il bresciano. L’incidenza dell’attività industriale e dei trasporti determina grosse criticità nell’inquinamento dell’aria e delle acque. Anche nella pianura inoltre rilevante è il problema dell’impatto dell’attività estrattiva sull’ambiente e sul territorio. Gli ultimi rilevamenti giornalieri disponibili sulla qualità dell’aria nella provincia evidenziano una qualità ‘pessima’ a Treviglio. Sempre a Treviglio gli ultimi rilevamenti sullo stato della qualità delle acque rivelano che le Rogge Moschetta e Vignola hanno una qualità ‘scadente’; ancora peggiore la qualità del Torrente Dordo a Filago, che rivela uno stato di qualità ‘pessimo’. La Regione inoltre denuncia la presenza di atrazina nella acque sotterranee proprio nel territorio della pianura. Da ricordare, sempre in base ai rilevamenti della Regione, la presenza di 204 siti contaminati e a rischio di contaminazione sul territorio della provincia, probabilmente localizzati nell’area industriale pedecollinare e della pianura. Quest’area della provincia comprende la parte meridionale del Parco dell’Adda Nord, del Serio e dell’Oglio Nord, oltre ad alcune riserve naturali: anche in questo caso il patrimonio naturalistico di queste aree protette potrebbe essere valorizzato in una prospettiva di sviluppo.

Ambiente e Territorio 68

Punti di forza Punti di debolezza

L’area montana

> Ricchezza del patrimonio naturalistico delle valli

> Decremento demografico delle alte valli con conseguente deperimento del patrimonio di risorse per promuovere l’economia locale

> Cattiva qualità delle acque, imputabile allo stato ecologico del corpo idrico; in queste zone è probabilmente dovuta alla carenza di sistemi di fognatura e di impianti di depurazione adeguati

> Bassa incidenza della raccolta differenziata dei rifiuti

La fascia pedecollinare e della prima pianura

> Presenza di numerose aree protette: Parco dei Colli di Bergamo di Bergamo (Parco Regionale Forestale Agricolo), e la parte settentrionale dei Parchi Regionali Fluviali dell’Adda Nord, del Serio e in minima parte dell’Oglio Nord, oltre a numerose riserve naturali e aree di rilevanza ambientale, tutte caratterizzate da una grande varietà in termini di biodiversità. Nei parchi fluviali è da evidenziare anche la presenza di isole ornitologiche

> Efficienza dei servizi di gestione del ciclo dei rifiuti e maggiore sensibilità locale al tema dei consumi: 8 fra i 10 comuni più attivi per l’elevata incidenza della raccolta differenziata nella provincia risiedono in quest’area, a fronte di una produzione dei rifiuti sempre inferiore alla media provinciale

> Inquinamento dell’aria: emissione di gas climalteranti (criticità soprattutto riguardo alle emissioni legate ai trasporti, ai processi di combustione e alla produzione di energia elettrica, di impianti di cogenerazione e riscaldamento)

> Inquinamento acustico

> Esistenza di problemi legati allo stato ecologico del corpo idrico

> Problemi dell’escavazione: impatto dell’attività estrattiva, soprattutto ai margini del Parco Adda Nord e del Serio

La pianura > Quest’area della provincia comprende la parte meridionale del Parco dell’Adda Nord, del Serio e dell’Oglio Nord, oltre ad alcune riserve naturali

> L’incidenza dell’attività industriale e dei trasporti determina grosse criticità nell’inquinamento dell’aria e delle acque

> Rilevante è il problema dell’impatto dell’attività estrattiva sull’ambiente e sul territorio

> Qualità dell’aria: si segnala in particolare il dato di Treviglio dove è registrata come pessima dagli ultimi rilevamenti disponibili

> Alcuni stazioni di rilevazione sulla qualità delle acque mostrano uno stato di qualità pessimo o scadente; è inoltre rilevata la presenza di atrazina nelle acque sotterranee.

> Presenza di 204 siti contaminati e a rischio di contaminazione sul territorio della provincia, probabilmente localizzati nell’area industriale della pianura e della bassa collina

Parte seconda - Gli scenari settoriali

69 Appendice 1 - Obiettivi di qualità dell’aria in relazione alle norme vigenti

INQUINANTE TIPO DI LIMITE VALORI PERIODO DI

RIFERIMENTO LEGGI

O ENTI DI RIFERIMENTO

ENTRATA IN VIGORE

Biossido di Zolfo (SO2)

Valore limite 80 µg/m3 Mediana con. medie 24 h in un anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore limite 130 µg/m3 Mediana con. medie 24 h in inverno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore guida 40-60 µg/m3 Media aritm. con. medie 24 h / anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore guida 100-150 µg/m3 Media sulle24 h DPR 203/1988 In vigore dal 1988 Valore di attenzione 125 µg/m3 Media aritmetica sulle 24

h DM 25.11.1994 In vigore dal 1994

Valore di allarme 250 µg/m3 Media aritmetica sulle 24 h

DM 25.11.1994 In vigore dal 1994

Valore limite per la salute umana

350 µg/m3 Media oraria (max 24 volte/anno)

Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal 2001 al 1.1.2005

Valore limite per la salute umana

125 µg/m3 Media su 24 h (max 3 volte/anno)

Direttiva 99/30/CE Dal 1.1.2005

Valore limite per ecosistemi

20 µg/m3 Media anno e inverno Direttiva 99/30/CE Dal 19.7.2001

Valore guida per la salute umana

500 µg/m3 Media su 10 min Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Valore guida per la salute umana

50 µg/m3 Media annuale Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Valore limite 150 µg/m3 Media aritm. con. medie 24 h / anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore limite 300 µg/m3 95° percentile con. medie 24 h / anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore guida 40-60 µg/m3 Media aritm. con. medie 24 h / anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore guida 100-150 µg/m3 Media sulle 24 h DPR 203/1988 In vigore dal 1988 Valore di attenzione 125 µg/m3 Media aritmetica sulle 24

h DM 25.11.1994 In vigore dal 1994

Polveri Totali Sospese (PTS)

Valore di allarme 300 µg/m3 Media aritmetica sulle 24 h

DM 25.11.1994 In vigore dal 1994

Valore limite 200 µg/m3 98° percentile con. medie 1 h su anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore guida 50 µg/m3 50° percentile con. medie 1 h su anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore guida 135 µg/m3 98° percentile con. medie 1 h su anno

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Valore di attenzione 200 µg/m3 Media su 1 h DM 25.11.1994 In vigore dal 1994 Valore di allarme 400 µg/m3 Media su 1 h DM 25.11.1994 In vigore dal 1994 Valore limite per la salute umana

200 µg/m3 Media oraria (max 18 volte/anno)

Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal 2001 al 1.1.2010

Valore limite per la salute umana

40 µg/m3 Media annuale Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal 2001 al 1.1.2010

Biossido di Azoto (NO2)

Valore limite per ecosistemi

30 µg/m3 Media annuale Direttiva 99/30/CE Dal 19.7.2001

Valore limite 10.000 µg/m3 Media di 8 h

DPR 203/1988 In vigore dal 1988

Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal 2001 al 1.1.2005

Valore limite 40.000 µg/m3 Media di 1 h DPR 203/1988 In vigore dal 1988 Valore di attenzione 15.000 µg/m3 Media di 1 h DM 25.11.1994 In vigore dal 1994 Valore di allarme 30.000 µg/m3 Media su 1 h DM 25.11.1994 In vigore dal 1994 Valore limite per la salute umana

10.000 µg/m3 Massimo valore conc. media su 8 h

In discussione presso UE

Progressivamente dal 2003 al 1.1.2005

Valore guida per la salute umana

100.000 µg/m3 Media su 15 min Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Monossido di Carbonio (CO)

Valore guida per la salute umana

60.000 µg/m3 Media su 30 min Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Idrocarburi non Metanici

Valore limite 200 µg/m3 Media di 3 h consecutive DPCM 28.3.1983 In vigore dal 1983

Valore limite 2 µg/m3 Media giornaliera su 1 anno

DPCM 28.3.1983 In vigore dal 1983 Piombo

Valore limite per la salute umana

0,5 µg/m3 Media annuale Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal 2001 al 1.1.2005

Valore obiettivo 10 µg/m3 Media mobile di 1 h dei valori giornalieri

DM 25.11.1994 In vigore dal 1999

Valore limite per la salute umana

5 µg/m3 Media annuale In discussione presso UE

Progressivamente dal 2006 al 1.1.2010

Benzene

Valore guida per la salute umana

6*10-6 µg/m3 Rischio individuale su vita media

Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Valore obiettivo 40 µg/m3 Media mobile di 1 h dei valori giornalieri

DM 25.11.1994 In vigore dal 1999

Valore limite per la salute umana

50 µg/m3 Media su 24 h (max 35 volte/anno)

Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal 2001 al 1.1.2005

Valore limite per la salute umana

50 µg/m3 Media su 24 h (max 7 volte/anno)

Direttiva 99/30/CE Dal 1.1.2010

PM10

Valore limite per la salute umana

40 µg/m3 Media annuale Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal 2001 al 1.1.2005

Ambiente e Territorio 70 Valore limite per la

salute umana 20 µg/m3 Media annuale Direttiva 99/30/CE Progressivamente dal

2005 al 1.1.2010 Valore limite 200 µg/m3 Media di 1 h (max 1

volta / mese) DPCM 28.3.1983 In vigore dal 1983

Valore limite per la salute umana

110 µg/m3 Media mobile dei valori su 8 h

DM 16.5.1996 In vigore dal 1996

Valore limite per la vegetazione

200 µg/m3 Media di 1 h DM 16.5.1996 In vigore dal 1996

Valore limite per la vegetazione

65 µg/m3 Media oraria su 1 giorno

DM 16.5.1996 In vigore dal 1996

Valore di attenzione 180 µg/m3 Media di 1 h DM 16.5.1996 In vigore dal 1996 Valore di allarme 360 µg/m3 Media di 1 h DM 16.5.1996 In vigore dal 1996 Valore obiettivo per la salute umana

120 µg/m3 Media di 8 h Organizzazione Mondiale Sanità

1997

In discussione presso UE

Progressivamente entro il 2010

Valore obiettivo per la salute umana

17.000 µg/m3 AOT40 su valore 1 h da maggio a luglio

In discussione presso UE

Progressivamente entro il 2010

Valore di allarme 240 µg/m3 Media di 1 h In discussione presso UE

Valore obiettivo per la salute umana

120 µg/m3 Media di 1 h In discussione presso UE

Ozono (O3)

Valore obiettivo per la salute umana

6..000 µg/m3 AOT40 su valore 1 h da maggio a luglio

In discussione presso UE

Valore obiettivo 0,001 µg/m3 Media mobile giornal. su 1 anno

DM 25.11.1994 In vigore dal 1999 IPA con riferimento al benzo(a)pirene Valore guida per la

salute umana 8,7*10-5 µg/m3 Rischio individuale su

vita media Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Cadmio Valore guida per la salute umana

0,005 µg/m3 Media annuale Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Arsenico Valore guida per la salute umana

1,5*10-3 µg/m3 Rischio individuale su vita media

Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Mercurio Valore guida per la salute umana

1 µg/m3 Media annuale Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Nichel Valore guida per la salute umana

3,8*10-4 µg/m3 Rischio individuale su vita media

Organizzazione Mondiale Sanità

1997

Appendice 2 - Le aree protette e di rilevanza ambientale nella provincia di Bergamo Parchi Regionali 22:

• Parco Regionale dell’Adda Nord (Parco Fluviale e di cintura metropolitana): - Istituito il 16 Settembre del 1983 - PTC approvato con DGR 22.12.00 n VII/2869 - Il territorio rientra nelle Province di Bergamo, Lecco e Milano - L’Ente Gestore è un Consorzio fra i Comuni e le Province interessati - (Airuno, Bottanuco, Brivio, Calco, Calolziocorte, Calusco d' Adda, Canonica d' Adda, Capriate S. Gervasio,

Casirate, d' Adda, Cassano d' Adda, Cisano Bergamasco, Cornate d' Adda, Fara Gera d' Adda, Galbiate, Garlate, Imbersago, Lecco, Malgrate, Medolago, Monte Marenzo, Olginate, Paderno d' Adda, Pescate, Pontida, Robbiate, Solza, Suisio, Trezzo sull' Adda, Truccazzano, Vaprio d' Adda, Vercurago, Villa d' Adda)

- Superficie di 5.580 ha - Altitudine da 100 a 260 mt s.l.m. - comprende ben 3 aree di interesse ornitologico (Isola della Torre- Isolone del Serraglio/ Canneti di Brivio/

Alzaie di Trezzo) Il Parco segue il percorso di quel tratto di Adda che attraversa l’Alta pianura, a valle del Lago di Como.

22 Fonte delle informazioni sulle caratteristiche fisiche: Regione Lombardia Parchi in Lombardia, , Direzione Generale Tutela Ambientale, 2000, portale dei Parchi Italiani’: www.parks.it.

Parco dell’Adda Nord

Parte seconda - Gli scenari settoriali

71 L'ambiente fisico attraversato dal tratto di fiume Adda compreso nel Parco Adda Nord, che va da Lecco a Truccazzano, è caratterizzato dalla presenza di un sistema di terrazzi fluvio- glaciali. Il ghiacciaio che millenni or sono, nel quaternario, scendeva dalle Alpi verso la pianura, nel suo alterno avanzare e regredire, ha dato origine a formidabili anfiteatri morenici. Ritiratosi definitivamente il ghiacciaio, il fiume si è lentamente scavato il proprio letto trasportando con sé enormi quantità di detriti morenici. I territori attraversati dal fiume sono perciò costituiti sia da depositi fluvio- glaciali più antichi (argille rosso giallastre, i cosiddetti ferretti) e localmente, soprattutto tra Paderno e Trezzo, da banchi conglomeratici (ceppo), erosi dal corso del fiume che ha formato in loro ripide pareti verticali, sia da depositi di epoca più recente, materiali ghiaiosi e sabbiosi, che risultano presenti soprattutto tra Cassano e Truccazzano. Passate le grandi ere glaciali, il mutato clima ha consentito la formazione di vaste e grandi foreste che ricoprivano in gran parte anche la zona padana, oltre a quella collinare. I grandi boschi, che fino al secolo scorso ricoprivano ancora in larga parte il territorio circostante il fiume, sono stati in seguito fortemente ridimensionati dalla presenza stabile e sempre più robusta dell’uomo, che è cresciuta unitamente allo sviluppo delle attività produttive agricole e industriali. Malgrado ciò, oggi rimangono ancora non poche aree interessanti per la vegetazione, quali le zone umide a canneto dell'Isola della Torre e dell'Isolone del Serraglio, circondate da prati e alberi di alto fusto: ontani neri, platani, pioppi, betulle, salici, querce. Lungo le rive a nord di Trezzo sono inoltre presenti pioppi neri, robinie, salici bianchi, ontani neri, farnie. Oltre al bosco di alto fusto, vaste aree sono ricoperte di essenze tipiche del bosco ceduo e del sottobosco: carpino, castagno, sanguinella, nocciolo, robinia. Tra la vegetazione palustre si possono ammirare bellissimi fiori d'acqua: la ninfea, il giglio selvatico giallo, il mughetto e numerose famiglie di veronica a spiga. In questo ambiente trova rifugio una ricca fauna. L'anfibio più bello e significativo della zona è la raganella dalla livrea verde brillante con una striscia nera che corre lungo i fianchi; ma si trovano anche le rane verdi, numerose e particolarmente rumorose, e la rana temporaria dal colore brunastro. Anche gli uccelli sono numerosi: cigni, anatre, germani reali, folaghe, cornacchie grigie, gabbiani comuni ma anche l’airone cinerino presente con un numero di esemplari in continuo aumento.

Ambiente e Territorio 72 Fonte: Provincia di Bergamo, Cartografia elaborata dal Servizio Pianificazione Territoriale • Parco Regionale dei Colli di Bergamo (Parco Forestale e Agricolo) : - Istituito il 18 Agosto 1977 - L’intero territorio rientra nella Provincia di Bergamo - L’Ente Gestore è un Consorzio fra la Provincia di Bergamo, la Comunità Montana della Valle Brembana, e i

Comuni interessati (Almé, Bergamo, Mozzo, Paladina, Ponteranica, Ranica, Sorisole, Torre Boldone, Valbrembo, Villa d'Almé)

- PTC approvato con la LR 13.04.91 n.8 - Superficie 4.050 ha - Altitudine da 240 a 1148 mt. s.l.m. Sotto il profilo geologico, la zona appartiene a una sola unità geologico- strutturale ben definita della Lombardia e precisamente alle Alpi meridionali. La successione stratigrafica risale a 200- 70 milioni di anni fa, mentre i depositi detritici, che per ampi tratti non permettono l'osservazione diretta, sono legati all'azione di modellamento degli agenti esogeni (acqua, vento, ghiaccio, sbalzi termici...) negli ultimi cinquecentomila anni. Il substrato roccioso è costituito da rocce esclusivamente sedimentarie, che si sono depositate in ambiente marino, noto in letteratura come "solco lombardo". Le formazioni sono presenti e affioranti nelle varie zone del parco. Sono da citare i calcari dolomitici in Val Braghizza, i calcari spesso selciferi delle pendici nord orientali del Canto Alto, i calcari marnosi sul Colle di Ranica e della Maresana, mentre i più recenti conglomerati (arenarie, argilliti e marne) sono diffusi sui versanti meridionali e settentrionali dei Colli di Bergamo. Questo Parco, posto ai limiti della pianura ed ai piedi della Prealpi Orobie, si distingue oltre che per i requisiti naturalistici anche per le molteplici valenze storico- culturali: il Parco infatti comprende sia le alture, sulle quali sorge l’antico centro storico, sia le colline e le montagne che si erigono alle spalle della città di Bergamo, dominate dal Monte Canto Alto. Vi sono zone boschive sul Canto Alto e sul versante nord del Colle di Bergamo; aree agricole nelle pianure e sulle colline, zone terrazzate ed occupate dagli orti sul versante Sud del Colle di Bergamo, e ambienti fluviali lungo i fiumi Brembo e Serio. Le aree più interessanti dal punto di vista naturalistico sono quelle situate ad una maggiore altezza sul Canto Alto e nella Valle del Giongo Partendo dal borgo antico di Bergamo ci si può rendere conto della stretta correlazione tra la città e i dintorni caratterizzati da dossi, terrazzamenti, propaggini che delimitano conche e vallette ricoperte da boschi, ortaglie o frutteti. Su questi colli si snoda un fitto sistema di relazioni, favorito da numerose strade che, muovendo dalla città, disegnano prima una trama sottile sul corpo dei colli, e passano poi ampiamente per i borghi spingendosi in tutte le direzioni e sfruttando le condizioni di pendio: le principali lungo i crinali o in quota (i Torni), per le agevoli insenature o lungo i versanti delle fronti o delle vallette. Non meno significativa è la viabilità minore, costituita da vicoli e scalette, fiancheggiate da muri a secco, di mediazione tra le vie principali, tra case, boschi e coltivi. Particolarmente interessanti sono le chiesette, isolate o dentro i nuclei, che si possono incontrare in varie passeggiate. Spiccano inoltre le strutture realizzate dalle comunità monastiche e conventuali: da quelle poste strettamente ai margini della città antica, alle numerose altre distribuite intorno e in più quelle che fissano precise polarità alla base dei pendii. I boschi di latifoglie costituiscono l'ambiente più rappresentativo del Parco e, se ben pianificati e rispettati, possono armonizzarsi con le esigenze dell'urbanesimo. Si tratta di boschi cedui, semplici, matricinati e composti che si differenziano in due zone principali: quelli all'imbocco delle valli, con caratteristiche simili ai boschi della fascia collinare di mezza costa di tutta la provincia, e quelli di pianura, che si avvicinano alle formazioni forestali dei fondovalle e delle plaghe alluvionali di pianura. Mancano quasi totalmente le fustaie, ad eccezione del nucleo dell'Allegrezza, in prossimità del monastero di Astino. L'azione dell'uomo e le oscillazioni climatiche hanno modificato sostanzialmente la primitiva copertura vegetale, un tempo data da folti ed estesi querceti ad alto fusto e pinete ed oggi costituita da castagno e carpino nero. I pascoli magri, le zone cespugliate e le zone rocciose, a torto considerate aree di minor rilevanza ambientale, sono invece estremamente importanti per la loro ricchezza di specie di flora e fauna rare e localizzate. I pascoli magri del versante sud del Canto Alto ospitano l'asfodelo mentre nelle radure fioriscono la peonia selvatica, il giglio martagon e il vistoso giglio rosso, ormai piuttosto rari a causa della raccolta indiscriminata. Da ricordare anche le numerose specie di orchidee, come il fior d'ape, dalla particolare infiorescenza, la genziana di Clusio, il narciso selvatico, la profumatissima limonella e il raro veratro nero. Nelle zone rocciosetroviamo la primula orecchia d'orso e il sempre verde maggiore. In tutti questi ambienti vive la vipera, oltre a diverse importanti specie di uccelli. Nei pascoli cespugliati o scarsamente alberati, intorno ai mille metri, si trovano ancora lo zigolo giallo, lo zigolo nero e l'ortolano, mentre dove il terreno si fa più roccioso abitano lo zigolo muciatto e il codirossone. Sulle pareti rocciose verticali nidificano rapaci come il gheppio, il nibbio bruno e il maestoso corvo imperiale, che si possono facilmente avvistare quando perlustrano le zone più aperte in atteggiamento di caccia, mentre in inverno si può

Parco dei Colli diBergamo

Parte seconda - Gli scenari settoriali

73 avere la fortuna di osservare l'albanella reale e l'aquila reale. Più in basso i cespuglieti ospitano due rarità: l'occhiocotto e la bigia padovana, mentre più diffusi sono il canapino e la sterpazzola. I ruscelli e i torrenti del parco, pur essendo di limitata portata d'acqua, ospitano una ricca e diversificata biocenosi. Nei tratti montani e collinari sopravvive il gambero di fiume, si riproducono la salamandra giallo-nera e piccoli pesci come la sanguinerola e lo scazzone. Le rogge, i canaletti e i laghetti di cava, oltre ad essere popolati da invertebrati acquatici come il ditisco, lo scorpione d'acqua, la notonetta, sono in primavera i siti di riproduzione di diverse specie di anfibi come il rospo comune, smeraldino e raganella, la rana agile, di Lataste e verde, il tritone crestato e punteggiato. Un'attenzione particolare meritano le pozze d'abbeverata della zona montana del parco, un tempo numerose ed oggi quasi scomparse, dove resistono piccole popolazioni di ululone dal ventre giallo, uno degli anfibi più rari. Da segnalare infine, la flora tipica di questi ambienti, il giallo giaggiolo acquatico, la salcerella e la rara orchidea Elleborine palustre. • Il Parco Regionale delle Orobie Bergamasche (‘Parco Montano forestale’) - Istituito nel 1989; alla sua costituzione è purtroppo seguito, da parte degli enti pubblici, una sorta di

immobilismo: tanto è vero che - privo di statuto, di piano territoriale e di consorzio di gestione- il Parco nel 1997 è stato commissariato dalla Regione. Attualmente è all'esame della Giunta regionale una proposta di legge che, se approvata, dividerebbe il Parco in due aree: quella della Valle Brembana e quella delle Valli Seriana e di Scalve. Nella proposta sono anche contenute norme per consentire ai Sindaci di partecipare alla gestione diretta del Parco

- il Parco si estende su di una superficie di 63mila ettari - il Parco è caratterizzato da rilievi tra i 2.000 ed i 3.000 metri, e da profonde valli che alimentano i principali

fiumi bergamaschi. I boschi rappresentano uno degli aspetti più pregiati del Parco. Vi scorrono i fiumi Brembo, Serio e Dezzo che solcano le Valli Brembana, Seriana e di Scalve, e vari loro affluenti che percorrono valli laterali.

- il Parco comprende 44 Comuni, che fanno parte di tre Comunità Montane: di Scalve, Valle Brembana e Valle Seriana Superiore.

Il territorio sul quale il Parco si estende si può dividere geograficamente in due zone, con caratteristiche molto diverse fra loro. A settentrione è costituito da una catena di montagne - le Alpi Orobiche - le cui vette corrono più o meno parallele alla Valtellina. Queste montagne sono costituite da rocce scure e antiche, di tipo sedimentario continentale o di tipo cristallino, quasi sempre metamorfosate. Raggiungono le massime altitudini nel pizzo Coca (3.050 metri), nel pizzo Redorta e nella punta di Scais (3.038 metri). Vi sono poi altre cime di notevole importanza: il pizzo dei Tre Signori, la larga dorsale del monte Cabianca, la stupenda bicuspide piramidale del Diavolo di Tenda, il monte Gleno scintillante di ghiacciai perenni, il monte Venerocolo e il pizzo Tornello. A meridione il Parco presenta gruppi montuosi costituiti da rocce chiare, in prevalenza calcaree e dolomitiche di antica origine marina. Sono le Prealpi Orobie, disposte prevalentemente a formare gruppi montuosi isolati: il gruppo dell'Aralalta (2.000 metri), dell'Arera (2.512 metri), della Presolana (2.521 metri) e dei Campelli di Schilpario. Uno degli aspetti che più colpiscono è l'abbondanza delle acque superficiali. Ruscelli, torrenti e fiumi che a volte hanno origine da piccole conche glaciali e che nelle parti alte del loro percorso formano spumeggianti cascate, alcune della quali entrate ormai nella "storia" ambientale, economica e turistica delle alte Valli Bergamasche. Così la cascata del Serio a Valbondione, che con il suo triplice salto di 315 metri è la più alta d'Italia, o la cascata della Val Sambuzza a Pagliari di Carona, e quelle non meno belle che si possono ammirare in Valle di Scalve, lungo il torrente Vo. Fiumi e torrenti che a volte scorrono tra forre pittoresche scavate nella roccia nel corso dei secoli, come quelle del Dezzo in Valle di Scalve (Via Mala) o quelle del torrente Enna, all'imbocco della Val Taleggio. Per non parlare dei laghi, oltre cento, disseminati alle medie e alle alte quote, in parte naturali e in parte artificiali, creati per produrre energia elettrica. Ne ricordiamo alcuni: il lago del Barbellino, il lago di Coca, i laghi del Venerocolo, il lago di Polzone, il lago Fregabolgia, i laghi Gemelli. Nel Parco la pesca è consentita liberamente nel rispetto delle norme indicate nella legge regionale 25/82. Le acque più fresche e pure di torrenti, fiumi e laghi sono il regno della trota fario e del salmerino alpino. L'ambiente del Parco delle Orobie, per la varietà delle sue esposizioni, per la ricchezza delle sue acque superficiali, per le sue notevoli variazioni altimetriche, presenta numerose specie arboree e un vasto assortimento floreale. Sui pendii dei monti, tra i 600 e i 1.500 metri, è presente il faggio, in mescolanza con carpini e noccioli, ontani, frassini, betulle. Sopra i 1.000 metri si sviluppano i boschi di conifere. L'abete rosso è la specie dominante, forma boschi puri o in associazione con il faggio. Il limite altimetrico dei boschi di conifere si spinge fino ai 2.000 metri in Valle Brembana, a 1.850 metri in Valle di Scalve e a 1.700 metri in Valle Seriana. Sono pure presenti nelle vallate più umide (per esempio a Torcole di Piazzatorre) gli abeti bianchi, mentre alle alte quote prosperano i larici. Al di sopra dei boschi si estendono i pascoli dove ancora oggi in parte si sviluppa l'attività degli alpeggi. Stupenda, a ogni livello, la flora alpina. Nella zona costituita da rocce e terreni acidi da segnalare oltre ai cespugli di rododendro e alle piantine dei mirtilli, due particolari endemismi: la Viola comollia e la Sanguisorba dodecandra. Ma è nella fascia altimetrica delle Prealpi calcaree che la flora si dispiega in tutta la sua varietà. Qui

Parco delle Orobie Bergamasche

Ambiente e Territorio 74oltre ai ginepri, ai pini mughi e agli ontani, sui pascoli, tra i ghiaioni e le rocce, si possono ammirare numerosi endemismi: fra questi la Sassifraga della Presolana, la Campanula di Raineri, la Linaria bergamasca, il Gallio del monte Arera. Per poter ammirare da vicino una grande varietà di fiori alpini, sono stati predisposti alcuni itinerari. Tra questi il "Sentiero dei fiori" sul monte Arera, tracciato dal professor Claudio Brissoni, e l’ ‘Itinerario naturalistico’ del Cai di Bergamo che dal rifugio Antonio Curò, sopra Valbondione, porta al rifugio Nani Tagliaferri, in Valle di Scalve. Nel territorio del Parco delle Orobie Bergamasche vive una fauna assai varia. E' necessario dire che, in questi ultimi anni, vi è stato un sensibile aumento degli ungulati, in particolare caprioli e camosci, mentre si è dovuto constatare una diminuzione della selvaggina stanziale di penna, con maggiore riferimento alla coturnice, che ha parecchio sofferto per un progressivo mutamento del suo habitat causato dall'abbandono dei pascoli d'alta quota, così come per una eccessiva antropizzazione della montagna. L'aumento degli ungulati è invece dovuto a cause diverse: l'istituzione, anni fa, di oasi di rifugio o zone di ripopolamento dove hanno avuto la possibilità di riprodursi; l'infittimento dei boschi dovuto all'abbandono della montagna, per cui è stato favorito il moltiplicarsi dei caprioli e la comparsa, in alcune zone, dei primi gruppi di cervi. All'incremento di questi animali hanno certamente contribuito anche una maggiore severità nella programmazione venatoria e una maggiore coscienza civile e di rispetto verso la natura. I camosci sono presenti in gran numero in Valle Brembana, nell'alta Valle Seriana e in Valle di Scalve. Quelli che vivono in Valle Brembana frequentano anche i boschi, nelle Valli Seriana e di Scalve hanno prevalentemente abitudini rupicole. Vi sono poi i caprioli che trovano soprattutto nei boschi cedui infittiti il loro habitat ideale. Hanno abitudini crepuscolari e sono difficilmente avvicinabili di giorno. Nel parco da alcuni anni è tornato a vivere lo stambecco. Vi è stato reintrodotto tra il 1987 e il 1990 grazie a un progetto realizzato dalla Regione Lombardia in collaborazione con la Provincia di Bergamo e con il Dipartimento di Biologia dell'Università agli Studi di Milano. Questo superbo ungulato vive sulle montagne delle alte Valli Seriana e Brembana e ha superato le 400 unità. Nel Parco vivono poi scoiattoli, volpi, donnole, faine, martore, ermellini e lepri bianche. Sui pascoli alpini sono andate moltiplicandosi le marmotte e, di conseguenza, è cresciuto anche il numero delle aquile reali, delle quali costituiscono il cibo preferito. Tra gli altri rapaci, ricordiamo falchi, poiane, gheppi, nibbi, corvi, che solitamente seguono le correnti migratorie. Tra i rapaci notturni sono presenti le civette e i barbagianni e il sempre più raro gufo reale. Poche le specie di selvaggina alata che hanno la possibilità di fermarsi in montagna durante l'inverno. Tra queste il fringuello delle nevi, i francolini di monte, le pernici bianche, le coturnici e il gallo forcello. Tutti esemplari in diminuzione, così come rarissimo è ormai il gallo cedrone. Tra i rettili si ricordano la vipera, gli orbettini e le bisce d'acqua. Tra gli anfibi sono presenti la rana, la salamandra giallonera e tra i pesci trote e salmerini. Numerosissimi gli insetti che popolano prati, boschi e pascoli. Tra tutti ricordiamo la formica rufa, utilissima per la sopravvivenza dei boschi di conifere. E' infatti la nemica giurata della processionaria del pino e costruisce, nel fitto dei boschi o al limitare delle radure, bellissimi nidi a cupola, composti da un'enorme quantità di aghi di pino o di abete. Nel territorio del Parco i pascoli non sono distribuiti in modo uniforme. Grosse concentrazioni si hanno per la Valle Brembana a Carona, Foppolo e Mezzoldo; in Valle Seriana ad Ardesio, Gandellino e Valbondione; in Valle di Scalve a Schilpario e Vilminore. I pascoli orobici, il 53 per cento dei quali è di proprietà comunale, hanno subito un abbandono negli anni Sessanta. Fenomeno che ha causato il deterioramento e spesso anche il crollo di parecchie baite tipiche e un progressivo fenomeno di impietramento e di avanzamento della vegetazione sull'alpe pascoliva. Fortunatamente, è seguita una fase in cui si è proceduto al recupero e alla valorizzazione di questo patrimonio. Nella Valcanale, ad Ardesio, è presente per esempio un impianto sperimentale di estremo interesse: la Provincia, che è proprietaria del pascolo "Alpe Nevel", ha rimodernato le baite e sta conducendo studi relativi all'attività casearia e alle erbe foraggere in quota. Ottimi prodotti dell'alpeggio sono i latticini.. Burro e formaggio per rilanciare i quali sono nate latterie cooperative, come quelle di Branzi, di Valtorta, della Valle Taleggio (S. Antonio) e di Vilminore di Scalve. Inoltre ci sono anche imprenditori privati che hanno saputo ben inserirsi sul mercato con i loro prodotti o che hanno avviato attività agrituristiche. • Il Parco Regionale del Serio (Parco Fluviale): - Istituito il 1 Giugno 1985 - Il territorio copre le Province di Bergamo e Cremona - L’Ente Gestore è un Consorzio fra le Province e i Comuni interessati (Bariano, Calcinate, Casale

Cremasco, Castel Gabbiano, Cavernago, Cologno al Serio, Crema, Fara Olivana con Sola, Fornovo S. Giovanni, Ghisalba, Grassobbio, Morengo, Martinengo, Madignano, Montodine, Mozzanica, Pianengo, Ricengo, Ripalta Arpina, Ripalta Cremasca, Ripalta Guerina, Romano di Lombardia, Seriate, Sergnano, Urgnano, Zanica)

- PTC approvato con DGR 28.06.00 n VII/192 - Superficie 7.477 ha - Altitudine da 54 a 240 m. s.l.m. Il Parco segue il corso del Fiume Serio dal punto in cui abbandona la Valle fino a dove si immette nell’Adda. Nel primo tratto (tra Seriate e Mozzanica) si verifica il singolare fenomeno dell’inabissamento delle acque nel

Parco del Serio

Parte seconda - Gli scenari settoriali

75 sottosuolo e il letto del fiume appare come una distesa di ghiaia. Il paesaggio è caratterizzato, nel tratto bergamasco, da un ampio e brullo greto fluviale, a causa dell'inabissamento delle acque nel subalveo del fiume; nel tratto cremonese la falda riemerge in superficie, dando origine a lanche e mortizze, dove le rive non risultano compromesse dalle numerose opere di regimazione ed escavazione del fiume e dalle bonifiche agricole.Nuclei di vegetazione di pregio si ritrovano nella Riserva Palata Menasciutto. Notevole è il valore storico del Castello di Malpaga. La volontà di tutelare l'ambiente fluviale seriano risale al 1973, quando le Province interessate formularono la proposta di salvaguardia, che si concretizzò nel '85 con la L.R.70. Le motivazioni dell'istituzione sono da ricercare, oltre che nell'intento protezionistico di ciò che resta del corredo naturale tipico dell'ambiente perifluviale, nella volontà di impedire il progressivo deterioramento del territorio, intervenendo nella riqualificazione delle singole componenti e nel recupero dei valori naturali, storici e culturali. Il Fiume Serio si snoda in direzione nord- sud con un solco vallivo variamente inciso nel livello fondamentale della pianura e rappresenta l'asse del parco. La morfologia fluviale varia nettamente da N a S. Nella zona N, alta pianura, il fiume presenta un alveo "braided", dilatato con vari rami delimitati da banchi alluvionali allungati nel senso della corrente; la permeabilità di questi depositi provoca talora l'infiltrazione totale delle acque nel sottosuolo. Qui si sviluppa la fascia centrale dei fontanili; molto interessante la Fontana del Campino. Nella parte S, per la minore permeabilità dei depositi (argilla e limo), il fiume si ricompone in un unico alveo ad andamento meandriforme con un solco stretto ed inciso tipico della "valle a cassetta". Sopravvivono in quest'area interessanti ambienti umidi: le lanche e le morte. La copertura arborea che caratterizzava nel passato il territorio seriano è oggi sostituita da un'esigua vegetazione boschiva dominata dalla robinia e da altre specie esotiche che hanno preso il sopravvento sulla flora autoctona, stravolgendo il paesaggio botanico del fiume. Sono presenti circa 100 specie tra alberi, arbusti e lianose, di cui almeno 30 autoctone. Tra gli alberi sono da ricordare i salici, i pioppi, gli aceri e le più rare querce, mentre tra gli arbusti il sanguinello, il sambuco, il biancospino e la rosa selvatica. Limitata è invece la presenza di vegetazione palustre (tife, giunchi). Fra le erbacee, attualmente in fase di studio, si segnalano, quale ultima testimonianza di antichi boschi, il mughetto, il dente di cane, il bucaneve e la rosa di natale. Di particolare significato la presenza di alcune specie di orchidee. L' ittiofauna (circa 30 specie) si differenzia in relazione al regime idrologico: a N è tipica di acque correnti poco profonde a fondo ciottoloso, mentre nel tratto centrale e a S di acque più profonde e a corrente più lenta. Tra gli invertebrati sono in fase di studio le libellule, le farfalle e alcuni macroinvertrebrati acquatici quali indicatori della qualità delle acque. A forte rischio di scomparsa tutte le specie di anfibi (tritoni, rospi, salamandre, raganelle e l'endemica rana di Lataste) ed i rettili. L'avifauna conta circa 140 specie rilevate, di cui 40 nidificanti; sembra che il loro numero sia in aumento nonostante il degrado ambientale. Sono stati installati 200 covatoi artificiali e sono operative alcune stazioni di inanellamento. Da segnalare la presenza della pavoncella (Vanellus Vanellus), simbolo del Parco, e del pendolino (Remiz Pendolinus). I mammiferi sono poco conosciuti e rilevati: diffusi riccio, talpa, lepre e coniglio, in forte aumento la volpe, mentre donnola, tasso, faina e puzzola sono più rare, come pure ghiro e moscardino. • Parco regionale dell’Oglio Nord: - Istituito il 16 Aprile 1988 con L.R. 18/88 - Il territorio rientra nelle Province di Bergamo, Brescia e Cremona - L’Ente Gestore costituendo è un Consorzio fra le Province interessati e i Comuni interessati (Sarnico,

Villongo, Paratico, Credaro, Castelli Calepio, Capriolo, Palazzolo sull'Oglio, Palosco, Pontoglio, Cividate al Piano, Calcio, Urago d'Oglio, Pumenengo, Rudiano, Roccafranca, Torre Pallavicina, Soncino, Orzinuovi, Genivolta, Villachiara, Azzanello, Borgo S. Giacomo, Castelvisconti, Bordolano, Quinzano d'Oglio, Corte de' Cortesi, Verolavecchia, Robecco d'Oglio, Pontevico, Corte de' Frati, Alfianello, Seniga, Scandolara Ripa d'Oglio, Gabbioneta Bina Nuova.). Il Parco è attualmente commissariato

- Superficie di 14.170 ha - Altitudine da 31 a 186 mt s.l.m. - comprende il tratto alto del fiume Oglio, dall’uscita dal lago d’Iseo fino a Gabbioneta e Ostiano. Il fiume

scorre tra rive scoscese e boscose in un territorio prevalentemente agricolo, attraverso tratti di bosco ripariale interessanti soprattutto dal punto di vista botanico ed ecologico. Vi si ritrovano anche specchi d'acqua e meandri con vegetazione acquatica. Importanti i valori storico- architettonici che si ritrovano nei comuni che si affacciano sul fiume, come il ben conservato Castello di Pumenengo, con le torri e il caratteristico cortile quadrangolare, e i resti di quelli di Paratico e Roccafranca.

Parco dell’Oglio Nord

Ambiente e Territorio 76 Riserve naturali: Le riserve naturali sono definite come aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengano una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali distribuite nell’area della provincia di Bergamo sono: - Boschi del Giovetto di Palline - istituita con D.C.R. 2014, 25.3.85 - Valle del Freddo - istituita con D.C.R. 2015, 25.3.85 - Valpredina - istituita con D.C.R. 2114, 27.3.85 - Fontanile Brancaleone - istituita con D.C.R. 1894, 5.2.85 - Bosco dell’Isola - istituita con D.C.R. 196, 28.5.91 - Boschetto della Cascina Campagna - istituita con D.C.R. 135, 20.3.91 Aree di rilevanza ambientale: - Legnone-Pizzo dei Tre Signori-Gerola - Monte Resegone - Isola - Endine-Iseo - Corso Superiore dl Fiume Oglio - Corso Superiore del Fiume Serio

3. SCENARIO

Introduzione L’analisi di settore, evidenziando come lo stato dell’ambiente sia fortemente caratterizzato dalla dimensione economica, demografica e sociale del territorio, si è basata sull’analisi di alcuni indicatori di vulnerabilità, di pressione e di qualità in relazione alle principali dimensioni dell’ambiente: l’aria, l’acqua e la terra. Gli indicatori analizzati sono stati identificati sfruttando il modello DPSIR (Driving Forces, Pressures, States, Impact and Responses), acquisito come standard a livello europeo per organizzare le informazioni relative alle interazioni fra sistema ambientale ed economico, ed utilizzato anche come riferimento metodologico per la costruzione del più recente rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia. L’evidenza empirica offerta da questi indicatori unitamente all’analisi dell’evoluzione delle politiche ambientali di settore e all’analisi della diversa percezione dei problemi degli attori rilevanti intervistati, hanno permesso di evidenziare le maggiori criticità ambientali e gli interventi necessari e auspicabili per rispondere in modo efficace a obiettivi di tutela e di sviluppo del territorio, anche in linea con gli obiettivi e le politiche emergenti su scala più vasta. Appaiono necessari due tipi di interventi: da un lato è emersa la necessità di attuare alcuni interventi cruciali di pianificazione a livello locale, dall’altro la necessità di sviluppare misure preventive di mitigazione di fronte a politiche di prossima attuazione su scala regionale e globale. Lo scenario auspicato di sviluppo del settore ambiente è il risultato di un insieme di obiettivi specifici e di relativi percorsi d’azione nelle diverse sfere ambientali analizzate. In generale, in presenza di una grande ricchezza e diversità di risorse, che sicuramente rappresentano un’opportunità per la definizione di nuovi percorsi di sviluppo del territorio, questo scenario riflette il bisogno di valorizzare le risorse ambientali e del territorio della provincia in un’ottica di sviluppo sociale ed economico sostenibile.

Riserve naturali

Aree di rilevanza

Parte seconda - Gli scenari settoriali

77 Di seguito si illustrano gli scenari di stato identificati nei settori ambientali più rilevanti, evidenziandone gli obiettivi specifici, eventuali sinergie con altri settori e la dimensione territoriale. Il disegno degli scenari di stato è accompagnato dall’illustrazione degli scenari di processo, attraverso l’analisi dei percorsi d’azione necessari per realizzare lo scenario, l’analisi delle implicazioni territoriali e del ruolo della Provincia e degli altri attori rilevanti.

3.1 Inquinamento atmosferico Come emerso dall’analisi di settore, l’inquinamento atmosferico nella provincia di Bergamo è essenzialmente imputabile ad attività nei settori dell’industria, dell’energia e dei trasporti. La maggiore concentrazione dell’inquinamento atmosferico è nelle aree di pianura e nella fascia pedecollinare. Le maggiori criticità da affrontare a livello locale per la qualità dell’aria riguardano soprattutto le emissioni di polveri fini PM10, attualmente monitorate attraverso 10 strumenti di campionamento. Gli obiettivi che la Provincia si pone per la mitigazione dell’inquinamento atmosferico dovrebbero concorrere a raggiungere gli obiettivi già prefissi dalla Regione nel Piano Energetico Regionale, in corso di attuazione, e nel Piano Regionale sulla Qualità dell’Aria, presentato dalla Regione nel Dicembre 2000. Tali Piani Regionali adottano principi e politiche già affrontati in una prospettiva globale da programmi nazionali e da trattati internazionali per la tutela dall’inquinamento transfrontaliero, dalla riduzione della fascia di ozono stratosferico e dai cambiamenti del clima. Gli obiettivi che la Provincia si pone dovrebbero dunque concorrere a conseguire gli obiettivi stabiliti nei Piani Regionali perseguendo da un lato principi e politiche ambientali globali, e rispettando ovviamente d’altro lato i bisogni e le priorità che emergono a livello locale. Rispetto al miglioramento dell’efficienza energetica, gli obiettivi da raggiungere a livello locale essenzialmente sono: - la riduzione dell’emissione di gas ad effetto serra (a parità di potenzialità energetica);

- la riduzione dell’intensità energetica rispetto al valore aggiunto della produzione e dei servizi;

- l’aumento della percentuale di fabbisogno energetico coperto da fonti rinnovabili. Il Piano Energetico Regionale infatti è volto a massimizzare l’uso delle fonti di approvvigionamento basate sulle risorse locali (impiego di biomasse o rifiuti per la produzione combinata di energia e calore, sviluppo del comparto solare e fotovoltaico, ottimizzazione dell’idroelettrico) e a sviluppare l’uso di combustibili puliti nel sistema dei trasporti e del riscaldamento, migliorando l’efficienza energetica nei settori che presentano ancora forti margini di miglioramento, come il settore civile e terziario. Rispetto al miglioramento della qualità dell’aria, l’obiettivo da raggiungere a livello locale è quello di ridurre i fattori di emissione degli inquinanti in atmosfera. La Provincia contribuirà all’attuazione del Piano Regionale di Risanamento della Qualità dell’Aria che si sviluppa attraverso il censimento delle fonti di emissione, diffuse e puntuali, l’identificazione degli inquinanti, la definizione delle aree a maggiore inquinamento e la formulazione di interventi per la riduzione delle emissioni. Il percorso d’azione individuato per attuare il Piano Energetico Regionale attraverso il coinvolgimento degli attori e degli Enti locali prevede: • la realizzazione di impianti di cogenerazione, alimentati con le biomasse, e di

teleriscaldamento, come previsto nell’Accordo di Programma Quadro stipulato con il Ministero dell’Ambiente ;

Scenario di processo

Inquinamento atmosferico Scenario di stato

Ambiente e Territorio 78• il raggiungimento di accordi volontari con l’industria per assicurare l’acquisto, da parte

dei “clienti idonei”, di una quota considerevole di energia prodotta da fonti rinnovabili; • la diffusione, mediante un piano di contributi regionale, di impianti solari termici e

fotovoltaici; questo intervento risulta finanziabile anche attraverso politiche di doppio dividendo sulle entrati derivanti da accise sulla benzina come previsto dal programma energetico nazionale;

• la realizzazione di interventi, mediante un piano di contributi regionale (e anch’esso finanziato con una quota sull’accise sulla benzina), per migliorare l’efficienza energetica e consentire l’uso delle fonti rinnovabili nell’edilizia pubblica;

• il miglioramento tecnologico degli impianti idroelettrici e la realizzazione degli impianti minori.

Le Province riceveranno dunque incentivi economici dalla Regione per realizzare interventi a favore dell’efficienza energetica; in particolare nel Piano Regionale di Sviluppo della nuova legislatura sono previsti contributi per: • sostenere le fonti rinnovabili di energia (solare termico, solare fotovoltaico); • migliorare l’efficienza energetica e consentire l’uso delle fonti rinnovabili nell’edilizia

pubblica; • sostenere gli Enti Locali per l’adozione di interventi finalizzati alla diffusione di veicoli a

basso impatto ambientale ed al contenimento dei consumi energetici negli edifici. In attuazione di quanto sopra la Provincia e’ già stata coinvolta nella predisposizione del bando relativo ai contributi da assegnarsi ai progetti per l’utilizzo della fonte del solare fotovoltaico. Rispetto alla riduzione dei fattori di emissione la Provincia, sulla base degli indirizzi Regionali e nell’ambito delle procedure attuative del Piano Regionale di Risanamento della Qualità dell’Aria, in particolare concorrerà a:

• individuare e promuovere le tecnologie industriali più efficienti per la riduzione delle emissioni in atmosfera, valorizzando la qualità della produzione;

• facilitare accordi volontari per la riduzione delle emissioni fra il sistema di governo e le imprese;

• sviluppare incentivi per l’utilizzo di combustibili a basso impatto ambientale per le produzioni energetiche e di calore;

• rilevare gli episodi di inquinamento più acuto sul territorio e sviluppare gli strumenti di mitigazione necessari per adeguarsi alla normativa.

In tale contesto la Provincia ha già concorso con la Regione Lombardia alla ridefinizione delle aree a maggiore criticità ambientale (la Provincia di Bergamo ha presentato una propria proposta che e’ scaturita dalla consultazione preventiva con i comuni interessati). Per quanto riguarda l’area incentrata sul capoluogo ne e’ prevista l’estensione dagli attuali 5 comuni a 26 comuni nell’hinterland di Bergamo. Nell’ambito della pianura e’ stata individuata anche l’area coincidente con il Comune di Treviglio. Presupposto di tutti gli interventi per la riduzione delle emissioni è lo sviluppo di un inventario completo delle emissioni sul territorio provinciale, in collaborazione con l’autorità regionale competente. In particolare riguardo ai gas serra gli indicatori di emissione disponibili devono essere completati con i dati mancanti relativi ai composti alogenati ed è necessaria una valutazione degli interventi strutturali necessari per l’abbattimento delle emissioni. Ovviamente la complessità del tessuto produttivo e del sistema viabilistico nella provincia di Bergamo rendono questi obiettivi e i relativi percorsi d’azione estremamente ambiziosi, anche se strettamente necessari.

Parte seconda - Gli scenari settoriali

79 3.2 Inquinamento acustico Riguardo all’inquinamento acustico, anche se in attesa della legge regionale, sarebbe opportuno muoversi più rapidamente nella direzione degli obiettivi comunitari, dotandosi degli strumenti necessari per la rilevazione e la valutazione dei livelli di rumore nelle aree più trafficate. Le zone di rispetto aeroportuali, le aree prospicienti le principali infrastrutture stradali e ferroviarie, le aree urbane a più elevato inquinamento costituiscono le aree prioritarie di intervento. L’emanazione della Legge Regionale in materia di prevenzione dell’inquinamento acustico permetterà di avviare un’azione generalizzata di valutazione dello stato di qualità acustica dell’ambiente su tutto il territorio lombardo con la conseguente pianificazione degli interventi di risanamento, il censimento delle risorse disponibili e dei tempi necessari per la bonifica acustica. Si dovrà inoltre sviluppare la prevenzione dell’esposizione ai campi elettromagnetici con la riformulazione della normativa regionale e l’organizzazione di sistemi informativi e data base relativi agli impianti esistenti, alle loro caratteristiche ed agli interventi di bonifica. Più specificamente, la normativa che la Regione deve produrre riguarda i criteri per la zonizzazione acustica dei territori comunali, i criteri per la previsione di impatto acustico di nuovi impianti e infrastrutture, l’organizzazione e l’attuazione dei piani di risanamento acustico. Il piano regionale si coordinerà e terrà conto degli interventi di bonifica acustica dei gestori delle infrastrutture di trasporto. La Provincia di Bergamo, che copre aree ad elevato traffico viabilistico ed aeroportuale, dovrà intraprendere azioni in questa direzione, predisponendo insieme alla Regione e ai Comuni il piano triennale degli interventi di risanamento acustico, che dovrà includere anche il piano di risanamento delle infrastrutture. Obiettivi specifici per la Provincia dunque, nel concorrere al Piano Regionale per la Qualità dell’Aria, saranno l’identificazione e l’implementazione di interventi di risanamento per la minimizzazione dell’inquinamento acustico. La Provincia di Bergamo sarà impegnata in particolare in interventi per la minimizzazione dell’inquinamento acustico aeroportuale nell’area di Orio al Serio. Riguardo all’inquinamento acustico la Provincia dovrà identificare gli interventi di risanamento e di mitigazione necessari nelle aree a maggiore criticità, in prossimità dei nodi cruciali per il traffico autostradale, aeroportuale e cittadino. Riguardo all’inquinamento acustico aeroportuale in particolare, la Provincia e’ impegnata anche in attività di monitoraggio; ha infatti installato e gestisce un sistema di monitoraggio in continuo del rumore aeroportuale, e concorre con la Commissione per la Definizione delle Procedure Antirumore (ex D.M. 31.10.97) alla definizione delle curve di isolivello atte a delimitare le tre zone di rispetto aeroportuale definite dal decreto stesso. Tutto questo prevede anche la regolamentazione degli usi del suolo e delle caratteristiche dei sistemi insediativi nelle aree limitrofe all’aeroporto.

3.3 Tutela delle risorse idriche I principali problemi rilevati sul territorio della provincia rispetto alle acque riguardano sia l’inquinamento delle acque di superficie che sotterranee. Lo stato ecologico peggiore dei corsi d’acqua è stato rilevato in corrispondenza della aree pedemontane e di pianura ad economia prettamente industriale (a causa del carico civile ed industriale), con un peggioramento della qualità da monte a valle e una variazione stagionale. Inoltre e’ stato rilevato inquinamento da atrazina nei laghi in pianura.

Scenario di processo

Scenario di stato

Inquinamento acustico

Scenario di stato

Tutela delle risorse idriche

Ambiente e Territorio 80Riguardo alle politiche di regolazione e di governo delle risorse idriche sono in atto due processi fondamentali: 1. una riforma dei processi di riorganizzazione e di integrazione dei servizi legati al ciclo

dell’acqua, dalla distribuzione acquedottistica al convogliamento fognario e alla depurazione delle acque reflue, in attuazione delle legge Galli (l.36/94) e della legge regionale di riferimento (l.r. 21/98). Obiettivo della riforma è una gestione integrale del ciclo dell’acqua. La legge Galli prevede la costituzione di ambiti territoriali ottimali (ATO) di gestione del ciclo integrato delle risorse idriche, dalla captazione e distribuzione delle acque al loro collettamento e depurazione; l’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) costituisce il soggetto di programmazione degli interventi infrastrutturali, di definizione delle tariffe e provvede ad affidare la gestione del servizio secondo le modalità indicate dalla legge

2. interventi relativi alla qualità e agli usi della risorsa idrica, in armonia con gli strumenti di pianificazione previsti attraverso la l.r. 21/98 (Piano degli usi delle Acque) ed il D.Lgs. 152/99 (Piano di Tutela delle Acque). Il primo costituisce lo strumento per la razionalizzazione degli usi in atto delle acque e prende avvio dalla organizzazione delle conoscenze sulla disponibilità di risorse sviluppando criteri, indirizzi e norme per l’utilizzo delle risorse idriche. Il piano di tutela delle acque, delineato nei suoi contenuti dal D.Lgs.152/99, promuove il raggiungimento di obiettivi di qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, previo monitoraggio quantitativo e qualitativo delle acque, mediante un approccio unitario della gestione dei prelievi e della realizzazione di infrastrutture depurative.

La Provincia sarà impegnata sia nell’attivazione dell’ ATO in attuazione del servizio idrico integrato (per migliorare la qualità del servizio idrico) che in interventi di miglioramento della qualità delle risorse idriche, collaborando alla definizione degli strumenti di pianificazione relativi alla qualità e agli usi dell’acqua. Riguardo alla costituzione dell’ATO, il regolamento per il funzionamento della Conferenza dell’ATO e’ già stato approvato dalla Regione, e pubblicato sul B.U.R.L. in data 20.07.2001; il Presidente della Provincia di Bergamo ha già convocato la prima Conferenza dell’ATO, il cui effettivo processo di costituzione è stato avviato nel dicembre 2001. Rispetto alla pianificazione, la Provincia ha già collaborato con una proposta di piano alla elaborazione del Piano Regionale di Risanamento delle Acque (PRRA), attualmente depositato in Consiglio Regionale della Lombardia per l’approvazione definitiva. La Provincia ha inoltre partecipato a vari incontri in Regione per la definizione del Piano di Tutela delle Acque, che costituisce un piano stralcio di settore del Piano di Bacino. In base al D.Lgs. 152/99 infatti entro la fine del 2003 le Regioni, sentite le Province, dovranno adottare il Piano di Tutela delle Acque e trasmetterlo alle competenti Autorità di Bacino. La Provincia dovrà inoltre far fronte alla recente attribuzione delle competenze in materia di gestione delle risorse idriche da parte della Regione in base alla Legge Regionale 1/2000. L’effettivo trasferimento alla Provincia delle competenze in materia di gestione delle acque e’ avvenuto in data 01.07.2001. La Legge Regionale 1/2000 trasferisce alle Province le competenze di gestione delle risorse idriche precedentemente trasferite alle Regioni con il D.Lgs.112/98. La regolamentazione degli usi, tradizionalmente centralizzata, si è rivelata estremamente inefficace: gran parte degli usi delle acque sono abusivi o avvengono in base ad autodenunce dei prelievi in atto, pur in assenza di atto concessorio. La normativa quadro di riferimento che risale al 1933 (il primo Testo Unico sulle acque), estremamente complessa e farraginosa, rende praticamente impossibile regolarizzare mediante atto concessorio le numerosissime utenze in atto, ed inoltre deve essere adeguata ai nuovi principi, via via definiti dalle Leggi 183/89 e 36/94 e dal D.Lgs. 152/99. Le Province attraverso il nuovo conferimento in materia avranno dunque una funzione cruciale nella ridefinizione del processo di gestione delle acque.

Parte seconda - Gli scenari settoriali

81 Allo scopo di rendere più efficiente il sistema di gestione delle acque la Provincia dovrà assumere le sue nuove funzioni di gestione, contemporaneamente al processo in atto nella Regione di: • regolarizzazione amministrativa degli usi delle acque • revisione e semplificazione della normativa sulle concessioni, anche al fine acquisire le

informazioni necessarie per definire il bilancio delle risorse idriche. Allo scopo di migliorare lo stato di qualità dei corpi idrici la Provincia dovrà collaborare con l’ARPA per definire le strategie necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dal D.lgs. 152/99 e successive modifiche. L’ARPA, a partire da quest’anno, in attuazione della L.R. 16/99, e’ interamente responsabile della funzione di monitoraggio e di classificazione dei corsi d’acqua, precedentemente affidata alla Provincia. Durante l’anno in corso, la Provincia ha comunque collaborato con l’ARPA garantendo l’esecuzione delle operazioni di campionamento e di misura delle portate e dei livelli piezometrici. I rilevamenti avviati mettono in luce la necessità di interventi per il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua (attraverso la realizzazione di impianti di depurazione e di sistemi di fognatura adeguati), per raggiungere entro il 2008-2016 gli obiettivi di qualità che dovranno essere tradotti nel Piano di Tutela delle Acque. In particolare si rileva la necessità di portare a compimento lo sviluppo operativo della banca dati idrogeologica per il monitoraggio delle acque sotterranee. Per quando riguarda le acque dei Laghi, è importante notificare che è stata recentemente approvata, in data 20 Marzo 2000, la Convenzione per la Costituzione dell’Osservatorio del Lago d’Iseo e del Lago Moro, finalizzata a individuare e intraprendere misure più efficaci per affrontare il persistente inquinamento dei Laghi. La Convenzione è stata stipulata dalla Regione Lombardia (Ambiente e Energia), dalle Province di Bergamo e di Brescia, dal Comune di Iseo, dalla ASL di Valle Camonica- Sebino, e dall’ARPA Lombarda. L’Osservatorio, che di recente ha formulato una proposta di programma di lavoro per il periodo 2001-2005, ha avviato, nel corso dell’estate 2000, l’attività di monitoraggio del Lago d’Iseo per la valutazione del suo livello di trofia e la successiva classificazione ai sensi del D.Lgs. 152/99; oltre a questa iniziativa, che prevede due controlli annui delle acque del lago a varie profondita’ in tre diverse stazioni di controllo, l’Osservatorio si e’ impegnato a verificare, con cadenza mensile, la qualita’ delle acque del lago che devono consentire la vita delle specie ittiche salminicole. Inoltre l’Osservatorio si e’ impegnato a monitorare i corsi d’acqua, classificati come significativi ai sensi del D.Lgs. 152/99, presenti nel bacino imbrifero del lago d’Iseo. 3.4 Gestione dei rifiuti Dall’analisi di settore è emerso come, per quanto riguarda i rifiuti, la provincia di Bergamo abbia ottenuto dei buoni risultati in termini di incidenza della raccolta differenziata, adempiendo pienamente alla nuova normativa italiana. Se in media l’incidenza della raccolta differenziata è buona, bisogna comunque osservare che la sua distribuzione è estremamente variabile sul territorio provinciale Pur mostrando la distribuzione dell’incidenza della raccolta differenziata una omogeneità crescente negli anni, nel 2000, 14 Comuni sono ancora al di sotto dei limiti previsti dalla legge. A fronte della performance positiva nelle raccolta differenziata la provincia tuttavia mostra una crescita della produzione dei rifiuti per abitante. In base ai dati raccolti dall’Osservatorio Rifiuti infatti la provincia di Bergamo mostra una consistente crescita della quantità totale di rifiuti prodotti da ciascun abitante nell’arco degli ultimi sei/sette anni: l’incremento percentuale fra il 1999 ed il 2000 è stato di ca. il 5.1%. Questa crescita è imputabile soprattutto all’aumento dei rifiuti raccolti in modo differenziato, a fronte di una diminuzione dei rifiuti a smaltimento rispetto ai primi anni ’90.

Scenario di processo

Scenario di stato

Gestione dei rifiuti

Ambiente e Territorio 82Obiettivo della Provincia è quindi di aumentare l’efficienza, l’economicità e la sostenibilità ambientale della gestione del ciclo dei rifiuti, intervenendo con strumenti adeguati nelle aree ancora più arretrate, concentrate nella fascia montana, e introducendo misure di prevenzione a fronte dell’aumento tendenziale della produzione di rifiuti ed azioni per il contenimento dei costi. La Provincia dovrà porre in essere le azioni necessarie a conseguire l’obiettivo di realizzare un sistema di gestione dei rifiuti più efficiente, economico ed ambientalmente sostenibile. Dovranno altresi’ essere ulteriomente potenziate azioni di controllo su tutte le attivita’ di gestione dei rifiuti. Fra i possibili interventi si possono segnalare: • l’incentivazione e la promozione dell’innovazione dei cicli di produzione dei beni, in linea

con la strategia proposta dalla Regione per la riduzione della produzione dei rifiuti a ‘monte’;

• l’incentivazione e la promozione della prevenzione alla fonte della quantita’ e della pericolosita’ degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

• l’incentivazione del recupero di materia, del reimpiego, del riciclaggio e della valorizzazione energetica dei rifiuti;

• il perseguimento della riduzione dell’uso delle discariche; • la calmierazione dei costi di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani; • l’individuazione delle aree idonee/ non idonee alla localizzazione di impianti per lo

smaltimento o il recupero dei rifiuti (ai sensi dell’art.20, comma 1, lettera ‘e’ del D.lgs. 22/97 l’individuazione deve essere effettuata “sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento”);

• la costante verifica ed aggiornamento degli strumenti di programmazione ed organizzazione dello smaltimento dei rifiuti urbani;

• lo stimolo e il concorso allo sviluppo di una programmazione da parte dell’organo regionale per quanto riguarda i rifiuti speciali.

3.5 Le cave L’attività estrattiva è diffusa su tutto il territorio della provincia e svolge un ruolo importante fra le attività produttive. Attualmente obiettivo prioritario della Provincia è quello di definire il nuovo Piano Cave in armonia con i principi sanciti dalla nuova l.r. 14/98. I primi ‘piani cave’ traggono fondamento dalla ex l.r. 18/82 (successivamente abrogata dalla l.r. 14/98) che, pur rappresentando un primo programma di razionalizzazione delle attività estrattive sul territorio, costituisce solo il primo passo verso una più matura cultura della pianificazione delle risorse, in armonia anche con i più recenti principi di tutela dell’ambiente. La nuova l.r. 14/98, pur confermando le deleghe affidate agli enti locali dalla precedente legge regionale, attribuisce alla Regione compiti più puntuali di coordinamento e di indirizzo. La legge prevede che i Piani Provinciali tengano prioritariamente conto del contesto ambientale e territoriale in cui si svolge l’attività estrattiva, attuando una vera e propria valutazione dell’impatto delle cave sull’ambiente e sul territorio. La l.r.14/98 individua nel catasto delle cave lo strumento necessario per la conoscenza dello stato di fatto delle cave cessate e dello stato di fatto di avanzamento, nel tempo, delle cave attive. Il sistema di monitoraggio, avrà la possibilità di localizzare le cave in attività e quelle cessate così da individuare le relazioni fra uso del territorio e problemi che ne derivano e a renderle disponibili nei processi di programmazione.

Scenario di processo

Scenario di stato

Le cave

Parte seconda - Gli scenari settoriali

83 Cruciale nel processo di revisione del Piano Cave per la Provincia è l’armonizzazione con la nuova legge regionale. La pianificazione a livello provinciale potrà: - nell’ottica della corretta pianificazione di settore, garantire la coerenza e la compatibilità

del fabbisogno provinciale di materiali di cava con il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente, definendo quindi i territori compatibili con l’attività estrattiva sinergicamente connessi con forme di garanzia e controllo dell’attuazione di un corretto recupero ambientale;

- contribuire alla costruzione del catasto cave della Regione, attraverso attività di monitoraggio;

- promuovere le iniziative necessarie a recuperare le cave cessate che si trovano in una situazione tale da richiedere interventi fortemente migliorativi, in funzione della destinazione finale. Gli interventi previsti includono il reinserimento ambientale di siti degradati da cave dismesse e abbandonate, e la predisposizione di linee guida per il recupero delle cave in rapporto alla loro localizzazione sul territorio ed alla tipologia di recupero applicabile;

- essere armonizzata con altri strumenti di pianificazione territoriale, quali il PTCP e il PAI (Piano per l’Assetto Idrologico).

3.6 Contaminazione del suolo Il Decreto Ministeriale 25 ottobre 1999, n.471 (in vigore dal 16.12.1999), costituisce lo strumento di riferimento normativo in materia di bonifica dei siti contaminati. La rilevanza assunta in Provincia dalla problematica relativa ai siti contaminati e’ significativamente rappresentata dalle oltre 200 pratiche in gestione presso l’ufficio competente. In tale ambito assume particolare significato il progetto congiunto con ASL e ARPA per la mappatura provinciale della presenza di PCB e metalli pesanti in corso di definizione. L’acquisizione di informazioni puntuali e complete sul territorio rappresenta uno strumento di sicura utilità per la gestione del territorio stesso. In tale ambito, particolarmente significativo appare l’utilizzo delle reti di inquadramento GPS e dei sistemi di monitoraggio satellitare dei siti contaminati, delle discariche ed in generale delle attività ad elevato impatto sull’ambiente. Altrettanto significativi appaiono la messa a punto di sistemi di dati ed indicatori ambientali rilevanti in grado di misurare i trends in atto. L’attività di monitoraggio dovrebbe individuare in particolare il grado di rischio ambientale e per la salute legato alla contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee.

3.7 Parchi e foreste La provincia di Bergamo è dotata di un elevato capitale naturale nella forma di Parchi Regionali, Riserve Naturali, Aree di Rilevanza Ambientale, Siti di Interesse Comunitario e di un unico Parco Locale di Interesse Sovracomunale. Tutte queste aree verdi costituiscono un ampio sistema di aree protette. A fronte di questa ricchezza naturale sul territorio della provincia è emerso però come ci siano ritardi e difficoltà nella gestione di queste aree (3 su 5 dei Parchi Regionali sono attualmente commissariati) e nello sviluppo degli strumenti di pianificazione. Il sistema delle aree protette rappresenta sicuramente una ricchezza con delle potenzialità di sviluppo per la provincia di Bergamo, ma soprattutto rappresenta un capitale da tutelare e preservare per le generazioni future. Negli ultimi anni il concetto tradizionale di tutela e di difesa dell’ambiente è sostanzialmente cambiato: dalla visione in cui l’unica preoccupazione era di porre limiti e divieti, si è passati all’evoluzione del concetto di area protetta come capitale naturale, sociale e culturale su cui investire, sempre in un’ottica di tutela.

Scenario di processo

Scenario di stato

Scenario di processo

Scenario di stato

Parchi e foreste

Contaminazione del suolo

Ambiente e Territorio 84Rispetto alla diversa tipologia di aree protette, la Regione ha formulato diversi obiettivi e ipotesi di intervento, che dovrebbero essere perseguiti anche attraverso il coordinamento con gli Enti Locali: • nei parchi di cintura metropolitana e fluviali si dovranno potenziare gli interventi di

fruizione diretti a promuovere il turismo ‘vicino a casa’ o di ‘una sola giornata’; • nei parchi agricoli si punterà alla ricostruzione del paesaggio agrario ed

all’incentivazione dell’agricoltura ecocompatibile, in un’ottica di conservazione della bio-diversità;

• nei parchi montani e forestali, dove vi sono aree di alta naturalità, sarà privilegiata la difesa della flora e della fauna autoctona ma anche, dove possibile, la promozione di attività economiche compatibili oltre ad attività di ricerca scientifica.

La Regione può identificare potenziali nuovi parchi all’interno delle aree a rilevanza ambientale in accordo con la Commissione per l’Ambiente Naturale della Provincia (a seguito della l.142/90 e delle sue successive modificazioni). La Regione inoltre strategicamente punta molto su nuove forme di protezione dell’ambiente, quali i Parchi Locali di Interesse Sovracomunale. Infatti mentre la realtà del parco è sempre stata vissuta come un vincolo e come un’imposizione, il Parco Locale di Interesse Sovracomunale ha una nuova connotazione sociale e culturale: sono i Comuni, consapevoli del valore della propria area, a chiedere che venga trasformata in Parco. Nella provincia di Bergamo ci sono grosse potenzialità per la creazione di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale e la Provincia, a seguito della legge delega 1/2000, potrebbe assumere un ruolo rilevante nel proporre iniziative in questa direzione sfruttando i contributi della Regione. La Provincia potrà dunque concorrere alla definizione e all’attuazione di una strategia per la pianificazione delle aree protette sul suo territorio, in un’ottica di tutela e insieme di sviluppo, coordinandosi con le realtà locali e con i principali attori sociali ed economici. Le azioni perseguibili dalla Provincia nella direzione di una pianificazione strategica del sistema delle aree protette includono: • interventi per la pianificazione e una più efficiente gestione delle singole aree protette.

La Provincia dovrebbe facilitare il processo di pianificazione dei Parchi Regionali, e promuovere la creazione di nuove forme di aree protette. Dal momento che il PTC della Provincia ha valore (o effetto di) piano paesistico, i PTC dei Parchi, presenti sul suo territorio, dovranno essere recepiti nel PTC della Provincia. Con l’entrata in vigore della legge regionale 11/2000, che ha spostato la competenza sull’approvazione dei Piani Territoriali di Coordinamento (PTC) dei Parchi dal Consiglio regionale (con legge regionale) alla Giunta, si e’ infatti aperta una nuova fase di profonda revisione dei PTC, per la quale è necessario reimpostare la normativa. E’ indispensabile rivedere il ruolo di partecipazione attiva dei Comuni, sia nella fase di pianificazione che in quella della gestione delle aree a parco, in un’ottica non più solo vincolistica, ma di valorizzazione della risorsa ambientale, anche attraverso l’integrazione tra la pianificazione urbanistica locale e territoriale e quella dei parchi. Proprio in questo processo la Provincia si trova a svolgere un importante ruolo di coordinamento e integrazione: la Provincia potrebbe collaborare nel promuovere una pianificazione integrata che valorizzi l’identità locale di ciascun parco e il ruolo di partecipazione attiva dei Comuni, sottolineando la funzione del Parco come catalizzatore di servizi ambientali e culturali, e coinvolgendo i principali attori sociali ed economici (ad esempio attraverso la creazione di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale). Anche gli strumenti di sostegno regionale alla gestione ordinaria dei parchi ed all’intervento diretto sulle aree protette dovranno essere adeguati nella direzione di una maggiore organicità ed integrazione delle leve finanziarie;

• il contributo all’implementazione del sistema informativo territoriale relativo alla biodiversità, finalizzato alla creazione di una carta naturalistica della Lombardia. La Regione infatti intende procedere al completamento del sistema informativo georeferenziato dei dati naturalistici, denominato Carta naturalistica della Lombardia, già realizzato sperimentalmente per una prima parte di territorio regionale, estendendolo all’intera Lombardia e rendendolo adeguato alle esigenze di pianificazione

Scenario di processo

Parte seconda - Gli scenari settoriali

85 e gestione territoriale in rapporto con i diversi livelli istituzionali ed alle richieste di informazione dei cittadini. L’attività prevede inoltre l’organizzazione e il coordinamento del ‘processo di popolamento delle specie estinte’ e l’aggiornamento dati da parte della Regione in collaborazione non solo con le Province, ma anche con istituti universitari ed enti gestori delle aree protette. Questa azione è prevista nel Protocollo d’Intesa stilato con i Servizi Tecnici Nazionali per la ‘Carta della Natura’ nazionale e con gli enti interessati per il progetto Interregionale IIC ‘Biodiversità’ attualmente in corso;

• la creazione di una ‘rete ambientale’ fra il sistema delle aree protette. La rete ambientale rappresenta un’evoluzione del concetto di rete ecologica, che dalla fine degli anni ’80 ha sostituito la politica tradizionale di conservazione delle flora e della fauna basata sull’istituzione di aree protette isolate con una politica di tutela della biodiversità basata sulla creazione di una ‘rete’ o ‘corridoio ecologico’ fra i nodi ecologici cruciali. Il concetto di rete ambientale sintetizza esigenze di conservazione della natura con istanze di salvaguardia del patrimonio culturale, entrambe estese all’intero territorio. Questa evoluzione della filosofia di conservazione del patrimonio naturalistico e culturale e’ radicata nella natura strettamente interconnessa degli aspetti naturalistici e storico-culturali del territorio. La ricomposizione degli aspetti culturali e naturali si attua nel concetto di paesaggio, in particolare nella sua declinazione proposta nel 1998 dal Consiglio d’Europa per la Convenzione Europea del paesaggio. Nel quadro di integrazione fra natura e cultura dunque le reti ecologiche, pur mantenendo la loro prioritaria funzione di salvaguardia naturalistica, ampliano le loro finalità al di la’ di quella strettamente inerente la funzionalità ecosistemica. Le reti da ecologiche divengono reti ambientali con l’obiettivo di ‘realizzare un sistema integrato di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e culturali, e di promuovere i processi di sviluppo locale’. La Provincia valuterà dunque la possibilità di orientare le proprie politiche di sviluppo verso la creazione di una rete ecologica a valenza ambientale e paesistica su scala provinciale. Questa rete potrebbe essere concepita partendo dal livello dei Comuni, nella definizione dei singoli Piani Regolatori. La stessa creazione di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale sarebbe parte integrante di questa strategia, unendo alla creazione di ‘nodi ecologici’ gli orientamenti della pianificazione territoriale e forme di gestione integrata del patrimonio naturalistico e culturale locale;

• la promozione di iniziative di sostenibilità in alcune aree naturali strategiche, quali incentivi a forme di turismo eco-compatibile, lo sviluppo di percorsi didattici di osservazione e di educazione ambientale, la creazione di piste-ciclabili, di ‘percorsi vita’ o di altre aree ricreative, incentivi alla conservazione di attività rurali, forestali e montane attraverso la valorizzazione della piccola e media impresa artigianale e agroalimentare. Un esempio è offerto dal ‘Balcone di Lombardia’: un’iniziativa della Regione per la creazione di un ‘sentiero della biodiversità che si estenda dal Lago Maggiore al Lago di Garda, attraversando la provincia di Bergamo. Per questo progetto è attualmente in corso lo studio di fattibilità;

• la diffusione di informazioni specialistiche e di educazione ambientale sul sistema delle aree protette nella provincia. Si potrebbe pensare all’organizzazione di manifestazioni con finalità didattica e divulgativa, alla realizzazione di pubblicazioni ed editoriali specializzati, allo sviluppo di iniziative multimediali sulla tutela dell’ambiente e sulle aree protette. Queste iniziative potrebbero avvenire attraverso il coinvolgimento delle scuole e di attori privati.

3.8 Trasformazioni territoriali e paesaggio 23 Le profonde dinamiche demografiche, economiche e sociali che hanno interessato la provincia di Bergamo, specialmente nei decenni del secondo dopoguerra, sono state accompagnate da non meno profonde dinamiche territoriali. Sulla base di matrici territoriali antiche si è venuta articolando una nuova realtà non sempre adeguatamente guidata sia per quanto riguarda la distribuzione dell’edificato nelle diverse funzioni sia per quanto riguarda le infrastrutture di diverso tipo. 23 L’elaborazione di questo paragrafo è stata curata dalla dott.ssa Alessandra Goria sulla base di un contributo sul tema territorio e paesaggio fornito dai consulenti del PTCP.

Trasformazioni territoriali e paesaggio Scenario di stato

Ambiente e Territorio 86La situazione complessiva della superficie urbanizzata nell’area provinciale, verificata negli studi in corso, individua una complessiva occupazione, per le varie categorie di fenomeni urbanizzativi (residenza, produttivo, commerciale, servizi ecc.), di circa 300 Kmq rispetto ad una superficie territoriale complessiva di circa 2.475 Kmq quindi con un indice di urbanizzazione intorno al 12%. È tuttavia importante rimarcare che alcuni ambiti territoriali, quali in particolare quelli delle alte valli hanno indici di urbanizzazione estremamente modesti (ad es. l’alta Valle Brembana con un indice intorno all’1%, così come la Valle di Scalve ), altri più vicini alla media (quali molti dei territori della pianura meridionale, altri ancora con picchi molto più elevati (quali ad es. la conurbazione di Bergamo con un indice intorno al 35%, il bacino territoriale tra Dalmine e Boltiere con un indice intorno al 40%, il territorio dell’Isola con un indice di circa il 30%). Tali fenomeni sono determinati da vicende urbanistiche diversificate, sulle quali sarà necessaria un’articolata riflessione negli studi e negli approfondimenti da condursi per la predisposizione del Piano Territoriale. I punti di criticità sono numerosi; particolarmente gravi poi per gli effetti sul paesaggio. La ricca dotazione di valori di natura e di cultura, interpretabile anche nei valori di paesaggio, è spesso profondamente compromessa. Le potenzialità insite nella pianificazione prevista dalla L. 142/90 e dalla L.R. 1/2001 favoriscono una riconsiderazione dell’assetto territoriale provinciale nel suo complesso, con espressa attenzione anche ai valori del paesaggio. Nel 1990 la Legge 142 raccoglie l’eredità di quanto disposto dalla Legge 431/85 in materia di pianificazione territoriale, attribuendo alle Province il compito di predisporre ed adottare il PTCP per fornire uno strumento di pianificazione del territorio anche con contenuti paesistico-ambientali, in coerenza con i disposti della legislazione vigente e delle indicazioni definitive del PTPR. In particolare il PTCP si configura come atto paesistico a maggior definizione rispetto al PTPR e deve precisare, arricchire e sviluppare le indicazioni di carattere ricognitivo, valutativo e dispositivo del PTPR attraverso un’articolata lettura del territorio provinciale sotto il profilo paesistico, dalla quale emergono sia le situazioni che richiedono interventi di recupero e riqualificazione, sia i valori da tutelare, con particolare riguardo ai sistemi ed alle strutture leggibili alla scala sovracomunale e interprovinciale. La diversificazione degli sviluppi individuati nei vari bacini territoriali della provincia induce a valutazioni diverse dei fenomeni di espansione dell’urbanizzato anche in rapporto alla capacità delle espansioni avvenute di determinare impatti positivi o negativi sulle condizioni ambientali e paesistiche dei vari territori. I Piani Regolatori Generali dei Comuni già allo stato attuale prevedono per tutti i settori che possono incidere sullo sviluppo urbanistico nuove trasformazioni urbane e territoriali con ulteriori significative previsioni di occupazione di suoli. Le prospettive di sviluppo del territorio e dell’economia della provincia indicano che, al di là delle specifiche previsioni localizzative, i grandi numeri dello sviluppo territoriale possono comunque trovare attuazione nel prossimo decennio. Questi sviluppi, in linea con le prospettive di sviluppo economico, debbono essere considerati anche come un’opportunità per effettuare investimenti nella trasformazione del territorio per raggiungere obiettivi di qualità urbana e territoriale. In altri termini non soltanto i proventi dello sviluppo edificatorio di cui le Amministrazioni potranno disporre dovranno essere orientati ad interventi capaci di proporre miglioramenti delle situazioni ambientali e paesistiche, ma anche una sempre maggiore sinergia pubblico-privato nella definizione delle singole trasformazioni dovrà condurre ad un miglioramento della qualità del territorio, dell’ambiente e del paesaggio. Per quanto attiene specificamente al paesaggio si rende pertanto necessaria una lettura attenta dei valori di natura e di storia, in tutto l’ambito provinciale, prendendo in

Scenario di processo

Parte seconda - Gli scenari settoriali

87 considerazione non solo gli aspetti d’eccellenza ma anche quelli minori e specialmente quelli di tessuto e di relazione. Relativamente alle reti si sottolinea la necessità di superare le finalità strettamente ecologiche per realizzare un sistema integrato di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e culturali e promuovere i processi di sviluppo locale al fine di costituire reti ambientali. La componente paesistica dovrà risultare ineludibile in ogni percorso e ad ogni scala della pianificazione. All’impegno per la tutela e la valorizzazione dell’esistente dovrà poi accompagnarsi quello per la costruzione del paesaggio quale valore fondamentale per la vita delle stesse comunità.

3.9 Sviluppo sostenibile Tutti gli obiettivi precedentemente illustrati riflettono in genere obiettivi di sostenibilità dello sviluppo, cioè di uno sviluppo capace di promuovere miglioramenti economici, sociali, e ambientali, preservando il capitale naturale e culturale a favore delle generazioni presenti e future. Insito nel concetto di sviluppo sostenibile e’ l’obiettivo di migliorare la funzione di benessere sociale attraverso una più equa distribuzione della ricchezza, ovvero dell’accesso alle risorse, fra le generazioni presenti (equità intra-generazionale) e le generazioni future (equità inter-generazionale). La specificità dei singoli obiettivi e interventi illustrati non può dunque prescindere da politiche distributive: è stato più volte enfatizzato come nelle varie sfere ambientali le politiche e gli interventi della Provincia debbano essere modulati in relazione alle diverse esigenze ed ai fattori di vulnerabilità del territorio. L’obiettivo specifico della Provincia nel perseguire uno sviluppo sostenibile si può sintetizzare nell’attenzione delle strategie e dei programmi alle specificità del territorio e della popolazione locale, oltre che nella valorizzazione del capitale naturale, sociale e culturale per le generazioni che verranno: gli obiettivi di tutela e valorizzazione del sistema delle aree protette ne sono un chiaro esempio. Le strategie ed i programmi più direttamente ed esplicitamente volti a perseguire un sentiero di sviluppo sostenibile per la Provincia sono: • la promozione di Agende 21 locali (un progetto e’ già stato avviato da alcuni comuni

della Bergamasca), la realizzazione di interventi per il miglioramento della qualità ambientale, il coordinamento di azioni di sensibilizzazione ed educazione ambientale. Agenda 21 è un documento fondamentale, approvato al Vertice della Terra a Rio de Janeiro nel 1992 (UNCED), contenente un programma finalizzato a tradurre i principi dello sviluppo sostenibile in azioni concrete. Primo passo dell’attuazione dell’Agenda 21 locale è la sottoscrizione della Carta di Aalborg, definita nella conferenza europea sulle ‘Città sostenibili’ nel 1994, cui la Provincia ha aderito nel maggio di quest’anno. Questo documento ha definito i principi base per lo sviluppo sostenibile delle città e gli indirizzi per i piani di azione locali. L’adesione alla Carta da parte della Provincia per la realizzazione dell’Agenda 21 locale implica la necessita’ di coordinare e integrare gli altri strumenti e le politiche di sviluppo della Provincia con le azioni per la sostenibilità;

• il sostegno all’adozione dei sistemi di gestione ambientale ed alle produzioni ambientali, qualificando e valorizzando il tessuto della piccola- media impresa, diffusa su tutto il territorio della bergamasca. Una delle leve dello sviluppo sostenibile infatti è rappresentata dal miglioramento delle prestazioni ambientali delle imprese di produzione e di servizi che producono un impatto sull'ambiente in termini di consumo di risorse, produzione di rifiuti, emissioni inquinanti. Il regolamento EMAS, adottato dalla Comunità Europea nel 1993, e di cui e’ stata recentemente emanata una nuova versione, è stato il primo strumento per la promozione e la regolamentazione dell'introduzione di sistemi di gestione ambientale nelle imprese: l’adesione a questo

Scenario di processo

Sviluppo sostenibile Scenario di stato

Ambiente e Territorio 88sistema di gestione ambientale, che incentiva l’adozione di tecnologie ambientalmente più pulite ed efficienti, rappresenta un passo concreto nella direzione della sostenibilità;

• la promozione di strumenti di valutazione d’impatto ambientale a livello progettuale e della valutazione ambientale strategica nel processo di pianificazione e programmazione territoriale;

• la partecipazione a programmi e l’accesso a finanziamenti europei attraverso progetti locali per la sostenibilità: progetti locali potrebbero essere catalizzatori di risorse. La Provincia potrebbe impegnarsi nella preparazione di progetti per la sostenibilità ambientale da sottoporre alla Comunità Europea nell’ambito del VI Programma Quadro, attualmente nella sua fase iniziale;

• la creazione e l’implementazione di: 1. un sistema completo di indicatori di pressione e di integrazione settoriale rappresentato territorialmente, possibilmente collegato a un archivio informatico che ne consenta l'aggiornamento periodico; 2. un sistema di contabilità ambientale per la valutazione economica del patrimonio naturale, alla base dell’analisi costi/benefici di eventuali progetti.

3.10 Possibile ruolo della Provincia L’analisi degli scenari di stato e di processo delle dimensioni ambientali più rilevanti identificate ha messo in luce come numerosi obiettivi specifici possono concorrere al raggiungimento di uno scenario di sviluppo ottimale del settore ambiente. Questi obiettivi si traducono essenzialmente in obiettivi di miglioramento della qualità e di mitigazione del degrado relativamente alle grosse sfere ambientali dell’aria, dell’acqua e della terra e sono perseguibili attraverso due tipi di interventi: • da un lato attraverso azioni di pianificazione a livello locale e regionale (Piano Cave,

Piano Rifiuti, e contributi al Piano Regionale per la Qualità dell’Aria, al Piano Energetico Regionale, al Piano degli Usi delle Acque, al Piano di Tutela delle Acque, al Piano Regionale di Bonifica delle Aree Contaminate, ai PTC dei Parchi Regionali);

• dall’altro attraverso misure preventive di mitigazione di fronte agli orientamenti e alle politiche di prossima attuazione su scala regionale e globale (adozione di strumenti e misure per la tutela dall’inquinamento transfrontaliero, dalla riduzione della fascia di ozono stratosferico e dai cambiamenti climatici, per la minimizzazione dell’inquinamento acustico, per la tutela della biodiversità e lo sviluppo sostenibile).

Le politiche ambientali da intraprendere dovranno essere armonizzate con altre politiche di settore: le sinergie più evidenti si possono individuare con il settore dei trasporti e delle attività produttive e di servizi. Gli obiettivi specifici identificati nelle diverse sfere ambientali devono essere modulati in relazione alle specificità del territorio ed alle esigenze locali della popolazione, in armonia con i principi di uno sviluppo più equo e sostenibile sul territorio provinciale. Dall’analisi sono infatti emersi alcuni elementi di diversità sul territorio che richiedono interventi di politiche e misure specifici: le aree montane ad esempio si distinguono per l’inefficienza relativamente alla gestione del ciclo dei rifiuti, con una bassa incidenza della raccolta differenziata, o per la cattiva qualità delle acque di superficie, imputabile allo stato ecologico del corpo idrico (probabilmente dovuta alla carenza di sistemi di fognatura o di impianti di depurazione adeguati), oppure ancora per l’immobilismo istituzionale relativamente alla questione ‘parchi’ (ad es. nel caso del Parco delle Orobie). Tutti questi elementi concorrono ad un ritardo nello sviluppo delle aree ritenute socialmente, economicamente e anche ambientalmente più vulnerabili, e suggeriscono la necessità di politiche e interventi specifici per la realizzazione degli obiettivi auspicati. La pianificazione di settore in particolare dovrà prendere in considerazione le specificità del territorio e le esigenze di sviluppo locali, coinvolgendo di volta in volta tutti gli attori rilevanti: dall’Amministrazione Nazionale e Regionale agli Enti Parco, alle Comunità Montane, ai

Possibile ruolo dellaProvincia

Parte seconda - Gli scenari settoriali

89 Comuni, all’ARPA, alle Associazioni Ambientaliste, alla scuola, all’industria e alla società civile. In questo quadro la Provincia viene ad assumere un ruolo cruciale sia riguardo agli interventi di pianificazione locale e/o di settore, in quanto attore protagonista della pianificazione, sia riguardo agli interventi di mitigazione su scala locale, regionale e /o globale, in quanto interlocutore principale e fonte di informazioni per le amministrazioni di volta in volta competenti: la Regione, il Governo e Agenzie Regionali e/o Internazionali. Fondamentale sarà la capacità di promuovere l’integrazione sia a livello di politiche che di coinvolgimento degli attori. Integrazione perseguibile attraverso un’estensione del numero degli attori rilevanti coinvolti nella definizione e nell’implementazione delle strategie, ed una sempre maggiore coerenza nella definizione degli obiettivi, evidente nella condivisione di obiettivi comuni. La costruzione del PTCP è una grande opportunità per la realizzazione di uno scenario ambientale integrato, che armonizzi obiettivi di crescita e di sviluppo con obiettivi di tutela e conservazione dell’ambiente e del territorio.

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