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È guerra totale tra l’Ordine dei medici di Bologna e i camici bianchi dell’Ausl. Dopo i durissi-mi provvedimenti disciplinari inflitti a febbraio a quattro iscritti, altri tre professionisti sono stati sospesi per sei mesi con le stesse accuse: aver “tradi-to” la professione medica appro-vando dei protocolli che preve-dono la presenza di infermieri da soli a bordo delle ambulan-ze. Nel mirino finiscono pezzi da novanta della sanità bolo-gnese, che viene virtualmente decapitata in uno dei suoi fiori all’occhiello: Giovanni Gordini, direttore del dipartimento emergenza, Cosimo Picoco, re-sponsabile del 118 e Nicola Bi-netti, direttore del pronto soc-corso.

Una guerra che riguarda an-che i cittadini, quella che si sta

combattendo a colpi di ricorsi e carte bollate. Chi c’è a bordo del-le ambulanze quando le chia-miamo per un’emergenza? In quelle dell’Emilia-Romagna – e, assicurano gli esperti, anche in quelle di altre parti d’Italia e del mondo – è possibile che per alcuni tipi di interventi ci siano soltanto infermieri specializza-

ti, senza il medico. Che posso-no, dunque, fare diagnosi e pre-scrivere farmaci. Sul sito del 118 dell’Emilia-Romagna, ad esempio, sono esplicitamente citati per una tipologia di soc-corso «intermedia», non gravis-sima, che «oltre a un autistae prevede nell’equipaggio l’infer-miere».

Bene, per l’Ordine dei medici bolognese, presieduto da Gian-carlo Pizza, e per la commissio-ne che ad oggi ha giudicato col-pevoli ben sette professionisti, si tratta invece di una grave vio-lazione deontologica. Tanto da portare alla sospensione, in pra-tica il passo appena precedente alla radiazione dall’albo.

«Si tratta di istigazione all’e-sercizio abusivo della professio-ne. Noi ci occupiamo della sicu-rezza dei cittadini e l’atto medi-co non è delegabile» ha detto a�3FQVCCMJDB�#PMPHOB Pizza, do-po la prima raffica di provvedi-menti disciplinari. Adesso pre-ferisce non commentare, ma la notizia provocherà di sicuro un

nuovo terremoto nella sanità emiliana e non solo: il tema so-spensioni è già finito in Parla-mento, il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, ha di re-cente difeso i protocolli dell’E-milia-Romagna, la parlamenta-re bolognese Donata Lenzi ha definito l’Ordine di Bologna co-me «il più conservatore d’Ita-

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lia». Già in passato, in Toscana, si è combattuta una battaglia si-mile: l’hanno vinta gli infermie-ri, che anche oggi lavorano tran-quillamente a bordo delle am-bulanze. Molto più difficile sco-vare invece delle sospensioni per motivi disciplinari legate a questi aspetti organizzativi.

I nuovi medici nel mirino,

per adesso, preferiscono non-commentare, ma non è escluso che nei prossimi giorni, Gordini JO�QSJNJT, decidano di spiegare e difendere la propria posizio-ne. Appena riceveranno le moti-vazioni della sospensione, inol-tre, avranno un mese di tempo per fare ricorso.

UN’AZIENDA sanitaria che spen-de bene i suoi soldi, investe sul-la ricerca e cura il rapporto con i propri pazienti, molti dei quali provenienti da tutto il Paese grazie all’ottima reputazione dei suoi professionisti. Il policli-nico Sant’Orsola è stato premia-to ieri a Roma come miglior ospedale d’Italia, durante la ce-rimonia che ha visto presenti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quello della Camera Laura Boldrini, e i mini-stri della Salute e della Pubbli-ca amministrazione, rispettiva-mente Beatrice Lorenzin e Ma-rianna Madia.

Il premio è promosso dall’as-sociazione *UBMJBEFDJEF, che ha come scopo quello di segnalare gli esempi virtuosi nel settore pubblico. Ecco alcuni numeri snocciolati ieri durante la pre-miazione: 68mila ricoveri l’an-no (oltre il 15% per pazienti provenienti da fuori regione, la stragrande maggioranza della mobilità attiva dell’Emilia-Ro-magna). E poi la ricerca, grazie al rapporto con l’Alma Mater: 1.415 pubblicazioni e 336 studi clinici di cui 101 interventistici con farmaco, le 14 funzioni per le quali il policlinico è un centro di riferimento regionale e nazio-nale, le 81 unità operative per i diversi percorsi di cura.

«Questo riconoscimento - ha commentato Mario Cavalli, riti-rando il premio - attesta l’impe-gno quotidiano con cui ognuno dei 5.323 collaboratori del poli-clinico ha saputo affrontare le sfide di una professione com-plessa in una fase delicata e dif-

ficile. La presenza dell’Universi-tà, lo sviluppo continuo delle competenze, la disponibilità al cambiamento e la capacità di vi-verlo insieme sono i punti di for-za grazie a cui potremo affron-tare con fiducia tutto quello che ancora resta da fare, per conti-nuare a migliorare ogni gior-no». Quella tra l’Università di Bologna e il Policlinico ha per il rettore dell’Alma Mater France-sco Ubertini «è una sinergia sto-rica che porta formazione e ri-cerca di alta qualità all’interno di un contesto ospedaliero effi-ciente e all’avanguardia». Pre-sente anche l’assessore regio-nale alla Sanità Sergio Venturi (già direttore del Sant’Orsola): «È una soddisfazione particola-re che questo riconoscimento arrivi da una associazione che promuove esempi concreti di qualità dei servizi ed efficienza dei processi nella Pubblica am-ministrazione».

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(IOVANNI Gordini o il para-dosso dell’elicottero. Po-trebbe suonare così l’inci-

pit della storia della grande in-tuizione, salvare vite volando, anno di decollo 1986, 14 giugno ad essere più precisi. Storia che oggi deve fare i conti col brusco atterraggio dell’Ordine dei me-dici. Perché il “Dottor House” che ha “inventato” il 118, nume-ro divenuto negli anni familiare, oggi rischia la carriera per aver messo infermieri sulle ambulan-ze, al posto del personale medi-co. Ironia e amarezze della pro-fessione. «Quando cominciam-mo a pensare all’utilizzo dell’eli-cottero, per accorciare i tempi delle emergenze — raccontò in-tevistato dall’emittente “è-tv” per i 25 anni di attività — pote-va sembrare una idea avventu-rosa, invece il sistema prese pie-de». La pista di decollo sul tetto del Maggiore in effetti sembra-

va più che avventurosa, fanta-scienza, lassù si poteva domina-re l’orizzonte e come nelle squa-dre speciali ognuno aveva il suo compito preciso, dalla sala ope-rativa che gestiva le chiamate, ai piloti del velivolo, al persona-le di bordo che durante il tragit-to aveva pochi istanti per fare mente locale e prepararsi al soc-corso. E il 118 diventò sinonimo di “angeli dal cielo”, quelli di “Bo-logna soccorso”, gli operatori sa-nitari capaci di atterrare il più vi-cino possibile al teatro dell’inci-dente. In un campo di calcio, in mezzo a un parcheggio, ovun-que fosse possibile.

Agli albori, Gordini educò i cit-tadini che chiamavano chieden-do aiuto. C’era da stabilire una priorità, le prime informazioni erano fondamentali «anche se oggi con l’uso dei cellulari può capitare di ricevere più chiama-te per la stessa segnalazione» di-ce. Cosa che complica non poco il lavoro dei soccorritori che de-vono disporre di poche ma deci-sive informazioni. La vita uma-na si misura non in minuti, ma

in secondi. Capitò che un’ambu-lanza tardò un paio di minuti per soccorrere un infartuato e fu-rono polemiche, perché nella re-gione delle eccellenze sanitarie si impara a pretendere ciò che scontato non è. Gordini questo lo ha sempre saputo e ogni vol-ta, accadeva raramente, che si confidava coi cronisti, mostrava il lato pù esigente, ma anche più umano della sua professione.

Una volta addirittura i familiari di un paziente aggredirono i me-dici e si andò a processo. Ma se c’è una data impressa nella me-moria di ogni dipendente del Maggiore, quella è il primo mag-gio del 1994, ultimo giorno di vi-ta dell’asso di Formula uno Ayr-ton Senna. In quelle ore freneti-che con la sala conferenze dell’o-

spedale trasformata in “media center”, il Maggiore divenne tri-stemente famoso in tutto il mon-do. Le lacrime del primario Ma-ria Teresa Fiandri davanti a deci-ne di telecamere e il ricordo che Gordini ha fatto, di recente, su 3FQVCCMJDB�JU.

«Se ne sono lette tante, ma la verità è che Senna quando lo ca-ricammo sull’elicottero respira-va ancora». La banalità di un la-voro mai banale: «A Imola fa-cemmo quello che eravamo abi-tuati a fare ogni giorno sulle stra-de: soccorrere le vittime di un in-cidente e portarle nell’ospedale più vicino attrezzato per questo tipo di emergenze». Purtroppo non bastò a salvare la vita del più abile e amato dei piloti: la Tac rivelò un «quadro di deva-stazione». E non restò che racco-gliere gli effetti personali del campione e consegnarli alla fa-miglia. La realtà di oggi, oltre i ri-cordi e gli aneddoti, e quella dei vertici del Maggiore quasi azze-rati. È tempo di nuove polemi-che per il 118.

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PIOVONO 80 milioni di euro sul-le aziende sanitarie dell’Emi-lia-Romagna, deliberati ieri dal-la commissione politiche per la salute della Regione (75,6 mi-lioni di risorse statali e quattro messi a bilancio da viale Aldo Moro). A ricevere il finanzia-mento più cospicuo sarà il Sant’Orsola, con 19 milioni per il riordino e la riqualificazione della pediatria, all’interno del polo materno-infantile.

All’Ausl di Bologna arrivano cinque milioni, di cui 3,4 per il nuovo pronto soccorso dell’o-spedale di Bentivoglio e 1,6 per l’ammodernamento delle tec-nologie biomediche. All’Istitu-to ortopedico Rizzoli spettano 1,15 milioni, sempre per l’ac-quisto di apparecchiature bio-mediche, mentre all’Ausl di Imola vanno 900mila euro per il miglioramento della sicurez-za nei presidi ospedalieri.

I fondi, che coprono degli in-vestimenti straordinari in sani-tà (come ristrutturazioni o ac-quisto di macchinari), riguar-dano ovviamente tutte le città della regione. All’Ausl della Ro-magna vanno 17,6 milioni, 11 milioni all’azienda ospedaliera di Reggio Emilia, 4,6 a Piacen-za, 7,3 a Parma (tra Ausl e Poli-clinico), 8 milioni a Modena, un milione a Ferrara.

Come spiega la direttrice ge-nerale dell’assessorato alla Sa-nità, Kyriakoula Petropulacos, «sono fondi la cui programma-zione era già avvenuta nel 2013, e quindi in alcuni casi ab-biamo dovuto riformulare gli in-vestimenti davanti a interventi realizzati o divenuti non più prioritari dato il passare del tempo».

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