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1 PROTESI D’ANCA La protesi d’anca(protesi biomorfa perché replica il disegno presente in natura) è la prima sostituzione di parti dell’apparato muscolo-scheletrico. L’articolazione dell’anca è composta da: Acetabolo o cotile Testa del femore Grande trocantere Piccolo trocantere Collo del femore La testa del femore + l’articolazione = GIUNTO SFERICO (necessario per la deambulazione). Il giunto sferico ha un ampio range di movimento, sebbene legamenti e muscoli tentano di limitarli. Grazie alla grande capacità del giunto sferico, insieme ai legamenti e ai muscoli, abbiamo un range di movimenti inferire a quello che dovrebbe avere un giunto sferico. La protesi non deve solo tener conto dell’accoppiamento protesi-osso ma ci si deve soffermare sui muscoli-legamenti dal momento che molto spesso è proprio sui legamenti che sorgono problemi. Il disegno della protesi è particolare perché deve sopperire il “deficit” dei tessutei tendinei-muscolari in quella zona: si deve replicare la struttura tenendo conto dei tessuti legamentosi. A questo punto sorgono spontanee 2domande: 1)Quali forze si scaricano sull’anca? 2)Quali requisiti deve avere la protesi in termini di resistenza meccanica? In un 1°momento ho un appoggio bipodalico dove il baricentro del corpo è sull’asse di simmetria, il peso del corpo è applicato nel baricentro e sull’anca abbiamo 2forse uguali(quindi P corpo - 2P anca )e in un secondo momento ho invece un appoggio monopodalico .

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PROTESI D’ANCA

La protesi d’anca(protesi biomorfa perché replica il disegno presente in natura) è la prima sostituzione di parti dell’apparato muscolo-scheletrico.L’articolazione dell’anca è composta da:

Acetabolo o cotile Testa del femore Grande trocantere Piccolo trocantere Collo del femore

La testa del femore + l’articolazione = GIUNTO SFERICO (necessario per la deambulazione).Il giunto sferico ha un ampio range di movimento, sebbene legamenti e muscoli tentano di limitarli.Grazie alla grande capacità del giunto sferico, insieme ai legamenti e ai muscoli, abbiamo un range di movimenti inferire a quello che dovrebbe avere un giunto sferico.La protesi non deve solo tener conto dell’accoppiamento protesi-osso ma ci si deve soffermare sui muscoli-legamenti dal momento che molto spesso è proprio sui legamenti che sorgono problemi.Il disegno della protesi è particolare perché deve sopperire il “deficit” dei tessutei tendinei-muscolari in quella zona: si deve replicare la struttura tenendo conto dei tessuti legamentosi.A questo punto sorgono spontanee 2domande:

1)Quali forze si scaricano sull’anca?2)Quali requisiti deve avere la protesi in termini di resistenza meccanica?

In un 1°momento ho un appoggio bipodalico dove il baricentro del corpo è sull’asse di simmetria, il peso del corpo è applicato nel baricentro e sull’anca abbiamo 2forse uguali(quindi Pcorpo -2Panca)e in un secondo momento ho invece un appoggio monopodalico.

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Il baricentro non si trova più là ma si trova spostato sull’asse dell’arto sollevato per far cadere la retta di applicazione del peso:Ptotale – Parto sollevato ≃10 Kg

Si attiva una CONTRAZIONE muscolare che contrasta il momento C che si crea dal momento che non ci troviamo più sul baricento precedente e si genera un momento M che deve essere equilibrato dalla somma delle forze che si applicano sull’anca, una forza muscolare che gli abduttori mettono in atto nella camminata.Da ricerche sperimentali sappiamo che le forze che si scaricano a livello del

ginocchio sono più basse rispetto a quelle dell’anca, sebbene anch’esse elevate (da un massimo di 7.1N,forza articolare calcolata come multiplo del peso corporeo , dell’anca rispetto ad un massimo di 4.4N del ginocchio).Ho equilibrio tra reazione muscolare R e forza C(ognuna moltiplicata per il suo braccio):

C*a = R*b con b<<a

Il braccio degli abduttori è molto piccolo affinchè il paziente riesca a equilibrare ciò; infatti, essendo un rapporto di bracci di 4 a 1 , la forza totale delle forze che si scaricano sull’anca è ≃ uguale alle componenti verticali (trascurando quindi le orizzontali) : F≃R+C=(1 + a/b)*c e quindi , se a≃4b → F=5C Diremo quindi che rispetto all’appoggio bipodalico, la forza applicata è completamente differente, dove la sopportazione ad ogni ciclo del passo è molto notevole, essendo ≃300Kg.Quando cambio deambulazione(corro, faccio le scale,….) questo fattore 5 sale notevolmente: se corro, ad esempio ,aumenta la forza d’inerzia, mentre, ad esempio , mentre faccio le scale attivo altri muscoli che si scaricano sull’anca, con un aumento in generale da 5 a 7 volte il peso corporeo.

PATOLOGIE CHE PORTANO ALLA PROTESIZZAZIONE :

Tra le motivazioni che ci portano al fallimento, abbiamo la SCARSA DUTTILITà delle protesi e sono le stesse che provocano patologie nell’articolazione naturale.Carichi di presso-flessione sono un’elevatissima causa che porta a frattura della protesi naturale, mentre, un secondo problema che riscontriamo tra le cause che portano alla protesizzazione dell’anca è L’ATTRITO causato dall’impossibilità di movimento tra la testa del femore e l’acetabolo: si genera nell’articolazione del materiale che porta a processi degenerativi e usura.

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I processi degenerativi avvengono a carico della cartilagine che ricopre la struttura dell’articolazione.Parliamo di ARTROSI, essendo la cartilagine a permettere una lubbrificazione ottimale del giunto e permette di ridurre l’usura del giunto stesso.Tutti i PROCESSI DEGENERATIVI artrosici sono a danno della superficie articolare, la cartilagine si deteriora ed è possibile che parti vengano a contatto l’una con l’altro e questo causa dolore al paziente con la conseguente protesizzazione dell’articolazione.Artrosi è una patologia che si autoalimenta in zone soggette ad usura e il processo degenerativo è difficile da arrestare ed infatti normalmente porta alla necessità di sostituire ‘articolazione.L’artrosi può essere primaria o secondaria: se si scatenano senza/con rapporti anatomici si hanno unificazioni dei movimenti articolari; in seguito a determinati processi infiammatori i rapporti anatomici degenerano e se i carichi aumentano, dal momento che aumenta la biomeccanica del sistema, sfociamo nella patologia artrosica.

L’OSTEOPOROSI invece presenta degenerazione dei rapporti anatomici ed è un processo degenerativo quando l’osso si rompe, comportando la sostituzione completa con l’utilizzo di una protesi d’anca.

Altri processi che portano a protesizzazione sono quelli INFIAMMATORI : artrite reumatoide è la risposta patologica del sistema immunitario con necessità di intervento sostitutivo dell’articolazione (testa del femore o a danno del compartimento acetabolare e quindi è solo la testa del femore che viene sostituita ), mantenendo acetabolo naturale del paziente.

Tra le ANOMALIE CONGENITE che vanno ad alterare i rapporti biomeccanici tra la forza degli abduttori e la forza peso abbiamo DISPLASIA dell’anca che altera la posizione del punto di intersezione dei muscoli abduttori.

Ricordiamo poi la LUSSAZIONE congenita dell’anca: congenitamente la testa del femore si disarticola dal momento che la testa del femore o acetabolo hanno dimensioni diverse da quelle fisiologiche; la capsula legamentosa si lascia andare a causa di questa continua lussazione, l’anca si lussa e anche qui si è costretti alla protesizzazione.

In caso di COXA VALGA abbiamo delle anomalie scheletriche dove l’angolo cervico-afisario è diverso da quello fisiologico che normalmente è di 120° mentre nel coxa VARA è <120° e nel VALGA è >120°.

Tra le PATOLOGIE TRAUMATICHE , dove interviene un trauma a compromettere l’integrita dell’osso; per TRAUMA non s’intende cattiva genesi .Fratture di ogni tipo sono traumi sia a livello dell’acetabolo che degle epifisi del femore dove la gravità dell’evento traumatico fa decidere se protesizzare o no.

L’OSTEONECROSI della testa femorale è invece una della maggiori cause di protesizzazione : molte delle cellule della testa del femore non vengono più irrorate e questo causa la sostituzione della testa del femore poiché il femore fisiologico non ci stà più nell’acetabolo protesico.Spesso la protesi vie inserita solo a livello della testa del femore perché, essendo un problema dovuto a un trauma, che può succedere anche a un paziente giovane, si ha un target che cerca di sostituire il meno possibile avendo un paziente con un’aspettativa di vita minore rispetto ad uno in età avanzata.

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BIOMECCANICA PATOLOGICA:C’è un certo tipo di rapporto tra braccio della forza peso e forza abduttore: abbiamo una sommatoria vettoriale delle forze.

Il braccio degli abduttori tende ad accorciarsi in seguito a qualche patologia con conseguente aumento della forza peso e aumento della risultante che scarica sull’anca.Abbiamo un incremento importante della forza risultante che si scarica sull’anca con conseguente aggravarsi della patologia.Questo tipo di patologia fu la prima dal punto di vista chirurgico : fu Charley che negli anni ’50 ha pensato come protesizzarla provando 2 soluzioni al problema degli accorciamenti dei muscoli abduttori; uno dei 2 metodi era ok , sebbene tuttavia la teoria di Charnley fallì dal momento che venne applicata in un periodo in cui si utilizzavano acciai, materiali non buoni che si rompevano; si notavano delle rotture frequenti a causa del dispositivo e ha pensato a come risolvere il problema: AUMENTARE il braccio dei muscoli abduttori per riportare la biomeccanica del sistema in una situazione

fisiologica; spostò il centro dell’articolazione rispetto al baricentro del corpo a livello più mediale → i bracci dei muscoli abduttori aumentano → la forza degli abduttori diminuisce → la forza risultante risulta quindi

più bassa (questo è un tipo di intervento che ancora in fase chirurgica ancora si attua! ).Inoltre vediamo che per diminuire il braccio della forza peso si ha una centralizzazione della testa femorale (testa extra-long) mentre per aumentare il braccio degli abduttori si effettua un’osteotomia del grande trocantere (2°soluzione) dove viene tagliata una fetta di trocantere e la parte tagliata viene fatta ruotare in direzione prossimale; girando questa fetta di trocantere di fatto si aumenta il braccio degli abduttori; un tempo il trocantere veniva cerchiato con fili metallici e questa operazione era molto traumatica infatti al giorno d’oggi è ormai in disuso.

LE SPECIFICHE DI PROGETTO DELLA PROTESI D’ANCA

1. Consentire i gradi di libertà rotazionali consentiti dall’articolazione naturale fra la coscia ed il bacino: come in quasi in tutte le protesizzazioni si cerca di riproporre al mossimo i movimenti naturali ma di limitare al minimo la possibilità di lussazione.La protesi d’anca ricalca la configurazione naturale con modifiche, come per esempio la testina che ha più materiale acetabolare attorno; l’anca naturale consente il movimento tra gli arti inferiori e il tronco , dove i gradi di libertà costituiscono la somma dei movimenti.

2. Sopportare i carichi applicati durante il passo.Si ricorda a questo proposito che tali carichi raggiungono valori pari a diverse volte il peso corporeo del soggetto dove quindi bisognerà progettare una protesi affidabile sia dal punto di fista statico che a fatica.Si possono avere delle rotture a livello statico : per esempio la ceramica , fragile , si frantuma a

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causa di un carico particolarmente gravoso, per esempio in una situazione inaspettata, esempio un inciampo, che aumenta il carico.

3. Resistere alla fatica meccanica derivante dall’applicazione ciclica del carico durante il passo. In genere si ritiene che l’articolazione dell’anca sia sottoposta a circa 10 milioni di cicli di carico in 10 anni da un soggetto che conduce una normale attività. Il componente protesico maggiormente sollecitato a fatica è lo stelo femorale dal momento che quest’ultimo si trova disossato; la protesi dovrebbe resistere per lo meno10anni ma attualmente il numero di cicli cui deve resistere la protesi per entrare in commercio è di minimo 20anni.

4. avere delle superfici articolari resistenti all’usura o comunque tali per cui l’usura non produca danni funzionali né induca risposte indesiderate dei tessuti ospiti : l’usura è quel fenomeno che porta al consumo di una o di entrambe le superfici, in questo caso del componente acetabolare: siccome la forza che si và a scaricare molto spesso è considerevole, molto spesso si ha usura → nuovo problema: si sostituisce il teflon con l’acetilene, comportando un’aumento della resistenza meccanica ma si ha che usura prodotta ha una maggiore quantità di attrito → la risoluzione di un problema quindi spesso comporta la nascita di un altro e spesso non si vede una problematica perché non gli si dà il tempo necessario.

5. essere fabbricata con materiali biocompatibili nel senso che non devono indurre alterazioni o risposte indesiderate nei tessuti ospiti oppure devono provocare una risposta biologica che favorisca la stabilità meccanica dell’interfaccia fra stelo e femore e fra metal back e bacino; la richiesta di materiali biocompatibili non deve però indurre alterazioni del tessuto.La sterilità delle protesi fa si che vi cresca intorno tessuto osseo che la inglobi e quindi necessitiamo di materiali che rispettino questa richiesta di crescita di tessuto osseo; i materiali non devono indurre a necrosi del tessuto osseo e la ricerca và fatta rispetto a materiali che inducono una risposta positiva nel sistema osso-protesi.

6. garantire la stabilità meccanica delle interfacce citate sia subito dopo l’impianto (stabilità primaria) sia nel tempo (stabilità secondaria); questa stabilità osso-protesi deve essere garantita sia il giorno dopo l’impianto che nel tempo e le soluzioni che consentono una maggiore stabilità primaria possono non farlo per quella secondaria e il tutto dipende dal tipo di vincolo che si sceglie : compito del clinico è quello di scegliere rispetto al quadro del paziente che gli si presenta, ricordando che il tutto è strettamente correlato alle aspettative di vita.

7. essere facilmente impiantabile :il rischio è che il chirurgo commetta il minor numero di errori nell’innesto della protesi e nell’utilizzo del suo strumentario ; ci cerca di raggiungere la minima invasività possibile, lasciando inalterate strutture legamentose e quindi è molto importante l’interazione con il chirurgo, dal momento che dev’essere lui a impiantare la protesi nel modo più agevole possibile.

8. essere facilmente sostituibile se si danneggia o comunque se il suo funzionamento si compromette. La facile sostituibilità riguarda principalmente il fatto che la sua rimozione non deve danneggiare eccessivamente l’osso così che l’impianto di una nuova protesi possa avere probabilità di successo;al giorno d’oggi è una delle specifiche di progetto fondamentali dal momento che al giorno d’oggi si protesizzano molti più giovani e si vuole anticipare il momento della prima protesizzazione in modo tale da dare al paziente , in età avanzata, una vita migliore, ricordando che la minima invasività va in questa direzione.

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9. avere un comportamento biomeccanico che non alteri le caratteristiche meccaniche globali del sistema bacino-femore. In particolare le attuali protesi hanno steli che irrigidiscono la parte prossimale del femore. Inoltre la catena stelo, testa e cotile delle protesi è molto più rigida di quella naturale e ciò determina la trasmissione di carichi impulsivi potenzialmente dannosi;il comportamento biomeccanico non deve alterare la protesi integrata dall’osso; questo fenomeno è governato dalle deformazioni che vanno a carico dell’osso intorno alla protesi.Se studiata dal punto di vista meccanico (Legge di Walt) l’azione osteoblastica vince su quella osteoclastica, al fine di garantire che l’osso sia studiato dal punto di vista meccanico è vincente risultando più stabile nel tempo; questo è mediato dalla rigidezza dei due sistemi : più il sistema artificiale è rigido, tanto più si prende il carico (?) e tanto più risulta scarico.Normalmente l’osso si rigenera grazie al carico che il paziente applica durante il cammino → aumento la rigidezza ; metto metallo dove c’era il midollo(?) ,avendo il metallo una maggiore rigidezza → quindi alla fine questo aumento di rigidezza è il target fondamentale per garantire la stabilità secondaria per osteointegrazione, sebbene questo tipo di specifica non si riesca a soddisfare completamente.

10. garantire nei tessuti ossei, specialmente del femore, uno stato di sollecitazione tale per cui il fenomeno del rimodellamento osseo non venga spostato verso il riassorbimento o la crescita anomala.Quest’ultima specifica altro non è che una continuazione del punto 9. : le parti sovraccaricate non devono andare incontro a crescite anomale (sebbene sia comunque un danno minore).

LA PROTESI D’ANCA

In generale sappiamo che è lo STELO che và inserito nel canale midollare; poi c’è una testina con accoppiamento conico tra stelo con cono maschio e testina con cono femmina, il tutto assemblato con un’unica operazione; poi c’è il cotile e un metal back che è ancorato all’acetabolo e ha un vincolo metallico che lo collega al cotile : ci possono essere varianti differenti, tipo per esempio testa-stelo tutt’uno, dove cotile e metal back possono non esserci.

Quindi vediamo che i materiali DEVONO garantire elevata biocompatibilità e resistenza alla corrosione ed avere elevate caratteristiche meccaniche rispetto al carico di rottura e resistenza a fatica, sollecitata da presso-flessioni.Il CORE (stelo) è composto da 3 leghe fondamentali (lega Ti6Al4V – titanio6alluminio4vanadio dove il vanadio non essendo particolarmente assorbito può essere sostituito il Nb – Niobio, lega cromo-cobalto-molibdeno e acciaio inox Alsi 316L che sono inossidabili).La finitura superficiale deve permettere la lucidatura e la sabbiatura mentre il rivestimento sarà in metallo poroso (sfere, fibre) ,che permette di cambiare la rugosità superficiale, deve essere idrossiapatite o biovetro in PMMA precoat (poli-metil-metal-acrilato).Per ottenere attività OSTEOINDUTTIVA gli steli vengono rivestiti in titanio, ottenuto per tecnologia

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plasma-spray, dal momento che aumenta la rugosità dello stelo, sfruttato sia per aumentare l’azione osteoinduttiva che per aumentare le caratteristiche a fatica, diminuendo la probabilità che vi siano difetti.

Per quanto riguarda i materiali della componente acetabolare (accoppiamento testa-acetabolo), dal momento che su quest’ultima il carico è pressorio e non abbiamo trazione (meglio!) bisogna assicurare un’eleta compativilità e resistenza alla corrosione e elevate caratteristiche meccanica (carico di rottura e resistenza all’usura).Lo SHELL per il metal back è fatto in lega Ti6Al4V sabbiato per aumentare le caratteristiche osteoinduttive (stesso scopo dello stelo! ).Per quanto riguarda il rivestimento questo sarà in metallo poroso è anch’esso idrossiapatite e biovetro mentre, per quanto riguarda gli ACCOPPIAMENTI A USURA , avremo una testina piccola,modulare,dove la più performante nei confronti dell’usura è quella in ceramica che ne è inerte, con rugosità superficiale molto bassa, sebbene però sia legato a problematiche diverse come la fragilità del materiale ceramico (usura di materiale inerte al corpo umano che non dà fastidio! ).

Gli accoppiamenti di acetabolo in polietilene è mmolto usata essendo economica, sebbene il polietilene si usuri e la ricerca si stà appunto orientando su nuovi materiali meno usuranti, irraggiando i polietileni ,per aumentare le proprietà antiusura, infragilendo però il materiale.

Con la testina in Co-Cr su acetabolo in Co-Cr abbiamo 0.08mm3 di detrito/milioni di cicli (può però derivare metallosi con conseguenti processi tumorali);se ho un accoppiamento di allumina ceramica su polietilene siamo in un range da 35-50mm3di detrito/milione di cicli mentre suall’accoppiamento cobalto su polietilene parliamo di 50-100mm3di detrito/milione di cicli.

Classifichiamo le protesi ora dal TIPO DI VINCOLO:

1. PROTESI CEMENTATEPresentano un ancoraggio tramite cemento per ossa, PMMA (come il plexiglas), biocombatibile: è stata una scoperta casuale fatta durante la seconda guerra mondiale in cui gli aerei contenevano complementi in plexiglass al posto del vetro e si è appurato che i piloti feriti con il plexiglass avevano un rischio d’infezione minore.Le protesi cementate hanno una maggiore superfice di interfaccia meccanica, meno problemi di dimensionamento geometrico, una tecnica chirurgica più semplicce, sebbene comportino più problemi nella revisione.Il PMMA è fornito al chirurgo in forma non cementizzata ma a livello di polvere e in più gli viene data una fialetta di polimero, ottenendo una “pappetta” che il chirurgo andrà a inserire nel canale midollare, poi inserisce lo stelo in modo tale da far risalire il cemento in eccesso, essendo in grado in pochi minuti di polimerizzare e incollare la protesi: bisogna sottolineare che questo processo non è dovuto alla chimica bensì a un’aspetto meccanico che permette questo ancoraggio protesi-osso.VANTAGGI: con questa tipologia di vincolo siamo sicuri chee lo stelo sia completamente rivestito, quindi ha maggiore interfaccia meccanica; quando il chirurgo prepara il foro midollare usa delle RASPE che lo modificano con la forma della protesi e in fase preparatoria queste raspe utilizzate avranno la forma dello stelo della protesi: qui il chirurgo DEVE fare un foro con un diametro > del diametro dello stelo e successivamente con il cemento livellerà gli spazi tra foro e stelo ; questa tecnica chirurgica è più semplice perché non c’è la necessità di fare un diametro perfetto dal

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momento che c’è il PMMA a richiudere il tutto.SVANTAGGI:abbiamo più problemi di tensione dal momento che quando tolgo la protesi, tolgo del cemento poiché nella prima fase dell’impianto ho tolto più osso di qunto effettivamente ne servisse . I pazienti con questa tipologia di protesi si alzeranno sicuramente prima ,nell’imminennte periodo succesivo all’intervento, perché siamo sicuri che la protesi sia ben fissata ma la presenza del cemento una provoca una peggior stabilità secondaria.Nel corso della vita del paziente il cemento diventerà il problema principale , avendo due strutture che tendono a rompersi: la stabilità primaria sarà ottima ma non quella secondaria, che dura di meno non per la rottura della protesi ma del manto cementato. Altra problematica sarà quella del 3°CORPO dove pezzi di cemento si possono staccare ed è più dannoso di quest’ultimi nei confronti dell’usura acetabolare dal momento che agisce come un utensile che graffia, usurando acetabolo e testina, con un DOPPIO EFFETTO DEGENERATIVO , particolarmente sentita la sua azione nelle articolazioni dell’anca , più che nel ginocchio, dal momento che questa articolazione è molto più congruente.

2. PROTESI NON CEMENTATE (press fit)Presentano un ancoraggio tramite forzamento, minore invasività, minor rischio di mobilizzazione e maggiore difficoltà chirurgica.Il chirurgo sagoma il foro midollare con delle raspe stando attento che il foro abbia un diamentro più piccolo di quello dello stelo che quando verrà inserito verrà ancorato tramite forzamento, attraverso martellamento.La stabilità primaria è limitatissima dovuta a questa azione di forzamento.In questo caso il problema del dimensionamento del foro è fondamentale per stabilire una stabilità meccanica.Nel fissaggio della protesi non cementata parliamo di press fit a breve termine mentre di osteointegrazione a lungo termine.L’utilizzo della raspa però potrebbe aumentare il diametro e quindi in questa tipologia di ancoraggio avremo sicuramente una maggiore difficoltà chirurgica, rispetto a quella cementata,dove i suoi vantaggi sono gli svantaggi della non cementata : sacrifico meno osso per il rempimento,ho un’interfaccia solo osso-protesi, e quindi la stabilità secondaria sarà molto superiore.A lungo termine le protesi non cementate hanno quindi una stabilità migliore, sebbene , se debba far alzare il paziente il giorno dopo, utilizzo una protesi cementata , ma se ho un paziente più giovane uso quella non cementata perché gli garantisco un’aspettativa di vita migliore e posso pensare ad un ipotetico reimpianto futuro :comunque il punto fondamentale è come la protesi distribuisce il carico.

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CAUSE DI FALLIMENTO

Le cause di fallimento possono essere:

A breve termine: pochi giorni dopo, si può presentare la MIBILIZZAZIONE SETTICA , dove la protesi perde il suo vincolo all’osso a causa di infiammazione/infezione dell’osso a livello del femore o dell’acetabolo: bisogna rimuovere la protesi in presenza di SEPSI dove per le protesi d’anca e ginocchio sono esistenti dei dispositivi spaziatori, contenenti antibiotico caricato all’interno con una conseguente azione antibiotica totale ,molto simili alle protesi, di PMMA che si mettono dopo la rimozione della protesi a causa di infezione e che mantengono gli spazi e le dimensioni fisiologiche.Possiamo avere una LUSSAZIONE RICORRENTE dovuta a errori in fase chirurgica del diametro del cotile e della testina e per esempio può succedere che l’articolazione si lussi in maniera ricorrente e in questo caso si può solo togliere e sostituire.Se si manifesta ALLERGIA essendo le protesi fatte di leghe metalicche e non di materiali puri dove ci sono degli elementi che possono indurre ad allergia nel paziente dopo essere stato impiantato,dove in caso ultimo si può avere shock anafilattico.

A medio termine: Si parla in questo caso di CEDIMENTO STRUTTURALE: è possibile che qualche particella possa cedere a livello del componente femorale se la protesi non è ben vincolata all’osso a causa di una situazione asettica; A questo punto si potrà mobilizzare.Il cedimento potrà essere per STRESS SHIELDING (senza cemento), dove si hanno anomale ripartizione dei carichi che il paziente trasmette tra osso e corpo, produce troppa poca massa ossea per fare attaccare l’osso alla protesi e quindi la protesi ballerà nell’osso.Per quanto riguarda il CEDIMENTO DEL MANTO CEMENTO vediamo che il cemento è sottoposto agli stessi stress che sopporta la protesi, ha sezioni piccole, aggiungendoci bolle che si possono inserire durante la preparazione del cemento in sala operatoria che porteranno al successivo cedimento strutturale.

A lungo termine : CEDIMENTO STRUTTURALE A FATICA.Qualsiasi oggetto metallico può rompersi, lo si può asportare e migliorare con delle operazioni dello stelo; la componente acetabolare non ha dimensioni importanti , ha un braccio piccolo e quindi la flessione determinata dall’acetabolo è molto piccola. Principalmente con carichi pressori , si ha il cedimento di schianto in caso di testina ceramica o di accoppiamento ceramica-ceramica, dove vi sono dei fallimenti statici a causa della componente acetabolare, comportando un’inizio di scricchiolamento della protesi.Si potrà presentare anche MOBILIZZAZIONE ASETTICA PER OSTEOLISI PERIPROTESICA DA FRAMMENTI dove, indipendentemente dalla testa, ho la coppa in polietilene che è un materiale sicuramente più tenero di qualsiasi altro materiale in cui può essere fatto la testa, si usura, che è problema ineliminabile poiché un certo grado di produzione settica rispetto a qst situazione c’è;parliamo di usura abrasiva, che avviene generalmente tra due superfici in moto relativo , e susura del terzo corpo, scatenata da un detrito che si è staccato, scavando ulteriormente la coppa in polietilene, aumentando la quantità di detrito; i macrofagi tenderanno ad inglobare queste particelle in cui si va ad intaccare la matrice ossea, l’osso si indebolisce e si va incontro a problemi di mobilizzazione.Lo scambio di informazioni tra protesi e osso è mediato dalle sollecitazioni che i 2 sistemi si scambiano.La sollecitazione meccanica che il sistema trasmette può essere troppo alta o troppo bassa o sull’osso o sulla protesi; sulla protesi non ho problemi :se ci sono sempre sollecitazioni abbiamo che la componente tangenziale della forza di attrito aumenta , aumenta la pressione, aumenta la produzione di detrito, usura e

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infine necrosi ossea; se invece va sull’osso, la sollecitazione troppo bassa comporta un’atrofia ossea perché risulta totalmente scaricato, il chè comporta comunque dolore e mobilizzazione. Se ho troppo carico sull’osso, la protesi si fa carico di meno sollecitazione che porta a frattura e successiva necrosi ossea, fenomeno autoalimentato che comporterà un sovraccaricamento delle zone adiacenti e quindi anche loro andranno in necrosi : è un LOOP che porta al fallimento.L’ideale sarebbe trovare una soluzione accettabile che vada sull’osso e sulla protesi perché su 4ipotesi di distribuzione delle sollecitazioni me ne va bene solo una.

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PROTESI DI GINOCCHIO

La protesi di ginocchio è la più diffusa da impiantare( viene istallata in ginocchio non più funzionante; rispetto alla protesi d’anca, quella del ginocchio và a sostituire un’articolazione molto più complessa ).Il tipo di movimento è complesso (si parla di circa 6gradi di libertà),rispetto all’anca, dove si parlava di 3rotazioni, qui è più complesso perché oltre alle rotazioni abbiamo anche traslazioni attraverso 4legamenti (2 COLLATERALI, in torsione , e 2 CROCIATI, movimento traslatorio antero-posteriore, dove ciascun legamento cerca di stabilizzare al massimo attraverso diversi movimenti complessi) e i menischi , che sono a loro volta la sede dei condili femorali, anelli cartilaginei che distribuiscono le sollecitazioni sul piatto tibiale in maniera efficace.Abbiamo un fenomeno di rotolamento-strisciamento: la superficie della tibia è troppo piccola affinche si parli di puro rotolamento; se così fosse si disarticolerebbe.

Il comportamento femoro-rotuleo consiste nell’azione della rotula che di fatto si comporta come una carrucola che ottimizza in proporzione al muscolo che si attacca sulla parte superficiale della rotula e della tibia, le due superfici di scorrimento.

Ciò che è complesso nella protesi di ginocchio, rispetto a quella dell’anca, è proprio la CINEMATICA poiché deve essere nel piano saggittale o flettere la tibia( quindni esisterà un movimento di flessione, torsione , affinchè il femore ruoti rispetto alla tibia, e strisciamento e per far si che il femore non “scavalli” ci dovrà essere una traslazione relativa(c’è anche nei 60° tipici del cammino) , dove tutto deve replicare i movimenti

di flessione fisiologici.

PATOLOGIE CHE PORTANO ALLA PROTESIZZAZIONE Le patologie che portano alla protesizzazione sono fondamentalmente le stesse viste per l’anca:ci potrà essere una causa di degenerazione cartilaginea(più diffuso il danneggiamento della cartilagine),quindi in alcuna parti le cartilagini vengono meno, oppure si può parlare di ARTROSI PRIMARIA, sollecitazioni (scarica più su una che sull’altra) , e TRAUMI .

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La SOVRASOLLECITAZIONE di una deli 2 componenti, dove una delle due parti supera i limiti, degenera, caricandosi anche di ciò che non può più l’altra parte, degenerandosi.Si verificano rapporti anatomici compromessi o processi infiammatori, tipo artriti, motivo per cui le cartilagini degenerano.1) OSTEOTOMIA : nel ginocchio fisiologico , il compartimento mediale è più sollecitato di quello

laterale. Nel caso in cui c’è

degenerazione, per esempio , c’è un sovraccaricamento del compartimento mediale, con una conseguente degenerazione cartilaginea.Si taglia vicino alla tibia, si blocca tutto con un mezzo di sintesi (es una vite) , si rimette dritta e si ristabilisce il fisiologico ASSE ANATOMICO, risolvendo ed evitando il genero.Viene fatta simultaneamente(non contemporaneamente entrambe le gambe, ma a distanza di 6mesi/1anno), in maniera tale da non protesizzare da giovani.

BIOMECCANICALa protesi di ginocchio và a insinuarsi tra le porzioni distali di femore e tibia, dove il disegno della protesi è molto simile a quello fisiologico.→ Si riveste la parte dei condili femorali e la parte del piatto tibiale (con qst protesi si protesizzano sempre entrambe) . Vengono classificate rispetto ai compartimenti sostitutivi, dove la più semplice è la MONOCOMPARTIMENTALE che si protesizza soprattutto nella parte mediale.C’è sempre una parte femorale che ricopre l’emicompartimento sul condilo femorale e a livello della tibia, invece , ho un piatto ti

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polietilene ancorato all’osso o un METAL BACK a cui viene collegato un inserto tibiale in metallo.L’idea è quella di protesizzare il meno possibile.La monocompartimentale è la meno invasiva dal momento che si tagli solo a livello del quadricipite femorale, quindi una sola parte, garantendo un recupero più veloce.Unico svantaggio , che complica questa tipologia d’impianto, è dato dalla poca visibilità.

Esistono anche altre tipologie di protesi del ginocchio, ad esempio parliamo della BICOMPARTIMENTALE la cui esistenza è dovuta al fatto che oltre al comparto mediale, si ha anche un degenero del compartimento femoro-rotuleo : in questa caso si protesizza solo il compartimento mediale e il sacco intercondolideo . Ciò che degenera è il compartimento mediale e il solco sotto la rotula (in questo caso non è vero che c’è solo accoppiamento artificiale-artificiale ) .Questa protesi è asimettrica, è appoggiata solo da una parte ed è soggetta ad uno stato di

deformazione difficilmente preventivabile data l’asimmetricità.

Per quanto riguarda invece la TRICOMPARTIMENTALE( con o senza patella), è una protesi in cui vengono sostituiti i compartimenti collaterale e mediale, ha una componente femorale che riprende la forma dei condili e un compartimento tibiale (piatto in metallo),in cui vi è la

presenza di un “fittone” o altre strutture per ancorarlo alla tibia, dove spesso il tutto verrà cementato. In questa protesi vi è una componente prettamente biologica che è la ROTULA, che si interfaccia con il condilo femorale.La stessa protesi tricompartimentale è uguale con la patella che viene rivestita o con un bottone di polietilene o una sorta di metal-back che viene cementato, dove la

possibilità di protesizzare la patella è sempre stato un enigma, dal momento che la sua presenza aiuta la vita utile del dispositivo e và sostituita in caso di degenerazione della cartilagine.Un altro tipo di classificazione può essere fatta in base al grado di VINCOLO MECCANICO :Per quanto riguarda la classificazione rispetto al vincolo meccanico, la protesi di ginocchio può essere concepita con diversi gradi di vincolo meccanico.Con pazienti con struttutr lrgamentose efficienti, si possono usare protesi che non intacchino tali strutture; se così non è ,si possono introdurre dei gradi di vincolo alla protesi.La protesi meno vincolata è quella di RICOPRIMENTO , dove non ci sono strutture meccaniche che intaccano il paziente: il legamento crociato anteriore non si può mantenere perché si trova sotto la protesi mentre quello posteriore potrà essere sacrificato o meno.

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Di quale tipo di vincolo si parla può essere visto dall’inserto tibiale che, se è pressocchè piatto, la protesi è da ricoprimento, non vincolata, lasciando ai legamenti di stabilizzare il ginocchio.Nella protesi SEMI-VINCOLATA invece,la camma crea un vincolo meccanico che non permette la piena traslazione di ginocchio e tibia, secondo la direzione in cui i legamenti tendono a stabilizzarlo (la camma lo stabilisce a livello antero-posteriore, impedendone la lussazione).

Nel CRUCIATE-RETAINING è permesso il mantenimento del legamento crociato posteriore e lo si capisce dal disegno dal fatto che il piatto tibiale presenta questa tipologia di “scavo” che permette il passaggio del legamento crociato a livello dell’asse tibiale.Nel caso del CRUCIATE-SUBSTITUTING ,invece, per questioni di ottimizzazione, piatto tibiale e scavo viene concepito come lo stesso piatto sia che si voglia salvare o no il crociato posteriore, differendo o un rivestimento del piatto o una camma.

Ultima e più VINCOLATA è la protesi a CERNIERA (molto datata e utilizzata con implicazioni cliniche molto ristrette). Non parliamo più di un sistema di ricoprimento ma di SOSTITUZIONE, utilizzata su pazienti con tumori estesi della massa ossea di femore e tibia, che non sono più così compatti.

Ci sono questi lunghi “fittoni” e a livello di cinematica permette solo la FLESSO-ESTENSIONE nel piano SAGGITTALE (no traslazione anteroposteriore!). Si garantisce al paziente di camminare, sebbene non si riesca subito a recuperare deambulazione fisiologica. E’ una tipologia molto elementare e non c’è più la forma dell’articolazione originale, sebbene si siano però dei vincoli cinematici che impongano solola FLESSO-ESTENSIONE nel piano saggittale.

Altra classificazione è quella secondo la TIPOLOGIA di componente MENISCALE:

1) FISSA : c’è un vincolo meccanico tra inserto tibiale e piatto tibiale che li incastra in maniera rigida l’uno all’altra. Ha una minima percentuale di movimento, fissati al momento dell’inserzione chirurgica; vengono dati separatamente e li accoppia il chirurgo perché, in realtà ,il successo della protesi di ginocchio è dovuto al BILANCIAMENTO DEI TESSUTI MOLLI, cioè i muscoli e i

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legamenti rimanenti riescono ad effettuare lo stesso la loro azione stabilizzante, e il tutto dipende dall’altezza in cui và a tagliare il chirurgo (se questa altezza h è troppo alta, si parla di PRESTRECH e quindi si potrebbe rompere nei vari movimenti). Con le indagini preoperatorie si capisce bene la taglia del femore e del piatto mentre l’altezza tibiale và scelta in sala operatoria.Si deve valutare la tensione del legamento e quindi non sarà solo l’altezza dell’inserto tibiale a influire ma, per esempio, anche la precisione dei tagli è importante.Una volta scelta l’altezza giusta, lo blocca al piatto tibiale, concettualmente pensato a rimanere ancorato fino a una futura rimozione.Come si vede dall’immagine, abbiamo 4 fori per ancorare ULTERIORMENTE il piatto nell’osso della tibia e una SCALANATURA he presenta un profilo dell’inserto: se ci sono dei dentini (in polietilene e quindi deformabili ) può essere forzato nella scalanatura appena c’è un’accoppiamento di forma.

2) Vi sono diversi gradi di mobilità tra inserto e piatto, componenti fondamentali per DIMINUIRE L’USURA: ci sono protesi con un inserto tibiale con “fittone” che si inserisce in un gioco conico nel patto tibiale e quindi abbiamo mobilità.Altro tipo di mobilità è quella antero-posteriore, applicata solo alle monocompartimentali, dove l’inserto può scorrere sulla superficie del piatto tibiale: non molto diffuse perché permette questo tipo di mobilità solo nei pazienti con una mobilità INTRINSECA dei legamenti OTTIMALE.

Ultima possibilità di classificazione ( come per la protesi d’anca ) è il TIPO DI FISSAZIONE:

1. CEMENTATA: presupposto antecedente al fissaggio; esistono disegni prettamente destinati alla cementazione, componenti femorali nella cui parte interna vi sono delle nicchie per accogliere il cemento ma di fatto anche in quelle non-cementate, se vi applicchiamo uno straterello di cemento non abbiamo nessun tipo di problema (esempio il caso del fittone visto prima) .VANTAGGI:lo strato di cemento uniforma le discontinuità delle resezioni chirurgiche e si comporta come smorzatore interposto tra un materiale molto rigido(protesi) e un materiale relativamente soft (osso); è una chirurgia complessa perché il femore deve essere tagliato di diversi piani,inclinato di un certo angolo;questa chirurgia di fatto può influenzare e il cemento può uniformare gli errori chirurgici. Nel caso di cementazione abbiamo un FITTING perfetto perché praticamente ne fa un calco(il cemento ha un modulo elastico minore della protesi ed è per questo che ne fa da smorzatore).SVANTAGGI: se si staccano pezzi di cemento questi agiscono come TERZO CORPO nel processo dell’USURA; inoltre lo strato di cemento invecchia, si rompe e col tempo la connettività tra protesi e osso si perde. Sarà proprio quindi il cemento il rovescio della medaglia della protesi cementata dal momento che presenta un’interfaccia debole.Nel ginocchio è meno importante rispetto all’anca perché la bassa congruenza della superficie del ginocchio permette al detrito di non sostare nell’articolazione.

2. NON CEMENTATA: vengono aggiunte delle strutture (perni) nel femore che servono per infilarsi nell’osso e permettere l’accoppiamento. La superfice del femore non presenta PRESFIT EFFICACE però tagliare una parte di osso non è una cosa così semplice e quindi usiamo questi ulteriori appendici per la stabilità primaria.In questa tipologia di protesi sicuramente l’assenza di cemento può essere visto come un vantaggio ma tra gli svantaggi ricordiamo l’assenza di aderenza tra protesi e ossoed è proprio per questo che le protesi non cementate hanno un più alto grado di perdita di interfaccia rispetto alle protesi cementate.

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Nella protesi d’anca se si può scegliere, si sceglie quella non cementata mentre in quella del ginocchio il cemento non influenza e quindi le geometrie diverse non permettono questo pressfit.

Soffermiamoci ora sulle CAUSE DI FALLIMENTO(già viste per la protesi d’anca):

A BREVE TERMINE: nelle protesi di ginocchio abbiamo la lega Co-Cr per la parte femorale, polietilene nell'insert’ tibiale e il piatto tibiale è o in titanio o in polietilene (se parliamo di uso clinico e non sperimentale ).Tra le cause abbiamo la mobilizzazione settica e allergia.Inoltre viene anche utilizzato uno SPAZIATORE DI GINOCCHIO che viene cementato (PMMA) IMPEDENDO grandi movimenti, inserito per circa 6 mesi, durante il periodo dell’infezione e successivamente rimosso – anche in questo caso ho cemento antibiotato - .Nelle monocompartimentali è molto difficile da inserire dal momento che presenta un’anomalo stato di sollecitazione perché si trova a lavorare di flessione e sappiamo che non è stato progettato per questo, con conseguente fallimento della protesi.

A MEDIO TERMINE vediamo la mobilizzazione asettica per stress-shielding (che risulta essere minore rispetto all’anca), cedimento del manto di cemento e lussazione tra componenti di femore e tibia .Per quanto riguarda lo stress-shielding, sappiamo che nel ginocchio ho dei carichi solo quasi di compressione rispetto alal protesi d’anche che presenta anche la pressione, dove il carico potrebbe essere ripartito non equamente rispetto al braccio ( è fondamentale la ripartizione dei carichi! ).

A LUNGO TERMINE, parliamo di cedimento strutturale a fatica a causa del piatto tibiale(raro nella totale sebbene possibile nella monocompartimentale),della componente femorale (possibile nella monocompartimentale),oer usura dell’inserto tibiale e per mobilizzazione asettica per osteolisi periprotesica da frammenti. Entriamo un po’ nello specifico : il cedimento strutturale a fatica raramente avviene nel piatto tibiale della protesi totale bensì in quella monocompartimentale: è più piccola quindi presenta più probabilità di resistenza meccanica – meno invasiva e scarso danno ai tessuti -. La componente femorale è una causa di fallimento solo nella monocompatimentale dal momento che nella totale il materiale utilizzato è molto ed è sottoposto a compressione e quindi è proprio improbabile che si rompa. Invece nella monocomp può avvenire perché i processi di lavorazione sono differenti da quella totale (microfusione per la mono e forgiatura per la totale → caratteristiche meccaniche più elevate). Per quanto riguarda la mobilizzazione asettica per osteolisi periprotesica da frammenti vediamo che quest’ultimi si creano per usura dei detriti che scatenano una risposta da parte del sistema immunitario e alla fine si ha osteolisi periprotesica e quindi indebolimento della parte ossea e mobilizzazione delle componenti, dove questa mobilizzazione si perquote sulla resiustenza a fatica delle componenti; l’osteolisi periprotesica avviene maggiormente a carico della tibia che non sul femore; l’osso della tibia si riassorbe, la tibia si mobilizza e il piatto può lavorare anche a flessione perché gli manca il supporto dell’osso alla base. Quindi i cedimenti a fatica sono interconnessi l’uno all’altro.La superficie di contatto della protesi d’anca è più elevata di quella del ginocchio e pure più congruente, il carico che arriva sull’anca si distribuisce sulla superficie e quindi lo sforzo è molto più basso sull’anca che sul ginocchio mentre il carico che và nell’anca è maggiore di quello del

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ginocchio, però le superfici di contatto sono più piccole per cui lo sforzo locale è più elevato nel ginocchio e quindi ho più possibilità che si fratturi l’inserto tibiale.

Ultima causa di fallimento (la principale! ) è l’USURA dell’inserto tibiale:La coppa acetabolare della protesi d’anca non andrà mai a presentare un’usura così catastrofica perché ha una superfice maggiore, presenta un minore sforzo locale,abbiamo un carico elevato mentre il carico che và nel ginocchio è materialmente più basso mentre lo sforzo locale qui è maggiore data la minore superficie.

L’usara può essere:

ADESIVA , causata da pressioni locali ; Il carico preme le 2 superfici una contro l’altra (sempre un materiale più tenero dell’altro) con conseguenti pressioni locali molto elevate e deformazioni puntuali delle zone di contatto il cui moto relativo genera micosaldature → usura adesiva → “strappo” → aumento della “rugosità”.

ABRASIVA, dove abbiamo un’azione di taglio coercitata da superfici dure che strisciano su superfici di materiale più tenero ; le asperità superficiali del materiale più duro funzionano come microutensili che asportano materiale dalla superficie più tenera (particelle nanometriche generate).

USURA PER FATICA, caratterizzante le problematiche a lungo termine nelle protesi del ginocchio, dovuto ai cicli successivi di carico e scarico; a livello solo superficiali si possono trovare delle CRICCHE che causano il distacco, un “bucherellamento” della superficie stessa. Distacco di particelle a livello microscopico che in un’ultima analisi possono portare alla rottura dell’inserto stesso. Nell’usura abrasiva il problema era la quantità di particelle mentre in questo caso il problema è che l’inserto tibiale, a livello esterno , si rompe.Questa tipologia di usura crea la DELAMINAZIONE con la successiva rottura dell’inserto tibiale: è diverso perché il fenomeno è prettamente MECCANICO.

USURA DEL TERZO CORPO, presenta l’intercomposizione di particelle di materiale duro (osso, cemento) intrappolate tra le superici articolari. In questo caso peggiora la rugosità superficiale e si genera maggior detrito (questa tipologia di usura è già stata precedentemente affrontata).

USURA SUPERFICIALE (abrasiva) ,è stata studiata sotto la formula di ARCHARD:

Dove V= volume di detrito prodotto, k= Wear Factor (dipende dalla natura del materiale a contatto), A= area sulla quale agisce lo sforzo σ=P/A , P= carico e x=distanza di scorrimento.Questa formula rappresenta la quantità di volume del detrito prodotto ed è proporzionale allo sforzo normale agente tra due superfici di contatto e la distanza di scorrimento (entità di percorso imposto durante delle prove per valutare varie capacità per produrre usura).La prova più diffusa è quella del PIN-ON-DISC che consiste nel far girare un pirulino su un disco (dove i percorsi possono essere differenti, circolari, rettilinei, a 8): ogni prova và a studiare il movimento relativo e dopo un tot di giri si và a vedere o quanto il pirulino si è accorciato o si quantifica il detrito

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prodotto.Avere aree di contatto più o meno grandi non determina necessariamente più detrito perché aumenta l’intervalli d’integrazione MA diminuisce la σ e e quindi, a priori, non posso dire se aree più grandi comportano più detrito. Solitamente l’area di contatto è correlata al disegno più o meno congruente delle due superfici. Ma, una maggiore congruenza comporta una maggiore usura? Non lo sappiamo. Le prove di screeaning sono fatte a priori e sono fatte per esempio per capire la rugosità di un materiale e quindi le si fanno sul materiale e non sul dispositivo.Il simulatore di ginocchio mi fa capire come si comporta il dispositivo.Dato il dispositivo vediamo come si interpretano i parametri : uso un accop-K = -piamento Cr-Co = WEAR FACTOR che dipende dalla natura dei materiali con polietileneSe ho Sforzi locali alti non posso usare componenti vere perché si rompono facilmente (es CEMENTATE) . Il carico assiale (vs anca) è un carico applicato che raggiunge il picco in un tempo minore → - l’accoppiamento CrCo-CrCo non lo posso usare perché non ho uno smorzatore; - l’accoppiamento ceramica-ceramica è troppo fragile e/o ceramica-polietilene si è provato ma per forme più complesse quando lo si vuole usare per costruire forme più complesse come , per es , il femore, dove ci sono spigoli e vediamo che questi diventano punti di innesto nella ceramica di cricche.Dato per scontato l’accoppiamento CoCr-Polietilene, vediamo come abbassare K :si può abbassare K attraverso un miglioramento dei 2 materiali visto sia sul materiale metallico , dove si cercano di utilizzare tecniche di lavoro che abbassino la rugosità – MICROASPERITA’ -, con conseguente attrito minore, chè sul materiale in polietlilene, sul quale , in termini di rugosità, contano poco essendo lui ad essere abraso , mentre si vanno a fare processi che aumentano la capacità di antiusura con il CROSS-LINKING : viene irraggiato con raggi β e γ che creano mix tra i legami dove il numero di link è proporzionale ai raggi; in questo modo ottengo un aumento considerevole dell’effetto antiusura, essendo le catene molecolari più unite, grazie alla presenza di più legami trasversali, con una riduzione all’incirca del 50%.PROBLEMA → le caratteristiche meccaniche dopo il cross-linking diminuiscono, infragilendosi, duttilità e sensibilità ridotta, compromettendo l’inserto: durante il cross-linking rimane un certo numero di radicali liberi, proporzionale all’irraggiamento, sui quali si attacca O2 con conseguente infragilimento del materiale.Questo aspetto è molto importante :NON SI Può CROSS-LINKARE COME NELL’ANCA! Si usano polietileni cross-linkati anche nel ginocchio ma sono peggiori di quelli usati nell’anca perché altrimenti troppo deboli.QUESTO PORTA AD UN

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AUMENTO DELL’USURA PER FATICA: con l’esperienza si è cercato di eliminare i radicali liberi, trattando il materiale con trattamenti termici per determinati periodi, aggiungendo delle componenti che si aggregavano ai radicali (VitE) che impediscono l’aggancio con l’O2, evitando l’ossidazione. Con questi trattamenti ci si avvicina ai trattamenti di cross-linkaggio dell’anca. A questo punto, data l’influenza di A e σ nella formula di Archard, conviene pensare ad una alta o bassa congruenza? Allora, non su tutto si può mettere una bassa congruenza con l’inserto piatto perché una maggiore Area stabilisce stabilità intrinseca, creando dei bordi che contengono le protesi. Tutto dipende dal paziente dal momento che su alcuni bisogna mettere necessariamente o uno o solo l’altro; viene misurata strumentalmente e non a priori attraverso il test sul simulatore di piatto tibiale fisso, in cui esiste la versione ad alta congruenza, rispetto a quella bassa, la quantità di detrito per milione di cicli è più alta in quella a più alta congruenza : maggiore area misurata, non ha compensato l’abbassamento di sforzo a parità di carico e quindi è vincente quella con l’area a contatto minore, la quale sembra diminuire l’usura.Nel polietilene il K diminuisce all’aumentare della pressione di contatto(area più grande) : nelle prove PIN-ON-DISC un aumento della x (distanza di scorrimento) comporta un aumento dell’usura.Essendo le geometrie molto complesse abbiamo un MOTO non più monodirezionale quando ho un aumento della distanza di scorrimento e non si sa se ha più maggiore usura.Un test ha misurato due diversetraslazioni antero-posteriori per la stessa protesie si vede che all’aumentare della distanza di scorrimento x , aumenta il crearsi di attrito ma comunque non in maniera così evidente.Avere l’inserto piatto fa si che vi sia un aumento della distanza di scorrimento x ma non comporta grandi variazioni di pressione di contatto, essendo uguale punto per punto : ho un vingolo geometrico dato dalla congruenza che potrebbe farmi aumentare il punto di contatto perché sto facendo scorrere il femore su una curvatura dove ho un aumento della pressione di contatto che potrebbe essere visto come un aumento dell’usura.

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OSTEOSINTESI

Qualsiasi struttura venga inserita nell’apparato scheletrico dell’individuo, nel momento cin cui viene a mancare la continuità ossea, parliamo di mezzi di osteosintesi.L’osso si frattua e bisogna ripristinare la continuità ossea perché la funzione di asportazione del carico non è più svolta nel tempo naturale e quindi bisogna intervenire con dei

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dispositivi.La frattua di per sé si rigenera, ma bisogna vedere come.L’osso si rigenera, essendo un tessuto vivente, però bisogna vedere in quanto tempo per cui il mezzo di osteosintesi viene inserito per diminuire le tempistiche di ripristino di continuità ossea e inoltre per impedire che l’osso si rigeneri in modo scorretto.Se la frattura è semplice , il callo che si forma ripristina la struttura originaria dell’osso mentre , se la frattua è scomposta , è molto possibile che il callo porti ad una variazione morfologica dell’osso con prestazioni differenti rispetto a quelle normali.Il mezzo di sintesi quindi deve accelerare i tempi di guarigione della frattura e interviene nella ricomposizione della frattura scomposta prima di aspettare il tempo per la guarigione e vengono anche utilizzati per raddrizzare fratture scomposte.

FUNZIONE DEL DISPOSITIVO DI SINTESI:- vuole impedire i micromovimenti delle rime di frattura→ stabilità ;- vuole consentire la progressiva sollecitazione di compressione durante la formazione del callo (compatibilità biomeccanica).La frattura guarisce prima con il mezzo di osteosintesi rispetto al gesso perché con il gesso non carichiamo l’osso che a sua volta se non viene caricato oppone massa ossea con un certo rate; se concediamo un po’ più di carico invece, come con il mezzo di osteosintesi ,l’osso riscresce più in fretta. Il MEZZO DI SINTESI IDEALE è quello che concede poco carico nella fase iniziale e ne fornisce sempre di più durante la fase di guarigione, in maniera proporzionale (una quantità sempre maggiore) alla guarigione. CLASSIFICAZIONE A SECONDA DELLA POSIZIONE:- Osteosintesi esterna → struttura portante al di fuori del corpo del paziente;- Osteosintesi interna → è all’interno del paziente;Nell’osteosintesi esterna ci sono anche collegamenti tra interno ed esterno che permettono di collegare la parte esterna ai monconi ossei.- Due fissatori esterni possono avere forme qualsiasi in quanto essendo all’esterno non hanno il problema della compatibilità anatomica.La struttura portante non rispetta i requisiti di compatibilità in quanto non viene a contatto con i tessuti interni e quindi possiamo utilizzare qualsiasi tipo di materiale al di là dei mezzi di collegamento. Qualsiasi materiale con caratteristiche meccaniche sufficientemente elevate. - Inoltre è possibile aumentare la sezione resistente del dispositivo compatibilmente al fatto che che il paziente deve poter svolgere le funzioni vitali durante la guarigione ;- Altro vantaggio è quello di garantire un’ intervento molto rapido perché il paziente non viene aperto (risparmio tempo) ma viene esposto ai raggi.- Questi fissatori possono curare tipi di fratture particolarmente scomposte perché hanno la possibilità di orientare le viti che vanno ad intercettare i monconi ossei in particolari direzioni.Nel sistema a 2anelli, i mezzi transcutanei sono dei fili che possono che

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possono essere orientati in modo molto flessibile, riuscendo anche ad intercettare piccoli frammenti ossei (ILIZEROV).Il paziente dopo quest’intervento cammina poiché la struttura portante è massiccia e sopporta tutto il carico anche quando l’osso è in fase di guarigione e ciò è un vantaggio nei tempi di guarigione.SVANTAGGI:oltre a quelli visivi, il problema è che si hanno dei buchi aperti tra esterno e interno cui si può innescare l’infezione. Tipicamente il paziente è sotto terapia antibiotica per tutto il periodo di guarigione/impianto del mezzo di osteosintesi esterno.

APPLICAZIONI:1)TRAUMATOLOGIA D’URGENZA: fissatore per bacino (BlueShark)Pazienti politraumatizzati che presentano una rottura del bacino , sebbene abbiano organi danneggiati , lo devo fissare comunque perché altrimenti può andare in contatto con organi interni durante spostamenti vari.La fissazione esterna è molto veloce, formato da plastica in quanto non deve avere caratteristiche meccaniche ma deve solo mantenere le ossa e stabilizzare una frattura molto grave.2)ALLUNGAMENTI DELLE OSSA: fissatori con cerchi e fili, utilizzati per veitare patologie di nanismo o scorretto sviluppo di alcune parti del sistema scheletrico. In questa situazione si causa la frattura dell’osso, distanziando monconi ossei e aspettando la crescita ossea tra i 2.Allungamenti parziali di entità ridotta che quindi devono essere applicati più volte; si arriva anche ad avere allungamenti di 40-50 cm; a volte il fissatore viene mantenuto in sede in quanto ho dei tiranti che vengono allungati ad ogni step di guarigione e questa è l’unico tipo di fissazione che ammette la cura della patologie di nanismo. TIPOLOGIE:-MONOLOTERALE : è una struttura portante che è solamente in un lato rispetto all’osso del paziente; è posta in posizione esterna e non mediale perché così crea meno disagi al paziente.-ILIZAROV : a cerchi, struttura modulare in cui si hanno dischi,fili, anelli e barre.Assemblo diversi pezzi a seconda dell’esigenza clinica.Si sceglie la conformazione più vicina all’esigenza ed è il chirurgo che si costruisce il suo dispositivo ideale su misura per il paziente.

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Presenta un geado di flessibilità elevato che si dà al chirurgo e difficilmente troviamo tale grado in altre applicazioni di dispositivi impiantali.1. PLACCHE E VITI :Inserita a cavallo della lima di frattura (composta) per garantire continuità tra i due monconi.Se è soggetto a flessione, da un lato tenderebbe a comprimere e dall’altro ad allargarsi →serve una placca.2. FISSATORI : I fissatori interni ( il CHIODO ENDOMIDOLLARE) sono strutture tubulari bloccati in zona prossimale e in zona distale con strumentazione di ancoraggio (pressocchè viti).I mezzi di bloccaggio sono sempre sostituiti da viti, strutture tubulari in acciaio o leghe di titanio, che riportano in zona prossimale e distale dei fori.E’ il medico a decidere se fissare e con cosa farlo.I fissatori sono lunghi e di dimensioni uguali a quelle fisiologiche; esistono chiodi più o meno lunghi, specifici per l’osso con struttura che sceglie la curvatura fisiologica della zona midollare in cui inserisce il fissatore.

Le diverse fratture curabili con inchiodamento midollare sono le seguenti:1.CHIODO CORTO(principalmente per femore)viene utilizzato viene utilizzato per sanare le fratture del collo del femore, essendo una frattura prossimale del femore.Tubo corto all’interno del canale con dei fori da cui passano delle viti che vanno a mordere la spongiosa della testa del femore secondo modalità d’inserzione.

Altra classificazione è quella secondo la modalità d’inserzione.Esempio, dal grande trocantere del femore(antegrade, dall’alto verso il basso, si entra dal trocantere e si arriva al ginocchio e retrograde,dal basso verso l’alto, dal ginocchio si arriva al grande trocantere).Essendo chiodi completamente diversi, anche lo strumentario utilizzato sarà diverso e ciò dipende dallo stato clinico del paziente o comunque dalle preferenze del chirurgo.VANTAGGI(fissaggio interno rispetto a quello esterno):

Possibilità di applicare il carico immediatamente dopo l’intervento, spesso ingessato perché il sistema placca-vite deve essere generalmente supportato dal gesso non potendo il paziente sopportare il carico; Possibilità di progettare chiodi a rigidezza variabile (il target è quello di concedere rigidezza all’osso al momento opportuno): inizialmente il chiodo è molto rigido e successivamente perde di rigidezza(utilizzo quindi di chiodi che possono variare rigidezza). Anche nella fissazione esterna, per esempio , si

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poteva variare con un cacciavite la rigidezza di una molla.Non essendoci vie di passaggio di infezione , il fissaggio interno è più vantaggioso rispetto a quello esterno sebbene lo svantaggio del chiodo sia quello di dover essere legato ad un atto operatorio per la fissazione interna.SPECIFICHE DI PROGETTO :1. Presenza di materiali radio-trasparenti almeno nella parte in corrispondenza della rima di frattura. Se non avessi una struttura tale, fino a quando il chirurgo guarda in senso antero-posteriore il tutto va bene, ma poi non riuscirebbe a vedere più l’osso essendoci materiale radiopaco (si limiterebbe a vedere in primo piano e stop).Quindi il materiale radiotrasparente è fondamentale per vedere la lima di frattura. Il fissatore esterno in plastica è radiotrasparente mentre non è applicabile una struttura radio-trasparente nella fissazione interna, non essendoci la necessità essendo il paziente aperto.2. Nella fissazione esterna il dispositivo deve essere costruito per sopportare i cicli di sterilizzazione, dove la fissazione esterna può essere vista con un utilizzo monouso oppure pluriuso su più pazienti SE sterilizzabile : quindi il fabbricante potrebbe sterilizzarle oppure prettamente con autoclave in ospedale.Se si dichiara come sterilizzabile, deve mantenere le sue caratteristiche meccancihe dopo la sterilizzazione.Oggi giorno si tende al monouso, uno , per motivi prettamente di mercato dato che il monouso comporta una maggior vendita del prodotto, due , perché il progettatore ha più responsabilità perché deve verificare per esempio che il dispositivo possa resistere a 35000giri che corrispondono a 3 mesi, per esempio per 10 se il dispositivo deve durare 10 anni(quindi 3,5miloni di cicli).Come fabbricante devo prevederlo con delle prove di carico in laboratorio.E’ un discorso non comodo perché se ci dovessero essere dei problemi il ministero si deve rifare al fabbricante e quindi si scegli l’utilizzo monouso soprattutto per avere meno responsabilità. 3.Dovrebbe prevedere un sistema di riduzione per la lima di frattura, in fissazione esterna , dal momento che il fissatore dovrebbe permettere di intercettare tutti i monconi ossei con una particolarità della struttura, mantenendo tutti i gradi di libertà possibili.E’ molto importante dare questa possibilità al chirurgo di orientare le viti nella maniera più facile e nei modi più diversi, a seconda della situazione postagli innanzi, differente per ogni paziente.Il chirurgo infatti apprezza di riuscire ad orientare facilmente a suo piacimento e fissando il tutto con un giro di vite. I fissatori che garantiscono la chiusura con una sola manovra sono vincenti rispetto agli altri , sebbene sia dei requisiti molto diversi, dal momento che la richiesta è di avere molti gradi di libertà ma di fissare il tutto con un’unica manovra(1rchiesta,molti gdl,2richiesta,una manovra)

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4. dovrebbe prevedere un sistema di sollecitazione specifico, per consentire al paziente di graduare, durante tutto il periodo di trattamento, la sollecitazione del focolaio di frattura (load sharing).Ciò è sicuramente più semplice su un fissaggio esterno dal momento che aggiungo un elemento in parallelo a fissazione variabile, che si aggiunge e quindi irrigidisce il sistema ma essendo quest’ultimo una molla è in grado di modificare la rigidezza durante la ripresa del paziente: parallelo tra componente dinamica (molla) e struttura del fissatore.5. dovrebbe prevedere un sistema di misura, essenziale per una oggettiva valutazione dell'andamento della guarigione.Su modelli in sperimentazione, si pensa di mettere un sistema di misura per quantificare in maniera precisa la quantità di callo osseo che si stà formando.Essendo un sistema di molle in parallelo, si ripartiscono le rigidezze nel tempo e con questo sistema si può stimare il punto di guarigione in cui ci troviamo.6. gli ingombri esterni devono essere molto ridotti.

IL SIMULATOREIl simulatore valuta le specifiche di progetto: in fase preclinica deve verificare i calcoli con un simulatore di bacino, un sistema sperimentale che replica gli stati di sollecitazione che vanno sul femore durante il cammino.Il sistema è composto da un osso artificiale in materiale plastico, preso in maniera tale che abbia caratteristiche meccaniche simili a quelle fisiologiche.

Utilizza un osso sintetico ha tutti i vantaggi di una struttura sintetica rispetto a quella naturale (non utilizzo più ossa prese da cadavere), avendo maggiore possibilità di ripetibilità della prova per avvalorare la tesi.Si cerca di replicare i rapporti anatomici in termini di braccio di leva in gioco durante il cammino del paziente.Il gruppo dei muscoli abduttori viene replicato con un tirante tra grande trocantere e l’asta(essendo 16 muscoli dovremmo in teoria ripeterlo con 16tiranti); quindi il simulatore include l’azione dei muscoli abduttori, con un conseguente maggiore carico.Inoltre vediamo che si è costruita una coppetta cementata al grande trocantere che viene tirata dal tirante: conoscendo il baricentro del bacino lo sposto con un rullo per

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simulare la forza peso di un paziente.Il vantaggio di avere i rapporti anatomici giusti mi dà la diretta applicazione della forza, applicata dalla forza peso del paziente nel punto corretto da un punto di vista fisiologico.Oltre alla coppetta, vengono utilizzati tutti escamotage per avere un sistema isostatico e quindi si ha la necessità di un pistone che scorre nel cilindro messo a terra.Questo sistema replica in maniera pseudo-fisiologico il tutto.Si è pensato di misurare lo stato di sollecitazione del femore con sensori di deformazione ( estensimetri ) posti sulla superficie che si dicono la deformazione della struttura.Il femore ha una sua curvatura e quindi si fletterà su piani differenti e quindi, oltre alla flessione abbiamo la torsione, molto più importante nei piani medio-laterale e antero-posteriore.L’estensimetro mi dà una misura della deformazione ma ci interessa l’entità del momento flettente di qualche particolare deformazione.Molto importante sarà la CALIBRAZIONE dal momento che trova la correlazione tra deformazione e momento flettente, in un sistema che impone in un sistema che impone all’interno dei due rulli superiori un determinato momento flettente.Vediamo le curve di calibrazione come delle rette e comunque, anche quando il sistema è calibrato nel piano antero-posteriore, qualcosa si legge anche nel piano medio-laterale, data la particolare geometria dell’osso.

Quali sono i tipi di prove fatte con questo tipo di sistema?Attraverso lo STRESS-SHIELDING riusciamo a vedere a vedere la guarigione in tempistiche differenti..Nello stesso osso è stato inserito chirurgicamente il mezzo di sintesi con alla fine l’osso rigenerato e guarito.Gli estensimentri, essendo sulla superficie, vedono delle deformazioni sull’osso.Quando metto il dispositivo di sintesi, ho deformazioni più piccole , avendone di meno lo strumento di sintesi ma , per differenza , capisco la percentuale di deformazione. Dopo che viene ri-rotta e ri-misurata la ripartizione di carico e il dispositivo di sintesi, riesco , per differenza a conoscere questa deformazione.Vediamo come l’osso da solo ha ≃ 27 Nm di momento di carico,

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mentre con dispositivo di sintesi inserito all’interno arriviamo a ≃20Nm e ≃15Nm da rotto. Vediamo come durante la gurigione metà carico và sull’osso e metà sul dispositivo, avendo , al 100% DELLA GUARIGIONE, che sul mezzo si scarica il 27.8% rispetto al 72.2% dell’osso.Questa effettiva capacità dipende da questioni di rigidezza e quindi il tutto dipende dai materiali, dove la εtitanio ≃ ε½ acciaio . La rigidezza globale dipenderà quindi dai mezzi di fissaggio, che devono sì fissare il chiodo all’osso MA devono anche essere il più flessibile possibile: se è +rigido, ho viti che fissano, mentre, se è –rigido, il chiodo ha una struttura tubulare, con delle viti a livello prossimale mentre a livello distale ci sono delle “vergelle” che spuntano vicino all’osso a livello dei condili e quindi sono ≃ delle molle che garantiscono il grado di flessibilità.Il più flessibile conosciuto è quello in cui il chiodo inserito, bloccato da 2 viti, sfila un ferro che ha delle punte e per attrito si inchioda a livello midollare e ci sono 4molle che si aprono ad ombrello.Il chiodo elastico ( quello a rigidezza variabile), a fissazione interna, ha uno stelo su cui si può montare un elemento elastico e un cappuccio che chiude il tubo. Quando il cappuccio ingloba la molla, non ho varizaioni, mentre, quando il cappuccio lascia libera la molla, questa lavora e il sistema diminuisce in tfjfjftermini di rigidezza. Si fa un taglietto sul trocantere, il medico entra con un cacciavite e ruota e rupta il cappuccio al livello di rigidezza desiderato. La ricerca sperimentale sta cercando di sostituire la struttura del chiodo con un materiale BIO-DEGRADABILE, che perda le sue caratteristiche meccaniche con il tempo. Attualmente esiste solo un prototipo funzionante di ciò ma il problema stà nel riuscire a creare un parallelo tra una struttura a rigidezza variabile ed una a rigidezza non variabile.

GLI IMPIANTI DENTALIL’impianto dentale è quella struttura artificiale che viene inserita nel caso in cui un dente venisse a mancare: struttura composta da una CORONA PROTESICA e un IMPIANTO che per una parte si mette nell’osso e per una parte fuoriesce nel cavo orale sul quale verrà poi costruito un dente in ceramica.L’arcata (mandibolare o mascellare) si ritrova nel caso in cui verranno applicate delle protesi con denti naturali e una parte senza denti ; si possono mettere una serie di impianti e attaccarci gli ABATMENT (monconi) che sorgono nel cavo orale su cui l’odontotecnico opererà per l ‘ impiantaggio finale; su

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ogni moncone potranno essere messi più denti, utilizzando la cosiddetta STRUTTURA A PONTE su si possono mettere da 2 a3 denti su ogni moncone, dove il numero dei pilastri utilizzati dipende dalla consistenza dell’osso.Ciò che interessa a noi è il pilastro del dente poiché la struttura dentale sarà tipica di ogni paziente e sarà compito dell’odontotecnico e non più dell’ingegnere.Tale struttura è legata non solo ad una questione meccanica per la masticazione , dove l’arcata mandibolare deve combaciare il più possibile con quella della mascella. Da una radiografia si riconoscono le protesi dentali perché possono avere diverse inclinazioni dal momento che si cercano parti dell’osso compatto per l’ancoraggio della struttura a ponte.Saranno diverse le forme di tipologie di impianto tra cui si riconosce sempre una radice comune che s’innesta nell’osso e sarà ciò che noi chiameremo IMPIANTO (perché è la radice per noi) e il moncone invece è quello che sporge nel cavo orale.IMPIANTI DENTALI = innesti di tessuto non vitale entro un sistema biologico atti a sostenere e supportare le unità masticatorie protesiche poste a sostituzione dei denti naturali mancanti (no dentiere o qualsiasi altro tipo di ricostruzione dentaria a contatto solo con il tessuto epiteliale gengivale – questo tra parentesi non ricade tra la definizione di impianto). Dal punto di vista storico gli impianti dentali si sono evoluti in diverse tipologie:

impianti endossei� : dispositivi posizionati nell'osso attraverso la gengiva – soluzione più comunemente usata dalla fine degli anni '50 ad oggi – due principali categorie cilindri e lame;i cilindri sono strutture a vite che appunto si avvitano all’interno dell’osso mentre le lame non hanno elementi meccanici interessanti. � impianti subperiostei: costituiti da una intelaiatura metallica inserita a diretto contatto con l'osso mandibolare o mascellare - sporgendo dalla gengiva la grata è in grado di sostenere una protesi mobile o fissa in cui si può vedere la presenza di alcune sferette che fuoriescono dalla gengiva. Nei subperiostei non c’è più un ancoraggio con singole viti, ma viene costruita una grata che si appoggia all’osso, diventando così una soluzione più invasiva. impianti transossei: costituiti da un’intelaiatura metallica che attraversa tutto lo spessore dell'osso fuoriuscendone per un tratto in modo da consentirne il fissaggio con una sorta di dado – la protesi viene supportata e stabilizzata dagli attacchi che sporgono dalla gengiva ; OGGI→ IMPIANTI ENDOSSEI CILINDRICI, sebbene esistano anche cilindrici.

Ma, cosa deve fare un’impianto osseo? Un impianto deve essere in grado di trasmettere all’osso il CARICO MASTICATORIO come un dente naturale; sebbene l’impianto si trovi anche come sostegno del dente artificiale , questo deve trasmettere la connessione che l’arcata superiore e inferiore si scambiano durante la

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masticazione.Le forze masticatorie registrate sono di entità meccaniche interessanti (con un massimo della componente verticale mediata sui diversi denti naturali di 2440 N): si passa dai denti posteriori (molari)fino a una forza di 800-900 N (≃80-90 Kg).Bisogna distinguere come interpretare questi dati poiché questi 800N possono essere distribuiti su più denti piuttosto che su uno singolo.A partire dalla natura del cibo che mastichiamo, l’impianto dentale si può trovare a masticare delle forze che STATICAMENTE l’impianto dentale deve essere in grado di sopportare questa Fmax : molto importante è la DIREZIONE poiché la mandibola e la mascella hanno molto gradi di libertà perché si può sia masticare facendo diventare la struttura una cerniera o anche diversamente.L’impianto deve sostituire un dente e quindi il supporto al dente dev’essere fisicamente molto piccolo, quindi forze molto grandi che si vanno a scaricare su regioni molto piccole→ avremo richieste specifiche molto severe. Gli impianti che sono nella regione molare possono avere digrigni molto resistenti , una maggiore area, quindi più spazio , rispetto alla regione incisiva, dove gli spazi devono essere invece più piccoli.VANTAGGIO: nella regione canini-incisivi anteriore sono scarsamente caricati(1/4 rispetto alla regione mandibolare).La trasmissione dei carichi avviene attraverso l’interfaccia impianto-osso e avviene in 2tipi, a seconda della modalità d’intefaccia:

1.da carico immediato = CONNESSIONE tra osso vivente e superficie di un impianto sottoposto a carico immediatamente dopo inserimento chirurgico → impianti MONOFASICI/BIFASICI;2.OSTEOINTEGRATA con connessione diretta tra osso vivente e superficie di un impianto caricato tardivamente, senza interposizione di tessuto connettivo fibroso.

Il carico immediato, viene inserito nell’osso, subito viene posizionata la corona protesica e permette di caricare subito da parte del paziente: questa necessita di una stabilità primaria sufficientemente buona per sopportare questo carico; Monofasico perché il tutto si risolve in un’unica fase:Parliamo di interfaccia osteointegrata quando l’impianto dentale a vite viene inserito, la gengiva viene richiusa e si dà il tempo all’osso di osteointegrare; dopo circa un mese viene calzata sul moncone la protesi dentale e siamo in una situazione bifasica perché appunto si necessita di 2 interventi (è una ricrescita poco meccanicamente stimolata ma comunque l’osso ricresce!).La maggior parte degli impianti è BIFASICO : si è partiti con il monofasico, poi Branemark ha usato la tecnica bifasica.Il mercato degli impianti dentale è molto diverso rispetto alle altre tipologie di protesi dove il cliente finale è l’ospedale mentre in questo caso la maggior parte degli

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interventi avviene in cliniche private (dentisti ) che allargano il mercato.E’ un tipo di dispositivo a rischio minore rispetto alle altre tipologie di protesi e quindi si finisce per abusarne: in Italia si ha quasi lo stesso numero di Impianti degli USA con l’unica differenza che in Italia si ha un numero di abitanti nettamente minore degli stati uniti.Si ha un numero di abitanti nettamente minore degli USA.Varia la modalità di connessione tra impianto e corona:

Impianto MONOFASICO presenta impianto e moncone protesico forgiati in un unico elemento Impianto BIFASICO presenta impianto e moncone protesico come due elementi distinti

Nell’impianto monofasico ha la radice a vite ma il moncone è già saldato alla radice stessa mentre nel bifasico, necessariamente, non deve essere caricato e quindi avremo 2parti, impianto + moncone che successivamente verranno collegati con una serie di diverse meccaniche.VANTAGGI:nel monofasico ho una componentistica molto ridotta, mentre generalmente moncone e vite nell’impianto bifasico sono collegati con una vitina, che “serra” insieme i due elementi; la vitina è molto piccola, ha un diametro che va da 1.4 a 1.7mm.Meccanicamente sono le cose che calcolo per prima avendo un punto critico a minor resistenza del sistema che nel sistema monofasico non c’è più e quindi per questo vantaggioso.La più piccola sezione resistente dell’impianto monofasico è paragonabile alla vitina del sistema bifasico, con la differenza che nel monofasico non si rompe; inoltre, altro vantaggio, il tutto si attua in unico intervento rendendo minima la possibilità d’infezione.NB:GROSSO VANTAGGIO BIFASICO è che si può collegare un moncone che sia rotto o inclinato, quindi, laddove c’è la necessità di dare un certo grado per una questione di spazio: quindi metto l’impianto dove c’è, l’osso è più compatto e posso usare un moncone inclinato rispetto allo spazio che ho; questo è l’UNICO GRANDE vantaggio dell’impianto bifasico che lo ha reso il più diffuso tra gli impianti dentali.