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RELAZIONE Premessa Con la legge…., n….., è stato ratificato l’Accordo intergovernativo tra l’Italia e gli Stati Uniti (sul modello di “Intergovernmental Agreement” – IGA 1) per migliorare la Tax Compliance internazionale e per applicare la normativa FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act), firmato a Roma il 10 gennaio 2014. In base a tale Accordo (IGA Italia), le istituzioni finanziarie italiane sono tenute ad identificare i titolari dei conti finanziari che risultino aperti presso di esse allo scopo di individuare quelli di pertinenza di investitori statunitensi, nonché a comunicare all’Amministrazione finanziaria italiana gli elementi informativi relativi ai conti finanziari ed ai pagamenti effettuati nei confronti di istituzioni finanziarie non partecipanti. In tale contesto, si inquadra l’iniziativa dell’OCSE che ha redatto un modello di “Common Reporting Standard” (“CRS”) che è stato reso pubblico il 13 febbraio 2014. In considerazione delle suddette previsioni, con la citata legge sono state introdotte le disposizioni concernenti gli adempimenti cui sono tenute le istituzioni finanziarie italiane ai fini dell’attuazione dello scambio automatico di informazioni derivante dal predetto Accordo con gli Stati Uniti e da altri Accordi e intese tecniche conclusi 1

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RELAZIONE

Premessa

Con la legge…., n….., è stato ratificato l’Accordo intergovernativo tra l’Italia e gli

Stati Uniti (sul modello di “Intergovernmental Agreement” – IGA 1) per migliorare la Tax

Compliance internazionale e per applicare la normativa FATCA (Foreign Account Tax

Compliance Act), firmato a Roma il 10 gennaio 2014. In base a tale Accordo (IGA Italia), le

istituzioni finanziarie italiane sono tenute ad identificare i titolari dei conti finanziari che

risultino aperti presso di esse allo scopo di individuare quelli di pertinenza di investitori

statunitensi, nonché a comunicare all’Amministrazione finanziaria italiana gli elementi

informativi relativi ai conti finanziari ed ai pagamenti effettuati nei confronti di istituzioni

finanziarie non partecipanti.

In tale contesto, si inquadra l’iniziativa dell’OCSE che ha redatto un modello di

“Common Reporting Standard” (“CRS”) che è stato reso pubblico il 13 febbraio 2014.

In considerazione delle suddette previsioni, con la citata legge sono state introdotte le

disposizioni concernenti gli adempimenti cui sono tenute le istituzioni finanziarie italiane ai

fini dell’attuazione dello scambio automatico di informazioni derivante dal predetto

Accordo con gli Stati Uniti e da altri Accordi e intese tecniche conclusi dall’Italia con i

Governi di Paesi esteri secondo lo Standard OCSE.

Tali disposizioni consistono in concreto negli obblighi di adeguata verifica ai fini

fiscali e di acquisizione di dati sui conti finanziari e su taluni pagamenti (articolo 5), negli

obblighi di comunicazione all’Agenzia delle entrate degli elementi informativi acquisiti

(articolo 4), negli obblighi di prelievo alla fonte da parte degli intermediari qualificati con

responsabilità primaria di sostituto d’imposta statunitense su pagamenti di fonte statunitense

corrisposti ad un’istituzione finanziaria non partecipante (articolo 7) ed infine negli obblighi

di comunicazione tra istituzioni finanziarie per l’applicazione dell’indicato prelievo alla

fonte (articolo 8).

In particolare, gli articoli 4, comma 2, 5, comma 8, 6, comma 3, 7, comma 2, e 8,

comma 2, della legge n.. del….prevedono che con decreti del Ministro dell’economia e delle

finanze sono stabilite rispettivamente le regole tecniche per la rilevazione, la trasmissione e

la comunicazione all’Agenzia delle entrate delle informazioni relative ai conti finanziari e ai

1

pagamenti corrisposti a ciascuna istituzione finanziaria non partecipante, le procedure

relative agli obblighi di adeguata verifica ai fini fiscali ed inoltre le modalità di applicazione

delle disposizioni contenute negli indicati articoli 6, commi 1 e 2, 7, comma 1, e 8, comma

1.

In attuazione delle suddette disposizioni, si è predisposto l’unito schema di decreto

ministeriale (di seguito, “decreto”), con il quale vengono stabiliti gli aspetti applicativi e le

modalità procedurali necessari per dare attuazione alle previsioni contenute nella citata

legge.

L’articolo 1 ha una specifica rilevanza nel contesto del provvedimento in esame in

quanto contiene le definizioni dei termini che sono utilizzati nell'ambito delle disposizioni

presenti nel decreto, individuando sia gli elementi soggettivi che quelli oggettivi relativi

all’attuazione dello scambio di informazioni con gli Stati Uniti. La legge n… del…, infatti,

nell’introdurre le norme di attuazione della disciplina contenuta nel predetto Accordo

intergovernativo, demanda al decreto la definizione delle regole tecniche necessarie ai fini

delle modalità di applicazione della disciplina in esame. Sotto questo profilo, si è posta

l’esigenza di specificare sia ogni altra istituzione finanziaria tenuta alle comunicazioni nei

confronti dell’Agenzia delle entrate, in aggiunta a quelle elencate nell’articolo 4, comma 1,

della legge medesima (banche, società di intermediazione mobiliare, Poste italiane S.p.A.,

società di gestione del risparmio, società finanziarie e società fiduciarie, residenti nel

territorio dello Stato), sia i conti finanziari e i pagamenti corrisposti a ciascuna istituzione

finanziaria non partecipante.

L’approccio utilizzato per individuare gli elementi soggettivi ed oggettivi della

procedura finalizzata allo scambio di informazioni tiene conto delle definizioni contenute

nell’Accordo intergovernativo con gli Stati Uniti nonché della facoltà riconosciuta

dall’articolo 4, paragrafo 7, del suddetto Accordo di utilizzare, ove ritenuto conveniente, le

definizioni presenti nei pertinenti Regolamenti del Tesoro degli Stati Uniti in luogo delle

corrispondenti definizioni adottate nell’indicato IGA Italia.

Ciò premesso, sotto il profilo soggettivo, sono state individuate le categorie di

intermediari interessate dalla normativa FATCA, definendo i concetti di “istituzione

2

finanziaria”, “istituzione di custodia”, “istituzione di deposito”, “entità di investimento”,

“impresa di assicurazione specificata” e “holding company”.

In tale contesto, è da evidenziare che la qualificazione dell’entità di investimento è

stata ripresa dai suddetti Regolamenti statunitensi ed ha un contenuto più articolato rispetto

a quello definito dall’IGA Italia. In base a tale qualificazione, un’entità per configurarsi

entità di investimento deve presentare una delle caratteristiche indicate ai punti i), ii) e iii)

della lettera c) del numero 5 dell’articolo 1, comma 1, del decreto.

Ai fini delle previsioni contenute nella suddetta lettera c), viene specificato che

un’entità svolge principalmente, per conto di un cliente, le attività indicate al punto i) o il

reddito lordo dell’entità è considerato attribuibile principalmente alle attività di

investimento, reinvestimento o negoziazione di attività finanziarie ai sensi del punto ii), se il

reddito lordo dell’entità attribuibile a tali attività è uguale o superiore al 50 per cento del

reddito lordo dell’entità rilevato nel triennio che scade il 31 dicembre dell’anno precedente a

quello in cui viene effettuata la determinazione o, se inferiore, nel periodo di esistenza

dell’entità.

Analogamente, anche la definizione di holding company è stata mutuata dai

Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense, intendendosi per tale l’entità la cui

attività principale consiste nella detenzione, diretta o indiretta, di tutte o parte delle quote o

azioni di uno o più membri del proprio expanded affiliated group. Viene, inoltre, precisato

che una società di persone o altra entità trasparente è considerata holding company se la sua

attività principale consiste nella detenzione di oltre il 50 per cento dei diritti di voto e del

valore delle quote o azioni di una o più società controllanti uno o più expanded affiliated

group.

Per specificare il perimetro delle istituzioni finanziarie italiane interessate (che

comunque ricadono in una delle cinque categorie sopra richiamate), viene delineato il

termine “istituzione finanziaria italiana”, che designa qualsiasi istituzione finanziaria

residente in Italia, ad esclusione delle stabili organizzazioni di tale istituzione finanziaria

situate al di fuori del territorio dello Stato, e qualsiasi stabile organizzazione di

un’istituzione finanziaria non residente in Italia, se tale stabile organizzazione è situata in

Italia.

3

In relazione alla categoria delle istituzioni finanziarie italiane, si è ritenuto, per

ragioni di sistematicità, di distinguere due sottocategorie e, precisamente, le istituzioni

finanziarie tenute alla comunicazione (“reporting”) e quelle non tenute alla comunicazione

(“non reporting”).

Per quanto concerne la categoria delle “reporting” è stato dato l’elenco delle

istituzioni finanziarie italiane tenute all’obbligo della comunicazione e che, proprio per la

specifica individuazione dei soggetti elencati, ha valore tassativo e non esemplificativo.

In base a tale elenco, le istituzioni finanziarie italiane “reporting” sono le seguenti:

- le banche;

- la società di gestione accentrata di cui all’articolo 80 del testo unico delle

disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24

febbraio 1998, n. 58 (TUF);

- la società Poste italiane S.p.A., limitatamente all’attività di BancoPosta che è

assoggettata alla vigilanza della Banca d’Italia;

- le società di intermediazione mobiliare (SIM);

- le società di gestione del risparmio (SGR);

- le imprese di assicurazione che operano in Italia nei rami di cui all’articolo 2,

comma 1, del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre

2005, n. 209 (CAP) nonché le holding di tali imprese, che emettono un contratto di

assicurazione per il quale è misurabile un valore maturato o un contratto di rendita ovvero

che, in relazione a tali contratti, sono obbligate ad effettuare dei pagamenti;

- gli organismi di investimento collettivo del risparmio che presentano i requisiti

indicati, per le entità di investimento, al numero 5), lettera c), dell’articolo 1, comma 1;

- le società fiduciarie di cui all’articolo 199 del TUF nonché quelle di cui alla legge

23 novembre 1939, n. 1966;

- le forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre

2005, n. 252, nonché gli enti di previdenza obbligatoria;

- gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento di cui agli articoli 114-

bis e 114-sexies del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto

legislativo 1° settembre 1993, n 385 (TUB);

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- le società veicolo di cartolarizzazione di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130;

- i trust per i quali: i) il trustee rientra tra le istituzioni finanziarie di cui al numero 5)

dell’articolo 1, comma 1; e ii) il trust medesimo o il trustee siano residenti in Italia;

- le società holding di cui al numero 5, lettera e), dell’articolo 1, comma 1;

- i centri di tesoreria che presentano i requisiti indicati, per le entità di investimento,

al numero 5), lettera c), dell’articolo 1, comma 1;

- le stabili organizzazioni situate in Italia delle istituzioni finanziarie estere che

svolgono le attività svolte dalle istituzioni finanziarie italiane “reporting” sopra indicate.

Nel suddetto elenco sono stati inclusi anche quei soggetti che, in presenza di specifici

requisiti, si inquadrano tra “i non reporting”. Si tratta, in sostanza, di soggetti che rientrano

tra le istituzioni finanziarie italiane non tenute alla comunicazione non in virtù della propria

identità configurativa ma in base al presupposto della sussistenza di precisi requisiti e che,

quindi, proprio in considerazione di ciò, non sempre possono ritenersi obbligati alle

comunicazioni. E’ il caso, ad esempio, dei fondi pensione e degli enti di previdenza

obbligatoria che rispettano i limiti di versamento ai contributi volontari indicati

nell’Allegato II all’IGA Italia.

Per quanto riguarda i soggetti “non reporting”, si evidenzia che tale categoria

ricomprende le tipologie di istituzioni finanziarie italiane indicate nell’Allegato II all’IGA

Italia, e cioè le istituzioni finanziarie considerate adempienti e i beneficiari effettivi esenti,

nonché le altre istituzioni finanziarie italiane considerate adempienti o beneficiari effettivi

esenti ai sensi dei pertinenti Regolamenti del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. A

tale ultimo proposito, si evidenzia che l’attuale regolamentazione statunitense prevede due

categorie di soggetti ritenuti conformi: le Registered Deemed-Compliant Foreign Financial

Institution e le Certified Deemed-Compliant Foreign Financial Institution. I primi devono

registrarsi ed ottenere il GIIN, il codice identificativo rilasciato dalle Autorità fiscali

statunitensi ai fini FATCA, i secondi invece non sono tenuti a fare ciò.

In considerazione di tale quadro normativo, per ragioni di sistematicità e di

coordinamento tra la normativa derivante dalla pattuizione internazionale con gli USA e

quella contenuta nei Regolamenti del Tesoro statunitense, cui, come già rilevato, si può fare

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riferimento ai fini dell’applicazione delle norme dell’IGA Italia, le istituzioni finanziarie

“non reporting” sono state divise nelle seguenti due sottocategorie.

quella delle istituzioni finanziarie italiane registrate considerate adempienti,

che comprende i soggetti inclusi in tale sottocategoria dai pertinenti Regolamenti del Tesoro

statunitense;

quella delle istituzioni finanziarie italiane certificate considerate adempienti,

che comprende i soggetti indicati nell’Allegato II all’IGA Italia e nei suddetti Regolamenti

statunitensi, nonché i beneficiari effettivi esenti italiani presenti nell’Allegato II all’IGA

Italia.

In particolare, si osserva che le istituzioni finanziarie italiane registrate sono elencate

al numero 7.2, lettera a), dell’articolo 1, comma 1, del decreto e sono individuate nei

seguenti soggetti:

membri italiani di gruppi di istituzioni finanziarie partecipanti che rispondono a

precisi requisiti indicati alle lettere a), b) e c) della lettera a.1), volti a fare in modo

che vengano messe in atto politiche e procedure per assicurare che, in presenza di

conti statunitensi o di conti detenuti da una istituzione finanziaria non partecipante,

siano prese le misure atte a rendere detti conti oggetto di comunicazione;

veicoli di investimento qualificati italiani, i quali designano organismi di

investimento collettivo del risparmio che sono considerati vigilati ai sensi delle

disposizioni italiane e che soddisfano congiuntamente i successivi requisiti indicati

alle lettere da b) a d) della lettera a.2. In particolare, tali veicoli di investimento:

- non devono contrarre prestiti eccedenti i 50.000 dollari statunitensi nei

confronti di soggetti diversi da quelli elencati ai numeri da 1) ad 8) della lettera

b) della lettera a.2), e devono essere partecipati esclusivamente dai medesimi

soggetti indicati ai suddetti numeri;

- non devono aver emesso alcuna quota al portatore dopo il 31 dicembre 2012,

devono adottare politiche e procedure che garantiscano che tali azioni siano

riscattate al più presto e in ogni caso, non oltre il 1° gennaio 2017, ed infine

devono assolvere, prima di procedere alla distribuzione di proventi o al

6

rimborso delle quote o azioni al portatore, gli obblighi di adeguata verifica, di

comunicazione e di prelievo alla fonte previsti dalle normativa primaria;

organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti a restrizioni (italian

restricted funds), che sono considerati vigilati ai sensi delle disposizioni italiane e

soddisfano congiuntamente i successivi requisiti indicati alle lettere da b) a i) della

lettera a.3. Tra detti requisiti figurano anche quello relativo alla previsione della

cessazione dell’emissione delle quote o azioni al portatore dopo il 31 dicembre 2012,

già indicato per i veicoli di investimento qualificati, nonché quello, di particolare

rilievo, dell’obbligo di implementazione, entro sei mesi dalla data di registrazione

presso il portale IRS, delle politiche e delle procedure di adeguata verifica in materia

fiscale;

emittenti italiani di carte di credito qualificati che soddisfano congiuntamente i

seguenti requisiti: a) sono istituzioni finanziarie italiane in quanto accettano depositi

solo in contropartita di pagamenti del cliente eccedenti il saldo dovuto per l’utilizzo

della carta di credito e tali pagamenti non sono immediatamente restituiti al cliente;

b) entro il 30 giugno 2014, ovvero entro la data in cui si registrano presso l’IRS come

istituzioni finanziarie italiane registrate considerate adempienti, attuano politiche e

procedure per prevenire che vi siano depositi di clienti di ammontare superiore a

50.000 dollari statunitensi e per assicurare che ciascun deposito eccedente il predetto

ammontare sia restituito al cliente entro 60 giorni.

E’ da rilevare, in proposito, che l’inclusione dei suddetti soggetti italiani tra le

istituzioni finanziarie registrate è stata effettuata tenendo conto delle caratteristiche che tali

soggetti hanno nel contesto normativo interno e rapportandole ai criteri presenti nei

Regolamenti statunitensi.

Le istituzioni finanziarie italiane certificate considerate adempienti sono elencate alla

lettera b) del numero 7.2 dell’articolo 1, comma 1, del decreto e sono individuate nei

seguenti soggetti:

istituzione finanziaria locale italiana, avente i requisiti elencati alle lettere da a) a j),

della lettera b.1, che si caratterizza per l’operatività essenzialmente “locale”

dell’istituzione. Il principale requisito, contenuto nella lettera e), prevede che almeno

7

il 98 per cento del valore complessivo dei conti mantenuti presso l’istituzione

finanziaria deve essere detenuto da soggetti (persone fisiche ed entità) residenti in

Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea;

taluni veicoli di investimento collettivo italiani che siano organismi di investimento

collettivo regolamentati dalla legge italiana che non contraggono prestiti eccedenti i

50.000 dollari statunitensi con istituzioni finanziarie non partecipanti, le cui quote o

azioni siano interamente detenute per il tramite di una o più istituzioni finanziarie

diverse da istituzioni finanziarie non partecipanti. Viene poi specificato che la sola

circostanza che l’organismo di investimento collettivo abbia emesso azioni al

portatore non è di per sé preclusiva della qualifica di “istituzione finanziaria

certificata”, sempreché siano rispettate le seguenti condizioni:

a. che l’organismo di investimento collettivo non abbia emesso alcuna quota al

portatore dopo il 31 dicembre 2012;

b. che l’organismo di investimento collettivo adotti politiche e procedure che

garantiscano che tali azioni siano riscattate al più presto e, in ogni caso, non oltre il 1°

gennaio 2017;

c. che quando tali azioni al portatore sono presentate per il riscatto o per altro

pagamento, l’organismo di investimento collettivo assolva direttamente, o per il tramite di

un’istituzione finanziaria italiana tenuta ad effettuare le comunicazioni, i previsti obblighi di

adeguata verifica in materia fiscale e di comunicazione;

organizzazioni non-profit, e cioè gli enti registrati come “Onlus” nel registro detenuto

dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 4 dicembre

1997, n. 460;

società veicolo italiane. Tale termine designa le istituzioni italiane che non sono

tenute alla comunicazione in quanto gli investimenti nei prodotti finanziari emessi

dalle stesse sono detenuti esclusivamente tramite una istituzione finanziaria italiana

tenuta alla comunicazione. Rientrano in questa categoria le società di

cartolarizzazione istituite ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, a condizione

che:

8

a. il collocamento dei titoli emessi dalla società di cartolarizzazione sia effettuato da

una istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione ovvero i suddetti titoli siano

depositati presso una istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione; o

b. i titoli emessi dalla società di cartolarizzazione siano venduti da questa a una

istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione; o

c. i titoli emessi dalla società di cartolarizzazione siano sottoscritti dalla medesima

e mantenuti nel proprio attivo patrimoniale;

beneficiari effettivi italiani esenti. Tale tipologia di soggetti ricomprende i soggetti

presenti nell’Allegato II all’IGA Italia, nonché i soggetti considerati come beneficiari

esenti in base alle norme regolamentari statunitensi. Pertanto i soggetti rientranti in

tale tipologia sono i seguenti:

a) il Governo Italiano, ogni suddivisione geografica, politica o amministrativa del

Governo Italiano, o ogni agenzia o ente strumentale interamente detenuto da uno

qualsiasi o più dei soggetti precedenti;

b) un’organizzazione internazionale pubblica (o una sede italiana di

un’organizzazione internazionale pubblica) avente titolo a godere di privilegi,

esenzioni e immunità in quanto organizzazione internazionale ai sensi di un

trattato o accordo internazionale concluso dall’Italia e ogni agenzia dipendente da

tale organizzazione o ente strumentale dalla stessa istituito per il perseguimento,

anche indiretto, dei propri scopi;

c) la Banca d’Italia;

d) le Poste Italiane SpA, ad eccezione del patrimonio BancoPosta;

e) la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.;

f) i fondi pensione e le istituzioni che si qualificano come forme pensionistiche

complementari ai sensi della legislazione italiana, compresi i fondi pensione

regolati dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 e gli enti di previdenza e

sicurezza sociale privatizzati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, o

istituiti ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, a condizione che

i contributi individuali volontari al conto siano limitati dalla normativa italiana di

riferimento oppure non eccedano in alcun anno 50.000 Euro;

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g) i fondi pensione e le istituzioni che si qualificano come forme pensionistiche

complementari ai sensi della legislazione italiana, compresi i fondi pensione

regolati dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 nonché gli enti di

previdenza e sicurezza sociale privatizzati dal decreto legislativo 30 giugno 1994,

n. 509, o istituiti ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, che

hanno diritto ai benefici previsti dalla Convenzione del 25 agosto 1999 Italia-Stati

Uniti per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per

prevenire le frodi o le evasioni fiscali in quanto soggetti residenti in Italia ai sensi

dell’articolo 4 della predetta Convenzione e in possesso dei requisiti di cui

all’articolo 2, lettera f), del protocollo alla Convenzione stessa;

h) i fondi pensione istituiti dal Governo italiano, da un’organizzazione

internazionale pubblica e dalla Banca d’Italia per fornire prestazioni

pensionistiche o altri benefici in caso di malattia o morte a partecipanti che sono,

o sono stati, dipendenti di tali enti o a persone designate da tali dipendenti ovvero

a persone che, pur non essendo state dipendenti di detti enti, hanno diritto a

ricevere i summenzionati benefici in ragione di servizi personali resi ai medesimi

enti;

i) entità di investimento interamente partecipate da beneficiari effettivi esenti le cui

quote o azioni siano integralmente e direttamente detenute dai soggetti elencati

tra i beneficiari effettivi esenti alle lettere a), b), c), f), h) e i) del numero 11.1

nonché dai soggetti individuati come beneficiari effettivi esteri esenti al numero

11.2 dell’articolo 1, comma 1, del decreto e che assumano prestiti esclusivamente

e direttamente da istituzioni di deposito o dai suddetti soggetti.

banche locali italiane non tenute a registrarsi che sono autorizzate e regolamentate

dalla legge italiana ad operare come banca e che soddisfano congiuntamente i

requisiti indicati dalle lettere da b) a f) della lettera b.6. Tra i requisiti principali si

evidenziano i seguenti:

1. l’attività svolta deve consistere essenzialmente nel ricevere depositi ed erogare

prestiti a clienti retail e non collegati alla banca;

2. la banca non deve sollecitare clienti o titolari di conti al di fuori dell’Italia;

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3. la banca non deve detenere attività in bilancio superiori a 175 milioni di

dollari statunitensi e, se la stessa è membro di un expanded affiliated group,

questo non deve possedere attività superiori a 500 milioni di dollari

statunitensi nei bilanci consolidati.

le entità di investimento che svolgono per conto di un cliente le attività indicate alla

lettera c), punto i) del numero 5) dell’articolo 1, comma 1, del decreto, qualora non

detengano conti finanziari.

Nel contesto dell’articolo 1, comma 1, sono stati definiti ai numeri 8, 9, 10, e 13,

rispettivamente i concetti di “istituzione finanziaria di una giurisdizione partner”,

“istituzione finanziaria partecipante”, “istituzioni finanziarie estere, registrate e certificate,

considerate adempienti” e “istituzione finanziaria non partecipante”.

L’individuazione di tali concetti si profila infatti necessaria per le istituzioni

finanziarie tenute alla comunicazione ai fini dell’espletamento degli obblighi derivanti dalle

norme contenute nell’Accordo intergovernativo con gli Stati Uniti e dalla normativa

primaria di attuazione di tale Accordo.

Al numero 12 dell’articolo 1, comma 1, del decreto viene data la definizione

dell’entità non finanziaria estera (NFFE). Con questo termine si intende qualunque entità

non statunitense che non sia una istituzione finanziaria ai sensi dei pertinenti Regolamenti

del Tesoro statunitense ovvero ai sensi delle disposizioni domestiche del Paese di residenza

dell’entità, semprechè tale Paese abbia in vigore un accordo IGA.

In relazione alla suddetta figura giuridica, vengono poi definite, ai numeri 12.1) e

12.2) dell’articolo 1, comma 1, del decreto, “l’entità non finanziaria estera attiva” e “l’entità

non finanziaria estera passiva”.

Queste definizioni assumono rilievo ai fini delle procedure di adeguata verifica in

materia fiscale e dei successivi obblighi di comunicazione da parte delle istituzioni

finanziarie italiane all’Agenzia delle entrate.

La definizione dell’entità non finanziaria estera, nella sua duplice veste “attiva” e

“passiva” è ripresa dall’Allegato I all’IGA Italia.

In base a ciò, un'entità non finanziaria estera per potersi configurare come “attiva”

deve soddisfare almeno uno dei criteri indicati nelle lettere da a) a l) dell’indicato numero

11

12.1). Tra questi criteri, già espressamente elencati nel citato Allegato I, è stato aggiunto

anche quello in base al quale è da considerare come una NFFE attiva una entità non

finanziaria estera che non è residente in Italia e che si qualifica come Direct Reporting

NFFE ovvero come Sponsored Direct Reporting NFFE ai sensi dei pertinenti Regolamenti

del Tesoro statunitense.

Per quanto riguarda il profilo oggettivo della normativa in esame, l’articolo 1, comma

1, del decreto descrive ai numeri 14), 15), 16), 17), 18), 19) e 20) i tipi di rapporti finanziari

da identificare attraverso le definizioni rispettivamente di “conto finanziario”, “conto di

deposito”, “conto di custodia”, “quota nel capitale di rischio”, “contratto di assicurazione”,

“contratto di rendita”, “contratto di assicurazione per il quale è misurabile un valore

maturato”.

Le definizioni date riportano il contenuto di quelle presenti nell’IGA Italia. In

relazione al conto finanziario, nella definizione data al numero 14) viene specificato che il

termine “conto finanziario” non comprende i conti, prodotti o accordi indicati al comma 4

del successivo articolo 6.

Per quanto concerne la definizione di contratto di assicurazione per il quale è

misurabile un valore maturato è stato specificato che tale termine designa, oltre ai contratti

di assicurazione come definiti nella relativa definizione al numero 18), anche i contratti di

capitalizzazione indicati all’articolo 179 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209,

aventi un valore maturato superiore a 50.000 dollari statunitensi, in quanto tipici contratti di

rendimento. Sono da ritenersi esclusi, invece, proprio perché non sussiste un valore

maturato, i contratti di riassicurazione risarcitori fra due imprese di assicurazione, nonché i

contratti di assicurazione stipulati nei rami danni di cui all’articolo 2, comma 3, del citato

decreto legislativo n. 209 del 2005.

Anche i concetti di “conto statunitense oggetto di comunicazione”, “titolare di

conto”, “persona statunitense” e “persona statunitense specificata”, indicati rispettivamente

ai numeri 22), 23), 24) e 25) dell’articolo 1, comma 1, del decreto riprendono il contenuto

delle definizioni presenti nell’IGA Italia.

Al successivo numero 26) viene definito il concetto di “pagamento di fonte

statunitense sul quale è applicabile il prelievo alla fonte”. In concreto, con questo termine

12

viene indicato ogni pagamento di interessi (incluso ogni sconto di emissione), dividendi,

rendite e utili di fonte statunitense, nonché i pagamenti di “dividendi equivalenti” di fonte

statunitense, come individuati dalla Sezione 871 (m) dell’Internal Revenue Code degli Stati

Uniti.

A tale riguardo, viene specificato che non costituiscono pagamenti di fonte

statunitense sui quali è applicabile il prelievo alla fonte i seguenti pagamenti:

1. i pagamenti relativi a Grandfathered Obligations – obbligazioni salvaguardate,

intendendosi con questo termine qualunque rapporto contrattuale o strumento

finanziario esistente al 1° luglio 2014. Sono comunque esclusi da tale

fattispecie alcuni rapporti contrattuali o strumenti finanziari aventi specifici

requisiti;

2. i pagamenti di interessi o sconti di emissione sulle obbligazioni a breve

termine come definite nella Sezione 871 (g) (1) (B) (i) dell’Internal Revenue

Code degli Stati Uniti;

3. i pagamenti di redditi che si considerano effettivamente connessi con lo

svolgimento di un’attività commerciale o di affari negli Stati Uniti e che

vengono inclusi nel reddito lordo del beneficiario effettivo per il pertinente

periodo di imposta ai sensi della Sezione 871 (b) (1) o 882 (a) (1) dell’Internal

Revenue Code degli Stati Uniti.

Al numero 27) dell’articolo 1, comma 1, del decreto viene poi data la definizione del

concetto di “pagamenti corrisposti a istituzioni finanziarie non partecipanti” che indica in

sostanza l’importo complessivo dei pagamenti di interessi, dividendi, rendite, utili e

“dividendi equivalenti”, anche di fonte non statunitense, distinto per ciascuna istituzione

finanziaria non partecipante percipiente.

Sono stati, infine, definiti i concetti di “consolidated obligations” – conti consolidati,

di “seed capital”- capitale iniziale, di “expanded affiliated group” e di “sponsored FFI

group”. Si è ritenuto di dover specificare i suddetti concetti in quanto gli stessi sono

utilizzati ai fini dell’espletamento delle procedure di due diligence, nonché per avvalersi

delle opzioni cui possono ricorrere le istituzioni finanziarie italiane tenute alla

comunicazione nel corso di dette procedure.

13

In particolare, per “consolidated obligations” si intendono più conti finanziari che

un’istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione ha scelto di trattare come un unico

conto finanziario ai fini degli obblighi di adeguata verifica in materia fiscale e di

comunicazione.

Per “seed capital” si intende una contribuzione iniziale di capitale effettuata in favore

di un’entità di investimento, destinata ad essere un investimento temporaneo e considerata

necessaria o appropriata per la costituzione dell’entità stessa.

Per “expanded affiliated group” si intende un gruppo di entità in cui una entità

controlla le altre entità, ovvero le entità sono soggette a controllo comune. Si evidenzia, in

proposito, che il concetto di controllo ha un contenuto più restrittivo di quello indicato

nell'IGA Italia, articolo 1, paragrafo 1, lettera jj), per definire la nozione di “entità

collegata”, poiché l'“expanded affiliated group” presuppone il possesso, diretto o indiretto,

di oltre il 50 per cento sia dei diritti di voto sia del valore di un'entità.

Infine, per “sponsored FFI group” si indica un gruppo che rispetta i requisiti indicati

all’articolo 8, comma 2, del decreto e che è composto da istituzioni finanziarie sponsorizzate

che condividono la medesima entità sponsor. .

L'articolo 2 stabilisce che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione

devono applicare le procedure di adeguata verifica in materia fiscale (due diligence) per

identificare i conti oggetto di comunicazione, intendendosi per tali i conti statunitensi di

pertinenza di US specified person e di entità non finanziarie passive non statunitensi

controllate da persone statunitensi specificate, nonché i conti di istituzioni finanziarie non

partecipanti. A tal fine, gli intermediari italiani applicano le disposizioni del decreto con

particolare riferimento alle procedure di due diligence disciplinate nell'Allegato I, alle

definizioni dell'articolo 1 e alle esclusioni dell'articolo 6, eventualmente avvalendosi dei

regimi indicati nell'articolo 8.

L'articolo 3 disciplina l'applicazione del prelievo alla fonte, nella misura del 30 per

cento, che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione devono operare, a

partire dal 1° luglio 2014, nel caso di corresponsione di pagamenti di fonte statunitense a

istituzioni finanziarie non partecipanti.

Riguardo all'ambito oggettivo, si ricorda che non tutti i pagamenti di fonte

14

statunitense sono soggetti a prelievo, ma solamente quelli indicati all'articolo 1, comma 1,

numero 26), del decreto.

Come precisato al comma 1, l'obbligo di applicare il prelievo alla fonte grava

esclusivamente sulle istituzioni finanziarie italiane che, in virtù di apposito accordo

concluso con le autorità fiscali statunitensi, hanno assunto la qualità di intermediari

qualificati con responsabilità primaria di sostituto d'imposta statunitense (qualified

intermediary with primary withholding responsibility). Solo questi ultimi, infatti,

provvederanno all'applicazione del prelievo e al relativo versamento, secondo le modalità

stabilite nel predetto accordo.

Il comma 2 chiarisce che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione,

diverse dalle precedenti, devono comunicare all'istituzione finanziaria che immediatamente

le precede nella catena degli intermediari i dati necessari per applicare il prelievo alla fonte.

Ciò al fine di garantire, in ogni caso, l'applicazione del prelievo, risalendo la catena degli

intermediari fino ad arrivare a un qualified intermediary with primary withholding

responsibility.

Il comma 3 sancisce l'obbligo di applicare il detto prelievo anche nell'ipotesi in cui

vengano corrisposti pagamenti a istituzioni finanziarie che, pur essendo tenute

all'ottenimento del Global Intermediary Identification Number (“GIIN”), non ne

comunichino uno valido al momento della corresponsione soggetta al prelievo alla fonte.

Tra queste rientrano, pertanto, anche le istituzioni finanziarie tenute alla registrazione

localizzate in una giurisdizione partner, che non abbiano ancora o a cui sia stato revocato il

GIIN.

È, tuttavia, prevista una disposizione transitoria resa necessaria a seguito

dell'Announcement 2014-17, pubblicato il 2 aprile 2014 dall'IRS, in cui è stabilito che le

istituzioni finanziarie localizzate in un Paese incluso nella lista delle giurisdizioni che hanno

in vigore un IGA si presumono dotate di un GIIN valido fino al 31 dicembre 2014. La

medesima presunzione si applica anche alle istituzioni finanziarie localizzate in

giurisdizioni che, pur non avendo ancora concluso un IGA con gli Stati Uniti, sono a un

livello di avanzamento delle negoziazioni tale da far considerate l'accordo come

sostanzialmente in essere. Tali giurisdizioni sono elencate nella predetta lista delle

15

giurisdizioni che hanno un IGA in vigore.

Pertanto, in base al richiamato Announcement 2014-17, le istituzioni finanziarie

italiane tenute alla registrazione, in quanto localizzate in una giurisdizione partner, si

presumono dotate di un valido GIIN fino al 31 dicembre 2014. Ciò implica che, sino a tale

data, nessun prelievo può essere applicato su pagamenti di fonte statunitense corrisposti agli

intermediari italiani. Tuttavia, per ragioni prudenziali e a tutela delle istituzioni finanziarie

italiane, l'articolo 4 fissa alla data del 30 novembre 2014 il termine ultimo per la

registrazione sul portale dell'IRS, al fine di garantire la corretta attribuzione di un GIIN

entro la scadenza del 31 dicembre 2014.

L'articolo 5 individua i dati che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla

comunicazione devono inoltrare all'Agenzia delle entrate per consentire lo scambio di

informazioni con la competente autorità finanziaria statunitense.

Indipendentemente dalla tipologia di conto finanziario, devono essere in ogni caso

fornite le informazioni essenziali per uno scambio efficace, che consentano di individuare il

titolare del conto e l’eventuale reddito sottratto alla conoscibilità delle autorità statunitensi.

Pertanto, sono sempre inviati i dati identificativi del titolare, quali nome,

denominazione o ragione sociale, indirizzo e codice fiscale statunitense (TIN – Tax

Identification Number). Inoltre, nel caso di un’entità non statunitense, qualora

dall'applicazione delle procedure di identificazione risulti un rapporto di controllo da parte

di uno o più soggetti statunitensi, gli elementi da segnalare sono: il nome, l'indirizzo e

l’eventuale codice fiscale statunitense (TIN) dell’entità nonché i medesimi elementi di

ciascun soggetto statunitense controllante.

Inoltre, devono essere trasmesse informazioni sul numero e sul saldo o valore del

conto, nonché i dati identificativi dell’istituzione finanziaria italiana che effettua la

comunicazione.

Alle lettere b), c) e d) del comma 1, sono previste le informazioni aggiuntive alle

precedenti, connesse ai pagamenti effettuati sul conto, distinte a seconda che si tratti,

rispettivamente, di un conto di custodia, di un conto di deposito, ovvero di un conto diverso

dai precedenti.

Si tratta, in particolare, dei seguenti dati:

16

- nel caso di un conto di custodia, l'importo totale lordo degli interessi, dei

dividendi, degli altri redditi generati in relazione alle attività detenute nel

conto, nonché i corrispettivi totali lordi derivanti dalla vendita o dal riscatto

dei beni patrimoniali, pagati o accreditati sul conto (o in relazione al conto)

nel corso dell'anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla

clientela;

- nel caso di un conto di deposito, l'importo totale lordo degli interessi pagati o

accreditati sul conto nel corso dell'anno solare o di altro adeguato periodo di

rendicontazione alla clientela;

- nel caso di qualsiasi conto statunitense oggetto di comunicazione diverso dai

precedenti, l'importo totale lordo pagato o accreditato al titolare del conto con

riferimento al quale l'istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione

agisce in qualità di incaricata dal debitore o dal beneficiario effettivo o in

nome proprio, compreso l'importo complessivo di pagamenti a titolo di

riscatto effettuati al titolare del conto, nel corso dell'anno solare o di altro

adeguato periodo di rendicontazione alla clientela.

La lettera e) riguarda le informazioni che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla

comunicazione devono trasmettere all’Agenzia delle entrate sui pagamenti corrisposti a

ciascuna istituzione finanziaria non partecipante di cui all’articolo 1, comma 1, numero 13),

del decreto. In proposito, si rileva che la nozione di pagamenti corrisposti a istituzioni

finanziarie non partecipanti ai fini dell'adempimento degli obblighi di comunicazione è

contenuta nell’articolo 1, comma 1, numero 27), ed è più ampia rispetto a quella rilevante

per l’applicazione del prelievo alla fonte di cui all'articolo 3 del decreto. Gli intermediari

italiani, infatti, trasmettono l’importo complessivo dei pagamenti, anche di fonte non

statunitense, richiamando la nozione di pagamento di fonte statunitense sul quale è

applicabile il prelievo contenuta nel decreto (articolo 1, comma 1, numero 26), senza tenere

conto delle esclusioni ivi previste.

Per facilitare la qualificazione e la quantificazione dei pagamenti effettuati sui conti

oggetto di comunicazione, il comma 2 stabilisce che le istituzioni finanziarie italiane devono

fare riferimento alle disposizioni tributarie italiane per adempiere gli obblighi di reporting.

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In applicazione del comma 3, le informazioni trasmesse all’Agenzia delle entrate

contengono la valuta con la quale sono denominati gli importi comunicati.

Lo scambio di informazioni tra autorità competenti deve avvenire, sulla base

dell’IGA Italia, entro il 30 settembre di ciascun anno solare. Pertanto, al fine di consentire

all’Agenzia delle entrate di provvedere all’invio rispettando la tempistica prestabilita, il

comma 4 individua nel 30 aprile di ciascun anno il termine entro il quale le istituzioni

finanziarie italiane sono tenute a trasmettere i dati riferiti all’annualità precedente. Tale data

è diretta a garantire all’Amministrazione finanziaria italiana la raccolta, il caricamento nelle

banche dati preposte e una prima analisi delle informazioni, per trasmettere un dato

completo e fruibile al partner internazionale. Tuttavia, in considerazione delle possibili

difficoltà di implementazione, è prevista la possibilità di prorogare, con Provvedimento del

Direttore dell’Agenzia delle entrate, il termine ultimo per la trasmissione dei dati

limitatamente al primo invio.

L’articolo 6 disciplina i casi, soggettivi e oggettivi, di esclusione dall’ordinaria

applicazione del decreto.

Le esclusioni soggettive sono state mutuate dal legislatore italiano direttamente dai

pertinenti Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense, in virtù della già

menzionata possibilità, concessa dall'articolo 4, paragrafo 7, dell'IGA Italia, di applicare le

disposizioni più favorevoli contenute nei predetti Regolamenti.

Come precisato, le esclusioni oggettive, oltre che dai predetti Regolamenti

statunitensi, sono state riprese dall'Allegato II all'IGA Italia (“Prodotti esenti”).

I primi due commi escludono dalla definizione di istituzione finanziaria determinate

entità la cui attività è essenzialmente rivolta al gruppo di appartenenza, purché si tratti di un

gruppo non finanziario o comunque composto esclusivamente da istituzioni finanziarie

FATCA compliant.

La ratio sottesa a tale esclusione è insita nella dimensione meramente interna al

gruppo dell’attività svolta, che neutralizza la potenziale pericolosità di tali entità in termini

di dislocazione dei redditi di pertinenza di soggetti statunitensi.

La prima categoria di escluse, individuata nel comma 1, comprende le entità facenti

parte di un gruppo (expanded affiliated group) non finanziario, ossia un gruppo che, nel

18

triennio che precede l’anno in cui viene effettuata la determinazione, integri le seguenti

condizioni:

non più del 25 per cento del reddito lordo del gruppo è costituito da redditi passivi;

non più del 5 per cento del reddito lordo del gruppo, senza computare le transazioni

infragruppo, è attribuibile a membri del gruppo che sono istituzioni finanziarie;

non più del 25 per cento del fair market value del patrimonio del gruppo, ad

esclusione di quelli detenuti da membri che sono entità descritte nei commi 2 o 3, è

costituito da asset che producono o che sono detenuti per la produzione di redditi

passivi;

se partecipato da istituzioni finanziarie, devono essere tutte FATCA compliant (ossia,

istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione, istituzioni finanziarie

italiane considerate adempienti, istituzioni finanziarie estere partecipanti o istituzioni

finanziarie estere considerate adempienti).

Non tutte le entità facenti parte di un gruppo non finanziario possono accedere a tale

esclusione. Si deve trattare di holding,diverse da holding di una impresa di assicurazione di

cui all’articolo 1, numero 5, lettera d), centri di tesoreria o captive finance company che

rispettino le condizioni indicate nell’articolo, nonché di istituzioni di deposito o di custodia

che si rivolgono esclusivamente a membri dell’expanded affiliated group non finanziario.

Il secondo comma riguarda quelle entità la cui attività è rivolta solamente a membri

dell’expanded affiliated group che, seppure di natura finanziaria, si compone

esclusivamente di: istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione; istituzioni

finanziarie italiane non tenute alla comunicazione; istituzioni finanziarie estere registrate

considerate adempienti; istituzioni finanziarie localizzate in Paesi che hanno sottoscritto un

IGA 1 o un IGA 2 - diverse dalle istituzioni finanziarie estere registrate considerate

adempienti - che sono qualificate come istituzioni finanziarie estere certificate considerate

adempienti dalla normativa domestica di tali Paesi; istituzioni finanziarie partecipanti;

limited FFI o limited branch come definite dai pertinenti Regolamenti del Tesoro

statunitense. Per non essere considerata istituzione finanziaria, l’entità non deve;

intrattenere alcun conto finanziario, ad eccezione di quelli intrattenuti per i membri

del suo expanded affiliated group;

19

detenere un conto presso, o ricevere pagamenti da, qualsiasi istituzione finanziaria

che non sia un membro del suo expanded affiliated group;

corrispondere pagamenti di fonte statunitense sui quali è applicabile il prelievo alla

fonte a qualsiasi soggetto diverso da un membro del suo expanded affiliated group

che non sia una limited FFI o una limited branch (come definite nei pertinenti

Regolamenti del Tesoro statunitense);

essere tenuta a effettuare, per conto proprio o per conto di qualsiasi altra istituzione

finanziaria - compreso un membro del suo expanded affiliated group - la

comunicazione o il prelievo alla fonte sui pagamenti di fonte statunitense.

Il terzo comma consente di non considerare membro di un expanded affiliated group

un’entità di investimento che abbia ricevuto una contribuzione di capitale iniziale da parte di

un’istituzione finanziaria facente parte del gruppo. Tale condizione si verifica nei casi in cui

l’attività tipica dell’istituzione finanziaria che effettua il conferimento consiste

nell’attribuzione di capitale iniziale per costituire entità di investimento, la partecipazione

nelle quali è destinata a essere ceduta entro il triennio o comunque a essere mantenuta

complessivamente entro la soglia del 50 per cento.

Il quarto comma introduce un’esclusione di tipo oggettivo, disconoscendo il carattere

finanziario di determinati conti, ritenuti a basso rischio di evasione in ragione della natura e

delle finalità perseguite mediante la costituzione o il mantenimento di tali rapporti.

Si tratta, in particolare, di conti di un asse ereditario, dei conti di garanzia costituiti

con sentenza o con atto negoziale in relazione a un'obbligazione privatistica, dei conti

pensionistici rispondenti alle caratteristiche ivi indicate e dei contratti assicurativi stipulati

dai datori di lavoro a beneficio dei lavoratori, che siano già assoggettati a tassazione e a

contribuzione previdenziale in Italia.

L'articolo 7 individua le opzioni che le istituzioni finanziarie italiane tenute alla

comunicazione possono esercitare nell'espletamento delle procedure di adeguata verifica di

cui all'articolo 2 del decreto. Tali opzioni sono mutuate dai Regolamenti del Dipartimento

del Tesoro statunitense, come consentito dall’Allegato I, Sezione I, lettera C), dell’IGA

Italia.

L’esercizio delle opzioni è rimesso alla libera scelta dell’istituzione finanziaria

20

italiana che ritenga di trarne un vantaggio in termini di alleggerimento degli oneri derivanti

dalle procedure di identificazione.

La lettera a) attiene alla disapplicazione delle soglie o delle esenzioni previste nelle

Sezioni da I a IV dell’Allegato I al decreto.

Come chiarito a commento del citato Allegato I, in linea generale il conto finanziario

non deve essere oggetto delle procedure di adeguata verifica se ha un saldo o valore al di

sotto di un determinato ammontare, ovvero, nel caso di un conto preesistente di persona

fisica che sia un contratto di assicurazione per il quale è misurabile un valore maturato o un

contratto di rendita, se presenta determinate caratteristiche.

Tuttavia, laddove l’istituzione finanziaria italiana, per ragioni di economicità, ritenga

più agevole espletare le procedure di adeguata verifica su tutti i conti finanziari dalla stessa

intrattenuti, può non tenere conto delle soglie minime e delle esclusioni previste.

La lettera b) consente di considerare i conti aperti dal 1° luglio 2014 come conti

preesistenti (preexisting obligation), purché il medesimo titolare o beneficiario intrattenga

già, alla data del 30 giugno 2014, conti finanziari presso lo stesso intermediario, o presso un

membro dell’expanded affiliated group o dello sponsored FI group. Per poter beneficiare

dell’opzione, è altresì necessario che i predetti soggetti trattino tali conti come consolidated

obligation (come definiti dall'articolo 1, comma 1, numero 29, del decreto) e che le

procedure antiriciclaggio condotte sui conti preesistenti possano considerarsi esperite anche

sui nuovi conti, in virtù della normativa vigente.

Il vantaggio rappresentato dall’introduzione delle preexisting obligation consiste

nella possibilità di reimpiegare gli esiti delle procedure di due diligence, già espletate in

relazione al conto preesistente, ai fini dell’attribuzione del FATCA status dello stesso

titolare o beneficiario del nuovo conto.

La lettera c) permette alle istituzioni finanziarie italiane di trattare come un unico

conto finanziario (consolidated obligation) più conti intrattenuti dal medesimo titolare

presso la stessa o più filiali della medesima istituzione finanziaria o una o più filiali di

un’istituzione finanziaria facente parte dello stesso expanded affiliated group o sponsored

FI group. Considerando tutti i conti come consolidated obligation, è possibile utilizzare la

documentazione già acquisita per l’attribuzione del FATCA status senza dover procedere a

21

una nuova raccolta dei dati.

Come nel caso delle preexisting obligation, quindi, la determinazione del FATCA

status del titolare del conto è rimessa all’espletamento di una procedura di adeguata verifica

basata su documentazione già ottenuta in relazione a un altro conto, con la differenza che, in

questo caso, si prescinde dalla data di apertura dei conti finanziari.

La possibilità di trattare più conti finanziari come consolidated obligation è

subordinata all’attribuzione di un codice identificativo univoco che consenta di tracciare

tutti i conti del medesimo titolare e alla predisposizione di un sistema condiviso dei conti

che permetta l’accesso e la trasmissione di dati.

In alternativa, in assenza di un sistema condiviso, la cui implementazione può

presentare notevoli costi amministrativi, la lettera e) dell’articolo in esame consente

all’istituzione finanziaria italiana di utilizzare, limitatamente ai soli conti preesistenti, la

documentazione già acquisita dalle altre filiali ovvero da una o più filiali di un’istituzione

finanziaria facente parte dello stesso expanded affiliated group o sponsored FI group,

purché ottenga e verifichi una copia di detta documentazione e la ritenga affidabile e

corretta.

L’ultima opzione di cui alla lettera f) ammette che gli intermediari italiani utilizzino,

al ricorrere delle condizioni ivi previste, la documentazione già acquisita e conservata in un

apposito sistema informativo da parte di un agente che agisce come mandatario. Tale

possibilità differisce dalle opzioni di cui alle lettere b) e c), in quanto consente di fare

affidamento su documentazione nella disponibilità di un soggetto terzo. Per esercitare

validamente l’opzione è, tuttavia, necessario che l’istituzione finanziaria possa agevolmente

accedere al sistema informativo in cui è conservata la documentazione, direttamente o

previa richiesta all’agente, per potervi inserire le informazioni che ne inficiano l’affidabilità

e ottenere copia dei documenti da produrre all’Agenzia delle entrate.

Nell’articolo 8, vengono disciplinati i regimi dei fornitori terzi di servizi (comma 1)

e del sistema del sponsorizzazione (comma 2).

Il ricorso al fornitore terzo di servizi è contemplato direttamente nell'IGA Italia,

all'articolo 5, paragrafo 3, mentre il sistema di sponsorizzazione è stato mutuato dai

pertinenti Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense.

22

Entrambi i regimi consentono agli intermediari italiani di delegare a un altro soggetto

gli adempimenti connessi agli obblighi di due diligence di cui all’articolo 2, di

comunicazione all’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 5, di applicazione del prelievo

alla fonte e di comunicazione tra istituzioni finanziarie di cui all’articolo 3 del decreto.

Il ricorso a uno dei predetti sistemi, tuttavia, non vale a esonerare le istituzioni

finanziarie italiane dalla responsabilità per il corretto assolvimento degli indicati obblighi.

Nonostante il fine comune di alleviare gli intermediari italiani dagli oneri gravanti

sugli stessi, i due regimi presentano alcune differenze.

Si osserva che al fornitore terzo di servizi possono ricorrere tutte le istituzioni

finanziarie italiane tenute alla comunicazione, mentre all’entità sponsor possono rivolgersi

esclusivamente quelle che sono entità di investimento.

Inoltre, nel sistema di sponsorizzazione, è l’entità sponsor che, oltre a registrarsi

come tale nella lista delle istituzioni finanziarie FATCA compliant tenuta dall’IRS, provvede

anche alla registrazione delle singole entità sponsorizzate. Infine, come precedentemente

chiarito, l’appartenenza a un gruppo di sponsorizzate (sponsored FI group) consente di

trattare come un unico conto finanziario (consolidated obligation) più conti intrattenuti dal

medesimo titolare presso istituzioni finanziarie facenti parte dello sponsored FI group.

L’articolo 9 detta la tempistica per l’invio delle informazioni all’Agenzia delle

entrate.

Lo scambio di informazioni regolato dall’IGA Italia prevede un incremento graduale

di dati, fino ad arrivare a uno scambio completo con riferimento all’annualità 2016.

Al comma 1 è, quindi, ripartito il timing dell’inoltro, distinguendo, per ciascuna

annualità, i dati oggetto di comunicazione elencati nell’articolo 5.

Le informazioni di cui alla lettera a), concernenti gli elementi identificativi del

titolare del conto e dell'istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione, il numero e

il saldo del conto, devono essere ottenute e scambiate con riferimento all’anno 2014.

Per le comunicazioni relative al 2015, oltre alle informazioni già fornite nell’anno

precedente, si aggiungono quelle relative a:

nel caso di un conto di custodia, l'importo totale lordo degli interessi, dei dividendi

nonché di altri redditi generati in relazione alle attività detenute nel conto;

23

nel caso di un conto di deposito, l'importo totale lordo degli interessi;

per i conti diversi da quelli di deposito o di custodia, l’importo totale lordo pagato o

accreditato su un conto (di pertinenza del titolare) per il quale l’istituzione finanziaria

italiana è l’obbligato o il debitore. Si deve altresì segnalare l’ammontare complessivo

di eventuali pagamenti (al titolare del conto) effettuati a titolo di riscatto.

Inoltre, a partire dall'annualità 2015, gli intermediari italiani devono comunicare

l'importo complessivo dei pagamenti corrisposti a istituzioni finanziarie non partecipanti.

Per le comunicazioni relative al 2016 e agli anni successivi, in aggiunta alle

informazioni fornite negli anni precedenti, si segnalano per i conti di custodia:

i controvalori lordi derivanti dalla vendita (o dal riscatto) dei beni patrimoniali pagati

o accreditati sul conto rispetto al quale l’istituzione finanziaria italiana tenuta alle

comunicazioni ha agito come custode, intermediario, intestatario o agente per il

titolare.

Il comma 2 introduce una disposizione transitoria, contenuta già nell’IGA Italia, in

virtù della quale, limitatamente ai conti preesistenti, se l’istituzione finanziaria italiana

tenuta alla comunicazione non è in possesso del codice fiscale della persona statunitense

specificata o delle persone fisiche statunitensi che esercitano il controllo su un’entità non

finanziaria estera passiva, può limitarsi a comunicare la data di nascita, ma solo in relazione

alle annualità 2014, 2015 e 2016.

Viene quindi precisato, al comma 3, che le informazioni sui conti preesistenti devono

essere inviate entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di completamento delle

procedure di due diligence secondo i termini e le modalità descritti nell'Allegato I.

L’articolo 10 rimette a un provvedimento del Direttore Generale delle finanze e del

Direttore dell’Agenzia delle entrate eventuali ulteriori disposizioni concernenti le modalità

di applicazione stabilite dal decreto.

L’Allegato I al decreto disciplina le procedure di adeguata verifica che le istituzioni

finanziarie italiane devono porre in essere per determinare il FATCA status del titolare del

conto.

La Sezione I, al paragrafo A), contiene una parte definitoria, che distingue tra conti

“nuovi”, ossia aperti a partire dal 1° luglio 2014, e “preesistenti”, cioè quelli già intrattenuti

24

alla data del 30 giugno 2014. Questi ultimi, se di competenza di persone fisiche, sono

ulteriormente divisi in base al saldo o valore tra conti di importo non rilevante (inclusi tra

una soglia minima che eccede l’equivalente di $ 50.000 - ovvero di $250.000 per i contratti

di assicurazione e per i contratti di rendita - e una soglia massima, pari all’equivalente di

$1.000.000) e conti di importo rilevante (ossia eccedenti l’equivalente di $1.000.000).

Tali distinzioni valgono a graduare l’intensità delle procedure di adeguata verifica,

contemperando le opposte esigenze di mitigare gli oneri gravanti sulle istituzioni

finanziarie italiane e arginare il rischio di evasione da parte di contribuenti statunitensi.

Sono, inoltre, definite le procedure antiriciclaggio, più volte richiamate

nell’ambito della due diligence ai fini FATCA, intendendosi per tali quelle previste dal

decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, nonché dai provvedimenti della Banca

d’Italia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Viene, altresì, fornita un’elencazione dei documenti richiamati genericamente

nell’Allegato I come “prove documentali”, accettate nell’ambito della due diligence con

riferimento sia alle persone fisiche che alle entità.

Si tratta, in particolare, di:

a) certificato di residenza rilasciato dalla competente Autorità fiscale del Paese in

cui il beneficiario dei pagamenti afferma di essere residente;

b) per le persone fisiche, un valido documento rilasciato da un ente pubblico

autorizzato, contenente il nome della persona fisica e comunemente utilizzato ai fini

identificativi;

c) per le entità, documentazione ufficiale rilasciata da un ente pubblico

autorizzato, contenente la denominazione dell’entità nonché l’indirizzo della sua sede

principale nel Paese (o Territorio degli Stati Uniti) in cui l’entità dichiara di essere residente

ovvero in cui l’entità stessa è legalmente costituita o organizzata;

d) per i conti intrattenuti in una giurisdizione in cui si applica una normativa

antiriciclaggio approvata dall’IRS in relazione a un QI Agreement, ciascuno dei documenti

diversi dai Modelli “IRS Form W-8” o “IRS Form W-9” ai quali fa riferimento l’allegato

specifico di tale giurisdizione al QI Agreement per l’identificazione delle persone fisiche o

25

delle entità;

e) bilanci, informative commerciali ai terzi, istanze di fallimento, o relazioni alla

U.S. Securities and Exchange Commission.

Il paragrafo B) della medesima Sezione I detta alcune regole generali rilevanti ai fini

della classificazione del conto finanziario.

Le Sezioni da II a V disciplinano dettagliatamente le procedure di adeguata

verifica, distinguendo a seconda che il conto sia nuovo o preesistente, nonché detenuto

da una persona fisica o da un’entità.

Fatta eccezione per la Sezione V, sono preliminarmente indicati i conti per i quali

non sussiste obbligo di verifica, identificazione o comunicazione.

In particolare, si tratta di:

nel caso di conti preesistenti di persone fisiche:

- quelli con saldo o valore pari o inferiore a $ 50.000 al 30 giugno 2014, nonché i

contratti di assicurazione per i quali è misurabile un valore maturato e i contratti

di rendita con saldo o valore pari o inferiore a $250.000 al 30 giugno 2014,

purché non divengano conti di importo rilevante al 31 dicembre del 2015 o di un

anno solare successivo;

- contratti di assicurazione per i quali è misurabile un valore maturato e contratti di

rendita, a condizione che tali contratti non possano essere venduti a residenti degli

Stati Uniti e che, qualora detenuti da residenti in Italia, siano sottoposti ad

obblighi di comunicazione o di applicazione della ritenuta;

- conti di deposito con un saldo o un valore pari o inferiore a $50.000;

nel caso di nuovi conti di persone fisiche:

- conti di deposito, a meno che il saldo non superi $50.000 al termine di un anno

solare o altro adeguato periodo di rendicontazione;

- contratti di assicurazione per i quali è misurabile un valore maturato, a meno che

tale valore non superi $50.000 al termine di un anno solare o altro adeguato

periodo di rendicontazione;

nel caso di conti preesistenti di entità: conti il cui saldo o valore non sia superiore a

$250.000 al 30 giugno 2014, sempreché detto saldo non superi $1.000.000.

26

Al riguardo, si ricorda che l’istituzione finanziaria italiana può avvalersi della facoltà

di cui all’articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto, e decidere di espletare le procedure

di adeguata verifica su tutti i conti, indipendentemente dalle predette soglie ed

esclusioni.

La Sezione II riguarda i conti preesistenti di persone fisiche.

Per i conti di importo non rilevante di cui al paragrafo B, l’istituzione finanziaria

italiana verifica i dati rintracciabili elettronicamente conservati nei propri archivi, al fine

di individuare gli eventuali indizi di presenza di conti statunitensi (U.S. indicia), elencati

al numero 1 (si tratta di: status di cittadino o residente USA del titolare del conto, luogo

di nascita negli USA del titolare, indirizzo di residenza o indirizzo postale in USA del

titolare, numero di telefono USA del titolare, ordini di bonifico permanente a favore di

un altro conto mantenuto negli USA, indirizzo “c/o” oppure di fermo posta quale unico

recapito, procura o potestà di firma sul conto concessa a un soggetto con indirizzo negli

USA).

Se dalla ricerca elettronica non emerge alcun indizio statunitense, l’istituzione

finanziaria italiana non è tenuta ad effettuare ulteriori interventi, fino al momento in cui

si verifichi un mutamento di circostanze dal quale risultino uno o più indizi statunitensi.

Viceversa, se la ricerca elettronica fa emergere U.S. indicia, l’istituzione

finanziaria italiana deve comunicare i dati del conto, tranne che in presenza di specifiche

circostanze esimenti, elencate al numero 4, che variano a seconda della gravità

dell’indizio riscontrato.

Questa verifica ulteriore si caratterizza per l'abbinamento tra i singoli U.S. indicia

riscontrati e la documentazione atta a confutarne la validità, già analiticamente

individuata nell'Allegato I all'IGA Italia.

Tuttavia, in aggiunta a quanto stabilito nell'IGA Italia, l'Allegato I al decreto, alla

lettera a) del numero 4), prevede che, qualora dalla ricerca negli archivi elettronici il

titolare del conto sia identificato come cittadino o residente statunitense, l'intermediario

italiano può non considerare il conto come oggetto di comunicazione se acquisisce:

un’autocertificazione attestante che il titolare del conto non è cittadino statunitense

né fiscalmente residente negli Stati Uniti;

27

un valido documento rilasciato da un ente pubblico autorizzato che viene

comunemente utilizzato ai fini identificativi da cui risulti la cittadinanza in un Paese

diverso dagli Stati Uniti.

Tale ultima previsione è stata inserita nel decreto in conformità ai pertinenti

Regolamenti del Dipartimento del Tesoro statunitense che la prevedono espressamente.

In sostanza, in un’ottica di semplificazione operativa, per i conti di importo non

rilevante, la procedura è incentrata sulla ricerca negli archivi elettronici, ossia su

informazioni già nella disponibilità delle istituzioni finanziarie italiane.

In presenza di conti di importo rilevante, invece, viene prevista, al paragrafo D

della medesima Sezione II, una procedura di verifica rafforzata, in considerazione della

maggiore entità del rischio di evasione da parte di contribuenti statunitensi.

Come per i conti di importo non rilevante, l’intermediario avvia la procedura con

la ricerca nei propri archivi elettronici di eventuali indizi statunitensi. Se il data base

dell’intermediario contiene tutti i dati necessari a individuare gli U.S indicia, non è

prevista alcuna ulteriore ricerca.

In caso di insufficienza dei campi necessari per l’individuazione di indizi

statunitensi, l’intermediario deve verificare anche i documenti cartacei contenuti

nell’anagrafica principale aggiornata del cliente. La ricerca cartacea ricomprende,

altresì, gli ulteriori documenti associati al conto e acquisiti dall’intermediario nel corso

degli ultimi cinque anni, se non già presenti in anagrafica (ad esempio, i documenti per

l’apertura del conto, la documentazione acquisita ai fini antiriciclaggio, eventuali

procure o potestà di firma tuttora valide, eventuali ordini di bonifico permanente

attualmente operanti).

Se l’intermediario gestisce i conti di importo rilevante assegnandoli ad un

responsabile del rapporto (“relationship manager”), oltre ad eseguire la ricerca negli

archivi elettronici e in quelli cartacei, deve verificare se tale responsabile è a conoscenza

del fatto che il titolare del conto è una persona statunitense. In caso positivo, tale conto e

quelli ad esso collegati devono essere comunicati.

Con esclusione dei conti di deposito con saldo o valore pari o inferiore a $50.000,

i conti preesistenti di persone fisiche, di importo rilevante e di importo non rilevante,

28

identificati come conti statunitensi oggetto di comunicazione si considerano tali per tutte

le annualità successive, a meno che il titolare del conto non cessi di essere una persona

statunitense specificata.

Analogamente, qualora su un conto preesistente di persona fisica, a prescindere

dall’importo, si verifichi un cambiamento di circostanze a seguito del quale si associano

al conto stesso uno o più dei predetti U.S. Indicia, l'istituzione finanziaria italiana

considera tale conto finanziario come conto statunitense oggetto di comunicazione a

meno che non scelga di applicare la procedura di cui al numero 4, paragrafo B, della

Sezione in esame.

La due diligence dei conti preesistenti di persone fisiche deve essere completata

entro il 30 giugno 2016 se di importo non rilevante, mentre la data ultima è anticipata al

30 giugno 2015 se di importo rilevante.

Per quanto concerne i nuovi conti di persone fisiche, a cui è dedicata la Sezione

III, l’istituzione finanziaria italiana è tenuta ad acquisire un’autocertificazione per

stabilire se il titolare del conto è una persona statunitense specificata. In alternativa, è

possibile acquisire un certificato di residenza rilasciato dalla competente autorità fiscale,

ovvero un valido documento rilasciato da un ente pubblico autorizzato che viene

comunemente utilizzato a fini identificativi (ad esempio, la carta di identità rilasciata dal

Comune di residenza nel caso di cittadini italiani). Tale ulteriore documentazione, pur

non essendo prevista nell’Allegato I all’IGA Italia, è stata mutuata dai Regolamenti del

Dipartimento del Tesoro statunitense, al fine di agevolare l’attribuzione del FATCA

status da parte delle istituzioni finanziarie italiane.

I documenti acquisiti non vengono assunti acriticamente, ma deve esserne

verificata la coerenza con le informazioni raccolte per l’apertura del conto, ivi compresa

la documentazione richiesta ai fini della normativa antiriciclaggio.

Se dalla procedura descritta risulta che il titolare del conto è un soggetto

fiscalmente residente negli Stati Uniti, l’istituzione finanziaria italiana deve comunicare

tale conto e acquisire dal titolare un’autocertificazione che comprende il codice fiscale

(TIN) degli Stati Uniti.

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Qualora dovessero emergere circostanze nuove che inducano l’intermediario a

ritenere che l’autocertificazione originale sia inesatta o inattendibile, sarà necessario

acquisire un’altra valida autocertificazione, dalla quale risulti che il titolare del conto è

un cittadino statunitense o un soggetto fiscalmente residente negli Stati Uniti. In

mancanza di valida autocertificazione, l’intermediario comunicherà le informazioni sul

conto, in quanto statunitense.

Per i conti preesistenti di entità, disciplinati nella Sezione IV, la verifica è volta a

determinare se il conto sia detenuto da una o più persone statunitensi specificate, da

entità non finanziarie estere passive controllate da uno o più soggetti statunitensi

specificati, da istituzioni finanziarie non partecipanti. La verifica si fonda sulle

informazioni relative ai clienti già acquisite dalle istituzioni finanziarie in virtù di

disposizioni di legge (incluse le informazioni raccolte in base alla normativa

antiriciclaggio) o in ragione dei rapporti commerciali con la clientela.

L’istituzione finanziaria comunica i dati di un conto se dalla verifica risulta che

l’entità titolare del conto è un soggetto statunitense specificato, a meno che l’istituzione

non determini un diverso status in base a un’autocertificazione rilasciata dal titolare o

informazioni in possesso dell’istituzione o disponibili pubblicamente.

Se l’entità titolare del conto non è un soggetto statunitense, occorre stabilire se il

titolare è un’altra istituzione finanziaria, distinguendo fra tre categorie: istituzione

finanziaria italiana, istituzione finanziaria di una giurisdizione partner, istituzione

finanziaria non partecipante. I dati del conto sono comunicati solo se il titolare è

un’istituzione finanziaria non partecipante; in tal caso la comunicazione dei dati avviene

in forma aggregata. Detta comunicazione non è dovuta se l’intermediario italiano ottiene

dal titolare del conto un’autocertificazione (anche su Modello “IRS Form W-8” o

modelli similari) dalla quale risulti che il titolare è un’istituzione finanziaria estera

certificata adempiente (Certified deemed-compliant) o un beneficiario effettivo esente

(Exempt beneficial owner).

Qualora il titolare del conto non sia né un soggetto statunitense né un'istituzione

finanziaria, l’intermediario considera il titolare quale entità non finanziaria estera e deve

distinguere a seconda che si tratti di un’entità attiva o passiva. Solo se l’entità è passiva

30

e i soggetti controllanti sono dei soggetti statunitensi specificati, il conto deve essere

comunicato. L’intermediario effettua tale verifica sulla natura attiva o passiva dell’entità

attraverso vari sistemi, tra cui: l’autocertificazione da parte del titolare del conto; le

informazioni a propria disposizione in ragione dei rapporti commerciali con il cliente e

degli obblighi antiriciclaggio; le informazioni pubblicamente disponibili.

In ogni caso, qualora un’istituzione finanziaria italiana venga a conoscenza o

abbia ragione di ritenere che, per sopravvenute circostanze, l’autocertificazione o altra

documentazione acquisita in relazione al conto sia inesatta o inattendibile, tale

istituzione finanziaria è tenuta a rideterminare lo status del conto secondo le procedure

sopra descritte.

La lettera F della Sezione IV prevede, inoltre, una procedura alternativa di due

diligence, basata sulle informazioni elaborate dai sistemi standardizzati di codificazione

industriale e contenute negli archivi dell'istituzione finanziaria italiana.

La due diligence dei conti preesistenti di entità deve essere conclusa entro il 30

giugno 2016. Inoltre, le istituzioni finanziarie italiane effettuano le procedure di verifica

dei conti preesistenti di entità con saldo o valore che non superi $250.000 al 30 giugno

2014, ma che superi $1.000.000 al 31 dicembre del 2015 o di un anno solare successivo,

entro i sei mesi successivi alla fine dell’anno solare in cui detto saldo o valore supera

$1.000.000

Per i nuovi conti di entità, a cui è dedicata la Sezione V, le istituzioni finanziarie

italiane devono determinare lo status del titolare del conto, distinguendo tra: i) soggetto

statunitense specificato, ii) istituzione finanziaria italiana o istituzione finanziaria di una

giurisdizione partner, iii) istituzione finanziaria partecipante, istituzione finanziaria

considerata adempiente o beneficiario effettivo esente, iv) entità non finanziaria estera

attiva o passiva.

Se dai dati pubblicamente disponibili o in possesso dell’istituzione finanziaria

italiana risulta che il titolare del conto è un’entità non finanziaria estera attiva,

un’istituzione finanziaria italiana o un’istituzione finanziaria di una giurisdizione

partner, nessun altro adempimento è richiesto. Negli altri casi, l’intermediario italiano

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deve ottenere dal titolare del conto un’autocertificazione che inquadri lo status del

titolare in una delle rimanenti categorie sopra descritte nei punti da i) a iv).

La Sezione VI, infine, fornisce alcune regole supplementari che le istituzioni

finanziarie italiane devono applicare nell’espletamento delle procedure di due

diligence.

Ai numeri 1) e 2), vengono stabilite le modalità di aggregazione dei saldi o

valori dei conti detenuti presso un’istituzione finanziaria italiana da una persona fisica

o da un’entità. L’aggregazione è estesa a tutti i conti intrattenuti dal medesimo soggetto

presso l’intermediario e presso entità facenti parte del medesimo expanded affiliated

group o sponsored FI group, ma solo nella misura in cui i sistemi informatici

dell’intermediario consentano - attraverso un codice identificativo unico (codice

fiscale, numero cliente, o altro codice) - di effettuare detto collegamento. Per

determinare se un conto sia di importo rilevante (superiore al controvalore di $

1.000.000) attraverso le regole di aggregazione, l’intermediario deve altresì richiedere

le informazioni in possesso dell’eventuale responsabile del rapporto per verificare se

uno o più conti siano riferibili direttamente o indirettamente allo stesso soggetto.

Inoltre, il numero 3) prevede che, nel caso in cui i conti siano denominati in una

valuta differente dal dollaro statunitense, per determinarne il saldo o valore ai fini della

soglie, l’istituzione finanziaria italiana procede alla conversione in tale valuta

utilizzando il tasso di cambio a pronti pubblicato, fissato all’ultimo giorno dell’anno

solare precedente l’anno in cui determina tale saldo o valore.

Il numero 4) chiarisce che la validità delle prove documentali, di cui alla

precedente Sezione I, e delle autocertificazioni rilasciate dal titolare del conto ha durata

illimitata, salvo che intervenga un mutamento delle circostanze tale da incidere sul

FATCA status.

Il numero 5) riguarda la particolare ipotesi in cui l’istituzione finanziaria italiana

acquisisca conti finanziari in conseguenza di operazioni di fusione o che comportano

l’acquisizione in massa di conti. Laddove il dante causa sia un’altra istituzione

finanziaria italiana tenuta alla comunicazione, un’istituzione finanziaria estera

comunque obbligata al reporting, o un sostituto d’imposta statunitense, che abbiano già

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eseguito la due diligence, l’istituzione finanziaria che acquisisce i conti può ritenere

valido lo status dei titolari assegnato dal suo predecessore per un periodo di sei mesi.

Decorso tale periodo, se non confutato da adeguata documentazione, lo status attribuito

dall’istituzione finanziaria dante causa si consolida.

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