È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto...

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Direttore Piero Sansonetti Venerdì 13 marzo 2020 · Anno 2° numero 52 · 2,00 · www.ilriformista.it · Quotidiano · ISSN 2704-6885 Redazione e amministrazione via di Pallacorda 7 – Roma – Tel. 06 32876214 Sped. Abb. Post., Art. 1, Legge 46/04 del 27/02/2004 – Roma € 2,00 in Italia solo per gli acquirenti edicola e fino ad esaurimento copie 9 772704 688006 00313 B isogna cominciare a ragionare anche sul dopo-virus. Cosa succederà? Cosa sarà dell’economia italiana e della struttura civile del Paese? Se e quando finirà que- sta pandemia, non possiamo trovarci in un deserto. La ripresa ci sarà soltanto se saremo riusciti a “salvare le sementi”, come facevano una volta i contadi- ni: prima salvare le sementi - dicevano - poi il raccolto... I nostri nonni e i nostri pa- dri difesero le fabbriche con le armi, quando i nazisti volevano smontarle e trasferirle in Germania. Durante la battaglia di Inghilterra, le fabbriche continuarono a lavorare sotto le bombe. Poi, parliamoci chiaro: è possibile un blocco totale della produzione? Anche di quella alimentare? A pagina 7 Giuliano Cazzola “A dda passà ‘a nuttata”, come diceva Eduardo? Napoli milionaria viene scritta dopo venti anni di fascismo, una guerra mondiale, cento bombardamenti e dopo giorni e giorni di rastrellamenti nazifascisti. Quando que- sto finisce, Eduardo non tira un sospiro di sollievo, non scrive inni alla gioia, ma sorprende tutti al- ludendo a un futuro oscuro. Lo sbarco alleato gli T redici morti e non sappaiamo ancora niente. È successo da quattro giorni. Erano tredici persone in mano alla Stato, erano detenu- ti. Perché sono morti? Quali sono i loro nomi? La loro età? Perché erano in prigione? Perché al- cuni sono morti durante il trasferimento ad al- tre carceri, e quindi non nel fuoco della rivolta? Non sappiamo niente. E perdipiù questa strage Il coronavirus visto con gli occhi di Eduardo Tredici morti spariti: siamo in America latina? Marco Demarco Piero Sansonetti suggerisce piuttosto l’immagine della notte, non quella dell’alba liberatoria. Ed è per questo che si è parlato di moralismo antiamericano di Eduardo, della sua preoccupazione per l’arrivo delle am-li- re, del boogie woogie, del consumismo e del mo- dernismo capitalista. Se noi non possiamo dire la frase di Eduardo, dunque, è proprio perché nel nostro caso la guerra non è ancora finita. di enormi proporzioni non suscita nessun in- teresse. La stampa non chiede conto, in Parla- mento nessuno ha alzato le barricate, come era successo tante altre volte. Possibile che in Italia muoiano 13 persone durante una protesta nelle carceri e tutto sparisca sotto il tappeto? Siamo in Venezuela, o siamo tornati alle dittaure dell’ America Latina degli anni Settanta e Ottanta? a pagina 9 a pagina 4 E DOPO TUTTO QUESTO COSA RESTERÀ DELL’ECONOMIA ITALIANA? È una grande sfida: combattere il contagio e salvare le nostre ricchezze IL SEGUE A PAGINA 2 Inquadra il QR CODE o vai all’indirizzo http://bit.ly/DRAMMA_CARCERI e firma subito l’appello al Governo La petizione per le carceri

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Direttore Piero SansonettiVenerdì 13 marzo 2020 · Anno 2° numero 52 · € 2,00 · www.ilriformista.it · Quotidiano · ISSN 2704-6885

Redazione e amministrazionevia di Pallacorda 7 – Roma – Tel. 06 32876214Sped. Abb. Post., Art. 1, Legge 46/04 del 27/02/2004 – Roma

€ 2,00 in Italiasolo per gli acquirenti edicolae fi no ad esaurimento copie

9 772704 688006

00313

Bisogna cominciare a ragionare anche sul dopo-virus. Cosa succederà? Cosa sarà dell’economia italiana e della struttura civile del Paese? Se e quando finirà que-sta pandemia, non possiamo trovarci in un deserto. La ripresa ci sarà soltanto se saremo riusciti a “salvare le sementi”, come facevano una volta i contadi-

ni: prima salvare le sementi - dicevano - poi il raccolto... I nostri nonni e i nostri pa-dri difesero le fabbriche con le armi, quando i nazisti volevano smontarle e trasferirle in Germania. Durante la battaglia di Inghilterra, le fabbriche continuarono a lavorare sotto le bombe. Poi, parliamoci chiaro: è possibile un blocco totale della produzione? Anche di quella alimentare?

A pagina 7

Giuliano Cazzola

“A dda passà ‘a nuttata”, come diceva Eduardo? Napoli milionaria viene scritta dopo venti anni di fascismo, una guerra

mondiale, cento bombardamenti e dopo giorni e giorni di rastrellamenti nazifascisti. Quando que-sto fi nisce, Eduardo non tira un sospiro di sollievo, non scrive inni alla gioia, ma sorprende tutti al-ludendo a un futuro oscuro. Lo sbarco alleato gli

Tredici morti e non sappaiamo ancora niente. È successo da quattro giorni. Erano tredici persone in mano alla Stato, erano detenu-

ti. Perché sono morti? Quali sono i loro nomi? La loro età? Perché erano in prigione? Perché al-cuni sono morti durante il trasferimento ad al-tre carceri, e quindi non nel fuoco della rivolta? Non sappiamo niente. E perdipiù questa strage

Il coronavirus vistocon gli occhi di Eduardo

Tredici morti spariti:siamo in America latina?

Marco Demarco Piero Sansonettisuggerisce piuttosto l’immagine della notte, non quella dell’alba liberatoria. Ed è per questo che si è parlato di moralismo antiamericano di Eduardo, della sua preoccupazione per l’arrivo delle am-li-re, del boogie woogie, del consumismo e del mo-dernismo capitalista. Se noi non possiamo dire la frase di Eduardo, dunque, è proprio perché nel nostro caso la guerra non è ancora fi nita.

di enormi proporzioni non suscita nessun in-teresse. La stampa non chiede conto, in Parla-mento nessuno ha alzato le barricate, come era successo tante altre volte. Possibile che in Italia muoiano 13 persone durante una protesta nelle carceri e tutto sparisca sotto il tappeto? Siamo in Venezuela, o siamo tornati alle dittaure dell’ America Latina degli anni Settanta e Ottanta?

a pagina 9 a pagina 4

E DOPO TUTTO QUESTO COSA RESTERÀ DELL’ECONOMIAITALIANA?

È una grande sfi da: combattereil contagio e salvare le nostre ricchezze

IL

SEGUE A PAGINA 2

Inquadra il QR CODE o vai all’indirizzohttp://bit.ly/DRAMMA_CARCERI e fi rmasubito l’appello al Governo

La petizione per le carceri

Page 2: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

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CONTINUA

Testi a cura di Giovanna CorsettiElaborazione grafica a cura di Gianfabio LupoFOTOROMANZO

IL

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«l’esplicazione del mandato difensi-vo e gli stessi contatti tra clienti ed avvocati» risultavano monitorati e citati nelle informative di quella in-dagine, ovvero che un avvocato era stato «sottoposto a servizio di osser-vazione - pedinato si sarebbe detto un tempo» nonostante non fosse mai stato ipotizzato a suo carico nessun atto illecito e neppure deontologica-mente scorretto. Una iniziativa della polizia giudiziaria mai censurata dal-la Procura, defi nita “gravissima” dai penalisti.

****Così come non ha mai ottenuto con-sensi tra i penalisti romani neppure l’esaltazione mediatica, con conte-

La nomina di Michele Presti-pino alla carica di Capo del-la Procura della Repubblica di Roma è stata commentata

in maniera positiva, in qualche caso addirittura entusiastica, da molti os-servatori delle cose di giustizia. Nes-suno, tanto per fare un esempio, si è troppo interrogato sul fatto, che può apparire stravagante solo ai cultori della logica piana che evidentemen-te non alberga a piazza Indipendenza quando si tratta di nomine di vertice, che per l’ascesa al soglio di un uffi cio che “vale più di due ministeri” il neo eletto abbia totalizzato un consenso talmente trasversale da apparire in-naturale, visto che coniuga i rappre-sentanti di Area da una parte, Davigo dall’altra, con Unicost a far da collan-te. Come dire il diavolo e l’acquasan-ta. Tutti però uniti nello slogan per cui “i titoli devono avere un’anima”, come poeticamente commentato da uno dei grandi elettori appartenen-te ad Unicost per giustifi care il fatto che altri candidati con maggiori tito-li non erano stati nominati. In realtà tutti ancor più coesi nell’assicurare una continuità nella gestione dell’uf-fi cio che a qualcuno, visto il sodalizio “umano e professionale” ultraven-tennale con Pignatone, che lo stesso Prestipino ha subito ricordato, è par-sa più una successione dinastica che una elezione democratica.

****Di suo il neo Procuratore Capo, che è un magistrato dal tratto gentile ma anche un esperto navigatore delle in-fi de acque del mondo giudiziario, ci ha messo un discorso di investitu-ra giuridically correct con il quale ha esortato i suoi sottoposti al “lavoro silenzioso” e, soprattutto, richiaman-do le parole di Bachelet, li ha ammo-niti a non «identifi care mai se stessi o i propri interessi, o anche le proprie idee, con il bene comune». La pla-tea, composta in massima parte dai magistrati della sede capitolina ma anche da una qualifi cata rappresen-tanza di vertice dell’avvocatura, ha applaudito con convinzione quel-le parole d’ordine liberali. Del re-sto in quella occasione nessuno ha avuto espressioni men che caloro-se per un uomo defi nito, dai mede-simi avvocati, un magistrato “con la porta sempre aperta”. Al netto del-

la retorica benedu-cata, ma anche

po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di investitura, fa

piacere constatare un clima così ecumenico tra i generali di eserciti – quelli dei procuratori e degli avvocati romani – non avvezzi, fi no a qualche anno fa, al reciproco scambio di cor-tesie. Resta però da vedere se lo stes-so clima si può riscontrare anche tra le truppe.

****

La Procura di Roma di Pignatone, - del quale gli annali ricordano un discorso di investitura nella stessa sede dal tratto ben più ruvido persi-no nei confronti dei suoi pm - si è in-fatti caratterizzata negli ultimi anni non solo per la spasmodica ricerca di conglomerati mafi osi nel territorio di competenza - con risultati altalenan-ti, vista la debacle di Mafi a Capitale che nessuno ha avuto la maleduca-zione di ricordare al neoeletto - ma anche per una certa inclinazione al controllo delle attività difensive che il Foro non ha certo gradito, ivi incluso l’utilizzo giudiziario di conversazioni tra avvocati e clienti casualmente in-tercettato. Furono proprio i penalisti di Roma, per fare un esempio, qual-che tempo dopo l’esecuzione del-le misure cautelari riguardanti Mafi a Capitale, a licenziare un durissimo documento dal signifi cativo titolo Il Diritto di difesa nel mondo di Mez-zo nel quale si poteva leggere che

stuale diffusione diretta di atti giu-diziari, fi lmati di arresti inclusi, delle indagini di punta dell’uffi cio capitoli-no. Si pensi alla insistente campagna di stampa di nuovo su Mafia Capi-tale, con la pubblicazione del video dell’arresto di Carminati e delle con-versazioni videoregistrate di Buzzi, oppure alla esecuzione del provve-dimento cautelare che recentemente ha colpito una avvocatessa trasmes-so praticamente in diretta da una troupe televisiva della trasmissione di Giletti. Pratiche che la legge non permette e che le Procure lasciano correre, a Roma, a Palermo o a Reg-gio Calabria, non fa differenza, tan-to per citare uffi ci ove Prestipino ha lavorato. Insomma anche il nuovo Procurato-re dovrà fare i conti, sempre per ci-tare il datato (ma non sorpassato) documento dei penalisti romani con la “pilotata fuoriuscita quotidiana di parti informative di polizia giudizia-ria che raggiungono lo scopo della preventiva distruzione della immagi-ne degli indagati” che a Roma si veri-fi ca da anni.

****Ed allora, se alle parole seguiranno i fatti, come auspicabile, più che alla continuità con il recente passato ci si deve augurare che Michele Prestipi-no dedichi una parte del suo tempo a modifi care comportamenti e pensie-ri dei suoi dipendenti che contraddi-cono sia la regola del silenzio che le parole illuminate di Bachelet.© RIPRODUZIONE RISERVATA

“UNA SUCCESSIONE” IN CONTINUITÀ CON PIGNATONE

MICHELE PRESTIPINO L’IMPERATORE CAPO DELLA PROCURA DI ROMA

Ha ottenuto un consenso trasversale all’insegna dello slogan “anche i titoli devono avere un’anima” fregando così i competitor che avevano curricula migliori. E ora che ci aspetta?

Valerio Spigarelli

In altoIl neoeletto

a Capo della procura

di Roma, Michele

Prestipino, succeduto

a Giuseppe Pignatone,

di cui è considerato

l’erede

A latoIl magistrato Giuseppe Pignatone,è attualmente Presidente del Tribunale di prima istanza dello Stato della Città del Vaticano

Se una parte degli avvocati romani ha

applaudito, i penalisti da anni criticano

la procura di Roma. Ora si spera che il neo procuratore modifi chi

comportamenti e pensieri dei suoi

dipendenti

Il futuro

porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-

po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di investitura, fa

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L’ Italia non ha accolto nessuna del-le raccomandazioni dell ’Onu sul rispetto dei diritti umani nelle car-

ceri . Lo rende noto Nessuno tocchi Caino, che con il Partito Radicale era presente ieri a Ginevra dove si è tenuta la discussione sul processo di revisione periodica universale, cioè quella valu-tazione che le Nazioni Unite fanno sullo stato di recepimento e rispetto dei diritti umani nei vari Paesi. Il problema delle carceri era emerso con decisione durante la discussione e in-

fatti, fa sapere Nessuno tocchi Caino, «paesi come Austria, Danimarca, Ger-mania, Repubblica di Corea, Russia e Zambia avevano rivolto raccomanda-zioni all’Italia affinché il regime deten-tivo italiano sia migliorato e adeguato agli standard internazionali sui dirit-ti umani, sia affrontato il problema del sovraffollamento e adottata una riforma che migliori le condizioni materiali, ri-duca la custodia cautelare ed aumenti il ricorso alle misure alternative, e sia as-sicurata la difesa legale agli stranieri. Ci

si aspettava che ci fossero anche queste tra le raccomandazioni accolte dal no-stro Paese, tanto più in un momento di rischio epidemia in carceri sovraffolla-te. Invece sono cadute nel vuoto», dice Elisabetta Zamparutti, tesoriera dell’as-sociazione ed ex componente il Comi-tato europeo prevenzione della tortura. Nel corso della discussione, Nessuno tocchi Caino ha sollevato il problema del recepimento della sentenza della Corte europea dei diritti umani nel ca-so Viola vs. Italia in materia di ergastolo

DIRITTI DETENUTI: ITALIA IGNORA RACCOMANDAZIONI ONU La denuncia di Nessuno tocchi Caino che ha partecipato alla riunione di Ginevra:

«Dal sovraffollamento alle misure alternative, il nostro Paese non rispetta quei principi»

EMERGENZA CARCERI

Tredici morti nelle prigioni ita-liane. La cifra è incerta, for-se sono di più. I nomi fino a ieri nemmeno li conosceva-

mo. Sono passati quattro giorni dal-la strage. Ieri, sembra, i nomi sono stati consegnati al garante dei dete-nuti. Il quale, probabilmente, si co-stituirà parte civile, se ci saranno dei processi.Pare che esista una relazione del Dap ma non si sa chi la possiede. La stampa non ha avuto neanche l’om-bra di una notizia. Per la verità non l’ha neanche pretesa. Neppure il Par-lamento ha ricevuto informazioni. Neppure il Parlamento, sembra, le ha pretese. Tredici persone scono-sciute sono sparite e ora giacciono al camposanto.Tredici morti sono una quantità spa-ventosa. Succedeva negli anni Set-tanta, quando c’erano le grandi stragi: Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus. In quelle occasioni era tutto il Paese a sollevarsi, a gridare, a entrare in lutto, a pretendere (seppure inutilmente) la verità. Questa volta i tredici mor-ti erano tutti in carcere. Nelle mani dello Stato. Consegnati alla custodia dello Stato. Possibile che una strage così non susciti un moto formidabile di indignazione e una richiesta assil-lante di chiarimenti? Mi ricordo che una ventina d’anni fa ero a Genova nelle giornate terribili del G8. Fu ucciso un ragazzo di po-co più di vent’anni. Abbattuto da un colpo di pistola sparato da un ca-rabiniere. Successe il pandemonio, giustamente, anche in Parlamento. Naturalmente ci si divise. Una par-te dello schieramento politico difese la polizia e il ministro dell’Interno e gettò tutta la colpa sui dimostranti, e

anche sul ragazzo - si chiamava Car-lo Giuliani - che aveva attaccato una camionetta dei carabinieri. Un’altra parte, e tutta la stampa internaziona-le, si scagliarono contro il governo, il Pds, che era allora il partito dell’op-posizione di sinistra, parlò di “macel-leria messicana”. Ci si divise, ma non si restò in silenzio. Si scatenò una fu-riosa battaglia politica.L’altro giorno, in Parlamento, nes-suna battaglia. Frasi fatte. Nessu-na spiegazione, nessuna protesta dell’opposizione. Nessuna autocriti-ca del governo. Sembrano tutti con-

cordi sul fatto che le morti siano avvenute per l’effetto dell’assalto al-le farmacie, e quindi mettiamoci una pietra sopra, come si faceva in alcuni paesi latinoamericani al tempo delle dittature (e in parte si fa ancora). Di-cono: erano drogati, erano gentaglia in astinenza perché - interrotte le vi-site delle famiglie - si era interrotto il fl usso illegale di droga nelle celle. Sono tutti morti di overdose. Pratica-mente suicidi. Non so se è così. Non so se è così per tutti e tredici. In ogni caso vorrei ca-pire alcune cose, che magari hanno anche una spiegazione, ma occorre-rebbe che questa spiegazione fosse fornita al pubblico.Intanto vorrei sapere come mai se questi detenuti erano in overdo-se e in agonia si è deciso di trasfe-

rirli. Alcuni di loro risulta che siano morti durante il trasferimento. Qual-cuno addirittura dopo il trasferimen-to. Si trasferisce un moribondo? Non è meglio portarlo in ospedale?Seconda domanda. È vero che le tre-dici vittime della rivolta sono tut-te straniere? È questa la ragione del silenzio? È ormai defi nito e pacifi co che comunque la vita di uno stranie-ro non ha lo stesso valore, né umano né giuridico né mediatico, della vita di un italiano?Terza domanda. Se davvero, come in realtà è abbastanza probabile, le in-fermerie erano l’obiettivo della rivol-ta, almeno in alcuni di questi carceri, e se il motivo dell’assalto era procu-rarsi metadone da parte di prigionie-ri tossicodipendenti, oso chiedere: ma qui in Italia è considerata cosa

normale, trovandosi di fronte a una persona evidentemente e pesante-mente tossicodipendente, sbatterla in una cella anziché in una struttu-ra adatta, in grado di aiutarla, di cu-rarla? E questo comportamento - se effettivamente è così - è considera-to compatibile con l’articolo 27 della Costituzione?Poi ci sono le domande più genera-li che riguardano la politica carcera-ria di questi ultimi governi. Bisogna dire che il passaggio dal “verde” al “rosso” non ha cambiato molto. La li-nea resta la stessa, a dispetto del fat-to che le truppe “rosse” di Zingaretti hanno sostituito quelle “verdi” di Sal-vini. Sembra quasi una maledizione: ormai su tutto ciò che riguarda la re-pressione la cloche è in mano esclu-sivamente ai 5 Stelle.Le domande generali riguardano la costituzionalità del carcere, almeno del carcere come funziona adesso. E in particolare il problema del so-vraffollamento, che rende del tutto illegali le nostre prigioni. Non vole-te l’indulto, perché temete di perde-re qualche voto? Ho capito. Almeno prendete in considerazione le pro-poste ragionevolissime che abbiamo avanzato ieri, insieme alle Camere Penali, e che potrebbero portare in pochi giorni alla liberazione di circa 20 mila detenuti, e alla attenuazione del fenomeno ormai dilagante delle celle-carnaio.

Piero Sansonetti

TREDICI MORTI E UN GRAN SILENZIOCOME NELLE DITTATURE SUDAMERICANE

ostativo. La Corte di Strasburgo aveva bocciato il divieto previsto dall’articolo 4bis del nostro ordinamento peniten-ziario di concedere la liberazione con-dizionale agli ergastolani ostativi che non collaborino con la giustizia, giu-dicandolo “inumano” e “degradante” e aveva riconosciuto questo come un problema strutturale. «Al Comitato diritti umani dell ’ONU - ricorda Zamparutti - pende peraltro un ricorso collettivo di 252 ergastola-ni ostativi curato, per conto di Nessu-no tocchi Caino, dall’avvocato Andrea Saccucci».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Una strage di queste proporzioni non avveniva da tempo. Erano in custodia dello Stato. Stampa, Tv, partiti e Parlamento stavolta tacciono

In fotoLa rivolta nelle carceri e la richiesta dell’Indulto

Se erano tossicodipendenti

in astinenza perché erano in cella? Perché

sono stati trasferiti quando erano

in agonia?

Domande

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vuoto, coi politici di destra e di sinistra non casualmente uniti in prima fi la: è l’ansia comune di incaricare qualcu-no che ci assolva dalla nostra libertà. Qualcuno che ci “liberi” dalla nostra libertà, questo peso insopportabile. E ancora non casualmente quest’ansia è disponibilissima a sciogliersi, a trovare fi nalmente appagamento nell’accetta-zione incondizionata di divieti tanto più duri, di limitazioni tanto più strin-genti, di imposizioni tanto più gravose. Perché il cosiddetto uomo forte non è mai desiderato affi nché dia libertà: ma affi nché la tolga. E quando in una so-cietà la libertà viene a mancare non è quasi mai perché uno, con la forza, l’ha tolta ai più, ma praticamente sem-pre perché i più, senza sforzo e spes-so con desiderio, vi hanno rinunziato.

tativa che al posto di comando stia qualcuno dotato di competenza, per la semplice ragione che per risolvere qualsiasi crisi notevole non esiste “una” competenza. Se c’è una guerra non cessa di essere importante tutto il re-sto, la scuola, l’economia, la produzio-ne industriale, ed è per questo che se c’è una guerra i militari fanno la guerra ma non governano il Paese, che deve vivere non ostante la guerra. Così co-me se c’è un’epidemia non si manda al governo un virologo, che applican-do la sua scienza magari ferma il virus ma uccide il Paese. Tutto questo, in re-altà, è almeno oscuramente compreso anche da quelli che appunto reclama-no quella soluzione spiccia. E infat-ti è altro ad adunare la società italiana sotto al balcone insopportabilmente

zionale al cedimento del criterio in-dividuale in favore dell’imposizione autoritaria. E di qui la richiesta, l’ap-pello a che la società e la politica si in-curvino nell’affi damento fi deistico di ogni potere a questo o quel campione capace di risolvere tutto, di protegger-ci tutti, di salvarci tutti. Può essere un esperto di manette, un virologo fi sso in tivù, un organizzatore di soccorsi ai terremotati, non importa: chiunque va bene se si tratta di sfamare quel desi-derio inesausto di rinuncia a qualsia-si libertà responsabile ripagata con un simulacro d’ordine che tranquillizza la massa e la fa riposare mentre Lui se ne prende cura. E questo diffuso recla-mare l’incoronazione dell’uomo giusto capace di risolvere le cose non ha nul-la a che vedere con la legittima aspet-

Fanno bene i pochissimi che lo denunciano, ma davve-ro non sorprende che questa unanime pretesa di salvazione

precipiti nella solita ricetta: cioè il con-ferimento del potere a Uno che ci sal-vi. Perché il desiderio di autoritarismo pubblico è negli italiani irresistibile. E naturalmente insorge e si diffonde quando e quanto più ci sarebbe bi-sogno semmai del contrario, e cioè dell’affermazione delle responsabilità personali, dell’autonoma capacità di giudizio e di decisione.Da quando è scoppiata quest’epide-mia, e con brama crescente nell’ag-gravarsi della crisi, il desiderio degli italiani di essere sottomessi a una gui-da simbolicamente imperativa ha per-so i già deboli freni per cui si segnala questa connaturata propensione na-

nati danteschi e galeotti di Van Gogh. Ma allora perché sentivo crescere in me, lo confesso, un sentimento di in-credibile fraternità nei loro confronti? Come se quegli esseri umani fossero in grado di parlarmi con una frontali-tà e una verità altrove impossibili da trovare. Gli ergastolani dell’istituto di massima sicurezza di Arghillà, a Reg-gio Calabria, in grande maggioranza legati a cosche mafi ose, mi regalaro-no un giocattolo di carta colorata con i nomi e cognomi scritti sul retro.Ricordo le ragazze della Giudecca, a Venezia, albanesi e rumene, che pre-sentarono di fronte a un numeroso pubblico uno dei miei libri; i giorna-listi prigionieri che a Padova, grazie alla guida lungimirante e preziosa di Ornella Favero, continuano a man-dare avanti una rivista unica nel suo genere, dal nome che dice tutto: “Ri-stretti orizzonti”; i minorenni del Bec-caria a Milano e quelli del Ferrante Aporti di Torino, feriti e canaglieschi, spacciatori e tossicodipendenti, ladri e rapinatori, pronti a farmi l’occhioli-no prima che uscissi, quasi avessero trovato in me, visitatore occasionale, il compagno adulto che cercavano e di cui avevano bisogno. Ci sarebbe tutto un lavoro da fare con questa umanità estrema, derelitta, as-setata di rapporti e contatti, non solo i detenuti, anche le guardie che spes-so ne dividono le sorti: non bastano i giudici e gli avvocati. Chi, fra cer-ti miei colleghi docenti, ha avuto la possibilità di portare le classi a dialo-gare coi reclusi, ha visto gli studenti trasformati, quasi avessero messo la mano sul fuoco e se la fossero scotta-ta davvero. A volte vale più un’espe-rienza come questa che dieci belle lezioni dalla cattedra. © RIPRODUZIONE RISERVATA

nostra specie, posti in cattività, rive-lassero aspetti che di norma tengo-no celati: voragini nelle quali tutti noi, in determinati frangenti, potremmo sprofondare. Cvetan Todorov lo di-ceva a proposito dei lager. Primo Le-vi ebbe il coraggio etico di collocare se stesso all’interno della zona grigia. Basta poco a volte per scivolare da una parte all’altra dello steccato: una distrazione imprevedibile, una com-binazione sfortunata.La mia memoria pulsa soprattutto nel ricordo di Ravìl, un condannato a morte russo che vidi tanti anni fa nella colonia penale del Lago Bianco, non distante dal Circolo Polare Artico, il quale, non sopportando la sospen-sione indeterminata in cui si trova-va, chiese con piglio dostoevskiano di essere fucilato: prima di entrare in cella, pretesi dai gendarmi che gli to-gliessero le manette e lui mi ringra-ziò con uno sguardo lancinante, in cui c’erano dentro, mescolate l’una all’altra, ferocia e tenerezza. Ma, sen-za andare troppo lontano, è diffi cile dimenticare nel carcere di Rebibbia il giovane uomo che venne a due centi-metri sotto il mio naso per dirmi co-me aveva ucciso la sua fi danzata, in un capannone sul litorale. O l’altro ex medico, anche lui uxoricida, il quale era passato in poche ore dalla condi-zione ordinaria di un professionista stimatissimo anche all’estero a quella di reietto inviso a tutti.Nei centri circondariali dove sono stato ho percepito la forza e la fragi-lità, il peso tormentoso della colpa e l’ultima speranza che, come la pro-verbiale fiammella, non vuole spe-gnersi. Nessuno di quelli che ho conosciuto negava la necessità della pena da scontare. Anzi, parevano es-sere tutti dolorosamente consapevoli delle ragioni che li avevano condotti fi n lì, arcigni e severi con se stessi fi no all’inverosimile. Erano animali uma-ni che si rigiravano nella melma: dan-

virus, coi rischi connessi. Da un gior-no all’altro sono interrotte le attività consuete, i volontari non possono più entrare nell’istituto, le visite dei pa-renti subiscono uno stop improvviso. In tali condizioni quella che noi chia-miamo psicosi può diventare qualco-sa di molto più inquietante: ciò che è accaduto nelle infermerie prese d’as-salto dai rivoltosi, pronti a suicidarsi col metadone, lo dimostra appieno. Com’erano vissute quelle persone fi -no a poco tempo prima? Devastate dalle crisi d’astinenza, rese rabbiose dalla promiscuità coatta, costrette a una drammatica deriva dell’esistenza.Ogni volta che mi è capitato di get-tare uno sguardo dietro le sbarre, ho avuto l’impressione di un’apocalis-se umana, come se gli individui della

i ragazzi tornavano a casa, i genito-ri facevano presto a smontare tutti i miei buoni propositi riproponendo ai loro figli la vecchia legge del taglio-ne aggiornata secondo il canone re-so immortale dal grande Giuseppe Gioachino Belli: «Si quarchiduno te viè a dà un cazzotto, / Lì callo callo tu dajene dua».Sono stato in molte carceri a tenere conferenze e parlare coi detenuti. Le recenti rivolte nei penitenziari intasati della penisola, coi disordini e le eva-sioni conseguenti, mi hanno fatto tor-nare alla mente i tanti incontri avuti. Gente abituata a vivere gomito a go-mito, nella tensione quotidiana del pensiero che torna sempre sugli stes-si luoghi del triste passato, a cui viene comunicata l’emergenza dettata dal

«Lasciali marcire in gatta-buia, professore, dopo-diché nascondi la chiave, quelli sono criminali e

se lo meritano». Questo, inutile ne-garlo, è il comune sentire: quante volte me lo ricordavano i miei adole-scenti dell’istituto professionale nel-la borgata romana dove ho insegnato per tanti anni quando il discorso ca-deva su Cesare Beccaria e io spiegavo i suoi storici concetti sulla necessi-tà della rieducazione a cui dovrebbe tendere la pena! Se il condannato si trasforma in un selvaggio, abbiamo perso tutti insieme a lui, dicevo: pa-role al vento. Anche perché quando

Torna sempre, è quasi un rifl esso condizionato per noi italiani. Finiamo sempre per volerci radunare sotto quel balcone. Proprio quando invece servirebbe la responsabilità individuale

La voglia di Uno che ci liberi delle nostre libertà

Non giudicate gli uomini in gabbiasono nostri fratelli pieni di doloreFragili e ansiosi di speranza: conoscerli ci cambia

I PRIGIONIERI CONDANNATI DAL PREGIUDIZIO

Eraldo Affi nati

Iuri Maria Prado

A latoIl dramma del carcere, l’umanità senza speranza relegata all’emarginazione

Come il popolo italiano ben saprebbe se non si raccontasse d’aver perso la libertà chissà per quale forza estranea, facendo poi fi nta d’essersela riguada-gnata da sé.Tutto questo per dire che non c’è biso-gno che qualcuno ci dica come com-portarci per meglio convivere con i pericoli di questa malattia? No dav-vero. Ma non è questo che comune-mente si chiede quando dappertutto si solleva quell’istanza di investitura risolutrice. E la pretesa unicità della posizione italiana ai tempi del Coro-navirus sta molto meno nelle statisti-che sui contagiati e le vittime che in quest’altro segno distintivo naziona-le: l’eterna, voluttuaria disponibilità a sottomettersi al comando illiberale. A© RIPRODUZIONE RISERVATA

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stenza, la percezione che lo Stato non li ha abbandonati, che l’ordinamen-to penitenziario non è stato del tutto sospeso.La licenza di stare a casa per 15 giorni concessa a tutti i semiliberi della Ter-za Casa di Rebibbia non è la soluzione strutturale di “rarefazione sociale” che solo l’amnistia e l’indulto offrirebbero al problema del sovrannumero di fa-scicoli nei tribunali e di esseri umani nelle carceri. Perché il meglio non sia nemico del bene, come Nessuno toc-chi Caino, con Rita Bernardini ed Eli-sabetta Zamparutti abbiamo proposto anche una moratoria dell’esecuzione penale, sia degli ordini di esecuzione pena che dell’esecuzione della pena stessa, volta a ridurre drasticamente i numeri della popolazione carceraria. La storia delle cinquanta licenze con-cesse a Rebibbia è solo una bocca-ta d’aria per detenuti e operatori della

Mentre il governo si mo-stra incapace di decide-re come porre seriamente e tempestivamente rime-

dio al rischio di contagio e alla soffe-renza nell’unico luogo in Italia dove non deve valere la misura cautelare di “rarefazione sociale” essendo al con-trario tollerato – contro le più elemen-tari leggi della fi sica e dei diritti umani

– un sovraffollamento del centoventi per cento rispetto alla sua capacità di carico, come al solito, tocca a chi ope-ra sul campo supplire alle mancanze della politica e dell’amministrazione.Annamaria Trapazzo dirige da un an-no la Terza Casa Circondariale di Re-bibbia, circa 80 detenuti, di cui una cinquantina ammessi alla semilibertà o al lavoro esterno. I detenuti raccon-tano che alle sette di mattina è già al lavoro perché non ama affi dare nulla al caso e non vuole farsi cogliere alla sprovvista né dalle avversità né dal-le opportunità offerte dal caso. Il suo obiettivo è sgombrare il più presto possibile un settore del carcere da adi-bire alla quarantena nella malaugurata evenienza di un contagio. La sua mis-sione è alleggerire il peso della deten-zione sulla vita dei detenuti e il peso dei detenuti sulla struttura di deten-zione. La sua formazione giuridica la porta a mantenere l’equilibrio tra due principi fondamentali: il diritto alla sa-lute e il diritto alla libertà. Il decreto del Presidente del Consiglio dell’8 marzo, in cui si raccomanda di “valutare la possibilità di misure alter-native di detenzione domiciliare”, non era ancora stato pubblicato sulla Gaz-zetta Uffi ciale quando lei aveva già ini-ziato a elaborare il suo progetto, a un tempo, di prevenzione e liberazione: adottare una variazione del program-ma di trattamento dei detenuti in se-milibertà “in modo da evitare l’uscita e il rientro dalle carceri”, come è scrit-to nel decreto. È andata al Tribunale di Sorveglianza per concertarlo col Pre-sidente. È già tanto che non l’abbiano presa per pazza, perché il regime di semilibertà non prevede il pernotta-mento fuori dal carcere. Venerdì scor-so i detenuti l’hanno vista all’opera sui loro fascicoli, sabato e domenica ha “precettato” il personale competen-te per studiarli e suddividerli: da una parte i detenuti che possono uscire per scontare presso il proprio domici-lio una pena, anche residua, inferiore a due anni; dall’altra quelli da eventual-mente scarcerare con l’affi damento in prova al servizio sociale o con la libe-razione condizionale.Per esporre e condividere il piano di decarcerizzazione, lunedì a mezzanot-te ha convocato i detenuti che ammet-tono: «La vediamo sempre in sezione, la sua presenza fi sica e il suo sostegno sono per noi importanti, soprattutto in situazioni diffi cili come queste, in cui abbiamo la sensazione che nessu-no si prenda cura di noi». Annamaria Trapazzo vuole mostrare che invece lo Stato è presente, che sta lavorando per loro. Il dialogo coi detenuti è una sua pratica costante, la chiave di volta per evitare disagi, proteste o violenze,

perché il bisogno esistenziale priorita-rio di un detenuto è quello di essere ri-conosciuto, ascoltato e sostenuto. Per questo i detenuti hanno deciso di col-laborare, di affi darsi a lei e attendere con pazienza, convinti che stava pun-tando al loro stesso obiettivo. Così, mercoledì pomeriggio, per nul-la imprevisti, sono arrivati i primi provvedimenti dei magistrati di sor-veglianza: in attesa di decisioni, prov-vedimenti e tempi migliori, tutti i detenuti semiliberi sono andati a ca-sa per 15 giorni con possibile rinnovo della licenza. In una sezione di 50 per-sone sono rimasti solo in quattro, de-tenuti ammessi al lavoro esterno che per legge non possono usufruire di li-cenze, ma anche per questi la direttri-ce è già all’opera. Li ho sentiti alcuni di quelli mandati a casa, felici della li-cenza e fi eri della loro Direttrice, delle tre educatrici, del Garante e dei magi-

strati di sorveglianza che con lei han-no collaborato. Dal timido spiraglio fatto intravede-re dal decreto, la direttrice della Ter-za Casa ha aperto un varco più grande che indica una via possibile per tutti i direttori e i magistrati di sorveglianza italiani. Alcuni, come la Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Giovanna Di Rosa, stanno studiando le misure per alleviare il carico intolle-rabile del sovraffollamento carcerario. Altri, come Fabio Gianfi lippi, magistra-to di sorveglianza a Spoleto, di fronte al blocco degli spostamenti in tutta Italia imposto dal governo per il peri-colo di contagio, hanno scelto una li-nea di apertura di credito nell’opera di reinserimento che i detenuti potran-

no vantare in futuro: la liberazione an-ticipata è accordata anche a chi non è in prossimità del fi ne pena; i permes-si premio, il lavoro esterno e la semi-libertà possono essere concessi a chi li merita già oggi, anche se diventeran-no esecutivi alla fi ne dell’emergenza. Sembra poco, ma per un detenuto è il segno di un’attenzione alla sua per-sona, il riconoscimento della sua esi-

Terza Casa, ma racconta di un’aria di-versa che è un’epopea di civiltà, uma-nità e ragionevolezza al cospetto della furia cieca delle Erinni giustizialiste, sorde all’ascolto e mute di parola, che popolano la nostra società e agitano il nostro tempo con il loro cupo mormo-rio che accusa, maledice, incute timo-re e invoca vendetta.Comunque, vale anche per loro il no-stro dire “Nessuno tocchi Caino” e “Spes contra Spem”, rivolto allo Stato, al Potere che cede, degrada alla aber-rante, violenta logica per la quale, nel nome di Abele, diventa esso stesso Caino, uno Stato-Caino da converti-re dal male al bene, dalla violenza alla nonviolenza, dagli stati di emergenza in cui a emergere è lo Stato, agli stati di emergenza in cui a emergere è la co-scienza e lo Stato di Diritto.

*Segretario Nessuno tocchi Caino© RIPRODUZIONE RISERVATA

MISSIONE: SALVARE I DETENUTI I PRIMI CINQUANTA VANNO A CASA

Annamaria Trapazzo ha letto i fascicoli di tutti e ha fatto sì che chi è in regime di semilibertà possa stare a casa per quindici giorni rinnovabili. In attesa di un decreto, queste inizitive sono fondamentali

LA DIRETTRICE DELLA TERZA CASA CIRCONDARIALE DI REBIBBIA

Sergio D’Elia*

Come Nessuno tocchi Caino abbiamo proposto anche una moratoria dell’esecuzione

penale

EMERGENZA: DAL DAP VIA LIBERA A SKYPE E POSTA ELETTRONICA

«Veramente notevole la nota di oggi con cui il nuovo direttore generale dei dete-nuti dell’Amministrazione penitenziaria consente all’uso di Skype e della posta elettronica per gli esami, i colloqui con i docenti e la corrispondenza con i fa-miliari. Il tutto fi nché dura l’emergenza, ma è la fi ne di un tabù: i detenuti entra-no nel mondo digitale!”. Così Stefano Anastasia, portavoce dei garanti territoriali dei detenuti, commenta positivamente su Facebook la decisione presa dal Dap a seguito delle misure dal governo per contenere l’epidemia di coronavirus. Nella nota, fi rmata dal direttore generale dei detenuti Giulio Romano e indirizzata ie-ri ai Provveditori regionali si legge che, “al fi ne di garantire il prosieguo dei per-corsi scolastici in corso”, si può consentire “lo svolgimento di esami di laurea, esami universitari e colloqui didattici tra docenti e studenti detenuti, sia appar-tenenti ai circuiti di Media sicurezza che AS3 (Alta sicurezza 3 ndr), mediante vi-deoconferenza e/o Skype”. Inoltre “allo scopo di limitare il disagio dei detenuti”, si consentirà “l’uso della posta elettronica per comunicazioni celeri con i docen-ti”. L’email potrà essere utilizzata anche “per la corrispondenza tra i detenuti sia Media sicurezza sia AS3 con i familiari”. Le disposizioni, precisa, sono valide per tutto il periodo di vigenza della normativa emergenziale.

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principio solenne recentemente ri-badito dalla Presidente della Con-sulta Marta Cartabia. La Corte ha affermato che «il diritto assoluto diventa un tiranno» e che pertanto occorre «tenere unito ciò che ap-parentemente non poteva trovare un contemperamento, la tutela del-la salute, dell’ambiente, ma anche il diritto al lavoro e i diritti economi-ci dell’impresa. Istanze tutte buone ma che, se affermate in modo as-soluto, rompono il tessuto sociale, e la necessità di bilanciare». In so-stanza, le risorse non devono ser-vire all’istituzione di un nuovo RdC (dove la lettera C sta per contagio), non possiamo rassegnarci a rila-sciare ai cittadini una tessera an-nonaria da utilizzare, se e quando i rifornimenti di generi alimentari cominceranno a scarseggiare (ma-gari anche a causa di approvvigio-namenti eccessivi da parte di taluni

Nell’antica cultura contadi-na c’era una regola che si tramandava da una gene-razione all’altra: in caso

di catastrofe, prima del raccolto, si devono mettere in salvo le semen-ti, perché sono loro a garantire che ci sarà un futuro e che la vita potrà rinascere. Con questa consapevo-lezza Alcide Cervi riuscì a soprav-vivere e a custodire la memoria dei sette figli fucilati dai nazi-fascisti. Anche noi, in quest’ora gravissima, abbiamo il dovere di salvare le no-stre sementi: le strutture produtti-ve, le fabbriche, le aziende. Non c’è un prima e un dopo; in questi fran-genti non vale il principio, un po’ opportunista, del primum vivere deinde philosophari. La pandemia virale deve evitare, nella misu-ra del possibile, l’esplodere di una pandemia economica. Ecco per-ché considero giusta la linea fino a ora seguita dal governo: proce-dere lungo un’escalation di misure di prevenzione che non paralizzi-no l’intero Paese. Non è dimostra-ta né sostenibile (pertanto è vana) la speranza che un intervento di chiusura totale di ogni attività pos-sa affrettare la conclusione dell’e-mergenza. È in coerenza con una linea di gradualità che il governo non ha accolto le richieste - prove-nienti dalle Regioni più in difficol-tà - di decretare anche la chiusura delle imprese. Certo, la sfida è dif-ficile, perché le misure da adotta-re nei reparti per la sicurezza dei lavoratori non hanno precedenti a cui risalire, almeno di tale esten-sione e diffusione del contagio. Ma se e quando finirà questa pande-mia, non possiamo trovarci in un deserto. La ripresa ci sarà soltanto se – restando nella metafora – sa-remo riusciti a “salvare le semen-ti”. I nostri nonni e i nostri padri

difesero le fabbriche con le armi, quando i nazisti volevano smon-tarle e trasferirle in Germania. Du-rante la battaglia di Inghilterra, le fabbriche continuarono a lavora-re sotto le bombe. Poi, parliamoci chiaro: è possibile un blocco totale? Se la popolazione deve continuare a nutrirsi va salvaguardata la filiera agro-alimentare: dal campo, all’in-dustria di trasformazione, ai mer-cati generali, fino ai punti vendita. I prodotti non viaggiano sui droni. Anche il sistema dei trasporti de-ve funzionare. Lo stesso dicasi per le forniture di energia (luce, gas, benzina, ecc.) e per gli uffici pub-blici. Le ultime misure del governo hanno giustamente tenuto conto di queste esigenze, ivi comprese quelle del credito e dei mercati as-sicurativi e finanziari. Il governo ha allargato i cordoni della borsa, sa-lendo nel giro di una settimana da

uno stanziamento di 3,6 miliardi a 25 miliardi, senza tener conto (con il consenso della Ue) delle regole di bilancio e del livello del deficit. L’impiego di queste risorse dovrà rafforzare la trincea avanzata della sanità, tutelare i lavoratori attraver-so nuovi e più estesi ammortizza-tori sociali, consentire una pausa negli adempimenti fiscali da par-te delle imprese e dei cittadini e quant’altro. Tutto bene. Attenzione, però: non possiamo permetterci di cercare la salvezza stando tutti se-duti sul divano. Non si deve disar-mare né per due settimane né mai. Sarebbe come bruciarsi i vascelli alle spalle. Quello, pur fondamen-tale, alla salute non può trasfor-marsi in un ‘’diritto tiranno’’, in nome del quale tutti gli altri dirit-ti sociali e di libertà possono esse-re sacrificati. Non lo pensa e non lo dice solo chi scrive; si tratta di un

consumatori), tanto da consentire un florido mercato nero delle bana-ne al pari di quello delle mascheri-ne. Il nostro Paese ha compiuto un percorso che può essere utile ad al-tri; soprattutto perché – a differen-za della Cina – ci siamo mossi con trasparenza anche a costo di essere considerati gli untori del ‘“virus ve-nuto dal freddo’’. Guai, però, a es-sere faciloni, a pensare che ci siano delle scorciatoie per uscire dal la-birinto. L’apparato produttivo del Paese non può cavarsela grazie a una liquidità usata come assisten-za, come reddito di sopravviven-za. Deve continuare a ‘’far girare’’ le macchine negli opifici. Ricordia-moci: prima di tutto le sementi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

NON FERMATE FABBRICHE E IMPRESESONO I SEMI PER RIFONDARE IL PAESE

Mettere in salvo le sementi: è la vecchia regola contadina che ci aiuterà a evitare la pandemia economica. No dunque al blocco totale: la produzione delle merci è basilare per reggere l’urto

APPUNTI PER NON PIOMBARE IN UN’ALTRA CRISI

Giuliano Cazzola

In altoItaliani al supermarket con la mascherina

Le fabbriche metalmeccaniche, a prescindere dal contratto utilizzato, chiudano fi no a do-menica 22 marzo o sarà scio-

pero. A minacciare la mobilitazione sono Fim, Fiom e Uilm che da gior-ni invocano uno stop affinché, no-nostante le richieste, quelle imprese che ancora non si sono attrezzate per fronteggiare l’emergenza Coronavi-rus lo facciano. «La gran parte delle aziende non so-no ancora del tutto preparate a gesti-re questa emergenza. E i lavoratori sono giustamente spaventati», dico-no all’unisono. «Chiediamo quindi di concordare fermate produtti-ve “coperte” innanzitutto con stru-menti contrattuali o con eventuali ammortizzatori sociali ove previ-sti dalla normativa; in mancanza di ciò dichiariamo sin d’ora l’astensio-ne unilaterale nazionale nell’intero

settore merceologico, a prescinde-re dal Contratto utilizzato. A coper-tura di ciò proclamiamo lo sciopero per tutte le ore necessarie». Scioperi dunque che saranno decisi da singo-li territori e dai lavoratori delle azien-de. Esclusi ovviamente sia dallo stop che dagli scioperi, dicono ancora Fim, Fiom e Uilm, le imprese che svolgo-no servizi pubblici essenziali e quel-le che producono materiali sanitari, nonché i lavoratori, adeguatamen-te protetti, che garantiscono la sal-vaguardia degli impianti e quelli già collocati in smart working. «Data la difficoltà generalizzata a un’esatta e puntuale applicazione nei luoghi di lavoro delle misure sanitarie pre-scritte dal Governo, a cui chiediamo

norme chiare e cogenti per le impre-se, e l’oggettiva penuria di disposi-tivi di protezione individuale utili a prevenire i contagi, Fim, Fiom, Uilm ritengono necessaria una momenta-nea fermata di tutte le imprese me-talmeccaniche, a prescindere dal contratto utilizzato, fi no a domenica 22 marzo, al fine di sanificare, met-tere in sicurezza e riorganizzare tutti i luoghi di lavoro», spiegano i sinda-cati. Eventuali periodi di fermata in-feriori, inoltre, aggiungono Fim Fiom e Uilm, potranno essere concorda-ti con la rappresentanza sindacale o con le organizzazioni sindacali ter-ritoriali ma “previa verifica dell’a-dozione di tutte le misure sanitarie possibili”. «La Fiom valuta inaccetta-

bile la mancanza nel nuovo dpcm di misure e iniziative volte alla protezio-ne dei lavoratori che stanno garan-tendo la tenuta economica del Paese in una condizione di grave emergen-za. Chiediamo al governo la convo-cazione urgente di un confronto per affrontare la situazione di emergenza dei lavoratori metalmeccanici», dice Francesca Re David, segretaria gene-rale della Fiom-Cgil. La Fiom «impe-gna tutte le strutture, in rapporto con Fim e Uilm, a mobilitarsi da subito per iniziative tese a verifi care che ai lavoratori siano garantite dalle impre-se le condizioni di salute e sicurezza anche attraverso fermate per una ri-duzione programmata delle produ-zioni». conclude la sindacalista.

Ira dei metalmeccanici: «O sicurezza o sciopero»Sindacati sul piede di guerra per il mancato stop alle attività: «Gli impianti chiudano fi no al 22

marzo, devono essere sanifi cati subito. Viceversa, fermeremo tutto il settore merceologico»

SopraFrancesca Re David, segretaria Fiom

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8 Venerdì 13 marzo 2020

Si va verso la proroga per i versamenti Iva con scadenza al 16 marzo 2020 a causa del Coronavirus: il governo lavora ad una so-spensione per decreto. Lo ha anticipato il ministro per gli Affari Re-gionali Francesco Boccia, assicurando anche che «nessuno perderà il suo lavoro» e che il governo sta lavorando anche agli ammor-tizzatori sociali. «Sarà rinviato il versamen-to dell’Iva. Entro il fi ne settimana il ministro Gualtieri proporrà un provvedimento eco-nomico che riguarderà tutti», ha dichiarato Boccia.

La bozza del decreto, che andrà in Consiglio dei ministri stamattina, prevede la sospen-sione dei versamenti Iva (presumibilmente a partire da quello di lunedì 16 marzo), delle ritenute Irpef e dei contributi Inps. La prima ipotesi è che la soglia per benefi ciare dello stop sia quella di chi fattura meno di 400 mi-la euro nel campo dei serviziLa proroga dei versamenti Iva sarebbe il pri-mo rinvio fi scale tra quelli previsti dal Go-verno. Che però dimentica le partite Iva. Di fatto si tratta dello schema usato dopo ogni terremoto o grande calamità naturale. Quan-

do poi l’emergenza passa e le attività econo-miche si risollevano, lo Stato può richiedere indietro una parte di quei soldi. Quindi, è me-glio parlare di “sospensione” o, come afferma il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, di un “futuro parziale ristoro” delle tasse non versate.L’accelerazione verso la sospensione per de-creto dei versamenti Iva del 16 marzo 2020 è legata al fatto che la scadenza è ravvicinata. Riguarda tutti i titolari di partita Iva, ma è ob-bligatorio solo per coloro che – in base alla dichiarazione dei redditi 2019 – devono al Fi-sco un importo superiore ai 10 euro. Quindi si tratta di una delle scadenze più onerose. Se la sospensione rientrerà nel de-creto, sarà un sollievo per i contribuenti. Ad

VERSO STOP ALLE TASSE, MA PARTITE IVA DIMENTICATENel decreto che andrà in Consiglio dei ministri

stamane, la sospensione di Irpef e contributi Inps

TUTTO FERMO, LE MISURE PER PROTEGGERE I DATORI DI LAVORO

Lo vediamo tutti i giorni, al mat-tino su una rete Rai, la sera su Mediaset, nel corso delle ven-tiquattrore ancora e ancora ne

sentiamo la voce, ne vediamo l’im-magine ovunque. Solo tra mezzogior-no e le due non è disponibile, quando in teleconferenza ascolta, si preoccu-pa, si addolora, discute, a volte litiga, organizza e risolve problemi con tut-ti i direttori e primari degli ospedali lombardi. Di Giulio Gallera, cinquantenne as-sessore lombardo al welfare, nessu-no sapeva probabilmente niente, fuori della sua regione di appartenenza, fi no a due settimane fa. Oggi è una fi gura familiare, ben rasato (fi no a poco tem-po fa aveva la barba), giacca e cravat-ta impeccabili, gli occhi sempre più segnati da sottili borse di stanchez-za, un sorriso appena accennato ogni tanto, per mettere un piccolo interval-lo tra numero e numero. I numeri dei contagiati e quelli della terapia intensi-va e anche quelli di chi non c’è più. La faccia dei tempi del coronavirus. Quel-la di chi deve responsabilizzare senza allarmare, tenere i nervi saldi anche quando i suoi interlocutori se li lascia-no saltare.Ogni tanto sulla parete del suo uffi cio di Palazzo Lombardia a Milano, oc-chieggia alle sue spalle la foto di un suo amico, John Fitzgerald Kennedy, il cui famosissimo motto («Non chie-derti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Pae-se») è stato l’ispiratore della sua ultima campagna elettorale, quando ha sba-ragliato i candidati di tutti i partiti con 11.722 voti. Guadagnati uno per uno, in un percorso politico senza improv-visazioni, fatto di cultura e anche di quelle capacità amministrative costru-ite negli anni trascorsi in un consiglio di zona e poi in consiglio comunale e poi nella giunta della sua città, prima di

arrivare al principale assessorato della prima Regione italiana.La capacità di informare i cittadini di una situazione difficile come quella che ha colpito l’Italia e il suo nord in modo drammatico, senza terrorizzare ma convincendo tutti alle proprie re-sponsabilità, viene da lontano. È un in-sieme di cultura politica laica e liberale, di studio e di esperienza all’interno delle istituzioni. Viene dalla “cantera” dei giovani liberali milanesi degli an-ni Ottanta, quelli un po’ di sinistra, un po’ anticlericali (e contro il concorda-to) e antiproibizionisti, appassiona-ti di giustizia e diritti, rigorosamente garantisti. Quelli che appoggiavano i referendum radicali, portatori di una cultura laica che aveva grande succes-so nelle scuole e nelle università, dove Giulio Gallera fu rappresentante degli

studenti prima al liceo scientifi co Vit-torio Veneto e poi alla Statale, facoltà di giurisprudenza.Della “cantera” dei giovani libera-li facevano parte Fabrizio De Pasqua-le, oggi capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale a Milano, e Bru-no Dapei, che sarà in seguito presiden-te della Provincia, insieme ad altri che ormai sono fuori dalla politica come Paolo Massari e Milko Pennisi. Oltre ai fratelli maggiori, oggi parlamentari, Andrea Orsini e Gregorio Fontana. Un gruppo che aveva avuto solidi maestri come Altissimo e Zanone e soprattut-to Baslini, l’ideatore insieme a Fortuna della legge sul divorzio, e in consiglio comunale a Milano l’avvocato Savasta e il giornalista Livio Caputo.Una cultura liberale che ha rappresen-tato, negli anni successivi, l’anima mi-gliore di Forza Italia. Giulio Gallera e Fabrizio De Pasquale, dopo un’espe-rienza nel Patto Segni che portarono a un buon risultato alle amministrati-ve del 1993, quando a Milano trionfò

la Lega con l’elezione di Marco For-mentini, fondano Forza Italia. La vera Forza Italia, potremmo dire retrospet-tivamente, “quella del ‘94” nella no-stalgia di quelli che c’erano, quella del cambiamento verso una società libe-rale, e quella del 1997 con l’elezione di un poco conosciuto imprenditore che rapidamente diventerà il sindaco più amato dai milanesi, Gabriele Albertini.Alla Regione e ai due mandati all’as-sessorato al welfare Gallera arriva do-po un’esperienza nella seconda giunta Albertini. Ormai è lanciatissimo, nel suo ruolo di coordinatore cittadino di Forza Italia e poi del Pdl si dimostra molto attivo, lasciando emergere le sue capacità di militanza dei tempi in cui si raccoglievano le fi rme per i re-ferendum e in cui la politica era solo quella del porta a porta, dello “scarpi-nare”, come si dice a Milano. Sa inter-pretare molto bene, lui che proviene dal piccolo Partito liberale e che pure ha un padre molto introdotto nei cir-coli Llyon’s, l’anima popolare di For-

za Italia, anche di quella parte cattolica e moderata che gli tributa un grande consenso. Che riconosce in lui il prag-matismo e le capacità organizzative che in genere non albergano nell’espe-rienza degli intellettuali liberali. Lui nel frattempo si è laureato ed è diventato avvocato, anche se lo studio di fami-glia è gestito in gran parte dal fratello.Può essere che, vedendolo ogni mat-tina e ogni sera e nell’arco delle ven-tiquattrore in tutte le reti tv a riferirci sul coronavirus, qualcuno sia porta-to a pensare che Giulio Gallera sia un medico. Non perché lui voglia esibi-re conoscenze mediche e scientifi-che che non può avere, ma perché lui è proprio come ci si aspetta debba es-sere un bravo amministratore: compe-tente. Dopo l’ultimo trionfo elettorale Giulio Gallera ha oggi raggiunto un al-tro traguardo, quello di rassicurare (pur non facendo sconti sulla tragicità del-le notizie che ogni giorno ci deve da-re) e di piacere a tutti. Persino Il Fatto quotidiano qualche giorno fa si è sbi-lanciato a vederlo come il prossimo antagonista di Beppe Sala. Il quale ve-de le sue quotazioni un po’ in ribasso, dopo il fl op della sua campagna “Mila-no non si ferma” mentre aumentavano i contagiati e i deceduti e il tragico ape-ritivo sui Navigli con Zingaretti, subito dopo caduto ammalato da virus. Erro-ri che Giulio Gallera non avrebbe mai fatto. E tra un anno a Milano si vota. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Tiziana Maiolo

Gallera, l’assessore antiviruscon Kennedy nel cuore

oggi, le uniche scadenze fi scali uffi cialmente rinviate sono quelle per il periodo compreso tra il 21 febbraio e il 31 marzo, ma per i cit-tadini e le imprese che si trovano nelle zo-ne rosse indicate nel decreto del 24 febbraio scorso. Non è ancora chiaro invece cosa accadrà per le altre regioni del Paese, ma intanto il calen-dario fi scale ha registrato già diverse varia-zioni. La scadenza della Certifi cazione Unica è stata prorogata al 31 marzo, invece il mo-dello 730 precompilato slitta al 5 maggio, per il modello 730 l’invio è stato prorogato al 30 settembre, invece il 10 ottobre è la sca-denza per comunicare l’eventuale riduzione dell’acconto Irpef, invece il versamento va fatto entro il 15 novembre.

Questo cinquantenne, responsabile welfare della Lombardia, in pochi lo conoscevano. Ora è in prima fi la per informare e risolvere i problemi

In fotoL’assessore al welfare della Lombardia, Giulio Gallera

Viene dalla “cantera” dei giovani milanesi degli anni Ottanta,

quelli un po’ di sinistra, un po’

anticlericali e antiproibizionisti

La formazione

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9Venerdì 13 marzo 2020

Sos da Lesbo: portateli in terraferma prima che sia troppo tardi! Prima che il coronavirus si impadro-

nisca dei loro corpi, già piegati da stenti e sofferenze indicibili. Le-sbo, girone dell’inferno. Lesbo, peggio di Gaza. Oltre 20.000 es-seri umani, in maggioranza don-ne, bambini, anziani, ammassati in un campo profughi, quello di Moria che al massimo ne può contenere 3.000. A Lesbo continua ad ope-rare Medici Senza Frontiere (MSF). Marco Sandrone è il capo del pro-

getto di MSF nell’isola. Nei giorni scorsi, a fronte di una repressione sempre più violenta, MSF ha dovuto prendere una decisione sofferta ma inevitabile: chiudere la clinica pe-diatrica davanti al campo profughi, per gravi ragioni di sicurezza. «È doloroso per noi non poter svolgere il nostro lavoro ma la sicurezza del nostro staff è condizione necessaria per poter assistere i nostri pazienti – racconta Sandrone in una audiote-stimonianza rilanciata dall’agenzia Sir e raccolta da Il Riformista. Dall’i-nizio dell’anno, mentre tutte le ong chiedevano aiuto per la situazione ingestibile, ci siamo trovati davanti a una repressione violenta, lacrimo-geni lanciati contro richiedenti asi-

lo che manifestavano per chiedere servizi di base, non solo per strada ma anche di fronte alla nostra clini-ca pediatrica. Da settimane l’ostilità e la frustrazione sono diventate in-gestibili, cori di reazioni aggressive da parte di gruppi isolati contro la disperazione degli abitanti di Moria, nella completa assenza delle isti-tuzioni greche. A pagarne il prezzo più alto sono i più indifesi tra gli in-difesi: i bambini». La clinica pediatrica di Msf con-ta più di 100 visite al giorno, tra cui bambini con gravi patologie car-diache, casi di epilessia, diabe-te. Soffrono di problemi respiratori, dermatologici, legati alla nutrizione e psicosomatici. Bambini «spaven-

tati, esposti a situazioni pericolose e senza un posto sicuro dove stare

– la testimonianza del capo proget-to -. Si chiudono a guscio. Acco-gliamo genitori che ci dicono che i loro bambini non vogliono più usci-re dalle tende, che hanno smesso di parlare. Oltre al trauma della guerra, della fuga, la sofferenza di vivere a Lesbo toglie ogni speranza ai nostri piccoli pazienti». «Il diritto di esse-re bambini – dice il responsabile di MSF - è qui fagocitato dalla mise-ria di un campo senza dignità, alle porte dell’Europa». Una Europa che oltre agli occhi ha chiuso le porte a questa umanità sofferente. «Gli Stati membri dell’UE – è il messag-gio che giunge da Lesbo, da chi gli

occhi non li ha chiusi e continua a provare a salvare vite umane – de-vono affrontare la vera emergenza: evacuare le persone dalle isole ver-so quei Paesi europei che sono in grado di accoglierli, fornire un siste-ma di asilo funzionante, smettere di intrappolare le persone in condizio-ni orribili, disumane. Il calcolo poli-tico sulla pelle degli innocenti deve essere fermato ora». Ora che il ri-schio di una catastrofe sanitaria si fa sempre più concreto e ravvicina-to, non raccogliere questo accora-to appello, da parte dell’Europa, dei suoi Stati, dei suoi leader, vuol dire macchiarsi del crimine più grave: quello contro l’umanità. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Umberto De Giovannangeli

A Milano, ci racconta Gad Ler-ner, circola una battuta che è tutto uno stato d’animo: nella città desertificata dal

virus e privata del suo potere simbo-licamente più forte, quello relaziona-le, degli incontri, degli aperitivi e dei meeting societari, si dice che “è fi nita la Belle Époque”. Ed è una frase che in effetti non lascia fuori niente, perché quella evocata fu appunto l’epoca lu-minosa dei café chantant, dei grandi progetti urbani e delle prime originali forme della cultura di massa. A Napo-li, dove scrivo io, la battuta più ricor-rente è invece un’altra. E di sicuro è meno originale, forse anche perché qui, nonostante la movida dell’era De Magistris, la Belle Époque, che pure fu un’esplosione straordinaria di vita-lità, di teatri, di riviste, di iniziative in-dustriali e non solo di sciantose e di frivolezze varie, non ha lasciato trac-ce, se non in qualche bel libro. Nella Napoli del coronavirus, come in quel-la del colera, del terremoto e dell’e-mergenza rifi uti, si dice ancora “adda passà ‘a nuttata”.

Ora è difficile - nel vivo della pan-demia - valutare se abbiano ragione i milanesi, questa volta negli insoliti panni dei pessimisti rassegnati, o se convenga schierarsi con i napoletani del cliché, come sempre aperti al fa-talismo e al sangennarismo. Sta di fat-to che al punto in cui siamo, mentre la battuta milanese ha una sua oggettiva fondatezza, perché lo avvertiamo tut-ti che ci vorrà tempo per recuperare gli standard perduti, quella napoleta-na non ce l’ha. Noi, insomma, “adda passà ‘a nuttata” neanche possiamo dirlo. Non, almeno, nel senso in cui lo diceva l’autore di Napoli miliona-ria. Quella battuta Eduardo la pro-nunciò in pubblico, per la prima volta, la sera del 25 marzo del ‘45, al teatro San Carlo, e nel manoscritto originale la frase addirittura non c’era, per cui se la scriviamo così, e non alla ma-niera del Manzoni e del matrimonio che non s’ha da fare, è solo per ana-logia con quanto stampato in Questi fantasmi, nella pagina del monologo sul balconcino, quando si spiega che

nonostante le stragi subite, alle Tam-murriate nere, alle tragedie private vissute come male minore, alle mol-titudini “freneticamente passeggian-ti” di cui parla Fabrizia Ramondino a proposito della Napoli del terremoto o al felice riversarsi nelle piazze pe-donalizzate dalla crisi petrolifera. Noi siamo ancora al durante. Siamo chiu-si in casa. Iperisolati proprio quando credevamo che il nostro problema fosse la iperconnessione dei nostri fi -gli, frettolosamente defi niti “sdraiati” e temporaneamente rivalutati solo al tempo delle Sardine. Noi siamo anco-ra al durante, dunque. Non possiamo preoccuparci, come Eduardo, delle conseguenze dell’avvenuta liberazio-ne: degli effetti disastrosi sull’econo-mia europea, dei sovranismi sanitari, del welfare da ricostruire, delle diffe-renze acuite, e - cosa decisamente più importante- della accresciuta poten-za seduttiva del modello vincente che per ora è quello cinese, con tutto ciò che questo comporta sul fronte della concorrenza tra democrazie liberali e

sistemi autoritari. A pensarci bene, la Cina di XI Jinping potrebbe diventa-re per noi quella che per Eduardo fu l’America di Truman. Ma il fatto è che noi siamo ancora al durante. In so-stanza, siamo ancora nell’Italia dell’8 settembre, quando gli ordini risulta-vano vuoti o contraddittori, tutto era incerto, i soldati scappavano dal fron-te e il Paese doveva ancora metter-si alle spalle il nazifascismo. Che poi oggi ci si voglia portare avanti con la speranza gridando “andrà tutto be-ne”, questo è un altro discorso. Così come altra cosa è sentir dire da in-tellettuali mai convinti della linearità della Storia che proprio questa, la Sto-ria, ci insegna che la salvezza è vici-na. Resta che molti di quelli che oggi si dicono ottimisti, ieri, con la piccola Greta, non lo erano affatto. Molto più credibile allora chi, in questo diffi cile durante, si limita ad affermare che la scienza può salvare il mondo. Atten-zione. Può salvare. Non salverà. Per-ché molte sono le varianti.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Adda passà ‘a nuttata? Eh no, magari..La battuta di Eduardo era a guerra già fi nita, era rivolta al futuro ed era antiamericana.

Noi siamo ancora all’otto settembre, e il rischio è che al posto di Truman ci ritroviamo XiMarco Demarco

RISCHIANO IL CONTAGIO, EVACUATELI!Sempre più forte il pericolo coronavirus tra i profughi. La ong costretta a chiudere la clinica pediatrica si appella all’Ue: «Portateli subito via »

L’SOS DI MEDICI SENZA FRONTIERE DALL’INFERNO DI LESBO

il caffè “adda passà” attraverso il fi ltro della macchinetta.Ortografi a a parte, il punto è che Na-poli milionaria viene scritta dopo venti anni di fascismo, dopo una guer-ra mondiale, dopo cento bombarda-menti alleati e dopo giorni e giorni di rastrellamenti nazifascisti. Quan-do questo fi nisce, Eduardo non tira un sospiro di sollievo, non scrive inni alla gioia come Dove sta Zazà (“Era la fe-sta di San Gennaro/ Quanta folla per la via... “) ma sorprende tutti alluden-do a un futuro oscuro. Lo sbarco allea-to gli suggerisce piuttosto l’immagine della notte, non quella dell’alba libera-toria. Ed è per questo che si è parlato di moralismo antiamericano di Eduar-do, della sua preoccupazione per l’ar-rivo delle am-lire, del boogie woogie, del consumismo e del modernismo capitalista.Se noi non possiamo dire la frase di Eduardo, dunque, è proprio perché nel nostro caso la guerra non è anco-ra finita. Non siamo al dopo. All’eu-foria tra le macerie, ai cori partigiani

A sinistraVentimila migranti sono abbandonati a se stessi sull’isola di Lesbo

Page 10: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

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cono che si è trattato di una iniziati-va unilaterale del presidente, presa senza aver consultato i suoi collabo-ratori. Il risultato è che, in queste ore, l’America sembra in preda al caos a causa proprio del suo presidente, as-sai confuso sulle iniziative da pren-dere per fronteggiare la catastrofe sanitaria.Come spiega Stephen Collinson del-la Cnn, «Biden ha visto diversi pre-sidenti gestire le crisi nazionali da quando è arrivato a Washington, co-me giovane senatore, quasi mezzo secolo fa. Per questo sa come svol-gere quel ruolo che manca oggi agli americani. Biden scommette sul fat-to che i cittadini americani potreb-bero trovare in lui la competenza e l’empatia che mancano all’attuale presidente».

Nel discorso di martedì sera, di fron-te ad una sfi da sanitaria che potreb-be diventare drammatica, Biden ha chiamato all’unità sia il suo partito che il Paese, offrendo così un’ante-prima della leadership – «ortodossa e convenzionale», la definisce Col-linson – che il Paese non ha visto ne-gli ultimi tre anni di presidenza. Nelle elezioni che si svolgono sulla scia della crisi da Covid-19, un grande numero di americani potrebbe desi-derare il ritorno alla normalità dopo aver testato l’incoscienza, la strava-ganza e gli eccessi di Donald Trump.© RIPRODUZIONE RISERVATA

non riguarda il Regno Unito. Trump ha inoltre annunciato una serie di misure di emergenza per aiutare le aziende americane colpite dalla cri-si, i lavoratori a basso reddito e per sostenere l’economia americana dal rischio di recessione. In più ha assi-curato lo slittamento del pagamento delle imposte per le persone fi siche e le società danneggiate dalla crisi del coronavirus. A molti osservato-ri l’iniziativa di Trump è apparsa una presa di coscienza tardiva. I rumors provenienti dai suoi collaboratori di-

L’ultimo turno delle primarie finisce così: con Biden che tiene un discorso da Presi-dente degli Stati Uniti in pec-

tore mentre Sanders fugge nel suo Vermont senza neanche una dichia-razione. Nello Stato più importan-te delle primarie svoltesi martedì, il Michigan, sede della grande indu-stria automobilistica, Biden conqui-sta il 53% dei voti lasciando Sanders al 37%. Viceversa, nel 2016, proprio qui contro Hillary Clinton, Sanders aveva vinto.La svolta di questo Joementum? Bi-den conquista quei sobborghi della classe operaia bianca locale che San-ders ha cercato invano di affascinare con il suo radicalismo classista. Nel-le contee di Oakland e di Macomb, due sobborghi di Detroit, l’ex vice di Obama raccoglie un gruzzolo di voti ben più alto rispetto a quello raccolto nel 2016 dalla Clinton. Secondo mol-ti osservatori vincere qui rappresenta per lui – che conquista anche Idaho, Mississippi e Missouri - un ottimo viatico per battere Trump alle elezio-ni presidenziali. Sanders aveva chiamato alle armi i suoi sostenitori più popolari: Alexan-dria Ocasio-Cortez, Cornel West e Michael Moore. Ma è stato inutile. Il fallimento di Bernie – oltre che dalla sua totale incapacità di attirare il con-senso degli afroamericani, quasi tutti per Biden – dipende principalmente dalla frana del suo piedistallo: il voto dei giovani radicali. Sanders contava sull’aumento della loro affl uenza. Ma il voto dei giovani non soltanto non è aumentato, ma è perfi no diminuito. Lo ha scritto Cas Mudde: «Per dirla con sarcasmo: i giovani twittano, gli anziani votano». E così, nel discorso pronunciato martedì sera al National Constitu-tion Center di Philadelphia, Joe Bi-den comincia a interpretare il ruolo del presidente in pectore, facendo ri-ferimento anche all’epidemia di Co-ronavirus che comincia a diffondersi negli Usa. «In questo momento in cui c’è tanta paura nel paese e tanta pau-ra in tutto il mondo – ha detto il front runner democratico – abbiamo bi-sogno della leadership americana». E ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di una leadership presidenziale che sia onesta, affi dabile, veritiera e costan-te: una leadership rassicurante».Tutto ciò che manca oggi al presi-

Covid americano: caos Trump Biden parla da presidente La Casa Bianca prima minimizza, ora ha paura Vittorio Ferla

Al centroIl candidato dem Joe Biden che ha sconfi tto lo sfi dante Bernie Sanders in Michigan con il 53% dei voti

Il leader democratico ha molta esperienza

e i cittadini statunitensi potrebbero trovare in lui

la competenza e l’empatia che mancano

a Donald e che sono necessarie in un momento

di crisi sanitaria ed economica come questa

Chi vincerà?

dente in carica. Nei giorni scorsi, in-fatti, di fronte alla minaccia del virus, Donald Trump, con un tipico rifl esso populista, ha cercato di minimizza-re la pandemia, chiamandola “forei-gn virus” e accusando i democratici di usarla per danneggiarlo politica-mente. Ma nelle ultime 48 ore è suc-cesso di tutto: il crollo dei mercati a causa della crisi sanitaria globale, l’aumento dei contagiati (che in Usa superano ormai le mille unità), l’Or-ganizzazione Mondiale della Sanità che dichiara uffi cialmente che quel-

la da Covid-19 è una pandemia. Do-po aver contraddetto per settimane gli avvertimenti dei suoi consiglieri e dei funzionari federali e aver evi-tato di raccogliere l’allarme limi-tandosi a scrollare le spalle, Trump comincia a preoccuparsi, soprattut-to per le conseguenze economiche dell’epidemia. Nel discorso alla na-zione di mercoledì ha annunciato il divieto dei viaggi dall’Europa verso gli Stati Uniti per 30 giorni: una misu-ra drastica per contenere la diffusio-ne del virus che però, chissà perché,

IL CANDIDATO MODERATO BATTE SANDERS ANCHE IN MICHIGAN

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Il mondo si sta fermando ed è costretto a ripensare al proprio modello di sviluppo e a tutte quelle scelte che lo hanno con-dotto alla situazione attuale rendendo evi-

dente la fragilità che si nascondeva dietro una presunta onnipotenza di una globalizza-zione che non ammetteva critiche. In realtà, già a partire dal 2008, quel modello di svi-luppo aveva mostrato tutti i propri limiti con le pesanti conseguenze economiche e so-ciali tutt’altro che superate. Ma il dramma di questi giorni si inserisce in un’ampia rifl es-sione che va avanti, più o meno sottotraccia, da qualche anno e che rappresenta un’utile bussola: quella della sostenibilità ambienta-le e sociale.Quasi un’azienda italiana su tre, tra il 2015 e il 2019, ha investito in prodotti e tecnologie ambientalmente “sostenibili” con l’obietti-vo di contribuire a ridurre gli effetti nefasti di comportamenti “poco corretti” sull’eco-sistema, risparmiare energia e contenere le emissioni di anidrite carbonica. La percen-tuale, se si fa riferimento al manifatturiero, sale al 40%. L’evoluzione importante che si è registrata in Italia negli ultimi dieci anni ver-so l’economia verde è in linea con il mercato degli investimenti sostenibili che ha supera-to, nel mondo, 30 trilioni di dollari (dati Gsia, la Global Sustainable Investment Alliance) con una crescita, a inizio 2019, del 34% ri-spetto al 2016 quando gli investimenti so-cialmente responsabili ammontavano a 22,9 trilioni di dollari. Si tratta di prodotti Esg, En-viromental, Social and Governance, investi-menti, cioè, che rispondono a determinati criteri relativi o all’impatto ambientale (cam-biamenti climatici, emissioni di CO2, defore-stazione, inquinamento dell’aria, dell’acqua, mare e falde acquifere) o a quello sociale (di-ritti umani, standard lavorativi, politiche di genere) o alle governance delle aziende e di socially responsible investing che prevedo-no l’esclusione dal portafoglio di determinati settori sulla base di principi etici. Fino a qualche anno fa la sostenibilità era di pertinenza soltanto di chi, nelle banche e nelle società di investimento, si occupava di strategie di comunicazione con il compi-to di costruire un’immagine positiva. Oggi non è più così. Valutare l’impatto ambien-tale e sociale, misurare la sostenibilità degli investimenti è frutto dalla consapevolez-za che l’impact investing può apportare be-nefi ci concreti non solo alla propria attività imprenditoriale ma anche a tutto ciò che la circonda, contribuendo così a favorire la crescita di un intero sistema e alimentando nuove opportunità. Come è evidente sem-pre più numerose saranno le possibilità e le sfi de che si svilupperanno su questo terreno. Le banche del Credito popolare sono pron-te a raccogliere queste sfi de. Nel 2019 esse hanno sostenuto il no-profi t e il Terzo Setto-re erogando fi nanziamenti per complessivi 3 miliardi di euro (+ 3% rispetto all’anno pre-cedente). Il credito al Terzo Settore ammonta al 30% dei fi nanziamenti dell’intero sistema bancario. Il sostegno al no-profit, elemen-to di sostenibilità sociale, è stato di fatto un

Sta emergendo una differenza sostan-ziale nella gestione del contagio fra noi e gli altri grandi paesi europei in questa fase critica di diffusione

del Coronavirus. È macroscopica, la sco-priamo giorno dopo giorno. E si spiega par-tendo da una semplice domanda: perché in Italia i numeri dei contagiati sono così più alti rispetto a Germania o Francia o Gran Bretagna? La storia del nostro Paese untore non reg-ge più. Ha retto per alcuni giorni, sufficienti a provocare per noi un danno economico e di immagine incalcolabile. Ma la Storia cor-re a passi veloci e ora dobbiamo guardare in faccia una nuova realtà. Gli altri paesi ci hanno osservato con attenzione in queste settimane e sono stati portati a muoversi in modo diverso. Noi abbiamo nostro mal-grado prodotto una case history mondiale che gli altri hanno studiato e scelto per ora

di non riprodurre. Che cosa abbiamo fat-to? Abbiamo affrontato subito apertamen-te l’arrivo del virus, abbiamo comunicato momento per momento, in modo anche estremamente caotico e controproducen-te, l’evolversi delle cose, ci siamo affidati al nostro ben radicato rapporto con la sanità pubblica, col nostro corpo medico e infer-mieristico, che nonostante i tagli draconia-ni a cui sono stati sottoposti in questi anni rimane uno dei migliori al mondo. Ci siamo appoggiati alla consuetudine fiduciaria e diretta che abbiamo con le strutture sanita-rie pubbliche. Abbiamo voluto proteggerci e curarci denunciando e rendendo pubbli-ca da subito tutta l’entità dell’emergenza. Abbiamo voluto, cioè, entrare totalmente nel problema. Non abbiamo pensato subi-to agli effetti della diffusione del virus per la nostra economia. Il nostro primo rifles-so è stato quello della cura e dell’assistenza alla persona. La nostra scelta ha avuto, lo sappiamo, un costo economico altissimo, che tutti ades-so siamo chiamati a condividere. E chi ci osserva fuori dai nostri confini ha preso buona nota. Gli altri Paesi si stanno dimo-strando inspiegabilmente più lenti di noi nell’applicazione di misure atte a registrare e arginare l’evoluzione del contagio, eppu-re l’esempio dell’Italia mostra chiaramente che non c’è tempo da perdere. Quanto in-tensamente nelle altre nazioni europee ci si dedica a monitorare in modo capillare l’en-tità del contagio e a prendere con rapidità le necessarie drastiche azioni di contenimen-to? I numeri resi pubblici e le cose fatte fin qui ci dicono che la risposta è: troppo poco. Anche perché quelle azioni, una volta intra-prese, hanno un costo epocale, e i governi lo sanno.È come se si avesse onta a trattare il fe-nomeno nella sua gravità per timore delle inevitabili ripercussioni sociali ed econo-miche. È come, cioè, se in tempi di globa-lizzazione la salute dell’economia finisse per essere considerata prioritaria rispet-to a quella della popolazione. È un criterio diverso rispetto a quello applicato in Italia, ma sembra affacciarsi in tutta la sua chia-rezza. Anche in questo caso, è impossibi-le calcolarne le conseguenze. In termini di gestione della cosa pubblica viene prima la salute dei cittadini o l’economia? Attorno a questa domanda si agitano in questi giorni i dubbi e le incertezze delle cancellerie, con perimetri di sensibilità di-versi che provengono dalle caratteristiche specifiche di ciascuna nazione e dalla per-sonalità dei loro leader di governo. Ecco, le caratteristiche di ciascuna nazione vengo-no fuori prima di tutto, preso atto che l’Eu-ropa come entità politica non esiste e non esisterà ancora per lungo tempo. Quali ca-ratteristiche sta mostrando il nostro popolo in questo drammatico frangente? Quelle di sempre: solidarietà, flessibilità - che scon-fina spesso nel disordine - e una voglia in-contenibile di vincere anche la guerra più difficile guardando dritto negli occhi il nemico. Motivo per cui questa guerra la vinceremo.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ora che il mondo si sta fermando, è evidente lo sfasciodi un modello di sviluppo pieno di limiti, che va sostituitoda un nuovo paradigma sostenibile. Le banche territoriali aiuteranno terzo settore, famiglie e imprese a ripartire

Sono diversi i governi, i punti di vista, le scale dei valori, i popoli. Gli altri Paesi hanno preferito non raccontare la verità per evitare i contraccolpi economici, l’Italia invece lo ha fatto. Ha puntato tutto sulla trasparenza e ci ha rimesso

Popolari in campoper ricostruireil Paese post-crisi

Viene prima il diritto alla saluteo l’economia?

INTERVENTI

Giuseppe De Lucia Lumeno* Deborah Bergamini elemento essenziale nel tentativo di favorire una ripresa delle attività produttive e per ge-nerare sviluppo e sostenibilità alle comunità e ai territori. È servito, nella crisi iniziata del 2008, ad arginare gli effetti recessivi del ciclo economico rafforzando il legame tra Popola-ri e Terzo Settore, un necessario e utile atto di resilienza che ha permesso la sopravvivenza di tante realtà produttive. Oggi, alla luce del dramma in corso, quello stesso legame con le famiglie, con le piccole e medie imprese, con intere comunità che rischiano di essere esclu-se dall’accesso al credito in un sistema mo-nolitico, diventa un modello per il futuro del sistema fi nanziario e per quello economico. I fattori costitutivi e identitari della prossimità delle Banche popolari le rendono soggetti in-sostituibili per ogni “politica sulla sostenibi-lità”, soprattutto quando il Coronavirus sarà sconfitto e sarà necessario ricostruire un “nuovo mondo”.

*Segretario Generale, Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

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napoli.ilriformista.it Venerdì 13 marzo 2020

OSPEDALI IN TILTAMBULANZE FERMEALLA CAMPANIASERVE L’ASSESSORE

La sanità regionale alle prese con il Coronoavirus

Emergenza virus/1 La pandemia in Parlamento

Emergenza virus/2 I consigli dell’esperto di alimentazione

POSITIVO IL SENATORE CAMPANO CIRIELLI “PREOCCUPATO PER PARENTI E COLLEGHI”

SORRENTINO: “LA DIETA EDITERRANEACI AIUTA A DIFENDERCI DALL’INFEZIONE”

a pag 4

“Devo dire che non mi preoccupo mol-to per me, innanzitutto perché sto bene, da lunedì che non ho la febbre

ma solo fastidiosi e persisti sintomi infl uenza-li». Il senatore campano di Fratelli d’Italia Ed-mondo Cirielli è risultato positivo al tampone per il Coronavirus. Il questore della Camera, ex presidente della Provincia di Salerno ed ex colonnello dei carabinieri è il secon-do parlamentare a risultare positi-vo dopo il lodigiano Pedrazzini del Gruppo Misto.

“L’alimentazione può aiutare a stare bene ma non può servire a curare la malattia” spiega il professor Nicola Sorrentino rispon-dendo alle dieci domande de Il Riformista per capire come ci si

può prendere cura di sé, anche in questo particolare momento. Sorrenti-no è medico chirurgo, direttore Iulm Food Academy di Milano, speciali-sta in Scienza dell’alimentazione e dietetica, in Idrologia, Climatologia e Talassoterapia.

Il calcioL’ex azzurro Gabbiadini positivo al tampone

Finalmente è venerdìI consigli per trascorrereil weekend in casa

La poesiaLa lotta tra anima e corponei versi di Louise Glück

Giuseppina De Rienzo a pag 8 Titti Improta a pag 11 a pagina 9

Matuzalém: Mozzarella ManPERSONAGGI

FRANCELINO MATUZALÉMLA TAPIOCASSC NAPOLI

L’educatoreIl nuovo inizioLa maturità

Quando torno a Napoli, indovinate qual è la prima

cosa che faccio...?

WALTER NOVELLINOLA MOZZARELLA

PROMOZIONE IN A

Il casinistaLa leccorniaL’esilio

PUNTATA UNICA A PAGINA 10

evo dire che non mi preoccupo mol-to per me, innanzitutto perché sto bene, da lunedì che non ho la febbre

ma solo fastidiosi e persisti sintomi infl uenza-li». Il senatore campano di Fratelli d’Italia Ed-mondo Cirielli è risultato positivo al tampone per il Coronavirus. Il questore della Camera, ex presidente della Provincia di Salerno ed ex colonnello dei carabinieri è il secon-do parlamentare a risultare positi-vo dopo il lodigiano Pedrazzini del

Antonio Lamorte a pag 6

a pag 6

Bruno Buonanno a pag 3Ambulanze bloccate a Napoli

Ricoveri programmati sospesi fi no al 6 aprile, par-chi e ville comunali chiusi fi no al 25 marzo e da oggi servizi di trasporti pubblici ridotti. La ridu-

zione prevista è del 50% per i servizi di bus e metro ma non pregiudicherà le fasce pendolari e i collegamenti con la periferia, mentre via mare saranno attive tre cor-se di andata e tre di ritorno tra la terraferma e le isole del Golfo. Le decisioni, adottate dalla Regione, rientra-no tra le misure per far fronte all’emergenza coronavi-rus. De Luca chiede al governo l’invio dell’esercito per potenziare i controlli contro i trasgressori.

Dieci giorni. È il termine fi ssato dal capo della prote-zione civile Angelo Borrelli per avere un riscontro dall’Aifa, l’Agenzia italiane per il farmaco, sul pro-

tocollo che prevede l’utilizzo del tocilizumab per la cu-ra della polmonite causata dal Covid-19. Il medicinale, utilizzato per la cura dell’artrite, ha dato riscontri positi-vi dopo essere stato usato per la prima volta all’ospedale Cotugno. Una sperimentazione che ora coinvolge 6 pa-zienti a Napoli e che si è allargata ad altre strutture in tut-ta Italia. E la Roche, azienda produttrice fa sapere: «Lo forniremo gratis agli ospedali».

Le misure anti-contagio La cura sperimentale

Viviana Lanza a pagina 2 Emilia Missione a pagina 5

Stop a ricoveri e parchi Trasporti dimezzati De Luca: “Ora l’esercito”

Per i pazieni italiani il farmaco anti-virus diventa gratuito

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2 IL Venerdì 13 marzo 2020

Ricoveri programmati sospesi, parchi chiusi, trasporti ridot-ti e un appello per avere l’e-sercito in strada. Si adottano

nuove misure per contenere la dif-fusione del Coronavirus. La Direzio-ne generale per la tutela della salute della Regione ha disposto la sospen-sione, fino al 6 aprile, dei ricoveri pro-grammati presso ospedali e strutture private campane. Lo stop non vale per i ricoveri dei pazienti oncoema-tologici. Ammessi i ricoveri d’urgen-za. Parchi e ville comunali resteranno chiusi fino al 25 marzo. Lo ha stabilito la nuova ordinanza firmata dal gover-natore Vincenzo De Luca nella spe-ranza di fermare nel più breve tempo possibile il diffondersi dei conta-gi. Niente corsette al parco, quindi, né passeggiate in villa. L’invito resta sempre uno: stare a casa se non c’è un’urgenza legata a motivi di lavoro o salute. Chiusi fino al 25 marzo anche bar, ristoranti, pub, gelaterie e pastic-cerie che fino ai giorni scorsi pote-vano restare aperti fino alle 18. Si fa ricorso a misure più stringenti e si do-vranno adeguare anche quegli eser-cizi dove normalmente si svolgono attività miste come bar, tabacchi, sa-la giochi. Nuove disposizioni, inoltre, per la consegna della spesa a domici-lio: fino al 25 marzo sarà possibile, per supermercati e salumerie, recapitare a domicilio soltanto i prodotti confe-zionati e solo se il personale è dotato di tutte le protezioni previste, quindi guanti e mascherine. Cambia anche la frequenza dei trasporti per autobus, metro, aliscafi e traghetti. Al termine di una riunione del governatore De Luca con tutte le aziende di trasporto pubblico della Campania si è deciso di ridurre del 50% i servizi di traspor-

to su terra, garantendo il rispetto del-le fasce pendolari e i collegamenti con le periferie e stabilendo che ogni azienda riveda i propri programmi as-sicurando tutti i servizi che supporta-no il trasporto degli operatori sanitari. Quanto al trasporto marittimo, i col-legamenti tra Napoli, Pozzuoli, Sor-rento e le isole del Golfo saranno possibili con tre corse di andata e tre corse di ritorno per ogni direttri-ce, con diversificazione delle unità navali, in modo da garantire gli spo-stamenti per motivi sanitari e lavora-tivi e l’approvvigionamento dei beni di prima necessità. Il presidente De Luca ha garantito che non ci saranno ricadute né in termini gestionali né occupazionali. Si è pensato anche alle persone sole o indigenti: le attività del terzo settore che, nel rispetto di tutte le misure precauzionali, si occupano di assistenza ai bisognosi potranno continuare a operare così come le attività di volontariato che prevedo-no l’aiuto alimentare e farmaceutico. Vietati mercati e fiere di generi ali-mentari, e niente sport negli impianti sportivi a meno che non si tratti di at-

leti professionisti o di categoria asso-luta che partecipano a giochi olimpici, o manifestazioni nazionali o interna-zionali, e per i quali società sporti-ve o associazioni attivino controlli idonei a contenere il rischio di diffu-sione del Covid-19 tra atleti, tecnici, dirigenti e accompagnatori. Chi non rispetta le disposizioni delle nuove ordinanze regionali incorre nel rea-to di violazione dei provvedimenti dell’autorità, rischiando da tre me-si di arresto alla sanzione pecuniaria. Per verificare che le disposizioni an-ti-coronavirus siano rispettate è sta-to chiesto l’intervento dell’esercito. Il governatore ha scritto al Presidente del Consiglio, ai ministri di Interno e Difesa e al capo della Protezione ci-vile nazionale sottolineando come le misure adottate possono rivelarsi ef-ficaci solo se vengono garantiti capil-lari controlli e sanzioni per chi adotta comportamenti irresponsabili. Di qui la richiesta di far scendere in strada anche l’esercito: “Misura indispen-sabile - ha sostenuto De Luca - per la dissuasione degli assembramenti, della mobilità ingiustificata, di forme

illegittime di ambulantato sul terri-torio”. Intanto il bilancio dei controlli svolti ieri dai carabinieri del comando provinciale ha portato a 22 nuove de-nunce. Due ci sono state a Ponticel-li nei confronti di titolari di un centro scommesse in via Principe di Napo-li per non aver rispettato il divieto di chiusura. Per la stessa violazione è stato denunciato a San Giuseppe Ve-suviano un ristoratore. A Giugliano sette giovani giocavano a calcio in via Colonne, nel parcheggio antistante la Metropolitana: denunciati. A Mon-teruscello, davanti a un bar regolar-mente chiuso, tre persone sono state trovate a giocare a carte e tra Ottavia-no, Torre del Greco e Villaricca sono stati dieci i trasgressori sorpresi lon-tani dal proprio comune di residenza senza alcun motivo né di lavoro, né di salute né di necessità. A Napoli sono stati impiegati 160 agenti della polizia municipale per informare i cittadini sui divieti in vigore e compiere veri-fiche su locali e esercizi commerciali. Bilancio: 494 esercizi controllati, 271 verifiche del rispetto delle distanze e divieto di assembramento, oltre 200 certificazioni di disinfezione dei lo-cali passate al vaglio, 179 autodichia-razioni per giustificare spostamenti acquisite, tre persone denunciate e due locali trovati aperti oltre l’orario consentito. Da oggi ci saranno con-trolli anche sulle nuove misure.© RIPRODUZIONE RISERVATA

PARCHI CHIUSI E RICOVERI SOSPESI DE LUCA: “ORA L’ESERCITO IN STRADA”

Dalla Regione arriva un ulteriore giro di vite su servizi pubblici e attività private: niente corse all’aperto, collegamenti via mare dimezzati e limiti alle accettazioni in ospedale

Proseguono i controlli delle forze dell’ordine per far rispettare le misure anti-contagio in tutta la Campania ma per il governatore si deve fare di più

L’EMERGENZA CORONAVIRUS

Viviana Lanza

In alto, un atleta fa jogging in un parco proteggendosi con la mascherina

494I negozi controllati dalla polizia municipale nel centro di Napoli

Page 15: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

3Venerdì 13 marzo 2020 IL

far parte del futuro cantiere Incurabi-li. Può darsi che con un assessore alla Sanità anche la riapertura del Centro Traumatologico Ortopedico, il Cto, sarebbe stata diversa. Non la ripro-posizione di un ospedale <generale> (che in passato ha dimostrato di non garantire la migliore assistenza) ma la realizzazione di un polo ultra spe-

cialistico probabilmente avrebbe ral-lentato anche i viaggi della speranza che continuano ad essere un’auten-tica croce per la nostra sanità con un costo annuo di circa trecento milio-ni. Più soldi e, di conseguenza, or-ganizzazione migliore al Nord. Ma anche in ospedali come il Pellegrini, il San Paolo ed il San Giovanni Bo-sco e nei due Policlinici medici, in-fermieri e tecnici si dimostrano più duttili e, diciamolo pure, anche bra-vi quanto i loro colleghi della Lom-bardia o del Veneto. Non a caso per il Covid-19 la Fondazione Pascale e l’azienda ospedaliera dei Colli con il Monaldi sono stati i primi in Italia ad utilizzare come “off limits” il Tocili-zumab, medicinale per l’artrite reu-matoide. Ma tutto questo si registra

La pandemia da Covid-19 uni-sce e al tempo stesso sepa-ra l’assistenza sanitaria del Nord da quella del Sud. La

vergognosa mancanza di presìdi sa-nitari come le mascherine ha riguar-dato tutta l’Italia. Ieri, soprattutto per il Nord, è stata risolta dai cinesi. I “fo-colai” di Lombardia, Veneto e Pie-monte hanno stressato perfi no la più organizzata ed efficiente assisten-za del Nord Italia ponendoci di fron-te a un interrogativo. Che succede se il “focolaio” di Covid- 19 si trasferi-sce al Sud? Il Whatshapp delle cin-que ambulanze (tutte con pazienti a bordo) ferme per oltre un’ora davanti al pronto soccorso dell’ospedale Co-tugno è diventato immediatamen-te virale. Fotografa un’assistenza che dispone di grandissime professiona-lità ma che si appoggia su una rete molto precaria di ospedali, policlini-ci e distretti che nei prossimi gior-ni, proprio per l’attuale emergenza, dovranno essere rafforzati con uni-tà speciali di continuità assistenzia-li in attività 7 giorni su 7 dalle 8 alle 20. Paghiamo lo scotto di dieci anni di commissariamento con relativo blocco del turn over. Il risultato è la carenza di una montagna di camici bianchi, verdi, gialli e arancioni per-ché in tutte le strutture sanitarie tra medici, infermieri e personale am-ministrativo si registrano buchi di tredicimilacinquecento dipendenti. La nomina di metà agosto di diret-tori generali di esperienza, ma so-prattutto di grande “affi dabilità” per il governatore uscente Enzo De Luca, non riempie la casella più importan-te: quella dell’assessore alla Sanità. Dopo Mario Santangelo si è messo un tappo sul boccione della Sanità facendo a meno di un assessore che deve gestire un’area che utilizza oltre il 70 per cento del bilancio regionale. De Luca in cinque anni ha deciso di affi darsi a consulenti sanitari. Ma nel

decennio di commis-sariamento almeno

a livello metro-politano la rior-ganizzazione sanitaria è an-data avanti tra-

ballando. Grandi progetti per l’O-

spedale del Ma-re che, sotto il commissa-

riamento t e c -

n i -co di Ciro

V e r d o l i -va durato

quasi dodici anni, è partito a

settembre 2018 con due lustri di ritardo sul crono-programma ini-ziale. Ospedale a metà per utiliz-zo di posti letto e sale operato-

GLI OSPEDALI NEL CAOSALLA CAMPANIA SERVE UN ASSESSORE ALLA SANITÀ

sariamento almeno a livello metro-

politano la rior-ganizzazione sanitaria è an-data avanti tra-

ballando. Grandi progetti per l’O-

spedale del Ma-re che, sotto il commissa-

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n i -co di Ciro

V e r d o l i -va durato

quasi dodici anni, è partito a

settembre 2018 con due lustri di ritardo sul crono-programma ini-ziale. Ospedale a metà per utiliz-zo di posti letto e sale operato-

rie, struttura che vanta fra l’altro un albergo mai inaugurato. L’Ospeda-le del Mare dista quindici chilometri da Mergellina e la sua realizzazione a Ponticelli lo rende accessibile più facilmente ai pazienti della Provin-cia e della Costiera rispetto a chi vive a Napoli. Doveva sostituire il Loreto Mare e per questo ha risucchiato im-portanti divisioni dell’ospedale di via Marina che, con la novità Covid-19, si prepara a riaprire le vecchie stan-ze di degenza per nuovi ricoverati. L’Ascalesi è passato dall’Asl Napoli 1 al Pascale. Addio al pronto soccor-so, ciao ciao temporaneo all’ospeda-le trasformato in cantiere dove però la moderna ed effi ciente radioterapia realizzata dal professore Paolo Mu-to continua a lavorare per pazienti oncologici aspettando che tutto l’A-scalesi riparta sotto l’egida della Fon-dazione Pascale. La Sanità ha perso l’ospedale San Gennaro. Struttura storica ma difficilmente “recupera-bile” anche se il pronto soccorso e una serie di divisione effi cienti rap-presentavano un’importante valvo-la di sfogo per i residenti nella zona. La riorganizzazione dell’Annunziata ha ridotto all’osso l’effi cienza di una struttura pediatrica di cui c’era anco-ra bisogno in città, soprattutto nella zona popolosa che costeggia la Fer-rovia e il vecchio Tribunale. Seguen-do le indicazioni dei suoi consiglieri, il governatore De Luca ha impegnato soldi e uomini nell’ammodernamen-to della chirurgia dell’ospedale degli Incurabili. Ora la struttura ha un re-parto moderno realizzato per far po-sto a pazienti oncologi. Programma saltato perché la chirurgia è entrata a

in una trasformazione ancora incom-pleta o addirittura solo programmata della mappa sanitaria. L’area fl egrea ha l’ospedale San Paolo che l’attuale governatore immagina di costruire ex novo a Cavalleggeri con fondi stata-li. Vedremo. Nel frattempo il Burc ha uffi cializzato l’accordo che la Regio-ne ha siglato con i medici di famiglia che lavoreranno in cooperativa dalle 8 alle 20 e assumeranno infermieri come collaboratori. Il tutto in cam-bio di circa dieci milioni di euro. Ma il progetto non sembra partito.Abbiamo messo a posto i conti, sia-mo risaliti nella valutazione dei Lea

– i livelli essenziali di assistenza – e questo ci ha permesso di chiedere e ottenere dal governo l’eliminazio-ne del commissariamento. Prima o poi arriveranno medici e infermie-ri, grazie al concorsone regionale. Ma la sanità nel Sud arranca anco-ra perché un punto centrale dell’as-sistenza – i Dieci Distretti sanitari della città di Napoli – continuano a funzionare a scartamento ridotto. Un accertamento cardiologico, una ra-diografi a, esami di laboratorio e tutto il pacchetto dell’assistenza che ingol-fa e crea problemi ai pronto soccorso ospedalieri di sabato e di domenica sono proibiti. I portoni dei Distretti sono sprangati, aprono eccezional-mente solo quando è in programma un appuntamento per la prevenzio-ne. Uffi cialmente non siamo ancora nel semestre bianco, ma presto tor-neremo alle urne per la giunta regio-nale. L’augurio è che l’organizzazione della Sanità non si blocchi com’è av-venuto fi nora, ma che tutto il sistema venga affi dato alla guida di un asses-sore che si preoccupi degli ospeda-li e, fi nalmente, anche dell’assistenza territoriale.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il sistema regionale si regge su una rete di strutture spesso prive di personale e attrezzature: urge una fi gura che affronti questi problemi

I dieci distretti di Napoli continuano

a funzionare a scartamento ridotto

e così molte prestazionidiventano inaccessibili

A lato e in altooperatori sanitari alle prese con l’emergenza

Buono Buonanno

L’ASSISTENZASANITARIA

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Le misure adottate dal governo per contenere il rischio di con-tagio da Coronavirus ci impon-

gono di cambiare temporaneamente abitudini e ritmi di vita. La libertà di uscire è limitata ai casi urgenti, lo sport non lo si può praticare all’aper-to o in palestra fi nché ci sarà l’emer-genza, molti lavoratori sono a casa o lavorano da casa. Si va quindi incon-tro a settimane più sedentarie e più monotone, con il rischio di stravol-

gere anche le abitudini alimentari e magari doversene pentire. Cosa fare? Lo abbiamo chiesto a uno dei mas-simi esperti in materia, il professor Nicola Sorrentino, medico chirurgo, direttore Iulm Food Academy di Mi-lano, specialista in Scienza dell’ali-mentazione e dietetica, in Idrologia, Climatologia e Talassoterapia. Sor-rentino ha risposto alle nostre dieci domande, partendo da una premes-sa importante, soprattutto in un pe-

riodo particolare come questo in cui il mondo teme la diffusione del Coro-navirus e si pensa a tutte le possibi-li misure per contenere il diffondersi del virus Covid-19. “L’alimentazione può aiutare a stare bene, ma non può servire a curare la malattia”, spie-ga Sorrentino. Mangiando in manie-ra sana ed equilibrata si aiuta il corpo a stare bene e avere tutti gli alimenti, vitamine, proteine, fi bre, sali minera-li di cui ha bisogno. L’alimentazione

può incidere sul benessere psicofi si-co e sul sistema immunitario, ma non si sostituisce alla medicina quando ci sono malattie da curare. Utilissi-mi sono anche i consigli di Sorren-tino per affrontare al meglio queste settimane di sedentarietà, solitu-dine, ansie e noie: una buona occa-sione per imparare ad avere più cura per il proprio corpo e più attenzione per l’igiene e per ciò che mangiamo.© RIPRODUZIONE RISERVATA

4 IL Venerdì 13 marzo 2020

“LA DIETA MEDITERRANEAPUÒ PROTEGGERCI DAL VIRUS”

INTERVISTA A NICOLA SORRENTINO

a cura di Viviana Lanza

Il cibo non è una modalità di contagio del Coronavirus, che si trasmette per via aerea, né una cura. Possiamo però dire che ci sono alimenti che ci aiutano a stare bene: le vitamine, le proteine, i sali minerali, le fi bre.

Meno merendine, più alimenti naturali. Un’idea possono essere le bruschette al pomodoro oppure un gelato preparato versando nello stampino del ghiaccio yogurt e una goccia di dolcifi cante stevia e spolverando sopra della cannella.

Esiste una specifi ca alimentazione per contenere il Coronavirus?

Quali consigli per l’alimentazione dei bambini in questo momento?

Esiste una specifi ca alimentazione per contenere il Coronavirus?

Quali consigli per l’alimentazione dei bambini in questo momento?1 6

La dieta mediterranea aiuta il proliferare dei linfociti T che stimolano il sistema immunitario e hanno proprietà anti-invecchiamento. Importanti pure la vitamina C e il glutatione che possiamo trovare in cavolo, aglio, cipolle.

Non ci sono rischi di contagio da Coronavirus. La regola che bisogna seguire sempre, non soltanto in questo particolare periodo di emergenza, è quella di curare l’igiene e non maneggiare cibi cotti e crudi senza lavare le mani.

Ci sono alimenti che aiutano a stimolare il sistema immunitario?

Può essere rischioso mangiare verdura o cibi non cotti?

Ci sono alimenti che aiutano a stimolare il sistema immunitario?

Può essere rischioso mangiare verdura o cibi non cotti?2 7

Se si fa un’alimentazione completa, ricca di frutta, verdura, frutta a guscio, pesce con la spina, olio extravergine, non occorrono integratori. Se ci sono carenze, invece, vanno assunto in modo mirato. Gli integratori non sono uguali per tutti.

Dare l’assalto ai supermercati non serve. Se si vuole fare una scorta, meglio optare per cibi in scatola o surgelati, purché ben conservati e ben surgelati. Consiglio i legumi che hanno tutte le proteine della carne e costano cento volte di meno.

Gli integratori alimentari sono davvero utili al nostro organismo?

La gente fa grandi scorte di cibo. Meglio cibi precotti o surgelati?

Gli integratori alimentari sono davvero utili al nostro organismo?

La gente fa grandi scorte di cibo. Meglio cibi precotti o surgelati?3 8

Stando a casa, si ha più voglia di uno snack. Preferiamo carote, fi nocchi e cetrioli freschi e preparare pinzimonio e varie salse con pomodoro, origano, curcuma, salsa di soia, tabasco. Danno soddisfazione e apportano poche calorie.

Eliminare la pasta quando si fa la dieta è il più diffuso: il brusco calo di glicemia incide sul benessere fi sico. Non è la pasta il problema, ma come la condiamo. Da preferire sughi preparati con ingredienti naturali e ricette non troppo elaborate.

Come deve cambiare la nostra alimentazione in questa fase?

Quali sono gli errori più comuni nelle nostre abitudini alimentari?

Come deve cambiare la nostra alimentazione in questa fase?

Quali sono gli errori più comuni nelle nostre abitudini alimentari?4 9

Il buon senso, dico sempre. Bisognerebbe mangiare un po’ di tutto, stando attenti a variare. Quando si differenzia non si sbaglia, è quando si mangiano sempre le stesse cose, anche se buone, che si rischia un’alimentazione non equilibrata.

Nessuna. Quello mediteraneo è il modello alimentare migliore e tutti i Paesi ce lo copiano. Dall’estero spesso importiamo cattive abituidini. Bene il sushi, ma meglio la pasta con i legumi: un piatto completo, oppure una pizza come la margherita.

Cosa non dovrebbe mai mancare in una dieta equilibrata?

Quali abitudini dovremmo mutuare da altri Paesi?

Cosa non dovrebbe mai mancare in una dieta equilibrata?

Quali abitudini dovremmo mutuare da altri Paesi?5 10

A sinistraNicola Sorrentino

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5Venerdì 13 marzo 2020 IL

«La vera sconfitta per me è sta-ta vedere il mio piccoletto di 40 giorni stanotte con la febbre alta dolorante e sofferente. Uno stra-

zio. Per un genitore è sempre terribi-le vedere soffrire un proprio fi glio ma quando si sa che è per propria colpa è veramente una cosa che non auguro a nessuno». È per il fi glio il primo pen-siero di Edmondo Cirielli. Il senatore campano di Fratelli d’Italia, questore della Camera, ex Presidente della Pro-vincia di Salerno ed ex colonnello dei carabinieri, ha messo al corrente tutti delle sue condizioni di salute. Cirielli

«Abbiamo letto di questo far-maco contro l’artrite all’o-spedale Cotugno di Napoli, che è stato giudicato utile per

superare la fase critica della ma-lattia. Da parte dell’Aifa so che si stanno facendo studi e a breve, al massimo dieci giorni, si potrà ave-re un riscontro, mi auguro di po-ter apprezzare presto i risultati». A parlare è il capo della Protezione civile Angelo Borrelli che, duran-te la conferenza stampa di ieri, ha fatto il punto sulla sperimentazio-ne del Tocilizumab, il farmaco an-ti reumatoide utilizzato da sabato scorso all’ospedale Cotugno per curare il defi cit respiratorio provo-cato dal Coronovirus. I pazienti cu-rati con questo approccio sono otto in tutto. I primi due, trattati sabato, erano in condizioni critiche al mo-mento della somministrazione: uno era intubato, il secondo stava per essere trasferito in terapia intensi-va. Già dopo 24 erano stati registra-ti i primi riscontri sul paziente più grave ma ora si attende l’esito del-la Tac per estubarlo ed essere certi che le sue condizioni si mantenga-no stabili. Il farmaco impiegato è un inibitore dell’interleuchina-6 e ser-ve a ridurre la cosiddetta tempesta

citochinica quella che provoca le complicazioni respiratorie. Questo significa che il tocilizumab è effi-cace solo quando c’è un eccesso di interleuchina-6, ovvero nei casi più gravi. La stessa task force che ha la-vorato alla sperimentazione preme affinché venga attivato subito un protocollo nazionale per estende-re l’impiego di tocilizumab nei pa-zienti contagiati da coronavirus, in

condizioni critiche. «Il farmaco ha dimostrato di essere efficace nel trattamento della polmonite inter-stiziale causata dal Covid-19 – ha spiegato Paolo Ascierto, diretto-re dell’unità Melanoma e Immu-nologia clinica dell’Istituto Pascale -. Altri malati hanno già ricevuto la terapia anche nei centri di Berga-mo, Fano e Milano ma è molto im-portante che il suo utilizzo venga

esteso quanto prima, così potremo salvare più vite». E proprio mentre si estende ad altri ospedali italiani l’utilizzo del farmaco che potreb-be ridurre il ricorso alla terapia in-tensiva, la casa farmaceutica che lo produce fa sapere, in una lette-ra indirizzata al ministro della Sa-lute e a tutti presidenti di Regione, di essere pronta a distribuirlo gra-tuitamente agli ospedali che ne fa-ranno richiesta. «Con l’operazione “Roche si fa in quattro”- scrive la ca-sa farmaceutica - l’azienda ha de-ciso di rispondere innanzitutto al bisogno più urgente indotto dall’e-pidemia: la necessità di disporre di farmaci utili per contrastare l’aggra-vamento delle condizioni di salute dei pazienti positivi al virus SARS-CoV-2/Covid-19. Il gruppo si im-pegna a fornire gratuitamente e per il periodo dell’emergenza tocilizu-mab (RoActemra) a tutte le Regioni che ne facciano richiesta, fatte sal-ve le scorte necessarie a consentire la continuità terapeutica ai pazienti affetti da patologie per cui il prodot-to è autorizzato». Segnali incorag-gianti che arrivano mentre la lista delle persone risultate positive al Coronavirus in Campania continua a crescere, superando i 200 casi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Emilia Missione

Antonio Lamorte

è risultato positivo al Coronavirus. La notizia è stata diffusa nella mattinata di ieri. Il senatore non aveva preso par-te all’unica votazione che si era tenuta nell’aula della Camera mercoledì ri-guardante lo scostamento del bilancio. A fi ne febbraio avrebbe partecipato a una riunione del collegio dei questori alla quale sarebbero stati presenti an-

che i vertici dell’amministrazione della Camera. Prima di Cirielli era risultato positivo al tampone il lodigiano Clau-dio Pedrazzini del Gruppo Misto. E a questo punto c’è chi spinge per dare il via a un diritto dell’emergenza con voto a distanza. Il nome di Cirielli, nei mesi scorsi, era stato tirato in ballo per un’eventuale candidatura alle elezio-ni regionali in Campania. «Dopo tre giorni di lunga attesa – ha scritto Ci-rielli - ho appreso di aver contratto il Coronavirus Covid-19. Ho sperato, an-zi ero convinto alla fi ne di farcela, co-me sempre. Ma non è stato così. Una brutta doccia fredda soprattutto per i miei familiari che avrò infettato e qual-che collega che sarà a rischio. Devo di-re – continuava Cirielli - che non mi preoccupo molto per me, innanzitut-to perché sto bene, da lunedì che non ho la febbre ma solo fastidiosi e persi-sti sintomi infl uenzali e poi chi di voi mi conosce sa che sono uno molto to-sto e razionale, alcuni dicono perfi no freddo». La preoccupazione di Cirielli è soprattutto per il fi glio e per i fami-liari che avrebbe potuto infettare: «Pri-ma di vederlo così avevo pensato in

fondo che avevo fatto bene ad anda-re alla Camera nonostante da militare sapevo fosse una sciocchezza recarsi in un luogo così affollato, con miglia-ia di persone che venivano dal Nord, e che come questore ero responsa-bile della sicurezza della Camera e quindi dovevo andare, infatti ho par-tecipato a molte riunioni dedicate».

Cirielli positivo al Coronavirus“Familiari e colleghi a rischio”

Il senatore era stato anche piuttosto critico – come d’altronde il suo parti-to - verso le misure prese dal governo nei confronti dell’emergenza. Contra-sti ormai superati, come riportato nel fi nale della nota diramata dal senato-re, il quale esorta alla necessità di es-sere uniti e rispettosi delle regole in questo momento delicato: «Non dob-biamo mollare e dobbiamo seguire le disposizioni delle autorità, perché ora vanno nella giusta direzione per aiuta-re il sistema sanitario, i medici e gli in-fermieri che si prodigano per curarci».© RIPRODUZIONE RISERVATA

LA CURA SPERIMENTALE

La Roche mette il Tocilizumab a disposizione di tutte le strutture sanitarie italiane che ne faranno richiesta. Atteso per le prossime settimane il riscontro dell’Aifa

IL FARMACO GRATIS NEGLI OSPEDALIIL RISULTATO DEI TEST IN 10 GIORNI

Borrelli: “Mi auguro di conoscere

al più presto l’esito della sperimentazioneda parte degli esperti

dell’Agenzia nazionale”

In alto, la sperimentazione sui farmaci

Page 18: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

Ho provato stupore quando il presidente Conte ha afferma-to ad un certo punto “vanno

incentivate le ferie”. Quel passaggio alludeva agli sforzi solidaristici del momento, le parole utilizzate mi sono comunque sembrate fuori luogo. Lo stupore, rimuginando, è diventato re-pulsa e sdegno. L’ho scritto sui social, parlando di un punto basso per un go-verno che si dice progressista e si so-no succeduti commenti tanti adesivi e ovviamente critici. Mi sono arriva-te tante storie in privato, che peraltro già conoscevo. A quale parte del pae-se parlava Conte? A Sud c’è una gran-de massa di manovra disoccupata e disposta ad essere sottoccupata e far-

si sfruttare, ogni volta che è possibile in nero o con condizioni illegali (come il giochetto sulle differenze in busta paga). Stipendi? Anche 300 o al mas-simo 600 euro al mese. A queste per-sone quella frase è sembrata estranea, ad altri odiosa o forse neanche l’han-no colta, per i guai che hanno. Ma cre-do che anche i sindacati non possano dirsene contenti. Se Conte è in tratta-tiva con loro per concordare “misure” anche di questo tipo per alleggerire la massa di cassa integrazione che si sta per scaricare sul mondo del lavo-ro, lo capisco: ma si tace fi ne all’ac-cordo o lo si spiega nei termini della trattativa, come uno sforzo concorda-to con i rappresentanti dei lavoratori. Non si fa appello ai singoli lavoratori a mettersi in ferie e soprattutto non si

sollecitano i datori di lavoro a mette-re in ferie i lavoratori! Quell’afferma-zione appartiene davvero all’antitesi di ogni possibile “civiltà del lavoro”, è insopportabile anche per un tempo complicato. Ormai la gran parte della società anche meridionale è commer-cio, terziario o piccola manifattura. Dalle nostre parti molti datori di lavo-ro hanno cominciato a lasciare a casa i dipendenti il giorno stesso dei magri incassi, prima ancora del blocco delle attività (e già non volevano pagare più quelle poche tasse che non possono eludere). Funziona così: se c’è un pò di profi tto ti pago poco e preferibilmen-te in nero. Se le cose non vanno bene, posso licenziarti o no, ma non ti pago e magari vieni pure a lavoro. Manca la dignità del lavoro e il senso dello Sta-

to. Alcune volte c’è uno strano senso di clan familiare, di tiriamo la banca avanti tutti insieme, più o meno genu-ino, ma quasi mai senza palesi distor-sioni. Qualcosa che si chiama “rischio di impresa” poi è del tutto interstizia-le. I lavoratori sindacalizzati per i qua-li può valere, nella più benevola delle interpretazioni, quella frase di Conte sono una sparuta minoranza, confi-nata per lo più nelle pochissime me-die imprese rimaste. Il mondo reale è fatto di lavoratori che già sono a ca-sa, senza le garanzie attese dal go-verno mentre Conte fa le paternali o di lavoratori che vanno al lavoro sen-za certezze e sicurezza. C’è perfino chi risparmia sulle pulizie “tanto non ci sono i clienti ...”. Di questi tempi.© RIPRODUZIONE RISERVATA

“Incentivare le ferie”: la gaffe del premier che dimentica le condizioni di molti lavoratori

Ieri è stato confermato il fermo per due dei gio-vani che hanno fatto il raid a colpi di pistola contro la caserma dei Carabinieri “Pastrengo”, dopo la morte di Ugo Russo, il minorenne ucci-

so mentre tentava di rapinare un carabiniere fuori servizio. Vale la pena tornare sulla tragedia di via Generale Orsini. Il ragazzino ucciso, Ugo, veniva da un mondo lontano, separato, ma ancora presente e radicato. E’ il mondo parallelo di Napoli, quello che ha sue leggi estranee a quelle legittime; una sua lingua, estranea a quella che si tenta (sempre me-no) di insegnare a scuola; un proprio pantheon di

modelli, da Gomorra al feticismo per tatuaggi, piumini griffati e soldi. Che sono il pote-

re. Un personaggio infl uente di una zo-na di Napoli confi nante e contigua con quella dove quel ragazzo è stato ucci-so, dice da decenni: “La verità è che Napoli vive grazie al welfare negati-vo”. Formula acuta e aspra per dire che a Napoli, il gioco degli spec-chi della realtà è molto compli-cato. E che le soluzioni sono tutte

corrette, ma tutte improprie, perché manca la possibili-

tà economica di lanciare una sfida culturale che

avrebbe bisogno an-che di additivi econo-mici che nessuno può mettere sul tavolo. Per capirlo, basta ricorda-re le ultime puntate de “L’Amica geniale” anda-te in onda nelle settima-ne scorse. Che c’entra una storia ambientata a Napoli 50 anni fa? Ve-diamo: è la traiettoria

di due ragazze, diversamente intelligenti e sensi-bili, che tentano – ognuna a suo modo – di ribel-larsi alla cupezza di un destino “rionale” e feroce, obbligato per le donne; ma obbligato ancor di più per i maschi che si dibattevano nella giungla del-la povertà, delle camurrìe, delle chiusure di classe. E soprattutto della violenza necessaria per soprav-vivere, essere rispettati. È quell’orrore del vivere senza orizzonti, che colpisce più di ogni cosa. Più della capacità di riscatto delle due ragazze. Le qua-li, per liberarsi, dovranno, una lasciare la città, e l’altra scomparire. Nella metafora della quadrilogia è scritto che Napoli non dà speranza, e che l’ap-pello di Eduardo al “fuitevenne”, non era disperata drammaturgia, ma esiziale strumento di soprav-vivenza. Il mondo violento e chiuso del roman-zo e della fi ction televisiva, a Napoli purtroppo è ancora realtà viva. In quegli stessi mondi, anco-ra oggi, l’emancipazione (non solo della donna) è determinata sempre dal possesso delle cose, non dalla sostanza di quel che si è. Il suc-cesso nella vita, di chi non compren-de le istanze di Lila e Lenù (oggi come 50 anni fa) è misurato dalle cose che ri-empiono la casa,dai vestiti fi rmati; non dai libri, non dal rispetto tra le persone, non dal dialogo tra uomo e donna, che è invece sempre e soltanto di violen-za e sopruso. Non a caso oggi, in quei mondi, quando la donna si emancipa e decide, quasi sempre è perché gover-na la violenza impositiva ed economi-ca al posto dell’uomo (che magari è in cella a Poggioreale). Il modello non so-no Lila e Lenù, ma Scianèl di Gomorra. Ve la im-maginate voi, la risposta di Scianèl alle proteste libertarie di Lila?... “Lilaaaa!... Ma nun ce romper ‘o cazz!!!...”. E, secondo voi, Ugo, cresciuto in que-gli habitat, aspira ad andare a scuola per sentire “…perdete ogni speranza voi che entrate…”?, o se jet-ta ‘nmiez’a via, perché nessuna speranza “perbene” gli permette di avere le cose che ha con lo scippo del Rolex? Money! Money! Money! Rapina-ragaz-zata per procurarsi i soldi della discoteca. “Inevita-bile”, in un mondo dove il parcheggiatore abusivo recupera dai 30 ai 60 euro al giorno in media. Do-

ve uno scippatore “guadagna” garantiti 2.500 eu-ro al mese e lo spacciatore, se “bravo”, fa pure 500 euro al giorno e non meno di mille a settimana. E taciamo del resto. E’ l’economia parallela. La stra-da dove è stato ucciso Russo, è centralissima, non è periferia. E’ una parallela di parte del “lungomare liberato”. Cinquanta anni fa c’erano i muschilli che scaricavano le sigarette di contrabbando per mil-le lire a cassa. Era la stessa strada che in altre not-ti non “interdette” si popolava di prostitute e mitici “femminielli” in Porsche e Mercedes. Ma da sem-pre è anche strada di studi professionali, redazioni e case di lusso. Sullo stesso pianerottolo econo-mie sane e “welfare negativo”. Non è periferia. La periferia è nel cuore e nella testa e nella incultu-ra della città che si compiace di essere millenaria e cosmopolita, ma che sopravvive perché non si guarda dentro. E perché non decide che per evi-tare queste tragedie, bisognerebbe rompere il cer-chio e investire quote di PIL obbligatorie in asili, insegnanti di sostegno, corsi obbligatori per i ge-nitori, ascolti obbligatori di musica ,laboratori della parola, palestre del dialogo. La marginalità e quella di chi crede di essere nel giusto. Mentre è centrale la massa critica di giovani che sono certi di vivere nel migliore dei mondi, per il sol fatto che è molto,

etologicamente, prossimo alla legge naturale del più forte. La vita del quindi-cenne Ugo Russo è persa. Quella del giovane cara-biniere rovinata. Quella di Napoli, estirpata come i pini strappati dalle sciroc-caea. Il futuro? Carabinie-ri, polizia, violenza contro violenza? Oppure paro-le, parole, parole? Oppure un patto civile tra impresa, politica, istituzioni per fi-

nanziare – oltre che con il pubblico, con il privato – un “piano Marshall” per l’educazione di base dif-fusa a Napoli per i giovanissimi e le loro famiglie? Un patto intransigente, obbligatorio nei program-mi dei futuri sindaci e governatori regionali, e di una durata minimo decennale a prescindere da chi sarà al potere e con quale casacca? Lo si potrebbe intitolare “La fata blu”, come il racconto fantastico e speranzoso scritto dall’amica geniale bambina, sperando che non fi nisca gettato alle fi amme dalla stessa amica geniale diventata adulta.© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’AMICA GENIALE SPIEGA LA MORTE DI UGO E PUÒ SALVARE ALTRI GIOVANI

Il futuro è un patto

tra impresa e istituzioni

per fi nanziare l’educazione

Serve subito un piano Marshall con fondi pubblici e privati per insegnare a ragazzi e famiglieche non esistono solo soldi e violenza

Carlo Nicotera

Marco Plutino

A sinistra una scena tratta da “L’amica geniale”

re. Un personaggio infl uente di una zo-na di Napoli confi nante e contigua con quella dove quel ragazzo è stato ucci-so, dice da decenni: “La verità è che Napoli vive grazie al welfare negati-vo”. Formula acuta e aspra per dire che a Napoli, il gioco degli spec-chi della realtà è molto compli-cato. E che le soluzioni sono tutte

corrette, ma tutte improprie, perché manca la possibili-

tà economica di lanciare

LE IDEE

6 Venerdì 13 marzo 2020IL

“La periferia è nel cuoree nella testa di quella cittàche si compiace di essere cosmopolita e millenariama che non si guarda dentro

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Page 19: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

7Venerdì 13 marzo 2020 IL

Da oggi noi detenuti del reparto Adria-tico F1 - le parti S1, S2, S3, S4 e S5 - per tre volte al giorno, alle 12, 16 e

18 inizieremo una pacifica protesta con battiture, rifiuteremo il vitto dell’ammini-strazione e dalla settimana prossima i de-tenuti rifiuteremo anche il sopravvitto, non comprando più generi alimentari extra. Noi tutti eseguiremo lo sciopero nel massimo rispetto dell’amministrazio-ne del carcere di Secondigliano fin quan-do non riceveremo risposte concrete dallo Stato e non dall’amministrazione pe-nitenziaria in merito alla nostra condizione.

Lo Stato non è presente per noi detenuti e continua a respingere i nostri diritti. Mol-ti detenuti aspettano la libertà in attesa di avere confermati i provvedimenti per buo-na condotta perché i Tribunali di Sorve-glianza sono bloccati. Sono stati bloccati i colloqui il che finisce per allontanarci mag-giormente dalle nostre famiglie in questo grande momento di difficoltà che riguar-da il nostro stato di affettività. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, non può decidere sull’affettività dei nostri fami-liari vietando gli incontri. Siamo solida-li con i nostri compagni detenuti che sono

morti e con tutto il personale della poli-zia penitenziaria che è rimasto ferito. Rin-graziamo l’amministrazione del carcere di Secondigliano che accoglie le nostre ri-chieste per far uscire fuori la nostra voce. In attesa di risposta i detenuti, per le con-dizioni disumane delle carceri italia-ne, sperano in un provvedimento da parte del governo di clemenza, di amnistia e indulto, nel più breve tempo possibile.

I detenuti di Secondigliano © RIPRODUZIONE RISERVATA

“No al blocco dei colloqui con i familiari” La protesta dei detenuti di Secondigliano

LE IDEE

Dopo l’annuncio televisivo delle nuove misure restrittive per il conte-nimento della pandemia da corona-virus, lo scrittore Raffaele Lauro, ex prefetto ed ex senatore della Repub-blica, ha scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, contestando dura-mente i provvedimenti a singhiozzo non risolutivi per una radicale inver-sione di tendenza del contagio.

Raffaele Lauro*

“Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, mi rivolgo direttamente a lei! Avevo sperato che alme-

no stasera annunciasse un decreto di blocco, per due settimane, solo due settimane, dico due, di tutte le attivi-tà sul territorio nazionale, dico tutte, comprese quelle della mobilità ur-

“CONTE TROPPO INCERTO E IL VIRUS RINGRAZIA”

Per determinare una radicale inversione di tendenza nella diffusione del contagio sarebbero servite misure rapide e drastiche. Dal governo, invece, sono arrivati provvedimenti troppo blandi

bana ed extraurbana, tutte, con l’u-nica esclusione di quelle destinate ai servizi sanitari, ai servizi pubblici es-senziali e a quelli dell’approvvigiona-mento alimentare degli italiani. Avevo sperato, invano, che decidesse di im-piegare anche l’esercito, oltre a tut-te le forze di polizia, per presiedere il territorio nazionale e controllare ca-pillarmente l’osservanza delle norme restrittive varate. Avevo sperato che nominasse un commissario straor-dinario esperto in questioni di emer-genza, piuttosto che un manager, pur bravo, ma inidoneo, a mio giudizio, a governare, con un pugno di ferro, una situazione di questa drammatica por-tata! Lei non ha capito e nessuno le ha fatto ancora capire che queste mi-sure restrittive progressive non so-no risolutive, per niente, perché non in grado di determinare una radica-le e definitiva inversione di tendenza

nella diffusione del contagio. La sua strategia, diciamo delle autocertifica-zioni, finora fallimentare, si conferma tale e servirà soltanto a rovinare in-teri comparti economici, senza tute-lare veramente il bene primario della salute degli italiani. Non ci sono al-tri interessi tra i quali mediare, avvo-cato Conte, ma un solo interesse da tutelare, unico, supremo: la salute de-gli italiani, vecchi e giovani. Lei non ha ancora capito che il fattore tem-po era e rimane essenziale per usci-re dal questo angosciante tunnel. Di questa sua sprovvedutezza, nonché delle sue chiacchiere inutili, di cui si compiace, di questa agonia, lei dovrà rispondere in futuro non solo di fron-te alla coscienza del popolo italiano! Le confermo tutta la mia disistima e la mia rabbia”.

* senatore ed ex prefetto© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il senatore, ex prefetto e oggi scrittore di successo Raffaele Lauro

L’anno in cui Giuseppe Conte è diventato presidente del Consiglio

2018

DOPO LE RESTRIZIONI IL GOVERNO PENSI A SALVARE LA NOSTRA ECONOMIA

La portata delle implicazioni dell’emergenza Coronavirus assume, di giorno in giorno, una

dimensione più grande. In questi giorni il governo è intervenuto con provvedimenti mirati a contenere l’epidemia, via via più incisivi e più limitanti della vita di ciascuno di noi. È chiaro che la progressione del virus richiede le stesse misure di salvaguardia ovunque. Uno degli aspetti più rilevanti riguarda la sollecitazione alla responsabilità soggettiva, che deve comprendere che la limitazione degli spostamenti è il tratto più importante della strategia di contrasto. Ma se questo appare comprensibile e fattibile nella sfera personale, più complesso e difficile è nel mondo del lavoro e nel sistema di relazioni che esso pretende. Non vi è dubbio che questo dato vive ancora troppo poco nei decreti del governo e che bisogna trovare le giuste modalità affinché la legge prevalga sulle singole spinte che spesso vengono mosse da antichi rigurgiti corporativi e territoriali. Salta, oggi, la vecchia divisione nord-sud, est-ovest; il virus colpisce tutti a ogni latitudine e mette in crisi ogni modello economico e di produzione. In ogni città l’economia locale è andata in crisi, le attività commerciali sono in forte calo, colpi molto pesanti sono già intervenuti nel settore del turismo. Il prolungamento di una fase acuta dell’infezione determinerà un calo pesante della nostra economia. Un punto di grande preoccupazione riguarda la produzione manifatturiera, asse portante del nostro sistema industriale, che sta già subendo una notevole flessione e pretende interventi strutturali di medio periodo da parte del governo del Paese, innanzitutto nel rapporto tra impresa privata e grandi imprese a partecipazione statale. È evidente che il primo dato che emergerà sarà quello di un rallentamento della produzione e quindi uno sfasamento con le clausole contrattuali sulla consegna dei manufatti. Bene, si deve intervenire affinché siano sospese tutte le norme che riguardano le penali a carico delle grandi aziende che poi si ripercuote su tutta la catena del valore e della supply chain. Tra l’altro è chiaro che la “ chiusura” del sistema Paese rallenterà ogni termine e previsione di nuovi servizi previsti nei contratti di appalto. Invece una norma che regoli la sospensione delle penali consentirebbe al mondo delle imprese di regolarizzare in modo più sereno i ritmi di lavoro, anche attraverso l’accesso alla cassa integrazione per il personale, così da avere una minore concentrazione di presenza nei luoghi della produzione e diminuire le possibilità di contagio e della diffusione del virus. In tal senso va la lettera che il gruppo Kiton ha inviato al presidente Mattarella e sicuramente potrà aiutare il necessario confronto col governo Conte. Insomma, serve un maggior coraggio per arginare i contraccolpi del Coronavirus e bisogna pensare da oggi a mantenere in salute il sistema di imprese.

Guglielmo Allodi © RIPRODUZIONE RISERVATA

A latoil premier Giuseppe Conte

L’appello

L’intervento

Page 20: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

Che cos’è la poesia, quale il suo ruolo nella società, co-me liberarla dal ghetto in cui è (stata) relegata. Domande

che ieri, come oggi, aspettano rispo-ste. “Scrivimi per favore e dimmi do-ve sta andando la poesia, o se è già morta”, chiese il giovane poeta John Lehmann, collaboratore della Hogar-th Press, piccola ma prestigiosa casa editrice dei Woolf, alla stessa Virgi-nia. Era il 1932, e lo scambio di mis-sive tra il poeta e la grande scrittrice avveniva in un delicato momento di passaggio per l’intera l’Inghilterra reduce dalla rivoluzione industria-le, quindi coinvolta nei cambiamenti della società, e del linguaggio. Questa la risposta di Virginia al suo incalzan-te interlocutore: “Noi scrittori di pro-sa siamo i padroni della lingua, non i suoi schiavi…,la nostra sfera d’azio-ne è la vita nel suo insieme…, mentre il poeta cerca di descrivere un mon-do che forse non esiste”. E ancora: ”Da tempo ormai la poesia ha evi-tato ogni contatto con - (cosa posso dire…?) - con la vita?”. Giudizi severi, forse infl uenzati anche dalla depres-sione che affliggeva la Woolf, tanto che lei stessa, rimeditando sull’argo-mento, riscrisse al suo amico sugge-rendogli di aggiungere alla (nobile) essenzialità della poesia, la norma-lità della comunicazione. Rifl essioni più che mai attuali, visto l’evidente deterioramento del linguaggio nell’e-ra del virtuale, tanto da richiedere - contro una sorta di mercificazio-ne quotidiana - l’urgenza di una sua manutenzione poetica. Sintesi per-fetta, allora, tra qualità e necessità di comunicare: nient’altro che la lingua di Louise Glück, poeta di rara perfe-zione e bellezza, vincitrice del Pulit-zer Prize nel ’93 per "The Wilde Iris" ("L’iris selvatico", Giano 2003), e di al-tri numerosi premi, dal National Bo-

ok Critics Circle Award al Bollingen Prize al National Book Award. Nomi-nata Poet Laureate degli Stati Uniti, Louise Glück insegna all’Università di Yale. "C’era una guerra tra il bene e il male./ Decidemmo di chiamare il corpo bene./ l’amore voleva par-teggiare per il corpo…/ che ci ha resi paurosi d’amare". Convive nella poe-sia della Glück una guerra tra opposti: spirito-materia; vita-morte; percezio-ne-delusione per l’ingannevole acco-glimento tra due entità che non può coesistere, tanto meno esistere; un conflitto tra anima e corpo lasciato

in primo piano anche tra spazi, trat-tini e segni di interpunzione dei ver-si. Questo, il mosaico lucidamente razionale di una delle ultime raccol-te di Louise: "Averno" - traduzione di Massimo Bacigalupo, postfazione di Josè Vicente Quirante Rives, edizioni Dante & Descartes ed Editorial Parte-nope, pp. 161 - dove è l’autrice stes-sa a presentare in esergo il teatro di posa di quel suo microcosmo poeti-co, definendolo semplice nota geo-grafica: “Dal latino avèrnus, piccolo

lago vulcanico a sedici chilometri a ovest di Napoli, che i Romani crede-vano fosse l’ingresso dell’oltretom-ba”, per poi connotarlo, fin da "Le migrazioni notturne", versi intro-duttivi all’intero testo, di una valen-za almeno doppia. "Vaghi tra terra e morte/che sembrano, infi ne,/ simili, stranamente". Il Lago-Cratere è quin-di immagine-simbolo della ricondu-zione dei morti e insieme luogo di un’anima che mai allenterà la lotta contro il corpo, in cerca solo di rin-francarsi, forse perché appagata dal non esistere. "Il tempo era vissuto/ meno come narrazione/che come rituale/…Inganno, Menzogne, Ab-bellimenti che chiamiamo ipotesi…" Esplicito e senza infingimenti è il pensiero dell’autrice anche su quale debba essere il compito dell’artista, l’impossibilità a sentire la tua voce/ per i gemiti del vento non può allora non allargarsi a una necessaria abdi-cazione, lasciare alla terra la capaci-tà di fecondare, mandare in sboccio i frutti. "Non abbiamo sparso i semi poiché non eravamo necessari alla terra", deduce Louise, accettando l’i-nadeguatezza nei confronti del mon-do esterno e verso se stessa. "Dimmi che questo è il futuro/non ti cre-derò./ Dimmi che sto vivendo,/non ti crederò", timore che diventa me-tro di incredulità a sostegno del ruo-lo assegnatole dalla poesia: "Come se l’artista avesse/ il dovere di crea-re/ speranza, ma con cosa? cosa? la parola stessa/ falsa, un mezzo per confutare/ la percezione – All’incro-cio,/le luminarie delle feste…" Ec-cola allora l’assenza di verità fuori e dentro se stessa, dove perfino il so-gno svilisce, non trovando rifugio nei suoi fantasmi. E bugiardo re-sterà il richiamo: "Non sei sola,/ di-ceva la poesia,/nel buio del tunnel".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

8 IL Venerdì 13 marzo 2020

conErredi

Erri De Luca

Jack London

Rivoluzione

LIBRERIA DANTE & DESCARTES

Traduzione di Virginia Ascione

LIBRERIA DANTE & DESCARTES EDITORIAL PARTÉNOPE

Louise Glück

Averno

Traduzione diMassimo Bacigalupo

La guerra tra opposti è il fi lo conduttore di "Averno", raccolta dei versi di Louise Glück: sintesi perfetta tra qualità e necessità di comunicare

L'anima contro il corpo Così nasce la grande poesia

CULTURA

Giuseppina De Rienzo

A sinistra Massimo Osanna,direttore del parco archeologico di Pompei

A destrala poetessa

americana Louise Glück, vincitrice

del Premio Pulitzer nel 1993;

al centro del testo,la copertina di "Averno"

P asseggiare tra i decumani dell’antica Pompei o di Ercolano, guidati dai direttori dei rispettivi parchi archeologici, o risalire

le scalinate in marmo di Palazzo Reale scortati dal padrone di casa Ferdinando I di Borbone. Se i recenti provvedimenti per contenere la diffusione della pandemia da Coronavirus hanno enormemente allargato le distanze tra i luoghi di cultura e i suoi visitatori, ci pensa la rete a riavvicinarli. Musei, parchi archeologici e luoghi di cultura rispondono alla loro chiusura mettendo in campo gli anticorpi digitali. Oggi sul canale Youtube del Ministero per i Beni culturali, a partire dalle 6 del mattino e fi no alla mezzanotte, andrà in onda una grande maratona streaming,

“L’Italia chiamò, coraggio resilienza, talento: gli anticorpi degli italiani e delle italiane al tempo del coronavirus”. Tra i contenuti proposti dal Mibact, in una staffetta che coinvolgerà i principali media italiani, ci sarà proprio una visita agli scavi di Pompei, condotta dal direttore Massimo Osanna. «Ci sarà un nostro video dove parlerò della lunga vita di Pompei - ha spiegato l’archeologo alla guida del parco dal 2016 - Una storia che spesso non si ricorda guardando Pompei così ferma al 79 dopo Cristo e invece dimentichiamo che è una città dalla lunga vita, che cominciava nel sesto secolo avanti Cristo con gli etruschi. E voglio raccontare questo durante la maratona». Insieme al Parco di Pompei ci sarà anche quello di Ercolano a dare il suo contributo alla maratona di oggi, portando il parco a casa degli spettatori. Un’iniziativa già avviata sulla loro pagina Facebook. «Usciremo da questo momento complicato ma nel frattempo porteremo il Parco nelle vostre case -ha spiegato il direttore Francesco Sirano - Seguiteci sulla nostra pagina Facebook dove troverete “I Lapilli del Parco” pensati per non interrompere quel fi lo che ci lega nell’amore per questi luoghi e nel dovere di condividere la conoscenza». La prima clip dei Lapilli è già disponibile, con una visita alle fornaci e ai reperti marini della vecchia Herculaneum. Le prossime saranno pubblicate a cadenza regolare, ogni mercoledì. Insieme a loro i direttori di altri musei, disseminati lungo tutto il Paese: Mario de Simoni delle Scuderie del Quirinale racconterà il dietro le quinte della mostra di Raffaello, Eike Schmidt dagli Uffi zi di Firenze guiderà lo spettatore in una lunga passeggiata nella Sala di Raffaello e Michelangelo mentre Christian Greco, da Torino, mostrerà i segreti dell’affascinante Museo Egizio. Ma le iniziative non si fermano qui.

Anche Palazzo Reale di Napoli sulla sua pagina Facebook

ha dato vita a delle visite alternative. «Anche il nostro re Ferdinando

– si legge sulla pagina - aderisce alla campagna #iorestoacasa. Per un po' di

tempo le sale del Palazzo Reale saranno tutte a

sua disposizione, ma per fortuna vi darà la possibilità di ammirarle comodamente da casa!». E così il re napoletano porterà virtualmente i visitatori

a scoprire un ambiente

al giorno con informazioni

e curiosità. Già disponibili le guide

al maestoso scalone d’ingresso e al teatro di corte.© RIPRODUZIONE RISERVATA

DALLE SEI A MEZZANOTTEVISITE IN STREAMING NEI PARCHI ARCHEOLOGICI

sulla sua pagina Facebook ha dato vita a delle visite alternative. «Anche il nostro re Ferdinando

– si legge sulla pagina - aderisce alla campagna #iorestoacasa. Per un po' di

tempo le sale del Palazzo Reale saranno tutte a

sua disposizione,

informazioni e curiosità. Già

disponibili le guide al maestoso scalone d’ingresso e al teatro di corte.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Emilia Missione

Page 21: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

Q uali sono state le prime sensazioni davanti alle misure adottate dal go-verno contro il contagio?"Nessuno di noi ha mai vissuto una si-

tuazione simile, forse neanche immaginata. Non pensavo che si potesse arrivare a questo. Ci tro-viamo a combattere un nemico che non vedia-mo e non conosciamo, senza avere ancora tutte le armi per poterlo fare. È una situazione che sconvolgente dal punto di vista psicologico".Come ha spiegato ai suoi fi gli ciò che stia-mo vivendo?"I miei figli sono adolescenti, non è stato semplice per me spiegare loro ciò che suc-cedeva. Volevo fargli capire la gravità e la serietà della cosa senza terrorizzarli. Ho mes-so a loro disposizione tanti libri. Hanno co-minciato con “Uno nessuno e centomila”, un'opera alla quale sono molto legato e che in un certo senso mi ha cambiato la vita". Qual è il tuo rapporto con la solitudine?"Non mi spaventa, anzi. Può essere un’oppor-tunità. Passare del tempo da soli è un’occasio-ne per fare i conti con se stessi, chi non riesce a essere sereno da solo ha questioni da risol-vere. Questo può essere il momento per capi-re che si hanno ferite aperte e magari anche per

chiedere aiuto. Per quanto mi riguarda non ho mai conosciuto la noia o la solitudine, ho tan-te passioni e non ho diffi coltà a stare da solo". Come sta affrontando la quarantena?"La mia inizia ufficialmente oggi. Abbiamo gi-rato fi no a mezz’ora fa 'Un posto al sole', chia-ramente con tutte le precauzioni e senza scene con contatti fi sici ravvicinati. Oggi abbiamo la-sciato il set, adesso siamo in quarantena anche noi. Amo la “dimensione casa”, quindi non sarà diffi cile. Leggerò, ascolterò musica e mi godrò i miei fi gli sperando che non si attacchino a cel-lulare e pc. Faremo servizi in casa e bricolage".Cosa possiamo apprezzare di questo isolamento?"La possibilità di goderci un ritmo di vita al quale non eravamo più abituati, sempre impegnati a correre tutto il giorno. Ora possiamo fi ssare un panorama, possiamo concederci un po’ di tempo e apprezzare la quotidianità fatta di piccole cose". C’è un film o una canzone che associa a questo momento storico? "Mi sembra di vivere in una puntata di 'The walking dead', la serie tv americana in cui i pro-tagonisti fuggono dagli zombie in una città fan-tasma. La sensazione è quella di vivere in un

fi lm. Siamo i protagonisti scene drammatiche. Ma la città deserta ha un suo fascino, si può co-gliere la bellezza anche in questo momento". Come cambierà la nostra vita quan-do tutto questo sarà fi nito? "Ci sarà un’ondata di entusiasmo meraviglio-sa. Vedrete quanto sarà bello tornare in strada ad abbracciarci. Ci sarà una riscoperta dei va-lori umani, della coscienza e del rispetto degli altri. Dovremo poi rivedere errori fatti e risol-vere i problemi concreti. Questo momento ci ha insegnato anche a prendere decisioni dra-stiche nel minor tempo possibile. La politi-ca, invece, deve capire che è al servizio dei cittadini non solo durante un’emergenza". Continuerà a fare dirette instagram per te-nere compagnia ai suoi followers? "Certo. Lo faccio già da settimane e con-tinuerò a farlo. Sottolineo sempre l’im-portanza di assumere atteggiamenti responsabili. Approfitto di questo spa-zio per fare un appello che mi sta mol-to a cuore: non dimentichiamo che c’è bisogno di sangue, chi può vada a do-nare anche in questo momento difficile".© RIPRODUZIONE RISERVATA.

9Venerdì 13 marzo 2020 IL

Matilde de Rossi

#IoRestoaCasaNoia da quarantenaEcco i rimedi

L’aperitivo dob-biamo e possiamo farlo a casa. Ci oc-correranno solo Aperol, soda, pro-secco, ghiaccio e arance. Ecco tut-ti i passaggi per preparare il no-stro spritz. Versate

in un calice il ghiaccio e poi il prosecco segui-to dall’aperol. Mescolate delicatamente. Infi ne una spruzzata di soda o di acqua molto frizzan-te, decorate il bicchiere con una fettina di aran-cia et voilà... l’aperitivo è servito! Le olive verdi dolci sono le compagne ideali dello spritz.

Per cena, invece, proponiamo una ricetta veloce e ca-pace di soddisfa-re i gusti di tutti: le penne al baffo.È un primo piat-to a base di panna, sugo al pomodoro e prosciutto cotto.

Impiegherete circa 20 minuti nella preparazio-ne e gli ingredienti sono semplici da reperire. Vi indichiamo il necessario: prezzemolo, olio d’oliva, passata di pomodoro, sale fino, pro-sciutto cotto, panna liquida e mezze penne ri-gate. Pochi, semplici passaggi garantiranno un risultato eccezionale

Per i suoi vent’an-ni è stata realizzata una versione in 4k che sarà proiettata al prossimo Festi-val di Cannes. "In the Mood for Love" di Wong Kar-wai, ispirato al roman-zo di Liu Yichang,

è una pellicola che parla di amore: negato, po-etico, in potenza. Lo sfondo è la Hong Kong del 1962, che si preparava a cambiare pelle. Per una serie tv, leggera e brillante, invece, il consiglio è “Il metodo Kominsky” su Netfl ix: in acuto Mi-chael Douglas alle prese con l’amicizia e il tem-po che passa.

Per volare lontano, per una mezz’o-retta almeno, dal-la paura di questi giorni. Il nuovo al-bum di Lucio Cor-si (Picicca Dischi) è una combutta di personaggi sbi-lenchi, un po’ geni

e un po’ matti, e di creatività. L’autore, grosse-tano, non assomiglia a nessuno nel panorama italiano. Mischia glam rock, cantautorato, nenie ancestrali e favole da realismo magico. Doveva essere a Napoli per un concerto a inizio marzo. Rimandato, verrà (si spera) nel prossimo mese di maggio.

Per capire quel-l o c h e s t a succedendo: Spil-lover (Adelphi) è un viaggio con David Quammen, autore di repor-tage per National Geographic, dalle giungle del Gabon

ai mercati della Cina passando per le fatto-rie dell’Australia. A rincorrere spillover: il mo-mento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un’altra. E quindi la zoonosi: infezioni animali trasferibili agli umani. Un viaggio tra la medicina e il noir, con lo sguardo rivolto tanto al presente quanto al futuro.

"Restiamo a casa. È fondamentale per noi stessi, per gli altri e per le persone che amiamo. Non aspettiamo che il Coronavirus ci tocchi da vici-no per renderci conto di quanto sia grave la si-tuazione. Non aspettiamo che sia troppo tardi. Dobbiamo impegnarci e offrire il nostro con-tributo in modo tale da tornare alla normalità al più presto. Uniti si può vincere. Tra qualche settimanana torneremo ad abbracciarci e ci sorprenderemo di tutte le piccole, grandi cose alle quali stiamo rinunciando adesso".

COSA BERE

COSA MANGIARE

COSA GUARDARECOSA ASCOLTARECOSA LEGGERE

L'APPELLO

Locali chiusi, feste vietate e niente uscite? Una serie di consigli per trascorrere questo weekendtra le mura domestiche

Ludovica NastiAttrice

Il Riformista Napoli aderisce alla campagna #IoRestoaCasa

A cura di [email protected]

Patrizio Rispo: "In casa con i fi gliFinalmente un po' di tempo per noi"

Parla l'attore di "Un posto al sole"

fi lm. Siamo i protagonisti scene drammatiche. Ma la città deserta ha un suo fascino, si può co-gliere la bellezza anche in questo momento". Come cambierà la nostra vita quan-

"Ci sarà un’ondata di entusiasmo meraviglio-sa. Vedrete quanto sarà bello tornare in strada ad abbracciarci. Ci sarà una riscoperta dei va-lori umani, della coscienza e del rispetto degli altri. Dovremo poi rivedere errori fatti e risol-vere i problemi concreti. Questo momento ci ha insegnato anche a prendere decisioni dra-stiche nel minor tempo possibile. La politi-

Finalmente un po' di tempo per noi"

Page 22: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

FINE

...LA SAMBA...

Che volete... a me piace ballare la samba!

Ah, la tapioca... bella come il sole,

scalda il cuore come la samba.

Ciao do Brazil!

Guarda che siamo in Serie B!

Allora? Quando giochiamo con Inter, Milan e

Juve?

Mozzarella o tapioca? Questo è

il problema...

Qui non sto bene, mi manca troppo

il Brasile.

Basta mangiare mozzarella, non vedi che sei ingrassato?

MATUZALÉM NASCE A NATAL, BRASILE. AMA IL SOLE...

Penzo sempe ‘a issoSulamente ‘a isso...

ARRIVA A NAPOLI A 19 ANNI

Questo sta

fuori...

Ma ti sembra il momento?

E basta!!

...E FREQUENTA I CONCERTI PER ASCOLTARE LA MUSICA LOCALE, FACENDO LE ORE PICCOLE.

La mozzarella è troppo buona, non riesco a resistere!

Che canzone travolgente...ha un ritmo come la samba!

D’ORA IN POI L’ESILIO DIVENTA UNA FESTA.

...E LA TAPIOCA

MA NON RIESCE A ENTRARE SUBITO NELLO SPIRITO AGONISTICO QUAND’ECCO CHE...

Signore, ecco una specialità locale: mozzarella di bufala.

Cavolo, questa

mozzarella è meglio della

tapioca...

MATUZALÉM NE MANGIA SEMPRE...

E basta con le ore piccole, adesso ti devi allenare!

E COSÌ LO RINCHIUDE NEL CENTRO SPORTIVO PARADISO DI SOCCAVO

COSÌ MATUZALÉM METTE LA TESTA A PARTITO E NEL 2000 CONTRIBUISCE ALLA PROMOZIONE DEL NAPOLI IN SERIE A

TORNATO IN BRASILE, MATUZALÉM È DILANIATO DA UN DUBBIO AMLETICO...

Senza giacca e cravatta, accussì so’ venuto...

L’ALLENATORE NOVELLINO SI ARRABBIA.

10 Venerdì 13 marzo 2020IL

Matuzalém: Mozzarella ManA cura di Michele ed Eva Serio

Page 23: È una grande sfi da: combattere il contagio e salvare le ...porta sempre aperta”. Al netto del-la retorica benedu-cata, ma anche po’ ipocrita, che caratterizza le cerimonie di

11Venerdì 13 marzo 2020 IL

GABBIADINI E RUGANI CONTAGIATIE IL CALCIO EUROPEO È NEL CAOS

La Champions va verso un clamoroso stop, ma intanto la Uefa lascia giocare le partite di Europa LeagueLa decisione defi nitiva arriverà martedì. Fermi i campionati in Spagna, Olanda, Portogallo, Albania e Stati Uniti

LO SPORT ALLE PRESE CON LA PANDEMIA

Il Coronavirus sta fer-mando il calcio nel mon-do mandando tutti nel caos. E la Uefa rinvia la

decisione al 17 marzo, gior-no in cui fa sapere attraver-

so un comunicato ufficiale, di aver invitato i rappresen-

tanti delle 55 associazioni, i board di ECA e Leghe

Europee e un rappre-sentante della FIFPro (la federazione inter-nazionale dei calcia-tori), per una riunione in videoconferenza. In quella data, verrà de-ciso come agire per le

due competizioni eu-ropee, Champions ed Europa League e sul-

le date di Euro 2020, competizione per la quale si ipotizza uno slittamento al 2021.

Intanto l’Europa Lea-gue si gioca (rinviate so-

lo Siviglia-Roma ed Inter-Getafe) ed in Champions saltano Manchester City-Re-

al Madrid e Juventus-Lione per la qua-rantena di Juve e Real. Resta in piedi solo

Bayern-Chelsea. È chiaro che con questo scenario si va verso il rinvio anche di Barcello-

na-Napoli, ritorno degli ottavi di Champions, con i due club in attesa di avere una comunicazione uffi ciale dalla Uefa. Dopo l’Italia, si ferma il calcio

in Spagna, Olanda, Portogallo, Albania e Stati Uni-ti. Il calcio trema e l’emergenza avanza, così come il numero dei contagiati. In Italia anche il calciato-re della Sampdoria, ex Napoli, Manolo Gabbiadini è risultato positivo al Covid-19. Lo ha comunicato il club sul proprio sito uffi ciale, spiegando che il giocatore «Ha qualche linea di febbre, ma sta be-ne». La società ha attivato tutte le procedure di isolamento previste dalla normativa. Dopo questa notizia il Verona, ultima squadra ad aver incon-trato domenica scorsa i blucerchiati, ha sospeso tutte le attività, attivandosi per tutte le procedure. Dopo il difensore della Juventus, Daniele Rugani, Gabbiadini è il secondo giocatore della serie A ad essere positivo al virus, ormai dichiarato “pande-mia” dall’Organizzazione mondiale della sanità. Così finiscono in isola-mento in Italia ben quat-tro squadre del massimo campionato: Juventus, In-ter (ultima ad aver af-frontato i bianconeri) , Sampdoria e Verona. Nel resto del mondo, in Porto-gallo la federazione ferma i campionati per far fronte alla crescente emergenza Coronavirus annuncian-do che le misure restrit-tive in vigore, resteranno tali a tempo indeterminato. In Spagna, un giocatore di basket del Real Madrid è risultato positivo al virus, così è stata messa in quarantena tutta la prima squadra di calcio, per-ché gli atleti condividono lo stesso centro di al-lenamento. Nel corso della giornata è arrivato lo stop anche della Liga. Decisione inevitabile, arri-vata dopo l’annuncio di qualche giorno fa di far giocare a porte chiuse le gare di prima e secon-

da divisione. In Inghilterra il tecnico del Leicester, Brendan Rogers ha confermato: «Abbiamo avu-to alcuni giocatori che hanno mostrato sintomi e segni (di coronavirus). Abbiamo seguito le pro-cedure e (per precauzione) sono stati tenuti lon-tani dalla squadra». Si va verso la Premier a porte chiuse. In Albania il virus ha portato alla misura più drastica della sospensione, dopo aver stabi-lito qualche giorno fa di giocare a porte chiuse. La lega calcistica americana (MLS), ha annuncia-to uno stop di trenta giorni vista l’allerta sanitaria che si è espansa anche negli Stati Uniti d’America. A Napoli, intanto, l’allenatore Rino Gattuso, cer-ca di tenere alta l’attenzione del gruppo sul parti-colare momento. In attesa di capire cosa accadrà per la sfi da contro il Barcellona, lo staff tecnico

ha chiesto a tutti i calcia-tori oggi, nella giornata di riposo concessa, di restare a casa e limitare gli sposta-menti ai soli casi di neces-sità. Il capitano Lorenzo Insigne in un videomes-saggio social invita: «Mi raccomando stiamo a ca-sa! Non usciamo, così tut-ti insieme combattiamo il Coronavirus». Poi, dedi-ca un tweet con l’hashtag “andrà tutto bene” ai col-leghi Rugani e Gabbiadi-

ni. E mentre Mario Balotelli in diretta Instagram scherza dicendo «Dovevano far ritornare la Juve in testa, prima di fermare il campionato», stona, in questo momento, il pensiero del tecnico dell’A-talanta Gian Piero Gasperini, secondo il qua-le «Bisognava giocare a porte chiuse» perché il calcio è un antidepressivo e non andava fermato.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Titti Improta

Gattuso al lavoro Il tecnico calabrese

concede una giornata di riposo ai giocatorie li invita a rimanere

a casa per evitare rischi

Il virus è l’ultimo ritocco a una sceneggiatura forse senza il lieto fi ne. Il Napoli è costretto a fermarsi proprio quando si era messo a correre:

i successi in fi la in campionato, il colpo a San Si-ro in Coppa Italia, il pari (stretto) con il Barcellona in Champions League. E invece ora è a casa, sen-za uno straccio di calendario, con il campionato in panne e la Champions pure perché il blocco aereo imposto dalla Spagna all’Italia impedisce il volo degli azzurri verso la Catalogna. Poi c’è il vertice del 17 marzo, in cui l’Uefa fi nalmente potrebbe mostrare di aver inteso che il pallone è parte, e non eccezione, di una società, cancel-lando la fase fi nale della Coppa. Per la Coppa Ita-lia invece non c’è futuro a breve. Senza certezze

sulla data della ripresa del campionato, che do-vrebbe chiudersi entro l’estate, è già mercato. Con il club e le sue fl uttuazioni mentali sul re-styling della rosa, più giovane, meno pesante alla voce ingaggi, ugualmente competitiva per l’argenteria in palio nella prossima sta-gione. Ovviamente si passa per i pezzi da novanta della rosa, segnalati in parten-za. Koulibaly, Allan, Callejon, con Milik che forma il quartet-to, perché l’accordo per il rinnovo con-trattuale – scade nel 2021 – non esiste nei

fatti, tra valutazione della clausola rescissoria e ingaggio. Certo, l’assenza del campo non aiu-ta. Perché, per esempio, il difensore senegalese, valutato oltre 100 milioni di euro la scorsa esta-te, secondo il Cies Observatory, quotazione ag-

giornata l’11 marzo, ora vale la metà, 40-50 milioni di euro. Certo, gli amatori del genere non manca-no, forse solo la Bun-desliga al momento offre un pacchetto di difensori centra-li all’altezza, ma dif-ficilmente i top club si presenteranno con le stesse “munizioni”

della scorsa estate. Per Allan la valutazione è an-cora più bassa, 20-30 milioni di euro, che pochi non sono, ma equivale alla terza parte dell’offer-ta del Paris Saint Germain di un anno e mezzo fa. Per Callejon il discorso è assai diverso, è in scadenza, il rinnovo non è in vista , c’è l’augu-rio che la stretta di mano con la città, la tifoseria, la società, sia calorosa e con tanti ringraziamen-ti per il settennato napoletano dell’esterno spa-gnolo. Infi ne Milik, i suoi infortuni, la media gol che resta alta, avvicinabile da pochi in Italia, ma avvolto sempre da dubbi, oltre che da carez-ze, dal tifo napoletano. Per il Cies vale intorno ai 40 milioni, per il Napoli oltre il doppio (clau-sola proposta per il rinnovo a 100 milioni), nel polacco forse l’idea compiuta di un nuovo viag-gio, da Napoli a Londra, Arsenal o Tottenham.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il blocco del campionato fa crollare il valore dei bigFuturo incerto per Allan, Milik, Callejon e Koulibaly

Il Napoli verso la sessione estiva del mercato

Nicola Sellitti

Idecisione al 17 marzo, gior-

no in cui fa sapere attraver-so un comunicato ufficiale, di aver invitato i rappresen-

tanti delle 55 associazioni,

gue si gioca (rinviate so-lo Siviglia-Roma ed Inter-Getafe) ed in

Champions saltano Manchester City-Re-al Madrid e Juventus-Lione per la qua-

rantena di Juve e Real. Resta in piedi solo Bayern-Chelsea. È

scenario si va verso il rinvio anche di Barcello-na-Napoli, ritorno degli ottavi di Champions, con i due club in attesa di avere una comunicazione uffi ciale dalla Uefa. Dopo l’Italia, si ferma il calcio

A latoManolo Gabbiadini

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