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Educare.it - SCUOLA
DOI: 10.4440/201504/depiano
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 4 – Aprile 2015 57
Cultura digitale e istruzione superiore: la situazione in Italia e l’esempio del Se@ dell’Università di Ferrara
Angela De Piano
Angela De Piano è assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Ferrara e docente a contratto di Didattica e Pedagogia Speciale presso la stessa università. Collabora dal 1999 con l’ateneo ferrarese e suoi interessi di ricerca sono rivolti in particolare ai processi di apprendimento supportati da tecnologie cognitive e alla didattica multimediale per studenti con disabilità visiva ([email protected]).
Da diversi anni l’Unione Europea prende provvedimenti per incentivare lo
sviluppo delle competenze digitali nei Paesi membri agendo soprattutto in
ambito formativo. Si prevede che tra qualche anno tali competenze saranno
richieste in quasi tutti i posti di lavoro. Vi sono però da parte delle universi-
tà ancora grosse difficoltà nel trasmettere cultura digitale. Questo contribu-
to analizza la situazione degli atenei italiani in materia di competenze digi-
tali citando in particolare l’esempio del Se@, il Centro di Tecnologie per la
Comunicazione, l’Innovazione e la Didattica a distanza dell’Università di
Ferrara che, in un panorama nazionale poco roseo, rappresenta un buon e-
sempio di integrazione tra formazione e tecnologie digitali.
La Società Europea della Conoscenza
Il sistema formativo italiano ha subito re-
centemente diverse evoluzioni. In particola-
re l’università è stata oggetto di riforme a-
venti lo scopo di creare, insieme agli altri
Paesi dell’UE, uno spazio comune di istru-
zione superiore (EHEA), utile ad incentivare
la mobilità degli studenti e a favorire il repe-
rimento di un’occupazione. Tali provvedi-
menti hanno voluto far convergere i sistemi
universitari dei vari Paesi così da garantire
maggior omogeneità e consentire il ricono-
scimento delle carriere in contesto interna-
zionale (Commissione Europea et al., 2012) 1.
Forte è stata l’esigenza di assicurare a tut-
ti i cittadini un’ampia gamma di conoscen-
ze, utili per sostenere lo sviluppo sociale e
1L’European Higher Education Area è stata avviata nel
2010 durante una Conferenza Interministeriale tra i mini-stri europei dell’educazione. Cfr: http://www.ehea.info/ [febbraio 2015].
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economico rendendoli più competitivi. Alla
base di questi cambiamenti vi è l’intenzione
di fornire un’istruzione di alta qualità, fon-
damentale per consentire all’Europa di af-
fermarsi come società della conoscenza e
competere in maniera efficace all’interno
dell’economia globalizzata (Alberici et al,
2007). La politica in materia di istruzione è
decisa singolarmente dai vari Paesi, ma essi
fissano insieme obiettivi comuni e buone
pratiche. Tra queste ultime figurano tutte le
azioni volte alla diffusione della cultura di-
gitale in campo formativo, ritenuta oggi di
grande importanza.
Già dal 2000 l’UE, con il Consiglio Euro-
peo di Lisbona, ha cominciato a prendere
provvedimenti radicali su questo tema2. Si
ritennero le nuove tecnologie un potenziale
rilevante per l'occupazione e si decise che la
nuova società della conoscenza (basata for-
temente sulle tecnologie) dovesse essere alla
portata di tutti, senza esclusioni. Occorreva
quindi assicurarsi che le transazioni econo-
miche e sociali non emarginassero nessuna
categoria di cittadini e che lo sviluppo av-
venisse in modo equo.
Si capì che, nel giro di pochi anni, la metà
dei posti di lavoro in Europa sarebbe deriva-
ta dalle ICT (cosa che infatti oggi sta acca-
dendo) e perciò fu deciso dall’Unione di co-
ordinare azioni collettive per incentivare
2 Nel marzo 2000 si tenne a Lisbona un Consiglio Europeo
per dare nuovo slancio alle politiche comunitarie. Si pensò a una totale revisione del sistema d'istruzione europeo e si decise che in esso le ICT dovessero avere un ruolo di primo piano perché ritenute una risorsa rilevante per l'oc-cupazione. Disponibile in: http://europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/general_framework/c10241_it.htm [febbraio 2015].
negli stati lo sviluppo delle competenze di-
gitali in ambito formativo.
Si prevede che tra cinque anni il 90% dei
posti di lavoro richiederà tali competenze3.
Vi sono però grosse difficoltà da parte degli
istituti formativi nel trasmetterle. Molte
scuole e università non possiedono mezzi
necessari per stare al passo con i tempi e a-
deguarsi all’evoluzione della società. Per
questo le iniziative dell’UE atte ad aiutare la
diffusione delle tecnologie in ambito educa-
tivo sono ancor’oggi numerose4. Con i suoi
provvedimenti l’Europa cerca soprattutto di
ridurre il rischio del digital divide (divario
digitale): se la formazione e la conoscenza si
spostano sulla rete e sulle tecnologie, c’è il
pericolo che coloro che non hanno famiglia-
rità con questi mezzi (o che non possono uti-
lizzarli) rimangano esclusi dal processo di
apprendimento permanente e dalla società
della conoscenza. Occorre dunque interveni-
re per ridurre questo rischio.
Il pericolo del digital divide
L’Europa si è data un obiettivo preciso:
costruire una società della conoscenza in cui
tutti abbiano le stesse opportunità di accesso
3 Dati disponibili in:
http://ec.europa.eu/news/culture/130926_it.htm [feb-braio 2015]. 4Citiamo il progetto europeo “Opening up Education” na-
to nel 2013 per diffondere le competenze digitali in scuole e università. Cfr.: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-859_it.htm [febbraio 2015]. Altri recenti progetti europei sono nati con l’intento di diffondere competenze e imprenditorialità digitale, come “E-skills for jobs” e “Fostering Digital Enterpreneurship”. Dati disponi-bili in: http://www.europarlamento24.eu/formazione-e-promozione-europee-per-il-lavoro-digitale/0,1254,106_ART_6183,00.html [febbraio 2015].
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/scuola-e-dintorni/3013
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alle nuove tecnologie. Ma questo avviene
nel nostro Paese? Siamo in linea con i para-
metri dell’UE? E soprattutto, che cosa è in
grado di offrire la nostra università in mate-
ria di competenze digitali?
Un adeguato uso delle tecnologie digitali
consente di migliorare la diffusione delle in-
formazioni e della conoscenza (Malizia, Ci-
catelli, 2009). In Italia però vi sono ancora
fasce di popolazione che non hanno accesso
alle tecnologie o che le usano senza una cor-
retta coscienza critica. A livello educativo
talvolta nemmeno i docenti sono formati
sull’uso dei nuovi media in ambito didatti-
co.
Il nostro Paese, rispetto agli altri Paesi eu-
ropei, risulta ancora arretrato in materia di
cultura digitale ed è caratterizzato da un for-
te digital divide. L’Istat ha pubblicato la
percentuale di popolazione che usa Internet
nei vari stati europei (ISTAT, 2014): l’Italia si
trova agli ultimi posti seguita solo da Gre-
cia, Bulgaria e Romania.
Il numero di internauti è dunque molto
basso: gli individui tra i 16 e i 74 anni che
negli ultimi 3 mesi si sono collegati a
internet almeno una volta alla settimana so-
no risultati il 53% della popolazione, contro
una media europea del 70% (ISTAT, 2014).
Un’altra recente ricerca ha evidenziato
che quasi il 40% degli italiani non ha mai u-
tilizzato un computer e Internet ed è com-
pletamente estraneo alle tecnologie digitali
(Observa Science in Society, 2014). La media
europea in questo caso è molto più bassa
(circa il 20%).
Lo stato di salute dell’Italia non sembra
dunque molto positivo per quanto riguarda
il rapporto con le nuove tecnologie. In realtà
l’utilizzo del web sta gradualmente aumen-
tando nel nostro Paese ma solo tra i più gio-
vani: gli internauti italiani sono per il 90%
ragazzi tra i 15 e i 19 anni (ISTAT, 2013). Tra
loro l’uso di internet è in crescita, ad esem-
pio per le azioni di e-commerce, per la socia-
lizzazione, per la ricerca di informazioni.
Sono poi i nativi digitali (15-24 anni) a
mostrare le migliori capacità di navigazione
quando usano internet, mentre il resto della
popolazione, soprattutto gli over 40, si è ri-
velato inesperto e maldestro (ISTAT, 2013).
Il digital divide in Italia dunque esiste: si trat-
ta di un divario soprattutto generazionale
che vede la fascia più giovane della popola-
zione ben alfabetizzata mentre gli over 40
risultano privi di competenze adeguate o
tecnologicamente analfabeti. Sono dati im-
portanti, soprattutto se si considera che la
diffusione delle ICT è uno degli scopi fon-
damentali delle politiche di inclusione socia-
le e culturale dell’Unione Europea.
Cultura digitale e istruzione superiore
I dati esposti hanno un forte collegamen-
to con la situazione attuale del nostro siste-
ma universitario: se è vero che i soggetti con
meno di 40 anni possiedono buone compe-
tenze digitali, è anche vero che in questa fa-
scia d’età si colloca anche la maggior parte
degli studenti universitari.
Invece tra gli individui con più di 40 anni
(i meno competenti) si inseriscono proprio i
professori universitari italiani: una recente
ricerca infatti ha rivelato che ben l’88% dei
docenti universitari ha più di 40 anni (Ob-
serva Science in Society, 2014).
Di fronte a questo quadro viene sponta-
neo domandarsi come possano docenti poco
competenti in materia di tecnologie fornire
competenze a studenti che sono nativi digita-
li.
Prima di rispondere a questa domanda è
necessaria una precisazione. Possedere ade-
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guate competenze digitali non vuol dire uti-
lizzare un tablet da mattina a sera o colle-
garsi a internet di continuo. Non si tratta so-
lo di capacità tecniche o di quantità di uti-
lizzo.
La competenza digitale è supportata da
un buon uso tecnico di uno strumento ma il
suo obiettivo è un altro. Nel 2006 l’UE l’ha
definita chiaramente: averla vuol dire saper
utilizzare con abilità e spirito critico le tec-
nologie in ogni campo, nell’apprendimento,
sul lavoro, nel tempo libero, nella comuni-
cazione (Unione Europea, 2006). Il buon uso
tecnico di un mezzo deve servire solo da ba-
se per imparare a cercare informazioni, a
scambiarle, per valutarle criticamente, per
produrre materiali e partecipare a reti colla-
borative attraverso il web (Unione Europea,
2006)5.
Con queste competenze gli individui do-
vrebbero quindi imparare ad accedere ai
servizi Internet per fare ricerche e usarli in
modo corretto. Non si tratta di capacità tec-
niche ma di un insieme di competenze e me-
ta-competenze anche trasversali utili
nell’apprendimento e nella vita. A ben vede-
re molte di queste abilità, come lo sviluppo
di capacità critiche o l’imparare a produrre
informazioni, devono essere sempre tra-
smesse dai docenti, con o senza l’uso di tec-
nologie (anche se nel primo caso serve ov-
viamente un’abilità tecnica di base).
5 Disponibile in:
http://europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/lifelong_learning/c11090_it.htm [febbraio 2015]. La Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, è disponi-bile in http://www.indire.it/db/docsrv/PDF/raccomandazione_europea.pdf [febbraio 2015].
Sarebbe quindi importante che il mondo
universitario le valutasse maggiormente, sia
per rendere più preparati i propri studenti,
sia per avvicinarsi alla realtà dei nativi digi-
tali in cui le tecnologie sono protagoniste.
Oggi invece l’Università italiana sembra
impreparata e le conseguenze sono queste:
la percentuale di laureati nella fascia d’età
25-34 anni è del 21% (OECD, 2013 - Indica-
tore A1.1), la più bassa d’Europa. Anche
considerando l’intera popolazione adulta
(25-64 anni) siamo agli ultimi posti.
La dispersione scolastica, ossia la quantità
di studenti che non completano gli studi ri-
spetto agli iscritti, raggiunge livelli molto al-
ti: circa un terzo degli immatricolati lascia o
cambia il corso di laurea dopo il primo an-
no, e il 40% di coloro che si iscrivono a una
laurea triennale non la porta termine
(ANVUR, 2013).
L’Italia è anche una nazione che investe
poco in istruzione: la percentuale di spesa
pubblica destinata a questo settore ci vede
ultimi su 32 nazioni. Anche i tagli più pe-
santi in questo settore vengono fatti proprio
in Italia (OECD, 2013 – Indicatori B4.1 e
B2.3)6. Le spese per l’istruzione sono impor-
tantissime per il progresso economico di
una nazione: si tratta di uno dei migliori in-
vestimenti che un Paese possa fare. L’Italia
però non sembra seguire questo ragiona-
mento.
Questi dati mostrano una situazione ne-
gativa: pochi laureati, forte dispersione sco-
lastica, scarsi investimenti. Sembra che
l’università italiana non sia riuscita, nono-
stante le riforme, ad avvicinare la popola-
zione all’istruzione superiore.
6Questi dati derivano dal rapporto OCSE sull’istruzione
(OECD, 2013).
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Il basso numero di laureati può essere
dovuto anche alla mancanza di corsi profes-
sionali, capaci di rappresentare un collega-
mento col mondo del lavoro. Rappresentare
un ponte tra scuola ed occupazione è uno
degli scopi principali dell’odierna universi-
tà. Gli studenti dovrebbero essere formati
per essere competitivi, avere competenze so-
lide, non solo culturali ma anche linguisti-
che, civiche e appunto digitali.
Si è già ribadito che inserire le ITC nei
contesti formativi è uno degli obiettivi prin-
cipali dell’UE, ma in ambito universitario in
Italia non si fa molto in tal senso. Così, di
fronte ad una folta schiera di studenti nativi
digitali, vi sono tanti docenti non più giova-
ni e poco tecnologici.
I risultati di alcuni studi condotti nei
principali atenei italiani hanno mostrato in-
fatti importanti prove di inadeguatezza in
campo digitale.
Obiettivo della ricerca di Future Concept
Lab (FCL) è stato quello di capire se gli ate-
nei sono in grado di soddisfare le esigenze
degli studenti in materia di nuove tecnolo-
gie (FCL, 2013).
E’ risultata innanzitutto una forte frattura
tra il vissuto tecnologico degli studenti in
ambito privato (in cui il digitale è sempre
presente), e il loro vissuto tecnologico
all’interno delle università (FCL, 2013)7. Da
7 L’indagine, condotta nel 2013 dall’Istituto di ricerca Fu-
ture Concept Lab (FCL) ha coinvolto un campione di 600 studenti universitari dai 19 ai 29 anni. La ricerca è stata fatta per conto di Samsung a supporto del progetto “Sam-sung Young Design Award” che ha avuto nell’edizione del 2013 il tema “Tecnologia per l'Educazione del Futuro”. I risultati della ricerca sono consultabili sul sito della Sam-sung: http://www.samsung.com/it/design/samsungyoungdesignaward/ [febbraio 2015]. Per FCL: http://www.futureconceptlab.com/it/ [febbraio 2015].
un lato tutti gli studenti possiedono smar-
tphone (85%), computer (89%) e frequentano
social network (90%). L’opinione dei ragazzi
sui nuovi media inoltre è positiva: l’idea più
diffusa è che “facciano bene” consentendo
di semplificare la vita (FCL, 2013)8.
Al contrario le università italiane sono ri-
sultate prive di tecnologie, di strutture e di
procedure didattiche innovative. Il 90% de-
gli studenti si è dichiarato insoddisfatto per
la mancanza di strumenti informatici e po-
stazioni computer, carenti non solo per gli
allievi ma anche per i docenti.
I ragazzi si lamentano anche per la man-
canza di LIM (77%), di corsi on-line e di le-
zioni in streaming, motivo di malcontento
per più dell’80% degli intervistati (FCL,
2013).
Soltanto la connessione wi-fi e il sito
internet dell’università sono ritenuti soddi-
sfacenti. Mancando i mezzi adeguati, anche
le prassi didattiche risultano poco innovati-
ve e obsolete. Tra gli strumenti più usati
prevale la lavagna con pennarelli o gessi,
seguita dal proiettore di lucidi. Agli ultimi
posti si trovano computer e LIM. Pochissimi
docenti inoltre usano il web durante le le-
zioni.
Ma chiedendo agli studenti quali stru-
menti vorrebbero vedere in classe si ottiene
una classifica “dei desideri” addirittura op-
posta rispetto a quella reale (Immagine 1).
Per i nativi digitali l’uso delle tecnologie è
diventato abituale e trova spazio ovunque.
8 La pensa così il 44,5% degli intervistati, mentre poco dif-
fusa è l’idea che i nuovi media servano per esprimere il proprio stile o la propria personalità (13,7%).
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Immagine 1: I media che, per gli studenti, dovrebbero esse-re usati dai professori (FCL, 2013)
9
Per questo anche se non è diffuso nelle
università, esso si è diffuso ugualmente tra
gli studenti per svolgere le loro attività di
studio universitario: la percentuale di coloro
che per iniziativa personale usano risorse
digitali per studiare è più dell’80%.
A rivelarlo è un’altra ricerca condotta nel
2014 dall’Associazione Italiana Editori con
lo scopo di capire come gli studenti studino
all’interno delle università (Micheli, 2014)10.
Tale dato rivela dunque che la maggio-
ranza degli studenti universitari usa spon-
taneamente (e non su consiglio dei docenti)
le tecnologie e i materiali digitali per studia-
re.
9 La domanda nella slide è così formulata perché fa riferi-
mento alla domanda precedente: essa chiedeva quali strumenti i docenti usano in classe. (FCL, 2013). 10
Questa ricerca è stata condotta dall’AIE in collaborazio-ne con l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema U-niversitario e della Ricerca (ANVUR), il Consiglio Universi-tario Nazionale (CUN) e la Conferenza dei Rettori delle U-niversità Italiane (CRUI). Sono stati intervistati più di 1500 studenti universitari dai 18 ai 30 anni.
Le motivazioni sono diverse: da un lato
c’è chi lo fa per approfondire i contenuti
trattati (37%) e in questi casi le risorse più
usate sono gli ebook e la ricerca sul web;
dall’altro c’è chi lo fa con l’unico obiettivo di
superare l’esame (13,4%) e anche se la moti-
vazione è meno lodevole, il digitale è co-
munque presente (Micheli, 2014).
Esso entra nel mondo universitario non
dalla porta principale ma dalla porta di ser-
vizio ma testimonia comunque la volontà
degli studenti di sfruttare queste risorse in
maniera personale per l’apprendimento. Gli
studenti però non possono agire solo di
propria iniziativa, non possono costruirsi
autonomamente una competenza che, come
detto, è sfaccettata e va trasmessa corretta-
mente dai docenti. Diffonderla maggior-
mente e ufficialmente servirebbe a diminui-
re il divario esistente tra mondo universita-
rio e studenti, un gap che oggi è molto forte
e può avere effetti pesanti come
l’abbandono degli studi.
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L’esempio del Se@, il Centro di Tecno-logie per la Comunicazione, l’Innovazione e la Didattica a distanza dell’Università di Ferrara
I media digitali, supporto fondamentale
per l’apprendimento e passaporto per il
mondo del lavoro, non sembrano dunque
entrati a far parte della dimensione accade-
mica in modo efficace.
Esistono però eccezioni in questo pano-
rama. Ne è un esempio il Se@, Centro di
Tecnologie per la Comunicazione,
l’Innovazione e la Didattica a distanza
dell’Università degli Studi di Ferrara11. Il
Centro è nato per supportare e coordinare
iniziative di ricerca, didattica e fornitura di
servizi collegate alle ICT, da attuarsi attra-
verso l’apporto congiunto di tutte le disci-
pline presenti in ateneo.
L’obiettivo del Se@ è quello di sostenere i
vari dipartimenti nello sviluppo di attività
formative che adottano la modalità a distan-
za integrando l’insegnamento con le tecno-
logie. L’operato del Centro vuole potenziare
la qualità dell’offerta formativa, soddisfare
una domanda di formazione non tradiziona-
le e delocalizzata, rispondere alle esigenze
della formazione permanente. Esso vuole
essere un punto di riferimento
dell’università ferrarese per la progettazione
delle attività di formazione a distanza e per
l’individuazione di strumenti tecnologici
adatti a questo scopo.
11 Direttore del Centro è il Prof. Paolo Frignani, Delegato
del Rettore per l’Orientamento e la Didattica a distanza e Senior Professor di Pedagogia Sperimentale e Tecnologie dell’Istruzione e dell’Apprendimento. Il Sito web del Se@ (Sistemi E-learning di @teneo) è: http://sea.unife.it/ [febbraio 2015].
Le attività svolte sono di vario tipo: ero-
gazione di master e corsi di formazio-
ne/perfezionamento con modalità didattica
a distanza, supporto ai corsi di laurea che
seguono tale modalità, prestazioni profes-
sionali nel settore dell’editoria digitale (pro-
gettazione e realizzazione di video, servizi
di riprese, streaming di convegni o seminari,
produzione di e-book e altri materiali mul-
timediali), attività di ricerca nell’ambito del-
le ICT12.
Le modalità didattiche attuate non si limi-
tano però all’e-learning. Quest’ultimo,
com’è noto, permette agli studenti di fre-
quentare un corso completamente a distanza
attraverso l'uso della rete. Gli studenti
dell’Università di Ferrara che scelgono que-
sta modalità sono supportati da tutor che li
accompagnano in tutto il percorso formativo
e hanno a disposizione un campus virtuale in
cui possono seguire le lezioni in modalità
sincrona, consultare videolezioni in modali-
tà asincrona, partecipare a forum on-line,
fruire di materiale digitale e fare prove di
autovalutazione on-line.
Vi sono però altre modalità attivate dal
Centro, come ad esempio la Frequenza A
Distanza (FAD) che consente agli studenti di
frequentare un corso in presenza da qualsia-
si luogo essi si trovino: con questa modalità
è possibile assistere a distanza alle lezioni in
presenza di un insegnamento, risultando re-
golarmente frequentanti. Ciò può avvenire
in diretta (assistendo alle lezioni via strea-
ming), oppure in un momento successivo (on
12 Il Laboratorio di Ricerca in Scienza e Tecnologia dei Pro-
cessi Cognitivi e dell'Apprendimento si occupa di ricerca nei settori della comunicazione multimediale e delle tec-nologie didattiche, dei processi cognitivi dell'apprendi-mento e della media education.
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demand) visionando le registrazioni. Si trat-
ta di una modalità dunque diversa dall’e-
learning.
Gli studenti che decidono di seguire un
insegnamento in modalità FAD sono
anch’essi supportati da un tutor e hanno a
disposizione un ambiente di apprendimento
multimediale in cui possono interagire con
docenti, tutor e altri studenti, fruire di lezio-
ni sincrone (in aula virtuale), utilizzare ma-
teriale didattico multimediale, fare test on-
line (questionari, field trip, drill and practice).
Possono inoltre usufruire di tutti i servizi
online che gli insegnanti mettono a disposi-
zione all’interno del proprio corso, come ad
esempio il ricevimento via skype. La moda-
lità FAD è attualmente messa in atto in di-
versi corsi di laurea dell’Università di Ferra-
ra13.
Una ulteriore modalità usata dal centro è
il blended learning, un processo misto che
prevede la componente online (FAD o e-
learning) affiancata alla formazione in pre-
senza (interventi in aula, workshop, semina-
ri, etc.). Questa modalità è attuata in diversi
Master universitari in cui la componente e-
learning occupa il 90% e la parte in presenza
il 10%. Gli studenti lavoratori, quelli fuori
sede, o coloro che hanno difficoltà a fre-
quentare, sono avvantaggiati da queste mo-
dalità didattiche e possono assistere alle le-
zioni ovunque, rimanendo aggiornati. Fre-
quenza infatti non vuol dire necessariamen-
te “presenza in aula”: l’Università di Ferrara
13 Scienze e Tecnologie dei Beni Culturali, Scienze e Tecno-
logie della Comunicazione, Scienze Filosofiche e dell’Educazione, Letterature e Lingue Moderne e Classi-che, che sono lauree triennali. Ma anche in lauree magi-strali come Culture e tradizioni del Medio Evo e del Rina-scimento, e Quaternario, Preistoria e Archeologia. Cfr. http://fad.unife.it/index.php/lauree-triennali.
per questo prevede che gli insegnamenti dei
suoi corsi possano essere attivati anche con
modalità a distanza al fine di favorire chi è
impossibilitato alla presenza in aula.
E’ sufficiente un collegamento a Internet
per seguire le lezioni da un qualsiasi sup-
porto tecnologico: smartphone, tablet, pc.
Con un codice e una password lo studente
può accedere al campus virtuale e entrare in
classe con pochi click per usufruire dei ser-
vizi offerti.
In realtà all’Università di Ferrara le espe-
rienze in materia di formazione a distanza e
tecnologie didattiche fanno scuola da oltre
un decennio per le metodologie didattiche,
per la qualità della didattica e dei servizi of-
ferti. Già prima del Se@ infatti, il Carid
(Centro di Ateneo per la Ricerca e la Didatti-
ca a Distanza), diretto dal Prof. Paolo Fri-
gnani, si è occupato sin dal 1996-97 di e-
learning: partendo da un corso di perfezio-
namento a distanza, il Carid iniziò un pro-
getto innovativo che si estese poi anche ai
corsi di laurea (Felletti, 2004)14. Il Se@ conti-
nua questa “tradizione” e attualmente si re-
gistrano centinaia di accessi ai campus vir-
tuali.
Conclusioni
I tanti cambiamenti subiti negli anni
dall’università italiana derivano dalla neces-
sità di garantire un’istruzione superiore di
14 Negli anni seguenti furono attuati con modalità didatti-
ca a distanza e mista (blended learning), corsi di laurea triennale, corsi di laurea specialistica, master, corsi di per-fezionamento e formazione, utilizzando una metodologia fondata sul rapporto personale con i tutor e sull'uso di documenti multimediali e ambienti di apprendimento te-lematici con forum, videolezioni e mappe cognitive on-line.
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alto livello a tutti i cittadini dell’UE. Ciò è
importante per consentire all’Europa di
competere in maniera adeguata in una so-
cietà globalizzata. E’ il motivo che porta
l’Unione a prendere continui provvedimenti
per diffondere la cultura digitale, soprattut-
to in campo formativo. Le tecnologie sono
oggi un potenziale enorme per l'occupazio-
ne e lo saranno sempre più in futuro. Anche
le scuole e le università dunque devono agi-
re in questa direzione per permettere agli
studenti di padroneggiare le competenze
digitali al fine di inserirsi più facilmente nel
mondo del lavoro.
Per tal motivo si è cercato di verificare in
questo studio quanto i nostri atenei puntino
oggi sullo sviluppo di queste competenze:
purtroppo il quadro che ne è emerso non è
positivo e riflette la situazione dell’intero
Paese dominato da un profondo divario di-
gitale.
Da un lato vi sono le università, povere di
risorse tecnologiche e con docenti ultraqua-
rantenni con scarse competenze digitali;
dall’altro vi sono studenti nativi digitali che
usano costantemente le tecnologie (soprat-
tutto quelle mobili) per ogni attività, com-
preso naturalmente lo studio. Quest’ultimo
utilizzo deriva però dall’iniziativa personale
poiché, come si è detto, le nostre università
non hanno ancora valorizzato adeguatamen-
te i media digitali.
Ai primi posti tra i desiderata degli stu-
denti italiani vi sono proprio gli strumenti e
le metodologie più innovative, come i corsi
on-line, le lezioni in streaming, le LIM.
Si tratta di mezzi di cui le nostre universi-
tà sono ancora carenti e ciò ha ripercussioni
anche sulle prassi didattiche degli insegnan-
ti, che infatti si avvalgono ancora di stru-
menti analogici (lavagna con gessi o penna-
relli e proiettore di lucidi), mentre Internet è
usato di rado.
In questa situazione in cui il divario digi-
tale e generazionale del Paese si riflette nel
mondo accademico, ci è sembrato interes-
sante raccontare l’esperienza dell’Università
di Ferrara e del Se@, il Centro di Tecnologie
per la Comunicazione, l’Innovazione e la
Didattica a distanza.
I servizi offerti dal Se@ coincidono con
quelli che, stando alle più recenti ricerche,
sono i più richiesti dagli allievi: lezioni in di-
retta streaming, videolezioni on demand, fo-
rum sul web, ricevimenti via skype, materia-
li didattici digitali, campus virtuali.
L’Università di Ferrara ha dunque impo-
stato una metodologia didattica innovativa
in grado di offrire agli studenti la possibilità
di una formazione a distanza di alto profilo
e mediata dalle tecnologie. Questa metodo-
logia, che nasce dallo sviluppo dei nuovi
media della comunicazione e del Web 2.0, si
configura come un terreno di sperimenta-
zione e di ricerca didattica che va incontro a
molteplici esigenze. Una di queste, come si è
visto, è la forte richiesta da parte degli stu-
denti di un’università digitale.
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/scuola-e-dintorni/3013
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 4 - Aprile 2015 66
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