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Educare.it - SCUOLA DOI: 10.4440/201504/depiano © Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 4 Aprile 2015 57 Cultura digitale e istruzione superiore: la situazione in Italia e l’esempio del Se@ dell’Università di Ferrara Angela De Piano Angela De Piano è assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Ferrara e docente a contratto di Didattica e Pedag ogia Speciale presso la stessa università. Collabora dal 1999 con l’ateneo ferrarese e suoi interessi di ricerca sono rivolti in p articolare ai processi di apprendimento supportati da tecnologie cognitive e alla didattica multimediale per studenti con disabilità visiva ([email protected]). Da diversi anni l’Unione Europea prende provvedimenti per incentivare lo sviluppo delle competenze digitali nei Paesi membri agendo soprattutto in ambito formativo. Si prevede che tra qualche anno tali competenze saranno richieste in quasi tutti i posti di lavoro. Vi sono però da parte delle universi- tà ancora grosse difficoltà nel trasmettere cultura digitale. Questo contribu- to analizza la situazione degli atenei italiani in materia di competenze digi- tali citando in particolare l’esempio del Se@, il Centro di Tecnologie per la Comunicazione, l’Innovazione e la Didattica a distanza dell’Università di Ferrara che, in un panorama nazionale poco roseo, rappresenta un buon e- sempio di integrazione tra formazione e tecnologie digitali. La Società Europea della Conoscenza Il sistema formativo italiano ha subito re- centemente diverse evoluzioni. In particola- re l’università è stata oggetto di riforme a- venti lo scopo di creare, insieme agli altri Paesi dell’UE, uno spazio comune di istru- zione superiore (EHEA), utile ad incentivare la mobilità degli studenti e a favorire il repe- rimento di un’occupazione. Tali provvedi- menti hanno voluto far convergere i sistemi universitari dei vari Paesi così da garantire maggior omogeneità e consentire il ricono- scimento delle carriere in contesto interna- zionale (Commissione Europea et al., 2012) 1 . Forte è stata l’esigenza di assicurare a tut- ti i cittadini un’ampia gamma di conoscen- ze, utili per sostenere lo sviluppo sociale e 1 L’European Higher Education Area è stata avviata nel 2010 durante una Conferenza Interministeriale tra i mini- stri europei dell’educazione. Cfr: http://www.ehea.info/ [febbraio 2015].

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Educare.it - SCUOLA

DOI: 10.4440/201504/depiano

© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 4 – Aprile 2015 57

Cultura digitale e istruzione superiore: la situazione in Italia e l’esempio del Se@ dell’Università di Ferrara

Angela De Piano

Angela De Piano è assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Ferrara e docente a contratto di Didattica e Pedagogia Speciale presso la stessa università. Collabora dal 1999 con l’ateneo ferrarese e suoi interessi di ricerca sono rivolti in particolare ai processi di apprendimento supportati da tecnologie cognitive e alla didattica multimediale per studenti con disabilità visiva ([email protected]).

Da diversi anni l’Unione Europea prende provvedimenti per incentivare lo

sviluppo delle competenze digitali nei Paesi membri agendo soprattutto in

ambito formativo. Si prevede che tra qualche anno tali competenze saranno

richieste in quasi tutti i posti di lavoro. Vi sono però da parte delle universi-

tà ancora grosse difficoltà nel trasmettere cultura digitale. Questo contribu-

to analizza la situazione degli atenei italiani in materia di competenze digi-

tali citando in particolare l’esempio del Se@, il Centro di Tecnologie per la

Comunicazione, l’Innovazione e la Didattica a distanza dell’Università di

Ferrara che, in un panorama nazionale poco roseo, rappresenta un buon e-

sempio di integrazione tra formazione e tecnologie digitali.

La Società Europea della Conoscenza

Il sistema formativo italiano ha subito re-

centemente diverse evoluzioni. In particola-

re l’università è stata oggetto di riforme a-

venti lo scopo di creare, insieme agli altri

Paesi dell’UE, uno spazio comune di istru-

zione superiore (EHEA), utile ad incentivare

la mobilità degli studenti e a favorire il repe-

rimento di un’occupazione. Tali provvedi-

menti hanno voluto far convergere i sistemi

universitari dei vari Paesi così da garantire

maggior omogeneità e consentire il ricono-

scimento delle carriere in contesto interna-

zionale (Commissione Europea et al., 2012) 1.

Forte è stata l’esigenza di assicurare a tut-

ti i cittadini un’ampia gamma di conoscen-

ze, utili per sostenere lo sviluppo sociale e

1L’European Higher Education Area è stata avviata nel

2010 durante una Conferenza Interministeriale tra i mini-stri europei dell’educazione. Cfr: http://www.ehea.info/ [febbraio 2015].

URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/scuola-e-dintorni/3013

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economico rendendoli più competitivi. Alla

base di questi cambiamenti vi è l’intenzione

di fornire un’istruzione di alta qualità, fon-

damentale per consentire all’Europa di af-

fermarsi come società della conoscenza e

competere in maniera efficace all’interno

dell’economia globalizzata (Alberici et al,

2007). La politica in materia di istruzione è

decisa singolarmente dai vari Paesi, ma essi

fissano insieme obiettivi comuni e buone

pratiche. Tra queste ultime figurano tutte le

azioni volte alla diffusione della cultura di-

gitale in campo formativo, ritenuta oggi di

grande importanza.

Già dal 2000 l’UE, con il Consiglio Euro-

peo di Lisbona, ha cominciato a prendere

provvedimenti radicali su questo tema2. Si

ritennero le nuove tecnologie un potenziale

rilevante per l'occupazione e si decise che la

nuova società della conoscenza (basata for-

temente sulle tecnologie) dovesse essere alla

portata di tutti, senza esclusioni. Occorreva

quindi assicurarsi che le transazioni econo-

miche e sociali non emarginassero nessuna

categoria di cittadini e che lo sviluppo av-

venisse in modo equo.

Si capì che, nel giro di pochi anni, la metà

dei posti di lavoro in Europa sarebbe deriva-

ta dalle ICT (cosa che infatti oggi sta acca-

dendo) e perciò fu deciso dall’Unione di co-

ordinare azioni collettive per incentivare

2 Nel marzo 2000 si tenne a Lisbona un Consiglio Europeo

per dare nuovo slancio alle politiche comunitarie. Si pensò a una totale revisione del sistema d'istruzione europeo e si decise che in esso le ICT dovessero avere un ruolo di primo piano perché ritenute una risorsa rilevante per l'oc-cupazione. Disponibile in: http://europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/general_framework/c10241_it.htm [febbraio 2015].

negli stati lo sviluppo delle competenze di-

gitali in ambito formativo.

Si prevede che tra cinque anni il 90% dei

posti di lavoro richiederà tali competenze3.

Vi sono però grosse difficoltà da parte degli

istituti formativi nel trasmetterle. Molte

scuole e università non possiedono mezzi

necessari per stare al passo con i tempi e a-

deguarsi all’evoluzione della società. Per

questo le iniziative dell’UE atte ad aiutare la

diffusione delle tecnologie in ambito educa-

tivo sono ancor’oggi numerose4. Con i suoi

provvedimenti l’Europa cerca soprattutto di

ridurre il rischio del digital divide (divario

digitale): se la formazione e la conoscenza si

spostano sulla rete e sulle tecnologie, c’è il

pericolo che coloro che non hanno famiglia-

rità con questi mezzi (o che non possono uti-

lizzarli) rimangano esclusi dal processo di

apprendimento permanente e dalla società

della conoscenza. Occorre dunque interveni-

re per ridurre questo rischio.

Il pericolo del digital divide

L’Europa si è data un obiettivo preciso:

costruire una società della conoscenza in cui

tutti abbiano le stesse opportunità di accesso

3 Dati disponibili in:

http://ec.europa.eu/news/culture/130926_it.htm [feb-braio 2015]. 4Citiamo il progetto europeo “Opening up Education” na-

to nel 2013 per diffondere le competenze digitali in scuole e università. Cfr.: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-859_it.htm [febbraio 2015]. Altri recenti progetti europei sono nati con l’intento di diffondere competenze e imprenditorialità digitale, come “E-skills for jobs” e “Fostering Digital Enterpreneurship”. Dati disponi-bili in: http://www.europarlamento24.eu/formazione-e-promozione-europee-per-il-lavoro-digitale/0,1254,106_ART_6183,00.html [febbraio 2015].

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alle nuove tecnologie. Ma questo avviene

nel nostro Paese? Siamo in linea con i para-

metri dell’UE? E soprattutto, che cosa è in

grado di offrire la nostra università in mate-

ria di competenze digitali?

Un adeguato uso delle tecnologie digitali

consente di migliorare la diffusione delle in-

formazioni e della conoscenza (Malizia, Ci-

catelli, 2009). In Italia però vi sono ancora

fasce di popolazione che non hanno accesso

alle tecnologie o che le usano senza una cor-

retta coscienza critica. A livello educativo

talvolta nemmeno i docenti sono formati

sull’uso dei nuovi media in ambito didatti-

co.

Il nostro Paese, rispetto agli altri Paesi eu-

ropei, risulta ancora arretrato in materia di

cultura digitale ed è caratterizzato da un for-

te digital divide. L’Istat ha pubblicato la

percentuale di popolazione che usa Internet

nei vari stati europei (ISTAT, 2014): l’Italia si

trova agli ultimi posti seguita solo da Gre-

cia, Bulgaria e Romania.

Il numero di internauti è dunque molto

basso: gli individui tra i 16 e i 74 anni che

negli ultimi 3 mesi si sono collegati a

internet almeno una volta alla settimana so-

no risultati il 53% della popolazione, contro

una media europea del 70% (ISTAT, 2014).

Un’altra recente ricerca ha evidenziato

che quasi il 40% degli italiani non ha mai u-

tilizzato un computer e Internet ed è com-

pletamente estraneo alle tecnologie digitali

(Observa Science in Society, 2014). La media

europea in questo caso è molto più bassa

(circa il 20%).

Lo stato di salute dell’Italia non sembra

dunque molto positivo per quanto riguarda

il rapporto con le nuove tecnologie. In realtà

l’utilizzo del web sta gradualmente aumen-

tando nel nostro Paese ma solo tra i più gio-

vani: gli internauti italiani sono per il 90%

ragazzi tra i 15 e i 19 anni (ISTAT, 2013). Tra

loro l’uso di internet è in crescita, ad esem-

pio per le azioni di e-commerce, per la socia-

lizzazione, per la ricerca di informazioni.

Sono poi i nativi digitali (15-24 anni) a

mostrare le migliori capacità di navigazione

quando usano internet, mentre il resto della

popolazione, soprattutto gli over 40, si è ri-

velato inesperto e maldestro (ISTAT, 2013).

Il digital divide in Italia dunque esiste: si trat-

ta di un divario soprattutto generazionale

che vede la fascia più giovane della popola-

zione ben alfabetizzata mentre gli over 40

risultano privi di competenze adeguate o

tecnologicamente analfabeti. Sono dati im-

portanti, soprattutto se si considera che la

diffusione delle ICT è uno degli scopi fon-

damentali delle politiche di inclusione socia-

le e culturale dell’Unione Europea.

Cultura digitale e istruzione superiore

I dati esposti hanno un forte collegamen-

to con la situazione attuale del nostro siste-

ma universitario: se è vero che i soggetti con

meno di 40 anni possiedono buone compe-

tenze digitali, è anche vero che in questa fa-

scia d’età si colloca anche la maggior parte

degli studenti universitari.

Invece tra gli individui con più di 40 anni

(i meno competenti) si inseriscono proprio i

professori universitari italiani: una recente

ricerca infatti ha rivelato che ben l’88% dei

docenti universitari ha più di 40 anni (Ob-

serva Science in Society, 2014).

Di fronte a questo quadro viene sponta-

neo domandarsi come possano docenti poco

competenti in materia di tecnologie fornire

competenze a studenti che sono nativi digita-

li.

Prima di rispondere a questa domanda è

necessaria una precisazione. Possedere ade-

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guate competenze digitali non vuol dire uti-

lizzare un tablet da mattina a sera o colle-

garsi a internet di continuo. Non si tratta so-

lo di capacità tecniche o di quantità di uti-

lizzo.

La competenza digitale è supportata da

un buon uso tecnico di uno strumento ma il

suo obiettivo è un altro. Nel 2006 l’UE l’ha

definita chiaramente: averla vuol dire saper

utilizzare con abilità e spirito critico le tec-

nologie in ogni campo, nell’apprendimento,

sul lavoro, nel tempo libero, nella comuni-

cazione (Unione Europea, 2006). Il buon uso

tecnico di un mezzo deve servire solo da ba-

se per imparare a cercare informazioni, a

scambiarle, per valutarle criticamente, per

produrre materiali e partecipare a reti colla-

borative attraverso il web (Unione Europea,

2006)5.

Con queste competenze gli individui do-

vrebbero quindi imparare ad accedere ai

servizi Internet per fare ricerche e usarli in

modo corretto. Non si tratta di capacità tec-

niche ma di un insieme di competenze e me-

ta-competenze anche trasversali utili

nell’apprendimento e nella vita. A ben vede-

re molte di queste abilità, come lo sviluppo

di capacità critiche o l’imparare a produrre

informazioni, devono essere sempre tra-

smesse dai docenti, con o senza l’uso di tec-

nologie (anche se nel primo caso serve ov-

viamente un’abilità tecnica di base).

5 Disponibile in:

http://europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/lifelong_learning/c11090_it.htm [febbraio 2015]. La Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, è disponi-bile in http://www.indire.it/db/docsrv/PDF/raccomandazione_europea.pdf [febbraio 2015].

Sarebbe quindi importante che il mondo

universitario le valutasse maggiormente, sia

per rendere più preparati i propri studenti,

sia per avvicinarsi alla realtà dei nativi digi-

tali in cui le tecnologie sono protagoniste.

Oggi invece l’Università italiana sembra

impreparata e le conseguenze sono queste:

la percentuale di laureati nella fascia d’età

25-34 anni è del 21% (OECD, 2013 - Indica-

tore A1.1), la più bassa d’Europa. Anche

considerando l’intera popolazione adulta

(25-64 anni) siamo agli ultimi posti.

La dispersione scolastica, ossia la quantità

di studenti che non completano gli studi ri-

spetto agli iscritti, raggiunge livelli molto al-

ti: circa un terzo degli immatricolati lascia o

cambia il corso di laurea dopo il primo an-

no, e il 40% di coloro che si iscrivono a una

laurea triennale non la porta termine

(ANVUR, 2013).

L’Italia è anche una nazione che investe

poco in istruzione: la percentuale di spesa

pubblica destinata a questo settore ci vede

ultimi su 32 nazioni. Anche i tagli più pe-

santi in questo settore vengono fatti proprio

in Italia (OECD, 2013 – Indicatori B4.1 e

B2.3)6. Le spese per l’istruzione sono impor-

tantissime per il progresso economico di

una nazione: si tratta di uno dei migliori in-

vestimenti che un Paese possa fare. L’Italia

però non sembra seguire questo ragiona-

mento.

Questi dati mostrano una situazione ne-

gativa: pochi laureati, forte dispersione sco-

lastica, scarsi investimenti. Sembra che

l’università italiana non sia riuscita, nono-

stante le riforme, ad avvicinare la popola-

zione all’istruzione superiore.

6Questi dati derivano dal rapporto OCSE sull’istruzione

(OECD, 2013).

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Il basso numero di laureati può essere

dovuto anche alla mancanza di corsi profes-

sionali, capaci di rappresentare un collega-

mento col mondo del lavoro. Rappresentare

un ponte tra scuola ed occupazione è uno

degli scopi principali dell’odierna universi-

tà. Gli studenti dovrebbero essere formati

per essere competitivi, avere competenze so-

lide, non solo culturali ma anche linguisti-

che, civiche e appunto digitali.

Si è già ribadito che inserire le ITC nei

contesti formativi è uno degli obiettivi prin-

cipali dell’UE, ma in ambito universitario in

Italia non si fa molto in tal senso. Così, di

fronte ad una folta schiera di studenti nativi

digitali, vi sono tanti docenti non più giova-

ni e poco tecnologici.

I risultati di alcuni studi condotti nei

principali atenei italiani hanno mostrato in-

fatti importanti prove di inadeguatezza in

campo digitale.

Obiettivo della ricerca di Future Concept

Lab (FCL) è stato quello di capire se gli ate-

nei sono in grado di soddisfare le esigenze

degli studenti in materia di nuove tecnolo-

gie (FCL, 2013).

E’ risultata innanzitutto una forte frattura

tra il vissuto tecnologico degli studenti in

ambito privato (in cui il digitale è sempre

presente), e il loro vissuto tecnologico

all’interno delle università (FCL, 2013)7. Da

7 L’indagine, condotta nel 2013 dall’Istituto di ricerca Fu-

ture Concept Lab (FCL) ha coinvolto un campione di 600 studenti universitari dai 19 ai 29 anni. La ricerca è stata fatta per conto di Samsung a supporto del progetto “Sam-sung Young Design Award” che ha avuto nell’edizione del 2013 il tema “Tecnologia per l'Educazione del Futuro”. I risultati della ricerca sono consultabili sul sito della Sam-sung: http://www.samsung.com/it/design/samsungyoungdesignaward/ [febbraio 2015]. Per FCL: http://www.futureconceptlab.com/it/ [febbraio 2015].

un lato tutti gli studenti possiedono smar-

tphone (85%), computer (89%) e frequentano

social network (90%). L’opinione dei ragazzi

sui nuovi media inoltre è positiva: l’idea più

diffusa è che “facciano bene” consentendo

di semplificare la vita (FCL, 2013)8.

Al contrario le università italiane sono ri-

sultate prive di tecnologie, di strutture e di

procedure didattiche innovative. Il 90% de-

gli studenti si è dichiarato insoddisfatto per

la mancanza di strumenti informatici e po-

stazioni computer, carenti non solo per gli

allievi ma anche per i docenti.

I ragazzi si lamentano anche per la man-

canza di LIM (77%), di corsi on-line e di le-

zioni in streaming, motivo di malcontento

per più dell’80% degli intervistati (FCL,

2013).

Soltanto la connessione wi-fi e il sito

internet dell’università sono ritenuti soddi-

sfacenti. Mancando i mezzi adeguati, anche

le prassi didattiche risultano poco innovati-

ve e obsolete. Tra gli strumenti più usati

prevale la lavagna con pennarelli o gessi,

seguita dal proiettore di lucidi. Agli ultimi

posti si trovano computer e LIM. Pochissimi

docenti inoltre usano il web durante le le-

zioni.

Ma chiedendo agli studenti quali stru-

menti vorrebbero vedere in classe si ottiene

una classifica “dei desideri” addirittura op-

posta rispetto a quella reale (Immagine 1).

Per i nativi digitali l’uso delle tecnologie è

diventato abituale e trova spazio ovunque.

8 La pensa così il 44,5% degli intervistati, mentre poco dif-

fusa è l’idea che i nuovi media servano per esprimere il proprio stile o la propria personalità (13,7%).

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Immagine 1: I media che, per gli studenti, dovrebbero esse-re usati dai professori (FCL, 2013)

9

Per questo anche se non è diffuso nelle

università, esso si è diffuso ugualmente tra

gli studenti per svolgere le loro attività di

studio universitario: la percentuale di coloro

che per iniziativa personale usano risorse

digitali per studiare è più dell’80%.

A rivelarlo è un’altra ricerca condotta nel

2014 dall’Associazione Italiana Editori con

lo scopo di capire come gli studenti studino

all’interno delle università (Micheli, 2014)10.

Tale dato rivela dunque che la maggio-

ranza degli studenti universitari usa spon-

taneamente (e non su consiglio dei docenti)

le tecnologie e i materiali digitali per studia-

re.

9 La domanda nella slide è così formulata perché fa riferi-

mento alla domanda precedente: essa chiedeva quali strumenti i docenti usano in classe. (FCL, 2013). 10

Questa ricerca è stata condotta dall’AIE in collaborazio-ne con l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema U-niversitario e della Ricerca (ANVUR), il Consiglio Universi-tario Nazionale (CUN) e la Conferenza dei Rettori delle U-niversità Italiane (CRUI). Sono stati intervistati più di 1500 studenti universitari dai 18 ai 30 anni.

Le motivazioni sono diverse: da un lato

c’è chi lo fa per approfondire i contenuti

trattati (37%) e in questi casi le risorse più

usate sono gli ebook e la ricerca sul web;

dall’altro c’è chi lo fa con l’unico obiettivo di

superare l’esame (13,4%) e anche se la moti-

vazione è meno lodevole, il digitale è co-

munque presente (Micheli, 2014).

Esso entra nel mondo universitario non

dalla porta principale ma dalla porta di ser-

vizio ma testimonia comunque la volontà

degli studenti di sfruttare queste risorse in

maniera personale per l’apprendimento. Gli

studenti però non possono agire solo di

propria iniziativa, non possono costruirsi

autonomamente una competenza che, come

detto, è sfaccettata e va trasmessa corretta-

mente dai docenti. Diffonderla maggior-

mente e ufficialmente servirebbe a diminui-

re il divario esistente tra mondo universita-

rio e studenti, un gap che oggi è molto forte

e può avere effetti pesanti come

l’abbandono degli studi.

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L’esempio del Se@, il Centro di Tecno-logie per la Comunicazione, l’Innovazione e la Didattica a distanza dell’Università di Ferrara

I media digitali, supporto fondamentale

per l’apprendimento e passaporto per il

mondo del lavoro, non sembrano dunque

entrati a far parte della dimensione accade-

mica in modo efficace.

Esistono però eccezioni in questo pano-

rama. Ne è un esempio il Se@, Centro di

Tecnologie per la Comunicazione,

l’Innovazione e la Didattica a distanza

dell’Università degli Studi di Ferrara11. Il

Centro è nato per supportare e coordinare

iniziative di ricerca, didattica e fornitura di

servizi collegate alle ICT, da attuarsi attra-

verso l’apporto congiunto di tutte le disci-

pline presenti in ateneo.

L’obiettivo del Se@ è quello di sostenere i

vari dipartimenti nello sviluppo di attività

formative che adottano la modalità a distan-

za integrando l’insegnamento con le tecno-

logie. L’operato del Centro vuole potenziare

la qualità dell’offerta formativa, soddisfare

una domanda di formazione non tradiziona-

le e delocalizzata, rispondere alle esigenze

della formazione permanente. Esso vuole

essere un punto di riferimento

dell’università ferrarese per la progettazione

delle attività di formazione a distanza e per

l’individuazione di strumenti tecnologici

adatti a questo scopo.

11 Direttore del Centro è il Prof. Paolo Frignani, Delegato

del Rettore per l’Orientamento e la Didattica a distanza e Senior Professor di Pedagogia Sperimentale e Tecnologie dell’Istruzione e dell’Apprendimento. Il Sito web del Se@ (Sistemi E-learning di @teneo) è: http://sea.unife.it/ [febbraio 2015].

Le attività svolte sono di vario tipo: ero-

gazione di master e corsi di formazio-

ne/perfezionamento con modalità didattica

a distanza, supporto ai corsi di laurea che

seguono tale modalità, prestazioni profes-

sionali nel settore dell’editoria digitale (pro-

gettazione e realizzazione di video, servizi

di riprese, streaming di convegni o seminari,

produzione di e-book e altri materiali mul-

timediali), attività di ricerca nell’ambito del-

le ICT12.

Le modalità didattiche attuate non si limi-

tano però all’e-learning. Quest’ultimo,

com’è noto, permette agli studenti di fre-

quentare un corso completamente a distanza

attraverso l'uso della rete. Gli studenti

dell’Università di Ferrara che scelgono que-

sta modalità sono supportati da tutor che li

accompagnano in tutto il percorso formativo

e hanno a disposizione un campus virtuale in

cui possono seguire le lezioni in modalità

sincrona, consultare videolezioni in modali-

tà asincrona, partecipare a forum on-line,

fruire di materiale digitale e fare prove di

autovalutazione on-line.

Vi sono però altre modalità attivate dal

Centro, come ad esempio la Frequenza A

Distanza (FAD) che consente agli studenti di

frequentare un corso in presenza da qualsia-

si luogo essi si trovino: con questa modalità

è possibile assistere a distanza alle lezioni in

presenza di un insegnamento, risultando re-

golarmente frequentanti. Ciò può avvenire

in diretta (assistendo alle lezioni via strea-

ming), oppure in un momento successivo (on

12 Il Laboratorio di Ricerca in Scienza e Tecnologia dei Pro-

cessi Cognitivi e dell'Apprendimento si occupa di ricerca nei settori della comunicazione multimediale e delle tec-nologie didattiche, dei processi cognitivi dell'apprendi-mento e della media education.

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demand) visionando le registrazioni. Si trat-

ta di una modalità dunque diversa dall’e-

learning.

Gli studenti che decidono di seguire un

insegnamento in modalità FAD sono

anch’essi supportati da un tutor e hanno a

disposizione un ambiente di apprendimento

multimediale in cui possono interagire con

docenti, tutor e altri studenti, fruire di lezio-

ni sincrone (in aula virtuale), utilizzare ma-

teriale didattico multimediale, fare test on-

line (questionari, field trip, drill and practice).

Possono inoltre usufruire di tutti i servizi

online che gli insegnanti mettono a disposi-

zione all’interno del proprio corso, come ad

esempio il ricevimento via skype. La moda-

lità FAD è attualmente messa in atto in di-

versi corsi di laurea dell’Università di Ferra-

ra13.

Una ulteriore modalità usata dal centro è

il blended learning, un processo misto che

prevede la componente online (FAD o e-

learning) affiancata alla formazione in pre-

senza (interventi in aula, workshop, semina-

ri, etc.). Questa modalità è attuata in diversi

Master universitari in cui la componente e-

learning occupa il 90% e la parte in presenza

il 10%. Gli studenti lavoratori, quelli fuori

sede, o coloro che hanno difficoltà a fre-

quentare, sono avvantaggiati da queste mo-

dalità didattiche e possono assistere alle le-

zioni ovunque, rimanendo aggiornati. Fre-

quenza infatti non vuol dire necessariamen-

te “presenza in aula”: l’Università di Ferrara

13 Scienze e Tecnologie dei Beni Culturali, Scienze e Tecno-

logie della Comunicazione, Scienze Filosofiche e dell’Educazione, Letterature e Lingue Moderne e Classi-che, che sono lauree triennali. Ma anche in lauree magi-strali come Culture e tradizioni del Medio Evo e del Rina-scimento, e Quaternario, Preistoria e Archeologia. Cfr. http://fad.unife.it/index.php/lauree-triennali.

per questo prevede che gli insegnamenti dei

suoi corsi possano essere attivati anche con

modalità a distanza al fine di favorire chi è

impossibilitato alla presenza in aula.

E’ sufficiente un collegamento a Internet

per seguire le lezioni da un qualsiasi sup-

porto tecnologico: smartphone, tablet, pc.

Con un codice e una password lo studente

può accedere al campus virtuale e entrare in

classe con pochi click per usufruire dei ser-

vizi offerti.

In realtà all’Università di Ferrara le espe-

rienze in materia di formazione a distanza e

tecnologie didattiche fanno scuola da oltre

un decennio per le metodologie didattiche,

per la qualità della didattica e dei servizi of-

ferti. Già prima del Se@ infatti, il Carid

(Centro di Ateneo per la Ricerca e la Didatti-

ca a Distanza), diretto dal Prof. Paolo Fri-

gnani, si è occupato sin dal 1996-97 di e-

learning: partendo da un corso di perfezio-

namento a distanza, il Carid iniziò un pro-

getto innovativo che si estese poi anche ai

corsi di laurea (Felletti, 2004)14. Il Se@ conti-

nua questa “tradizione” e attualmente si re-

gistrano centinaia di accessi ai campus vir-

tuali.

Conclusioni

I tanti cambiamenti subiti negli anni

dall’università italiana derivano dalla neces-

sità di garantire un’istruzione superiore di

14 Negli anni seguenti furono attuati con modalità didatti-

ca a distanza e mista (blended learning), corsi di laurea triennale, corsi di laurea specialistica, master, corsi di per-fezionamento e formazione, utilizzando una metodologia fondata sul rapporto personale con i tutor e sull'uso di documenti multimediali e ambienti di apprendimento te-lematici con forum, videolezioni e mappe cognitive on-line.

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© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 4 - Aprile 2015 65 65

alto livello a tutti i cittadini dell’UE. Ciò è

importante per consentire all’Europa di

competere in maniera adeguata in una so-

cietà globalizzata. E’ il motivo che porta

l’Unione a prendere continui provvedimenti

per diffondere la cultura digitale, soprattut-

to in campo formativo. Le tecnologie sono

oggi un potenziale enorme per l'occupazio-

ne e lo saranno sempre più in futuro. Anche

le scuole e le università dunque devono agi-

re in questa direzione per permettere agli

studenti di padroneggiare le competenze

digitali al fine di inserirsi più facilmente nel

mondo del lavoro.

Per tal motivo si è cercato di verificare in

questo studio quanto i nostri atenei puntino

oggi sullo sviluppo di queste competenze:

purtroppo il quadro che ne è emerso non è

positivo e riflette la situazione dell’intero

Paese dominato da un profondo divario di-

gitale.

Da un lato vi sono le università, povere di

risorse tecnologiche e con docenti ultraqua-

rantenni con scarse competenze digitali;

dall’altro vi sono studenti nativi digitali che

usano costantemente le tecnologie (soprat-

tutto quelle mobili) per ogni attività, com-

preso naturalmente lo studio. Quest’ultimo

utilizzo deriva però dall’iniziativa personale

poiché, come si è detto, le nostre università

non hanno ancora valorizzato adeguatamen-

te i media digitali.

Ai primi posti tra i desiderata degli stu-

denti italiani vi sono proprio gli strumenti e

le metodologie più innovative, come i corsi

on-line, le lezioni in streaming, le LIM.

Si tratta di mezzi di cui le nostre universi-

tà sono ancora carenti e ciò ha ripercussioni

anche sulle prassi didattiche degli insegnan-

ti, che infatti si avvalgono ancora di stru-

menti analogici (lavagna con gessi o penna-

relli e proiettore di lucidi), mentre Internet è

usato di rado.

In questa situazione in cui il divario digi-

tale e generazionale del Paese si riflette nel

mondo accademico, ci è sembrato interes-

sante raccontare l’esperienza dell’Università

di Ferrara e del Se@, il Centro di Tecnologie

per la Comunicazione, l’Innovazione e la

Didattica a distanza.

I servizi offerti dal Se@ coincidono con

quelli che, stando alle più recenti ricerche,

sono i più richiesti dagli allievi: lezioni in di-

retta streaming, videolezioni on demand, fo-

rum sul web, ricevimenti via skype, materia-

li didattici digitali, campus virtuali.

L’Università di Ferrara ha dunque impo-

stato una metodologia didattica innovativa

in grado di offrire agli studenti la possibilità

di una formazione a distanza di alto profilo

e mediata dalle tecnologie. Questa metodo-

logia, che nasce dallo sviluppo dei nuovi

media della comunicazione e del Web 2.0, si

configura come un terreno di sperimenta-

zione e di ricerca didattica che va incontro a

molteplici esigenze. Una di queste, come si è

visto, è la forte richiesta da parte degli stu-

denti di un’università digitale.

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