· sarà l’obiettivo intermedio del programma cinesiterapico. Il tratta-mento riabilitativo ha...

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ISSN 1973-4891 INSERTO PER L’ITALIA Redazione: Clinica Chirurgica 2 Via Giustiniani, 2 35128 Padova e-mail: [email protected] [email protected] Stampa: Tip. Veneta Via E. Dalla Costa, 6 35129 Padova [email protected] www.pelviperineologia.it Già organo ufficiale della Società Italiana di Colon-Proctologia Rivista Italiana di Colon-Proctologia Fondata nel 1982 Editore Giuseppe Dodi Comitato di Collaborazione Corrado Asteria Federica Cadeddu Elisabetta Costantini Francesco Corcione Raffaele De Caro Mario De Gennaro Davide De Vita Fabio Gaj Aldo Infantino Filippo La Torre Pietro S. Litta Giovanni Milito Gabriele Naldini Vittorio Piloni Fabio Pomerri Massimo Porena Filippo Pucciani Salvatore Siracusano Marco Soligo Organo ufficiale della Società Italiana di Pelvi-perineologia e di Urologia Femminile e Funzionale e dell’Integrated Pelvic Group Vol. 29 - N. 2 Giugno 2010 Indice 19 8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche Verona, 18-19 Giugno 2010 AA.VV .

Transcript of  · sarà l’obiettivo intermedio del programma cinesiterapico. Il tratta-mento riabilitativo ha...

ISSN 1973-4891

INSERTO PER L’ITALIA

Redazione:Clinica Chirurgica 2

Via Giustiniani, 235128 Padova

e-mail: [email protected]@giuseppedodi.it

Stampa:Tip. VenetaVia E. Dalla Costa, 635129 [email protected]

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Già organo ufficiale della Società Italiana di Colon-Proctologia

Rivista Italiana di Colon-ProctologiaFondata nel 1982

Editore

Giuseppe Dodi

Comitato di Collaborazione

Corrado AsteriaFederica Cadeddu

Elisabetta CostantiniFrancesco Corcione

Raffaele De CaroMario De Gennaro

Davide De VitaFabio Gaj

Aldo InfantinoFilippo La Torre

Pietro S. LittaGiovanni MilitoGabriele NaldiniVittorio PiloniFabio PomerriMassimo PorenaFilippo PuccianiSalvatore SiracusanoMarco Soligo

Organo ufficialedella Società Italiana di Pelvi-perineologia

e di Urologia Femminile e Funzionalee dell’Integrated Pelvic Group

Vol. 29 - N. 2Giugno 2010

Indice

19 8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche Verona, 18-19 Giugno 2010 AA.VV.

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Il dolore pelviperineale

Pelviperineologia 2010; 29: 19-37 http://www.pelviperineologia.it

L’intervento dell’infermiere nella cistite interstizialeA. FAlluccA Infermiera – Magenta

la cistite interstiziale è una sindrome infiammatoria cronica vescicale, abatterica , irritativa caratterizzata da gravi sintomi pre-senti costantemente, sia di giorno che di notte, quali dolore, bru-ciore, urgenza e disturbo della frequenza minzionale. la patologia, che presenta un grande impatto sulla qualità della vita del paziente, richiede una valutazione clinica ben strutturata al fine di ottenere la diagnosi corretta: ne deriva un processo lungo ed articolato finaliz-zato all’impostazione della terapia più adatta.

Spesso questi pazienti giungono nei nostri centri dopo numerose ed infruttuose visite presso altri specialisti ginecologi e/o urologi senza ottenere una risposta sulla natura dei propri disturbi. Ricordo che solo dal 2001 questa patologia viene riconosciuta come “malat-tia rara” con un codice di riferimento RJ0030.

Voglio comunque sottolineare che a tutt’oggi non c’è ancora uniformità di comportamento fra le 20 regioni italiane nell’inqua-dramento delle terapie per la cistite interstiziale e nella loro ero-gazione.

Rimane comunque fondamentale conservare una visione unitaria e globale delle situazione del paziente e degli interventi di cura. l’infermiere in questo contesto agisce su 2 livelli: gestionale-orga-nizzativo e assistenziale specifico. Dal punto di vista assistenziale l’obiettivo deve essere l’accoglimento dell’utente e la soddisfa-zione delle sue richieste di cura e guarigione dalla malattia e va perseguito con:• competenze di base• competenze tecnico-specialistiche funzionali allo svolgimento

delle attività specifiche• conoscenze utili a fornire informazioni necessarie al paziente • capacità comportamentali e/o relazionali che si manifestano

attraverso un atteggiamento empatico nei confronti dell’utente• valutazione dei risultati attraverso l’utilizzo di documenti appro-

priati accuratamente compilati come i questionari• creazione in equipe di cartelle integrate, di procedure chiare e

standardizzate attraverso programmi di miglioramento costante• capacità concettuali che determinano la modalità di approccio ai

problemi volta alla soluzione degli stessi. Dal punto di vista gestionale organizzativo l’obiettivo deve

essere “perseguire la perfezione” attraverso una standardizza-zione dei processi non impostata dall’alto ma realizzata con la partecipazione di tutta l’equipe. Infatti l’attuazione del processo di cura per pazienti affetti da cistite interstiziale, in particolar modo se inserita in una realtà organizzativa complessa come quella ospedaliera, non può essere demandata ad un solo indivi-

duo ma richiede che sia affidata a tutto il gruppo che concorre in maniera diretta alla sua realizzazione. E’ quindi fondamentale:

• una buona organizzazione degli orari pianificando le prenota-zioni al fine di garantire tutte le sedute di trattamento con cadenze non sempre programmabili ed assicurare la possibilità di attuare anche una terapia di mantenimento con tempi differenti al fine di mantenere i benefici ottenuti, considerando le risorse in termini di spazi-strutture e gli approvvigionamenti necessari: farmaci, presidi, tecnologie

• ridurre i tempi di attesa• semplificare le modalità di accesso al servizio e i percorsi del-

l’utenza.È comunque frequente che gli utenti esigano di essere “serviti”

subito, di essere riconosciuti nella loro unicità e, magari, di essere trattati come privilegiati.

AlcuNE SPEcIFIcAZIONI la cartella clinica integrata ha per oggetto l’intero processo assi-

stenziale (presuppone e facilita un’assistenza programmata), è un sistema di documentazione medico-infermieristica che permette una visione unitaria e globale della situazione dell’utente e degli interventi che riceve, è completa facile da usare e versatile, collau-data nel tempo e sottoposta a verifiche periodiche.

le relazioni di concomitanza createsi tra pazienti affetti dalla stessa patologia rappresentano talvolta un importante problema gestionale per il personale medico ed infermieristico: essi infatti, convinti di conoscere “ormai” la propria malattia meglio di chiunque altro e di possedere tutte le informazioni utili alla sua cura (grazie a strumenti impropri come la rete internet), spesso si sostituiscono ai curanti proponendo se non imponendo terapie non sempre adeguate.

Il foglio minzioni è uno strumento fondamentale nel monitorag-gio dell’andamento della malattia, peraltro vantaggioso economi-camente e di facile utilizzo.

Fondamentale è il ruolo del team leader che esercita la sua lea-dership per condurre il gruppo verso il raggiungimento degli obiet-tivi; egli è un punto di riferimento e di coordinamento di informa-zioni e di azioni all’interno ed all’esterno del gruppo.

Il trattamento dei pazienti affetti da cistite interstiziale richiede quindi elevata professionalità che va intesa come un armonico insieme di conoscenze e di capacità: sapere, saper fare e saper essere.

Il fisioterapista ed il dolore pelvico: strumenti terapeutici utilizzabili.D. GIRAuDO*, G.F. lAmbERtI°*Fisioterapista - Milano; °Medico fisiatra - Fossano

la patogenesi del dolore pelviperineale cronico (DPPc) è spesso di difficile interpretazione: molti quadri patologici degli apparati riproduttivo, gastrointestinale ed urologico, del sistema muscolo-legamentoso e del sistema nervoso centrale e periferico possono essere associati a DPPc. l’interpretazione dei meccanismi di insorgenza nelle molteplici manifestazioni cliniche possibili è un elemento difficile e cruciale per la valutazione ed il trattamento riabilitativo del paziente.

Il DPPc può essere riferito sia a patogenesi neurologica, osteoar-ticolare o muscolare, sia come originario da organi interni, configu-rando il quadro classico di dolore nocicettivo rispettivamente soma-tico e viscerale; in altre situazioni il DPPc è assimilabile al dolore

neuropatico, causata da modificazioni della fisiologica risposta dei neuroni del sistema somato-sensoriale centrale o periferico, dovute a stimolazione cronica o ad una lesione del tessuto nervoso.

Il dolore pelvico di origine somatica può avere origine da diverse strutture che si trovano all’interno o in diretto rapporto di conti-guità con la pelvi: le articolazioni sacrococcigea e sacroiliaca, la coxofemorale e le cerniere dorso-lombo-sacrale; il tessuto nervoso con interessamento radicolari e/o plessulari; infine, la muscolatura pelvi-perineale, con la possibile insorgenza di sindromi dolorose miofasciali, o con i più rari quadri di mialgia di tipo articolare.

Nell’ambito del dolore viscerale la componente organica e quella più propriamente definibile come “disfunzionale” sono spesso

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Società Italiana di Urodinamica

Continenza Neurourologia Pavimento Pelvico

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strettamente interagenti in un unica serie di fenomeni che si autoa-limentano: in questo caso il trattamento riabilitativo - indirizzato ad obiettivi apparentemente non direttamente coinvolti - ha comunque una funzione di supporto alla terapia più specifica.1

Più generalmente gli obiettivi del trattamento riabilitativo pos-sono essere riassunti:2

• gestione della sintomatologia dolorosa• gestione della sintomatologia specifica organo-correlata• gestione della alterata funzionalità sia in ambito posturodina-

mico che urologico, proctologico, sessuologico.tra gli strumenti che possono essere impiegati per il trattamento

delle algie pelviperineali, l’utilizzo della elettroterapia a scopo antalgico, rivelatosi efficace nelle algie pelviche acute, è stato sug-gerito anche per le forme croniche; i parametri suggeriti, difformi da studio a studio, non consentono un giudizio clinico univoco sul-l’efficacia a lungo termine. Analoga conclusione può essere posta per l’utilizzo della ultrasuonoterapia.3

l’utilizzo del biofeedback nel DPPc ha come razionale la fre-quente concomitante presenza, come già visto, di un quadro mio-tensivo della muscolatura pelvica che può contribuire alla genesi ed alla persistenza nel tempo della sintomatologia dolorosa. Pre-feribilmente da associarsi sempre alle tecniche manuali, ha un meccanismo di azione basato sia sulla possibilità di rilassamento della muscolatura sia sull’incremento del flusso ematico che il trat-tamento determinerebbe.

Il trattamento chinesiterapico fornisce un contributo fondamen-tale nel trattamento del DPPc, sia attraverso la applicazione degli strumenti convenzionali (esercizi passivi ed esercizi attivi in con-trazione concentrica ed eccentrica della muscolatura pelvi-peri-neale, esercizi respiratori, rieducazione posturale, mobilizzazione articolare, massaggio), sia attraverso tecniche non convenzionali, recentemente proposte in trials clinici randomizzati.

In particolare, per l’inattivazione dei punti trigger miofasciali, sono utilizzabili le tecniche di compressione ischemica, frequen-temente in grado di risolvere un problema di recente insorgenza e moderatamente attivo; il meccanismo di azione è verosimilmente legato agli effetti positivi della reazione iperemica post-ischemica.

In una fase successiva, alle tecniche manuali descritte possono essere associate, con particolare indicazione relativa allo sfintere anale esterno ed all’elevatore dell’ano, le tecniche di contrazione isometrica dalla posizione di massimo allungamento associate allo stiramento passivo durante la fase di rilassamento e le tecni-che in contrazione eccentrica, quasi esclusivamente applicabili al

muscolo elevatore dell’ano. Questi ultimi esercizi potranno essere richiesti al paziente realizzando un allungamento dell’elevatore dell’ano grazie ad una retroversione di bacino a partenza addo-minale (e non con l’ausilio dei glutei) e contemporaneamente una sua contrazione, in modo tale da sfruttare sia i benefici dell’azione in accorciamento, sia quelli dell’allungamento muscolo-connetti-vale favorito dai vincoli esterni. Oltre alle tecniche di rieducazione posturale, la ricerca del benefico legato all’allungamento dell’ele-vatore dell’ano in casi di DPPc potrà essere ricercata grazie alla rieducazione ed alla riprogrammazione respiratoria. I rapporti tra il reclutamento dei muscoli respiratori ed il reclutamento della muscolatura addominale, ormai da tempo noti, e più in generale i meccanismi che correlano l’aumento della pressione intra-addo-minale con la pressione intra-toracica sono importanti nel deter-minare il grado di accorciamento/allungamento relativo dell’eleva-tore dell’ano. Altri elementi da considerare sono il ruolo particolare svolto dal traverso dell’addome nel determinismo dell’aumento della pressione intra-addominale, il rapporto tra la co-attivazione della muscolatura profonda della parete addominale ed i muscoli del pavimento pelvico. E’ infatti possibile ottenere un auto-allun-gamento sia mediante tecniche manuali di autopalpazione sia sfrut-tando l’azione del diaframma sui muscoli del pavimento pelvico, utilizzando sia la respirazione diaframmatica che quella paradossa a seconda delle esigenze.

Di conseguenza, in caso di DPPc, la valutazione di questi ele-menti dovrà essere parte integrante del progetto riabilitativo ed il ripristino del timing più corretto possibile fra le diverse funzioni sarà l’obiettivo intermedio del programma cinesiterapico. Il tratta-mento riabilitativo ha quindi un ruolo di primo piano nella gestione del DPPc sia in presenza di alterazioni muscolo-connettivali, sia in caso di quadri disfunzionali potenzialmente favorenti una compo-nente organica.

bIblIOGRAFIA:1. Schmidt R, Doggweiler R. Neuromodulation and Neurostimulation: a

Guide to selecting the right urologic patient. Eur urol 1998;34:23-262. biroli A. le sindromi dolorose pelviche. E’ possibile un progetto ria-

bilitativo? In: uroginecologia: quando e come riabilitare?, a cura di A. biroli e R. carone, torino, 2001.

3. Garofalo A, uberti E, Gibbone c. E’ possibile un progetto riabilitativo? l’impiego della terapia fisica. In: uroginecologia: quando e come riabi-litare?, a cura di A. biroli e R. carone, torino, 2001.

Focus sulla vulvodinia F. muRINAGinecologo - Milano

l’ International Society for the Study of Vulvovaginal disease ( ISSVD) definisce la vulvodinia come un disturbo vulvare spesso descritto come bruciore, dolore o dispareunia, in assenza di altera-zioni obiettive visibili di un qualche rilievo o di specifici disturbi neurologici clinicamente identificabili, della durata di almeno 3 mesi.1

la malattia viene classificata in relazione a due aspetti fondamen-tali : la sede e le caratteristiche dei disturbi. Si definisce localizzata una forma dove i sintomi sono presenti in una zona circoscritta della regione vulvare; nella maggior parte delle pazienti (80% circa) il vestibolo vaginale è la sede dove è concentrato il bruciore , in questi casi si parla di vestibolodinia.

Il vestibolo, la “porta d’ingresso “ alla vagina, è un’area vulvare compresa anteriormente dal frenulo del clitoride e dalla commessura labiale posteriore o forchetta; il bordo più interno è dato dal mar-gine dei residui imenali ed il bordo laterale da un confine ideale, la cosiddetta linea di Hart. una delle principali caratteristiche ana-tomo-funzionali del vestibolo vaginale è rappresentata dalla presenza di una ricca ramificazione di terminazioni libere del nervo pudendo, in misura maggiore rispetto a quanto avviene nella vagina. Queste sono di fatto i recettori del dolore e si trovano subito al di sotto della mucosa, formando un intreccio di reti sensitive pronte a trasmettere lo stimolo sia tattile che dolorifico in corrispondenza del midollo spi-nale. la vulvodinia localizzata, seppur raramente, si può ritrovare anche in altre regioni vulvari, come ad esempio il clitoride (clitorido-dinia). Queste forme sono sovente innescate da eventi traumatici (es. traumi da bicicletta), e sono di gestione problematica visto la partico-larità della regione clitoridea (organo erettile riccamente innervato). la vulvodinia può interessare anche gran parte della regione vulvare (vulvodinia generalizzata), perineo e zona anale compresa. Quando i disturbi sono evocati da stimolazione , contatto, sfregamento e pene-trazione vaginale, si parla di vulvodinia provocata.

Nelle pazienti dove i sintomi sono quasi sempre presenti , indi-pendentemente dalla stimolazione, si parla di vulvodinia spontanea. talora componenti diverse di vulvodinia possono sovrapporsi anche se nella pratica clinica si evidenziano due forme: la vulvodinia gene-ralizzata spontanea e la vestibolodinia prevalentemente provocata, quest’ultima di gran lunga la variante più frequente (80% circa dei casi).

l’eziologia della vulvodinia non è ancora completamente nota, ma numerosi sono gli studi che soprattutto negli ultimi anni hanno chia-rito molti degli aspetti della malattia.

E’ intuitivo pensare che la vestibolodinia e la vulvodinia gene-ralizzata possano essere due aspetti a gravità crescente della stessa malattia dove è solo il fattore tempo a determinarne le caratteristiche. In realtà le evidenze clinico-epidemiologiche suggeriscono come le due condizioni possano essere due malattie diverse, che nascono in modo autonomo e tali si mantengono nel tempo, anche se ne è possibile un’associazione e sovrapposizione. Si ipotizza che ripetuti fattori promotori (“start”) attivino cellule immunogene, mastociti in primis, che liberano sostanze stimolanti la crescita delle terminazioni nervose libere vestibolari, principali recettori periferici del dolore.

uno dei principali fattori “start” è rappresentato dalle infezioni vulvo-vaginali, ed in particolare quella da Candida. la suscettibilità individuale a forme ricorrenti di candidosi vulvo-vaginale è conse-guente ad un polimorfismo genico che coinvolge il sistema delle interleuchine, sostanze endogene deputate al controllo e regolazione dell’infiammazione , in questo caso a genesi micotica.3

Si è dimostrato, inoltre, che l’allele-2 del gene che codifica l’anta-gonista per il recettore dell’ interleuchina-1 alfa è presente in forma di omozigosi in circa il 55% delle donne con vestibolodinia; come pure il gene per l’interleuchina-1 beta è sede di polimorfismo in elevata percentuale di queste pazienti.4,5

In pratica la predisposizione genetica alla vulvodinia ha elementi

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di forte legame con il mantenimento di forme ricorrenti di candidosi vulvo-vaginale. Nelle donne con vestibolodinia è stata evidenziata un’elevata concentrazione di mastociti, soprattutto in forma de-gra-nulata; l’infiltrato infiammatorio mastocitario è concentrato nella sottomucosa, in particolare in zone adiacenti alle ghiandole vestibo-lari minori.5

ulteriore elemento rilevato rispetto ai controlli, è stata la concen-trazione fino a dieci volte più elevata, di terminazioni nervose libere; in buona sostanza si è riscontrata una correlazione significativa tra il numero totale di fibre nervose vestibolari ed la quantità di mastociti nelle donne con vestibolodinia rispetto ai controlli.

l’alterata percezione periferica dello stimolo doloroso (iperalgesia e/o allodinia) progressivamente induce una modificazione dei circuiti centrali del dolore (spinali e cerebrali), che si abituano a percepire in modo anomalo ed esagerato gli stimoli, perpetuando di fatto il cir-colo vizioso (sensibilizzazione centrale). le ricche connessioni delle vie cerebrali del dolore con la corteccia frontale, sede dell’elabora-zione psico-emozionale del dolore, rendono ragione degli elementi di elaborazione e predisposizione psico-biologica della malattia.

la vulvodinia può essere inserita nell’ambito di una complex Regional Pain Syndrome (cRPS), ossia di una di quelle sindromi complesse caratterizzate da dolore cronico distrettuale di tipo neuro-patico e che includono: a. Dolore provocato e/o spontaneo ( iperalgesia ed allodinia)b. Modificazioni recettoriali periferiche (Sensibilizzazione cen-

trale)la muscolatura del pavimento pelvico assume un ruolo importante

nei meccanismi patogenetici della vulvodinia, ciò in particolare per la frequente condizione di ipertono. 6 l’esplorazione digitale spesso accentua il dolore in corrispondenza dei fasci del muscolo pubococ-cigeo, principale componente muscolare del pavimento pelvico.

Poiché le fibre sensitive e motorie sia della vulva che del muscolo pubococcigeo sono branche del plesso del nervo pudendo, conte-nendo fibre che originano dalle radici nervose di S3 e S4, si è ipotiz-zato che l’ipersensibilità vestibolare destabilizzi la muscolatura del pavimento pelvico. l’ ipertono è la principale alterazione muscolare ma una valutazione elettromiografia può evidenziare altri elementi di alterata funzionalità della muscolatura pelvica,quali un’instabi-lità a riposo ed uno scarso controllo in contrazione e rilassamento. 6 Questo non è fonte di sorpresa, in quanto è ben noto che in ogni area del corpo dove la componente sottocutanea è interessata da uno sti-molo nocicettivo, la struttura muscolare locale reagisce aumentando la propria forza tensiva, come un processo di reazione naturale di difesa finalizzato a proteggere l’area dal dolore. In buona sostanza la tensione muscolare è conseguenza del dolore vulvare. Si è ipotizzato, invece, che la muscolatura pelvica possa svolgere un ruolo prima-rio nell’insorgenza del dolore vestibolare. In pratica l’elevato tono muscolare provocherebbe una prolungata vasocostrizione in grado di indurre un processo ischemico, con liberazione di mediatori algo-geni, istamina in primis. 7

Il circolo vizioso tenderebbe ad auto mantenersi accentuando l‘al-terazione muscolare e la sintomatologia dolorosa vestibolare (reflex sympathetic dystrophy ). A supporto di questa teoria c’è l’osserva-zione che un processo riabilitativo della muscolatura pelvica (bio-feedback elettromiografico) può risolvere la sintomatologia dolorosa vestibolare. le recenti e sempre crescenti acquisizioni riguardo l’ori-gine neuropatica della malattia, unitamente alle osservazioni cli-nico-evolutive della vestibolodinia, pongono fondati dubbi riguardo il ruolo primitivo della muscolatura pelvica nel determinismo della patologia.

Gli elementi fondamentali a supporto di ciò possono essere così riassunti:1. la proliferazione delle fibre nervose vestibolari, come pure i

processi di sensibilizzazione centrale, si sono dimostrati essere elementi alla base della vulvodinia

2. Non esiste una proporzionalità diretta tra la gravità della sintoma-tologia dolorosa ed il grado d’ipertono della muscolatura pelvica

3. In un numero non limitato di pazienti, la riduzione del tono muscolare pelvico non si traduce in una riduzione dell’ipersensi-bilità dolorosa vestibolare

4. la valutazione manuale della muscolatura pelvica, seppur ese-guita in modo empirico e qualitativo, tende ad accentuarsi dopo stimolazione puntiforme tramite cotton (swab test) dei trigger points vestibolari, a dimostrazione di una reazione muscolare di difesa della muscolatura a seguito della percezione dolorosa

5. le modificazioni del tono muscolare (ipertono o spasmo) sono elementi associati tipici e riconosciuti delle sindromi da dolore neuropatico

6. Spesso si assiste ad una correlazione tra la durata di malattia e l’entità del tono muscolare, quasi a suggerire che maggiore è il tempo di percezione del dolore tanto superiore è la reazione di difesa muscolare.

la muscolatura pelvica deve essere valutata palpatoriamente per evidenziare tensione, trigger points di dolorabilità, ipertono, ridotta mobilità ed una anomala percezione sensitiva.

In aggiunta, si deve esaminare la forza contrattile della musco-latura, attraverso l’invito a “stringere e rilassare” i fasci muscolari attorno al dito indice inserito in vagina.

Questo stabilisce il grado di sinergia o dissinergia nel recluta-mento muscolare, che è elemento fondamentale nella scelta di agire attraverso un trattamento riabilitativo. In definitiva, seppure non sia ancora chiaro se sia nato prima “l’uovo o la gallina”, la muscolatura pelvica svolge un ruolo da non trascurare nell’approccio terapeutico alla vestibolodinia, soprattutto nelle donne con malattia presente da molto tempo.

la terapia della vulvodinia non è legata ad un protocollo terapeu-tico standardizzato e l’impostazione della cura deve essere persona-lizzata in relazione alle peculiarità di ogni paziente.

ciononostante il clinico che gestisce la malattia deve costruire un programma che sia razionale, strutturato , multidisciplinare e, soprattutto, scevro da elementi di casualità. Si deduce, pertanto, che la terapia della vulvodinia può prevedere più strumenti da utilizzarsi in modo sincrono o metacrono.

Analizzando gli elementi fisiopatologici basilari della malattia, un orientamento terapeutico prevede l’applicazione di cure nei seguenti campi d’intervento :1. Alterazione delle fibre nervose nocicettive e dei meccanismi di

percezione del dolore a livello del Sistema Nervoso centrale2. Iperattività mastocitaria3. Alterazione del pattern di contrattilità della muscolatura del pavi-

mento pelvico4. Azione sui fattori predisponenti e precipitanti

Alterazione delle fibre nervose nocicettivetENS (transcutaneous Electric Nerve Stimulation). la tecnica

prevede l’applicazione di uno stimolo elettrico nei confronti delle terminazioni nervose sottocutanee; in relazione ai parametri utilizzati ( ampiezza e durata dell’impulso) è possibile agire sulle terminazioni nervose attraverso un meccanismo neurofisiologico mirato. Il mec-canismo d’azione della tens è sostenuto dall’attivazione di sistemi d’inibizione periferica degli stimoli nocicettivi (teoria del “gate con-trol”), nonché dallo stimolo alla produzione e liberazione di oppiodi endogeni, neuropeptidi e neuromediatori ad azione analgesica; entrambi i meccanismi d’azione non hanno una semplice azione sin-tomatica, ma agiscono con sinergia e gradualità ottenendo una sorta di “reset” del sistema nocicettivo, che si era abituato a veicolare in modo anomalo la percezione del dolore (iperestesia ed allodinia). l’efficacia della tecnica è stata validata in uno studio randomizzato con placebo, nel quale si è evidenziata una percentuale di efficacia nel 75% delle pazienti; in questo caso i parametri di stimolazione sono stati scelti tenendo conto di due aspetti: le caratteristiche delle sottopopolazioni delle fibre nervose (C, Aβ ed Aδ), e la peculiarità della mucosa vestibolare, sito dove viene posizionata la sonda che emette lo stimolo elettrico. 8

tERAPIA FARmAcOlOGIcA. tra i farmaci il principio attivo maggiormente utilizzato è l’amitriptilina; questa sostanza esercita un’inibizione noradrenengica e serotonergica della ricaptazione agendo primariamente sui recettori nocicettivi. Nella vulvodinia, l’amitriptilina ha evidenziato una percentuale di risposta positiva in circa il 50-60 % dei casi ; si raccomanda di incominciare con una dose compresa tra i 5 mg ed i 25 mg, incrementando di 10-25 mg la settimana, generalmente senza superare i 150 mg al giorno. 1 Gli effetti collaterali sono spesso un fattore limitante al raggiungimento della dose terapeutica (secchezza delle fauci, sonnolenza, aumento di peso corporeo, tachicardia e disturbi dell’accomodazione visiva). l’utilizzo appropriato di alcuni gruppi di farmaci, come gli anticon-vulsivanti, poggia sulla loro azione modulatrice nei confronti dei neurotrasmettitori (GAbA). la conversione di glutammato (azione eccitatoria) in GAbA (azione inibitoria) e l’antagonismo nei con-fronti dei recettori NmDA sono i punti cardine dell’efficacia tera-peutica di questi farmaci. Il principio attivo maggiormente utiliz-zato è la gabapentina, segue la più recente evoluzione pregabalina. complessivamente è riportata una risposta clinica pari al 65% dopo terapia con gabapentina. 1 Gli effetti avversi più comuni in corso di terapia con gabapentin e pregabalina sono vertigini e sonnolenza. E’ consigliabile associare farmaci differenti (ad es. amitriptilina+ gaba-pentina) per sfruttare l’azione sinergica di principi attivi differenti, consentendo di ridurre la posologia, per attenuare gli eventuali effetti collaterali.

Iperattività mastocitariaAlIAmIDI la palmitoiletanonolamide (PEA), fisiologicamente

sintetizzata nel tessuto quando lo stimolo mastocitario diviene sovra massimale, controlla il tono degranulatorio del mastocita, attraverso

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un meccanismo noto con l’acronimo AlIA (Autocoid local Injury Antagonism). la Politadina, glucoside naturale è in grado di svolgere un’importante azione antiossidante, contrastando la degranulazione mastocita ria indotta dallo stress ossidativo. l’associazione di questi due principi attivi può essere un ottimo coadiuvante nel controllo della risposta infiammatoria propria dell’innesco, del mantenimento e della riattivazione delle alterazioni neuropatiche proprie della vul-vodinia.

tERAPIA INFIltRAtIVA VEStIbOlARE In casi selezionati possono essere efficaci infiltrazioni sottomucose vestibolari di cor-tisonico e anestetico locale (metilprednisone o betametasone con lidocaina).9 la rapida interruzione del sintomo, l’azione antiinfiam-matoria, e l’effetto inibitorio esercitato sulle nervose, giustificano l’efficacia di questa strategia.

Alterazione del pattern di contrattilità della muscolatura del pavi-mento pelvico

bIOFEEDbAcK ElEttROmIOGRAFIcO la tecnica, messa a punto da blazer,10 utilizza un elettromiografo di superficie colle-gato ad un sensore endovaginale. In questo modo, la paziente ha una visione di ritorno di quello che sta facendo e quindi ha la possibilità di vedere se esegue correttamente l’esercizio affidatogli dal terapeuta ed eventualmente di correggersi. la finalità della terapia è consentire alla paziente d’imparare a controllare la muscolatura pelvica, ridu-cendo progressivamente l’ipertono che la caratterizza. A differenza della tENS, il biofeedback elettromiografico non è facilmente ripro-ducibile e risente di due fattori limitanti: l’esperienza del terapista che lo coordina e la compliance della paziente (protocolli domiciliari ripetitivi e di lunga durata) come dimostrato da un elevato numero di drop-out se comparato ad una tecnica invasiva quale la chirurgia.

Azione sui fattori predisponenti e precipitantiFAttORI bIOlOGIcI Particolare attenzione deve essere posta

nella diagnosi e cura di episodi infettivi quali le candidosi, che devono essere approcciate in modo adeguato e competente. Fonda-mentale è adottare adeguate norme comportamentali migliorano l’ef-ficacia del trattamento ed aiutano ridurre le recidive. tra queste: - Indossare biancheria intima di cotone bianco e pantaloni comodi

ed ampi

- usare detergenti intimi adeguati: delicati, non profumati - Evitare esercizi fisici che comportino un eccessivo sfregamento e

frizione sulla regione vulvare (Es.bicicletta, ciclette o spinning)FAttORI PSIcOGENI un supporto psicoterapeutico può essere

utile, in particolare quando in anamnesi si evidenzino elementi rife-ribili a traumi psichici, abusi fisici o sessuali.

bIblIOGRAFIA1. Haefner, H.K., collins, m.E., Davis, G.D., et Al. the vulvodynia guide-

line, J lower Genital tract Disease, 9 (2005) 40-51.2. Sarma, A.V., Foxman, b., bayirli, b., Haefner, H. and Sobel, J., Epi-

demiology of vulvar vestibulitis syndrome; an exploratory case-control study, Sex trans Inf, 75 (1999) 320-6.

3. babula, O., Danielsson, I., Sjoberg, I., ledger, W.J. and Witkin, S.S., Altered distribution of mannose-binding lectin alleles at exon I codon 54 in women with vulvar vestibulitis syndrome, Am J Obstet Gynecol, 191 (2004) 762-6.

4. Gerber, S., bongiovanni, A.m., ledger, W.J. and Witkin, S.S., Defec-tive regulation of the proinflammatory immune response in women with vulvar vestibulitis syndrome, Am J Obstet Gynecol, 186 (2002) 696-700.

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parto e dolore, dolore nel post partoG. GARIGlIOOstetrica – Torino

Il dolore durante il travaglio ed il parto è un dolore finalizzato alla nascita. Infatti la sensazione nocicettiva, che normalmente ha un significato protettivo, in questo momento non rappresenta un sintomo di possibile danno bensì il segnale di un evento biologico. Se da un lato il dolore da parto è dovuto a cause meccaniche come la dilatazione del collo uterino, la compressione articolare della pelvi, lo stiramento muscolare e legamentoso e a cause metaboliche (ischemia e acidosi a livello uterino), dall’altro lato la componente psicologica, dovuta all’ansia e alla paura dell’ignoto nella primi-para, gioca comunque un ruolo importante.

Nella dinamica del parto la possibilità di movimento reciproco tra le ossa del bacino, la mancanza di organizzazione di tipo fibro-tico a carico dei legamenti, dei muscoli e delle fasce della pelvi favorisce un’armoniosa sinergia d’azione. l’utero si adatta con un movimento elicoidale durante lo sviluppo fetale, il feto percorre il canale da parto con un movimento a spirale ed il bacino lo accom-pagna con un movimento analogo. Qualora ci siano delle restrizioni di movimento dovute a traumi diretti e iatrogeni, posture lavorative scorrette, processi infiammatori, tensioni durali per problematiche di tipo cranio-sacrali e difetti sensoriali, la dinamica sarà sicura-mente penalizzata, con un periodo espulsivo più lungo e doloroso.

Inoltre non bisogna dimenticare l’importante impegno cardio-circolatorio per il quale la donna della società moderna, molto spesso costretta ad un’attività sedentaria, non è preparata.

Nell’ottica di una prevenzione primaria, l’approccio ottimale prevede:• analisi osteopatica prima del concepimento• analisi del benessere perineale prima del concepimento • al 5° mese di gravidanza inizio del lavoro muscolare globale

con particolare attenzione alla zona perineale, tramite esercizi isotonici , propriocettivi e di stretching. Inoltre l’esercizio fisico costante e controllato riduce l’incidenza di ipertensione e di iperglicemia migliorando lo stato psichico della donna

• controlli osteopatici a cadenza mensile, ogni 15 giorni in caso di algie

Durante tutta la gravidanza, salvo controindicazioni mediche,

è opportuno un allenamento cardio-circolatorio aerobico. la gra-vidanza ed il parto determinano importanti sollecitazioni schele-triche muscolari e perineali con insorgenza di disagio e dolore; durante gli sforzi espulsivi tutte le strutture del pavimento pelvico (muscoli, fasce, mucosa vaginale, cute tessuto connettivo, nervi pudendi) vengono distese, lacerate (o tagliate mediante episio-tomia) con conseguente insorgenza di un deficit funzionale del pavimento pelvico.

Nel post-parto tali disfunzioni perineali possono comportare pro-blematiche di tipo urologico (ritenzione urinaria con sovra disten-sione vescicale, IuS), proctologico (emmorroidi, incontinenza anale a gas/ feci), ginecologico (alterazione della statica pelvica con insorgenza di dolori addominali, dismenorrea secondaria) e sessuali (dispareunia superficiale - media - profonda). l’episio-tomia può inoltre determinare l’insorgenza di episodi di gonalgia mediale (per interessamento del nervo otturatore).

Nel periodo post-parto, oltre al dolore causato da problematiche ostetriche, non bisogna dimenticare:− i dolori di tipo meccanico (legamenti, capsule, articolazioni,

muscoli, nervi) che vedono principalmente coinvolte la zona sacro-iliaca, lombo-sacrale, sacro-coccigea

– i dolori tipo emicrania da lesione coccigea e la cefalea, spesso correlati alla tensione durale causata dall'anestesia peridurale

− il dolore cervicale talvolta riconducibile ad aderenze della cica-trice del taglio cesareo.

Infine, nel postpartum, durante la fase involutiva che coinvolge tutti gli organi pelvici ed addominali, che in gravidanza si erano adattati allo sviluppo verticale uterino, può verificarsi un ripristino non armo-nioso della mobilità e della motilità dei visceri che può a sua volta causare disturbi neurovegetativi e dolori in diverse zone del corpo.

bIblIOGRAFIA:1. balaskas J. manuale del parto attivo. Red: como 1987.2. blandine calais-Germain. le périnée fèminin et l’accouchement. Dés

Iris méolans-Revel: 2000.

8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche

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3. Di benedetto Paolo. Piacere e Dolore. libreria Goliardica, maggio 1997.

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6. Souchard P.E. basi del metodo di rieducazione posturale globale. Ed. marrapese: Roma 1994.

ausili per la continenza

Conoscere gli ausili assorbenti: materiali, tecnologia e caratteristiche da considerareP. FERRONI Infermiera - Perugia

Può sembrare strano leggere “conoscere gli ausili assorbenti…” perché cHI non conosce un “ausilio assorbente” (pannolino o pannolone che dir si voglia..)? Siamo bombardati dalla pubbli-cità sugli assorbenti: televisione, radio, giornali…tutti parlano di “piccole o grandi perdite…”, tutti affermano che l’assorbente migliore è quello da loro proposto. Piccolo e invisibile ma superas-sorbente… con le strisce o come mutandina, alta o bassa, sgambata o a rete…! Nessuno si azzarda mai, però, a dire che l’incontinenza urinaria è un problema, un serio problema, e non basta “coprirlo” con un po’ di fluff, un pizzico di cellulosa e un velo di tNt… certo…non conviene parlarne, non è produttivo! c’è mai stato qualcuno che ci abbia informato su come deve essere fatto un ausi-lio assorbente, quali sono le ultime tecnologie e le caratteristiche utili per la scelta? Il Decreto del ministero della Sanità -27 agosto 1999, n. 332 - Nomenclatore tariffario delle Protesi – riguardo agli ausili assorbenti spiega chiaramente come devono essere compo-sti e le ditte che producono tali ausili sono obbligate a fornire un prodotto che abbia le caratteristiche richieste per essere distribuiti. In queste due pagine cercherò di spiegare cosa sia questo piccolo ausilio sia a livello nazionale, ma possiamo tranquillamente dire mondiale, ricopre una grossa fetta della spesa pubblica sia riguardo al suo consumo, che al suo smaltimento. Nella categoria degli ausili assorbenti rientrano:• Pannolone a mutandina• Pannolone sagomato• Pannolone e pannolino rettangolare• Raccogli gocce• traverse assorbenti

Iniziando proprio da quest’ultima, la traversa assorbente è un ausilio non indossabile ed è composto da un supporto in materiale impermeabile e da un tampone assorbente in fluff di pura cellulosa, con o senza polimeri superassorbenti, ricoperto di un telino in tNt ipoallergenico, nel lato rivolto all’utilizzatore, con una superficie assorbente non inferiore al 75% della superficie totale, di taglia grande o piccola con bordi rimboccabili e no.1

Il raccogli gocce è un ausilio assorbente, indossabile, solo per incontinenza maschile. Ha la forma di “marsupio” e la sua compo-sizione è uguale a quella dei pannoloni/pannolini.

I pannolini/pannoloni usa-e-getta sono nati nel 1961 per opera di un ingegnere chimico americano. Prima di tale data venivano usate pezze di cotone (a volte con carta o tessuto assorbente centrale) fermate in vita con delle spille chiamate “da balia” poiché, allora, i pannoloni erano usati solamente per i neonati, non si pensava cer-tamente al loro utilizzo nell’incontinenza. All’inizio i pannoloni furono accolti con diffidenza ed ebbero una diffusione importante soltanto negli anni ’70, quando furono introdotti il nastro adesivo per la chiusura e la forma modellata “a clessidra”. All’inizio era una misura unica, poi ci fu l’aumento delle taglie disponibili e la diffusione mondiale del prodotto. Negli anni ‘80 furono introdotte altre importanti novità: il gel assorbente (che permise di ridurre il volume di circa il 50%), gli elastici sulle gambe, gli adesivi in posi-zione frontale. le problematiche legate all’uso di quest’ausilio e le complicanze che spesso erano legate all’uso improprio dei mate-riale, o materiale scadente, o non a norma o non ancora testato, ha portato gli scienziati, i tecnici e quindi le ditte produttrici, a cercare sempre di ottenere “il prodotto migliore”.

l’ausilio assorbente, dal punto di vista delle prestazioni, deve garantire principalmente la capacità di assorbimento e il comfort.

la capacità di assorbimento viene valutata attraverso parametri come la velocità di assorbimento, la diffusione radiale del liquido assor-bito, il rewetting (rilascio del liquido assorbito) e l’assorbimento totale. Il comfort oltre che dipendere “dall’essere asciutti”, dipende anche dal fatto che l’ausilio non deve rilasciare odori sgradevoli, deve essere invisibile, sicuro e, soprattutto, non deve creare compli-canze come dermatiti, candidosi, ulcere, decubiti, infezioni vesci-cali ecc…. Per riuscire ad ottenere questi risultati c’è bisogno di

materiali sempre più specifici e sempre più perfetti e una tecno-logia che riesca ad amalgamare il tutto per creare poi “il prodotto migliore”. Il ministero della Salute (con il Nomenclatore tariffario delle Protesi), ha stabilito che l’ausilio per l’assorbenza, per essere certificato “di legge” e concesso agli aventi diritto (ma con un tetto massimo di 150 pz. mensili), debba avere delle caratteristiche ben precise che rispettino dei parametri stabiliti dal ministero della Salute e dall’unione Europea atti a preservare il benessere della persona. Questi parametri vengono certificati dal SINAl che è un Organismo di Accreditamento indipendente e che rappresenta tutte le parti interessate alla costruzione e mercerizzazione del prodotto, e che garantisce agli utenti, attraverso verifiche tecniche periodi-che, la competenza e imparzialità dei laboratori che devono ese-guire le prove per l’Accreditamento.2

Il ministero della Salute raccomanda quanto segue: “L’ausi-lio assorbente deve essere composto da un supporto di materiale esterno impermeabile….; confezionato con sistema di fissaggio per chiusura in vita, con elastici ai bordi longitudinali per assi-curare una maggiore tenuta; con fluff di pura cellulosa, di forma sagomata di spessore maggiore nella parte centrale, con o senza polimeri superassorbenti, ricoperto di un telino in TNT ipoallerge-nico nel lato a contatto con la pelle”. Requisiti funzionali:• velocità di assorbimento non inferiore a 2ml/sec (metodica n.

001NMC93)• rilascio di umidità non superiore a 1 gr. (metodica n.

002NMC9)• assorbimento specifico non inferiore a 7 gr/g (metodica n.

003NMC93)le moderne tecnologie riguardo alla produzione e all’uso di

questi materiali, hanno portato ad avere in commercio numerosi tipi di ausili tanto da essere catalogati a seconda della forma, delle caratteristiche e dell’uso che ne verrà fatto. Abbiamo ausili per una lieve/leggera, moderata o grave incontinenza che, a loro volta, si distinguono per lunghezza, forma e spessore.

Rispetto al potere assorbente questo è diviso su vari livelli e, a ogni livello, si possono trovare una o più scelte… E’ una giun-gla…! E allora qual è l’ausilio migliore? Quale la caratteristica da tenere in considerazione? ci sono due tipi di caratteristiche da con-siderare.

la prima è di carattere “tecnico”. l’ausilio assorbente deve essere fabbricato secondo le direttive del ministero della Salute e deve essere gestito nella giusta maniera (scelta del giusto presidio, igiene della persona, sostituzione quando necessaria) per evitare tutte quelle complicanze legate al suo uso improprio (dermatiti, candidosi, ulcere, decubiti, infezioni vescicali ecc…). Deve inoltre garantire all’utente un comfort fisico e psicologico: non deve fuo-riuscire l’urina, non deve emanare cattivo odore e deve essere il più possibile discreto.

la seconda è di carattere “sociale”. l’incontinenza urinaria non è ancora considerata, a livello nazionale, una patologia invalidante e quindi sono poche le persone che possono usufruire gratuitamente dell’ausilio. la spesa per la fornitura dei pannolini/pannoloni va a pesare sul bilancio familiare. I pannolini hanno un costo che varia da 5 a 15 Euro, a seconda della quantità (20-30 pz.) mentre il pan-nolone varia dai 18 a 25-28 Euro (20-30pz.) e, spesso, non ne basta un pacco al mese.. senza poi considerare che la persona inconti-nente non usa solo questi ausili per il suo problema!

l’ultimo aspetto, ma non meno importante, che è ancora preso poco in considerazione, è l’impatto ambientale che hanno i panno-lini/pannoloni usa e getta. E’ stato preso in esame solo il consumo di pannolini per bambini perché le altre tipologie sono così tante e varie che è impossibile fare un conteggio appropriato. E’ stato calcolato che ogni bimbo, alla fine del terzo anno di vita, ha usato una tonnellata di pannolini per un costo approssimativo di 1.100-1900 Euro.

In Italia ogni giorno vengono utilizzati almeno sei milioni di

AA. VV.

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pannolini usa e getta, che in un anno corrispondono a 2 miliardi e 190 milioni di pannolini di plastica, «con un impatto ambientale enorme». ci sono alternative a tutto questo? Sono già in commer-cio (ma poco in Italia) i pannolini ecologici oppure i lavabili. Sono pannolini di cotone 100% biologico, non sbiancati e con la stessa forma di quelli usa e getta. Sopra il pannolino s’infila una mutan-dina in microfibra, composta da poliestere e poliuretano che, grazie alla sua natura, permette all’aria di passare, ma non all’acqua di fuoriuscire. Altra alternativa sono i pannolini usa e getta in materiali meno inquinanti o completamente biodegradabili (ma sono un po’ costosi). Esistono dei pannolini semi-ecologici (più del 50% della cellulosa utilizzata proviene da fonti rinnovabili, non sono sbian-cati, hanno una confezione completamente biodegradabile). Infine, l’ultima scoperta, sono i pannolini monouso interamente biodegra-dabili (in 45 giorni, dice uno dei produttori) realizzati con materiali ricavati dagli zuccheri degli amidi vegetali come il mais.3

Per concludere questo excursus, su quelli che sono gli ausili assor-benti, si può dire che la cosa di cui non difettano è la “varietà” che porta la persona ad avere sicuramente un vasto potere di scelta. Non sempre però la quantità corrisponde alla qualità e quindi è indispen-sabile che gli operatori sanitari educhino le persone incontinenti a scegliere il presidio migliore secondo quelli che sono le loro neces-sità e i loro diritti. In alcuni casi, però, (come gli ausili concessi dal Nomenclatore) la scelta non è della persona o degli operatori, ma dei Distretti Sanitari o delle Aziende Ospedaliere che spesso, pur-troppo, preferiscono il minor prezzo alla maggiore qualità e questo

può dar luogo a tutte quelle complicanze legate all’uso improprio dell’ausilio. A volte però, la scelta dipende dal costo che il pro-dotto ha al pubblico e quindi, la persona non riconosciuta invalida, sceglierà il prodotto migliore a seconda di quanto costa sperando che tutto vada bene. come si può ovviare a tutto questo? Intanto si potrebbe dare modo, a tutte le persone incontinenti, di poter usu-fruire gratuitamente degli ausili per l’assorbenza, riconoscendo l’incontinenza come una patologia invalidante sia essa provvisoria o definitiva e che questo valga su tutto il territorio nazionale. Si potrebbero educare gli operatori sanitari su come devono essere gli ausili di assorbenza, i parametri che devono rispettare, il modo migliore di gestirli così, a loro volta, gli operatori potranno educare e aiutare le persone a scegliere l’ausilio più idoneo per il loro caso lasciando sempre e comunque a loro, la scelta finale dell’ausilio. ma soprattutto, prima ancora di arrivare all’uso di pannolini o pan-noloni, le persone vanno educate al fatto che l’incontinenza uri-naria, prima di risolverla o nasconderla indossando un pannolino, va affrontata, condivisa e riabilitata e poi, se serve, si usa anche il pannolino… ma non solo quello!

bIblIOGRAFIA:1. Decreto del ministero della Sanità -27 agosto 1999, n. 332- Nomencla-

tore tariffario delle Protesi2. S.I.N.A.l. – SIstema Nazionale per l’Accreditamento dei laboratori3. FARE – movimento Ecologista Europeo

La realtà italiana tra prescrivibilità e appropriatezza prescrittivaA. bIROlIFisiatra - Torino

I livelli essenziali di assistenza (lEA) garantiscono al cittadino la fornitura dei cosiddetti ausili per l’incontinenza, con questi inten-dendosi i prodotti monouso per la gestione della disabilità vescico-sfinterica che comprendono assorbenti, raccoglitori di urine e cate-teri vescicali con relative sacche di raccolta.

Ogni categoria di prodotti viene identificata attraverso un codice ISO e catalogata nel nomenclatore tariffario. Allo stato attuale il nomenclatore tariffario ancora vigente è quello pubblicato sulla G.u. 227, del 27-9-1999 suppl 176/l. le voci in esso contenute prevedono : • ausili assorbenti (pannoloni a mutandina, pannoloni sagomati,

pannoloni rettangolari) • ausili per incontinenza come il catetere esterno o condom• cateteri vescicali (per cateterismo a permanenza in diverso

materiale, per cateterismo intermittente con o senza sistema autolubrificante, con o senza sacca integrata, sacche di raccolta urine)

come per molti altri ausili, l’evoluzione tecnica ha portato, negli anni seguenti alla definizione del nomenclatore, alla commercia-lizzazione di diversi tipi di prodotti, non rientranti necessariamente nelle suddette categorie identificate col codice ISO. Pertanto per venire incontro alle esigenze del cittadino si è fatto ricorso allo strumento della riconducibilità, cioè della prescrizione di ausili con caratteristiche similari, con tutti i limiti e le disomogeneità prescrit-tive di una soluzione di questo tipo.

Vi sono però alcuni elementi che differenziano profondamente gli ausili per incontinenza da altre categorie di ausili contenute nel Nomenclatore. Innanzitutto, nonostante il basso costo unitario, il numero elevato sia di unità prescritte annualmente ad un soggetto, sia di soggetti che ne necessitano rende questa categoria la più eco-nomicamente rilevante di tutto il tariffario (dati ministeriali attri-buiscono loro il 64% della intera spesa di tutti gli ausili erogati, compresi ausili di per sé molto più costosi quali le carrozzine elet-triche). Inoltre sono peculiari le caratteristiche degli utenti che ne usufruiscono, che possono avere disabilità gravi e complesse ma anche presentare l’incontinenza in maniera isolata, essendo pos-sibile un quadro di invalidità legata unicamente a questo aspetto. tali elementi rendono l’argomento ausili per incontinenza una materia particolarmente pregnante e attuale nella gestione sanitaria di ogni singola Regione, configurandosi allo stato attuale come un problema che è stato risolto in maniera diversificata a partire da ogni singola Azienda Sanitaria locale. Il quadro della prescrizione e fornitura degli ausili per incontinenza si presenta in effetti attual-mente molto disomogeneo in diverse ASl e in diverse Regioni. Gli elementi che principalmente identificano le differenze sono:• il prescrittore

• gli aventi diritto • i tempi di validità della prescrizione• le modalità di fornitura e distribuzione dei prodotti• le tipologie di ausili prescrivibili

Il prescrittore può essere a seconda delle situazioni il medico di medicina generale e lo Specialista operante nella struttura pub-blica. Generalmente il medico di medicina Generale (mmG) può intervenire nel caso di prescrizione di ausili assorbenti, laddove lo Specialista interviene in caso di necessità di cateteri e sacche. In tal caso la richiesta del mmG viene semplicemente “autorizzata” dal responsabile dell’ufficio protesi e ausili. In alcune ASl il mmG può prescrivere tutti gli ausili per incontinenza. In altre realtà ancora il mmG si limita a effettuare una prescrizione di visita spe-cialistica presso le Strutture di assistenza riabilitativa ausili, lad-dove viene prescritto quanto necessario. In alcune ASl il medico invece richiede una visita specialistica (urologica, fisiatrica, geria-trica, neurologica a seconda delle situazioni e delle ASl) da dove scaturirà la prescrizione. Infine in altre Aziende la prescrizione di pannoloni e traverse non richiede una visita medica ma una valu-tazione tecnica per incontinenza effettuata in collaborazione con l’infermiera della azienda stessa. ciò che comunque deve scaturire dall’insieme delle informazioni al fine di una prescrizione è la dia-gnosi, la quantità e la qualità degli ausili. I soggetti aventi diritto sono gli invalidi civili, ma nel caso degli ausili monouso sono tali anche i portatori di catetere e i soggetti affetti da incontinenza sta-bilizzata, che hanno diritto ad una fornitura temporanea del periodo massimo di 1 anno, durante il quale attivare le pratiche per la cer-tificazione di invalidità. In alcune ASl viene peraltro richiesta la documentazione di attivazione almeno della pratica di invalidità stessa prima della fornitura. Il programma terapeutico va in alcune realtà ripetuto ogni anno, essendo comunque possibile variare la fornitura quando reso necessario dalle condizioni cliniche anche in anticipo oppure il programma può essere considerato valido più a lungo, anche in considerazione delle indicazioni del prescrittore, potendo avere carattere definitivo. l’autorizzazione, previa verifica amministrativa della titolarità dell’avente diritto e della correttezza della prescrizione (che non deve superare il tetto massimo consen-tito), ha generalmente validità annuale o trimestrale.

le modalità di fornitura e distribuzione possono variare in quanto l’erogazione degli ausili può essere effettuata direttamente dalle Aziende Sanitarie (sistema distributivo diretto) o mediante l’utilizzo di fornitori (farmacie, aziende ortopediche e sanitarie) cioè con sistema distributivo indiretto. la distribuzione può essere effettuata nei locali del fornitore preposto, sia esso l’ASl, la far-macia o l’azienda ortopedica o al domicilio dei pazienti o presso le strutture residenziali. la fornitura può inoltre essere caratteriz-

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zata in alcune ASl dalla possibilità di “libera scelta”, cioè il cit-tadino può scegliere, all’interno della gamma di prodotti che rien-trano in un codice identificativo ISO, il prodotto della marca e del modello che preferisce. In molte ASl invece al cittadino a fronte di un codice ISO viene fornito un unico prodotto che risulta essere quello definito dalla ditta aggiudicataria di una gara d’appalto per gli ausili, senza possibilità di scelta del prodotto. In alternativa ancora l’ASl può autorizzare gli utenti a rifornirsi di un prodotto diverso da quello risultante dalla eventuale gara, presso una farma-cia o sanitaria, pagando la eventuale differenza.

Per quanto concerne gli ausili prescrivibili, il nomenclatore tariffario prevede, come detto in precedenza, una serie di voci con relativo codice ISO che non sono in grado di coprire la gamma di prodotti attualmente esistenti. la Regione Piemonte per superare tale limitazione ha previsto l’ampliamento dei prodotti prescrivi-bili aggiungendo una serie di prodotti quali il pannolino sagomato per incontinenza leggera, il pannolino per incontinenza da uomo,

il pannolino a mutandina tipo pull-up e il pannolino a cintura con relativi codici ISO. Peraltro con la medesima delibera che istituisce queste nuove voci si specifica che il tetto massimo di costo non varia, intendendosi che l’introduzione di prodotti anche cosiddetti innovativi non deve andare a discapito dei limiti di budget. Per i prodotti innovativi la regione permette inoltre al prescrittore di indicare marca e modello del prodotto in una ottica di appropria-tezza prescrittiva.

Il futuro della prescrizione ausili dell’incontinenza veniva defi-nito con la proposta dei nuovi lEA del 2008 attraverso la salva-guardia del principio di libera scelta e l’introduzione di nuove categorie di prodotti, prospettando la produzione di un repertorio degli ausili monouso. Allo stato attuale peraltro i nuovi lEA non sono ancora attivi e sarà da valutare come il Sistema Sanitario Nazionale si muoverà tra le diverse esigenze di contenimento dei costi, controlli delle prescrizioni per evitare sprechi, esigenze del cittadino e appropriatezza delle prescrizioni.

Incontinenza fecale

La manometria anorettale nell’incontinenza anale: indicazioni, reale utilitá e tecniche di esecuzioneF. PuccIANIChirurgo Proctologo - Firenze

la manometria anorettale è una tecnica diagnostica funzionale, specifica per lo studio dei disordini della defecazione, che, nel caso dell’incontinenza fecale, offre dati decisivi per la comprensione della sua fisiopatologia e per la strategia terapeutica da adottare.

utile premessa è ricordare che l’incontinenza fecale è spesso di origine multifattoriale perché conseguenza di coesistenti altera-zioni di alcuni meccanismi deputati alla continenza (sfinteri anali, sensazione rettale, capacità rettale, integrità del pavimento pelvico e della sua innervazione, consapevolezza corticale, volume e con-sistenza delle feci). Il “work-up” diagnostico dell’incontinenza fecale si basa pertanto su tecniche di imaging (ecografia endoanale, defeco-RmN), che identifichino le lesioni anatomiche pelvi-peri-neali, e su tecniche funzionali (manometria anorettale, test neu-rofisiologici anali) che valutino la funzione neuromuscolare del complesso anorettale. la diagnosi finale è concretizzata dall’inte-grazione dei dati ottenuti dalla varie tecniche ed in questo contesto la manometria anorettale è abitualmente utilizzata per identificare difetti della funzione sfinteriale anale, alterazioni della sensazione rettale, modificazioni della “compliance” (distensibilità) rettale. A dire il vero, però, la sua utilità clinica è limitata dall’assenza di standardizzazione di protocolli operativi e di valori di normalità universalmente accettati, cosa che rende poco comparabili lavori scientifici realizzati in sedi diverse1. In ogni caso la manometria anorettale è considerata una tecnica di grande importanza per la diagnosi ed il trattamento dell’incontinenza fecale2.

l’esecuzione routinaria della manometria anorettale contempla diverse fasi:a) Esplorazione dell’apparato sfinteriale anale, nelle sue compo-

nenti liscia e striata. la pressione basale del canale anale (ARP: Anal Resting Pres-

sure) riflette le attività toniche dello sfintere anale interno (55% dell’ARP) e dello sfintere anale esterno (30% dell’ARP) con una modesta partecipazione dei cuscinetti emorroidari (15% dell’ARP)3.

la contrazione massima volontaria (mVc: Maximal Voluntary Contraction), ottenuta richiedendo la contrazione massima del-l’ano, riflette l’attività contrattile dello sfintere anale esterno.

b) Valutazione del riflesso rettoanale inibitorio (RAIR: Recto-Anal Inhibitory Reflex). Il RAIR è il riflesso inibitorio dell’attività tonica dello sfintere anale interno, indotto dalla distensione del-l’ampolla rettale. Esso è parte del riflesso di campionamento che permette la tipizzazione del contenuto rettale, innescando l’atto defecatorio o l’emissione di gas4,5.

c) Rilevazione della sensazione rettale. la percezione volumetrica di feci o gas nel retto è riprodotta tramite la distensione di un palloncino a volumi crescenti. Il volume soglia di percezione cosciente (cRSt: Conscious Rectal Sensitivity Threshold) è il più basso volume percepito. la sensazione costante (cS: Con-stant Sensation) indica il volume che richiede la defecazione. Il volume massimo tollerato (mtV: Maximal Tolerated Volume) misura la soglia massima del volume che richiede, per la sensa-zione di dolore, un’urgenza defecatoria.

d) monitoraggio della compliance rettale. misurata dai rapporti pressione/volume dati da volumi crescenti di distensione rettale, esprime l’adattamento della parete rettale al riempimento fecale dell’ampolla rettale.

una recente innovazione tecnologica (manometria anorettale ad alta risoluzione) sembra proporre interessanti espansioni diagnosti-che6. un catetere allo stato solido, dotato di 36 sensori circonferen-ziali, rileva le pressioni retto-anali, tramite una rappresentazione grafica con una scala colorimetrica, della registrazione pressoria di tutto il tratto esaminato. Allo stato attuale, pur rilevando le stesse misurazioni della manometria tradizionale a perfusione, sembra offrire in più la valutazione della coordinazione retto-anale “in toto” durante le varie fasi di registrazione. Indipendentemente dalla modalità tecnica di registrazione pressoria, la manometria anoret-tale suggerisce quali meccanismi della continenza siano alterati nei pazienti affetti da incontinenza fecale. la riduzione della pressione basale del canale anale richiama la possibilità che vi sia una lesione sfinterica, soprattutto se registrata nei pazienti affetti da “passive incontinence”7: uno studio recente ha dimostrato una correlazione positiva tra riduzione della ARP e presenza di difetti sfinteriali rilevati dall’ecografia endoanale8. Si deve però sottolineare che il potere discriminativo dei dati dell’ARP tra continenti ed inconti-nenti è basso, con ridotta sensibilità e specificità, a causa del range piuttosto largo dei valori di normalità pressoria9. In ogni caso la manometria anorettale è più precisa dell’esplorazione rettale nella valutazione del tono sfinterico anale10. l’alterata contrazione volon-taria sfinterica, ridotta nella sua ampiezza e/o nella sua durata, è correlata con disfunzioni dello sfintere anale esterno ed è un reperto tipico dei pazienti con “urge incontinence”7. l’ausilio della ecogra-fia endoanale e dei tests neurofisiologici permetterà di identificare lesioni dello sfintere anale esterno o neuropatie del pudendo come cause della disfunzione sfinterica. Significativo è il prolungamento della durata del RAIR nell’incontinenza fecale idiopatica11 ed in alcuni pazienti con “fecal soiling”12. Nel caso di volumi fecali che inducano un RAIR di durata prolungata, in presenza di una povera contrazione riflessa sfinterica e di una soglia di percezione del bolo fecale superiore a quella che innesca il riflesso, è possibile che si verifichi la perdita inconsapevole di materiale fecale. Nel caso di ridotta percezione del bolo fecale (> cRSt, > cS) si riduce la sen-sazione della distensione rettale che stimola abitualmente la con-trazione volontaria sfinterica per procrastinare la defecazione. Se le feci non sono percepite, in assenza di tale contrazione, si verifica l’episodio di incontinenza fecale. un’alterata compliance del retto può contribuire all’incontinenza fecale. una riduzione della disten-sibilità del retto, come nel caso di proctiti, radioterapia, “sphincter saving operations”, riduce la capacità di adattamento tonico del retto ai volumi fecali e ne scatena le contrazioni fasiche riflesse con conseguente “urge incontinence”. l’utilità diagnostica della manometria anorettale si riflette sulla strategia terapeutica: i dati manometrici sono determinanti nel fornire utili suggerimenti per il trattamento dell’incontinenza fecale. Nell’ambito del trattamento riabilitativo la manometria anorettale serve da guida per la scelta

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della tecnica riabilitativa da adottare: il biofeedback e la chinesi-terapia pelviperineale sono utilizzati nel caso di ridotta pressione basale e di debole contrazione volontaria sfinterica, la riabilitazione volumetrica è indicata nei pazienti con ridotte sensazioni rettali ed in quelli con alterata compliance13,14. Nel caso di opzione chirurgica per lesioni sfinteriali, un’ARP < 10 mmHg e una mVc < 40 mmHg sono considerati valori di “cut-off” per la scelta di un’“overlapping sphincteroplasty”15. Gli stessi valori identificano i pazienti con prolasso del retto che sono ad alto rischio per incontinenza fecale post-operatoria, con il suggerimento alla modifica dell’opzione di semplice correzione chirurgica del prolasso16.

In conclusione, la manometria anorettale deve essere considerata un importante strumento nel work-up diagnostico dell’incontinenza fecale: offre la possibilità di ottenere dati determinanti per l’inter-pretazione fisiopatologica dei vari modelli di incontinenza fecale e per la scelta del trattamento terapeutico.

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Biofeedback e chinesiterapia: tra razionale, evidenze e protocolliA. bORtOlAmIFisioterapista - Padova

INtRODuZIONEIl biofeedback (bfb) e la chinesiterapia sono tecniche e strumenti

utilizzati nella terapia riabilitativa, compreso l’ambito della riabi-litazione del pavimento pelvico. tra i sintomi ai quali queste sono dirette, è compresa anche l’incontinenza fecale.

RAZIONAlE Il bfb è uno strumento elettromedicale che utilizza tecniche di

apprendimento. con esso le informazioni relative ad un processo fisiologico, normalmente sconosciute alla coscienza del soggetto, sono presentate a questo come segnale visivo e/o uditivo. Nella riabilitazione del pavimento pelvico, e quindi anche per il sintomo incontinenza fecale, il parametro fisiologico rilevato e presentato è relativo all’attività motoria volontaria del pavimento pelvico: specificatamente esso è riferito o alla pressione lungo il canale anale prodotta da tale attività (rilevazione manomatrica), oppure all’attività elettrica muscolare rilevata tramite elettromiografia di superficie. la chinesiterapia, recentemente anche ridefinita come esercizio terapeutico, è una tecnica che utilizza il movimento a scopo terapeutico, ai fini di alleviare i sintomi e/o migliorare una funzione. Nel caso della riabilitazione del pavimento pelvico per incontinenza fecale, il razionale si basa sulla chiusura del canale anale che consegue alla contrazione muscolare del pavimento pel-vico, e più specificatamente, del fascio pubo-rettale e dello sfintere anale esterno. tale contrazione muscolare può essere effettuata anche volontariamente dal soggetto, previo apprendimento di tale azione, così da incrementare i parametri muscolari e da poterla uti-lizzare quando si possano presentare i sintomi relativi all’incon-tinenza fecale. In generale, utile può risultare, ai fini terapeutici riabilitativi, l’individuazione della componente causale dell’incon-tinenza fecale; essa infatti può essere riferita sia ad una causa sfin-teriale, sia rettale. la prima risulta dovuta ad una danno a tale zona (es. trauma da parto, ecc.), la seconda ad un deficit di compliance dell’ampolla rettale (es.: inevitabile esito di chirurgia ano-rettale, ecc.). A seconda della componente che causa l’incontinenza fecale, diverso può essere l’utilizzo delle tecniche nella riabilitazione del pavimento pelvico.

EVIDENZEPer questa presentazione, viene effettuata una ricerca con il data-

base Pubmed, utilizzando le parole mesh “Rehabilitation”, Phy-sical therapy”, “biofeedback”, correlate a “Fecal Incontinence” attraverso l’operatore booleano “AND”.

Vengono considerati gli studi randomizzati (Rct), le reviews, le meta-analisi e le linee guida; vengono esclusi gli studi che conside-rano i soggetti con sintomi ano-rettali da causa neurologica, quelli con soggetti in età pediatrica, e gli studi effettuati in popolazione residente in strutture per anziani.

Per quanto riguarda l’analisi delle review, Jorge (2003), in un’analisi che riguarda tutte le disfunzioni colo-rettali, afferma, come conclusione, che anche per l’incontinenza fecale la percen-tuale di miglioramento (72.3%) fa del bfb una proposta terapeutica semplice e di adeguato rapporto costo/beneficio.

Norton, in una prima review del 2000, afferma che l’esercizio terapeutico e il bfb hanno un probabile effetto terapeutico per l’in-continenza fecale, ma che a tutt’oggi non esistono evidenze che dimostrino la miglior efficacia di una tecnica rispetto all’altra. Afferma inoltre che sono necessari altri studi di alto livello di evi-denza per arrivare a conclusioni più sicure.

Successivamente, lo stesso autore nel 2001 conferma l’effetto terapeutico, ma resta la difficoltà della valutazione dei risultati, data la disomogeneità metodologica degli studi presenti.

Nel 2003 ne viene rilevato il mantenimento a medio-termine, ma viene ribadita l’uguale efficacia tra l’esercizio terapeutico ed il bfb.

Infine sempre Norton nel 2006 conferma la possibilità terapeu-tica del bfb e degli esercizi terapeutici.

Per quanti riguarda gli studi randomizzati, Heymen (2009) rileva un miglior risultato sia nell’espressione della forza muscolare, sia nell’indice di incontinenza fecale nei soggetti che hanno effettuato biofeedback ed esercizi terapeutici, rispetto al gruppo che ha ese-guito solo esercizi terapeutici.

Solomon (2003) non rileva differenze in gruppi di pazienti trat-tati con bfb manometrico o ad ultrasuoni, rispetto al gruppo trattato con gli esercizi.

Ilnyckyj (2005) non rinviene differenze in una popolazione di soggetti trattati con il solo esercizio ed un programma rieducativo

8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche

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rispetto al gruppo trattato con le stesse terapie e l’aggiunta del bfb.uno studio (Davis 2004) compara l’esito della chirurgia di ripa-

razione sfinteriale vs la stessa riparazione con l’aggiunta di bfb e conclude affermando che l’aggiunta di quest’ultimo migliora la qualità di vita del paziente e mantiene per più tempo il risultato. Fynes (1999) evidenzia una maggiore efficacia con l’uso per via anale rispetto a quella vaginale.

Infine Glazener (2001, 2005), in considerazione del sintomo incontinenza fecale post partum, considera i risultati positivi a 12 mesi, affermando che a 6 anni solo una parte delle donne ha con-servato tali risultati.

Non sono stati rinvenute meta-analisi, né linee guida.Per ora, quindi, per l’incontinenza fecale la diversa e/o miglior

efficacia tra il biofeedback e l’esercizio terapeutico non è ancora stata dimostrata in maniera certa.

PROtOcOllIPer quanto riguarda l’utilizzo di protocolli, essi appaiono diversi

tra loro e spesso difficilmente paragonabili: tale dato emerge sia dalle review, che dagli studi randomizzati.

Essi comprendono periodi di somministrazione terapeutica delle due diverse tecniche considerate, che vanno dall’utilizzo di tera-pia strumentale solo in sede ambulatoriale e/o in sede domiciliare, all’esecuzione di sessioni di esercizi terapeutici in riferimento al numero di contrazioni quotidiane o al numero di minuti della sessione stessa, all’esecuzione di sessioni con contrazioni veloci a contrazioni mantenute per 10 secondi; il periodo di somministra-zione della terapia varia da 12 settimane fino a 9 mesi.

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Incontinenza anale nel postpartum: quali numeri, che fare, quali reliquati m. SOlIGOGinecologo – Milano

la prevalenza dell’incontinenza anale nel postpartum è variabile ed oscilla tra il 42% [tetzschner et al. 1996] ed il 3% [brummen et al 2006]. una recente review del gruppo di michael Kamm (2008) tuttavia stabilisce come realistica una prevalenza di incontinenza a feci solide del 3%. Occorre però considerare che anche la sola urgenza defecatoria può rappresentare un elemento invalidante e significativamente impattante sulla Qualità di Vita. Infine non dobbiamo dimenticare l’enorme potenziale biologico rappresen-tato dall’età delle pazienti che affrontano il parto per via vaginale e ne subiscono i potenziali effetti. le capacità di compensazione dei danni che l’organismo può mettere in atto dovranno nel tempo confrontarsi con il processo di invecchiamento e di questo occorre tenere conto. In questo ambito dunque i dati di prevalenza debbono essere soppesati al di là del puro dato numerico. Accanto alla mani-festa Incontinenza Anale a partire dalla seconda metà degli anni ’90, grazie ai lavori di Abdul Sultan e di michael Kamm, è risultato evidente quanto possa essere rilevante il semplice danno anato-mico a carico del basso tratto digestivo. Sultan infatti dimostrava nel 1993 che il 13% di nullipare, asintomatiche prima del parto, manifestassero incontinenza Anale e/o urgenza defecatoria dopo il parto. Per la prima volta veniva segnalato che il 35% delle nullipare presentavano dopo il parto delle alterazioni documentabili ecogra-ficamente a carico dell’apparato sfinterico anale. Questo dato era presente in tutte le pazienti sintomatiche. Nasce con questo lavoro il concetto di Lesione Sfinterica Occulta, problematica attorno alla quale si sono soffermati numerosi autori, confermando il dato di prevalenza (circa un terzo delle nullipare subisce una lesione sfinte-rica dimostrabile ecograficamente) ed indagando il reale significato clinico di queste alterazioni morfologiche. Damon et al. (2005) in un’analisi multivariata di fattori di rischio per incontinenza anale in un gruppo di donne valutate a sei anni dopo il parto, trova come unico fattore di rischio la presenza di una lesione occulta dello sfin-tere dopo il parto. Altri autori hanno invece approfondito il ruolo del tipo di episiotomia. Emerge in modo chiaro una correlazione tra episiotomia mediana e lacerazione di terzo grado. Addirittura si è valutato che in caso di episiotomia medio-laterale un basso grado di inclinazione della stessa (in sostanza la distanza della stessa dallo sfintere) è associato ad un maggior tasso di lesioni sfinte-riche, stimando una riduzione del rischio del 50% per ogni 6° di

distanza dalla linea mediana [Eogan et al 2006]. Andrews et al nel 2006 in un lavoro dal titolo eloquente “Occult anal sphincter injuries: myth or reality?” dimostravano che il potere diagnostico di una valutazione esperta del perineo peripartum era sovrapponi-bile a quello dell’ecografia endoanale nel documentare le lesioni sfinteriche. Questo dato sottolinea una volta di più l’importanza di un’attenta valutazione obiettiva delle conseguenze del passaggio del feto attraverso il canale del parto. A questo proposito il Royal College di Ostetricia e Ginecologia ha recentemente riclassificato le lesioni ostetriche di terzo grado (quelle cioè che coinvolgono lo sfintere anale) distinguendo lesioni di grado:3a: meno del 50% dello spessore dello Sfintere Anale Esterno

lesionato3b: più del 50% dello spessore dello Sfintere Anale Esterno lesio-

nato3c: lesione sia dello Sfintere Anale Esterno che Interno

Questa classificazione contempla un Quarto grado nel quale al grado 3c di cui sopra si aggiunge una lesione della mucosa anale. È evidente quanto sia importante una corretta classificazione delle lesioni in funzione di una valutazione prognostica. Al tempo stesso è estremamente importante effettuare una prima riparazione in modo corretto e le linee guida sopra citate forniscono chiarissime indicazioni al proposito. Gli autori insistono sull’importanza di riportare nella documentazione clinica una chiara descrizione del tipo di lesione e delle procedure seguite per porre rimedio. Ai fini medico-legali conta infatti molto poter dimostrare di aver fatto tutto quanto possibile per porre rimedio al danno funzionale.

Non si può omettere, parlando di Incontinenza Anale in rela-zione al parto il ruolo che gioca la Riabilitazione del Pavimento Pelvico (RPP). mi preme sottolineare quanto questo temine RPP debba essere inteso in senso lato. Esso infatti non si limita a banali esercizi di rinforzo muscolare, ma esprime anzitutto una “cultura” di attenzione al Pavimento Pelvico come entità anato-mica cruciale nella vita di relazione della donna. ciò implica la promozione di atteggiamenti di presa di coscienza e prevenzione accanto a precoce presa in carico dei casi meritevoli di un trat-tamento riabilitativo. Per tutto questo è fondamentale che l’as-sistenza alla donna gravida non si limiti all’ottimizzazione del punteggio di APGAR....

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Riabilitazione del pavimento pelvico e disfunzioni sessuali femminiliA. bORtOlAmILibero Professionista

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIONegli ultimi anni la funzione sessuale ha trovato un adeguato

riconoscimento all’interno del mondo scientifico; con essa anche le relative cause di disfunzione, le eventuali comorbilità, le varie opzioni terapeutiche, che sono a tutt’oggi oggetto di interesse scientifico e di discussione tra i diversi Professionisti della Salute che si occupano di disfunzioni sessuali. In particolare, nell’am-bito delle disfunzioni sessuali femminili, tra le varie cause ad esse correlate, è presente anche la componente muscolare, più speci-ficatamente il complesso muscolare del pavimento pelvico e le sue possibili disfunzioni, che possono essere causa, concausa o sostenere la disfunzione sessuale in atto. Scopo di questo studio è di evidenziare attraverso l’analisi della letteratura scientifica indi-cizzata di alta evidenza, quali sono le indicazioni e controindica-zioni, gli obiettivi terapeutici, gli strumenti utilizzabili, e l’evidenza scientifica, per la riabilitazione del pavimento pelvico in qualità di opzione terapeutica per le disfunzioni sessuali femminili. Vengono esclusi dallo studio le disfunzioni correlate a lesioni del sistema nervoso centrale, data la notevole diversità nell’approccio diagno-stico-terapeutico per queste patologie.

mAtERIAlI E mEtODI Viene effettuata una ricerca attraverso il motore di ricerca

Pubmed, utilizzando le seguenti parole chiave: “Rehabilitation”, Physical therapy”, biofeedback”, “Sexual Dysfunction”. I ter-mini “Rehabilitation” e “Physical therapy” si rendono necessari entrambi, ai fini di comprendere tutte le tecniche e gli strumenti utilizzabili nell’ambito dello studio in corso. Il termine “biofee-dback” richiede una sua precisa ricerca, dato che esso non è com-preso nelle “mesh tree” dei termini “Rehabilitation” e “Physical therapy”. Attraverso gli operatori booleani vengono eseguite le seguenti ricerche: “Rehabilitation AND Sexual dysfunction”, “Physical therapy AND Sexual dysfunction”, “biofeedback AND Sexual dysfunction”. Successivamente tali ricerche vengono inter-secate tra loro, ai fini di ottenere una ricerca unica che contenga i risultati di tutte. Attraverso i filtri, vengono considerati gli studi riguardanti il sesso femminile, i clinical trials, le meta-analisi, le linee guida, i trials randomizzati controllati, le review, le review sistematiche. I risultati evidenziano 52 studi, dei quali viene letto l’abstract; attraverso questa operazione vengono esclusi i trials relativi a sindromi neurologiche, quelli riferiti alla popolazione anziana, al periodo della gravidanza, a tecniche non comprese nel-l’ambito riabilitativo. Vengono identificati 13 studi, dei quali viene analizzato il testo completo.

RISultAtItra gli studi considerati, 8 (61,5%) sono costituiti da review e 5

(38,5%) da studi randomizzati controllati. Non vengono pertanto rinvenute nè linee-guida, né review sistematiche, né meta-analisi. I lavori analizzati fanno riferimento alla classificazione delle disfun-zioni sessuali femminili attualmente riconosciuta, che le vede sud-divise in disturbi del desiderio, dell’eccitazione, dell’orgasmo e caratterizzati da dolore (vaginismo e dispareunia). Ognuno di loro affronta argomenti relativi a tutte le disfunzioni sessuali (23% degli studi), ma la maggior parte (77% degli studi) tratta solamente di una di queste. l’80% tra questi ultimi, corrispondenti al 61,5% del totale dei lavori considerati, riguarda le disfunzioni sessuali femmi-nili caratterizzate da dolore.

Più specificatamente gli studi considerati trattano i seguenti argomenti: il ruolo del pavimento pelvico nella funzione e disfun-zione sessuale femminile, i fattori predisponenenti, le comorbilità associate, l’importanza della valutazione muscolare, le indicazioni alla terapia riabilitativa del pavimento pelvico, le tecniche e gli strumenti che possono essere utilizzati, i risultati finali.

Secondo quanto riportato dagli studi, il ruolo del pavimento pelvico nella funzione sessuale femminile riguarda sia l’elevatore dell’ano che i muscoli della porzione perineale anteriore; il primo viene stirato durante la penetrazione vaginale ed effettua contra-zioni ritmiche e ripetute durante la fase orgasmica, i secondi sono in relazione con il clitoride. la disfunzione muscolare che contri-buisce alla disfunzione sessuale può consistere nell’ipovalidità o nell’iperattività muscolare del pavimento pelvico; alla prima sono associati i disturbi dell’orgasmo e dell’eccitazione, che, se non risolti, portano anche a disturbi del desiderio. Alla disfunzione da

iperattività dello stesso, muscolare sono associati inizialmente i disturbi sessuali caratterizzati da dolore, i disturbi dell’eccitazione, e, se non risolti, successivamente quelli dell’orgasmo e del desi-derio.

I fattori predisponenti alle disfunzioni sessuali femminili illu-strati riguardano i disturbi caratterizzati da dolore: più precisa-mente una review analizza tale dato in riferimento al vaginismo, e identifica i fattori predisponenti in psico-sociali e organici.

le comorbilità associate vengono descritte solo in alcuni studi (30,7%) e sono identificate nella fibromialgia, nella sindrome da fatica cronica, nella lombalgia, nella sindrome dell’intestino irrita-bile, nella cistite interstiziale, nei “lower urinary tract symptoms”, nel prolasso degli organi pelvici, nella sindrome del dolore pelvico cronico.

Il 61,5% degli studi afferma l’importanza della valutazione muscolare del pavimento pelvico nelle pazienti con sospetto di disfunzione sessuale femminili. Essa consiste nell’osservazione visiva della zona perineale e nell’esame obiettivo muscolare. Inol-tre il 23% dei lavori identifica l’importanza di tale valutazione sia per il pavimento pelvico, sia per le strutture osteo-articolari del cin-golo pelvico quando la disfunzione sessuale è correlata al dolore.

Secondo gli studi, i casi in cui è utile proporre la terapia riabi-litativa si rifanno alla presenza di disfunzione muscolare del pavi-mento pelvico, evidenziabile clinicamente attraverso la sopraccitata valutazione. Dagli studi analizzati si deduce che a tutt’oggi non esi-stono protocolli standardizzati rispetto all’utilizzo delle tecniche e degli strumenti disponibili per la terapia riabilitativa del pavimento pelvico. le tecniche e gli strumenti considerati e descritti sono l’esercizio terapeutico, i dilatatori vaginali, la terapia manuale, il biofeedback, la stimolazione elettrica funzionale, la terapia com-portamentale, le informazioni sull’anatomia genitale e sulla sessua-lità. Solamente in alcuni casi sono illustrati e quantificati i risul-tati, in altri è solo descritta l’utilità della tecnica e gli obiettivi del suo utilizzo. l’esercizio terapeutico viene utilizzato per restituire al pavimento pelvico i parametri adeguati di contrazione e rilas-samento; in una review viene indicato che il termine “esercizi di Kegel” appare superato e, quando la disfunzione muscolare è rela-tiva alla sintomatologia dolorosa, l’esercizio terapeutico effettuato solo in riferimento alla contrazione, può peggiorare la condizione del soggetto. la somministrazione dell’esercizio terapeutico viene descritto anche come correlato alla postura, ma senza dimostrare, in questo caso, miglior efficacia. Viene riconosciuta in tre review l’importanza dell’azione didattica sull’anatomia dell’area genitale, della funzione e disfunzione sessuale e viene in questi studi consi-derata come una tecnica vera e propria.

tre review descrivono l’utilità della terapia manuale e delle tec-niche in essa comprese, come massaggio, streching, mobilizzazioni articolari e del tessuto, massaggio connettivale, trattamento degli esiti cicatriziali; nel caso di disfunzione del pavimento pelvico correlata a disfunzione sessuale, la terapia manuale è finalizzata al trattamento di trigger e tender points, ad incrementare lo spazio dell’introito vaginale, a desensibilizzare tale area quando dolorosa. Il biofeedback appare efficace con un miglioramento del 50% del sintomo doloroso in pazienti con vestibolite e disfunzioni sessuali caratterizzate da dolore, mentre la sua somministrazione versus stimolazione elettrica funzionale determina un miglioramento in entrambi i casi. una review descrive l’utilità della riabilitazione del pavimento pelvico in caso di disfunzione sessuale correlata a ipo-tono muscolare di questo e ai sintomi correlati, quali incontinenza urinaria da sforzo e da urgenza, incontinenza fecale ai gas, prolasso degli organi pelvici. Due trial randomizzati controllati considerano l’effetto degli esercizi di Kegel in caso di disturbo dell’orgasmo; l’uno versus gruppo di controllo, l’altro versus gruppo con utilizzo di esercizi di rilassamento e respirazione e di un processo di consa-pevolezza della funzione sessuale. Entrambi i trials non dimostrano l’efficacia del trattamento somministrato, non ottenendo risultati statisticamente significativi. Due trial randomizzati controllati con-siderano lo stesso gruppo di pazienti a 6 mesi e a 2,5 anni dopo trattamento per vestibolite vulvare e disfunzioni sessuali correlate, con biofeedback versus terapia chirugica (vestibulectomia), otte-nendo risultati simili in entrambi i gruppi. uno studio randomizzato controllato considera un gruppo di pazienti affette da vestibolite e trattate con biofeedback versus un gruppo trattato con iniezioni di lidocaina, ottenendo risultati simili, quantificati in un miglio-ramento del 66% della sintomatologia dolorosa e della funzione sessuale.

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Infine il 40% degli studi considerati, illustra la necessità di un approccio multidisciplinare alla cura delle disfunzioni sessuali femminili.

DIScuSSIONEGli studi considerati indicano il possibile effetto terapeutico della

riabilitazione del pavimento pelvico in caso di disfunzione sessuale femminile. Essi sono per la maggior parte relativi alle disfunzioni sessuali caratterizzate da dolore. la terapia riabilitativa dispone di un notevole numero di tecniche e strumenti, ma ulteriori studi sono necessari per identificare con maggior precisione la loro effi-cacia. Nuove ricerche potrebbero essere utili per identificare con maggior precisione la condizione relativa all’ipertono muscolare, ai fini di comprenderne maggiormente le caratteristiche. tale pro-cesso permetterebbe probabilmente una più facile individuazione della sintomatologia ad esso correlata ed un successivo approccio terapeutico. la scarsità degli studi relativi all’ipovalidità del pavi-mento pelvico ed alle disfunzioni sessuali femminili ad esso cor-relate, non permette di comprendere se tale condizione si presenti meno frequentemente o se l’ipovalidità determina in misura minore le disfunzioni sessuali. Inoltre negli studi considerati non sono state

rinvenute eventuali controindicazioni, né effetti collaterali della riabilitazione del pavimento pelvico in riferimento alle disfunzioni sessuali femminili; questi elementi, uniti alla scarsa invasività della terapia, la pone come il primo approccio in caso di disfunzione muscolare.

cONcluSIONIle disfunzioni del pavimento pelvico possono essere causa, con-

seguenza, o sostenere le disfunzioni sessuali femminili. Gli studi scientifici dimostrano che la riabilitazione del pavimento pelvico ha un effetto terapeutico per quest’ultime. ulteriori studi sono necessari per indivuduare con maggior precisione un efficace uti-lizzo delle tecniche e degli strumenti disponibili in ambito tera-peutico riabilitativo. In generale la scarsità di effetti collaterali e di controindicazioni la pone come un utile approccio terapeutico per le disfunzioni sessuali femminili accompagnate da disfunzione muscolare del pavimento pelvico.

bIblIOGRAFIA:http://www.ncbi.nlm.nih.gov/

Il diario minzionale nella quotidianità del soggetto mieloleso G. RuScONI(1), G. FIZZOttI(1), S. cREmAScOlI(1), c. PIStARINI(1)

(1) Fondazione Maugeri Pavia

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOIl cateterismo intermittente resta il cardine della riabilitazione

vescicale sia nella fase iniziale della lesione spinale che successiva-mente in presenza di una vescica neurologica con gradi variabili di ritenzione. lo svuotamento vescicale avviene ad orari fissi, attra-verso i cateterismi intermittenti o sulla guida di stimoli particolari con registrazione delle quantità di urina per minzione su apposita scheda. Fondamentale è la compilazione del diario minzionale ove si registrano la quantità di urina per minzione con i rispettivi orari, le eventuali fughe e l’entità dei residui; ciò permette di avere dati precisi sull’andamento della rieducazione vescicale. lo scopo di questo studio è quello di verificare l’uso e l’influenza del diario minzionale nella gestione personale del soggetto mieloleso.

mAtERIAlI E mEtODI In questo studio abbiamo considerato 30 soggetti mielolesi: 7

femmine e 23 maschi, tutti autonomi, compresi i 7 caregiver, nella gestione dell’autocateterismo; di questi 4 avevano subito il danno midollare in un intervallo temporale inferiore ad 1 anno.

Durante il periodo di degenza o attraverso contatto telefonico è stato somministrato a ciascuno di loro un questionario, con finalità qualitativa, inerente il giudizio personale sulla utilità e funzione del diario minzionale.

RISultAtIla compilazione del diario minzionale è risultata utile per 23

pazienti su 30, di questi solo 12 lo compilavano quotidianamente. 2 dei 4 pazienti che avevano subito il danno midollare nell’intervallo temporale inferiore ad 1 anno registravano costantemente i valori degli autocaterismi. I pazienti al domicilio sostituivano il diario minzionale con agende personali o nella maggior parte dei casi ne evitavano la compilazione perché attenti alle sensazioni di riempi-mento viscerale o per mancata informazione.

DIScuSSIONEAl termine dello studio osservazionale abbiamo evidenziato la

necessità di una maggiore sensibilizzazione sia dei soggetti mielo-lesi che dei caregiver all’utilizzo del diario minzionale, non solo nel periodo immediatamente post lesionale ma soprattutto nel lungo termine, per prevenire le complicanze legate ad una gestione scorretta della vescica.

cONcluSIONIIl diario minzionale diventa uno strumento terapeutico utile

quando il paziente viene adeguatamente motivato a compilarlo dal personale infermieristico che deve saper rispondere ad ogni suo dubbio o difficoltà. Ottimizzare il nursing al paziente mielo-leso significa anche rivalutare e rendere routinaria questa man-sione.

bIblIOGRAFIAm. menarini blue book. Problemi vescicali. Ed.2005.

Le sovradistensioni vescicali negli esiti di grave cerebrolesione acquisita:un fattore di rischio per la persistenza della sintomatologia disfunzionale urinaria?F. DElmAStRO, A. bARbERO, D. GARlANDA, G.F. lAmbERtI, D. GIRAuDO*

S.C. Neuroriabilitazione ASL CN1 - Cuneo; * S.C. Urologia Ospedale San Raffaele Ville Turro – Milano

le lesioni del Sistema Nervoso centrale possono determinare disturbi della fase di svuotamento vescicale: appena dopo la lesione, indipendentemente dal livello midollare od encefalico, si instaura la cosiddetta fase di vescica da shock in cui il viscere si comporta come un serbatoio in grado di riempirsi ma non in grado di mandare al cervello uno stimolo e, soprattutto, non in grado di svuotarsi. la manifestazione clinica più frequente è la ritenzione urinaria con possibile incontinenza da rigurgito. Si può avere dilatazione renale anche in assenza di reflusso vescico-ureterale, da sovradistensione vescicale con dilatazione da rallentato transito reno-uretero-vesci-cale. la sovradistensione è causa di stretching detrusoriale, con conseguente danno muscolare.

È fondamentale quindi in questa prima fase, provvedere ad un

corretto svuotamento del serbatoio vescicale all’esterno al fine di evitare sovradistensioni della vescica e infezioni delle vie urinarie: come ben noto, non appena possibile, il metodo di elezione è rap-presentato dal cateterismo ad intermittenza ad orari prestabiliti con tecnica pulita.

ciononostante, è possibile ipotizzare che anche con un attento monitoraggio degli svuotamenti programmati, con l’adeguamento degli orari degli stessi e della eventuale terapia infusionale e/o della nutrizione parenterale, si possano verificare episodi di sovradisten-sione, la cui ricorrenza può essere verosimilmente causa di danno detrusoriale non più emendabile.

Abbiamo retrospettivamente analizzato i dati di 64 pazienti affetti da esiti di grave cerebrolesione acquisita post-traumatica,

AA. VV.

30

ricoverati consecutivamente in ambito riabilitativo degenziale intensivo. I 64 pazienti (48 maschi e 16 femmine, di età media 39 ± 8 anni) sono giunti in Riabilitazione tutti con catetere vescicale a permanenza, in media 24 ± 15 giorni dopo l'evento acuto: 29 di essi avevano già raggiunto un livello di coscienza compatibile con la esecuzione ripetibile di ordini semplici (levels of cognitive Func-tioning (L.C.F.) ≥ 4).

tutti i pazienti hanno intrapreso il programma di de-cateterizza-zione (eccetto 5 casi in cui le condizioni cliniche non lo hanno con-sentito) e, nei 29 pazienti con L.C.F. ≥ 4, si è raggiunta una gestione autonoma della minzione in media dopo 16 giorni dalla rimozione del catetere a permanenza e con un programma che prevede svuo-tamenti con cateterismo ad intermittenza ad orari prestabiliti con tecnica pulita e controllo del residuo post-minzionale alla ripresa della minzione.

Ventuno pazienti sono stati controllati ad un anno di distanza dalle dimissioni dal reparto di riabilitazione (in media 420 ± 25 giorni dopo l'evento acuto), 18 dopo due anni ed 11 a cinque anni di distanza.

Sedici dei 18 pazienti controllati a due anni (89%) e 7 degli 11 controllati al follow up a 5 anni hanno lamentato disturbi riferibili al basso tratto urinario, in particolare sindrome urgenza-frequenza senza incontinenza urinaria e frequenti episodi di infezioni delle vie urinarie (5 casi) e sindrome urgenza-frequenza con episodi di incontinenza urinaria (2 casi) fra le persone al follow up a 5 anni.

Da notare che solo in due casi (non caratterizzati da inconti-

nenza) la sintomatologia veniva riferita come di forte impatto sulla Qualità di Vita da parte del paziente stesso e da parte del caregiver, e comunque sempre in secondo ordine rispetto ai disturbi compor-tamentali.

Dalla analisi delle cartelle cliniche è stato possibile rilevare una segnalazione di sovradistensioni vescicali (svuotamento al c.I. > 450 cc.), durante il programma di decateterizzazione, nettamente superiore ed in misura statisticamente significativa (pur nel limite della scarsa numerosità del campione) nel gruppo di pazienti con persistenza della sintomatologia a carico del basso tratto delle vie urinarie.

Questa osservazione clinica potrebbe suggerire che comunque anche un modesto numero di episodi distensivi a carico del detru-sore può essere causa di danno clinicamente significativo anche a distanza; i dati sperimentali (Imamura 2007) suggeriscono come in caso di sindromi ostruttive o di vescica neurogena possano essere attivati dallo "stretch" della muscolatura liscia segnali paracrini che a loro volta determinano la stimolazione della matrice cellulare delle cellule detrusoriali muscolari lisce, con una conseguente iper-trofia della tonaca muscolare del viscere.

bIblIOGRAFIA:Imamura m, Kanematsu A, Yamamoto S, Kimura Y, Kanatani I, Ito N,

tabata Y, Ogawa O. basic fibroblast growth factor modulates prolifera-tion and collagen expression in urinary bladder smooth muscle cells. Am J Physiol Renal Physiol. 2007;293(4):1007-17.

Studio descrittivo sull’efficacia del sistema di lavaggio colico transanale nei pazienti con disfunzione neurologica intestinale, follow up a medio termine (6 mesi) - esperienza monocentrica m. bEZNEA - S. cHIRIcIAgenzia Regionale per la cura del medulloleso – Dip. Neurourologia - Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOl’intestino neurologico rappresenta una delle disfunzioni a più

alto impatto sulla qualità di vita dei pazienti con lesione midollare. tale disfunzione comporta la perdita del controllo volontario sulla defecazione, la perdita della capacità di percepire le sensazioni pro-venienti dal retto (stimolo alla defecazione), la perdita della capa-cità di rinviare l’atto defecatorio.

Interessa dal 50% al 95% dei pazienti con lesione midollare e si traduce nei seguenti sintomi, in base al livello di lesione: stipsi, difficoltà evacuativa, incontinenza fecale. Questi sintomi vanno ad influire in maniera significativa sulla qualità di vita percepita dai portatori di mielolesione. Il primo step riabilitativo fondamentale è l’approccio precoce dopo la lesione, mediante l’utilizzo di manovre e terapie funzionali quali: dieta, assunzione di fibre aggiuntive, cor-retta assunzione di liquidi, probiotici, lassativi, massaggio addomi-nale, lo stimolo esterno perineale, microclismi e supposte. tuttavia spesso persistono problemi di evacuazione incompleta o tempo di svuotamento prolungati (circa 3 ore per evacuazione).

Da una recente cochrane review, l’unico sistema efficace basato sull’evidenza (Ebm), è il lavaggio colico trans anale nei pazienti neurologici.

Pertanto riportiamo uno studio che rappresenta parte dell’espe-rienza del nostro reparto.

ObIEttIVOValutare l’efficacia del sistema di lavaggio colico trans anale,con

follow up a medio termine ( 6 mesi).

mAtERIAlI E mEtODI Venti pazienti mielolesi (8 donne e 12 uomini) con lesione

midollare completa da almeno 6 mesi, età media 37 anni (25-50), Neurogenic Bowel Disfunction Score ≥ 14 nonostante l’applica-zione dei protocolli di riabilitazione intestinale hanno fatto training personalizzato ed individuale all’utilizzo dell’irrigazione transa-nale a pressione costante (Peristeen). È stato eseguito un follow-up a distanza di 6 mesi.

RISultAtIPazienti che a distanza di 6 mesi proseguivano le irrigazioniDue pazienti hanno interrotto il trattamento per ripetute rotture

del palloncino (livello lesione t4 e t5, NbDS costante 31, rispetti-

vamente 20). Due pazienti, livello l1 di lesione , NbDS 16 e rispet-tivamente 18, hanno interrotto per sanguinamento ano-rettale e 1 paziente, livello l1 di lesione, NbDS 14 ha rinunciato perché non diminuivano i tempi di evacuazione.

Non sono stati rilevati eventi avversi.

livello lesione NbDS pre-trattaento NbDS post-trattamento

S2 20 13

S2 23 16

S2 23 9

t7 18 10

t7 20 6

l1 14 10

t6 14 10

t4 16 10

t5 22 12

t8 16 9

S2 22 10

S2 24 16

t4 21 12

t4 15 11

l2 17 6

media 19(DS 3,48) 10,67 (DS 2, 89)

t student P< o,oooo1

DIScuSSIONEI pazienti che proseguivano a distanza di 6 mesi l’irrigazione

hanno risolto il problema dell’incontinenza fecale. 13 su 15 sono riusciti a diminuire in maniera significativa il NbDS. È diminuito il tempo necessario per evacuare. la stimolazione digitale è rimasta una pratica costante per la verifica dell’efficacia dell’evacuazione.

cONcluSIONIl’irrigazione transanale è un metodo semplice ed efficace per il

trattamento della disfunzione intestinale neurologica. Permette un

8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche

31

periodo “finestra” libero da evacuazioni impreviste di 24-48 ore, permette una riduzione del NbDS e un miglioramento della qualità di vita (Faecal incontinence quality of life score).

bIblIOGRAFIA:1) G. Del Popolo et al. treatement of neurogenic bowel dysfunction using

transanal irrigation: a multicenter italian study. Spinal cord 2008; 46:517-522.

2) P. christensen et al. A randomized controlled trial of transanal irrigation versus conservative bowel management in spinal cord injured patients. Gastrenterology 2006; 131(3): 738-747.

3) P. christensen et al. cost-effectiveness of transanal irrigation versus conservative bowel management for spinal cord injury patients. Spinal cord 2009; 47(2):138-143.

Nuovi orientamenti per il bowel management nel paziente mieloleso A. FuSÈ, c. mARtINA, S. SANDRIU.O. Urologia e Unità Spinale - Ospedale “G. Fornaroli” - Magenta

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOÈ stato attuato uno studio di natura osservazionale prospettico

duocentrico con arruolamento di pazienti mielolesi addestrati all’utilizzo dell’irrigazione trans anale mediante utilizzo del dispo-sitivo Peristeen. lo studio ha avuto lo scopo di rilevare i cambia-menti della Qol, la riduzione delle infezioni alle vie urinarie, la sospensione da lassativi, da manovre digitali, da episodi di imbrat-tamento, la riduzione del tempo destinato all’evacuazione nelle persone che usano Peristeen.

mAtERIAlI E mEtODI Ad ogni persona è stata richiesta la partecipazione volontaria

allo studio secondo le modalità previste dalla legislazione (D.lgs. 196/03) per il trattamento dai dati sensibili in termini di riserva-tezza dei dati e di rispetto dei requisiti etici.

Per la raccolta dei dati è stato appositamente redatto un questio-nario compilato dall’operatore durante l’intervista al paziente che ha acconsentito di aderire allo studio. l’intervista è stata effettuata in un ambiente tranquillo garantendo la privacy. Ad ogni persona è stato illustrato lo scopo dell’indagine e le domande sono state poste a voce.

Prima di ogni intervista è stato richiesto il consenso assicurando l’anonimato nel trattamento dei dati forniti. Il tempo medio di ogni intervista è stato di 15 minuti.

l’arruolamento è stato consecutivo per un periodo di otto mesi, da settembre 2008 ad aprile 2009, di tutte le persone addestrate all’utilizzo di Peristeen nell’unità Operativa di urologia e unità Spinale o nell’Ambulatorio di Stomaterapia e coloproctologia.

tutti i soggetti inseriti nello studio erano affetti da stipsi conse-guente alla lesione midollare e, per questo motivo, hanno adottato l’irrigazione transanale con Peristeen.

In totale le persone intervistate sono state 20: 16 uomini e 4 donne. l’età del 90% dei pazienti è compresa tra 40-60 anni mentre il restante 10% ha più di 60 anni.

RISultAtIPrima dell’utilizzo di Peristeen è stato chiesto se l’evacuazione

era programmata o no, e se programmata con che frequenza. Solo il 25% del campione afferma di non programmarla, mentre gli altri 15 pazienti la prevedono giornalmente o a giorni alterni. Il 95% uti-lizzava lassativi di tipologia diversa. Il paziente che non utilizzava lassativi ha affermato di evacuare con manovra digitale. Il 25% ha affermato di avere episodi di imbrattamento significativi.

Riguardo l’autonomia nella gestione della defecazione, solo il 20% ha risposto che era autonomo nell’espletamento di questa fun-zione (Wc), mentre gli altri 16 avevano bisogno di aiuto. Nello specifico è stato indagato il luogo dove effettuano le pratiche per ottenere la defecazione, dai dati raccolti risulta che: • il 58% le effettua a letto, • il 25% in comoda, • il 17% le espleta sul Wc.

Il 52% dei pazienti intervistati ha riferito di essersi sempre sen-tito limitato nella gestione del proprio tempo libero condizionando negativamente la qualità di vita. Nell’ambito lavorativo invece i pazienti hanno dovuto spesso limitare gli spostamenti, occasional-mente posticipare l’orario di arrivo sul posto di lavoro o anticipare notevolmente la sveglia per far fronte a lunghi tempi di evacua-zione. con l’utilizzo di Peristeen tutti i pazienti inseriti nello studio hanno acquisito autonomia nell’effettuazione dell’irrigazione tran-sanale e la praticano seduti sul Wc. Nessun paziente ha riferito un’evacuazione imprevista o ritardata nel tempo di utilizzo. l’ansia per la paura di imbrattamento è stata così annullata. Alla domanda

quante volte utilizza il Peristeen durante una settimana il 50% lo utilizza a giorni alterni ed il restante 50% 2 volte alla settimana. Il tempo di evacuazione risulta inferiore ad un’ora nel 70% dei pazienti rispetto al dato precedente che ne indicava solo il 35%. Alla domanda inerente la necessità di praticare una volta in più il cateterismo intermittente nei giorni di effettuazione della tecnica irritativa con Peristeen il 35% dei pazienti afferma di sì. Da questi dati si può ipotizzare che vi sia un riassorbimento dell’acqua usata per l’irrigazione intestinale che richiede il ricorso ad un cateterismo intermittente in più nell’arco delle 24 ore. Alla domanda inerente il miglioramento delle attività di svago, i dati analizzati evidenziano che il 55% dei pazienti ha visto un trasformazione positiva nella gestione del proprio tempo libero, nella pratica di attività sportive e nei rapporti interpersonali con gli altri. Anche nella gestione dell’attività lavorativa i dati confermano un netto miglioramento rispetto alla situazione precedente, pur essendoci delle differenze sul livello di beneficio ottenuto.

tutti i pazienti lamentavano infezioni delle vie urinarie ricorrenti con una frequenza significativa e nel 15%, dei casi in maniera con-tinua. un paziente ha riferito di essere in terapia antibiotica conti-nua da tre anni ovvero dalla data della lesione midollare. con l’uso di Peristeen vi è stato un notevole miglioramento, infatti l’85% dei pazienti afferma di non avere più avuto infezioni ed il 15% ha riscontrato una notevole riduzione degli episodi.

I risultati del questionario dimostrano che:• nessun paziente ha comunicato un peggioramento nello stile di

vita imputabile all’utilizzo di Peristeen. • Il 64% si reputa addirittura entusiasta, affermando che Peristeen

è un presidio irrinunciabile

DIScuSSIONElo studio effettuato, pur con i limiti correlati alle dimensioni del

campione d’indagine, che non può ritenersi esaustivo per definire raccomandazioni cliniche al suo utilizzo, ha dimostrato che vi è una modifica positiva in tutti gli aspetti indagati.

Gli aspetti rilevanti che emergono sono relativi:• Alla drastica riduzione dell’incidenza di infezione delle vie uri-

narie• All’ autonomia dei pazienti nella gestione del bowel care ed al

suo espletamento nei luoghi socialmente considerati più idonei per il soddisfacimento di funzioni così intime

• Alla riduzione del tempo necessario per ottenere un’evacua-zione efficace

• Al miglioramento degli aspetti di vita sociale, di svago e di lavoro

• Alla soddisfazione univoca del campione di studio in merito a questa metodica rispetto ai metodi precedenti

Sulla base di queste considerazioni vengono spontanee alcune riflessioni sulle motivazioni che inducono a modificare gli attuali orientamenti in merito alle metodiche di gestione del bowel care, ovvero a non relegare il trattamento con Peristeem come indica-zione di seconda scelta rispetto ai trattamenti convenzionali, che non producono gli stessi benefici. Inoltre va considerato il fatto che l’impugnatura ergonomica del sistema consente l’utilizzo in auto-nomia anche nelle persone affette da tetraplegia.

cONcluSIONII risultati di questa indagine mostrano che l’utilizzo del Peristeen

produce un sensibile miglioramento della qualità di vita ed una riduzione significativa delle infezioni urinarie.

un appropriato programma di management dell’intestino neuro-logico persegue i seguenti obiettivi generali:

AA. VV.

32

• Eliminare o ridurre al minimo le evacuazioni non program-mate.

• consentire evacuazioni ad orari prevedibili e regolari e che si completino entro 60 minuti di “bowel care”.

• Ridurre al minimo i sintomi correlati al tratto GI.Entro precisi parametri di sicurezza ed efficacia la stesura del

programma intestinale dovrebbe tenere conto degli obiettivi per-sonali del paziente, dei suoi impegni quotidiani e della sua autova-lutazione della qualità di vita. Il paziente deve essere membro più importante della squadra di riabilitazione. Questo è fondamentale

per ridurre il forte impatto psicologico della condizione del mie-loleso.

bIblIOGRAFIA:1. D. Harari, m Sarkarati, J.H. Gurwitz, G. mcGlincky-berroth, K.l.

minaker. constipation-related symptoms and bowel program concer-ning individuals with spinal cord injury. Paraplegia 1997, 35:394-401.

2. G.I. corea, K:P: Rotter. clinical evalutation and management of neurogenic bowel after spinal cord injury. Spinal cord 2000; 38:301-308.

Rieducazione pelvi-perineale pre-operatoria in pazienti candidatia intervento di prostatectomia radicale: valutazioni sul recupero della continenza.m. mARtINI, S. bERNARDINI, E. blANc, A. DE ZAN(1), R. tAPPEROP.O. San Camillo - Torino; (1)S.o.C Urologia – Ospedale Cottolengo – Torino

Tabella 1. caratteristiche basali dei pazienti

Gruppo a Gruppo B totale / p

N° pazienti 21 21 42

Età (m+DS) 63+7 64+5 p=0.8

bmI (m+DS) 25.4+2.7 27.6+3.5 p=0.18

Ipertensione 14 10 24

Diabete 1 2 3

tuRP pregressa 1 1 4

Stadio clinico (N°): - t1 0 1 1

- t2 20 17 37

- t3 1 3 4

Gleason score < 5 3 4 7

Gleason score > 5 18 17 35

PSA (ng/ml, m+DS) 7.4+2.4 8.7+5.6 p=0.4Pc-test (0-4, m+DS)Endurance (sec, m+DS)

3+0.74.6+2

2.6+0.83.5+1

p=0.18p=0.14

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOl’incontinenza urinaria è una complicanza dell’intervento di pro-

statectomia radicale (RP); ha un incidenza compresa tra 1% e 47%, mentre la prevalenza di pazienti incontinenti a 1-2 anni dall’inter-vento oscilla tra il 5% e il 20%. la muscolatura del pavimento pel-vico, rappresentata dai fasci dell’elevatore dell’ano (EA), supporta l’attività dello sfintere uretrale aumentandone la pressione di chiu-sura sotto sforzo; il suo rinforzo costituisce il razionale del tratta-mento conservativo dell’incontinenza post-RP. Gli esercizi musco-lari del pavimento pelvico (PmFE) hanno dimostrato di accelerare il recupero della continenza nei primi mesi post-RP, rappresentando oggi il trattamento non invasivo di prima scelta. Poichè l’inconti-nenza è un evento post-operatorio atteso, il trattamento conservativo potrebbe essere proposto pre-operatoriamente, a scopo preventivo, in modo da addestrare il paziente ad utilizzare precocemente l’EA. I dati disponibili in letteratura focalizzano il ruolo del biofeedback pre-operatorio; bales et al.1 non ne hanno evidenziato effetti favo-revoli, mentre burgio e coll.2 hanno dimostrato una accelerazione del recupero della continenza e un miglioramento della propor-zione di pazienti continenti a 6 mesi dall’intervento; anche Parekh e coll.3 ne hanno documentato un effetto positivo, in associazione ai PmFE. Il nostro studio è un trial randomizzato controllato volto a valutare gli effetti di un breve training muscolare pre-operatorio sul recupero della continenza urinaria e sulla performance dell’EA nei 6 mesi successivi all’ intervento di RP.

mAtERIAlI E mEtODI Quarantasette pazienti consecutivi candidati a intervento di pro-

statectomia radicale per neoplasia localizzata t1-t3 hanno parte-cipato allo studio, previo consenso informato. la pre-esistenza di incontinenza urinaria, iperattività vescicale o deficit cognitivi al mini mental State test hanno rappresentato criteri di esclusione. tre pazienti sono usciti dallo studio per la presenza di iperattività

detrusoriale, 2 sono stati persi al follow up. Sono stati pertanto valutati 42 soggetti sottoposti a prostatectomia radicale con tecnica laparoscopica nello stesso dipartimento urologico dalla medesima equipe chirurgica.I pazienti sono stati randomizzati ad un training con PmFE (21 pazienti, gruppo A) oppure alla usuale gestione post-intervento (21 pazienti, gruppo b), consistente in istruzioni scritte per eseguire esercizi muscolari del piano perineale in posizione supina, seduta ed in piedi, da iniziare dopo la rimozione del catetere vescicale e proseguire per tutto il corso del follow up. I due gruppi sono risultati omogenei per età, bmI, differenziazione (Gleason score) e stadiazione clinica tumorale. Nessun paziente ha utilizzato farmaci per trattare l’incontinenza (tab.1).I pazienti assegnati al trattamento pre-operatorio hanno preso parte a 5 sedute consecu-tive di PmFE integrati con biofeedback 2-3 settimane prima del-l’intervento chirurgico. ciascun paziente ha appreso, sotto la guida del terapista, come contrarre la muscolatura perineale in posizione supina, mantenere la contrazione per 10 secondi, controllare le sinergie parassite. Il training è stato completato istruendo i pazienti ad utilizzare la contrazione muscolare nelle attività che prevedono aumenti della pressione addominale (es. cammino sostenuto, pas-saggio seduto-in piedi, accovacciamento, tosse e starnuti). Sono poi state fornite le istruzioni scritte per proseguire gli esercizi musco-lari una volta rimosso il catetere vescicale.tutti i soggetti sono stati rivalutati a 1-3-6 mesi dall’intervento chirurgico; l’incontinenza è stata misurata con i diari minzionali, il 24-h pad test domiciliare e con il numero di ausili assorbenti – pads – utilizzati nelle 24 h. Il diario minzionale è stato compilato una settimana prima di ogni controllo con la registrazione della frequenza minzionale e degli episodi di incontinenza dovuti a tosse o starnuti, accovacciamento, passaggi clino-ortostatici, al cammino. la performance muscolare dell’elevatore dell’ano è stata misurata con il Pc-test (score 0-4 ed endurance in secondi) mediante palpazione digitale ano-rettale.

l’elaborazione statistica si è avvalsa del test chi-quadro per le variabili categoriche e il test t di Student per le variabili continue. la valutazione dei diari minzionali e dei parametri muscolari è stata effettuata sempre dallo stesso operatore all’oscuro del gruppo di appartenenza del paziente. E’ stato definito continente un soggetto che ha completato un diario minzionale privo di perdite urinarie per sette giorni consecutivi ed un 24-h pad test inferiore ai 4 grammi.

RISultAtIla proporzione di pazienti continenti non è stata significativa-

mente diversa tra i due gruppi in nessuno degli end-point esaminati (19% nel gruppo A vs 9% nel gruppo b a 1 mese, p=0.4; 52% vs 29% a 3 mesi, p=0.11; 71% vs 57% a 6 mesi, p=0.33). I pazienti del gruppo A hanno tuttavia manifestato un minor numero di episodi di incontinenza nelle comuni attività quotidiane, statisticamente significativo nel primo mese post-RP (p<0.05), ma non più a 3 e 6 mesi (p>0.05). Nel gruppo A si è inoltre osservata una miglior performance dell’elevatore dell’ano rispetto al gruppo b (p<0.05) e la tendenza ad un miglior controllo dell’inversione di comando. I risultati sono riassunti nella tabella 2.

DIScuSSIONEI risultati di questo studio dimostrano che un breve training

muscolare pre-operatorio non è significativamente superiore agli usuali esercizi post-operatori nell’accelerare il recupero della completa continenza nei primi 6 mesi post-intervento. tuttavia i

8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche

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PmFE pre-operatori sono stati in grado, nelle prime 4 settimane dall’intervento, di ridurre l’entità dell’ incontinenza migliorando significativamente la proporzione di pazienti senza perdite al cam-mino, passaggi clino-ortostatici e accovacciamento e riducendo in maniera rilevante – ma non significativa - i grammi di urina persi nelle 24 ore (p=0.07). tale effetto, parallelo all’incremento della prestazione tonica muscolare, induce ad ipotizzare che il training pre-chirurgico prepari il piano perineale ad un più efficace con-trollo sfinterico una volta rimosso il catetere vescicale.

cONcluSIONIun breve training pre-operatorio del pavimento pelvico non è

in grado di diminuire la durata dell’ incontinenza urinaria post-

prostatectomia, ma può ridurre la severità dell’incontinenza nelle prime settimane dalla rimozione del cV e migliorare la prestazione muscolare.

bIblIOGRAFIA 1. bales Gt, Gerber GS, minor tX et al. Effect of preoperative biofeed-

back/pelvic floor training on continence in men undergoing radical pro-statectomy. urology 2000;56:627-30.

2. burgio Kl, Goode PS, urban DA et al. Preoperative biofeedback assi-sted behavioral training to decrease post-prostatectomy incontinence: a randomized controlled trial. J urol 2006;175:196-201.

3. Parekh AR, Feng mI, Kirages D et al. the role of pelvic floor exerci-ses on post-prostatectomy incontinence. J urol 2003;170(1):130-3.

Tabella 2. Outcome a 1-3-6 mesi

Gruppo A Gruppo b p

1 m 3 m 6 m 1 m 3 m 6 m 1 m 3 m 6 m

% Perdite (N°/tot N°):

- tosse/starnuti 76 (16/21) 33 (7/21) 19 (4/21) 86 (18/21) 62 (13/21) 38 (8/21) 0.43 0.06 0.28

- Accovacciamento 62 (13/21) 33 (7/21) 19 (4/21) 95 (20/21) 57 (12/21) 38 (8/21) 0.08 0.12 0.17

- Passaggio clino-ortostat. 52 (11/21) 24 (5/21) 14 (3/21) 95 (20/21) 29 (6/21) 14 (3/21) 0.04 0.7 1.0

- cammino 29 (6/21) 5 (1/21) 5 (1/21) 67 (14/21) 14 (3/21) 5 (1/21) 0.01 0.3 1.0

24-h pad test (g, m+DS) 82+148 12+19 6+12 236+322 48+95 15+42 0.07 0.26 0.36

N° pads/24h (m+DS) 2.1+2 1+1.8 0.6+1.1 3.2+2.6 1.3+1.5 0.4+0.8 0.1 0.25 0.7

% pz continenti(N°/tot N°) 19 ( 4/21) 52 (11/21) 71 (15/21) 9 (2/21) 29 (6/21) 57 (12/21) 0.4 0.11 0.33

Pc-test (0-4, m+DS) 2.8+0.9 3.1+0.8 2.8+0.2 2.3+0.8 2.6+0.7 2.7+0.8 0.1 0.04 0.4

Endurance (sec, m+DS) 5.3+2 5.3+1.6 5.2+1.7 3.7+1.4 4+1 4.3+1.6 0.003 0.006 0.03

% Inv. comando (N°/tot N°) 5 (1/21) 5 (1/21) 5 (1/21) 38 (8/21) 24 (5/21) 24 (5/21) 0.008 0.07 0.07

Fig. 1 - Perineo maschile: Nucleo Fibroso centrale del Perineo.

Incontinenza urinaria maschile post-prostatectomia radicaleed ipotonia del nucleo fibroso centrale del perineo: quale correlazione?D. GIRAuDO, A. cENtEmERO, l. RIGAttI, G.F. lAmbERtI*, G. GuAZZONIS.C. Urologia - Ospedale San Raffaele Ville Turro Milano; *S.C. Neuroriabilitazione - A.S.L. CN1 - Cuneo

È sempre più rilevante, in ambito di riabilitazione del piano peri-neale, l’importanza di effettuare un esame obiettivo che possa con-fermare l’ipotesi diagnostica ed individuare alcuni indicatori clinici per la corretta impostazione ed il monitoraggio del successivo per-corso di cura riabilitativo. Il Nucleo Fibroso centrale del Perineo (NFcP) è una struttura mio-tendinea posta sulla linea mediana del perineo alla giunzione del triangolo urogenitale con il triangolo anale. Nel maschio, in particolare, è palpabile tra la base del pene, sotto lo scroto, e l’ano. l’integrità di tale struttura, con la quale con-traggono rapporti lo sfintere anale esterno, il muscolo bulbo-spon-gioso, le fibre mediali del muscolo elevatore dell’ano ed i muscoli trasversi superficiale e profondo del perineo, è fondamentale per il mantenimento di un adeguato sostegno al piano pelvico.

Nell’esecuzione dell’esame obiettivo in caso di incontinenza uri-naria maschile post-prostatectomia radicale, alla richiesta del pon-zamento o della manovra di Valsalva sarà possibile valutare com-plessivamente il sistema anatomico di supporto pelvico attraverso il criterio di giudizio della discesa o meno del NFcP rispetto alle tuberosità ischiatiche: il difettoso sostegno del NFcP (espressione solitamente dell’abitudine inveterata del paziente ad esercitare forti e prolungate manovre di spinta per agevolare la defecazione in caso di stipsi o di espressione di parziale denervazione del pavimento pelvico) è correlabile con una complessiva flaccidità muscolare. con queste premesse e sulla base della recente attenzione posta alle caratteristiche tonico-trofiche perineali in relazione all’incon-tinenza urinaria maschile iatrogenica, si è voluto porre in correla-zione il recupero del tono perineale correla con il recupero della continenza urinaria dopo intervento di prostectomia radicale. Da gennaio a luglio 2009 abbiamo valutato in 48 pazienti candidati a prostectomia radicale la tonicità del nucleo fibroso del perineo utilizzando il perineometro di J. beco (Perineocaliper®).

Abbiamo effettuato la valutazione clinica generale del piano

perineale ed in particolare il testing perineale, la valutazione della presenza della contrazione anteriore e la consistenza del NFcP prima dell’intervento chirurgico, 1 mese dopo e dopo 40 giorni di trattamento riabilitativo perineale (cinesiterapia, bFb e FES). tutti pazienti sono stati inoltre sottoposti ad una valutazione con scale validate della Qualità di Vita percepita.

tutti i pazienti sono stati operati da un unico chirurgo e valutati da un unico fisioterapista.

AA. VV.

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Gli strumenti utilizzati per la valutazione dell’efficacia del tratta-mento riabilitativo nell’ambito del presente lavoro sono stati: pad-test 24 ore, IcI-Q e valutazione con il perineometro.

l’analisi statistica dimostra come, rispetto ai 48 pazienti inseriti nello studio (età media 55 ± 7 anni), 20 (42%) risultavano conti-nenti. I valori rilevati al perineometro in questi pazienti risultano essere significativamente superiori rispetto a quelli rilevati nei pazienti incontinenti; la rilevazione fatta su quest'ultimo gruppo ha poi rilevato una correlazione tra il recupero della continenza e la misurazione al perineometro. ciò consente di affermare che

esiste la possibilità di correlare il recupero della continenza ed il recupero del tono perineale e che la perineometria rappresenta un possibile strumento predittivo di rischio di incontinenza post-ope-ratoria.

bIblIOGRAFIA:broekhuis SR, Hendriks Jc, Fütterer JJ, Vierhout mE, barentsz JO, Klui-

vers Kb. Perineal descent and patients’ symptoms of anorectal dysfun-ction, pelvic organ prolapse, and urinary incontinence. Int urogynecol J Pelvic Floor Dysfunct. 2010 Feb 5. [Epub ahead of print].

La stimolazione magnetica perineale nell’incontinenza urinaria da sforzo femminile:risultati preliminari di un percorso diagnostico terapeutico riabilitativo A. FAlluccA, S. SANDRI, c. GuERRER, t. ANtONIEttA, A. ZARINEllI, l. AlEmANI, D. IEmmA, E. INVERNIZZI, l. cHIANuRA1A.O. Legnano – Ospedale G. Fornaroli – U.O. Urologia e Unità Spinale di Magenta

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOla stimolazione magnetica del piano perineale (SmP) è una

valida opzione terapeutica nel trattamento dell’incontinenza urina-ria da sforzo, ben accettata dalle pazienti soprattutto per la sempli-cità di esecuzione e per la minima invasività. E’ tuttavia evidente che per godere a pieno dei suoi benefici sia necessario un corretto inquadramento clinico delle pazienti e della loro sintomatologia. Nel nostro servizio è stato definito un percorso diagnostico tera-peutico riabilitativo (PDtR) con indicazione alla SmP associata alla fisiochinesiterapia (FKt) del piano perineale. Scopo di questo lavoro è valutare i risultati ottenuti attraverso l’analisi degli stru-menti utilizzati.

mAtERIAlI E mEtODI la corretta applicazione del PDtR e il coordinamento delle

singole attività in tutte le sue fasi (dalla prenotazione della prima visita per incontinenza al follow up post trattamento) hanno per-messo di creare flussi informativi strutturati in grado di consentire prima il corretto inquadramento delle pazienti e poi un adeguato follow-up. In particolare sono stati utilizzati il questionario IcIQ-SF (1), PAD-tESt 24 ore e la valutazione della contrazione del piano perineale graduata (cpp) come convenzionalmente da 0 a 5. Durante il trattamento tutte le pazienti (pz) sono state addestrate ad eseguire, sotto il controllo dell’infermiere uro-riabilitatore, la corretta contrazione della muscolatura del piano perineale isolata dalle sinergie muscolari (addominali, glutei, arti inferiori) di base e addestramento all’automatismo. Al termine della terapia è stato rivalutato IcIQ-SF, PAD tESt e cpp ed è quindi stato organizzato con le stesse pazienti un controllo a 3 mesi per la rivalutazione del risultato ottenuto. In tale occasione le pazienti sono state invitate a compilare nuovamente IcIQ-SF, PAD-tESt, una scala di perce-zione, costituita da quattro risposte guarita – migliorata – invariata – peggiorata della sensazione soggettiva del risultato del tratta-mento: (Patient Global Impression of Improvement - PGI-I – scale) ed è stata rivalutata la contrazione del piano perineale.

RISultAtIDal febbraio 2009 a settembre dello stesso anno 23 pazienti sono

state sottoposte a trattamento riabilitativo con SmP. Sono state seguite a 3 mesi dal termine del trattamento 20 pazienti (3 pz hanno preferito non eseguire i successivi controlli) .

Valutazioni pre-trattamento:PAD-tESt in media 29 gr – cpp in media valori pari a 2,6 –

IcIQ-SF in media valori pari a 11.Valutazioni dopo 18 sedute di trattamento:PAD-tESt in media 14 gr – cpp in media valori pari a 3,33

- IcIQ-SF in media valori pari a 8,6.Valutazioni a 3 mesi dal trattamento riferite a 20 pz:PAD-tESt in media 12 gr – cpp in media valori pari a 3,38

– IcIQ-SF in media valori pari a 8 – PGI-I 14 migliorata 2 peggio-rata e 4 invariata.

Abbiamo osservato, tuttavia che non tutte le pazienti hanno pro-seguito al domicilio la FKt. In particolare 14 pz hanno continuato ad eseguire gli esercizi suggeriti, 6 pz hanno scelto di non prose-guire al domicilio la riabilitazione.

PZ che hanno eseguito FKt dopo il trattamento SmP:• PGI-I: migliorata (14/14)• PAD.tESt in media 0,5 gr• cpp in media valori pari a 4,12• IcIQ-SF in media valori pari a 4,8

PZ che non hanno eseguito FKt dopo il trattamento SmP:• PGI-I: peggiorata (2/6); invariata (4/6)• PAD.tESt in media 30,7 gr• cpp in media valori pari a 2,25• IcIQ-SF in media valori pari a 13,25

DIScuSSIONE

complessivamente nella nostra esperienza la stimolazione magnetica perineale si è dimostrata una metodica riabilitativa effi-cace, semplice e ben accettata dalle pazienti stesse, purchè l’indi-cazione iniziale sostenuta da una completa valutazione clinica sia stata adeguata. In un processo riabilitativo così articolato risulta tuttavia fondamentale la partecipazione attiva e motivata di tutti gli operatori che uniti da uno scopo comune utilizzano metodi-che di valutazione e di addestramento comuni. Infatti l’analisi dei risultati ha mostrato nel nostro campione l’importanza sia di una stimolazione “passiva” che di un corretto apprendimento degli esercizi di rinforzo del piano perineale. le pazienti che, ben moti-vate, hanno seguito correttamente il programma riabilitativo sia durante il trattamento che nei mesi successivi al follow up, a 3 mesi hanno ottenuto risultati migliori con importante riduzione delle perdite di urina. tale dato si è manifestato anche nella com-pilazione dei questionari con significativa riduzione del punteggio IcIQ-SF e della scala di percezione (tutte le pazienti si sono defi-nite migliorate).

cONcluSIONI

la stimolazione magnetica perineale, nella nostra esperienza, è risultata essere un valido trattamento per l’incontinenza urinaria da sforzo; è tuttavia fondamentale motivare le pazienti alla fisio-chinesiterapia per mantenere nel tempo i benefici ottenuti. tale risultato si esplica anche in una maggior consapevolezza del pro-prio controllo sul piano perineale (la pazienti si sentono guarite). un iter terapeutico così articolato nel tempo e nelle sue compo-nenti è stato possibile tramite la partecipazione diretta di tutti gli operatori alla sua stessa progettazione, in tal modo abbiamo otte-nuto una visione globale del “problema”, abbiamo favorito le rela-zioni interpersonali e sviluppato l’attitudine al lavoro di equipe. Abbiamo altresì imparato che la valutazione continua dei risultati clinici ottenuti e quindi del paziente deve essere parte integrante della nostra attività.

bIblIOGRAFIA: tubaro, F. Zattoni, D. Prezioso, R. m. Scarpa, F. Pesce, c. A. Rizzi, A. m.

Santini, l. Simoni, W. Artibani and the FlOW study group. Italian vali-dation of the International consultation on Incontinence Questionnaires. british Journal of urology International 2006; 97 (1):101-108.

8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche

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La stimolazione magnetica extracorporea associata alla kinesiterapianel trattamento della incontinenza urinaria da sforzo femminilec. SPREAFIcO1, E. buttI1, m. PEDERSOlI1, G. FRAGAPANE1, O. RISI1, G. FAllONI2, F. cHIAccHIO1

1Neuro-Urologia e Urodinamica A.O. - Treviglio; 2U.O. Di Urologia Casa Di Cura San Camillo - Cremona

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOla stimolazione magnetica perineale (ExmS) è una nuova meto-

dica non invasiva, indolore e poco costosa per il trattamento del-l’incontinenza urinaria da sforzo e da urgenza, sia nella donna che nell’uomo, oltre che per i disturbi dell’alvo. I risultati sono simili al trattamento riabilitativo classico nelle forme di incontinenza medio-lieve con una guarigione del 50-70%. l’apparecchiatura sfrutta l’utilizzo dei campi magnetici indirizzando le onde in modo mirato sui nervi del pavimento pelvico. l’innervazione magnetica extra-corporea si basa sul principio dell’induzione magnetica. Questi campi attraversano indumenti, ossa e tessuti molli per dare inizio all’impulso nervoso. Per effettuare un trattamento di riabilitazione bisogna far sedere il paziente sulla sedia dove i campi magnetici, generati dalla testata posizionata nella seduta della sedia, penetrano nei tessuti del perineo e raggiungono i nervi del pavimento pelvico e degli sfinteri muscolari. Quindi si ottiene una tonificazione del pavimento pelvico, maggior confidenza con la muscolatura ed un miglior controllo delle funzioni fisiologiche urinarie. Il trattamento prevede due sedute a settimana, per otto o più settimane, a seconda dello stato del pavimento pelvico all’inizio della terapia. Il protocollo standard ha una durata di venti minuti ed è costituito da due fasi da dieci minuti, la prima fase ha una frequenza di 5 Hz; la seconda di 50 Hz. I tempi di lavoro e riposo sono di cinque secondi.

mAtERIAlI E mEtODI un gruppo di pazienti di sesso femminile giunti presso il nostro

ambulatorio di riabilitazione del pavimento pelvico affetti da incon-tinenza urinaria da sforzo e incontinenza urinaria da urgenza sono stati trattati con le seguenti modalità:inizialmente viene effettuata la raccolta dati anamnestici comprendente innanzitutto le indagini sulla natura dei sintomi e la ricerca di riscontri obiettivi, durata del disturbo, precedenti interventi chirurgici, impatto dei sintomi su qualità di vita. Successivamente si illustrano al paziente brevi cenni anatomo-funzionali del pavimento pelvico e le eventuali disfun-zioni conseguenti alla patologia di cui sono affetti. Informiamo il paziente, quindi, sui vantaggi e sugli svantaggi che il trattamento in discussione può dare, con la raccolta della firma per il consenso informato. A questo punto si sottopone il paziente alla prima visita. Il primo passo è quello di rendere cosciente il paziente della propria

area perineale (presa di coscienza). Successivamente si effettua il pc-test.una volta che il paziente ha la consapevolezza che il proprio perineo esiste e riesce a “muoverlo”, si verifica l’eventuale interfe-renza di muscoli accessori quali i glutei, gli addominali, gli addut-tori che durante l’attività perineale devono essere inibiti. una volta coordinata l’area perineale, si può iniziare la parte attiva di rinforzo muscolare,si tratta di insegnare al paziente una serie di esercizi mirati a incrementare la forza dei muscoli del pavimento pelvico. l’auto-training é d’obbligo sia in corso di terapia per garantirne il successo, che dopo, come sostegno per mantenere nel tempo i risultati. Già alla prima seduta il paziente viene fornito di un diario minzionale e del Questionario King’s Health (questionario sulla qualità della vita) ed eseguito un Pad test 1 ora (> 8 gr) che viene ripetuto al termine del assieme alla compilazione del Subject Perception of treatment benefit. Abbiamo trattato nel periodo Ottobre 2008-Dicembre 2009 32 pazienti di sesso femminile (età media 56 anni range 32-78) affette da Incontinenza urinaria da Stress . tutte le pazienti hanno eseguito 2 trattamenti settimanali della durata di 20 minuti, seguiti da altri 20 minuti di riposo per un totale di 10 sedute

RISultAtIAbbiamo rivalutato le pazienti ad otto settimane dal termine

della terapia , dando indicazione di proseguire a domicilio gli eser-cizi. Il 30 % della pazienti è diventato asciutto; il 40% si definisce migliorato ed il 30% invariato; ; la media degli episodi di fuga è passata da 5,5 a 2,1; il pad test medio è passato da 20,5 gr a 8,3 gr. migliorato anche la Qol in maniera significativa. Non sono stati riscontrati effetti collaterali; una paziente ha riferito parestesie in regione perineale, una paziente ha sospeso il trattamento per inef-ficacia. E’ risultata ridotta inoltre la frequenza minzionale media.

cONcluSIONIla ExmS è una metodica non invasiva, indolore e poco costosa

per il trattamento dell’incontinenza urinaria maschile e femminile di tipo da sforzo e da urgenza, oltre che per i disturbi dell’alvo. I risul-tati sono simili al trattamento riabilitativo classico nelle forme di incontinenza medio-lieve con una guarigione del 50-70% in questi casi. È quindi un trattamento di prima linea nei disturbi della conti-nenza urinaria. Successivi studi sono necessari per valutare l’effica-cia a lungo termine e la necessità di terapia di mantenimento

l’associazione della stimolazione ad una terapia riabilitativa sembra portare a migliori risultati rispetto alla sola stimolazione magnetica

bIblIOGRAFIA:1. Sandri SD, De Francesco O, Sommariva m, confalonieri S, Nervi S,

Zanollo l. trattamento dell’incontinenza urinaria femminile con stimo-lazione magnetica perineale: risultati preliminari. urologia 2005; 1:107-110.

2. Sheriff mK, Shah PJ, Fowler c, mundy AR and craggs mD. Neuromo-dulation of detrusor hyper-reflexia by functional magnetic stimulation of the sacral nerve roots. br J urol; 1996;78:39.

3. Ünsal A, Saglam R, cimentepe E. Extracorporeal magnetic stimulation for the treatment of stress and urge incontinence in women. Scandina-vian Journal of urology and Nephrology 2003; 5: 424-428.

Ritenzione urinaria in pazienti con retroversione uterina erisoluzione attraverso manovre riabilitative-manipolativeG. GARIGlIO, E. mIStRANGElOGenova

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOPur trattandosi di un argomento poco discusso in letteratura, è

noto che esistono condizioni in cui l’utero retroverso, di volume aumentato (es. utero gravido o utero con miomi) o lievemente pro-lassato, arriva a comprimere la giunzione uretro-vescicale fino a causare disturbi minzionali della fase di svuotamento. tali disturbi possono essere lievi e cronici, fino a slatentizzarsi come disturbi secondari della fase di riempimento (frequenza, urgenza), oppure, in casi più rari, possono manifestarsi come evento acuto con veri e propri episodi di ritenzione urinaria (i più noti in gravidanza I-II trimestre).

mAtERIAlI E mEtODI Portiamo ad esempio cinque casi di giovani pazienti di sesso

femminile, con storia di multipli accessi al pronto soccorso per ritenzione urinaria acuta e dimesse con la sola indicazione all’au-tocateterismo.

cASO 1: donna in gravidanza alla 15° settimana; cASO 2: donna di 29 anni con prolasso uterino di I grado (classificazione HWS) insorto dopo parto vaginale; cASO 3: donna di 34 anni con fibromiomatosi uterina; cASO 4: donna di 48 anni con miomi ute-rini multipli; cASO 5: donna di 57 anni con prolasso uterino di II grado (classificazione HWS).

AA. VV.

36

La consapevole gestione della propria salute: la misura dell’impatto dell’istituzionedi un servizio dedicato alla presa in carico della incontinenza urinariaR. cEllA, c. RumIANO, A. mAStRullO, m.G. mAZZA, R. VItAlEU.O. di Medicina Riabilitativa dell’ Ospedale A Landolfi di Solfora (AV)

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIOl’ istituzione del nostro servizio di riabilitazione dedicato alla

cura dei cittadini affetti da disfunzione vescico-sfintero-perineale ci ha indotto a valutare l’eventuale cambiamento dell’immagine e dell’idea di salute su un territorio e quindi la correlabile modifica-zione della domanda posta all’offerta dei servizi. Il nuovo concetto della salute e dei suoi componenti derivato dall’introduzione dell’ IcF permette di valutare anche l’impatto su di essa derivato dalle offerte di servizio presenti. le azioni sanitarie pubbliche dovreb-bero essere mirate a considerare la dimensione di un problema, nel caso dei cittadini con incontinenza urinaria assistiamo al ritardo nella stima della stessa, di conseguenza si producono due effetti negativi: la scadente qualità della vita delle donne e degli uomini incontinenti e un aggravio dei costi per il SSN. la consapevolezza dei problemi è la via che apre il cammino alle possibili soluzioni, conoscere vuol dire poter migliorare la qualità di vita propria o delle persone vicine ne consegue che facilitare un atteggiamento attivo della popolazione, applicando strategie di informazione e sensibilizzazione, ne riduce il bisogno di cure. Dall’introduzione del su citato servizio di presa in carico dei cittadini con inconti-nenza urinaria abbiamo potuto evidenziare, attraverso ricerca, che le possibilità di ascolto e la disponibilità della presa in carico già modificano la percezione e la gestione individuale del proprio stato di salute e dell’eventuale disabilità con un’immediata modifica dell’ impatto dei sintomi urinari sulla Qol dei singoli interessati e con concomitante riduzione della spesa sanitaria collettiva.

mAtERIAlI E mEtODI lo studio è stato condotto su un campione di 100 cittadini con

incontinenza urinaria, giunti all’unità operativa per effettuare il percorso di cura riabilitativo, gli strumenti di valutazione usati per evidenziare i dati utili alla nostra ricerca sono stati sommini-strati all’inizio del percorso e alla conclusione dello stesso. I tempi di durata per ogni progetto riabilitativo non sono stati standard, poichè come per il lavoro svolto nel disegnare un abito su misura così le scelte terapeutiche si differenziano sulla base delle singole situazioni valutate.

tutti sono stati sottoposti a visita riabilitativa (utilizzando il diario minzionale, Pc-test, questionari specifici per l’incontinenza urinaria) dalla quale sono stati raccolti dati:• anagrafici, anamnestici generali ed uro-colon-ginecologici;• relativi al numero ed alla frequenza delle perdite;• relativi alle caratteristiche cliniche del reclutamento del pavi-

mento pelvico, del pattern respiratorio e della muscolatura sinergica;

• relativi ai disturbi funzionali di svuotamento e riempimento dell’ Iu;

• neurofisiatrici del plesso lombo-sacrale .la percezione dell’impatto dei disturbi sulla Qol è stata misu-

rata attraverso la somministrazione del “King’s Health Question-naire”, con domande inerenti lo stato generale del cittadino incon-

tinente, l’influenza sullo stile di vita, le limitazioni quotidiane, le limitazioni fisiche e sociali, il condizionamento nei rapporti inter-personale e nella sfera sessuale, l’emotività soggettiva, il rapporto sonno/veglia, la sensibilità, e misure di severità dei sintomi.

Il King’s Health Questionnaire è specifico nella valutazione della qualità di vita delle persone affette da incontinenza urinaria, è largamente utilizzato negli studi clinici multinazionali come stru-mento valido, attendibile e sensibile, è tradotto in diverse lingue. Si compone di 21 items che indagano 9 aspetti della vita con ottime proprietà psicometriche e un sistema attraverso il quale si attribui-sce un punteggio ad ogni sintomo.

RISultAtIAlla valutazione iniziale la percezione dell’impatto dei sintomi

di incontinenza urinaria sulla propria qualità della vita risulta essere maggiormente negativo per gli ambiti 1,2,9 (stato di salute per-cepito, impatto sulla vita e misure adottate in conseguenza ai sin-tomi), mentre per gli ambiti 6 e 7 (impatto dell’Iu sull’emotività e sul sonno/energia) si evidenziano punteggi migliori. Alla valu-tazione finale si evidenzia un miglioramento netto per gli ambiti 1,2,9 e generalizzato per tutti gli altri del KHQ. l’evidenziazione di questi dati ci aiuta a dimostrare la veridicità della nostra ipotesi iniziale: la presa in carico riabilitativa dell’incontinenza urinaria è in grado di migliorare la percezione, singola e collettiva, dell’im-patto che essa ha sulla qualità della vita e quindi lo stato di salute della popolazione.

Inoltre si può affermare che il tempo di somministrazione del questionario e il tempo di classificazione IcF sono rapidi e sem-plici da inserire nel nostro lavoro e utili strumenti da adoperare per sposare i principi dettati dalla comunità medica internazionale al riguardo dell’attuale concetto di salute pubblica collettiva.

DIScuSSIONEEmerge che il questionario KHQ è un valido strumento di misura

dell’impatto sulla qualità della vita e delle problematiche legate all’incontinenza utile ai fini di studio e valutazione del processo ma estraneo al percorso recuperativo del paziente mentre l’IcF integra uno scambio di consapevolezza e di conoscenza tra il tEAm e il cittadino utente, è quindi utile al processo per entrambi e modifica immediatamente il comportamento dei cittadini nei confronti della patologia. Inoltre viste le evidenze emergenti in valutazione ini-ziale sugli ambiti del KHQ emotività e sonno/energia ipotizziamo che la consapevolezza dei cittadini sul correlare il proprio stato di salute fisico con la sfera psichica/emotiva risulta essere ancora poco esplorato nella nostra cultura.

cONcluSIONIuna grande percentuale di cittadini segnala problematiche urina-

rie i dati elaborati su di essi ci portano a pensare che l’istituzione di un servizio dedicato alla presa in carico del disturbo che ne conse-

In tutti casi le donne avevano una retroversione dell’utero. Sono state tutte studiate con ecografia perineale che ha evidenziato come, in ortostatismo ed in clinostatismo sotto spinta, la cervice uterina andava a comprimere la giunzione uretro-vescicale fino ad assottigliarne il profilo.

RISultAtIle cinque donne sono state sottoposte a manovre di manipola-

zione interna sulle fasce ed i legamenti pelvici e sono state istruite agli esercizi perineali con scomparsa degli episodi di ritenzione acuta, riduzione fino alla scomparsa del residuo postminzionale, necessità di un numero sempre minore di cateterismi intermittenti e miglioramento soggettivo dello svuotamento vescicale.

DIScuSSIONEQuelli presentati sono solo cinque casi clinici che non possono

portare a vere e proprie conclusioni ma che vogliono porre l’at-tenzione su un problema spesso trascurato, quello degli episodi di

ritenzione urinaria acuta in donne con utero retroverso, di volume aumentato e/o lievemente prolassato.

cONcluSIONISecondo la nostra esperienza, tali casi possono avvalersi della

riabilitazione perineale che, se eseguita da mani esperte, associando agli esercizi dei muscoli pelvici anche manovre di manipolazione interna, permette talvolta la risoluzione del problema riducendo la necessità di ricorrere all’autocateterismo.

bIblIOGRAFIA:1) Haylen bt. urinary retention secondary to a uterine leiomyoma: is it

nonpregnant incarceration of a retroverted uterus? Int urogynecol J Pelvic Floor Dysfunct. 2007;18(10):1247-8.

2) Inaba F, Kawatu t, masaoka K, Fukasawa I, Watanabe H, Inaba N. Incarceration of the retroverted gravid uterus: the key to successful treat-ment. Arch Gynecol Obstet. 2005;273(11):55-7.

3) Yohannes P. ultrasound in acute urinary retention and retroverted gravid uterus. ultrasound Obstet Gynecol. 2004;23(5):427.

8° Congresso SIUD Fisioterapisti Infermieri e Ostetriche

37

gue migliora in positivo la loro consapevolezza, la loro qualità di vita e la relazione tra la popolazione e il SSN.

bIblIOGRAFIA: • P. Di benedetto, Riabilitazione uro-Ginecologica, minerva medica.

• D. bonaiuti, le Scale di misura in Riabilitazione, SEu ROmA.• OmS, IcF, Erickson.• Soligo m, Questionari Sintomatologici e di Valutazione della Qua-

lità di Vita (Qol) nelle Disfunzioni Pelviche, Pubblicazione Siud 15/05/09.

Esperienza del primo anno del “centro multidisciplinare per le patologie uro ginecologica,urologica maschile e del pavimento pelvico” A. SAttA, m. GARAVENtA, G. cANEPA, A. PINtO, E. mIStRANGElO, F. REPEttIOspedale Galliera - Genova

INtRODuZIONE E ScOPO DEllO StuDIODal 1 ottobre del 2008 opera presso il nostro Ospedale un centro

interdisciplinare specifico per la presa in carico globale dei disturbi del pavimento pelvico, femminili e maschili. tale centro è stato strutturato in modo da poter determinare:- la creazione, per i pazienti affetti da disturbi uro-ginecologici, di

un “percorso” diagnostico-terapeutico il più possibile definito e semplificato attraverso un centro unico coordinatore di tutta l’attività diagnostico terapeutica

- la possibilità per i medici coinvolti di dedicarsi a tempo pieno all’attività specifica, con aumento pertanto delle competenze

- la possibilità di formare personale paramedico dedicato (infer-mieri professionali, fisioterapisti, ostetriche) a competenza spe-cifica polifunzionale

- la possibilità di creare la massima sensibilizzazione per le pato-logie coinvolte da parte dell’utenza

Il presente abstract ha lo scopo di riportare i dati raccolti nel primo anno di esperienza del centro.

mAtERIAlI E mEtODI le figure fino ad oggi coinvolte sono costituite da un urologo,

un ginecologo, un fisiatra, un’ostetrica, tre fisioterapiste, tre infer-miere professionali, che operano sulle seguenti strutture: 1. ambulatorio di uro ginecologia2. ambulatorio di uro dinamica3. ambulatorio di riabilitazione del pavimento pelvico4. struttura per la day-surgery5. struttura di degenza per chirurgia maggiore

Esiste inoltre, correlata al centro, una struttura in collaborazione esterna costituita da un ambulatorio di proctologia.

le prestazioni fino ad oggi offerte dal centro sono le seguenti:

Prestazioni di accesso:(AmbulAtORIO DI uROGINEcOlOGIA)- prima visita per patologia uro-ginecologica (tutti i disturbi min-

zionali compresa l’incontinenza urinaria, il prolasso uro-geni-tale, le infezioni croniche / ricorrenti delle vie urinarie, il dolore pelvico, la dispareunia) con: compilazione della cartella clinica informatizzata, esame clinico uro-ginecologico mirato all’evi-denziazione dei segni di incontinenza urinaria da sforzo e da urgenza, esecuzione di manovre semeiologiche e strumentali per la classificazione del grado di prolasso e di incontinenza

- visite di controllo per i pazienti in terapia medica o riabilitativa - visite di controllo post-chirurgiche e di follow-up a medio e

lungo termine

Prestazioni diagnostiche di secondo livello:(AmbulAtORI uRO-GINEcOlOGIcO, uROlOGIcO, FISIO-tERAPIcO)- valutazione fisiatrica per accesso a programma riabilitativo- esame uro dinamico- ecografia funzionale trans perineale- uretrocistoscopia diagnostica- visita congiunta multi specialistica per patologia “complessa”

Prestazioni terapeutiche: (AmbulAtORIO FISIOtERAPIcO, SS. cc. Ginecologia e/o urologia)- programma riabilitativo a sedute multiple (ostetriche e fisiotera-

piste)- neuro stimolazione tibiale

- terapia chirurgica divisa in: • day-surgery e one-day-surgery• chirurgia uroginecologica maggiore (con possibilità di chi-

rurgia “associate”)• neuro modulazione sacrale

RISultAtI1) AttIVItA’ clINIcA AmbulAtORIAlEAmbulatorio Uro Ginecologia:• Accessi come prima visita: 367• Accessi come seconda visita: 592 (totale 959)

Ambulatorio Urologia:• totale visite 174Ambulatorio Urodinamica:• Esami uro dinamici 200

2) AttIVItA’ DI RIAbIlItAZIONE PElVIcO-PERINEAlE• Numero complessivo di pazienti trattati 100• Numero di singole sedute eseguite (1 h ciascuna) 2000

3) AttIVItA’ cHIRuRGIcA • chirurgia vaginale in ricovero ordinario interventi n. 108• chirurgia incontinenza (tVtO) in one day-surgery n. 61• Infiltrazioni uretrali per incontinenza femminile n. 10• PRO-Act per incontinenza maschile n. 4• Neuro modulazioni sacrali n. 8

DIScuSSIONEla complessità delle situazioni anatomo-funzionali riscontrabili

in ambito uro-ginecologico spiega la necessità di un approccio che più che “multidisciplinare” è corretto definire “interdisciplinare”. Nonostante il board europeo di Ostetricia e Ginecologia abbia inserito l’uroginecologia tra le quattro sub-specialità riconosciute (insieme alla Perineologia, all’Oncologia Ginecologica e alla medicina della Riproduzione), in realtà spesso nelle strutture ospe-daliere non esiste personale dedicato esclusivamente alle patologie del pavimento pelvico ed ogni medico, sia esso urologo, gineco-logo, proctologo, affronta i singoli casi che giungono alla propria attenzione curando la singola patologia che più si avvicina a campo di interesse specifico, con il risultato di una mancata ottimizzazione delle risorse e un disorientamento dell’utenza.

cONcluSIONIl’esperienza riportata nel presente abstract dimostra che, nel-

l’ambito della sanità pubblica, in Italia, è possibile creare un centro dedicato alle patologie del pavimento pelvico, che permetta di con-vogliare l’utenza attraverso un’unica via di accesso attraverso la quale, nell’ambito di un rapporto interdisciplinare tra gli operatori, viene impostato e seguito l’iter diagnostico-terapeutico più appro-priato, garantendo in tal modo la personalizzazione delle cure e un’elevata competenza specifica.

bIblIOGRAFIA: 1. G. Dodi. “uPP: unità di Pelvi-Perineologia”. Editoriale su Pelvi-Peri-

neologia, RIcP 2005;24: 138-139.2. l. Passerella. “la necessità e la meta”. Editoriale su Pelvi-Perineologia,

RIcP 2006; 3-4.