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Durante il viaggio hanno conosciuto i popoli italici, i romani, gli angioini, gli svevi, i nazisti, gli inglesi, i partigiani italiani.Un viaggio temporale in cui, in epoche molto lontane tra loro, l’Abruzzo è stato il crocevia fondamentale nella storia dei destini dei protagonisti che di volta in volta hanno vissuto o sono passati nella nostra re-gione. Buona lettura e buona Storia!

per scrivere il copione del fumetto di questo numero Marsio e Lou Travok hanno comprato una macchina del tempo con la quale se ne sono andati un po’ in giro per le diverse epoche storiche.

Ciao dal vostro

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LA GUERRA SOCIALE

Cartagine, dal fenicio Kart-Hadshå, “Città Nuova”, era una città del Nordafrica situata nel lato esterno del Lago di Tunisi. Con le tre Guerre Puniche Roma annientò Cartagine. La fi ne della Terza Guerra Punica segnò la fi ne della potenza cartaginese e la completa distruzione della città-stato da parte di Publio Cornelio Scipione Emiliano detto per questo Scipione l‛Africano. I soldati romani andarono casa per casa uccidendo i cartaginesi e rendendo schiavi i sopravvissuti. Il porto di Car-tagine fu bruciato e la città rasa al suolo. Cartagine non sarebbe mai più stata rivale di Roma.Divide et impera (pronuncia: dìvide et ìmpera) è una locuzione latina che tradotta letteralmente signifi ca dividi e domina. In politica si utilizza per defi nire una strategia fi nalizzata al mantenimento di un territorio e/o di una popolazione, dividendo e frammentando il potere dell‛opposizione in modo che non possa riunirsi contro un obiettivo comune. In realtà, contribuisce ad evitare che una serie di piccole entità titolari di una quantità di potere ciascuna possano unirsi, formando un solo centro di potere, implementando così una nuova e unica entità più rilevante e pericolosa. Per evitare ciò, il potere centrale tende a dividere e a creare dissapori tra le fazioni, in modo che non trovino mai la possibilità di unirsi contro di lui.I Frentani erano un antico popolo italico insediato sulla regione costiera adriatica centrale, tra le foci del fi umi Aterno in Abruzzo e del Fortore in Puglia. Lo sviluppo di tale popolazione è passato da insediamenti di popolazioni preindoeuropee risalenti al neolitico e all‛età del bronzo, seguiti dal-l‛insediamento di popolazioni di origine illirica e pelasgica arrivate via mare alla fi ne del II millennio a.C., infi ne con l‛insediamento di popolazioni italiche del gruppo dei Sanniti agli inizi del I millennio a.C. Il popolo dei Frentani parlava un linguaggio appartenente al gruppo delle Lingue italiche ed aveva un‛economia basata sulla pastorizia transumante ma anche dedita ai commerci coi naviganti greci che attraversavano l‛Adriatico. I suoi centri principali furono: Larinum (oggi Larino) divenuto in seguito colonia romana, Epineion (l‛odierna Ortona) il cui signifi cato in osco è arsenale organizzato sul mare, Lanciano (che fu la colonia romana di Anxanum), Vasto (anticamente Histonium).I Marsi erano una popolazione italica stanziata sul territorio circostante il lago Fucino, zona che attualmente corrisponde a un‛ampia area dell‛Abruzzo chiamata appunto Marsica. Le prime notizie sui Marsi e sulle altre tribù autoctone della zona ci pervengono dalla storiografi a romana. Lo storico Tito Livio nella sua opera principale “Ab urbe condita”, descrive dettagliatamente la collocazione di queste popolazioni: la parte centrale della zona fucense era occupata dai Marsi. Durante i numerosi confl itti che avevano coinvolto direttamente la piana del Fucino, i Marsi si guadagnarono la fama di guerrieri invincibili e coraggiosi, testimoniata dal famoso proverbio romano: “Nè con i Marsi, né contro i Marsi”. Un altro famoso proverbio latino spiegava, invece, che per fare un guerriero marsicano fossero necessari quattro legionari romani. Il coraggio e la forza di questo popolo furono

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tali, che nei secoli successivi i Marsi diventarono la spina dorsale delle legioni romane.I Marrucini erano una antica tribù italica che occupava una piccola striscia del territorio di forma tondeggiante intorno a Teate (Chieti), nel versante adriatico del massiccio montuoso della Maiella, delimitato a nord dal fi ume Aterno e a sud dal torrente Foro. I centri principali furono Teate, il capoluogo, Ceio (oggi San Valentino in Abruzzo Citeriore), Iterpromium (oggi le sue rovine sono sot-to l‛abbazia di san Clemente a Casauria), Civitas Danzica (oggi Rapino), e condividevano col popolo dei Vestini il porto di Aternum (oggi Pescara).I Peligni sono un antico popolo italico che popolava nel I millennio a.C. parte dell‛Abruzzo nelle zone sulle pendici del massiccio formato dai monti Maiella e Morrone nella Valle Peligna, solcata dai fi umi Aterno, Gizio e Sagittario. Appartenente per lingua e cultura al gruppo dei popoli Osco-umbri, le sue attività economiche furono agropastorali. I suoi centri principali furono: Sulmo (odierna Sul-mona), dove naque il poeta Publio Ovidio Nasone, Superaequum (odierna Castelvecchio Subequo e Corfi nium (odierna Corfi nio) che divenne nel 90 a.C. la prima capitale d‛Italia essendo stata la sede della lega dei popoli italici nella rivolta contro Roma nella Guerra Sociale. Di origini peligne fu la famiglia dei Flavi che diede una dinastia di 3 imperatori romani.I Sanniti furono un antico popolo italico stanziato in un territorio, detto Sannio, corrispondente agli attuali territori della Campania, dell‛alta Puglia, del Molise, del basso Abruzzo, e dell‛alta Lucania (Basilicata). Parlavano la lingua osca, una lingua indoeuropea del gruppo italico. I Sanniti si suddi-videvano in quattro gruppi: Caudini, Irpini, Pentri e Carricini.I Vestini erano un antico popolo italico che abitò il territorio dell‛Abruzzo tra il Gran Sasso e la riva settentrionale dell‛Aterno. Il nome potrebbe derivare da besti o bestiali per il fatto che la sua gente usava come abiti delle pelli d‛orso. Apparteneva per lingua e cultura al gruppo dei popoli Osco-umbri, la cui economia era basata sull‛allevamento delle pecore e in minor misura sull‛agricol-tura. I suoi centri principali furono: Aveia, Pitinum, Aufi num (Ofena), Peltuinum (Prata d‛Ansido-nia), Pinna (Penne), Aternum (Pescara). Valenti guerrieri, di loro ci resta la statua del Guerriero di Capestrano. Si scontrarono contro Roma durante la seconda guerra sannitica alleati coi Peligni, Frentani, Marrucini e Marsi. Dal 302 a.C. furono alleati di Roma. Nel 91 a.C. parteciparono alla guerra sociale per acquisire la cittadinanza romana guidati dal condottiero Pontidium. Furono l‛unico popolo italico che utilizzò una moneta propria, il VES.

LA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO

Alardo di Valéry consigliere di Carlo I d‛Angiò, re di Napoli e Sicilia. Carlo d‛Angiò, avventuratosi nella conquista dei regni svevi dell‛Italia meridionale, sconfi sse re Manfredi a Benevento nel 1266 e ne occupò le terre. Nel 1268, Corradino di Svevia, nipote di Manfredi in quanto fi glio del suo fratellastro Corrado IV, si lanciò a sua volta nella riconquista dell‛eredità della casata, sobillato dai ghibellini italiani che non tolleravano il guelfo Carlo d‛Angiò alla guida dei due potenti regni. Entrato Corradino nel regno di Napoli con un potente esercito, Carlo gli andò incontro col suo esercito affi -dandone il comando al suo generale Alardo di Valéry. Costui decise di dar battaglia a Tagliacozzo: da questa posizione, infatti, poteva controllare l‛accampamento dell‛esercito avversario situato vi-cino al fi ume Salto. Alardo divise i suoi in tre schiere: la prima sulle pendici del colle ove l‛Angiò si era accampato, ordinando al comandante - Enrico di Cousence - di indossare l‛armatura e le insegne reali, data la forte somiglianza tra costui ed il re; la seconda presso il fi ume per rendere diffi cile il guado; la terza, con a capo lo stesso Alardo, in una gola laterale. Egli infatti riteneva che se gli Svevi fossero riusciti a sconfi ggere le due prime schiere ed avessero ucciso il fi nto re Carlo (ovvero Enrico di Cousence), si sarebbero lasciati andare a disordinati festeggiamenti; a quel punto, con i suoi ottocento cavalieri di riserva, sarebbe piombato su di loro e li avrebbe annientati. Tutto andò come aveva previsto: gli Svevi guadarono il fi ume e distrussero la prima schiera, poi affrontarono la seconda e, vedendo il sosia di re Carlo cadavere, ruppero la formazione abbandonandosi al tripudio;

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a quel punto, Alardo si avventò su di loro e li travolse.Dante Alighieri (Firenze, 1265 – Ravenna,13 settembre 1321) è stato un poeta, scrittore e po-litico italiano. È considerato il primo e più grande poeta della lingua italiana e per questo defi nito “il sommo poeta”, o “il vate”). Per aver tenuto a battesimo l‛utilizzo letterario della lingua volgare viene anche considerato Il Padre della lingua italiana. La sua opera principale, la Divina Commedia, è il maggior poema della letteratura italiana ed è considerata uno dei capolavori della letteratura mondiale.Per quel che attiene ad Alardo di Valéry, il consiglio strategico sanz‛arme (cioè di tenere una schie-ra nascosta per attaccare il Re di Sicilia quando era ormai affaticato) fu la chiave della vittoria e Dante Alighieri lo citò per questo motivo nella Divina Commedia (Inferno XXVII, 18) a proposito delle guerre del Meridione:...E là da Tagliacozzo / ove senz‛arme vinse il vecchio Alardo .Dante mise tutto sommato in cattiva luce le vittorie degli Angioini per questo e un altro stratagem-ma (quello dell‛abbandono del valico di Ceprano da parte di vassalli traditori di Manfredi) che fece loro trionfare pure alla Battaglia di Benevento (1266).Ghibellini o sostenitori dell‛imperatore. I termini guelfi e ghibellini indicano le due fazioni che dal XII secolo sostennero in Germania, nel contesto del confl itto tra chiesa ed impero, rispettivamente la casata di Baviera e Sassonia dei Welfen (pronuncia velfen, da cui la parola guelfo) e quella di Svevia degli Hohenstaufen, signori del castello di Waiblingen (da cui la parola ghibellino), in lotta per la corona imperiale dopo la morte dell‛imperatore Enrico V(1125),che non aveva eredi diretti.Scurcola Marsicana è un comune di 2.684 abitanti in provincia dell‛Aquila. È situato ai piedi del Monte S.Nicola nel margine occidentale di quello che una volta era il Lago del Fucino, a 700 mt. s.l.m.; si estende su una superfi cie di 3.000 ettari. Dalla parte alta del Paese si dominano i Piani Palentini, teatro della Battaglia tra l‛esercito Svevo di Corradino e quello Angioino di Carlo I per il Regno delle Sicilie.

LA BRIGATA MAIELLA

L‛armistizio di Cassibile, siglato segretamente il 3 settembre del 1943, è l‛atto con il quale il Regno d‛Italia cessò le ostilità contro le forze britanniche e statunitensi (Alleati) nell‛ambito della seconda guerra mondiale. Anche detto dell‛ “8 settembre”, data in cui, alle 18.30, fu pubblicamente reso noto prima dai microfoni di Radio Algeri da parte del generale Eisenhower e, poco più di un‛ora dopo, alle 19.42, seguito dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni del-l‛EIAR.Bosco Martese è il simbolo della Resistenza Teramana ma anche la prima tappa della Resistenza Italiana. Il 25 settembre del 1943 ad Ara Martese, successivamente denominato Bosco Martese, fu combattuta e vinta la prima battaglia campale della Resistenza nei confronti di una colonna mo-tocarrozzata dell‛esercito tedesco. A Bosco Martese combatterono persone di fede politica, ceto sociale, nazionalità diverse, accomunati dall‛intento di scacciare gli occupanti nazisti.A Capistrello il 4 giugno 1944 alcuni militi fascisti accompagnavano un reparto di cacciatori tede-schi in una località nei pressi di Luco dei Marsi dove si trovavano contadini e pastori che avevano trovato un ricovero al bestiame sottratto alle razzie, e alcuni ex prigionieri alleati sfuggiti ai ra-strellamenti. La colonna venne condotta sotto la minaccia delle armi verso la stazione ferroviaria di Capistrello bombardata dagli aerei alleati qualche giorno prima. Alcuni soldati parlottavano, fi no a che un militare indicò un profondo cratere lasciato da una bomba, lì di fronte al luogo di raccolta dei prigionieri. Così stabilirono il luogo della mattanza, senza neppure perdere tempo a far scavare una fossa ai condannati a morte. Uno alla volta quegli uomini vennero portati sul bordo della buca e freddati con una raffi ca. La strage fu scoperta solo il 9 giugno. Nella fossa vennero rinvenuti i

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corpi di 33 persone. Per otto cadaveri fu possibile assegnargli un nome, per gli altri non fu possi-bile, probabilmente si trattava di angloamericani senza documenti di riconoscimento o di qualcuno che non era del posto. La strage di Capistrello fi nì nel dopoguerra nel pentolone degli eccidi senza colpevoli, per le diffi coltà di indagare oppure per la precisa volontà di non farlo. Anche il nome di Capistrello contribuì a gonfi are le ante dell‛ ”armadio della vergogna”.Domenico Troilo (Gessopalena, 22 aprile 1922 – Lanciano, 11 marzo 2007) è stato un patriota italiano. Laureato in Sociologia all‛Università di Urbino è stato Vicecomandante, con il ruolo di Co-mandante in campo del Corpo Patrioti della Maiella. È stato decorato con la Medaglia d‛Argento al Valor Militare e insignito della Croce al merito da parte del 2° Corpo d‛Armata polacco.Ettore Troilo (Torricella Peligna, 10 aprile 1898 – Roma, 30 giugno 1974), avvocato socialista, veterano della prima guerra mondiale, militò nella guerra di Liberazione come comandante della Brigata Maiella; poi fu Prefetto di Milano dal 1946 al 1947.La fuga a Pescara o lo fuga da Roma del re Vittorio Emanuele III e del generale Badoglio (9 set-tembre 1943) seguì immediatamente l‛annuncio dell‛armistizio; raggiunta Ortona si imbarcarono sulla corvetta Baionetta che li portò a Brindisi. Le forze armate italiane, abbandonate a sé stesse e senza ordini e piani precisi, non furono in grado di opporre un‛effi cace e coordinata resistenza all‛occupazione nazista dell‛Italia, sciogliendosi nel volgere di poche decine di ore e fi nendo in larga parte preda dei tedeschi. Fu in tal modo consentito all‛ex alleato occupare agevolmente oltre due terzi del territorio nazionale, che fu perciò trasformato in larga parte in un campo di battaglia a difesa del Terzo Reich ed esposto ai rigori ed alle sciagure di ulteriori ventuno mesi di guerra.Il 12 settembre 1943 i tedeschi occuparono la città di Lanciano dando inizio a razzie di ogni ge-nere. Il 6 ottobre i giovani lancianesi si ribellarono e ingaggiarono battaglia contro gli occupanti. I partigiani caduti in combattimento furono 11 e altrettanti i civili uccisi per rappresaglia. Dopo lo scontro i tedeschi distrussero, saccheggiarono e incendiarono botteghe e magazzini.Linea Gustav è il nome di una linea di fortifi cazione approntata dall‛Organizzazione Todt in Italia durante la seconda guerra mondiale. Tagliava in due l‛Italia (a Nord di essa vi erano i tedeschi, a Sud gli Alleati); si estendeva dalla foce del Garigliano alla foce del fi ume Sangro, a sud di Pescara, passando per Cassino.A Onna, l‛11 giugno 1944, i soldati dell‛esercito tedesco rastrellarono, rinchiusero e uccisero in una casa 16 persone, sedici civili, sparando all‛interno alla cieca e facendo poi saltare con le mine l‛edifi cio.Da Ortona passa la linea Gustav. La maggior parte della popolazione ortonese è costretta a scap-pare dalle proprie case. A nord l‛esercito tedesco e a sud quello degli alleati, bombardano ininter-rottamente la città per circa 6 mesi. Il paese venne praticamente raso al suolo nello scontro corpo a corpo e casa per casa tra i paracadutisti tedeschi e i fanti canadesi e divenne tristemente noto col nome di Piccola Stalingrado in quanto fu la prima e unica battaglia urbana in Europa occidentale nella seconda guerra mondiale. La città fu liberata soltanto nel dicembre del 1943 quando le forze alleate oltrepassarono la linea Gustav sul versante tirrenico. Ortona è stata insignita della medaglia d‛oro al valor civile.L‛eccidio di Pietransieri è stata una strage commessa dai nazisti durante il periodo di occupazione in Italia, avvenuta il 21 novembre 1943 a Pietransieri, oggi frazione del comune di Roccaraso in provincia dell‛Aquila. In località bosco di Limmari i soldati tedeschi trucidarono 128 persone, di cui 60 donne, senza motivazioni documentate, ma per il semplice sospetto che la popolazione civile sostenesse i partigiani.Sfollamento: le popolazioni dei territori circostanti ricevettero l‛ordine dall‛alto comando tedesco di sfollare dalle aree di residenza che si trovavano nell‛ambito della linea Gotica. Dovettero effettua-re a piedi lo sgombro e trasportare con sé solo indumenti e oggetti strettamente necessari. Sulmona venne liberata dall‛occupazione tedesca con l‛offensiva alleata nella primavera del 1944. La Brigata Maiella entrò in città per prima; i maiellini, a causa delle divise che indossavano, vennero scambiati dalla popolazione festante per inglesi.

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1. Professor Clementi, cos’è la storia?

Una domanda questa cui è diffi cilissimo rispondere soprattutto nelle poche righe di un’ intervista. Andiamo per le generali: innan-

zitutto storia etimologicamente signifi ca informazione o resoconto di fatti umani. E tuttavia la prima ambiguità sta nel duplice signifi cato del concetto: da un lato si può intendere per la storia la totalità dei fatti umani, dall’altro la conoscenza di essi. Così si dice ad esempio “è un fatto storico” per dire che il fatto si inserisce nella complessità degli eventi, ma si dice anche “farne la storia” ovvero inserirlo nella catena signifi cante dei fatti.Quest’ultimo indubbiamente è il senso più corrente. Di qui nascono i dubbi più seri quando si cer-ca di dare un senso ai fatti, in quanto dare un signifi cato ai fatti signifi ca porsi in una angolazione culturale che è propria dell’osservatore che è pur essa soggetta alla variabilità della storia. Un cane che si morde la coda. Per cui rispondere alla domanda è quasi impossibile, ed allora è necessario per lo storico rifarsi il più possibile al documento o ai documenti che testimoniano l’evento evi-tando decisamente di scivolare verso la fi losofi a della storia ovvero verso la ricerca dell’assoluto signifi cato e valore della storia.

2.Nel mondo di oggi,proiettato a grande velocità verso il futoro, qual è il ruolo per la storia?

La rapidità del succedersi degli eventi, fi glia dell’evoluzione della scienza, dell’economia, della tec-nica, dell’informazione, potra’ dare un ruolo determinante alla storia in quanto ogni situazione de-riva da quella presente e in questa situazione appunto non ci si può sottrarre alla storia in quanto il passato, sia pur solo come passato, ovvero diverso dal presente, agisce su questo inevitabilmente. La nostra storia incombe su di noi, taluni potrebbero dire come condanna, altri potrebbero dire come ampiezza di visione.

3. Quale è il livello dello studio della storia nei diversi gradi della scuola?

Il livello di insegnamento della storia in tutti gli ordini e gradi della scuola è molto basso. Il fatto che la storia sia accorporata come appendice in altri insegnamenti è causa dello smarrirsi delle tecni-che storiografi che che vivono una loro peculiarità, che non va confusa con quelle di altre discipline. Conseguenza di tutto ciò è lo scarso rilievo che essa ha nell’ambito dei programmi.

4. Per lo studente del 2008, il cittadino italiano del domani , è piu’ importante sapere i nomi di tutti i re babilonesi oppure le vicende che dalla seconda guerra mondiale arrivano ai giorni nostri?

STORIA. Ne parliamo con Alessandro Clementi, già professore ordinario di storia medievale all’università dell’Aquila

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Mi collego alla risposta precedente. Il richiedere i nomi dei re babilonesi, così e semplicemente, è frutto di una errata visione della storia. Anche se, come giustamente disse il Croce, ogni storia an-che quella lontanissima da noi, è storia contemporanea, nel senso che l’interesse per i re babilonesi nasce da una domanda che è sempre contemporanea. Tuttavia l’interesse per le vicende che dalla seconda guerra mondiale arrivano fi no a noi, ai nostri giorni, è indubbiamente più coinvolgente in quanto esse ancora graffi ano la nostra vita e ci offrono maggiori opportunità nel coglierne il senso. Bisogna però avere l’accortezza di affi nare le metodologie onde evitare che la presenza degli in-teressi culturali dello storico, che potrebbe falsare la valutazione dei fatti, unita alla massa enorme di dati e di fatti che nel loro essere scelti già denuncia una visione angolata in una certa maniera, possono incidere negativamente nell’opera dello storico.

5. I momenti salienti in cui l’Abruzzo diventa protagonista della storia?

Il momento saliente in cui l’Abruzzo diventa protagonista nelle vicende storiche è indubbiamente quello della guerra sociale contro Roma (90 – 89 a.C.). E’ protagonista in quanto Corfi nium, capita-le della lega italica, interpreta ed esprime sentimenti di diritti rivendicati. L’attuale Corfi nio che fu l’acropoli della antica città condusse la lotta contro Roma per ottenere, come poi avvenne, il diritto di Cittadinanza romana. A Corfi nio è legata la prima comparsa del nome Italia e li si battè moneta aurea ed argentea appunto con tale dicitura e con tipi propri. A seguito di tale eventi e a guerra sociale conclusa, fu municipium della importante tribù Sergia ed ebbe come supremi magistrati i quattrorviri. L’essere municipium comportava una crescita di rilievo, in quanto come municipia fu-rono lasciati e tollerati solo quelle città che resistendo a Roma, ad essa furono equiparate attraverso patti federativi.

6. “La storia viene scritta dai vincitori”: un fatto accaduto può essere raccontato in maniera profondamente diversa. Come regolarsi di fronte a queste situazioni?

La storia scritta dai vincitori ha un respiro corto e nell’ambito di quel processo critico attraverso il quale si instaura la metodologia dialettica del contraddittorio, la storia dei vincitori è destinata a fi nire nella dimenticanza se non nel ridicolo. Altro discorso si può fare relativamente al binomio oggettività – verità. La storia infatti può essere oggettiva ma non necessariamente vera. Lo storico è tale solo se oggettivo. Tuttavia la verità non è un assoluto. La verità della storia appunto ci viene facendo nella misura in cui vi facciamo rifl uire il vissuto culturale della storiografi a. Pertanto l’obiet-tività è data del documento, la verità invece è data dal dibattito aperto e perennemente da rinno-vare, che fu esso stesso documento storico per gli storiografi avvenire.

7. Quanto contano le fonti nell’obiettività del racconto storico.

Le fonti sono tutto ed esse si ampliano di pari passo con lo sviluppo delle strettissime interrelazioni che interessano tra i vari aspetti della vita (documenti per la storia dei pezzi, documenti per la storia della produzione, storia delle religioni, storia della mentalità, storia materiale, etc etc all’infi nito). Il panorama storiografi co si amplia pertanto in maniera macroscopica rendendo sempre più diffi -cile il mestiere dello storico che ormai tende a non ritenere soddisfacente il panorama della storio-grafi a.

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Tra i cittadini illustri ci sono alcuni scrittori famosi. Ne ricordiamo in particolare due:Gabriele D’Annunzio (1863-1938) che conservò sem-pre l’amore per l’Abruzzo e per la città natale e Ignazio Silone (1900-1978) che denunciò in alcuni romanzi le condizioni di povertà e di sfruttamento in cui vivevano i contadini abruzzesi. La sua opera più importante è “Fontamara”.

Il nome, in latino Aprutium, deriva for-se da quello dei Praetutii, un popolo che viveva anticamente nella zona di Tera-mo. Soltanto nel Medioevo, cioè dopo il 476 d.C., anno della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il nome comin-ciò a essere usato per indicare l’intera regione.

Questa fontana ricorda una leggenda che racconta l’origine del capoluogo della regione: L’Aquila. Si narra che il nipote del Barbarossa, l’imperatore Federico II, scese nel centro dell’Italia e si fermò in una conca presso il Gran Sasso, a 700 metri di altitudine, con l’intenzione di fondare una nuova città. La regione era all’epoca divisa in tanti territori, controllati da castelli fortificati. Federico II riu-nì allora questi castelli – in tutto 99 - che unificando i loro domini, costituirono la città dell’Aquila. Per ricordare questo avvenimento venne costruita nel 1277 una spettacolare fontana con 99 cannel-le. Ogni cannella sbuca dalla bocca di un mascherone, raffigurante una testa d’uomo o di animale, tutte diverse tra loro.

Il professore al suo alunno: beh, Matteo, dimmi per te cosa significa il tricolore? - mmm..... Il tri-colore è il mio migliore amico, una cosa imperdi-bile - Il professore allora chiede a Emilio - allora cosa vuol dire per te il tricolore ? - Il tricolore per me è ….il migliore amico di Matteo!!!

Due padri vantano le prodezze dei loro figli. Il primo: “Mio figlio di 2 anni riesce a tenere al-zato un martello di 10 Kg!”. Il secondo: “Il mio di un anno, invece, ogni notte riesce a tenere alzata tutta la famiglia”.

Un tizio è nel giardino di casa sua quando vede il suo vicino andare alla cassetta delle lettere, aprirla, darle un’occhiata e richiuderla subito contrariato. Poco dopo l’uomo esce nuovamente di casa, guarda nella sua cassetta delle lettere, la richiude con un colpo e rientra arrabbiatissimo. Alla terza volta il tizio gli si avvicina e chiede: “Qualcosa non va?”. “Tutto” - risponde - “Quel maledetto computer con-tinua a dirmi che è arrivata della posta!”.

Qual è il colmo per un panino imbottito? Avere freddo.

Qual è il colmo per un bagnino? Chiamarsi Salvatore!

Perché l’Abruzzo è terra di illustri scrittori?Perché si chiama Abruzzo?

Perché la fontana delle 99 cannelle è uno dei simboli dell’Abruzzo?

Qual è il colmo per un macellaio? Parlare con un filetto di voce...

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Il Lago di Campoto-sto è un bacino arti-ficiale che per esten-sione è il secondo d’Europa; è situato ad un’altitudine di 1.300 metri s.l.m. e raggiunge una pro-fondità di 30-35 m. Dove attualmente c’è il Lago inizial-mente c’era una va-sta conca formatasi probabilmente dal-la normale erosione che veniva coltivata e nella quale veniva portato al pascolo il bestiame. In molti punti la pianura si presentava piuttosto paludosa per la pre-

senza di avvallamenti detti “pantani” nei quali si raccoglieva l’acqua soprattutto sorgiva o piovana. Gli abitanti del luogo avevano scoperto che nella pianura specialmente al di sotto del manto erboso era presente uno spesso strato di torba con la quale venivano fat-te delle mattonelle che, una volta essiccate al sole, venivano usate come combustibile per il fuoco durante l’inverno. Per rendere l’altopiano più fertile e produtti-vo furono interessate le autorità che nel 1887-88 presentarono un progetto di bonifica della pianu-ra e contemporaneamente un pro-getto per l’estrazione della torba. Questi progetti crearono molte aspettative nei cittadini soprat-tutto quando vennero aperti i cantieri e vennero realizzati il Ponte delle Stecche e le varie stra-de per i collegamenti e progettata la ferrovia che doveva collegare L’Aquila con Campotosto per il trasporto della torba. La torbiera

il lago visto dal satellite

IL LAGO DI CAMPOTOSTOIL LAGO DI CAMPOTOSTO

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rimase aperta fino al 1924 poi, considerato che la torba non aveva grandi sbocchi anche a causa del basso potere calorifico, vennero chiusi tutti i cantieri e si decise di usare l’enorme pianura per un’at-tività più redditizia: lo sfruttamento dell’energia elettrica. Nel 1939-40 iniziò la costruzione degli sbarramenti artificiali vale a dire: la Diga di Rio Fucino (a gravità in calcestruzzo e ferro), la Diga di Poggio Cancelli (a gravità in terra battuta) e la Diga di Sella Pedicate (a gravità in terra battuta con uno strato di ferro e cemento) e contemporaneamente all’innalzamento delle dighe veniva riempito il bacino bloccando le acque del Rio Fucino, degli affluenti del Vomano e quelle del Trontino. Man mano che la pianura veniva ricoperta dall’acqua si spegnevano le speranze degli abitanti del luogo che im-provvisamente si ritrovavano senza la risorsa fondamentale che era stata alla base della loro economia prevalentemente agricola e pastorale. Attualmente il Lago viene alimentato oltre che dai fiumi elen-cati anche da due Canali di Gronda: quello Occidentale che preleva le acque dell’Alto Tronto e quello Orientale che preleva le acque dell’Alto Tordino e del Rio Castellano. Il Lago di Campotosto sfruttando un dislivello di quasi 300 m. alimenta direttamente tre centrali elettriche poste nella galleria di Prov-videnza con una potenza di circa 466.000 Kw; Poi, grazie agli sbarramenti posti lungo il letto del Vomano (Lago di Provvidenza e Lago di Piaganini) e sfruttando sempre dislivelli notevoli, vengono alimentate anche le Centrali di San Giacomo e Montorio. Di notte con un sistema di pompaggio che sfrutta l’energia elettrica in eccedenza, le acque vengono riconvogliate per il tramite dei bacini artifi-ciali intermedi fino al Lago di Campotosto. L’energia elettrica prodotta, che mediamente per ogni anno è superiore a 800/900 milioni di Kwh, viene immessa nel circuito nazionale.

Le leggendeLe leggende

Tanto tempo fa esistevano due orchi, marito e moglie. Il marito si chiamava Tosto e la moglie si chia-mava Campo. Il nome della moglie era al maschile perché era talmente brutta che sembrava un orco maschio. Questi orchi vivevano in una palude non lontano dal villaggio. Federico II voleva distrugge-re e decapitare gli orchi perchè mettevano terrore alla gente del popolo. Gli orchi erano dispiaciuti ma dovettero combattere contro l’esercito di Federico II, gli orchi prepararono un acido con: bava di pianta carnivora, sapone acido, sangue di dragone insieme ed un po’ di acqua stagnante, vi misero anche una roccia, costruirono una balista, misero la roccia acida, la catapultarono verso il villaggio e lo distrus-sero completamente formando un bacino. Dopo un po’ di mesi la famiglia Campotosto si sposarono, dando al bacino il nome Campostosto.

Michele, Serenella, Letizia ed Eleonora D.M.

Non c’era una volta il lago

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Tanti e tanti anni fa a Campotosto c’era tanta terra. Questa terra si era formata a causa della frana di una montagna. Un giorno un contadino pensò di formare un bacino per farci una fattoria. Allora il contadino per giorni e giorni andò lì per togliere la terra franata e formò un bacino per coltivare meglio le sue verdure e per mettere gli animali, così non potevano scappare. Mentre la costruiva un suo amico gli regalò tante mucche e cavalli. Il contadino li accudiva con molta cura e gioia. Dopo tanti anni fece un forte terremoto che distrusse tutta la fattoria. Il contadino dispiaciuto seppellì gli animali. Allora il contadino non ci riprovò a costruire un’altra fattoria e in quella conca si formò un grande bosco dove nacquero tanti alberi da frutta, fiori e piante.

Laura Sette , Vanessa Cococcia, Daiana Poiani, Fabio Borghese29

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classe VB anno 2006/2007, Istituto Comprensivo Scuola primaria “Don Milani” , Pizzoli (Aq)30

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La classe V B della scuola elementare Mario Pomilio di Avezzano ha svolto un la-voro prezioso di studio, analisi e approfondimento sui temi suggeriti da Capitan Abruzzo. L’insegnante di italiano, Giuliana Di Tommaso Nicoli ha saputo co-gliere alcuni passaggi importanti impegnando gli alunni sia con un dibattito scolastico sia con relazioni scritte individuali a conclusione di un ciclo di studio e di approfondimento. Tutto il lavoro svolto è documentato dai quaderni dei bambini, dagli elaborati, dai disegni e dai fumetti (li ve-diamo sotto e nelle pagine che seguono), realizzati con grande abnegazione da parte di tutti. Un lavo-ro certosino che vogliamo segnalare, un meritato riconoscimento che pre-mia lo sforzo dei bambini e l’impegno profuso dal-l’insegnante. Attraver-so il fumetto, gli alun-ni hanno acquisito con sicurezza la conoscenza dei meccanismi istitu-zionali e di governo rela-tivamente alla Regione e, più in generale, allo Stato. Siamo andati a trovarli e a complimen-tarci con loro. Bravi, davvero, bravi… Alla maestra Giulia-na abbiamo chiesto di raccontarci come è nata l’idea di questo lavoro. “Quando la rivista Ca-pitan Abruzzo è arri-vata a scuola, - ha detto l’insegnante - mi sono subito resa conto che si trattava di un’idea origi-nale e molto funzionale. Poteva essere utilizzato come strumento didat-tico di notevole interes-se, per una formazione civica, con basi storiche, degli alunni. Ho quindi inserito Capitan Abruz- 31

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zo, come stimolazione ad una ricerca e ad un approfondimento, nei programmi di lavoro della mia classe. Ho costruito occasioni di conoscenza e di analisi sia con il primo numero, sia con il secondo “speciale” dedicato allo Statuto della Regione. Devo dire – ha con-cluso la maestra Di Tommaso - che la risposta degli alunni è stata di grande entusiasmo e i risultati sono estremamente positivi”.

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“Lo Statuto regionale è molto complicato, per questo ci viene proposto a fumetti, presentando gli articoli più importanti. Marsio, Lou Travok e tutti gli amici animali sono protagonisti di questa av-ventura.

Lo Statuto è la pietra fondamentale delle regole che nutrono il percorso democratico, leggere lo Statuto della Regione Abruzzo è un bellissimo cammino della democrazia nel nostro paese. E‛ stata scelta una grafi ca semplice per non rendere noioso il testo sottolineando l‛altissimo valore politico.

Nel nuovo Statuto ci sono scritti gli ideali e le regole della democrazia cioè una regione ricca di valori partecipando così alla costruzione di un‛Europa unita. Ne faremo parte noi giovani, attraverso dialoghi, parole e saremo con il tempo la vera risorsa della regione.”

Sullo Statuto….. hanno scritto:

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Conoscere la nostra terra attraverso i raccontidel paese di Caramanico

ZIA MARIA RACCONTA

1ª storiaNel tempo dei Tedeschi un giovane militare tornò dalla guerra e portò con sé una bomba a mano. Questo militare tornò a casa e portò la bom-ba. Dopo qualche giorno i Tedeschi andarono nella casa del giovane, come facevano di solito, cominciarono a mettere sottosopra la casa e videro una bomba a mano. A questo punto i Tedeschi dissero all’intera famiglia di seguirli al cimitero, arrivati là fucilarono la famiglia, poi diedero fuoco a tutto quello che avevano.

2ª storiaI Tedeschi prima di andarsene fecero saltare in aria il mulino elettrico che dava l’elettricità all’intera Caramanico. Questo mulino si trovava vicino al fiume Orfento.

3ª storiaIl quartiere generale dei Tedeschi erano le terme di Caramanico. I Tedeschi dovevano battere la ritirata, ma siccome c’era la neve non potevano passare con le macchine e allora obbligarono gli uomini di Caramanico a spalare la neve per fargli la strada; li ricat-tarono dicendo che se non lo facevano avrebbero fatto saltare in aria il ponte.

UNA “VISITA” AD UNA FAMIGLIA

La madre dell’attuale sindaco di Caramanico, Maria, aveva quattro fratelli, Tonino, Bruno, Mario e Alfredo, che si erano nascosti in sof-fitta, per non essere presi dai Tedeschi, e così fece anche Carmine, il padre.Tutti si erano nascosti tranne la madre, Maria, e Tonino, che era il più piccolo. Entrati i Tedeschi nella loro casa, chiesero alla madre dei cinque bambini dove erano nascosti gli altri uomini di famiglia. Lei

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non voleva rispondere loro. Così Tonino, che a quel tempo era piccolis-simo, rispose con coraggio: «caput».Questa parola significa ‘morto’. Tonino, così facendo, salvò i suoi fra-telli ed il padre, che gli furono molto grati: i Tedeschi presero il cibo, saccheggiarono tutta la casa e se ne andarono.Questo racconto mi è stato detto da Giuseppina Alberico, la moglie di Tonino. Bruno e Tonino, insieme a Maria, erano vivi fino a pochi anni fa. Oggi resta in vita solo Maria.

UNA CASA DIROCCATA

Vicino casa di mia nonna c’è una casa tut-ta diroccata. Nei tempi dei Tedeschi, vi abitava una famiglia di 5 persone: madre, padre, due figli maschi e una figlia femmi-na. Un giorno i Tedeschi andarono a casa di questa famiglia e uccisero tutti. Dopo 5 anni il padre di mio nonno, mentre andava a prendere l’insalata nell’orto, passò davanti a quella casa tutta diroccata e sentì dei rumori. Per entrare nella casa dovette passare un pozzo pieno d’acqua. Entrato sentì le 5 anime morte che parlavano come se non fosse accaduto niente. Il mio bisnonno scappò e andò a casa dove disse tutto quello che aveva sentito alla moglie e alla figlia, che però si misero a ridere. Lui rimase dispiaciuto e non ci andò più. Di questa casa rimane in piedi solo il pozzo dell’entrata.

UN UOMO CORAGGIOSO

C’era una volta un giovane che ebbe il coraggio, nel tempo dei Tedeschi, di ammazzare un tedesco che si aggirava per San Nicolao in cerca di qualcosa da mangiare, delle coperte e qualcos’altro per riscal-darsi. Questo giovane lo trascinò sotto un fossa-to che confina con il fiume Orfento.Un gruppo di Tedeschi si accorse che mancava qualcuno allora si mise a fare un giro di ricognizione nella Valle dell’Orfento quando, ad un certo punto, trovò un corpo morto. Si dice che quando la notte si passa da quelle parti si sentono i lamenti del tedesco morto.

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LA STORIA DI NONNA GEMMA: I TEDESCHI A SAN TOMMASO

Mia nonna Gemma mi raccontò che nel tempo di guerre gli uomini non potevano rimanere in casa altrimenti li avrebbero presi e portati a fare dei lavori pesanti. Una sera mio nonno Luigi stanco di dormire nelle “terre”, tornò a casa. Anche se correva un gran pericolo si addor-mentò sul letto. Una spia di Caramanico riferì tutto ai Tedeschi che andarono a casa di mia nonna. Mio nonno fece in tempo a scappare via, ma i soldati, furbi, andarono nel letto dove aveva dormito nonno

Luigi, lo toccarono e sentirono che era ancora caldo. Allora dissero, prima solo con le parole, poi con il fuci-le puntato a mia nonna: «Dove sta tuo marito?». Mia

nonna rispose: «Non lo so. Il letto è caldo perché ci hanno dormito i miei figli». Così la portarono

nell’accampamento, lì la spia continuava a chiedere a mia nonna dove stava suo mari-to, mia nonna si arrabbiò e disse: «Vi ho già

detto che mio marito non lo vedo da un bel po’ di giorni, poi, lasciatemi andare ho i figli piccoli da soli a casa!».

Così la lasciarono andare e si salvarono lei e suo marito.

STORIA DELLA CASA NERA

Una volta, un uomo senza un braccio, uccise 1505 Tedeschi. Questi ultimi per vendicarsi lo uccisero e gli bruciarono la casa, ma non prese fuoco. Intimiditi scapparono e ven-nero uccisi da alcuni contadini. Nel 1958 tre persone tornarono in quella casa. Tra loro c’era un tedesco. Quando entrarono una voce gli disse: «Uscite e non torna-te più altrimenti a Natale non arriverete vivi». Il tedesco scappò. Spinto dalla curiosità dopo cinque giorni tor-nò lì e morì maledetto.

LA VENDETTA

Una volta un amico della mia bisnonna ricevette una visita dai Tede-

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schi che gli chiesero una cosa. Lui, siccome non ce l’aveva, gli rispose di no. I Tedeschi si vendicarono: lo portarono a calci sotto casa della mia bisnonna; gli fecero scavare una buca, lo uccisero e lo sotterrarono.

UNA FUGA DALL’ACCAMPAMENTO DI SAN TOMMASO

Una volta i Tedeschi presero mio nonno. Al tempo di guerra se gli uomi-ni venivano presi gli facevano portare fasci di legna da San Tommaso fino alla Majella, così presero mio nonno e mentre lo stavano portando all’accampamento lui scappò e si salvò per l’ennesima volta.

UN UOMO ALTRUISTA

Al tempo di guerra, il fratello dello zio stava vicino alla frontiera del-la Majella. Aiutava la gente a passare la frontiera e a portarla in un luogo sicuro, in un rifugio. Un giorno c’era una signora che non poteva camminare, così la prese sulle spalle e la portò al rifugio.

GLI SPARI DAL BOSCO DI SCAGNANO

Tutti gli anni ad agosto, nel bosco sottostante le case Tobia, si sentono dei rumori di armi da fuoco. Secondo la credenza popolare i rumori vengono dai Te-deschi che sparano agli abitanti di Scagnano. UN EPISODIO DA NON DIMENTICARE

Mio padre racconta che mentre si soffriva il freddo un altro impreve-dibile delitto avveniva a Caramanico e nella frazione di Scagnano. La vittima era una settantenne che abitava in una casa isolata nella frazione di Caramanico.Avveniva in una notte di aprile. Il poveretto veniva spogliato di tutti i suoi beni e ucciso a colpi di arma da fuoco dai Tedeschi. Il cadavere non è stato ancora ritrovato. Sua figlia non poteva mettere piede in casa perché gli uccisori tedeschi non volevano.

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LA PRIMA VOLTA CHE MIO NONNO VIDE I TEDESCHI

Mio nonno racconta che la prima volta che vide dei militari tedeschi si trovava in una strada vi-cino casa sua. Vide tre militari tedeschi buttati a terra che reggevano dei fucili, lui stava passando con le sue dieci pecorelle, e queste andarono ad an-nusare la canna dei loro fucili. I Tedeschi nel vedere la scena si fecero delle grandi risate.

LE PRIME IMPOSIZIONI

Mio nonno racconta che il primo novembre 1943 arrivarono i primi Te-deschi delle SS a Caramanico. I Tedeschi prelevavano tutti gli uomini del paese per portarli presso una teleferica a Passo San Leonardo.Quel

giorno passarono sotto casa sua e videro dei polli in una stalla, ne presero due, li uccisero e li misero nei loro zainetti senza chiedere il permesso a nessuno.

Loro, infatti, prendevano tutto ciò che trovavano, senza farsi problemi e la gente non poteva assoluta-

mente ribellarsi: la pena sarebbe stata la morte.

CAPODANNO

Mio nonno racconta che il 31 dicembre 1944 insieme agli altri concitta-dini del paese vide per la prima volta i fuochi d’artificio. Li avevano portati i soldati tedeschi che quella sera si stavano divertendo a spa-rare razzi e botti colorati, e la gente guardava con stupore e un po’ di paura.

LO SFRUTTAMENTO DEI CITTADINI

Quando i Tedeschi arrivarono a Caramanico requisirono tutti gli animali: cavalli, mucche, asini e muli. Mio nonno insieme ai suoi amici dell’età di 12-13 anni ave-va ricevuto dai Tedeschi il compito di andare a prendere gli animali, tutti i giorni, nei loro accampamenti e di portarli a bere in una fonte chiamata Fonte Grande, che è la fonte più grande del paese.

Estratto dal libro “Caramanico: alla ricerca del passato.”Ricerca effettuata dalla classe IIA (anno 2006/2007) del I° Istituto Comprensivo Stata-le “Leonardo dal Vinci” di Caramanico attraverso le fonti orali, costituite perlopiù da abitanti anziani del paese e delle frazioni circostanti.

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REGIONE ABRUZZODescrizione AraldicaScudo sannitico stilizzato suddiviso in tre fasce trasversali di colore bianco, verde e azzurro. La fascia bianca è posta in alto a sinistra, quella ver-de al centro e quella azzurra nella parte inferiore. Le tre fasce sono delimitate da una bordatura color oro

Origini e simbologia dello StemmaIl BIANCO simboleggia le vette innevate del-l’Abruzzo. Il VERDE i boschi e le colline abruz-zesi. L’azzurro il mare dell’Abruzzo. La loro disposizione rifl ette il susseguirsi dei monti, delle colline e del mare, secondo il naturale andamento geografi co-morfologico del territorio regionale

Gonfalone Di colore bordeaux brillante contornato da una bordatura, con al centro, lo stemma regionale sovrastato dalla scritta “Regione Abruzzo”. La base è a vertice frangiata, mentre nella parte superiore sono posti gli occhielli per l’inserimento di un’asticella in ottone lucido per il supporto del Gonfalone. La bordadura, la frangia e gli occhielli sono in colore oro

PROVINCIA DELL’AQUILADescrizione AraldicaLo stemma è di colore azzurro, con un’aquila d’argento dal volo abbassa-to, imbeccata, membrata e coronata all’antica, d’oro, linguata di rosso e posata sulle vette laterali di un monte di tre cime d’oro.

Gonfalone Drappo rettangolare di stoffa bianca terminante a tre bandoni a forma di vaio irregolare, il centrale più lungo riccamente ornato con ricami d’oro e caricato dello stemma sormontato dal-l’iscrizione centrata in oro “PROVINCIA DELL’AQUILA”

Stemmi d’Abruzzo

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PROVINCIA DI CHIETI Descrizione AraldicaUno scudo sannitico, che reca, in cam-po d’oro, nella parte inferiore, una testa di cinghiale di lato a sinistra in senso orizzontale e, in quella superiore, un giogo rosso bovino.

PROVINCIA DI PESCARADescrizione AraldicaLo scudo è diviso in due parti, nella sinistra è disegnato fi ume nascente da tre monti e sboc-cante in un mare sul quale naviga una barca a vela, nella parte destra di colore verde un cinghiale rivoltato. Motto: Sibi - Valet et Vivit

GonfaloneDrappo rettangolare di stoffa di colore azzurro, terminato nella parte inferiore a tre bandoni a forma di vaso irregolare, il centrale più lungo, riccamente ornato con ricami d’oro, e caricato dello stemma provinciale, sormontato dalla iscrizione centrata in oro “PROVINCIA DI PESCARA”. La stoffa sarà inchiodata per il lato corto superiore ad un’asta orizzontale con pomi artisticamente dorati alle due estremità e sospesa mediante lacci dello stesso con fi oc-chi simili pendenti dai due lati del gonfalone ad altra asta verticale, ricoperta di velluto azzurro con bollette dorate poste a spirale e cimata da una freccia con gambo di metallo dorato con lo stemma della Provincia. Sul gambo della frec-cia sarà inciso il nome della Provincia stessa, con la data della sua costituzione; cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d’oro.

PROVINCIA DI TERAMODescrizione AraldicaUno scudo sannitico rosso con una banda d’argento accostata da due croci trifogliate.

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I ragazzi dell’Istituto Omnicomprensivo “B Spaventa” di Città Sant’Angelo, protagonisti del fotoromanzo “Voglia di vivere” sulle stragi del sabato sera, si fanno portavoce della campagna di sensibilizzazione av-viata dalla Regione Abruzzo, attraverso la partecipazione ad eventi che ne trattano il tema. In merito, gli

alunni dell’Istituto sono stati invitati alla gior-nata di presentazione del corso di Enologia orga-nizzato dal resort “Colle Moro” con il patrocinio del comune di Città Sant’Angelo. Di seguito il racconto dell’interessante giornata.

Dopo gli interventi dei relatori sugli aspetti so-ciali legati al vino la moderatrice dell’incontro prof.ssa Giulia Cerretani (fondatrice dell’Acca-demia dei Lincei d’Abruzzo) presenta i ragazzi dell’Istituto Omnicomprensivo “B Spaventa”, in-terpreti del fotoromanzo e passa la parola a Luca Sagazio (il protagonista responsabile dell’inci-dente) che introduce l’esperienza vissuta grazie alla redazione di Capitan Abruzzo: “La Regione

Abruzzo ha avviato una campagna di sensibilizzazione contro le stragi del sabato sera al fine di contri-buire a ridurre l’elevato tasso di mortalità dei giovani. La causa principale è spesso dovuta all’alta velocità e allo stato di ebbrezza con cui i ragazzi si mettono alla guida delle auto.” Ragazzi: “una notte non vale una vita!”Con queste frasi si apre il nostro fotoromanzo pubblicato sul numero di dicembre della rivista Capitan Abruzzo… Noi siamo stati solo portavoce di questo messaggio che la Regione ha voluto inviare a tutti i ragazzi delle scuole abruzzesi. Ci siamo dovuti immedesimare in alcuni ragazzi che hanno vissuto una si-tuazione che ha cambiato le loro vite e fortunatamente si è conclusa a lieto fine, ma c’è da dire che nella vita reale poche vicende di questo tipo si concludono come la nostra, purtroppo. In fin dei conti abbiamo vissuto la storia di quattro bravi ragazzi che volevano solo divertirsi, ma uno di loro non è stato capace di controllarsi. Può capitare a tutti… non serve essere dei delinquenti per avere un incidente, è tutta una questione di una piccola “sbandata mentale”, un briciolo di eccessiva euforia che ci fa alzare un po’ il gomito e provoca queste conseguenze. Sicuramente questa esperienza ci ha aiutato a capire molte cose e ci ha dato modo di valutare non solo quali sono le conseguenze fisiche di un incidente ma anche quali sono le conseguenze legali!Non abbiamo la pretesa di aver risolto tutti i problemi connessi alla triste realtà delle “stragi del sabato sera”ma abbiamo aggiunto un tassello importante che ha permesso alla Campagna di sensibilizzazione organizzata dalla nostra Regione di fare un grande passo avanti.” La parola passa poi ad Emanuela Montebello (la barista nel fotoromanzo) che spiega nei dettagli l’iniziati-va: “Tutto è partito da un concorso bandito dalla Regione Abuzzo che si chiama “Registi per caso”. A questo concorso hanno partecipato gli alunni delle classi prime del Liceo delle Scienze Sociali dell’a.s. 2006/2007 che hanno collaborato alla stesura della sceneggiatura di un fotoromanzo sul tema della stragi del sabato sera. La storia parla di quattro ragazzi, due coppie, che una sera vanno in discoteca, uno di loro alza un po’ il gomito e poi pretende di mettersi alla guida nonostante lo stato di ebbrezza. Ciò porta i ragazzi a fare un brutto incidente in cui Marina si fa molto male ed entra in coma. Fortunatamente poi si sveglierà e tornerà

CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE SULLE STRAGI DEL SABATO SERA DELLA REGIONE ABRUZZO

“UNA NOTTE NON VALE UNA VITA!”“UNA NOTTE NON VALE UNA VITA!”

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tutto normale, ma con qualcosa in più: la consapevolezza che non si deve mai rischiare.In un secondo momento, attraverso dei provini effettuati dal fotografo Slim e dal personale della Strut-tura Stampa della Regione Abruzzo sono stati scelti i ragazzi più idonei per interpretare i protagonisti e tutti gli altri personaggi della storia.Le riprese sono iniziate nel primo pomeriggio di mercoledì 10/10/2007 e sono proseguite per tutta la gior-nata di giovedì 11/10/2007. Sono state scelte come Location: il Ristorante Taverna Torre del Moro, una strada chiusa di Marina di Città S. Angelo, il distretto sanitario di C.S.A., il Comando Regionale della polizia stradale, la casa di una ragazza della I M, la spiaggia di Marina di C.S.A.Le automobili incidentate ci sono state fornite dall’autofficina soccorso ACI di Perini Antonio e Fiore Mar-co di C.S.A. I quattro protagonisti sono stati: Luca Sagazio, Pierpaolo Di Renzo, Fabiola Malizia e Silvia Trotta. Come comparse hanno collaborato altri alunni dell’istituto Omnicomprensivo “B.Spaventa”, due docenti, la polizia stradale, gli operatori del 118 e del Distretto Sanitario di C.S.A.Lo staff è stato composto, oltre che dal già citato dal fotografo Slim, dal regista Massimo Tonna dalla dott.ssa Katia Scolta con la collaborazione di Anna Maria Bafile, Roberto Chiarizia, Roberta Copersino, Barbara Fabiani , Adelindo Paolucci e di alcuni docenti dell’Istituto.Assemblando il lavoro e grazie all’impegno di tutti (personale interno ed esterno alla struttura scolastica) è stato realizzato il fotoromanzo “Voglia di Vivere” che a gennaio è arrivato in tutte le scuole d’Abruzzo. La distribuzione è stata preceduta da una presentazione ufficiale del lavoro nell’aula magna del nostro Istituto con la partecipazione del presidente della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco, del primo cittadi-no angolano Graziano Gabriele, del vice questore della polizia stradale(VII tronco) dott.ssa Laura Pratesi, e di altri ospiti illustri. Il nostro Dirigente Scolastico Florideo Matricciano alla fine della manifestazione ha voluto lanciare un messaggio a noi alunni ma anche a tutti gli altri ragazzi che leggeranno questo fotoromanzo, dicendo che “la voglia di vivere è ciò che porta alle stragi del sabato sera, ma può e deve di-ventare anche l’antidoto per evitarle”. Un ringraziamento particolare a tutti coloro che ci hanno dato la possibilità di sperimentare modi alternativi di fare scuola e a chi, invitandoci a questo incontro, ha per-messo di divulgare la nostra attività anche al di fuori del mondo della scuola, con l’augurio e la speranza

che la “grande” motivazione che ci ha spinto a dare il nostro “piccolo” contributo possa evitare anche una sola di queste stragi.”

Testo di Emanuela Montebello ,classe V C Liceo Tecnologico “Istituto Spaventa” C.S.AImmagini riprese dai manifesti della campagna

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L’Abruzzo è rappresentato da una donna di aspetto virile e robusto, vestita di color verde, posta in un luogo ripido e montuoso. Nella mano destra tiene un’asta e con la sinistra porge con grazia una cestella piena di zafferano. Accanto a lei c’è un bellissimo cavallo.

Si dipinge donna in “luoco erto et montuoso”, per essere l’Abruzzo così fatto. Il vestito di colore verde e l’aspetto virile è dovuto, come dice l’autore latino Plinio, al fatto che gli abitanti dei monti sono più forti e robusti di quelli che abitano i luoghi pianeggianti, “eser-citando più quelli il corpo che non fanno questi”.

La cesta di zafferano che la donna porge rappresenta la grande quantità che viene prodotta in Abruzzo sin dai tempi antichi. Il bellissimo cavallo, che gli sta accanto denota, i generosi e molto no-minati cavalli abruzzesi, giudicati a quel tempo i più forti di tutta l’Italia.Inoltre, essendo l’animale di sua natura generoso e “servendo al fat-to della guerra”, il cavallo riconduceva alla predisposizione dei San-niti (gli abitanti dell’Abruzzo) verso la guerra, accompagnando più volte l’esercito dei Romani in battaglia.

L’asta che la donna tiene con la mano destra è per significato segno di virtù e di grande valore.

Allegoria dell’Abruzzo

...Lo sapevate che

Cesare Ripa, 1603

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L’età storica preromana

Le prime tracce della presenza umana in Abruzzo risalgono al Paleolitico e sono attribui-bili alle popolazioni essenzialmente agricole stanziate nelle vallate aperte verso il mare. Su queste si impose progressivamente, in Eta’ del Ferro, una cultura piu’ evoluta, quella dei Piceni, le cui piu’ importanti testimonianze sono state rinvenute nella necropoli di Campovalano in provincia di Teramo e conservate nel Museo Archeologico di Campli. Sempre in Eta’ del Ferro sui Piceni cominciarono ad affermarsi popolazioni di ceppo osco-umbro genericamente indicate come italiche o sannitiche. Queste si dividevano in numerose genti fra le quali si ricordano i Marsi, i Sanniti, i Vestini, gli Equi, i Peli-gni. Il reperto piu’ importante di questo periodo giunto fino a noi e’ la statua del Guer-riero di Capestrano, una stele funeraria del VI secolo a.C., raffigurante un guerriero con tutte le sue armi da offesa e difesa ed oggi conservata al Museo Archeologico di Chieti. Altre testimonianze del periodo preromano sono individuabili in tutta la regione.

L’età Romana

Con Roma, fin dall’epoca dei primi Re, le genti abruzzesi non ebbero rapporti pacifici. Se Tarquinio Prisco dovette scontrarsi con gli Equi, le mire espansionistiche dei suoi successori furono tenacemente ostacolate dalle alleanze federative stipulate dalle genti italiche. Nel tentativo di fondare uno Stato unitario lungo la costiera adriatica, furono soprattutto i Sanniti i piu’ irriducibili avversari dei ro-mani. A questi inflissero pesanti sconfitte, fra cui l’umiliazione delle “Forche Caudine”. Dopo alterne vicende, gli italici furono definitivamente sottomessi al termine della guerra sociale (91-98 a.C.). Con la pacificazione e la divisione in regioni dell’Italia voluta da Augusto, l’Abruzzo e il Molise diventa-rono la IV regione romana con il nome di “Sabina et Samnium”. Una grande importanza assunse il parziale prosciugamento del Fucino con la costruzione di un emissario artificiale che, iniziato nel 41 d.C. ad opera dell’imperatore Claudio, fu inaugurato nel 52 d.C. e svolse la sua opera fino al VI secolo. I resti dell’opera di bonifica sono oggi visibili nell’area archeologica di Incile nei pressi di Avezzano.

Il Medioevo

Con la caduta dell’Impero Romano, cessa in Abruzzo ogni attivita’ costruttiva degna di rilievo, anche per il coinvolgimento della regione nella guerra greco-gotica (535-553). Nell’843 l’Abruzzo fu occupato da Carlo Magno che, oltre a ripristinare l’unita’ territoriale della re-gione, avviò una ripresa costruttiva che si espresse in edifici di grande importanza, arrivati fino ad oggi, sia pure in forme largamente rima-neggiate. Attorno all’anno Mille comincia l’avanzata dei Normanni che, dopo circa un secolo, nel 1143, assumono il controllo dell’intera regione, unificandola sotto il Regnum Siciliae (e poi di Napoli), del quale fara’ parte integrante per sette secoli. Successivamente, Federico Il di Svevia unifica amministrativamente la regione, facendone lo Iu-stitieratus Aprutii (nel 1233) e fissandone come capoluogo Sulmona. Nel 1254 viene fondata L’Aquila che, sotto la dinastia degli Angioini diviene, nei due secoli successivi, la principale citta’ del Regno dopo Napoli. Le alterne vicende politiche, l’assenza di un potere centrale che

La storia dell’Abruzzo in epoche

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unificasse i criteri di “politica difensiva”, le lotte fra le grandi famiglie feudali sono i principali fattori che hanno impedito nel periodo fra il 1200 ed il 1400 la realizzazione di un sistema organico di castel-li e rocche secondo un disegno unitario. Accanto alle vicende politiche, grande importanza assunse per l’Abruzzo dall’XI secolo in poi la presenza dei Benedettini. Diffusori di civilta’ e cultura, i monaci han-no lasciato in Abruzzo innumerevoli testimonianze della loro presenza, fra le quali spicca l’Abbazia di San Liberatore a Majella, presso Serramonacesca (Pe). La penetrazione in Abruzzo dei Benedettini cistercensi segno’ inoltre un decisivo passo verso lo sviluppo sociale ed economico della regione.

Il Rinascimento e il periodo Barocco

Alla dinastia degli Angioini si sostitui’ quella degli Aragonesi allorche’, nel 1442, anche il Regno di Napoli cadde in mano di Alfonso d’Aragona. Ne’ valse ad impedire il passaggio di poteri la resisten-za di L’Aquila, che fu definitivamente sottomessa nel 1492. Dopo un breve periodo di dominazione francese, l’Abruzzo segui’ le sorti del Regno di Napoli passato nelle mani di Ferdinando il Cattolico nel 1504. Le lotte fra il successore di Ferdinando, Carlo V, e il Re di Francia coinvolsero l’Abruzzo in numerosi e gravi scontri militari.Le citta’ abruzzesi, e L’Aquila in particolare, si schierarono di nuovo con la Francia ma furono drasti-camente punite dal monarca spagnolo che, smembrando il contado della citta’ e sottoponendola a dure misure repressive nel 1529, ne decreto’ l’inarrestabile decadenza.Sotto la dominazione spagnola furono erette numerose opere di fortificazione, a testimonianza del-l’importanza strategica che aveva l’Abruzzo nell’ambito della contesa fra Spagna e Francia. Nel corso del ‘400 la lenta penetrazione delle forme rinascimentali tocca anche gli edifici sacri e quelli civili oltre che i castelli. Il periodo barocco, sviluppatosi dopo la peste del 1656 e i due terremoti del 1703 e 1706, si configuro’ come un periodo di “ricostruzione” e si esplico’ sia nella realizzazione di nuovi edifici come le chiese di Santa Caterina e Sant’Agostino a L’Aquila, sia - piu’ spesso - nella decorazione interna di antiche chiese medievali. L’età moderna: dalla fi ne del ‘700 all’epoca contemporanea

Alla dominazione spagnola, durata fino al 1707, subentrò quella austriaca fino al 1734 e, fino 4646

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Fonte: www.regione.abruzzo.it/turismo

all’occupazione da parte di Napoleone del Regno di Napoli nel 1806, quella dei Borboni, restaurata dal Congresso di Vienna nel 1815. Nel periodo napoleoni-co furono compiute riforme in campo amministrativo, della giustizia, dell’economia e, soprattutto, fu abolita la feudalita’. Il Risorgimento registra i moti del 1837 a Penne ed alcuni fenomeni di resistenza all’eserci-to piemontese come quello di Civitella del Tronto che si svilupparono nella forma del brigantaggio dopo il 1860, duramente repressa dallo Stato unitario. Nel decennio successivo all’unita’ la regione assistette al principale evento di carattere economico: il prosciuga-

mento del lago del Fucino, iniziato nel 1852. Durante la Prima Guerra Mondiale, dopo la ritirata di Caporetto, l’Abruzzo offri’ ospitalita’ ai profughi e al comando militare, trasferitosi in territorio abruz-zese, colpito, nel 1915, da un disastroso terremoto. Il fascismo trovo’ in Abruzzo un favorevole terreno di espansione a causa del forte divario esistente tra i ceti sociali, soprattutto fra i proprietari terrieri e i braccianti, questi ultimi reduci da una guerra che aveva peggiorato le loro gia’ misere condizioni di vita. Furono condizioni tanto favorevoli che il regime pen-so’ bene di celebrare il processo Matteotti a Chieti. Durante la seconda Guerra Mondiale la regione subi’, nell’inverno del 1943-44, le devastazioni dell’esercito nazista in ritirata e gli eccidi perpetrati da questo ai danni della popolazione ci-vile, ma partecipo’ anche attivamente alla lotta di liberazione con la Brigata Majella. L’opera di ricostruzione post-bellica tardo’ ad avviarsi. Anche se lentamente, lo sviluppo della re-gione viene affermandosi solo agli inizi degli anni ‘60, per conoscere il periodo di massima espansione fra la meta’ degli anni ‘70 e gli anni ‘80 al punto da collocare l’Abruzzo a li-velli di sviluppo economico di Centro-Nord.

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PRINCIPALI CITTA’ D’ARTEOltre a L’Aquila, Chieti e Teramo, che vantano centri storici ricchi di antiche chiese, pregevoli palazzi civici, musei e siti archeologici, tra le città d’arte abruzzesi vanno annoverate Sulmona, che diede i natali ad Ovidio, Atri (che diede il nome al Mare Adriatico), Giulianova, vero esperimento di città ideale del Rinascimento, Campli, Civitella del Tronto, con la sua poderosa fortezza borbonica, Scanno, Lanciano, Guardiagrele, Vasto e Penne. Tra i borghi più caratteristici, invece, vanno citati Santo Stefano di Sessanio, Castelli (nota per la produzione artigianale di ceramiche), Pacentro, Pettorano sul Gizio, Pescocostanzo, Capestrano, Loreto Aprutino e Città Sant’Angelo.

DIALETTOI dialetti e le parlate della regione Abruzzo possono essere divise in tre gruppi fondamentali:• Dialetto sabino, in provincia dell’Aquila (Dialetti italiani centrali) • Dialetto abruzzese adriatico, in provincia di Teramo, Pescara e Chieti, che sconfi na abbondantemente anche in pro-vincia di Ascoli Piceno (Dialetti italiani meridionali) • Dialetto abruzzese occidentale, in provincia dell’Aquila (Dialetti italiani meridionali) • Altre forme dialettali campane (Alto Sangro )

NATURADal punto di vista naturalistico presenta specie rare di fl ora e di fauna, come l’orso bruno marsicano, la lontra europea, il lupo appenninico e il camoscio d’Abruzzo.Sul territorio abruzzese sono presenti i seguenti parchi:• Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise • Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

GEOGRAFIARegione prevalentemente montuosa, è costituita da montagne e per il restante da colline. La regione presenta le più alte vette dell’Appennino Abruzzese con il Gran Sasso d’Italia (Corno Grande) e il massiccio della Maiella (Monte Amaro). La pianura è costituita da una stretta fascia costiera che segue il litorale. I fi umi principali sono l’Aterno, il Sangro e il Vomano che sfociano nel mar Adriatico.

CLIMAIl clima abruzzese è fortemente condizionato dal massiccio montuoso appenninico, che perciò divide nettamente il clima della fascia costiera e delle colline subappenniniche da quello delle fasce montane più elevate: le prime zone citate dunque presentano delle caratteristiche di tipo semi-mediterraneo, con temperature che decrescono progressivamente con l’altitudine e precipitazioni che aumentano invece con il rilievo. Lungo le coste, nonostante la presenza mitigatrice del mare, sono frequenti e intese le ondate di freddo con abbondante neve anche lungo le coste. Gli inverni dunque sono, a differenza delle coste tirreniche poste alla stessa latitudine, particolarmente rigidi a causa dell’esposizione di tali luoghi alle perturbazioni nevose dell’Est europeo. Nei territori interni, e specialmente in quello aquilano e marsicano, in inverno le gelate sono frequenti, e il termometro, in determinate conche montane come Campo Imperatore e Campo Felice può scendere anche di 25 gradi al di sotto dello 0.

da sinistra: Santo Stefano di Sessanio (Aq), veduta di Lanciano (Ch), cattedrale di Teramo, veduta di Penne (Pe)

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• Parco Nazionale della Majella • Parco Regionale Sirente Velino • Riserva Statale Monte Velino

DIVISIONE AMMINISTRATIVAL’Abruzzo è dal 1964 una regione italiana a statuto ordinario; precedentemente era insieme al Molise, nella regione Abruzzo-Molise.• Provincia dell’Aquila • Provincia di Chieti • Provincia di Pescara • Provincia di Teramo POLITICAGiunta Regionale Presidente Vice Presidente e Assessore al turismo Assessore alle attività produttive Assessore all’ambiente Assessore al bilancio Assessore al lavoro, istruzione e formazione Assessore alla protezione civile Assessore alla sanità Assessore alla cultura Assessore ai lavori pubblici Assessore all’agricoltura Uffi cio di Presidenza del Consiglio RegionalePresidente del Consiglio Vice Presidenti del Consiglio Consiglieri Segretari

TRASPORTIAeroporti • Aeroporto Internazionale d’Abruzzo - Pescara• Aeroporto dei Parchi – Preturo (AQ)Linee ferroviarie abruzzesi• Linea Adriatica (attraversa l’Italia intera da nord sud, costeggiando il Mar Adriatico) • Linea Pescara - Avezzano - Roma • Linea Sulmona - Castel di Sangro - Napoli • Linea Sulmona - L’Aquila - Rieti - Terni • Linea Sangritana (Lanciano - Castel di Sangro) • Linea Teramo-Giulianova (un ramo che dalla linea ferroviaria adriatica si inoltra verso l’interno fi no a Teramo) Strade principali• Autostrada A14 Bologna - Taranto • Autostrada A24 Roma - L’Aquila - Teramo • Autostrada A25 Torano - Avezzano - Pescara • SS 5 Roma - Avezzano - Pescara (Strada Statale Tiburtina Valeria) • SS 16 Adriatica, Otranto - Padova • Strada Statale 17 dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitico, Antrodoco - Foggia • SS 80 del Gran Sasso d’Italia (dalla costa Adriatica si addentra fi no a L’Aquila attraversando l’Appennino centrale), nella parte centrale è denominata Strada maestra del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga • Strada Statale 578 del Salto Cicolano che collega Rieti e il Cicolano con la Marsica. • SS 652 Fondovalle Sangro, Fossacesia - Cerro al Volturno

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