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Quindicinale della Dioces I di Rieti. Direzione: Via Cintia, 02100 RIETI. Tel. (0746) 43731 Direttore: Luciano Martini

Supplemento de L'Eco di S. Gabriele al nO 4 del 18 febbraio 1989.

Direttore responsabile: Ciro Benedettini. L'eco di S. Gabriele - 64048 S. GABRIE­LE (TE) -Tel (0861) 97352/97145. Registra­zione Tribunale di Teramo 22.4.1960. Stampa: Litotipografia Eco Editrice.

Sommario 1 Di fronte al razzismo 2 Per quanto ancora saremo orfani? 3 La lettera del mese

a cura di Don Lino 4 Woytila: "Saluto le vostre monta­

gne» di Attilio Schifani

7 La centralità dell'uomo 8 Politica: mestiere o servizio?

di Ajmone Filiberto Mi/li 9 Sotto il campanone

di Bastianu 10 Diocesinforma

di Paolo Maria Blasetti 11 Ma non è la Maginot 12 Le voci di dentro 13 Opinioni

di Marco Terenzio Varrone 14 Rimpolpata, ma non troppo

di Franco Funari 16 Nella tana de Il Tempo giornale

nazional·popolare di OttorinoPasquetti

17 Carrozzoni: ha smesso di distribui· re medaglie

20 "I giovani incontrano l'Europa» di Goffredo Cianfrocca

22 Tardò ma venne pure l'avvocato 23 Acta nocturna

di Christopher 24 E nasce un "campus» da 20 miliar·

di di Luciano Martini 26 La città neL .. sombrero

di Mauro Cordoni 28 L'industria, il lavoro, la finanza 29 Dalle zone pastorali 30 Dalle zone pastorali 31 Dalle zone pastorali 32 Dalle zone pastorali

L ' inSegnamento di Giovanni Paolo II nei confronti del razzismo è sempre stato co­

stante, come pure a più riprese espli­cita è stata la condanna d'ogni apar­theid.

Nell'agosto del 1985 ne parlò due volte: la prima in piazza S. Pietro pri­ma di partire per il terzo viaggio in Africa: «Il nostro ripudio verso ogni forma di discriminazione razziale è convinto e totale» - disse il Papa -«esso si fonda sulla consapevolezza della dignità comune di ogni uomo. Non posso non ri-

tivo al «dialogo della pace». «Giustizia e pace in Africa Austra-.

le»: questo il tema della lettera pa­storale dei vescovi in Angola, Botswa­na, Lesotho, Mozambico, Namibia, Sao Tome, Sud Africa, Swaziland, Zimbabwe.

Significativa questa coincidenza che, tra l'altro pone in luce la costante attenzione con cui la Chiesa s'inseri­sce nella vasta problematica mondia­le del razzismo e più in generale del rispetto della dignità della persona umana in ogni sua situazione.

L'attuale testo vaticano si rivolge cordare con parti­

colare pensiero la situazione in Africa meridionale e il problema sempre ricorrente della po­litica della cosiddet­ta apartheid. A co­loro che subiscono la violenza di tale

Di fronte al

soprattutto alle co­munità cristiane e sviluppa un'appro­fondita riflessione teologica pastorale

• del fenomeno con

razzismo forti richiami a va­lori e problematiche all'ordine del gior­no di ogni incontro disumana situazio-

ne esprimo sentimenti di affettuosa partecipazione e di sostegno».

Atteso da diversi mesi e annuncia­to già dal giugno dello scorso anno è stato pubblicato il lO febbraio il do­cumento più organico sul razzismo. Così l'autorevole pronunciamento va­ticano, dal titolo La chiesa di fronte al razzismo. Per una società più fra­terna, segue di solo alcuni giorni la pubblicazione d'un altro documento sull'apartheid dei vescovi cattolici di otto paesi dell'Africa Australe, dove i presuli si volgono tanto ai governi come ai movimenti di guerriglia chie­dendo che si ponga fine alla «politica delle armi» per aprire un varco effet-

nazionale. Si tratta di una condanna non solo all'apartheid sudafricana (già molto si è scritto a questo pro­posito nei mesi scorsi), ma anche d'o­gni forma di razzismo diffusa nel mondo.

La linea di riflessione e di magiste­ro della Chiesa cattolica lungo i vari secoli e in particolare di questi ultimi decenni, rimane dunque coerente. Non si tratta solo di condannare il razzismo: è intenzione della Chiesa in­vitare a una presa di coscienza respon­sabile e fare eco con autorevolezza a quanto varii episcopati in diverse na­zioni vanno affermando e testimo­niando. (G.A.) •

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Q uando terminerà la stagione dei c~mgr,essi, con ogni probabilità SI avra un nuovo governo. E nel­

l'ipotesi che ormai viene data come pro­babile al 99 per cento, si intravvede per la Sabina e per l'Umbria una possibilità di promuovere una doverosa pressione sul centro, perché la circoscrizione elet­torale, che lega Perugia, Terni e Rieti, abbia ad essere riconsiderata come area degna di esprimere un ministro.

Umbria e Sabina sono le unich-e regio­ni italiane non rappresentate nell'esecu­tivo nazionale. Da qui l'aggravamento della situazione politica generale, econo­mica e di sviluppo che si coglie visitan­do l'Alta Valle del Tevere e quella del Velino.

Che reatini ed umbri possano essere rimessi in pista, si capisce da quei mes­saggi che Craxi ha mandato a De Mita da Caracas, quando ha dichiarato alla stampa che troppi brocchi figurano tra i ministri del governo italiano.

co Manca, socialista. Quest'ultimo non è più deputato per essere attualmente presidente della Rai. Pertanto un suo ri­torno potrà aver luogo nel '92.

Per Malfatti e Radi, invece, questa improvvisa uscita di Craxi, che denun­cia l'inedia di alcuni ministri, è quanto si aspettava per riconsiderare il loro ruo­lo in ambito governativo.

Malfatti e Radi sono entrambi forla­niani, corrente confluita nel Grande Centro detta anche Azione Popolare. Quindi, ai sensi dell'ormai famoso ma­nuale Cencelli, se non si farà la solita conta delle tessere, uno dei due potreb­be tornare a dirigere un dicastero.

Con Forlani nuovo segretario della DC, Radi sarà sicuramente il capo della sua segreteria politica, come già avven­ne in passato. Malfatti a questo punto dovrebbe avere spianata la strada, Pran­drini, permettendo. Infatti, l'attuale Mi­nistro della Marina Mercantile è anche

lui forlaniano, con la

Craxi li ha defini­ti «pesi morti», ma non soltanto lui si era accorto di certu­ni che proprio non vanno. Martelli, nei giorni addietro, ha rincarato la dose ed ha detto che è «ra­gionevole, realistico

Per quanto differenza che rap­presenta un pacchet­to di quasi 250 mila tessere, mentre Mal­fatti è abbondante­mente al di sotto del­le centomila. Un ri­mescolamento delle carte potrebbe far pendere la bilancia

ancora saremo orfani?

ed utile un irrobusti-mento dell'esecutivo, perché proprio de­ve affrontare delle prove di lunga lena».

Il rimpasto, di cui ormai tutti parla­no, avverrà quasi sicuramente dopo le elezioni europee e massimo in autunno. È per questo che i partiti che collabora­no al governo e le cui federazioni pro­vinciali sono situate in Umbria ed in Sa­bina dovranno muoversi fin da ora per far sentire a Roma, nelle sedi di compe­tenza di ciascuno, che questa zona del­l'Italia Centrale non può essere oltre ghettizzata, lasciandola fuori non solo dall'esecutivo e quindi senza ministri, ma addirittura senza neppure un sotto­segretario.

Gli uomini che potrebbero tornare nel grande giro della politica nazionale so­no in tutto tre e tutti e tre almeno una volta sono stati ministri. Parliamo de­gli onorevoli Franco Malfatti, Luciano Radi, entrambi democristiani, ed Emi-

dalla parte dell' ex ministro degli Esteri

e della Pubblica Istruzione, il quale, nel­l'ombra, è poi il consigliere per le poli­tiche comunitarie di De Mita.

Non si rivela niente di segreto se si af­ferma come in alcuni importanti discorsi dell'attuale presidente del Consiglio si ri­conoscono la mente e la mano dell'ex presidente della Commissione CEE dei primi anni '70.

Dalla data del possibile rimpasto del Governo De Mita, siamo ancora lonta­ni? Chi può dirlo? Ma ormai anche La Malfa è deciso a chiedere una diversa di­rezione dell'Esecutivo.

Allora alle Federazioni provinciali del­la DC di Rieti, Terni e Perugia incombe il dovere di cominciare a porre, con for­za e con motivazioni, il problema della rappresentanza delle due Regioni nel Governo nazionale. E perché questo problema si realizzi bisogna far presto, studiando un progetto di seria fattibilità.

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La lettera del Illese a cura di DON LINO

Sempre meno i contemplativi?

H o avuto occasione qualche tempo fa di recarmi presso uno dei due monasteri di clausura della nostra città. Dopo aver assolto ad una piccola incombenza, mi sono trattenuta a parlare con la madre

priora sulla vita che le monache conducevano in monastero e chiedevo an­che se ancora avessero vocazioni.

La madre priora mi rispondeva lamentando la quasi totale carenza di vo­cazioni e l'età ormai molto avanzata delle monache.

Tornando a casa mi accompagnava l'impressione che, a meno di una svolta radicale, tale esperiennza contemplativajosse destinata a scomparire, alme­no nella nostra città. Ed ecco la domanda che le porgo: è ancora possibile e possibile la vita contemplativa nella nostra società secolarizzata e materia­listica? (Giacinta)

T i ringrazio per avermi offerto l'occasione di riflettere su questo problema in quanto

la contemplazione e la vita contem­plativa - incomprese dai più - costi­tuiscono una ricchezza irrinunciabi­le della Chiesa. La contemplazione, infatti, è alla base di ogni autentica esperienza di fede; la vita contempla­tiva rivela l'intima essenza e la pro­spettiva del regno di Dio che cammi­na verso la sua pienezza definitiva.

1. La contemplazione e la vita cri­stiana

Non possiamo non fare riferimen­to alla esperienza esemplare di Ge­sù. Gli evangelisti, soprattutto Luca, immergono i momenti più salienti della vita di Gesù in un contesto di preghiera, di adorazione al padre: Gesù è tentato da Satana dopo aver passato quaranta giorni e quaranta notti in preghiera; Gesù si trasfigu­ra «sul monte» mentre prega; alla vi­gilia della sua morte Gesù è in ango­sciosa preghiera nell'orto degli olivi; Gesù sceglie i suoi discepoli dopo una notte passata in preghiera.

Possiamo dedurre che Gesù nella preghiera al Padre trova il clima e la condizione per comprenderne i dise­gni nei propri riguardi, per accettar­ne la volontà, «obbediente fino alla morte e alla morte in croce».

Pertanto il cristiano, alla luce del­la preghiera e della conteplazione, in sintonia con l'esperienza di Gesù, ap-

prende il senso profondo della pro­pria vita e della propria morte; rece­pisce il giudizio di Dio sulla sua sto­ria personale.

2. La vita contemplativa, ricchezza della Chiesa

La vita contemplativa, più o me­no organizzata, ha attraversato e permeato come la più autentica lin­fa, tutta la storia della comunità cri­stiana. All'inizio abbiamo l'esplosio­ne della esperienza eremitica (Anto­nio) e cenobitica (Pacomio) con la successiva regolamentazione di B'asi­lio Magno. In Occidente la Regola benedettina con le innumerevoli ra­mificazioni delle varie esperienze mo­nastiche; gli Ordini mendicanti, in cui la preghiera era il presupposto dellaJoro testimonianza apostolica

(la Porziuncola, Fonte Colombo, La Verna erano i luoghi prediletti da S. Francesco per i suoi «ritiri» spiritua­li); la riforma del Carmelo ad opera di Teresa d ' Avila e Giovanni della Croce in piena bufera protestantica. Nei secoli successivi, pur in presen­za dei nuovi ordini religiosi più fina­lizzati alla vita attiva, è sempre resta­ta, forse più nascosta, questa espe­rienza feconda della vita contempla­tiva.

3. La vita contemplativa, segno del­la realtà escatologiche

Tu dicevi, nella tua riflessione, che la società odierna è ormai secolariz­zata, tutta attenta ai problemi con­creti che l'assillano e quindi sorda a richiami contemplativi.

Proprio per questo unilaterale at­teggiamento, la nostra società si è impoverita: perché ha perso l'oriz­zonte per il suo andare, la speranza per una vera liberazione. Infatti nel momento in cui l'uomo esaurisce nel contingente la sua speranza, consu­ma anche se stesso e la sua libertà: l'uomo è sempre più grande delle co­se, la libertà è sempre un continuo «trascendere» verso ulteriori oriz­zonti, e l'ultimo e radicale orizzonte è Dio. Non per niente le crisi esisten­ziali più profonde le troviamo nelle nazioni opulente, per le quali «deus venter est». Ebbene questi monaci, queste monache che lasciano le cose (non il mondo per il quale sentono sempre profondamente il sentimen­to della solidarietà) ci ricordano co­stantemente le realtà ultime che ci at­tendono le quali, se da una parte re­lativizzano le esperienze umane, dal­l'altra le redimono rapportandole al­la risurrezione di Cristo che supera lo scacco del peccato e della morte.

La conteplazione è quindi il faro che risplende «sul monte» e sta ad in­dicare il cammino verso le realtà ul­time alle quali tutti siamo incammi­nati.

Spero che Dio mantenga alla sua Chiesa, e agli uomini, questo segno e questa profezia che è la vita con­templativa. Il

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I GIORNALISTI REA TINI IN VATICANO

Wojtyla: "Saluto le vostre montagne" Accompagnata dal vescovo Amadio, la delegazione, forte di 42 membri.

Nell'aula della Benedizione, la consegna dei doni. ({Benedico questa famiglia e questi giovani», A tutti il documento sinodale «Christifideles laici».

L ' Aula della Benedizione sta proprio dietro alla loggia da cui i Papi si affacciano

subito dopo l'elezione. Da lì viene dato l'annunzio «urbi et orbi», da lì, nelle solennità dell'anno liturgico, i Pontefici benedicono le folle che si accalcano nella sottostante, immen­'sa piazza. Da lì l'immagine di Gio­vanni Paolo II entra nelle case di tut­to il mondo, passando per i cavi coassiali, le antenne paraboliche si­stemate nei punti strategici del pia­neta, rilanciate dai satelliti verso i quattro angoli della Terra.

Siamo arrivati all' Aula della Bene­dizione salendo la Scala Reggia fat-

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di Attilio Schifani

ta costruire da Alessandro VII. Dal­la piazza di S. Pietro quello è l'ac­cesso riservato ai Pontefici per giun­gere sia alla Basilica, entrando sulla sinistra e, proseguendo a salire, per giungere fino al Palazzo. Passiamo per la Sala Ducale. Sulle pareti i la­vori di Vasari, Zuccari e Salviati e quindi l'Aula della Benedizione. A destra ed a sinistra le tele con le Sto­rie della Bibbia. A sinistra sta Giu­ditta con la spada in mano e nell'al­tra tiene la testa di Oloferne, gene­rale di Nabucodonosor, ammaliato dalla bellezza della vedova di Israe­le, tanto da ubriacarsi e finire stre­gato e morto, così da consentire ai

Giudei di essere liberi, per aver con­fidato in Dio.

In capo all' Aula c'è una specie di abside e lì la sedia papale, da dove, tra poco, Giovanni Paolo II invierà un messaggio ai giornalisti italiani ed esteri accorsi in millecinquecento, con le famiglie, all'appuntamento con lui e con i dirigenti dell'Unione Stampa Cattolica Italiana. Quando entra la delegazione dei giornalisti reatini, guidati dal Vescovo diocesa­no mons. Francesco Amadio, dal presidente dell' Associazione stampa avv. Sergio Carrozzoni e dal presi­dente della sezione dell'UCSI Lucia­no Martini - una delegazione forte

La tavola rotonda prima

dell'Udienza del Papa. A fianco:

il gruppo reatino in piazza S.

Pietro. Sotto: il Papa tra alcuni

giornalIstI reatini.

diquarantadue membri - l'Aula si sta riempiendo.

Ecco che giungono l'on.le Flami­nio Piccoli, presidente nazionale dei giornalisti cattolici italiani, ecco il presidente nazionale dell'Ordine Giuseppe Morello, il presidente del­la Federazione Nazionale della Stam­pa Guido Guidi, il vice direttore ge­nerale della RAI Emilio Rossi, il vi­ce direttore dell' Espresso Paolo Pa­gliaro, che daranno luogo, tra poco, ad una interessante tavola rotonda sul ruolo degli operatori dell'infor­mazione innanzi alle problematiche odierne.

Poi sfilano nel corridoio centrale le stars della stampa e della televisio­ne: il direttore del Tempo Gaspare Barbiellini Amidei, che per l'occasio­ne non ha sulla fronte gli eterni oc­chiali da presbite e Nuccio Fava, di­rettore del Tigì 1. Vicino a noi si è venuta a sedere la conduttrice del te­legiornale delle ore 20, la signora Buttiglione; tra gli ultimi . giunge Gianni Letta, vice presidente della Finivest, gruppo Berlusconi.

Mons. Francesco Amadio ha pre­so posto alla destra dell' abide, insie­me ad altri vescovi e dignitari.

Inizia la tavola rotonda con un

omaggio e ricordo di Raimondo Manzini, giornalista cattolico, a cui tutto il giornalismo italiano deve moltissimo. In sala c'è la vedova che viene salutata con un applauso.

Piccoli pronuncia un discorso pro­fetico sui mali dell'epoca, puntando il dito sul consumismo, come causa di tutti i mali della nostra società. Li elenca con la sua voce dalle inflessio­ni trentine. Per chi ebbe a sentirlo, ricorda De Gasperi. I cavalieri del-1'Apocalisse vengono evocati rapida­mente: la fame nel mondo, innanzi ai pochi che hanno tutto; il razzismo e la droga; il Terzo Mondo che avan­za, bussa e chiede spazio ai popoli come gli europei che non fanno più fgli, ma vivono nell'edonismo e nel­l'egoismo, cultori dello sfrenato de­siderio della proprietà e del potere.

Che fanno i giornali? Che fanno radio e televisione? Quale testimo­nianza di verità danno? Spesso au­mentano la confusione, confondono la verità a causa di mancanza di pro­fessionalità da parte degli operatori dell'informazione e della loro mala­fede. Così Dio viene scacciato dalla cronaca, i valori e glì ideali subi~co­no caduta di tensione, perché ChI ne ha e ne fa pratica, viene deriso.

Ecco che si affacciano i pericoli dell'ingegneria genetica. Piccoli af­ferma: «La vita è in pericolo ovun­que e da parte di molti».

Poi ricorda che questo è un tem-

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Il gruppo di giornalisti

rea tini e familiari nei

giardini della Fraterna Domus.

po di Quaresima e di conversione per tutti e accenna a Gesù che nel deser­to subì tre tentazioni: quella dei bi­sogni da soddisfare ad ogni costo; quella della gloria e quella del pote­re. Ma dal deserto Satanna uscì scon­fitto.

Poi seguono Morello e Guidi. Quest'ultimo conferma le parole di Piccoli e le amplia. Quindi Pagliaro è la voce laica della tavola rotonda. Afferma che la stampa e la televisio­ne sono figlie di questa società, che è fatta così com'è e che i giornalisti riportano, forse con troppa crudez­za. Di essa però non nascondono le ingiustizie su cui poggia, i drammi che vive. Conclude Rossi, mentre il Papa è ormai vicino all' Aula. Infat­ti entra e passando per il corridoio si sofferma con tutti quelli che sono vicini ai cordoni. Raggiunge l'absi­de e pronuncia il suo discorso. Sono parole di stimolo, chiare, senza ten­tennamenti.

La Chiesa spezza una parola di ve­rità. Riconosce che quello del gior­nalista è un mestiere difficile, ma che non si può praticare senza retta mo­rale e senza consistente professiona­lità. Giovanni Paolo II indirizza ai giornalisti il suo paterno sprone.

Questa umanità va aiutata attra­verso la verità, che è il presupposto della giustizia e della libertà. Prima della benedizione, il Papa recita l'Angelus. La sua voce è profonda e

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dolce. Egli si ripiega sui microfoni, congiunge le mani. Dice l'Ave Ma­ria in latino. Rispondiamo e ci accor­giamo, improvvisamente, di aver di­menticato questa bellissima preghie­ra. La seconda parte la biascichiamo come le vecchiette di un tempo. Ep­pure fino ai venti anni, ostentavamo sicurezza nei lunghi rosari, durante il mese di maggio. Proviamo un at­timo di tristezza. Poi la benedizione del Pontefice scende su di noi libe­ratoria. È il momento dei doni. Da Rieti abbiamo portato dei fiori, che sono consegnati al Papa da due bam­bini David Cavoli e Silvia Cornac­chio la, poi due giovani donano a Giovanni Paolo II una conca lavo­rata a mano dai nostri ultimi ram ai e sono Alessandra Moroni e Carlo Pascucci.

Il Papa lascia 1'Aula; ripassa lun­go il corridoio. Questa volta è dalla nostra parte. Si ferma a parlare con ognuno. Quando tocca a noi mette le sue mani sulle nostre teste. Som­messamente, ma profondamente di­ce: «Benedico questafamiglia». Poi fa una pausa e continua « ... e questi giovani». Ce lo abbiamo dinanzi per pochi secondi. Il Santo Padre è se­reno, sorride, ha il volto e gli occhi della gioia. Nell'anima sentiamo che la pace è palpabile.

Torna tra di noi il Vescovo Ama­dio. Racconta: «Il Papa ha voluto

sapere che fanno i nostri cristiani. Poi ha accennato alla Sua visita pres­so di noi e ha ricordato le nostre montagne».

Adesso si punta a Sacrofano. Lì ci aspetta un frugale pranzo quaresima­le preparato dalle volontarie laiche che hanno operato a lungo a Posta e che ora, a Sacrofano, hanno rea­lizzato un complesso di accoglienza per ritiri spirituali e per le comunità che è un miracolo ed un dono di Dio.

n pullman messo a disposizione dalla generosità della Banca Popola­re di Sovvenzione di Rieti, sempre sensibile nei confronti delle catego­rie dei giornalisti, sale la strada che taglia le colline.

Dopo il pranzo c'è il tempo per­ché l'avv. Carrozzoni ringrazi Mons. Amadio della sua paterna benevolez­za; c'è il tempo anche per un dono dei giornalisti al loro Vescovo.

Mons. Amadio ringrazia e in un breve discorso parla dell'importan­za della stampa per promuovere la verità e la evangelizzazione. Accen­na a «Frontiera», di cui è soddisfat­to, benedice i suoi abbonati ormai numerosissimi e quindi parla dei lai­ci e della loro missione nella Chiesa. Chiude donandoci il documento si­no dale «Christifidelis laici», che è una esortazione apostolica di Gio­vanni Paolo II sulla vocazione e sul­la missione dei laici nella chiesa e nel mondo. _

Nazzareno Figorilli, neo presidente nazionale dell'Mel, rilancia il diritto al lavoro dei giovani, la difesa della vita e l'unità dei cattolici.

N azzareno Figorilli è stato elet­to Presidente Nazionale del Movimento Cristiano Lavo­

ratori, sostituendo il senatore Lucio Toth, che si era dimesso in base al principio della incompatibilità statu­taria, essendo la carica tale da non consentirgli il contemporaneo esple­tamento delle funzioni di parlamen­tare.

Figorilli è un amico di «Frontie­ra», membro del consiglio diocesa­no dei Laici, animatore di mille ini­ziative nell'ambito dell'azione dei lai­ci all'interno della Chiesa ed è tra i fondatori, dopo la crisi sessantotti­na delle ACLI, del Movimento Cri­stiano Lavoratori. D'altronde egli, prima della elezione, era giù vice pre­sidente nazionale.

La elezione è avvenuta nell'ultima riunione del Consiglio nazionale del M.C.L. e si è registrata, attorno al nome di Figorilli, la quasi unanimità.

Subito dopo il responso dell'urna, il neo-eletto ha pronunciato un bre­ve discorso, proponendo una mobi­litazione straordinaria di tutto il Mo­vimento sui temi del diritto al lavo­ro. «In questo Paese chi è disoccu­pato - e sono milioni di persone - non ha diritto di cittadinanza, viene emarginato ed umiliato. È una situa­zione intollerabile che esige il nostro impegno ad ogni livello».

Non per niente l'M.C.L. di Rieti attraverso Figorilli ha assunto l'ini­ziativa del Centro di Solidarietà, che ha consentito a molti giovani di usci­re dal tunnel della disoccupazione ed a molte imprese di trovare i lavora­tori necessari alla produzione delle aziende.

Figorilli ha ripreso anche il tema del diritto alla vita. «Noi non ricer­chiamo lo scontro, né il clamore, ma la difesa di un diritto minacciato dal­l'aborto, come tante altre violenze grandi e piccole; la legge 194 è ingiu­sta e sbagliata, ancor più ingiusto e sbagliato è l'uso che sembrano far­ne quanti - anche per motivi ideolo-

La centralità dell'uomo

Nazzareno Figorilli, neo presidente nazionale dell'MeL.

gici - sono portatori di una cultura che cancella la centralità dell'uomo». Sui problemi della giustizia fiscale il neo-presidente ha detto che «siamo ancora lontani dalla sua effettiva rea­lizzazione» .

Figorilli si è soffermato sul ruolo del MCL nell'associazionismo catto­lico, precisando che il Movimento «ricercherà il dialogo ed il confron­to con tutti, senza scelte prefernziali e senza chiusure pregiudiziali, ma lo farà con la chiarezza delle sue posi­zioni tradizionali, con la sua natura ecclesiale e sociale, con le sue sensi­bilità ai problemi del mondo del la­voro, con la sua disponibilità nei confronti di un' auspicabile riaggre­gazione dell'area cattolica. La linea è quella scaturita nell'incontro pu­glie se tra i rappresentanti dei movi­menti laici di Azione Cattolica, CL, M.C.L. e Movimento Popolare.

Sul piano sindacale Figorilli ha di­chiarato la propria disponibilità ad un rapporto più stretto con la CISL «portatrice di istanze e valori nei quali l'MCL si riconosce».

In ordine al Congresso nazionale della DC ed al quale il neo Presiden­te è stato tra gli invitati ad interveni­re, Figorilli ha chiaramente delinea- . to il proprio indirizzo. «Siamo inte­ressati a sapere, noi del MCL, se, ri­spetto ai temi della lotta alla disoc­cupazione, del diritto alla vita, al la­voro ed alla salute, della lotta ad ogni forma di emarginazione, la DC si muoverà ed opererà dentro e fuori al Governo con le sensibilità e gli im­pegni che le derivano dalI'essere un partito di ispirazione cristiana».

L'azione del nuovo Presidente, che a Rieti ha realizzato il Premio della Bontà Virgilio Cerfogli, privi­legierà l'affermazione della cultura dell'amore verso il prossimo e della solidarietà sociale contro l'efficien­tismo ed il pragmatico risanamento economico a tutti i costi.

In questo senso è in corso di alle­stimento, proprio con sede Rieti, l'organizzazione del Premio Nazio­nale della Civiltà dell' Amore, che è il giusto sbocco, a livello più gene­rale, della primitiva iniziativa del «Cerfogli» .

Va detto ancora che uno degli aspetti che è importante sottolinea­re dell'azione che la nuova presiden­za del MCL svolgerà è quella del rag­giungi mento della parità nella pub­blica istruzione tra scuola e gestione statale e scuola e gestione privata.

Non sarà facile portare avanti tutti questi programmi che hanno carat­terizzato il discorso di Figorilli. Cer­tamente si potrà contare sull'impe­gno e sulla dedizione disinteressata del neopresidente, il quale ha già da­to molto del suo lavoro alla organiz­zazione ed al proselitismo fra i lavo­ralori cristiani per rafforzare il Mo­vimento e renderlo un agile strumen­to ecclesiale di diffusione del Vange­lo e promozione umana. -

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Il circolo culturale «G. Pastore)) si presenta alla grande dibattendo sull'occupazione alla presenza dell'assessore regionale Troja.

di Ajmone Filiberto Milli

I l Circolo culturale «Giulio Pa­store», di ispirazione cattoli­co-forzanovista, ha fatto la pro­

pria apparizione nella nostra città sollevando un problema di ordine eminentemente sociale: la riforma del Collocamento e la politica attiva del lavoro. Un tema vasto e dalle molteplici radici e dalle ancor più molteplici implicazioni.

L'autopresentazione che il Circo­lo «Pastore» ha voluto fare è stata una autopresentazione alla grande: la vastità del tema trattato era infatti sorretta da partecipazioni non secon­darie: assessore regionale Troya, se­gretario regionale Cisl Guerisoli, l'Assoindustria con Caruso. Il Con­vegno ha stupito non poco: per te­matiche, per partecipazione, per to­ni. Che cosa è il Circolo «Giulio Pa­store»? Un gruppo di cattolici larga­mente forzanovisti che intendono ri­portare la politica dal «mestiere» al «servizio», dalla tecnica del potere alla ispirazione ideale, dal cittadino­.elettore alla persona-coscienza. Che cosa non è? Tutto ciò che è aldifuo­ri di tale schema di programmazio­ne etica.

Chi sono? Il picco emergente: Ar­mando Fracassi, Francesco Mari, Franco Fagiuolo, Paola Magrini, Domenico Cursi, Paolo Murrali. Li coordina Vincenzo Scasciafratte. Ma questi che abbiamo detto sono la punta emergente: l'istituzione giuri­dica del movimento. La base infatti è senz'altro più vasta: vive trasver­salmente in tutti i ceti e le classi e le categorie: essa è la gente alquanto stanca di una concezione della poli­tica che sembra sempre più allonta­narsi dai proprii compiti di istituto (Servizio per la gente) per assumere sempre più le connotazioni del me­stiere inteso nemmeno come arte ma

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Politica: mestiere o servizio?

come mestiere nudo e destinato ad esaurisi in se stesso. Che cosa non vuoI essere il Circolo «Pastore»? Tutto quanto non rientra inciò.

Riuscirà nel proprio intento di ri­conversione? Di frenare, per come lo porta, la caduta verticale delle co­scienze? Di riorganizzare, in termini di fiducia nella Politica, lo scettici­smo orizzontale che sembra cucire ir­rimediabilmente e progressivamente le coscienze delle persone in termini di grossi numeri? Finora il punto che lo demarca sembra voler essere pun­tigIiosamente il seguente: non crea­re problemi per usarli poi in senso ri­cattatorio e facendo finta di risolverli attraverso la produzione di soltanto buone intenzioni, ma affrontare i problemi esistenti per avviarli a so-

luzione attraverso atti politici concre­ti che tengano conto soltanto del pro­blema in sé e di ciò che la sua possi­bile soluzione può rappresentare in termini umani e sociali, scartando impietosamente dalla propria econo­mia di attività qualsiasi altra consi­derazione. La sua prima uscita sul problema del mercato del lavoro e la direzione che ha saputo imprimere ,al dibattito attraverso il coordinamen­to di Scasciafratte sembrano non de­ludere le aspettative di chi vuole che i valori sociali che si rifanno al Cri­stianesimo non seguitino ad essere usati come vuoti nominalismi buoni per tutti gli usi, ma come irrinuncia­bili confini di impegno morale e co­me confini altrettanto eticamente in­valicabili.

Quale motto da far compaggiare sulla ipotetica bandiera del Circolo «Pastore»? Forse il seguente: «La Politica come Servizio per la gente e non come qualcosa d'altro». Ed in ciò ci sono già incorporati i fonda­mentali valori cirstiani: la persona al centro di ogni possibilità ma non co­me un presuntuoso antropocentri­smo schematicamente inteso ma co­me valore etico: idealmente etico e socialmente etico.

Perché l'uscita è stata alla grande? Perché l'impostazione che il Circolo «Pastore» ha voluto dare al dibatti­to è stata un'impostazione aldifuori di una rinsecchita visione localistica. Infatti quando Guerisoliafferma che «Dobbiamo abituarci ad un merca­to del lavoro che fuoriesca dalla pro­pria attuale rigidità perché altrimenti risulteremo essere un corpo estraneo . nel mercato della Cee», afferma so­prattutto un concetto supernaziona­le e tutt'altro che provincialistico. Perché quando Giuliano Piacentini, il direttore dell' Assoindustria reati­na, afferma che «La piena e non ri­stretta applicazione della legge 56 sul mercato del lavoro significa soprat-

tutto trasformarsi culturalmente» e quando afferma che «L'attuale si­tuazione è pesante e preoccupante», Piacentini non fa altro che afferma­re concetti ed esprimere giudizii che, rifuggendo da un ottimismo di ma­niera, denunciano una situazione non certamente condivisibile e che certamente non depone a favore dell' «uso» operativo che della legge 56 viene fatto dalla sfera politica na­zionale.

Perché quando il rappresentante dell' Assoindustria, Caruso, definisce che «Il futuro dell'occupazione è co­stituito dai Contratti per la forma­zione del Lavoro e dal part-lime», Caruso definisce non soltanto una si­tuazione di quasi-precarietà odierna, ma di necessità per stimolare e po­tenziare gli Istituti dei Contratti­formazione e del part-time.

Il Convegno del Circolo «Pastore» ha ricordato come i disoccupati nel Reatino superino i lOmila: lo ha ri­cordato Fiorenzo Giannini, segreta­rio generale della Cis l reatina: circa 6.500 nel distretto di Rieti, circa 4.500 in quello di Poggio Mirteto. È quanto basta per definire una situa­zione di stabile precarietà. Ed il fat­to che il Circolo «Pastore» non ab­bia cercato né di omettere né di co­prire con pietosi ed ipocriti veli il da­to della situazione occupazione nel Reatino, pensiamo sia già un fatto di per sé positivo: perlomeno dal pun­to di vista della testimonianza. Ma diventa un fatto altamente positivo se teniamo conto che il Convegno non soltanto ha inteso fare testimo­nianza, ma ha divelto la terra che ri­copre le radici della realtà reatina: ra­dici politiche e non astrattamente an­tropologiche e di «destini avversi».

Nella propria introduzione Sca­sciafratte ha detto che «Il messaggio del Circolo forzanovista, inviato a tutte le componenti politiche e socia­li, è quello di affrontare con lucidità e fermezza i problemi complessi del mercato del lavoro per individuare e coinvolgere tutti i soggetti interessa­ti per suscitare nuove occasioni di la­voro, utilizzando tutte le risorse e le potenzialità presenti sul territorio».

In tale definizione c'è tutta la con­notazione del Circolo «Pastore». In fondo Andreatta diceva che «La po­litica non è mediazione ma realizza­re cose che siano portatrici di valo-rÌ». •

di Bastianu ..... Z c::a Z

= CC a-.... E .... = .... CC

rn u -Carnevale Reatino

È tornato il carnevale. E sembrava quello di una volta. È vero che il percorso non è più quello classico, lungo via Terenzio Varrone che, per tale ragione, si chiamava il Corso, ma non per questo meno suggestivo e cagnaroso. In una bella giornata di febbraio troppo bello si sono avvicendate musiche balli co­riandoli stelle filanti e tanta tante partecipazione di popolo che sembrava im­pazzito, e viveva in spensierata serenità una serata diversa.

Sembrava quello di una volta Ma non lo era per me. Non lo era per tanta gente. Per rivivere il vecchio car­

nevale sarebbe stato necessario, per me, e, penso, per tanti, tornare ad essere quelli di una volta, con, vicine, le stesse persone. Tornare ad avere l'animo di quella gente che si accalcava attorno ai carri, e vociava incessantemente, per commentare, per partecipare, per esplodere, insomma. Ma, quando hai l'ani­mo appesantito, non ti va neppure di guardar fuori.

Marina Ecco: avevo l'animo che grondava pianto. Due giorni prima avevo accompa­

gnato al cimitero de l'Amatrice il corpo distrutto di Marina Marini, la giovane madre, nata proprio trent'anni prima, il3 febbraio 1959, che era morta il1 o feb­braio, mentre dava alla luce la sua secondogenita, un bel batuffolo di gioia, nell'Ospedale di Rieti. Era anche lei, Marina, un batuffolo di gioia, che comu­nicava a tutti senza avarizia. Il suo sorriso è rimasto nel nostro ricordo, triste.

Che succede a Rieti? È la domanda che mi fa sempre don Luciano Candotti, quando lo vado a tro­

vare, in quel di Colli sul Velino, in questa sua convalescenza lunga quanto una quaresima. E io a rispondere sempre le stesse cose: la posta cammina come una lumaca, Piazza S. Rufo sempre più isolata, la città diventata un fiume di macchine, il Vescovado sempre più garage, le solite rovine, inguaribili, qua e là; il Velino scorre placido mentre i pescatori si curvano a guardare in attesa del 26 marzo.

Qualcosa di nuovo! Oltre la fama di Lucio Battisti, oltre la seconda affermazione nello Zecchino

d'oro di Francesco Rinaldi, sempre più bravo, si vanno facendo strada, pro­prio qui, a Rieti, anche giovani, il cui talento nessuno avrebbe sosp~ttato .. Ho davanti a me un 33 giri, con dei titoli in inglese. Ma, sotto porta Testi e musica d Federico Festuccia. Hai capito? E bravo Federico! Chi lo avrebbe sospetta­to? Auguri vivissimi a lui e ai suoi amici. Si itur ad astraI Così si va alla stelle!

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DiocesinforIlla di PAOLO MARIA BLASETTI

---_._------- Lo scorso 6 Feb-braio si è tenuta la seduta del Consiglio Pastorale Diocesa­no, convocato dal Vescovo e da lui presieduto. Tale convo­cazione era motivata dalla vo­lontà di fare una verifica della pastorale diocesana del dopo­convegno di Settembre. L'at­tenzione la discussione dei membri del Consiglio Pastora­le Diocesano si è incentrata so­prattutto e particolarmente sul

primo punto messo all'ordine del giorno, Verifica della pa­storale delle zone, punto sot­toposto all'attenzione di tutti da una lettera inviata al Vesco­vo dal prof. Sandro Salvati Presidente del Consiglio dei Laici. Dal confronto emerge­va che in molte delle zone, in cui è diviso il territorio della nostra diocesi, mancano anco­ra le strutture di partecipazio­ne e soprattutto il Consiglio Pastorale di Zona che è rap­presentativo di tutte le compo­nenti ecclesiali (sacerdoti -lai­ci - religiosi -religiose). Non ci si è limitati alla semplice con­statazione di una carenza, ma ci si è anche posti la domanda sul «che cosa fare» sia per dar vita a seri cammini di fede sia per una formazione profonda dei laici che ormai dovranno sempre più in prima persona scendere sul campo della pa­storale attiva, non solo per la cronica carenza del clero ma per una riacquisita coscienza della loro vocazione nella Chiesa e nel mondo. Le propo­ste fatte sono state molteplici, la prima ad essere attuata è la convocazione da parte di

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Mons. Vescovo dei delegati di Zona e dei responsabili degli organismi pastorali diocesani per rimettere a fuoco la realtà stessa delle zone e la loro fun­zione pastorale. Al termine dell'incontro don Ercole La Pietra, Vicario generale, ha presentato il sussidio cateche­tico-liturgico che l'Ufficio Ca­teschistico Diocesano, su inca­rico del Cordinamento per la Pastorale Diocesana, ha pre­parato come iniziativa per da­re risposta a quanto emerso dal Convegno Diocesano di Set­tembre.

-:.::---- Il giorno 21 Feb­braio presso la Sala degli Spec­chi è stato inaugurato il terzo corso di formazione al volon­tariato organizzato dalla Fede­razione Provinciale di Rieti del Mo.V.I. Il corso si propone una pluralità di scopi, quali: l'approfondimento del volon­tariato e la creazione di una mentalità di volontariato, co­noscere la mappa dei bisogni della Città e della Provincia di Rieti, formare volontari che concretamente si impegnino. Le finalità del corso di forma­zione emergono con maggiore evidenza dalle tematiche che verranno trattate nei vari in­contri, incontri che saranno te-

nuti da Luciano Tavazza e dal­la sua equipe e da membri del Mo.V.I. che già operano nella nostra città e nella nostra pro­vincia: il corso spazia dalla teo­ria del volontariato alla situa­zione concreta del volontaria­to a Rieti con particolari indi­cazioni per i servizi di volon­tariato già in atto. Gli incon­tri sono aperti solo a persone che abbiano compiuto il diciot­tesimo anno di età e si terran­no presso l'Aula Magna del Se­minario vescovile di Martedì e di Venerdì alle ore 17 .00 alle ore 19.00.

=--~ --- Il Centro Italia­no Femminile, Sezione Provin­ciale di Rieti, celebra 1'8 Mar­zo, giornata della donna, con un inconro dal titolo «Recipro­cità uomo-donna tra ugua­glianza e differenza». Tale ri­flessione si inserisce nel discor­so che la sezione provinciale di Rieti del C.I.F. sta portando avanti in questi anni sul tema del femminismo, con un note­vole rilievo culturare e sociale. Il tema del femminismo, alla ribalta da anni, acquista una dimensione sempre più consi­stente alla luce della lettera apostolica di Giovanni Paolo II «Mulieris Dignitatem» sul­la vocazione e la dignità della donna e della Esortazione

Apostolica del Medesimo pon­tefice «Christifideles Laici» sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo.

== Il 13 febbraio presso Villa Cabrini si sono ri­trovati insieme i membri della commissione Pastorale Giova­nile Diocesana per una verifi­ca del cammino percorso e di quello ancora da percorrere. II calendario si presenta denso di impegni: il 25 Febbraio i gio­vani del triennio delle superiori e gli universitari si sono trova­ti nel salone del Seminario per vedere e discutere il film su Don Lorenzo Milani proposto allo interno della tematica Chiesa-Mondo che anima il cammino diocesano di questo ann'e. Gli stessi giovani sono impegnati nella preparazione della Giornata Mondiale dei Giovani che nella nostra Chie­sa locale si celebra la vigilia della Solennità delle Palme. Tale incontro di preghiera, presieduto dal Vescovo dioce­sano Mons. Francesco Ama­dio, si svolgerà il 18 Marzo ed 'avrà il seguente svolgimento: il raduno è previsto alle ore 16.00 presso la Chiesa di San Rufo in Rieti; dopo la Liturgia di be­nedizione dei rami di ulivo processionalmente ci si reche­rà in Cattedrale dove seguirà un tempo di preghiera alla lu­ce della Parola di Dio e del Magistero. È questo un primo momento in cui i giovani che hanno assunto in proprio il progetto diocesano per la Pa­storale giovanile escono allo «scoperto» rispettando i tem­pi del cammino che la commis­sione si era prefissa dall'inizio. Tale uscita «allo scoperto» avrà la sua più profonda attua­zione nel mese di Aprile con una serie d incontri tendenti a coinvolgere la cittadinanza e a dare un messaggio significati­vo a tutti gli uomini di buona volontà. Dell'intenso calenda­rio di Aprile si daranno noti­zie più dettagliate nei prossimi numeri del nostro giornale.

Scoppia la guerra dei mega-chips. Il Giappone apre fabbriche in Europa e la Texas al contrattacco sulla linea Rieti-Avezzano.

P assano le settimane e si va sempre meglio delineando la strategia della Texas Instru­

ments in ordine alla decisione di rea­lizzare un nuovo stabilimento nella piana del Fucino, che faccia da «pen­dant» a quello reatino.

Al di là delle ipotesi, ci sono le di­chiarazioni ufficiali da cui si ricava facilmente come la multinazionale americana abbia giocato di anticipo nei confronti dei giapponesi e degli stessi europei.

Secondo gli esperti, i giapponesi temono che dopo il 1992 la CEE eri­ga degli sbarramenti doganali alla importazioni di chip e per questo stanno investendo nel vecchio conti­nente, procedendo alla realizzazione di nuovi stabilimenti per non trovarsi tagliati fuori.

La Texas è almeno alla pari con le iniziative delle aziende del Sol Levan­te, anzi parte avvantaggiata potendo contare sulla struttura di Cittaduca­le, che sarà potenziata con un ulte­riore investimento di sessanta miliar­di di lire.

Ad Avezzano la multinazionale americana realizzerà i megachip da 4 megabit proprio alle soglie del 1992. Questo programma lo hanno allo studio anche Siemens e Sgs­Thomson, che è una società mista italo-francese.

La guerra fra le aziende produttri­ci di componentistica elettronica sa­rà durissima e farà molte vittime. È questa la previsione di chi sa leggere nel futuro di questo comparto. At­tualmente in tutto il mondo il mer­cato dei chip vede impegnate una cin­quantina di aziende, ma soltanto una dozzina hanno una dimensione tale che possono sopravvivere; poi ce ne sono una decina che rischiano o di crescere o di scomparire, ingoiate dai più grandi che o le assorbiranno o, addirittura, le faranno fallire.

Lo scontro sarà, soprattutto, fra giapponesi ed americani, con terzo incomodo gli europei. In questo tem­po la Texas Instruments è al terzo posto in Europa tra le aziende di

Ma non è la Maginot

grandi dimensioni produttrici di se­miconduttori. Al quarto posto vi è ancora una compagnia americana, che è la Motorola. Sta accadendo che il Sol Levante, dopo aver portato la battaglia dei prezzi stracciati addirit­tura negli Stati Uniti, cercano di scal­zare le industrie statunitensi dalle po­sizioni che occupano in Europa. La reazione a questo tipo di politica è proprio l'iniziativa che l'ing. Rober­to Schisano, amministratore delega­to della Texas Instruments Italia ha illustrato per i lettori di «FRONTIE­RA», rilasciando una intervista mol­to esauriente e ricca di elementi ras­sicuranti per l'occupazione e lo svi­luppo industriale della zona reatina.

Gli avversari della Texas hanno nomi illustri: sono Toshiba ed Hita­chi, la Nec, Fujitsu, quindi Sony e Seiko. C'è da far tremare i polsi an­che al giocatore di poker che abbia le proprie vene percorse da un flus­so sanguigno pressoché gelido.

Ma è proprio nell'asse di nuova costituzione Rieti-Avezzano che gli americani difenderanno la loro lea­dership nell'intelligenza artificiale, scossa non poco dalle bordate spa­rate dai fortissimi investimenti delle case nipponiche.

Lo staff dirigenziale della Texas di Rieti ha ipotizzato, comunque, do­po la decisione di installare la nuova fabbrica ad Avezzano, un ulteriore periodo di venti anni di sviluppo per la consociata italiana e quindi per le lavorazioni che si svolgono negli sta­bilimenti di Cittaducale.

Stando alle previsioni del merca­to mondiale dei semiconduttori, gli americani aumenteranno il loro fat­turato nei confronti del 1988, di un miliardo e 700 milioni di dollari, con­tro un miliardo e 600 milioni di dol­lari dei giapponesi.

Nella prima cifra c'è anche Rieti per la parte non piccola che gli com­pete e nel 1992 ci saranno insieme Rieti ed Avezzano.

C'è da dire che anche i contributi governativi stabiliti per sost~nere l'insediamento abruzzese della Texas rientrano in una strategia dell'esecu­tivo nazionale, in sintonia con gli al­tri governi europei. La produzione di megachip riguarda infatti settori strategici della produzione industria­le che coinvolgono i settori dei siste­mi di difesa, i radar, la robotizzazio­ne degli impianti industriali, le cen­trali telefoniche ed elettriche, i com­puter, gli automobili.

Per tutto questo il Vecchio Conti~ nente non può dipendere dal Giap­pone. Ecco quindi spiegata la forte partecipazione del Ministero per le Aree Meridionali al programma di sviluppo delle attività della Texas nel Fucino. -

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Le • VOCI di dentro

I 110 febbraio, presso l'Ogp reatino, moriva Marina Marini, di anni 30, studentessa in Farmacia. Moriva

dando alla luce la propria figlia. La cam­biale contratta con l'esistenza è stata po­sta all'incasso proprio allora: mentre Es­sa moriva c'era chi nasceva dalla Sua mor­te. Un fatto su cui meditare. Sennonal­tro per verificare quanto di scarsamente fondato possa esserci circa la prensunzio­ne di poter conoscere l'andamento delle nebulose orbite che fasciano altrettanto nebulosamente l'esistenza umana.

Biologicamente la coincidenza può rientrare nei termini di una normalità, di una certa fisiologia ontologica. Chi non pensa alla crisalide ed alla farfalla? Chi non pensa all'ape regina in volo nuzia­le? Ma eticamente la cosa lascia piutto­sto perplessi. Anche perché (soprattutto perché) la donna viene «punita» nel mo­mento stesso in cui si trova ad assolvere il primario compito morale d'istituto pro­prio alla specie: la procreazione. Ossia quel processo che trasmette nel tempo la «memoria» stessa della vita incapsulata nel «Contenitore-persona».

Per Marina è andata così: nel momen­to stesso in cui diveniva madre, la pro­pria figlia diveniva orfana, privata della madre che mai conoscerà e della quale mai conserverà diretta memoria. La re­cisione del rapporto è avvenuta nello stes­so momento in cui il rapporto veniva sta­bilito. Quasi una cosa «originale», qua­si una involontaria «posa», quasi un non voluto distinguo operato in epoca di neo­nati gettati nei cassonetti e di aborti di normali quotidianità.

Don Giovanni Olivieri, sacerdote, ha dedicato all'avvenimento la poesia che qui presentiamo ai lettori. Don Giovan­ni conosceva Marina perché è stato par­roco in Amatrice nei lontani Sessanta. E allora Le dedica questo atipico epicedio. Che non ha la spossatezza di una qual­siasi epigrafe postuma di un qualsiasi im­maginario Spoon River: non è Marina che parla di se stessa e della propria av­ventura incapsulata nelle aggrovigliate contraddizioni finalistiche. Marina non parla. Marina tace ed ascolta. È il Suo parroco che parla: non «per» Lei ma a Lei. Parla a Lei rivolto a noi. È una spe­cie di lettera «a righe spezzate», una let­tera versificata in prosa. Ci sono passaggi che fanno pensare ad una «lettera di co­municazioni», altri che accennano a quel­la specie di spossamento laudistico pro-

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ADDIO, MARINA

Addio, Marina! Chi potrà narrare l'immenso vuoto che tu lasci a noi, alla tua mamma, al tuo papà, ai fratelli, atramato tuo sposo, ai figlioletti, a me che ti fui padre in Cristo, a tutto il popolo de l'Amatrice in pianto? Troppo eri cara al cielo, troppo a noi: muor giovane colui che al cielo è caro. D'averti tra di noi non fummo degni, rosa dolce strappata al nostro mondo, prima che tu perdessi i biondi petali, per essere splendente gioia in cielo tra gli angeli di Dio bocciolo in fiore. Prega per noi, perché possiamo un giorno venire a rivederti, bella, in cielo. E veglia sui tuoi cari, asciuga il pianto di chi non sa perché: perché, mio Dio? Marina, mare di dolore, addio.

prio in Jacopone: perché il grido che don Giovanni emette è appena abbozzato: lo accenna e lo fa rientrare in se stesso. E noi con lui.

Don Giovanni Olivieri, in questa let­tera, esce dal dialetto in cui solitamente pensa e scrive. Causalmente? O perché l'accadimento è così grande e vasto che la circoscritta area di un dialetto non rie­sce a contenerlo? E nello scrivere a Ma­ria La sovraccarica, quasi non bastasse la Sua tragedia di aver realizzato una fi­glia senza conoscerla, La sovraccarica di

Tuo Giovanni Olivieri

impegni più nostri che Suoi: stare atten­ti a noi, sorvegliare su di noi. Su noi che viviamo e vediamo Sua figlia.

Ed essa, Marina, aveva stabilito che questa Sua figlia si dovesse chiamare An­gelica: un nome che certamente non evo­ca cose terrene. E difatti questa Sua in­conosciuta figlia si chiama anche Ange­lica: si chiama Marina Angelica. Nomi­na sunt omina. Tutto qui, in queste ne­bulose imprescruttibili orbite che circui­scono la nostra esistenza altrettanto ne­bulosa. (A.F.M.) _

o P I N IO N I di MARCO TERENZIO VAR:iONE

Cin, cin cirrosi A mici miei, qui si be­

ve senza ritegno. Non vorrei fare la fi­

ne del Ministro Donat Cattin con l'ormai famosa lettera sull' AIDS, che è giunta an­che a me, ma vi vorrei ricor­dare che di alcool si muore. E cioè si muore, quasi sem­pre, di cirrosi epatica, che non è uno scherzo.

Si fa un gran parlare di droga, di eroina, di haschish, ma pochi accennano all'alcool. Eppure di sbornie ne sono silenzioso testimone per quelli che vengono a sfumare proprio ai piedi del mio monu­mento. Traballando scendono per via Pescheria; a stento imbocca­no la diagonale che mi passa accanto e che taglia in due triangoli la piazza Oberdan. Arrivano da presso e mi alitano con un fondo di vino e cognac, che mi rivolta dentro le mie budella di bronzo.

Si beve, all'anima se si beve! Nei supermercati si compra a piene mani; poi a casa giù a scolare biccheri. L'ansia sparisce ed il mon­do fino ad allora grigio, si tinge di un rosato colore. Ma intanto il fegato cade a pezzi; le cellule nervose si sbriciolano, le mani tre­mano, l'intelligenza vacilla.

Ho scoperto che è in aumento il numero delle donne che trinca­no. Adesso che non fanno più figli, o ne fanno uno solo, le donne hanno più tempo per annoiarsi. Così intristiscono e per tirarsi su bevono. La televisione le aiuta. Come? Magari mostrando un gio­vane che si buca in diretta e poi, tra un buco e l'altro, mandando una serie di spots per ricordare che è l'ora dell'aperitivo, con il ghiac­cio e le perline nel bicchiere. «Vestiti charmant, bevi ghiacciato e sogna le spiagge sabbiose ed incante dei Tropici!».

Mi sono ricordato che a Roma era rigidamente proibito alle don­ne di bere vino sia in pubblico, che in privato. E in tempi ancora più antichi, se lo facevano ci rimettevano la pelle. A tal proposito ho narrato di un tale Eguzio Mecennio il quale, avendo sorpreso la moglie a sorseggiare l'ennesimo bicchiere di vino, visto che era completamente sbronza, la flagellò a morte. Il tribunale di quei tempi lo giustificò, mandandolo assolto.

Voi mi scambierete per Komeini, ma anche Plinio narrò un fatto analogo. Un marito conservava le chiavi della cantina in uno scri­gno. La moglie aprì il cassetto per rubare le chiavi. Bastò quello perché fosse lasciata morire di inedia.

Ai miei tempi si bevevano vini leggeri. Nei mesi d'inverno, che erano mesi non lavorativi per la campagna, si beveva l'acquarello. Forse era il raspato? Comunque l'acquarello si ricavava sciaquan­do le vinacce già spremute. Insomma era una bibita acidula e di­sgustosa alquanto. In latino Lora stava per acquarello. Il Sop'! ed il Dejrutum erano due vini dolci. Poi c'era il Passum, che tuttI.ca: piscono essere il Eassito di oggi. Allora non esistevano consorzI dI produttori, né cooperative; non c'erano i d.o.c. e neanche l'e~ano­lo. Il vino si faceva con l'uva e l'acquarello con l'acqua e le vmac­cee spremute. Ad ubriacarsi erano autorizzati soltanto i legionari. E lo facevano in pubblico. Quando tornavano dalle varie battaglie bevevano giornate intiere fino a cadere tramortiti nelle osterie o ap­pena fuori. .

Oggi non si fanno più guerre. Almeno da noi. Ma allora da qUalI sconosciuti conflitti tornano tanti legionari? -

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1989

Caro abbonato,

Frontiera sta vivendo un momento molto importante, che non può non coinvolgere il pubblico dei suoi letto­ri, volendo essere voce della gente ...

Frontiera cresce ancora, cresce in­sieme a L'eco di S. Gabriele, che da gennaio 1989 aggiungerà altre 16 pa­gine di informazione nazionale.

Saranno 8 le pagine che arricchi­ranno Frontiera, sia quando vi giun­gerà come inserto che come supple­mento de L'eco.

Tutto questo è possibile grazie so­prattutto alla ~tua amicizia e di tanti lettori che ci incoraggiano, consiglia­no, suggeriscono e, diciamolo pure, qualche volta ci rimproverano.

Abbiamo lavorato perché i nostri lettori venissero informati e resi cor­responsabili della vita comunitaria, avessero maggiori elementi per prendere posizione e divenissero protagonisti nelle decisioni non solo a livello ecclesiale, ma sociale e poli­tico. Numerosi elementi ci fanno af­fermare che è stato realizzato un buon lavoro. Insieme dobbiamo ora consolidare quanto è stato fatto.

Noi continueremo a fare la nostra parte: un giornalismo sano, ispirato a verità' e libero da ogni condiziona­mento ideologiCO; tu fai la tua: rinno­va l'abbonamento.

L'abbonamento '89 costa 25 mila lire: riceverai 22 numeri di Frontiera (aumentata di 8 pagine) e 11 numeri de L'eco di S. Gabriele (aumentato di 16 pagine).

Puoi rinnovarlo o farlo nuovo ver­sando l'importo di 25 mila lire al tuo parroco o alla Curia Ves covile o usando il modulo di c.c.p. con il qua­le ricevi la rivista.

A Rieti puoi trovare Frontiera an­che presso la Cartolibreria Moderna, in Via Garibaldi, 272.

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L'assemblea della Cassa di Risparmio di Rieti ha eletto nuovi soci: Maurizi Cunese, Rinaldi, Trinchi, Petrangeli e Paci.

di Franco Funari

I l 24 marzo del 1988 è apparso su di una pubblicazione ufficiale, l'ultimo elenco aggiornato dei

soci della Cassa di Risparmio di Rie­ti. Faceva parte delle bozze di stam­pa delle relazioni e del bilancio 1987, che era il 142° dalla fondazione del­l'Istituto. Contava 87 nomi, famosi e meno famosi. Ne citiamo qualcu­no. C'era quello dell'ex-ministro de­gli esteri Franco Malfatti, in procin­to di risalire la china; c'era quello

dell'ex senatore Marzio Bernardinet­ti; vi figurano ancora oggi due ex presidenti della Cassa, gli avvocati Giustino De Sanctis e Leonardo Leo­nardi; c'era l'attuale presidente del tribunale dr. Marcello Chiattelli, quello del famoso chirurgo Lorenzo Gambassi; un erede del fondatore di Latina, Stefano Orsolini Cencelli, il Gran Maestro dell'Oriente d'Italia Elvio Sciubba e l'ambasciatore con­te Francesco Vincenti Mareri.

Insieme a questi nomi illustri era­no elencati quello dell'industriale emiliano Giorgio Lombardini, che ha succursali delle sue aziende nel Reatino e quelli di due reatini che nel settore dell'imprenditoria si sono fat­ti largo abQastanza bene, come Ome­ro Torda e Monaldo Grillotti, rap-

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Rimpol ta, ma non tr p presentanti di importanti officine meccaniche del Nucleo Rieti-Citta­ducale.

I docenti universitari non manca­vano. Ci trovavi Benedetto Baroni, Mario J acoboni, e naturalmente Gambassi. Poi avvocati, medici, ar­chitetti, ingegneri, commercianti e ti­tolari di grosse aziende agricole.

A distanza di meno di un anno dalla pubblicazione di quell'elenco, alcuni soci sono deceduti; altri sono malati da tempo ed impossibilitati a lasciare la loro abitazione; alcuni hanno un'età molto avanzata, che non permette la partecipazione alle assemblee.

Nel 1987 s'era verificato il deces­so di due soci, entrambi cattedrati­ci: l'oculista di fama mondiale Bene­detto Strampelli e Giovanni Proni, professore emerito della cattedra di economia e politica agraria nell'ate­neo perugino.

Non vi è dubbio che l'assemblea della Cassa di Risparmio, che appro­va i bilanci e nomina gli organi deli­beranti dell'Istituto, sia da conside­rarsi un grande ed importante orga­nismo, delicato e centrale per la po­litica di sviluppo della provincia. E come i grandi organismi, la sua vita è cadenzata da rinnovamenti lenti, ma calibrati. È saggio da parte dei reggitori di un ente del genere, pro­cedere per gradi e con lungimiranza, tenendo conto che i complessi a loro affidati non subiscano improvvisi sconvolgimenti, ma invece progredi­scano attraverso un aggiornamento che ~ realizzi con un indirizzo mo­derato, di intensità gradita alle fun­zioni espletate.

Alla fatidica data del 1992, quan­do cadranno le barriere doganali dei Paesi della C.E.E. manca meno di tre anni e si prevede che saranno le banche quegli organismi più sogget­ti a sussulti ed a cambiamenti, per una liberalizzazione del settore che consentirà, ad esempio, ad una ban­ca belga, di aprire uno sportello a

Rieti e viceversa. Si dovrà cambiare mentalità, snel­

lire i procedimenti, procedere a ra­pide decisioni, secondo una raziona­lità che intuisca le problematiche a livello continentale e certamente non più provinciale.

Di qui l'esigenza di cogliere le oc­casioni propizie per ringiovanire il vecchio albero dei soci della Cassa di Risparmio con alcuni innesti di rap­presentanti di settori emergenti del­l'economia, della finanza, delle pro­fessioni sia che operino in Sabina, sia che abbiano realizzato fuori dalle mure di casa le loro fortune econo­miche e professionali ..

Si tratta, in fondo, di aprire le fi­nestre dell'Istituto di via Garibaldi ad un vento rinfrescante e rigenera­tore, che allarghi gli orizzonti, apra nuovi spazi e lasci guardare all'lta-

lia ed all'Europa. È in questo spirito che i vertici del­

l'Istituto hanno preparato una lista di nuovi soci, in quanto si è ritenuto valido il presupposto di trasfondere impulsi più vitali all'organismo as­sembleare, da cui poi bisogna anda­re a scegliere i membri del consiglio di amministrazione. E l'importanza di questa funzione crediamo che non sfuggirà a nessuno.

Così leggiamo la proposta di rico­prire spazi vuoti nelI'Assemblea dei soci, che si è parzialmente realizzata con l'ingresso di sei cittadini che si sono conquistate riconosciute bene­merenze in alcuni settori della cultu­ra, dell'economia e del lavoro.

Uno dei sei è il prof. Maurizio Maurizi, reatino e direttore della cat­tedra di otorinolaringoiatria del Po­liclinico Agostino Gemelli; quindi è stato eletto il prof. Fiorino Cunese apprezzato ginecologo, primario del­l'ospedale generale provinciale, di origine abruzzese, ma ormai reatino di adozione; quindi Alessandro Ri­naldi, un altro medico dentista sti­mato professionista, nipote del com­pianto Vescovo mons. Massimo Ri­naldi, quindi un solido rappresentan­te della piccola industria, il reatino Luigi Trinchi, l'avvocato Olinto Pe­trangeli, penalista del Foro reatino, il rag. Orazio Paci, che è l'esperto tri­butario tra i più preparati della città.

Per pochi voti non sono passate invece alcune candidature significa­tive. Citiamo quelle che la stampa ha riportato, interrogandosi sui motivi. Ad esempio quella del dott. Tito Sci­pioni, ex-sindaco di Orvinio, attua­le capo di gabinetto aggiunto del Mi­nistro delle Finanze Colombo, diret­tore generale dello stesso dicastero e consigliere della Corte dei Conti. Quella del più grande industriale del settore italiano della lavorazione del­le carnio, Luigi Cremonini, proprie­tario del Gruppo Inalca, di cui fa parte l'ICAR, azienda reatina di car­ni e che sta spostando molte delle sue attività finanziarie italiane ed estere nel capoluogo sabino. Quella di tre illustri docenti universitari nati in Sa­bina: Nestore Jacoboni, Camillo Ca­stellani e Luigi D'Alessandro. Que­st'ultimo è uno dei più famosi car­do chirurghi europei, magistrale ese­cutore di trapianti cardiaci con l'e­quipe che dirige presso il S. Camillo di Roma. Ed ancora la mancata ele-

zione del duca Piergentile Varano, il cui bisnonno fu tra i fondatori della Cassa di Risparmio, quindi l'ing. Giancarlo Giovannelli, direttore del­la SOGEA, società che gestisce l'ac­quedotto cittadino.

Non ci si può meravigliare dello sconcerto, quale reazione prima ad una votazione assembleare che for-

se non ha tenuto conto fino in fon­do del significato di un non placet su personaggi che unanimemente meri­tavano l'ingresso nel massimo orga­no deliberante dell'Istituto e dal cui contributo potevano venire solo van­taggi alla Cassa.

Le frizioni che possono scaturire nel corso di un'assemblea sono l'im­previsto della democrazia e quindi non hanno bisogno di giustificazio­ni, ma esse vanno contemperate in un quadro di logico riferimento, quale può essere il dovere di realiz­zare uno strumento valido per per­seguire il bene comune ed incoraggia­re gli scopi di costituire una società locale dove ci siano più lavoro, me­no ingiustizie ed in cui coloro che so­no più ricchi aiutino coloro che han­no di meno.

Che la lista dei candidati prepara­ta dai vertici della Cassa fosse mol­to qualificata, almeno per quasi tut­ti i diciannove proposti, non vi è dubbio e che il giudizio che essa me­ritasse di essere varata quasi per in­

.§ tero non trova molti oppositori. o La stessa cittadinanza, se avesse G:

potuto esprimere direttamente il pro-prio voto, non avrebbe titubato a far passare anche gli altri nomi che ab­biamo elencato: Scipioni, Cremoni­ni, Jacoboni, Castellani, D'Alessan­dro, Varano e Giovannelli.

Il bisogno di unità, quello di chia­rezza negli obiettivi da perseguire, della solidarietà per centrare alcuni intenti, sono molto vivi e presenti nella pubblica opinione, per cui ap-parirebbe legittima l'esigenza dell'at­tuale gestione di ritornare a persegui­re il primitivo intendimento che è espressione anche di saldezza e di certezze sui principi propugnati.

Non si può dire, infatti, che la li­sta dei diciannove, oltre ad essere più che prestigiosa, fosse nel contempo per gran parte disarticolata da inte­ressi partitici che si ritiene debbano essere minimi in delicati organi qua­li quelli di un'assemblea di un istitu­to bancario. Il rinnovamento della grande assise dei soci è stato conse­guito solo in parte, ma adesso biso­gna continuare, senza perdersi di co­raggio.

Un istituto che amministra quasi più di miliardi di depositi ha in sé stesso la necessaria vitalità per supe­rare momentanee difficoltà. L'im­presa dei rinnovatori è sempre ardua, ma l'esigenza dei tempi non può es­sere trascurata oltre. -

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~====~~~~~~~~~~~~~=== =======~~~~~~~Te~I~. 4~8~.~37~.~14~~~ ..... Anno XLVI w N. 56 Martedì 28 Febbraio 1989 ;;;;;;;;

Iniziativa bloccata dopo l'opposizione dei lavoratori

Niente Casafamiglia La solita Sebastiani in versione trasferta

U sI e sindacati ripartono da zero Robur Varese senza ostacoli nella ripresa ~;~~~:~~RC~~~I~~I~:S~:; ~~i~~~n~~,~e~~~~~: .---------------------, ANCORA una volta le spe- etra..

~~e~~ ~e~~~:~~~arfe~jZ~~ ~!~~:~ :c~:!c~:t~:~= Il sindaco di Cantalice su Casafamiglia ~n'!.~Se~~~~: !~te~~l~ N.'co Me&l&lma' e BPR guCa~~~O~~, ~odm~~~U~~~ ~unta dagli operatori psi- nico, ma anche dell'altro). I tello tra i denti sul campo ~~ quattro squadre a venti

chiatricl attraverso le Orga- Sindacati si sono dichiarati Argomentaz.'om' f.'d.' l'Iole ~~:teR3:~ !~~e=u:.cd~ • • •• punti (compresa la sua) ~i~:~n:l:i~~~~~il!;:~-~~ ~~T~~~:~tec~;a~~o~~~ « . t.I» g~t~~~~O~~b!~r~n:se,r:~ matrunomo VlCmO 1~!~i~1~10:00c~~~~~~~ ripensamenw da parte de! sempre proposoo, in opposi- gUardamente nel primo ~~~~i~~n ~a~~:a~: CdG Usi che ieri mattina ha zione all'apertura della IN MERITO alla casafamlglla In'Cantalice n sindaco Dionisi specifica che .le notizie tempo, nella ripresa ha ce- POTREBBE essere Nico Messina 11 nuovo allenaoore della lotta per non retrocedere e ricevll.to il -Comitato tecni- Ca;;a, a discutere la globa- ed alla sua ridiscussione nel corpo della leg- riportate daUa stampa locale della reiterota duoo quasi di schlanoo è Banca Popolare Basket. apertissima e non ci sono co.: .dl.rettore Clrese (OpP), lita della 49. Ma hanno po- ge regionale 49 a seguioo della opposlzione opposizione della Cisl e della Uil alla mobi- non ha trovaoo la freddezza n tecnico po~nt1no, molto caro agll sportivi reatlni per partite fa.clll, quindi COr­mediCI Quaranta (Clm) e sto una condizione, espressa alla sua apertum da parte dei Sindacati lità volontaria di operatori sanitari dell'Qpp per recuperare Il break de- aver piu volte guidato la 8ebastianl, ha avuto nei gl.oml doni ha proprio ragione a Matteuccl (Coordl~a~re). da Paolo Colasa.nti (UII): se cn-un e Cisnal, 11 sindaco di cantaliqe, Il per prestare servizio notturno, per qualche cisivo attuato dal padroni scorsi un COlloquio con 11 presidente Benito Valerl e gIovedì mettere In guardia la sua

Erano portatori dì una entro le ore 12 di oggi non senatore Angelo Dlonlsl. ha qualcosa da di~ mese, presso la C~famiglia per permettere di C&S8. dovrebbe essere a Rieti per stt1ngere 11 contratto Nlco Mes- squadra.

~~.~:';r.°;i~~ I~o~~r:;~ ~~:,ri~a~~n~~ o:~~:! ch~=ci~ come -il Comune di Cantalice ::r::!~~~~o:!=:::::a: co~nt,~;:;=oa .!jOdi~: :ea ::atoial:=e!r:::e~~ii!.basket ha an~ ta sr:~=:a:~~:~::~i

~Olio ape~tosi. tm Usl-Du·e.. chiare posizioni di lotta. De-- aderi al progetto di deospeàa1.Ùl2azione dell' te da un'assi.stenea di tipo esclusivamente sa.. Sandro COrdoni _ avrem-. n1~ sI: ritorno porterebbe ~ente la necessaria sere- Siena che è andata a ri­:rn~ ~~~~i~i~~~~ side:an0 J!scutere ~beri da Opp r&:tino attraverso la istitu.eione di Case-- nitario ad una di tipo prevalentemente socIa- mo forse .~ dire qual- Urtoohiou~ u:= :rJ:ii ~~:;:ap::S~ir' J prendersi a Trieste I due talice' struttum che v ogm con nam~n.. famiglio per una la/ca convlna1one che una le in una visione integrata deUe competenze e cosa In p1u, invece, ne1J.'at.. detti ai lavori, punti dati alla StefaD:el all' be d~vuto accogliere a 5":tt st~!:m~~~~~d:~lsl~: ef!~ e .razio~~ organilaatione dei servi- delle funeioni, inducono i ~ini ed i ~vo- ~nr:1! '='~~::i:mo Le altre poIIsibilltà (tra l'altro Valeri avrebbe avuto uç :~~~~e1aq~=~IU r:~ messi dallo Psichiatrico: 3 azaerare tutto e mettersi in- ~:t~ita,: ;;Ciall e ~etta =C= :ori a ~~~~ sia ~;. ~ito&o secondi dalla fine. Ob:: :~t: r:t 8:Nec:r4 d':na== Jh~=~~~:J dente della Bebastiaril glu­~~~I~,i ::,,~~~~'M~" ~~I?: ~~~o .. ~~ .u~.~~tJD!0 s~a f!l- la d~l17Ie: trn::::ao 1~l1ton u':!a r.nndi2inni ri '"=~~ Rn-!Il t1Jl'rn~~!; ",,~_n .. ~ ~.~~'.~~~~_~~.~.. odImIssionatl· dalle proprie società. !.~~~, i ~~o_l~,~urJ .~el di ..

COME TI RACCONTO OGNI GIORNO RIETI

Nella tana de Il Tem.po giornale nazional-popolare

Sergio Carrozzoni ed i primi 30 anni della sua vita giornalistica. Due pagine di cronaca confezionata

al computer. Una redazione informatizzata per un giornale ormai radicato tra le masse.

Se domandi ad un bambinetto entro i cinque anni, quale me­stiere voglia fare da grande,

tre volte su cinque ti risponderà che vuole diventare un pompiere. Le au­tobotti rosso-fuoco, con le finiture d'acciaio rilucenti, hanno il loro fa­scino. Fino ai cinque anni, un pom­piere con la casacca di plastica aran­cione è nell'inattaccabile posizione di testa.

Se chiedi ad un ragazzo entro i die­ci anni, cosa diventerà da grande, ti risponderà che farà il giornalista. Che questa poi sia l'ambizione di quasi tutti i giovani, è indiscusso.

Sergio Carrozzoni, capo della re­dazione reatina de «IL TEMPO», ha mosso i primi passi nel giornalismo nel lontano 1957.

Era l'anno in cui si concludeva la

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di Ottorino Pasquetti

«battaglia di Algeri», Andrej Gromi­ko assumeva per la prima volta la ca­rica di ministro degli esteri del­l'URSS. A Roma si firmava il trat­tato istitutivo della Comunità Euro­pea e Fidel Castro cominciava la sua rivoluzione contro il dittatore Bati­sta. Alberto Moravia dava alle stam­pe «La ciociara» e sugli schermi si proiettava «Il posto delle fragole», di Imgar Bergman.

Da un anno era morto Lionello Matteucci, leggendario sindaco a ca­po di una giunta frontista e dai ru­binetti delle case della città usciva la prima acqua incanalatavi dalla CREA. Alla SNIA VISCOSA mille­trecento lavoratori si battevano per il rinnovo del contratto dei tessili.

«Cominciai con la vice-corrispon­denza del Giornale d'Italia. Il mio

maestro fu Luigi Cifone». Carrozzo­ni siede nella sua stanza di lavoro nella redazione del quotidiano roma­no diretto da Gaspare Barbiellini Amidei, all'interno di un antico pa­lazzo di via Cintia, che è l'equivalen­te di Fleet Street, essendovi situata, poco sopra, anche la sede dell'altro quotidiano romano, che è «Il Mes­saggero».

Il capo della redazione reatina de «IL TEMPO» parla con un tono di­steso. Non ha scatti che accentuino la gradazione dei decibel. Le sue ri­spose sono piane, come di uno che vive pacificamente.

Invece è una falsa impressione. Su quella scrivania, ogni giorno, si af­fastellano le notizie necessarie a riempire due pagine, a nutrire, se ser­ve, la nazionale, a sostenere, se ce ne

,

CARROZZONI:

Ho smesso di distribuire medaglie

P arliamo un pò di politica. Ti va? «Non mi rifiuto. Chiedi pure». Insomma, tu che dici della classe politica che ci governa?

«Dico che manca di un disegno organico di lunga gittata. Negli anni '70 le idee del successo furono tre: Salaria, Nucleo Industriale e Ter­miniIlo. Adesso corriamo dietro all'effimero, alle feste, alle bande, ai concerti ed ai progetti. Tutti danno incarichi, tutti fanno piani. I pro­getti sono troppi e quasi tutti irrealizzabili. Il bello è che chi li dispone sa perfettamente che falliranno.

Alla classe politica rimprovero di non avere un rapporto chiarò e corretto con la stampa. Noi giornalisti non partecipiamo all'evoluzio­ne delle iniziative, ma ci chiamano solo a prenderne atto. Tutti, poi, vogliono apparire, magari con piccole cose solo di facciata».

E delle giunte anomale di Comune e Provincia che pensi? «Per me quella è un'alleanza nata da fatti contingenti, che vuoI fare

tutto in una volta troppe cose, senza tener conto che non esistono strut­ture. Immagina, siamo ancora con l'ufficio tecnico dove opera un so­lo ingegnere! La giunta, poi, si è lasciata impelagare nel piano del traf­fico e per un pelo naufraga sullo scoglio rappresentato dal cordolo di piazza Mazzini».

E del sindaco se dovessi dargli un voto? , «Riconosco che Paolo Tigli tiene un buon rapporto con i giornali. E nel suo stile personale, ma poi ha i limiti tipici dei comunisti. La sua natura non può essere rifatta. Prima che prenda una decisione, è obbligato a fare mille passaggi. Troppi per la vita di oggi. Poi il più grosso difetto di queste giunte anomale è che tutto viene affidato ai tecnici; decidono tutto i tecnici. Guarda il traffico, il piano del com­mercio, il Velino. Siamo in piena era di governo dei tecnici. La città non ha più interlocutori politici. Ai cittadini che reclamano si rispon­de: "I tecnici hanno detto ... i tecnici hanno deciso". Un eccesso, una vera jattura. Questa è la critica maggiore che il mio giornale rivolge a queste maggioranze: esse hanno delegato tutto agli esperti. E la sin­tesi della politica?».

Siamo nel vivo del discorso. Allora parliamo di sindacati. «Dico che i! sindacato ha perduto giustamente l'impronta ruspante

di una volta. E cambiato il modo stesso di fare sindacato. Perché non nascono più uomini carismatici come Alberto Alunni, Rolando Cian­carelli, Gi9rgio Rossi, Franco Marini? La risposta è che non ci sono più lotte. E finita l'epoca in cui Mariano Camponeschi bloccava la la­vorazione della Snia, Rolando Ciancarelli ed Alberto Alunni dormi­vano nelle vasche da bagno della Sbordoni di Stimigliano occupata, dello Zuccherificio che chiude, della Snia che si riconverte. Adesso nel sindacato trionfa la burocrazia. Tutti sono impiegati, funzionari, uscie­ri. Tutto è meno barricadiero, meno romantico. In compenso viviamo lapax sindacale. Questa, sia per la politica, che per il sindacato, è un'e­poca senza eroi. Per questo anche noi giornalisti abbiamo smesso di distribuire medaglie.

È vero. In giro non ci sono più personaggi con il petto da decorare.

sarà bisogno, là regionale. Dal '57 ad oggi ·sono trascorsi tren­

tadue anni, che abbracciano il perio­do della storia moderna del giorna­lismo reatino e quella redazione è stata come un nido fortunato. «Ab­biamo fatto parte di una covata ec­cezionale: Giancarlo Calzolari è ca­poservizio agli interni, Francesco Marchioni è vice-capocronaca e Iva­no Festuccia è andato da poco a di­rigere la redazione di Viterbo». Ser­gio Carrozzoni tace ed è come se tor­nasse a rievocare i tempi in cui con lui c'erano, appunto, Calzolari, Fe­stuccia e Marchionni nella sede che era situata in piazza Potenziani, in­nanzi al mercato coperto.

Ma l'amarcord è solo di un mo­mento. «Allora spedivamo le notizie per fuorisacco con l'autobus delle ore 16, che arrivava a Roma alle 18. Li c'era in attesa un fattorino del giornale. La cronaca nera veniva tra­smessa agli stenografi e per le foto­grafie era un vero e proprio dram­ma».

Orgoglioso delle moderne tecnolo­gie disposte da Barbiellini Amidei, Carrozzoni le elenca senza dimenti­carne nessuna.

«Oggi è tutto modificato. Siamo collegati con Roma per mezzo di un sistema di computer che ci allaccia ad una centrale che si chiama Atex. Noi lavoriamo qui sul video e dall'altra parte, a Roma, esce una strisciolina già scritta che s'incolla sul menabò e viene teletrasmessa da Piazza Co­lonna al nostro centro stampa che è sulla Tiburtina. Le notizie dei colla­boratori e dei corrispondenti della provincia le passiamo con il telefax. L'impianto della telefoto ci consen­te di mandare un'immagine al cen­tro in tre minuti».

Caspita! Di strada ne hanno fat­ta! La gente saprà tutto quello che sta dietro a quelle due pagine dell' e­dizione reatina de «IL TEMPO»? Ogni volta che accendeva il televiso­re mia madre mi chiedeva: «Ma co­me è possibile che queste immagini arrivino da NewYork?». Ho scoper­to che una domanda simile ce l'han­no in mente molti dei lettori che ogni mattina aspettano il loro giornale e lo acquistano in edicola.

Sergio Carrozzoni è ,di pasta buo­na. Ma sa difendersi con inusitata fermezza. E guai a toccargli la sua creatura. Per questo mi piace stuz­zicarlo.

Ti ricordi quando i giornali li pre­paravamo quasi alla macchia, con

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metodi antidiluviani? Ma che passio­ne ci mettevamo, ti ricordi?

Sorride, socchiudendo gli occhi, quasi azzurri e insieme ripensiamo alla nostra giovinezza perduta.

Parliamo del tuo lavoro. Come lo organizzi?

«La gran parte si fa di mattina e di sera lo rifiniamo, lo completiamo. Si comincia dalla lettura di tutti i giornali e poi, con le notizie che rac­cogliamo e con i servizi che ci arri­vano dalla provincia, impostiamo le pagine. Debbo dire che non siamo, più vittime della cronaca, che essa non ci schiavizza. Siamo arrivati a condizionarla» .

In fondo dice che da quella stan­za, da dietro a quella scrivania, la cronaca viene governata ed ammira­ta saggiamente. «Selezioniamo gli ar­gomenti, che è un modo di convo­gliare l'interesse ed il dibattimo ester­no».

La seconda pagina del TEMPO,

dove per lo più vengono riunite le no­tizie che arrivano dalla provincia e dove appaiono i servizi su tematiche di vasto respiro, è praticamente di­segnata nella tarda mattinata ed alle ore 17 è chiusa. In gergo significa che va in tipografia per essere battuta.

La prima, invece, che è il vestito con cui IL TEMPO si presenta ogni mattina in edicola, ha una grafica moderna, nuova ed attuale. Usa fo­to particolari, tagli particolari, gab­bie particolari.

«Gli articoli che aprono la crona­ca li scegliamo in base all'importan­za degli avvenimenti del giorno. Adesso stiamo realizzando la pubbli­cazione di pezzi scritti direttamente da uomini politici. Così abbiamo fat­to spazio a tutte le opinioni. Abbia­mo poi degli articoli di sostegno che sono gli antichi risvolti, l'entrare nel­la cronaca ed evidenziarne un aspet­to. A pié di pagina c'è sempre un in­corniciato con un argomento legge-

Lo staff reatino

I L TEMPO ha una struttura classica in provincia. Al centro la redazione, con a'Capo Sergio Carrozzoni e poi un giovane particante, Stefano Miele. I collabo­ratori hanno ognuno la loro specializzazione, il loro settore. Flavio Fosso e Ser­

gio Petrucci curano lo sporto, Ajmone Filiberto Milli spazia nell'amministrativa e nel costume, Giovanni Marconicchio scrive di spettacolo, Paolo Rotilio la cronaca giudiziaria, Rolando Panunzi le rubriche, Valerio Pasquetti il mondo giovanile.

Poi ci sono i collaboratori ed i corrispondenti dai centri della provincia: Henny Romanin e Geppe Canoni dal Cicolano, Ildebrando Cino si da Poggio Mirteto, Er­manno Eroli da Magliano Sabina, Giuseppe Leopardi da Amatrice, Tersilio Leggio da Fara Sabina, Sandro Cardone da Cittaducale, Vincenzo Palla da Leonessa, Pier­luigi Tesorone da Poggio Moiano e Vincenzo Colandrea da Posta.

Molti di costoro sono sulla breccia da tempo, altri arrivano di rincalzo. La covata è ancora ricca di giovani promesse. I rampanti si nascondono, ma non

troppo, passando dalle macchine elettroniche, ai video, dal telefax ai terminali. Prima o poi un nuovo volo non sarà da scartare. Adesso bisogna fare le ali!

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ro oppure che tratta di costume. Per l'occhio, diciamo per illook, usiamo una grafica raffinata, che punta tut­to su articoli brevi, snelli e nervosi. Alle ore 21 anche la prima pagina è chiusa. Ma per le notizie dell'ultima ora possiamo ribattere fino alI' 1 e 30 della notte».

Così racconta che è successo an­che pochi giorni fa, per la caduta del Boneing delle Azzorre. «Ero a cena al Rotary, quando il giornale mi ha all'ertato. Ho guardato l'orologio. Erano le ventidue. C'è stato il tem­po di inseguire la notizia di una fa­miglia di reatini coinvolta nella tra­gedia. Mi sono collegato con il Mi­nistero degli Interni e degli Esteri, ~on gli aeroporti di Milano e Berga­mo. All'una abbiamo smontato la prima pagina, inserendo un pezzo su sei colonne, con una foto dell'aereo ed un ampio servizio, con interviste ai titolari delle agenzie di viaggio lo­cali».

In genere di tutto questo un gior­nalista si gloria. Carrozzoni, invece, non ha sussulti, non è di quelli che credono di fare la storia. «lo faccio la cronaca. Mi basta».

Con lo sguardo abbraccio la stan­za e penso a quella scrivania, su cui le notizie, così leggere, poi hanno pe­sato come una montagna. Corro die­tro ai tanti drammi ed alle tragedie, al periodo del terrorismo, ai lutti, ai terremoti, ai grandi eventi sportivi, alle lotte sindacali, a come questa cit­tà e questa provincia si sono trasfor­mate.

«Il mio giornale non è più appan­naggio di una elite privilegiata di let­tori. Il suo target si è modificato. Abbracciamo tutte le classi sociali: dal professionista, all'artigiano, dal­l'industraile all'operaio. La nostra impostazione è il nostro successo. Siamo contrari a tutti gli estremismi, diamo spazio ad ognuno. La DC ci considera un giornale affidabile. Ma anche il PCI ed il MSI ci apprezza­no, perché diamo voce alle loro pro­poste.

Con la cronoca nera ci sforziamo di evitare lo scandalismo. Per noi il cittadino che è ottetto di cronaca, merita il più ampio rispetto».

Poi sottolinea un aspetto promo­zionale: «Ci piace scrivere le cose bel­le e buone. Non siamo sciovinisti, né critici e nervosi come zitelle. Il Pre­mio della Bontà Virgilio Cerfogli ha

L'avvocato Sergio Carrozzoni, responsabile della redazione reatina. Sotto: un tavolo da lavoro "informatizzatoJJ in redazione.

il nostro patrocinio; così la Marato­na di Primavera nell'ambito della Fe­sta della Scuola Cattolica. Per que­sto diamo largo spazio alle notizie dei giovani, ai loro sports, alle loro ini­ziative. Una nota che arriva da un piccolo centro è importante quanto quella che registriamo in città».

E della Chiesa locale che dici? «Il mio giornale dà molto spazio

ai problemi della Chiesa diocesana, perché abbiamo scoperto che essa non si chiude più a riccio; è aperta ai problemi della città, discute di tut­to e non pone veti pregiudiziali.

Certo i tempi sono difficili per tut­ti, ma il Vescovo Amadio guida una chiesa che sta rispondendo al sempre

crescente bisogno di spiritualità che viene dalla gente. Poi noto il bene fatto dalla milizia dei laici, dal vo­lontariato che lavora in silenzio. Cer­to, anche la Chiesa ha i suoi proble­mi. Di questo io e i miei collabora­tori scriviamo assai spesso».

Arrivano molte telefonate. Il gior­nale chiama da Roma. Di là stanno preparando i servizi di cronaca giu­diziaria. Lo sport per ora langue.

Infatti è la fine di una giornata im­pegnativa. La giunta comunale ha presentato il progetto per il Velino; in tribunale ci sono movimenti di giudici; il basket femminile ha per­duto tragicamente i suo allenatore; il consiglio provinciale ha avuto una seduta convulsa; in Comune c'è sta­ta un'assemblea di sindaci di quaran­tatré comuni per eleggere undici rap­presentanti al distretto scolastico; il panorama bancario è in evoluzione; la Texas raddoppia.

Ai terminali c'è ancora lavoro. Da Roma chiedono i titoli da inserire nelle locandine-civetta che le edicole esporranno domani.

Sergio Carrozzoni mi ricorda: «Ma non mi chiedi della diffusio­ne?»

Ecco, ti chiedo della diffusione. Quanto vendi?

Ride, gli occhi azzurri socchiusi. Non mi dice un numero, ma usa tre aggettivi eloquenti: «Abbandonate, elevata e notevole, tale da rafforza­re quotidianamente il legame con la città».

Così, per finire, mi viene di dirgli: Ma questa tua poltrona con quale al­tra la scambieresti?

Non ha alcuna titubanza. Da uo­mo pragmatico qual'è, con i piedi a terra, giornalista che ha messo insie­me, copia su copia, in trentadue an­ni, una cifra cospicua di giornali per ogni mattino dell'anno, meno le fe­ste comandate, risponde: «Non la scambierei con nessun'altra! La scel­ta che ho fatto da giovane, la rifarei oggi. E il mio lavoro mi piace così come lo faccio. Tu sai che ho fatto l'avvocato ed il professore. Ma non ho rimpianti: il giornalista, voglio fa­re ancora il giornalista».

Lo saluto. Poi per le scale della se­de, mi soviene che ho dimenticato di chiedergli cosa avrebbe voluto fare, quando era ragazzo, una volta gran­de. Vuoi scommettere che sognava di fare il giornalista? a

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LICEO CLASSICO E ISTITUTO {(BAMBIN GESÙ)}

"I giovani incontrano l'Europa)) Il referendum promosso da RAI 3

ha dato un plebiscito per l'Europa Unita. Risposte degli studenti a confronto.

C o~ .qu~sto slogan le rad.iotele­VISIOnI europee organIzzano da diversi anni un concorso,

teso a creare spazi di partecpazione ai giovani fino a 25 anni, siano o no studenti, con lo scopo di far cono­scere e maturare l'idea dell'Europa unita. Quest'anno, per via delle ele­zioni del Parlamento europeo che si terranno a giugno, gli organizzatori hanno pensato di realizzare un vero e proprio referendum sull'Europa. Su di una scheda-cartolina è stato chiesto di esprimere la propria volon­tà non solo con un si o con un no, ma di indicare anche il perché del proprio favore o meno scegliendo una tra cinque motivazioni favorevo­li o contrarie o di aggiungere su un apposito spazio libero persino una motivazione diversa da quelle stam­pate. È possibile ricavare così non solo il numero dei favorevoli o dei contrari, ma anche le ragioni dell'a­desione o del rifiuto.

Abbiamo i dati di due Istituti Su­periori reatini, che ci è stato permes­so ufficiosamente scrutinare. Susci­ta una certa curiosità conoscere que­sti risultati e per la prima volta met­terli a confronto, tanto più che si tratta del Liceo-Ginnasio e dell'Isti­tuto Bambin Gesù, una scuola sta­tale ed una privata, ispirata quest'ul­tima per la sua identità di scuola cat­tolica a valori decisamente umanistici ed universalistici. Merita anzitutto segnalare l'altissima percentuale dei partecipanti, che sono stati 473 su 526 al Liceo Classico e 216 su 254 al Bambin Gesù, segno evidente della diffusa sensibilità all'europeismo.

Passando ai risultanti, al Liceo Classico sono stati favorevoli 424 e contrari 47 su 473 voti validi espres­si; al Bambin Gesù favorevoli 211 e contrari 5 su 216 votanti. Significa che la stragrande maggioranza dei

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di Goffredo Cianfrocca

nostri giovani guarda con fiducia estrema all'Europa. E poi siparla di riflusso! Se c'è, sembra limitato (non sta a me dire quanto giustificato) al­le meschinità e mistificazioni di tan­ta politica di casa nostra. Messi a confronto, l'adesione è comunque più netta al Bambin Gesù.

Più significativa, anche se di più difficile lettura, è l'interpretazione delle motivazioni pro o contro: Eu­ropa sì, ma quale? Nella griglia dei perché da contrassegnare figurano infatti i fattori più diversi, tutti ter­ribilmente seri, che vanno da una vi­sione genericamente politica a quel-

la chiaramente terzaforzista, o eco­nomica o culturale o ideale della fu­tura Europa.

Per quanto riguarda il Classico, col 45 per cento prevale largamente il terzo perché, il quale esprime una motivazione che si può definire prammatica, «mettere insieme idee, energie e risorse oggi disperse per la soluzione dei nostri problemi più ur­genti: lavoro, giustizia, qualità della vita». Senza sottovalutare quest'in­dicazione che guarda alla concretez­za, non è fiacca l'adesione a motiva­zioni più elevate, come la quarta che raggiunge quasi il 30 per cento e che

/I Palazzo degli studi, sede del Liceo Classico. Pagina a fianco: ingresso dell'Istituto del "BambinGestJ)}.

concepisce l'Europa come «un mo­dello comune di cultura e civiltà, di solidarietà e di progresso», da offri­re al mondo; o come il secondo, che col 26 per cento vede nell'unificazio­ne europea «il primo passo verso l'u­nità di tutti i popoli della Terra»; o come il primo, che col 20 per cento vede nell'unità degli europei la con­dizione per l'indipendenza dai due blocchi USA-URSS.

Raffrontando queste scale con quelle rilevate al Bambin Gesù, non emergono differenze notevoli, se non per una distribuzione più uniforme tra le motivazioni numero due, tre e quattro, mancando uno scarto tra le percentuali delle risposte pari a quel­lo del Classico. E si è legittimati a sottolineare una uniformità di ten­denza e un orientamento comune tra i giovani di istituti diversi.

Merita prestare attenzione anche alle motivazioni contro ed al loro contenuto. Al Classico i no si distri-

buiscono, senza notevoli scarti, tra le cinque motivazioni: alla pari sul 29 per cento figurano la decima e l'un­dicesima, la prima rifiutando l'Eu­ropa per lo spirito di attaccamento al proprio Paese e la seconda perché «ritiene più urgenti tanti vecchi e nuovo problemi» del Paese (è un al­tro richiamo alla concretezza); segue col 24 per cento la' nona, che teme il dominio economico dei paesi già più forti, e chiudono col 15 per cento, al­la pari, la settima e l'ottava, la setti­ma contro il rischio di «un'altra su­perpotenza» e l'ottava che riscontre­rà un obiettivo limitato» di fronte al­la possibile unificazione planetaria.

Su questo aspetto dei no, non si dà confronto col Bambin Gesù pef'il nu­mero di no del tutto irrilevante, cin­que su 216.

Ai grandi (s'usa dire cos'ì, con un pò di presunzione e un pò più di pre­tese) prendere sul serio queste indi­cazioni e non tradire le aspirazioni

che contengono, evitando la babele partitica almeno quando si tratta di orizzonti così ampi e di un grande fu­turo comune. C'è solo da aggiunge­re, con qualche invidia, che tutto questo lavoro, quello cioè di organiz­zare il concorso, di parteciparlo, del­la tabulazione dei dati, del traccia­mento degli istogrammi, della pub­blicizzazione su cartelloni, ecc., è sta­to condotto con entusiasmo e abili­tà da un gruppo di giovani, nei ri­spettivi istituti, col metodo del lavo­ro di gruppo, discusso e impostato in classe, nell'ambito di un insegna­mento smarrito o poco in auge, l'e­ducazione civica, che può essere in­vece rivitalizzato, con vantaggi del­la didattica e della coscienza civile.

È bastato, nell'occasione del con­corso, lo stimolo di qualche profes­sore che presume, forse ingenuamen­te, di poter imparare ancora qualco­sa, soprattutto dai giovani. _

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La Fiat si insedia nel nucleo industriale con la «Elasis» e realizzerà_ un centro di ricerca e studi per il Meridione.

A lan Friedman, nel suo best-seller «Tutto in Fami­glia», lo chiama uno dei «due

eredi d'Italia». CosÌ scrivendo, si ri­ferisce a Umberto di Savoia ed a Gianni Agnelli. Il principe di Villar Perosa, che da molti anni ha eredi­tato il regno che fu di suo padre, adesso ha costruito un impero. E per la prima volta nella storia della pro­vincia di Rieti, mette piede ufficial­mente dalle nostre parti, investendo una quota dei suoi capitali, anche con forti contributi statali, proprio nel nucleo di Cittaducale.

La Fiat si espone in prima perso­na, attraverso una società mista di sue consociate, che si chiamerà Ela­sis. A Rieti la Elasis realizzerà un centro di ricerca volto a sviluppare l'apparato industriale meridionale. Vi saranno studiate le reti private di comunicazione, saranno progettati e sperimentati i sistemi di comunica­zione automatici, insieme al soft­ware.

L'investimento è di circa cento mi­liardi di lire, che saranno in parte spesi nell'area della Telettra, società che è a partecipazione Fiat e che, co­me è noto, si interessa di sistemi di telecomunicazione. Come è avvenu­to un mese fa, mentore dell'iniziati­va è stato l'attivissimo Ministro per le Aree Meridionali Gaspari. Dopo il colpo della Texas Instruments, che va ad insediarsi ad Avezzano, Gaspa­ri ha messo a segno questo nuovo successo. Ha portato in Abruzzo, in provincia di Chieti, uno dei dieci cen­tri della Elasis ed uno ha consentito che fosse localizzato a Rieti. Questo Ministro è una potenza! ed è atteso da una settimana all'altra presso il Nucleo Industriale di Cittaducale, dove andrà alla Texas e quindi alla Telettra. Arriverà sulle ali del succes­so e la sua gerla sarà piena di doni. Quelli che porterà ai reatini debbo­no ritenersi non del tutto scadenti. Anzi, bisognerà dire che Remo Ga­spari si è dimostrato un generoso.

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Tardò, ma venne pure l'avvocato

L'iniziativa della Fiat è stata pre­sentata nella Capitale dal responsa­bile delle relazioni esterne della mul­tinazionale torinese Cesare Annibal­di, che era accompagnato dal presi­dente della nuova compagnia Rugge­ro Ferrera. Insieme al Ministro Ga­spari i due alti dirigenti della Fiat hanno spiegato il programma della Elasis.

I centri di ricerca nel Mezzogior­no saranno dieci: Pomigliano d'Ar­co, due a Bari, Brindisi, Legge, Nar­dò, Foggia, Chieti e Rieti. L'investi­mento risulterà di 358 miliardi riser­vati per le strutture, quindi dovran­no essere avviati i progetti di ricer­ca, in tutto una trentina, per poco meno di cinquecento miliardi di lire. Nei dieci centri lavoreranno più di mille ricercatori.

A Rieti la Fiat sfrutterà in parte le strutture esistenti presso la Telettra. Infatti sarà adottato uno dei capan­noni della fabbrica; si procederà ad un suo ampliamento e nel centro ver­rà trasferito un centinaio di tecnici

e professionisti già in forza alla Te­lettra stessa.

Si dirà: ma allora quali risultati si avranno sul piano della occupazio­ne? Si parla, per ora, di poco meno di cinquanta tecnici che la Telettra dovrà rimpiazzare per coprire le fal­le che si andranno ad aprire nel suo organico attuale.

Tornando ai finanziamenti, biso­gnerà dire che lo Stato interverrà su­gli impianti fissi con il 50070 a fondo perduto e con il 20% a tasso agevo­lato. Sarà sfruttata la legge 64. I pro­getti di ricerca saranno sostenuti dal Governo con l'ottanta per cento delle spese. A conti fatti al termine della operazione, i soldi dello Stato saran­no in ragione del 35% sull'intero am­montare degli investimenti.

Il Ministro Gaspari ha colto l'oc­casione per precisare gli intendimenti del suo dicastero, dicendo: «L'ope­razione Elasis incontra il mio plau­so, ma sia chiaro che non manche­remo di vagliare l'entità e la qualità degli adempimenti, nonché la relati­va corrispondenza agli impegni as­sunti, soprattutto ai fini delle siner­gie, le ricadute e il radicamento al territorio meridionale». Rivolto ad Annibaldi e Ferrero, Gaspari ha con­cluso con un invito: «Sappiate che voi dovete essere fattore di moder­nizzazione e di trasformazione».

I politici ed i parlamenti reatini ignoravano le intenzioni della Fiat, né il Ministro Gaspari le aveva par­tecipate a qualcuno. Pertanto non è pervenuta ai giornali alcuna rivendi­cazione di «intervento decisivo». Se ne deduce che Agnelli, quando deci­de le cose, ama farle da solo. Que­sto, come afferma nel suo libro Friedman corrispondente del Fina­cial Times da Milano, in linea con quanto amava ripetere suo nonno Giovanni, il Senatore, che passando 'iotto le finestre di Mirafiori, escla­mava tutto soddisfatto, rimirando la 'iua fabbrica: «Pensé, che l'hai fat mì, tuta!». III

Acta nocturna di CHRISTOPHER

Noi due così deamicisiani

C aro Christhofer, a proposito delle Sue sollecitazioni, r. ipetute ma sempre gra­dite, non posso negare di aver pensato che mi sarei potuto sottrarre dalle ri­sposte scritte con i fatti; mi accorgo che, almeno in alcuni casi, i tempi dei

fatti appaiono essere troppo lunghi anche per chi, come Lei, questi fatti li cadenza con la fiducia. Mi creda però che, dopo appena 250 giorni di governo della città, ansie e ritardi vanno per gran parte compresi e comunque interpretati; volentieri ne potremmo discutere e sarebbe quanto mai utile.

C'è un aspetto, invece, che mi preoccupa, come dice Lei da «leninista e da demo­cratico»: come in un'operazione a cuore aperto ci si preoccupa, e giustamente del malato, si riscoprono verso di esso, magari, profondità di sentimenti insospettate, si vivono le ansie soffrendo e si gioisce comunque per i segni di ripresa, dimentican­do le tecniche di intervento ed il chiururgo.

Per questa città malata invece i tempi dell'operazione rischiano di essere troppo lunghi se perdura il ritardo dei tanti nel riscoprire per essa l'amore necessario, se per essa non si sa soffrire e gioire ai primi segni di ripresa, ma soprattutto se per essa città non si è disposti a dare, oltre che a pretendere.

«Rivoluzionari lo si è sempre o non lo si è» ho trovato scritto da qualche parte. Parafrasando dire che: «democratici o lo si è sempre o non lo si è». Allora per biso­gno; di quelli che sono ancora capaci di entusiasmarsi, di palpitare, di indignarsi ci­vilmente per chi offende la città. Sarò il primo io a gioire se con la Sua rubrica Lei riuscirà a fare proseliti. Ne abbiamo tutti bisogno con una certa urgenza però, prima che il malato peggiori di nuovo. Nel salutarLa la invito perciò ad aspettare ancora prima di tornare ... «a portare siepe e roseti». Cordialmente. (Paolo Tigli, sindaco di Rieti)

I l Sindaco, mio illustre interlocuto­re, fino ad ora silente e riservato let­tore, mi dimostra amicizia. Prima di

tutto mi legge. E questo è tanto in una società invasa da giornali e pubblicazio­ni, molti dei quali inutili. Egli si ritaglia uno spazio nella sua sudata giornata e mi legge. Gli sono pubblicamente grato. Poi si preoccupa di me, come uno con il quale ·ha confidenza. Gli avevo scritto, appe­na due numeri fa, che se non si fosse fat­to vivo nel dimostrarmi che qualche con­siglio lo avrebbe accettato, concretizzan­dolo pubblicamente con atti di governo, avrei smesso questa rubrica, tutta imper­niata su di un discorso tra lui e me, fatto di notte, quando la vita diventa seria, perché uno riflette.

Il Sindaco si è preoccupato. Ha pen­sato: questo mi lascia solo. E lui, che la solitudine la vive, come tutti i Sindaci d'I­talia, ha voluto continuare a pensare che c'è uno dei suoi quarantacinquèmila am­ministrati che, di notte, ogni quindici giorni, sta lì a battere sui tasti della mac­china; ed immagina di tenerlo davanti il Sindaco, appena al di là del tavolo di la-

varo, seduto su di una sedia, attcnto a non perdersi nulla del discorso che gli va scrivendo.

Forse siamo due alienati, signor Sin­daco, per il fatto di credere che questo sia possibile oggi. lo di qua a lavorare e lei di là dal tavolo a comunicare in qual­che modo con me. Facciamo la figura di due deamicisiani, ma non ce ne vergo­gniamo. Ognuno è quel che è. Noi dea­micisiani; Cicchetti populista; VelIa un paternalista benedicente; Bianchi un ar-

rampicatore vestito da funzionario e Ian­ni una silenziosa, ma potente presenza.

Dunque, Lei mi ha scritto; ha rispo­sto, perché glielo avevo chiesto. Così sia­mo diventati corrispondenti reciproci. Lei dalla Residenza Municipale, che era, una volta, il modo di datare i manifesti firmati dai sindaci. Ed era un modo bel­lo, che dava autorità. lo da una stanza di una delle tante case di questa città, che è piena di persone in attesa di vedere ri­solti i propri problemi.

In fondo entrambi lavoriamo per rag­giungere le stesse finalità. lo da ascaro ed ho usato questo termine con tutto la sua carica di razzismo per concretizzare il mio impegno ad aiutarla nel segnalar­le quello che pensano, che si attendono e che pretendono dal Sindaco i quaran­tacinquemila di cui sopra; e lei condan­nato, per sua stessa ed autonoma scelta, ad accontentarli ed a soddisfarli, gettan­do letteralmente la vita in questa avven­tura nella quale, alla fine, poche saran­no le soddisfazioni e minimi i riconosci­menti. Mi creda!

Infatti, mentre sto nel silenzio della notte, mi chiedo quale colpa abbia lei se i nostri antenati hanno costruito strade strettissime, imbuti e viottoli invece di grandi avenidas e pretenziosi boulevards; quali responsabilità gli debbono ricade­re sulla testa per avere le famiglie dei suoi amministrati una media di tre auto a nu­cleo.

Ci faremo due risate, nei nostri pros­simi téte a téte, quando tra qualche an-110, non più di cinque preconizzo, una

~ mattina usciremo per strada e tutto sarà 2 un infernale ingorgo, indistricabile gro­~ viglio di lucidissime Alfa 164, Thema c::: 'iii prestigiose, Croma metalizzate, Merce­:::: des ruggenti, Volvo insuperbite, Suzuki

insomarite. Non sarò un profeta smentito se inter­

preto i segni venuti· dopo la caduta del cordolo di piazza Mazzini. La via Gari­baldi, dopo la insurrezione dell'ultimo Brumaio, è una camera a gas; le auto par­cheggiate su due file, a destra ed a sini­stra ed al centro una trincea, dove le vet­ture sfilano in processione. Ci faremo due risate, signor Sindaco, ripensando a quanto è accaduto, a Lei che praticamente è stato condannato con l'ignobile accusa di non aver saputo fare il vigile urbano.

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A distanza di quasi tre anni dal varo della legge Falcucci sul­la edilizia scolastica, tra po­

chi giorni, in una zona collinare prossima a Poggio Mirteto, le ruspe entreranno in azione per gettare le fondamenta di quel che sarà il Polo didattico di Poggio Mirteto, un com­plesso da venti miliardi di lire.

Dicono che questi siano i «neces­sari tempi tecnici» per avviare un'o­pera del genere nella nostra provin­cia. Ne prendiamo atto, ma non sap­piamo se veramente sia stato fatto di tutto per accellerare le procedure, per mettersi di buzzo buono al lavoro, come era stato richiesto, appuntò, dall'allora Ministro Falcucci, costret­to a proporre una legge di rapidi in­terventi finanziatori nella pia illusio­ne che le cose, finalmente nel nostro Paese sarebbero andate in modo di­verso da quel che già da allora si te­meva.

In tre anni l'Amministrazione pro­vinciale di Rieti ha ottenuto tre mi­liardi e trecento milioni di lire di mu­tui e fino ad ora non è stato posto un mattone. Si comincerà entro mar­zo proprio a Poggio Mirteto, per il cui Polo sono stati già stanziati dal­lo Stato tre miliardi, mentre trecen­to milioni dovevano servire per la co­struzione della palestra dell' Istituto Tecnico di Borgorose, che resta an­cora un sogno per i giovani che fre­quentano quella scuola posta ai mar­gini della periferia provinciale.

L'assessore ai lavori pubblici prof. Severino Angelucci è colui che gesti­sce questo settore. Malgrado l'appar­tenenza all'efficientista .PCI non è che egli sia riuscito a snellire di mol­to quelle procedure che pure la leg­ge Falcucci sollecitava e che gli stu­denti richiedevano da ogni angolo della Sabina.

Il Comune di Rieti ha ottenuto in totale quattro miliardi e trecento mi­lioni di opere ammesse a mutuo: un miliardo, in due lotti, per la sistema­zione del Palazzo degli Studi, due miliardi e mezzo per l'Istituto Alber­ghiero, ottocento milioni per l'Isti­tuto professionale per il Commercio.

A distanza di tre anni sono stati appaltati i soli lavori del primo.lo~to per il rifacimento del tetto ed 11 nn­novo dell'impianto di riscaldamento del Palazzo degli Studi, sede del Li­ceo Varrone e dell'istituto magistra­le statale. Di una somma così consi­derevole è andata in appalto poco più che un decimo.

L'amministrazione comunale del

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IN COSTRUZIONE A POGGIO MIRTETO IL POLO DIDATTICO

E nasce un ((campus))

da 20 miliardi Ma tutto il programma dell'edilizia provin.c.ial~

è in grave ritardo. Di 9 miliardi soltanto 250 mlh~m ~ono stati già spesi. Le lentezze di Comune e Provincia

vanificano gli sforzi del Governo.

di Luciano Martini

capoluogo paga lo scotto di aver scorporata l'edilizia scolastica dal­l'Assessorato alla P.I., concentran­dola sull' Assessorato ai Lavori Pub­blici. Per questo si va a passi di lu­maca e non sono del tutto chiari gli intendimenti di intervento presso l'ex-ospedale civile, sede dell'Istitu­to d'Arte, dove verrà realizzato 1'1-

stituto Alberghiero. Al riguardo in Comune è al via

l'avviso pubblico per conoscere le imprese edili che vorranno partecipa­re alla gara di appalto per il primo lotto. I due miliardi e mezzo di finan­ziamento ministeriale non saranno sufficienti. Per completare l'opera ce ne vorranno più di dieci. Alle soglie

del Duemila quel cantiere ip via Cen­turoni sarà ancora là con i suoi tubi Innocenti, tenuto conto dell'andazzo.

Eppure c'è fame di appalti; le im­prese edili, innanzi alla caduta di in­vestimenti del settore privato, spera­no soltanto nell'aggiudicazione di opere pubbliche che finiscono quasi sempre a ditte forestiere. Ma gli En­ti che incamerano i miliardi dello Stato e della Regione hanno caden­ze lentissime; i consigli provinciale e comunale perdono di vista queste te­matiche e paralizzano i consessi in di­scussioni affatto produttive.

Anche il Comune di Fara Sabina ha ottenuto, unico nella provincia, i suoi 600 milioni per l'eliminazione del doppio turno esistente nelle scuo­le locali. Il finanziamento servirà a completare la scuola elementare di Talocci, che sarà interamente ristrut­turata.

L'Amministrazione comunale di Fara Sabina, prima guidata dal sin­daco prof. Francesco Leggio ed ora da Mario Perilli, si è distinta per la capacità realizzativa proprio nel set­tore dell'edilizia scolastica. In poco tempo sono stati costruiti i razionali

Se tornasse la Franca!

L a professoressa Franca Falcucci è stata ben sfortunata nella sua espe­rienza di Ministro della Pubblica Istr~zion~. Per il solo fatto di essere una cattolica praticante, ha goduto dI cattlva stampa. E bastato que­

sto per bollare ogni sua azio.ne con un marchio di incapacità e di inefficienza. Il tempo è però galantuomo ed alla fine dà la giusta misura delle persone

e degli eventi. Basta saper attendere. Franca Falcucci, durante la sua lunga gestione al dicastero di viale Tasteve­

re, ha dato luogo ed ha gestito alcune leggi assai importanti. Quella della nuo­va normativa sull'ora di religione, che è stata così fortemente osteggiata da marxisti e radicali, ma che scaturiva dal Concordato firmato da Bettino Cra­xi; quella sugli interventi urgenti in materia di edilizia scolastica, promossi dalla Falcucci dopo le vibrate proteste dei «ragazzi dell'85» per una spesa globale, in tre anni, di quattromila miliardi di lire; l'avvio al Piano Nazionale per l'in­troduzione dell'Informatica nella scuola secondaria superiore.

Sull'ora di religione, al di là delle pretestuose polemiche, si osserva che la legge ha consentito un rilancio degli studi teologici ed ha promosso anche nel­la Dioceci di Rieti, un fiorire di scuole di questo tipo, consentendo di assicura­re un lavoro stabile, attraverso l'insegnamento, a migliaia di giovani laici, poiché molti sacerdoti e molte suore si sono ritirati dalla scuola.

Per l'edilizia scolastica, con la legge Falcucci, si è realizzata una rilevazione nazionale del patrimonio edilizio che mancava e contemporaneamente sono state finanziate centinaia di opere.

Per la sola Provincia di Rieti, pur rappresentando questa poco meno del tre per cento dell'intera popolazione scolastica della Regiona Lazio, in acco­glimento alle proposte avanzate dal Provveditorato agli Studi ed attraverso un costante interessamento di quell'Ufficio, sono state ammesse a mutuo ope­re per 8 miliardi e 600 milioni di lire.

Con il Piano Nazionale per l'introduzione dell'Informatica nelle scuole se­condarie, tutti gli istituti hanno avuto in Italia docenti informati e finanzia­menti per 300 miliardi di lire. Nella sola provincia di Rieti la spesa è stata di quasi un miliardo, risultata sufficiente per fornire laboratori con otto o dodici computer a tutti gli istituti superiori.

Di Franca Falcucci, senatore della Repubblica, non si parla più. Finita nel­l'oblio insieme a Goria, presidente di quel Governo di cui l'ex-professoressa dell'Istituto Magistrale di Poggio. Mirteto faceva parte, adesso non dà più fa­stidio. La stampa e le televisioni si sono acquetate; tacciono i sindacati; noq protestano più i genitori democratici o meno, le varie Gilde ed i più illustri Cobas.

L'ex-Ministro, a lungo facile bersaglio della vignettistica nazionale, opera­va concretamente (si vede dai fatti odierni). Adesso Forattini trascura la scuo­la. Come mai? _

edifici per la scuola media e per il classico di Passo Corese. Sarà anche questa volta la giunta farense a bat­tere quelle del capoluogo per scelta di tempi e di indirizzi? C'è da rite­nerlo probabile.

Intanto si fanno i conti sul bon la­voro portato a termine dal Provve­ditorato agli Studi, che in tutto silen­zio, agendo sulla Sovraintendenza interregionale, sulla Regione Lazio e sul Ministero della Pubblica Istruzio­ne, ha raggiunto l'obiettivo di far ot­tenere alle amministrazioni locali il consistente finanziamento di quasi

nove miliardi di lire. Stando alle statistiche, che in que­

sto ambito contano e danno la foto­grafia della situazione, la percentuale per alunno rispetto al totale dei mu­tui, è di 430 mila lire pro-capite. Se il dato viene scorporato per il raf­fronto tra finanziamenti e numero di studenti della istruzione secondaria superiore, per ognuno di essi si è avu­to un milione e 230 mila lire. Questo parametro è tra i più alti d'Italia.

Per ciò il Capo della Scuola Sabi­na, in un comunicato diffuso dai giornali e dalle radio e televisioni, ha ritenuto di inviare una sollecitazio­ne agli Enti locali.

«È auspicabile - ha detto il dr. Giuseppe A. Giordano, Provvedito­re agli Studi di Rieti - che l'Ammini­strazione provinciale ed i Comuni di Rieti e Fara Sabina attivino le neces­sarie procedure per giungere al più presto alla realizzazione delle opere così urgenti per la eliminazione di tanti disagi e per l'ammodernamen­to del patrimonio edilizio scolastico della Sabina». _

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Una città, quasi messicana, lascia intristire il basket, settore già colpito da gravi e luttuosi eventi. Bisogna reagire.

di Mauro Cordoni

S trana città la nostra! Indiscu­tibilmente bella, posta al cen­tro di una vallata che non ha

eguali, pregna di una storia che risa­le alle origini delle grandi civiltà, si presenta, nel suo insieme, al visita­tore neutrale, come un sobborgo ... messicano. Tutto calmo, ostentata­mente tranquillo, con i cittadini presi dal proprio lavoro (chi più, chi me­no) dimentichi magari di numerosi problemi che possono interessare questa figlia di ... Rea Silvia.

Eppure, segnali evidenti, forieri di iniziative a lunga scadenza vengono lanciati da persone che cercano di to­gliersi il ... sombrero dalla testa. Si sveglia, così, dal torpore l'attività culturale, la situazione politica si scuote nel segno di uno storico com­promesso e, freneticamente, più di un individuo si incammina in quella irta strada da percorrere per mettere in piedi delle manifestazioni sporti­ve. Ed allora, in queste occasioni, la città sembra prendere novello vigo­re. Tutti si sentono in dovere di par­lare, di dare suggerimenti e, ahimé, di condannare a spada tratta le idee contrarie di quanti hanno avuto il co­raggio di rischiare in trincea. Così, la bella addormentata diventa, im­provvisamente, oggetto di un frene­tico andirivieni di notizie particola­ri, di smentite eclatanti, e di una mi­riade di ipotesi da fare invidia ad un centro di ... ricerca. Poi, il tempo, immancabilmente, riesce a sopire «i bollenti spiriti» e i fuochi vanno a spegnersi per mancanza di una con­creta, continua alimentazione.

Per rimanere nell'ambito sportivo, quello che ci è più consono, si è avu­to modo di constatare che per oltre dieci anni i reatini hanno mangiato «pane e basket». Renato Milardi, egregio anfitrione, era riuscito, infat­ti, a dare una svolta ad una discipli­na sportiva che stentava a decollare, nonostante l'impegno di alcune per-

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La città nelllllil sombrero

sone. Con il dr Milardi sono venuti anche i grandi risultati e tutti, adulti e piccini, si sono scoperti amici del basket e ... valenti tecnici. Poi, la stel­la del grande Renato ha iniziato la sua parabola discendente e la palla­canestro comincia a coprirsi di cene­re. Oggi, confinata nella serie cadet­ta, se ne parla ancora, ma fra pochi intimi a conferma, purtroppo, di quella specie di sortilegio che sembra ricacciare, di volta in volta, la nostra città nelle spire di quell'adeguamen­to passivo ad ogni accadimento, ta­citando la coscienza sotto le spoglie della fatalità e dell'imponderabile. E, così, riprende il ciclo dell'inerzia, in attesa di un nuovo «segnale lumino­so» che possa risvegliare gli animi e gli intelletti.

Nel frattempo, diventa più facile criticare tutto e tutti; si individuano i responsabili di certe situazioni ne­gative e si va avanti con il palasport quasi vuoto e con il basket che si gio­ca ... in piazza, attraverso i discorsi di quando, novelle Sibille, sapevano già tutto. Poi, la notizia sconvolgen­te: la morte dell'allenatore, di Big Elio, di un uomo ancora giovane che negli spostamenti settimanali, fra ca­sa e campo di gioco, ha perso la vita per un tragico incidente. Allora, in­torno a questo avvenimento si ricom­pone l'antico amore, la vecchia pas­sione, per uno sport che ha contri­buito non poco a far conoscere la no­stra città. I peana a favore del coach scomparso scalzano anche preesi­stenti giudizi negativi, anzi, improv­visamente, si evidenziano una infini­tà di doti che dovevano essere indi­spensabili per la rinascita della pal­lacanestro reatina. E così, la città torna a sentirsi, per un attimo, vici­na alla Società in nome di una per­sona che della pallacanestro aveva fatto l'unico scopo della sua vita.

Non sarebbe molto meglio che la conferma di tali sentimenti venisse anche attraverso una testimonianza di fede sportiva riempiendo, ogni do­menica, il Campo paloniano?

Iniziative di questo genere, infat­ti, non possono essere lasciate isola­te, altrimenti lo sforzo di chi, con au­dacia, ha raccolto la nuova sfida, sa­rà destinato a perire miseramente. Giancarlo Asteo, ne è stato un degno mentore, anche se la maggior parte dei riconoscimenti li ha avuti dopo la morte.

La Sebastiani Basket di Rieti. Sotto: Dado Lom. bardi, e a fianco, Bob Lauriski, che portarono i/ basket reatino ad a/ti livelli.

In questa scia, che del basket ha fatto luttuosa notizia, si è trovata coinvolta, disgraziatamente, anche la squadra femminile della Banca Po­polare di Rieti che milita nel campio­nato di Serie B. Il suo allenatore, Giampaolo Uricchio, ha trovato la morte in un incidente analogo a quel­lo di Pentassuglia. Persona stimata ed allenatore «per passione», era ve­nuto a Rieti voluto dal Presidente Valeri che vedeva in lui la persona capace di riorganizzare la squadra per il grande salto in serie A.

Anche il lavoro di Uricchio non era cominciato fra i consensi di tut­ti, ma piano piano i risultati hanno cominciato a dargli ragione. Pur­troppo, non saprà mai se le basi get­tate saranno capaci di tenere una struttura degna della serie A.

Anche in questo caso, non si deve correre il rischio di far si che l'even­to tragico coinvolga negativamente quanto di buono è stato fatto fino ad oggi.

Infatti, l'inerzia, la fatalità (di mes­sicana memoria) non debbono pren­dere di nuovo il posto dell'attività, del piacere di perseguire un risultato, del sacrificio ad ogni costo per dimostra­re che, almeno in campo sportivo, esi­ste anche la città di Rieti.

È necessario reagire; trovare la forza di rimanere in campo e contro­battere la malasorte anche nel rispet­to di quelle persone che non sono più tra noi. Ed in questo tutta la città de­ve essere partecipe. Debbono abban­donare il «sombrero», gli sportivi, le società e, soprattutto, le amministra­zioni degli enti deputati a gestire le discipline agonistiche.

È tempo ormai, di predisporre un opportuno programma in piena uni­tà di intenti. Non possiamo ricordar­ci, infatti, di certe carenze struttura­li ed economiche soltanto in determi­nati momenti spinti, magari, da si­tuazioni emotive o da fatti contin­genti.

Lo sport è cultura da salvare, or­mai è sulla bocca di tutti. Per que­sto, Rieti, anche nel rispetto di una validissima tradizione, ha il dovere di difendere a denti stretti -non solo a parole - un patrimonio che è costa­to fatica e, purtroppo, anche la vita di alcune persone. _

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L'industria, il lavoro, la finanza

H a avuto uno sbocco posi­tivo il vertice dirigenzia­

le della Intermotor reatina con i dirigenti della casa madre emiliana, la Lombardini Spa. C'era attesa per il risultato di questo incontro, specie negli ambienti dell' Associazione In­dustriali ed in quelli sindacali. Si trattava di stabilire se l'In­termotor dovesse avere, in so­stanza, una vita pressoché au­tonoma, con ampi spazi deci­sionali oppure se essa dovesse dipendere, per quasi tutto, dal­la sede centrale della holding in Emilia.

Al vertice, fra gli altri, era­no presenti Giorgio Lombardi­ni, presidente dell'omonima società ed il direttore dell'In­termotor di Rieti ing. Igino Leuratti. L'incontro è durato molte ore ed alla fine la deci­sione di considerare ampia­mente autonoma la consocia­ta reatina è passata, con am­pia soddisfazione degli am­bienti industriali ed anche di quelli sindacali.

È prevista, pertanto, una consistente azione di rilancio delle attività produttive e si ipotizzano a breve anche le ri­prese delle assunzioni, specie per quanto riguarda quelle qualifiche di operai altamente qualificati, quali i congegnato­ri meccanici.

Le nuove assunzioni dovreb­bero essere limitate attorno al­la trentina, secondo dichiara­zioni rilasciate alla stampa dai responsabili dell' azienda.

A nche il Monte dei Paschi di Siena si accinge ad

aprire uno sportello nel capo­luogo sabino. L'Istituto di cre­dito toscano ha individuato quale punto strategico quello dell'angolo tra piazza Vittorio Emanuele e via Cintia, già se-

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I de del Banco di S. Spirito.

La nuova agenzia dei Paschi si collocherà, pertanto, sotto la attuale sede della redazione de «Il Messaggero».

In viale Matteucci i lavori per l'insediamento della nuo­va agenzia della Cassa di Ri­sparmio di Ascoli Piceno, di cui già abbiamo dato notizia, hanno avuto inizio presso il punto vendita della Crof, ca­tena di negozi molto noti in Italia.

La Crof si va trasferendo in altri locali realizzati dal comm. Umberto Bassetti in via S. Francesco, dove continuerà la sua attività.

L a Regione Lazio ha sbloc­cato la pratica della va­

riante al piano regolatore del­la zona industriale di Cittadu­cale, approvando le modifiche stabilite dal Consorzio. Un'a­rea superiore a sei ettari, che doveva essere destinata a sca­lo ferroviario, ritenuto non più necessario, è stata mutata nel­la destinazione. È stata così ac­colta la richiesta avanzata tre anni fa dalle Texas Instrumens per procedere all'ampliamen­to degli sabilimenti, resosi in-

dispensabile in vista del nuovo insediamento di Avezzano.

In quel terreno la multina­zionale investirà sessanta mi­liardi di lire. I lavori dovreb­bero avere inizio prima dell'e­state, dopo che il Prefetto di Rieti dottor Giuseppe Condo­reHi avrà firmato i decreti di occupazione d'urgenza delle aree.

La notizia del superamento di non ben precisati' ostacoli burocratici (in verità la prati­ca dormiva in un angolo degli uffici regionali dell' As­sessorato ai lavori pubblici) è stata data alla stampa dal prof. Benito Graziani, presidente del Consorzio del nucleo, che era l'unica autorità amministrati­va che aveva espletato solleci­tazioni ed interessamento.

L ' Amministrazione comu­nale di Rieti sta per ban­

dire una gara a licitazione pri­vata per eseguire i lavori di ri­costruzione di porzioni di tet­to soprastanti i locali posti al 2° piano del Palazzo Munici­pale e di ristrutturazione dei sottostanti locali adibiti a sede del Museo Civico di Rieti.

L'importo delle opere a ba­se d'asta è di 380 milioni di li­re.

I l Ministero della P .1. ha fir­mato con la CONFAPI una

convenzione che il Provvedito­re agli Studi di Rieti dr. Giu­seppe A. Giordano ha sottopo­sto all'attenzione del Consiglio d'Istituto delle scuole tecniche e professionali della provincia.

La convenzione regola la collaborazione fra aziende del­la piccola industria e istituti professionali e tecnici che vo-

lessero far compiere agli alun­ni alcune esperienzè lavorative nelle fabbriche durante il cor­so degli studi.

Il Provveditore Giordano spera che l'iniziativa sia raccol­ta e concretizzata fra aziende operanti del nucleo e gli istitu­ti con indirizzo attinente alle lavorazioni delle fabbriche rea­tine.

L a Cassa di Risparmio di . Rieti, continuando nel­la sua politica di ampliamento dei servizi bancari, si appresta ad allargare l'area in cui già opera.

È prevista, entro tempi bre-

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vi, l'apertura di una nuova agenzia a Roma, nella zona della Borgata Fidene_ Si trat­terà di un intervento consisten­te dal quale la Cassa di Rispar­mio si attende di ricevere buo­ni risultati.

Sempre nella prospettiva di attrezzarsi in vista del 1992 e per contrastare la concorrenza, l'Istituto di via Garibaldi ha in­tenzione di inaugurare due nuovi sportelli nella popolosa frazione di Vazia ed a Cittadu­cale_

La notizia proviene da fon­te sindacale.

Una esperienza a Lourdes

Nonostante la diversità di lingua e di cultura ci si sente tutti uniti e solidali nel canto alla Vergine.

L ~ Verg.ine Madre attr~ver~~ i seco~i In van modi con mirabili appan­

zioni ha manifestato in alcune parti del mondo i doni singolari con cui Dio si è compiaciuto adornarLa ed il suo mater­no Amore per l'Umanità.

Cosi in varie località del mondo sono andati sorgendo lungo i secoli con parti­colari caratteristiche diversi Santuari ma­riani.

Ed a Lourdes la Vergine Immacolata nel secolo scorso, apparendo mirabil­mente più volte alla giovinetta,S. Berna­dette, ha confermato alla Chiesa e rile­vato al mondo il Divino e singolare privi­legio della Sua Immacolata Concezione.

Da allora a Lourdes è sorto un grandio­so Santuario in suo onore; e tanta gente del Popolo di Dio, proveniente da varie parti del mondo, seguendo i soavi e ma­terni richiami dell'Immacolata, accorre continuamente fiduciosa a questo singo­lare Santuario per recuperare la salute, lenire le prove e gli affanni della vita quo­tidiana e trovare la pace e la serenità del­lo spirito.

Come sappiamo dalla storia delle sue meravigliose Aparizioni e possiamo per­sonalmente sperimentare, andando a Lourdes, ammirando la grotta silenziosa della Immacolata presso il fiume Gave, l'ampia piazza dell'Incoronata e la Basi-

Vent'anni di Festa del Sole

I I Comitato Cittadino Festa del Sole ha festeggiato i suoi venti anni di vi­

ta con una semplice e simpatica cerimo­nia, alla q uale·han no partecipato aderenti vecchi e nuovi.

Non sono mancate le rappresentanze delle Amministrazioni Comunale e Pro­vinciale nelle persone degli assessori Sandro Pasquini ed Emilio Di lanni, che hanno portato il saluto delle Giunte ed hanno dato atto al Comitato dell'impegno profuso nel programmare attivitè in favo­re della città di Rieti.

L'Ente Provinciale per il Turismo e l'A-• zienda Autonoma Soggiorno e Turismo

hanno assegnato riconoscimenti a quei componenti del Comitato che per venti anni si sono distinti per l'attaccamento al sodalizio e per l'opera svolta. Tali' at­testati sono andati a Elisabetta Rizzini, Fulvio Buccioni, Leonardo Buccioni, Ren­zo Fiocco, Pierluigi Colarietti.

Intanto è in cantiere il programma del­l'attività estiva 1989 che nei prossimi gior­ni sarà sottoposto ai rappresentanti degli Enti Locali per concordarne l'attuazione.

lica e partecipando devotamente alle Ce­lebrazioni liturgiche ed alle processioni serali ai «flambeau» che si snodano nell'«esplanade» con l'arcana armonia della musica e dei canti corali si vive una profonda e mistica esprienza di fede.

A Lourdes sembra che il mondo e la vi­ta abbiano un'altra dimensione diversa da quella quotidiana; sembra che a Lour­des, come in un'oasi di pace, il Cielo toc­chi la terra: sembra quasi di vivere l'e­sprienza spirituale del Tabor: «Signore, è bello per noi stare qui».

Durante le varie ore del giorno e spe­cialmente quelle serali della precessio­ne, numerosi pellegrini, provenienti dal­Ia varie parti d'Europa e del mondo, at­tratte quasi per incanto, affluiscono con­tinuamente verso l'ampia piazza della In­coronata per partecipare alla processio­ne religiosa della sera.

Durante la suggestiva processione se­rale con i «flambeau», che converge nel­l'ampia piazza della Basilica, risponden­do tutti in coro alterno e in sintonia ai dol­ci motivi .della musica e dei canti maria­ni, ci si sente il cuore parvaso da profon­da armonia.

A Lourdes ci si sente tutti più umani, comprensivi e fraterni.

E, nonostante la diversità di nazione, di lingua e di cultura, nel canto e nelle lo­di a Maria, tutti rispondono all'unisono in coro; e sembra che si viva in comune una profonda e mistica esprienza di fe­de. (Antonio Sofia) •

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Piccoli i doni, grande il cuore

U na manifestazione corale, variopin­ta per la grande partecipazione di

bimbi provenienti da tutte le Parrocchie della città è stata quella della presenta­zione dei doni organizzata dall'Ufficio missionario diocesano in occasione della solennità della Presentazione del Signo­re.

La Cattedrale di Santa Maria per quel· l'occasione appariva gremita come nel­le occasioni più solenni, mentre l'inizia. tiva di donare qualcosa da parte dei no­stri fanciulli a favore di chi è meno fortu­nato, ben si intonava al significato bibli. co e liturgico della festa della Presenta­zione, che ricorda, appunto la presenta­zione al tempio da parte di Maria e di Giu· seppe di Gesù, primogenito, e per questo offerto al Padre e riscattato con il dono di due trote.

Fu in quella occasione che il vecchio Simeone profetizzò il Cristo luce del mon· do ed in questo senso i bimbi cristiani delle nostre Parrocchie hanno voluto es­sere portatori di un po' di luce nei con· fronti di coloro che, proprio perché viventi nel disagio, rappresentano meglio il Cri· sto nel nostro secolo.

Quel pomeriggio invernale, all'interno della cattedrale risuonante di voci e di canti, ha fatto dimenticare per un mo­mento il clamore consumistico della so­cietà attuale, impegnata, proprio in quel giorno, coincidente con il giovedi grasso, a celebrare i riti consumistici di ogni ri.

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correnza ormai espropriata dalla civiltà del benessere che sempre meno lascia spazio alla solidarietà.

E proprio mentre la città cominciava ad animarsi nelle sue vie di scorribande di giovani che armati di bombolette di schiuma sprai, decine e decine di bimbi presentavano nelle mani del Vescovo dio­cesano Monsignor Amadio, i doni per al­tri bimbi lontani dalla civiltà del benes­sere e sprovvisti, forse anche del neces­sario per vivere.

In questo contesto la festa, pregna già in sé di significato, ha colto pienamente il segno di fare di una solenne ricorren­za cristiana, l'ultima del ciclo natalizio un momento da dedicare alla solidarietà, da dedicare alla testimonianza, attraverso l'amore agli altri della luce di Cristo.

Ed in questo senso, le illuminate parole del Vescovo hanno illustrato la liturgia della giornata, curata nei minimi partico­lari dall'organizzazione, sapientamente organizzata da Don Amerigo Maioli, infa· ticabile animatore di varie occasioni so­lenni per la città di Rieti, che ha avuto, pur nella semplicità del rito, un momen­to straordinario di testimonianza da par­te dei piccoli che hanno offerto anche agli adulti un tema di riflessione e di me· ditazione, atti a rendere sempre più vivi­da la luce diffusa dal Cristo nel mondo che Egli è venuto a salvare. (Henny Ro. manin)

Leonessa ed i poeti a braccio

B ella Leonessa come una regina Il incoronata da ste montagnole che sera e mane ce casca la brina tra profumo di gigli e viole. lo che so partito stamattina proprio nel punto che levava il sole venni a Leonessa per fare l'inchino ed onorare il Santo Cappuccino}}.

Con questi versi esattamente dieci an­ni or sono Leonardo Pulcini chiudeva una sera dedicata alla poesia estemporanea.

Oltre dieci anni dopo, 1'11 di febbraio, nella splendida cornice del ristorante Edelwaiss di Leonessa, il Circolo Cultu­rale Durante Dorio con il patrocinio del­l'assessorato alla Cultura della Provincia di Rieti, del Comune di Leonessa e del Lions Club ha organizzato una serata de­dicata ai poeti a braccio tanto cari alla tradizione delle nostre montagne sabine.

Ad essi, presente l'on. Filippo Miche­li, è stato fatto omaggio di una splendi. da targa, simbolico omaggio di affetto stima ed amicizia. E i poeti c'erano tutti: Aloisi Fortunato, Vanni Felice, e Alessio Runci della popolosa frazione di Terzo­ne, Pulcini Aldelmo e Pulcini Vincenzo di Villa Pulcini, Calabresi Francesco e Giz­zi Rosato.

"Con questa manifestazione, ha ricor· dato il Presidente del Circolo, intendia­mo sì premiare i poeti che in questi anni hanno tenuto alto il valore di questa tra· dizione, ma intendiamo anche ricordare coloro che oggi non ci sono più».

Quella sera in questa sala c'erano tan· te persone che non sono più tra di noi. Lucci Nunzio e il ricordato Pulcini Leo­nardo - poeti - il vecchio Sindaco Fai· coni ed il gestore di questo locale l'indi­menticabile, Giuseppe Chiaretti, detto Baffone. Poi, ha detto il Presidente «con· sentitemi di ringraziare Filippo Micheli che al di là di meriti e di demeriti, che non spetta a me atribuire almeno un pregio lo ha: quello di essere sempre preente con la sua persona, con la sua parola con il suo sostegno. E tra i tanti, forse troppi che latitano, i troppi, ai quali fa fatica ano che fare un telegramma di adesione, è già un grosso merito che io pubblicamente riconosco».

E la gente: tanta gente convenuta da Leonessa, dalle frazione da Posta, da Ba­cugno, da Amatrice, da Monteleone di Spoleto. Erano le quattro di mattina quan­do si sono spente le ultime strofe che i poeti continuavano a gridare tra i batti· mani del pubblico affascinato. (CD)

Rinnovarsi nell'ascolto della Parola

A Vazia la catechesi per adulti al centro dell'azione pastorale della parrocchia.

S to vivendo una fase fondamentale della mia vita: la ricerca, la prepara­

zione, la scelta di un impegno convincen­te e soddisfacente.

Finora ero fiera della mia vita militan­te, ma già da tempo ho avvertito un cer­to disagio e tanta inquietutidine nell'ac­cettare alcuni richiami della "Parola di Dio».

In questi ultimi tempi, in particolare, ho ricevuto molte sollecitazioni e provoca­zioni, che mi hanno spinto a fare conti­nue verifiche.

In ripetutte occasioni ho registrato con piacere avvenimenti ed iniziative, che hanno mobilitato e vivacizzato l'ambien­te di Vazia, ora devo segnalare un'espe-

rienza di vitale importanza, che scuote via il torpore dell'abitudine, il compiacimento di un pensiero e di una vita che difficil­mente siamo disposti a mettere in di­scussione.

Sto percependo, pian piano, il proget­to del parroco, che più volte ha voluto ri­badire con forza l'urgenza e la necessità che la «Catechesi degli Adulti» sia posta in primo piano nell'azione pastorale del­la comunità.

Mi sono fermata a meditare sul perché di tanta insistenza ed ho voluto verifica­re quale incidenza potesse scaturire da­gli <<Ìnconri settimanali di Catechesi» e ne è emersa una constatazione profonda, amara ed inquietante: le parole e le ope­re del Cristo non sono soltanto gradual-

mente, ma sostanzialmente diverse dal­le parole e dalle opere dei «cosiddetti fe­deli cristiani».

In mezzo alla nostra comunità soven­te «c'è qualcuno che non conosciamo» (Gv. 1,26). Molti «cristiani» non sono che dei pagani!

Troppo spesso certe persone dicono di praticare la religione, ossia un insieme di conoscenze religiose male assimilate, di leggi morali difficilmente rispettate, di gesti religiosi ripetuti stancamente o ve­nerati per se stessi.

Il cristianesimo espresso da molte per­sone non risveglia forse l'impressione di qualcosa d'usato, di spremuto, tavolta perfino di polveroso, di stanco, e, comun-

que, di sradicato dall'insegnamento di Cristo?

Purtroppo, la mentalità di molti resta legata a schemi antiquati.

Il cristianesimo è, sotto molti aspetti, una rocca medievale coi ponti levatoi al­zati, circondata da fossi pieni d'acqua, in­somma, un corpo isolato, distaccato.

Acquista, perciò, ancora più validità la proposta del parroco di Vazia, di una ca­techesi sistematica, costante, integràle e permanente.

Si comprende come il progetto abbia incontrato difficoltà nella maggior parte dei fedeli, sebbene sia doveroso registra­re la partecipazione di una nutrita signi­ficativa rappresentanza.

<di vino nuovo - dice Gesù - si met.

te in otri nuovi» (Mt. 9, 17), per cui il vero cristiano deve, anzitutto, rivestire l'uomo nuovo (Col. 3,10: Ef. 4, 24); e, soltanto di­ventando creatura nuova, potrà apparte­nere a Cristo (2 Coro 5, 17).

Ho l'impressione che molti otri siano scoppiati (Lc. 5, 37), lasciando rovescia­re il dono di «Grazia» del Signore.

Il tempo quaresimale si presta, oppor­tunamente, per una vera trasformazione per un'autentica rinascita (Gv. 3,3), e c'è da auspicare l'avvento di una nuova pri­mavera per la comunità parrochiale di Va­zia, incamminata alla riscoperta del ve­ro volto di Cristo. (Francesca Chiaretti).

Pensionati a congresso

S ono iniziate le Assemblee interco­munale del Sindacato Territoriale

Pensionati Cisl in preparazione dell'XI Congresso Confederale che si terrà a Ro­ma dal 14 al 18 luglio prossimo. Le As­semblee dovranno eleggere i. Delegati al Congresso Territoriale della categoria che si svolgerà a Rieti il 30 Marzo pros­simo.

Finora sono stati eletti: Luzzi Mario, Benedetti Gerberto e Marchesi Costan­zo nella Lega intercomunale di Frasso Sabino; Fabi Maggino, Manzara Silvio, D'Onofrio Mario e Ippoliti Giuseppe in quella di Antrodoco. In questi giorni si sta proseguendo con le Assemblee negli al­tri Comuni. della Provincia.

Santa Maria il 4 giugno

E' stato da tempo annunciato da par· te dalla Parrocchia di Petrella Sal­

to che, data la coincidenza nell'ultima do­menica di Maggio della solennità del Cor­pus Domini, quest'anno la festa di San­ta Maria Apparì, verrà celebrata con la consueta solennità, domenica 4 Giugno. La coincidenza non si verificava più dal 1977, quando, appunto la festività maria. na si dovette spostare per la prima volta alla prima domenica di Giugno. _

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Più calore nel ((dies natalisn

La festa del «compleanno» di Filippa Mareri, il 16 febbraio, si caratterizza per intimità, devozione e semplicità.

S enza togliere valore alla festa della Beata Filippa che, per il genere

di vita imposto dalla società industriale, non lascia spazio nei giorni feriali a ma­nifestazioni di vario tipo, viene celebra­ta con solennità alla domenica succes­siva al16 febbraio, festa liturgica e «dies natalis» della Baronessa Santa, voglio soffermarmi proprio sul calore che dal punto di vista devozionale ho rivissuto in questo giorno che evoca in me i cari ri­cordi dell'infanzia, quando, il caro Don Onorio Pace da Petrella guidava il pelle­grinaggio del suo popolo davanti al Cuore olezzante di Filippa, il16 febbraio di ogni anno.

Quest'anno sono stato spinto da que­sto desiderio di ricerca di un tempo per­duto e di sensazioni che non si riescono più a provare nella festa affollata di au­torità, di politici, oltre che di pellegrini, forse perché il clamore della modernità distrae, a scendere a Borgo San Pietro per ascoltare la Messa. La chiesa del Mo­nastero piano piano si è gremità di gen­te, di persone umili, semplici, di uomini e donne che, con devozione, ha parteci­pato al sacro rito, scandendo coralmen­te tutti i momenti della liturgia, marcata anche da momenti di raccolto silenzio, mentre la meditazione dettata dal cele-

N ell'alto Ci colano, cioè nei Comuni di Pescorocchiano e di Borgoro­

se, da tempo assistiamo a crisi politiche continuate, ad altalene di maggioranze che si sfaldano e di minoranze che si in­grossano, senza peraltro giungere a mo­menti di chiarezza politica tali da assicu­rare amministrazione che, chiaramente, seguano una linea di condotta ideologi­camente limpida. A Pescorocchiano i contrasti sono giustificabili dall'eteroge­neità della coalizione, che include, insie­me a democristiani dissidenti anche i Co­munisti, eletti in una lista civica, ma a Borgorose i contrasti sono unicamente all'interno della maggioranza democri­stiana.

Senza soffermarci sui fatti specifici, occorre fare una profonda riflessione sul­le cause di questo sfaldamento politico di una maggioranza che pure si richiama ad un Partito, che, almeno ufficialmente, ha in loco le sue sezioni, i suoi scritti, un partito che pure dovrebbe avere contatti con la sua base tali da impedire queste fratture, queste improvvise prese di po­sizioni. D'altra parte il partito che ammi-

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brante ha reso Filippa più vicina a ciascu­no di noi.

Ma, veramente, mi sono commosso, nel momento in cui, mentre la gente sfi­lava compostamente per baciare la reli-

Alto Cicolano: occorre chiarezza politica e coerenza

nistra Borgorose ha anche un'ispirazio­ne cristiana, quella che dovrebbe, di fat­to, se fosse operante, permettere una energica spinta verso l'unità, una spinta verso un modo di vedere l'impegno poli­tico per la cosa pubblica unicamente co­me servizio a vantaggio della comunità amministrata.

Le divisioni, invece sono causate per lo più da diatribe di potere, da diatribe causate dalla unica ricerca di spazi e di strategie finalizzate non all'attuazione di idee, suffragate da principi ideali, quan­to piuttosto da mosse politiche finaliz­zate a gestire la cosa pubblica. Questa situazione, della quale la colpa va attri­buita proprio alla perdita dell'adesione

quia del cuore, è stato intonato l'inno po­polare, quello che inizia con le parole «Di Filippa» e che ricordo a memoria, da quando mia madre me lo scandiva per narrarmi la vita di questa concittadina as­surta alla gloria degli altari. Il coro popo­lare si levava in una polifonia mista di vo­ci femminili e maschili, da quelle soavi delle suore, a qelle meno intonate, ma ugualmente spontanee degli uomin an­ziani. Una polifonia che evocava antichi tempi, ormai ritenuti passati.

È stato un momento intenso di commo­zione in cui la musica, le parole, la pe­nombra del tempio, tutto rendeva il per­sonaggio quanto mai vivo e vicino, men­tre intimamente ho provato la goia di ri­trovare di nuovo in me quella profonda e confidenziale devozione verso un perso­naggio che fa parte della storia di ogni equicolo e che a ciascuno ha qualcosa da insegnare: una devozione che proprio la festa intima del16 febbraio prova an­cora vivissima e sentita, una devozione che, al di là delle pur valide e più solenni manifestazioni della domenica, appare autentica e calda, proprio perché spon­tanea e semplice adesione di ammirazio­ne ad una scelta evangelica che è quel­la di Filippa. (Henny Romanin) _

ai principi ispiratori del Partito, che va comunque recuperata, causa danni gra­vissimi, non solo alla comunità ammini­strata, ma all'immagine stessa della De­mocrazia Cristiana, la quale rischia, in tal modo di perdere terreno a vantaggio di Partiti laici, come il PSI e del PC!. Ma co­me fare, di colpo, dopo anni di instabili­tà, far ritrovare alla DC dell'Alto Cièola­no la propria spinta ideale, in nome di principi a cui da sempre il Partito si è ispi­rato? Basterebbe soltanto un pò mette­re da parte le ambizioni personali per at­tuare anche nell 'ambiente e nel servizio politico gli ideali cristiani del servizio al­la comunità, ideali che, proprio perché cristiani, devono avere il coraggio di mo­strarsi nell'attuazione diversi dalle mo­de «liberai» che vanno per la maggiore e, secondo le quali un gruppo vale l'al­tro. Altrimenti meglio sarebbe togliere una volta per tutte quell'appellativo «Cri­stiano» che, se non attuato né incidente suona come vuoto marchingegno volto solo sa ingannare le coscienze degli eiet­tori. (Henny Romanin) _

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FONDATO NEL 1605 s.p.a. capitale sociale e riserve L 539.500.000.000 sede sociale e direzione centrale in roma

237 FILIALI presente nei principali centri finanziari esteri

(GRUPPO IRI)

Ristorante Enoteca LA PECORA NERA

Giovedi pesce

chiuso il venerdi

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