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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE DIREZIONE GENERALE DELLA CONCORRENZA
IV/ A-3
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ANALISI GENERALE DELLA
CONCENTRAZIONE INDUSTRIALE
IN IT AI.JA DALLA COSTITUZIONE
DEL MERCATO COMUNE (1959-1968)
-Gli indici di concentrazione i m piegati nella ricerca
IV/345/73-1
• o •
FIDUCIARIA ITALO • SVIZZERA S.P.A.
20128 MILANO
VIA VIOTOR HUGO, 2
Divisione
ATOR CONSULENZA AZIENDALE
DIREZIONE DELLA RICERCA: Prof. Antonio Amaduzzi Dr. Roberto Camagni
- Analisi generale della concentrazione industriale in Italia dalla costituzione del Mercato Comune (1959-1968)
- Gli indici di concentrazione impiegati nella ricerca.
PREFAZIONE
Questo volume costituisce Darte di Q~a serie di studi settoriali
concernenti l'evoluzione della concentrazione nei differenti paesi
membri della Comunità europea.
I rapporti sono stati preparati dai differenti istituti ed esperti
nazionali, incaricati dalla Commissione di realizzare il programma
di studi settoriali in parola.
Poichè si è tenuto conto dell' interesse specifico e eenerale di
tali rapporti nonchè degli impeeni assunti dalla Commissione nei
confronti del Parlamento europeo, si è ritenuto di pubblicarli inte
gralmente nella loro stesura originale.
In proposito, la Commissione, mentre si astiene da ogni commento,
tiene a precisare che la responsabilità circa l'esattezza dei dati
e la fondatezza delle conclusioni che ~ieurano in ogni rapporto
incombe esclusivamente sull' istituto o sull' esperto che ne è autore.
Man mano che - in esecuzione del proeramma settoriale ancora in
coros - altri rapporti saranno consegnati alla Commissione, si
procederà alla loro pubblicazione.
Parimenti la Commissione provvederà a pubblicare una serie di
documenti e di tabelle di sintesi, allo scopo di fornire alcune
indicazioni che permettano di effettuare un' analisi comparativa
dell' evoluzione della concentrazione nei differenti paesi membri
della Comunità.
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ANALISI GENERALE DELLA CONCENTRAZIONE INDUSTRIALE IN ITALIA DALL.A COSTITUZIONE DEL MERCATO COMUNE (1959-1968)
L'analisi che segue, che presentiamo come introduzione alle ricerche condotte dalla ATOR sulla concentrazione industria le in Italia in alcuni settori di specifico interesse per la Commissione delle Comunità Europee, è un estratto della tesi di laurea di ROBERTO CAMAGNI, discussa il 3 marzo 1971 presso la Università Commerciale "L. Bocconi" di Milano.
Una parte di questo lavoro è stata svolta a Bruxelles, sotto la direzione del Dott. REMO LINDA, Chef de Division per gli affari economici, presso la Direzione Generale della Concorrenza della Commissione.
1) - DELIMITAZIONE DEL CAMPO DELLA RICERCA E FONTE DEI DATI
Sono state considerate come rientranti nel campo della ricerca le imprese con sede legale in Italia ed operanti nei settori considerati~industriali nella classificazione NICE (con aggiunta del settore dei trasporti e delle comunica-zioni).
Fra queste Società, sono state considerate solo le Società per Azioni, in quanto solo per esse esiste un Ente che ne raccoglie sistematicamente i dati, la Associazione fra le Società Italiane per Azioni (Assonime).
Cosi ridotto il campo di indagine, si sono scelte per ogni anno considerato (1959, 1962, 1965, 1968) le prime 450 Società in base al fatturato; in tutti gli anni esse costit1~ rono circa il 30% dell'intero prodotto nazionale lordo, e pià del 70% del prodotto interno lordo dell'industria.
Le fonti principali cui sono stati attinti i dati di base per questo studio sono il "Repertorio delle Società per Azioni'', pubblicato ogni 3 anni dalla Assonime, e la pubbl! ca~ione della Mediobanca (1969) "Le 266 principali Società italiane''; i dati cosi raccolti sono stati integrati con 18 classificazioni presentate ogni anno da "Il Sole-24 Ore" e da "L'Industrialista".
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I dati di cui si dispone sono dunque dati ufficiali, desunti dai bilanci pubblicati dalle singole società e sog getti quindi a molte riserve; tuttavia una ricerca più approfondita ~i sarebbe scontrata con difficoltà che sarebbero andate ben oltre le possibilità ed i fini del la voro.
Le variabili di base sulle quali si è concentrata l'inda gine sono: fa~turato, dipendenti, cash-flow. Successivamente è stata: presentata una analisi condotta con criteri in parte d~fferenti sugli investimenti.
Per quanto co~cerne gli indici di concentrazione, ne sono stati impi~gati due: le "concentration ratio" calcola te per ogni gruppo di prime 4, 8, 10, 20, ... , 100, 200, ... , 450 impr~se ogni anno, e gli indici di equilibrio dinamico oligppolistico di Linda. Coi primi abbiamo ricercato una analisi, con i secondi piuttosto un~ sintesi del fenomeno della concentrazione oligopolisticla.
2) - L'EVOLUZIONE DELLA CONCENTRAZIONE INDUSTRIALE NEL PERIODO ,1959-1968 SECONDO IL FATTURATO.
I d~ti racco~ti sono stati classificati nelle tabelle l, 2, 3, 4, una per ciascuno degli anni considerati; in
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esse vengono ~ostrate (colonne l, 2, 3) le cifre relati-ve al fattur~to, cash-flow e dipendenti dei gruppi delle prime 4, 8, ~0, ... , 450 imprese industriali italiane; nelle colonn~ 4, 5, 6, ~ono mostrati tre tradizionali rapporti (% del cah-flow sul· fatturato; fatturato per di pendente; caih-flow per dipendente) che serviranno ad un esame della redditività in senso lato dei diversi gruppi di imprese. elle colonne 7 e 8 è riportata la "concentration rati" indicante il peso delle prime 4, 8, 10 ... , imprese nelllntero sistema; il rapporto è calcolato fra il fatturato e il reddito nazionale lordo (colonna 7) e fra fatturat e prodotto interno lordo dell'industria (estrattiva, imanifatturiera, elettricità gas acqua, costruzioni) (c~lonna 8).
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Un confronto dei dati delle colonne 7 e 8 nei diversi an ni mostra che la quota sul Prodotto Nazionale Lordo e sul Prodotto Int. Lordo dell'industria di tutti i successivi gruppi di imprese è andata aumentando in tutti e 4 gli anni considerati.
Vi è un'unica eccezione: le 4 percentuali relative ai gruppi di 200, 300, 400 e 450 imprese nel 1965, calcolate sia sul P.N.L. sia sul P.I.L. sono inferiori alle stes se percentuali del 1962; dunque i fatturati aggregati di tali gruppi, pur aumentando rispetto al 1962, non sono aumentati nella stessa proporzione del P.N.L. e del P.I.L. dell'industria.
Abbiamo successivamente ordinato nella tabella 5 gli aumenti percentuali da un anno all'altro dei dati indicanti la quota dei diversi gruppi di imprese sul P.N.L. e sul P.I.L., gli aumenti percentuali cioè dei nostri indici di concentrazione,ottenendone un indice dinamico. Questo nuovo indice, costituito da un numero puro, verrà ampiamente usato in seguito per confrontare gli indici calcolati su di differenti variabili.
Si possono fare le seguenti considerazioni:
a) Dal 1959 al 1962 (prime due righe orizzontali) si è avuto un aumento della concentrazione moderato, d generalizzato nei diversi gruppi (le serie sono abbastanza stabili attorno a una media di 8,5 e 4,5 circa)
b) Dal 1962 al 1965 (seconde due righe) si nota un forte aumento della concentrazione nelle prime dieci imprese, aumento che diminuisce sempre più di intensità a! l'aumentare del numero delle imprese considerate, fin chè non si tramuta in una diminuzione della concentra zione per gli ultimi tre grupp,i (200, 300, 450).
c) Dal 1965 al 1968 (ultime due righe) si nota un aumen-· to della concentrazione piuttosto forte (con media di 13,6 e 10,2 circa) e generalizzato (le due serie sono molto stabili)
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d) Quanto alla differenza fra i dati nelle colonne 10 e 11, essi dipendono dal fatto che la percentuale del P.I.L. sul P.N.L. non è stabile nei diversi anni. Es sa è aumentata dal 39,5 al 41% dal 1959 al 1962, è diminuita a 40,09 nel 1965, ed è aumentata a 41,24 nel 1968. In generale la percentuale più significati va dal punto di vista della crescita della concentra zione è quella calcolata sul P.I.L., data la maggiore omogeneità del fatturato delle aziende col P.I.L. ·dell' industra.
e) Cerchiamo ora di uscire dai limiti di un discorso pu ramente quantitativo accostando le analisi fatte a una considerazione delle note vicende congiunturali del decenrlio in esame, e ricollegandoci alle conclusioni del]o studio di Boni e Gros-Pietro sulla concentrazione industriale nel decennio 1951-1961 (1). Il forte ampliamento del mercato e della domanda negli anni ~950 hanno favorito la nascita e lo sviluppo di un ~olto gruppo di piccole e medie imprese che hanno neutralizzato, dal punto di vista della concentrazione, il maggiore saggio di crescita delle imprese più grandi ( per quanto riguarda queste ultime, nel 70% dei settori si è avuto fra il 1951 ed il 1961 un aument~ del rapporto fra le dimensioni medie delle prime tre limprese e le dimensioni medie delle imprese del setto~e .)
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La tenden~a, rilevata dagli autori citati, verso una diminuzio e della concentrazione industriale nel decennio 19 l - 1961, in parte sopravalutata dall'impie go di "in~ici dj. concentrazione re la ti va" e dall' analisi dell sola variabile "dipendenti" in un periodo di profon e trasfor1aazioni e crescenti ineguaglianze nella pro~uttività del lavoro nei diversi settori, si è poi inv rtita nel corso degli ultimi anni considera ti e nel successivo 1962. Ciò avvenne in conseguenza di un poderoso sforzo di ampliamento e di rinnovamento avviat dalle imprese di maggiori dimensioni, con un certo ritardo in verità rispetto alle aziende piu piccole e pià agili che furono le prime a riprenders~ dalla crisi del 1958.
(l) M. Boni, ~ì.M. Gros-P~.etro: La concentrazione indu
striale i!n Italia -- Milano 1967.
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In linea con le considerazioni di Boni e Gros-Pietro, non sono state le imprese più grandi a trarre i miglio ri frutti dall'espansione e dall'apertura del mercato europeo: la quota delle prime quattro è aumentata fra il 1959 ed il 1962 in modo trascurabile (2,5%), e altrettanto si può dire all'incirca per le prime dieci (+3,9%), ove tra l'altro l'aumento è in gran parte im putabile a due imprese pubbliche, la Italsider e la Snam. E' stata invece l'impresa media a realizzar2 i maggiori tassi di aumento (classi da 20 a 100 imprese; v. tabella 5) Occorre tuttavia notare la accentuata stabilità delle due serie relative al passaggio dal 1959 al 1962, nelle diverse categorie di imprese considerate, sintomo di una generale dinamica a tutti i livelli dimensionali. Una ulteriore informazione nello stesso senso ci è data dall'eccezionale scarto nei due valori relativi a uno stesso gruppo di imprese (del 100% circa passando dalla colonna 11 alla 10), che mostra come tutta l'industria globalmente considerata abbia accresciuto il suo peso relativo nell'econo mia. nazionale.
Analizziamo ora i 4 anni 1962 - 1965.
Dal punto di vista della concentrazione industriale, il quadro è piuttosto intricato: abbiamo innanzitutto nel settore pubblico la nazionalizzazione dell'industria del l'energia elettrica con la nascita dell'ENEL> che inizia la sua attività col 1° gennaio 1963; in secondo luogo la concentrazione dell'industria telefonica nella SIP (27 giugno 1964). Altre concentrazioni industriali nella par te alta della classifica sono quelle che riguardano la Edison (13 dicembre 1963 ; incorporRte fra le altre: Edisonvolta, Dinamo, Bresciana, Sicedison, ICPM S.p.A.), l'Italsider (9 marzo 1964), la Cementir (10 marzo 1964), la Montecatini (30 giugno 1964; incorporata la SADE), Finsider (8 maggio 1965; incorporate Finelettricn e Terni), la Società Italiana Industria Zuccheri (15 giugno 1965)
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Per quanto riguarda gli scioglimenti di società per azio ni per fusione, il loro numero va progressivamente aumen tanto dal 1962 al 1965: 76, 122, 139, 287 (v. tabella 6), con un picco~issimo aumento dal 1963 al 1964, e un aumen to molto spidcato dal 1964 al 1965.
La risultant~ di tutti questi movimenti è (tabella 5) un forte aumentd della concentrazione nelle prime 10 imprese, aumento ahe va via via diminuendo fino a tramutarsi in una diminuzione della concentrazione per la classe di 450 imprese. Questo dato quantitativo è tuttavia troppo aggregato pe~ poter esprimere compiutamente i mutamenti avvenuti: la 1grande maggioranza delle fusioni importanti è avvenuta o 1nel settore pubblico, o in stretto rapporto con le vicen~e politiche (Enel e Edison), e tali fusioni non possono dssere consideratP- come espressione pura di quel meccani~mo economico di breve periodo di cui cerchia mo di determ~nare le leggi.
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Depurando i 4ati della tabella 5 della presenza della ENEL e SIP, ~ risultato che la concentrazione fra le pri me 4, 10, 20 !imprese è diminuita nel periodo considerato (con una media rispPttivamente di -8,5% e -6% per le colonne 10 e 11; tali valori sono da considerarsi tuttavia puramente indicativi e saranno in seguito rettificati.)
Diversamente da quanto ci si sarebbe aspettati, la crisi degli anni 1963 - 1965 non ha portato ad un deciso rafforzamento delle imprese maggiori: esse hanno perduto m~ no terreno dcille altre, ma la riorganizzazione produttiva, attuata ~nche attraverso le fusioni, si imporrà solo dopo il 1965.1
\ Il peri.orlo 1966 - 1968 assiste ad un rilancio della pro-duzione, ~ e guidato principalmente dalla piccola impresa; la piccola e media impresa, con una decisa rior ganizzazione !produttiva, baneficiano e partecipano alla espansione. lia concentrazione industriale aumenta sensibilmente, gratzie anche alle numerose fusioni, prima fra tutte quella fra Edison e Montecatini (1).
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(l) Altre importanti fusioni nel periodo 1965/1968 interessano: Richard-Ginori, Olivetti, Terni, Magrini, Shell, Ansaldo S. Giorgio-C.G.E., CIP-ZOO, Lever Gibbs, SAOM, Total, Fabbrica Italiana Tubi, Eridania, Cartiera B. Donzelli, Ch~tillon, Fiat-OM-Autobianchi, Montedison, Cantieri Navali Italiani, ANIC, SINCAT, Snia Viscosa-Cisa Viscosa-SAICI-BPD, Cantieri Navali Riuniti.
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Dalla analisi del periodo 1959 - 1968 sono stati messi in evidenza due movimenti autonomi di cui si compone il pro cesso di concentrazione. Un primo movimento di lungo periodo, tendente alla organizzazione su larga scala ed a! la centralizzazione, e legato alle decisioni strutturali della grande impresa, pubblica e privata, e dello Stato stesso. Questo movimento è guidato sino al 1964 soprattutto dalla impresa pubblica (Eni negli anni 50; IRI negli anni 1959-1964) e dallo Stato (attraverso la concentrazione dell'industria elettrica e telefonica). La gran de impresa privata, che l'apertura del mercato europeo risvegliò da un certo letargo monopolistico, non ancora in grande evidenza negli ultimi anni del boom (eccezion fatta per la Fiat) contribuirà per la maggior parte al superamento della crisi e allo sviluppo a partire dal 1965.
Il secondo movimento, di breve periodo, interessa soprattutto la media e la piccola impresa, maggiormente condizionate dalla Situazione congiunturale. La concentrazione progredisce presso queste categorie, ma in reodo non molto accentuato, durante le espansioni (in particolare quella del 1958 - 1963) a causa del forte ampiamente del mercato. La recessione provoca al contrario una decisa diminuzione del loro peso relativo nell'economia. Nella ripresa degli anni successivi (1966-1968), che ebbe un carattere meno estensivo, più razionalizzato e concentrato, queste impre se mostreranno iun tasso di sviluppo di nuovo superiore a quello medio.
In conclusione non si può rilevare una connessione stabile fra andamento ciclico e concentrazione, essendosi veri ficato nel dec~nnio un mutamento strutturale nei modi de_!_ l'espansione. Per quanto concerne i movimenti di breve p~ riodo, possiamo azzardare l'ipotesi, sempre relativa alla economia italiana degli ultimi 15 anni, che la concentrazione industriale aumenti poco nei periodi di sviluppo estensivo, aum~nti molto nei periodi di sviluppo razionalizzato ed int~nsivo, diminuisca nella recessione.
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3) - L'EVOLUZIONE DELLA CONCENTRAZIONE INDUSTRIALE: GLI INVESTIMENTI
Si è ritenuto necessario inserire a questo punto della analisi, uno studio dell'andamento degli investimenti industriali nel periodo considerato. Tutte le osserva-zioni, di carattere teorico o empirico-statistico sull'argomento concordano nell'affermare che gli investimehti hanno seguito, a9zi accentuato, le fluttuazioni cicliche del decennio: essi sono inoltre in generale legati in modo interdipendente alla redditività, lo sviluppo e quindi il grado di concentrazione dell'indu stria.
Nelle tabelle 7/10 presentiamo l'andamento degli investimenti effettuati dalle prime 100 imprese del nostro campione per tutti gli anni compresi fra il 1959 e il 1968. Si è partiti dalla classificazione secondo il fa! turato negli anni 1959-1962-1965-1968, e la si è tenuta ferma per i due anni successivi a ciascun anno: si sono ottenuti cosi quattro campioni chiusi di 100 imprese, perfettamente comparabili al loro interno.
Il metodo che siamo stati costretti a seguire nella rilevazione ha portato ad alcuni inconvenienti, che tutta via non compromettono la possibilità di una analisi at-~
tendibile; essi riguardano la scarsa significatività dei valori delle classi intermedie (20/80) negli anni 1966 e 1967 rispetto al 1965, e la esclusione ùell'indu stria elettrica e telefonica dai dati degli anni 1962/ 1964 (con la conseguente non comparabilità del campione di questi anni con gli altri campioni per quanto riguar da i dati assoluti e le percentuali sul totale delle im prese del sistema(rapporti (a) delle taPelle 11 e 12: una certa omogeneità è stata recuperata calcolando il rapporto (b) fra gli investimenti delle prime 4 e 10 im prese e quelli delle prime 100).
Abbiamo accostato a queste serie i dati del fatturato e dipendenti per gli anni di base; occorre tuttavia prec! sare che le percentuali relative al fatturato sono confrontabili solo fra loro, essendo calcolate su un valore totale eterogeneo (il prodotto lordo è infatti un va lore aggiunto), con la sola eccezione dei rapporti (b).
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Nella prima taibella(n. 7)ci colpisce la percentuale particolarmente bassa occupata nel 1959 dalle grandissime imprese (classi da 4 e 10) per quanto riguarda i dipendenti e soprat,tutto gli investimenti: questa posizione è comune anche a tutte le altre classi di imprese consi derate, cioè fino alla dimensione medio-grande. Nel 1960 la situaz1ione si evolve positivamente, per quanto concerne gli i1nvestimenti, nelle parti basse della clas sifica, mentre per le grandissime imprese il rapporto peggiora: trova qui una conferma quanto è stato da molti affermato, che cioè il boom economico è partito dalla piccola imprésa, più dinamica e più pronta a trarre vantaggio da ogni miglioramento congiunturale; successivamente, il modo quasi meccanicamente proporzionale alla dimensione d'impresa, il dinamismo si è esteso alle gran di e alle grandissime imprese (nel 1961 le prime 20 imprese migliorano la loro posizione).
E' questo il r~sultato dei grandi processi di costruzione di nuovi impianti avviati dalle massime imprese come la Montecatini!, la Italsider, l'Alfa Romeo, la SNAM, la Edison Volta, [a FIAT (quest'ultima con un processo meno massiccio ma più uniforme nel tempo, e soprattutto presente fin dal 1959)
In questi processi si trova la spiegazione della maggiore concentrazione rilevata nel passaggio fra il 1959 e 1962, e che l'~nalisi citata di Boni e Gros-Pietro, arre statasi al 196~, non ha potuto cogliere appieno.
A questo punto!occorre tuttavia fare una precisazione di tipo teorico: la variabile "investimenti" non può essere usata direttam~nte in una analisi della concentrazione, in quanto, da ~n lato, mette in luce un solo, sebbene im portante, mezzb di ampiamente dimensionale (il ricorso al fattore capltale), e d~al~ro lato perchè gli investimenti non si ttaducono irnmed~atnmente in un maggiore output, ma fra i due fenomeni corre un lasso di tempo proporzionale alla dimensione tecnica della nuova unità di produzione,ie quindi in genere proporzionale alla dimensione già raggiunta dalla impresa in espansione.
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Tali difetti si fanno sentire in modo macroscopic6' nel periodo in esame: infatti un gran numero di imprese ha fatto fronte alla rapidissima espansione della domanda soprattutto con dosi aggiuntive di mano d'opera o con ampiamenti tecnici di limitate dimensione ed a sfrutta mento ravvicinato. D'altra parte i grossi investimenti varati dalle grandi imprese (talvolta con un certo ritardo) hanno richiesto un tempo più lungo per la messa in opera, e molte volte hanno cominciato a produrre in una congiuntura mutata rispetto a quella del momento in cui furono iniziati (è espressivo in questo senso il caso della Italsider e della Montecatini).
All'interno del secondo campione che abbraccia gli anni 1962/1964 si nota come tutte le classi di imprese diminuiscono la loro cifra relativa (il rapporto (a) diminuisce in tutte le classi fuorchè nella prima,in cui l'Italsider tiene alto il livello totale) in modo piuttosto omogeneo (il rapporto (b) è piuttosto stabile), mentre per quanto riguarda la cifra assoluta notiamo un processo inverso a quello notato negli anni precedenti: sono dapprima le grandissime imprese (prime 20) che diminuiscono nel 1963 il loro investimento, seguite nel successivo 1964 aa tutte le altre imprese abbracciate dal campione.
L'ingente sforzo sostenuto e l'arrivo sul mercato della nuova produzione in un momento in cui si cominciano ad avvertire tensioni inflazionistiche e cali nella domanda globale, provocano un abbandono deciso di ulteriori programmi di investimento e la affrettata chiusura di quelli ancora in corso. Questo dimostra come la crisi abbia colpito anche le grandissime imprese. La loro maggiore efficienza sarà essenziale più tardi, al momento della uscita dalla crisi: nel 1965 le prime dieci imprese, che rappresentavano il 4,66% della intera industria quanto a personale oécupato, daranno un vi goroso impulso alla ripresa sostenendo una spesa per in vestimenti uguale al 47,69% del totale stanziato da tu! te le imprese (e uguale al 77% del totale stanziato dal le prime 100 imprese).
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Guida ln questo processo sono l'ENEL, la FIAT, l'Italsider, la SIP, ed in minore misura le grandi imprese petrolifere pubbliche e private.
Il processo st mantiene e si generalizza alle altre im prese del camnione nei successivi 1966 e 1967, mentre nel 1968, annq in cui si verifica una leggera perdita di velocità n~lla produzione e negli investimenti, sono ancora una volta le grandissi~e imprese a dare nuovi impulsi al sistema economico. Esse appartengono in gran parte al .settore pubblico, ma anche le grandi impre se private partecipano in larga misura alla determinazio ne delle dinamiche analizzate; oltre alla FIAT, già cit~ ta, grande vi~alità è mostrata dalla SHELL, la ESSO, la Pirelli e la ~nia, per citare solo alcuni esempi più significativi, ~entre la Montecatini-Edison, pur entrando nel campione ~on quote considerevoli, non ha espresso un chiaro ind~rizzo economico e di sviluppo.
Il rilancio delgli investimenti produttivi che abbiamo visto svolgersi a partire dal 1965, non ha prodotti effetti istant~nei sulla produzione e sul grado di concentrazione de:llo stesso anno 1965, ancora fortemente condizionato d~lla crisi; esso farà sentire la sua influenza negli rnni successivi, dapprima con un aumento della produzio~e pià concentrato nella parte alta della classifica , imensionale, e poi via via, più genera-lizzato a clas i di imprese di dimensione inferiore. E' quest'ultim situazione che è stata "fissata" dalla nostra rilevaz"one dei fatturati nell'anno 1968; una situazione di oncentrazione molto maggiore che nel 1965, ma tuttavia ab astanza generalizzata a tutte le classi considerate. Una rilevazione negli anni intermedi cvreb be con tutta ptobabilità mostrato una concentrazione maggiore nelle classi di imprese pià grandi.
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E' questo un effetto del modo differente in cui si ebbe l'espansione nel 1966/1968 rispetto al 1959/1962: una espansione dal basso allora, una espansione programmata e guidata dall'alto poi.
4) - DIPENDENTI E RAPPORTI DI PRODUTTIVITA'
Osserviamo ora i medesimi indici di concentrazione che abbiamo visto finora, appJ_; ,;a ti alla variabile "dipendenti'' (tabelle n. 13, 14, 15, 16 per la concentrazione statistica; n. 17 per quella dinamica): cercheremo di mettere brevemente in evidenza le informazioni da cui uscirà confermata l'analisi che precede e quelle ulterio ri, eventualmente discordanti, che si potranno aggiungere a quanto detto (1).
Non satà possibile fare dei confronti diretti fra gli indici di concentrazione statistica calcolati su fatturati e quelli calcolati sui dipendenti, per il fatto, già ricordato, che il P.I.L. su cui vengono calcolati i primi indici è un valore aggiunto e non un fatturato totale; sarà possibile invece un più importante confronto fra gli indici dinamici, quelli che mettono in luce cioè le variazioni del livello di concentrazione.
La stabilità degli indici dinamici (tabella 17) al passa_~ gio dal 1959 al 1962 dimostra la stessa generalizzazione del processo di concentrazione per tutte le imprese del campione che abbiamo notato; tuttavia l'aumento del livello di concentrazione è più forte di quello mostrato dai dati sul fatturato.
(1) Nelle tabelle appaiono nella parte sinistra gli indi ci calcola ti sulle imprese ordinate secondo il nume-· ro di dipendenti; nella parte destra gli stessi indi ci calcolati sulle imprese ordinate secondo la prim! tiva classificazione per fatturato. Le divergenze m~~ giori riguardano la collocazione delle imprese petr~ lifere, in cui particolarmente dissimili appaiono i dati del fatturato e dei dipendenti.
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Una parte certamente di tale aumento è solo apparente e imputabile alla inesattezza delle statistiche sull'occu pazione totale: si sa infatti che esse non sono molto elastiche nel mostrare i movimenti ciclici, in quanto non colgono appieno la differenza fra occupazione vera e propria e sottooccupazione o disoccupazione latente.
Tale difetto viene sentito quando, avvicinandosi la piena occupazione (come fu il caso del 1962) i lavoratori prima sottooacupati vengono impiegati a pieno tempo, sen za che tuttavia ciò porti una variazione nelle statistiche ufficiafi.
Nonostante questo, il fenomeno resta ugualmente accentu~ to: per approfondire l'analisi, abbandoniamo il procedimento basa te ;sugli indici (cioè sulle percentuali) e pren diamo a ragionare in termini di dati e variazioni assolu te.
Lo schema che qui riportiamo mostra come si ripartiscono l
fra le diverse classi di imprese i nuovi posti di lavoro creati nel triennio; si nota come il 40% dei nuovi posti di lavoro sia dovuto alle prime 450 imprese,
I - Aumento rel numero 1959 al 962
prime 10
prim~ 201
prime 100
degli occupati nelle imprese dal
prime 200
prime totale sett. 450 ind.
76.714 103.Z15 198.800 227.539 258.713 633.900
mentre poco m~no del 40% dei nuovi posti di lavoro creati da queste ult1me sia dovuto alle sole prime 20 imprese
Se teniamo conto del fatto che la prima percentuale è pro babilmente sopravalutata a causa del ricordato errore st~ tistico, e osserviamo questa seconda tabella in cui per le stesse classi di imprese sono riportati gli aumenti percentuali dei fatturati e dei dipendenti (le classi di dipendenti sono qui naturalmente quelle ordinate secondo i fatturati),
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II - Aumento % del fatturato a dipendenti delle imprese nel 1959 - 1962
prime prime prime prime prime prime 10 20 30 100 200 450
fatturato 46,5 49,5 50,8 47,82 46,0 45,75
dipendenti 32,2 31,6 24,4 26,6 29,3 26,4
possiamo trarre alcune conclusioni:
- all'interno del nostro campione le grandissime imprese hanno creato nuovi posti di lavoro in una proporzione (rispetto all'aumento del fatturato) certamente 5upcri~ re a quella mostrata nelle successive classi dimensionali. La condizione spiccatamente dinamica e tecnologi ca avanzata delle imprese della classe 30 (cioè, sempli ficando al massimo, all'incirca dalla 15° alla 35° impresa) balza evidente anche dalle tabelle di concentr~ zione dinamica secondo dipendenti e fatturato (rispettivamente n. 17 e 5), in cui la classe indicata mostra il più piccolo incremento negli indici statici basati sui dipendenti, e il massimo incremento in quelli basa ti sul fatturato.
- La "grande impresa" italiana (cioè le 450 imprese abbrac ciate dal nostro campione) ha contribuito in modo molto spiccato alla creazione di nuovi posti di lavoro nonostante il forte sviluppo e la proliferazione delle piccole imprese.
- Osservando da v1c1no la situazione delle grandissime i~ prese per quanto riguarda lo sviluppo del fatturato e dei dipendenti, possiamo notare che vi sono specifiche condizioni settoriali o aziendali che condizionano fortemente gli andamenti delle nostre serie, e gettano un'ombra sul vistoso dinamismo di altre imprese, pure di grandi dimensioni (fra queste ultime: Fiat, Italsider, Snia Viscosa, Olivetti, SNAM, Terni, Edison Volta, Marzotto) .
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Innanzitutto le imprese del settore petrolifero (in numero di 3 nella classe 10) mostrano uno sviluppo minimo della produzione e un aumento di occupati talvolta addirittura superiore a tale sviluppo . Questa situazione è imputabile principalmente a due fatti che caratterizzarono il settore negli anni 1959/1962:
a) molte imprese mutarono la loro strategia di gestio ne volgeridosi alla lavorazione del greggio per con to terzi, in luogo di acquistare, lavorare e riven dere in proprio;
b) le accéntuate oscillazioni del prezzo di vendita dei prodotti petroliferi, e in particolare la fles sione del, 1960.
Vi sono poi ~ituazioni aziendali particolari, come quella della, MONTECATINI (con un incremento modesto di vendite, uguale all'incremento dei dipendenti); della ANIC el dell'Alfa Romeo (che presentano uno sviluppo ben pi~ rapido, sebbene inferiore alle possibilità, come m~stra l'alta percentuale di aumento dei dipendenti, ~olto vicina a quella delle vendite).
-Con Zanetti e Filippi (1), rileviamo che la maggioran za dei nuovilposti di lavoro sono ~reati dalle imprese più dinamiche, quelle che hanno quasi raddoppiato il fatturato\negli anni conSiderati (fra le grandissime, ricordia1 o : Fiat, Italsider, ANIC, Snia, OlivGtti, SNAM).
- Gli andamenti che abbiamo esposto sono sintetizzati in modo chiaro 4agli indici "Fatturato per dipendente" "Cash-Flow pEfr dipendente" e "Percentuale del CashFlow sul tat~uratot', mostrati nelle colonne 4, 5 e 6 delle tabell~ l e 2 (2).
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(l) Zanetti e ~ilippi: Finanza e sviluppo della grande industria ~n Italia - Milano 1965.
(2) Per una se~ie di ragioni tali indici sono significativi e saranno considerati a partire dnlla classe di 10 imprese.
- 16 -
Il primo indice mostra nel 1959 un livello uniformemen te decrescente nelle successive classi dimensionali. Nel 1962 notiamo invece un andamento prima crescente e poi decrescente, con un massimo assoluto in corrispon denza della classe 30 (già rilevata come la più dinamica e la più avanzata tecnologicamente).
Il livello assoluto di questo indice chiaramente supe·riore nel 1962 rispetto al 1959, è lo specchio di un avanzamento tecnologico non trascurabile in tutte le classi dimensionali, posto che il deprezzamento della moneta nofr aveva ancora mostrato nel triennio proporzioni sensibili.
Il "Cash-flow per dipendente" (colonna 6) mostra nel 1959 un andamento gaussiano con valori elevati dalla 20~ alla 200~ impresa; nel 1962 i valori più elevati sono osservabili dalla prima alla 100~ impresa. Punti di massimo sono toccati rispettivamente dalle classi 60 e 30 (questtultima classe mostra come vi sia stata nel periodo una relazione importante tra sviluppo e redditività).
L'ultima variabile, il"Cash-flow sul fatturato"(colonna 4), che, non tenendo conti dei dipendenti, mostra la redditività della azienda considerata come un tutto, indipendentemente dalla produttività dei singoli fatto ri impiegati ed in particolare del fattore lavoro, pre senta un andamento diverso nei due anni: un aumento quasi uniformemente crescente nel 1959, a indicare la non eccessiva redditività dei "monopoli", nonostante la forte produzione per addetto, e un andamento praticamente uniforme nel 1962, con un miglioramento dunque direttamente proporzionale alla dimensione di imprese.
In conclusione quindi possiamo dire che la redditività delle aziende più grandi era nel 1959 piuttosto scarsa rispetto alle aziende di dimensione medio-piccola, ma essa aumentò sensibilmente nei tre anni successivi in con seguenza dello sforzo notevole di ampiamente e di miglioramento tecnologico.
- 17 -
Si giunse cosi nel 1962 ad un sostanziale equilibrio ne! la redditività di tutte le classi di imprese, nonostante la ben differ~nte redditività per ~ersona occupata, molto depressa nelle imprese più piccole a causa della forte presenza del fattore lavoro. Tale equilibrio e tale coesistenza di imprese a diverso grado di avanzamento tecnologico fu assicurato dalla disponibilità, per le aziende meno capitalizzate, di mano d'opera abbondante, a basso prezzo e sufficient~mente specializzata.
Veniamo ora al periodo 1962 - 1965.
Se disponiamo le singole imprese dei due anni, secondo la classificazione per fatturato 1962 (e questo sarebbe il metodo più ortodosso per osservare le variazioni delle diversi classi) evitando sempre le imprese elettriche e telefoniche ed effettuando dei calcoli per ovviare al difetto già rilèvato che il P.N.L. e il P.I.L. dell'industria sono dei valori aggiunti e non dei fatturati, scatu riscono i seg~enti indici di concentrazione su fatturato e dipendenti:
Indici dinamici 1962/1965 per classi ordinate secondo il -- -----+--
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Dipendenti +7,6 -1,9 -2,4 -2,8 -3,1 i
Si può subitol'notare che le due serie mostrano un andamen to grosso mod parallelo: infatti proprio quelle imprese che negli ann~ 1962/1965 hanno guadagnato terreno rispetto a tutte lelaltre per quanto riguarda il fatturato, (Ita! sider, Alfa Romeo, OM, le grandi imprese chimiche e petrolchimiche)sono parimenti quelle che, nonostante la generale diminuzione della occupazione, hanno aumentato il numero dei loro dipendenti.
- 18 -
I dipendenti mostrano un valore più alto nella classe 4, ma poi decrescono più velocemente dei fatturati: è questo con tutta probabilità, un segn0 del maggior valore aggiunto per unità prodotta nelle grandissime imprese, conseguente alla politica di recupero di produzione abitualmente commissionata all'esterno(!) o alla politica esplicita di sostegno della occupazione. Il feno~eno è tuttavia quantitativamentc rilevante solo per pochissime imvrese (Fiat, Enel, Agip, Italsider, e qualche altro ca so isolato).
Osserviamo ora le tabelle 13/17, ricordando che se non consideriamo le concentrazioni Enel e Sip, i dati di con centrazione dinamica varierebbero parallelamente per le successive classi non da + 32,3 a - 1,4, ma da - 0,7 a - 17% circa (i paralleli valori per il fatturato, depura ti dal solito problema del valore aggiunto, varierebbero da O a- 5% circa).
Il calo della concentrazione dalle prime alle ultime classi per quanto riguarda i dipendenti è molto più rapido di quella dei fatturati x, ed in conseguenza solo in parte spiegabile dalla caduta di questi ultimi indici.
Al diminuire della dimensione aziendale, facendosi più limitato il vantaggio tecnologico e la possibilità di .presentarsi con profitto sui mercati esteri, più scarsi l'imperativo ed il controllo politico per il mantenimento di elevata occupazione, diventando più difficile scaricare sui fornitori costi e rischi, si lancia una decisa razionalizzazione del processo produttivo attraverso una migliore organizzazione del lavoro e conseguenti for ti licenziamenti. Che si tratti prevalentemente di nuovi metodi organizzativi e più intensi ritmi di lavoro è dimostrato dalla rapida caduta degli investimenti soprat~ tutto privati nel 1964 e nel 1965 (tabella 18) che in gran parte esclude per questi anni un processo di maggio re meccanizzazione o automazione.
(l) Tale comportamento è indicato dalla teoria come un modo tipico di sfruttamento adottato dalle aziende più grandi in periodi di crisi.
- 1.9 -
Osserviamo ora l'andamento dei tre indici di "Performance Economica". Il "Fatturato per dipendente" ancora ordinato in modo quasi uniformemente decrescente al crescere del numero delle imprese, con un punto di massimo poco accentuato in corrispondenza della classe 30 (se si esclude la prima classe), è più opportuno osservarlo nelle variazioni-con l'anno precedente che qui riportiamo:
Aumento del rapporto "Fatturato per dipendente" dal 1962 al 1965.
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Possiamo rilevare un aumento estremamente ridotto nelle classi 4 e 10, e due situazioni di massimo relativo per le classi 30 e 200: la prima come effetto di buone condizioni settoriali e tecnico-aziendali, la seconda a causa della rapida e decisa rivrganizzazione dei processi produttivi.
Non dobbiamo dimenticare ad ogni modo che gli aumenti sono espressi in termini di moneta sensibilmente inflaziona ta: in termini! reali essi sono stati considerevolmente in feriori.
La percentuale'! del "Cash-flow sul fatturato" aumenta per le prime 10 im~rese che per la prima volta mostrano le percentuali pi~ alte del campione; per tutte le altre essa diminuisce tla 2 a quasi 3 punti.
Per quanto righarda le imprese pi~ piccole (classi da 100 in poi) questo\ indice, unitamente al "Cash-flow per dipen dente" mostra ~na condizione di redditività piuttosto cri tica. La già n~n eccessiva redditività per dipendente del 1962 - che all~ra tuttavia, data la forte occupazione, i salari meno elevati, l'alta utilizzazione degli im~ianti, poteva coesistere con un'alta percentuale .di cash-flow sul fatturato, cioè con una economia e profittevole gestio ne aziendale - viene a stento mantenuta in termini reali
- 20 -
nonostante gli abbondanti licenziamenti; i margini.di utile sui prezzi di vendita, e la stessa possibilità di adeguati ammortamenti si riducono sensibilmente.
Pe! quanto riguarda le grandissime imprese, (le pr·ime 10), c.he a causa déll 'al t a occupazione mantenuta hanno aumenta~o in ridottissima misura il fatturato per dipendente, esse conservano ciò nonostante un'alta redditività, sia per addetto, sia come percentuale del fatturato. A questa situazione contribuiscono fattori differenti, come il buon andamento congiunturale delle vendite del settore petrolifero, la nascita e l'inserimento dell'Enel fra le grandi imprese industriali, oltre ad una raggiunta in discutibile competitività internazionale di queste impre se (sarebbe tuttavia errato attribuire senza altro a que sta sola ultima ragione la positiva situazione che abbia tno rilevato).
Nel periodo 1965/1968 gli indici di concentrazione dinamica calcolati sui dipendenti mostrano un andamento ed un livello molto simili a quelli del fatturato, eccezion fatta per il dato delle prime 4 imprese, molto più alto nella serie calcolata sui dipendenti, e condizionanante l'andamento decrescente delle classi successive. Questo fatto, in gran parte spiegato dal passaggio della ESSO nella classe successiva, deriva dalla condizione specifi ca di alcune grandi imprese italiane, che sarà messa jn luce dall'analisi dei rapporti di produttività.
Il rapporto "Fatturato per dipendente" (colonna 5 della tabella 4) mostra una diminuzione per le prime 4 imprese, e un aumento per tutte le altre classi da 2 a 3 milioni per dipendente; colpisce in modo particolare il fatto elle la dispersione dei valori delle diverse classi attorno al valore massimo è la più piccola registrata nel decennio. T 3 anni successivi alla crisi hanno generato dunque un posi tivo travaglio, soprattutto nelle imprese di medie dimensioni, che ha permesso alle prime 300 società italiane di divenire un blocco sufficientemente omogeneo, superando le passate differenze di produttività, di comportamento e di organizzazione; c'è solo da dolersi del grosso scotto pagato per questo progresso in termini di disoccupazione e di spreco di risorse produttive.
- 21 -
Analizzando gli indici di redditività, notiamo come il rapporto "cash-flow per dipendente" mostri ancora un andamento decrescente al diminuire della dimensione aziendale. I risultati migliori sono delle prime classi (fino alla classe 30), mentre per quanto riguarda le variazioni dal 1965 ~l 1968, esse sono più uniformi e più equili brate. Non essendovi più, come sopra è stato detto, delle marcate d~fferenze in termini di produttività del lavoro fra le diverse classi di imprese, i risultati dello ultimo indice· sono gli stessi dell'indice precedente.
Queste informazioni ci portano alla conclusione che il rilevato equilibrio nella produttività per persona impiegata nelle prime 300 imprese sia stato raggiunto in condizioni strutturali differenti nelle grandissime imprese rispetto alle successive: la produzione delle prime scaturisce infatti da una gestione più integrata verticalmente, se non in stadi diff~renti della produzione, certamente ne~ campi della ricerca, dell'energia, di mo! ti servizi. L~ dinamica dei dipendenti e del "cash-flow per dipendent~" mostrano con sicurezza una situazione di questo genere, di maggiore valore aggiunto per unità pr~ dotta, e già dal 1965. Mentre le imprese più piccole han no continuato a ricercare una maggiore efficienza princi palmente attraverso la migliore organizzazione del lavoro, le grandi imprese si sono avviate a divenire delle strutture totali, il più possibile autonome cd autosuffi cienti.
- 22 -
5) - ANALISI DELLA CONCENTRAZIONE ATTRAVERSO GLI INDICI LINDA.
Gli indici di equilibrio dinamico oligopolistico di Lin da hanno il grande vantaggio, rispetto agli indici di cohcentrazione assoluta usati fino a questo momento, di non essere basati su un rapporto con un elemento estraneo e quasi sempre eterogeneo rispetto ai dati da esami nare: essi rilevano i rapporti di forza diretti che si instaurano fra le imprese. Noi abbiamo applicato tali indici in 4 punti delle nostre distribuzioni: alle prime 10 e 20 imprese, per indagare sul grado .di disequili brio e di diseguaglianza al vertice del sistema economi co, e alle prime 50 e 100 per ~vere la stessa informazione su una popolazione pià larga. Il nostro discorso sarà una comparazione dinamica delle diverse situazioni nel tempo, attraverso l'osservazione delle tre variabili guida: fatturato, dipendenti, cash-flow (tabelle 19, 20, 21, 22). Seguiremo la solita periodizzazione.
Il periodo 1959 - 1962
Gli indici L calcolati sul fatturato aumentano nel passaggio dal 1959 al 1962, ma in misura piuttosto scarsa; tutto il blocco delle prime 100 imprese avanza in modo omogeneo, ad eccezione della prima impresa, la Fiat, che emerge sopra tutte (l'indice i, che indica il massi mo del rapporti fra le prime imprese e quelle che le se guano passa dal settimo al primo posto, per n= 10).
Gli indici L calcolati sui dipendenti ci danno una nuova formazione sintetica: nel 1959 essi sono sempre pià alti dei corrispondenti indici sul fatturato. Questo signi fica che, fra le prime 100 imprese, sono proprio quelle via via più grandi che occupano in misura maggiore dei dipendenti in soprannumero, rispetto alle esigenze della produzione. Nel 1962 tale fenomeno si ripropone per le prime 20 imprese, a causa dei già rilevati forti ampiamenti nella capacità produttiva, non seguiti da un proporzionale aumento delle vendite; per quanto rjguarda in vece le prime 100 imprese considerate insieme, la disuguaglianza nel numero di occupati risulta inferiore a quella calcolata per i fatturati, a causa deJ.le forti as sunzioni operate dalle imprese più piccole.
- 23 -
La condizione più produttiva appartiene anche in questo approccio alla classe intermedia di 30 imprese.
Il cash-flow ne~ 1959 ha un andamento più vicino a quello dei fatturati che a quello dei dipendenti: questo fa! to ci ha spinto ad attribuire la forte presenza del fattore lavoro nel[e imprese più grandi a scarsa produttivi tà, piuttosto che a maggiore integrazione verticale o a maggiore valore aggiunto per unità di prodotto. Nel 1962 è aumentata la concentrazione di questa variabile presso le imprese medio-grandi.
Il periodo 1962: - 1965
L'inserimento d~ll'Enel e della Sip e la crisi del 1964 hanno portato ub maggiore equilibrio nel potere economico delle grandissime imprese (sono diminuiti infatti sen sibilmente gli indic1 L ed M calcolati sul fatturato de_! le prime 10 imprese; l'indice i è aumentato da l a 8); è tuttavia naturalmente aumentato il grado di concentrazio ne se consideriamo l'intero campione
Fra le prime 10 imprese la concentrazione dei dipendenti è aumentata (indice L), al contrario di quella del fatt~ rato, anche se è diminuita la "ampiezza" del disequilibrio (indici M ed i): vi è una maggiore distanza fra la prima e l'ultima impresa, ma la condizione di testa è condivisa da unlnumero relativamente maggiore di imprese. E' questo l'effètto della politica, attuata esplicitamen te dalle prime 4-5 imprese, di mantenere alta l'occupazione, pur nel ~enerale declino di attività. Il grande balzo dell'indi~e L del cah-flow mostra come tale politi ca sia stata po$sibile grazie ad una buona redditività aziendale e all'aumento delle lavorazioni eseguite in economia.
Per quanto conc$rne l'intero campione, la caduta della occupazione, detli utili e della stessa possibilità di adeguati ammùrtdmenti nella parte bassa della classifica, hanno fatto si ~he la concentrazione, misurata su queste grandezze, aume~tasse negli anni considerati.
- 24 -
Il periodo 1965 - 1968
La fusione Montecatini-Edison porta un ulteriore fattore di equilibrio fra le vette del potere economico italiano. La concentrazione del fatturato rimane praticamente stazionaria, in seguito alle numerose fusioni a tutti i livelli dimensionali e ai progressi produttivi altrettanto generalizzati.
In aumento è invece la concentrazione dei dipendenti e del cash-flow, indice anche qui di un maggiore valore ag giunto per unità di prodotto nelle imprese pià grandi.
Se consideriamo tutti e 10 gli anni, possiamo notare che fra le prime 20 imprese la disuguaglianza è diminuita: ai singoli rari "monopoli" si è andata sostituendo una struttura pià equilibrata di grandi imprese (vedi indice i), sia pubbliche che private, che costituiscono una soli da base per tutto il sistema economtco. Per quanto riguar da la concentrazione itjdustriale fra le prime 100 imprese, essa è invece aumentata, grazie soprattutto alla emergente dinamica delle imprese medio-grandi.
E' interessante notare che la concentrazione calcolata sul cash-flow (sempre nei 10 anni) è aumentata anche per le prime 10 e 20 imprese, con una nota di particolare ri-'lievo per le prime 6 (vedi l'indice i): fra queste e le successive 4 o 14 si stabilisce un distacco, che è il segno di differenze soprattutto qualitative e strutturali.
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0
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L-P
L =
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0
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M=
0,2
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L
-PL
=
0,1
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l)
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(i
=2
) H
= 0
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0
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2)'
L
-PL
= 0
,18
7
L-P
L =
0,2
94
l L
= 0
,23
9
L=
0
,31
3
(i=
4)
l M
= 0
,27
0
(i.=
6)
~~
=
0,3
63
(3
.=6
) L
-PL
= 0
,18
9
L-P
L =
0,2
13
L =
0,3
45
L
= 0
,39
5
(i=
7)
M =
0,4
12
(i
==
S)
ft{
J: 0
,55
6
( i:
n~8)
L-P
L =
0,2
95
L
-PL
= 0
,29
5
l _
l
- 25 --
PAH'fE I I =========
- Gli ~ndicj_ di cone0ntr~ziQ.IlQ.
1. Gli indici. di concentrazione cd i datl. necessari al loro calcob.o.
A) Media Arit~etica
Formula x =
n
::::: valore della variabile per l'azienda i l.=l
n= 1)0 dei dati
))a t i d i ba se: basta conoscere la .somma d i tutti i da t i ed il loro numero.
1%2 't~JG3
1%11
1905
1%S
1%9
l l
l
l !
··-- -··-·· ------- _____ J.. ________ ..:.. ____ ______
- 26 -
B) Coefficiente di variazione
Formula V
- 2 (x.-x) 1
n
-x
x.= valore della variabile per l'azienda i (i= 1,2 ....... n); ]_
x"= media aritmetica; n = n° dei dati.
Dati di base: si devono conoscere la media aritmetica x e tutti i singoli dati.
Per i] calcolQ si pub cosl procedere:
n
l- x tot " i
i· l
-.. -----~--------:2·-·--1 2
n (x. - ).) { . ) >-- _,1 __
l x. - x .-,
1 ]_L ___ n __
>:
n ]--------· .... - x • /- i x .. x
x 0: i::1 i -n-
----~----·------------- ________ .. ___ _ ! i
l
n .
[ • 2·
toL:: .-:(x-x ) : l=- l .
------.;,__. ...... -------------·-----· ----~·~----
Tavola di prescnthzionc dci dati: ----··--· -- • ..-•-·----~-~-......... _...... -----..... ,---... .. -4,_.,..
A C l Dj [ l f
-------- ----------·· --- ------+------;·---- -----·--1952 l l
1SS3
19G7
. l
l l l l ! l l i l l !
l l l
l l l -.. -..... ----·---4---------.... -· .. ---... -... ----.-........ __ :... .. ~.,.. _____ .. _______ .. _.,...._ ___
C) Coefficiente di Gini
Formula R' = l n x
- 27 -
n L i=l
{(i-1) Fx. - iFx. l
l. l-1 j
Dati di base: occorrono tutti i singoli dati cd il loro numero. I dati vanno disposti in ordine crescente.
Per il calcolo si pub cosi procedere:
x. Fx fx i-~
(i-1)Fx. l i l
~
iot • .,. x
-- ----
---
.. ---
ifx i
(l-1)h. -H>:. 1 l l-
J i
li l toL" L{(i-1)Fx.-irx
1_1l
. 1 l ) l l= ;
x. ~
= valore della variabile per l'azienda i (i=1,2 n
l"x = cumu] a t i va i
sino ad x =L i=l
Tavola di prese1tazionc dei dati:
·----\~-11-- ··-+ ~·. J :; • .!.
A D hnri 1
-~ ....... --~ . ...,._-....... ~· ... ,.___, -- --1%2 i%3
1%5 1%G
C -· --D ----~]--·---;--.---~
- -- - ~---~---
1?(.S
1~&9 -·-· .... tJ. ___ -. _ .. _______ ··-·--·---~-·-- -·-·---
•.••. n)
- 28 -
D) Indici Linda (l)
n*-1
Formula LJn*i i=l l
L x*.lOO = l ----x n* (n~':-1)
i
Dati di base: occorrono solo i singoli dati assoluti.
Per il catcolo: occorrono le somme <lei singoli n dati (nelle diverse ipotesi di n.: 4,8,10, ... ,80%,100%). Occorrono le cumulative dci dati assoluti e le loro per_ c0ntuali sui totali nelle diverse ipotesi di n. -
Si può procedere così (per ogni singola ipotesi di 1! . .!-' per ogni variobile, per ogni anno):
i
1 2 3
n .. 1
n
l l
-x a j A i i L j
djr.cnsione x l ~ sul -.. 1 s cura: 1 <d i va sir.gcla l
l t oh 1 c cur:ulati\'a dir!:':1SÌN:i ir·:prcsa
di.u:nsivni cl , a~~olu{::.>
__............_,.~- .........
_... ____ --.L ________ _
[G/ r.
(sulle iarclc)
---
L_rot n
_ ___l
- 28 bis -
(l) Vedasi: REMO LINDA: Concurrence Oligopolistique et Planification Concurrentielle Internationale ; in "Economie Appliquée", 1972, nn. 2-3, pag. 325/476 Librairies Droz, Genève.
- 29 -
Tavola di presentazione dei dati:
(a-b--c-d sono le variabili osserva te)
19G2
a "'·
l i l
i a b c d
n a ~ c d a h c d
1 2 3 ,.. l· l
8 t:o.z
n 10U): 18UX 10[~
.l
a b c d
L'indice Linda è l'unico che può essere C31colato in ogni caso; non occorre infatti conoscer·e il totale del settore, nè occorre conoscere i dati di tutte le imprese (ma solo quelli delle imprese significative).
E ) I n d i c i d i c o n c entra z i o n e asso l u t a ( r a t i o s d c~ c o n c e n--trat:i.on).
Formula CH , n.,, 100
x 2 .. ~ i=-= l
'J' n v o l a d i p r c !:;~c n t az i o n c d c :i.
x. l
- 30 -
1962
rrir..e n ioprese dato assoluto % S!J1 t0fale X sul totale delle ir~pres~ di settore consiC:crate
a b c d a b c d a b c d
prime 4 prir.e 8 prir:;e 10
...
...
Considerando un numero elevato di ipotesi di ti, questa tavola da un q~adro completo della situazione del settore.
F) Indice ct i Ircrfinctahl
"
Formula H -V~+l
h =
l
2 x
n 2
x. l.
Dati di base: i singoli dati assoluti e il·totalc di set toro
Per il calco1o: il quadrato dei singoli dati assoluti il quadrato del totale del settore.
Nel caso piccole, imprese. so col
non fossero disponibili i dati delle j_mpro~,c p5 ù l'indice può esse-n'c calcolato tralasciando t~:1li
I l t o~: é.t l e d j_ se t t or c v a c o s t i tu i t o i n q u e::::; t o c a tòtale delle imprese considerate.
Schema di c~lcolo:
x 2 i i x..
)
1
2 3
---n E i x.
).
\- 2 L xl./ 2 )J x .. l
- 31 -
Tavola di presentazione dci dati:
>::: . a b c d
19&2 H
1%3 1%4
...
C) Indice di Entropia di Pasehcn
n
Formula p L x. - l log
i=l x
x i
x
nati di base: i singoli dati assoluti c il totale del scttol)C.
Per il cP.leolo: le percentuali sul totale dci singoli datj assoluti, e il logaritmo di queste percentuali.
Schema di calcolo: (per or.;ni anno c per ogni variabile)
>: a i i i
00 1 (1g d2ti % sul log
é\. a a l i
ass~'luU t o{a l c i
1
t 3
r. a. . l t·') ~ ... r 1,CO 1 i
- 32 ~
Tavola di presentazione dei dati:
a b c d
1962 1963 1964
p
2. Un approfondimento delle caratteristiche dell'indice Linda.
L'indice Lindaj di cui abbiamo dato precedentemente la formula, è costituito dalla media aritmetica semplice dei (n-1) rapporti (EO) tra la dimensione media delle prime imprese e la dimensione media delle imprese (n-i) residue; ciascun rapporto (EO) è previamente diviso per n. (1)
Nèl corso del <talcolo del "livello di equilibrio oligopolistico'' (indivi~uato dall'indice L), è possibile mettere in luce una serie!di importanti rapporti ed indici che, insieme, costituiscono il "sistema di indici di equilibrio dinamico oligopolistico":
- l'arena oligopolistica, costituita dalla frazione del settore preso in considerazione (A ) costituità dalle unità più importan"tii (n*), vale a dirg*quelle che hanno effettivamente un p 'tere oligopolistico sul mercato~ ed escluse quelle che itvece risultano mancanti di tale potere (n-n*);
-l'indice di osizione dominante, cioè l'indice M, nell'aro bito di cias una ipotesi di n presa in considerazione (M è il valore assimo della serie EO.
1
n l'asse oligo~olistico, cioè, nell'ambito di ciasc11na ipot~si di n e nell'ambito dell'arena oligopolistica, il valore di i* c\trrispondPnte alla posizione M (i è a1Jpunto
- 33 -
il livello nella scala decrescente delle imprese in cui si effettua il rapporto EO, e in questo caso il livello in cui si situa il massimo rapporto EO).
Vogliamo ora richiamare due giudizi espressi di recente sul sistema di indici Linda.
Il primo si trova in: Jacques De Bandt: Mesures de la Dimension des Unités de Production, Nanterre 1970.
" Une solution plus complète dans cette vaie est représentée par l'indice de Linda. Remo Linda vise à cerner une notion d'équilibre concurrentiel dans les rapports de force entre entreprises: il s'agit dès lors de tenir compte plus que du nombre d'unités de production, de leur "poids relatif". ( ... ) Calculant c es rapports pour l es i premières unités de production, i variant de l à k, on obtient une image des rapports de force entre ces unités de prod~ction, qui s'ajoute à la pure image de concentration que l'an obte nait en suivant la courbe de concentration pour des valeurs croissantes de k. ( ... ) L'intéret de la méthode de Linda réside dans l'application de cette misure de l'inégalité de la répartition aux sous-groupes des premières unités de pr~ duction: le jou concurrentiel est dominé par elles, et ses modalités sont déterminées par leur rapports de force" (op. cit. pag. 44-46).
Il secondo giudizio che riportiamo è tratto dal citato lavoro di Roberto Camagni sulla evoluzjone della concentrazione industriale in Italia.
" ... Non essendo basati su rapporti con dati globali spesso eterogenei rispetto ai dati da analizzare (totale occupati, prodotto nazionale lordo), gli indici Linda hanno permesso delle comparazioni precise e rapide fra la serie dei fatturati, dei dipendenti, dei cash-flow; i dati dei cash-flow inoltre non sono esprimibili altrimenti sotto forma di indici di concentrazione.
- 34 -
Per quanto riguarda le dinamiche relative delle diverse classi dimensionali, la sintesi operata da questi indici è molto sensibile ed efficace: tavolta tuttavia la ecces siva aggregazione di molte informazioni in un solo dato ha reso indispensabile la precedente analisi, basata su indici pià nomerosi, ma pià semplici.
Nel complesso le informazioni che si sono potute trarre sono state coerenti con quanto rilevato attraverso gli indici assoluti e ~ rapporti di produttività: e questo nonostante che l'analisi con gli indici Linda sia stata condotta su ~n numero di unità minore (100 imprese anzichè 450). Ne con~egue che il numero di 100 imprese su cui applicare l'indice L si è rilevato ben espressivo e valido per sintetizzare la condizione di tutta la industria ita-liana. 1
In conclusio~e, il numero pià significativo di imprese su cui applicar gli indici di Linda è stato n = 10 e n = 100; il primo cal olo ci ha fornito le maggiori novità, riguardo i rapporti di forza fra le i1nprese pi~ grandi, mentre il secondo ci ha fornito una misura sintetica dell'evoluzione della concentrazione in Italia.