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Miniatura raffigurante Gaucelm Faidit e Guillelma Monja, da un manoscritto della Bibliothèque nationale de France. Grazia MARZO, matricola 1351161 1 La Vidas e le Razos del trovatore Gaucelm Faidit

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Miniatura raffigurante Gaucelm Faidit e Guillelma Monja, da un manoscritto della Bibliothèque nationale de France.

Grazia MARZO, matricola 1351161

aa. 2012-2013

Filologia Romanza – Prof. Paolo Canettieri.1

La Vidas e le Razos del trovatore Gaucelm Faidit

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Mss. che tramandano la vida di Gaucelm Faidit :

-A 70 = Lat. 5232 della Biblioteca apostolica Vaticana, Città del Vaticano, XIII sec., scritto in Italia.

- B 47 = Fr. 1592 della Bibliothèque Nationale, Paris, fine XIII sec., scritto in Provenza.

- E 191= Fr. 1749 della Bibliothèque Nationale, Paris, XIV sec., scritti in Languedoc.

- K 21 = Fr. 12473 della Bibliothèque Nationale, Paris, fine XIII sec., scritto in Italia.

- I 33= Fr. 854 della Bibliothèque Nationale, Paris fine XIII sec., scritto in Italia.

- N224 = Phillips 1910 della Staatsbibliothek, Berlin, XIV sec., scritto in Italia.

- R 1 = Fr. 22543 della Bibliothèque Nationale, Paris, XIV sec., scritto in Languedoc.

- a 166 = 2814 della Biblioteca Riccardiana, Firenze, scritto nel 1589.

- a” 31 = 2814 della Biblioteca Riccardiana, Firenze, XVI sec., scritto in Italia.

- ρ 10 = Barberiniano Lat. 3986 della Biblioteca apostolica Vaticana, Città del Vaticano, scritto nel XVII.

- P 39 = Pl. 41,42 della Biblioteca Mediceo – Laurenziana, Firenze, finito di scrivere nel 1310 in Italia.

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Gaucelm Faidit

Gaucelm Faidit (1170 circa-1202) fu un trovatore originario di Uzerche (Corrèze) nel Limosino, proveniente da una famiglia di cavalieri al servizio del conte Turenna. Visse principalmente presso le corti di Maria di Ventadorn, dedicataria di dodici dei suoi componimenti, e di Bonifacio I di Monferrato, al quale invece ne indirizzerà sei, la cui corte d’altra parte cominciò ad essere frequentata con continuità da alcuni dei maggiori trovatori provenzali anche per la rinomanza acquisita dai marchesi di Monferrato a seguito della vicende della III Crociata, a cui probabilmente prese parte nel 1189-1191 pure il nostro trovatore.

La sua attività poetica abbraccia il periodo dal 1185 al 1202 circa.

Fu un grande viaggiatore come apprendiamo dai suoi versi e dalla stessa vida ‹‹que plus de vita ns anet a pe per lo mon›› andò infatti in Francia, dove soggiornò a Poiters, alla corte di re Riccardo I d’Inghilterra, in Bretagna, in Ungheria, per lungo tempo nelle corti dell’Italia settentrionale, lasciando traccia del proprio passaggio in Piemonte e in Lombardia, in Castiglia, a Costantinopoli e addirittura ‹‹passè outre mer›› in Siria e in Palestina.

Ernest Hoepffner, nel corso dei suoi studi sui trovatori, rimase fortemente stupito della sorte toccata a Gaucelm Faidit: ritenne infatti sorprendente che un trovatore di tale spessore, nonostante gli studiosi avessero iniziato a occuparsene a partire dal XVIII sec., in particolare Diez, Robert Meyer e in seguito i loro successori, fosse rimasto poco noto nell’ambito dei classici occitanici e i suoi componimenti non pubblicati come avrebbero meritato, malgrado l’importanza e il valore poetico delle sue opere.

Hoepffner riconobbe in Gaucelm ‹‹l’un des plus fertiles de nos trobadours de la grande époque››, una personalità originale un poeta delicato, raffinato, vario, che amò cimentarsi sia in lingua d’oc che d’oïl e , nei circa settanta componimenti da lui scritti, toccò tutti i generi della lirica: dalle oltre cinquantacinque canzoni consacrate al tema dell’amore cortese, materia da lui prediletta e attraverso la quale si sprigiona pienamente la sua vena poetica, ai sirventesi, al bel planh per la morte (1199) di re Riccardo Cuor di Leone.

Gaucelm è uno dei protagonisti di alcuni dei più notevoli cicli di razos antiche e di vidas di ampio respiro narrativo; considerato tra quei maestri, degni di essere imitati e

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talvolta tradotti, dei poeti della scuola siciliana e di Dante, Petrarca ( soprattutto nei “Trionfi”) e Boccaccio.

Di Faidit possediamo una delle biografie più lunghe che esistano su un trovatore: una vida, giunta in redazioni abbastanza simili tra loro, tràdite, dai Canzonieri: A, B, E, K, N2, R, a, aII e ρ, e cinque razos, dettagliate spiegazioni, riguardanti di solito rivalità e relazioni amorose, che a mo’ di cornice introducono e motivano il contenuto delle liriche. Dalle razos e dalle sue opere emergono i rapporti avuti dal nostro trovatore con Ugo Bruno, conte de la Marche, Peire de Malamort (Saintongier), il visconte de Comborn ( Sobregai), Raimon d’Agout (Linhaure), Jourdaine d’Embrun, (Bel-Esper) (Razo E); uno scambio di versi con Elias d’ Ussel e Monaco de Montaudon, dei quali riprende molti elementi. E’ altresì indubbia l’esistenza di legami, testimoniati tra l’altro da tenzoni, tra Gaucelm e altri quattro trovatori a lui contemporanei: Guillelm de Berguedà, Perdigon, Raimon Jordan e Dalfin d’Alvernha.

La Vida

La vida, se pur breve, sin da una prima lettura, dà l’impressione d’essere un concentrato nucleo narrativo tracciato dall’anonimo autore quasi per essere poi ripreso e sviluppato in qualcosa di più esteso. Si configura infatti come una piccola storia, ricca di informazioni relative alla vita del trovatore, con un suo esordio un suo svolgimento e “un lieto fine”.

Da subito vengono rivelate l’origine, lo status sociale del poeta e notizie riguardanti in generale il suo “trobar”: si sottolinea pertanto che ‹‹ fetz molt bos sos e bos motz e cantava peiz d’ome del mon››; che fu costretto a farsi giullare, per aver perso ogni sua sostanza al gioco dei dadi, e dovette per lungo e sfortunato periodo andar vagando per il mondo di corte in corte con la speranza di far apprezzare le sue canzoni. Fu inoltre un uomo di grande liberalità e molto goloso nel mangiare e nel bere a tal punto da diventare ‹‹gros oltra mesura››. Si sposò una ‹‹soldadera››, Guillelma Monia, donna assai bella e molto istruita, la quale rimase al suo fianco seguendolo nelle differenti corti e che, con il passare del tempo, divenne ‹‹ si grossa e si grassa com era el››. La vida si conclude senza accennare alla morte del poeta ma semplicemente asserendo che il marchese Bonifacio di Monferrato lo elargì di ricchezze, vestiti ed apprezzò molto lui e le sue canzoni.

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Edizione critica della Vida del trovatore Gaucelm Faidit tratta dal testo Biographie des troubadours di Boutierès-Schutz 1 :

Gauselms Faiditz si fo d’un borc que a nom Userca, que es el vesquat de Lemozi, e fo filz d’un borges. (2) E cantava peiz d’ome del mon; e fetz molt bos sos e bos motz. (3) E fetz se jorglars per ocaison qu’el perdet a joc de datz tot son aver. (4) Hom fo que ac gran larguesa; e fo molt glotz de manjar e de beure; per so venc gros oltra mesura. (5) Molt fo longa saiso desastrucs de dos e d’onor a prende, que plus de vint ans anet a pe per lo mon, qu’el ni sas cansos no eran grazidas ni volgudas. (6) E si tolc moiller una soldadera qu’el menet lonc temps ab si per cortz, et avia nom Guillema Monja. (7) Fort fo bella e fort enseingnada, e si venc si grossa e si grassa com era el. (8) Et ella si fo d’un ric borc que a nom Alest, de la marqua de Proenssa, de la seingnoria d’En Bernat d’ Andussa. (9) E missers lo marques Bonifacis de Monferrat mes lo en aver et en rauba et en tan gran pretz lui e sas cansos.

Traduzione della Vida :

Gaucelm Faidit fu di un borgo chiamato Uzerche2, che è nel vescovato di Limousin, e fu figlio di un cavaliere e cantava peggio d’ogni altro uomo al mondo; e compose molte buone melodie e buone parole. E diventò un giullare perché perse al gioco dei dadi tutti i suoi averi. Fu un uomo di grande liberalità, e fu molto goloso nel mangiare e nel bere; perciò divenne grosso oltre misura. Per molto tempo fu assai sfortunato per ciò che riguarda il ricevere doni, e per più di venti anni vagò a piedi in giro per il mondo, perché né lui né le sue canzoni erano gradite o apprezzate. E si sposò una prostituta (soldadera)3 che portò con sé per molto tempo in giro per le corti, e si chiamava Guillelma Monia4. Fu molto bella e molto istruita, e divenne grossa e grassa come era lui. E lei fu di un ricco borgo chiamato

1J. BOUTIЀRE et A. H. SCHUTZ, Biographies destroubadours, A.G. Nizet, Paris, 19642“ Uzerche”(Corrèze) è un dipartimento francese della regione del Limosino.3 “Soldadera” era il nome dato alle donne che si esibivano al fianco dei giullari. 4 “Monia” probabilmente significa “suora”.

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Alès5, nella terra di Provenza, sotto la signoria di Messer Bernart d’Anduze6. E Messer il marchese Bonifacio di Monferrato7 gli donò ricchezze e abiti e apprezzò molto lui e le sue canzoni.

Edizioni diplomatico-interpretative delle trascrizioni dei mss.: B 47 v , E 191; I 33 r/v ; K 21 v ; R 1 v .

Trascrizione dal ms. B 47 v :

Gaucelms Faidit si fo d’un borc que a nom Userta, q(ue) es e levescat de Lemozin, e fo fills d’un borzes e chantava pieitz domen del mon; e fetz mout bons sos e bons motz. E fetz se ioglars p(er) ochaion q(ue) el p(er)det a ioc tot son aver. Hom fo q(ue) ac molt gran larguesa; e fo mout glotz de maniar e de beure; e p(er) so el vec gros outra mesura. A jout fo lonc temps desastrucs de dons e d’onor a prendre q(ue) plus de .xx. anz anet a pe p(er) lo mon q(u)ez el ni sas chansos non eron volgudas ni grazidas. E pres a moiller una soudadieira qu’el menet ab se lonc temps per cortz, que avia nom Guillelma Monia. Fort fo bella (et) ben enseignada e venc si grossa cum era el. Ella fo d’un borc qui a nom Elest, q(ue) es de la marcha de Proenssa q(ue) es de la seignoria d’ En Bernart d’Andusa. E messier lo marques Bonifacis de Monferrat lo mes en aver (et) en raubas (et) en arnes (et) en gran p(re)tz lui (et) sas chanssos.

5 Alès si trova nel dipartimento di Gard.6 Bernard d’Anduze probabilmente Bernardo VII di Anduze (Gard), che morì intorno al 1223.7 Bonifacio di Monferrato è Bonifacio II, che nel 1192 successe a suo fratello Guglielmo III, decise di guidare nel 1202 la spedizione per la IV Crociata. Morì nel 1207. Gaucelm celebrò il marchese nelle sue ultime sei canzoni e lo seguì nella Crociata.

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Ms. B 47v, vidas di Gaucelm Faidit.

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Trascrizione dal ms.E 191:

Gauselm Faidit si fo d’un borc quez a nom Uzercha, que es en l’evescat de Lemozi, e fon filz d’un borges. Cantava peitz come del nom; e fes molt bos sos e bos motz e bonas chansos. E fes se jotglar per ochaizo qu’el perdet a ioc tot son aver a ioc de datz. Hom fo quez ac gran largueza e fo molt glotz de maniar e de beure; per so esdevence gros outra mezura. Molt fo longua sazo desastrux de dos e d’onor a penre, que plus de .xx. ansa net e pe per lo mon, qu’el ni sas chansos non eron grazidas ni volgudas. E si pres per moiller una soudadeira qu’el menet ab si lonc temp per cortz, (et) avia nom Guilelma Monia. Fort fo bela e fort ensenhada, e si devenc si grossa e si grassa com era el. (Et) ella si fo d’un ric borc queza nom Alest, de la marca de Proensa, de la senhoria d’En Bernart d’Anduza. E messer lo marques Bonifasis de Monferrat lo mes en aver (et) en rauba (et) en gran pretz lui e sas chansos (et) aqui son escriutas de las soas chansos las cals vos poiretz auzir e vezer8.

8 “(et) aqui son escriutas de las soas chansos las cals vos poiretz auzir e vezer” trad. “e qui sono scritte le sue canzoni le quali voi potrete ascoltare e vedere”.

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Ms. E 191, vidas di Gaucelm Faidit.

Trascrizione dal ms. I 33 r/v :

Gauselm Faiditz si fo d’un borc que a nom Userta, que es el vesquat de Lemorin, e fo filz d’un borges. E cantava peiz d’ome del mon; e fetz molt bos sos e bos motz. (E fetz molt bos sos e bos motz). E fetz se ioglar p(er) ocaison qu’el p(er)det a ioc de daz tot son aver. Homs fo que ac gran larguesa; e fo molt glotz de maniar e de beure; p(er) so venc gros oltra misura. Molt fo longa saisos deastrucs de dos e d’onor a prende, que plus de .xx. ansa net a pe p(er) lo mon, qu’el ni sas ca(n)sos no eran grazida ni volguda. E si tolc moiller una soldadera

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qu’el menet loncs temps con si p(er) cortz, et avia nom Guillelma Monia. Fort fo bella e fort enseingnada, e si venc si grossa e si grassa con era el. Et ella si fo d’un ric borc que a nom Alest, de la marqua de Proenssa. Della seignoria d’E(n) Bernart d’Andussa. E missers lo marques Bonifacis de Monferrat, mes lo en aver et en roba et en tan gran pretz lui e sas cansos.

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Ms. I 33r / 33v vidas di Gaucelm Faidit.

Trascrizione dal ms. K21 v :

Gauselm Faidit si fo d’un borc que a nom Userca. Que es el veseq(u)at de Lemorin. E fo fillz d’un borges. Cantava peiz d’ome del mon; e fetz molt bos sos e bos moz. Effetz se ioglar per ocaison qu’el perdet a ioc tot son aver a ioc de daz. Homs fo que ac gran largesa. E fo molt gloz de maniar e de beure; per so venc gros oltra mesura. Molt fo longa saisos desastrucs de dos e d’onor a prende, que plus i de .xx. annet a pe per lo mon, qu’el ni sas cansos no eran grazida ni volguda. E si tolc muiller una soldadera qu’el menet loncs temps com si per corz, et avia nom Guillelma Monia. Fort fo bella e fort enseingnada. E si venc si grossa e si grassa com era el. Et ella si fo d’un ric borc que a nom Alest, de la marq(u)a de (Pro)enssa, de la seingnoria d’E(n) Bernat d’ Andussa. E missers lo marques Boneffacis de Monferrat mes lo en aver et en roba et en tan gran prez lui et sas chansos.

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Ms. K 21v vidas di Gaucelm Faidit

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Trascrizione dal ms.R1 v :

Gaunselm Faizit fo d’un borc q(ue) a nom Usercha, q(ue) es en lavescat de Lemoçi, filh fo d’un borzes. E chantava piegz dome e mot bos sos e bonas chansos. E fes se ioglar p(er) so cor ac perdut tot son aver a ioc de datz. Homs fo mot larcs e mot gros de maniar e de beure; p(er) q(ue) endevenc gros otra mezura. Mot fo lonc temps desastrucs de dos e d’onor, que plus de .xx. ans anet p(er) lo mo(n) q(u)’el ni sas chansos no foro grazitz ni volgutz. E pres moller una soudadieira q(ue) menet ab si p(er) cortz q(ue) avia nom Guillelma Monia. Fort fo bela e ensenhada, e esdevenc fort grossa (e) grassa. E fo d’un ric borc q(ue) a nom Alest, de la marca de Proensa. E missier Bonifassi marq(ue)s de Mo(n)ferrat mes lo en aver e en raubas e en gra(n) pretz lui e sas chansos et aysi trobares de sa obra9.

Ms. R 1v vidas di Gaucelm Faidit.

9“ et aysi trobares de sa obra” trad. “e anche il modo di comporre la sua opera”13

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Varianti dei manoscritti:

(1) Gaucelms B, Gauselm I R, Gauselm faidit E, faizit R,- si manca in R-, queza nom E, ursecha R, uzercha E R, userta B I,ueseqat K, en leuescat (lauescat R) E K R, de leuesc(h)at B, lemozin B, lemorin I K, e fo..borges] filh fo dun borzes R,- e manca in K-. (2) E cantava…motz] E chantaua piegz dome e mot bos sos e bonas chansos R, domen B, peitz come del m.E. Après motz, E aggiunta: e bonas chansos (3) io(t)glar E I K R, ochaion B, que el B, per so car ac perdut tot son auer a ioc de datz R, a ioc tot son auer a ioc de d. E K,- de datz manca in B-, (4) Homs I K R, quez ac E, mout gran I B. Homs fo mot larcs e mot gros de m. e de b.R, per so el u.B, per que endeuenc R, esdeuenc E (5) saisos I K lonc temps B R, deastrucs I, penre E,- aprende manca in R-, - a pe manca in R-, quez el B, non eron B E, grazida ni uolguda I K, uolgudas ni g. B, no foro grazitz ni uolgutz R.

(6) E si- (si manca in B)-, pres per m. B E, E pres molher R, soudad(i)e(i)ra B E, - el manca in R-, lonc t.- manca in R- con si I, com si K, ab si R, m ab se (si E) lonc B E, que auia n. B R, guilhelma R (7) Fo fort B, bella e ensenhada R, b. e ben ense(i)gnada B, deuenc E, e uenc si grossa cum era el B, e si…el] e esdeuenc fort grossa e grassa R,- si grassa manca in B- (8) Ella fo B, E fo R –ric manca in B-, qui a B, queza nom E, elest B, della m.I, qes de la s.B, della s. I, andusa B, anduza E, de la…Andussa]- manca in R- (9) messer E, messier R, m. bonifassi marques de monferrat R, bonifasis E, boneffacis K, lo mes B E, rauba E, raubas B R, roba I K, après raubas B aggiunta: et en arnes,- tan manca in B E R. Après cansos, E aggiunge: E aqui son escriutas de las soas chansos las cals uos poiretz auzir e uezer,el R: Et aysi trobares de sa obra.

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Traduzione della Razo C tràdita dal Canzoniere P39 r

Quando Gaucelm Faidit abbandonò la sua richiesta amorosa nei confronti di Madame Maria di Ventadorn, grazie al buon senso di Madame Audiarde de Malamort, come voi avete compreso, lui rimase per molto tempo triste e afflitto per il grande inganno che aveva sofferto e subìto; però Madame Margherita d’Albusson, moglie di Messer Rainaut, visconte d’Albusson, gli fece ritrovare la gioia di cantare perché gli disse tante cose gradevoli e gli mostrò tanto amoroso sembiante che lui si innamorò di lei e la pregò d’amore. E lei, poiché lui la apprezzò e la celebrò con i suoi canti, accolse le sue preghiere e le ascoltò e lui promise di farle piacere in diritto d’amore. Molto tempo durarono le preghiere di Messer Gaucelm Faidit e anche l’amore che lui provava per Madame Margherita d’Albusson. Molto la lodò e la pregò con parole e fatti ma lei, pur rallegrandosi delle lodi che lui le indirizzava, non provava nessun amore verso di lui né gli fece mai alcun piacere in diritto d’amore. Ma una volta, quando prese commiato da lei, le baciò il collo e lei lo sopportò amorosamente; così lui visse per molto tempo in una grande allegria per quel piacere; ma lei amava Ugo di Lusignan, che era figlio di Ugo Bruno conte de la Marche ed era molto amico di Messer Gaucelm. La donna abitava nel castello d’Albusson dove non poteva vedere Ugo di Lusignan né poteva fargli alcun piacere. Poiché finse d’esser mortalmente malata fece voto di andare a pregare la Madonna di Santa Maria di Rocamadour. E Mandò a dire a Ugo di Lusignan di venire a Uzerche, un borgo dove viveva Gaucelm Faidit, di recarsi furtivamente e di scendere nella casa di Messer Gaucelm e che anche lei sarebbe scesa in quella casa e gli avrebbe fatto piacere in diritto d’amore e gli comunicò il giorno che sarebbe dovuto venire. Quando Ugo udì questa notizia si rallegrò e gioì e venne nel luogo in quel giorno che lei aveva stabilito e scese nella casa di Messer Gaucelm Faidt. La moglie di Messer Gaucelm, quando lo vide, l’accolse molto cordialmente e con grande gioia e in gran segreto come le era stato raccomandato. E la donna arrivò e scese nello stesso luogo e trovò Ugo di Lusignan nella casa nascosto nella camera dove lei doveva dormire. E lei, quando l’ebbe trovato, fu allegra e gioiosa e rimase lì due giorni e poi andò a Rocamadour e lui l’aspettò fino al suo ritorno. Rimase

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lì ancora altri due giorni e poi quando ritornò ogni notte giacquero insieme con grande allegria e con grande sollazzo. E quando se ne furono andati Messer Gaucelm non tardò molto a venire e sua moglie gli raccontò tutta la vicenda. Gaucelm, quando la ebbe ascoltata, fu così addolorato da voler morire perché credeva che la donna non volesse bene ad altri se non a lui. E ciò che lo rattristò di più fu che avessero dormito nel suo letto; così lui compose su questa vicenda una canzone “cattiva” che comincia così:

‹‹semmai un uomo, per avere cuore fedele… ››

Come voi ascolterete. E questa canzone fu l’ultima che fece.

Traduzione della Razo E tràdita dal Canzoniere P39 r :

Ci fu un periodo nel quale Gaucelm Faidit indirizzò per molto tempo i suoi desideri verso Madame Jourdaine d’ Embrun, originaria di una città che si trova appena all’interno della Lombardia al confine della Provenza; era una donna bella, nobile, graziosa, istruita e cortese. Componeva canzoni su di lei, tanto la servì e le chiese molte grazie, a tal punto che lei si innamorò di lui e fece di Messer Gaucelm Faidt il suo cavaliere e il suo amante. E lui la chiamava nei suoi canti “Bella – Speranza” come disse in una canzone che fece su di lei. E la canzone comincia così :

‹‹Mi rattristò molto…………………..

…………………………………………

Tutto ciò che esiste aspira alla gioia;

e il mio cuore fedele si spezza, muore e si duole,

e, senza di lei, non posso avere alcuna gioia››.

E avvenne che il conte Alfonso di Provenza indirizzasse i suoi desideri verso di lei e facesse per lei molti servigi piacevoli e apprezzabili, giostrasse e si spendesse per l’amor suo. E la donna l’accoglieva cortesemente e gli offriva bei sembianti e si sollazzava e rideva con lui; perciò si credeva che il conte fosse il suo amante e fu riferito a Messer Gaucelm Faidt che il conte aveva ottenuto da lei tutto il suo piacere e tutta la sua volontà. Per questo, per lo sdegno e per il dolore e per la tristezza che l’afflisse, si allontanò da lei e fuggì

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di corsa e abbandonò i suoi canti e le sue canzoni e le sue belle parole che aveva composto su di lei. Ed era tanto triste e tanto addolorato che voleva morire e non voleva sentir parlare di lei nessun uomo al mondo. E stette così per molto tempo lontano da lei e non voleva più rallegrarsi né cantare né ridere. Alla fine quando seppe con certezza che, quello che gli era stato detto, non era la verità, ma anzi che era stato detto dalle malelingue e con l’inganno, si pentì di aver detto false parole contro Amore e di aver usato vili parole nei confronti della sua donna e si pentì della sua follia. E ben convinto, che tutto ciò che era stato detto erano bugie, volle ritornare presso le grazie della sua donna e per questo fece una canzone che voi ascolterete domandando e chiedendo pietà alla sua donna, supplicandola di perdonargli il suo torto, assicurando che, se lei lo avesse perdonato e fosse stata disposta ad amarlo, lui sarebbe stato sempre più leale e obbediente verso di lei che non il leone verso Golfier de la Tors; e aggiungeva che ben lo doveva perdonare per due ragioni: perché voleva farsi crociato e andare a Roma ma questo non poteva farlo rettamente se fosse stato in guerra o in discordia con qualcuno o se qualcuno lo fosse stato con lui e si fosse rifiutato di perdonarlo e conveniva per altro che lei lo perdonasse perché Dio perdona a coloro che perdonano facilmente e l’avrebbe perdonata se lei avesse perdonato lui. E ecco la canzone:

‹‹ Canto e divertimento, gioia, galanteria e sollazzo,

buone maniere, liberalità e cortesia,

onore e merito e leale amore

furono così fortemente abbassati per l’inganno e la cattiveria,

che per poco per lo sdegno sarei stato disperato;

perché, tra cento donne e spasimanti,

non ne vedo una né uno che ben si comporti

nell’amar lealmente e che non finga d’aver un’altra inclinzione;

e non sappia dire che è divenuto Amore:

guardate come è stato sminuito il valore››.

Gaucelm Faidt chiamava “Bello-Dolce-Smeraldo-Fine” Ugo Bruno, conte de la Marche, e chiamava “Saintongier” Messer Pier de Malamort; “Molto

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Allegro il visconte de Comborn; “Bella-Speranza” Madame Jourdaine d’Embrun e “ Lignaure” Messer Raimon d’Agout.

Commento alle Razos

Le razos C ed E sono tràdite dal noto Canzoniere provenzale P, importante soprattutto per la sua circolazione ( o di un suo affine) in ambito toscano, in particolare fiorentino, e per essere stato letto dalle tre Corone, dal quale si presume abbiano attinti elementi e modelli per le loro opere.

Le due razos non riprendono particolari della vida, ma narrano, in maniera abbastanza distesa, alcune vicende amorose del trovatore Gaucelm Faidit nel sembiante di miles amoris, pronto ad impegnarsi nel servizio amoroso e a rendere grazie alla donna in diritto d’amore.

Alla donna infatti, che è in ogni senso superiore, l’amante offre omaggio, devozione ed una sconfinata sottomissione; conferisce alla lode della sua bellezza e delle sue virtù un posto centrale presentando questo atteggiamento come assolutamente decisivo per la propria esistenza. La cortesia dell’amante pertanto, insieme alla nobiltà, gentilezza e onore, parole- chiavi di entrambe queste razos, costituisce un fertile campo nel quale può fiorire il fin amore e dove l’elemento spirituale è agevolato nell’incontrarsi con quello proprio del disio, del piacere. Proprio per questo, a partire dalla lirica trobadorica, si parla di amor cortese, dove l’amore, raffinato e gentile, si trasforma in ‹‹un bel gioco con nobili regole››10 che riproduce, in chiave letteraria, tra Madonna e Messere, il rapporto tipicamente feudale del vassallo a servizio del proprio principe. Molto forte risulta in C e soprattutto in E il rapporto con la lirica, con il canto: espressione vitale, non solo dell’intimo sentimento della tensione amorosa del poeta ma proprio della sua essenza, del suo Io sia empirico che lirico.

Nella prima razo ad una situazione di recuperata euforia ne segue una disforica: Gaucelm è afflitto, profondamente addolorato, tanto da desiderare la morte, perché la sua speranza, l’amore nutrito con ardore nei confronti di Madame Margherita d’Albusson è stato tradito da quest’ultima con un altro amante, il conte de la Marche, Ugo di Lusignan e, per di più, i due amanti hanno consumato la loro passione nel letto di Gaucelm. L’allegria e il sollazzo cambiano di segno tramutandosi così in tristezza e dolore, che spingeranno il

10 JOHAN HUIZINGA, L’autunno del Medio Evo, Milano, ed. Sansoni,1940, p.149.18

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poeta a comporre sulla vicenda una canzone definita “cattiva” e, stando a quanto ci tramanda la razo, questa fu l’ultima che scrisse.

Protagonista nella seconda razo è la gioia amorosa, il sollazzo, l’euforia: Gauselm ama e il suo amore è ricambiato da Madame Jourdaine d’Embrun, chiamata nei suoi canti con il senhal di “Bella –Speranza”. Nella prima delle due canzoni, presenti in questa razo, il poeta celebra le grazie e intesse le lodi della donna, fonte di ogni gioia e del suo amore; nella seconda, invece, Gaucelm implora il perdono dell’amante pregandola con tutto il cuore.

Il trovatore è stato sviato nel suo amore dall’aver creduto alle menzogne maliziose dei lausenjers riguardanti un’altra felice relazione amorosa di Madame Jourdaine con il conte Alfonso di Provenza. Faidit, afflitto dal dolor e dallo sdegno, abbandonò dunque la sua donna e smise di comporle canzoni e belle parole: tale fu il dispiacere e l’amarezza del suo animo che, in preda alla follia, non volle più rallegrarsi né cantare né ridere.

Una volta appresa però la verità, e smentite le false dicerie de la lausenjers, si pentì di aver usato ingiuste parole contro Amore e di aver respinto la donna amata, unica vera gioia della sua vita.

Per ottenere il perdono dell’amata il poeta insieme alla canzone le promette fedeltà e obbedienza; le rivela inoltre l’intenzione di farsi crociato, da qui la necessità di riappacificarsi con chiunque fosse in discordia, e le rammenta con un tono quasi solenne: ‹‹Dio perdona solo a coloro che sono a loro volta disposti a perdonare››.

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