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G IACOMO LEO PARD I

VERS I

P —A RA L I PO M EN I

DELLA B ATRACOMIOMACHIA

ALESSANDRO DONAT I

B A R I

G IUS . LAT E RZA F IG L ITIPOGRAFl-ED ITORI -L I B RAI

1 9 2 1

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PROPR IETÀ LETTERAR IA

MARZO mcmx xx 57699

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I N N O A N E T T U N O

D ' INCERTO AUTORE

T R A D U Z I O N E DA L G R E C O

TEOCRITO ,[d

'

illz'

o 1 7 , verso 8 .

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AL S IG .

ciam berlano di S . M . I . R . A . , caval iere dell’Ordine gerosolim itano , ecc.

GIACOMO LEOPARD I

D ando al pubblico, per vostro comandamento , laz ione del bell’ z

'

nno da voi scoperto, a voi lo intitola , o mio di

letz‘

o amico, che avete in certa gu isa vola to donarm elo emio . Moltz

'

ssimo rallegrom z'

di potere con questo mez z o fareaperto che noi ci amiamo veramente, e che se non il vostro,certo l ’amor m io è ben collocato . A vete volu to che lacessz

'

il

vostro nome, ed io vi obbedz'

seo per ora; ma non so se potrò

f arlo , ove esso non appaia in fronte all’opera vostra che io

prometto ai letterati in questa piccola m ia .

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AVVERTIMENTO

Un mio amico in Roma,nel rimuginare i poch issimi ma

noscritti di una piccola biblioteca , i l 6 gennaio del l’ anno cor

rente,trovò in un codice tutto lacero , di cui non rimangono

che poche pagine , quest’inno greco ; e poco appresso , spedi

tamene una copia , lietissim o per la scoperta , m’incitò ad im

prenderne la traduzione poetica ital iana ; facendomi avvisato

che egl i era tutto atteso ad emendare i l testo greco , a lavo

ram e due versioni latine , l’ una letterale e l ’ altra metrica , e a

compilare ampie note soma l’ antica poesia . Condussi a fine in

poco d ’ora l ’opera mia assai meno faticosa del la sua ; ed egli ,tuttoche io ripugnassi moltissimo , non volendo annunziare i l

primo la sua scoperta e farmi bello di cosa non mia , im posem i

che dessi incontanente al pubblico l a mia traduzione ; dicendo

essersi già tardato anche troppo a far tutt i consapevol i dell’ac

caduto , e tornar megl io con una versione del la cosa scoperta

far cònto ai letterati lo scoprimento , che darne loro la secca

novel la in una gazzetta ; da che eglino per lo più sono moss i

ad impazienza e strett i quas i a mormorare d ’ogni indugio che

trappon l ’ editore , i l qua le non può spacciarsi cosi tosto . Fu

forza cedere ; ed ecco che io do ad un ’ora al pubblico la nuova

del la scoperta , la traduzione del l’ inno in compagnia di alcune

note , e l a promessa di un ’altra mo lto migliore edizione dell o

stesso greco componimento .

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6 I VERS I

L ’

I uno pare antich issimo , avvengachè i l codice non sembri

scritto innanzi al Trecento . Comincia nel greco così

Ewoowaîov xvowoxa irnv òîoìop.’

àsiòew.

Termina con questo verso

Apcp’

do’

domòoì'

g Baîv’

,fiuvoov yào roîcn uéun7te.

Il nome del l ’ autore non è nel le pagine che ci avanzan del

codice , gia'

molto più ampio , e non si può di leggeri indovi

narlo . L ’ inno porta per titolo : Tm"

: ou’

n:oît sigHooemòd'

wu , Del

medes imo : A N ettuno » , da che apparisce che avea nel ma

noscritto altri componimenti del lo stesso poeta : e di questi si

leggono a gran fatica nel codice qua e là alcuni frammenti , che

non mi è paruto necessario e manco possibi le tradurre , ma che

i l mio dotto e generoso amico pubblicherà insieme coll’

inno ,

descrivendo i l codice troppo più minutamente che io non l ’ ho

voluto fare . S imonide ( I ) e M irone o Merone , poetessa di B i

sanzio scrissero inni a Nettuno . Ma l ’autore di questo mi

pare si bene istrutto del le cose degl i ateniesi , che io lo credo

d’

Atene , o per lo meno dell’

Attica . Panfo ateniese scrisse

altresi un [nno a N ettuno , come si raccoglie da Pausania

m a quel lo ora scoperto , benché molto antico , non può essere

di quel poeta che si dice vissuto avanti Omero ; oltreché quiv i

non ha ciò che Pausania lesse nel componimento di Panfo .

N ul la dico dell’I nno a N ettuno , non più l ungo di sette versi ,

che è fra gl i attribuiti ad Omero . Ho adoperato molto per

tradurre fedelissim am ente , e non ho trascurato pure una pa

rola del testo ; di che potrà agevolmente venire in chiaro chi

vorrà ragguagliare la traduzione coll’

originale , uscito che sarà

questo alla luce .

( 1 ) S choliastes E u r i;fiidis, ad M edeam , vers . 4 .

(2) EUS’

I‘

ATH IUS , Ad Ham . I liad… lib . I l ; B oeat . , verso 2 18 seg.

(3) PAUSAN IAS , in A ehaz'

cz'

s , lib . V I I .

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INNO A NETTUNO

Peqoìoov bè fi soîg noi? t rov àoròfi

TEOCRITO ,I dz

'

llz'

o 22 , verso u ltim o.

Lui che la terra scuote , azzurro i l crine ,a cantare incomincio . Alat i preghi

a te , Nettuno re , forza è che indriz z i

i l nocchier fatichevole che corre

su veloce naviglio i l vasto mare ,

se campar b rama dai sonanti flutt i

e l a morte schivar : ché a te l ’ impero

del pelago toccò , da che nascesti

figlio a Saturno , e al fulminante Giove

fratel lo e al nero P l uto . E‘

Rea , l a diva

dal vago crin , t i partori , ma in cielo

non già : ché di Saturno astuto nume

gli sguardi paventava . E l la discese

a la selvosa terra i l petto carca

d’

acerba doglia , e scolorite avea

le rosee guance . Mentre i l sole eccelso

ardea su le montagne i verdi bosch i ,e sul caldo terren s

’abbandonava

l’

agricoltor cui spossatezza invaso

avea le membra (poi che di Sem é le

dal sen ricolmo nato ancor non era

i l figl io alti -sonante , ed a gl’industri

mortal i sconosciuto era per anche

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I VERS I

i l vin giocondo che vigore apporta) ,

el la s’

assise a l ’ombra e , come uscito

fosti del suo grand’alvo , ti ripose

su le ginocch ia assai piangendo , e preghi

porse a la Terra e a lo stel lato C ielo

0 Terra veneranda , o Cielo padre ,

deh r iguardate a me , se pure è vero

che di voi nacqui , e questo figlio mio

da l ’ ira di Saturno astuto nume

or mi salvate , si ch ’egl i nol veda ,

e questi ben ricresca e venga adulto .

Cos i pregava Rea di bel le chiome ,

poi che per te , di fresco nato , in core

sentia gran téma : e per gl i eccelsi monti

ed i l profondo mare errando giva

l ’ eco rom oreggiante . Udil la i l C ielo

e la feconda Terra , e nera notte

venne sul bosco , e si sedé su l monte .

Ammutarono a un tratto e sbigottiro

i volatori de la selva , e intorno

con l ’al i stese s’

aggiràr vicino

al basso suol . Ma t’

accogliea ben tosto

la diva Terra fra sue grandi braccia ;

né Saturno i l sapea , ché nera notte

era su la montagna . E tu crescevi ,re dal tridente d ’oro , ed in robusta

giovinezza venivi . A l lor che voi

di Rea leggiadra figl i e di Saturno ,

tutto fra voi partiste ; ebbesi Giove ,che i nembi aduna , lo stellato cielo ;

i l mar ceruleo tu ; s’ ebbe P lutone

de l’Averno le tenebre . Ma tuttitu , de la terra scotitor , vincevi ,salvo Giove e M inerva . E ch i potrebbe

con l’Olim pio cozzare impunemente ?

Il cielo tu lasciasti , e teco i l figl io

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INNO A NETTUNO

de la bianca Latona in terra sceseed al superbo Laom edonte alzavi

tu‘

dell’

am pio I l ion le sacre mura ;

m entre ne’ bosch i opach i e ne le val l i

de I ’ l da nuvolosa i neri armentiFebo Apol lo pascea : ma Laom edonte ,

compita l ’opra tua , la pattuita

mercede ti negò : stol to , ché l’onde

biancheggianti del pelago spingesti

contr’

llio tu , che sorm ontàr le mura

con gran frastuono mormorando , e tutta

em pièro la città di sabbia e l imo

co’ prati e le campagne . E tal prendesti

del fi er Laom edonte aspra vendetta .

Ma qual cagione a ten z onar ti mosse

con Palla diva occh i-cilestra ? Atene ,la cecropia città , poi ch

appellata

tu la volevi dal tuo nome , e Palla

i l suo darle voleva . E l la ti vinse

ché con l a lancia poderosa i l suolo

percosse , e uscir ne fe ’ virente ol ivo

di rami sparsi . Ma tu pur fi edesti

la diva terra col tridente d ’oro ,

e tosto fuor n’

usci destrier ch ’

avea

florido i l crine : onde a te diero i fati

i cavall i domar veloci al corso .

I pastori ama Pan , gli arcieri Febo ,

cari a Vulcano sono i fabbri , a Marte

gl i eroi gagliardi in guerra , i cacciatori

a la vergine C inzia . A te son grati

i domatori de ’ caval l i ; e primo

tu , de l a terra scotitor possente ,a ’ chiomati destrieri il fren ponesti .

Salve , equestre Nettuno . I tuoi cavallivan pasturando ne gl i argivi prati

che a te sacri pur sono ; e con la zappa

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I VERS I

i l faticoso agricoltor non fende

quel terreno giammai , né con l’

aratro .

Ma presti son come gli alati augel li

i tuoi destrieri , ed erta han la cervice

né ci ha morta l che trarli possa innanzi

al cocch io . sotto i l giogo , e con le briglie

reggerl i e co l flagello e con l a voce .

Qual però de le ninfe a te dilette ,signor del mare , io canterò ? l a figlia

di Nereo forse e Doride , Anfi trite ?

0 Libia chiom i-bella , o Menalippe

altos uccinta , o A lope , o Calliròe

di rosee guance , o la leggiadra Alcione ,o Ippotoe , o Mecionice , o di Pitteo

la figlia , E tra occh i — nera , o Ghione , od O lbia ,

o l’eolide Canace , o Toosa

dal vago piede , o l a telchine A l ia ,

od Am im one candida , o la figl ia

d’Epidanno , Melissa ? E chi potrebbe

tutte nom arle ? e a noverar ch i basta

i figli tuoi ? Cercion feroce , Eufemo ,

i l tessalo Triope , Astaco e Rodo ,

onde nome h a del sol l ’ isola sacra ,

e Tèseo ed Alirro z io ed i l possente

Triton,Dirrachio e i l b attaglioso Eum olpo

e Polifemo a nume ugual . Ma questocanto è meglio lasciar , ché spesso i figli

cagion furono a te d’acerbo l utto .

Polifemo de l ’occhio il saggio Ul isse

in Trinacria fe ’ cieco : Eum olpo spense

in Attica E retteo : ma ben vendetta

tu ne prendest i,o Scoti-terra , e , morto

lui con un colpo del tridente , al suolo

la casa ne gettasti . E Marte istesso

impunemente non t’

uccise i l figl io

Alirro z io leggiadro : i n umi tutt i

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INNO A NETTUNO I I

lu i concordi dannàr . Salve , o Nettuno

ampio-possente : a te gl’

istm ici ludi

e le corse de ’ cocch i e degl i atleti

son sacre l’aspre lotte : e neri tori

in Trez ene , in Geresto e in cento grandi

città di Grecia ogni anno a l ’are tue

cadono innanzi ; e ne la dorica Istmo

vittime in fol la traggono al tuo temp io

le allegre turbe . Oh salve , azzurro dio

che l a terra circondi , alti-sonante ,gravi-fremente . I boschi su le cime

de le montagne crollansi, e le mura

de le cittàdi popolose , e i templi

ondeggiano perfino , al lor che scuoti

tu col tridente flebile la terra ,

e gran fracasso s ’ode e molto pianto

per ogni strada . Ne'

mortale ardisce

immoto starsi ; m a per téma a tutti

si sciolgon le ginocchia , e‘

a l ’are tue

corre ciascun , t’indriz z a pregh i , e molte

al lor s’ofi rono a te vittime grate .

Salve , 0 gran figlio di Saturno . Il tuo

lucente cocch io è in Ega , nei profondo

del romoroso pelago : Vulcano

tel fabbrico, divina opra ammiranda .

Ha le ruote di bronzo , ed il timone

d ’ argento , e d’oro tutto è ricoperto

l’incorruttib il seggio . Al lor che poni

tu sotto i l giogo i tuoi cavall i,e volano

ess i pel mare indomito , fendendo

i biancheggianti flutti , e sui lor coll i

disperge i l vento gl i aurei crini , intorno

a te che siedi e i l gran tridente rech i

ne le divine mani , uscite fuori

de le case d ’ argento a galla tutte

le guanci-bel le figlie di Nereo

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I VERS I

vengono tosto , e innanzi a te s’abbassa

l ’onda e t’

apre l a via ; né s’ alza i l vento

ché tu del mar l ’ impero in sorte avesti .

Ma qual potrò ch iamarti , o del tridente

agitatore ? altr i Eliconio , ed altri

t’

appella Suniarato . A Sparta detto

sei Natal izio , ed Ippodrom io a Tebe ,in Atene Eretteo . Ch iamanti E late

molti altri , e molti di Trez enio o d ’

Istm io

ti dànno i l nome . I tessal i Petreo

diconti, ed altri Onchestio , ed altr i pure

Egeo ti noma e Cimade e Fitalm io .

Io dirotti Asfaleo , poiché salute

tu rechi a ’ naviganti . A te fa voti

i l nocchier quando s ’ alzano del mare

l ’onde canute , e quando in nera notte

percote i fianch i al ben composto legno

i l flutto al ti-sonante , che s’incurva

spumando , e stanno tempestose nubi

su le cime degl i alberi , e del vento

mormora i l bosco al soffi o (orrore ingombra

le menti de ’ mortali ) , e quando cade

precipitando giù dal ciel gran nembo

sopra l ’ immenso mare . O dio possente ,

che Tenaro e la sacra onchestia selva

e M icale e Tre z ene ed i l p inoso

Istmo ed Ega e Geresto in guardia tieni ,

soccorri a ’ naviganti ; e fra le rotte

nubi fa ’ che s i vegga i l cielo azzurro

ne la tem pesta , e su la nave splenda

del so le o de la l una un qualche raggio

o de l e ste l le , ed i l soffiar de’ venti

cessi ; e tu l’onde rom orose appiana ,

s i che campin dal rischio i marinai .

O nume , salve , e con benigna mente

proteggi i vati che de gl’inni han cura .

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NOTE

Verso 3 . te , Nettuno re - A Nettuno davasi i l

nome di re da quei di Trez ene . S i veda la nota al v . 1 36 .

Verso 36 . Poi che per te , di fresco nato , in core Sentia

gran téma Non ho saputo tradur meglio questo luogo ; ove

l ’originale ha qualche difficoltà , che forse vedremo tolta via

nel la edizione greco-latina di quest’

inno , la qual farassi di corto .

Verso 45 . Ma t’

accogliea ben tosto La diva Terra frasue grandi braccia Pare che i l poeta non tenga conto del la

favola secondo la quale Nettuno fu cresciuto da alcuni pastori .

Verso 6 1 . Ed al superbo Laom edonte a lzavi Tu de l ’ am

pio I l ion le sacre mura E noto che , secondo i poeti , Net

tuno fabbrico le mura di Troia , dopo essere stato discacciato

dal cielo con Apoll ine , per aver cospirato contro Giove : e però

l ’autore parla dell’edificam ento di quel le mura , dopo aver detto

che Nettuno non poté vincere Giove né M inerva , della quale

fa parola appresso .

Verso 67 . Onde B iancheggianti del pelago SpingestiContr

’llio tu » . Ovidio , M etamorfosi

,l ibro XI , favola 8

N on impune feres, rector m ar is inquz'

t : et om nes

inolz'

naoz'

t aqua: ad avarae litor a Traiae

inque f reti form am term s eonoer tz'

t, opesque

abstulit agr icolis, et fluetz'

òus obru z'

t aroa .

Verso 83 . E tosto fuor m’

usci destrier ch ’avea Florido

il crine » . Questo passo è interessante per chi ama la mito

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1 4 1 VERS I

logia . E assai celebre la contesa di cui fa qui menzione i l

poeta : e ne hanno parlato , fra gli altri , Varrone , presso San

t’Agostino , D ella citta

'

di D io , libro XVI I I , capo 9 ; Ciceronenella Oraz ione in difesa di L . Flacco ; P l inio , l ibro XVI ,capo XLIV ; P lutarco nel la Vita di Tem istocle e nelle S imposiache , l ibro IX , quistione VI ; Aristide nel la P anatenaica ;

Eusebio nel la Cronica ; Nonno nei l ibri XXXVI e XLI I I rd'

w

Amovvm omiòv ; Ausonio nel Ca talogo delle città famose ; Proclonel Comento al Timeo di P latone ; Menandro i l rettorico ; l

’an

tico comentatore d ’

Aristofane nel le note alle N ubi e tra ’ no

stri; Dante nel quintodecimo del P urgator io, verso 97

S e tu se ’ s ire del la v i l la ,

del cui nome ne ’ dèi fu tanta l ite .

E da notare i l l uogo di Proclo : è'

n roiwv rà vmnnfigta rfig’

Afi nvàg nag’ ’

Afinva iomg àvduvnram, na i éoon‘

1v aromoiivra n. roaîmv,

tî)groi) Hooeròcîwog fmò rfig’

Atlnwîgvmwuévov : oggi pur ancora

si celebra i l trionfo di M inerva appo gl i atenies i che solenneggian

questa festa per ricordanza del la vittoria di Nettuno , riportata

da quel la » .— Ora arde controvers ia fra gl i eruditi , de

’ qual i altri

vogliono che Nettuno facesse uscir del la terra acqua ; altr i che

un.

cavallo . Per l’acqua è Apol lodoro (B iblioteca , l ibro I I I ) , di

cui ecco le paro le :'

e v oi’

w notin o; Hooeu.òcîw èn ì. rùv’

Aru

m'

w,xu ì. n7tfiîag mj rou.a ivu vca rd. p.écmv n

qv àngòrroltw,àvéqmve

Boikaooow iìv vinz’

Egexfiniòot xa 7tofim . P r imo dunque Nettunovenne nell

’A ttica e , percosso col tridente il suolo nel mezzo

dell a ròcca , fe ’ veduto i l mare che ora ch iamano eretteo

Secondo Varrone , citato da sant’

Agostino , onum appa ru is

repente olz'

oae arbor , et alia loco aqua er upisset, r egem

prodigia ista m ooer unt : et m isit ad Apollinem D elphicum scisci

tatum qu id intelligena’

um esset'

qu ia’oe faciena

um . [lle resp0na’

it

quod olea Ill ineroam sz'

gn zfi caret , unda N eptunum LoPseudo-D idimo nelle note al l ibro XVI I del la I liade ci dice ,come Apollodoro

,che Hoosu.òdòv nu i

Afirwà « soi rfig’

Arm ciìg

èq n7tovsixovv, noci. Hoomòdwèn i rfig ànoonòkemg!

( fig’

Ar rm iìg nomi

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6 I VERS I

vitas appellaretur , qu i m unus m elius mor talibus obtu lisset. Tune

N eptunus , percusso littore, equum , anim al bellis aptum , produx it :

M inerva , iacta hasta, olivam cr eavit : quae res est m elior comprobata, ut pacis insigne. Ut autem m odo N eptunum invocet, causa

eius m uner is facit, quia de equ is est dictur us in ter tio alioquin

incongruum est, si de agr icultur a locuturus, num en invocet m ar is .

Equum autem a N eptuno progenitum alii S cy tb ium , alii Sy ronem ,

aliiA r ionem dicuntfu isse nom inatum [e quanto al nome diArione ,veggasi appresso i l luogo di Stazio nel la nota al verso 85]et idea

dicitur equum invenisse, quia velox est eius numen et m obile

sicut m are L ’autorità d’

Ovidio , Metamorfosi , l ibro IV ,

favola 3 , è controversa . Egli dice , descrivendo una tela tessuta

da PaHade :

S tare deum pelagi longoque fer ire tr identeaspera sax a facit, m edioque e vulner e sax i

ex silu isse ferum , quo p ignore vindicet urbem .

Ma altri sostiene che per fer um s i h a a leggere « f re

tum » . Stazio ,Tebaide , l ibro X I I , non parl a di caval lo , ma di

mare

Ipse quoque in pugnas vacuatur collis, ubi ingens

lis super um , dubiis donec nova surgeret arbor

rupibus, et longa r ef ugum m are frangerei um bra .

Ma i l suo commentatore Luttaz io P lacido scrive cosi : A cro

polin dicit arcem A thenar um ; de qua N eptuno et M inervae di

citur fuisse cer tam en . P ercussa N eptuno ter ra equum dedit in

dicium belli; M inerva vero olivam pacis insigne B enedetto

Averani nelle sue D isser taz ioni tiene anch ’esso dal caval lo .

Quest’

inno avrebbe potuto somministrargl i una prova di più ,

molto valevole,se egl i l ’avesse conosciuto .

Verso 84 . onde a te diero i fati I caval l i domarveloci al e primo Tu de la terra scotitor possente A

ch iomati destrieri i l fren ponesti E noto che gl i antichi

teneano Nettuno per dio non solo del mare , ma anche dei ca

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INNO A NETTUNO 1 7

vall i , dei caval ieri del l’arte equestre : del la quale Sofocle , Pausa

nia nel l ibro VI I I e , a quel che sembra , i l nostro poeta , lo fanno

inventore . Panfo ateniese , antich issimo scrittor d’inni, lo ch iama ,

presso Pausania ,‘

innawOorfiga , dator dei cavall i » ; e Pindaro

nell’

ode Olimpica XII I , òa;wîov nuréga ,« padre domatore » e

nella quarta P itia ,

"

Innugxov, che è quanto dire principe de ’

cavall i », 0 de ’ caval ieri . Omero finge che Nettuno donasse a

Pe leo i cavall i che poi furono di Ach il le . Nestore nel l ibro

XXII I della I liade dice ad Antiloco

Avr iltof ,iìrom p.év oe véov neo è6vr

ètpiìtnoav

Zsùg re, Hooeròo'

uov re, na i innomîvag èòi8aEuv

nuvroiug.

Al certo ,benché garzon su tu , Giove e Nettuno ,An tiloco , t

’amaro , e l

’arti equestri

t’insegnàr tu tte .

E Menelao nello stesso l ibro , finito i l combattimento equestre ,impone ad Antiloco che giuri per Nettuno . Pindaro nel la prima

ode Olimpica dice che Nettuno

”Eòooxev òicpoov xoùoeov , èv m eooî

o £v T’

àxo'

zuowrocg înnovg.

Un cocchio d ’oro a lui

e cava l l i donò d ’a l i indefesse ,

parlando di Pelope : e nel fine dell’ode quinta ch iama Hooeròa

viong, « nettunii » , i caval l i di Psaum ide cam arineo ,vincitore

olimpico . S i vol le ancora che alcuni caval l i fossero del la razza

di Nettuno .

Quam vis saepe fuga versos ille eger it hostes,

et patr iam Epirum referat for tesque My cenas,N eptunique ipsa deduca t or igine gentem :

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1 8 I VERS I

dice Virgilio di un caval lo nel l ibro I I I delle Georgie/ze .Sta

zio nel sesto del la Tebaide canta del cavallo di Adrasto

D ucitu r ante om nes ru tilae m anif estus A r ion

igne inbae . N eptunus equo, si cer ta pr iorum

fam a , pater : pr im us tener is laesisse lupa tis

ora , et littoreo dom itasse in pulvere fer turverber ibus pareens, eten im insatiatus cundi

ardor , et hiberno par inconstan tia ponto .

S oepe per lonium L iby cum que natan tibus ire

inter iunctus equis, om nesque assuetus in oras

caeruleum def er re patrem . S tupuere relicta

nubila : cer tantes E nr ique N otique sequuntur .

Veggasi più Sopra nel la nota a l v . 83 i l passo di Servio , e al

tres i i l l ibro XX I I I della I liade , verso 345 e seguente . Pann i

non s’

appongano Servio e gl i a ltri interpreti , che ,spiegando i l

verso 69 1 del settimo del l a E neide

A t Messapus equum dom itor , N eptunia proles,

dicono avere i l poeta chiamato Messapo prole di Nettuno

perché egli era venuto per mare in I tal ia : spiegazione assai

stiracchiata : e penso che Virgil io medes imo spieghi ottima

mente la seconda parte del verso colla prima in cui ch iama

Messapo dom ator di cavall i qual ità per cagione della quale,

se non erro , egl i lo fa poi figlio di Nettuno . E notisi come nel la

E neide Messapo non è mai detto figlio di Nettuno che non

sia chiamato altresi domatore di caval l i o in a l tra s imil guisa :

onde nel l ibro IX si ripete tutto intero i l verso citato : nel duo

decimo esso trovas i pure quas i intero , mutato solo at » in

et » , e nel decimo si legge :

S ubit et Neptunia prolesinsignis Messapus equis .

Verso 93 . Sa lve , equestre Nettuno I greci davano

spesso a Nettuno i l nome d’

îm ru og, « equestre del quale ,

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I NNO A NETTUNO 1 9

come del la sentenza di quel li che reputavano Nettuno essere

stato i l primo domatore de ’ caval l i ed avere insegnata l ’arte del

cavalcare , fa menzione D iodoro nel l ibro V , capo XV della

B iblioteca . Aristofane nel le N ubi , atto I , scena I , fa giurare

Fidippide per Nettuno equestre . Fuori di Atene in un luogo

detto Colono avea un tempio di Nettuno equestre , ricordato da

Tucidide nel l ibro V I I I , da Arpocraz ione , a l la voce Kolcovaîra r,

e dal l ’ antico comentatore di Sofocle , nel l’ argomento dell’Edipo

colonese e nel le note a que lla tragedia . Pausania , parlando del

Colono , rammenta l’altare di Nettuno equestre .

Verso 1 06 . 0 Libia chiom i— bel la Mosco , ]dillio I l ,

verso 36 e seguenti :

AÙTi| Sè xoUosov rollo.oov cpéoev Eòoo'

mu u

flvmròv, uéya fi oniiua , uéyow nòvov’

H <pu iorow

Sv A tfithg 71693 Oò gov, dr’ Àéxog

EwoowuiovÎev.

Europa avea

aureo pan ier bel l issimo,ammirando ,

grand’0pra di Vulcan , che a L ib ia in dono

i l d iede a l lor quand’

ella di Nettuno

lo scoti-terra al talamo recossi.

Veggasi Apol lodoro , B iblioteca libro I I .

Verso 1 06 . o Menalippe alto-succinta C lemente

alessandrino , E sor taz ione ai gentili : Keiltet. 1101 ròv Hooemòrb

xo.ì ròv xòoov 1:òv Oreq>flaouévov im”

ouìroii,Tr

|v’

Aua oimV, Tip!

Auuuct'

wnv,‘mv

AÀ6nnv, 1:1‘

qv Msvultivramv, Tip!’

Altowòvnv, Tip !'

Innofi ònv,’

U’IW Xt6vnv, Tdc; &Mag rà; uvoiug. Chiamami qua

Nettuno e la schiera violata da lui , Anfitrite , Am im one , A lope ,Menalippe , A lcione , Ippotoe , Chione , e le altre innumerevol i

Arnob io , Contr a le naz ion i, l ibro IV : N umquid enim a

nobis arguitur rex m ar is , A mp/zitr itas, H ippot/zoas, A my monas,M enalippas, A lcy onas, per f ur iosae cupiditatis ardorem , casti

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20 I VERS I

m oniac virginitate pr ivasse ?’ Giu l io Firm ico , D ell’

er rore delle

religioni profane, cap . 1 3 : Quis A my m onem , qu is A lopen,

qu is Menalippen , quis C/zionem H ippothoenque cor r upit? N empeD eus vester haecf ecisse m emoratur Possono veders i san Teo

fi lo, A d A u tolico, l ibro I I , capo 7 ; san Giustino , Or az ione

ai greci , capo I I ; san Ciri l lo , Contra Giuliano , l ibro VI . Taluno credea che i l vero nome della fanciul la fosse Melanippe

Ma anche il codice di quest’

inno ha Menalippe

Verso 1 07 , o A lope S i veggano i passi di Cle

mente alessandrino e di Giul io Firm ico nella nota precedente ,e san Ciri l lo nel luogo quivi citato .

Ivi . 0 Calliròe D i rosee guance Calliroe , una

del le figlie dell’Oceano e di Teti , è ricordata da mol ti scrittori

antich i ; ma nessuno , che io sappia , tranne i l nostro poeta , ne

fa avvisati che am olla Nettuno .

Verso 1 08 . o la leggiadra A l cione , O IppotoeE da vedere l a nota seconda al verso 1 06 .

Verso 1 09 . 0 Mecionice E s iodo nel lo S cudo

d’

E rcole , e l’antico comentatore di Pindaro nel le note al la quarta

ode P itica , scrivono che E ufemo , uno degl i Argonauti , figlio

di Nettuno , fu partorito da Mecionice . Pindaro però nell’

ode m e

desim a dice che Eufemo fu messo al mondo da Europa , figlia

di Tizio , su le rive del Cefiso . Notisi che Mecionice è detta figl ia

di Eurota , e che Pindaro chiama E uropa la madre di Eufemo .

Ivi. o di Pitteo La figlia , Etra occh i-nera Ma

dre di Teseo . Veggasi appresso la nota prima al verso 1 1 9 .

Verso 1 1 0 . 0 Chione S i vegga più sopra la nota

seconda al verso 1 06 .

Ivi . od O lbia S tefano i l geografo , al la voce’

Aoruxòg:’

Aorom6g, 1167ttg B rilvviag, darò’

Aoraxofi roi!

: Hooeuò<îwog

sea l. vùuqmg’

Olfiiag. Astaco , città di B itinia , cos i detta da

Astaco figlio di Nettuno e de l la ninfa O lbia » .

Verso 1 1 1 . 0 l'

eolide Canace Può vedersi l’I nno

a Cerere di Call imaco .

Ivi . O Toosa dal vago piede Omero , Odissea

l ibro I , verso 68 e seguenti

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I NNO A NETTUNO 2 1

A Mà Hoou òo'

wov yuuìoxog doxelt‘

sg a ièv

K13xltwarog xexòkmra 1, Sv òq>fla7tuofi d7tdmoev,

dvr iflsov HOÀtîcpnuov, dov scontro; èor i uéywrov

action. Kvx7tu'

msoor. OOooou be'

uw Té%8 vùucpn,

<I>Og>wvog 6vyo'

rcno, ti7tòg àrgwéromo uéòovrog,

èv onéoou. yÀo.qmgoîou Hooemòo'

wwu. p.weîoa .

Ma N ettu'

n che la terra intorno aggira ,di terrib i le sdegno è sempre acceso

per lo Ciclope ch’ei de l ’occhio ha privo ,

per Pol ifemo a nume ugual , che avanza

tu tt i i ciclop i in gagl iardia . La ninfaToosa partorillo , a cui fu padre

Forcine , un dio de l’

infecondo mare,

a Nettuno commista in cavi spechi .

Verso 1 1 2 . 0 la telch ine Al ia D iodoro, B iblio

teca ,l ibro V , capo 1 3 : Os (cpao

w) àvòotnfiévra èooro

fifivourfigTtî)V Tekxivmv àòeÀqrfig°

A7tiag, na i p. txfi évw ronim , ysvvfioan.

Buyaréga°

P660V dtp’ii; m

wvfioov òv6uuoiìà m. D icono che Net

tuno fatto adulto , innam orossi di A l ia , sorel la dei telchini, e

avuto a fare seco lei , generonne una figlia chiamata Rodo,dal la

quale vogliono che l ’ isola abbia tratto i l nome Telchini ap

pellavansi, come e fama , gl i antichisSiihi abitatori di Rodi .Verso 1 1 3 . Od Am im one candida Una delle Da

naidi . S i vedano gl i scrittori di favole , e più sopra la nota se

conda al verso 1 06 .

Ivi . 0 la figlia d ’

Epidanno , Costantino

porfirogeneta , D ei tem i, l ibro I I , tema 9 : Tofirov

fivyo'

zmoMéMooa , figxa ì. roi? Hoou òwvog 6 Avòòdxtog.

Atp’

fig Son

rc'

m:og èv’

Em òduvcp MSMOOOÎWIOQ, è'

vfi o. Hoosmòo'

3v ou’

nfi ovvfikfi s .

D i questi (Epidanno ) fu figlia Melissa,del la quale e di

Nettuno nacque Dirrach io . Da essa ha tratto i l suo nome

un luogo di Epidanno , detto Melissom o , ove Nettuno ebbe

afi'

are con lei

Verso 1 1 6 . Eufemo S i vegga l a nota prima al

verso 1 09 .

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I VERS I

Verso 1 1 7 . I l tessalo Triope Partorito da Canace .

S i vegga l’

I nno a Cerere di Cal l imaco .

Ivi. Astaco e Rodo , Onde nome ha del sol l ’ isola

sacra Possono vedersi le note ai vers i 1 1 0 e 1 1 2 .

Verso 1 1 9 . E Teseo Questo eroe da alcuni fu fatto

figl io di Egeo , da altr i di Nettuno . Veggasi P l utarco nel la

sua Vita , Euripide e Seneca negl’

lppoliti , Isocrate nell’E logio

di E lena , D iodoro nel l ibro IV , cap . 5 , del la B iblioteca , Apol lo

doro ne l l ibro I I I , Igino nella Favola 35 , C icerone nel terzo

l ibro D ella natura degli dei, Aristide nel la Oraz ione in lode

A t pracul ingenti N eptunius agm ina Tbesens

augustal clypeo, pr opr iaeque ex ordia laudis,

centum urbes um bone gerit centenaque Cretae

m oenia

dice S taz ro nell ’ ultimo l ibro del la Tebaide .

Verso 1 1 9 . ed Alirroz io Euripide nel fine della

E lettra ; Demostene , Contra A r istocrate ; Esch ine . epistola XI ,Epoche d ’

Oxford ; Pausania , l ibro I ; San Massimo , prologo dei

Comenti alle opere di san D ionigi A reopagita ; antico comentatore di Giovenale , note al la satira IX .

Ivi. ed i l possente Triton Esiodo , Teogonia ,

verso 930 e seguente

Eu 8 Aua oimg oral ègum irtou’

Evvoomyu iov

Toircov eòovBing yévsro p.e'

yag.

Ma d’

Anfi trite

e de lo Scoti-terra a l ti —sonante

nacque i l grande Triton da l’ampia possa .

Verso 1 20 . Dirrachio ! da vedere la nota seconda

al verso 1 1 3 .

Ivi . e i l battaglioso E um olpo S i legga appresso

l a nota al verso 1 2 5 .

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4 I - VERS I

im èg roi: aramòòg, %u ì. w ai èv dnam. rot; Osoîg°

nod n‘

rwèm'

wvy.ov

rònog (ò”

Agemog :rro'

wog) Àuufio'

we1. Tt‘

qv u1’

11 1'

1v . Muove l ite Net

tuno a Marte per cagione del, proprio figlio , e la vince co ’

voti di tutti gl i dèi ; e da questo avvenimento i l luogo (l’

Areo

pago) trae i l suo nome Sono da vedere però intorno a questo

famosissimo giudizio , Lattanzio , l ibro I , cap . 1 0 , e l ibro V,

cap . 3 ; Sant’

Agostino , D ella citta di D io ,l ibro XV I I I , cap . 1 0 ,

ed altri , fra’

qual i i citati nel l a nota seconda al verso 1 19 .

Verso 1 35 . e neri tori — S’

im m olavano tori a

Nettuno , come s i raccogl ie anche da Omero , I liade , l ibro XI ,verso 7 2 7 ; da Pindaro , Ode Olimpica XI I I , verso 98 e seguenteP itica IV , verso 365 e seguente ; A’em ea V I , verso 69 ; e da

Virgi l io , Eneide , l ibro Il , verso 20 1 e seguente , l ibro I I I ,verso 1 1 9 ; e i tori erano neri , che apparisce si da questo luogo

del l ’ inno come dal l ibro I I I , verso 6 , del la Odissea . Farm i

da notare che in Efeso i giovani che facean da coppieri nella

festa d i Nettuno , eran detti Tafigou. Tauri oss ia Tori ,come vedesi in Ateneo , l ibro X , e in Eustazio , Com ento al

ventesimo del la I liade ; e forse questa era quel la ch iamata

Tuùgem Taurea che Esichio dice essersi celebrata in onore

di Nettuno .

Verso 1 36 . In Trez ene C ittà dell’A rgolide , sacra a

Nettuno , e però detta « posidonia cioè nettunia al rapportare

di Strabone . D ice P l utarco , nella Vita di Teseo , che HOUS I

Toor‘

Qfivmou. oéBovom 81aq>eoòvrwg, sta i fisò; oinzog è'

orw

aòroîg noh oîixog, (î) nal uuom îw dncîoxovru r, xui TQI'

OIW OW èn fonp.0v

è'

xovcn‘

L'

OÙ vouiouarog: quei di Trez ene rendono un singolare

onore a Nettuno , dio tutelare del la loro città ; gl i offrono le

primizie dei frutti , ed hanno i l tr idente per insegna de lla loro

moneta Pausania , l ibro I I , nota lo stesso del le antiche mo

nete dei trez enii, e dice inoltre che essi Hoou òd’

wa (oéBovm )fiam ltéa ènix7mow : onorano Nettuno sotto i l titolo di re

Ivi. in Geresto — Porto il lustre e castel lo che

P l inio ch iama città nel promontorio dello stesso nome in

Eubea . V’

avea un tempio famosissimo di Nettuno ricordato da

Strabone , l ibro X , e da Stefano i l geografo , al la voce Pegawròg.

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I NNO A NETTUNO 25

I l com entator greco di Pindaro nel le note al l ’ Ode Olimpica XII I ,scrive che èv EI

JBOÉQI Peoa iou a fmò ndvroov Feoam iaw c’

iyera r

HOGS LOCÎ WL, òtà ròv ovp.fio'

wru xsmu<îwoc :mt Feouroròv : nel

l’Eubea tutt i quei di Geresto celebrano una festa in onore d i

Nettuno , a cagione di una procel la accaduta presso Geresto

Verso 1 47 . E gran fracasso s ’ ode e molto pianto » .

Ho cercato nel la traduzione di serbare , quanto era possibi le ,l ’armonia espressiva che è nel testo .

Verso 1 50 . e a l ’ are tue Corre ciascun , t’

indriz z a

preghi , e molte Al lor s ’offrono a te vittime grate » . Se

nofonte , D ella r epubblica de’

lacedemoni : Eemp.ofi yevouévov, oi

Auxeòu ruòvuov. fium oow1:òv crepi.Hoosròfi'

wo; na u'

iva ,unì.

Am oinoltsg

T‘

î] fiorega ig fluoduevog Hoou òcîwu. Sentitosi un tremuoto ,i l a

cedem oni cantarono i l peane di Nettuno ,a cui nel di vegnente

Agesipoli offri un sacrificio

Verso 1 53 . I l tuo Lucente cocch io è in Ega , nel

profondo Del rumoroso pelago Omero , I liade , l ibro XI I I ,

verso 2 1 e seguenti .

Verso 1 7 2 . altri Eliconio Veggansi Omero ,

I liade , l ibro XXII I , verso 404 , e i com entatori a quel luogo ;

Pausania , l ibro VI I ; Eustazio , Com ento alla I liade , l ibro I I ,B eoz ia , verso 8 2 l

I nno a N ettuno attribui to ad Omero , verso 3 ,

e la nota al verso 1 93 .

Ivi. ed altri T ’appella Suniarato

— Nettuno fu ch ia

mato cosi , perché se gl i rendeva culto particolare in S unio ,

promontorio dell’Attica . Possono veders i Aristofane ne ’

Cava

lier i e negli Uccelli , e i l suo antico comentatore nell e note a

quelle commedie .

Verso 1 7 3 . A Sparta detto Sei Natalizio Pausania ,

l ibro I I I : TOÙ dedroov bè (roîi èv 17Î] Endom ) 013 3166600, 11008 1

86'

wog re îeoòv èor u. Psvsfi ltiov , no. ì. fiocî>o. K keoòa iov TOÙc’

Y7tltov ,

xaì OìBd7tov . Non lungi dal teatro (di Sparta ) sono i l tempio

di Nettuno Nata l izio e i monumenti eroici di Cleodeo figlio di

I llo e di Ebalo

Verso 1 7 4 . ed Ippodrom io a Tebe Pindaro ,

Ode I stm ica I , verso 7 8 .

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2 6 1 VERS I

Verso 1 7 5 . « in Atene Eretteo P lutarco , Vita di

L icurgo ; Atenagora , A m basciata per li cr istiani , capo I ;E sichio , voce

Eosxfi sfig; Apol lodoro , B iblioteca ,l ibro I I I

, ove

si legge : erittonio

Ivi. Chiamanti Elate molti al tri Esichio ,voce

EÀtimg.

Verso 1 7 6 . di Trez enio Veggasi p lll sopra la

nota prima al verso 1 36 .

Verso 1 7 6 . 0 d ’

Istm io Pindaro , Ode OlimpicaXII I , verso 4 e seguente . I giuoch i istmici e l’ Istm o medesimo ,ove era un tempio di Nettuno mentovato da Pausania

,l ibro I l,

erano sacri a quel dio . I n eo (I sthmo) dice Pomponio Mela ,l ibro I I , capo 3 oppidum Cenc/zreae,fanum N eptuni, ludis, quos

ist/zm icos vacant, celebre » . Cal l imaco , nell’

I nno a D elo nomina

Cencri come luogo singolarmente sacro a Nettuno .

Verso 1 7 7 . I tessa l i Petreo Diconti Anche Pin

daro , Ode P itica IV , verso 246 , dei questo nome a Nettuno .

Verso 1 7 8 . ed altri Onchestio In onore di Net

tuno Onchestio celebravano i tebani una festa ricordata da

Pausania , l ibro IX . Veggasi la nota seconda al verso 1 92 .

Ivi. ed altri pure Egeo ti noma » .— Virgil io

, E neide.

l ibro I I I , verso 7 3 e seguente

Sacr a m ar i colitur m edio gratissim a tellus

N ereidum m atri et N eptuno Aegeo .

Licofrone , verso 1 35 , chiama Nettuno Aiya rò va , e P indaro ,

Ode N emea V , verso 68 e seguente , dice che egli soventi volte

recavasi all’Istm o ,

Aiyàfi sv , da Ega Veggansi i l passo di

Stazio nella nota prima al verso 1 92 . Omero , I liade , l ibro XI I I ,

verso 20 e seguenti , e Odissea , l ibro V , verso 38 1 ; l’

I nno a

N ettuno ascritto al poeta stesso , verso 3 ; Strabone , l ibro VI I Ie IX , e Stefano i l geografo .

Verso 1 7 9 . e Cinade Esichio , voce v o’

aòm .

Ivi . -e Fitalm io I l significato del nome <I>vroilt…og

Fitalm io non è abbastanza certo . E sichio dice essere que

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INNO A NETTUNO 27

sto un epiteto di Giove 1 06 Cwoy6vov , cioè generatore di ani

mal i : da che potrebbe argomentars i che questo nome non fosse

diverso da quel lo di Fevéflìtrog, che io poco Sopra in quest’ inno

ho renduto « Natalizio Ma che cotesti siano due nomi dif

ferenti apparisce si da quest’

inno medesimo , come da Plutarco ,

che nel le S imposiac/ze , l ibro V , quistione 3 , riferisce i l nome

Fitalm io non agli animal i a cui appartiene l ’ altro Natalizio

ma al le piante ; ed è superfluo l’

osservare che q>uròv in effetto

val e pianta

Verso 1 80 . « Io dirotti Asfaleo , poiché salute tu rech i

a ’ naviganti » . Antico comentatore di Aristofane , note agli

A carnesi :’

Ao<pdìtewgHooeròdiv aragà’

Ai u iomg Ttp. tî 1:d t"

(va da

tpd 7tòg nÀéwow. « A Nettuno Asfaleo rendon culto gl i ateniesi ,

a fine di navigare al la s icura Strabone , l ibro I , parla di un

tempio Hooeròcîwog’

Aoq>a ltiov ,di Nettuno Asfaleo o Asfa

l ia al zato in certa isola da quei di Rodi . Veggansi i l luogodi Suida nel l a nota che segue ; Macrobio , S aturnali, l ibro I ,

capo 1 7 ; ed Eustazio , Comento al primo del la I liade , verso 36 ,

e al quinto , verso 334 e seguenti .‘

Aacpo'

zltu a vale sicurtzi

Verso 1 92 . Che Tenaro Com entator greco di Tu

cidide , note al l ibro I : Ta ivaoov, dngorrîguov Aaxcovmfig, îeoòv

Hoau òrî'

wog. Tenaro , promontorio di L aconia e tempio di Net

tuno Ari stofane , A carnesi .

'

O HOUS IOII W, èn‘

t Tawo'

zocp Usò;

Nettuno , i l dio che in Tenaro s’onora .

Staz io , Tebaide , l ibro I I°

A st ubi prona dies longos super aequora fi nes

ex igit, atque ingens m edio natat um bra profundointer iore sinu f rdngentia littora curvat

Taenarus, expositos non audax scanderefluctus.

I llic Aegeo N eptunus gurgite fessasIn por tum deducit equos .

Cornel io Nipote , Vita di P ausania : Fanum N eptuni est

Taenar i, quod violare nefas putant Graeci Pomponio Mela ,

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2 8 1 VERS I

l ibro Il , capo 3 : I n ipso Taenaro, N eptuni templwn

Questo tempio a dir di Strabone , libro VI I I , era in un bosco ,

e per testimonianza di Pausania, l ibro I I I , somigliava una spe

lonca . Avanti ad esso era una statua di Nettuno , che onora

vasi in quel tempio sotto i l titolo di asfaleo , si come ne inse

gnano queste parol e di Suida : Ta ivagov, àngwrwìorov Aaxwvm fig,è'

vtla nal. Hoosuòc'

bvogiegòv’

AocpaMov : Tenaro,promontorio del la

Laconia , dove è pure un tempio di Nettuno Asfaleo S i ce

leb rava in Tenaro una festa ad onore di Nettuno ,della quale

è fatta menzione da Esich io alla voce Ta rvagiag. Possono ve

dersi Tucidide nel l ibro primo,Pl utarco nel la Vita di Pom

peo , e Stefano i l geografo .

Ivi . e l a sacra onchestia selva Omero , I liade ,l ibro I I . B eozia , verso 1 3

°

n noròv f)’îeoòv Hooeròfirov dyltuòv &ltoog.

Ed Onchesto

sacra a N ettuno luminosa se lva .

D ione Crisostomo, Or a z ione cor intiaca :

Pòòog uèv°H7tiov,

°

n noròg Hooeuòcîwog: Rodi è sacra al sole , Onchesto a Nettuno Onchesto era città di B eozia . Pindaro nella quarta Ode

I stm ica , verso 33 ,chiama Nettuno

°

n rìorov oixéovt u ,« abi ta

tore di Onchesto Sono da vedere anche l ’ode I , verso 46 ;

Pausania nel l ibro IX ; E ustazio nel Com ento alla I liade , verso

citato , e più sopra la nota prima al verso 1 7 8 .

Verso 1 93 . E M icale Micale era un luogo della

Ionia , che E rodoto ,l i bro I , capo 1 48 , ch iama sacro situato

incontro a Samo,nel quale

,al rapportare di D iodoro , l ibro V ,

gl i abitanti di sette città del la Ionia s i adunavano per fare grandi

sacrifici di antica istituzione a Nettuno rà!'

Eltnwovicp, E l iconio

come dice Strabone . Questa festa ch iam avasi Havuòvra , cioè

ragunamento di tu tti que ’ della Ionia e ne fa menzione an

che Eustazio , Com ento alla I liade ,l ibro I I ; B eoz ia , verso 1 0 e 8 2 .

Ivi . e Trez ene ed i l pinoso Istmo ed Ega e Ge

resto S i veggano le note ai versi 1 36 , 1 7 6 e 1 7 8 .

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ODAE ADESPOTAE

Lo scopritore dell’ I nno a N ettuno , dopo tutti gl i a ltri fram

menti rinvenuti nel codice ove lo s i contiene , hammi inviato

due odi che mi son parute degne d ’esser porte ai letterati : e

non avendo peculiare annotazione da farvi sopra , m’ ha ins ieme

trasmesso la sua letterale interpretaz ion latina e i suoi emenda

menti , perché qui l i pubbl icassi , s i come fo ; mettendo quella

accanto i l testo greco , e questi a piè del le facce . Le odi sono

intere , se non che mancano forse pochi vers i nel fine del la se

conda . M’

appaiono assai bel le , e di buon grado io le ascriverei

ad Anacreonte . Voleva i l m io amico che le trasportassi in vers i

italiani , ed io mi Vi sono provato e ne ho tradotto una , e poi

mi vi sono riprovato , e finalmente ho cancel lato tutto . Col ui

che disse rima e traduzione non essere compatibil i , a migl ior

dritto avria potuto dirlo di una traduzione di Anacreonte ; l a

qua le se non è più che fedelissima , se non serba un suono ,

un ordine di parole esattissim am ente rispondente a quel lo del

testo , e piombo per oro forbito , puro , lucidiss imo . Or come , in

tanta diffi coltà di trovare e ben collocar le parole , gittar tra que

ste rime che non siano stiracchiate e che appaiano spontanee ?

E già non si soffrirebbe una traduzione ital iana del le Odi di Ana

creonte senza rime . Ma queste non potranno dunque in verun

conto vol tarsi nel la nostra l ingua ? Altri potrà farlo , non io : e

questo basti ; che le mie forze posso io sapere , non le a ltrui .

Per mia parte , sosterrei volentieri togliers i tanto a quel le di

vine odi con tòr loro la l ingua di Anacreonte , che a ch i non

sa di greco sia possib il cosa conoscere (non dico intendere )Omero , Cal l imaco e qualche altro , ma Anacreonte non mai . I let

terati d ’ alto ingegno possono , credo , colla loro testimonianza far

che io non sia tenuto di scr iver qui un trattato che non da altri

sarebbe inteso che da loro .

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I VERS I

QAH A.

E îg”

Eowr a In Am orem .

Koucòon 3101 sv film

si'

180vii’

siloov"Eprom .

èEocicpvng nèv ène7u°ldw

àvo<ioilwrov É'

Onoa

òeouoîow òoòwoìow.

O uoiioog O’

du’

èysofisig,

Oeouoòg è'

x7tuoe,o<

ciarev

tiM’

ò‘

w daré?tiiomg

mi,òvìoowrog èueîo.

QAH B .

E îg B el in/mr. In Lunam .

B oiflton’

Ùuveî.v Eskfivnv .

àvauéh pousv, Zel.fivn,

ueréoogov àoyvoà'

mw.

2 13 yào oùgowoîi xoovcofiou ,

fimîxov rs vvxròg àoxfiv

ueÀo'

wcov T°

è'

e g òveiocov.

Zè Oè x’

àoréoeg oé[îiovm 1

oògo.vòv uuravydì ovoow.

Ei) Sè Àevxòv d'

ou’

è7touîvsg

Àwraooxoòovg re :rro3Àovg

Ode 1 , verso 8 . L ega :‘

àM ’ot

:x éòg àv ànékitomg.

Ode I l, verso 1 . L egendum , quod constei m etr i ratio : Ùuvé sw.

Comata quondam in silva

dorm ientem Am orem deprehendi ;

et subito quidem adventans

nec sentientem vinxi

roseis vinculis .

puer vero ut experrectus est ,

vincula fregit , aitque :

ast non ita sane abires

tu,s i te ego vincirem .

Lunam cancre lubet .

Te , Luna , canem us

excelsam , os argenteam .

Tu enim coelum habens ,

quietae noctis imperium

nigrorum que somniorum tenes .

Te et Sidera honorantcoelum collustrantem .

Tu candidum agitas curt um

ac nitidos equos

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE

C AN T I C A

( 18 16)

Certi d ’a l tro m ai che di m orire.

V ITTORIA COLONNA.

Oper e V I I I .

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CANTO PR IMO

Era morta l a lampa in occidente ,

e queto fumo Sopra i tetti e queta

de’

cani era la voce e de la gente

quand’

i’

, vol to a cercare eccelsa meta ,mi ritrova ’ in mezzo a una gran landa

,

bella , che vinto e ’ngegno di poeta .

Spandeva suo chiaror per ogni banda

la sorel la del sole , e fea d’ argento

gl i arbori che a quel loco eran gh irlanda .

I rami folti gian cantando al vento,

e mesto ros ignol che sempre piagne

diceva tra le frasche suo lamento .

Chiaro —

apparian da lungi le montagne,

e suon d ’ un ruscel letto che correa

em piea i l ciel di dolcezza e le campagne .

Fiorita tutta la piaggia ridea ,

e un’

ombra vaga nel la valle bruna

giù d’

una collinetta discendea .

Sprezzando ira di gente e di fortuna ,pel muto ca l le i ’ gia da m e diviso ,

cui vestia ’ l lume del la bianca luna .

Quel la vaghezza rimirando fiso ,

sentia l ’auretta che gli odori spande ,

mol liss ima passarmi sopra ’ l viso .

Se l ieto i ’ fossi è van che tu dimande .

Grand ’era ’ l ben ch’aveva , ed era

’ l bene

onde speme nutria di quel più grande .

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36 I VERS I

Ah i , son fumo quaggiù l’ore serene !

Un momento è letizia , e’ l pianto dura .

Ah i , la téma è saggezza , error la spene .

Ecco im b runir l a notte , e fars i scura

la gran faccia del ciel ch ’era s i bella ,

e la dolcezza in cor fars i paura .

Un nugol torbo , padre di procel la ,

sorgea di dietro ai monti e crescea tanto

che non s i vedea più luna né stella .

Io ’ l mirava aggrandirs i d ’ogni canto ,

e salir su per l ’ aria a poco a poco ,

e al ciel Sopra mia testa farsi manto .

Veniva ’ l lume ad ora ad or più fioco ,

e’ntanto tra le frasche crescea vento ,

e sbatteva le piante del bel loco ,

e si facea più forte ogni m omento

con tale uno stridor , che svolazzava

tra le fronde ogni ange l per lo spavento .

E la nube crescendo in giù ca lava

ver ’ la marina , s i che l’un suo lembo

toccava i monti e l ’ altro i l m ar toccava .

Pareva loco d ’ombra muta in grembo ,

di notte senza lampa ch iusa cella ,

e crescea’ l buio a lo ’

ngrossar del nembo .

Già cominciava ’ l suon de la procel la ,

e di lontan s’

udiva urlar la pioggia

come lupi d ’ intorno a morta agnel la .

Dentro le nubi in paurosa foggia

guizzavan lampi e mi fean batter gl i occh i ,

e n ’era ’ l terren tristo e l ’ aria roggia .

I ’ sentia già scrollarm isi i ginocchi ;

ch ’ i tuoni brontolavano a quel metro

che torrente vicin che giù trabocchi .

Talora i ’ mi sostava e l ’ aer tetro

guardava spaurato e poi correa ,

si ch’

i panni e le chiome ivano addietro .

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE 37

E ’ l duro vento col petto rompea ,

che gocce fredde , giù per l’ aria nera

soffiando . sopra’ l volto mi spignea ,

E’ l tuon veniam i

ncontra come fera

rugghiando orribilmente senza posa ,

e cresceva la pioggia e l a bufera .

E ne la selva era terribil cosa

i l volar fogl ie e rami e polve e sassi,

e’ l rom bar che l a lingua dir non osa .

I ’ non vedeva u ’ fossi ed u ’ m ’andassi

tant’

era pien di dotta e di terrore

che non sapca più star né mover passi .

Era ’ l balen s i Spesso che bagliore

s’

accendea sempre e mai non era spento ,

perch’

al fine i ’ ristetti a quell’

orrore ,

e mi rivols i indietro ; e’n quel momento

si stinse lampo e tornò buia l ’etra

ed acquetossi’ l tuono e stette ’ l vento .

Taceva ’ l tutto , ed i ’ era di pietra

e sudava e tremava che la mente ,

come rimembra , per l’

orror s’arretra ;

e palpitar si facea più frequente :

qua'

ndo , com’

astro che per l ’aer caggia ,

un lume”

scese e fém m isi presente .

Splendeva in quella tenebria selvaggia

si chiaro che v incea vampa di foco ,

qual fornace di notte in muta piaggia ,

e splendendo cresceva a poco a poco ;

e’n mezzo vi pareva uman sembiante

vago s i ch ’ a ritrar mio stile è roco .

Ed i ’ tremava dal capo a le piante ,ma pur dolcezza mi sentia nel petto

in levar gl i occhi a que l che m ’ era innante .

B ianco ves tia lo Spirto benedetto ,

raggiante come d ’

espero la s tel la ,

e avea ’ l crin biondo e giovenil l’ aspetto .

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I VERS I

Io l’Angel son che tua natura abbel la ,

tua guardia (e su i ginocch i al lor cascai )cominciò quegl i in sua santa favel la .

La gran Signora da ’ sereni rai

mandommi c ’ ha di te pietade in cielo ;

poco t ’ è lunge ’ l di che tu morrai .

I ’ mi fei bianco in volto e venni gelo ,

attonito rimasi e mi sentia

ritrarsi core ed arricciars i ’ l pelo .

E muto stetti , e pur volea dir : S ia ,

0 S ignor , quel ch’ è fermo in tuo consigl io ,

ma voce de l la strozza non uscia .

E sol potei chinar la fronte e ’ l cigl io ,

e caddi al suol boccone ; e quegl i al lora

levommi a un tratto e : Fa ’

cor disse . o figlio .

Non ti dolga di tua poca dimora

in questa piaggia trista , e non ti caglia

ch’

ancor del quarto lustro non se ’ fora .

Or ti parrà da quanto aspra battagl ia

voler sia de l’

Eterno che for esca ,

e come umana gente si travaglia ,

e quant ’ è van quel che le m ent i adesca ,

ed ammiranda vision vedrai ,

per che gir di qua lunge non t incresca .

E poi soggiunse : M ira ! ed i ’ mirai .

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40 I VERS I

E nutri speme pazza e vogl ia bassa ,locando suo desire in cosa vana ,ed amò ben che , quando giugne , passa .

Quel vergognoso là che s’

allontana ,

è prence tristo per cui del itto

tant’

alta venne la virtù romana .

Appio è quel la che conto a voi fe 1 dritto ,

pel cui malvagio amore un ’altra volta

Roma fu lieta e suo tiranno afflitto .

Antonio è que l che lamentar s’

ascolta ,

e di suo fato no , ma par si l agne

sol che sua donna scaltra gli sia tolta .

Vedi Parisse più vicin che piagne

I l io in favi l le e la reggia diserta

e morti i frati e serve le campagne

e d ’erba e sass i la città coverta

e fu cagion di tanta doglia amore ,

e vedi quel c ’ ha si gran piaga aperta .

E Turno , e per Lavinia è suo do lore ,per ch i di mort i fe ’ s i gran catasta

quel ch ’al Teb ro m enò le teucre prore .

Vedi Sanson colà che mal contrasta

a Dalila , e’ l gran re ch ’ anco s i dole

che sapienza contr’

am or non basta .

M ira quell’

alm e quivi che van sole

con l a faccia scarnata e ciglio basso ,

e m ovon lente e senza far parole.

Vestal i furo , e sotto fiebil sasso

m enolle dura legge e crudo foco

di per loro a compor lo corpo lasso .

Vedi quanti ha malconci ’ l tristo gioco ,

e perduti ha i l furor di vogl ia insana ,

che tempo lungo a noverargli è poco .

Guata quel truce là ch ’ a la cristiana

fede apri lato , e che nel suol britanno

di giusto sangue fe ’ tanta fontana ,

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE 4 1

e per amor , di re venne t iranno ,

e m andò giù tant’

alm e a l ’ aria bruna ,

si ch ’anco t dura e sarà eterno ’ l danno ;per ch i d ’

Anglia tal frotta si rauna

e m ugulando s’

addossa e s i preme

qua l sozzo gregge a la ’

n fernal laguna .

D’

infinita sciaura amor fu seme,

che non sua sol ma van m ill’

alm e ogno ra

per lui ’

ve’ l tristo eternamente freme .

Oh m iser’Anglia che tanta dimora

fai ne l ’errore , e non t i basta’

l l ume

de la mental tua lampa a uscirne fòra ,

e già tutto conosci forche’ l nume

,

e cieco nasce e non vi pensa e m òre

tuo popol gramo vinto dal costume .

Poi sospirando disse : Or vedi , amo re

com ’ è crude le al mondo , e com’ è duro

far ch ’ e ’

non giunga a palpeggiarti core .

Sapienza non è si saldo muro

che nol dirompa forza di suo strale ,

e chi men l ’ ha provato è men s icuro .

E se l ’ alma infermo di tanto male

e sente l’

aspra punta , ov’

è la -pace ?

e se pace non è , viver che vale ?

S i come ch i per poi soggiunger tace ,

quel tacque , ed i’

m i V idi un mesto avan te

giovane e ta l che d’ello anco mi spiace .

Tanto mi vinse suo fieb il sembiante

che l’

Angel di suo nome interrogai ,benché mio dir sonava ancor tremante .

E quel rispose : Da sua bocca udrai

contar suo fa l lo e di suo fa l lo i danni .

E l’

approcciam m o , ed i’

l’

addim andai.

Ugo fui detto , e caddi in miei verd’

anni,

e me Ferrara tra suoi forti avria ,

se non fosse ’ l mio padre infra ’ t iranni ;

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4 2

1 20

I VERS I

disse , e ristette e quasi s i pentia,

poi segui to : M i trasse al punto estremonon so se di mio fato 0 colpa mia .

I ’ membro l’

ora , ed in m em b rarla fremo ,

che prima vidi le sembianze ladre

per ch ’ in eterno fra quest’

alm e gemo .

Vidi la donna misera che’ l padre

erasi aggiunta , ma che’ l tristo letto

non fe ’ bel lo di prole e non fu madre .

E cura inquieta mi senti i nel petto

che parea dolce , ma la voglia rea

vanez z a e tedio fem m i ogni diletto .

I ’ fea contesa e forse ch ’ i ’ vincea ,

ma un di fui sol con quella in muto loco ,

e bramava ir lontano e non volea ,

e palpitava , e’ l volto era di foco ,

e al fine un punto fu che’ l cor non resse ,

tanto ch’

i’

dissi : T ’ amo e’ l dir fu roco .

Vergogna al lor sul ciglio mi s ’

im presse ,

e la donna arrossar vidi e gir via

senza far motto , come lo sapesse .

Poi nulla i ’ fei , m a tanto più che pria

divam pò’ l foco al soffi o di speranza ,

ch’

arder le vene e i polsi i ’ mi sentia .

Al lor che tratto di m ia queta stanza

fui d’arm ato drappello in su la sera

con ferita ch’

ogni mio dire avanza ,

e dentro muta torre in prigion nera

ch iuso che"ndarno i l genitor chiamava ,

immobil tra catene come fera .

Stupido e sol rimasi in quel la cava

ricercando mia colpa , ed oh dolore

in ricordarmi di m ia voglia prava !

Era giunta la notte a le tard’

ore

che tace e per le vie gente non passa ,

quando fioco romor sentii di fòre .

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A PPRESSAMENTO DELLA MO RTE 43

(0 Ital ia mia dolente,o patria lassa

che quant’

alta a ’ bei giorni tanto cruda

fosti a ’ più neri , e tanto ora se’ bassa ,

ben sei di luce muta e d ’ onor nuda ,

che tigre fosti quando era tua possa

e or se ’ pietosa ch’

uom per te non suda ! )

Orrendo un gel mi sdrucciolò per l ’ossa ,

e mancar senti i ’ l fiato e ’ l cor serrarse

quand’

a l ’nscio udii dar la prima scossa .

Sonàro i ferri a l suo disch iavacciarse ,

e segui di persona un calpestio ,

e di lontana fiamma un chiaror parse .

Come chi vide ’ l lampo che fuggio ,

aspetta lo fragore e sta sospeso

tal senza batter ciglio mi stett ’ io .

E ’ l genitore entrar che tenea steso

i l destro braccio e ne la man mira i

un ferro e ’n la sinistra un torchio acceso .

Morta è disse tua druda e tu morrai .

Su le ginocchia i ’ caddi in quel momento

piagneva e volea dir : M io padre , errai .

Ma la punta a m ia gola e’

ficcò drento,

e caddi con la bocca in su rivo lta ,

e’ l vital foco tutto non fu spento .

Parvem i che l’

acciaro un ’ altra volta

alzasse , e di vib rarlo stesse in forse ;

poscia , com’

uom che di lontano ascol ta ,

l ’ udu cercar de l’ uscio : indi rito rse

i l passo , e’n cor piantom m i e lasciò

’ l brando ,

per che l ’ultimo gh iaccio la mi co rse,

e svolazzo lo Spirto sospirando .

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I VERS I

CANTO TERZO

I ’ lagrim ava gta per la pietate

di quel la m iser’

alm a che perduta

aveva suo fal lo e a ltrui crudelitate ,

e ’ l ciglio basso e l a bocca era muta ,quando ’ l celeste : Guata la quel duce

disse , c ’ ha man grifagna ed unghia acuta .

E lî

Avariz ia , e dietro si conduce

gregge che ’ n vita fu de l ’ oro amico

non perché val tra voi ma perché luce .

Del nome di que’ duri io non t i dico

,

che non sudar perché sapesse mondo

quando lor tempo avria chiamato antico .

Ve’ c ’ han sul col lo di gran soma pondo

e van carpone e’ l capo in giù pendente

,

si che lor‘

faccia è presso d ’

ogn’im m ondo ,

però che prona al suolo ebbet la mente ,e di gloria e del cie l non ebbet cura ,

vivendo in terra come morta gente .

Or vedi quanto è trista e quanto è dura

vostra vita mortal , che fango e ’ l fimo

più che la gloria e’ l ciel per voi s i cura .

B en Sète fatti di terrestre l imo ,che tanta gente cerca morta terra ,

per lo suo fine e per l’autor suo primo .

E pur bell’alm a vostro corpo serra

perché ricerchi e trovi ’ l sommo amore ,

che pace è vostro fin , non questa guerra .

Qui tacque, e venne pall ido ’ l chiarore ,

ch ’ iva al iando fosca tenebria

come nottola oscena , in quell’

orrore .

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE 45

Venia gigante al tissimo ,

’ l seguia

lungh issim’

om bra piena d i spavento ,

cieco cosi che brancolando gia .

Correa da prima ratto come vento ,

poi tenne ’ l passo per lo buiO calle ,

si ch ’ iva al fine come neve lento .

Gli era infinito esercito a le spal le ,

e di voci facea tanto certame

che tutta piena d ’eco era la va l le .

Ivan latrando quel le gent i grame ,

e su lor crespa fronte e su l a cava

lor mascel l a parea seder l a fame .

A l l ume i ’ gli scorgea che s’

avventava

da le angel iche forme ai visi smorti ,

e men chiaro e più fioco ritornava .

Questi tenner sentieri oscu ri e torti

in cercar verità lo Spirto disse ,

d’

errar volenterosi , o malaccorti .

Vedi colui che cosi presto visse ,Zoroastro inventor di scienza vana ,

e quel che ’nsegnò tanto e nul la scrisse

i ’ dico Samio mastro che l ’ umana

m ente fe ’ vil cosi che la ridusse

a starsi con le fère in bosco e ’ n tana ;e quel da C itte che tanta produsse

gente al dolor si come al piacer dura

e l’

Abderita che l a mente strusse ;e la Cinica turba che sicura

da error non fu sotto ’ l cencioso panno,

e’ l lercio duce de la mandra impura .

Ve’ come sol i e pensierosi vanno

Socrate e Plato e’ l magno di S tagira ,

sdegnando gregge e 10 comun tiranno .

Guata la que ’ nefandi pieni d ’ ira

contra l’ E terno , Sopra la cui testasolcato da baleni un turbo gira .

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I VERS I

E sé ntigli u lular come foresta

al lor che’n furia

’ l vento , e che rimbomba

per l ’aer fosco voce di tempesta .

Oh quanta gente è qui che ne la tomba

non è fatta anco polve , oh quanta gente

al disperato lago or tra lei piomba !

Come brulica giù l ’onda bol lente

per dolor cui fe ’ vano i l grande acquisto

spietato inganno di corrotta mente !

Oh menti sciagurate , oh mondo tristo

cui lo pens ier del vero tanto spiace

ch e par vergogna i l ragionar di Cristo !

Già contra ’ l ciel latrava , ed or si tace

tua gente in guisa d’

uom che non si cura ,

come a D io conceduta abbia la pace .

Vedi soggiunse , o figlio , com e scura

vostra terrena via piena di dogl i a ,e com

è fral quaggiù vos tra natura ;che tanta gente di seguir s

invoglia

quel gigante colà , ch’

è’ l tristo errore

,

e tanto ignara i l fa contra sua voglia .

Quanti cercar saggezza e saldo onore

che trovar fama tetra e falsitate ,

e lor fu vano i l trapassar de l’ore !

Oh savissim e sole , oh avventurate

l ’alme che ricercar del sommo B ene !

fumo già non trovar né vanitate .

Dièr soda meta a lor non dubbia spene ,bramando uscir d i questa terra bassa

u ’ torpe error che cosi presto viene .

Però ’ l gigante che tant’

om b ra lassa

Sopra ’ l dolente esercito seguace ,

venne si ratto e cosi lento passa .

Già la piaggia parea tornare in pace

pel lontanar di quel la turba folta

Sopra cui’ l l ume eternamente tace .

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I VERS I

guastar campagne e a l pavido cultore

messa la man tra le sudate chiome,

di sua casuccia trascinarlo fòre

bril lar tra morti e ’

nsanguinati come

l ion che ’n belva marcida si sfama ;

rider tra genti lagrimose e dome .

Dunque far solo i l mondo è vostra brama,

e’ l viver vostro è per l ’ altru i morire

,

e si tra voi si viene in seggio e ’n fama ?

Ve’ di quegl i aspri le sembianze dire

lo cui passaggio al mondo fu guadagno ,

e’ l natale e l a vita fu martire .

M ira colui che nome ebbe di magno ,

e fe’ di sangue egizia frode rossa ;

e’ l Fel ide che piange suo compagno ,

e guerra m aladice e l a sua possa ,e presso ha re de ’

re che’] teucro l ido

00pri di spoglie sanguinose e d ’ossa ,

e vincitor peri d i ferro infido ,

e per guerra perde la l uce e regno ;

e quel che ’nvan divenne a tanto grido

i l macedone i ’ dico , c’ ha disdegno

però ch ’ i r vana da la morta valle

di sua man l ’opra vide e di suo ’

ngegno

e Ciro e B renno e Pirro ed Anniballe

che grandi un tempo e fur mesch in i al lora

che fortuna lor dato ebbe le spal le ;

e come sol per nembo si scolora

vider lor fama inteneb rarsi, e po i

venir pal l ida e muta l’ultim’

ora .

Cosi passa fortuna degl i eroi ,

e la gran mole in un sol di fracassa

che tanto pianto fe ’ versar tra voi

com’

onda a gl i astri sorta che s’

abbassa

e cade in un baleno e al pian s’

agguaglia ,

e di suo levamento orma non lassa .

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200

APPRESSAMENTO DELLA MORTE 49

Tacque , e cadeva suon de la battaglia

che giva di colei per 10 sentiero

che tutto ’ l mondo misero travaglia .

E mostro altro pareva onde più fèro

non vede orma stam par su neve 0 sabbia

lo Scita algente 0 divampato Nero .

Aveva umane forme e umana labbia ,e passeggiar parean la guancia scura

l ’ invidia fredda e la rovente rabbia ,

e a suo passaggio ab brividir natura ,

seccars i l’erbe , e tremolar le piante

scro'

l lando i rami come per paura .

Nel buio viso l ’occhio fiammeggiante

a carbon tra la cenere , che splenda

so l ingo in cieca stanza , era sembiante .

A l crin gl i s ’

attorcea gemmata benda ,

e scendea regio manto da le spal le

com’

acqua bruna che di rupe scenda .

Sprizzato era di sangue e per lo cal le

di sangue un lago fea la sozza vesta ,

che in dubbia e torta striscia iva a la va l le .

S eguialo incerto rombo di tempesta ,

ed egl’iva sospeso , e ogni momento

i l serto si cercava ne la testa .

Parea pien di sospetto e di spavento ,

guardavasi d’ intorno , e tenea

’ l passo

al suon de ' rami e al transito del vento .

Ecco ’ l gran vermo d ’uman sangue grasso ,

l o qual però che mondo ha ’n sua ba l ia ,

ben si conviene andar col cigl io basso .

Ecco ’ l figliuol di vostra codardia

cominciò quegli , ecco la belva lorda ,

ecco la perfid’

,ecco Tirann ia .

Quella che sempre vora e sempre è ’ngorda ,

quel la ch ’ è cieca come marmo al pianto ,

quel la ch’

è al prego come bronzo sorda .

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50 I VERS I

0 mondo gramo , e se’ codardo tanto

ch’

uom su tuo ’ seggi può seder sicuro

di sangue intriso la corona e manto ?

E quando etade ha suo passar maturo ,

passa ’ l tiran già sazio , e allor pur anco

t rovar chi ’ l biasmi e ch i l’

accusi è duro ?

e di sofi'

rir quest’

orsa non se ’ stanco

che ti fi cca e rificca l’ungh ia e

’ l dente

nel rosso petto e’n 10 squarciato fianco ?

Oh sciagurato mondo , oh età dolente ,oh progenie d ’abisso atri tiranni ,oh infamia eterna de l ’umana gente !

Quest’è la bestia che da ’ tuoi verd ’

anni

t ’ arse di rabbia , e del cui lercio sangue

tinta bramasti aver la mano e i panni .

Quest’

è l’

orrib il idra, quest

è l ’ angue

che gonfia sopra ’ l mondo alz a la cresta ,perché virtude è morta e saper langue .

Vedi come la piaggia si fa mesta

al passar de la fera , e ve ’ pugnale

ch ’ ha per iscettro , e sangue che calpesta .

Vedi nefando stuol che fu mortale

a lo sgraziato mondo , e da cui’ l mondo

non ebbe che’ l campasse brando 0 strale .

Vedi T iberio là , vedi l’

im m ondo

gregge di'

que ’ che ne l’

età più nera

Italia tua gravàr di tanto pondo .

Ve’ ’ l furbo più vicin che Spinse a sera

la lib ertà romana , e m’ ebbe fama ,

e ancor d ’amici al mondo ha tanta sch iera .

Ve’ Periandro 10 tristo che brama

tenne d ’aver tra ’ greci saggi onore,

e sua Corinto misera fe ’ grama .

Pur ve’

che di vergogna e di furore

arse talor la gente , ed avventosse

col ferro nudo del tiranno al core .

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE S I

A l lora'

Arm odio vidi ch ’avea rosse

le man de l’em pio sangue , e per man rea

cadde , e per fama a un punto rilevosse .

E ’ l gran corintio vidi che piangea

sul prosteso fratel che venia manco

pel colpo onde suo brando lo spegnea .

E B ruto del tiranno aprir 10 fianco ,

e del romano imperador primiero

squarciato petto vidi e ’ l volto bianco .

I ’ tenea ’ l guardo fiso ed il pensiero

a quella truce vista , allor che sparse

ogni ch iarore , e’

l ciel si fe ’ più nero ;

e’n un momento ’ l vidi spalancarse

uscinne un tuono , e un fulmine strisciosse

per l’

etra , e su l a fera cadde e l’

arse ,

e misto di favi l le un fumo alz osse .

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I VERS I

CANTO QUARTO

Tornò la piaggia queta : allor che Sopraoscuro carro apparse un che si stava

immoto in guisa d ’ uom cui sonno copra .

Sedeva , e sopra petto gli cascava

la testa ciondolante , e carro gia

come va carro cui gran pondo grava .

Testuggini ’ l traeano , e per la via

m oveasi taciturno e cosi lento

che suon di rota o sasso non s’

udia .

Vedi ’ l Celeste disse — quel c ’

ha spento

la fama e ’ l grido di que ’ magni tanti

lo cui rinomo è gito come vento .

Vedi che ’ntorno al carro e dietro o innanti

va quel la gente trista lo cui volto

tutto è ’nvoluto entro suoi lungh i manti .

Questa die ’ tempo lungo e sudor molto

per viver dopo ’ l passo , e tutto’ l frutto

de l ’opra sua quel suo signor gli ha tolto .

Or muto di suo nome è ’ l mondo tutto :

pur die ’la vita perch

’eterno fosse ,

e’l m ertava quant

’altri, e que ’ l ’ ha strutto .

O sventurata gente , e che ti mosse

a ricercar quel che da obbl io si fura ,si che giace tua fama entro tue fosse ?

Oh vita trista , oh miseranda cura !

Passa la vita e vien la cura manco ,

e frutto insiem con lor passa e non dura .

Quando posasti i l moribondo fianco ,

dicest i : Assai vivemmo , e non fia m ai

che nostro nome di sonar sia stanco .

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE 53

M isera gente , ah non vivesti assai

per trionfar d’

ob b lio che' tutto doma

invan per te vivesti e non vivrai .

Quanto m e’ fa colui che non si noma

al mondo no , ma nom erassi in cielo

quando deposto avrà la mortal soma !

Lui dolcezza sarà lo final ge lo ,

né teme obbl io , ch’

avrà l a terra a sdegno

quando vedrà ’ l gran B el lo senza velo .

Or ti rafforza , o mio povero’ngegxio ,

e t ’ aiti colui che tutto move ,

ch é dir t ’ è d ’ uopo di suo santo regno .

Or prendi a far quaggiù l ’ ultime prove ,ora a mia bocca ispira i l Canto estremo .

Cose altissime canto al mondo nOve .

Ve’ quel soggiunse , e

’n riperisàrvi io tremo ,

che solcando si va questo mar tristocon iscom m essa barca e fragil remo .

Assai travaglio , assai dolore hai vistoor leva guardo a le superne cose ,

or mira ’ l frutto de l divino acquisto .

I ’ sol levai le l uci paurose

inver ’ 10 cielo , e vidi quel ch ’

appé iià

m ie voci smorte d i ridit son 0Sè .

Come quando improvviso S l serena :

i l ciel già fosco sopra piaggia bella ,

e sol ridendo torna e ’ l di rim enà ,

e’ l 1000 sua letizia rinnovella

mentre in ogn’altra parte è ’ l ciel p1u nero

e tutto intorno chiuso da procel la

cosi lassuso in mezzo a l’em ispèro

fendersi vidi i nugol i e squarciarse ,

e disfogando i rai farsi sentiero .

E poi l’aperta vidi dilatarse ,e crescer lo splendore a poco a pOcO,

si che lucido campo in cielo apparse .

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I VERS I

Lume di sole a petto a quello è fiocoche rifietteasi

’n terra e suol fea vago

bril lando tra le fogl ie del bel 1000 ,

qual da l impido ciel su queto lago

cinto di piante in ermo loco i l sole

versa sua luce e sua tranquil la imago .

Qui vengon manco al ver le mie parole ,ch ’ i ’ vidi cose in mezzo a quel fulgore ,cui dir non può la l ingua , e

’ l pensier vòle .

Vidi distesa piaggia onde ’

l colore

e’ l fiorire e

’ l gioire a la bel tate

m’

aprîr la mente e dilatarmi ’ l core .

Canti s ’ udian s i dolci che di state

men caro è sul meriggio in riva a un fiume

udir gl i augell i e l ’aure innamorate .

Splendean l’

erbette di si vago lume

che luccicar men vagh i a l a mattina

i rugiadosi prati han per costume .

E la luce era tanta , che l a brina

al sol m en chiaro splende , e m en raggiante

splende a l sol bianca neve in piaggia alpina .

Intrecciavansi i raggi tra le piante ,

e rifletteansi in onde tanto ch iare

che quel fulgor quaggiù non ha sembiante .

Come se viva lampa a un tratto appare

in tenebrosa stanza , ch i v’ è drento

forz ’ e che l ume con la m an ripare

si mi vinser que ’ raggi in un momento

per che l’

um ide luci i ’ riserrai ,

che’ l poter venne manco a l’ardim ento .

E l’

Angel disse : M ira ! ed i ’ levai

lo sguardo un ’altra volta , e vidi quanto

nostra sola virtù non vide mai .

Alme vestite di lucido manto

ivan per quelle vie del paradiso ,

sciolte le labbra al sempiterno canto .

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I VERS I

Oh dolce pianto , oh fortunato lutto ,

oh vento che’ l nocchier sospinse al porto

u ’ nol conturba più vento né flutto !

I ’ stava in quella vista tutto assorto

quando repente correr come strale

un lampo vidi da l’

occaso a l ’orto .

A l lor per l ’ aria tutta batter l ’ale

ruggh iando i quattro venti , e’ l tuon mugghiare

dal boreal deserto al polo australe ,

e sbattersi da lungi e dicrollare

lor cime i monti , e dal profondo Seno

metter continuo cupo ululo i l mare ,e l ’aria farsi roggia in un baleno

come le nubi a sera in occidente ,e sotto a

piedi ansando ir lo terreno ,

e ruscel che venuto era torrente ,

Spum ar , fumar con alto gorgogl io

si come in vaso al foco onda bol lente.

Quando con suon vastissimo s’

aprio

in mezzo a l santo loco i l ciel più addr'

ento ,

e allor cademmo al suol l’Angelo ed io .

E tra sua luce sopra firmamento

apparve Cristo e avea la Madre al fianco,

e tutto tacque e stette in quel momento .

Cosi smarriss i 10 ’ntelletto stanco

quando l’Angel mi fe’ levar lo viso ,

che’ n 10 m em b rar la voce e cor vien maric0.

Vidi Cristo , e non sono in paradiso ?

e Maria vidi , e’ n terra anco mi veggio ?

e vidi ’ l cielo , e altrui pur lo diviso ?

O Cristo , o Madre , 0 sempiterno seggio

u ’ celeste si fa nostra natura ,

che narrar di voi posso e che dir deggio ?

T’

allegra omai , chè tua stagion”

mati na

disse 10 Spirto ,— e sei presso a la sede

ove letizia eternamente dura .

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2 00

APPRESSAMENTO DELLA MORTE 57

Cristo e l a Madre vede , e sol non vede

tuo mortal guardo quel che veder mai

non può da questo mondo altro che fede .

Quel la nube tel cel a da ’ cui rai

lo fiam m eggiar di cento sol i è vinto ,

dove pur di mirar forza non hai ;

dico la somma Essenza , inver’ cui spinto

è dal cor suo , ma ch’

a mirar non basta

uom da suo corpo a questa terra avvinto .

Cònto t’

è’ l mondo omai , conta la vasta

solitudin terrena ov’uom o ad uomo

ed a se stesso ed a suo ben contrasta .

Vedesti i frutti del piagnevol pomo ,e

’ l cercar gioia che’n dolor si muta ,

e le vane speranze e’ l van rinomo

come dietro ad error sen va perdu ta

tanta misera gente , e come tanti

visser per fama di cui fama è muta .

Vedesti i fèri guai , vedesti i piant i

che reca armato chi ragion non pre'

zza ,

e i crudi gioch i e i luttuosi vanti .

Che far nel mondo vostro dovè spezza

sue leggi e suo dover lo rege ei pure ,e misero d iviene in tant

altez z a ,

se non cercar del cielo , ove sicure

son l ’alme dal furor de l a tempesta ,e téma è morta e l e roventi cure ?

E lo cie l t i si dona . Omai t ’appresta ,

ché veduto non hai sogni né larve

certa e verace vision fu questa .

Presso è ’ l di che morrai . Qui tutto spa'

rve .

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I VERS I

CANTO QUINTO

Dunque morir bisogna , e ancor non vidi

venti volte gravar neve ’ l mio tetto,

venti r ifar le rondinelle i nidi ?

Sento che va languendo entro m io petto

la vital fiamma , e’ntorno guardo , e al mondo

sol per me veggo i l funeral mio letto ;e sento del pensier l ’ immenso pondo ,

si che vo ,

’ l labbro muto e’ l viso smorto ,

e quasi mio dolor più non ascondo .

Poco andare ha mio corpo ad esser morto .

I ’ mi rivolgo indietro e guardo e piagno

i n veder che mio giorno fu si corto ;

e’ n mirar questo misero compagno

cui mancò tempo si ch’appien non crebbe ,

dico : M isero nacqui , e ben mi legno .

Trista è la vi ta , so , morir si debbe ;ma men tristo è ’

l morire a cui la vita ,

che ben conosce , u’

spesso pianse,increbbe .

I ’ piango or primamente in su l ’uscita

di questa mortal piaggia , che mia via

ove l ’ altrui comincia ivi è finita .

I ’ piango adesso , e mai non piansi pria

sperai ben quel che gioventude spera ,quel desiai che gioventù desia .

Non vidi come speme cada e pèra ,

e’ l desio resti e mai non venga pieno

,

cosi che lasso cor giunga la sera .

Seppi , non vidi , e per saper , nel seno

non si stingue la speme e non s’

acqueta ,

e desir non si placa e non vien meno .

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE 59

Ardea come fiam m ella ch iara è l ieta ,

mia speme in cor pasciuta dal desio

quando di mio sentier vidi l a mèta

allora un lampo la notte m’

aprio ,

e tutto cader vidi ; al lor piagnendo

ai miei dolci pensieri i ’ dissi : Addio !

Già l’avvenir guardava , e sorridendo

dicea : Lucida fama al mondo dura ;fama quaggiù sol cerco e fama attendo .

M isero ’ngegno non mi die ’ natura .

Anco fanciul lo son : m ie forze sento :

a volo andrò battendo ala s icura .

Son vate : i ’ salgo e ’ nver ’ lo cie l m ’

avvento ,

ardo , fremo , des io , sento la viva

fiamma d ’Apollo e soprum an talento ;

grande fia che mi dica e che mi scriva

I tal ia e mondo , e non vedrò mia fama

tacer col corpo da l a morta riva .

Sento.ch ’

ad alte imprese il cor mi ch iam a

a morir non son nato , eterno sono

ché’ndarno

’ l core eternità non brama .

Mentre ’

nvan mi lusingo e’

mvan ragiono ,

tutto dispare , e mi vien morte innante ,

e mi lascia mia speme in abbandono .

Ah i ! mio nome m orra. S i come infante

che parlato non abbia , i’ vedrò sera ,

e mia morte al nata l sarà sembiante ;

sarò com ’ un de l a volgare schiera ,e morro come mai non fossi nato ,

né saprà mondo che nel mondo io m’era .

Oh durissima legge , oh crudo fato !

qui piango e vegno men , che saprei morte ,obb livion non so vederm i a l lato .

Viver cerca i quaggiù d ’

età più forte ,

e pèro e ’ncontr

a obbl io non ho più scampo,

e cedo , e m e trionfa ira di sorte .

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I VERS I

Morir quand’

anco in terra orma non stampo ?

né di m e l ascerò vestigio al mondo

maggior ch ’ in acqua soffi o , in aria lampo ?

Ché non scesi bambin giù nel profondo ?

e a che , se tutto di qua suso ir deggio ,

fu lo materno sen di m e fecondo ?

Eterno D io , per te son nato , i l veggio ,

che non è per quaggiù lo spirto mio ;per te son nato e per l ’eterno seggio .

Deh ! tu rivolgi lo basso desio

inver ’ lo santo regno , inver’ lo porto .

0 dolci studi , o care muse , addio .

Addio speranze , addio vago conforto

del poco viver mio che già trapassa

itene ad altri pur com ’ i ’ sia morto ;e tu pur , Gloria , addio , ch é già s

’ab bassa

mio tenebroso giorno e cade omai ,e mia vita sul mondo ombra non lassa .

Per te pensoso e muto arsi e sudai ,e te cerca avrei sempre al m ondo sola ,

pur non t ’ebbi quaggiù né t ’avrò mai .

Povera cetra mia , già mi t’ invola

la man fredda di morte , e tra le dita

lo suon mi tronca e’n bocca la parola .

Presto spira tuo suon , presto mia vita

teco finito ho questo ultimo canto ,

e col mio canto è l’opra tua compita .

Or , bianco viso e l ’occh io pien di pianto ,

a te mi volgo , 0 Padre , 0 Re supremo,

o Creatore , o Servatore , 0 Santo ,

tutto son tuo . Sola speranza , io tremo

e sento cor che batte e sento un gelo

quando penso ch’

appressa i l punto

Deh m ’ aita a por giù lo mortal velo ,

e come fia lo spirto uscito fore ,

nol merto no , ma lo raccogl i in cielo .

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APPRESSAMENTO DELLA MORTE 6 1

T ’amai nel mondo tristo , o sommo Amore ,

innanzi a tutto , e fu quando peccai ,

colpa di fral, non di perverso core .

0 Vergin D iva , se prosteso mai

caddi in m em b rarti, a questo mondo basso ,

se mai ti dissi Madre e se t ’amai ,

deh ! tu soccorri lo spirito lasso

quando de l ’ore udrà l ’ultimo suono ,

deh tu m’

aita ne l ’orrendo passo .

0 Padre , o Redentor , se tuo perdono

vestirà l ’alma , si ch ’ io mora e poi

venga timido spirto anzi a tuo trono

e se mondo cangiar co’ premi tuoi

deggio morendo e con tua santa schiera ,

giunga ’ l sospir di morte , e poi che’ l vuoi ,

mi copra un sasso , e mia memoria pèra .

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S ONETT I

IN PERSONA D I SER PECORA FIORENT INO B ECCAIO

( 1 8 17 )

S ONETTO PR IMO

I l Manzo a dimenarsi s i sollazza ,

cozza col muro e vi si dicervella ,

con la coda si scopa e s i fiagella ,

scote le corna e mugge e soffi a e razza ,

con l ’ ungh ia alza la polve e la sparnazza ;bassa capo , rincula e s

arrovella ,

stira la corda , stringe la masce lla ,

e sba lza e salta e fin che può scorrazza .

Dàlle al muro : oh per certo e’ gli vuol male .

Ve’ come gl i s ’

avventa . Animo ! guata

se non par ch’

aggia a farne una focaccia .

Oh gli è pur duro , Manzo , quel rivale .

Va , Coso , e tasta d ’ una tentennata,

e gl i’

nfuma le zampe e glien’allaccia .

E s’

oggi non gl i sch iaccia

i l magl io quel le corna e quel capone,

vo’ gir sul cata letto a pricissione .

G . LEOPARD I , Opere V I I I .

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I VERS I

SONETTO SECONDO

Su, scaviglia l a corda . Oh ve ’

, gavazza

e tripudia e bal lonzola e saltel la

non dé ’ saper che bue qui s i macella

via,per saggio , lo tanfana e lo spazza ;

via gl i fruga la schiena e gl i spelaz z a :

e’

dà nel foco giù da la padel la.

Le corna gl i ’

m pastoia e gl i’

ncappella ;

ammanna la ferriera , e to’ l a m azza .

S u, Cionno , ravvilùppati grembiale ,

gl i avvalla i l capo , cansa la cozzata ,

e giuca de la vita e de le braccia .

Ve’

, s’

arrosta e s’

accoscia : orsù non vale

gl i appicca , Meo , sul collo una bacchiata ,

fa ’ che risal ti in piede , e gl i t’

abb raccia .

E’ l ti ra , e gl i ricaccia

le corna abbasso , e senza discrezione

gl i accomanda la testa a l’

anellone .

S ONETTO TERZO

Ve ’ che ’ l t ira,e s ’

indraca e schizza e ’

m paz z a

dagl i ’n sul capo via , che non lo svel la ;

su ,gl i acciacca la nuca e la sfracella .

Ma ve ’ che ’ l magl io casca e non l’ am m az z a .

Oh che testa duriss ima,oh che razza

D i bestia ! i ’ vo ’ morir s ’ ha le cerve l la .

Ma gl i trarrò le corna e le budella

s’

avesse la barbuta e la corazza .

Leva ’ l magl io , Citrul lo , un’a ltra fiata ,

e glien’

assesta un ’

al tra badia le ,

e l ’anima gli sbarbica e gl i slaccia .

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SONETT I 67

Fagl i de la cucuzza una sch i acciata

ve’ che basisce , e dice al mondo : Vale .

Suso un ’ altra , e’ l so l lecita e lo spaccia .

In grazia , Manzo , avaccia :

a ogni m o’ t i bisogna ire al cassone ,

passando per l i denti a le persone .

S ONETTO QUARTO

E’ fa gheppio . S u l ’ anca or 10 stramazza ,

l’

arrovescia : e lo sgozza e l’

accoltella .

Ve’

ch’

ancor trema e palpita e balzel la ,

guata che le z am paccie in aria Sguazza .

Qua , ché già’ l sangue spiccia e sgorga e spra z z a ,

qua presto la barletta e la scodella ;

reca qualcosa , O secchia o catinel la

o’ l bug l iuolo o la pentola o la cazza

corri pel calderotto o la stagnata ,

da ’

di piglio a la tegghia o a l’orinale ;

presto,dico , i l malan che ti d isfaccia .

D i molto sangue avea quest’

anim ale

m o’ fagl i fare un ’al tra scorpacciata ,

e di vento l’

im pregna e l’

abb orraccia .

Istrigati e ti sbraccia

mano speditamente a lo schidone ;

busagli’ l ventre , e

’n z eppavi

l soffione .

S ONETTO QUINTO

S ent i ch ’ e ’ fischia e cigola e strombazzagl i è satol lo di vento : or lo martel la ,

e dabb udà su l ’epa gli strimpel la

e ne rintrona i l vicolo e la piazza .

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I VERS I

Ve ’ la pel le , al bussar , mareggia e guazza

lo spenzola pel rampo a la girella :

lo sbuccia tutto quanto e lo dipella

e dissangua , lo sbatti e lo strapazza .

Sbarralo , e tra ’ budel la e tra ’ corata ,

tra ’ milza , che per fi el più non am m ale ,

e l’entragno gl i sbratta e gl i dispaccia .

D ’ uno or vo’ ch ’e ’ riesca una brigata

gl i affetta l ’ anca e ventre e lo schienale ,

e lo smembra , lo smozzica lo straccia .

Togliete , oh ch i s’affaccia :

ecco carn i strafresche , ecco l’

a rgnone

vo’ mi diciate po i se saran buone .

Questi sonetti , composti a somigl ianza dei M attaccini del Caro ,

furono fatti in occasione che uno scritto rel lo , mo rto o r sono pochi

anni , pub b l icò in Roma una sua diceria , nel la quale rispondendo

ad a lcune censu re sopra un suo l ib ro d ivu lgate in un giorna le ,usava paro le indegne con tro due nob ilissim i letterati ita l iani che

anco ra vivono . Come nei Ma ttaccini del Caro so tto l’allegoria del

gufo e del caste l lo di vetro dinotasi i l Caste lvetro , parimen te in

quest i sonett i disegnasi i l de tto scr itto rel lo so tto l’allegoria del

manzo . I l nome del beccaio è to l to da l la Cr onica di Dino Compagni , la quale fa menz ione di un becca io fio rentino di quei temp i ,detto per soprannome il Pecora .

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E LEG IA

( 18 1 8)

Dove son ? dove fui ? che m’

addolora ?

Aim è ch ’ io la rividi . e che giammai

non avrò pace al mondo ins in ch ’ io mora .

Che vidi , o cie l , che vidi , e che brama i '

Perché vaci llo ? e che spavento è questo ?

Io non so quel ch ’ io fo , né quel ch’

oprai.

Fugge la luce , e’! suolo ch

i’ calpesto

ondeggia e balza , in guisa tal ch’ io spero

ch ’egl i sia sogno e ch ’ i ’ non sia ben desto .

Aim è ! ch ’ io vegl io , e quel che sento è i l vero ;

vero è ch ’anzi m orrò ch ’

a l guardo m io

sorga sereno un di su l’em ispero .

Megl io era ch ’ i ’ moriss i avanti ch ’ io

ri vedessi colei che in cor m ’ ha posto

di morire un asprissimo desio :

ch’

allor le membra in pace avrei composto ;or fia con piantò i l fin de la mia vita ,

or con afi'

anno al m io passar m ’accostò .

O cielo o cielo , io t i domando aita .

Che far debb ’ io ? conforto altro non vedo

al mio dolor , che l’ ultima partita .

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70 I - VERS I

Ahi ahi ! ch i l’avria detto ? appena i l credo

que l ch’ io l a notte e ’ l di pregar soleva

e SOSpirar , m’ è dato

,e morte chiedo .

Quanto sperar , quanto gioir mi leva

e spegne un punto sol ! com’

egli è scuro

questo di che s i vago io mi fingeva !

Amore , io ti credetti assai men duro

al lor che desiai quel che m ’ ha fatto

miser fra quanti mai saranno 0 furo .

Già t ’ebbi in seno ; ed in error m’ ha tratto

l a rimembranza : indarno oggi mi pento ,

e meco indarno e teco , amor , comb atto .

Ma l ieve a comportar quellOch’ io sento

fora ; sol ch’anco un poco io di quel volto

dissetar mi potess i a m io talento .

Ora i l più rivederla oggi m’ è to l to ;

el la s i parte ; e m’ ha per sempre un giorno

in miseria amarissima sepol to .

Intanto io grido , e qui vagando intorno ,

invan la pioggia invoco e la tempesta

acciò che la ritenga al m io soggiorno .

Pure i l vento muggia ne la foresta ,

e muggia tra le nubi i l tuono errante ,

in sul di, poi che l’ alba eras i desta .

O care nubi , o cielo , o terra , 0 piante ,

parte la donna mia ; pietà , se trova

pietate al mondo uri infelice amante .

Or prorompi , o procel la ; or fate prova

di sommergermi , o nembi , insino a tanto

che ’ l sole ad a ltre terre i l di rinnova .

S’apre i l ciel , cade i l soffio , in ogni canto

posan l’erb e e le frondi, e m’

abbarb aglia

le luci°

il crudo sol pregne di pianto .

Io veggio ben ch’

a quel che mi travaglia

nessuno ha cura ; io veggio che negletto ,

ignoto , i l mio dolor mi fiede e taglia .

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DUE CANZONI

P ER ‘

UNA DON NA I N FE RM A

D I MALATTIA LUNGA E MORTALE( 1 8 19)

Io so ben che non vale

beltà né giovanezza incontro a morte ;

e pur sempre ch ’ io veggio m’

addoloro

che s ’ i ’ nol veggio , i l m io desir preva le ,

tanto ch ’ io spero pur che l’ ènea sorte

altrove,ad al tr i casi , ad a l tri temp i

riservi i t r isti esempi ;

fin che dal mal presente è sbigottita

la misera speranza .

Com’

or che a l ’occidente di sua vita

veggio precipitar questa dogliosa ,

poi ch ’

altro non m ’ avanza ,

gia'

m ai di lagrim arla io non fo posa .

Ed è pur tanto bel la

e tanto schietta e in cosi verde etade ;e poco andrà ch ’ io potrò dire : E morta !

E morta , e non risponde ; ah i pove rel la !

Che dolor , che lamento , che pietade ,

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74 I VERS I

ch iusi quest’

occh i, e morto questo volto ,

e popolo raccolto

dirle per sempre addio , ch’esser doveva

tanto tempo fra noi ;

or non so chi né come ce l a leva

solo a pensarlo mi s i schianta i l core,

ben ch ’ i parenti tuoi

son d ’altro sangue , e tu sei d’altro amore .

Quando de l ’ infel ice

v iem m i talun recando aspre nove l le ,

mi studio quando so far le più levi

Chi sa ? dunqu’

esser puote ? or ch i tel dice ?

Tal patteggiando vo con quel lo e quel le

ma d ’ogni patto i l nunzio s i disdegna ,e quanto può s

ingegna

ch ’ io creda ch’

e’

non disse altro che vero ,

e provando mi scaccia

d’

ogni rifugio in s in ch’ io mi dispero

,

e veggio ben che tu ci lasci soli,

e la tua bel la faccia

poco può star che sempre a noi s ’ imvol i .

Deh ! che mostra , per D io ,

quel Sospiroso e languido sembianteche par che dica IO di pietà son degna ,

che nacqui sfortunata . Io ’ l so ben io ,

tristo me,tristo me ; questa di tante

sventure ch ’ io sostenni è la più dura .

Ahi , ahi ! ma cosi pura

e cosi vaga , di’

, forse che stai

temendo di morire ?

Non temer , non temer , che non morrai ;

non può mai far . Non vedi ? io pur saria

(che t’ ho certo a seguire )

vicino a morte , e son quel lo di pria .

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PER UNA DONNA INFERMA 7 5

D ico ch 10 t ’ ho per certo

a segu itar , che s’

a l a tua non viene

dietro la vita mia , partir non puote :

né so perché , ma pur mi sembra aperto ,

ben che d’

am arti i l vanto a ltri s i tiene .

Ch ’ io dica : E morta quell’

istessa , quel la

ch ’ io veggio e mi favel la ?

Or s ’ el la è morta , ed io come son vivo ?

Questo io so che mai vero

non fia , ch’ a intender pure io non l ’arrivo .

Fa ’ cor , fa’ cor , ché senza fal lo alcuno ,

passato i l tempo nero ,

conterem questi affanni ad uno ad uno .

M isero me , che invano

lusingando me stesso a un tempo . e lei ,

rinforza i l male , e’ l gran dolor s

accosta .

Deh ! per pietà , non sia cor s i vil lano

che non si mova a sovvenir costei ;

deh ! troviam qualche via ,troviam qualch

arte ,

ché questa se ne parte ,

e s’

altri non l ’a ita , ha poco andare .

Oim è null a non giova ?

io non so far che ’

l creda : io vo ’ provare

io stesso , io vo’ vedere . E

’ l veggio bene ,

sciaurato , per prova

che disperarmi al tutto mi conviene .

Poveri noi mortal i

che incontro al fato non abbiam va lore .

Sta come sconcio masso , e noi ghe rmi to

meglio che può con queste braccia fra l i,

poniam di sbarb icarlo ogni sudore ;ma quel lo è tal da poi , qual fu davan te .

Ed io , pregando quante

possanze ha ’ l cielo , e tutto foco in faccia ,

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7 6 I VERS I

e am basciato e sudato,

e stese fortemente ambe le braccia ,

perir vedrotti, ch’ io nul l a non posso

a contrastarlo , e fiato

tardar che da ’ tuoi labbri in fuga è mosso .

Dunque , o donna , morrai ?

S i certo , si , né cosa altra mi resta

se non che m oribonda io la consol i .

O cara mia , confé rtati : se mai

tua gente e me con lei tutta funesta

vorrà far Dio,r ipigl ia cor : natura

n ’ ha fatti a la sciaura

tutti quant i s iam nat i . Anima m ia ,

non pianger : gli occhi gira ;qual puoi veder che misero non sia ?

B en che ti par , non ti verrà trovato .

Or poi che si sospira

e piange invano, offriam ci al nostro fato .

Vero è che la fortuna

è teco più spietata che non suole ,

ché ’ l fior di giovanezza t i rapisce

pur datti posa ; han di piacere a lcuna

sembianza i mal i estremi . Or vedi , i l sole

non andrà molto ch ’ io sarò sotterra ,

ché se ’ l veder non erra ,anche a me breve corso i l ciel misura ;

e pur di mia giornata

son presso all ’alba,né di morte ho cura ,

ché qual mai visse più , quei visse poco ;

e chi diritto guata ,

nostra famiglia a la natura è gioco .

Ma questo ti conforti

sopra ogni cosa, ch

innocente mori ,

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PE R UNA DONNA INFERMA 7 7

ne ’

I mondo ti spirò suo puzzo in viso .

Tutti tuoi pari andran tosto fra ’ morti ,

e avranno i l più di lor fracidi i cori ;

ché questo mondo è scellerata cosa ,

e quel mal che non osa

candida gioventute , è scherzo al vile

senno d ’età provetta ,

e nefanda vecch iezza ; e in cor genti le

quel che natura fe ’

, spegne l’ esempio ,

tanto che poco aspetta

quel giusto ed alto a farsi abbietto ed empio .

E te pur lorda avria

l’indegna mota , che sei tanto bianca ;

tutti , qualunque ha più robusto i l petto ,

io , de’ malvagi io fòra , 0 donna m ia ,

e sarò pur se tempo non mi manca ,

ché virtù prezzo più che gioventude ,

e , se virtù non chiude ,

fuggo beltà che pur m ’ è tanto cara ;

me , s’

io non ho già presso

l ’ ultimo sol , me di sua pece amara

im b ratterà l a velenosa etade ,

e questo core istesso

fia di malizia speco e di viltade .

Or ti rallegra o sventurata mia

tutto ti toglia l’

im placanda sorte ,

non l ’ innocenza de la corsa vita

non ti torrà , né morte

né’

l cielo né possanza altra che s ia .

Fra nequitosa gente ,qual se ’ discesa , tale a la par tita ,

cara , o cara beltà , mori innocente .

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NELLA MORTE D I UNA DONNA

FATTA TRUC IDARE COL SUO PORTATO DAL CORRUTTORE

PE R MANO E D ARTE D I UN CH I RURGO( 18 19)

Mentre i destini io piango e i nostri danni ,ecco nòva di l utto

cagion s’

accresce a le cagioni antiche .

Io non so ben perch’io tanto m

affanni,

che poi ch ’ i l miserando

nunzio s’

intese , io me ne vo per tutto

gemendo e sospirando

parm i qualch’

aspro gioco

fatto m’

abbia fortuna , e pur m ’ inganno ;

dal cor l’am bascia si riversa e move ,

e sol dal la pietà non trovo loco .

Ah i non è vana cura ;

che , s’

altrui colpa e questo ond’io m

affanno ,

peggio è la colpa assai che l a sciaura .

Forse l’em pio tormento

di tue povere membra a dir io basto ,o sventurata ? e può di queste labbra

uscir tanto lamento

ch ’al tuo dolor S’

adegui, al lor che guasto

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I VERS I

frutto celasti a la diurna luce ,

CUI già di sotto a l’erba

ultrice mano al pianto e al sol riduce .

Vieni , mira , crudel. Questo giuravi

a le i ne la suprema

ora di sua costanza , e que l la colpa

che a te largia tu col suo sangue l avi ?

Cosi l a sventurata

virtù ch ’el la t i fea vittima estrema

le contraccambi ? Or guata

questi martori , e questi

atteggiat i d ’

asprissim o dolore

infelici sembianti : io grido , 0 fè ra ,

io gr ido a te ; quando co tal vedesti

far la meschina , in quel la

non ti sovvenne de l ’antico amore ?

non quando al tuo desir l a fest i ancel la ?

Che misero diletto

fu tuo , tradita amante ! oh come poco

godesti di tuo fa l lo ! E t ’avea pure

già punita i l sospetto

e l a paura , e di vergogna i l foco ,

e le angosce , e lo sp rone

del pentimento : or non bastava al fato

sf greve pena ; or questo

ul timo guiderdone

serbava al fa ll o tuo : morir per opra

di quel che tanto amavi , e cosi presto

per l ’età verde , e in barbaro cruciato ;

e non lasciar qua sopra

altro che’ l sovvenir del tuo peccato .

Che dico ? or qui non mi badar , ch’

io mento ,

alma affannosa . Ed era

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NELLA MORTE D I UN A DONNA 8 1

pur crudo i l tuo destin , ma di pietade

spogliar non valse il lagrimoso evento .

E s ’ io con mesta voce

la tua vo lamentando ultima sera ,non infiam m ar l ’atroce

rossor ti vogl io ; oh pria

sch iz z in le corde e fiacchisi la cetra ,

e la l ingua s i sterpi e ’ l b raccio mora

per consolarti io canto , 0 donna mia,

canto perch’io so bene

che nOn ha ch i m ’

ascolta un cor di pietra ,

né guarda i l fa l lo tuo ma le tue pene .

Or dunque ti consola ,

o sfortunata : ei non ti manca i l pianto,

né mancherà mentre pietade è viva .

M ira che’

! tempo vola ,

e poca vita hai persa , ancor che tanto

giovanetta sei m orta .

Ma molto più , che misera lasciasti

e nequitosa vita

pensando , ti conforta ;

però che oma i convien che piu si dogl ia

a ch i più spazio resta a l a partita .

e tu per prova i l sai , tu che del mesto

lume del giorno ha spog l ia

tuo stesso amante , i l sai che mondo è questo .

Ecco l ’ incanto volgo accusa amo re

che non è reo , ma’ l fato

ed i codardi ingegni onde t’

avvenne

svegliar l a dolce fiamma in basso core .

Voi testimoni invoco ,

spirti genti l i : in voi, dite , per fiato

avverso è spento i l foco ?

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I VERS I

è che non desse a le ferite i l petto

per lo suo caro amor ? Tu vedi o solo

raggio del viver m io deserto e b runo ,

tu ’ l vedi .!

amor , che s’ io

prendo mai cor , s’

a non volgare affetto

la mente innalzo , è tuo valor non m io .

Che se da m e ti storni ,e se l ’aura tua pura avvwatrice

cade , o santa b eltà ,perché non rompo

questi pal l idi giorni ?

Perché di propria man questo infelice

carco non pongo in terra ?

E in tanto m ar di colpe e di sciaure

qual altr ’aita estimo

avere a l’em pia guerra ,

se non la vostra infimo al sommo passo ?

Altri amor biasmi , io no che se , nel primo

fiorir del tempo giovani], non sono

appien di vivere lasso ,

m’

avveggio ben che di suo nume è dono .

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LA SATIRA DI SIMONIDE

SOPRA LE DONNE

( 1823)

Giove la mente delle donne e l ’ indole

in principio formò di vario genere .

Fe’ tra l ’ altre una donna in su la tempera

del ciacco ; e le sue robe tra la polvere

per casa , ruzzolando , si calpestano .

Mai non si l ava né ’ l corpo né l ’abito ,

ma nel sozzume impingua e si rivoltola .

Formò da l’em pia volpe un’ altra femmina

che d ’ogni cosa , 0 buona o m ala 0 sias i

qual che tu vogl i , è dotta ; un modo , un animo

non serba ; e parte ha buona e parte pessima .

Dal can ritrasse una donna m aledica

che vuol tutto vedere e tutto intendere .

Per ogni canto s i raggira e specola ,

b aiando s ’ anco non le occorre un ’ anima ;né per minacce che ’ l marito adoperi ,né se d ’ un sasso la ritrova e cacciale

di bocca i denti , né per vezzi e placide

parole e guise , né d’

alieni e d ’

ospiti

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I VERS I

sedendo in compagnia , non posa un att imo

che sempre a vòto non digrigni e strepiti .

Fatta di terra un ’al tra donna diedero

gli eterni a l ’ uomo in costui pena e carico .

Null’

altro intende fuorché mangia e corcasi ;

e verno , o quando piove e’ l tempo è rigido

accosto al focolar tira la seggiola .

‘ Dal mare un ’altra donna ricavarono,

talor gioconda , graziosa e facile

ta l che gli strani , a praticarla , esaltanla

per la donna migl ior che m ai vedessero ;talor come la cagna intorno ai cuccioli ,

infuria e schizza , agl i ospiti,ai domestici

,

agl i amici , ai nemici aspra , salvatica ,

e , non ch’

altro , a mirarla , spaventevole .

Qual per appunto i l mar , che piano e l impido

spesso giace la state , e in cor ne godono

i naviganti ; spesso ferve ed u lula

fremendo . E l ’ocean cosa mutabi le

e di costei la natura le immagine .

Una donna dal ciuco e da l a cenere

suscitàro i Celesti , e l a costringono

forza , sproni e minacce a far suo debito .

B en s’

affatica e suda , ma per gl i angoli

e Sopra i l focolar la mane e ’ l vespero

va rosecch iando , e la segreta venere

con q ualsivoglia accom unar non dubita

Un gener disameno e rincrescevole,

di bel lezza , d’amor , di grazia povero ,

da la faina usci . G iace nel talamo

svogliatamente , e .

del marito ha stomacoma rubare i v icini e del le vittime

spesso gode mg01ar pria che’

s’

im m olino .

D ’

una caval la zazzeruta e morbida

nacque tenera donna che de l’

opere

servil i è schiva e l’affannare abomina .

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SOPRA LE DONNE 85

Morir torrebbe innanzi ch ’ a la macina

por mano , abburattar , trovare i bruscoli ,sb rattar l a casa . Non s

ardisce assistere

al forno , per timor de l a fuliggine .

Pur , com’ è forza , del marito im pacciasi.

Quattro e sei fiate i l giorno si chiarifica

da le . brutture , si profuma e pettina

sempre vezzosamente , e lungo e nitido

s’

infiora i l crine . Al trui vago spettacolo

sarà certo costei , ma gran discapito

a chi la tien , se re non fosse o principe ,di quei c ’hanno i l talento a queste ciuffole .

Que l la che da la scimmia i numi espressero

è la peste maggior dell’um an vivere .

B ruttissima , scriata , senza natiche

né col lo , ma confi tto i l capo agl i Omeri

andando per la terra , è giòco e favola

de’ cittadini . Oh quattro volte misero

quel che si reca in braccio questo fulmine !

Quant i mai fur costumi e quante trappole ,

come la monna suol , di tutto è pratica ;

e non le cal che rida ch i vuol ridere .

Giovar non sa , ma questo solo ingegnasi

e tutte l ’ore intentamen te medita ,

qua lche infinito danno ordire e tessere .

Ma la donna ch ’a l’

ape è som iglievole

beato è ch i l’ottien ,che d ’ogni biasimo

sola è disciolta , e seco ride e prospera

la mortal vita . In carità reciproca ,

poi che bel la e genti l prole crearono ,

ambo i consort i do lcemente invecchiano .

Splende fra tutte ; e la circonda e seguita

non so qual garbo ; né con l’

arte è sol ita

goder di novèllari osceni e fetidi .

Questa,che de le donne è prima ed ottima ,

i numi alcuna volta ci largiscono .

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I VERS I

Ma tra noi l ’altre tutte anco s’

albergano ,

per divin fato , ché la donna è massimo

di tu tti i ma l i che da Giove uscirono

e quei n ’ ha peggio ch’

altram ente giudica .

Perché,s ’ hai donna in casa , non t i credere

né sereno giamma i né l ieto ed ilare

tutto un giorno condur . B uon patto io reputo

se puoi la fame da ’ tuoi lari esc ludere ,

ospite rea , che gl’

im m ortali abborrono .

S e mai t ’ è data occasion di giubi lo ,

o che dal ciel ti venga o pur da gl i uomini ,tanto adopra colei , che da contendere

trova materia . Né gl i strani accogl iere

puoi volentier se alberghi questa vipera .

Più c’

ha titol di casta , e più t’

insucida ;

ché men la guardi : ma s i beffa e gongola

del tuo caso i l vicin : ché spesso incontraci

l ’altrui dannar , la propria donna estol lere .

Né ci avveggiam che tutti una medesima

sorte m’

aggreva , e che la donna è ’ l massimo

di tutti i mal i che da Giove uscirono .

Da Giove , i l qual come infrangib il vincolo

nel cinse al piè ; tal che per donne a l’

erebo

molt i ferendo e battagliando scesero .

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I VERS I

4

Un topo , de le membra i l piu ben fatto,

venne d ’un lago in su la sponda un giorno .

Campato poco innanzi era da un gatto

ch’

inseguito l’

avea per quel dintorno

stanco , faceasi a ber , quando un ranocch io ,passando da vicin , gli pose l

’occhio :

5

E fatto innanzi , con parlar cortese

Che fai disse,

che cerch i o forestiero ?

di che nome sei tu , di che paese ?

onde vieni , ove vai ? Narrami i l vero

ché , se buono e leal fia ch ’ i ’ ti veggia ,albergo t i darò nel la mia reggia .

6

Io guida t i sarò ; meco verra i

per quest’

um ido cal le a l tetto mio

ivi ospita l i egregi doni avra i ;

ché Gonfiagote i l principe son io ;

ho ne l lo stagno autorità sovrana ,

e m’

obbedisce e venera ogni rana .

7

Ché de l’acque l a dea mi partoriva ,

poscia che un giorno i l m io gran padre Limo

le giacque in braccio a l’ E ridano in riva .

E tu m ’ ha i del ben nato : a quel ch ’ io stimo ,

qualche rara virtude in te si cela

però favel la , e l’ esser tuo mi svela .

8

E’ l topo a lui : Quel che saper tu brami

i l san gl’

iddii, sal lo ogni fè ra , ogni uomo .

Ma poi che chiedi pur com’

io mi ch iami ,

dico che Rub abriciole mi mom o :

i l padre m io , signor d’anima be l la ,

cor grande e pronto ,Rodipan s

appella .

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GUERRA D E I TOP I E DELLE RANE 89

Mia madre è Leccam acine ,la figlia

de l rinomato re Mangiaprosciutti.

Con letizia comun de la famiglia ,mi pa r torì dentro una buca ; e tutti

i più squisiti cibi , e noci e fichi,

furo il mio pasto a que ’ bei giorni antichi .

Che d ’ospiz io consorte io ti diventi ,

esser non può : diversa è la natura .

Tu di sguaz z ar nel l’

acqua ti contenti ;ogni migl ior vivanda è mia pastura ;

frugar per tutto , a tutto porre il muso ,

e viver d’

uman vitto abbiamo in uso .

Rodo il più bianco pan , ch’

appena cotto ,

dal suo cesto , fumando , a sé m’

invita ;

or la tortel la , or l a focaccia ingh iotto

di granell i di sesamo condita ;

or la polenta ingrassam i i bude l l i ,

or fette di prosciutto , or fegatel l i .

R idotto in burro addento i l dolce latte ,assaggio i l cacio fabbricato appena ;ce rco cucine , visito pignatte

e quanto al l’ uomo apprestasi da cena

ed on questo or quel cibo inzuccherato

cred’

io che Giove invidi al m io pa lato .

1 3

Né pavento di Marte i l fiero aspetto ,

e , se pugnar s i dee , non fuggo o t remo .

De l ’ uomo anche talor ba lzo nel letto,

de l ’ uom ch ’ è si membru to , ed io nol temo ;anzi pian pian gl i vo rodendo i l piede ,

e quei segue a dormir , né se n’

avvede .

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I VERS I

14

Due cose io temo : lo sparvier mal igno ,

e’l gatto , contra no i sempre svegliato .

S’

avvien che ’

l topo incorra in quell’

ordigno

che trappola s i ch iama , egli è spacciato :

Ma più che mai del gatto abbiam paura

arte non val con lui , non val fessura .

1 5

Non m angiam ravanelli o zucche o biete

questi cibi non fan pel nostro dente .

A voi , che di nul l ’a ltro vi pascete ,

di cor gl i lascio e ve ne fo presente .

R ise la rana e disse Hai mol ta bo ria ;ma dal ventre ti vien tutta la gloria .

1 6

Hanno i ranocch i ancor leggiadre cose

.e negli stagni loro e fuor dell’onde .

Ciascun di noi su per le r ive erbose

scherza a sua posta o nel pantan s’

asconde ;

però ch ’ al gener mio dal cie l fu dato

notar nel l ’ acqua e saltellar nel prato .

1 7

Saper vuoi se ’ l notar piaccia o non piaccxa ?

m ontam i in su le spal le : abbi giudizio ;

sta’ saldo ; al col lo stringimi le braccia ,

per non cader ne l ’acqua a precipizio

cos i verrai per questa ignota via

senza rischio nessuno a casa mia .

1 8

Cosi dicendo , gli Omeri gli porse .

B alz ovvi i l sorcio , e con le mani i l col lo

del ranocch io abbracciò che ratto corse

via dalla riva , e seco trasportollo .

R ideva i l topo , e rise i l malaccortofinché

'

si vide ancor vicino al porto .

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GUERRA DEI TOP I E DELLE RANE 91

19

Ma quando in mezzo al lago ritrovossi

e videsi l a ripa assai lontana ,

conobbe i l risch io , si penti , turbossi ;

fortemente stringevasi a l a rana ;

sospirava , piangea , svel leva i crini

or se stesso accusando , ora 1 destini .

Voti a Giove facea , pregava i l cielo

che soccorso gl i desse in quell’

estrem o ,

tutto bagnato di sudore i l pelo .

Stese la coda in acqua , e come un remo

dietro l a s i traea , girando l’occh io

or ai l idi , or a l’onde , or al ranocch io .

E diceva tra sé : Che reo cammino ,

misero , è questo mai ! quando a la mèta ,

deh ! quando arriverem ? Quel bue divino

a vie minor perigl io E uropa in Creta

portò per mezzo i l torbido oceàno ,

che mi porti costui per un pantano .

E qui dal suo covi l , con larghe rote,

ecco un serpe acquaiuolo esce a fior d ’onda .

I rrigidisce i l sorcio ; e Gonfiagote

là dove la palude è più profonda

fugge a cel ars i , e’ l topo sventurato

abbandona fuggendo a l’em pio fato .

23

D isteso a galla , e vòlto sottosopra ,

i l m iserel teneramente stride .

Fe’

con l a vita e con le zampe ogni Opra

per sostenersi ; e poi , quando s’

avvide

ch ’ era già molle e che’I suo proprio pondo

forzatamente lo premeva al fondo ;

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I - VERS I

24

co’ piedi la mortale onda Spingendo

disse in languidi accenti : Or se’ tu pago ,

barbaro Gonfiagote . Intendo intendo

l’

arti e gl’

inganni tuoi : su questo lago ,

vincermi non potendo a piedi asciutti,

mi traesti per vincermi nei flutti .

25

In lotta , al corso io t’

avanz ava ; e m’

tu condotto a morir per nera invidia .

Ma degno al fatto il guiderdone avrai ;non senza pena andrà la tua perfidia .

Veggio le . schiere , veggo l’armi e l ’ ira

vendicato sarò . S i dice , e Spira .

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GUERRA DEI TOP I E DELLE RANE 93

CANTO SECONDO

Leccapiatti , ch’

allor sedea sul lido ,

fu spettator de l’ infelice evento .

S’

accapricciò , mise in vederlo un grido ,

corse , ridisse i l caso ; e in un momento ,

di corruccio magnanimo e di sdegno

tutto quanto avvam pò de’ top i i l regno .

B anditori correan per ogni parte

ch iamando i sorci a genera l consigl io .

Già concorde s’

udia grido di Martepria che di Rodipan l

estinto figlio ,

ch ’ in mezzo del pantan giacea supino ,

cacciasser l ’onde ai margini vicino .

3

I l giorno appresso , tutti di buon’ ora

a casa si adunar di Rodipane .

Stavano intenti , ad udir presti . A l lora

riz z ossi i l vecchio e disse : Ahi triste rane,

che siete causa a me d ’ immenso affanno,

a noi tutti in comun , d’onta e di danno !

4

Ahi Sfortunato me ! tre figli miei

sul più bel lo involò morte immatura .

Per gl i artigl i del gatto un ne perdei

lo si aggraffò ch’

uscia d ’una fessura .

Quel mal ordigno , onde crudele e sca ltro

l ’ uom fa strage di noi , men tolse un altro .

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I VERS I

5

Restava i l terzo , quel si prode e vago ,a me s i caro ed a la mogl ie mia .

Questo le rane ad affogar nel lago

m’han tratto . Amici , orsù ! prego ,

non sia

tanta frode im punità : arm iam ci in fretta

peran tutte , ché giusta è la vendetta .

6

Taciuto ch’ebbe i l venerando topo ,

fer plauso i circostanti al suo discorso ;

Armi ! gridàro a l ’armi ! e pronto a l ’ uopo

venne di Marte i l solito soccorso,

che le persone a far vie più sicure

l ’esercito forni de l’arm ature .

D i cortecce di fava aperte e rotte

prestamente si fer gli stivaletti

(rosa appunto l’

avean quel l ’altra notte) ;di canne s

aiutar pe’

corsaletti ,

di pel le per legarle , e fu d ’

un gatto

che scorticato avean da lungo tratto .

8

Gli scudi fur de le novel le sch iere

unti coperch i di lucerne antiche ;

gusci di noce furo elmi e visiere ;

agh i fùr l ance . Alfin d ’aste e loriche

e d ’elmi e di tutt ’altro apparecchiata ,in campo usci la poderosa armata .

9

A l ’ udir l a novel la , si riscosse

i l popol de ’ ranocchi . Uscîro in terra ;

e m entre consultavano qual fosse

l’occasion de l ’ improvvisa guerra ,

ecco apparire Montapignatte i l saggio ,

figlio del semideo Scavaform aggio .

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I VERS I

Udite attentamente i l p ensier mio .

B en armati porrem ci su là riva

là , dove ripidiss imo è pendio

aspetteremo i topi ; e quando arriva

quella marmaglia , le farem da l ’a lto

far giù ne l ’ acqua al legramente un salto .

16

Cosi , fuor d’ogni rischio , in poca d

’ora

tutto quanto l ’esercito nemico

m anderem senza sangue a la ma lora .

Date orecchio per tanto a quel ch’ io dico ,

fornitevi . alla pugna e fate core ,

ch é non s iam per averne a ltro che onore .

1 7

Rendonsi a questi detti ; e con le fogl ie

de le malve si fanno gl i schinier i ;bieta da far corazze ognun raccogl ie ,

cavol i ognun di sveste a far brocchier i ;

di ch iocciola ciascun s ’arma la testa ,

e a far da mezza picca un giunco appresta .

1 8

Già tutta armata , e m inacciosa in volto

sta la gente in sul l ido e i topi attende ;

Quando al coro de ’ numi in cielo accolto

Giove in questa sentenza a parlar prende

Vedete colaggiù quei tant i e tant i

guerrieri , anzi centauri , anzi giganti ?

19

Verran presto a le botte . Or chi di

per l i topi sarà ? chi per le rane ?

Pal la , tu stai da’ topi : e ’

son de ’ tuoi ;che

'

presso a l ’ are tue si fan le tane ,

usano ai sacrifi z i esser presenti

e col naso t’

onorano e co ’

denti .

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GUERRA DE I TOP I E DELLE RANE 97

Rispose quel la : O padre , assai t’

inganni

vadan , per conto mio , tutti a P l utone ;

ché ne’

m iei tem pii fanno mil le danni ;

si mangian l ’orzo , guastan le corone ,

mi succian l ’ol io , onde m’ è spento i l l ume ;

ta lor anche lordato hanno i l m io nume .

Ma quel che più mi scotta (e per insino

che non m e l ’ han pagata io non la ingh iotto )è che i l vestito bianco , quel più fino ,

ch ’ io stessa avea tessuto , me l’ han rotto ,

rotto e guasto cosi che m el ritrovo

trasformato in un cencio ; ed era nòvo .

I l peggio è poi che mi sta sempre attornoi l sarto pel di più de la mercede :

ben sa ch ’ io non ho soldi ; e tutto i l giorno

mi s ’

arruota a le coste e m e ne ch iede .

La trama , ch ’una ta l m ’avea prestata,

non ho renduto ancor , nè l ’ ho pagata .

Ma non resta perciò ch ’anco le rane

non abbian vizi e pecche pur assai .

Una sera di queste settimane ,pur troppo a le m ie spese , io lo provai .

Sudato s ’ era in campo -tra le botte

dal far del giorno insino a tarda notte .

24

Postam i per dormire un poco l ino,

ecco un crocch iare eterno di ranocch i

m’introna in guisa tal , ch

’era i l mattino

già ch iaro quando prima io chius i gl i occh i .

Or quanto a questa guerra , i l mio parere

è lasciar fare e starcela a vedere .

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I VERS I

25

Non saria fuor di rischio in quel la stretta

un nume ancor . Credete a me : la gente

quand ’ è stizzita e calda.

non rispetta

più noi ch ’ un becco , un can che sia presente .

D isse Pal la : agli dèi piacque i l consigl io .

Cosi piegaro a la gran lite i l cigl io .

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I VERS I

5

Vuol fuggir Mangiacavoli lontano

da la baruffa , e sdrucciol a ne l ’onda ;poco danno per lui , ma nel pantano

Leccaluom o e ’ traea giù de la sponda ,

che rotto , insanguinato , e sopra l’acque

spargendo le budel l a , orrido giacque .

6

Paludano am m az z ò Scavaform aggio

ma vedendo venir Foraprosciutti,

Giacincanne perdessi di coraggio

lasciò lo scudo e s i lanciò nei flutti .

Intanto Godilacqua un colpo assesta

al buon Mangiaprosciutti ne la tes ta .

7

Lo coglie con un sasso ; e per lo naso

a lui sti l la i l cervel lo , e l ’erba intride .

Leccapiatti a veder l ’ orrendo caso ,

Giacirielfango d ’una botta uccide ;

ma Rodiporro , che di ciò s’

avvede ,

tira Fiutacucine per un piede …

8

Da l’erta lo precipita nel lago ;

seco si getta , e gli si stringe al co l lo ;

finché nol vede morto , non è pago .

Se non che Rubam iche vendicollo

corse a Fanghin , d’una lanciata il prese

a mezzo la ventresca , e lo distese .

9

Vaperlofango un po ’ di fango cogl ie ,e a Rubam iche lo saetta in faccia

per modo che’ l veder quasi gl i togl ie .

Crepa i l sorcio di stizza , urla e minaccia ;

e con un gran macigno al buon ranocch io

spezza due gambe e stritola un ginocch io .

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GUERRA DEI TOP I E DELLE RANE I GI

Gracidante s’

accosta al lor pian piano ,

e al vincitor ne l ’epa un colpo t ira .

Quel cade , e sotto la nemica mano

versa gl i entragni insanguinati e spira .

C iò visto Mangiagran , da la paura

lascia l a pugna , e di fuggir procura .

Ferito e zoppo , a gran dolore e stento ,

saltando , S l ritragge da la riva ;

dilungasi di cheto e lento lento ,

finché per sorte a un fossatel lo arriva .

Intanto Rodipane a Gonfiagote

vibra una punta , e l ’ anca gl i percote .

Ma zoppicando i l ranocchione accorto

fugge , e d ’ un salto piomba nel pantano .

I l topo , che l’

avea creduto morto ,

stupisce , arrabbia , e gli sta Sopra invano ,

ch é del piagato re fatto avveduto ,

correa Colordiporro a dargl i aiuto .

13

Avventa questi un colpo a Rodipane ,

ma non gl i passa più che l a rotel la .

Cosi fra ’ topi indomiti e le rane

la zuffa tuttavia si rinnove l la

quando improvviso un fulmine di guerra

su le triste ranocch ie si disserra .

1 4

Giunse alla misch ia i l prence Rub atocchi,

giovane di gran cor , d’alto legnaggio ,

particolar nemico de ’ ranocchi ,degno figliuol d

Insidiapane i l saggio ,

i l più forte de ’ topi ed i l più vago ,

che di Marte parea l a viva im ago .

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102 I - VERS I

1 5

Quest i sul l ido in rilevato loco

postosi , a’

t0pi suoi grida e schiamazza ;aduna i fort i , e giura che fra poco

de le ranocchie estinguerà la razza .

E da ver lo faria ; ma il padre Giove

a pietà del le misere s i move .

Oim è ! dice agl i dèi qui non s i ciancia

Rub atocchi, i l figliuol d’

Insidiapane ,

si dispon di mandare a spada e lancia

tutta quanta la specie de le rane ;

e’ l potria veramente ancor che solo

ma Palla e Marte spediremo a vo lo .

1 7

Or che pensiero è il tuo ? Marte rispose ;con gente cosi fatta io non mi mesco .

Per me , padre , non fanno queste cose ,e s ’ anco vo ’ provar , non ci riesco ;né la sorel la mia , dal ciel discesa ,

faria migl ior effetto in quest ’ impresa .

1 8

Tutti ‘

piuttost0 discendiamo insieme .

Ma basteranno , io penso ,i dardi tuoi .

I dardi tuoi che tutto i l mondo teme ,

ch’Encelado atterràro e i mostri suoi ,

scaglia de ’ topi ne l’ardita schiera ;e a gambe la darà l ’armata intera .

19

D isse ; e Giove acconsente , e un dardo afferra

avventa prima il tuon, ch

assordi e scota

e trabalzi da ’ cardini la terra ;indi lo strale orribilmente rota ;lo scagl ia ; e fu

\ quel campo in un momen to

pien di confusione e di spavento .

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PARALIPOMENI

DELLA

B ATRACOMIOMACHIA

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108 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

4

o come dianzi la fiamminga gente ,

che Napoli infel ice avea schernita ,viste l ’ armi d ’

Olanda , immantinente

la via ricominciò ch’avea fornita ,

né fermò prima il piè , che finalmente

giunse invocata l a francese ai ta ;tale i topi al destin , di val le in val le ,per più di cento miglia offrir le spal le .

5

Passata era l a notte , e i l di secondo

già l ’ aria incominciava a farsi oscura ,

quando un guerrier , ch iamato il Miratondo ,

a fuggir si trovò per un ’ altura ;ed, 0 fosse ardimento

,ovver ch

’al mondo

vinta dal la stanchez za è l a paura ,ferm ossi ; e , di spiar vago per uso ,

primo del gener suo rivolse i l muso .

6

E ritto in su due pre , con gl i occh i intenti ,

mirando quanto si potea lontano ,

di qua , di là , da tutti quattro i venti ,

cercò l ’acqua e la terra , i l monte e i l piano ;

spiò le selve , i lagh i e le correnti ,

le distese campagne e l’

oceàno ;

né vide altro stranier , se non farfal le

e molte vespe errar giù per la val le .

7

Granchi non vide già , né granch iol ini ,

né d ’ armi osti l i indizio in alcun lato .

Soli di verso i l campo i vespertini

fiat i venian movendo i rami e i l prato ,

soavemente susurrando , e i crini

tra gl i orecch i molcendo al buon soldato .

Era i l ciel senza nubi , e rubiconda

la parte occidentale , e i l mar senz’onda .

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CANTO PR IMO 109

Rinvigorir sentissi , ed al l ’ aspetto

di si queta beltà l ’ alma riprese

i l Miratondo . E poi che con effetto ,

quattro volte a girar per lo paese

le pupi lle tornando , ogni sospetto

intempestivo e vano esser comprese

osò gridare a ’ suoi compagni eroi

si gran fede prestava agl i occhi suoi .

9

Non con tanta al legrezza i diecimila ,

cui la propria virtù d ’

Europa ai l it i

riconducea , dall’

arm i e dal le fi la

del re pers ian per tanta terra usciti ,

l a voce udir , che via di fi la in fil a

s’

accrescea , di co lor che pria sa l iti

onde i l mar si scopria , qua l chi mirare

crede suo scampo , gridàr : Mare ! mare !

10

con quanta i t0pi , omai ridotti al fine

per fatica e pe r téma , udîro i l grido

del buono esplorator , cui l e marine

caverne rim uggîr con tutto i l l ido :

ch ’ era d ’ intorno intorno ogni confine

ove i l guardo aggiungea , tranquil lo e fido ;

che raccòrsi e far alto , e che dal monte

di novo convenia mostrar la fronte .

1 1

A ltri in sul poggio ed altri appiè dell’erta

convenner da più bande i fuggitivi ,cui la téma , in un di , per via deserta ,mil le piagge avea mostro e mille rivi ;smarriti ancora , e con la mente incerta ,

e dal corso spossati semivivi ;

e incom inciàr tra loro a far consiglio

del bisogno presente e del perigl io .

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1 1 0 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Gta la stel la di Venere apparia

dinanzi all’altre stel le ed al la luna

tacea tutta la piaggia , e non s’

udia

se non i l mormorar d ’ una laguna,

e la zanzara stridula , ch’

uscia

di mezzo al la foresta al l ’aria bruna

d’

E spero dolce la serena imago

vezzosamente rilucea nel lago .

13

Taccano i topi ancor , quasi temendo

i granchi risvegliar , benché lontani ,e chetamente andavan discorrendo

con l a coda in gran parte e con le mani ,maravigliando pur di quell

’orrendo

esercito di bruti ingordi e strani ,

e partito cercando a ciascheduna

necessità del la comun fortuna .

14

Morto nella battagl ia era , siccome

nel poema d ’

Om ero avete letto ,Mangiaprosciutti, i l qual , credo , per nome

Mangiaprosciutti primo un di fu detto ;intendo i l re de ’ topi ; ed al le some .

de l regno sostener nessuno eletto

avea morendo , e non lasciato erede ,

cui dovesser gl i dèi la regia sede .

1 5

B en di lui rimaneva una figliuola ,

Leccam acine detta , a Rodipane

sposata , e madre a quel lo onde ancor vola

cotanta fama per le bocche umane ,Rubab riciole i l bel, dal la cui sola

morte i l foco scoppiò fra topi e rane

tutto ciò similmente o già sapete ,

o con agio in Omero i l leggerete .

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1 1 2 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

20

I ntanto i l campo stesso , e la fortuna

com m etter del ritorno , e dei presenti

consigl i e fatti dar l’ arbitrio ad una

militar potestà furon contenti .

Cosi quando del mar la vista imbruna ,popol battuto da contrari venti

segue l’acuto grido onde sua legge

dà colui che nel risch io i l pin corregge .

2 1

Scelto fu Rubatocchi, a cui l’ impero

si desse al lor di mil le t0pi e mil le

Rubatocchi, che fu , come d’

Om ero

sona la tromba , di quel campo Ach i lle ;lungamente per l ui sul l ago intero

versar vedove rane amare sti l le ;

e fama è che insin oggi appo i ranocch i

terribile a nomar sia Rubatocch i.

2 2

Né Rubatocchi chiam eria la m adre

i l ranocchin per certo al nascimento ,

come Annibale , Arminio odi leggiadre

voci qui gir ch iamando ogni momento ;

cosi di nazion quel lo , che padre

è d ’ogni laude , al tero sentimento ,

colpa o destin , che molta gloria vinse ,

già trecent’

anni, in questa terra estinse .

23

Mancan Giuln e Pompei , mancan Cam m illi

e Germanici e Pii , sotto i l cui nome

faccia ai nati colei che partorilli

a tanta nobi ltà , lavar le ch iome ?

A veder se alcun di valore insti ll i

in for l a rimembranza , e se mai dome

sion basse voglie e voluttà dal riso

che un gran nome suol far di fango intriso ?

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CANTO PR IMO 1 13

24

Intanto a studio là nel Trasimeno

estranio peregrin lava le membra ,

perché la strage nostra onde fu pieno

quel flutto , con piacer seco rimembra

la qua! , se al ver si guarda , nondimeno

Zama e Cartago consolar non sembra

e notar nel Metauro anco potria

quegl i , e Spoleto salutar per via .

25

Se questo modo , ond’

hanno altri conforto ,

piacesse a noi di seguitar per gioco ,

in molte acque potremmo ire a diporto,

e di più selve riscaldarci al foco ,

ed in più campi dall’occaso all’

orto

potremmo , andando , ristorarci un poco ,

e tra via rim em b rar più d ’ un a l loro

e nelle nostre e nel le terre loro .

26

Tant’odio i l petto agl i stranieri incende

del nome ital ian , che di quel danno

onde nessuna gloria in lor discende ,

sol perché nostro fu , l ieti s i fanno .

Molte genti provar dure vicende ,e prave diventar per lungo affanno ;

ma nessuna ad esempio esser dimostradi tant ’odio potria come la nostra .

2 7

E questo avvien perché , quantunque doma ,serva , lacera , segga in isventura ,

ancor per forza ital ian si noma

quanto ha più grande la mortal natura ;ancor la gloria del l ’eterna Romarisplende si , che tutte l

’ altre oscura ;e l a stampa d

Italia , invan superba

con noi , l’Europa in ogni parte serba .

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1 1 4 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

28

Né Roma pur , ma col mental suo lume

Italia inerme , e con la sua dottrina ,vinse poi la barbarie , e in bel costume

un ’altra volta ritornò regina ;

e del goffo stranier , ch’oggi presume

lei dispregiar , come la sorte inch ina ,

rise gran tempo , ed infe l ici esigli

l ’al tre sedi parer vide a ’ suoi figli . ‘

29

S enton gl i estrani ogni memoria un nul la

esser a quel le ond’

è l’

Italia erede ;sentono ogni lor patria esser fanciul la

verso colei ch ’ogni grandezza eccede ;

e veggon ben che , se strozzate ' in cul la

non fosser quante doti i l ciel concede ,

se fosse I tal ia ancor per poco sciolta ,

regina torneria la terza volta .

30

Indi l ’odio implacato , indi l a rabbia ,

e l ’ ironico riso ond’

altri offende

lei che fra ceppi , ass isa in sul la sabbia ,

con l ingua né con man più s i difende .

E chi m aggior pietà mostra che n’

abb ia ,

e di speme fra noi gl’

ignari accende ,

prima i l Giudeo tornar vorrebbe in vita

che all’italico onor prestare aita .

3 1

D i Roma là sotto l’eccelse moli ,Pigmeo , la fronte spensierata alzando ,

percote i monumenti al mondo sol i

con sua verghetta , i l corpo dondolando ;e con suoi motti par che si consoli ,l a rimembranza del servir cacciando .

[Ed è ragion ch’

a una grandezza ta le

l’inim iciz ia al trui segua immortale .

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1 1 6 11 PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

36

Pur dagli amici in parte , e dal le stesse

proprie avvertenze a poco a poco indotto ,

anche al romanzo storico concesse

albergar coi giornal i , e che per otto

volumi 0 dieci cam m inar potesse ;e infin , come dim òstro è da quel dotto

scrittor che s0pra in testimonio invoco,

al la tedesca poesia die ’ loco .

37

La qual d ’

antich ità supera alquanto

le semitiche varie e la sanscrita ,e parve al conte aver per proprio vanto

sola i l buon gusto ricondurre in vita,

contro i l fal lace oraziano canto ,

a studio , per uscir dal la via trita ,

dando tonni al poder , montoni al mare ;

gran fatica , e di menti al mondo rare .

38

D ’ arti tedesche ancor fu innamorato ,

e chiam avale a sé con gran mercede

perché , giusta l’

autor Sopra citato ,

non eran gl i obelisch i ancora in piede ,

né piramide i l capo avea levato ,

quando l’arti in Germania avean lor sede ,

ove i l senso de l bel lo esser più fino

veggiam che fu nel Greco o nel Latino .

39

La biblioteca ch’

ebbe era guernita

di l ibri d i bel lissima sembianza ,

legati a foggia varia , e si squ15 1ta ,

con oro , nastri ed ogm C ircostanza ,

ch’

a saldar del la veste la partita

quattro corpi non erano abbastanza .

Ed era ben ragion , Ché in quella parte

stava l ’ utilità , non nelle carte .

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CANTO PRIMO 1 1 7

40

Lascio i l museo,l ’ arch ivio , e del le fiere

il serbatoio , e l’orto del le piante ,

e i l portico , nel quale era a vedere ,

con baflì enormi e coda di gigante ,

la statua colossal di Lucerniere ,

antico t0polin fi losofante ,

e del lo stesso una pittura a fresco ,

pur di scarpel lo e di pennel tedesco .

41

Fu di sua specie i l conte assai pensoso ,

fi losofo morale , e filotòpo ;

e natura lodò che il suo famoso

poter mostri quaggiù formando il topo ,

d i cui l ’opre , l’ ingegno e i l glorioso

stato ammirava ; e predicea che , dopo

non molto lunga età , saria matura

l ’alta sorte che a lui dava natura .

42

Però mai sempre a cor fui i l perenne

progresso del topesco intendimento ,

che aspettar sopra tutto dalle penne

ratte de ’ giornal isti era contento ;e profittare a quel sempre sostenne

ipotesi , s istemi e sentimento ;

e spegnere o turbar la conoscenza

anal is i , ragione e sperienza .

43

B uon topo d ’altra parte, e da qualunque

fi losofale ipocris ia lontano ,

e schietto insomma e veritier , quantunque

ne ’ maneggi nutrito e cortigiano ;

popolar per affetto , e da chiunque

trattab il sempre ; e , se dir l ice , umano ;poco d ’oro , e d ’onor m olto curante ,

e generoso , e del la patria amante .

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1 1 8 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

44

Questi al re de ’ ranocch i , ambasciatore

del proprio re , s’ era condotto , avanti

che tra ’ due regni i l militar furore

gl i amichevol i nodi avesse infranti

e com’arse la guerra , appo il signore

suo ritornato , dimorò tra’ fanti ,

e sotto tende , insin che tutto i l campo

dal correr presto procacciò lo scampo .

45

Ora ai compagni , ricercando a quale

fosse in nome comun l’ uffi z io imposto ,

che del campo de ’ granch i al generale

gisse oratore , e che per gl i altri tosto

d’

ovviar s’ingegnasse a nòvo male ,

nessun per senno e per virtù disposto

parve a Ciò più del conte ; i l qual di stima

tenuto era da tutti in su la cima .

46

Cosi da quel le sch iere , a prova eretto

l ’ un piè di quei dinanzi , al l’ uso antico ,

fu , per parer di ciascheduno , e letto

m essagger del l’esercito al nemico .

Né ricusò l’

uflì z io , ancor ch’astretto

quindi a gran risch io : in campo ostil, mendico

d ’ogni difesa , andar fra sconoscenti

d ’ogni modo e ragion dell’altre genti .

47

E sebben lassa la persona , e molto

di posa avea m estier , non però vol le

punto indugiarsi al dipartir : ma , Còlto

brevissimo Sopor su l ’erba molle ,

sorse a notte profonda , e seco tol to

poch i servi de ’ suoi , tacito i l co l le

lasciando tutto…

,e sonnolento , scese ,

e per l’erma campagna i l cammin prese .

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1 20 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

4

Era maggio , che amor con vita infonde ,e i l cuculo cantar s

udia l ontano ,

misterioso augel, che per profonde

selve sospira in suon presso che umano ,

e , qual notturno spirto , erra e confonde

i l pastor che inseguirlo anel a invano ,

né dura i l cantar suo , che in primavera

nasce e i l trova l’ardor venuto a sera .

5

Come ad Ul isse ed al crude]Tidide ,

quando ai nòvi troiani al loggiamenti

ivan .per l ’ombre del la notte infide ,

risch i cercando e insol iti accidenti ,parve l

augel che si dimena e stride ,

segno , gracchiando , di felici eventi

arrecar da M inerva , al cui soccorso

l ’ uno e l ’altro , invocando , era ricorso ;6

non altrimenti i l topo , ll qual solea

voci e segni osservar con mol ta cura ,non so già da qual nume o da qual dea ,

topo o t0pessa o di simil natura ,

sperò certo , e m estier gl iene facea

per sol levare i l cor dal la paura ,

che i l cuculo , che i topi han per divino ,nunzio venisse di non reo destino .

7

Ma gra dietro boschetti e col licel l i

antica e stanca in cie l salia la l una ,e sugl i erbosi dors i e i ram uscelli

spargea luce manchevole e digiuna ,nè manifeste l ’ombre a questi e quel l i

dava , né ben distinte ad una ad una ;le stel le nondim en tutte c0pria ,

e desiata al peregrin venia .

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CANTO SECONDO 1 2 1

8

Pur , come ai topi i l l ume è poco accetto ,

di le i non molto rallegrossi i l conte ,

i l qual,trottando a piè , siccome ho detto ,

ripetea per la val le e per lo monte

l ’orme che dianzi , di fuggir costretto ,

impresse avea con zampe assai più pronte ,

e molti i l l uogo or danni ora spaventi

d i quel la fuga gl i rendea presenti .

9

Ma pietà Sopra tutto e disconforto

m oveagli, a ciascun passo , in sul cammino ,

o poco indi lontan , vedere 0 morto

0 moribondo qualche topol ino ,

alcun da piaghe ed a lcun altro scorto

dalla stanchezza al suo mortal destino ,

a cui con lo splendor languido è scemo

parea la luna far l ’onore estremo .

Cosi , muto , volgendo entro l a testa

profondi fi losofici pensieri ,

e ch iamando e sperando al la funesta

discordia del le stirpi e degl’

im peri

medicina efficace intera e presta

dai giornal isti d ’ ambo gli emisferi ,

tanto andò , che la notte a poco a poco

cedendo , al tempo m attutin die’ loco .

1 1

Tutti dèsti cantando erano i gal l i

per le campagne , e gl i auge l letti ancora

ricominciando insiem gl i usati bal l i

su per l i prati al mormorar dell ’ora ,e porporina i sempiterni cal l i

apparecch iava al di la fresca aurora,

né potea molto star che al l ’orizzonte

levasse i l re degli anni a l ta la fronte ;

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1 2 2 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

quando da un poggio i l topo rimirando ,

non molto avanti in .giù nel la pianura ,vide quel che sebbene iva cercando ,

voluto avria che fosse ancor futura

la vista sua , ch’or tutto l ’a ltro in bando

parve porre dal cor che la paura ,

non sol per sé , ma parte e maggiormente

perché pria del creduto era presente .

1 3

Vide il campo de’

granch i i l qual , fugate

ch’

ebbe de’ t0pi le vincenti schiere ,

ver ’ Topaia là dove indirizzate

s ’eran le fuggitive al suo parere ,deliberossi, andando a gran giornate ,

dietro quelle condurre armi e bandiere ;

e seguitando lor , men d’ una notte

distava ond’

esse i l corso avea condotte .

1 4

Tremava i l conte , e gia voltato i l dosso

aveano i servi all a terrib il vista ;

e muro non avria , non val lo o fosso

tenuto quella gente ignava e trista ;

ma il conte , sempre all’onor proprio mosso , ,

come fortezza per pudor s’

acqu ista ,

fatto core egl i pria , sopra si spinse

gridando ai servi , ed a tornar gl i s trinse .

1 5

E visto verdeggiar poco lontano

un ul iveto,entrar subito in quel lo ;

e del verde perpetuo , con mano

o con la bocca còlto un ramicel lo ,

è sceso ciaschedun con esso al piano ,

sentendo un gelo andar per ogni vel lo ,

e digrignando per paura i denti ,vennero agl

’inim ici al loggiamenti .

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1 24 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

dal sangue per al lor di quegli estrani

d i dovers i astener determ inàro ;e legati , cosi come di cani

0 di qualche anima l feroce o raro

non fecer mai pastori o cerretani,

a sghembo , al l’ uso lor , gl i strascinàro

al general di quei marmorei lanzi,

gente nemica al camminare innanzi .

2 1

B rancaforte quel granch io era nomato ,

scortese a un tempo e di servi le aspetto ;dal qual veduto i l conte e dim andato

Ch i fosse , onde venuto , a qual effetto ,

rispose che venuto era legato

de l p roprio campo ; e ben legato e stretto

era più che m estier non gl i facea ;ma scherzi non sostien l ’alta epopea .

2 2

E seguitò che s’

altri i l disciogl iesse ,mostrerebbe i l mandato e le patenti .

Per questo i l general non gl i concesse

ch ’ a strigarlo imprendessero i sergenti ,e perché legger mai non gl i successe ,

eran gl i scritti a lu i non pertinenti ;

ma chiese da chi date ed in qual nome

assunte avesse l’oratorie some .

23

E quel,dicendo che de ’ topi i l regno ,

per esser nel la guerra i l re defunto ,

e non restar di lui successor degno ,deliberato avria s0pra tal punto

popolarmente , e che di fede i l segno

Rub atocch i a l mandato aveva aggiunto ,

i l qual per duce , e l ui per messaggero

scelto aveva a suffragi i l campo intero ;

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CANTO SECONDO 1 25

24

gelò sotto la crosta a tal favel la ,

popol , suffragi , elezioni udendo ,

i l casto lanzo , al par di verginella

a cui con labbro ab bom inoso orrendo

le orecchie tenerissime flagella ,

fango intorno e corrotte aure spargendo ,

oste impudico o carroz z ier . S i tinge

el la ed imbianca , e in sé tutta s i stringe .

25

E disse al conte : Per guardar ch ’

io faccia ,legittimo potere io qui non trovo .

Da molti e letto , acciò che i l resto io taccia

ricever per legato io non approvo .

Poscia , com’ un che dal veder discaccia

scandalo o mostro obbrobrioso e novo ,

tor si fe ’ quindi i topi , ed in catene

chinder sotterra e custodir ben bene .

26

Fatto questo , mandò significando

al proprio re per la più corta via

l’im pensata occorrenza , e suppl icando

che comandasse quel che gl i aggradia .

E ra quel re , per quanto investigando

ritrovo , un della terza dinastia

detta de ’ Senz acapi, e in su quel trono

sedea di nome tal decimonono .

27

R ispose adunque i l re che , nel lo stato

del la sedia vacante , era l’ eletto

del campo ad accettar come legato ;tosto quel regno , o volontario o stretto

creasse altro signor ; nessun tra ttato

egl i giammai , se non con tal precetto ,

conch iudesse con lor ; d’ogni altro punto

facesse quel che gli era prima ingi unto .

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1 26 11 PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

28

Questo comando al general pervenne

la ve lui r itrovato aveva i l conte ,perché quivi aspettando egl i sostenne

quel che ordinasse del poter la fonte ,al cui voler , com

’ ei l ’ avviso ottenne ,l ’opere seguitar concordi e pronte ;trasse i cattivi di sotterra e sciolse ,e sciolto , i l conte in sua presenza accolse .

29

I l qual , ricerco , espose al generale

di sua venuta le ragioni e i l fine , .

chiedendo qual destin , qual forza o quale

violaz ion di stato o di confine ,qual danno del la roba o personale ,

qual patto 0 lega , 0 qual errore alfine

avesse ai topi sprovveduti e stanch i

tratto in sul capo i l tem pestar de’ granch i .

30

Sputò , m irossi intorno e si compose

i l general dell’ incrostata gente ;

e con montana gravità rispose

in questa forma , ovver poco altramente

S ignor topo , di tutte quel le cose

che tu dimandi , non sappiam niente ,ma i granch i dando al le ranocchie aiuto ,

per servar l ’ equil ibrio han combattuto .

3 1

Che vuol dir questo ? ripigliava i l conte

l’acque forse del lago 0 del pantano ,

o del fosso o del fiume o del la fonte

perder lo stato od inondare i l piano ,

o venir manco , o ritornare al monte ,

o patir altro piu dannoso è strano

sospettavate , in caso che la sch iatta

delle rane da noi fosse disfatta ?

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1 28 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

36

Date sian queste cose e non concesse

rispose al granchio i l conte Leccafondi;ma qual nume orditiò che presedesse

al l ’ equil ibrio general de ’ mondi

la nazion de’

granchi , e che attendesse

a guardar se più largh i o se p1u tondi

fosser che non dovean topi e ranocchi

per trar loro o le polpe o i l naso o gli occhi ?

37

Noi disse i l genera l s iam birri appunto

d’

Europa e boia , e professiam quest ’arte .

Nota , saggio lettor , ch’ io non so punto

se d ’

Europa dicesse o d ’ altra parte,

perché , confesso i l ver , mai non son giunto,

per molto rivoltar le antiche carte ,a discomir la regione e i l cl ima

dove i casi seguir ch ’ io pongo in rima

38

ma detto ho dell’

Europa ,seguitando

del parlar nostro la comune usanza .

Ora , al parlar del granchio ritornando

In nostra guardia aggiunse è la costanza

degl i animai nell’esser primo , e quando

di novità s’

accorge o discrepanza

dove che s ia , là corre i l granchio armato

e ritorna le cose al primo stato .

39

Chi tal carco vi die ’ ? rich iese i l conte .

La crosta disse , di che siam vestiti ,

e l ’esser senza né cervel né fronte ,

sicuri , invariabili , impietriti

quanto i l cora l lo ed i l cristal di monte ,

per durezza famosi in tutti i l iti

questo ci fa colonne e fondamenti

del la stabil ità dell’altre genti .

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CANTO SECONDO 1 29

40

Or lasciam le ragioni e le parole

soggiunse l’altro e discendiamo at fatti .

Dai topi i l re de ’ granch i oggi che vuole ?

vuole ancor guerra e strage a tutti i patti ?

o consente egl i pur , com’

altri suole ,che qui d ’accordo e d ’

am istà si tratti ?

e quale , in caso tal , condizione

d ’accordo e d’

am istà ci si propone ?

4 1

Sputò di nuovo e posesi in assetto

i l general de ’ granch i e cos i disse :

Dal la tua razza immantinente eletto

sia novel lo signor . Guerre né risse

aver con le ranocchie a lui disdetto

per sempre sia . Le sort i a color fisse

saran dal nostro , a cui ricever piacque

nella tutela sua lor terre ed acque .

42

Un presidio in Topaia alloggerete

di trentamila granchi , ed in lor cura

i l castel lo con l ’altro riporrete ,

s’

altro v’b a di munito entro le mura .

Da mangiare e da ber giusta la sete ,

con quanto è di bisogno a lor natura ;

e doppia paga avran per ciascun giorno

da voi , finche'

tra voi faran soggiorno .

43

Dicendo i l conte allor che non aveva

poter da ’ suoi d ’

acconsentire a tanto ,

e che tregua ferm ar si richiedeva

per poter quel l i ragguagliare intanto ,

rispose i l general che concedeva

tempo quindici di , né dal suo canto

moveria l ’oste ; e quel passato invano,

ver ’ Topaia verrebbe armata mano .

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1 30 I I PARAL I POMEN I DELLA BATRACOM IOMACH IA

44

Cosi di Leccafondi e del guerriero

B rancaforte i l col loquio s i disciolse °

e ,senza indugio alc

‘uno , i l messaggero

de’ topi a ritornar l ’animo volse ,

al l ’ uso del la tregua ogni pensiero

avendo inteso : e tosto i suoi raccolse .

Nel partir poche rane ebbe vedute

per negozi nel campo al lor venute .

45

Le riconobbe , ché nel lor paesecontezza ebbe di lor quando oratore

là ritrovossi, ed or da quel le intese

l’

am orevole studio e i l gran favore

che prestava ai ranocch i a loro spese

i l re de ’ granchi , i l qual sotto colore

di protegger da’ topi amico stato ,

ogni cosa in sua forza avea recato .

46

E che d ’oro giammai sazio non era ,

né si dava al re lor veruno ascolto .

Pietà ne prese il conte , e con s incera

loquela i patri i dèi ringraziò molto,

che del l ’ altru i protez ion men fèra

calamità sui topi avean rivolto .

Poi dal le rane accomiatato , i l calle

l ibero prese , e i l campo ebbe alle spal le .

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1 32 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

4

o se a Napol i presso , ove la tomba

pon di V irgil io un’

am orosa fede ,

vedeste i l varco che.

del tuon rimbomba

spesso che dal Vesuvio intorno fiede ;

colà dove all’

entrar subito piomba

notte in sul capo al passegger , che vede

quas i un punto lontan d ’ un lume incerto

l ’al tra bocca onde poi riede al l ’ aperto

5

e queste avrete immagini bastanti

del loco ove Topaia era fondata ,

la qual per quattro bocche e quattro canti

della montagna posta avea l ’entrata ,

cui turando con arte,a tutti quanti

ch iusa non sol ma rim anea celata ,in guisa tal che la città di fuore

accusar non potea se non l ’odore .

6

Dentro palagi e fabbriche real i

s’

ergean di molto buona arch itettura ,col legi senza fine ed ospeda l i

vòti sempre , ma grandi oltre misura ,

statue , colonne ed archi trionfali ,e monumenti alfin d ’ogni natura .

Sopra un masso ritondo era i l castel lo

forte di sito a maravigl ia e bel lo .

7

Come Ch i d ’

Appennin varcato i l dorso

presso Fuligno , per la culta val le

cui rompe i l monte di Spoleto i l corso ,

prende l’aperto e difettoso cal le ,

se i l guardo l ieto in sul la manca scorso

leva d ’ un sasso alle scoscese spal le ,

bianco , nudato d’ogni fior , d

’ogni erba ,

vede cosa onde poi memoria serba ,

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CANTO TERZO 1 33

8

di Trevi la città , che con iscena

d’

aerei tetti la ventosa cima

t ien si che a cerch io con l ’estrema sch iena

degl i estremi edifi z i i l piè s ’adima ;

pur siede in vista l impida e serena

e quasi incanto i l viator l ’ estima,

bri llan templ i e palagi al ch iaro giorno ,

e sfavillan finestre intorno intorno ;

9

cotal, ma privo del diurno lume ,

veduto avresti quel d i ch ’ io favel lo ,

del polito macigno in sul cacume

fondato solidissim o castel lo ,

ch ’ al margine aflacciato oltre i l costume

quasi precipi tar parea con quel lo .

Da un lato so], per un’

angusta via ,

con ansia e con sudor Vi si salia .

10

Luce ai t0pi non molto esser m estier i

vede ciascun di noi nel la sua stanza;

che ch iusi negl i armadi e nei panieri

fare ogni lor faccenda han per usanza ,

e spente le lucerne e i candellieri

vengon poi fuor la notte al la lor danza .

Pur se l uce colà si rich iedea

talor , con faci ognun si provvedea .

1 1

D’

Ercolano cosi sotto Resina ,che d

ignob ili case e di taverne

copre la nobi lissima ruina ,al tremolar di pall ide lucerne

scende a veder la gente pel legrina

le membra affl itte e pur di fama eterne ,magioni e scene e templ i e colonnati

al lo splendor del giorno ancor negati .

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1 34 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Certo se un suol,germanico O britanno

queste ruine nostre ricoprisse ,

di faci a visitar l ’antico danno

più non b isogneria ch’

uom si servisse,

e d’ogni spesa in onta e d ’ogni affanno

Pompei , ch’

ad ugual sorte i l fato addisse

al l ’ aspetto del sol tornata ancora

tutta , ,

e non pur si poca parte , fora .

1 3

Vergogna sempiterna e v itupèro ,

d ’ital ia non dirò , ma di ch i prezza

disonesto tesor più che i l mistero

dell’

aurea antich ità porre in ch iarezza ,e riscossa di terra al lo straniero

mostrare ancor l’ italica grandezza .

Lor sia data dal ciel giusta mercede ,

se pur ciò non indarno al ciel si chiede .

1 4

E mercé s ’ abbia , non di riso e d ’ira ,

di ch’

ebbe sempre assai , ma d’ altri danni ,

l’

ipocrita canaglia onde sospira

l’

E uropa tutta invan tanti e tanti anni ,

i papiri , ove cauta ella delira ,scacciando ognun sui mercenari scanni ;

razza a cagion di cui mi dorrebb ’anco

se boia e forche ci venisser manco .

1 5

Tornando ai topi , a cui dai scaflali

di questi furbi agevo le è i l ritorno ,

vincea Topaia al lor le principal i

città dal Tramontano al Mezzogiorno ,

o rare assai fra quel le aveva uguali ;proprio de ’ topi e natural soggiorno ,

là dove consistea massimamente

i l regno e i l fior della topesca gente .

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1 36 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Ma per quei giorni , sospirata invano

la tornata del conte a l la sua terra ,

i l qual , venuto a fè rà gente in mano ,

regi cenni attendea prigion sotterra ;

crescendo del l ’ ignoto e del lontano

l ’ ansia e l a téma , ed a patir la guerra

parendo pur , se guerra anco s'

avesse ,

che lo Stato ordinar si rich iedesse ;

giudicò Rubatocchi, e i principali

del la città con lui , di non frapporre

più tempo , né dar loco a novi mali ,ma prestamente i l popolo raccòrre ,

e le gravi materie e capital i

del reggimento in‘

pubblico proporre ,si, ch

’ ai riSchi di fuor tornando l ’oste ,

dentro le cose pria fosser composte .

2 2

B en avria Rubatocchi, e per le molte

parentele sue nobili e potenti ,

e perché de ’ soldati in l ui rivolte

con amor da gran tempo eran le menti ,

e per quel braccio che dal mondo tolte

cotante avea del le nemiche genti ,

potuto ritener quel già sovrano

poter che i l fato gl i avea posto in mano .

23

E spontanei non poch i a lui venendo

capi dell’arm i e principi e baroni ,

confortando lo giano ed offerendo

sé pronti a sostener le sue ragioni .

Ma ributtò l ’eroe con istupendo

valor le vi l i altrui persuasioni ,e i l dar forma a l lo Stato e il proprio impero

nell’

arb itrio comun rimase intero .

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CANTO TERZO 1 37

24

Degno perc10 d’

eterna lode , al quale

non ha l ’ antica e la moderna istoria

altro da som igliar , non ch’

altro uguale ,

quanto or so rinvenir con la memoria ,

fuor tre d ’

inclita fama ed immortale ,

Tim oleon corintio ed Andrea Doria ,in sul fianco di qua dall’oceàno ,

e W ashington dal lato americano .

25

Dei qual i per pudor,per leggiadria

vera di fatti e probità d ’ ingegno ,

negar non vo’

né vo ’ tacer che sia ,

quantunque ital ian , Doria i l men degno

ma perfetta bontà non consentia

quel secolo infelice , ov’

ebb e regno

ferocia con arcano avvolgimento ,

e vil tà di pensier con ardimento .

26

Deserto è la sua storia , ove nessuno

d’

incorrotta virtude atto si scopre ,

cagion che s0pra ogni altra a ciascheduno

fa grato il riandar successi ed opre ;

tedio i l resto ed oblio , salvo quest’ uno

sol degli eroici fatt i , alfin ricopre ,del cui santo splendor non è beato

i l deserto ch ’ io dico in alcun lato .

27

Maraviglia è colà che s’appresenti

Maurizio di Sassonia al la tua vista ,

che con mil le vergogne e tradimenti

gran parte a ’ suoi di l ibertade acquista,

Egmont , Orange a lor grandezza intenti

lor patria l iberando oppressa e trista ,

e quel migl ior che invia con braccio forte

i l p rimo duca di Firenze a morte .

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1 38 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM I OMACH IA

28

Nè loco d ’am m irar vi si ritrova ,

se d’am m irar colui non vi par degno ,

che , redando , grandezze antiche innova ,non già v irtudi, e che di tanto regno

sé minor dimostrando in ogni prova ,par che mirar non sappia ad alcun segno ;cittadi alternamente acquista e perde ,

e i l fior d ’

Europa in Affrica disperde .

29

Non di cor generoso e non abbietto

non infedel né pio , crudo né mite :

non dell’iniquo amante e non del retto ;

or servate promesse ed or tradite ;

al grande , al bel non mai volto l’affetto ;

non agevol i imprese e non ardite ;

due prenci imprigionati in suo potere

né l iberi sa far , né ritenere .

30

Alfin di tanto suon , tanta possanza

nessuno effetto riuscir s i vede

anzi i l gran fascio che sue forze avanza

gitta egli stesso e volontario cede ;

la cui mole , che invan passò l’

usanza ,

divide e perde infra più d ’ uno erede ;

poi chiuso , in monacal i abit i involto ,

gode prima che morto esser sepolto .

3 1

O costanza , o valor de’ prisch i tempi !

Far gran cose di nul la era vostr’

arte ;

nul la far di gran cose età di scempi

apprese da quel di che i l nostro Marte ,

Costantin , pari ai più nefandi esempi ,

donò col nostro scettro ad altra parte ;

tal diflerenz a insieme han del romano

vero imperio gl i effetti , e del germano .

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140 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

36

Ch i dir potria le pratiche , i maneggi ,le discordie , i rumor , le fazioni

che sogl iono accader quando le greggi

procedono a s i fatte elezioni,

per em pier qual si sia specie di seggi ,non che sforniti rifornire i troni ?

Tutto ciò fra coloro intervenia ,

e da me volentier s i passa via .

37

E la conclusion sola toccando ,

dico che dopo un tenzonare eterno

al l ’ alba ed al le squil le , or disputando

del lo stato di fuori,or del l ’ interno ,

novel la monarch ia fu per comando

del popol destinata al lor governo

una di quelle che temprate in parte

son da statuti che si chiaman « carte

38

Se d ’

Inghilterra p iù s’assom igliasse

al lo statuto o costituzione ,com

oggi i l nominiamo , o s’

accostasse

a quel di Francia 0 d ’altra nazione ,

con parlamenti o corti alte o pur basse ,

di pubblica o di regia elezione ,

doppie o semplici alfin , come in Ispagna ,

lo statuto de ’ t0pi o carta magna ,

39,

da tutto quel che degl i antich i ho letto

dintorno a ciò , raccòr non si potria .

Questo solo aflerm ar senza sospetto

d’

ignoranz a si può né di bugia ,

essere stato i l prence allora eletto

da’ topi , e la novel la signoria ,

que l che , se in versi non istesse male ,

avrei chiamato costituzionale

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CANTO TERZO 1 4 1

40

Deputato a regnar fu Rodipane ,

genero al morto re Mangiaprosciutti.

Cosi quando Priamo alle troia‘

ne

genti e di sua radice i tanti frutti

m ancàr , fuggendo a regioni estrane ,sotto il genero Enea convenner tutti

perché di regno alfin sola ci piace

la famiglia real creder capace .

4 1

E quella estinta , i p rossimi di sangue ,e poscia ad uno ad un gl i altri parenti

cerchiam di grado in grado , infin che langue

i l regio umor negl i ultimi attenenti .

Né questo in pace so], ma quando esangue

i l regno omai per aspri trattamenti ,al lor per aspra e sanguinosa via

ricorra in armi a nuova dinastia .

42

E quando , per qualunque altra occorrenza

mutando stato , i l pristino disgombra ,

di qualche pianta d i real semenza

sempre s’

accoglie des ioso al l’ombra .

Qual pargoletto che rimasto senza

la gonna che i l sostiene e che l’adom bra ,

dopo breve ondeggiar tosto col piede ,

gridando , e con la man s0pra vi riede .

43

O come ardita e fervida cavalla ,

che di mano al cocchier per gioco uscita ,

a gran salti ritorna al la sua stal la ,dove sferza e baston forse l’ invita ;0 come augello i l vol subito avvalla

dal le altezze negate al la sua vita ,ed al la fida gabbia , ove soggiorna

dagli anni acerbi , volontario torna .

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1 42 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

44

Re cortese , per altro , amante e buono ,

veggo questo in antico esser tenuto ,

memore oguor di quanto appie del trono

soggetto infra soggetti era vissuto :

al popol in comun , per lo cui dono ,

e non del cielo , al regno era venuto ,

riconoscente ; e non de’ mali ignaro

di questo o quel , né di soccorso avaro .

45

E lo statuto 0 patto , che accettato

dai cittadini avea con giuramento ,

trovo che incontro allo straniero armato

difese con s incero intendimento ;

n é , perché loco gliene fosse dato ,

di restarsene sciolto ebbe talento .

D i questo , poi che la credenza eccede ,

interpongo l ’ altrui , non la mia fede .

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1 44 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM I OMACH IA

4

E che quei che selvaggi i l volgo appella ,che nei più ca ldi e nei più freddi l iti

ignudi . al sole , al vento , al la procella ,

e sol di tetto natural forniti ,contenti son , da poi che la mammella

lasciar , d’erbe e di vermi esser nutriti

,

temon l ’aure e le frondi, e che disciolta

dal sol non caggia l a celeste volta ;

5

non vita naturale e primitiva

menan , come fin qui furon creduti ,

ma per corruz ion s i difettiva ,

da una perfetta civi ltà caduti ,

nella qua l come in propria ed in nativa

i padri dei lor padri eran vissuti

perché stato si reo come i l selvaggio

estimar natural non è da saggio :

6

non potendo mai star che l a natura ,

che al ben degli animal i è sempre intenta ,

e più dell’ uom , che p rincipal fattura

esser di quel la par che si consenta

da tutti noi , si povera e si dura

vita , ove pur pensando ci si sgomenta ,

come propria e rich iesta e conformata

abbia al genere uman determinata .

7

Né manco sembra che possibil s ia

che lo stato dell’ uom vero e perfetto

sia posto in capo di si l unga via

quanta a fars i civile appar costretto

i l gener nostro a misurare in pria ,

n’

son cent ’anni un di quanto al l ’effetto

si lento è i l suo cammin per quelle strade

che i l conduc0n dal bosco a civiltade .

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CANTO QUARTO 145

Perché ingiusto e crudel sarebbe stato ,

né per modo nessun conveniente ,

che al l ’ infelicità predestinato ,

non per suo vizio o colpa , anzi innocente ,

per ordin primo e natural suo fato ,

fosse un numero tal d ’ umana gente ,

quanta nascer convenne e che morisse

prima che a civi ltà si pervenisse .

9

Resta che i l viver zotico e ferino

corruz ion si creda e non natura ,

e che ingiuria facendo al suo destino

caggia quivi i l morta l da grande altura .

D ico dal civi l grado , ove i l divino

senno avea di locarlo avuto cura :

perché se al ciel non vogliam fare oltraggio ,civile ei nasce , e poi divien selvaggio .

1 0

Questa conclusion che,ancor che bella ,

parravvi alquanto inus itata è strana ,

non d ’altronde provien se non da quella

forma di ragionar diretta e sana

ch’

« a pr ior i » in iscola ancor s’appella ,

appo cui ciascun ’

altra oggi par vana ,

la qual per certo alcun principio pone ,

e tutto l ’altro a quel piega e compone .

1 1

Per certo si suppon che intenta sia

natura sempre al ben degl i animali ,e che gl i ami di cor , come la pia

ch ioccia fa del pulcin che ha sotto l ’ al i

e vedendosi al tutto acerba e ria

la vita esser che al bosco hanno i mortali ,

per forza si conchiude in buon latino ,

che l a città fu pria del cittadino .

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1 46 11 PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Se l ibere le ment i e preparate

fossero a ciò che i fatti e la ragione

sapessero insegnar , non inchinate

a questa più che a quel la Opinione ;

se natura ch iam ar d ’ogni pietate

e di qual s ’ è cortese affezione

sapesser priva , e de’ suoi figl i antica

e capital carnefice e nemica ;

1 3

o se piuttosto ad ogni fin rivolta ,

che al nostro che diciamo o bene 0 male ;

e confessar che de ’ suoi fini è tolta

la vista al riguardar nostro mortale ,

anzi i l saper se non da fini sciolta

sia veramente , e se ben v’

abbia , e quale ;

diremmo ancor con ciascun’

altra etade

che i l cittadin fu pria del la cittade .

14

Non è fi losofia se non un ’arte

la qual d i ciò che l ’ uomo è risoluto

di creder circa a qua lsivogl ia parte ,come meglio alla fin l

è conceduto

le ragioni assegnando , empie le carte

o le orecchie talor per instituto

con più d ’ ingegno o men , gius ta i l potere

che i l maestro o l’autor s i trova avere .

1 5

Quel la fi losofia dico che impera

nel secol nostro senza guerra alcuna ,e che con guerra più o men leggiera

ebbe negli altri non minor fortuna ,fuor nel prossimo a questo , ove , se intera

la m ia mente oso dir , portò ciascuna

facoltà nostra a quel le cime il passo

onde tosto inchinar l ’ è forza al basso .

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1 48 11 PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Ma noi , s’

è fuor del l ’ uso , ogni pensiero

assurdo giudichiam tosto in efl'

etto ,

né pensiam ch ’ un assurdo i l mondo e i l vero

esser potrebbe a l fra ! nostro intel letto

e mistero gridiam perch ’ a mistero

riesce ancor qualunque uman concetto ;ma i misteri e gl i assurdi entro il cervello

vogliam foggiarci come a noi par bel lo .

2 1

Or , leggitori miei , scendendo al punto

al qual per lunga e tortuosa via

sempre pure intendendo , ecco son giunto ,

potete omai veder che non per mia

frode o sciocchezza avvien che tal i appunto

si pingan nel la vostra fantasia

de’ t0pi gl i ant ichissimi parent i

qual i i popol i son che abbiam present i ;

2 2

ma procede da CIO , che i l nostro stato

antico è veramente e primitivo

non degli uomini sol , ma in ogni lato

d ’ogni animal che in aria o in terra è vivo ;

perché ingiusto saria che condannato

fosse di sua natura a un viver privo

quas i d ’ogni contento e pien di m ali

l’interm inato stuol degli animali .

23

‘ Per tanto in civi l tà , data secondo

i l grado naturale a ciascheduna ,

tutte le specie lor vennero al mondo ,

e tutte poscia da cotal fortuna

per lo proprio fal l ir caddero in fondo ,

e infelici son or ; né causa a lcuna

ha il ciel però dell’ esser lor si tristo ,

i l qual bene al b isogno avea provvisto .

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CANTO QUARTO 149

24

E se colma d ’angoscia e di paura

del t0polin la vita ci apparisce ,

i l qual mirando mai non s’

assicura ,

fugge e per ogni crol lo inorridisce ,

corruz ion s i creda e non natura

la miseria che il topo oggi patisce ,a cui forse i l menar quei cas i in parte

che seguitando narran queste carte .

25

E la dispersion del la sua schiatta

ebbe forse d ’

allor cominciamento ,

la qual raminga in sul l a terra è fatta ,perduto i l primo e proprio al loggiamento ,

come i l popol giudeo , che m al s’

adatta ,

esule , sparso , a cento sedi e cento ,

e di Sol ima i l tempio e le campagne

di Pa lestina s i rammenta e piagne .

26

Ma i l novello s ignor , giurato ch’

ebbe

servar esso e gl i eredi eterno i l patto ,

incoronato fu come s i debbe ;

e i l m anto s i vesti di pel di gatto ,

e lo scettro impugnò che d ’ auro crebbe ,

nella cui punta i l mondo era ritratto ,

perché credeva al lor del mondo intero

la specie soricina aver l ’ impero .

27

Dato al la plebe fu cacio con polta ,

e vin vecchio gittar molte fontane ,

gridando el la per tutto a l legra e folta

Viva la Carta e viva Rodipane !

tal ch’

echeggiando quell’

alpestre volta

carta per tutto ripeteva e pane

cose al governo del le culte genti ,

ch i le sa ministrar , suflicienti.

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150 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

28

Re de ’ t0pi » costui con nuovo nome ,o suo trovato fosse o de

’ soggetti ,

s’

intitolò , non di Topaia come

propriamente in addietro s ’ eran detti

i portatori di quell’

auree some .

Cosa molto a notar , che negli effetti

diflerisce d'

assai, benché non paia ,

s’

alcun sia re de ’ topi o di Topaia .

29

La noto ancor , però che facilmente

nella cronologia non poco errato

potrebbe andar chi non ponesse mente

a questo metafisico trovato ,

e creder che costui primieramente

Rodipan fra quei re fosse nomato ,

quando un Rodipan terzo avanti a questo

da l ibri e da monete è manifesto .

30

Primo fra i « re de ’ t0pi » ; ma contando

quei di T0paia » ancor , s’ io bene estimo ,

fu quarto Rodipan . Questo ignorando ,

può la cronologia da sommo ad imo

andar sossoma . A ciò dunque ovviando ,

notate che costui Rodipan primo ,

e i l motin gl i eruditi e i fi lotòpi,

fra i re de ’ topi fu , non fra i re topi .

3 1

Non era i l festeggiar finito ancora

quando giunse dal campo i l messaggero ,

non aspettato omai , che la dimora

sua lunga aveane sgombro ogni pensiero ;

né desiato più , ché insino al lora

solcano i sogni più gradir che i l vero .

Sogni eran gli ozi brevi e l ’ al legria ,

ver ’ ciò che i l conte a rapportar venia .

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1 52 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

36

Nel superbo castel furo introdotti ,dove l ’ insegna lor piantata è sciolta ,poser mano a votar

'

paiuol i e botti ,e speràr pace i topi un

a ltra volta .

Lieti i giorni tornar,l iete le notti

,

ch ’ ambo sovente il luminar con molta

spesa fece i l comun per l ’al legria

dell’

acquistata nova monarchia .

37

M a quel che più rileva , a far lo Statoprospero quanto più far si potesse

del popolo in comune e del privato,

fama è che cordialmente i l re si desse .

I l qual subito poi che ritornato

fu Leccafondi, consiglier lo elesse ,

ministro del l ’ interno , e principale

strumento de l l ’ impero in generale .

38

Questi a rim òver l ’ombra ed all ’ aumento

di civi ltà rivolse ogni sua cura ,

sapendo che con altro fondamento

prosperità di regni in piè non dura ,

e che , civi le e saggia , i l suo contento

la plebe stessa ed i l suo ben procura

meglio d ’ogni a ltro , né favor né dono

fuor ch ’esser franca l ’ è m estier dal trono .

39

E b ram ò,che sapesse i l popol tutto

leggere e computar per discipl ina ,

stimando ciò , cred’

io , maggior costrutto

che non d’

Enrico quarto la gall ina .

Quindi nel la città fe’

da per tutto

tante scòle ordinar , che la mattina

piazze , portici e vie per molt i di

non d ’altro risonàr che d ’« a , bi , ci » .

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CANTO QUARTO 1 53

40

Crescer più d ’ una cattedra o lettura

anco gli piacque a ciaschedun l iceo ,

con più dote che m ai per avventura

non ebbe professor benché baggeo .

Dritto del topo , dritto di natura ,ed ogni dritto antegiustinianeo ,

e fuvvi co l civi l , col criminale ,esposto i l dritto costituzionale .

4 1

E già per la fidanza , ond’

è cagione

z dPahn e un convenevol regghn enfi x

d ’ industria a rifiorir la nazione

cominciava con presto accrescimento .

Compagnie di ricchissime persone

cercar da grandi spese emo lumento ;

d’

orti, bagni , ginnas i a ciascun giorno

vedevi il loco novanunne adorno .

42

Vendite nuove ed uti l i offi cine

similmente ogni di si vedean porre ,

merci del loco e merci pel legrine

in copia grande ai passeggeri esporre ,

stranie comodità far cittadine ,

nòvi teatri i l popolo raccorre ,

qui strade a racconciar la plebe intenta ,

l à d ’ un pa lagio a por le fondamenta .

43

Concorde intanto la Città con bianch i

vot i i l convegno ricevuto avea ,

e che di queflo dal :fignor de’

granchi

fosse fatto altrettanto s i credea .

Andando e ritornando eran già stanchi

più messi , e nul la ancor s i conchiudea ,

tanto che infin dei principal i in petto

nascea , benché confuso , alcun sospetto .

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1 54 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

44

Sen z acapo , re granchio , i l più superbo

de’ prenci di quel tempo era tenuto ,

nemico ostinatissimo ed acerbo

del nome sol di carta e di statuto,

che'

i l poter , ch’era in lu i senza riserbo

,

partir con Giove indegno avria creduto .

Se carta alcun sognò dentro i l suo regno,

egl i in punirlo esercitò l ’ ingegno .

45

E cura avea che veramente fosse

con perfetto rigor la pena infl itta ,né dal le genti per pietà commosse

qualche parte di lei fosse relitta ,

e i l numero e i l tenor del le percosse

ricordava , e la verga a Ciò prescritta .

B uon sonator per altro , anzi divino ,

l a corte i l dich iarò di viol ino .

46

Questi,poiché con involute e vaghe

rispos te ebbe gran tempo ascoso i l vero ,

al capitan di quei che doppie paghe

già da ’ topi esigean senza mistero

ammess i senza pugna e senza piaghe ,

mandò,quando gl i parve , un suo corriero .

Avca quel capitan fra i parlatori

del la gente de ’ granch i i primi onori .

47

Forte ne ’ detti si che per la'

forte

loquela i l dim andàr B occaferrata .

I l qual,venuto a l le real i porte ,

ch iese udienza insolita e privata .

Ed intromesso , fe’

, come di corte ,

riverenza,per granchio , assai garbata

poi disse quel che , riposato alquanto ,

racconterò, lettor , nel l

’altro canto .

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1 56 11 PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

4

O un successore è dato a quel la sede

che s ia da lor concordemente eletto ,

o partono ess i re pieni di fedel ’orbo stato fra lor con pari affetto ,

o chi prima il può far primo succede ;per lo più chi più forte è con effetto ,

cause genealogiche a l legando ,

e per lo più con l ’arme autenticando .

5

Re nòvo , di lor man pesato e scosso

dare i sudditi a sé non fur mai visti ,

né fòra assurdo al mio parer men grosso

che se qua lche lavor de ’ nostri artisti ,

come orologio da portare indosso ,o cosa tal che per danar s

acquisti,

i l compratore elegger s i vedesse

che lei portare e posseder potesse .

6

Negl i scettri nOn han ragione 0 voto

i popol i nessuno o ne ’

diademi ,

ob’

ess i non fèr , ma D io , s iccome è noto .

Anzi , s’anco talvolta in cas i estrem i

resta i l sogl io deserto non che vòto

per popo lar i fremiti e per semi

d ’ ire , o per non so qual malinconia ,

onde spenta riman la monarchia ,

7

al popol che di le i fu d istruttore

cercan . rim edio ancor l ’altre corone,

e legittimo far quel mal umore

quasi e rettificar l ’ intenzione ,destinato da lor novo s ignore

dando a quel con le triste o con l e buone ;

né s0pportan giammai che da se stesso

costituirs i un re gl i sia concesso .

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CANTO QU INTO 1 57

8

Che se pur fu da B rancaforte ingiunto

a ’ tuoi di provveder d ’un re novel lo ,

non volea questo dir ch’

eletto a punto

fosse i l creato re questo né quel lo ;

ma non altro dar lor se non l ’assunto

che i più capaci del real mantel lo

proponessero a ’ piè de ’ potentati ,che l

’avriano a bell’agio esaminati .

9

Or dunque , avendo al la virtù rispetto ,

signor , che manifesta in te dimora ,

e sopra tutto a quel che prima ho detto

pregi onde teco i l gener tuo s ’ onora ,non della ele z ion sola i l difetto

supplire ed emendar , m a vuole ancora

la Maestà de l mio padrone un segno

darti del l ’amor suo forse più degno .

10

Perché non pur con suo rea l diploma ,

che valevol fia sempre ancor che tardo ,e di color che col legati ei noma

,

che i l daran prontamente a suo riguardo,

riponendoti i l serto in sull a chioma,

legittimo farà quel ch ’ è bastardo,

che legittimità , cosa volante ,vien dal cielo o vi riede in un istante

1 1

ma il poco onesto e non portab il patto

che i l popolo a ricever ti costrinse ,a cui ben vede i l mio signor che un atto

discorde assai dal tuo voler t ’avvinse ,

sconcio a dir vero e tal che quasi afl'

atto

la maestà di questo trono estinse ,a potere annullar de ’ topi in onta

compagnia t’

offerisce uti le e pronta .

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1 58 I l - PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Non solo i nostri trentamila forti ,che nel suo nome tengono i l castel lo ,

alla bell’

opra t i saràn consortidi render lustro al tuo real cappel lo ,

ma cinquecentomila che ne ’ porti

de ’ ranocch i hanno stanza , io vo’ dir quel lo

esercito già noto a voi, che sotto

B rancaforte in quei loch i or s’

è ridotto ,

1 3

e che per volontà del signor nostro ,

cos i fermato in pross ime contrade ,aspetta per veder nel regno vostro

che movimento o cosa nova accade ,

tosto che un cenno tuo gli sarà mostro ,i l cammin prenderà della cittade

,

dove i topi , o ravvisti o con lor danno ,a servir prestamente torneranno .

14

Fatto questo , i l diploma a te spedito

sarà , di quel tenor che si conviene .

E un patto fra ’ due re fia stabil ito

quale ambedue giudicherete bene .

Ma troppo oggi saria diminuito

l’onor che fra ’ re tutti i l m io ritiene ,

se un accordo da lui s i confermasse

che con suddita plebe altri contrasse .

1 5

Né certo ci sosterrà che d ’aver fatto

onta agl i scettri i l popol tuo si vanti ,

e che che avvenga , i l disdicevol patto

che tutti offender sembra i dominanti

combatterà finché sarà disfatto ,

tornando la città qual era innanti .

Questa presso che ostil conclusione

ebbe del capitan l’ oraz ione .

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1 60 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Quanto al proposto affar che interrogato

capo per capo avria l a nazione ,non essendo in sua man circa lo Stato

prender da sé del iberazione ;è che quel che da lei fosse ordinato

faria come per propria elezione,

caro avendo osservar , poi che giurollo ,

lo statuto . E ciò detto , accom iatollo .

2 1

L ’altra mattina al general Consiglio

i l tutto riferì personalmente,

e la grandezza del comun perigl io

espose e ragionò distesamente ;e trovar qualche via , qualche consigl io ,

qualch e‘

provvision conveniente

spesse vol te inculcò , quas i sapesse

egl i una via , m a dir non la vo lesse .

2 2

Arse d ’ ira ogni petto , arse ogni sguardo ,

e come per l’aperta ingiuria sòle

che negl’

im i precordi anche i l codardo

fere là dove certo i l ferir dòle ,

parve ancora al più vile esser gagli ardo

vera vendetta a far non di parole .

Guerra scelta da tutti , e risoluto

fu da tutti morir per lo statuto .

23

Com m endò Rodipan questo concorde

voler del popol suo con mol te lodi ,

morte imprecando a quelle bestie sorde

del l ’ intel letto e pur destre alle frodi

Purché disse nessun da sé di scorde

segua i l parlar , non poi gli atti de’ prodi :

e soldatesche ed armi e l ’altre cose

spettanti a guerra ad apprestar s i pose .

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CAN TO QUINTO 16 1

24

D i suo vero , od al ver più somigliante ,sentir , del quale ogni scrittore è muto ,dirovvi i l parer m io da ma] pensante ,

qual da non molto in qua son divenuto ,

che per indole prima io rette e sante

le volontà gran tempo avea creduto ,

né d ’

apporm i cosi m’accadde mai ,

né di fal lar poi che i l contrario usai .

25

‘ DÎCO che Rodipan di porre sciolta

la causa sua dalla comun de ’ t0pi

in man de ’ granch i avea per cosa stolta ;veduta , si può dir , con gl i occhi propi

tanta perfidia in quel le genti accolta ,

quanta sparsa è dagl’indi agli etiòpi,

e potendo pensar che dopo i l patto

similmente lui stesso avrian disfatto .

26

Ma desiato avria che lo spavento

del la guerra de ’ granch i avesse indotto

i l popolo a volere esser contento

che i l seggio dato a lui non fosse rotto ,si che spargendo volontario al vento

la fragi l carta , senza più far motto ,

fosse stato a veder se mai piacesse

al re granch io adem pir le sue promesse .

27

Cosi re senza guerra e senza patto

forse trovato in breve ci si saria ,da doppio impaccio sciolto in un sol tratto ,

e radicata ben la dinastia ;né questo per alcun suo tristo fatto .

per tradimento o per baratteria ,né violato avendo in alcun lato

i l giuramento alla città giurato .

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1 62 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

28

Queste cose , cred’

io , fra sé volgendo ,

meno eroica la plebe avria voluta .

Per congetture m ie queste vi vendo ,che in ciò la storia , come ho detto , è muta .

Se vi paresser frasche , non intendo

tòr fama alla virtù sua conosciuta .

V isto i l voler de ’ suoi , per lo migliore

l a guerra apparecchiò con grande ardore .

29

Guerra tonar per tutte le concioni

udito avreste tutti gl i oratori ,

Leonidi , Tem istocli e Cim oni,

Muzi Scevola , Fabi dittatori ,

Deci , Aristidi, Codri e Scipioni ,e som igl ianti eroi de ’ lor maggiori

iterar ne’ Consigl i , e tutto i l giorno

per l e bocche de l volgo andare attorno .

30

Guerra sonar canzoni e canzoncine ,

che i l popolo a cantar prendea diletto ;

guerra ripeter tutte le oflì cine ,

ciascuna al modo suo col proprio effetto .

Lam peggiavan per tutte le fucine

lancioni,armi del corpo , armi del petto ,

e sonore minacce in tutti i cant i

s’udiano , e d ’amor patrio ardori e vanti .

3 1

Primo fatto di guerra , a tal fatica

movendo Rubatocchi i cittadini ,

fu di torri e steccati alla nemica

gente su del castel tutti i confini

chiuder , donde cole i giù dall’

aprica

vetta precipitar sopra i vicini

poteva ad ogn’

istante e nella terra

improvvisa portar tempesta e guerra

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164 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

36

Dal l ’ altra parte , orrenda ne’ sembianti

da Topaia movea la cittadina

falange , che di numero di fanti

a un milione e mezzo era vicina .

Serse in Europa non passò con tanti ,quando varcata a piè fu la marina .

Coperto era si lunge ogni sentiero

che la veduta si perdea nel nero .

37

Venuti erano al loco ove die’

fine

al la fuga degl i altri i l Miratondo ,

loco per pratice l l i e per col line

e per quiete amabile e giocondo .

E ra i l tempo che l ’ore mattutine

cedono al mezzodi le vie del mondo ,

quando assai di lontan parve rimpetto

al l ’esercito a lzars i un nugoletto .

38

Un nugoletto il qual di mano in mano

con prestezza mirabile crescea ,

tanto che tutto ricoprire i l piano

dover fra poco e inteneb rar parea ;come nebbia talor che di lontano

fiume o palude in bassa val le crea ,

che per soffi o procede , e la sua notte

campi e vil laggi a mano a mano ingh iotte .

39

Conobber facilmente i principal i

quel di che i l bianco nugolo era segno ,che dai passi nascea degl i animali

che veniamo avversari al misto regno .

Però tempo ben parve ai general i

di mostrar la virtù del loro ingegno ,

e qui , fermato i l piè , le ardite schiere

a battagl ia ordinàr con gran sapere .

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CANTO QU INTO 1 65

40

A l lago che di Sopra io ricordai ,ch ’ or l impido e bri llando al ch iaro giorno

spargea del sol meridiano i rai ,appoggiàr del le squadre i l destro corno ,

l ’ altro al poggio che innanzi anco narrai

alto ed eretto, e quanti erano intorno

lochi angusti e boscosi ed eminent i

tutti fero occupar da l le lor genti .

41

Già per mezzo all’

instab il polverio

si discernea de’ granchi i l popol duro ,

che quetam ente e senza romorio

nella sua gravità venia sicuro .

A lzi qui la materia i l canto mio ,

e chiaro i l renda se fu prima oscuro ;qui volentieri invocherei l a musa ,

se non che l’

invocarla or più non s ’usa .

42

Eran le due falangi a fronte a fronte

gra dispiegate ed a pugnar vicine ,quando da tutto i l pian , da tutto i l monte

dièrsi a fuggir le genti soricine ;come non so , ma né ruscel né fonte ,

balza né selva al corso lor die ’ fine .

Fuggirian credo ancor, se i fuggitivi

tanto tempo i l fuggir serbasse vivi .

43

Fuggiro al par del vento,al par del lampo

fin dove narra la mia storia appresso .

Solo di tutti in sul deserto campo

Rubatocch i restò come cipresso

dir itto , immoto , di cercar suo scampo

non estimando a cittadin concesso

dopo l ’atto de ’ suoi , dopo lo scorno ,

di che principio ai topi era quel giorno .

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1 66 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

44‘

In l ui rivolta l a nemica gente

senti del braccio suo l’

erculea possa .

A salvarla da quel non fu possente

la crosta ancor che dura , ancor che grossa .

Spez z avala cadendo ogni fendente

di quel la spada , e scricchiolar fea l ’ossa

e troncava le branche , e di m al viva

e di gelida turba i l suol copriva .

45

Cos i , pugnando sol contro infiniti ,

durò finché i l veder non venne manco .

Poi che i l sol fu disceso ad altri l iti ,

sentendo i l mortal corpo afflitto e stanco ,

e di punte acerb issim e feriti

e laceri in più part i i l petto e i l fianco ;lo scudo , ove una se lva orrida e fitta

d ’aste e d ’ armi diverse era confitta ,

46

regger più non potendo , ove pll1 folti

gl’inim ici sentia , scagliò lontano .

Storpiati e pesti ne restaron molti ,

altri schiacciati insucidàro i l piano .

Poscia , gli estremi spiriti raccolti ,pugnando mai non riposò la mano ,

finché densato della notte i l velo

cadde,ma il suo cader

'

non vide i l ciclo .

47

B el la virtù , qualor di te s’

avvede ,

come per lie to avvenimento esulta

lo spirto mio ; né da sprez z ar ti crede

se in topi anche sii tu nutrita e culta ;

al la bel lezza tua ch’ogni altra eccede

o nota e chiara , o t i ritrovi occulta ,

sempre s i prostra : e non pur vera e salda ,

ma im aginata ancor , di te s i scalda .

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CANTO SESTO

1

Mèta a l fuggir , le inviolate sch iere

di Topaia ingombrar le quattro porte ;non che ferir , potute anco vedere

non ben le avea dei granchi i l popol forte .

Cesar che vide e vinse , al mio parere ,men form idab il fu di B rancaforte ,

al qual senza veder fu co’

suoi fanti

agevole i l fugar tre volte tanti .

2

Tornata l ’oste a ’ babbi intera e sana,

se a qualcuno il fuggir non fu mortale,

ch iuse le porte fur del la lor tana

con dil igenza al la paura eguale .

E per entrarvi l ungamente vana

stata ogni opra saria d ’ ogni animale,

si che molti anni in questo avria consunto

B rancaforte che là tosto fu giunto ;

3

se non era che quei che , per nefando

inganno , del castel lo eran signori ,e ch

or più faci al vento sol levando

sedean l assù nel l ’alto esploratori » ,visto i l popolo attorno ir trepidando

e dentro ri tornar quel l i di fuori,

indovinàr quel ch ’ era , e fatti arditi

i serrai sforz àr ma! custoditi .

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1 70 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

4

E con sangue e terror corsa la terra

aprir le porte alla compagna gente,

che , qual tigre dal carcer s i disserra

o da ramo si scaglia atro serpente,

precipitaron dentro , e senza guerra

tutto i l l oco ebb er pieno immantinente .

I l rubare , i l guastar d’ una nemica

vincitrice canagl ia , i l cor vel dica .

5

Più giorni a mi litar forma d ’im pero

l’

acquistata città fu sottoposta ,B rancaforte imperando , anzi , nel vero ,

quel ranocch in ch ’egl i avea seco a posta ,

a ciò che l’

alfab etico m istero

gl i rivelasse in parte i di di posta,

e sempre che bisogno era del l’arte

d ’ intendere o parlar per via di carte .

6

Tosto ogni atto , ogn indizio , insegna o motto

di mista monarchia fu sparso al vento ,

raso , abbattuto , trasformato o rotto .

Ch i S tatuto nomava e Parlamento

in carcere dai lanzi era condotto ,

che ,del parlar de ’ topi un solo accento

più là non intendendo , in tal famiglia

di parole eran dott i a maraviglia .

7

Leccafondi, che noto era per vero

amor di patria e del civi l progresso ,

non sol privato fu del ministero

e del poter che i l re gli avea concesso ,

ma dal la corte e dai maneggi intero

bando sostenne , per voler espresso

di Senz acapo , e i giorni e le stagioni

a passar cominciò fra gl i spion i .

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1 7 2 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Lascio molti e molt i altri ordinamentidel saggio nunz io , .

e sol dirò che segno

del la bontà de ’ suoi provvedimenti

fu l’

industria languir per tutto i l regno ,

crescer le usure , im poverir le genti ,

nascondersi dal sol qual unque ingegno ;sciocchi o ribaldi conosciuti e ch iari

cercar solo e trattar civil i afl’

ari ;

1 3

i l popolo avvi l ito e pien di spie

di costumi ogni di farsi peggiore ,ricorrere agl

’inganni, al le bugie ,

sfrontato divenendo e traditore ;mal sicure da ’ ladri esser le vie

per tutta l a città non che di fuore ;

l ’or fuggendo e la fede , entrar le l iti ,ed ir grass i i forensi ed infiniti .

14

Subito poi che l’orator fu giunto

cui de" topi i l governo era commesso

dal re de ’ granch i , a B rancaforte ingiunto

fu d i partir co’ suoi . Ma dal lo stesso

cresciuto insino a centomila appunto

fu lo stuolo in castel male intromesso

i l resto a trionfar di topi e rane

tornò con B rancaforte a l le sue tane .

1 5

A l lor nacque fra ’ t0pi una fol l iadegna di riso più che di pietade ;una setta che andava e che venia

congiurando a grand’agio per le strade ,

ragionando con forza e leggiadria

d ’amor patrio , d’onor , di l ibertade ,

fermo ciascun , se s i venisse a l l ’atto ,.di fuggir come dianz i avevan fatto ,

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CANTO SESTO 1 73

16

e‘

certo , quanto a sé , che pur col dito

lanzi ei non toccheria né col la coda ,

pure a futuri eccidi amaro invito

o ricevere o dar con faccia soda

massime al l ’ età verde era gradito ,

perché di congiurar correa la moda ,

e disegnar pericol i e sconquasso

del la città serviva lor di spasso .

17

I l pelame del muso e le basette

nutrian folte e prol isse oltre misura,

sperando , perché il pelo ardir promette,

d ’ avere , almeno ai t0pi , a far paura .

Pensosi in sui caffe'

, con le gazzette

fra man , parlando del l a lor congiura ,

m ostraronsi ogni giorno , e poi le sere

cantando arie sospette ivano a sch iere .

1 8

A l tutto si f idea Cam m inatorto

di si fatte commedie , e volentieri

ai topi perm ettea questo conforto ,che con saputa sua , senza misteri ,lui decretando or preso or esser morto

,

gl i congiurasser contro i lustri interi

ma non sostenne poi che capo e fonte

di queste trame divenisse il conte .

19

A l quale i giovinastri andando in frotte

offrian sè per l a patria a morir presti ;e disgombro giammai né di né notte

non era i l tetto suo d ’

alcun di questi .

Egl i , perché le genti , ancorché dotte

e sagge e d ’ opre e di voleri onesti ,di comandare a l tru i sempre son vaghe

,

e più se in tempo alcun di ciò fur paghe ,

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1 74 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

anche dal patrio nome e da quel vero

amor sospinto oud ’ ei fu sempre specch io,

inducevasi a dar , se non intero

il sentimento , a lmen grato l’orecch io

al dolce suon che lui nel ministero,

e che la patria ritornar nel vecchio

onore e grado si venia vantando ,

e con l a speme il cor so l leticando .

2 1

L’

am basciador , quantunque del le pie

vog l ie del conte ancor poco temesse ,

pur com ’era m estier che molte spie

cOn buone paghe intorno gl i tenesse ,l'ivolger quei danari ad a ltre vie

e tors i quella noia un giorno elesse ;

e genti lmente e in forma di consig l io

costrinse i l conte a girsene in es igl io .

Peregrin per la terra i l ch iaro topo

v ide‘

p0poli assai , Stati e costumi ;

a quante bestie narrò poscia Esopo

si condusse varcando or mari or fiumi ,

con gli occh i intenti sempre ad uno scopo ,

d’

augum entar , come si dice , i l umi

al le sue genti , e , se gl i fosse dato ,

trovar soccorso al lor dolente stato .

23

Com’esule e com ’ un ch ’era discaro

al re granchio , al baron Cam m inatorto ,

e ch’

alfab eto e popolo avea caro ,molte corti i l guardar con occh io torto .

Più d ’un altro con lui fu meno avaro ;

più d ’ un ministro e re largo conforto

gli porse di promesse ; ed ei contento

i l cammin proseguia con questo vento .

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1 76 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

28

Cani , pecore e buoi che sparsi al piano

o su pe’ monti si trovar di fuore ,

dalle correnti sùbité lontano

ruzzolando fùr tratti a gran furore

insino ai fiumi , insino all’

oceàno ,

orbo lasciando i l povero pastore .

Fortuna e delle membra i l picciol pondo

scam pàro i l conte dal rotare al fondo .

29

Già ristato era i l nembo , ed al le oscure

nubi affacciarsi or l ’ una or l ’ altra stel l a

quas i timide ancora e mal sicure

ed umide parean da l la proce l la .

Ma sommerse le va l l i e le pianure

erano In torno , e come navicel la

vòta fra l ’onde senza alcuna via

il topo or qua or là notando gia ;

30

e in suo cor sottentrata al lo spavento

era l ’angoscia del presente stato .

Senza de ’ lochi aver conoscimento ,

solo e già stanco , e tutto era bagnato .

Messo s ’era da borea un picciol vento

freddo , di punte e di colte l la armato ,

che dovunque , spirando , i l percotea ,

pugnere al vivo e cincischiar parea ;

3 1

si che se” alcun forame o se alcun tetto

non ritrovasse a fuggir l’acqua e i l gelo ,

e la notte passar senza ricetto

dovesse , che salita a mezzo il cielo

non era ancor , sentiva egli in effetto

che innanzi l ’alba lascerebbe i l pelo .

C iò pensando , e mutando ognor cammino ,

vide mol to di lungi un lumicino ,

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CANTO SESTO 1 7 7

che tra le siepi e gl i arbori stil lanti

or gl i appariva ed or parea fuggito

ma s’

accorse egli ben , passando avant i ,

che immobi le era quel lo e stabil ito ,

e di propor quel segno ai passi erranti ,

o piuttosto al notar , prese partito

e cosi , fatto più d’ un miglio a guazzo ,

si ritrovò dinanzi ad un palazzo .

33

Grande era questo e bel lo a dism isura,

con l ogge intorno intorno e con veroni ,

davanti al qual s ’ udian per l ’ aria oscu ra

piover due fonti con perenni suoni .

V ide i l topo la mole e l a figura

questa aver che dell ’ uomo han le magioni

dal lume i l qual d ’ una finestra uscia ,

ch’

ab itata el la fosse anco apparia .

34

Però di fuor con cura e con fatica

cercolla i l topo stanco in ogni canto ,

per veder di trovar nova od antica

fessura ov ’ ei posar potesse alquanto ,

non molto essendo alla sua specie amica

la nostra insin dall a stagion ch ’ io canto ;

m a per molto adoprarsi , una fessura

né un buco non trovò per quel le mura .

35

Strano questo vi par , ma certo i l fato

intento i l conducea là dove udrete .

Che vedendos i omai la morte a l lato ,

che i l Cesari ch iamò mandar pel prete

e sentendosi°

il conte esser dannato

d ’ogni male a morir fuor che di sete

se fuor durasse , di cangiar periglio ,

d’osare e di picchiar prese consigl io .

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1 78 I I - PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

36

E tratto all’

uscio e tolto un sassolino ,

dievvi de ’ colpi a suo poter più d ’ uno .

Subito da un balcon fe ’ capol ino

un uom guardando , ma non vide alcuno

troppo quel che picch iava era piccino ,

né faci l da veder per l ’aer bruno .

R isospinse le imposte , e poco stanteecco tenue picchiar siccome avante .

37

Qui trasse fuori una lucerna accesa

l’

ab itator del solitario ostel lo ,

e sporse i l capo , e con la vista intesa

mirando inverso l’uscio , innanzi a quel lo

vide i l topo che pur con l a distesa

zampa facea del sassolin martel lo .

Crederete che fuor mettesse i l gatto ;m a disceso ad aprir fu quegl i a un tratto .

38

E i l pel legrin con modo assai cortese

introdusse in dorat i appartamenti ,

parlando della specie e del paese

dei topi i veri e naturali accenti ;

e vedu tol cos i male in arnese ,

e dal freddo di fuor battere i denti ,

ad un bagno il m enò dove lavollo

dal la mota egl i stesso e riscaldollo .

39

Fatto questo , di noci e fichi secchi

un pasto gli arrecò di regal sorte ,

formaggio parm egian , ma di quei vecchi ,

fette di lardo e confetture e torte ,

tutto di tal sapor , che paglia°

e stecch i

parve al conte ogni pasto àvuto in corte .

Cenato ch’

ebb e , i l dim andò del nome ,e quivi donde capitasse

,e come .

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1 80 11 - PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

44

pensato avrebbe al caso intentamente

per trovar , se potea.,qualche partito .

Già l ’ aer s’

im b iancava in oriente ,

e di più stel le i l raggio era sparito ,

e i l seren , puro tutto e tralucente ,

prom ettea ch’un bel di fora seguito

quas i sgombro dell’acque era i l terreno ,

e i l soffi o boreal venuto meno .

45

L ’ospite ad un veron condusse il conte ,

mostrando i l tempo placido e tranquil lo .

Sola i silenzi l ’una e l ’altra fonte

rompea da presso , e da lontano i l gri l lo .

Qualche raro balen di sopra i l monte

i l nembo rammentava a ch i sortillo ;

poscia a un letto i l guidò ben preparato ,e da lui per al lor prese commiato .

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CANTO SETTIMO

D’aggiunger mi scorda i nel l

’altro canto

che i l topo ancor l’ incognito rich iese

del nome e del lo stato , e come tanto

fosse ad un topo pellegrin cortese ,e da che l ibri ovver per quale incanto

le soricine voci avesse apprese .

Parte l ’ altro gl i disse , e i l rimanente

voler dir più con agio i l di seguente .

2

Dedalo egli ebbe nome , e fu per l ’arte

simile a quel che fece i l laberinto .

Che i l medesimo fosse , antiche carte

m ostran la fama aver narrato o finto .

Se la ragion de ’ tempi in due l i parte ,non vo ’

d’

anacronism o esser convinto

Gl i anni non so di Creta o di M inosse ;i l N iebuhr l i diria , se vivo fosse .

3

Antich iss ima , come è manifesto

fu del nostro l ’ età . Però dichiaro ,

lettori e leggitrici , anzi protesto ,

che i l Dedalo per fama oggi si chiaro ,

forse e probabilmente non fu questo

del quale a ragionarvi io mi preparo ,ma più moderno io non saprei dir quanto

ed in via senza più torna i l mio canto .

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1 82 I I -PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

4

Quel Dedalo che al topo albergo diede

fu di ricca e genti l condizione ,

da quei che i l generar l asciato erede ;e noiato , non so per qual ragione ,degl i uomini , che pur , ch i dritto vede ,in general son ottime persone ,

ridotto s ’era sol itario in vil la

a condur vita l ibera e tranqui l la .

5

Questi adunque,poiché più di quattr

’ore

alto i l sole ebbe visto,al pel legrino

che da l l ’a lba dormia con gran sapore ,

recò che molto innanzi era i l mattino

e levato i l condusse ove in colore

vario splendea tra l ’ oro i l marrocchino ;

nel lo studio cioè , che intorno intorno

era di l ibri preziosi adorno .

6

Ivi gl i fe ’ veder molti volumi

d’

autori topi antich i e di recenti

I delir i del gran Fiutaprofum i,

L a trappola ,tragedia in atti venti ;

Topaia innanz i l’

uso de’

salum i,

gli A tti del l ’accademia de ’ Dormienti ,L

am ico de’fam elici , ed un cantico

per nascita reale in foglio atlantico .

7

La grammatica inoltre e i l dizionariom ostrògli del la topica favella ,e più d ’ un altro l ibro necessario

a drittamente esercitars i in quella ,che con l ’ uso de ’ verbi alquanto vario ,

al le l ingue schiavone era sorel la .

Indi , fattol sedere , anch’

ei s’

assise ,

ed in un lungo ragionar si mise .

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1 84 1 1 - PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Perché dicea ch iunque gli occh i al sole

ch iudere , o rinnegar la coscienza ,

ed a se stesso in sè mentir non vuole ,certo esser dee che da l la intel l igenza

de’ bruti a quel l a del l ’umana prole

è qual da meno a più la differenza ,non di genere tal , che se rigetta

la materia un di lor , l’ altro l’am m etta .

13

Che certo , s’

estim ar materia frale

dal la retta ragion mi s i consente

l ’ io del topo , del can , d’ al tro mortale ,

chè senta e pens i manifestamente ,

perché non possa i l nostro esser cotale

non veggo : e se non pensa inver né sente

il topo o i l can , di dub itar concesso

m ’ è del sentire e del pensar mio stesso .

1 4

Cosi dicea . Ma che l ’ uman cervello

ciò che d’ aver per fermo ha stabilito

creda talmente che dal creder quello

nol rimuova ragion,forza o partito ,

due cose , parmi , che acc0ppiare è bel lo ,

mostram quant’

altra mai quasi scolpito

l ’ una , che poi che senza dubbio alcuno

di Copernico i l dogma approva ognuno ,

1 5

non però fermi e persuasi manco

sono i p0p01i tutt i e son le scole ,

che l ’uomo , insomma , senza ugua l i al fianco

segga signor del la creata mole ,né con modo men lepido o men franco

si ripetono ancor le antiche fole ,

che fan dell’ esser nostro e de ’ costumi

per nostro amor partecipare i numi ;

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CANTO SETT IMO 1 85

1 6

l ’ altra , che quei che del l ’umana mente

l’

arcana essenza a ricercar procede ,

l a question delle bestie interamente

lasciar da banda per lo più s i vede ,

quas i a l iena al la sua , con impudente

dissimulazione e mala fede ,e conch iuder la sua per modo tale

ch’

all’

altra assurdo sia , nul la gli ca le .

1 7

Ma lasciam gli altri a cui per dritto senso

i topi anche moderni io pongo avanti .

A Dedalo torniamo ed al l ’ intenso

des io che i l mosse a ricercar per quanti

cl imi ha la terra e l’

oceàno immenso ,

come fer poscia i cavalieri erranti

del le amate lor donne , in qual dimora

le bestie morte fosser vive ancora .

1 8

Trovollo alfio veracemente , e molte

vide con gl i occhi propri alme di bruti

ignude , io dico da quei corpi sciolte

che quassù per velami aveano avuti ,

se bene in quell i ancor pareano jnvolte ;come

,

' non saprei dir , ma ch i veduti

spiri ti ed alme ignude ha di presenza,

sa che sempre di corpi hanno apparenza .

1 9

Dunque menarlo all’

im m ortal soggiorno

de ’ t0pi estinti offerse al peregrino

Dedalo , acciò che consul tar l i intorno

a Topaia potesse ed al destino

perché sappiam che , chius i gl i occhi al giorno ,

diventa ogni mortal quas i indovino ,

e , qual che fosse pria , dotto e p rudente

si rende si che avanza ogni vivente .

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1 86 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

Strana questa in principio e fèra impresa

al conte e piena di terror parea .

Non avean fatta Simile discesaOrfeo , Teseo , l a Psiche , Ercole , Enea ,

che vantàr poscia , e forse l’ arte appresa

da topi o ta lpe alcun di loro avea .

Dedalo l’am m oni che denno i forti

poco temere i vivi e nul la i morti .

E inanimito ed al l ’ impresa indotto

avendo ! ” facilmente , e confortato

d’

alcun de ’ cibi di che i l topo è ghiotto

d’

alucce arm ògli l’uno e l ’altro lato .

Più non so dir, l’istoria non fa motto

di quel lo onde l ’ordigno era formato ,

non degl’

ingegn i e non dell’

artifi z io

per la virtù del qual facea l’

uflì z io .

Palesemente dimostrò l ’effettoche queste d

’a l i inusitate some

di quell’

altre non ebbero il difetto

ond ’ Icaro volando al mar die ’ nome ;di quel le

, sia per incidenza detto ,

che venner men dal caldo io nori so come

poiché nel l ’a l ta region del cielo

non suole i l caldo soverchiar , ma i l gelo .

23

Dedalo,io dico i l nostro , ale si pose

accomodate al la statura umana

dub itar non convien di queste cose

comeche sien di specie alquanto strana .

Udiam fra molte che l ’età nascose

la macchina vantar , del padre Ranae i l globo aereostatico ottien fede ,

non per udir , ma perocche si vede .

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1 88 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

La torre di B abel di sterminataombra stampava la deserta landa ;

e la terra prem ean dall’

acque nata

le piramidi in questa e in quel la banda .

Poco I tal ia a quel tempo era abitata ,I tal ia che al finir dell’am m iranda

antichità per anni ultima viene ,

e primi per virtù gl i onori ottiene .

29

Sparsa era tutta di vulcani ardenti,

e incenerita in questo lato e in quel lo .

Fum avan g l i Appennini al lor frequenti

come or fuman Vesuvio e Mongibel lo ;e di l iquide pietre ignei torrenti

al mar tosco ed all’Adria eran flagel lo ;

fumavam l’

Alpi, e la nevosa sch iena

solcavan fiamme ed infocata arena .

30

Non era ai due volanti'

peregrini

possib ile driz z ar tant’alto i vanni ,

che non ceneri pur ma sassolini

non percotesser lor le membra e i panni ;tal i in sembianza di smodati pini

sorgean diluvi inver gli eterni scanni

da eccelsissim i gioghi , alto d’ intorno

a terra e mare intenebrando i l giorno .

3 1

Tonare i monti e rintronar s’

udiva

or l’ illirica spiaggia ed or l a sarda ;né già , come a l presente , era festiva

la veneta pianura e la lombarda ;né tant i laghi al lor , né con sua riva

i l Lario l’ab bellia né quel di Garda :nuda era e senza amenità nessuna ,

e per lave indurate orrida e bruna .

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CANTO SETTIMO 1 89

Sovra i coll i ove Roma oggi dimorasol itario pascea qualche destriero ,

errando al sol tersissim o , che indora

quel loco al mondo sopra tutt i a l tero .

Non conduceva ancor l’ardita prora

per le fauci scillee smorto nocchiero ,

che di Calabria per terrestre via

nel suol trinacrio i l passegger venia .

33

Dal l ’altra parte aggiunto al gaditano

era i l l ido ove poi Cartago nacque ;

e già si discoprian di mano in mano

fenicii legni qua e là per l’acque .

Anche apparia di fuor sull’

oceàno

quell a che poi sommersa entro vi giacque ,Atlantide ch iamata , immensa terra ,

di cui leggera fama or parla ed erra .

34

Per lei piu facil varco aveasi al lora

ai l idi là di quel l ’altro emisfero

che per l’artiche nevi e per l ’ aurora

polar che avvampa in ciel ma ligno e nero ,

né di perigl i pien cosi com ’ora ,dritto fendendo l’oceàno intero .

D i le i fra gl i altri ragionò Platone ,e i l viaggio del topo è testimone .

35

Per ogni dove andar bestie giganti

o posar si vedean sul la verdura,

maggiori assai degl’

indici elefanti

e di qual bestia enorme è di statura .

Parean dal l ’ a l to col linette errant i

o sorgenti di mezzo alla pianura .

D i si fatti animai son le semente,

come sapete , da gran tempo spente .

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1 90 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

36

Rel iquie lor , le scòle ed i musei

soglion l ’ossa serb ar dissotterate .

Riconosciuta ancor da ’ nostri augei

l ’ umile roccia fu che l a cittate

c0pria de’ t0pi , e quattro volte e sei

l’

esule volator pien di pietate

la rim irò dal l ’ alto , e sospirando

si volse indietro e si lagnò del bando .

37

Alfin dopo volare e veder tanto

che con l ingua seguir non si potria ,

scopri l a coppia della qua le io canto

un mar che senza termini apparia .

Forse fu quel cui del l a pace il vanto

alcun che poi solcollo attribuia ,

detto da molti ancor meridiano,

sopra tutti latissim o oceano .

38

Nel mezzo della lucida pianura

videro un segno d ’una macchia bruna ,qu

al pare a riguardar , ma meno oscura ,questa o quell

om b ra i n sull’

argentea luna .

E là drizzando i l vol nel l ’aria pura

che percotea del mar l’ ampia laguna ,

videro immota, e come dir confi tta

una nebbia stagnar putrida e fitta .

39

Qual di passeri un gruppo o di pern101

che s’

atterri a beccar su qualche vil la

pare al pastor , che su per le pendici

pasce le capre al sol quando più bril la ,

cotal dal l’alto ai due volanti amici

parve quella ch’

eterna ivi disti l la

nebbia , anzi notte , nel la quale involta

un ’ isola , o piuttosto era sepolta .

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1 92 I I PARALI POMEN I DELLA BATRACOM IOMACH IA

44

Girava i l monte più di cento miglia ,

e per tutto i l suo giro , alle radici ,eran bocche diverse a maravigl ia

di grandezza tra lor , ma non d’uffici .

Degli estinti animal i ogni famigl ia ,

da l le balene ai picciol i lom b rici,

alle pu lci , agl’

insetti, onde ogni umore

han pieno altri animai dentro e di fuore ,

45

microscopici o in tutto anche nascosti

a l l ’occh io uman quanto si voglia armato ,

ha quivi l a sua bocca . E son disposti

quei fori si , che dei maggiori al lato

i minori per ordine son posti .

De l la maggior balena e smisurato

è i l primo , e digradando a mano a mano ,

l ’occhio s’aguz z a in sugl i estremi invano .

46

Porte son questi d ’altrettanti inferni ,

che ad altrettanti generi di bruti

son ricetti durabil i ed eterni

del l ’ anime che i corpi hanno perduti .

Qu ivi però da tutti i l idi esterni

venian radendo l ’aria intenti e muti

spirti d ’ogni mani era , e quel la bocca

prendea ciascun ch ’al la sua specie tocca .

47

Cervi , bufali , scimmie , orsi e caval l i ,

ostriche,seppie , muggini ed ombrine ,

oche , struzzi , pavoni e pappagal li ,vipere e bacherozzi e chiocciol ine ,forme affolla te per gl i aerei cal l i

em piean del tetro loco ogni confine ,

volando , perché i l volo anche è v ir tude

propria dell’alnie di lor membra ignude .

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CANTO SETT IMO 1 93

48

B en quivi discernean Dedalo e i l conte

queste forme che al sol non avean viste ,

bench’

alle spa l le , ai fianch i ed alla fronte

sempre al lor volo assai ne fur commiste ,

che d ’ogni val le , o poggio , o selva , o fonte ,

van per l ’alto ad ogn i ora anime triste ,

verso quel loco che l ’eterna sorte

lor seggio destinò dopo la morte .

49

Ma come solamente all’

aure oscure

del suo fuoco la lucciola si tinge ,e spariscono al sol quel le figure

che la lanterna magica dip inge ,

cosi le menti assottigliate e pure

di quel vel che vivendo le costringe

sparir naturalmente al troppo lume ,

né parer che ne l l ’ombra han per costume .

50

E di qui forse avvien che le sepolte

genti di notte com parir son use ,

e che dal giorno , fuor che rade volte ,soglion le visioni essere escluse .

Vuole alcun che le umane alme disciol te

in un di questi inferni anco sian ch iuse ,

posto là come gli altri i n quel la sede

che la grandezza in ordine rich iede .

5 1

E che Virgilio e tutti quei che d1e10

all’

um an seme un erebo in disparte

favoleggiasser seguitando Omero

e lo stil proprio de ’ poeti e l ’ arte ,essendo del mortal genere in vero

più feconda che l ’ uom la maggior parte .

Io di questo per m e non mi frammetto :

però l’ istoria a seguitar m’

affretto .

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1 96 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

4

Maggiori infern i e della sua statura

ben visitati avea l ’ uom forte e saggio ,

e vedutili, fuor nel la misura ,

conformi esser fra lor , di quel viaggio

predetta aveva al topo ogni avventura

ch ’ or gl i ridisse , e fecegli coraggio ,

e m essol dentro al sempiterno orrore ,

ad aspettarlo si fermò di fuore .

5

Io vid i in Roma sul le l iete sceneche i l nome appresso i l volgo han di Fiano ,in una grotta ove sonar catene

s ’ ode e un lamento pauroso è strano ,

discender Cassandrin dal le serene

aure per forza con un lume in mano ,

che , con tremole note in senso audace

parlando , spegne per tremar la face .

6

Poco altrimenti all’ infernal discesa

posesi di TOpaia i l caval iere ,

salvo che non avea lucerna accesa ,ch ’ai t0pi per veder non è mestiere

né minacciando già , che in quella impresa

vedeva il minacciar nulla valere ;

e pur volendo , credo che a gran pena

bastata a questo gl i saria la lena .

7

Tacito discendeva in compagnia

di molte larve i sotterranei fondi .

Senza precipitar , quivi la via

mena ai più ciechi abiss i e pm profondi ;

can Cerbero latrar non vi s ’udia ,

sferze fischiar né retti l i iracondi .

Non s i vedevan barche e non paludi ,

ne'

spiriti aspettar su l ’ erba ignudi .

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CANTO OTTAVO 1 97

8

Senza custode a lcuno era l ’entrata

ed aperta l a via perpetuamente ,

che da persone vive esser tentata

la non può mai che malagevolmente ,

e per l’ uso de ’ morti apparecch iata

fu dal principio suo naturalmente ,

onde non è ragion farvisi altrui

ostacolo a calar ne ’ regni bui .

9

E dell’uscir di là nessun des io

provano i morti , se ben hanno i l come ;

che , spiccato che fu de ’ topi l ’ io ,

non si rappicca al le corporee some ,e ritornando dall’eterno oblio

sanno ben che rizzar farian le ch iome ;

e fuggiti da ognuno , e maledetti

sarian per giunta da’ parenti stretti .

10

Premi né pene non trovò nel regno

de’ morti i l conte , ovver di ciò non dànno

le sue storie antich issime alcun segno .

E maraviglia in questo a . m e non fanno ;

ché i mort i aver quel ch ’al la vita è degno ,piacere eterno , ovvero eterno affanno ,

tacque , anzi mai non seppe a dire i l vero ,

non che i l prisco Israele , i l dotto Omero .

1 1

Sapete che se in lui fu l ungamente

creduta ritrovar questa dottrina ,

avvenne ciò perché l ’ umana mente

quei dogmi ond ’el la s i nutri bambina

veri non crede sol,ma d ’ogni gente

natii , quantunque antica 0 pel legrina .

D ianzi in Omero errar di ciò la fama

scoprimmo : ed imparar questo si ch iama .

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1 98 11 PARALIPOMEN I DELLA BATRACOM IOMACH IA

Né mai selvaggio alcun di premi o pene

destinate agl i spent i ebbe sentore ,né già dopo i l morir de l le terrene

membra l ’a lme crede viver di fuore,

ma palpitare ancor le fredde vene,

e insomma non morir colui che m òre ,

perch’

un rozzo del tutto e quasi infante

la morte a concepir non è bastante .

1 3

Però questa caduca e corporale

vita , non altra , e i l breve uman viaggio ,

in modi e l uogh i incogniti immortale

dopo il fato durar crede i l selvaggio ,

e lo stato i sepolti anco aver tale

qual ebber quei di sopra al lor passaggio ,tal i i bisogni , e non in parte alcuna

gl i esercizi mutati o la fortuna .

14

Oud ’ ei sotterra con l’

esangue spoglia

ripon cibi e ricchezze e vestimenti ,

chiude le donne e i servi , acciò non toglia

i l sepolcro al defunto i suoi content i ;

cani , frecce ed arnes i a quals ivoglia

arte ch ’egl i adoprasse appartenenti ,

massime se i l destin gli avea prescritto

che con la man si procacciasse i l vitto .

1 5

E questo è quel lo universal consenso

che in testim on del la futura vita

con eloquenza e con sapere immenso

da dottori gravissimi si cita ;

d ’ogni popol più rozzo e più milenso ,

d ’ ogni mente infingarda e inerudita

il non poter nell’

orba fantasia

la morte imaginar che cosa sia .

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200 I I - PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

20

Poscia che , dal terror con gran fatica

a poco a poco ritornato , i l conte

OSO fu di mirar la Sch iera antica

negl i occh i mezzo ch iusi e nel la fronte,

cercando se fra lor persona amica

riconoscesse alle fattezze cònte ,

gran tempo andò con le pupil le errando

di cotanti nessun rafligurando .

2 1

S i mutato d ’

ognuno era i l sembiante ,

e s i tra lor conformi apparian tutti ,

che a gran pena gl i venne in sul davante

riconosciuto infin Mangiaprosciutti ,

Rubatocchi e poche altre anime sante

di cari amici suoi testé distrutt i

a cui principalmente il sermon vòlto ,

narrò perché a cercarli avesse tolto .

2 2

Ma gl i convenne incominciar dal primo

assalto che dai granch i ebbero i suoi ,

novo agli scesi anzi quel tempo all’

im o

essendo quel che occorso era da poi .

B en ciascun giorno dal terrestre l imo

discendon topi al mondo degl i eroi ,

ma non fan motto , ché alla gente morta

questa vita di qua niente importa .

23

Narrato ch’

ebbe alla distesa i l tutto ,

l a tregua , i l nuovo prence e lo Statuto ,

i l brutto inganno de ’ nemici , e i l brutto

galoppar dell’esercito barbuto ,

addim andò se la vergogna e i l lutto

ove i l popol de ’

t0pi°

era caduto

sgombro sarebbe per la man de ’ molti

col legati da l u i testé raccolti .

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CANTO OTTAVO 20 1

24

Non è l’estinto un animal risivo ,

anzi negata gl i è per legge eterna

la virtù per la quale è dato al vivo ,

che una sciocchezza insolita discerna ,

sfogar con un sonoro e convulsivo

atto un pruri to del la parte interna .

Però , del conte la dimanda udita ,

non risero i passati al l ’altra vita .

25

Ma primamente a lor su per l a notte

perpetua si diffuse un suon giocondo ,

che di secolo in secolo al le grotte

più remoto pervenne ins ino al fondo .

I destini tremar non forse rotte

fosser le leggi imposte al l ’altro mondo ,

e non potente l’accigliato E l iso ,

udito il conte , a ritenere i l riso .

26

I l conte , ancor che l a paura avesse

de’ suoi pensieri i l principal governo ,

visto poco mancar che non ridesse

di sè l’ antico tenipo ed i l moderno ,

e tutto per tener le non concesse

risa sudando travagliar l’ inferno ,

arrossito saria , se col rossore

mostrasse i l topo i l vergognar di fuore .

27

E confuso e di cor tutto smarrito ,

con voce il più che si poteva umile ,

e in atto ancor dimesso e sbigottito ,

mutando al dim andar figura e stile ,

interrogò gli Spi1 t i a qual partitoappigliar s i dovesse un cor genti le ,per far dell’ ignom inia ov

’era invo l ta

l a s ua stirpe de ’ topi andar disciolta .

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202 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

28

Come un l iuto rugginoso e duro ,

che s ia molt i anni già muto rimaso ,

risponde con un suon fioco ed oscuro‘

a chi lo tenti o lo percota a caso ,

ta! con un profl'

erir torbo ed impuro

che fean mezzo le labbra e mezzo il naso ,

rompendo del tacer l ’abito antico ,

risposer l’ombre a que l del mondo aprico .

29

E gli ordinar che , riveduto i l sole ,di penetrar fra ’ suoi trovasse via ;che poi ch ’

entrar del la terrestre mole

potea nel cupo , anche colà potria ;

ivi in pensieri , in opre ed in parole

seguisse quel che m òstro gl i saria

per lavar di sua gente i l disonore

dal general d i nome Assaggiatore .

30

Era questi un guerrier canuto e prode ,che , per senno e virtù pregiato e culto ,

d ’un vano perigliar l a vana lode

fuggia , vivendo a più potere occulto ;

trattar le ciance come cose sode

a gente di cervel non bene adulto

lasciando,e sotto non superbo tetto

schifando del servaggio i l grave aspetto .

3 1

Infermo egli a giacer s ’ era trovato

quando il granchio alle spa l le ebbero i suoi ,

ed , a congiure sceniche invitato ,

chiusi sempre gli orecch i avea di poi ,onde cattivo cittadin chiamato

era talor dai fuggitivi eroi ;ed ei tranquil lo in sua virtù , l a poco

saggia natura altrui prendeva in gioco .

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204 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM I OMACH IA

36

Valiche l’

acque , valicàr gran tratto

di terra ferma ed altro mar di poi ,

e cosi come prima avevan fatto

la parte rivarcàr che ab itiam noi .

Già di riscontro a lor nasceva , e ratto

si spandeva i l mattin sui monti coi,quando là di Topaia accanto al sasso

ch inar Dedalo e i l conte i vanni al basso .

37

Quivi non visti , rintegràr le dome

forze con bacche e con si lvestri gh iande ;

poscia Dedalo , avuta io non so come

una pel le di granch io in quel le bande ,

l ’altro copri delle nemiche some ,

tal che parve di poi , tra le nefande

bestie , un granch io più ver che appresso i franchi

non paion del le donne i pett i e i fianch i .

38

Alfln , del conte al le onorate imprese

fausto evento pregando e fortunato ,

l ’ospite e duce e consiglier cortese ,partendosi , da lui prese commiato .

P iangeva i l topo , e con le braccia stese ,

cor gl i giurava eternamente grato .

Quei l ’abbraccio come poteva , e solo

poi verso i l nido suo riprese i l volo .

39

L’

esule a rientrar nel la dolente

città non fe ’ dimora , e poi che l’ebb e

con gl i occhi intorno affettuosamente

ricorsa , e con gl i orecch i avido beb b e

le patrie voci , a quel che alla sua gente

udito avea che l ume esser potrebbe ,

senza punto indugiars i andò diritto ,

dico al guerrier di cui più sopra è scritto .

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CANTO OTTAVO 205

40

A conoscer s i diede , e qual desire

i l movesse a venir fece palese .

Quegli onorollo assai , ma nul la udire

vol le di trarne o di civil i imprese .

Cercollo i l conte , orando , ammorbidire ;

ma tacque i l volo e l’

infernal paese ,

perché teme da quel guerrier canuto

per vis ionario e sciocco esser tenuto .

41

Più volte 1 Instancabile orator'

e

or solo ed or con altra compagnia

tornato era agl i assalti , ed a quel core

aperta non s’

aveva alcuna via .

Ultimamente , un di che Assaggiatore

con più giovani al lato egli assalia ,

quei ragionò tra lor nel lamaniera

che di qui recitar creduto io m ’ era .

42

Perché , se ben le antiche pergamene ,dietro le qual i ho fino a qui condotta

la storia mia , qui mancano , e se bene

per tal modo la via m ’era interrotta,

la leggenda che in quel la si contiene

altrove in qual s i fosse lingua dotta

Spera i compiuta ritrovar : ma vòto

ritornom m i i l pensiero e contro i l voto .

43

Questa in l ingua sanscrita e tibetana ,indostanica , pah li e giapponese ,arabica , rabbinica , persiana ,etiopica , tartara e cinese ,

siriaca , ca ldaica , egiziana ,m esogotica , sassone e gallese ,finnica , serviana e dalm atina ,

valacca , proven z al, greca e latina ,

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206 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA

44

celata in molte bib l ioteche e molte

di levante s i trova e di ponente ,

che vidi io stesso , o che per me rivolte

fur da più d’un

.

amico intel ligente .

Ma di tal i scritture ivi sepolte ,

nessuna al caso mio valse niente ,

ch é non v’b a testo alcun della leggenda

ove più che nel nostro el la s i stenda .

45

Però con gran dolor son qui costretto

troncando ab bandonar l a istoria mia ,

tutt i mancano in fin , siccome ho detto ,

i testi , qual che la cagion s i sia

come viaggiator , cui per difetto

di caval l i 0 di rote a l l ’osteria

restar sia forza , o qual nocchiero intento

al corso suo , cui vegna meno i l vento .

46

Vo i , leggitori miei , l’

invo lontario

mancamento imputar non mi dovete .

Se mai perfetto in qua lche leggendario

troverò quel che in parte inteso avete ,

al narrato dinanzi un corollario

aggiungerò , se ancor legger vorrete .

Paghi del buon desio restate intanto ,

e finiscasi qui l ’ottavo canto .

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VARIANTI

I INNO A NETTUNO .

Avverto che non registro gli errori del lo Spettatore, né le l ievi

d ifferenze di interpunzione ; e che i l Leopardi , nel la ediz ione sua

richiamò con numeri le singole note ; io invece , seguendo l’esem

pio del Giordani e Pe l legrini , per non interrompere spesso e fastidiosam ente la lettura con quei richiami , ne ho l iberato il testo ,riferendo le note a l la numerazione dei vers i .

I I — NELLA MORTE D ’UNA DONNA .

Al v . 59 l’autografo ha

Ora di sua costanza e in quel la colpa

E ev idente che quell’« in » è un trascorso di penna

, e doveva

esser tol to .

I I I LA GUERRA DE I TOP I E DELLE RANE .

(R if acim ento del 1 82 1 —22)

Non mi è parso necessar io dar per intero , come a l tri ha fatto ,anche questa redazione intermedia tra que l la del 1 8 1 5 (vedila nel

vol . V di questa edizione) e la definitiva del 1 826 ; e ho , per com

piutez z a , registrato le so le correzioni del la prima che non sono

rimaste nella terza .

G. LEOPARD I , Opere -VI II.

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2 10

XI I,

11111,

XVI,

XVI I ,XVII I

,

X IX,

XX,

XXI,

XXI I ,

XXI I I,

XX IV ,

v2

3

4

5

1

3

4

6

1

2

3

4

5

1

3

6

3

4

6 .

1

2

2

4

5

4

4

5

2

5

3

1

4

2

6

1

2

4

1

6 .

Scendete a m e che il vostroChe salva giunga a la più tarda etate

per vostro donoI l grido ch

’oggi ancor

fra’ topi il più leggiadro

Cam pato al lor d ’un gatto astuto e ladro

Acchetava ilDal pigroS e gli fece v icinoA che ven isti e dondeD i che gente sei tu ,

di che paese ?Che fam iglia è la tua ?

Che se da b en conoscerotti

Che, per am or del m io gran padre, Lim o

,

M a vago se’tu pu r se bene estim o

Sch ietto ragionaTu di sguaz z ar ne l ’acquaOgn i m igl ior vivanda è m ia pastu ra

APPEND ICE

CANTO I

1 . Mentre a novo m’acc1ngo

E non è parte ov ’ io non

N on si tosto è prem utoCh

’assaggio

Questi cib i non fan per lo m io denteScherza a suo gradoPerch ’a la razza m ia

Che non t ’ab b i a cadere in precipizio .

E Sopra il tergo seco trasportollo .

i l topo m alaccortoE che la ripaP iangendo si doleaSudava tutto e ne gocciava il pelo ;Pa ll ido alfi n gridòCosi ‘

non conducevau n serpe esce a fi or d

’onda

L ascia al talento de l’avverso fato .

D isteso ondeggia

I l m esch inel

D i sostenersi '

a gal la : or quando videCo

’calci la m ortale

Ch ’era vano affrontarm i

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2 1 2

3 .

6 .

XXI,1

2 .

XXI I,

1111111,

-1>

01

16

ò

04

0

131

9

XXIV ,

5 .

XXV ,2 .

APPEND ICE

Per m e non fi aterei

E suggon l’ol io , che si spegne il lum e .

Ma quel che più m i scotta e quel che m ai

Non m’uscirà di m ente

M i rosero il m io veloE ra genti le e fi no ;

Ch ’ io l’avea pur tessuto ; e già m el trovoTutto forato e guasto , ancor che novo .

e quegl i tutto il giornoe la m ercé m i ch iede

E pur troppo una seraR itornata dal cam po a la tard ’

ora

Stanch issim a a posa r m i col locai ;Ma dorm ir nonDal gracidareFin quando spenta la d iu rna luceOrsù , nessun di noi scherm o nè duce

S i faccia di costor che in guerra vanno .

S e fosse ivi presenteStar m irando la pugna allegram ente .

CANTO I I I

[Anche in questa seconda redaz ione , com e poi nel la definitiva , i canti I I I e IV

in cui era stato diviso il poem etto nel 1 8 1 5 , furon ridotti a uno solo , continuando la num eraz ione de l le stanz e .]

St . I I , v .

4 .

5 .

111,

V

V I I ,

11111,

111,

1 .

5 .

6 .

4.

2

4 .

1

6

X I , 4

5

6

6

2 . Leccaluom o feriaLo sfortunato

e a Fangoso

Quei tra la polve si ravvolge e m ore ;Percosse e a terra lo m andò supinoMette uno

Leccaluom o traea da l ’alta spondaSti lla il intrideGiacinelfango d

’una b otta

Da l’erto lo precipita

Spezza la destra gam ba ed il ginocch io .

Per b uona sorte a un fossatello arriva ,

N e la zam pa fra tanto a Gonfi agote

Rodipan vib ra un colpo e lo percote .

Correa Porricolore a dargl i a iuto .

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11111,

11117,11171,

XVII ,

1117111,

11111 ,

1111 ,

11111,

1111111,

2 .

2 .

1 .

1

2

2

3

4

5 .

6

2

2

3

6

I .

2 .

3 .

VAR IANTI 2 1 3

Ma non gli passa m anco la rotella .

G iovane d ’alto cor

,d ’alto legnaggio ,

che veggio in terra ?E che pensiero è il tuo ?Con gente di talMa certo b asteranno i dard i tuo i .Da

più rob usti cardin i la terra ;Ma G iove che salvargl i ad ogn i costoDel ib erato avea , truppa a lleataA rincorar m andò

D i specie sopra ogn iLo scontraffatto stuoloChe si m ette fra ’ topi

,

E quel che la segu ia fuga e m inaccia .

troncavano col m orsoE fecero un m acel loFiaccando ogn i arm a ostil co l

’aspro dorso .

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VERS I

Sotto questo t itolo modesto e generico , i l Leopardi , sfumato

orma i i l disegno del la comp iu ta raccol ta del le Opere , riuniva lepoesie che , per ev ident i ragioni di forma

, non aveva potuto com

prender tra le Can z oni . Non tutte , per a l tro , quel le fino a l lora

composte : per esempio , l’I nno a N ettuno fu lasciato fuori , fo rse

per la diflîcoltà materia le di stam par le no te ; e lascia ta fuori fu

del pari La tor ta che pur avrebbe dovu to esserci , perché piut

tosto imitazione che traduz ione

Codesto t i tolo di Versi ho vo luto riprendere per raccoglier qu i

le poesie che i l Leopardi aveva stampate o aveva voluto stam

pare , e ne aveva poi dimesso i l pensiero per ragioni non in tu tto

dipendent i dal la sua volontà . Per esem pio ,è noto che dal pub

b licare l’Appressam ento della m or te lo tra ttenne i l G iordani con

giudiziose osservaz ioni ; e che del le due canzon i Per donna inferm a

e N ella m or te d’

una donna l ’opposizione recisa del conte Monaldofini col far r imandare la stampa . A un secolo di distanza è faciledire che l ’amico consigl iere e il padre censore avevan ragione ;e anche un secolo fa , passati i primi bo l lori , lo stesso poeta ri

conobbe , in fondo , la giustezza delle loro osservazioni .

Tra i versi original i ho posto , come aveva fatto il Leopardi ,i l volgarizzamento del la satira di S imonide e la traduzione del la

B atracom iom ac/zia , che , secondo la vo lontà del medesimo Leo

pardi , avrebb e dovuto precedere i P aralipom eni .

( 1 ) Cfr . nel la presente edi z ione del le Opere , I , 240.

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NOTA

INNO A NETTUNO

Da una lettera del Leopardi al G iordani del 30 maggio 1 8 1 7 ,

s i ricava che venne composto nel la primavera del 1 8 1 6 . Fu stam

pato per la prima vol ta ne Lo spettatore italiano, tomo V I I , quaderno LXXV ( 1 0 m aggio pp . 1 42 -64 , con questo ti to loI nno a N ettuno d

incer to autore nuovam ente scoper to . Traduz ione

dal greco del conte G iacomo Leopardi da Recanat i » . La stampa

riusci assai sco rretta , e con 10 S tel la s i dol se i l poeta ,nel m an

dargl i , i l 1 2 maggio , un er rata -cor r ige : « Da si gran numero di

error i , spesso rilevantissim i, E l la vedrà quanto fieram ente sia danneggiato l

onor de l l ’au tore ; e però La suppl ico quanto so e possoche

,se E l la fa esegu ire l

al tra so ttometterla,

quanto al greco , ad un co rrettore specia le Questa seconda edi

zione usci , megl io corretta , poco dopo (i l 1 7 ottob re , i l Leopardi

ne mandava un esemplare al Cassi a Pesaro) , in un fascicolo in

quarto piccolo , contenente anche le due Odae adespotae, col me

desim o ti tolo riferi to di sopra .

Da l lo Spettatore i l Giordani e il Pel legrini ristamparono inno ,note e odi negl i S tudi fi lologici (Firenze , Lemonnier

,

pp . 1 47-

70 ,correggendo parecchi errori del le edizioni origina l i ,

m a non mancando di aggiungervene di nuov i . I l Mestica , negl iScritti letterar i di G . L . (Firenze , successori Lemonnier,I I , 89—

98 ha dato solo l’I nno , rim andando le note a un futu ro e

non p iù apparso volume di S cr itti fi lologici, e credendo , per tal

modo ,d

’interpetrar la volontà del poeta , i l quale ne l volume di

Versi del 1 8 26 voleva tralasciare i l lungo commento Crederei in

vece che il Leopardi dovè sentire che , senza que l le note , lo

« scherzo » perdeva troppo del suo significa to , e a l l ’u l timo , pin t

tosto che dare que l suo lavoro incompiuto e muti lo, preferì di

togl ierlo affatto dal volumetto .

Io ho ridato qui l ’opera ne l la sua integrità ; e posso compia

cerm i d’aver soddisfatto anche i l desiderio del Leopardi « di sot

tom etterla , quanto al greco a un correttore speciale » . Le bozze

del le note e del le odi sono

state infa tti r iv iste da Ermenegildo

Piste l l i ; e neppure i l Leopardi credo osasse sperar tanto .

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2 20 NOTA

2 .— E legia . N el volume dei Versi è la seconda . La prima

,

col titolo : I lpr im o am ore , fu accol ta ne l l ’ed iz ione fiorentina (1 83 1 )e poi nel le successive dei Canti, ove l

’ ho natura lmente riprodotta

anch ’ io . La seconda e legia era già stata ristampata negl i S tudi

fi lologici , pp . 1 8 2 -

4 e negl i Scr itti letterar i , I I , 2 35-40 .

3 .— Per donna inferm a e N ella m or te di una donna fatta

trucidare . La prima poesia pare scritta per S erafina B asvecchi,figl ia de l la marchesa O l impia Melchiorri

,maritata prima a Pietro

B asvecch i, poi in seconde nozze ( 1 8 1 2) al conte V ito Leopardi ,fratel lo di Mona ldo . La Serafina

,nata nel 1 802 e marita ta nel

1 826 con l ’avvocato Domenico Marcoaldi,mori nel 1 846 . A lei il

Leopardi accenna anche ne La sera del di di festa , e probabil

mente doveva esser per lei un ’a l tra poesia , del la quale non ri

mane se non un ab bozzo (A una fanciulla , 1 8 1 9, in S cr itti vari

inediti dalle car te napoletane , p . 47 ; e cfr . Mestica , Gli am ori

di G . L . , in S tudi leopardiani , p . 95 Circa la seconda

poesia , b asterà r icordare che si riferisce a una V irginia del Mazzo ,mogl ie d

’un impiegato a l la dogana di Pesaro ,

incinta durante l’as

senza del marito e fatta abortire . I l 9 febbraio 1 820 ,i l Leopardi

mandava a l l ’ avvoca to Pietro B righent i a Bo logna << un p iccolo mano

scritto » : erano queste due canzoni quel la ad Ange lo Mai, che

egl i voleva pubbl icare . V i fu al proposi to un carteggio du ra to o l tre

tre mes i , nel qual e s i discusse del formato ,del la carta , del prezzo

che avreb b e importato l ’edizione , e anche del disegno del Leo

pardi di un ire a l le tre nuove canzoni le due stampate l ’anno

innanzi a Roma : A ll’

I talia e Sopra il m onum ento a D ante. Ma

a l l ’u l timo mom ento intervenne i l conte Monaldo , che i l 9 aprile

scrisse : Con riflessione piena e matura , non posso assolutamente

permettere la r istampa del le due canzoni sull’I talia e Dante .

Del le a ltre disapprovo quel la su l la donna fatta morire ,L

’ indignaz ione del poeta per questa « censura » domestica pare

veramente eccessiva ; e conclusione s ingo la re fu che la canzone

al Mai, che doveva passar quasi di con trabbando tra le al tre due ,fu pubb l icata so la . D i queste due ,

restate inedite , la prima fu

pubbl icata da A lessandro D’Ancona (Per noz z e P erugi a

-Levi ,

Pisa ,di su una cop ia del la contessa Pao l ina , e ristampata

nell’Appendice all

Epistolar io ,dal V iani ; negl i S cr itti letterar i ,

I I , 247 —

50 ,dal Mestica ; nei Canti e versioni, da Camil lo Antona

Travers i (Città di Castel lo , Lap i , 1 887 , pp . 207 La seconda vide

la luce negl i Scr itti var i inediti dalle car te napoletane, pp . 42 —6 .

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NOTA 2 2 I

4 . La S atira di S im on ide contro le donne, tradotta dal con te

Giacom o Leopardi fu stampata per la prima volta ne l N uovo R i

coglitore, anno I , quaderno XI (novemb re pp . 828-3 1 e

ripubbl icata nei Versi del 1 8 26 ; donde passò negl i S tudifi lologici ;pp . 23 1 —

34 e negl i S cr itti letterar i, I I , 2 73-6 .

5 .— A l la vers ione de La guer ra dei topi e delle rane i l Leo

pardi lavorò amorosamente , tornandovi s0pra a p iù r iprese . La

prima stesura è tra i S aggi ; una seconda , mandata al Brighentiper la racco l ta di traduz ioni di Omero , incominciata a V erona

dal Torri e che s’

arrestò all’

Odissea del Pindemonte , fu stam pataa Bologna ne l Caf e

'

di P etronio , numeri 1 9 , 20 e 2 1 (apri le—m ag

gio ne l volume dei Versi è la defin itiva , che ho qui riprodotta testualmente , sa lvo a dar in appendice le opportune varianti .

PARAL IPOMEN I

DELLA B ATRACOM IOMACHIA

Furono edit i per la prima vo l ta dal Ran ieri a Parigi (Baudry ,Senonché lo stesso Ranieri , quando si fece a pub b licar le

Opere « secondo gli u l timi in tendimen t i del l’autore non ve l i

com prese ; n é , infatti , sono tra i quattro cahiers apprestat i dal

Leopardi per la stam pa . Dopo le Opere il Lemonnier riprodusse ,im itandola esattamente , l

’ediz ione par igina ; m a a far pa rte de l le

Opere non furono ammesse neppu re con la curiosa transazione

adot ta ta per gli S tudi fi lologici e i l S aggio . I l Mestica , invece , l i

vo l le includere tra le Opere approvate, e l i ristam pò sub i to dopoi Canti. Non b ene , a mio avviso . G iacché quest i otto canti sono

u n lungo fram m en to d’un poema che non è faci le immaginare

com e e dove sareb b e anda to a finire . Probab i lmen te non sarebb efinito m ai, neppu re se i l poem a si fosse svo l to per cen to canti

com e il Byron vo leva fare del suo D on Giovanni . Comincia to

fo rse col so lo intendimen to di metter in b urla le guerre e le

congiure dei carb onat i, s i a l largò v ia v ia all’ intenzione di satireg

giare tutte le tendenze e dottrine del tempo .

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2 2 2 NOTA

I l testo fu r ivedu to sull’

autografo (conservato nel la B ib liotecanazionale di N apol i) , al qua le mi sono attenuto anche per talune

forme evidentemen te marchigiane (per esemp io scarpel lo Una

sola correzione , del resto già fatta da a l tri , ho introdotta ,per le

esigenze del senso , ne l canto V I I , stanza 48 , verso 1 , che nell’ori

ginale suona : Ben quiv i discernea Dedalo e i l conte » .

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2 24 I ND ICE DEI CAPOVERS I

Parve di foco una vermigl ia l ista

Più che mezze oramai l ’ore notturne

Poi che da ’ granchi a rintegrar venuti

S enti ch ’e’ fischia e cigola e stromb azza

S ignor disse ch é ta le esser chiamato

S ul cominciar del mio nove l lo canto

Su ,scaviglia la corda . Oh ve ’ gavazza

Tornò la pioggia queta ; a l lor che sopra

Ve’che ’ l tira e s

’ indraca e schizza e’m paz z a

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IND ICE

Acheronte , 203 .

Ach ille , 1 7 , 1 1 2 .

Adrasto, 18 .

Adria,188 .

Affrica , 138 .

Agesipoli, 25 .

Agostino 14, 24.

A iace,1 63 .

A lba (duca 139 .

A lcide,1 69.

Alcione,1 0

,19, 20 .

Alcippe , 23 .

Atia,1 0

,2 1 .

Aligh ieri Dante , 14, 55 .

Alliroz io,1 0

,1 1 , 2 2

,23 .

A10pe , 1 0,20 .

Alpi,1 88 .

Am im one,1 0

,19, 20, 2 1 .

Ancona , 1 07 .

Anfi trite , 10,19, 2 2 .

Angl ia , 40 .

Ann ib a le, 48 , 1 1 2 .

Antiloco,1 7 .

Anton io, 40 .

Apol lo. 9. 13 . 59 .

Apo llodoro , 14, 19, 2 2,23 ,

Appenn ino,1 32 , 188 .

Appio , 40 .

G . LEOPARD I, Opere — VI I I .

DE I NOM I PROPR I

23 , 26 ,

Argo , 187 .

Argolide , 24.

Arione , 1 6,18 .

Aristide,14, 22 , 23 .

Aristofane,14, 19, 25 , 2 7 .

Arm in io , 1 1 2 .

Arm odio, 5 1 .

Arnob io, 19.

Arpocraz ione , 19 .

Asdrub ale , 1 3 1 .

Astaco , 10,20, 22 .

’Afinvfi ,

t

l 4, I S °

Atenagora , 26 .

Atene,6, 9, 1 2 , 15 , 16

, 19,

1 87 .

Ateneo,24.

Atlant ide , 189.

Attica,10

,14, 15 , 23 .

Auson io , 14.

Averani B enedetto , 16 .

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2 26 I ND ICE DE I NOM I PROPRI

Calab ria,1 89.

Cal lim aco ,20

,22

,26 .

Calliroe , 10, 20 .

Canace , 10,20

,2 2 .

Caro Ann ibale , 68 .

Cartago , 1 13 , 1 89.

Cassandrino , 197 .

Castelvetro Lodovico ,68 .

Cefi so,20 .

Cencri , 26 .

Cercione , 10 .

Cerere,20

,2 2 .

Cesari padre Anton io ,1 77 .

Ch ione ,10 , 19, 20 .

C icerone , 14 , 2 2 .

C ina,1 87 .

C inzia , 9 .

C i ri llo (san ) , 20 .

C itte , 45 .

C lem ente alessandino,19, 20 .

Cleodeo ,25 .

Coll i,107 .

Colono ,19.

Com pagn i D ino , 68 .

Corinto, 50 .

Cornel io Nepote , 2 7 .

Costantino ,1 38 .

Creta , 2 2, 91 , 18 1 .

Creusa,23 .

Da l i la, 40 .

Dem ostene , 2 2 .

D iodoro,1 9, 2 1 , 22 , 25 , 28 .

D ione Crisostom o,28 .

D ion igi Areopagita , 2 2 .

Dirrach io,1 0

,2 1 , 2 2 .

Doria Andrea,137 .

Doride , 1 0 .

Ebalo,25 .

Efeso,24 .

Ega , 1 1, 1 2 , 25 , 26

,28 .

Egm ont (conte 137 .

Egnaz io B attista,1 5 .

Encelado,1 02 .

Enea,141 , 1 86 .

En rico IV ,1 5 2 .

E pidanno ,1 0

,2 1 .

Epiro ,1 7 .

Ercolano ,1 33 .

Ercole , 1 86 .

E retteo , 1 0,23 .

Erodoto,1 5 , 28 .

E sch ine,2 2 .

E sichio , 24, 26 .

Esiodo ,20

,2 2 .

Etra, 10 , 20 .

Eub ea ,24 , 25 .

Eu fem o, 1 0 ,

20,2 1 .

Eum olpo ,10

,22

, 23 .

Eu ripide , 6 , 2 2,2

Eu ropa 109, 1 13 , 1 28,

1 38 . 143 . 164 .

Eu ropa 19, 20, 91 .

E urota,20 .

Eustatius 6 28 .

Faenza, 107 .

Feb o, 9 .

Ferrara , 4 1 .

Fi l ippo I I,139.

Fi renze , 1 37 .

Firm ico G iu l io,

Forcine , 2 1 .

Francia,140 .

Fuligno ,1 32 .

Gange , 1 87 .

Garda , 1 88 .

Geresto , 1 1,24, 25 , 28 .

Germ an ia,1 16 .

G iove. 7 . 8 . 1 3.

96 , 1 02, 1 03 .

G iovenale,2 2 .

G iustino (san) , 20.

Grecia , 1 1 .

Ida, 9 .

Igino ,1 5 , 2 2 , 23 .

I l io, 9, 13 , 40 .

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2 28 INDICE DE I NOM I PROPR I

Priam o,141 .

Proclo , 14 .

Psam m ide Cam arineo , 1 7 .

Pseudo D idim o,14 .

Psiche, 1 86 .

Rana (padre) , 186 .

Rea , 7 , 8 .

Resina,133 .

Rodi,2 1 .

Rodo , 10,2 1

,22 .

Rom a; 5 1 68 1 1 1 3 ) 1 147 135 7 i891 Ì95 °

Sam o,28 .

Sansone, 40 .

Saturno , 7 , 8 , 1 1 .

S cytius, 1 6 .

Sem ele , 7 .

Seneca , 2 2 .

Senofonte,25 .

Serse,1 64 .

Servio,15 , 1 8 .

S im on ide,6,83 .

Socrate , 45 .

So focle,1 7 .

So l im a , 149;

Sparta , 1 2,25 , 187 .

Spoleto , 1 1 3 , 132 .

Stagi ra , 45 .

Stazio,16

,1 8

,2 2

, 26 , 2 7 . W ash ington , 137 .

Stefano i l geografo , 20, 24,

Stige , 203 . Zam a,1 1 3 .

Strabone,24 , 26

,27 , 28 . Zoroastro , 45 .

Su ida,27 , 28 .

Sun io,25 .

Teb e,1 2

,25 .

Teb ro, 40 .

Tem istocle , 14 .

Tenaro,1 2 , 2 7 , 28 .

Teocrito, 3 , 7 .

Teofi lo (san) , 20.

Teseo,10

,21 , 2 2 , 24, 1 69, 186.

Teti , 20 .

T ib erio, 50 .

Tidide , 1 20 .

Tim oleone , 137 .

T izio,20 .

Toosa, 10,

20 ,2 1 .

Trasim eno,1 13 .

Trevi , 1 33 .

Trez ene , 1 1 , 1 2, 13 , 28.

Trinacria,10.

Triope , 10,2 2 .

Tritone,10 , 2 2 .

Trofonio ,203 .

Troia,13 , 1 87 .

Tucidide , 19, 27 , 28.

Ugo 4 1 .

Ulisse , 1 0 ,23 , 1 20.

Varrone,1 4 .

Vesuvio ,1 32 , 1 88 .

V irgil io ,15 ,

1 8,24, 26

,132 ,

Vu lcano ,1 1

,19 .

Page 232: ...AVVERTIMENTO Un mio amico in Roma, nel rimuginare i pochissimi ma noscritti di una piccola biblioteca, il 6 gennaio dell ’anno cor rente, trovò in un codice tutto lacero, di

I N D I C E

I . VERS I

I . INNO A NETTUNOAvvertimento

Inno

Odae adespotae

I I . APPRESSAMENTO DELLA MORTECanto ICanto I ICanto I I ICanto IV

Canto V

I I I . POES I E VAR I E1 . Sonetti in persona di ser Pecora , fiorentino becca io2 . E legia

3 . Due canzoniI . Per una donna inferma dimalattia lunga e morta le2 . N el la morte d

’una donna fatta trucidare col suo

portato dal corruttore per mano ed arte d’un

chiru rgo

4 . Volgarizzamento della satira di S imonide s0pra ledonne

5 . Guerra dei top i e de l le rane

Canto ICanto I ICanto I I I

Page 233: ...AVVERTIMENTO Un mio amico in Roma, nel rimuginare i pochissimi ma noscritti di una piccola biblioteca, il 6 gennaio dell ’anno cor rente, trovò in un codice tutto lacero, di

230 INDICE

I I . PARAL IPOMEN I DELLA B ATRACOM IOMACH IA

(varianti)

CAPOVERS I

NOM I PROPR I