...AVVERTIMENTO Un mio amico in Roma, nel rimuginare i pochissimi ma noscritti di una piccola...
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G IACOMO LEO PARD I
VERS I
P —A RA L I PO M EN I
DELLA B ATRACOMIOMACHIA
ALESSANDRO DONAT I
B A R I
G IUS . LAT E RZA F IG L ITIPOGRAFl-ED ITORI -L I B RAI
1 9 2 1
PROPR IETÀ LETTERAR IA
MARZO mcmx xx 57699
I N N O A N E T T U N O
D ' INCERTO AUTORE
T R A D U Z I O N E DA L G R E C O
TEOCRITO ,[d
'
illz'
o 1 7 , verso 8 .
AL S IG .
ciam berlano di S . M . I . R . A . , caval iere dell’Ordine gerosolim itano , ecc.
GIACOMO LEOPARD I
D ando al pubblico, per vostro comandamento , laz ione del bell’ z
'
nno da voi scoperto, a voi lo intitola , o mio di
letz‘
o amico, che avete in certa gu isa vola to donarm elo emio . Moltz
'
ssimo rallegrom z'
di potere con questo mez z o fareaperto che noi ci amiamo veramente, e che se non il vostro,certo l ’amor m io è ben collocato . A vete volu to che lacessz
'
il
vostro nome, ed io vi obbedz'
seo per ora; ma non so se potrò
f arlo , ove esso non appaia in fronte all’opera vostra che io
prometto ai letterati in questa piccola m ia .
AVVERTIMENTO
Un mio amico in Roma,nel rimuginare i poch issimi ma
noscritti di una piccola biblioteca , i l 6 gennaio del l’ anno cor
rente,trovò in un codice tutto lacero , di cui non rimangono
che poche pagine , quest’inno greco ; e poco appresso , spedi
tamene una copia , lietissim o per la scoperta , m’incitò ad im
prenderne la traduzione poetica ital iana ; facendomi avvisato
che egl i era tutto atteso ad emendare i l testo greco , a lavo
ram e due versioni latine , l’ una letterale e l ’ altra metrica , e a
compilare ampie note soma l’ antica poesia . Condussi a fine in
poco d ’ora l ’opera mia assai meno faticosa del la sua ; ed egli ,tuttoche io ripugnassi moltissimo , non volendo annunziare i l
primo la sua scoperta e farmi bello di cosa non mia , im posem i
che dessi incontanente al pubblico l a mia traduzione ; dicendo
essersi già tardato anche troppo a far tutt i consapevol i dell’ac
caduto , e tornar megl io con una versione del la cosa scoperta
far cònto ai letterati lo scoprimento , che darne loro la secca
novel la in una gazzetta ; da che eglino per lo più sono moss i
ad impazienza e strett i quas i a mormorare d ’ogni indugio che
trappon l ’ editore , i l qua le non può spacciarsi cosi tosto . Fu
forza cedere ; ed ecco che io do ad un ’ora al pubblico la nuova
del la scoperta , la traduzione del l’ inno in compagnia di alcune
note , e l a promessa di un ’altra mo lto migliore edizione dell o
stesso greco componimento .
6 I VERS I
L ’
I uno pare antich issimo , avvengachè i l codice non sembri
scritto innanzi al Trecento . Comincia nel greco così
’
Ewoowaîov xvowoxa irnv òîoìop.’
àsiòew.
Termina con questo verso
Apcp’
do’
domòoì'
g Baîv’
,fiuvoov yào roîcn uéun7te.
Il nome del l ’ autore non è nel le pagine che ci avanzan del
codice , gia'
molto più ampio , e non si può di leggeri indovi
narlo . L ’ inno porta per titolo : Tm"
: ou’
n:oît sigHooemòd'
wu , Del
medes imo : A N ettuno » , da che apparisce che avea nel ma
noscritto altri componimenti del lo stesso poeta : e di questi si
leggono a gran fatica nel codice qua e là alcuni frammenti , che
non mi è paruto necessario e manco possibi le tradurre , ma che
i l mio dotto e generoso amico pubblicherà insieme coll’
inno ,
descrivendo i l codice troppo più minutamente che io non l ’ ho
voluto fare . S imonide ( I ) e M irone o Merone , poetessa di B i
sanzio scrissero inni a Nettuno . Ma l ’autore di questo mi
pare si bene istrutto del le cose degl i ateniesi , che io lo credo
d’
Atene , o per lo meno dell’
Attica . Panfo ateniese scrisse
altresi un [nno a N ettuno , come si raccoglie da Pausania
m a quel lo ora scoperto , benché molto antico , non può essere
di quel poeta che si dice vissuto avanti Omero ; oltreché quiv i
non ha ciò che Pausania lesse nel componimento di Panfo .
N ul la dico dell’I nno a N ettuno , non più l ungo di sette versi ,
che è fra gl i attribuiti ad Omero . Ho adoperato molto per
tradurre fedelissim am ente , e non ho trascurato pure una pa
rola del testo ; di che potrà agevolmente venire in chiaro chi
vorrà ragguagliare la traduzione coll’
originale , uscito che sarà
questo alla luce .
( 1 ) S choliastes E u r i;fiidis, ad M edeam , vers . 4 .
(2) EUS’
I‘
ATH IUS , Ad Ham . I liad… lib . I l ; B oeat . , verso 2 18 seg.
(3) PAUSAN IAS , in A ehaz'
cz'
s , lib . V I I .
INNO A NETTUNO
Peqoìoov bè fi soîg noi? t rov àoròfi
TEOCRITO ,I dz
'
llz'
o 22 , verso u ltim o.
Lui che la terra scuote , azzurro i l crine ,a cantare incomincio . Alat i preghi
a te , Nettuno re , forza è che indriz z i
i l nocchier fatichevole che corre
su veloce naviglio i l vasto mare ,
se campar b rama dai sonanti flutt i
e l a morte schivar : ché a te l ’ impero
del pelago toccò , da che nascesti
figlio a Saturno , e al fulminante Giove
fratel lo e al nero P l uto . E‘
Rea , l a diva
dal vago crin , t i partori , ma in cielo
non già : ché di Saturno astuto nume
gli sguardi paventava . E l la discese
a la selvosa terra i l petto carca
d’
acerba doglia , e scolorite avea
le rosee guance . Mentre i l sole eccelso
ardea su le montagne i verdi bosch i ,e sul caldo terren s
’abbandonava
l’
agricoltor cui spossatezza invaso
avea le membra (poi che di Sem é le
dal sen ricolmo nato ancor non era
i l figl io alti -sonante , ed a gl’industri
mortal i sconosciuto era per anche
I VERS I
i l vin giocondo che vigore apporta) ,
el la s’
assise a l ’ombra e , come uscito
fosti del suo grand’alvo , ti ripose
su le ginocch ia assai piangendo , e preghi
porse a la Terra e a lo stel lato C ielo
0 Terra veneranda , o Cielo padre ,
deh r iguardate a me , se pure è vero
che di voi nacqui , e questo figlio mio
da l ’ ira di Saturno astuto nume
or mi salvate , si ch ’egl i nol veda ,
e questi ben ricresca e venga adulto .
Cos i pregava Rea di bel le chiome ,
poi che per te , di fresco nato , in core
sentia gran téma : e per gl i eccelsi monti
ed i l profondo mare errando giva
l ’ eco rom oreggiante . Udil la i l C ielo
e la feconda Terra , e nera notte
venne sul bosco , e si sedé su l monte .
Ammutarono a un tratto e sbigottiro
i volatori de la selva , e intorno
con l ’al i stese s’
aggiràr vicino
al basso suol . Ma t’
accogliea ben tosto
la diva Terra fra sue grandi braccia ;
né Saturno i l sapea , ché nera notte
era su la montagna . E tu crescevi ,re dal tridente d ’oro , ed in robusta
giovinezza venivi . A l lor che voi
di Rea leggiadra figl i e di Saturno ,
tutto fra voi partiste ; ebbesi Giove ,che i nembi aduna , lo stellato cielo ;
i l mar ceruleo tu ; s’ ebbe P lutone
de l’Averno le tenebre . Ma tuttitu , de la terra scotitor , vincevi ,salvo Giove e M inerva . E ch i potrebbe
con l’Olim pio cozzare impunemente ?
Il cielo tu lasciasti , e teco i l figl io
INNO A NETTUNO
de la bianca Latona in terra sceseed al superbo Laom edonte alzavi
tu‘
dell’
am pio I l ion le sacre mura ;
m entre ne’ bosch i opach i e ne le val l i
de I ’ l da nuvolosa i neri armentiFebo Apol lo pascea : ma Laom edonte ,
compita l ’opra tua , la pattuita
mercede ti negò : stol to , ché l’onde
biancheggianti del pelago spingesti
contr’
llio tu , che sorm ontàr le mura
con gran frastuono mormorando , e tutta
em pièro la città di sabbia e l imo
co’ prati e le campagne . E tal prendesti
del fi er Laom edonte aspra vendetta .
Ma qual cagione a ten z onar ti mosse
con Palla diva occh i-cilestra ? Atene ,la cecropia città , poi ch
’
appellata
tu la volevi dal tuo nome , e Palla
i l suo darle voleva . E l la ti vinse
ché con l a lancia poderosa i l suolo
percosse , e uscir ne fe ’ virente ol ivo
di rami sparsi . Ma tu pur fi edesti
la diva terra col tridente d ’oro ,
e tosto fuor n’
usci destrier ch ’
avea
florido i l crine : onde a te diero i fati
i cavall i domar veloci al corso .
I pastori ama Pan , gli arcieri Febo ,
cari a Vulcano sono i fabbri , a Marte
gl i eroi gagliardi in guerra , i cacciatori
a la vergine C inzia . A te son grati
i domatori de ’ caval l i ; e primo
tu , de l a terra scotitor possente ,a ’ chiomati destrieri il fren ponesti .
Salve , equestre Nettuno . I tuoi cavallivan pasturando ne gl i argivi prati
che a te sacri pur sono ; e con la zappa
I VERS I
i l faticoso agricoltor non fende
quel terreno giammai , né con l’
aratro .
Ma presti son come gli alati augel li
i tuoi destrieri , ed erta han la cervice
né ci ha morta l che trarli possa innanzi
al cocch io . sotto i l giogo , e con le briglie
reggerl i e co l flagello e con l a voce .
Qual però de le ninfe a te dilette ,signor del mare , io canterò ? l a figlia
di Nereo forse e Doride , Anfi trite ?
0 Libia chiom i-bella , o Menalippe
altos uccinta , o A lope , o Calliròe
di rosee guance , o la leggiadra Alcione ,o Ippotoe , o Mecionice , o di Pitteo
la figlia , E tra occh i — nera , o Ghione , od O lbia ,
o l’eolide Canace , o Toosa
dal vago piede , o l a telchine A l ia ,
od Am im one candida , o la figl ia
d’Epidanno , Melissa ? E chi potrebbe
tutte nom arle ? e a noverar ch i basta
i figli tuoi ? Cercion feroce , Eufemo ,
i l tessalo Triope , Astaco e Rodo ,
onde nome h a del sol l ’ isola sacra ,
e Tèseo ed Alirro z io ed i l possente
Triton,Dirrachio e i l b attaglioso Eum olpo
e Polifemo a nume ugual . Ma questocanto è meglio lasciar , ché spesso i figli
cagion furono a te d’acerbo l utto .
Polifemo de l ’occhio il saggio Ul isse
in Trinacria fe ’ cieco : Eum olpo spense
in Attica E retteo : ma ben vendetta
tu ne prendest i,o Scoti-terra , e , morto
lui con un colpo del tridente , al suolo
la casa ne gettasti . E Marte istesso
impunemente non t’
uccise i l figl io
Alirro z io leggiadro : i n umi tutt i
INNO A NETTUNO I I
lu i concordi dannàr . Salve , o Nettuno
ampio-possente : a te gl’
istm ici ludi
e le corse de ’ cocch i e degl i atleti
son sacre l’aspre lotte : e neri tori
in Trez ene , in Geresto e in cento grandi
città di Grecia ogni anno a l ’are tue
cadono innanzi ; e ne la dorica Istmo
vittime in fol la traggono al tuo temp io
le allegre turbe . Oh salve , azzurro dio
che l a terra circondi , alti-sonante ,gravi-fremente . I boschi su le cime
de le montagne crollansi, e le mura
de le cittàdi popolose , e i templi
ondeggiano perfino , al lor che scuoti
tu col tridente flebile la terra ,
e gran fracasso s ’ode e molto pianto
per ogni strada . Ne'
mortale ardisce
immoto starsi ; m a per téma a tutti
si sciolgon le ginocchia , e‘
a l ’are tue
corre ciascun , t’indriz z a pregh i , e molte
al lor s’ofi rono a te vittime grate .
Salve , 0 gran figlio di Saturno . Il tuo
lucente cocch io è in Ega , nei profondo
del romoroso pelago : Vulcano
tel fabbrico, divina opra ammiranda .
Ha le ruote di bronzo , ed il timone
d ’ argento , e d’oro tutto è ricoperto
l’incorruttib il seggio . Al lor che poni
tu sotto i l giogo i tuoi cavall i,e volano
ess i pel mare indomito , fendendo
i biancheggianti flutti , e sui lor coll i
disperge i l vento gl i aurei crini , intorno
a te che siedi e i l gran tridente rech i
ne le divine mani , uscite fuori
de le case d ’ argento a galla tutte
le guanci-bel le figlie di Nereo
I VERS I
vengono tosto , e innanzi a te s’abbassa
l ’onda e t’
apre l a via ; né s’ alza i l vento
ché tu del mar l ’ impero in sorte avesti .
Ma qual potrò ch iamarti , o del tridente
agitatore ? altr i Eliconio , ed altri
t’
appella Suniarato . A Sparta detto
sei Natal izio , ed Ippodrom io a Tebe ,in Atene Eretteo . Ch iamanti E late
molti altri , e molti di Trez enio o d ’
Istm io
ti dànno i l nome . I tessal i Petreo
diconti, ed altri Onchestio , ed altr i pure
Egeo ti noma e Cimade e Fitalm io .
Io dirotti Asfaleo , poiché salute
tu rechi a ’ naviganti . A te fa voti
i l nocchier quando s ’ alzano del mare
l ’onde canute , e quando in nera notte
percote i fianch i al ben composto legno
i l flutto al ti-sonante , che s’incurva
spumando , e stanno tempestose nubi
su le cime degl i alberi , e del vento
mormora i l bosco al soffi o (orrore ingombra
le menti de ’ mortali ) , e quando cade
precipitando giù dal ciel gran nembo
sopra l ’ immenso mare . O dio possente ,
che Tenaro e la sacra onchestia selva
e M icale e Tre z ene ed i l p inoso
Istmo ed Ega e Geresto in guardia tieni ,
soccorri a ’ naviganti ; e fra le rotte
nubi fa ’ che s i vegga i l cielo azzurro
ne la tem pesta , e su la nave splenda
del so le o de la l una un qualche raggio
o de l e ste l le , ed i l soffiar de’ venti
cessi ; e tu l’onde rom orose appiana ,
s i che campin dal rischio i marinai .
O nume , salve , e con benigna mente
proteggi i vati che de gl’inni han cura .
NOTE
Verso 3 . te , Nettuno re - A Nettuno davasi i l
nome di re da quei di Trez ene . S i veda la nota al v . 1 36 .
Verso 36 . Poi che per te , di fresco nato , in core Sentia
gran téma Non ho saputo tradur meglio questo luogo ; ove
l ’originale ha qualche difficoltà , che forse vedremo tolta via
nel la edizione greco-latina di quest’
inno , la qual farassi di corto .
Verso 45 . Ma t’
accogliea ben tosto La diva Terra frasue grandi braccia Pare che i l poeta non tenga conto del la
favola secondo la quale Nettuno fu cresciuto da alcuni pastori .
Verso 6 1 . Ed al superbo Laom edonte a lzavi Tu de l ’ am
pio I l ion le sacre mura E noto che , secondo i poeti , Net
tuno fabbrico le mura di Troia , dopo essere stato discacciato
dal cielo con Apoll ine , per aver cospirato contro Giove : e però
l ’autore parla dell’edificam ento di quel le mura , dopo aver detto
che Nettuno non poté vincere Giove né M inerva , della quale
fa parola appresso .
Verso 67 . Onde B iancheggianti del pelago SpingestiContr
’llio tu » . Ovidio , M etamorfosi
,l ibro XI , favola 8
N on impune feres, rector m ar is inquz'
t : et om nes
inolz'
naoz'
t aqua: ad avarae litor a Traiae
inque f reti form am term s eonoer tz'
t, opesque
abstulit agr icolis, et fluetz'
òus obru z'
t aroa .
Verso 83 . E tosto fuor m’
usci destrier ch ’avea Florido
il crine » . Questo passo è interessante per chi ama la mito
1 4 1 VERS I
logia . E assai celebre la contesa di cui fa qui menzione i l
poeta : e ne hanno parlato , fra gli altri , Varrone , presso San
t’Agostino , D ella citta
'
di D io , libro XVI I I , capo 9 ; Ciceronenella Oraz ione in difesa di L . Flacco ; P l inio , l ibro XVI ,capo XLIV ; P lutarco nel la Vita di Tem istocle e nelle S imposiache , l ibro IX , quistione VI ; Aristide nel la P anatenaica ;
Eusebio nel la Cronica ; Nonno nei l ibri XXXVI e XLI I I rd'
w
Amovvm omiòv ; Ausonio nel Ca talogo delle città famose ; Proclonel Comento al Timeo di P latone ; Menandro i l rettorico ; l
’an
tico comentatore d ’
Aristofane nel le note alle N ubi e tra ’ no
stri; Dante nel quintodecimo del P urgator io, verso 97
S e tu se ’ s ire del la v i l la ,
del cui nome ne ’ dèi fu tanta l ite .
E da notare i l l uogo di Proclo : è'
n roiwv rà vmnnfigta rfig’
Afi nvàg nag’ ’
Afinva iomg àvduvnram, na i éoon‘
1v aromoiivra n. roaîmv,
tî)groi) Hooeròcîwog fmò rfig’
Atlnwîgvmwuévov : oggi pur ancora
si celebra i l trionfo di M inerva appo gl i atenies i che solenneggian
questa festa per ricordanza del la vittoria di Nettuno , riportata
da quel la » .— Ora arde controvers ia fra gl i eruditi , de
’ qual i altri
vogliono che Nettuno facesse uscir del la terra acqua ; altr i che
un.
cavallo . Per l’acqua è Apol lodoro (B iblioteca , l ibro I I I ) , di
cui ecco le paro le :'
e v oi’
w notin o; Hooeu.òcîw èn ì. rùv’
Aru
m'
w,xu ì. n7tfiîag mj rou.a ivu vca rd. p.écmv n
‘
qv àngòrroltw,àvéqmve
Boikaooow iìv vinz’
Egexfiniòot xa 7tofim . P r imo dunque Nettunovenne nell
’A ttica e , percosso col tridente il suolo nel mezzo
dell a ròcca , fe ’ veduto i l mare che ora ch iamano eretteo
Secondo Varrone , citato da sant’
Agostino , onum appa ru is
repente olz'
oae arbor , et alia loco aqua er upisset, r egem
prodigia ista m ooer unt : et m isit ad Apollinem D elphicum scisci
tatum qu id intelligena’
um esset'
qu ia’oe faciena
’
um . [lle resp0na’
it
quod olea Ill ineroam sz'
gn zfi caret , unda N eptunum LoPseudo-D idimo nelle note al l ibro XVI I del la I liade ci dice ,come Apollodoro
,che Hoosu.òdòv nu i
’
Afirwà « soi rfig’
Arm ciìg
èq n7tovsixovv, noci. Hoomòdwèn i rfig ànoonòkemg!
( fig’
Ar rm iìg nomi
6 I VERS I
vitas appellaretur , qu i m unus m elius mor talibus obtu lisset. Tune
N eptunus , percusso littore, equum , anim al bellis aptum , produx it :
M inerva , iacta hasta, olivam cr eavit : quae res est m elior comprobata, ut pacis insigne. Ut autem m odo N eptunum invocet, causa
eius m uner is facit, quia de equ is est dictur us in ter tio alioquin
incongruum est, si de agr icultur a locuturus, num en invocet m ar is .
Equum autem a N eptuno progenitum alii S cy tb ium , alii Sy ronem ,
aliiA r ionem dicuntfu isse nom inatum [e quanto al nome diArione ,veggasi appresso i l luogo di Stazio nel la nota al verso 85]et idea
dicitur equum invenisse, quia velox est eius numen et m obile
sicut m are L ’autorità d’
Ovidio , Metamorfosi , l ibro IV ,
favola 3 , è controversa . Egli dice , descrivendo una tela tessuta
da PaHade :
S tare deum pelagi longoque fer ire tr identeaspera sax a facit, m edioque e vulner e sax i
ex silu isse ferum , quo p ignore vindicet urbem .
Ma altri sostiene che per fer um s i h a a leggere « f re
tum » . Stazio ,Tebaide , l ibro X I I , non parl a di caval lo , ma di
mare
Ipse quoque in pugnas vacuatur collis, ubi ingens
lis super um , dubiis donec nova surgeret arbor
rupibus, et longa r ef ugum m are frangerei um bra .
Ma i l suo commentatore Luttaz io P lacido scrive cosi : A cro
polin dicit arcem A thenar um ; de qua N eptuno et M inervae di
citur fuisse cer tam en . P ercussa N eptuno ter ra equum dedit in
dicium belli; M inerva vero olivam pacis insigne B enedetto
Averani nelle sue D isser taz ioni tiene anch ’esso dal caval lo .
Quest’
inno avrebbe potuto somministrargl i una prova di più ,
molto valevole,se egl i l ’avesse conosciuto .
Verso 84 . onde a te diero i fati I caval l i domarveloci al e primo Tu de la terra scotitor possente A
’
ch iomati destrieri i l fren ponesti E noto che gl i antichi
teneano Nettuno per dio non solo del mare , ma anche dei ca
INNO A NETTUNO 1 7
vall i , dei caval ieri del l’arte equestre : del la quale Sofocle , Pausa
nia nel l ibro VI I I e , a quel che sembra , i l nostro poeta , lo fanno
inventore . Panfo ateniese , antich issimo scrittor d’inni, lo ch iama ,
presso Pausania ,‘
innawOorfiga , dator dei cavall i » ; e Pindaro
nell’
ode Olimpica XII I , òa;wîov nuréga ,« padre domatore » e
nella quarta P itia ,
"
Innugxov, che è quanto dire principe de ’
cavall i », 0 de ’ caval ieri . Omero finge che Nettuno donasse a
Pe leo i cavall i che poi furono di Ach il le . Nestore nel l ibro
XXII I della I liade dice ad Antiloco
’
Avr iltof ,iìrom p.év oe véov neo è6vr
’
ètpiìtnoav
Zsùg re, Hooeròo'
uov re, na i innomîvag èòi8aEuv
nuvroiug.
Al certo ,benché garzon su tu , Giove e Nettuno ,An tiloco , t
’amaro , e l
’arti equestri
t’insegnàr tu tte .
E Menelao nello stesso l ibro , finito i l combattimento equestre ,impone ad Antiloco che giuri per Nettuno . Pindaro nel la prima
ode Olimpica dice che Nettuno
”Eòooxev òicpoov xoùoeov , èv m eooî
o £v T’
àxo'
zuowrocg înnovg.
Un cocchio d ’oro a lui
e cava l l i donò d ’a l i indefesse ,
parlando di Pelope : e nel fine dell’ode quinta ch iama Hooeròa
viong, « nettunii » , i caval l i di Psaum ide cam arineo ,vincitore
olimpico . S i vol le ancora che alcuni caval l i fossero del la razza
di Nettuno .
Quam vis saepe fuga versos ille eger it hostes,
et patr iam Epirum referat for tesque My cenas,N eptunique ipsa deduca t or igine gentem :
1 8 I VERS I
dice Virgilio di un caval lo nel l ibro I I I delle Georgie/ze .Sta
zio nel sesto del la Tebaide canta del cavallo di Adrasto
D ucitu r ante om nes ru tilae m anif estus A r ion
igne inbae . N eptunus equo, si cer ta pr iorum
fam a , pater : pr im us tener is laesisse lupa tis
ora , et littoreo dom itasse in pulvere fer turverber ibus pareens, eten im insatiatus cundi
ardor , et hiberno par inconstan tia ponto .
S oepe per lonium L iby cum que natan tibus ire
inter iunctus equis, om nesque assuetus in oras
caeruleum def er re patrem . S tupuere relicta
nubila : cer tantes E nr ique N otique sequuntur .
Veggasi più Sopra nel la nota a l v . 83 i l passo di Servio , e al
tres i i l l ibro XX I I I della I liade , verso 345 e seguente . Pann i
non s’
appongano Servio e gl i a ltri interpreti , che ,spiegando i l
verso 69 1 del settimo del l a E neide
A t Messapus equum dom itor , N eptunia proles,
dicono avere i l poeta chiamato Messapo prole di Nettuno
perché egli era venuto per mare in I tal ia : spiegazione assai
stiracchiata : e penso che Virgil io medes imo spieghi ottima
mente la seconda parte del verso colla prima in cui ch iama
Messapo dom ator di cavall i qual ità per cagione della quale,
se non erro , egl i lo fa poi figlio di Nettuno . E notisi come nel la
E neide Messapo non è mai detto figlio di Nettuno che non
sia chiamato altresi domatore di caval l i o in a l tra s imil guisa :
onde nel l ibro IX si ripete tutto intero i l verso citato : nel duo
decimo esso trovas i pure quas i intero , mutato solo at » in
et » , e nel decimo si legge :
S ubit et Neptunia prolesinsignis Messapus equis .
Verso 93 . Sa lve , equestre Nettuno I greci davano
spesso a Nettuno i l nome d’
îm ru og, « equestre del quale ,
I NNO A NETTUNO 1 9
come del la sentenza di quel li che reputavano Nettuno essere
stato i l primo domatore de ’ caval l i ed avere insegnata l ’arte del
cavalcare , fa menzione D iodoro nel l ibro V , capo XV della
B iblioteca . Aristofane nel le N ubi , atto I , scena I , fa giurare
Fidippide per Nettuno equestre . Fuori di Atene in un luogo
detto Colono avea un tempio di Nettuno equestre , ricordato da
Tucidide nel l ibro V I I I , da Arpocraz ione , a l la voce Kolcovaîra r,
e dal l ’ antico comentatore di Sofocle , nel l’ argomento dell’Edipo
colonese e nel le note a que lla tragedia . Pausania , parlando del
Colono , rammenta l’altare di Nettuno equestre .
Verso 1 06 . 0 Libia chiom i— bel la Mosco , ]dillio I l ,
verso 36 e seguenti :
AÙTi| Sè xoUosov rollo.oov cpéoev Eòoo'
mu u
flvmròv, uéya fi oniiua , uéyow nòvov’
H <pu iorow
Sv A tfithg 71693 Oò gov, dr’ Àéxog
’
EwoowuiovÎev.
Europa avea
aureo pan ier bel l issimo,ammirando ,
grand’0pra di Vulcan , che a L ib ia in dono
i l d iede a l lor quand’
ella di Nettuno
lo scoti-terra al talamo recossi.
Veggasi Apol lodoro , B iblioteca libro I I .
Verso 1 06 . o Menalippe alto-succinta C lemente
alessandrino , E sor taz ione ai gentili : Keiltet. 1101 ròv Hooemòrb
xo.ì ròv xòoov 1:òv Oreq>flaouévov im”
ouìroii,Tr
‘
|v’
Aua oimV, Tip!
’
Auuuct'
wnv,‘mv
’
AÀ6nnv, 1:1‘
qv Msvultivramv, Tip!’
Altowòvnv, Tip !'
Innofi ònv,’
U’IW Xt6vnv, Tdc; &Mag rà; uvoiug. Chiamami qua
Nettuno e la schiera violata da lui , Anfitrite , Am im one , A lope ,Menalippe , A lcione , Ippotoe , Chione , e le altre innumerevol i
Arnob io , Contr a le naz ion i, l ibro IV : N umquid enim a
nobis arguitur rex m ar is , A mp/zitr itas, H ippot/zoas, A my monas,M enalippas, A lcy onas, per f ur iosae cupiditatis ardorem , casti
20 I VERS I
m oniac virginitate pr ivasse ?’ Giu l io Firm ico , D ell’
er rore delle
religioni profane, cap . 1 3 : Quis A my m onem , qu is A lopen,
qu is Menalippen , quis C/zionem H ippothoenque cor r upit? N empeD eus vester haecf ecisse m emoratur Possono veders i san Teo
fi lo, A d A u tolico, l ibro I I , capo 7 ; san Giustino , Or az ione
ai greci , capo I I ; san Ciri l lo , Contra Giuliano , l ibro VI . Taluno credea che i l vero nome della fanciul la fosse Melanippe
Ma anche il codice di quest’
inno ha Menalippe
Verso 1 07 , o A lope S i veggano i passi di Cle
mente alessandrino e di Giul io Firm ico nella nota precedente ,e san Ciri l lo nel luogo quivi citato .
Ivi . 0 Calliròe D i rosee guance Calliroe , una
del le figlie dell’Oceano e di Teti , è ricordata da mol ti scrittori
antich i ; ma nessuno , che io sappia , tranne i l nostro poeta , ne
fa avvisati che am olla Nettuno .
Verso 1 08 . o la leggiadra A l cione , O IppotoeE da vedere l a nota seconda al verso 1 06 .
Verso 1 09 . 0 Mecionice E s iodo nel lo S cudo
d’
E rcole , e l’antico comentatore di Pindaro nel le note al la quarta
ode P itica , scrivono che E ufemo , uno degl i Argonauti , figlio
di Nettuno , fu partorito da Mecionice . Pindaro però nell’
ode m e
desim a dice che Eufemo fu messo al mondo da Europa , figlia
di Tizio , su le rive del Cefiso . Notisi che Mecionice è detta figl ia
di Eurota , e che Pindaro chiama E uropa la madre di Eufemo .
Ivi. o di Pitteo La figlia , Etra occh i-nera Ma
dre di Teseo . Veggasi appresso la nota prima al verso 1 1 9 .
Verso 1 1 0 . 0 Chione S i vegga più sopra la nota
seconda al verso 1 06 .
Ivi . od O lbia S tefano i l geografo , al la voce’
Aoruxòg:’
Aorom6g, 1167ttg B rilvviag, darò’
Aoraxofi roi!
: Hooeuò<îwog
sea l. vùuqmg’
Olfiiag. Astaco , città di B itinia , cos i detta da
Astaco figlio di Nettuno e de l la ninfa O lbia » .
Verso 1 1 1 . 0 l'
eolide Canace Può vedersi l’I nno
a Cerere di Call imaco .
Ivi . O Toosa dal vago piede Omero , Odissea
l ibro I , verso 68 e seguenti
I NNO A NETTUNO 2 1
’
A Mà Hoou òo'
wov yuuìoxog doxelt‘
sg a ièv
K13xltwarog xexòkmra 1, Sv òq>fla7tuofi d7tdmoev,
dvr iflsov HOÀtîcpnuov, dov scontro; èor i uéywrov
action. Kvx7tu'
msoor. OOooou be'
uw Té%8 vùucpn,
<I>Og>wvog 6vyo'
rcno, ti7tòg àrgwéromo uéòovrog,
èv onéoou. yÀo.qmgoîou Hooemòo'
wwu. p.weîoa .
Ma N ettu'
n che la terra intorno aggira ,di terrib i le sdegno è sempre acceso
per lo Ciclope ch’ei de l ’occhio ha privo ,
per Pol ifemo a nume ugual , che avanza
tu tt i i ciclop i in gagl iardia . La ninfaToosa partorillo , a cui fu padre
Forcine , un dio de l’
infecondo mare,
a Nettuno commista in cavi spechi .
Verso 1 1 2 . 0 la telch ine Al ia D iodoro, B iblio
teca ,l ibro V , capo 1 3 : Os (cpao
‘
w) àvòotnfiévra èooro
fifivourfigTtî)V Tekxivmv àòeÀqrfig°
A7tiag, na i p. txfi évw ronim , ysvvfioan.
Buyaréga°
P660V dtp’ii; m
‘
wvfioov òv6uuoiìà m. D icono che Net
tuno fatto adulto , innam orossi di A l ia , sorel la dei telchini, e
avuto a fare seco lei , generonne una figlia chiamata Rodo,dal la
quale vogliono che l ’ isola abbia tratto i l nome Telchini ap
pellavansi, come e fama , gl i antichisSiihi abitatori di Rodi .Verso 1 1 3 . Od Am im one candida Una delle Da
naidi . S i vedano gl i scrittori di favole , e più sopra la nota se
conda al verso 1 06 .
Ivi . 0 la figlia d ’
Epidanno , Costantino
porfirogeneta , D ei tem i, l ibro I I , tema 9 : Tofirov
fivyo'
zmoMéMooa , figxa ì. roi? Hoou òwvog 6 Avòòdxtog.
’
Atp’
fig Son
rc'
m:og èv’
Em òduvcp MSMOOOÎWIOQ, è'
vfi o. Hoosmòo'
3v ou’
nfi ovvfikfi s .
D i questi (Epidanno ) fu figlia Melissa,del la quale e di
Nettuno nacque Dirrach io . Da essa ha tratto i l suo nome
un luogo di Epidanno , detto Melissom o , ove Nettuno ebbe
afi'
are con lei
Verso 1 1 6 . Eufemo S i vegga l a nota prima al
verso 1 09 .
I VERS I
Verso 1 1 7 . I l tessalo Triope Partorito da Canace .
S i vegga l’
I nno a Cerere di Cal l imaco .
Ivi. Astaco e Rodo , Onde nome ha del sol l ’ isola
sacra Possono vedersi le note ai vers i 1 1 0 e 1 1 2 .
Verso 1 1 9 . E Teseo Questo eroe da alcuni fu fatto
figl io di Egeo , da altr i di Nettuno . Veggasi P l utarco nel la
sua Vita , Euripide e Seneca negl’
lppoliti , Isocrate nell’E logio
di E lena , D iodoro nel l ibro IV , cap . 5 , del la B iblioteca , Apol lo
doro ne l l ibro I I I , Igino nella Favola 35 , C icerone nel terzo
l ibro D ella natura degli dei, Aristide nel la Oraz ione in lode
A t pracul ingenti N eptunius agm ina Tbesens
augustal clypeo, pr opr iaeque ex ordia laudis,
centum urbes um bone gerit centenaque Cretae
m oenia
dice S taz ro nell ’ ultimo l ibro del la Tebaide .
Verso 1 1 9 . ed Alirroz io Euripide nel fine della
E lettra ; Demostene , Contra A r istocrate ; Esch ine . epistola XI ,Epoche d ’
Oxford ; Pausania , l ibro I ; San Massimo , prologo dei
Comenti alle opere di san D ionigi A reopagita ; antico comentatore di Giovenale , note al la satira IX .
Ivi. ed i l possente Triton Esiodo , Teogonia ,
verso 930 e seguente
’
Eu 8 Aua oimg oral ègum irtou’
Evvoomyu iov
Toircov eòovBing yévsro p.e'
yag.
Ma d’
Anfi trite
e de lo Scoti-terra a l ti —sonante
nacque i l grande Triton da l’ampia possa .
Verso 1 20 . Dirrachio ! da vedere la nota seconda
al verso 1 1 3 .
Ivi . e i l battaglioso E um olpo S i legga appresso
l a nota al verso 1 2 5 .
4 I - VERS I
im èg roi: aramòòg, %u ì. w ai èv dnam. rot; Osoîg°
nod n‘
rwèm'
wvy.ov
rònog (ò”
Agemog :rro'
wog) Àuufio'
we1. Tt‘
qv u1’
11 1'
1v . Muove l ite Net
tuno a Marte per cagione del, proprio figlio , e la vince co ’
voti di tutti gl i dèi ; e da questo avvenimento i l luogo (l’
Areo
pago) trae i l suo nome Sono da vedere però intorno a questo
famosissimo giudizio , Lattanzio , l ibro I , cap . 1 0 , e l ibro V,
cap . 3 ; Sant’
Agostino , D ella citta di D io ,l ibro XV I I I , cap . 1 0 ,
ed altri , fra’
qual i i citati nel l a nota seconda al verso 1 19 .
Verso 1 35 . e neri tori — S’
im m olavano tori a
Nettuno , come s i raccogl ie anche da Omero , I liade , l ibro XI ,verso 7 2 7 ; da Pindaro , Ode Olimpica XI I I , verso 98 e seguenteP itica IV , verso 365 e seguente ; A’em ea V I , verso 69 ; e da
Virgi l io , Eneide , l ibro Il , verso 20 1 e seguente , l ibro I I I ,verso 1 1 9 ; e i tori erano neri , che apparisce si da questo luogo
del l ’ inno come dal l ibro I I I , verso 6 , del la Odissea . Farm i
da notare che in Efeso i giovani che facean da coppieri nella
festa d i Nettuno , eran detti Tafigou. Tauri oss ia Tori ,come vedesi in Ateneo , l ibro X , e in Eustazio , Com ento al
ventesimo del la I liade ; e forse questa era quel la ch iamata
Tuùgem Taurea che Esichio dice essersi celebrata in onore
di Nettuno .
Verso 1 36 . In Trez ene C ittà dell’A rgolide , sacra a
Nettuno , e però detta « posidonia cioè nettunia al rapportare
di Strabone . D ice P l utarco , nella Vita di Teseo , che HOUS I
Toor‘
Qfivmou. oéBovom 81aq>eoòvrwg, sta i fisò; oinzog è'
orw
aòroîg noh oîixog, (î) nal uuom îw dncîoxovru r, xui TQI'
OIW OW èn fonp.0v
è'
xovcn‘
L'
OÙ vouiouarog: quei di Trez ene rendono un singolare
onore a Nettuno , dio tutelare del la loro città ; gl i offrono le
primizie dei frutti , ed hanno i l tr idente per insegna de lla loro
moneta Pausania , l ibro I I , nota lo stesso del le antiche mo
nete dei trez enii, e dice inoltre che essi Hoou òd’
wa (oéBovm )fiam ltéa ènix7mow : onorano Nettuno sotto i l titolo di re
Ivi. in Geresto — Porto il lustre e castel lo che
P l inio ch iama città nel promontorio dello stesso nome in
Eubea . V’
avea un tempio famosissimo di Nettuno ricordato da
Strabone , l ibro X , e da Stefano i l geografo , al la voce Pegawròg.
I NNO A NETTUNO 25
I l com entator greco di Pindaro nel le note al l ’ Ode Olimpica XII I ,scrive che èv EI
’
JBOÉQI Peoa iou a fmò ndvroov Feoam iaw c’
iyera r
HOGS LOCÎ WL, òtà ròv ovp.fio'
wru xsmu<îwoc :mt Feouroròv : nel
l’Eubea tutt i quei di Geresto celebrano una festa in onore d i
Nettuno , a cagione di una procel la accaduta presso Geresto
Verso 1 47 . E gran fracasso s ’ ode e molto pianto » .
Ho cercato nel la traduzione di serbare , quanto era possibi le ,l ’armonia espressiva che è nel testo .
Verso 1 50 . e a l ’ are tue Corre ciascun , t’
indriz z a
preghi , e molte Al lor s ’offrono a te vittime grate » . Se
nofonte , D ella r epubblica de’
lacedemoni : Eemp.ofi yevouévov, oi
Auxeòu ruòvuov. fium oow1:òv crepi.Hoosròfi'
wo; na u'
iva ,unì.
’
Am oinoltsg
T‘
î] fiorega ig fluoduevog Hoou òcîwu. Sentitosi un tremuoto ,i l a
cedem oni cantarono i l peane di Nettuno ,a cui nel di vegnente
Agesipoli offri un sacrificio
Verso 1 53 . I l tuo Lucente cocch io è in Ega , nel
profondo Del rumoroso pelago Omero , I liade , l ibro XI I I ,
verso 2 1 e seguenti .
Verso 1 7 2 . altri Eliconio Veggansi Omero ,
I liade , l ibro XXII I , verso 404 , e i com entatori a quel luogo ;
Pausania , l ibro VI I ; Eustazio , Com ento alla I liade , l ibro I I ,B eoz ia , verso 8 2 l
’
I nno a N ettuno attribui to ad Omero , verso 3 ,
e la nota al verso 1 93 .
Ivi. ed altri T ’appella Suniarato
— Nettuno fu ch ia
mato cosi , perché se gl i rendeva culto particolare in S unio ,
promontorio dell’Attica . Possono veders i Aristofane ne ’
Cava
lier i e negli Uccelli , e i l suo antico comentatore nell e note a
quelle commedie .
Verso 1 7 3 . A Sparta detto Sei Natalizio Pausania ,
l ibro I I I : TOÙ dedroov bè (roîi èv 17Î] Endom ) 013 3166600, 11008 1
86'
wog re îeoòv èor u. Psvsfi ltiov , no. ì. fiocî>o. K keoòa iov TOÙc’
Y7tltov ,
xaì OìBd7tov . Non lungi dal teatro (di Sparta ) sono i l tempio
di Nettuno Nata l izio e i monumenti eroici di Cleodeo figlio di
I llo e di Ebalo
Verso 1 7 4 . ed Ippodrom io a Tebe Pindaro ,
Ode I stm ica I , verso 7 8 .
2 6 1 VERS I
Verso 1 7 5 . « in Atene Eretteo P lutarco , Vita di
L icurgo ; Atenagora , A m basciata per li cr istiani , capo I ;E sichio , voce
’
Eosxfi sfig; Apol lodoro , B iblioteca ,l ibro I I I
, ove
si legge : erittonio
Ivi. Chiamanti Elate molti al tri Esichio ,voce
’
EÀtimg.
Verso 1 7 6 . di Trez enio Veggasi p lll sopra la
nota prima al verso 1 36 .
Verso 1 7 6 . 0 d ’
Istm io Pindaro , Ode OlimpicaXII I , verso 4 e seguente . I giuoch i istmici e l’ Istm o medesimo ,ove era un tempio di Nettuno mentovato da Pausania
,l ibro I l,
erano sacri a quel dio . I n eo (I sthmo) dice Pomponio Mela ,l ibro I I , capo 3 oppidum Cenc/zreae,fanum N eptuni, ludis, quos
ist/zm icos vacant, celebre » . Cal l imaco , nell’
I nno a D elo nomina
Cencri come luogo singolarmente sacro a Nettuno .
Verso 1 7 7 . I tessa l i Petreo Diconti Anche Pin
daro , Ode P itica IV , verso 246 , dei questo nome a Nettuno .
Verso 1 7 8 . ed altri Onchestio In onore di Net
tuno Onchestio celebravano i tebani una festa ricordata da
Pausania , l ibro IX . Veggasi la nota seconda al verso 1 92 .
Ivi. ed altri pure Egeo ti noma » .— Virgil io
, E neide.
l ibro I I I , verso 7 3 e seguente
Sacr a m ar i colitur m edio gratissim a tellus
N ereidum m atri et N eptuno Aegeo .
Licofrone , verso 1 35 , chiama Nettuno Aiya rò va , e P indaro ,
Ode N emea V , verso 68 e seguente , dice che egli soventi volte
recavasi all’Istm o ,
Aiyàfi sv , da Ega Veggansi i l passo di
Stazio nella nota prima al verso 1 92 . Omero , I liade , l ibro XI I I ,
verso 20 e seguenti , e Odissea , l ibro V , verso 38 1 ; l’
I nno a
N ettuno ascritto al poeta stesso , verso 3 ; Strabone , l ibro VI I Ie IX , e Stefano i l geografo .
Verso 1 7 9 . e Cinade Esichio , voce v o’
aòm .
Ivi . -e Fitalm io I l significato del nome <I>vroilt…og
Fitalm io non è abbastanza certo . E sichio dice essere que
INNO A NETTUNO 27
sto un epiteto di Giove 1 06 Cwoy6vov , cioè generatore di ani
mal i : da che potrebbe argomentars i che questo nome non fosse
diverso da quel lo di Fevéflìtrog, che io poco Sopra in quest’ inno
ho renduto « Natalizio Ma che cotesti siano due nomi dif
ferenti apparisce si da quest’
inno medesimo , come da Plutarco ,
che nel le S imposiac/ze , l ibro V , quistione 3 , riferisce i l nome
Fitalm io non agli animal i a cui appartiene l ’ altro Natalizio
ma al le piante ; ed è superfluo l’
osservare che q>uròv in effetto
val e pianta
Verso 1 80 . « Io dirotti Asfaleo , poiché salute tu rech i
a ’ naviganti » . Antico comentatore di Aristofane , note agli
A carnesi :’
Ao<pdìtewgHooeròdiv aragà’
Ai u iomg Ttp. tî 1:d t"
(va da
tpd 7tòg nÀéwow. « A Nettuno Asfaleo rendon culto gl i ateniesi ,
a fine di navigare al la s icura Strabone , l ibro I , parla di un
tempio Hooeròcîwog’
Aoq>a ltiov ,di Nettuno Asfaleo o Asfa
l ia al zato in certa isola da quei di Rodi . Veggansi i l luogodi Suida nel l a nota che segue ; Macrobio , S aturnali, l ibro I ,
capo 1 7 ; ed Eustazio , Comento al primo del la I liade , verso 36 ,
e al quinto , verso 334 e seguenti .‘
Aacpo'
zltu a vale sicurtzi
Verso 1 92 . Che Tenaro Com entator greco di Tu
cidide , note al l ibro I : Ta ivaoov, dngorrîguov Aaxcovmfig, îeoòv
Hoau òrî'
wog. Tenaro , promontorio di L aconia e tempio di Net
tuno Ari stofane , A carnesi .
'
O HOUS IOII W, èn‘
t Tawo'
zocp Usò;
Nettuno , i l dio che in Tenaro s’onora .
Staz io , Tebaide , l ibro I I°
A st ubi prona dies longos super aequora fi nes
ex igit, atque ingens m edio natat um bra profundointer iore sinu f rdngentia littora curvat
Taenarus, expositos non audax scanderefluctus.
I llic Aegeo N eptunus gurgite fessasIn por tum deducit equos .
Cornel io Nipote , Vita di P ausania : Fanum N eptuni est
Taenar i, quod violare nefas putant Graeci Pomponio Mela ,
2 8 1 VERS I
l ibro Il , capo 3 : I n ipso Taenaro, N eptuni templwn
Questo tempio a dir di Strabone , libro VI I I , era in un bosco ,
e per testimonianza di Pausania, l ibro I I I , somigliava una spe
lonca . Avanti ad esso era una statua di Nettuno , che onora
vasi in quel tempio sotto i l titolo di asfaleo , si come ne inse
gnano queste parol e di Suida : Ta ivagov, àngwrwìorov Aaxwvm fig,è'
vtla nal. Hoosuòc'
bvogiegòv’
AocpaMov : Tenaro,promontorio del la
Laconia , dove è pure un tempio di Nettuno Asfaleo S i ce
leb rava in Tenaro una festa ad onore di Nettuno ,della quale
è fatta menzione da Esich io alla voce Ta rvagiag. Possono ve
dersi Tucidide nel l ibro primo,Pl utarco nel la Vita di Pom
peo , e Stefano i l geografo .
Ivi . e l a sacra onchestia selva Omero , I liade ,l ibro I I . B eozia , verso 1 3
°
n noròv f)’îeoòv Hooeròfirov dyltuòv <oog.
Ed Onchesto
sacra a N ettuno luminosa se lva .
D ione Crisostomo, Or a z ione cor intiaca :
‘
Pòòog uèv°H7tiov,
°
n noròg Hooeuòcîwog: Rodi è sacra al sole , Onchesto a Nettuno Onchesto era città di B eozia . Pindaro nella quarta Ode
I stm ica , verso 33 ,chiama Nettuno
°
n rìorov oixéovt u ,« abi ta
tore di Onchesto Sono da vedere anche l ’ode I , verso 46 ;
Pausania nel l ibro IX ; E ustazio nel Com ento alla I liade , verso
citato , e più sopra la nota prima al verso 1 7 8 .
Verso 1 93 . E M icale Micale era un luogo della
Ionia , che E rodoto ,l i bro I , capo 1 48 , ch iama sacro situato
incontro a Samo,nel quale
,al rapportare di D iodoro , l ibro V ,
gl i abitanti di sette città del la Ionia s i adunavano per fare grandi
sacrifici di antica istituzione a Nettuno rà!'
Eltnwovicp, E l iconio
come dice Strabone . Questa festa ch iam avasi Havuòvra , cioè
ragunamento di tu tti que ’ della Ionia e ne fa menzione an
che Eustazio , Com ento alla I liade ,l ibro I I ; B eoz ia , verso 1 0 e 8 2 .
Ivi . e Trez ene ed i l pinoso Istmo ed Ega e Ge
resto S i veggano le note ai versi 1 36 , 1 7 6 e 1 7 8 .
ODAE ADESPOTAE
Lo scopritore dell’ I nno a N ettuno , dopo tutti gl i a ltri fram
menti rinvenuti nel codice ove lo s i contiene , hammi inviato
due odi che mi son parute degne d ’esser porte ai letterati : e
non avendo peculiare annotazione da farvi sopra , m’ ha ins ieme
trasmesso la sua letterale interpretaz ion latina e i suoi emenda
menti , perché qui l i pubbl icassi , s i come fo ; mettendo quella
accanto i l testo greco , e questi a piè del le facce . Le odi sono
intere , se non che mancano forse pochi vers i nel fine del la se
conda . M’
appaiono assai bel le , e di buon grado io le ascriverei
ad Anacreonte . Voleva i l m io amico che le trasportassi in vers i
italiani , ed io mi Vi sono provato e ne ho tradotto una , e poi
mi vi sono riprovato , e finalmente ho cancel lato tutto . Col ui
che disse rima e traduzione non essere compatibil i , a migl ior
dritto avria potuto dirlo di una traduzione di Anacreonte ; l a
qua le se non è più che fedelissima , se non serba un suono ,
un ordine di parole esattissim am ente rispondente a quel lo del
testo , e piombo per oro forbito , puro , lucidiss imo . Or come , in
tanta diffi coltà di trovare e ben collocar le parole , gittar tra que
ste rime che non siano stiracchiate e che appaiano spontanee ?
E già non si soffrirebbe una traduzione ital iana del le Odi di Ana
creonte senza rime . Ma queste non potranno dunque in verun
conto vol tarsi nel la nostra l ingua ? Altri potrà farlo , non io : e
questo basti ; che le mie forze posso io sapere , non le a ltrui .
Per mia parte , sosterrei volentieri togliers i tanto a quel le di
vine odi con tòr loro la l ingua di Anacreonte , che a ch i non
sa di greco sia possib il cosa conoscere (non dico intendere )Omero , Cal l imaco e qualche altro , ma Anacreonte non mai . I let
terati d ’ alto ingegno possono , credo , colla loro testimonianza far
che io non sia tenuto di scr iver qui un trattato che non da altri
sarebbe inteso che da loro .
I VERS I
QAH A.
E îg”
Eowr a In Am orem .
Koucòon 3101 sv film
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siloov"Eprom .
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QAH B .
E îg B el in/mr. In Lunam .
B oiflton’
Ùuveî.v Eskfivnv .
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àvauéh pousv, Zel.fivn,
ueréoogov àoyvoà'
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2 13 yào oùgowoîi xoovcofiou ,
fimîxov rs vvxròg àoxfiv
ueÀo'
wcov T°
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e g òveiocov.
Zè Oè x’
àoréoeg oé[îiovm 1
oògo.vòv uuravydì ovoow.
Ei) Sè Àevxòv d'
ou’
è7touîvsg
Àwraooxoòovg re :rro3Àovg
Ode 1 , verso 8 . L ega :‘
àM ’ot
’
:x éòg àv ànékitomg.
Ode I l, verso 1 . L egendum , quod constei m etr i ratio : Ùuvé sw.
Comata quondam in silva
dorm ientem Am orem deprehendi ;
et subito quidem adventans
nec sentientem vinxi
roseis vinculis .
puer vero ut experrectus est ,
vincula fregit , aitque :
ast non ita sane abires
tu,s i te ego vincirem .
Lunam cancre lubet .
Te , Luna , canem us
excelsam , os argenteam .
Tu enim coelum habens ,
quietae noctis imperium
nigrorum que somniorum tenes .
Te et Sidera honorantcoelum collustrantem .
Tu candidum agitas curt um
ac nitidos equos
APPRESSAMENTO DELLA MORTE
C AN T I C A
( 18 16)
Certi d ’a l tro m ai che di m orire.
V ITTORIA COLONNA.
Oper e V I I I .
CANTO PR IMO
Era morta l a lampa in occidente ,
e queto fumo Sopra i tetti e queta
de’
cani era la voce e de la gente
quand’
i’
, vol to a cercare eccelsa meta ,mi ritrova ’ in mezzo a una gran landa
,
bella , che vinto e ’ngegno di poeta .
Spandeva suo chiaror per ogni banda
la sorel la del sole , e fea d’ argento
gl i arbori che a quel loco eran gh irlanda .
I rami folti gian cantando al vento,
e mesto ros ignol che sempre piagne
diceva tra le frasche suo lamento .
Chiaro —
apparian da lungi le montagne,
e suon d ’ un ruscel letto che correa
em piea i l ciel di dolcezza e le campagne .
Fiorita tutta la piaggia ridea ,
e un’
ombra vaga nel la valle bruna
giù d’
una collinetta discendea .
Sprezzando ira di gente e di fortuna ,pel muto ca l le i ’ gia da m e diviso ,
cui vestia ’ l lume del la bianca luna .
Quel la vaghezza rimirando fiso ,
sentia l ’auretta che gli odori spande ,
mol liss ima passarmi sopra ’ l viso .
Se l ieto i ’ fossi è van che tu dimande .
Grand ’era ’ l ben ch’aveva , ed era
’ l bene
onde speme nutria di quel più grande .
36 I VERS I
Ah i , son fumo quaggiù l’ore serene !
Un momento è letizia , e’ l pianto dura .
Ah i , la téma è saggezza , error la spene .
Ecco im b runir l a notte , e fars i scura
la gran faccia del ciel ch ’era s i bella ,
e la dolcezza in cor fars i paura .
Un nugol torbo , padre di procel la ,
sorgea di dietro ai monti e crescea tanto
che non s i vedea più luna né stella .
Io ’ l mirava aggrandirs i d ’ogni canto ,
e salir su per l ’ aria a poco a poco ,
e al ciel Sopra mia testa farsi manto .
Veniva ’ l lume ad ora ad or più fioco ,
e’ntanto tra le frasche crescea vento ,
e sbatteva le piante del bel loco ,
e si facea più forte ogni m omento
con tale uno stridor , che svolazzava
tra le fronde ogni ange l per lo spavento .
E la nube crescendo in giù ca lava
ver ’ la marina , s i che l’un suo lembo
toccava i monti e l ’ altro i l m ar toccava .
Pareva loco d ’ombra muta in grembo ,
di notte senza lampa ch iusa cella ,
e crescea’ l buio a lo ’
ngrossar del nembo .
Già cominciava ’ l suon de la procel la ,
e di lontan s’
udiva urlar la pioggia
come lupi d ’ intorno a morta agnel la .
Dentro le nubi in paurosa foggia
guizzavan lampi e mi fean batter gl i occh i ,
e n ’era ’ l terren tristo e l ’ aria roggia .
I ’ sentia già scrollarm isi i ginocchi ;
ch ’ i tuoni brontolavano a quel metro
che torrente vicin che giù trabocchi .
Talora i ’ mi sostava e l ’ aer tetro
guardava spaurato e poi correa ,
si ch’
i panni e le chiome ivano addietro .
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 37
E ’ l duro vento col petto rompea ,
che gocce fredde , giù per l’ aria nera
soffiando . sopra’ l volto mi spignea ,
E’ l tuon veniam i
’
ncontra come fera
rugghiando orribilmente senza posa ,
e cresceva la pioggia e l a bufera .
E ne la selva era terribil cosa
i l volar fogl ie e rami e polve e sassi,
e’ l rom bar che l a lingua dir non osa .
I ’ non vedeva u ’ fossi ed u ’ m ’andassi
tant’
era pien di dotta e di terrore
che non sapca più star né mover passi .
Era ’ l balen s i Spesso che bagliore
s’
accendea sempre e mai non era spento ,
perch’
al fine i ’ ristetti a quell’
orrore ,
e mi rivols i indietro ; e’n quel momento
si stinse lampo e tornò buia l ’etra
ed acquetossi’ l tuono e stette ’ l vento .
Taceva ’ l tutto , ed i ’ era di pietra
e sudava e tremava che la mente ,
come rimembra , per l’
orror s’arretra ;
e palpitar si facea più frequente :
qua'
ndo , com’
astro che per l ’aer caggia ,
un lume”
scese e fém m isi presente .
Splendeva in quella tenebria selvaggia
si chiaro che v incea vampa di foco ,
qual fornace di notte in muta piaggia ,
e splendendo cresceva a poco a poco ;
e’n mezzo vi pareva uman sembiante
vago s i ch ’ a ritrar mio stile è roco .
Ed i ’ tremava dal capo a le piante ,ma pur dolcezza mi sentia nel petto
in levar gl i occhi a que l che m ’ era innante .
B ianco ves tia lo Spirto benedetto ,
raggiante come d ’
espero la s tel la ,
e avea ’ l crin biondo e giovenil l’ aspetto .
I VERS I
Io l’Angel son che tua natura abbel la ,
tua guardia (e su i ginocch i al lor cascai )cominciò quegl i in sua santa favel la .
La gran Signora da ’ sereni rai
mandommi c ’ ha di te pietade in cielo ;
poco t ’ è lunge ’ l di che tu morrai .
I ’ mi fei bianco in volto e venni gelo ,
attonito rimasi e mi sentia
ritrarsi core ed arricciars i ’ l pelo .
E muto stetti , e pur volea dir : S ia ,
0 S ignor , quel ch’ è fermo in tuo consigl io ,
ma voce de l la strozza non uscia .
E sol potei chinar la fronte e ’ l cigl io ,
e caddi al suol boccone ; e quegl i al lora
levommi a un tratto e : Fa ’
cor disse . o figlio .
Non ti dolga di tua poca dimora
in questa piaggia trista , e non ti caglia
ch’
ancor del quarto lustro non se ’ fora .
Or ti parrà da quanto aspra battagl ia
voler sia de l’
Eterno che for esca ,
e come umana gente si travaglia ,
e quant ’ è van quel che le m ent i adesca ,
ed ammiranda vision vedrai ,
per che gir di qua lunge non t incresca .
E poi soggiunse : M ira ! ed i ’ mirai .
40 I VERS I
E nutri speme pazza e vogl ia bassa ,locando suo desire in cosa vana ,ed amò ben che , quando giugne , passa .
Quel vergognoso là che s’
allontana ,
è prence tristo per cui del itto
tant’
alta venne la virtù romana .
Appio è quel la che conto a voi fe 1 dritto ,
pel cui malvagio amore un ’altra volta
Roma fu lieta e suo tiranno afflitto .
Antonio è que l che lamentar s’
ascolta ,
e di suo fato no , ma par si l agne
sol che sua donna scaltra gli sia tolta .
Vedi Parisse più vicin che piagne
I l io in favi l le e la reggia diserta
e morti i frati e serve le campagne
e d ’erba e sass i la città coverta
e fu cagion di tanta doglia amore ,
e vedi quel c ’ ha si gran piaga aperta .
E Turno , e per Lavinia è suo do lore ,per ch i di mort i fe ’ s i gran catasta
quel ch ’al Teb ro m enò le teucre prore .
Vedi Sanson colà che mal contrasta
a Dalila , e’ l gran re ch ’ anco s i dole
che sapienza contr’
am or non basta .
M ira quell’
alm e quivi che van sole
con l a faccia scarnata e ciglio basso ,
e m ovon lente e senza far parole.
Vestal i furo , e sotto fiebil sasso
m enolle dura legge e crudo foco
di per loro a compor lo corpo lasso .
Vedi quanti ha malconci ’ l tristo gioco ,
e perduti ha i l furor di vogl ia insana ,
che tempo lungo a noverargli è poco .
Guata quel truce là ch ’ a la cristiana
fede apri lato , e che nel suol britanno
di giusto sangue fe ’ tanta fontana ,
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 4 1
e per amor , di re venne t iranno ,
e m andò giù tant’
alm e a l ’ aria bruna ,
si ch ’anco t dura e sarà eterno ’ l danno ;per ch i d ’
Anglia tal frotta si rauna
e m ugulando s’
addossa e s i preme
qua l sozzo gregge a la ’
n fernal laguna .
D’
infinita sciaura amor fu seme,
che non sua sol ma van m ill’
alm e ogno ra
per lui ’
ve’ l tristo eternamente freme .
Oh m iser’Anglia che tanta dimora
fai ne l ’errore , e non t i basta’
l l ume
de la mental tua lampa a uscirne fòra ,
e già tutto conosci forche’ l nume
,
e cieco nasce e non vi pensa e m òre
tuo popol gramo vinto dal costume .
Poi sospirando disse : Or vedi , amo re
com ’ è crude le al mondo , e com’ è duro
far ch ’ e ’
non giunga a palpeggiarti core .
Sapienza non è si saldo muro
che nol dirompa forza di suo strale ,
e chi men l ’ ha provato è men s icuro .
E se l ’ alma infermo di tanto male
e sente l’
aspra punta , ov’
è la -pace ?
e se pace non è , viver che vale ?
S i come ch i per poi soggiunger tace ,
quel tacque , ed i’
m i V idi un mesto avan te
giovane e ta l che d’ello anco mi spiace .
Tanto mi vinse suo fieb il sembiante
che l’
Angel di suo nome interrogai ,benché mio dir sonava ancor tremante .
E quel rispose : Da sua bocca udrai
contar suo fa l lo e di suo fa l lo i danni .
E l’
approcciam m o , ed i’
l’
addim andai.
Ugo fui detto , e caddi in miei verd’
anni,
e me Ferrara tra suoi forti avria ,
se non fosse ’ l mio padre infra ’ t iranni ;
4 2
1 20
I VERS I
disse , e ristette e quasi s i pentia,
poi segui to : M i trasse al punto estremonon so se di mio fato 0 colpa mia .
I ’ membro l’
ora , ed in m em b rarla fremo ,
che prima vidi le sembianze ladre
per ch ’ in eterno fra quest’
alm e gemo .
Vidi la donna misera che’ l padre
erasi aggiunta , ma che’ l tristo letto
non fe ’ bel lo di prole e non fu madre .
E cura inquieta mi senti i nel petto
che parea dolce , ma la voglia rea
vanez z a e tedio fem m i ogni diletto .
I ’ fea contesa e forse ch ’ i ’ vincea ,
ma un di fui sol con quella in muto loco ,
e bramava ir lontano e non volea ,
e palpitava , e’ l volto era di foco ,
e al fine un punto fu che’ l cor non resse ,
tanto ch’
i’
dissi : T ’ amo e’ l dir fu roco .
Vergogna al lor sul ciglio mi s ’
im presse ,
e la donna arrossar vidi e gir via
senza far motto , come lo sapesse .
Poi nulla i ’ fei , m a tanto più che pria
divam pò’ l foco al soffi o di speranza ,
ch’
arder le vene e i polsi i ’ mi sentia .
Al lor che tratto di m ia queta stanza
fui d’arm ato drappello in su la sera
con ferita ch’
ogni mio dire avanza ,
e dentro muta torre in prigion nera
ch iuso che"ndarno i l genitor chiamava ,
immobil tra catene come fera .
Stupido e sol rimasi in quel la cava
ricercando mia colpa , ed oh dolore
in ricordarmi di m ia voglia prava !
Era giunta la notte a le tard’
ore
che tace e per le vie gente non passa ,
quando fioco romor sentii di fòre .
A PPRESSAMENTO DELLA MO RTE 43
(0 Ital ia mia dolente,o patria lassa
che quant’
alta a ’ bei giorni tanto cruda
fosti a ’ più neri , e tanto ora se’ bassa ,
ben sei di luce muta e d ’ onor nuda ,
che tigre fosti quando era tua possa
e or se ’ pietosa ch’
uom per te non suda ! )
Orrendo un gel mi sdrucciolò per l ’ossa ,
e mancar senti i ’ l fiato e ’ l cor serrarse
quand’
a l ’nscio udii dar la prima scossa .
Sonàro i ferri a l suo disch iavacciarse ,
e segui di persona un calpestio ,
e di lontana fiamma un chiaror parse .
Come chi vide ’ l lampo che fuggio ,
aspetta lo fragore e sta sospeso
tal senza batter ciglio mi stett ’ io .
E ’ l genitore entrar che tenea steso
i l destro braccio e ne la man mira i
un ferro e ’n la sinistra un torchio acceso .
Morta è disse tua druda e tu morrai .
Su le ginocchia i ’ caddi in quel momento
piagneva e volea dir : M io padre , errai .
Ma la punta a m ia gola e’
ficcò drento,
e caddi con la bocca in su rivo lta ,
e’ l vital foco tutto non fu spento .
Parvem i che l’
acciaro un ’ altra volta
alzasse , e di vib rarlo stesse in forse ;
poscia , com’
uom che di lontano ascol ta ,
l ’ udu cercar de l’ uscio : indi rito rse
i l passo , e’n cor piantom m i e lasciò
’ l brando ,
per che l ’ultimo gh iaccio la mi co rse,
e svolazzo lo Spirto sospirando .
I VERS I
CANTO TERZO
I ’ lagrim ava gta per la pietate
di quel la m iser’
alm a che perduta
aveva suo fal lo e a ltrui crudelitate ,
e ’ l ciglio basso e l a bocca era muta ,quando ’ l celeste : Guata la quel duce
disse , c ’ ha man grifagna ed unghia acuta .
E lî
Avariz ia , e dietro si conduce
gregge che ’ n vita fu de l ’ oro amico
non perché val tra voi ma perché luce .
Del nome di que’ duri io non t i dico
,
che non sudar perché sapesse mondo
quando lor tempo avria chiamato antico .
Ve’ c ’ han sul col lo di gran soma pondo
e van carpone e’ l capo in giù pendente
,
si che lor‘
faccia è presso d ’
ogn’im m ondo ,
però che prona al suolo ebbet la mente ,e di gloria e del cie l non ebbet cura ,
vivendo in terra come morta gente .
Or vedi quanto è trista e quanto è dura
vostra vita mortal , che fango e ’ l fimo
più che la gloria e’ l ciel per voi s i cura .
B en Sète fatti di terrestre l imo ,che tanta gente cerca morta terra ,
per lo suo fine e per l’autor suo primo .
E pur bell’alm a vostro corpo serra
perché ricerchi e trovi ’ l sommo amore ,
che pace è vostro fin , non questa guerra .
Qui tacque, e venne pall ido ’ l chiarore ,
ch ’ iva al iando fosca tenebria
come nottola oscena , in quell’
orrore .
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 45
Venia gigante al tissimo ,
’ l seguia
lungh issim’
om bra piena d i spavento ,
cieco cosi che brancolando gia .
Correa da prima ratto come vento ,
poi tenne ’ l passo per lo buiO calle ,
si ch ’ iva al fine come neve lento .
Gli era infinito esercito a le spal le ,
e di voci facea tanto certame
che tutta piena d ’eco era la va l le .
Ivan latrando quel le gent i grame ,
e su lor crespa fronte e su l a cava
lor mascel l a parea seder l a fame .
A l l ume i ’ gli scorgea che s’
avventava
da le angel iche forme ai visi smorti ,
e men chiaro e più fioco ritornava .
Questi tenner sentieri oscu ri e torti
in cercar verità lo Spirto disse ,
d’
errar volenterosi , o malaccorti .
Vedi colui che cosi presto visse ,Zoroastro inventor di scienza vana ,
e quel che ’nsegnò tanto e nul la scrisse
i ’ dico Samio mastro che l ’ umana
m ente fe ’ vil cosi che la ridusse
a starsi con le fère in bosco e ’ n tana ;e quel da C itte che tanta produsse
gente al dolor si come al piacer dura
e l’
Abderita che l a mente strusse ;e la Cinica turba che sicura
da error non fu sotto ’ l cencioso panno,
e’ l lercio duce de la mandra impura .
Ve’ come sol i e pensierosi vanno
Socrate e Plato e’ l magno di S tagira ,
sdegnando gregge e 10 comun tiranno .
Guata la que ’ nefandi pieni d ’ ira
contra l’ E terno , Sopra la cui testasolcato da baleni un turbo gira .
I VERS I
E sé ntigli u lular come foresta
al lor che’n furia
’ l vento , e che rimbomba
per l ’aer fosco voce di tempesta .
Oh quanta gente è qui che ne la tomba
non è fatta anco polve , oh quanta gente
al disperato lago or tra lei piomba !
Come brulica giù l ’onda bol lente
per dolor cui fe ’ vano i l grande acquisto
spietato inganno di corrotta mente !
Oh menti sciagurate , oh mondo tristo
cui lo pens ier del vero tanto spiace
ch e par vergogna i l ragionar di Cristo !
Già contra ’ l ciel latrava , ed or si tace
tua gente in guisa d’
uom che non si cura ,
come a D io conceduta abbia la pace .
Vedi soggiunse , o figlio , com e scura
vostra terrena via piena di dogl i a ,e com
’
è fral quaggiù vos tra natura ;che tanta gente di seguir s
’
invoglia
quel gigante colà , ch’
è’ l tristo errore
,
e tanto ignara i l fa contra sua voglia .
Quanti cercar saggezza e saldo onore
che trovar fama tetra e falsitate ,
e lor fu vano i l trapassar de l’ore !
Oh savissim e sole , oh avventurate
l ’alme che ricercar del sommo B ene !
fumo già non trovar né vanitate .
Dièr soda meta a lor non dubbia spene ,bramando uscir d i questa terra bassa
u ’ torpe error che cosi presto viene .
Però ’ l gigante che tant’
om b ra lassa
Sopra ’ l dolente esercito seguace ,
venne si ratto e cosi lento passa .
Già la piaggia parea tornare in pace
pel lontanar di quel la turba folta
Sopra cui’ l l ume eternamente tace .
I VERS I
guastar campagne e a l pavido cultore
messa la man tra le sudate chiome,
di sua casuccia trascinarlo fòre
bril lar tra morti e ’
nsanguinati come
l ion che ’n belva marcida si sfama ;
rider tra genti lagrimose e dome .
Dunque far solo i l mondo è vostra brama,
e’ l viver vostro è per l ’ altru i morire
,
e si tra voi si viene in seggio e ’n fama ?
Ve’ di quegl i aspri le sembianze dire
lo cui passaggio al mondo fu guadagno ,
e’ l natale e l a vita fu martire .
M ira colui che nome ebbe di magno ,
e fe’ di sangue egizia frode rossa ;
e’ l Fel ide che piange suo compagno ,
e guerra m aladice e l a sua possa ,e presso ha re de ’
re che’] teucro l ido
00pri di spoglie sanguinose e d ’ossa ,
e vincitor peri d i ferro infido ,
e per guerra perde la l uce e regno ;
e quel che ’nvan divenne a tanto grido
i l macedone i ’ dico , c’ ha disdegno
però ch ’ i r vana da la morta valle
di sua man l ’opra vide e di suo ’
ngegno
e Ciro e B renno e Pirro ed Anniballe
che grandi un tempo e fur mesch in i al lora
che fortuna lor dato ebbe le spal le ;
e come sol per nembo si scolora
vider lor fama inteneb rarsi, e po i
venir pal l ida e muta l’ultim’
ora .
Cosi passa fortuna degl i eroi ,
e la gran mole in un sol di fracassa
che tanto pianto fe ’ versar tra voi
com’
onda a gl i astri sorta che s’
abbassa
e cade in un baleno e al pian s’
agguaglia ,
e di suo levamento orma non lassa .
200
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 49
Tacque , e cadeva suon de la battaglia
che giva di colei per 10 sentiero
che tutto ’ l mondo misero travaglia .
E mostro altro pareva onde più fèro
non vede orma stam par su neve 0 sabbia
lo Scita algente 0 divampato Nero .
Aveva umane forme e umana labbia ,e passeggiar parean la guancia scura
l ’ invidia fredda e la rovente rabbia ,
e a suo passaggio ab brividir natura ,
seccars i l’erbe , e tremolar le piante
scro'
l lando i rami come per paura .
Nel buio viso l ’occhio fiammeggiante
a carbon tra la cenere , che splenda
so l ingo in cieca stanza , era sembiante .
A l crin gl i s ’
attorcea gemmata benda ,
e scendea regio manto da le spal le
com’
acqua bruna che di rupe scenda .
Sprizzato era di sangue e per lo cal le
di sangue un lago fea la sozza vesta ,
che in dubbia e torta striscia iva a la va l le .
S eguialo incerto rombo di tempesta ,
ed egl’iva sospeso , e ogni momento
i l serto si cercava ne la testa .
Parea pien di sospetto e di spavento ,
guardavasi d’ intorno , e tenea
’ l passo
al suon de ' rami e al transito del vento .
Ecco ’ l gran vermo d ’uman sangue grasso ,
l o qual però che mondo ha ’n sua ba l ia ,
ben si conviene andar col cigl io basso .
Ecco ’ l figliuol di vostra codardia
cominciò quegli , ecco la belva lorda ,
ecco la perfid’
,ecco Tirann ia .
Quella che sempre vora e sempre è ’ngorda ,
quel la ch ’ è cieca come marmo al pianto ,
quel la ch’
è al prego come bronzo sorda .
50 I VERS I
0 mondo gramo , e se’ codardo tanto
ch’
uom su tuo ’ seggi può seder sicuro
di sangue intriso la corona e manto ?
E quando etade ha suo passar maturo ,
passa ’ l tiran già sazio , e allor pur anco
t rovar chi ’ l biasmi e ch i l’
accusi è duro ?
e di sofi'
rir quest’
orsa non se ’ stanco
che ti fi cca e rificca l’ungh ia e
’ l dente
nel rosso petto e’n 10 squarciato fianco ?
Oh sciagurato mondo , oh età dolente ,oh progenie d ’abisso atri tiranni ,oh infamia eterna de l ’umana gente !
Quest’è la bestia che da ’ tuoi verd ’
anni
t ’ arse di rabbia , e del cui lercio sangue
tinta bramasti aver la mano e i panni .
Quest’
è l’
orrib il idra, quest
’
è l ’ angue
che gonfia sopra ’ l mondo alz a la cresta ,perché virtude è morta e saper langue .
Vedi come la piaggia si fa mesta
al passar de la fera , e ve ’ pugnale
ch ’ ha per iscettro , e sangue che calpesta .
Vedi nefando stuol che fu mortale
a lo sgraziato mondo , e da cui’ l mondo
non ebbe che’ l campasse brando 0 strale .
Vedi T iberio là , vedi l’
im m ondo
gregge di'
que ’ che ne l’
età più nera
Italia tua gravàr di tanto pondo .
Ve’ ’ l furbo più vicin che Spinse a sera
la lib ertà romana , e m’ ebbe fama ,
e ancor d ’amici al mondo ha tanta sch iera .
Ve’ Periandro 10 tristo che brama
tenne d ’aver tra ’ greci saggi onore,
e sua Corinto misera fe ’ grama .
Pur ve’
che di vergogna e di furore
arse talor la gente , ed avventosse
col ferro nudo del tiranno al core .
APPRESSAMENTO DELLA MORTE S I
A l lora'
Arm odio vidi ch ’avea rosse
le man de l’em pio sangue , e per man rea
cadde , e per fama a un punto rilevosse .
E ’ l gran corintio vidi che piangea
sul prosteso fratel che venia manco
pel colpo onde suo brando lo spegnea .
E B ruto del tiranno aprir 10 fianco ,
e del romano imperador primiero
squarciato petto vidi e ’ l volto bianco .
I ’ tenea ’ l guardo fiso ed il pensiero
a quella truce vista , allor che sparse
ogni ch iarore , e’
l ciel si fe ’ più nero ;
e’n un momento ’ l vidi spalancarse
uscinne un tuono , e un fulmine strisciosse
per l’
etra , e su l a fera cadde e l’
arse ,
e misto di favi l le un fumo alz osse .
I VERS I
CANTO QUARTO
Tornò la piaggia queta : allor che Sopraoscuro carro apparse un che si stava
immoto in guisa d ’ uom cui sonno copra .
Sedeva , e sopra petto gli cascava
la testa ciondolante , e carro gia
come va carro cui gran pondo grava .
Testuggini ’ l traeano , e per la via
m oveasi taciturno e cosi lento
che suon di rota o sasso non s’
udia .
Vedi ’ l Celeste disse — quel c ’
ha spento
la fama e ’ l grido di que ’ magni tanti
lo cui rinomo è gito come vento .
Vedi che ’ntorno al carro e dietro o innanti
va quel la gente trista lo cui volto
tutto è ’nvoluto entro suoi lungh i manti .
Questa die ’ tempo lungo e sudor molto
per viver dopo ’ l passo , e tutto’ l frutto
de l ’opra sua quel suo signor gli ha tolto .
Or muto di suo nome è ’ l mondo tutto :
pur die ’la vita perch
’eterno fosse ,
e’l m ertava quant
’altri, e que ’ l ’ ha strutto .
O sventurata gente , e che ti mosse
a ricercar quel che da obbl io si fura ,si che giace tua fama entro tue fosse ?
Oh vita trista , oh miseranda cura !
Passa la vita e vien la cura manco ,
e frutto insiem con lor passa e non dura .
Quando posasti i l moribondo fianco ,
dicest i : Assai vivemmo , e non fia m ai
che nostro nome di sonar sia stanco .
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 53
M isera gente , ah non vivesti assai
per trionfar d’
ob b lio che' tutto doma
invan per te vivesti e non vivrai .
Quanto m e’ fa colui che non si noma
al mondo no , ma nom erassi in cielo
quando deposto avrà la mortal soma !
Lui dolcezza sarà lo final ge lo ,
né teme obbl io , ch’
avrà l a terra a sdegno
quando vedrà ’ l gran B el lo senza velo .
Or ti rafforza , o mio povero’ngegxio ,
e t ’ aiti colui che tutto move ,
ch é dir t ’ è d ’ uopo di suo santo regno .
Or prendi a far quaggiù l ’ ultime prove ,ora a mia bocca ispira i l Canto estremo .
Cose altissime canto al mondo nOve .
Ve’ quel soggiunse , e
’n riperisàrvi io tremo ,
che solcando si va questo mar tristocon iscom m essa barca e fragil remo .
Assai travaglio , assai dolore hai vistoor leva guardo a le superne cose ,
or mira ’ l frutto de l divino acquisto .
I ’ sol levai le l uci paurose
inver ’ 10 cielo , e vidi quel ch ’
appé iià
m ie voci smorte d i ridit son 0Sè .
Come quando improvviso S l serena :
i l ciel già fosco sopra piaggia bella ,
e sol ridendo torna e ’ l di rim enà ,
e’ l 1000 sua letizia rinnovella
mentre in ogn’altra parte è ’ l ciel p1u nero
e tutto intorno chiuso da procel la
cosi lassuso in mezzo a l’em ispèro
fendersi vidi i nugol i e squarciarse ,
e disfogando i rai farsi sentiero .
E poi l’aperta vidi dilatarse ,e crescer lo splendore a poco a pOcO,
si che lucido campo in cielo apparse .
I VERS I
Lume di sole a petto a quello è fiocoche rifietteasi
’n terra e suol fea vago
bril lando tra le fogl ie del bel 1000 ,
qual da l impido ciel su queto lago
cinto di piante in ermo loco i l sole
versa sua luce e sua tranquil la imago .
Qui vengon manco al ver le mie parole ,ch ’ i ’ vidi cose in mezzo a quel fulgore ,cui dir non può la l ingua , e
’ l pensier vòle .
Vidi distesa piaggia onde ’
l colore
e’ l fiorire e
’ l gioire a la bel tate
m’
aprîr la mente e dilatarmi ’ l core .
Canti s ’ udian s i dolci che di state
men caro è sul meriggio in riva a un fiume
udir gl i augell i e l ’aure innamorate .
Splendean l’
erbette di si vago lume
che luccicar men vagh i a l a mattina
i rugiadosi prati han per costume .
E la luce era tanta , che l a brina
al sol m en chiaro splende , e m en raggiante
splende a l sol bianca neve in piaggia alpina .
Intrecciavansi i raggi tra le piante ,
e rifletteansi in onde tanto ch iare
che quel fulgor quaggiù non ha sembiante .
Come se viva lampa a un tratto appare
in tenebrosa stanza , ch i v’ è drento
forz ’ e che l ume con la m an ripare
si mi vinser que ’ raggi in un momento
per che l’
um ide luci i ’ riserrai ,
che’ l poter venne manco a l’ardim ento .
E l’
Angel disse : M ira ! ed i ’ levai
lo sguardo un ’altra volta , e vidi quanto
nostra sola virtù non vide mai .
Alme vestite di lucido manto
ivan per quelle vie del paradiso ,
sciolte le labbra al sempiterno canto .
I VERS I
Oh dolce pianto , oh fortunato lutto ,
oh vento che’ l nocchier sospinse al porto
u ’ nol conturba più vento né flutto !
I ’ stava in quella vista tutto assorto
quando repente correr come strale
un lampo vidi da l’
occaso a l ’orto .
A l lor per l ’ aria tutta batter l ’ale
ruggh iando i quattro venti , e’ l tuon mugghiare
dal boreal deserto al polo australe ,
e sbattersi da lungi e dicrollare
lor cime i monti , e dal profondo Seno
metter continuo cupo ululo i l mare ,e l ’aria farsi roggia in un baleno
come le nubi a sera in occidente ,e sotto a
’
piedi ansando ir lo terreno ,
e ruscel che venuto era torrente ,
Spum ar , fumar con alto gorgogl io
si come in vaso al foco onda bol lente.
Quando con suon vastissimo s’
aprio
in mezzo a l santo loco i l ciel più addr'
ento ,
e allor cademmo al suol l’Angelo ed io .
E tra sua luce sopra firmamento
apparve Cristo e avea la Madre al fianco,
e tutto tacque e stette in quel momento .
Cosi smarriss i 10 ’ntelletto stanco
quando l’Angel mi fe’ levar lo viso ,
che’ n 10 m em b rar la voce e cor vien maric0.
Vidi Cristo , e non sono in paradiso ?
e Maria vidi , e’ n terra anco mi veggio ?
e vidi ’ l cielo , e altrui pur lo diviso ?
O Cristo , o Madre , 0 sempiterno seggio
u ’ celeste si fa nostra natura ,
che narrar di voi posso e che dir deggio ?
T’
allegra omai , chè tua stagion”
mati na
disse 10 Spirto ,— e sei presso a la sede
ove letizia eternamente dura .
2 00
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 57
Cristo e l a Madre vede , e sol non vede
tuo mortal guardo quel che veder mai
non può da questo mondo altro che fede .
Quel la nube tel cel a da ’ cui rai
lo fiam m eggiar di cento sol i è vinto ,
dove pur di mirar forza non hai ;
dico la somma Essenza , inver’ cui spinto
è dal cor suo , ma ch’
a mirar non basta
uom da suo corpo a questa terra avvinto .
Cònto t’
è’ l mondo omai , conta la vasta
solitudin terrena ov’uom o ad uomo
ed a se stesso ed a suo ben contrasta .
Vedesti i frutti del piagnevol pomo ,e
’ l cercar gioia che’n dolor si muta ,
e le vane speranze e’ l van rinomo
come dietro ad error sen va perdu ta
tanta misera gente , e come tanti
visser per fama di cui fama è muta .
Vedesti i fèri guai , vedesti i piant i
che reca armato chi ragion non pre'
zza ,
e i crudi gioch i e i luttuosi vanti .
Che far nel mondo vostro dovè spezza
sue leggi e suo dover lo rege ei pure ,e misero d iviene in tant
’
altez z a ,
se non cercar del cielo , ove sicure
son l ’alme dal furor de l a tempesta ,e téma è morta e l e roventi cure ?
E lo cie l t i si dona . Omai t ’appresta ,
ché veduto non hai sogni né larve
certa e verace vision fu questa .
Presso è ’ l di che morrai . Qui tutto spa'
rve .
I VERS I
CANTO QUINTO
Dunque morir bisogna , e ancor non vidi
venti volte gravar neve ’ l mio tetto,
venti r ifar le rondinelle i nidi ?
Sento che va languendo entro m io petto
la vital fiamma , e’ntorno guardo , e al mondo
sol per me veggo i l funeral mio letto ;e sento del pensier l ’ immenso pondo ,
si che vo ,
’ l labbro muto e’ l viso smorto ,
e quasi mio dolor più non ascondo .
Poco andare ha mio corpo ad esser morto .
I ’ mi rivolgo indietro e guardo e piagno
i n veder che mio giorno fu si corto ;
e’ n mirar questo misero compagno
cui mancò tempo si ch’appien non crebbe ,
dico : M isero nacqui , e ben mi legno .
Trista è la vi ta , so , morir si debbe ;ma men tristo è ’
l morire a cui la vita ,
che ben conosce , u’
spesso pianse,increbbe .
I ’ piango or primamente in su l ’uscita
di questa mortal piaggia , che mia via
ove l ’ altrui comincia ivi è finita .
I ’ piango adesso , e mai non piansi pria
sperai ben quel che gioventude spera ,quel desiai che gioventù desia .
Non vidi come speme cada e pèra ,
e’ l desio resti e mai non venga pieno
,
cosi che lasso cor giunga la sera .
Seppi , non vidi , e per saper , nel seno
non si stingue la speme e non s’
acqueta ,
e desir non si placa e non vien meno .
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 59
Ardea come fiam m ella ch iara è l ieta ,
mia speme in cor pasciuta dal desio
quando di mio sentier vidi l a mèta
allora un lampo la notte m’
aprio ,
e tutto cader vidi ; al lor piagnendo
ai miei dolci pensieri i ’ dissi : Addio !
Già l’avvenir guardava , e sorridendo
dicea : Lucida fama al mondo dura ;fama quaggiù sol cerco e fama attendo .
M isero ’ngegno non mi die ’ natura .
Anco fanciul lo son : m ie forze sento :
a volo andrò battendo ala s icura .
Son vate : i ’ salgo e ’ nver ’ lo cie l m ’
avvento ,
ardo , fremo , des io , sento la viva
fiamma d ’Apollo e soprum an talento ;
grande fia che mi dica e che mi scriva
I tal ia e mondo , e non vedrò mia fama
tacer col corpo da l a morta riva .
Sento.ch ’
ad alte imprese il cor mi ch iam a
a morir non son nato , eterno sono
ché’ndarno
’ l core eternità non brama .
Mentre ’
nvan mi lusingo e’
mvan ragiono ,
tutto dispare , e mi vien morte innante ,
e mi lascia mia speme in abbandono .
Ah i ! mio nome m orra. S i come infante
che parlato non abbia , i’ vedrò sera ,
e mia morte al nata l sarà sembiante ;
sarò com ’ un de l a volgare schiera ,e morro come mai non fossi nato ,
né saprà mondo che nel mondo io m’era .
Oh durissima legge , oh crudo fato !
qui piango e vegno men , che saprei morte ,obb livion non so vederm i a l lato .
Viver cerca i quaggiù d ’
età più forte ,
e pèro e ’ncontr
’
a obbl io non ho più scampo,
e cedo , e m e trionfa ira di sorte .
I VERS I
Morir quand’
anco in terra orma non stampo ?
né di m e l ascerò vestigio al mondo
maggior ch ’ in acqua soffi o , in aria lampo ?
Ché non scesi bambin giù nel profondo ?
e a che , se tutto di qua suso ir deggio ,
fu lo materno sen di m e fecondo ?
Eterno D io , per te son nato , i l veggio ,
che non è per quaggiù lo spirto mio ;per te son nato e per l ’eterno seggio .
Deh ! tu rivolgi lo basso desio
inver ’ lo santo regno , inver’ lo porto .
0 dolci studi , o care muse , addio .
Addio speranze , addio vago conforto
del poco viver mio che già trapassa
itene ad altri pur com ’ i ’ sia morto ;e tu pur , Gloria , addio , ch é già s
’ab bassa
mio tenebroso giorno e cade omai ,e mia vita sul mondo ombra non lassa .
Per te pensoso e muto arsi e sudai ,e te cerca avrei sempre al m ondo sola ,
pur non t ’ebbi quaggiù né t ’avrò mai .
Povera cetra mia , già mi t’ invola
la man fredda di morte , e tra le dita
lo suon mi tronca e’n bocca la parola .
Presto spira tuo suon , presto mia vita
teco finito ho questo ultimo canto ,
e col mio canto è l’opra tua compita .
Or , bianco viso e l ’occh io pien di pianto ,
a te mi volgo , 0 Padre , 0 Re supremo,
o Creatore , o Servatore , 0 Santo ,
tutto son tuo . Sola speranza , io tremo
e sento cor che batte e sento un gelo
quando penso ch’
appressa i l punto
Deh m ’ aita a por giù lo mortal velo ,
e come fia lo spirto uscito fore ,
nol merto no , ma lo raccogl i in cielo .
APPRESSAMENTO DELLA MORTE 6 1
T ’amai nel mondo tristo , o sommo Amore ,
innanzi a tutto , e fu quando peccai ,
colpa di fral, non di perverso core .
0 Vergin D iva , se prosteso mai
caddi in m em b rarti, a questo mondo basso ,
se mai ti dissi Madre e se t ’amai ,
deh ! tu soccorri lo spirito lasso
quando de l ’ore udrà l ’ultimo suono ,
deh tu m’
aita ne l ’orrendo passo .
0 Padre , o Redentor , se tuo perdono
vestirà l ’alma , si ch ’ io mora e poi
venga timido spirto anzi a tuo trono
e se mondo cangiar co’ premi tuoi
deggio morendo e con tua santa schiera ,
giunga ’ l sospir di morte , e poi che’ l vuoi ,
mi copra un sasso , e mia memoria pèra .
S ONETT I
IN PERSONA D I SER PECORA FIORENT INO B ECCAIO
( 1 8 17 )
S ONETTO PR IMO
I l Manzo a dimenarsi s i sollazza ,
cozza col muro e vi si dicervella ,
con la coda si scopa e s i fiagella ,
scote le corna e mugge e soffi a e razza ,
con l ’ ungh ia alza la polve e la sparnazza ;bassa capo , rincula e s
’
arrovella ,
stira la corda , stringe la masce lla ,
e sba lza e salta e fin che può scorrazza .
Dàlle al muro : oh per certo e’ gli vuol male .
Ve’ come gl i s ’
avventa . Animo ! guata
se non par ch’
aggia a farne una focaccia .
Oh gli è pur duro , Manzo , quel rivale .
Va , Coso , e tasta d ’ una tentennata,
e gl i’
nfuma le zampe e glien’allaccia .
E s’
oggi non gl i sch iaccia
i l magl io quel le corna e quel capone,
vo’ gir sul cata letto a pricissione .
G . LEOPARD I , Opere V I I I .
I VERS I
SONETTO SECONDO
Su, scaviglia l a corda . Oh ve ’
, gavazza
e tripudia e bal lonzola e saltel la
non dé ’ saper che bue qui s i macella
via,per saggio , lo tanfana e lo spazza ;
via gl i fruga la schiena e gl i spelaz z a :
e’
dà nel foco giù da la padel la.
Le corna gl i ’
m pastoia e gl i’
ncappella ;
ammanna la ferriera , e to’ l a m azza .
S u, Cionno , ravvilùppati grembiale ,
gl i avvalla i l capo , cansa la cozzata ,
e giuca de la vita e de le braccia .
Ve’
, s’
arrosta e s’
accoscia : orsù non vale
gl i appicca , Meo , sul collo una bacchiata ,
fa ’ che risal ti in piede , e gl i t’
abb raccia .
E’ l ti ra , e gl i ricaccia
le corna abbasso , e senza discrezione
gl i accomanda la testa a l’
anellone .
S ONETTO TERZO
Ve ’ che ’ l t ira,e s ’
indraca e schizza e ’
m paz z a
dagl i ’n sul capo via , che non lo svel la ;
su ,gl i acciacca la nuca e la sfracella .
Ma ve ’ che ’ l magl io casca e non l’ am m az z a .
Oh che testa duriss ima,oh che razza
D i bestia ! i ’ vo ’ morir s ’ ha le cerve l la .
Ma gl i trarrò le corna e le budella
s’
avesse la barbuta e la corazza .
Leva ’ l magl io , Citrul lo , un’a ltra fiata ,
e glien’
assesta un ’
al tra badia le ,
e l ’anima gli sbarbica e gl i slaccia .
SONETT I 67
Fagl i de la cucuzza una sch i acciata
ve’ che basisce , e dice al mondo : Vale .
Suso un ’ altra , e’ l so l lecita e lo spaccia .
In grazia , Manzo , avaccia :
a ogni m o’ t i bisogna ire al cassone ,
passando per l i denti a le persone .
S ONETTO QUARTO
E’ fa gheppio . S u l ’ anca or 10 stramazza ,
l’
arrovescia : e lo sgozza e l’
accoltella .
Ve’
ch’
ancor trema e palpita e balzel la ,
guata che le z am paccie in aria Sguazza .
Qua , ché già’ l sangue spiccia e sgorga e spra z z a ,
qua presto la barletta e la scodella ;
reca qualcosa , O secchia o catinel la
o’ l bug l iuolo o la pentola o la cazza
corri pel calderotto o la stagnata ,
da ’
di piglio a la tegghia o a l’orinale ;
presto,dico , i l malan che ti d isfaccia .
D i molto sangue avea quest’
anim ale
m o’ fagl i fare un ’al tra scorpacciata ,
e di vento l’
im pregna e l’
abb orraccia .
Istrigati e ti sbraccia
mano speditamente a lo schidone ;
busagli’ l ventre , e
’n z eppavi
’
l soffione .
S ONETTO QUINTO
S ent i ch ’ e ’ fischia e cigola e strombazzagl i è satol lo di vento : or lo martel la ,
e dabb udà su l ’epa gli strimpel la
e ne rintrona i l vicolo e la piazza .
I VERS I
Ve ’ la pel le , al bussar , mareggia e guazza
lo spenzola pel rampo a la girella :
lo sbuccia tutto quanto e lo dipella
e dissangua , lo sbatti e lo strapazza .
Sbarralo , e tra ’ budel la e tra ’ corata ,
tra ’ milza , che per fi el più non am m ale ,
e l’entragno gl i sbratta e gl i dispaccia .
D ’ uno or vo’ ch ’e ’ riesca una brigata
gl i affetta l ’ anca e ventre e lo schienale ,
e lo smembra , lo smozzica lo straccia .
Togliete , oh ch i s’affaccia :
ecco carn i strafresche , ecco l’
a rgnone
vo’ mi diciate po i se saran buone .
Questi sonetti , composti a somigl ianza dei M attaccini del Caro ,
furono fatti in occasione che uno scritto rel lo , mo rto o r sono pochi
anni , pub b l icò in Roma una sua diceria , nel la quale rispondendo
ad a lcune censu re sopra un suo l ib ro d ivu lgate in un giorna le ,usava paro le indegne con tro due nob ilissim i letterati ita l iani che
anco ra vivono . Come nei Ma ttaccini del Caro so tto l’allegoria del
gufo e del caste l lo di vetro dinotasi i l Caste lvetro , parimen te in
quest i sonett i disegnasi i l de tto scr itto rel lo so tto l’allegoria del
manzo . I l nome del beccaio è to l to da l la Cr onica di Dino Compagni , la quale fa menz ione di un becca io fio rentino di quei temp i ,detto per soprannome il Pecora .
E LEG IA
( 18 1 8)
Dove son ? dove fui ? che m’
addolora ?
Aim è ch ’ io la rividi . e che giammai
non avrò pace al mondo ins in ch ’ io mora .
Che vidi , o cie l , che vidi , e che brama i '
Perché vaci llo ? e che spavento è questo ?
Io non so quel ch ’ io fo , né quel ch’
oprai.
Fugge la luce , e’! suolo ch
’
i’ calpesto
ondeggia e balza , in guisa tal ch’ io spero
ch ’egl i sia sogno e ch ’ i ’ non sia ben desto .
Aim è ! ch ’ io vegl io , e quel che sento è i l vero ;
vero è ch ’anzi m orrò ch ’
a l guardo m io
sorga sereno un di su l’em ispero .
Megl io era ch ’ i ’ moriss i avanti ch ’ io
ri vedessi colei che in cor m ’ ha posto
di morire un asprissimo desio :
ch’
allor le membra in pace avrei composto ;or fia con piantò i l fin de la mia vita ,
or con afi'
anno al m io passar m ’accostò .
O cielo o cielo , io t i domando aita .
Che far debb ’ io ? conforto altro non vedo
al mio dolor , che l’ ultima partita .
70 I - VERS I
Ahi ahi ! ch i l’avria detto ? appena i l credo
que l ch’ io l a notte e ’ l di pregar soleva
e SOSpirar , m’ è dato
,e morte chiedo .
Quanto sperar , quanto gioir mi leva
e spegne un punto sol ! com’
egli è scuro
questo di che s i vago io mi fingeva !
Amore , io ti credetti assai men duro
al lor che desiai quel che m ’ ha fatto
miser fra quanti mai saranno 0 furo .
Già t ’ebbi in seno ; ed in error m’ ha tratto
l a rimembranza : indarno oggi mi pento ,
e meco indarno e teco , amor , comb atto .
Ma l ieve a comportar quellOch’ io sento
fora ; sol ch’anco un poco io di quel volto
dissetar mi potess i a m io talento .
Ora i l più rivederla oggi m’ è to l to ;
el la s i parte ; e m’ ha per sempre un giorno
in miseria amarissima sepol to .
Intanto io grido , e qui vagando intorno ,
invan la pioggia invoco e la tempesta
acciò che la ritenga al m io soggiorno .
Pure i l vento muggia ne la foresta ,
e muggia tra le nubi i l tuono errante ,
in sul di, poi che l’ alba eras i desta .
O care nubi , o cielo , o terra , 0 piante ,
parte la donna mia ; pietà , se trova
pietate al mondo uri infelice amante .
Or prorompi , o procel la ; or fate prova
di sommergermi , o nembi , insino a tanto
che ’ l sole ad a ltre terre i l di rinnova .
S’apre i l ciel , cade i l soffio , in ogni canto
posan l’erb e e le frondi, e m’
abbarb aglia
le luci°
il crudo sol pregne di pianto .
Io veggio ben ch’
a quel che mi travaglia
nessuno ha cura ; io veggio che negletto ,
ignoto , i l mio dolor mi fiede e taglia .
DUE CANZONI
P ER ‘
UNA DON NA I N FE RM A
D I MALATTIA LUNGA E MORTALE( 1 8 19)
Io so ben che non vale
beltà né giovanezza incontro a morte ;
e pur sempre ch ’ io veggio m’
addoloro
che s ’ i ’ nol veggio , i l m io desir preva le ,
tanto ch ’ io spero pur che l’ ènea sorte
altrove,ad al tr i casi , ad a l tri temp i
riservi i t r isti esempi ;
fin che dal mal presente è sbigottita
la misera speranza .
Com’
or che a l ’occidente di sua vita
veggio precipitar questa dogliosa ,
poi ch ’
altro non m ’ avanza ,
gia'
m ai di lagrim arla io non fo posa .
Ed è pur tanto bel la
e tanto schietta e in cosi verde etade ;e poco andrà ch ’ io potrò dire : E morta !
E morta , e non risponde ; ah i pove rel la !
Che dolor , che lamento , che pietade ,
74 I VERS I
ch iusi quest’
occh i, e morto questo volto ,
e popolo raccolto
dirle per sempre addio , ch’esser doveva
tanto tempo fra noi ;
or non so chi né come ce l a leva
solo a pensarlo mi s i schianta i l core,
ben ch ’ i parenti tuoi
son d ’altro sangue , e tu sei d’altro amore .
Quando de l ’ infel ice
v iem m i talun recando aspre nove l le ,
mi studio quando so far le più levi
Chi sa ? dunqu’
esser puote ? or ch i tel dice ?
Tal patteggiando vo con quel lo e quel le
ma d ’ogni patto i l nunzio s i disdegna ,e quanto può s
’
ingegna
ch ’ io creda ch’
e’
non disse altro che vero ,
e provando mi scaccia
d’
ogni rifugio in s in ch’ io mi dispero
,
e veggio ben che tu ci lasci soli,
e la tua bel la faccia
poco può star che sempre a noi s ’ imvol i .
Deh ! che mostra , per D io ,
quel Sospiroso e languido sembianteche par che dica IO di pietà son degna ,
che nacqui sfortunata . Io ’ l so ben io ,
tristo me,tristo me ; questa di tante
sventure ch ’ io sostenni è la più dura .
Ahi , ahi ! ma cosi pura
e cosi vaga , di’
, forse che stai
temendo di morire ?
Non temer , non temer , che non morrai ;
non può mai far . Non vedi ? io pur saria
(che t’ ho certo a seguire )
vicino a morte , e son quel lo di pria .
PER UNA DONNA INFERMA 7 5
D ico ch 10 t ’ ho per certo
a segu itar , che s’
a l a tua non viene
dietro la vita mia , partir non puote :
né so perché , ma pur mi sembra aperto ,
ben che d’
am arti i l vanto a ltri s i tiene .
Ch ’ io dica : E morta quell’
istessa , quel la
ch ’ io veggio e mi favel la ?
Or s ’ el la è morta , ed io come son vivo ?
Questo io so che mai vero
non fia , ch’ a intender pure io non l ’arrivo .
Fa ’ cor , fa’ cor , ché senza fal lo alcuno ,
passato i l tempo nero ,
conterem questi affanni ad uno ad uno .
M isero me , che invano
lusingando me stesso a un tempo . e lei ,
rinforza i l male , e’ l gran dolor s
’
accosta .
Deh ! per pietà , non sia cor s i vil lano
che non si mova a sovvenir costei ;
deh ! troviam qualche via ,troviam qualch
’
arte ,
ché questa se ne parte ,
e s’
altri non l ’a ita , ha poco andare .
Oim è null a non giova ?
io non so far che ’
l creda : io vo ’ provare
io stesso , io vo’ vedere . E
’ l veggio bene ,
sciaurato , per prova
che disperarmi al tutto mi conviene .
Poveri noi mortal i
che incontro al fato non abbiam va lore .
Sta come sconcio masso , e noi ghe rmi to
meglio che può con queste braccia fra l i,
poniam di sbarb icarlo ogni sudore ;ma quel lo è tal da poi , qual fu davan te .
Ed io , pregando quante
possanze ha ’ l cielo , e tutto foco in faccia ,
7 6 I VERS I
e am basciato e sudato,
e stese fortemente ambe le braccia ,
perir vedrotti, ch’ io nul l a non posso
a contrastarlo , e fiato
tardar che da ’ tuoi labbri in fuga è mosso .
Dunque , o donna , morrai ?
S i certo , si , né cosa altra mi resta
se non che m oribonda io la consol i .
O cara mia , confé rtati : se mai
tua gente e me con lei tutta funesta
vorrà far Dio,r ipigl ia cor : natura
n ’ ha fatti a la sciaura
tutti quant i s iam nat i . Anima m ia ,
non pianger : gli occhi gira ;qual puoi veder che misero non sia ?
B en che ti par , non ti verrà trovato .
Or poi che si sospira
e piange invano, offriam ci al nostro fato .
Vero è che la fortuna
è teco più spietata che non suole ,
ché ’ l fior di giovanezza t i rapisce
pur datti posa ; han di piacere a lcuna
sembianza i mal i estremi . Or vedi , i l sole
non andrà molto ch ’ io sarò sotterra ,
ché se ’ l veder non erra ,anche a me breve corso i l ciel misura ;
e pur di mia giornata
son presso all ’alba,né di morte ho cura ,
ché qual mai visse più , quei visse poco ;
e chi diritto guata ,
nostra famiglia a la natura è gioco .
Ma questo ti conforti
sopra ogni cosa, ch
’
innocente mori ,
PE R UNA DONNA INFERMA 7 7
ne ’
I mondo ti spirò suo puzzo in viso .
Tutti tuoi pari andran tosto fra ’ morti ,
e avranno i l più di lor fracidi i cori ;
ché questo mondo è scellerata cosa ,
e quel mal che non osa
candida gioventute , è scherzo al vile
senno d ’età provetta ,
e nefanda vecch iezza ; e in cor genti le
quel che natura fe ’
, spegne l’ esempio ,
tanto che poco aspetta
quel giusto ed alto a farsi abbietto ed empio .
E te pur lorda avria
l’indegna mota , che sei tanto bianca ;
tutti , qualunque ha più robusto i l petto ,
io , de’ malvagi io fòra , 0 donna m ia ,
e sarò pur se tempo non mi manca ,
ché virtù prezzo più che gioventude ,
e , se virtù non chiude ,
fuggo beltà che pur m ’ è tanto cara ;
me , s’
io non ho già presso
l ’ ultimo sol , me di sua pece amara
im b ratterà l a velenosa etade ,
e questo core istesso
fia di malizia speco e di viltade .
Or ti rallegra o sventurata mia
tutto ti toglia l’
im placanda sorte ,
non l ’ innocenza de la corsa vita
non ti torrà , né morte
né’
l cielo né possanza altra che s ia .
Fra nequitosa gente ,qual se ’ discesa , tale a la par tita ,
cara , o cara beltà , mori innocente .
NELLA MORTE D I UNA DONNA
FATTA TRUC IDARE COL SUO PORTATO DAL CORRUTTORE
PE R MANO E D ARTE D I UN CH I RURGO( 18 19)
Mentre i destini io piango e i nostri danni ,ecco nòva di l utto
cagion s’
accresce a le cagioni antiche .
Io non so ben perch’io tanto m
’
affanni,
che poi ch ’ i l miserando
nunzio s’
intese , io me ne vo per tutto
gemendo e sospirando
parm i qualch’
aspro gioco
fatto m’
abbia fortuna , e pur m ’ inganno ;
dal cor l’am bascia si riversa e move ,
e sol dal la pietà non trovo loco .
Ah i non è vana cura ;
che , s’
altrui colpa e questo ond’io m
’
affanno ,
peggio è la colpa assai che l a sciaura .
Forse l’em pio tormento
di tue povere membra a dir io basto ,o sventurata ? e può di queste labbra
uscir tanto lamento
ch ’al tuo dolor S’
adegui, al lor che guasto
I VERS I
frutto celasti a la diurna luce ,
CUI già di sotto a l’erba
ultrice mano al pianto e al sol riduce .
Vieni , mira , crudel. Questo giuravi
a le i ne la suprema
ora di sua costanza , e que l la colpa
che a te largia tu col suo sangue l avi ?
Cosi l a sventurata
virtù ch ’el la t i fea vittima estrema
le contraccambi ? Or guata
questi martori , e questi
atteggiat i d ’
asprissim o dolore
infelici sembianti : io grido , 0 fè ra ,
io gr ido a te ; quando co tal vedesti
far la meschina , in quel la
non ti sovvenne de l ’antico amore ?
non quando al tuo desir l a fest i ancel la ?
Che misero diletto
fu tuo , tradita amante ! oh come poco
godesti di tuo fa l lo ! E t ’avea pure
già punita i l sospetto
e l a paura , e di vergogna i l foco ,
e le angosce , e lo sp rone
del pentimento : or non bastava al fato
sf greve pena ; or questo
ul timo guiderdone
serbava al fa ll o tuo : morir per opra
di quel che tanto amavi , e cosi presto
per l ’età verde , e in barbaro cruciato ;
e non lasciar qua sopra
altro che’ l sovvenir del tuo peccato .
Che dico ? or qui non mi badar , ch’
io mento ,
alma affannosa . Ed era
NELLA MORTE D I UN A DONNA 8 1
pur crudo i l tuo destin , ma di pietade
spogliar non valse il lagrimoso evento .
E s ’ io con mesta voce
la tua vo lamentando ultima sera ,non infiam m ar l ’atroce
rossor ti vogl io ; oh pria
sch iz z in le corde e fiacchisi la cetra ,
e la l ingua s i sterpi e ’ l b raccio mora
per consolarti io canto , 0 donna mia,
canto perch’io so bene
che nOn ha ch i m ’
ascolta un cor di pietra ,
né guarda i l fa l lo tuo ma le tue pene .
Or dunque ti consola ,
o sfortunata : ei non ti manca i l pianto,
né mancherà mentre pietade è viva .
M ira che’
! tempo vola ,
e poca vita hai persa , ancor che tanto
giovanetta sei m orta .
Ma molto più , che misera lasciasti
e nequitosa vita
pensando , ti conforta ;
però che oma i convien che piu si dogl ia
a ch i più spazio resta a l a partita .
e tu per prova i l sai , tu che del mesto
lume del giorno ha spog l ia
tuo stesso amante , i l sai che mondo è questo .
Ecco l ’ incanto volgo accusa amo re
che non è reo , ma’ l fato
ed i codardi ingegni onde t’
avvenne
svegliar l a dolce fiamma in basso core .
Voi testimoni invoco ,
spirti genti l i : in voi, dite , per fiato
avverso è spento i l foco ?
I VERS I
è che non desse a le ferite i l petto
per lo suo caro amor ? Tu vedi o solo
raggio del viver m io deserto e b runo ,
tu ’ l vedi .!
amor , che s’ io
prendo mai cor , s’
a non volgare affetto
la mente innalzo , è tuo valor non m io .
Che se da m e ti storni ,e se l ’aura tua pura avvwatrice
cade , o santa b eltà ,perché non rompo
questi pal l idi giorni ?
Perché di propria man questo infelice
carco non pongo in terra ?
E in tanto m ar di colpe e di sciaure
qual altr ’aita estimo
avere a l’em pia guerra ,
se non la vostra infimo al sommo passo ?
Altri amor biasmi , io no che se , nel primo
fiorir del tempo giovani], non sono
appien di vivere lasso ,
m’
avveggio ben che di suo nume è dono .
LA SATIRA DI SIMONIDE
SOPRA LE DONNE
( 1823)
Giove la mente delle donne e l ’ indole
in principio formò di vario genere .
Fe’ tra l ’ altre una donna in su la tempera
del ciacco ; e le sue robe tra la polvere
per casa , ruzzolando , si calpestano .
Mai non si l ava né ’ l corpo né l ’abito ,
ma nel sozzume impingua e si rivoltola .
Formò da l’em pia volpe un’ altra femmina
che d ’ogni cosa , 0 buona o m ala 0 sias i
qual che tu vogl i , è dotta ; un modo , un animo
non serba ; e parte ha buona e parte pessima .
Dal can ritrasse una donna m aledica
che vuol tutto vedere e tutto intendere .
Per ogni canto s i raggira e specola ,
b aiando s ’ anco non le occorre un ’ anima ;né per minacce che ’ l marito adoperi ,né se d ’ un sasso la ritrova e cacciale
di bocca i denti , né per vezzi e placide
parole e guise , né d’
alieni e d ’
ospiti
I VERS I
sedendo in compagnia , non posa un att imo
che sempre a vòto non digrigni e strepiti .
Fatta di terra un ’al tra donna diedero
gli eterni a l ’ uomo in costui pena e carico .
Null’
altro intende fuorché mangia e corcasi ;
e verno , o quando piove e’ l tempo è rigido
accosto al focolar tira la seggiola .
‘ Dal mare un ’altra donna ricavarono,
talor gioconda , graziosa e facile
ta l che gli strani , a praticarla , esaltanla
per la donna migl ior che m ai vedessero ;talor come la cagna intorno ai cuccioli ,
infuria e schizza , agl i ospiti,ai domestici
,
agl i amici , ai nemici aspra , salvatica ,
e , non ch’
altro , a mirarla , spaventevole .
Qual per appunto i l mar , che piano e l impido
spesso giace la state , e in cor ne godono
i naviganti ; spesso ferve ed u lula
fremendo . E l ’ocean cosa mutabi le
e di costei la natura le immagine .
Una donna dal ciuco e da l a cenere
suscitàro i Celesti , e l a costringono
forza , sproni e minacce a far suo debito .
B en s’
affatica e suda , ma per gl i angoli
e Sopra i l focolar la mane e ’ l vespero
va rosecch iando , e la segreta venere
con q ualsivoglia accom unar non dubita
Un gener disameno e rincrescevole,
di bel lezza , d’amor , di grazia povero ,
da la faina usci . G iace nel talamo
svogliatamente , e .
‘
del marito ha stomacoma rubare i v icini e del le vittime
spesso gode mg01ar pria che’
—
s’
im m olino .
D ’
una caval la zazzeruta e morbida
nacque tenera donna che de l’
opere
servil i è schiva e l’affannare abomina .
SOPRA LE DONNE 85
Morir torrebbe innanzi ch ’ a la macina
por mano , abburattar , trovare i bruscoli ,sb rattar l a casa . Non s
’
ardisce assistere
al forno , per timor de l a fuliggine .
Pur , com’ è forza , del marito im pacciasi.
Quattro e sei fiate i l giorno si chiarifica
da le . brutture , si profuma e pettina
sempre vezzosamente , e lungo e nitido
s’
infiora i l crine . Al trui vago spettacolo
sarà certo costei , ma gran discapito
a chi la tien , se re non fosse o principe ,di quei c ’hanno i l talento a queste ciuffole .
Que l la che da la scimmia i numi espressero
è la peste maggior dell’um an vivere .
B ruttissima , scriata , senza natiche
né col lo , ma confi tto i l capo agl i Omeri
andando per la terra , è giòco e favola
de’ cittadini . Oh quattro volte misero
quel che si reca in braccio questo fulmine !
Quant i mai fur costumi e quante trappole ,
come la monna suol , di tutto è pratica ;
e non le cal che rida ch i vuol ridere .
Giovar non sa , ma questo solo ingegnasi
e tutte l ’ore intentamen te medita ,
qua lche infinito danno ordire e tessere .
Ma la donna ch ’a l’
ape è som iglievole
beato è ch i l’ottien ,che d ’ogni biasimo
sola è disciolta , e seco ride e prospera
la mortal vita . In carità reciproca ,
poi che bel la e genti l prole crearono ,
ambo i consort i do lcemente invecchiano .
Splende fra tutte ; e la circonda e seguita
non so qual garbo ; né con l’
arte è sol ita
goder di novèllari osceni e fetidi .
Questa,che de le donne è prima ed ottima ,
i numi alcuna volta ci largiscono .
I VERS I
Ma tra noi l ’altre tutte anco s’
albergano ,
per divin fato , ché la donna è massimo
di tu tti i ma l i che da Giove uscirono
e quei n ’ ha peggio ch’
altram ente giudica .
Perché,s ’ hai donna in casa , non t i credere
né sereno giamma i né l ieto ed ilare
tutto un giorno condur . B uon patto io reputo
se puoi la fame da ’ tuoi lari esc ludere ,
ospite rea , che gl’
im m ortali abborrono .
S e mai t ’ è data occasion di giubi lo ,
o che dal ciel ti venga o pur da gl i uomini ,tanto adopra colei , che da contendere
trova materia . Né gl i strani accogl iere
puoi volentier se alberghi questa vipera .
Più c’
ha titol di casta , e più t’
insucida ;
ché men la guardi : ma s i beffa e gongola
del tuo caso i l vicin : ché spesso incontraci
l ’altrui dannar , la propria donna estol lere .
’
Né ci avveggiam che tutti una medesima
sorte m’
aggreva , e che la donna è ’ l massimo
di tutti i mal i che da Giove uscirono .
Da Giove , i l qual come infrangib il vincolo
nel cinse al piè ; tal che per donne a l’
erebo
molt i ferendo e battagliando scesero .
I VERS I
4
Un topo , de le membra i l piu ben fatto,
venne d ’un lago in su la sponda un giorno .
Campato poco innanzi era da un gatto
ch’
inseguito l’
avea per quel dintorno
stanco , faceasi a ber , quando un ranocch io ,passando da vicin , gli pose l
’occhio :
5
E fatto innanzi , con parlar cortese
Che fai disse,
che cerch i o forestiero ?
di che nome sei tu , di che paese ?
onde vieni , ove vai ? Narrami i l vero
ché , se buono e leal fia ch ’ i ’ ti veggia ,albergo t i darò nel la mia reggia .
6
Io guida t i sarò ; meco verra i
per quest’
um ido cal le a l tetto mio
ivi ospita l i egregi doni avra i ;
ché Gonfiagote i l principe son io ;
ho ne l lo stagno autorità sovrana ,
e m’
obbedisce e venera ogni rana .
7
Ché de l’acque l a dea mi partoriva ,
poscia che un giorno i l m io gran padre Limo
le giacque in braccio a l’ E ridano in riva .
E tu m ’ ha i del ben nato : a quel ch ’ io stimo ,
qualche rara virtude in te si cela
però favel la , e l’ esser tuo mi svela .
8
E’ l topo a lui : Quel che saper tu brami
i l san gl’
iddii, sal lo ogni fè ra , ogni uomo .
Ma poi che chiedi pur com’
io mi ch iami ,
dico che Rub abriciole mi mom o :
i l padre m io , signor d’anima be l la ,
cor grande e pronto ,Rodipan s
’
appella .
GUERRA D E I TOP I E DELLE RANE 89
Mia madre è Leccam acine ,la figlia
de l rinomato re Mangiaprosciutti.
Con letizia comun de la famiglia ,mi pa r torì dentro una buca ; e tutti
i più squisiti cibi , e noci e fichi,
furo il mio pasto a que ’ bei giorni antichi .
Che d ’ospiz io consorte io ti diventi ,
esser non può : diversa è la natura .
Tu di sguaz z ar nel l’
acqua ti contenti ;ogni migl ior vivanda è mia pastura ;
frugar per tutto , a tutto porre il muso ,
e viver d’
uman vitto abbiamo in uso .
Rodo il più bianco pan , ch’
appena cotto ,
dal suo cesto , fumando , a sé m’
invita ;
or la tortel la , or l a focaccia ingh iotto
di granell i di sesamo condita ;
or la polenta ingrassam i i bude l l i ,
or fette di prosciutto , or fegatel l i .
R idotto in burro addento i l dolce latte ,assaggio i l cacio fabbricato appena ;ce rco cucine , visito pignatte
e quanto al l’ uomo apprestasi da cena
ed on questo or quel cibo inzuccherato
cred’
io che Giove invidi al m io pa lato .
1 3
Né pavento di Marte i l fiero aspetto ,
e , se pugnar s i dee , non fuggo o t remo .
De l ’ uomo anche talor ba lzo nel letto,
de l ’ uom ch ’ è si membru to , ed io nol temo ;anzi pian pian gl i vo rodendo i l piede ,
e quei segue a dormir , né se n’
avvede .
I VERS I
14
Due cose io temo : lo sparvier mal igno ,
e’l gatto , contra no i sempre svegliato .
S’
avvien che ’
l topo incorra in quell’
ordigno
che trappola s i ch iama , egli è spacciato :
Ma più che mai del gatto abbiam paura
arte non val con lui , non val fessura .
1 5
Non m angiam ravanelli o zucche o biete
questi cibi non fan pel nostro dente .
A voi , che di nul l ’a ltro vi pascete ,
di cor gl i lascio e ve ne fo presente .
R ise la rana e disse Hai mol ta bo ria ;ma dal ventre ti vien tutta la gloria .
1 6
Hanno i ranocch i ancor leggiadre cose
.e negli stagni loro e fuor dell’onde .
Ciascun di noi su per le r ive erbose
scherza a sua posta o nel pantan s’
asconde ;
però ch ’ al gener mio dal cie l fu dato
notar nel l ’ acqua e saltellar nel prato .
1 7
Saper vuoi se ’ l notar piaccia o non piaccxa ?
m ontam i in su le spal le : abbi giudizio ;
sta’ saldo ; al col lo stringimi le braccia ,
per non cader ne l ’acqua a precipizio
cos i verrai per questa ignota via
senza rischio nessuno a casa mia .
1 8
Cosi dicendo , gli Omeri gli porse .
B alz ovvi i l sorcio , e con le mani i l col lo
del ranocch io abbracciò che ratto corse
via dalla riva , e seco trasportollo .
R ideva i l topo , e rise i l malaccortofinché
'
si vide ancor vicino al porto .
GUERRA DEI TOP I E DELLE RANE 91
19
Ma quando in mezzo al lago ritrovossi
e videsi l a ripa assai lontana ,
conobbe i l risch io , si penti , turbossi ;
fortemente stringevasi a l a rana ;
sospirava , piangea , svel leva i crini
or se stesso accusando , ora 1 destini .
Voti a Giove facea , pregava i l cielo
che soccorso gl i desse in quell’
estrem o ,
tutto bagnato di sudore i l pelo .
Stese la coda in acqua , e come un remo
dietro l a s i traea , girando l’occh io
or ai l idi , or a l’onde , or al ranocch io .
E diceva tra sé : Che reo cammino ,
misero , è questo mai ! quando a la mèta ,
deh ! quando arriverem ? Quel bue divino
a vie minor perigl io E uropa in Creta
portò per mezzo i l torbido oceàno ,
che mi porti costui per un pantano .
E qui dal suo covi l , con larghe rote,
ecco un serpe acquaiuolo esce a fior d ’onda .
I rrigidisce i l sorcio ; e Gonfiagote
là dove la palude è più profonda
fugge a cel ars i , e’ l topo sventurato
abbandona fuggendo a l’em pio fato .
23
D isteso a galla , e vòlto sottosopra ,
i l m iserel teneramente stride .
Fe’
con l a vita e con le zampe ogni Opra
per sostenersi ; e poi , quando s’
avvide
ch ’ era già molle e che’I suo proprio pondo
forzatamente lo premeva al fondo ;
I - VERS I
24
co’ piedi la mortale onda Spingendo
disse in languidi accenti : Or se’ tu pago ,
barbaro Gonfiagote . Intendo intendo
l’
arti e gl’
inganni tuoi : su questo lago ,
vincermi non potendo a piedi asciutti,
mi traesti per vincermi nei flutti .
25
In lotta , al corso io t’
avanz ava ; e m’
tu condotto a morir per nera invidia .
Ma degno al fatto il guiderdone avrai ;non senza pena andrà la tua perfidia .
Veggio le . schiere , veggo l’armi e l ’ ira
vendicato sarò . S i dice , e Spira .
GUERRA DEI TOP I E DELLE RANE 93
CANTO SECONDO
Leccapiatti , ch’
allor sedea sul lido ,
fu spettator de l’ infelice evento .
S’
accapricciò , mise in vederlo un grido ,
corse , ridisse i l caso ; e in un momento ,
di corruccio magnanimo e di sdegno
tutto quanto avvam pò de’ top i i l regno .
B anditori correan per ogni parte
ch iamando i sorci a genera l consigl io .
Già concorde s’
udia grido di Martepria che di Rodipan l
’
estinto figlio ,
ch ’ in mezzo del pantan giacea supino ,
cacciasser l ’onde ai margini vicino .
3
I l giorno appresso , tutti di buon’ ora
a casa si adunar di Rodipane .
Stavano intenti , ad udir presti . A l lora
riz z ossi i l vecchio e disse : Ahi triste rane,
che siete causa a me d ’ immenso affanno,
a noi tutti in comun , d’onta e di danno !
4
Ahi Sfortunato me ! tre figli miei
sul più bel lo involò morte immatura .
Per gl i artigl i del gatto un ne perdei
lo si aggraffò ch’
uscia d ’una fessura .
Quel mal ordigno , onde crudele e sca ltro
l ’ uom fa strage di noi , men tolse un altro .
I VERS I
5
Restava i l terzo , quel si prode e vago ,a me s i caro ed a la mogl ie mia .
Questo le rane ad affogar nel lago
m’han tratto . Amici , orsù ! prego ,
non sia
tanta frode im punità : arm iam ci in fretta
peran tutte , ché giusta è la vendetta .
6
Taciuto ch’ebbe i l venerando topo ,
fer plauso i circostanti al suo discorso ;
Armi ! gridàro a l ’armi ! e pronto a l ’ uopo
venne di Marte i l solito soccorso,
che le persone a far vie più sicure
l ’esercito forni de l’arm ature .
D i cortecce di fava aperte e rotte
prestamente si fer gli stivaletti
(rosa appunto l’
avean quel l ’altra notte) ;di canne s
’
aiutar pe’
corsaletti ,
di pel le per legarle , e fu d ’
un gatto
che scorticato avean da lungo tratto .
8
Gli scudi fur de le novel le sch iere
unti coperch i di lucerne antiche ;
gusci di noce furo elmi e visiere ;
agh i fùr l ance . Alfin d ’aste e loriche
e d ’elmi e di tutt ’altro apparecchiata ,in campo usci la poderosa armata .
9
A l ’ udir l a novel la , si riscosse
i l popol de ’ ranocchi . Uscîro in terra ;
e m entre consultavano qual fosse
l’occasion de l ’ improvvisa guerra ,
ecco apparire Montapignatte i l saggio ,
figlio del semideo Scavaform aggio .
I VERS I
Udite attentamente i l p ensier mio .
B en armati porrem ci su là riva
là , dove ripidiss imo è pendio
aspetteremo i topi ; e quando arriva
quella marmaglia , le farem da l ’a lto
far giù ne l ’ acqua al legramente un salto .
16
Cosi , fuor d’ogni rischio , in poca d
’ora
tutto quanto l ’esercito nemico
m anderem senza sangue a la ma lora .
Date orecchio per tanto a quel ch’ io dico ,
fornitevi . alla pugna e fate core ,
ch é non s iam per averne a ltro che onore .
1 7
Rendonsi a questi detti ; e con le fogl ie
de le malve si fanno gl i schinier i ;bieta da far corazze ognun raccogl ie ,
cavol i ognun di sveste a far brocchier i ;
di ch iocciola ciascun s ’arma la testa ,
e a far da mezza picca un giunco appresta .
1 8
Già tutta armata , e m inacciosa in volto
sta la gente in sul l ido e i topi attende ;
Quando al coro de ’ numi in cielo accolto
Giove in questa sentenza a parlar prende
Vedete colaggiù quei tant i e tant i
guerrieri , anzi centauri , anzi giganti ?
19
Verran presto a le botte . Or chi di
per l i topi sarà ? chi per le rane ?
Pal la , tu stai da’ topi : e ’
son de ’ tuoi ;che
'
presso a l ’ are tue si fan le tane ,
usano ai sacrifi z i esser presenti
e col naso t’
onorano e co ’
denti .
GUERRA DE I TOP I E DELLE RANE 97
Rispose quel la : O padre , assai t’
inganni
vadan , per conto mio , tutti a P l utone ;
ché ne’
m iei tem pii fanno mil le danni ;
si mangian l ’orzo , guastan le corone ,
mi succian l ’ol io , onde m’ è spento i l l ume ;
ta lor anche lordato hanno i l m io nume .
Ma quel che più mi scotta (e per insino
che non m e l ’ han pagata io non la ingh iotto )è che i l vestito bianco , quel più fino ,
ch ’ io stessa avea tessuto , me l’ han rotto ,
rotto e guasto cosi che m el ritrovo
trasformato in un cencio ; ed era nòvo .
I l peggio è poi che mi sta sempre attornoi l sarto pel di più de la mercede :
ben sa ch ’ io non ho soldi ; e tutto i l giorno
mi s ’
arruota a le coste e m e ne ch iede .
La trama , ch ’una ta l m ’avea prestata,
non ho renduto ancor , nè l ’ ho pagata .
Ma non resta perciò ch ’anco le rane
non abbian vizi e pecche pur assai .
Una sera di queste settimane ,pur troppo a le m ie spese , io lo provai .
Sudato s ’ era in campo -tra le botte
dal far del giorno insino a tarda notte .
24
Postam i per dormire un poco l ino,
ecco un crocch iare eterno di ranocch i
m’introna in guisa tal , ch
’era i l mattino
già ch iaro quando prima io chius i gl i occh i .
Or quanto a questa guerra , i l mio parere
è lasciar fare e starcela a vedere .
I VERS I
25
Non saria fuor di rischio in quel la stretta
un nume ancor . Credete a me : la gente
quand ’ è stizzita e calda.
non rispetta
più noi ch ’ un becco , un can che sia presente .
D isse Pal la : agli dèi piacque i l consigl io .
Cosi piegaro a la gran lite i l cigl io .
I VERS I
5
Vuol fuggir Mangiacavoli lontano
da la baruffa , e sdrucciol a ne l ’onda ;poco danno per lui , ma nel pantano
Leccaluom o e ’ traea giù de la sponda ,
che rotto , insanguinato , e sopra l’acque
spargendo le budel l a , orrido giacque .
6
Paludano am m az z ò Scavaform aggio
ma vedendo venir Foraprosciutti,
Giacincanne perdessi di coraggio
lasciò lo scudo e s i lanciò nei flutti .
Intanto Godilacqua un colpo assesta
al buon Mangiaprosciutti ne la tes ta .
7
Lo coglie con un sasso ; e per lo naso
a lui sti l la i l cervel lo , e l ’erba intride .
Leccapiatti a veder l ’ orrendo caso ,
Giacirielfango d ’una botta uccide ;
ma Rodiporro , che di ciò s’
avvede ,
tira Fiutacucine per un piede …
8
Da l’erta lo precipita nel lago ;
seco si getta , e gli si stringe al co l lo ;
finché nol vede morto , non è pago .
Se non che Rubam iche vendicollo
corse a Fanghin , d’una lanciata il prese
a mezzo la ventresca , e lo distese .
9
Vaperlofango un po ’ di fango cogl ie ,e a Rubam iche lo saetta in faccia
per modo che’ l veder quasi gl i togl ie .
Crepa i l sorcio di stizza , urla e minaccia ;
e con un gran macigno al buon ranocch io
spezza due gambe e stritola un ginocch io .
GUERRA DEI TOP I E DELLE RANE I GI
Gracidante s’
accosta al lor pian piano ,
e al vincitor ne l ’epa un colpo t ira .
Quel cade , e sotto la nemica mano
versa gl i entragni insanguinati e spira .
C iò visto Mangiagran , da la paura
lascia l a pugna , e di fuggir procura .
Ferito e zoppo , a gran dolore e stento ,
saltando , S l ritragge da la riva ;
dilungasi di cheto e lento lento ,
finché per sorte a un fossatel lo arriva .
Intanto Rodipane a Gonfiagote
vibra una punta , e l ’ anca gl i percote .
Ma zoppicando i l ranocchione accorto
fugge , e d ’ un salto piomba nel pantano .
I l topo , che l’
avea creduto morto ,
stupisce , arrabbia , e gli sta Sopra invano ,
ch é del piagato re fatto avveduto ,
correa Colordiporro a dargl i aiuto .
13
Avventa questi un colpo a Rodipane ,
ma non gl i passa più che l a rotel la .
Cosi fra ’ topi indomiti e le rane
la zuffa tuttavia si rinnove l la
quando improvviso un fulmine di guerra
su le triste ranocch ie si disserra .
1 4
Giunse alla misch ia i l prence Rub atocchi,
giovane di gran cor , d’alto legnaggio ,
particolar nemico de ’ ranocchi ,degno figliuol d
’
Insidiapane i l saggio ,
i l più forte de ’ topi ed i l più vago ,
che di Marte parea l a viva im ago .
102 I - VERS I
1 5
Quest i sul l ido in rilevato loco
postosi , a’
t0pi suoi grida e schiamazza ;aduna i fort i , e giura che fra poco
de le ranocchie estinguerà la razza .
E da ver lo faria ; ma il padre Giove
a pietà del le misere s i move .
Oim è ! dice agl i dèi qui non s i ciancia
Rub atocchi, i l figliuol d’
Insidiapane ,
si dispon di mandare a spada e lancia
tutta quanta la specie de le rane ;
e’ l potria veramente ancor che solo
ma Palla e Marte spediremo a vo lo .
1 7
Or che pensiero è il tuo ? Marte rispose ;con gente cosi fatta io non mi mesco .
Per me , padre , non fanno queste cose ,e s ’ anco vo ’ provar , non ci riesco ;né la sorel la mia , dal ciel discesa ,
faria migl ior effetto in quest ’ impresa .
1 8
Tutti ‘
piuttost0 discendiamo insieme .
Ma basteranno , io penso ,i dardi tuoi .
I dardi tuoi che tutto i l mondo teme ,
ch’Encelado atterràro e i mostri suoi ,
scaglia de ’ topi ne l’ardita schiera ;e a gambe la darà l ’armata intera .
19
D isse ; e Giove acconsente , e un dardo afferra
avventa prima il tuon, ch
’
assordi e scota
e trabalzi da ’ cardini la terra ;indi lo strale orribilmente rota ;lo scagl ia ; e fu
\ quel campo in un momen to
pien di confusione e di spavento .
PARALIPOMENI
DELLA
B ATRACOMIOMACHIA
108 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
4
o come dianzi la fiamminga gente ,
che Napoli infel ice avea schernita ,viste l ’ armi d ’
Olanda , immantinente
la via ricominciò ch’avea fornita ,
né fermò prima il piè , che finalmente
giunse invocata l a francese ai ta ;tale i topi al destin , di val le in val le ,per più di cento miglia offrir le spal le .
5
Passata era l a notte , e i l di secondo
già l ’ aria incominciava a farsi oscura ,
quando un guerrier , ch iamato il Miratondo ,
a fuggir si trovò per un ’ altura ;ed, 0 fosse ardimento
,ovver ch
’al mondo
vinta dal la stanchez za è l a paura ,ferm ossi ; e , di spiar vago per uso ,
primo del gener suo rivolse i l muso .
6
E ritto in su due pre , con gl i occh i intenti ,
mirando quanto si potea lontano ,
di qua , di là , da tutti quattro i venti ,
cercò l ’acqua e la terra , i l monte e i l piano ;
spiò le selve , i lagh i e le correnti ,
le distese campagne e l’
oceàno ;
né vide altro stranier , se non farfal le
e molte vespe errar giù per la val le .
7
Granchi non vide già , né granch iol ini ,
né d ’ armi osti l i indizio in alcun lato .
Soli di verso i l campo i vespertini
fiat i venian movendo i rami e i l prato ,
soavemente susurrando , e i crini
tra gl i orecch i molcendo al buon soldato .
Era i l ciel senza nubi , e rubiconda
la parte occidentale , e i l mar senz’onda .
CANTO PR IMO 109
Rinvigorir sentissi , ed al l ’ aspetto
di si queta beltà l ’ alma riprese
i l Miratondo . E poi che con effetto ,
quattro volte a girar per lo paese
le pupi lle tornando , ogni sospetto
intempestivo e vano esser comprese
osò gridare a ’ suoi compagni eroi
si gran fede prestava agl i occhi suoi .
9
Non con tanta al legrezza i diecimila ,
cui la propria virtù d ’
Europa ai l it i
riconducea , dall’
arm i e dal le fi la
del re pers ian per tanta terra usciti ,
l a voce udir , che via di fi la in fil a
s’
accrescea , di co lor che pria sa l iti
onde i l mar si scopria , qua l chi mirare
crede suo scampo , gridàr : Mare ! mare !
10
con quanta i t0pi , omai ridotti al fine
per fatica e pe r téma , udîro i l grido
del buono esplorator , cui l e marine
caverne rim uggîr con tutto i l l ido :
ch ’ era d ’ intorno intorno ogni confine
ove i l guardo aggiungea , tranquil lo e fido ;
che raccòrsi e far alto , e che dal monte
di novo convenia mostrar la fronte .
1 1
A ltri in sul poggio ed altri appiè dell’erta
convenner da più bande i fuggitivi ,cui la téma , in un di , per via deserta ,mil le piagge avea mostro e mille rivi ;smarriti ancora , e con la mente incerta ,
e dal corso spossati semivivi ;
e incom inciàr tra loro a far consiglio
del bisogno presente e del perigl io .
1 1 0 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Gta la stel la di Venere apparia
dinanzi all’altre stel le ed al la luna
tacea tutta la piaggia , e non s’
udia
se non i l mormorar d ’ una laguna,
e la zanzara stridula , ch’
uscia
di mezzo al la foresta al l ’aria bruna
d’
E spero dolce la serena imago
vezzosamente rilucea nel lago .
13
Taccano i topi ancor , quasi temendo
i granchi risvegliar , benché lontani ,e chetamente andavan discorrendo
con l a coda in gran parte e con le mani ,maravigliando pur di quell
’orrendo
esercito di bruti ingordi e strani ,
e partito cercando a ciascheduna
necessità del la comun fortuna .
14
Morto nella battagl ia era , siccome
nel poema d ’
Om ero avete letto ,Mangiaprosciutti, i l qual , credo , per nome
Mangiaprosciutti primo un di fu detto ;intendo i l re de ’ topi ; ed al le some .
de l regno sostener nessuno eletto
avea morendo , e non lasciato erede ,
cui dovesser gl i dèi la regia sede .
1 5
B en di lui rimaneva una figliuola ,
Leccam acine detta , a Rodipane
sposata , e madre a quel lo onde ancor vola
cotanta fama per le bocche umane ,Rubab riciole i l bel, dal la cui sola
morte i l foco scoppiò fra topi e rane
tutto ciò similmente o già sapete ,
o con agio in Omero i l leggerete .
1 1 2 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
20
I ntanto i l campo stesso , e la fortuna
com m etter del ritorno , e dei presenti
consigl i e fatti dar l’ arbitrio ad una
militar potestà furon contenti .
Cosi quando del mar la vista imbruna ,popol battuto da contrari venti
segue l’acuto grido onde sua legge
dà colui che nel risch io i l pin corregge .
2 1
Scelto fu Rubatocchi, a cui l’ impero
si desse al lor di mil le t0pi e mil le
Rubatocchi, che fu , come d’
Om ero
sona la tromba , di quel campo Ach i lle ;lungamente per l ui sul l ago intero
versar vedove rane amare sti l le ;
e fama è che insin oggi appo i ranocch i
terribile a nomar sia Rubatocch i.
2 2
Né Rubatocchi chiam eria la m adre
i l ranocchin per certo al nascimento ,
come Annibale , Arminio odi leggiadre
voci qui gir ch iamando ogni momento ;
cosi di nazion quel lo , che padre
è d ’ogni laude , al tero sentimento ,
colpa o destin , che molta gloria vinse ,
già trecent’
anni, in questa terra estinse .
23
Mancan Giuln e Pompei , mancan Cam m illi
e Germanici e Pii , sotto i l cui nome
faccia ai nati colei che partorilli
a tanta nobi ltà , lavar le ch iome ?
A veder se alcun di valore insti ll i
in for l a rimembranza , e se mai dome
sion basse voglie e voluttà dal riso
che un gran nome suol far di fango intriso ?
CANTO PR IMO 1 13
24
Intanto a studio là nel Trasimeno
estranio peregrin lava le membra ,
perché la strage nostra onde fu pieno
quel flutto , con piacer seco rimembra
la qua! , se al ver si guarda , nondimeno
Zama e Cartago consolar non sembra
e notar nel Metauro anco potria
quegl i , e Spoleto salutar per via .
25
Se questo modo , ond’
hanno altri conforto ,
piacesse a noi di seguitar per gioco ,
in molte acque potremmo ire a diporto,
e di più selve riscaldarci al foco ,
ed in più campi dall’occaso all’
orto
potremmo , andando , ristorarci un poco ,
e tra via rim em b rar più d ’ un a l loro
e nelle nostre e nel le terre loro .
26
Tant’odio i l petto agl i stranieri incende
del nome ital ian , che di quel danno
onde nessuna gloria in lor discende ,
sol perché nostro fu , l ieti s i fanno .
Molte genti provar dure vicende ,e prave diventar per lungo affanno ;
ma nessuna ad esempio esser dimostradi tant ’odio potria come la nostra .
2 7
E questo avvien perché , quantunque doma ,serva , lacera , segga in isventura ,
ancor per forza ital ian si noma
quanto ha più grande la mortal natura ;ancor la gloria del l ’eterna Romarisplende si , che tutte l
’ altre oscura ;e l a stampa d
’
Italia , invan superba
con noi , l’Europa in ogni parte serba .
1 1 4 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
28
Né Roma pur , ma col mental suo lume
Italia inerme , e con la sua dottrina ,vinse poi la barbarie , e in bel costume
un ’altra volta ritornò regina ;
e del goffo stranier , ch’oggi presume
lei dispregiar , come la sorte inch ina ,
rise gran tempo , ed infe l ici esigli
l ’al tre sedi parer vide a ’ suoi figli . ‘
29
S enton gl i estrani ogni memoria un nul la
esser a quel le ond’
è l’
Italia erede ;sentono ogni lor patria esser fanciul la
verso colei ch ’ogni grandezza eccede ;
e veggon ben che , se strozzate ' in cul la
non fosser quante doti i l ciel concede ,
se fosse I tal ia ancor per poco sciolta ,
regina torneria la terza volta .
30
Indi l ’odio implacato , indi l a rabbia ,
e l ’ ironico riso ond’
altri offende
lei che fra ceppi , ass isa in sul la sabbia ,
con l ingua né con man più s i difende .
E chi m aggior pietà mostra che n’
abb ia ,
e di speme fra noi gl’
ignari accende ,
prima i l Giudeo tornar vorrebbe in vita
che all’italico onor prestare aita .
3 1
D i Roma là sotto l’eccelse moli ,Pigmeo , la fronte spensierata alzando ,
percote i monumenti al mondo sol i
con sua verghetta , i l corpo dondolando ;e con suoi motti par che si consoli ,l a rimembranza del servir cacciando .
[Ed è ragion ch’
a una grandezza ta le
l’inim iciz ia al trui segua immortale .
1 1 6 11 PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
36
Pur dagli amici in parte , e dal le stesse
proprie avvertenze a poco a poco indotto ,
anche al romanzo storico concesse
albergar coi giornal i , e che per otto
volumi 0 dieci cam m inar potesse ;e infin , come dim òstro è da quel dotto
scrittor che s0pra in testimonio invoco,
al la tedesca poesia die ’ loco .
37
La qual d ’
antich ità supera alquanto
le semitiche varie e la sanscrita ,e parve al conte aver per proprio vanto
sola i l buon gusto ricondurre in vita,
contro i l fal lace oraziano canto ,
a studio , per uscir dal la via trita ,
dando tonni al poder , montoni al mare ;
gran fatica , e di menti al mondo rare .
38
D ’ arti tedesche ancor fu innamorato ,
e chiam avale a sé con gran mercede
perché , giusta l’
autor Sopra citato ,
non eran gl i obelisch i ancora in piede ,
né piramide i l capo avea levato ,
quando l’arti in Germania avean lor sede ,
ove i l senso de l bel lo esser più fino
veggiam che fu nel Greco o nel Latino .
39
La biblioteca ch’
ebbe era guernita
di l ibri d i bel lissima sembianza ,
legati a foggia varia , e si squ15 1ta ,
con oro , nastri ed ogm C ircostanza ,
ch’
a saldar del la veste la partita
quattro corpi non erano abbastanza .
Ed era ben ragion , Ché in quella parte
stava l ’ utilità , non nelle carte .
CANTO PRIMO 1 1 7
40
Lascio i l museo,l ’ arch ivio , e del le fiere
il serbatoio , e l’orto del le piante ,
e i l portico , nel quale era a vedere ,
con baflì enormi e coda di gigante ,
la statua colossal di Lucerniere ,
antico t0polin fi losofante ,
e del lo stesso una pittura a fresco ,
pur di scarpel lo e di pennel tedesco .
41
Fu di sua specie i l conte assai pensoso ,
fi losofo morale , e filotòpo ;
e natura lodò che il suo famoso
poter mostri quaggiù formando il topo ,
d i cui l ’opre , l’ ingegno e i l glorioso
stato ammirava ; e predicea che , dopo
non molto lunga età , saria matura
l ’alta sorte che a lui dava natura .
42
Però mai sempre a cor fui i l perenne
progresso del topesco intendimento ,
che aspettar sopra tutto dalle penne
ratte de ’ giornal isti era contento ;e profittare a quel sempre sostenne
ipotesi , s istemi e sentimento ;
e spegnere o turbar la conoscenza
anal is i , ragione e sperienza .
43
B uon topo d ’altra parte, e da qualunque
fi losofale ipocris ia lontano ,
e schietto insomma e veritier , quantunque
ne ’ maneggi nutrito e cortigiano ;
popolar per affetto , e da chiunque
trattab il sempre ; e , se dir l ice , umano ;poco d ’oro , e d ’onor m olto curante ,
e generoso , e del la patria amante .
1 1 8 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
44
Questi al re de ’ ranocch i , ambasciatore
del proprio re , s’ era condotto , avanti
che tra ’ due regni i l militar furore
gl i amichevol i nodi avesse infranti
e com’arse la guerra , appo il signore
suo ritornato , dimorò tra’ fanti ,
e sotto tende , insin che tutto i l campo
dal correr presto procacciò lo scampo .
45
Ora ai compagni , ricercando a quale
fosse in nome comun l’ uffi z io imposto ,
che del campo de ’ granch i al generale
gisse oratore , e che per gl i altri tosto
d’
ovviar s’ingegnasse a nòvo male ,
nessun per senno e per virtù disposto
parve a Ciò più del conte ; i l qual di stima
tenuto era da tutti in su la cima .
46
Cosi da quel le sch iere , a prova eretto
l ’ un piè di quei dinanzi , al l’ uso antico ,
fu , per parer di ciascheduno , e letto
m essagger del l’esercito al nemico .
Né ricusò l’
uflì z io , ancor ch’astretto
quindi a gran risch io : in campo ostil, mendico
d ’ogni difesa , andar fra sconoscenti
d ’ogni modo e ragion dell’altre genti .
47
E sebben lassa la persona , e molto
di posa avea m estier , non però vol le
punto indugiarsi al dipartir : ma , Còlto
brevissimo Sopor su l ’erba molle ,
sorse a notte profonda , e seco tol to
poch i servi de ’ suoi , tacito i l co l le
lasciando tutto…
,e sonnolento , scese ,
e per l’erma campagna i l cammin prese .
1 20 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
4
Era maggio , che amor con vita infonde ,e i l cuculo cantar s
’
udia l ontano ,
misterioso augel, che per profonde
selve sospira in suon presso che umano ,
e , qual notturno spirto , erra e confonde
i l pastor che inseguirlo anel a invano ,
né dura i l cantar suo , che in primavera
nasce e i l trova l’ardor venuto a sera .
5
Come ad Ul isse ed al crude]Tidide ,
quando ai nòvi troiani al loggiamenti
ivan .per l ’ombre del la notte infide ,
risch i cercando e insol iti accidenti ,parve l
’
augel che si dimena e stride ,
segno , gracchiando , di felici eventi
arrecar da M inerva , al cui soccorso
l ’ uno e l ’altro , invocando , era ricorso ;6
non altrimenti i l topo , ll qual solea
voci e segni osservar con mol ta cura ,non so già da qual nume o da qual dea ,
topo o t0pessa o di simil natura ,
sperò certo , e m estier gl iene facea
per sol levare i l cor dal la paura ,
che i l cuculo , che i topi han per divino ,nunzio venisse di non reo destino .
7
Ma gra dietro boschetti e col licel l i
antica e stanca in cie l salia la l una ,e sugl i erbosi dors i e i ram uscelli
spargea luce manchevole e digiuna ,nè manifeste l ’ombre a questi e quel l i
dava , né ben distinte ad una ad una ;le stel le nondim en tutte c0pria ,
e desiata al peregrin venia .
CANTO SECONDO 1 2 1
8
Pur , come ai topi i l l ume è poco accetto ,
di le i non molto rallegrossi i l conte ,
i l qual,trottando a piè , siccome ho detto ,
ripetea per la val le e per lo monte
l ’orme che dianzi , di fuggir costretto ,
impresse avea con zampe assai più pronte ,
e molti i l l uogo or danni ora spaventi
d i quel la fuga gl i rendea presenti .
9
Ma pietà Sopra tutto e disconforto
m oveagli, a ciascun passo , in sul cammino ,
o poco indi lontan , vedere 0 morto
0 moribondo qualche topol ino ,
alcun da piaghe ed a lcun altro scorto
dalla stanchezza al suo mortal destino ,
a cui con lo splendor languido è scemo
parea la luna far l ’onore estremo .
Cosi , muto , volgendo entro l a testa
profondi fi losofici pensieri ,
e ch iamando e sperando al la funesta
discordia del le stirpi e degl’
im peri
medicina efficace intera e presta
dai giornal isti d ’ ambo gli emisferi ,
tanto andò , che la notte a poco a poco
cedendo , al tempo m attutin die’ loco .
1 1
Tutti dèsti cantando erano i gal l i
per le campagne , e gl i auge l letti ancora
ricominciando insiem gl i usati bal l i
su per l i prati al mormorar dell ’ora ,e porporina i sempiterni cal l i
apparecch iava al di la fresca aurora,
né potea molto star che al l ’orizzonte
levasse i l re degli anni a l ta la fronte ;
1 2 2 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
quando da un poggio i l topo rimirando ,
non molto avanti in .giù nel la pianura ,vide quel che sebbene iva cercando ,
voluto avria che fosse ancor futura
la vista sua , ch’or tutto l ’a ltro in bando
parve porre dal cor che la paura ,
non sol per sé , ma parte e maggiormente
perché pria del creduto era presente .
1 3
Vide il campo de’
granch i i l qual , fugate
ch’
ebbe de’ t0pi le vincenti schiere ,
ver ’ Topaia là dove indirizzate
s ’eran le fuggitive al suo parere ,deliberossi, andando a gran giornate ,
dietro quelle condurre armi e bandiere ;
e seguitando lor , men d’ una notte
distava ond’
esse i l corso avea condotte .
1 4
Tremava i l conte , e gia voltato i l dosso
aveano i servi all a terrib il vista ;
e muro non avria , non val lo o fosso
tenuto quella gente ignava e trista ;
ma il conte , sempre all’onor proprio mosso , ,
come fortezza per pudor s’
acqu ista ,
fatto core egl i pria , sopra si spinse
gridando ai servi , ed a tornar gl i s trinse .
1 5
E visto verdeggiar poco lontano
un ul iveto,entrar subito in quel lo ;
e del verde perpetuo , con mano
o con la bocca còlto un ramicel lo ,
è sceso ciaschedun con esso al piano ,
sentendo un gelo andar per ogni vel lo ,
e digrignando per paura i denti ,vennero agl
’inim ici al loggiamenti .
1 24 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
dal sangue per al lor di quegli estrani
d i dovers i astener determ inàro ;e legati , cosi come di cani
0 di qualche anima l feroce o raro
non fecer mai pastori o cerretani,
a sghembo , al l’ uso lor , gl i strascinàro
al general di quei marmorei lanzi,
gente nemica al camminare innanzi .
2 1
B rancaforte quel granch io era nomato ,
scortese a un tempo e di servi le aspetto ;dal qual veduto i l conte e dim andato
Ch i fosse , onde venuto , a qual effetto ,
rispose che venuto era legato
de l p roprio campo ; e ben legato e stretto
era più che m estier non gl i facea ;ma scherzi non sostien l ’alta epopea .
2 2
E seguitò che s’
altri i l disciogl iesse ,mostrerebbe i l mandato e le patenti .
Per questo i l general non gl i concesse
ch ’ a strigarlo imprendessero i sergenti ,e perché legger mai non gl i successe ,
eran gl i scritti a lu i non pertinenti ;
ma chiese da chi date ed in qual nome
assunte avesse l’oratorie some .
23
E quel,dicendo che de ’ topi i l regno ,
per esser nel la guerra i l re defunto ,
e non restar di lui successor degno ,deliberato avria s0pra tal punto
popolarmente , e che di fede i l segno
Rub atocch i a l mandato aveva aggiunto ,
i l qual per duce , e l ui per messaggero
scelto aveva a suffragi i l campo intero ;
CANTO SECONDO 1 25
24
gelò sotto la crosta a tal favel la ,
popol , suffragi , elezioni udendo ,
i l casto lanzo , al par di verginella
a cui con labbro ab bom inoso orrendo
le orecchie tenerissime flagella ,
fango intorno e corrotte aure spargendo ,
oste impudico o carroz z ier . S i tinge
el la ed imbianca , e in sé tutta s i stringe .
25
E disse al conte : Per guardar ch ’
io faccia ,legittimo potere io qui non trovo .
Da molti e letto , acciò che i l resto io taccia
ricever per legato io non approvo .
Poscia , com’ un che dal veder discaccia
scandalo o mostro obbrobrioso e novo ,
tor si fe ’ quindi i topi , ed in catene
chinder sotterra e custodir ben bene .
26
Fatto questo , mandò significando
al proprio re per la più corta via
l’im pensata occorrenza , e suppl icando
che comandasse quel che gl i aggradia .
E ra quel re , per quanto investigando
ritrovo , un della terza dinastia
detta de ’ Senz acapi, e in su quel trono
sedea di nome tal decimonono .
27
R ispose adunque i l re che , nel lo stato
del la sedia vacante , era l’ eletto
del campo ad accettar come legato ;tosto quel regno , o volontario o stretto
creasse altro signor ; nessun tra ttato
egl i giammai , se non con tal precetto ,
conch iudesse con lor ; d’ogni altro punto
facesse quel che gli era prima ingi unto .
1 26 11 PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
28
Questo comando al general pervenne
la ve lui r itrovato aveva i l conte ,perché quivi aspettando egl i sostenne
quel che ordinasse del poter la fonte ,al cui voler , com
’ ei l ’ avviso ottenne ,l ’opere seguitar concordi e pronte ;trasse i cattivi di sotterra e sciolse ,e sciolto , i l conte in sua presenza accolse .
29
I l qual , ricerco , espose al generale
di sua venuta le ragioni e i l fine , .
chiedendo qual destin , qual forza o quale
violaz ion di stato o di confine ,qual danno del la roba o personale ,
qual patto 0 lega , 0 qual errore alfine
avesse ai topi sprovveduti e stanch i
tratto in sul capo i l tem pestar de’ granch i .
30
Sputò , m irossi intorno e si compose
i l general dell’ incrostata gente ;
e con montana gravità rispose
in questa forma , ovver poco altramente
S ignor topo , di tutte quel le cose
che tu dimandi , non sappiam niente ,ma i granch i dando al le ranocchie aiuto ,
per servar l ’ equil ibrio han combattuto .
3 1
Che vuol dir questo ? ripigliava i l conte
l’acque forse del lago 0 del pantano ,
o del fosso o del fiume o del la fonte
perder lo stato od inondare i l piano ,
o venir manco , o ritornare al monte ,
o patir altro piu dannoso è strano
sospettavate , in caso che la sch iatta
delle rane da noi fosse disfatta ?
1 28 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
36
Date sian queste cose e non concesse
rispose al granchio i l conte Leccafondi;ma qual nume orditiò che presedesse
al l ’ equil ibrio general de ’ mondi
la nazion de’
granchi , e che attendesse
a guardar se più largh i o se p1u tondi
fosser che non dovean topi e ranocchi
per trar loro o le polpe o i l naso o gli occhi ?
37
Noi disse i l genera l s iam birri appunto
d’
Europa e boia , e professiam quest ’arte .
Nota , saggio lettor , ch’ io non so punto
se d ’
Europa dicesse o d ’ altra parte,
perché , confesso i l ver , mai non son giunto,
per molto rivoltar le antiche carte ,a discomir la regione e i l cl ima
dove i casi seguir ch ’ io pongo in rima
38
ma detto ho dell’
Europa ,seguitando
del parlar nostro la comune usanza .
Ora , al parlar del granchio ritornando
In nostra guardia aggiunse è la costanza
degl i animai nell’esser primo , e quando
di novità s’
accorge o discrepanza
dove che s ia , là corre i l granchio armato
e ritorna le cose al primo stato .
39
Chi tal carco vi die ’ ? rich iese i l conte .
La crosta disse , di che siam vestiti ,
e l ’esser senza né cervel né fronte ,
sicuri , invariabili , impietriti
quanto i l cora l lo ed i l cristal di monte ,
per durezza famosi in tutti i l iti
questo ci fa colonne e fondamenti
del la stabil ità dell’altre genti .
CANTO SECONDO 1 29
40
Or lasciam le ragioni e le parole
soggiunse l’altro e discendiamo at fatti .
Dai topi i l re de ’ granch i oggi che vuole ?
vuole ancor guerra e strage a tutti i patti ?
o consente egl i pur , com’
altri suole ,che qui d ’accordo e d ’
am istà si tratti ?
e quale , in caso tal , condizione
d ’accordo e d’
am istà ci si propone ?
4 1
Sputò di nuovo e posesi in assetto
i l general de ’ granch i e cos i disse :
Dal la tua razza immantinente eletto
sia novel lo signor . Guerre né risse
aver con le ranocchie a lui disdetto
per sempre sia . Le sort i a color fisse
saran dal nostro , a cui ricever piacque
nella tutela sua lor terre ed acque .
42
Un presidio in Topaia alloggerete
di trentamila granchi , ed in lor cura
i l castel lo con l ’altro riporrete ,
s’
altro v’b a di munito entro le mura .
Da mangiare e da ber giusta la sete ,
con quanto è di bisogno a lor natura ;
e doppia paga avran per ciascun giorno
da voi , finche'
tra voi faran soggiorno .
43
Dicendo i l conte allor che non aveva
poter da ’ suoi d ’
acconsentire a tanto ,
e che tregua ferm ar si richiedeva
per poter quel l i ragguagliare intanto ,
rispose i l general che concedeva
tempo quindici di , né dal suo canto
moveria l ’oste ; e quel passato invano,
ver ’ Topaia verrebbe armata mano .
1 30 I I PARAL I POMEN I DELLA BATRACOM IOMACH IA
44
Cosi di Leccafondi e del guerriero
B rancaforte i l col loquio s i disciolse °
e ,senza indugio alc
‘uno , i l messaggero
de’ topi a ritornar l ’animo volse ,
al l ’ uso del la tregua ogni pensiero
avendo inteso : e tosto i suoi raccolse .
Nel partir poche rane ebbe vedute
per negozi nel campo al lor venute .
45
Le riconobbe , ché nel lor paesecontezza ebbe di lor quando oratore
là ritrovossi, ed or da quel le intese
l’
am orevole studio e i l gran favore
che prestava ai ranocch i a loro spese
i l re de ’ granchi , i l qual sotto colore
di protegger da’ topi amico stato ,
ogni cosa in sua forza avea recato .
46
E che d ’oro giammai sazio non era ,
né si dava al re lor veruno ascolto .
Pietà ne prese il conte , e con s incera
loquela i patri i dèi ringraziò molto,
che del l ’ altru i protez ion men fèra
calamità sui topi avean rivolto .
Poi dal le rane accomiatato , i l calle
l ibero prese , e i l campo ebbe alle spal le .
1 32 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
4
o se a Napol i presso , ove la tomba
pon di V irgil io un’
am orosa fede ,
vedeste i l varco che.
del tuon rimbomba
spesso che dal Vesuvio intorno fiede ;
colà dove all’
entrar subito piomba
notte in sul capo al passegger , che vede
quas i un punto lontan d ’ un lume incerto
l ’al tra bocca onde poi riede al l ’ aperto
5
e queste avrete immagini bastanti
del loco ove Topaia era fondata ,
la qual per quattro bocche e quattro canti
della montagna posta avea l ’entrata ,
cui turando con arte,a tutti quanti
ch iusa non sol ma rim anea celata ,in guisa tal che la città di fuore
accusar non potea se non l ’odore .
6
Dentro palagi e fabbriche real i
s’
ergean di molto buona arch itettura ,col legi senza fine ed ospeda l i
vòti sempre , ma grandi oltre misura ,
statue , colonne ed archi trionfali ,e monumenti alfin d ’ogni natura .
Sopra un masso ritondo era i l castel lo
forte di sito a maravigl ia e bel lo .
7
Come Ch i d ’
Appennin varcato i l dorso
presso Fuligno , per la culta val le
cui rompe i l monte di Spoleto i l corso ,
prende l’aperto e difettoso cal le ,
se i l guardo l ieto in sul la manca scorso
leva d ’ un sasso alle scoscese spal le ,
bianco , nudato d’ogni fior , d
’ogni erba ,
vede cosa onde poi memoria serba ,
CANTO TERZO 1 33
8
di Trevi la città , che con iscena
d’
aerei tetti la ventosa cima
t ien si che a cerch io con l ’estrema sch iena
degl i estremi edifi z i i l piè s ’adima ;
pur siede in vista l impida e serena
e quasi incanto i l viator l ’ estima,
bri llan templ i e palagi al ch iaro giorno ,
e sfavillan finestre intorno intorno ;
9
cotal, ma privo del diurno lume ,
veduto avresti quel d i ch ’ io favel lo ,
del polito macigno in sul cacume
fondato solidissim o castel lo ,
ch ’ al margine aflacciato oltre i l costume
quasi precipi tar parea con quel lo .
Da un lato so], per un’
angusta via ,
con ansia e con sudor Vi si salia .
10
Luce ai t0pi non molto esser m estier i
vede ciascun di noi nel la sua stanza;
che ch iusi negl i armadi e nei panieri
fare ogni lor faccenda han per usanza ,
e spente le lucerne e i candellieri
vengon poi fuor la notte al la lor danza .
Pur se l uce colà si rich iedea
talor , con faci ognun si provvedea .
1 1
D’
Ercolano cosi sotto Resina ,che d
’
ignob ili case e di taverne
copre la nobi lissima ruina ,al tremolar di pall ide lucerne
scende a veder la gente pel legrina
le membra affl itte e pur di fama eterne ,magioni e scene e templ i e colonnati
al lo splendor del giorno ancor negati .
1 34 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Certo se un suol,germanico O britanno
queste ruine nostre ricoprisse ,
di faci a visitar l ’antico danno
più non b isogneria ch’
uom si servisse,
e d’ogni spesa in onta e d ’ogni affanno
Pompei , ch’
ad ugual sorte i l fato addisse
al l ’ aspetto del sol tornata ancora
tutta , ,
e non pur si poca parte , fora .
1 3
Vergogna sempiterna e v itupèro ,
d ’ital ia non dirò , ma di ch i prezza
disonesto tesor più che i l mistero
dell’
aurea antich ità porre in ch iarezza ,e riscossa di terra al lo straniero
mostrare ancor l’ italica grandezza .
Lor sia data dal ciel giusta mercede ,
se pur ciò non indarno al ciel si chiede .
1 4
E mercé s ’ abbia , non di riso e d ’ira ,
di ch’
ebbe sempre assai , ma d’ altri danni ,
l’
ipocrita canaglia onde sospira
l’
E uropa tutta invan tanti e tanti anni ,
i papiri , ove cauta ella delira ,scacciando ognun sui mercenari scanni ;
razza a cagion di cui mi dorrebb ’anco
se boia e forche ci venisser manco .
1 5
Tornando ai topi , a cui dai scaflali
di questi furbi agevo le è i l ritorno ,
vincea Topaia al lor le principal i
città dal Tramontano al Mezzogiorno ,
o rare assai fra quel le aveva uguali ;proprio de ’ topi e natural soggiorno ,
là dove consistea massimamente
i l regno e i l fior della topesca gente .
1 36 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Ma per quei giorni , sospirata invano
la tornata del conte a l la sua terra ,
i l qual , venuto a fè rà gente in mano ,
regi cenni attendea prigion sotterra ;
crescendo del l ’ ignoto e del lontano
l ’ ansia e l a téma , ed a patir la guerra
parendo pur , se guerra anco s'
avesse ,
che lo Stato ordinar si rich iedesse ;
giudicò Rubatocchi, e i principali
del la città con lui , di non frapporre
più tempo , né dar loco a novi mali ,ma prestamente i l popolo raccòrre ,
e le gravi materie e capital i
del reggimento in‘
pubblico proporre ,si, ch
’ ai riSchi di fuor tornando l ’oste ,
dentro le cose pria fosser composte .
2 2
B en avria Rubatocchi, e per le molte
parentele sue nobili e potenti ,
e perché de ’ soldati in l ui rivolte
con amor da gran tempo eran le menti ,
e per quel braccio che dal mondo tolte
cotante avea del le nemiche genti ,
potuto ritener quel già sovrano
poter che i l fato gl i avea posto in mano .
23
E spontanei non poch i a lui venendo
capi dell’arm i e principi e baroni ,
confortando lo giano ed offerendo
sé pronti a sostener le sue ragioni .
Ma ributtò l ’eroe con istupendo
valor le vi l i altrui persuasioni ,e i l dar forma a l lo Stato e il proprio impero
nell’
arb itrio comun rimase intero .
CANTO TERZO 1 37
24
Degno perc10 d’
eterna lode , al quale
non ha l ’ antica e la moderna istoria
altro da som igliar , non ch’
altro uguale ,
quanto or so rinvenir con la memoria ,
fuor tre d ’
inclita fama ed immortale ,
Tim oleon corintio ed Andrea Doria ,in sul fianco di qua dall’oceàno ,
e W ashington dal lato americano .
25
Dei qual i per pudor,per leggiadria
vera di fatti e probità d ’ ingegno ,
negar non vo’
né vo ’ tacer che sia ,
quantunque ital ian , Doria i l men degno
ma perfetta bontà non consentia
quel secolo infelice , ov’
ebb e regno
ferocia con arcano avvolgimento ,
e vil tà di pensier con ardimento .
26
Deserto è la sua storia , ove nessuno
d’
incorrotta virtude atto si scopre ,
cagion che s0pra ogni altra a ciascheduno
fa grato il riandar successi ed opre ;
tedio i l resto ed oblio , salvo quest’ uno
sol degli eroici fatt i , alfin ricopre ,del cui santo splendor non è beato
i l deserto ch ’ io dico in alcun lato .
27
Maraviglia è colà che s’appresenti
Maurizio di Sassonia al la tua vista ,
che con mil le vergogne e tradimenti
gran parte a ’ suoi di l ibertade acquista,
Egmont , Orange a lor grandezza intenti
lor patria l iberando oppressa e trista ,
e quel migl ior che invia con braccio forte
i l p rimo duca di Firenze a morte .
1 38 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM I OMACH IA
28
Nè loco d ’am m irar vi si ritrova ,
se d’am m irar colui non vi par degno ,
che , redando , grandezze antiche innova ,non già v irtudi, e che di tanto regno
sé minor dimostrando in ogni prova ,par che mirar non sappia ad alcun segno ;cittadi alternamente acquista e perde ,
e i l fior d ’
Europa in Affrica disperde .
29
Non di cor generoso e non abbietto
non infedel né pio , crudo né mite :
non dell’iniquo amante e non del retto ;
or servate promesse ed or tradite ;
al grande , al bel non mai volto l’affetto ;
non agevol i imprese e non ardite ;
due prenci imprigionati in suo potere
né l iberi sa far , né ritenere .
30
Alfin di tanto suon , tanta possanza
nessuno effetto riuscir s i vede
anzi i l gran fascio che sue forze avanza
gitta egli stesso e volontario cede ;
la cui mole , che invan passò l’
usanza ,
divide e perde infra più d ’ uno erede ;
poi chiuso , in monacal i abit i involto ,
gode prima che morto esser sepolto .
3 1
O costanza , o valor de’ prisch i tempi !
Far gran cose di nul la era vostr’
arte ;
nul la far di gran cose età di scempi
apprese da quel di che i l nostro Marte ,
Costantin , pari ai più nefandi esempi ,
donò col nostro scettro ad altra parte ;
tal diflerenz a insieme han del romano
vero imperio gl i effetti , e del germano .
140 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
36
Ch i dir potria le pratiche , i maneggi ,le discordie , i rumor , le fazioni
che sogl iono accader quando le greggi
procedono a s i fatte elezioni,
per em pier qual si sia specie di seggi ,non che sforniti rifornire i troni ?
Tutto ciò fra coloro intervenia ,
e da me volentier s i passa via .
37
E la conclusion sola toccando ,
dico che dopo un tenzonare eterno
al l ’ alba ed al le squil le , or disputando
del lo stato di fuori,or del l ’ interno ,
novel la monarch ia fu per comando
del popol destinata al lor governo
una di quelle che temprate in parte
son da statuti che si chiaman « carte
38
Se d ’
Inghilterra p iù s’assom igliasse
al lo statuto o costituzione ,com
’
oggi i l nominiamo , o s’
accostasse
a quel di Francia 0 d ’altra nazione ,
con parlamenti o corti alte o pur basse ,
di pubblica o di regia elezione ,
doppie o semplici alfin , come in Ispagna ,
lo statuto de ’ t0pi o carta magna ,
39,
da tutto quel che degl i antich i ho letto
dintorno a ciò , raccòr non si potria .
Questo solo aflerm ar senza sospetto
d’
ignoranz a si può né di bugia ,
essere stato i l prence allora eletto
da’ topi , e la novel la signoria ,
que l che , se in versi non istesse male ,
avrei chiamato costituzionale
CANTO TERZO 1 4 1
40
Deputato a regnar fu Rodipane ,
genero al morto re Mangiaprosciutti.
Cosi quando Priamo alle troia‘
ne
genti e di sua radice i tanti frutti
m ancàr , fuggendo a regioni estrane ,sotto il genero Enea convenner tutti
perché di regno alfin sola ci piace
la famiglia real creder capace .
4 1
E quella estinta , i p rossimi di sangue ,e poscia ad uno ad un gl i altri parenti
cerchiam di grado in grado , infin che langue
i l regio umor negl i ultimi attenenti .
Né questo in pace so], ma quando esangue
i l regno omai per aspri trattamenti ,al lor per aspra e sanguinosa via
ricorra in armi a nuova dinastia .
42
E quando , per qualunque altra occorrenza
mutando stato , i l pristino disgombra ,
di qualche pianta d i real semenza
sempre s’
accoglie des ioso al l’ombra .
Qual pargoletto che rimasto senza
la gonna che i l sostiene e che l’adom bra ,
dopo breve ondeggiar tosto col piede ,
gridando , e con la man s0pra vi riede .
43
O come ardita e fervida cavalla ,
che di mano al cocchier per gioco uscita ,
a gran salti ritorna al la sua stal la ,dove sferza e baston forse l’ invita ;0 come augello i l vol subito avvalla
dal le altezze negate al la sua vita ,ed al la fida gabbia , ove soggiorna
dagli anni acerbi , volontario torna .
1 42 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
44
Re cortese , per altro , amante e buono ,
veggo questo in antico esser tenuto ,
memore oguor di quanto appie del trono
soggetto infra soggetti era vissuto :
al popol in comun , per lo cui dono ,
e non del cielo , al regno era venuto ,
riconoscente ; e non de’ mali ignaro
di questo o quel , né di soccorso avaro .
45
E lo statuto 0 patto , che accettato
dai cittadini avea con giuramento ,
trovo che incontro allo straniero armato
difese con s incero intendimento ;
n é , perché loco gliene fosse dato ,
di restarsene sciolto ebbe talento .
D i questo , poi che la credenza eccede ,
interpongo l ’ altrui , non la mia fede .
1 44 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM I OMACH IA
4
E che quei che selvaggi i l volgo appella ,che nei più ca ldi e nei più freddi l iti
ignudi . al sole , al vento , al la procella ,
e sol di tetto natural forniti ,contenti son , da poi che la mammella
lasciar , d’erbe e di vermi esser nutriti
,
temon l ’aure e le frondi, e che disciolta
dal sol non caggia l a celeste volta ;
5
non vita naturale e primitiva
menan , come fin qui furon creduti ,
ma per corruz ion s i difettiva ,
da una perfetta civi ltà caduti ,
nella qua l come in propria ed in nativa
i padri dei lor padri eran vissuti
perché stato si reo come i l selvaggio
estimar natural non è da saggio :
6
non potendo mai star che l a natura ,
che al ben degli animal i è sempre intenta ,
e più dell’ uom , che p rincipal fattura
esser di quel la par che si consenta
da tutti noi , si povera e si dura
vita , ove pur pensando ci si sgomenta ,
come propria e rich iesta e conformata
abbia al genere uman determinata .
7
Né manco sembra che possibil s ia
che lo stato dell’ uom vero e perfetto
sia posto in capo di si l unga via
quanta a fars i civile appar costretto
i l gener nostro a misurare in pria ,
n’
son cent ’anni un di quanto al l ’effetto
si lento è i l suo cammin per quelle strade
che i l conduc0n dal bosco a civiltade .
CANTO QUARTO 145
Perché ingiusto e crudel sarebbe stato ,
né per modo nessun conveniente ,
che al l ’ infelicità predestinato ,
non per suo vizio o colpa , anzi innocente ,
per ordin primo e natural suo fato ,
fosse un numero tal d ’ umana gente ,
quanta nascer convenne e che morisse
prima che a civi ltà si pervenisse .
9
Resta che i l viver zotico e ferino
corruz ion si creda e non natura ,
e che ingiuria facendo al suo destino
caggia quivi i l morta l da grande altura .
D ico dal civi l grado , ove i l divino
senno avea di locarlo avuto cura :
perché se al ciel non vogliam fare oltraggio ,civile ei nasce , e poi divien selvaggio .
1 0
Questa conclusion che,ancor che bella ,
parravvi alquanto inus itata è strana ,
non d ’altronde provien se non da quella
forma di ragionar diretta e sana
ch’
« a pr ior i » in iscola ancor s’appella ,
appo cui ciascun ’
altra oggi par vana ,
la qual per certo alcun principio pone ,
e tutto l ’altro a quel piega e compone .
1 1
Per certo si suppon che intenta sia
natura sempre al ben degl i animali ,e che gl i ami di cor , come la pia
ch ioccia fa del pulcin che ha sotto l ’ al i
e vedendosi al tutto acerba e ria
la vita esser che al bosco hanno i mortali ,
per forza si conchiude in buon latino ,
che l a città fu pria del cittadino .
1 46 11 PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Se l ibere le ment i e preparate
fossero a ciò che i fatti e la ragione
sapessero insegnar , non inchinate
a questa più che a quel la Opinione ;
se natura ch iam ar d ’ogni pietate
e di qual s ’ è cortese affezione
sapesser priva , e de’ suoi figl i antica
e capital carnefice e nemica ;
1 3
o se piuttosto ad ogni fin rivolta ,
che al nostro che diciamo o bene 0 male ;
e confessar che de ’ suoi fini è tolta
la vista al riguardar nostro mortale ,
anzi i l saper se non da fini sciolta
sia veramente , e se ben v’
abbia , e quale ;
diremmo ancor con ciascun’
altra etade
che i l cittadin fu pria del la cittade .
14
Non è fi losofia se non un ’arte
la qual d i ciò che l ’ uomo è risoluto
di creder circa a qua lsivogl ia parte ,come meglio alla fin l
’
è conceduto
le ragioni assegnando , empie le carte
o le orecchie talor per instituto
con più d ’ ingegno o men , gius ta i l potere
che i l maestro o l’autor s i trova avere .
1 5
Quel la fi losofia dico che impera
nel secol nostro senza guerra alcuna ,e che con guerra più o men leggiera
ebbe negli altri non minor fortuna ,fuor nel prossimo a questo , ove , se intera
la m ia mente oso dir , portò ciascuna
facoltà nostra a quel le cime il passo
onde tosto inchinar l ’ è forza al basso .
1 48 11 PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Ma noi , s’
è fuor del l ’ uso , ogni pensiero
assurdo giudichiam tosto in efl'
etto ,
né pensiam ch ’ un assurdo i l mondo e i l vero
esser potrebbe a l fra ! nostro intel letto
e mistero gridiam perch ’ a mistero
riesce ancor qualunque uman concetto ;ma i misteri e gl i assurdi entro il cervello
vogliam foggiarci come a noi par bel lo .
2 1
Or , leggitori miei , scendendo al punto
al qual per lunga e tortuosa via
sempre pure intendendo , ecco son giunto ,
potete omai veder che non per mia
frode o sciocchezza avvien che tal i appunto
si pingan nel la vostra fantasia
de’ t0pi gl i ant ichissimi parent i
qual i i popol i son che abbiam present i ;
2 2
ma procede da CIO , che i l nostro stato
antico è veramente e primitivo
non degli uomini sol , ma in ogni lato
d ’ogni animal che in aria o in terra è vivo ;
perché ingiusto saria che condannato
fosse di sua natura a un viver privo
quas i d ’ogni contento e pien di m ali
l’interm inato stuol degli animali .
23
‘ Per tanto in civi l tà , data secondo
i l grado naturale a ciascheduna ,
tutte le specie lor vennero al mondo ,
e tutte poscia da cotal fortuna
per lo proprio fal l ir caddero in fondo ,
e infelici son or ; né causa a lcuna
ha il ciel però dell’ esser lor si tristo ,
i l qual bene al b isogno avea provvisto .
CANTO QUARTO 149
24
E se colma d ’angoscia e di paura
del t0polin la vita ci apparisce ,
i l qual mirando mai non s’
assicura ,
fugge e per ogni crol lo inorridisce ,
corruz ion s i creda e non natura
la miseria che il topo oggi patisce ,a cui forse i l menar quei cas i in parte
che seguitando narran queste carte .
25
E la dispersion del la sua schiatta
ebbe forse d ’
allor cominciamento ,
la qual raminga in sul l a terra è fatta ,perduto i l primo e proprio al loggiamento ,
come i l popol giudeo , che m al s’
adatta ,
esule , sparso , a cento sedi e cento ,
e di Sol ima i l tempio e le campagne
di Pa lestina s i rammenta e piagne .
26
Ma i l novello s ignor , giurato ch’
ebbe
servar esso e gl i eredi eterno i l patto ,
incoronato fu come s i debbe ;
e i l m anto s i vesti di pel di gatto ,
e lo scettro impugnò che d ’ auro crebbe ,
nella cui punta i l mondo era ritratto ,
perché credeva al lor del mondo intero
la specie soricina aver l ’ impero .
27
Dato al la plebe fu cacio con polta ,
e vin vecchio gittar molte fontane ,
gridando el la per tutto a l legra e folta
Viva la Carta e viva Rodipane !
tal ch’
echeggiando quell’
alpestre volta
carta per tutto ripeteva e pane
cose al governo del le culte genti ,
ch i le sa ministrar , suflicienti.
150 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
28
Re de ’ t0pi » costui con nuovo nome ,o suo trovato fosse o de
’ soggetti ,
s’
intitolò , non di Topaia come
propriamente in addietro s ’ eran detti
i portatori di quell’
auree some .
Cosa molto a notar , che negli effetti
diflerisce d'
assai, benché non paia ,
s’
alcun sia re de ’ topi o di Topaia .
29
La noto ancor , però che facilmente
nella cronologia non poco errato
potrebbe andar chi non ponesse mente
a questo metafisico trovato ,
e creder che costui primieramente
Rodipan fra quei re fosse nomato ,
quando un Rodipan terzo avanti a questo
da l ibri e da monete è manifesto .
30
Primo fra i « re de ’ t0pi » ; ma contando
quei di T0paia » ancor , s’ io bene estimo ,
fu quarto Rodipan . Questo ignorando ,
può la cronologia da sommo ad imo
andar sossoma . A ciò dunque ovviando ,
notate che costui Rodipan primo ,
e i l motin gl i eruditi e i fi lotòpi,
fra i re de ’ topi fu , non fra i re topi .
3 1
Non era i l festeggiar finito ancora
quando giunse dal campo i l messaggero ,
non aspettato omai , che la dimora
sua lunga aveane sgombro ogni pensiero ;
né desiato più , ché insino al lora
solcano i sogni più gradir che i l vero .
Sogni eran gli ozi brevi e l ’ al legria ,
ver ’ ciò che i l conte a rapportar venia .
1 52 I I PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
36
Nel superbo castel furo introdotti ,dove l ’ insegna lor piantata è sciolta ,poser mano a votar
'
paiuol i e botti ,e speràr pace i topi un
’
a ltra volta .
Lieti i giorni tornar,l iete le notti
,
ch ’ ambo sovente il luminar con molta
spesa fece i l comun per l ’al legria
dell’
acquistata nova monarchia .
37
M a quel che più rileva , a far lo Statoprospero quanto più far si potesse
del popolo in comune e del privato,
fama è che cordialmente i l re si desse .
I l qual subito poi che ritornato
fu Leccafondi, consiglier lo elesse ,
ministro del l ’ interno , e principale
strumento de l l ’ impero in generale .
38
Questi a rim òver l ’ombra ed all ’ aumento
di civi ltà rivolse ogni sua cura ,
sapendo che con altro fondamento
prosperità di regni in piè non dura ,
e che , civi le e saggia , i l suo contento
la plebe stessa ed i l suo ben procura
meglio d ’ogni a ltro , né favor né dono
fuor ch ’esser franca l ’ è m estier dal trono .
39
E b ram ò,che sapesse i l popol tutto
leggere e computar per discipl ina ,
stimando ciò , cred’
io , maggior costrutto
che non d’
Enrico quarto la gall ina .
Quindi nel la città fe’
da per tutto
tante scòle ordinar , che la mattina
piazze , portici e vie per molt i di
non d ’altro risonàr che d ’« a , bi , ci » .
CANTO QUARTO 1 53
40
Crescer più d ’ una cattedra o lettura
anco gli piacque a ciaschedun l iceo ,
con più dote che m ai per avventura
non ebbe professor benché baggeo .
Dritto del topo , dritto di natura ,ed ogni dritto antegiustinianeo ,
e fuvvi co l civi l , col criminale ,esposto i l dritto costituzionale .
4 1
E già per la fidanza , ond’
è cagione
z dPahn e un convenevol regghn enfi x
d ’ industria a rifiorir la nazione
cominciava con presto accrescimento .
Compagnie di ricchissime persone
cercar da grandi spese emo lumento ;
d’
orti, bagni , ginnas i a ciascun giorno
vedevi il loco novanunne adorno .
42
Vendite nuove ed uti l i offi cine
similmente ogni di si vedean porre ,
merci del loco e merci pel legrine
in copia grande ai passeggeri esporre ,
stranie comodità far cittadine ,
nòvi teatri i l popolo raccorre ,
qui strade a racconciar la plebe intenta ,
l à d ’ un pa lagio a por le fondamenta .
43
Concorde intanto la Città con bianch i
vot i i l convegno ricevuto avea ,
e che di queflo dal :fignor de’
granchi
fosse fatto altrettanto s i credea .
Andando e ritornando eran già stanchi
più messi , e nul la ancor s i conchiudea ,
tanto che infin dei principal i in petto
nascea , benché confuso , alcun sospetto .
1 54 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
44
Sen z acapo , re granchio , i l più superbo
de’ prenci di quel tempo era tenuto ,
nemico ostinatissimo ed acerbo
del nome sol di carta e di statuto,
che'
i l poter , ch’era in lu i senza riserbo
,
partir con Giove indegno avria creduto .
Se carta alcun sognò dentro i l suo regno,
egl i in punirlo esercitò l ’ ingegno .
45
E cura avea che veramente fosse
con perfetto rigor la pena infl itta ,né dal le genti per pietà commosse
qualche parte di lei fosse relitta ,
e i l numero e i l tenor del le percosse
ricordava , e la verga a Ciò prescritta .
B uon sonator per altro , anzi divino ,
l a corte i l dich iarò di viol ino .
46
Questi,poiché con involute e vaghe
rispos te ebbe gran tempo ascoso i l vero ,
al capitan di quei che doppie paghe
già da ’ topi esigean senza mistero
ammess i senza pugna e senza piaghe ,
mandò,quando gl i parve , un suo corriero .
Avca quel capitan fra i parlatori
del la gente de ’ granch i i primi onori .
47
Forte ne ’ detti si che per la'
forte
loquela i l dim andàr B occaferrata .
I l qual,venuto a l le real i porte ,
ch iese udienza insolita e privata .
Ed intromesso , fe’
, come di corte ,
riverenza,per granchio , assai garbata
poi disse quel che , riposato alquanto ,
racconterò, lettor , nel l
’altro canto .
1 56 11 PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
4
O un successore è dato a quel la sede
che s ia da lor concordemente eletto ,
o partono ess i re pieni di fedel ’orbo stato fra lor con pari affetto ,
o chi prima il può far primo succede ;per lo più chi più forte è con effetto ,
cause genealogiche a l legando ,
e per lo più con l ’arme autenticando .
5
Re nòvo , di lor man pesato e scosso
dare i sudditi a sé non fur mai visti ,
né fòra assurdo al mio parer men grosso
che se qua lche lavor de ’ nostri artisti ,
come orologio da portare indosso ,o cosa tal che per danar s
’
acquisti,
i l compratore elegger s i vedesse
che lei portare e posseder potesse .
6
Negl i scettri nOn han ragione 0 voto
i popol i nessuno o ne ’
diademi ,
ob’
ess i non fèr , ma D io , s iccome è noto .
Anzi , s’anco talvolta in cas i estrem i
resta i l sogl io deserto non che vòto
per popo lar i fremiti e per semi
d ’ ire , o per non so qual malinconia ,
onde spenta riman la monarchia ,
7
al popol che di le i fu d istruttore
cercan . rim edio ancor l ’altre corone,
e legittimo far quel mal umore
quasi e rettificar l ’ intenzione ,destinato da lor novo s ignore
dando a quel con le triste o con l e buone ;
né s0pportan giammai che da se stesso
costituirs i un re gl i sia concesso .
CANTO QU INTO 1 57
8
Che se pur fu da B rancaforte ingiunto
a ’ tuoi di provveder d ’un re novel lo ,
non volea questo dir ch’
eletto a punto
fosse i l creato re questo né quel lo ;
ma non altro dar lor se non l ’assunto
che i più capaci del real mantel lo
proponessero a ’ piè de ’ potentati ,che l
’avriano a bell’agio esaminati .
9
Or dunque , avendo al la virtù rispetto ,
signor , che manifesta in te dimora ,
e sopra tutto a quel che prima ho detto
pregi onde teco i l gener tuo s ’ onora ,non della ele z ion sola i l difetto
supplire ed emendar , m a vuole ancora
la Maestà de l mio padrone un segno
darti del l ’amor suo forse più degno .
10
Perché non pur con suo rea l diploma ,
che valevol fia sempre ancor che tardo ,e di color che col legati ei noma
,
che i l daran prontamente a suo riguardo,
riponendoti i l serto in sull a chioma,
legittimo farà quel ch ’ è bastardo,
che legittimità , cosa volante ,vien dal cielo o vi riede in un istante
1 1
ma il poco onesto e non portab il patto
che i l popolo a ricever ti costrinse ,a cui ben vede i l mio signor che un atto
discorde assai dal tuo voler t ’avvinse ,
sconcio a dir vero e tal che quasi afl'
atto
la maestà di questo trono estinse ,a potere annullar de ’ topi in onta
compagnia t’
offerisce uti le e pronta .
1 58 I l - PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Non solo i nostri trentamila forti ,che nel suo nome tengono i l castel lo ,
alla bell’
opra t i saràn consortidi render lustro al tuo real cappel lo ,
ma cinquecentomila che ne ’ porti
de ’ ranocch i hanno stanza , io vo’ dir quel lo
esercito già noto a voi, che sotto
B rancaforte in quei loch i or s’
è ridotto ,
1 3
e che per volontà del signor nostro ,
cos i fermato in pross ime contrade ,aspetta per veder nel regno vostro
che movimento o cosa nova accade ,
tosto che un cenno tuo gli sarà mostro ,i l cammin prenderà della cittade
,
dove i topi , o ravvisti o con lor danno ,a servir prestamente torneranno .
14
Fatto questo , i l diploma a te spedito
sarà , di quel tenor che si conviene .
E un patto fra ’ due re fia stabil ito
quale ambedue giudicherete bene .
Ma troppo oggi saria diminuito
l’onor che fra ’ re tutti i l m io ritiene ,
se un accordo da lui s i confermasse
che con suddita plebe altri contrasse .
1 5
Né certo ci sosterrà che d ’aver fatto
onta agl i scettri i l popol tuo si vanti ,
e che che avvenga , i l disdicevol patto
che tutti offender sembra i dominanti
combatterà finché sarà disfatto ,
tornando la città qual era innanti .
Questa presso che ostil conclusione
ebbe del capitan l’ oraz ione .
1 60 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Quanto al proposto affar che interrogato
capo per capo avria l a nazione ,non essendo in sua man circa lo Stato
prender da sé del iberazione ;è che quel che da lei fosse ordinato
faria come per propria elezione,
caro avendo osservar , poi che giurollo ,
lo statuto . E ciò detto , accom iatollo .
2 1
L ’altra mattina al general Consiglio
i l tutto riferì personalmente,
e la grandezza del comun perigl io
espose e ragionò distesamente ;e trovar qualche via , qualche consigl io ,
qualch e‘
provvision conveniente
spesse vol te inculcò , quas i sapesse
egl i una via , m a dir non la vo lesse .
2 2
Arse d ’ ira ogni petto , arse ogni sguardo ,
e come per l’aperta ingiuria sòle
che negl’
im i precordi anche i l codardo
fere là dove certo i l ferir dòle ,
parve ancora al più vile esser gagli ardo
vera vendetta a far non di parole .
Guerra scelta da tutti , e risoluto
fu da tutti morir per lo statuto .
23
Com m endò Rodipan questo concorde
voler del popol suo con mol te lodi ,
morte imprecando a quelle bestie sorde
del l ’ intel letto e pur destre alle frodi
Purché disse nessun da sé di scorde
segua i l parlar , non poi gli atti de’ prodi :
e soldatesche ed armi e l ’altre cose
spettanti a guerra ad apprestar s i pose .
CAN TO QUINTO 16 1
24
D i suo vero , od al ver più somigliante ,sentir , del quale ogni scrittore è muto ,dirovvi i l parer m io da ma] pensante ,
qual da non molto in qua son divenuto ,
che per indole prima io rette e sante
le volontà gran tempo avea creduto ,
né d ’
apporm i cosi m’accadde mai ,
né di fal lar poi che i l contrario usai .
25
‘ DÎCO che Rodipan di porre sciolta
la causa sua dalla comun de ’ t0pi
in man de ’ granch i avea per cosa stolta ;veduta , si può dir , con gl i occhi propi
tanta perfidia in quel le genti accolta ,
quanta sparsa è dagl’indi agli etiòpi,
e potendo pensar che dopo i l patto
similmente lui stesso avrian disfatto .
26
Ma desiato avria che lo spavento
del la guerra de ’ granch i avesse indotto
i l popolo a volere esser contento
che i l seggio dato a lui non fosse rotto ,si che spargendo volontario al vento
la fragi l carta , senza più far motto ,
fosse stato a veder se mai piacesse
al re granch io adem pir le sue promesse .
27
Cosi re senza guerra e senza patto
forse trovato in breve ci si saria ,da doppio impaccio sciolto in un sol tratto ,
e radicata ben la dinastia ;né questo per alcun suo tristo fatto .
per tradimento o per baratteria ,né violato avendo in alcun lato
i l giuramento alla città giurato .
1 62 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
28
Queste cose , cred’
io , fra sé volgendo ,
meno eroica la plebe avria voluta .
Per congetture m ie queste vi vendo ,che in ciò la storia , come ho detto , è muta .
Se vi paresser frasche , non intendo
tòr fama alla virtù sua conosciuta .
V isto i l voler de ’ suoi , per lo migliore
l a guerra apparecchiò con grande ardore .
29
Guerra tonar per tutte le concioni
udito avreste tutti gl i oratori ,
Leonidi , Tem istocli e Cim oni,
Muzi Scevola , Fabi dittatori ,
Deci , Aristidi, Codri e Scipioni ,e som igl ianti eroi de ’ lor maggiori
iterar ne’ Consigl i , e tutto i l giorno
per l e bocche de l volgo andare attorno .
30
Guerra sonar canzoni e canzoncine ,
che i l popolo a cantar prendea diletto ;
guerra ripeter tutte le oflì cine ,
ciascuna al modo suo col proprio effetto .
Lam peggiavan per tutte le fucine
lancioni,armi del corpo , armi del petto ,
e sonore minacce in tutti i cant i
s’udiano , e d ’amor patrio ardori e vanti .
3 1
Primo fatto di guerra , a tal fatica
movendo Rubatocchi i cittadini ,
fu di torri e steccati alla nemica
gente su del castel tutti i confini
chiuder , donde cole i giù dall’
aprica
vetta precipitar sopra i vicini
poteva ad ogn’
istante e nella terra
improvvisa portar tempesta e guerra
164 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
36
Dal l ’ altra parte , orrenda ne’ sembianti
da Topaia movea la cittadina
falange , che di numero di fanti
a un milione e mezzo era vicina .
Serse in Europa non passò con tanti ,quando varcata a piè fu la marina .
Coperto era si lunge ogni sentiero
che la veduta si perdea nel nero .
37
Venuti erano al loco ove die’
fine
al la fuga degl i altri i l Miratondo ,
loco per pratice l l i e per col line
e per quiete amabile e giocondo .
E ra i l tempo che l ’ore mattutine
cedono al mezzodi le vie del mondo ,
quando assai di lontan parve rimpetto
al l ’esercito a lzars i un nugoletto .
38
Un nugoletto il qual di mano in mano
con prestezza mirabile crescea ,
tanto che tutto ricoprire i l piano
dover fra poco e inteneb rar parea ;come nebbia talor che di lontano
fiume o palude in bassa val le crea ,
che per soffi o procede , e la sua notte
campi e vil laggi a mano a mano ingh iotte .
39
Conobber facilmente i principal i
quel di che i l bianco nugolo era segno ,che dai passi nascea degl i animali
che veniamo avversari al misto regno .
Però tempo ben parve ai general i
di mostrar la virtù del loro ingegno ,
e qui , fermato i l piè , le ardite schiere
a battagl ia ordinàr con gran sapere .
CANTO QU INTO 1 65
40
A l lago che di Sopra io ricordai ,ch ’ or l impido e bri llando al ch iaro giorno
spargea del sol meridiano i rai ,appoggiàr del le squadre i l destro corno ,
l ’ altro al poggio che innanzi anco narrai
alto ed eretto, e quanti erano intorno
lochi angusti e boscosi ed eminent i
tutti fero occupar da l le lor genti .
41
Già per mezzo all’
instab il polverio
si discernea de’ granchi i l popol duro ,
che quetam ente e senza romorio
nella sua gravità venia sicuro .
A lzi qui la materia i l canto mio ,
e chiaro i l renda se fu prima oscuro ;qui volentieri invocherei l a musa ,
se non che l’
invocarla or più non s ’usa .
42
Eran le due falangi a fronte a fronte
gra dispiegate ed a pugnar vicine ,quando da tutto i l pian , da tutto i l monte
dièrsi a fuggir le genti soricine ;come non so , ma né ruscel né fonte ,
balza né selva al corso lor die ’ fine .
Fuggirian credo ancor, se i fuggitivi
tanto tempo i l fuggir serbasse vivi .
43
Fuggiro al par del vento,al par del lampo
fin dove narra la mia storia appresso .
Solo di tutti in sul deserto campo
Rubatocch i restò come cipresso
dir itto , immoto , di cercar suo scampo
non estimando a cittadin concesso
dopo l ’atto de ’ suoi , dopo lo scorno ,
di che principio ai topi era quel giorno .
1 66 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
44‘
In l ui rivolta l a nemica gente
senti del braccio suo l’
erculea possa .
A salvarla da quel non fu possente
la crosta ancor che dura , ancor che grossa .
Spez z avala cadendo ogni fendente
di quel la spada , e scricchiolar fea l ’ossa
e troncava le branche , e di m al viva
e di gelida turba i l suol copriva .
45
Cos i , pugnando sol contro infiniti ,
durò finché i l veder non venne manco .
Poi che i l sol fu disceso ad altri l iti ,
sentendo i l mortal corpo afflitto e stanco ,
e di punte acerb issim e feriti
e laceri in più part i i l petto e i l fianco ;lo scudo , ove una se lva orrida e fitta
d ’aste e d ’ armi diverse era confitta ,
46
regger più non potendo , ove pll1 folti
gl’inim ici sentia , scagliò lontano .
Storpiati e pesti ne restaron molti ,
altri schiacciati insucidàro i l piano .
Poscia , gli estremi spiriti raccolti ,pugnando mai non riposò la mano ,
finché densato della notte i l velo
cadde,ma il suo cader
'
non vide i l ciclo .
47
B el la virtù , qualor di te s’
avvede ,
come per lie to avvenimento esulta
lo spirto mio ; né da sprez z ar ti crede
se in topi anche sii tu nutrita e culta ;
al la bel lezza tua ch’ogni altra eccede
o nota e chiara , o t i ritrovi occulta ,
sempre s i prostra : e non pur vera e salda ,
ma im aginata ancor , di te s i scalda .
CANTO SESTO
1
Mèta a l fuggir , le inviolate sch iere
di Topaia ingombrar le quattro porte ;non che ferir , potute anco vedere
non ben le avea dei granchi i l popol forte .
Cesar che vide e vinse , al mio parere ,men form idab il fu di B rancaforte ,
al qual senza veder fu co’
suoi fanti
agevole i l fugar tre volte tanti .
2
Tornata l ’oste a ’ babbi intera e sana,
se a qualcuno il fuggir non fu mortale,
ch iuse le porte fur del la lor tana
con dil igenza al la paura eguale .
E per entrarvi l ungamente vana
stata ogni opra saria d ’ ogni animale,
si che molti anni in questo avria consunto
B rancaforte che là tosto fu giunto ;
3
se non era che quei che , per nefando
inganno , del castel lo eran signori ,e ch
’
or più faci al vento sol levando
sedean l assù nel l ’alto esploratori » ,visto i l popolo attorno ir trepidando
e dentro ri tornar quel l i di fuori,
indovinàr quel ch ’ era , e fatti arditi
i serrai sforz àr ma! custoditi .
1 70 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
4
E con sangue e terror corsa la terra
aprir le porte alla compagna gente,
che , qual tigre dal carcer s i disserra
o da ramo si scaglia atro serpente,
precipitaron dentro , e senza guerra
tutto i l l oco ebb er pieno immantinente .
I l rubare , i l guastar d’ una nemica
vincitrice canagl ia , i l cor vel dica .
5
Più giorni a mi litar forma d ’im pero
l’
acquistata città fu sottoposta ,B rancaforte imperando , anzi , nel vero ,
quel ranocch in ch ’egl i avea seco a posta ,
a ciò che l’
alfab etico m istero
gl i rivelasse in parte i di di posta,
e sempre che bisogno era del l’arte
d ’ intendere o parlar per via di carte .
6
Tosto ogni atto , ogn indizio , insegna o motto
di mista monarchia fu sparso al vento ,
raso , abbattuto , trasformato o rotto .
Ch i S tatuto nomava e Parlamento
in carcere dai lanzi era condotto ,
che ,del parlar de ’ topi un solo accento
più là non intendendo , in tal famiglia
di parole eran dott i a maraviglia .
7
Leccafondi, che noto era per vero
amor di patria e del civi l progresso ,
non sol privato fu del ministero
e del poter che i l re gli avea concesso ,
ma dal la corte e dai maneggi intero
bando sostenne , per voler espresso
di Senz acapo , e i giorni e le stagioni
a passar cominciò fra gl i spion i .
1 7 2 I I PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Lascio molti e molt i altri ordinamentidel saggio nunz io , .
e sol dirò che segno
del la bontà de ’ suoi provvedimenti
fu l’
industria languir per tutto i l regno ,
crescer le usure , im poverir le genti ,
nascondersi dal sol qual unque ingegno ;sciocchi o ribaldi conosciuti e ch iari
cercar solo e trattar civil i afl’
ari ;
1 3
i l popolo avvi l ito e pien di spie
di costumi ogni di farsi peggiore ,ricorrere agl
’inganni, al le bugie ,
sfrontato divenendo e traditore ;mal sicure da ’ ladri esser le vie
per tutta l a città non che di fuore ;
l ’or fuggendo e la fede , entrar le l iti ,ed ir grass i i forensi ed infiniti .
14
Subito poi che l’orator fu giunto
cui de" topi i l governo era commesso
dal re de ’ granch i , a B rancaforte ingiunto
fu d i partir co’ suoi . Ma dal lo stesso
cresciuto insino a centomila appunto
fu lo stuolo in castel male intromesso
i l resto a trionfar di topi e rane
tornò con B rancaforte a l le sue tane .
1 5
A l lor nacque fra ’ t0pi una fol l iadegna di riso più che di pietade ;una setta che andava e che venia
congiurando a grand’agio per le strade ,
ragionando con forza e leggiadria
d ’amor patrio , d’onor , di l ibertade ,
fermo ciascun , se s i venisse a l l ’atto ,.di fuggir come dianz i avevan fatto ,
CANTO SESTO 1 73
16
e‘
certo , quanto a sé , che pur col dito
lanzi ei non toccheria né col la coda ,
pure a futuri eccidi amaro invito
o ricevere o dar con faccia soda
massime al l ’ età verde era gradito ,
perché di congiurar correa la moda ,
e disegnar pericol i e sconquasso
del la città serviva lor di spasso .
17
I l pelame del muso e le basette
nutrian folte e prol isse oltre misura,
sperando , perché il pelo ardir promette,
d ’ avere , almeno ai t0pi , a far paura .
Pensosi in sui caffe'
, con le gazzette
fra man , parlando del l a lor congiura ,
m ostraronsi ogni giorno , e poi le sere
cantando arie sospette ivano a sch iere .
1 8
A l tutto si f idea Cam m inatorto
di si fatte commedie , e volentieri
ai topi perm ettea questo conforto ,che con saputa sua , senza misteri ,lui decretando or preso or esser morto
,
gl i congiurasser contro i lustri interi
ma non sostenne poi che capo e fonte
di queste trame divenisse il conte .
19
A l quale i giovinastri andando in frotte
offrian sè per l a patria a morir presti ;e disgombro giammai né di né notte
non era i l tetto suo d ’
alcun di questi .
Egl i , perché le genti , ancorché dotte
e sagge e d ’ opre e di voleri onesti ,di comandare a l tru i sempre son vaghe
,
e più se in tempo alcun di ciò fur paghe ,
1 74 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
anche dal patrio nome e da quel vero
amor sospinto oud ’ ei fu sempre specch io,
inducevasi a dar , se non intero
il sentimento , a lmen grato l’orecch io
al dolce suon che lui nel ministero,
e che la patria ritornar nel vecchio
onore e grado si venia vantando ,
e con l a speme il cor so l leticando .
2 1
L’
am basciador , quantunque del le pie
vog l ie del conte ancor poco temesse ,
pur com ’era m estier che molte spie
cOn buone paghe intorno gl i tenesse ,l'ivolger quei danari ad a ltre vie
e tors i quella noia un giorno elesse ;
e genti lmente e in forma di consig l io
costrinse i l conte a girsene in es igl io .
Peregrin per la terra i l ch iaro topo
v ide‘
p0poli assai , Stati e costumi ;
a quante bestie narrò poscia Esopo
si condusse varcando or mari or fiumi ,
con gli occh i intenti sempre ad uno scopo ,
d’
augum entar , come si dice , i l umi
al le sue genti , e , se gl i fosse dato ,
trovar soccorso al lor dolente stato .
23
Com’esule e com ’ un ch ’era discaro
al re granchio , al baron Cam m inatorto ,
e ch’
alfab eto e popolo avea caro ,molte corti i l guardar con occh io torto .
Più d ’un altro con lui fu meno avaro ;
più d ’ un ministro e re largo conforto
gli porse di promesse ; ed ei contento
i l cammin proseguia con questo vento .
1 76 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
28
Cani , pecore e buoi che sparsi al piano
o su pe’ monti si trovar di fuore ,
dalle correnti sùbité lontano
ruzzolando fùr tratti a gran furore
insino ai fiumi , insino all’
oceàno ,
orbo lasciando i l povero pastore .
Fortuna e delle membra i l picciol pondo
scam pàro i l conte dal rotare al fondo .
29
Già ristato era i l nembo , ed al le oscure
nubi affacciarsi or l ’ una or l ’ altra stel l a
quas i timide ancora e mal sicure
ed umide parean da l la proce l la .
Ma sommerse le va l l i e le pianure
erano In torno , e come navicel la
vòta fra l ’onde senza alcuna via
il topo or qua or là notando gia ;
30
e in suo cor sottentrata al lo spavento
era l ’angoscia del presente stato .
Senza de ’ lochi aver conoscimento ,
solo e già stanco , e tutto era bagnato .
Messo s ’era da borea un picciol vento
freddo , di punte e di colte l la armato ,
che dovunque , spirando , i l percotea ,
pugnere al vivo e cincischiar parea ;
3 1
si che se” alcun forame o se alcun tetto
non ritrovasse a fuggir l’acqua e i l gelo ,
e la notte passar senza ricetto
dovesse , che salita a mezzo il cielo
non era ancor , sentiva egli in effetto
che innanzi l ’alba lascerebbe i l pelo .
C iò pensando , e mutando ognor cammino ,
vide mol to di lungi un lumicino ,
CANTO SESTO 1 7 7
che tra le siepi e gl i arbori stil lanti
or gl i appariva ed or parea fuggito
ma s’
accorse egli ben , passando avant i ,
che immobi le era quel lo e stabil ito ,
e di propor quel segno ai passi erranti ,
o piuttosto al notar , prese partito
e cosi , fatto più d’ un miglio a guazzo ,
si ritrovò dinanzi ad un palazzo .
33
Grande era questo e bel lo a dism isura,
con l ogge intorno intorno e con veroni ,
davanti al qual s ’ udian per l ’ aria oscu ra
piover due fonti con perenni suoni .
V ide i l topo la mole e l a figura
questa aver che dell ’ uomo han le magioni
dal lume i l qual d ’ una finestra uscia ,
ch’
ab itata el la fosse anco apparia .
34
Però di fuor con cura e con fatica
cercolla i l topo stanco in ogni canto ,
per veder di trovar nova od antica
fessura ov ’ ei posar potesse alquanto ,
non molto essendo alla sua specie amica
la nostra insin dall a stagion ch ’ io canto ;
m a per molto adoprarsi , una fessura
né un buco non trovò per quel le mura .
35
Strano questo vi par , ma certo i l fato
intento i l conducea là dove udrete .
Che vedendos i omai la morte a l lato ,
che i l Cesari ch iamò mandar pel prete
e sentendosi°
il conte esser dannato
d ’ogni male a morir fuor che di sete
se fuor durasse , di cangiar periglio ,
d’osare e di picchiar prese consigl io .
1 78 I I - PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
36
E tratto all’
uscio e tolto un sassolino ,
dievvi de ’ colpi a suo poter più d ’ uno .
Subito da un balcon fe ’ capol ino
un uom guardando , ma non vide alcuno
troppo quel che picch iava era piccino ,
né faci l da veder per l ’aer bruno .
R isospinse le imposte , e poco stanteecco tenue picchiar siccome avante .
37
Qui trasse fuori una lucerna accesa
l’
ab itator del solitario ostel lo ,
e sporse i l capo , e con la vista intesa
mirando inverso l’uscio , innanzi a quel lo
vide i l topo che pur con l a distesa
zampa facea del sassolin martel lo .
Crederete che fuor mettesse i l gatto ;m a disceso ad aprir fu quegl i a un tratto .
38
E i l pel legrin con modo assai cortese
introdusse in dorat i appartamenti ,
parlando della specie e del paese
dei topi i veri e naturali accenti ;
e vedu tol cos i male in arnese ,
e dal freddo di fuor battere i denti ,
ad un bagno il m enò dove lavollo
dal la mota egl i stesso e riscaldollo .
39
Fatto questo , di noci e fichi secchi
un pasto gli arrecò di regal sorte ,
formaggio parm egian , ma di quei vecchi ,
fette di lardo e confetture e torte ,
tutto di tal sapor , che paglia°
e stecch i
parve al conte ogni pasto àvuto in corte .
Cenato ch’
ebb e , i l dim andò del nome ,e quivi donde capitasse
,e come .
1 80 11 - PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
44
pensato avrebbe al caso intentamente
per trovar , se potea.,qualche partito .
Già l ’ aer s’
im b iancava in oriente ,
e di più stel le i l raggio era sparito ,
e i l seren , puro tutto e tralucente ,
prom ettea ch’un bel di fora seguito
quas i sgombro dell’acque era i l terreno ,
e i l soffi o boreal venuto meno .
45
L ’ospite ad un veron condusse il conte ,
mostrando i l tempo placido e tranquil lo .
Sola i silenzi l ’una e l ’altra fonte
rompea da presso , e da lontano i l gri l lo .
Qualche raro balen di sopra i l monte
i l nembo rammentava a ch i sortillo ;
poscia a un letto i l guidò ben preparato ,e da lui per al lor prese commiato .
CANTO SETTIMO
D’aggiunger mi scorda i nel l
’altro canto
che i l topo ancor l’ incognito rich iese
del nome e del lo stato , e come tanto
fosse ad un topo pellegrin cortese ,e da che l ibri ovver per quale incanto
le soricine voci avesse apprese .
Parte l ’ altro gl i disse , e i l rimanente
voler dir più con agio i l di seguente .
2
Dedalo egli ebbe nome , e fu per l ’arte
simile a quel che fece i l laberinto .
Che i l medesimo fosse , antiche carte
m ostran la fama aver narrato o finto .
Se la ragion de ’ tempi in due l i parte ,non vo ’
d’
anacronism o esser convinto
Gl i anni non so di Creta o di M inosse ;i l N iebuhr l i diria , se vivo fosse .
3
Antich iss ima , come è manifesto
fu del nostro l ’ età . Però dichiaro ,
lettori e leggitrici , anzi protesto ,
che i l Dedalo per fama oggi si chiaro ,
forse e probabilmente non fu questo
del quale a ragionarvi io mi preparo ,ma più moderno io non saprei dir quanto
ed in via senza più torna i l mio canto .
1 82 I I -PARAL I POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
4
Quel Dedalo che al topo albergo diede
fu di ricca e genti l condizione ,
da quei che i l generar l asciato erede ;e noiato , non so per qual ragione ,degl i uomini , che pur , ch i dritto vede ,in general son ottime persone ,
ridotto s ’era sol itario in vil la
a condur vita l ibera e tranqui l la .
5
Questi adunque,poiché più di quattr
’ore
alto i l sole ebbe visto,al pel legrino
che da l l ’a lba dormia con gran sapore ,
recò che molto innanzi era i l mattino
e levato i l condusse ove in colore
vario splendea tra l ’ oro i l marrocchino ;
nel lo studio cioè , che intorno intorno
era di l ibri preziosi adorno .
6
Ivi gl i fe ’ veder molti volumi
d’
autori topi antich i e di recenti
I delir i del gran Fiutaprofum i,
L a trappola ,tragedia in atti venti ;
Topaia innanz i l’
uso de’
salum i,
gli A tti del l ’accademia de ’ Dormienti ,L
’
am ico de’fam elici , ed un cantico
per nascita reale in foglio atlantico .
7
La grammatica inoltre e i l dizionariom ostrògli del la topica favella ,e più d ’ un altro l ibro necessario
a drittamente esercitars i in quella ,che con l ’ uso de ’ verbi alquanto vario ,
al le l ingue schiavone era sorel la .
Indi , fattol sedere , anch’
ei s’
assise ,
ed in un lungo ragionar si mise .
1 84 1 1 - PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Perché dicea ch iunque gli occh i al sole
ch iudere , o rinnegar la coscienza ,
ed a se stesso in sè mentir non vuole ,certo esser dee che da l la intel l igenza
de’ bruti a quel l a del l ’umana prole
è qual da meno a più la differenza ,non di genere tal , che se rigetta
la materia un di lor , l’ altro l’am m etta .
13
Che certo , s’
estim ar materia frale
dal la retta ragion mi s i consente
l ’ io del topo , del can , d’ al tro mortale ,
chè senta e pens i manifestamente ,
perché non possa i l nostro esser cotale
non veggo : e se non pensa inver né sente
il topo o i l can , di dub itar concesso
m ’ è del sentire e del pensar mio stesso .
1 4
Cosi dicea . Ma che l ’ uman cervello
ciò che d’ aver per fermo ha stabilito
creda talmente che dal creder quello
nol rimuova ragion,forza o partito ,
due cose , parmi , che acc0ppiare è bel lo ,
mostram quant’
altra mai quasi scolpito
l ’ una , che poi che senza dubbio alcuno
di Copernico i l dogma approva ognuno ,
1 5
non però fermi e persuasi manco
sono i p0p01i tutt i e son le scole ,
che l ’uomo , insomma , senza ugua l i al fianco
segga signor del la creata mole ,né con modo men lepido o men franco
si ripetono ancor le antiche fole ,
che fan dell’ esser nostro e de ’ costumi
per nostro amor partecipare i numi ;
CANTO SETT IMO 1 85
1 6
l ’ altra , che quei che del l ’umana mente
l’
arcana essenza a ricercar procede ,
l a question delle bestie interamente
lasciar da banda per lo più s i vede ,
quas i a l iena al la sua , con impudente
dissimulazione e mala fede ,e conch iuder la sua per modo tale
ch’
all’
altra assurdo sia , nul la gli ca le .
1 7
Ma lasciam gli altri a cui per dritto senso
i topi anche moderni io pongo avanti .
A Dedalo torniamo ed al l ’ intenso
des io che i l mosse a ricercar per quanti
cl imi ha la terra e l’
oceàno immenso ,
come fer poscia i cavalieri erranti
del le amate lor donne , in qual dimora
le bestie morte fosser vive ancora .
1 8
Trovollo alfio veracemente , e molte
vide con gl i occhi propri alme di bruti
ignude , io dico da quei corpi sciolte
che quassù per velami aveano avuti ,
se bene in quell i ancor pareano jnvolte ;come
,
' non saprei dir , ma ch i veduti
spiri ti ed alme ignude ha di presenza,
sa che sempre di corpi hanno apparenza .
1 9
Dunque menarlo all’
im m ortal soggiorno
de ’ t0pi estinti offerse al peregrino
Dedalo , acciò che consul tar l i intorno
a Topaia potesse ed al destino
perché sappiam che , chius i gl i occhi al giorno ,
diventa ogni mortal quas i indovino ,
e , qual che fosse pria , dotto e p rudente
si rende si che avanza ogni vivente .
1 86 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
Strana questa in principio e fèra impresa
al conte e piena di terror parea .
Non avean fatta Simile discesaOrfeo , Teseo , l a Psiche , Ercole , Enea ,
che vantàr poscia , e forse l’ arte appresa
da topi o ta lpe alcun di loro avea .
Dedalo l’am m oni che denno i forti
poco temere i vivi e nul la i morti .
E inanimito ed al l ’ impresa indotto
avendo ! ” facilmente , e confortato
d’
alcun de ’ cibi di che i l topo è ghiotto
d’
alucce arm ògli l’uno e l ’altro lato .
Più non so dir, l’istoria non fa motto
di quel lo onde l ’ordigno era formato ,
non degl’
ingegn i e non dell’
artifi z io
per la virtù del qual facea l’
uflì z io .
Palesemente dimostrò l ’effettoche queste d
’a l i inusitate some
di quell’
altre non ebbero il difetto
ond ’ Icaro volando al mar die ’ nome ;di quel le
, sia per incidenza detto ,
che venner men dal caldo io nori so come
poiché nel l ’a l ta region del cielo
non suole i l caldo soverchiar , ma i l gelo .
23
Dedalo,io dico i l nostro , ale si pose
accomodate al la statura umana
dub itar non convien di queste cose
comeche sien di specie alquanto strana .
Udiam fra molte che l ’età nascose
la macchina vantar , del padre Ranae i l globo aereostatico ottien fede ,
non per udir , ma perocche si vede .
1 88 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
La torre di B abel di sterminataombra stampava la deserta landa ;
e la terra prem ean dall’
acque nata
le piramidi in questa e in quel la banda .
Poco I tal ia a quel tempo era abitata ,I tal ia che al finir dell’am m iranda
antichità per anni ultima viene ,
e primi per virtù gl i onori ottiene .
29
Sparsa era tutta di vulcani ardenti,
e incenerita in questo lato e in quel lo .
Fum avan g l i Appennini al lor frequenti
come or fuman Vesuvio e Mongibel lo ;e di l iquide pietre ignei torrenti
al mar tosco ed all’Adria eran flagel lo ;
fumavam l’
Alpi, e la nevosa sch iena
solcavan fiamme ed infocata arena .
30
Non era ai due volanti'
peregrini
possib ile driz z ar tant’alto i vanni ,
che non ceneri pur ma sassolini
non percotesser lor le membra e i panni ;tal i in sembianza di smodati pini
sorgean diluvi inver gli eterni scanni
da eccelsissim i gioghi , alto d’ intorno
a terra e mare intenebrando i l giorno .
3 1
Tonare i monti e rintronar s’
udiva
or l’ illirica spiaggia ed or l a sarda ;né già , come a l presente , era festiva
la veneta pianura e la lombarda ;né tant i laghi al lor , né con sua riva
i l Lario l’ab bellia né quel di Garda :nuda era e senza amenità nessuna ,
e per lave indurate orrida e bruna .
CANTO SETTIMO 1 89
Sovra i coll i ove Roma oggi dimorasol itario pascea qualche destriero ,
errando al sol tersissim o , che indora
quel loco al mondo sopra tutt i a l tero .
Non conduceva ancor l’ardita prora
per le fauci scillee smorto nocchiero ,
che di Calabria per terrestre via
nel suol trinacrio i l passegger venia .
33
Dal l ’altra parte aggiunto al gaditano
era i l l ido ove poi Cartago nacque ;
e già si discoprian di mano in mano
fenicii legni qua e là per l’acque .
Anche apparia di fuor sull’
oceàno
quell a che poi sommersa entro vi giacque ,Atlantide ch iamata , immensa terra ,
di cui leggera fama or parla ed erra .
34
Per lei piu facil varco aveasi al lora
ai l idi là di quel l ’altro emisfero
che per l’artiche nevi e per l ’ aurora
polar che avvampa in ciel ma ligno e nero ,
né di perigl i pien cosi com ’ora ,dritto fendendo l’oceàno intero .
D i le i fra gl i altri ragionò Platone ,e i l viaggio del topo è testimone .
35
Per ogni dove andar bestie giganti
o posar si vedean sul la verdura,
maggiori assai degl’
indici elefanti
e di qual bestia enorme è di statura .
Parean dal l ’ a l to col linette errant i
o sorgenti di mezzo alla pianura .
D i si fatti animai son le semente,
come sapete , da gran tempo spente .
1 90 I I PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
36
Rel iquie lor , le scòle ed i musei
soglion l ’ossa serb ar dissotterate .
Riconosciuta ancor da ’ nostri augei
l ’ umile roccia fu che l a cittate
c0pria de’ t0pi , e quattro volte e sei
l’
esule volator pien di pietate
la rim irò dal l ’ alto , e sospirando
si volse indietro e si lagnò del bando .
37
Alfin dopo volare e veder tanto
che con l ingua seguir non si potria ,
scopri l a coppia della qua le io canto
un mar che senza termini apparia .
Forse fu quel cui del l a pace il vanto
alcun che poi solcollo attribuia ,
detto da molti ancor meridiano,
sopra tutti latissim o oceano .
38
Nel mezzo della lucida pianura
videro un segno d ’una macchia bruna ,qu
‘
al pare a riguardar , ma meno oscura ,questa o quell
’
om b ra i n sull’
argentea luna .
E là drizzando i l vol nel l ’aria pura
che percotea del mar l’ ampia laguna ,
videro immota, e come dir confi tta
una nebbia stagnar putrida e fitta .
39
Qual di passeri un gruppo o di pern101
che s’
atterri a beccar su qualche vil la
pare al pastor , che su per le pendici
pasce le capre al sol quando più bril la ,
cotal dal l’alto ai due volanti amici
parve quella ch’
eterna ivi disti l la
nebbia , anzi notte , nel la quale involta
un ’ isola , o piuttosto era sepolta .
1 92 I I PARALI POMEN I DELLA BATRACOM IOMACH IA
44
Girava i l monte più di cento miglia ,
e per tutto i l suo giro , alle radici ,eran bocche diverse a maravigl ia
di grandezza tra lor , ma non d’uffici .
Degli estinti animal i ogni famigl ia ,
da l le balene ai picciol i lom b rici,
alle pu lci , agl’
insetti, onde ogni umore
han pieno altri animai dentro e di fuore ,
45
microscopici o in tutto anche nascosti
a l l ’occh io uman quanto si voglia armato ,
ha quivi l a sua bocca . E son disposti
quei fori si , che dei maggiori al lato
i minori per ordine son posti .
De l la maggior balena e smisurato
è i l primo , e digradando a mano a mano ,
l ’occhio s’aguz z a in sugl i estremi invano .
46
Porte son questi d ’altrettanti inferni ,
che ad altrettanti generi di bruti
son ricetti durabil i ed eterni
del l ’ anime che i corpi hanno perduti .
Qu ivi però da tutti i l idi esterni
venian radendo l ’aria intenti e muti
spirti d ’ogni mani era , e quel la bocca
prendea ciascun ch ’al la sua specie tocca .
47
Cervi , bufali , scimmie , orsi e caval l i ,
ostriche,seppie , muggini ed ombrine ,
oche , struzzi , pavoni e pappagal li ,vipere e bacherozzi e chiocciol ine ,forme affolla te per gl i aerei cal l i
em piean del tetro loco ogni confine ,
volando , perché i l volo anche è v ir tude
propria dell’alnie di lor membra ignude .
CANTO SETT IMO 1 93
48
B en quivi discernean Dedalo e i l conte
queste forme che al sol non avean viste ,
bench’
alle spa l le , ai fianch i ed alla fronte
sempre al lor volo assai ne fur commiste ,
che d ’ogni val le , o poggio , o selva , o fonte ,
van per l ’alto ad ogn i ora anime triste ,
verso quel loco che l ’eterna sorte
lor seggio destinò dopo la morte .
49
Ma come solamente all’
aure oscure
del suo fuoco la lucciola si tinge ,e spariscono al sol quel le figure
che la lanterna magica dip inge ,
cosi le menti assottigliate e pure
di quel vel che vivendo le costringe
sparir naturalmente al troppo lume ,
né parer che ne l l ’ombra han per costume .
50
E di qui forse avvien che le sepolte
genti di notte com parir son use ,
e che dal giorno , fuor che rade volte ,soglion le visioni essere escluse .
Vuole alcun che le umane alme disciol te
in un di questi inferni anco sian ch iuse ,
posto là come gli altri i n quel la sede
che la grandezza in ordine rich iede .
5 1
E che Virgilio e tutti quei che d1e10
all’
um an seme un erebo in disparte
favoleggiasser seguitando Omero
e lo stil proprio de ’ poeti e l ’ arte ,essendo del mortal genere in vero
più feconda che l ’ uom la maggior parte .
Io di questo per m e non mi frammetto :
però l’ istoria a seguitar m’
affretto .
1 96 11 PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
4
Maggiori infern i e della sua statura
ben visitati avea l ’ uom forte e saggio ,
e vedutili, fuor nel la misura ,
conformi esser fra lor , di quel viaggio
predetta aveva al topo ogni avventura
ch ’ or gl i ridisse , e fecegli coraggio ,
e m essol dentro al sempiterno orrore ,
ad aspettarlo si fermò di fuore .
5
Io vid i in Roma sul le l iete sceneche i l nome appresso i l volgo han di Fiano ,in una grotta ove sonar catene
s ’ ode e un lamento pauroso è strano ,
discender Cassandrin dal le serene
aure per forza con un lume in mano ,
che , con tremole note in senso audace
parlando , spegne per tremar la face .
6
Poco altrimenti all’ infernal discesa
posesi di TOpaia i l caval iere ,
salvo che non avea lucerna accesa ,ch ’ai t0pi per veder non è mestiere
né minacciando già , che in quella impresa
vedeva il minacciar nulla valere ;
e pur volendo , credo che a gran pena
bastata a questo gl i saria la lena .
7
Tacito discendeva in compagnia
di molte larve i sotterranei fondi .
Senza precipitar , quivi la via
mena ai più ciechi abiss i e pm profondi ;
can Cerbero latrar non vi s ’udia ,
sferze fischiar né retti l i iracondi .
Non s i vedevan barche e non paludi ,
ne'
spiriti aspettar su l ’ erba ignudi .
CANTO OTTAVO 1 97
8
Senza custode a lcuno era l ’entrata
ed aperta l a via perpetuamente ,
che da persone vive esser tentata
la non può mai che malagevolmente ,
e per l’ uso de ’ morti apparecch iata
fu dal principio suo naturalmente ,
onde non è ragion farvisi altrui
ostacolo a calar ne ’ regni bui .
9
E dell’uscir di là nessun des io
provano i morti , se ben hanno i l come ;
che , spiccato che fu de ’ topi l ’ io ,
non si rappicca al le corporee some ,e ritornando dall’eterno oblio
sanno ben che rizzar farian le ch iome ;
e fuggiti da ognuno , e maledetti
sarian per giunta da’ parenti stretti .
10
Premi né pene non trovò nel regno
de’ morti i l conte , ovver di ciò non dànno
le sue storie antich issime alcun segno .
E maraviglia in questo a . m e non fanno ;
ché i mort i aver quel ch ’al la vita è degno ,piacere eterno , ovvero eterno affanno ,
tacque , anzi mai non seppe a dire i l vero ,
non che i l prisco Israele , i l dotto Omero .
1 1
Sapete che se in lui fu l ungamente
creduta ritrovar questa dottrina ,
avvenne ciò perché l ’ umana mente
quei dogmi ond ’el la s i nutri bambina
veri non crede sol,ma d ’ogni gente
natii , quantunque antica 0 pel legrina .
D ianzi in Omero errar di ciò la fama
scoprimmo : ed imparar questo si ch iama .
1 98 11 PARALIPOMEN I DELLA BATRACOM IOMACH IA
Né mai selvaggio alcun di premi o pene
destinate agl i spent i ebbe sentore ,né già dopo i l morir de l le terrene
membra l ’a lme crede viver di fuore,
ma palpitare ancor le fredde vene,
e insomma non morir colui che m òre ,
perch’
un rozzo del tutto e quasi infante
la morte a concepir non è bastante .
1 3
Però questa caduca e corporale
vita , non altra , e i l breve uman viaggio ,
in modi e l uogh i incogniti immortale
dopo il fato durar crede i l selvaggio ,
e lo stato i sepolti anco aver tale
qual ebber quei di sopra al lor passaggio ,tal i i bisogni , e non in parte alcuna
gl i esercizi mutati o la fortuna .
14
Oud ’ ei sotterra con l’
esangue spoglia
ripon cibi e ricchezze e vestimenti ,
chiude le donne e i servi , acciò non toglia
i l sepolcro al defunto i suoi content i ;
cani , frecce ed arnes i a quals ivoglia
arte ch ’egl i adoprasse appartenenti ,
massime se i l destin gli avea prescritto
che con la man si procacciasse i l vitto .
1 5
E questo è quel lo universal consenso
che in testim on del la futura vita
con eloquenza e con sapere immenso
da dottori gravissimi si cita ;
d ’ogni popol più rozzo e più milenso ,
d ’ ogni mente infingarda e inerudita
il non poter nell’
orba fantasia
la morte imaginar che cosa sia .
200 I I - PARALIPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
20
Poscia che , dal terror con gran fatica
a poco a poco ritornato , i l conte
OSO fu di mirar la Sch iera antica
negl i occh i mezzo ch iusi e nel la fronte,
cercando se fra lor persona amica
riconoscesse alle fattezze cònte ,
gran tempo andò con le pupil le errando
di cotanti nessun rafligurando .
2 1
S i mutato d ’
ognuno era i l sembiante ,
e s i tra lor conformi apparian tutti ,
che a gran pena gl i venne in sul davante
riconosciuto infin Mangiaprosciutti ,
Rubatocchi e poche altre anime sante
di cari amici suoi testé distrutt i
a cui principalmente il sermon vòlto ,
narrò perché a cercarli avesse tolto .
2 2
Ma gl i convenne incominciar dal primo
assalto che dai granch i ebbero i suoi ,
novo agli scesi anzi quel tempo all’
im o
essendo quel che occorso era da poi .
B en ciascun giorno dal terrestre l imo
discendon topi al mondo degl i eroi ,
ma non fan motto , ché alla gente morta
questa vita di qua niente importa .
23
Narrato ch’
ebbe alla distesa i l tutto ,
l a tregua , i l nuovo prence e lo Statuto ,
i l brutto inganno de ’ nemici , e i l brutto
galoppar dell’esercito barbuto ,
addim andò se la vergogna e i l lutto
ove i l popol de ’
t0pi°
era caduto
sgombro sarebbe per la man de ’ molti
col legati da l u i testé raccolti .
CANTO OTTAVO 20 1
24
Non è l’estinto un animal risivo ,
anzi negata gl i è per legge eterna
la virtù per la quale è dato al vivo ,
che una sciocchezza insolita discerna ,
sfogar con un sonoro e convulsivo
atto un pruri to del la parte interna .
Però , del conte la dimanda udita ,
non risero i passati al l ’altra vita .
25
Ma primamente a lor su per l a notte
perpetua si diffuse un suon giocondo ,
che di secolo in secolo al le grotte
più remoto pervenne ins ino al fondo .
I destini tremar non forse rotte
fosser le leggi imposte al l ’altro mondo ,
e non potente l’accigliato E l iso ,
udito il conte , a ritenere i l riso .
26
I l conte , ancor che l a paura avesse
de’ suoi pensieri i l principal governo ,
visto poco mancar che non ridesse
di sè l’ antico tenipo ed i l moderno ,
e tutto per tener le non concesse
risa sudando travagliar l’ inferno ,
arrossito saria , se col rossore
mostrasse i l topo i l vergognar di fuore .
27
E confuso e di cor tutto smarrito ,
con voce il più che si poteva umile ,
e in atto ancor dimesso e sbigottito ,
mutando al dim andar figura e stile ,
interrogò gli Spi1 t i a qual partitoappigliar s i dovesse un cor genti le ,per far dell’ ignom inia ov
’era invo l ta
l a s ua stirpe de ’ topi andar disciolta .
202 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
28
Come un l iuto rugginoso e duro ,
che s ia molt i anni già muto rimaso ,
risponde con un suon fioco ed oscuro‘
a chi lo tenti o lo percota a caso ,
ta! con un profl'
erir torbo ed impuro
che fean mezzo le labbra e mezzo il naso ,
rompendo del tacer l ’abito antico ,
risposer l’ombre a que l del mondo aprico .
29
E gli ordinar che , riveduto i l sole ,di penetrar fra ’ suoi trovasse via ;che poi ch ’
entrar del la terrestre mole
potea nel cupo , anche colà potria ;
ivi in pensieri , in opre ed in parole
seguisse quel che m òstro gl i saria
per lavar di sua gente i l disonore
dal general d i nome Assaggiatore .
30
Era questi un guerrier canuto e prode ,che , per senno e virtù pregiato e culto ,
d ’un vano perigliar l a vana lode
fuggia , vivendo a più potere occulto ;
trattar le ciance come cose sode
a gente di cervel non bene adulto
lasciando,e sotto non superbo tetto
schifando del servaggio i l grave aspetto .
3 1
Infermo egli a giacer s ’ era trovato
quando il granchio alle spa l le ebbero i suoi ,
ed , a congiure sceniche invitato ,
chiusi sempre gli orecch i avea di poi ,onde cattivo cittadin chiamato
era talor dai fuggitivi eroi ;ed ei tranquil lo in sua virtù , l a poco
saggia natura altrui prendeva in gioco .
204 I I PARALI POMENI DELLA BATRACOM I OMACH IA
36
Valiche l’
acque , valicàr gran tratto
di terra ferma ed altro mar di poi ,
e cosi come prima avevan fatto
la parte rivarcàr che ab itiam noi .
Già di riscontro a lor nasceva , e ratto
si spandeva i l mattin sui monti coi,quando là di Topaia accanto al sasso
ch inar Dedalo e i l conte i vanni al basso .
37
Quivi non visti , rintegràr le dome
forze con bacche e con si lvestri gh iande ;
poscia Dedalo , avuta io non so come
una pel le di granch io in quel le bande ,
l ’altro copri delle nemiche some ,
tal che parve di poi , tra le nefande
bestie , un granch io più ver che appresso i franchi
non paion del le donne i pett i e i fianch i .
38
Alfln , del conte al le onorate imprese
fausto evento pregando e fortunato ,
l ’ospite e duce e consiglier cortese ,partendosi , da lui prese commiato .
P iangeva i l topo , e con le braccia stese ,
cor gl i giurava eternamente grato .
Quei l ’abbraccio come poteva , e solo
poi verso i l nido suo riprese i l volo .
39
L’
esule a rientrar nel la dolente
città non fe ’ dimora , e poi che l’ebb e
con gl i occhi intorno affettuosamente
ricorsa , e con gl i orecch i avido beb b e
le patrie voci , a quel che alla sua gente
udito avea che l ume esser potrebbe ,
senza punto indugiars i andò diritto ,
dico al guerrier di cui più sopra è scritto .
CANTO OTTAVO 205
40
A conoscer s i diede , e qual desire
i l movesse a venir fece palese .
Quegli onorollo assai , ma nul la udire
vol le di trarne o di civil i imprese .
Cercollo i l conte , orando , ammorbidire ;
ma tacque i l volo e l’
infernal paese ,
perché teme da quel guerrier canuto
per vis ionario e sciocco esser tenuto .
41
Più volte 1 Instancabile orator'
e
or solo ed or con altra compagnia
tornato era agl i assalti , ed a quel core
aperta non s’
aveva alcuna via .
Ultimamente , un di che Assaggiatore
con più giovani al lato egli assalia ,
quei ragionò tra lor nel lamaniera
che di qui recitar creduto io m ’ era .
42
Perché , se ben le antiche pergamene ,dietro le qual i ho fino a qui condotta
la storia mia , qui mancano , e se bene
per tal modo la via m ’era interrotta,
la leggenda che in quel la si contiene
altrove in qual s i fosse lingua dotta
Spera i compiuta ritrovar : ma vòto
ritornom m i i l pensiero e contro i l voto .
43
Questa in l ingua sanscrita e tibetana ,indostanica , pah li e giapponese ,arabica , rabbinica , persiana ,etiopica , tartara e cinese ,
siriaca , ca ldaica , egiziana ,m esogotica , sassone e gallese ,finnica , serviana e dalm atina ,
valacca , proven z al, greca e latina ,
206 11 PARAL IPOMENI DELLA BATRACOM IOMACH IA
44
celata in molte bib l ioteche e molte
di levante s i trova e di ponente ,
che vidi io stesso , o che per me rivolte
fur da più d’un
.
amico intel ligente .
Ma di tal i scritture ivi sepolte ,
nessuna al caso mio valse niente ,
ch é non v’b a testo alcun della leggenda
ove più che nel nostro el la s i stenda .
45
Però con gran dolor son qui costretto
troncando ab bandonar l a istoria mia ,
tutt i mancano in fin , siccome ho detto ,
i testi , qual che la cagion s i sia
come viaggiator , cui per difetto
di caval l i 0 di rote a l l ’osteria
restar sia forza , o qual nocchiero intento
al corso suo , cui vegna meno i l vento .
46
Vo i , leggitori miei , l’
invo lontario
mancamento imputar non mi dovete .
Se mai perfetto in qua lche leggendario
troverò quel che in parte inteso avete ,
al narrato dinanzi un corollario
aggiungerò , se ancor legger vorrete .
Paghi del buon desio restate intanto ,
e finiscasi qui l ’ottavo canto .
VARIANTI
I INNO A NETTUNO .
Avverto che non registro gli errori del lo Spettatore, né le l ievi
d ifferenze di interpunzione ; e che i l Leopardi , nel la ediz ione sua
richiamò con numeri le singole note ; io invece , seguendo l’esem
pio del Giordani e Pe l legrini , per non interrompere spesso e fastidiosam ente la lettura con quei richiami , ne ho l iberato il testo ,riferendo le note a l la numerazione dei vers i .
I I — NELLA MORTE D ’UNA DONNA .
Al v . 59 l’autografo ha
Ora di sua costanza e in quel la colpa
E ev idente che quell’« in » è un trascorso di penna
, e doveva
esser tol to .
I I I LA GUERRA DE I TOP I E DELLE RANE .
(R if acim ento del 1 82 1 —22)
Non mi è parso necessar io dar per intero , come a l tri ha fatto ,anche questa redazione intermedia tra que l la del 1 8 1 5 (vedila nel
vol . V di questa edizione) e la definitiva del 1 826 ; e ho , per com
piutez z a , registrato le so le correzioni del la prima che non sono
rimaste nella terza .
G. LEOPARD I , Opere -VI II.
2 10
XI I,
11111,
XVI,
XVI I ,XVII I
,
X IX,
XX,
XXI,
XXI I ,
XXI I I,
XX IV ,
v2
3
4
5
1
3
4
6
1
2
3
4
5
1
3
6
3
4
6 .
1
2
2
4
5
4
4
5
2
5
3
1
4
2
6
1
2
4
1
6 .
Scendete a m e che il vostroChe salva giunga a la più tarda etate
per vostro donoI l grido ch
’oggi ancor
fra’ topi il più leggiadro
Cam pato al lor d ’un gatto astuto e ladro
Acchetava ilDal pigroS e gli fece v icinoA che ven isti e dondeD i che gente sei tu ,
di che paese ?Che fam iglia è la tua ?
Che se da b en conoscerotti
Che, per am or del m io gran padre, Lim o
,
M a vago se’tu pu r se bene estim o
Sch ietto ragionaTu di sguaz z ar ne l ’acquaOgn i m igl ior vivanda è m ia pastu ra
APPEND ICE
CANTO I
1 . Mentre a novo m’acc1ngo
E non è parte ov ’ io non
N on si tosto è prem utoCh
’assaggio
Questi cib i non fan per lo m io denteScherza a suo gradoPerch ’a la razza m ia
Che non t ’ab b i a cadere in precipizio .
E Sopra il tergo seco trasportollo .
i l topo m alaccortoE che la ripaP iangendo si doleaSudava tutto e ne gocciava il pelo ;Pa ll ido alfi n gridòCosi ‘
non conducevau n serpe esce a fi or d
’onda
L ascia al talento de l’avverso fato .
D isteso ondeggia
I l m esch inel
D i sostenersi '
a gal la : or quando videCo
’calci la m ortale
Ch ’era vano affrontarm i
2 1 2
3 .
6 .
XXI,1
2 .
XXI I,
1111111,
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9
XXIV ,
4»
5 .
XXV ,2 .
APPEND ICE
Per m e non fi aterei
E suggon l’ol io , che si spegne il lum e .
Ma quel che più m i scotta e quel che m ai
Non m’uscirà di m ente
M i rosero il m io veloE ra genti le e fi no ;
Ch ’ io l’avea pur tessuto ; e già m el trovoTutto forato e guasto , ancor che novo .
e quegl i tutto il giornoe la m ercé m i ch iede
E pur troppo una seraR itornata dal cam po a la tard ’
ora
Stanch issim a a posa r m i col locai ;Ma dorm ir nonDal gracidareFin quando spenta la d iu rna luceOrsù , nessun di noi scherm o nè duce
S i faccia di costor che in guerra vanno .
S e fosse ivi presenteStar m irando la pugna allegram ente .
CANTO I I I
[Anche in questa seconda redaz ione , com e poi nel la definitiva , i canti I I I e IV
in cui era stato diviso il poem etto nel 1 8 1 5 , furon ridotti a uno solo , continuando la num eraz ione de l le stanz e .]
St . I I , v .
4 .
5 .
111,
V
V I I ,
11111,
111,
1 .
5 .
6 .
4.
2
4 .
1
6
X I , 4
5
6
6
2 . Leccaluom o feriaLo sfortunato
e a Fangoso
Quei tra la polve si ravvolge e m ore ;Percosse e a terra lo m andò supinoMette uno
Leccaluom o traea da l ’alta spondaSti lla il intrideGiacinelfango d
’una b otta
Da l’erto lo precipita
Spezza la destra gam ba ed il ginocch io .
Per b uona sorte a un fossatello arriva ,
N e la zam pa fra tanto a Gonfi agote
Rodipan vib ra un colpo e lo percote .
Correa Porricolore a dargl i a iuto .
11111,
11117,11171,
XVII ,
1117111,
11111 ,
1111 ,
11111,
1111111,
2 .
2 .
1 .
1
2
2
3
4
5 .
6
2
2
3
6
I .
2 .
3 .
VAR IANTI 2 1 3
Ma non gli passa m anco la rotella .
G iovane d ’alto cor
,d ’alto legnaggio ,
che veggio in terra ?E che pensiero è il tuo ?Con gente di talMa certo b asteranno i dard i tuo i .Da
’
più rob usti cardin i la terra ;Ma G iove che salvargl i ad ogn i costoDel ib erato avea , truppa a lleataA rincorar m andò
D i specie sopra ogn iLo scontraffatto stuoloChe si m ette fra ’ topi
,
E quel che la segu ia fuga e m inaccia .
troncavano col m orsoE fecero un m acel loFiaccando ogn i arm a ostil co l
’aspro dorso .
VERS I
Sotto questo t itolo modesto e generico , i l Leopardi , sfumato
orma i i l disegno del la comp iu ta raccol ta del le Opere , riuniva lepoesie che , per ev ident i ragioni di forma
, non aveva potuto com
prender tra le Can z oni . Non tutte , per a l tro , quel le fino a l lora
composte : per esempio , l’I nno a N ettuno fu lasciato fuori , fo rse
per la diflîcoltà materia le di stam par le no te ; e lascia ta fuori fu
del pari La tor ta che pur avrebbe dovu to esserci , perché piut
tosto imitazione che traduz ione
Codesto t i tolo di Versi ho vo luto riprendere per raccoglier qu i
le poesie che i l Leopardi aveva stampate o aveva voluto stam
pare , e ne aveva poi dimesso i l pensiero per ragioni non in tu tto
dipendent i dal la sua volontà . Per esem pio ,è noto che dal pub
b licare l’Appressam ento della m or te lo tra ttenne i l G iordani con
giudiziose osservaz ioni ; e che del le due canzon i Per donna inferm a
e N ella m or te d’
una donna l ’opposizione recisa del conte Monaldofini col far r imandare la stampa . A un secolo di distanza è faciledire che l ’amico consigl iere e il padre censore avevan ragione ;e anche un secolo fa , passati i primi bo l lori , lo stesso poeta ri
conobbe , in fondo , la giustezza delle loro osservazioni .
Tra i versi original i ho posto , come aveva fatto il Leopardi ,i l volgarizzamento del la satira di S imonide e la traduzione del la
B atracom iom ac/zia , che , secondo la vo lontà del medesimo Leo
pardi , avrebb e dovuto precedere i P aralipom eni .
( 1 ) Cfr . nel la presente edi z ione del le Opere , I , 240.
NOTA
INNO A NETTUNO
Da una lettera del Leopardi al G iordani del 30 maggio 1 8 1 7 ,
s i ricava che venne composto nel la primavera del 1 8 1 6 . Fu stam
pato per la prima vol ta ne Lo spettatore italiano, tomo V I I , quaderno LXXV ( 1 0 m aggio pp . 1 42 -64 , con questo ti to loI nno a N ettuno d
’
incer to autore nuovam ente scoper to . Traduz ione
dal greco del conte G iacomo Leopardi da Recanat i » . La stampa
riusci assai sco rretta , e con 10 S tel la s i dol se i l poeta ,nel m an
dargl i , i l 1 2 maggio , un er rata -cor r ige : « Da si gran numero di
error i , spesso rilevantissim i, E l la vedrà quanto fieram ente sia danneggiato l
’
onor de l l ’au tore ; e però La suppl ico quanto so e possoche
,se E l la fa esegu ire l
’
al tra so ttometterla,
quanto al greco , ad un co rrettore specia le Questa seconda edi
zione usci , megl io corretta , poco dopo (i l 1 7 ottob re , i l Leopardi
ne mandava un esemplare al Cassi a Pesaro) , in un fascicolo in
quarto piccolo , contenente anche le due Odae adespotae, col me
desim o ti tolo riferi to di sopra .
Da l lo Spettatore i l Giordani e il Pel legrini ristamparono inno ,note e odi negl i S tudi fi lologici (Firenze , Lemonnier
,
pp . 1 47-
70 ,correggendo parecchi errori del le edizioni origina l i ,
m a non mancando di aggiungervene di nuov i . I l Mestica , negl iScritti letterar i di G . L . (Firenze , successori Lemonnier,I I , 89—
98 ha dato solo l’I nno , rim andando le note a un futu ro e
non p iù apparso volume di S cr itti fi lologici, e credendo , per tal
modo ,d
’interpetrar la volontà del poeta , i l quale ne l volume di
Versi del 1 8 26 voleva tralasciare i l lungo commento Crederei in
vece che il Leopardi dovè sentire che , senza que l le note , lo
« scherzo » perdeva troppo del suo significa to , e a l l ’u l timo , pin t
tosto che dare que l suo lavoro incompiuto e muti lo, preferì di
togl ierlo affatto dal volumetto .
Io ho ridato qui l ’opera ne l la sua integrità ; e posso compia
cerm i d’aver soddisfatto anche i l desiderio del Leopardi « di sot
tom etterla , quanto al greco a un correttore speciale » . Le bozze
del le note e del le odi sono
’
state infa tti r iv iste da Ermenegildo
Piste l l i ; e neppure i l Leopardi credo osasse sperar tanto .
2 20 NOTA
2 .— E legia . N el volume dei Versi è la seconda . La prima
,
col titolo : I lpr im o am ore , fu accol ta ne l l ’ed iz ione fiorentina (1 83 1 )e poi nel le successive dei Canti, ove l
’ ho natura lmente riprodotta
anch ’ io . La seconda e legia era già stata ristampata negl i S tudi
fi lologici , pp . 1 8 2 -
4 e negl i Scr itti letterar i , I I , 2 35-40 .
3 .— Per donna inferm a e N ella m or te di una donna fatta
trucidare . La prima poesia pare scritta per S erafina B asvecchi,figl ia de l la marchesa O l impia Melchiorri
,maritata prima a Pietro
B asvecch i, poi in seconde nozze ( 1 8 1 2) al conte V ito Leopardi ,fratel lo di Mona ldo . La Serafina
,nata nel 1 802 e marita ta nel
1 826 con l ’avvocato Domenico Marcoaldi,mori nel 1 846 . A lei il
Leopardi accenna anche ne La sera del di di festa , e probabil
mente doveva esser per lei un ’a l tra poesia , del la quale non ri
mane se non un ab bozzo (A una fanciulla , 1 8 1 9, in S cr itti vari
inediti dalle car te napoletane , p . 47 ; e cfr . Mestica , Gli am ori
di G . L . , in S tudi leopardiani , p . 95 Circa la seconda
poesia , b asterà r icordare che si riferisce a una V irginia del Mazzo ,mogl ie d
’un impiegato a l la dogana di Pesaro ,
incinta durante l’as
senza del marito e fatta abortire . I l 9 febbraio 1 820 ,i l Leopardi
mandava a l l ’ avvoca to Pietro B righent i a Bo logna << un p iccolo mano
scritto » : erano queste due canzoni quel la ad Ange lo Mai, che
egl i voleva pubbl icare . V i fu al proposi to un carteggio du ra to o l tre
tre mes i , nel qual e s i discusse del formato ,del la carta , del prezzo
che avreb b e importato l ’edizione , e anche del disegno del Leo
pardi di un ire a l le tre nuove canzoni le due stampate l ’anno
innanzi a Roma : A ll’
I talia e Sopra il m onum ento a D ante. Ma
a l l ’u l timo mom ento intervenne i l conte Monaldo , che i l 9 aprile
scrisse : Con riflessione piena e matura , non posso assolutamente
permettere la r istampa del le due canzoni sull’I talia e Dante .
Del le a ltre disapprovo quel la su l la donna fatta morire ,L
’ indignaz ione del poeta per questa « censura » domestica pare
veramente eccessiva ; e conclusione s ingo la re fu che la canzone
al Mai, che doveva passar quasi di con trabbando tra le al tre due ,fu pubb l icata so la . D i queste due ,
restate inedite , la prima fu
pubbl icata da A lessandro D’Ancona (Per noz z e P erugi a
-Levi ,
Pisa ,di su una cop ia del la contessa Pao l ina , e ristampata
nell’Appendice all
’
Epistolar io ,dal V iani ; negl i S cr itti letterar i ,
I I , 247 —
50 ,dal Mestica ; nei Canti e versioni, da Camil lo Antona
Travers i (Città di Castel lo , Lap i , 1 887 , pp . 207 La seconda vide
la luce negl i Scr itti var i inediti dalle car te napoletane, pp . 42 —6 .
NOTA 2 2 I
4 . La S atira di S im on ide contro le donne, tradotta dal con te
Giacom o Leopardi fu stampata per la prima volta ne l N uovo R i
coglitore, anno I , quaderno XI (novemb re pp . 828-3 1 e
ripubbl icata nei Versi del 1 8 26 ; donde passò negl i S tudifi lologici ;pp . 23 1 —
34 e negl i S cr itti letterar i, I I , 2 73-6 .
5 .— A l la vers ione de La guer ra dei topi e delle rane i l Leo
pardi lavorò amorosamente , tornandovi s0pra a p iù r iprese . La
prima stesura è tra i S aggi ; una seconda , mandata al Brighentiper la racco l ta di traduz ioni di Omero , incominciata a V erona
dal Torri e che s’
arrestò all’
Odissea del Pindemonte , fu stam pataa Bologna ne l Caf e
'
di P etronio , numeri 1 9 , 20 e 2 1 (apri le—m ag
gio ne l volume dei Versi è la defin itiva , che ho qui riprodotta testualmente , sa lvo a dar in appendice le opportune varianti .
PARAL IPOMEN I
DELLA B ATRACOM IOMACHIA
Furono edit i per la prima vo l ta dal Ran ieri a Parigi (Baudry ,Senonché lo stesso Ranieri , quando si fece a pub b licar le
Opere « secondo gli u l timi in tendimen t i del l’autore non ve l i
com prese ; n é , infatti , sono tra i quattro cahiers apprestat i dal
Leopardi per la stam pa . Dopo le Opere il Lemonnier riprodusse ,im itandola esattamente , l
’ediz ione par igina ; m a a far pa rte de l le
Opere non furono ammesse neppu re con la curiosa transazione
adot ta ta per gli S tudi fi lologici e i l S aggio . I l Mestica , invece , l i
vo l le includere tra le Opere approvate, e l i ristam pò sub i to dopoi Canti. Non b ene , a mio avviso . G iacché quest i otto canti sono
u n lungo fram m en to d’un poema che non è faci le immaginare
com e e dove sareb b e anda to a finire . Probab i lmen te non sarebb efinito m ai, neppu re se i l poem a si fosse svo l to per cen to canti
com e il Byron vo leva fare del suo D on Giovanni . Comincia to
fo rse col so lo intendimen to di metter in b urla le guerre e le
congiure dei carb onat i, s i a l largò v ia v ia all’ intenzione di satireg
giare tutte le tendenze e dottrine del tempo .
2 2 2 NOTA
I l testo fu r ivedu to sull’
autografo (conservato nel la B ib liotecanazionale di N apol i) , al qua le mi sono attenuto anche per talune
forme evidentemen te marchigiane (per esemp io scarpel lo Una
sola correzione , del resto già fatta da a l tri , ho introdotta ,per le
esigenze del senso , ne l canto V I I , stanza 48 , verso 1 , che nell’ori
ginale suona : Ben quiv i discernea Dedalo e i l conte » .
2 24 I ND ICE DEI CAPOVERS I
Parve di foco una vermigl ia l ista
Più che mezze oramai l ’ore notturne
Poi che da ’ granchi a rintegrar venuti
S enti ch ’e’ fischia e cigola e stromb azza
S ignor disse ch é ta le esser chiamato
S ul cominciar del mio nove l lo canto
Su ,scaviglia la corda . Oh ve ’ gavazza
Tornò la pioggia queta ; a l lor che sopra
Ve’che ’ l tira e s
’ indraca e schizza e’m paz z a
IND ICE
Acheronte , 203 .
Ach ille , 1 7 , 1 1 2 .
Adrasto, 18 .
Adria,188 .
Affrica , 138 .
Agesipoli, 25 .
Agostino 14, 24.
A iace,1 63 .
A lba (duca 139 .
A lcide,1 69.
Alcione,1 0
,19, 20 .
Alcippe , 23 .
Atia,1 0
,2 1 .
Aligh ieri Dante , 14, 55 .
Alliroz io,1 0
,1 1 , 2 2
,23 .
A10pe , 1 0,20 .
Alpi,1 88 .
Am im one,1 0
,19, 20, 2 1 .
Ancona , 1 07 .
Anfi trite , 10,19, 2 2 .
Angl ia , 40 .
Ann ib a le, 48 , 1 1 2 .
Antiloco,1 7 .
Anton io, 40 .
Apol lo. 9. 13 . 59 .
Apo llodoro , 14, 19, 2 2,23 ,
Appenn ino,1 32 , 188 .
Appio , 40 .
G . LEOPARD I, Opere — VI I I .
DE I NOM I PROPR I
23 , 26 ,
Argo , 187 .
Argolide , 24.
Arione , 1 6,18 .
Aristide,14, 22 , 23 .
Aristofane,14, 19, 25 , 2 7 .
Arm in io , 1 1 2 .
Arm odio, 5 1 .
Arnob io, 19.
Arpocraz ione , 19 .
Asdrub ale , 1 3 1 .
Astaco , 10,20, 22 .
’Afinvfi ,
t
l 4, I S °
Atenagora , 26 .
Atene,6, 9, 1 2 , 15 , 16
, 19,
1 87 .
Ateneo,24.
Atlant ide , 189.
Attica,10
,14, 15 , 23 .
Auson io , 14.
Averani B enedetto , 16 .
2 26 I ND ICE DE I NOM I PROPRI
Calab ria,1 89.
Cal lim aco ,20
,22
,26 .
Calliroe , 10, 20 .
Canace , 10,20
,2 2 .
Caro Ann ibale , 68 .
Cartago , 1 13 , 1 89.
Cassandrino , 197 .
Castelvetro Lodovico ,68 .
Cefi so,20 .
Cencri , 26 .
Cercione , 10 .
Cerere,20
,2 2 .
Cesari padre Anton io ,1 77 .
Ch ione ,10 , 19, 20 .
C icerone , 14 , 2 2 .
C ina,1 87 .
C inzia , 9 .
C i ri llo (san ) , 20 .
C itte , 45 .
C lem ente alessandino,19, 20 .
Cleodeo ,25 .
Coll i,107 .
Colono ,19.
Com pagn i D ino , 68 .
Corinto, 50 .
Cornel io Nepote , 2 7 .
Costantino ,1 38 .
Creta , 2 2, 91 , 18 1 .
Creusa,23 .
Da l i la, 40 .
Dem ostene , 2 2 .
D iodoro,1 9, 2 1 , 22 , 25 , 28 .
D ione Crisostom o,28 .
D ion igi Areopagita , 2 2 .
Dirrach io,1 0
,2 1 , 2 2 .
Doria Andrea,137 .
Doride , 1 0 .
Ebalo,25 .
Efeso,24 .
Ega , 1 1, 1 2 , 25 , 26
,28 .
Egm ont (conte 137 .
Egnaz io B attista,1 5 .
Encelado,1 02 .
Enea,141 , 1 86 .
En rico IV ,1 5 2 .
E pidanno ,1 0
,2 1 .
Epiro ,1 7 .
Ercolano ,1 33 .
Ercole , 1 86 .
E retteo , 1 0,23 .
Erodoto,1 5 , 28 .
E sch ine,2 2 .
E sichio , 24, 26 .
Esiodo ,20
,2 2 .
Etra, 10 , 20 .
Eub ea ,24 , 25 .
Eu fem o, 1 0 ,
20,2 1 .
Eum olpo ,10
,22
, 23 .
Eu ripide , 6 , 2 2,2
Eu ropa 109, 1 13 , 1 28,
1 38 . 143 . 164 .
Eu ropa 19, 20, 91 .
E urota,20 .
Eustatius 6 28 .
Faenza, 107 .
Feb o, 9 .
Ferrara , 4 1 .
Fi l ippo I I,139.
Fi renze , 1 37 .
Firm ico G iu l io,
Forcine , 2 1 .
Francia,140 .
Fuligno ,1 32 .
Gange , 1 87 .
Garda , 1 88 .
Geresto , 1 1,24, 25 , 28 .
Germ an ia,1 16 .
G iove. 7 . 8 . 1 3.
96 , 1 02, 1 03 .
G iovenale,2 2 .
G iustino (san) , 20.
Grecia , 1 1 .
Ida, 9 .
Igino ,1 5 , 2 2 , 23 .
I l io, 9, 13 , 40 .
2 28 INDICE DE I NOM I PROPR I
Priam o,141 .
Proclo , 14 .
Psam m ide Cam arineo , 1 7 .
Pseudo D idim o,14 .
Psiche, 1 86 .
Rana (padre) , 186 .
Rea , 7 , 8 .
Resina,133 .
Rodi,2 1 .
Rodo , 10,2 1
,22 .
Rom a; 5 1 68 1 1 1 3 ) 1 147 135 7 i891 Ì95 °
Sam o,28 .
Sansone, 40 .
Saturno , 7 , 8 , 1 1 .
S cytius, 1 6 .
Sem ele , 7 .
Seneca , 2 2 .
Senofonte,25 .
Serse,1 64 .
Servio,15 , 1 8 .
S im on ide,6,83 .
Socrate , 45 .
So focle,1 7 .
So l im a , 149;
Sparta , 1 2,25 , 187 .
Spoleto , 1 1 3 , 132 .
Stagi ra , 45 .
Stazio,16
,1 8
,2 2
, 26 , 2 7 . W ash ington , 137 .
Stefano i l geografo , 20, 24,
Stige , 203 . Zam a,1 1 3 .
Strabone,24 , 26
,27 , 28 . Zoroastro , 45 .
Su ida,27 , 28 .
Sun io,25 .
Teb e,1 2
,25 .
Teb ro, 40 .
Tem istocle , 14 .
Tenaro,1 2 , 2 7 , 28 .
Teocrito, 3 , 7 .
Teofi lo (san) , 20.
Teseo,10
,21 , 2 2 , 24, 1 69, 186.
Teti , 20 .
T ib erio, 50 .
Tidide , 1 20 .
Tim oleone , 137 .
T izio,20 .
Toosa, 10,
20 ,2 1 .
Trasim eno,1 13 .
Trevi , 1 33 .
Trez ene , 1 1 , 1 2, 13 , 28.
Trinacria,10.
Triope , 10,2 2 .
Tritone,10 , 2 2 .
Trofonio ,203 .
Troia,13 , 1 87 .
Tucidide , 19, 27 , 28.
Ugo 4 1 .
Ulisse , 1 0 ,23 , 1 20.
Varrone,1 4 .
Vesuvio ,1 32 , 1 88 .
V irgil io ,15 ,
1 8,24, 26
,132 ,
Vu lcano ,1 1
,19 .
I N D I C E
I . VERS I
I . INNO A NETTUNOAvvertimento
Inno
Odae adespotae
I I . APPRESSAMENTO DELLA MORTECanto ICanto I ICanto I I ICanto IV
Canto V
I I I . POES I E VAR I E1 . Sonetti in persona di ser Pecora , fiorentino becca io2 . E legia
3 . Due canzoniI . Per una donna inferma dimalattia lunga e morta le2 . N el la morte d
’una donna fatta trucidare col suo
portato dal corruttore per mano ed arte d’un
chiru rgo
4 . Volgarizzamento della satira di S imonide s0pra ledonne
5 . Guerra dei top i e de l le rane
Canto ICanto I ICanto I I I
230 INDICE
I I . PARAL IPOMEN I DELLA B ATRACOM IOMACH IA
(varianti)
CAPOVERS I
NOM I PROPR I