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VinArteI luoghi dell’artedirettore artistico Giuseppe Leone
Borgo artisti4-10 agostoGuardia Sanframondi (BN)
VinArte 2015I LUOGHI DELL’AERTE“BACCO E VENERE”
Direttore ArtisticoGiuseppe Leone
Testi a cura diAngela Cerritello
ArtistiMartina BenedettiBrisa Rossella Di Micco Mariano GogliaTeresa IannoneCarmine Carlo MaffeiValentina MondaVito Pace Michele Spina Irene Tuscolano
In occasione della XXII edizione di Vi-
nalia, il Circolo Viticoltori e il Comitato
Vinalia, hanno inteso porre l’accento
sulla tutela del territorio e la sosteni-
bilità ambientale, prendendo spunto
dall’enciclica “Laudato si’” del Santo
Padre Francesco, dove si sottolinea
l’importanza di proteggere il proprio
territorio, promuovendo la rivalutazione
di ambiente e cultura. Di qui la scelta
del tema “la cura della casa comune”,
un invito ad assumersi ciascuno le
proprie responsabilità per fronteggiare
la crisi socio – ambientale che il mondo
sta vivendo, con la consapevolezza che
l’istanza locale può fare la differenza.
Questo concetto è stato fatto proprio
dagli organizzatori di Vinalia i quali,
oltre a promuovere il territorio da un
punto di vista enogastronomico, hanno
voluto fortemente puntare sulla cultura
e sull’arte, intesa anche come strumento
di comunicazione universale, oltre che
di promozione territoriale.
Da tali riflessioni nasce il Borgo Artisti,
luogo di incontro fisico e spirituale
nel cuore del centro storico di Guardia
Sanframondi, dove si innesta Vinarte,
evento supervisionato dal direttore
artistico Prof. Giuseppe Leone che, con
l’ausilio di numerosi artisti, ha dato vita
al progetto “Bacco e Venere”, interpre-
tando il motivo del vino in chiave creati-
va, utilizzando diversi linguaggi e le
più disparate forme d’arte, che trovano
espressione attraverso la fotografia, la
pittura, la scultura ed installazioni di
vario genere.
Uno spazio importante sarà inoltre de-
stinato al mondo dell’artigianato storico,
attraverso il progetto “Botteghiamo”,
che ha lo scopo di riscoprire, tutelare e
tramandare le tradizioni artigiane, ele-
mento fondamentale e caratterizzante il
nostro territorio.
In tal modo si è inteso potenziare e
qualificare ulteriormente l’offerta cultu-
rale complessiva della manifestazione,
introducendo elementi assolutamente
innovativi, ma perfettemente legati alla
storia e alla tradizione, nell’ottica di
una sempre maggiore valorizzazione
territoriale.
Ludovico PretePresidente Circolo Viticoltori
In tal modo, nel desiderio di bel-lezza dell’artefice e in chi quella bellezza contempla si compie il salto verso una certa pienezza pro-priamente umana.Dalla “Lettera Enciclica”Laudate sì” del SantoPadre Francesco sulla “Cura della casa comune”.
Tu che circondi con la tua tenerezza tutto quanto esiste, riversa in noi la forza del tuo amore affinché ci prendiamo cura della vita e della bellezza.
Risana la nostra vita, affinché pro-teggiamo il mondo e non lo depre-diamo, affinché seminiamo bellezza e non inquinamento e distruzione. Dalla “Preghiera per la nostra terra” - “Lettera Enciclica”Laudate sì” del Santo Padre Francesco sulla “Cura della casa comune”.
Papa Francesco nella lettera enci-clica “Laudate si” per circa 30 volte ritorna sul concetto di bellezza, pertanto, in questa particolare edizione di Vinalia un’immersione nella bellezza era, assolutamente obbligatoria.Gli artisti, infatti, hanno la particola-re virtù di saper catturare la bellezza e di saperle dare forma durevole. A noi altri, invece, resta il non trascurabile compito di ammirarla e di difenderla per poter “compiere il salto verso una certa pienezza pro-priamente umana”.Un grazie, grandissimo al Profes-sore Leone e a tutti gli Artisti che hanno voluto essere con noi.
Titina PignaPresidente Comitato Vinalia
Nella suggestiva cornice di Guardia San-
framondi, si tiene dal 4 al 10 agosto la
XXII edizione di Vinalia. Il contest della
manifestazione orbita attorno all’encicli-
ca “Laudato sì” del Santo Padre France-
sco, dove si sottolinea l’importanza di
proteggere il proprio territorio promuo-
vendo la rivalutazione di ambiente e
cultura. Ancora una volta è il buon vino,
il vino di qualità, al centro della scena,
lì dove il Circolo Viticoltori di Guardia
Sanframondi, assieme al Comitato
Vinalia, si è mosso in direzione della
valorizzazione delle eccellenze enoga-
stronomiche e in difesa dei processi di
produzione tradizionali.
All’interno di tale quadro si anima
Vinarte, evento supervisionato dal
direttore artistico Giuseppe Leone, che
ha selezionato con cura una rosa di
artisti formatisi nell’ambito dell’Acca-
demia di Belle Arti e non. Leitmotiv
dell’iniziativa: “Bacco e Venere”, motivo
indagato nelle sue più varie declinazio-
ni, procedendo tra i più diversi stili e le
diverse espressioni delle arti visive. Si va
dalla fotografia alla pittura, passando per
scultura, istallazioni e performance.
Gli artisti selezionati utilizzano tutti
linguaggi differenti. L’esposizione avrà
per questo un ritmo variegato in cui
le opere sono accomunate più da una
profonda ricerca artistico - intellettuale
che da un comune sentire. Il motivo del
vino non va infatti inteso in maniera
didascalica, ma come stimolo creativo.
Bacco era, non a caso, la divinità dell’eb-
brezza estatica, i baccanali (così come
ancor prima i culti dionisiaci) erano riti
in suo onore in cui ci si liberava dalle
inibizioni quotidiane. Musica e vino
guidavano i partecipanti verso un paros-
sismo di emozioni. Gli artisti di Vinarte
esplorano proprio questa dimensione,
tanto nel senso della metafora concet-
tuale che in quello dell’estasi perfor-
mativa, in cui al progetto dell’opera si
antepone la libertà del gesto. Così con
alcuni la vista sembra offuscarsi davanti
la tela, con altri si dipanerà il mistero
del doppio, altri ancora riscopriranno
l’inibizione dell’azione o la sensualità
carnale o ancora la serenità dei sensi.
Così come il vino ci stimola e ci apre
a nuovi percorsi percettivi, così “Bacco
e Venere” si snoda lungo un percorso
artistico capace di scandagliare tutto ciò
che ruota intorno all’elemento oinos:
miti, storie, racconti, passioni, lirici mi-
sticismi. In ogni caso a farla da padrone
è la conoscenza profonda, da parte degli
artisti, della tecnica e dei materiali uti-
lizzati, l’amore per il fare che si unisce
ad uno studio profondo dell’immagina-
rio comune e dei significati intellettuali
che la mostra va esplorando. Tra gli
artisti in esposizione Rossella Di Micco,
Valentina Monda, Martina Benedetti,
Teresa Iannone, Irene Tuscolano, Brisa,
Mariano Goglia, Vito Pace, Carmine
Carlo Maffei, Michele Spina.
“Guardia Sanframondi va valorizzando
non solo il patrimonio enogastrono-
mico del proprio territorio”, spiega il
maestro Giuseppe Leone, direttore
artistico dell’evento, “ ma crea un ponte
tra promozione culturale e il rilancio di
un economia che trova voce attraverso
l’arte. Cultura ed economia, assieme alla
riscoperta di radici e tradizioni, si pon-
gono una a sostegno dell’altra. C’è una
differenza tra lo “slow food” e il “fast
food”, convinzione nata dalla perfor-
mance tenutasi, in giugno, nello spazio
istituzionale Piazzetta Italia di Expo
Milano 2015 assieme allo chef Pietro
Parisi, ospite di Vinarte nella serata del
5 Agosto. C’è una differenza tra il tutto
a buon mercato e il prodotto di qualità,
originale e non contaminato, ed è per
questo che la scelta degli artisti selezio-
nati per l’esposizione si pone al di fuori
delle logiche del mercato a tutti i costi, a
cui si preferisce, seppur nei diversi stili e
nelle diverse espressioni, una profonda
onestà intellettuale. Perché, in fondo,
l’arte sa e deve essere lenta, l’arte è fuori
dal caos”.
Giuseppe Leone
Martina Benedetti indaga negli spazio
dell’introspezione. I suoi mari primor-
diali sembrano appartenere ad ere
lontanissime: quelle delle origini del
modo in cui si organizza e si genera la
vita. L’acqua come atomo primigenio,
principio di tutte le cose. E intanto bolle
fluttuanti riemergono in superficie
e quasi vien voglia, come si fa con le
conchiglie, di porgere l’orecchio per
ascoltare il rumore del mare. Flussi in
movimento in cui si individuano, una
per una, tutte le tonalità del blu, un blu
in cui si sprofonda se non fosse per i
giochi di luce, che, attraversando maree
prismatiche, alleggeriscono la compo-
sizione. Sono, quelli dipinti da Martina,
scenari da cartolina, non nel senso della
maniera, ma in quello della purezza
della scena, della sublime contempla-
zione della natura. Ci si sente a guardar
le tele dell’artista come deve essersi
sentito il viandante davanti al mare di
nebbia, sconcertato e assorto, incantato
e timoroso. Qui si ha la sensazione di
essere in balia delle forze naturali, eppur
di conservarne quella posizione che ci
permette di ammirarne la grazia.
Indaga sulla questione degli affetti
Brisa. Le sue fotografie, in una perfor-
mance inanimata, sono stese su un filo,
come ad asciugare al sole. Non c’è il
gigantismo della mania contemporanea,
dove tutto deve essere eccessivamente
grande, eccessivamente visibile, ma la
tenerezza dell’oggetto piccolo, quello af-
fettivo, appunto. L’intenzione è quella di
retrocedere sulla cortina della memoria,
recuperare ciò che si è perso, inventarlo
lì dove non c’è più. Così fa Brisa, che i
suoi personaggi li veste, traveste, spo-
glia, li rende antichi e li trasporta in una
dimensione che non è più presente, ma
amorevole passato. Come il bambino
che il ricordo, se non ce l’ha, se lo in-
venta. Ogni elemento, dai broccati, alle
chiassose carte da parato sino ai pesanti
gioielli, che sembrano quasi gravare sui
colli esili dei personaggi, partecipa ad
una calibrata pantomima. Ma l’artista
smorza il tutto con la staticità delle pose,
la vacuità degli sguardi, la saturazione
attenuata del colore, quasi sbiadito.
Tutto deve essere eco del passato, tutto
deve compartecipare alla messa in scena
della memoria. Sembra che la polvere
si sia posata su quei corpi, su quelle
stoffe, su seni, braccia e gomiti e che poi
il cuore di qualcuno l’abbia soffiato via,
quella polvere, per recuperare il ricordo
di quell’immagine.
Le opere fotografiche di Rossella Di
Micco sono ritratti doppi o che cedono
il passo ad una lettura profondamen-
te simbolica, dal profumo esoterico.
Veneri desnude, dee kalì con eccessi di
braccia, trasparenze di corpi. Sembra
guardarsi allo specchio e vedere un’altra,
o dell’altro, o forse è il riflesso ad essere
verità leggera e semplice, priva dei pesi
del reale. Il corpo, nelle opere di Rossel-
la, sembra quasi superfluo, nel senso che
sembra involucro sterile di un’anima
molto più potente. Se le donne dell’ar-
tista sono, nella maggior parte dei casi,
figure angelicate e pallide madonne,
affiora nella contorsione delle pose e
nell’introduzione dell’elemento naturale
uno spirito a tratti stregonesco. Santere,
maghe o veggenti che siano, la fotografa
ha l’abilita di trasporre sulla carta foto-
grafica tutta la forza del femminino in
una composizione che fonde la pulizia
della composizione con la stratificazio-
ne delle simbologie. Anche lo strata-
gemma tecnico, seppur palese, partecipa
all’atmosfera magica dell’immagine che
si eleva così quasi ad altarino sacro, a
rivelazione dell’invisibile
Mariano Goglia è il marmo, la pietra,
il legno. Conosce bene la materia, sa
esattamente dove lasciarla respirare
o dove insistere, dove incidere e dove
levigare. Non è un caso allora se le sue
opere appaiono come una coesione
perfetta tra grazia e forza, quasi come se
lo sculture fosse riuscito a trovare quel
giusto compromesso tra la pesantezza
della pietra e l’impalpabilità dell’idea,
del concetto che eleva l’arte nelle sfere
della dolce inconsistenza. Sarà forse
perché Mariano non lotta con la natura
del materiale, ma lo asseconda. Le sue
figure saranno, di conseguenza, corpi
diafani che vengon fuori dal marmo
con uno slancio calibrato eppur deciso. I
muscoli si contraggono, i tratti si fanno
spasmodici e nerboruti, mentre i volti
rimangono muti in una beatitudine che
ricorda quelle delle statue e dei dipinti
medievali. Visi afoni, sì, ma di un’espres-
sività sconcertante che li catapulta nella
dimensione della contemporaneità. A
farla da padrone sono la purezza delle
forme, la plasticità scarna, quel lasciar
le figure abbozzate. Sembra quasi che
tanta leggerezza non appartenga alla
pietra, sembra quasi che Mariano scol-
pisca aria.
Esplode nelle tele di Teresa Iannone
l’astrattismo policromo. Fortissimo è
il dialogo tra pittura ed architettura,
scenari urbani dove il paesaggio si
intuisce appena nelle “spatolate” decise
eppur morbide. La forma si sfoca fino
al suo limite massimo per lasciar spazio
alle trasparenze della luce. E’ la luce a
guidare lo sguardo dello spettatore che,
nell’andirivieni serrato della materia,
riesce a trovare un percorso preciso.
Balenano sulle tele arancioni caldissimi,
verdi brillanti, rossi che riscaldano lo
sguardo, oppure si scende in blu ma-
linconici, ci si incupisce nei grigi sordi.
Ogni languida linea suggerisce una
forma. E’ un passaggio cerebrale, più che
visivo: le opere della Iannone vivono
innanzitutto di pensiero. Sulla superficie
del quadro, votato all’astrattismo, non
ci sono grattacieli che si alzano con
ardimento verso il cielo, non ci sono i
floridi giardini né sinapsi mentali che si
intrecciano come un intricato labirinto,
eppure li vedi, li intuisci. Il linguaggio
è moderno, quasi metropolitano, e si
avverte ancora, a tela finita, il gesto della
mano, lo spostamento d’aria che provo-
ca, l’ossimoro dell’azione immobile.
Carmine Carlo Maffei passa dalla pittura
alla scultura in modo quasi diretto, dove
l’elemento pittorico prende corpo nelle
sue masse plastiche. Le opere si staglia-
no sul paesaggio guardiese mutando
nelle forme e nei colori, dall’aurora
al tramonto. Si dà al soggetto, nella
giusta collocazione della linea dell’oriz-
zonte, una forza propria che s’innesta
nel pensiero archetipico . Le opere di
Maffei esulano continuamente tra i
poli della plasticità e quelli del segno,
un segno che si potenzia attraverso la
luce. Quando l’artista va ad incidere la
materia la sua mano sembra guidata
da una forza soprannaturale: forme e
figure emergono senza sforzo, come
disegnate dalla natura. Si leggono nelle
opere di Maffei gli stralci di un corredo
cromosomico preciso, di un DNA che ci
appartiene. L’artista è qui un moderno
Socrate, che guida lo spettatore nella
lettura di qualcosa che ha già dentro
e già gli appartiene. Carmine mette
in pratica l’arte della maieutica e lo fa
celebrando le origini del mono, le forze
della natura, la semplicità dell’elemento
plastico, senza forzarlo o stravolgerlo.
La natura sa parlare da sola, ma a volte è
solo attraverso l’arte che possiamo udire
la sua voce.
Con Valentina Monda il corpo diventa di
ossa e carne. Si riappropria del proprio
peso specifico a cui aggiunge quello
poderoso e prepotente della sensualità
femminile. La donna è eccesso di forme,
ammicca, si mette in posa, tiene il suo
occhio fisso e indiscreto puntato sullo
spettatore. Che si tratti di incisioni o
dipinti, la figura resta ben ancorata al
centro della scena, si lascia guardare
fino a divenir volutamente ridondante.
La sensibilità di Valentina nei confronti
dell’universo femminile verte tutta sul
concetto di corpo desiderato e deside-
rabile. E l’artista, nelle sue opere, ce lo
mostra in una doppia natura. La donna
è sulla tela martirizzata, nella sua ridu-
zione ad oggetto del desiderio, ma allo
stesso tempo è proprio qui che esplode
la sua forza. Valentina le donne in un
certo senso le libera, le rende potenti:
sono loro a decidere, sono loro a gestire
il gioco delle allusioni. Non c’è pudore,
ma solo quella gamma di emozioni
vigorose che può emergere quando si
tira via il freno dell’inibizione.
Vito Pace si muove nel mondo dell’arte
in maniera non convenzionale. Non
s’impone regole fisse, ma esplora senza
sosta, sperimentando materiali e attitu-
dini sempre nuovi. Nelle sue produzioni
video si sdoppia, impasta il colore, si
rende camaleonte e anche quello che
è il ruolo stesso dell’artista con Vito si
capovolge: non è semplicemente colui
che crea, ma si fa a tratti tela, a tratti
mano in azione. A venirne fuori sono
opere dalla vitalità tribale, esplosioni di
tinte,di gialli intensi, di terre di Siena e
rossi sabbiosi, dove sembra quasi che la
pennellata, ancora “in divenire”, non rie-
sca a star ferma. I tratti vibrano e si con-
torcono, costringono l’occhio a continue
virate, a curve spericolate, poi lo liberano
inaspettatamente. Non a caso il mezzo
espressivo a lui più congeniale è , forse,
proprio quello della performance dove
la pittura può sfuggire alla gabbia della
bidimensione per arrampicarsi su oriz-
zonti nuovi e più comunicativi. Anche la
ripresa partecipa ai giochi dell’arte, non
è fissa, ma claudicante e funzionale alla
rappresentazione mimica. Tutto quadra
proprio nel senso della mobilità: il colo-
re e il gesto si riuniscono ed accelerano
nel drammatismo, drammatismo che
però non va presa troppo sul serio. Del
resto “panta rei”, tutto scorre.
Michele Spina sa essere artista polie-
drico e passare nella galleria delle arti
visive conservando uno stile puro e trac-
ciabile. Che si tratti di pittura, sculture
o installazioni, è facile seguire i segni
e i linguaggi che l’artista sta rendendo
sempre più stabili, riconoscibili nella sua
produzione. Un’ ironia che si tramuta
in pensiero sociale, e a tratti politico, si
affaccia anche in “folla”, dove una calca
di bottiglie e damigiane, dalle differen-
ti fisionomie e dimensioni, anima lo
spazio. Visi anonimi, scavati e intagliati
nel sughero, sigillano i corpi in vetro.
Sono, quelli ideati da Spina, corpi vuoti
attraversati dalla trasparenza della luce:
è la descrizione trasposta della doppia
natura dell’elemento folla: da una parte
anima tumultuosa della società moder-
na, dall’altra condanna all’omologazione.
L’opera allora afferma la volontà di resi-
stenza lì dove dobbiamo concederci una
chance di libera espressione e di riaffer-
mazione dell’individualità. Spina non
è nuovo a tale tematiche, che affronta
sempre con produzioni che si aprono
all’esplorazione del materiale e di tinte
che a tratti si fanno spensierate, a tratti
sfiorano la psichedelia. Il linguaggio
è convulsamente contemporaneo, il
riscatto lo si ritrova, non ha caso, nel ge-
sto di denuncia, nel tradimento, tramite
l’arte, di quella stessa contemporaneità.
Irene Tuscolano sembra destreggiarsi
tra stabilità precarie. L’opera è sì figura-
tiva, ma non del tutto, nel senso che lo
studio della figura lascia spazio a piccole
incongruenze, sottolineate dall’irrealtà
di un’atmosfera sospesa. Anche la pen-
nellata partecipa all’espressionismo del
quadro: è dolce così come i colori che si
mantengono su tinte tenui e assai deli-
cate, ma poi, d’improvviso ci si infrange
su rossi fortissimi, su inquietudini prima
accennate ed adesso dirompenti. Irene
sembra un’ equilibrista sulla corda, i suoi
sono giochi di magia: quello che vedi
non è quello che sembra. C’è sempre
qualcosa di non detto, una verità non
rivelata, un quesito a cui rispondere.
Al suo stile composto,quasi educato, lo
spettatore cede facilmente ed è lì che
il concetto viene fuori potente, come
l’ultima carta svelata nel gioco dei ta-
rocchi. C’è un ritmo preciso che l’artista
assegna alle sue opere. Non sono tele
che si guardano di sfuggita, si rimane lì
a scandagliarle, come se l’occhio ad un
certo punto potesse dipanare il mistero
che nascondono.
Lungo il Borgo Artisti, saranno svelati
segreti e curiosità del mondo dell’arti-
gianato storico e dei suoi protagonisti,
attraverso il progetto Botteghiamo, che
nasce dall’esigenza di conservare e tra-
mandare le tradizioni artigiane, elemen-
to fondamentale della nostra storia e del
nostro territorio, raccontando la magia
e i segreti dei rioni e dei loro mestieri.
Restauratori, orafi, doratori, mosaicisti,
sarti, falegnami, paralumai, argentie-
ri, intarsiatori, barbieri, acconciatrici,
ricamatrici, cappellaie, decoratori,
tappezzieri, materassai, liutai, impaglia-
tori, ceramisti, calzolai, fabbri, rilegatori,
tipografi e tanti altri artigiani e storiche
botteghe che non possono scomparire.
Botteghiamo è dedicato a loro.
“I Rioni” dei Centri Storici delle nostre
Città nascondono vicoli e piazze note
in tutto il mondo, personaggi “curio-
si” e rari artigiani, che li animano con
racconti di un tempo; insieme a loro
troviamo le Botteghe Storiche, i negozi
di qualità, le enoteche, i deliziosi bar e
i ristoranti migliori con gli artigiani del
gusto all’opera. Scorci di vita e di storia
pieni di cultura, arte, curiosità, tradizio-
ni enogastronomiche uniche nei loro
inconfondibili sapori.
La magia dei territori e delle città
storiche non è solo nella loro Arte, nella
loro Storia, nei loro Musei e Personaggi
leggendari; il loro fascino lo troviamo
nascosto anche tra i vicoli e le piazzette
più intime, nei Rioni più popolari, nei
volti di chi da anni lavora con amore
nelle botteghe artigiane portando avanti
la tradizione e l’eccellenza del Made in
Italy, famosa in tutto il mondo.
Botteghiamo è un viaggio insolito, è un
invito a passeggiare tra artigiani, botte-
ghe storiche e negozi di qualità, in cerca
di tradizione e cultura.
“Il vero viaggio di scoperta non consiste
nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi
occhi”
(Marcel Proust)
Il Maestro Vincenzo Franco fonda, nel
gennaio del 2004, la bottega “Le Forna-
ci”, i cui laboratori ed esposizione sono
situati nel complesso architettonico
di Palazzo S. Antonio, sede, inoltre del
Museo Civico della Ceramica Cerretese,
nella splendida città di Cerreto Sannita,
in provincia di Benevento.
La produzione, ha come protagonisti
oggetti e opere tipici della tradizione
cerretese e laurentina, che si accompa-
gnano alla produzione artistica e d’au-
tore, alla ricerca concettuale e al design.
I prodotti tradizionali sono il frutto di
uno studio continuo dei materiali, delle
tecniche e dell’ampissima e documen-
tata produzione settecentesca, di cui
sono molto conosciuti ed apprezzati le
acquasantiere, le zuppiere, i calamai, gli
albarelli, i bellissimi piatti e vasi.
Alla pari per qualità e ricercatezza, la
produzione moderna: lo studio di nuovi
stili decorativi, di forme rinnovate, la
ricerca di nuove funzionalizzazioni,
plasticità e decori sofisticati, sfociano in
un percorso sperimentale per qui questa
azienda è sicuramente antesignana tra
tutte le produzioni odierne.
Il fiore all’occhiello è la produzione
d’arte: opere da collezione, figurativi,
paesaggi e la produzione d’autore, sia
sperimentale che accademica, sono
riconosciuti e rinomati per la loro
esclusività. Innovativo, è il servizio di
progettazione e design che l’azienda
offre al cliente, dandogli la possibilità di
creare progetti su misura, non replica-
bili, e di avere oggetti esclusivi integrati
nell’arredo dell’ambiente designato.
Per questi motivi, i punti di forza della
bottega sono l’unicità e la raffinatezza
delle opere prodotte, mai uguali, ma
sempre ricercate, capaci di essere, ognu-
na, linguaggio, funzione, espressione e
concetto, assolutamente unici.
Sole Luna è un’azienda produttrice di
complementi d’arredo raffinati, studiati
per una clientela elegante e di classe
che ama il design ma che non intende
rinunciare agli antichi metodi di lavora-
zione e all’utilizzo di materiali tradizio-
nali selezionati.
Nato negli anni ’90 come laboratorio
artigianale dalle sapienti mani di Nico-
lina Iermano a Pannarano, in provincia
di Benevento, inizialmente produceva
capi di abbigliamento esclusivi per un
negozio per bambini a Piazza di Spagna
a Roma. Qualche anno dopo la decisio-
ne di mettersi in proprio, sfruttare cioè
le sue capacità di taglio e cucito creativo
in maniera autonoma. Così nasce Sole
Luna, con l’obiettivo primario di creare
prodotti di qualità ma con un costo
sostenibile.
La produzione comprende cuscini d’ar-
redo, tovaglie su misura e antimacchia,
asciugamani composte in varie forme e
tutto ciò che serve per completare l’arre-
damento di una casa raffinata.
La ceramica artistica “MARINA” fu
fondata nel 1978 in Cerreto Sannita, ad
opera di Andrea Di Lorenzo e Antoniet-
ta Ciarlo.
La produzione della bottega è forte-
mente legata ai decori tradizionali
che contraddistinguono le ceramiche
cerretesi settecentesche, e all’utilizzo
di materiali innovativi che permettono
la realizzazione di oggetti di squisita
fattura artstica.
Ogni singolo articolo viene tornito e de-
corato a mano seguendo le tecniche di
lavorazione dei ceramisti settecenteschi,
unite alle moderne tecnologie.
La Bottega realizza porta-ombrelli,
eleganti zuppiere, tipici vasi da farmacia,
piatti murali, pannelli decorati, servizi
di piatti, pavimenti, acquasantiere e
oggettistica varia.
Il tutto è garantito dal marchio di quali-
tà delle ceramiche di Cerreto Sannita e
San Lorenzello, unitamente ad un’ espe-
rienza ultra trentennale nel settore.
Il filo di Arianna è un negozio-labora-
torio dove colorati fili si intrecciano in
creazioni esclusive e personalizzate.
Vendita diretta e online di filati in lana
e cotone.
Realizzazione di capi su misura quali
gonne, magliette, pantaloni, vestiti,
giacche da uomo e da donna.
Accessori come borse, pochette, sciarpe
e cappelli, corredini e copertine per
neonati e complementi di arredo come
centrotavola, cuscini e plaid.