è al servizio della metafisica - Marsilio Editori...ch'io indoss sempro pie frequenteù - mente il...

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ANNO XXII NUMERO 6 - PAG VI IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 7 E DOMENICA 8 GENNAIO 2017 Lettere rubate Memorie di una bambina perbene. La solitudine e lo stupore di Gaia de Beaumont IL TORMENTONE POP FRA IL TYCOON E GRAYDON CARTER 4 Papà: "Tanto vale che ti punti una pistola alla testa... purtroppo non puoi farti sdtare il cervello perché non ne hai uno". "Avresti dovuto saperla quando mi hai spo- sata... Comunque, questa casa manca di veri uomini Che dire dell'andirivieni dei tuoi ami- ci farfallosi... quegli artisti con gli occhialetti che passano per casa... Tutti più di là che di qua... non vorrai dirmi che sono veri uomini! Perché discuterne?". Gaia De Beaumont, "I bambini beneducati" (Marsilio) Secondo la madre di questa bambina beneducata e smarrita, figlia di un mondo aristocratico che divideva il resto delle persone in due categorie: i Qualcuno e i DA-ANNALENA Nessuno, il marito si applicava con la massima coscienziosità per renderle la vi- ta infelice, e lei per liberarsi dal dolore aveva iniziato a bere molta vodka: l'unica salvezza nella vita era esagerare conti- nuamente. Non conosceva un altro modo. Per una bambina, figlia unica, che la guardava, per una bambina che era sua fi- glia e che la ascoltava dire: avrei tanto de- siderato un maschio, e anche: si può sa- pere come mai non cresci?, era un modo incomprensibile di affacciarsi alla vita. Dentro alle regole delle persone abitua- te a modificare i propri sentimenti natu- rali per mostrare la virtù delle buone ma- niere, e non dire mai in nessun caso a ta- vola: non mi piace, posso alzarmi?, e non fare domande sciocche né intelligenti, perché "i bambini beneducati vanno visti e non sentiti", e mai mai mai provare a baciare un maggiordomo. Le bambine be- neducate, a Roma negli anni Cinquanta e Sessanta, dovevano imparare a danzare sulle punte, o almeno a esercitare una certa grazia che sarebbe servita poi nel- la vita sociale futura, dormivano lontano dalle stanze dei genitori e venivano sve- gliate al mattino dalla governante inglese, indignata per l'esistenza in casa del bidet. "Mia cara, dovrà farsene una ragione. Qui non siamo tra pecorari nella fetida e pio- vosa Scozia ma in una casa elegante nel centro di Roma. Questi bidet vengono dal miglior negozio di Parigi... in città non li ha nessuno...", la prendeva in giro il pa- dre di Gaia De Beaumont, che veniva da una grande famiglia aristocratica france- se, una specie di famiglia reale. "Credo bene", aveva risposto lei quasi piangendo ma con immensa dignità. "Sarà anche co- me dice lei, ma quando lavoravo come go- vernante dai Reali di Romania..." "Capi- sco. Ma i rumeni sono i rumeni e anche se sono Altezze Serenissime, sappiamo tutti come vivono... sono degli zozzoni". La go- vernante non se la sentiva di ufficializza- re l'esistenza delle parti basse, le sembra- va sconveniente, come spogliarsi davanti all'idraulico. In mezzo a abitudini rigide e comiche insieme, la formazione di una ra- gazza perbene dentro una famiglia co- struita unendo due patrimoni e due infe- licità era come un destino ventoso, come essere scaraventati da qualche parte sen- za capire perché. "Se ci fosse oggi - scri- ve Gaia De Beaumont di sua madre - le chiederei cosa avesse provato nell'essere spinta dalla famiglia a compiere un gesto così abnorme. Come si era sentita ad ave- re un figlio che non voleva - o meglio una figlia che non desiderava affatto - solo per questioni dinastiche?". C'è ironia in questo memoir spietato e malinconico, ma non c'è una vera allegria nell'infanzia di una bambina che si trovava più a suo agio a scuola che a casa, nemmeno nella meravigliosa villa in Toscana in cui un giorno arrivò, ospite autoinvitatosi, Carlo d'Inghilterra, e la nonna italiana, dopo avere spiegato la regia generale, i com- portamenti, i vestiti e gli inchini (nessuno doveva chiedere: come sta), disse: "Non dimenticate che è un tipo come tanti...un poveraccio". Del resto una prozia france- se a una cena, porgendo il libro degli ospiti, aveva detto: "La prego signor Prou- st, niente frasi di circostanza". Ma la sco- perta di Gaia De Beaumont va oltre l'e- straneità a un mondo di cui si guarda con chiarezza la fine, arriva più in là perché ammette che quella non è stata un'illusio- ne, ma la sua vita. "Il gruppo da cui veni- vo ha determinato in maniera profonda, ben più di quanto sia disposta ad ammet- tere, le azioni e anche i miei pensieri". Tutte quelle buone maniere, sedimentate in migliaia di anni, hanno prodotto qual- cosa. Forse anche l'gstremo gesto di ribel- lione di sua madre. "Tale la rabbia con- tro la morte e la consapevolezza che il mondo sarebbe andato avanti allegra- mente senza di lei, che la sua ultima paro- la per me fu: 'Vaffanculo'". PREGHIERA di Camillo Longone "Pratica religiosa (se si in- tensifica), rifiuto di alcuni programmi televisivi o di bibite come la coca-cola, abbigliamento tradizionale...". Sono al- cuni degli indicatori di radicalizzazio- ne che attivano la vigilanza dello Stato senza Dio (sentenza 203/1989 della Cor- te costituzionale) nei confronti degli islamici. E nei confronti dei cattolici nulla? Non voglio essere discriminato, non voglio essere considerato un misti- co privato e allo stato senza Dio mi au- todenuncio: anch'io negli ultimi tempi ho intensificato la pratica religiosa, an- ch'io indosso sempre più frequente- mente il tabarro, anch'io non bevo coca- cola (questo però da sempre: al Cuba Libre preferisco ab immemorabili il Savona Libera, col chinotto). E sono più antisociale di tanti maomettani: non ri- fiuto alcuni programmi televisivi, rifiu- to tutti i programmi televisivi. Trump visita l'arcinemico delle "dita corte" in cerca di un'opportunità D onald Trump sa che non ci sono litigi troppo pesanti per non essere sanati e amicizie tanto strette da non essere rovi- nate con un litigio (che poi potrà essere sa- nato, e la storia ricomincia). Quante volte ha sputato fango su un avversario e poi è finito tutto a tarallucci e selfie, con lui che dice "tremendous" a ripetizione? Anna Wintour è una vecchia amica di Trump che ha lavorato con instancabile energia per l'elezione di Hillary Clinton. Poi un giorno che era su un treno ha insultato il presidente eletto, ha ruggito cose irripeti- bili sulla sua inutile fondazione e la logi- ca del guadagno personale che anima ogni manovra trumpiana. Le è toccato andare alla Trump Tower a scusarsi, e in quell'oc- casione i due vecchi personaggi di mondo hanno organizzato l'incontro con i vertici di Condé Nast che è avvenuto ieri mattina alla Freedom Tower. La cosa più impor- tante è che a quel meeting c'era anche Graydon Carter, il direttore di Vanity Fair che senza soluzione di continuità dal 1988 lo prende in giro per via delle dita corte. Lo ha definito il "ciarlatano dalle dita cor- te" quando era direttore del giornale sa- tirico Spy e poi ha traghettato l'epiteto nella direzione di Vanity Fair. La storia delle dita è diventata così una delle due cose che fanno imbestialire anche chi ha sempre negato l'esistenza della cattiva pubblicità. L'altra sono i giornalisti che lo descrivono come più povero di quel che dice di essere. Ancora oggi, di tanto in tanto, Carter ri- ceve una busta della Trump Organization che contiene foto di Trump ritagliate dal- la stampa, con le mani in evidenza cer- chiate dallo stesso tycoon e un commento del tipo: vedi che non sono così piccole? Questo litigio cronico non ha impedito al direttore di Vanity Fair di essere invitato a due dei tre matrimoni di Trump, non ha impedito ai due di sguazzare felicemente negli stessi ambienti e di essere legittima- ti dagli stessi poteri, duellando su Twitter come adolescenti. Carter ha scritto che nella Trump Tower c'è "il peggior risto- rante d'America", l'interessato ha risposto con la solita tirata sulle disastrose perfor- mance della rivista: "Way down, big trou- BORDIN UNE di Massimo Brnlin Tullio De Mauro fu sentito co-1 me testimone nel processo in " corte d'Assise a Palermo sul rapimento e l'omicidio di suo fratello Mauro. Fu un processo inutile, istruito a più di trent'an- ni dai fatti, su basi confuse e non potè che portare all'assoluzione dell'unico imputa- to, Totò Riina. La logica sottesa all'indagi- ne era quella del processo per così dire "storico", giuridicamente sterile ma gior- nalisticamente interessante. Un'autenti- ca aberrazione qui più volte criticata. Ep- pure non si può negare che quella testi- monianza di Tullio De Mauro ebbe un mo- mento molto significativo, anche se, pro- cessualmente parlando, prossimo all'irri- levanza. Fu quando il professore rac- contò di essere andato a cercare suo fra- tello maggiore a Palermo, dove sapeva che si era nascosto nell'immediato Dopo- guerra, pur non avendo più pendenze con la giustizia. Mauro de Mauro era stato "addetto stampa" della X Mas di Junio Valerio Borghese e verosimilmente non si era occupato solo di comunicati, anzi le accuse nei suoi confronti erano terribili e non resta che sperare per lui che fossero, se non infondate, eccessive. Tullio, suo fratello più giovane, studiava a Roma e frequentava i radicali di Pannunzio e l'U- nione Goliardica di Pannella. Trovato il fratello, si informò cautamente se avesse modificato le sue idee politiche e rac- contò ai giudici che sì, suo fratello le ave- va cambiate. Non rinnegava il suo passa- to ma pensava che, nella nuova situazio- ne, uno come lui dovesse schierarsi con i comunisti. In quel dibattito per strada fra due fratelli, raccontato in corte d'Assise, c'è sul serio "la vera storia d'Italia". Na- turalmente i pubblici ministeri non se ne sono accorti. ble, dead!". Dell'avversario "senza talen- to" ha predetto la cacciata da Vanity Fair, una profezia che per il momento non si è avverata. Carter certo ricorderà quando Trump ha previsto il fallimento di Spy e di lì a qualche anno il giornale più irrive- rente di New York è andato gambe all'a- ria. Il problema di questa ossessiva face- zia delle dita corte è che a un certo punto è stata presa sul serio. Marco Rubio ha pensato di poterla usare per sconfiggerlo alle primarie repubblicane, ma in men che non si dica si è trovato cucita addos- so la veste ridicola di "Little Marco" ed è stato polverizzato. Lezione: trasformare un tormentone pop in un manganello po- litico è pericoloso. La storia delle dita è svaporata, diventando un meme passegge- ro rimpiazzato da nuove e più inquietanti rivelazioni, e soltanto Carter ha continua- to ad alimentare il filone che va avanti da una vita. E tutto sommato ha preso l'ele- zione del suo arcinemico con la leggerez- za che ci si aspetta da chi da decenni guar- da le dita invece delle lune. Ha scritto una lunga giustapposizione di paragrafi che iniziano ciascuno con "soltanto in Ameri- ca" per elencare gli orrori politici che pos- sono succedere soltanto in questo paese. Conclusione: "Non venitemi a dire che questa non è la terra delle opportunità". L'incontro di ieri altro non era che un'op- portunità. Mattia Ferraresi - STORIA BREVE DELL'ADPS7 ALL-DÀY PYJAMA SYNDROME Teseo non vuole più clienti in pigiama, ed è una battaglia di civiltà Roma. Londra ha un problema con il pigia- ma. In Inghilterra la catena di distribuzione Teseo, tra le pifi diffuse e frequentate su suo- lo britannico, ha appena dato il permesso ai suoi dipendenti di allontanare i clienti che si presentano a fare la spesa con i vestiti del- la notte, una consuetudine popolare nel pae- .• se dell'elegantissima Royal Family (e non so- lo al supermercato). Ieri il Telegraph ha de- dicato un lungo articolo al "caos pigiama", principiato da un commento indignato sulla pagina Facebook della nota catena di super- mercati. Chris Cooke ha scritto che alle set- te della sera, in un negozio di Salford, c'era già una truppa di impigiamati a far la spesa, e insomma possibile che uno non abbia il tempo di cambiarsi per andare al supermer- cato?, ha scritto, allegando anche la foto di due signore in vestaglia. Teseo ha risposto di- cendo che molti clienti si erano già lamenta- ti della stessa abitudine, e che pur non aven- do "un dress code specifico nei nostri nego- zi, i colleghi usano buonsenso e discrezione se parlano con i clienti di questo problema". Pare che sia stato il giornalista Robin Li- vingstone nel 2003 a individuare per primo un nome: si chiama ADPS, Ali-Day Pyjama Syndrome, una malattia che Livingstone dapprima tratteggiava soltanto ma che ora, secondo alcuni "osservatori" di fenomeni so- ciali, sta diventando una vera pandemia. E avrà sicuramente un qualche legame con la crisi della società occidentale, la disoccupa- zione, il welter» e 4tt-tìrande depressione, i rapporti personali distrutti dall'avvento di internet, i cambiamenti climatici, la teoria del gender, la Brexit, eccetera. Ma cercando online il problema non sembra nuovo: già nel 2010 a Cardiff (la capitale del Galles, non esattamente uno specchiato esempio di ele- ganza, ma vabbè) un negozio Teseo aveva piazzato un cartello all'entrata: "Per evitare di offendere o causare imbarazzo agli altri clienti, chiediamo di essere adeguatamente vestiti quando si visita il nostro negozio (le calzature devono essere indossate sempre e non sono consentiti vestiti da notte)". La Bbc era perfino andata a intervistare Elaine Car- mody, 24 anni, mamma di due bambini, alla quale era stato vietato di entrare da Teseo per comprare le sigarette. Anche lei aveva addosso lo scanttaìosQlJpjgiama. Un anno fa l'Adps era tornata sui giornali inglesi perché la preside di una scuola elementare di Dar- lington aveva inviato una lettera a tutti i ge- nitori: non venite più ad accompagnare i vo- stri bambini in pigiama e ciabatte, che raz- za di esempio date ai vostri figli? Il fatto è che la passione degli inglesi per il pigiama è facilmente intuibile entrando in un qualsiasi Primark - prima catena di abbi- gliamento low cost: è impresa ardua distin- guere i vestiti da notte dagli altri capi propo- sti sui manichini. In fondo, anche questa dei pigiami è una battaglia ideologica e di civi- lità, di libertà personali che finiscono quan- do inizia un non meglio precisato decoro am- bientale. Ma siccome tutto è business, la ca- tena di supermercati Waitrose ha fatto sape- re: venite da noi, pure in pigiama. Ecco: libe- ro pigiama in libero mercato. Giulia Pompili — TORNANO PER ADELPHI LE "MEDITAZIONI SI 1.1.0 SCORPIONE" DI SOLMI — è al servizio della metafisica I l 1883 fu l'anno di un^udele espe- rimento metafisico sottovesti scientifiche, riportaroisìiflepàgine di "Nature". L'etologo britannico Conwy Lloyd Morgan si era proposto MANI BUCATE - DI GUIDO VITIELLO di rimuovere un'insidiosa pietra d'inciam- po dal cammino della teoria dell'evoluzio- ne: l'ipotetico suicidio degli scorpioni. Un'antica leggenda vuole infatti che lo scor- pione, se catturato in un cerchio di fuoco, si conficchi da sé nella cervice il pungiglio- ne velenoso. Lloyd Morgan, persuaso che il progresso intellettuale e morale della raz- za umana fosse legato indissolubilmente al- le fortune del darwinismo, vedeva in questo comportamento, se provato, "uno degli ar- gomenti più forti che il regno animale ci presenta contro la teoria dell'evoluzione per mezzo della selezione naturale". Fu co- sì che sottopose due specie sudafricane di scorpioni a un campionario di torture raffi- nate: non solo li circondò di fiamme o di tiz- zoni ardenti, ma gli puntò addosso raggi so- lari, li arroventò in bottiglie di vetro per meglio osservarli, li mise negl'alcol bpllen^ te* o nelfacido solforico ' concentrato, ir affogò in vari liquidi, gli somministrò scos- se elettriche, bruciò pasticche di fosforo sui loro corpi. L'esperimento era così atroce, pensò Lloyd Morgan, che uno scorpione che covasse anche la più lieve inclinazione sui- cida si sarebbe senz'altro trafitto con la co- da avvelenata. La teoria dell'evoluzione ne uscì trionfante; ma l'etologo dovette scon- trarsi con il rag-anricfin di alcuni lettori di "Nature", e ru costretto a discolparsi con una lettera. Le sorti del darwinismo sono così importanti da giustificare il sacrificio di una sessantina di scorpioni? "Io sono tra quanti la pensano così", "diceva Lloyd Mor- gan, e chiosava con teatrale malafede sen- timentale: Hinc iUae lachrymae! Ma un esperimento metafisico richede una diversa crudeltà, la crudeltà stupefatta delle favole o dei giochi d'infanzia nei po- meriggi d'estate. Sergio Solmi, bambino, ri- ceveva dalla nonna in villeggiatura l'incari- co di sterminare gli scorpioni dalla cappel- la rustica, schiacciandoli con una pietra. Lo racconta ^llemagnifiehe Meditazioni sullo Scorpione, scritte negli ultimi anni della guerra, che Adelphi ha ripubblicato di re- cente. "Cedendo alla violenza del colpo, la sua debole struttura d'aracnide s'appiattiva, perdeva una dimensione, e lo scorpione non era più che ùn'orma, una stampa leggermen- te abrasa sul rosa del mattone o sul bianco della muraglia, appena umettata, attorno, da una gocciola spanta di umore vitale" (esiste racconto più impeccabile dell'origine delle allegorie?). "Lo scorpione era diventato un immobile emblema impresso sulla pietra, un attorto geroglifico"; che rivelava subito, al bambi- no, un'agghiacciante dissimmetria, in quel- la coda velenosa riversa su un lato, "quasi una sciabola portata a destra dall'animale guerriero". Questa maligna curvatura era una cosa sola con l'attitudine suicida dello scorpione, della cui consistenza reale o leg- gendaria l'esperimento di Solmi, nella sua libertà, poteva non curarsi: "Qliella anoma- lia della disposizione caudale si trasforma MMHR addirittura nell'indizio di una più misterio- sa e direi paurosa violazione dell'ordine na- turare,"coift'è, per la vita, il sopprimere de- liberatamente sé medesima". Lo scorpione allude a una divisione originaria, allo spun- tare di quell'aculeo torturatore che è la co- scienza di esistere, che "si placherà final- mente nel perfetto, eguale, simmetrico cri- stallo della morte". Non sappiamo cosa sia rimasto dei ses- santa scorpioni dopo l'esperimento sadiano d'istigazione al suicidio di Lloyd Morgan, se non le lacrime santimoniose del darwinista. Ma le annotazioni dell'esperimento di Sol- mi, più accurate, riportano il dettaglio deci- sivo di quella "gocciola spanta di umore vi- tale" che aureola la sagoma dell'animale or- mai fatto emblema. E se fosse un emblema rinascimentale, nessun motto potrebbe ac- compagnarlo meglio della formula degli "Astronomica" di Manilio che Luigi Auri- gemma scelse come epigrafe a un suo vec- chio libro (Il segno zodiacale dello scorpione nelle tradizioni occidentali): lacrimis radiatus Scorpios, lo Scorpione irraggiato di lacrime. IL RAPPORTO TRA DOMINIO E TRASCENDENZA. JJN LIBRO (BELFORTE) Fede e gloria mondana coesistono. La lezione del rabbino Soloveitchik L a solitudine dell'uomo di fede", del rab- bino Joseph B. Soloveitchik, una delle figure più influenti nell'ebraismo america- no e internazionale del Novecento, recen- temente pubblicato in italiano da Belforte Salomone nella bella traduzione di Vittorio Robiati Bendaud, è un intrigante testo re- ligioso che riesce a parlare a tutti gli uomi- ni di fede, non solo a quelli del mondo ebraico. ' Come si capisce dal titolo, l'attenzione della riflessione del rabbino non è focaliz- zata sull'esperienza religiosa tout court, per intenderci quella vissuta da coloro che per- cepiscono una vaga presenza divina nel mondo, nelle piante o nelle stelle e vivono sommariamente la loro religiosità sfogan- dola in un confuso panteismo animistico e orientaleggiante. Il testo, piuttosto, è im- perniato sull'uomo di fede e di preghiera, inserito all'interno di una comunità di fe- deli, che si interroga su quale sia il suo compito e il suo ruolo all'interno di una so- cietà ipersecolarizzata come la nostra. Al centro del testo stanno i due diversi rac- conti offerti dalla Bibbia sulla creazione dell'uomo. Nel primo racconto, Dio crea l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma- schio e femmina, e dice loro di moltiplicar- si, di riempire la terra e di dominare su di essa. Nel secondo racconto, Dio crea l'uo- mo dalla polvere, gli ispira nelle radici il soffio vitale e lo mette nel giardino dell'E- den così che lui possa coltivarlo e custodir- lo. Le differenze nei due racconti sono so- stanziali, il Primo Adamo sarà un domina- tore, modellerà il mondo in base alla sua volontà e alle sue esigenze. Il Secondo Ada- mo, invece, sarà un uomo pio e laborioso che dovrà soltanto custodire ciò che Dio gli ha già dato. Il testo è tutto costruito nella tensione tra questi due aspetti dell'essere umano e nel complesso tentativo di conci- liarli perché uno non può e non deve esi- stere senza l'altro. Mentre si può facilmen- te intuire la centralità che il libro dà all'uo- mo di fede, è sorprendente, soprattutto per noi abituati a un Papa che parla dei frutti dell'industriosità e della creatività dell'uo- mo come di sterco del demonio, l'esaltazio- ne che il rabbino Soloveitchik fa del Primo Adamo. Egli agisce sul mondo, lo modifica e lo reinventa rendendolo un posto miglio- re con i suoi progressi e la sua tecnologia. L'uomo vive la terra, dà forma a essa, la co- struisce e la rende divina con la sua pre- senza. Poi rivolge gli occhi al cielo e non re- sta soltanto in contemplazione ma pensa a come allargare la sua prospettiva allo spa- zio. E non è un delirio di grandezza, al con- trario, per il rabbino questo è il modo in cui l'uomo trova se stesso e viene ricono- sciuto per le sue capacità dalla comunità di appartenenza. Ma l'uomo, allo stesso tem- po, non è solo questo, non è soltanto il Pri- mo Adamo. Non si può ridurre l'uomo al suo desiderio di espandersi e migliorarsi e al riconoscimento ricevuto'dalla società. Il Primo Adamo non è "ontologicamente com- pleto", la sua condizione è quella dell'im- perfezione, della necessità del completa- mento. E allora qui entra in campo il Se- condo Adamo, l'uomo di fede. Lui "conosce l'arte della preghiera, dal momento che egli mette Dio dinanzi alla suppliche di molti. Il Primo Adamo, autoreferenziale, egocentrico e imprigionato in se stesso" viene incluso nella comunità spirituale, la comunità dell'alleanza, attraverso l'uomo di fede. In questo modo i due Adamo si riu- niscono in un corpo unico che è quello del- la comunità alleata con Dio. Un'unione in cui l'uomo supera la sua solitudine esisten- ziale. Il rispetto del rabbino è profondissi- mo per entrambi gli Adamo. Ma è il compi- to dell'uomo di fede a essere il più duro e il più solitario, tanto più all'interno della nostra società ipersecolarizzata, perché de- ve farsi carico della spiritualità intera del Primo Adamo che, tutto preso dall'eserci- zio del suo necessario dominio sul mondo, la dimentica. Il rabbino descrive l'espe- rienza di fede in modo eroico. Il testo ci ac- compagna in una riappropriazione della grandezza della fede, della sua solennità, della sua drammatica trascendenza. Una lezione dal mondo ebraico in un momento in cui la religiosità cristiana sembra essere nient'altro che un supplemento della vita civile, un surrogato delle organizzazioni umanitarie con la sua idea di essere diven- tata, essenzialmente, un ospedale da cam- po. Un'idea questa che è il parto naturale di una comunità che dall'esperienza di fe- de sembra desiderare "più un ethos socia- le che un imperativo divino". Ma così il di- vino si ritira e scompare. Michele Silenzi PICCOLA .POSTA di Adriano Sqfri Nel febbraio 1997 ascoltai da un telegiornale che "l'Antartide si scioglie" e che "la penisola di Larsen sparirà entro il '99". Siccome ero in una cella di galera, e fra le esistenze cui vie- ne calcolata e annunciata una scadenza si stabilisce un'affinità particolare, mi sen- tii intimamente coinvolto dall'annuncio sulla penisola di Larsen, cui feci i miei auguri. Ieri ho letto, ripresa dal Corriere, la notizia che "dal mese scorso un'enor- me spaccatura è stata registrata lungo la piattaforma di ghiaccio Larsen, che si estende lungo la costa orientale della pe- nisola Antartica da capo Longing fino al- l'area meridionale dell'isola di Haerst, in Antartide. Stando a quanto osservato dal- la Nasa, a oggi una striscia di soli 20 chi- lometri di ghiaccio tiene attaccata alla Larsen C una massa di 5 mila chilometri quadrati. Se la massa si dovesse stacca- re, l'enorme iceberg, finirebbe in mare... Se ciò accadesse, si potrebbe verificare un innalzamento delle acque terrestri, se- condo alcuni anche di 10 centimetri". Dunque la penisola di Larsen è durata 17 anni più della sua condanna? No, la spie- gazione sta in quella "C". La parte della piattaforma Larsen denominata "A" si era dissolta già nel 1995. La parte "B", stabile da 12 mila anni, ha cominciato a collassare nel 2002 a una velocità inaudi- ta secondo gli studiosi, e si disintegrerà del tutto, pare, entro la fine del decennio attuale. La parte "C", la più vasta e stabi- le, ha cominciato a disintegrarsi secondo le rilevazioni dalla scorsa estate. "Se an- che questa regione - recita Wikipedia - la cui superficie è grande quanto quelle del New Hampshire e del Vermont messe as- sieme / cioè più del doppio della Lombar- dia / dovesse scomparire, allora l'enorme piattaforma Larsen avvistata per la prima volta nel 1893 dal baleniere norvegese Cari Anton Larsen e dai marinai della Ja- son sarebbe andata in gran parte distrut- ta meno di un secolo e mezzo dopo la sua scoperta". So che il freddo arrivato ieri in Italia confermerà qualcuno di voi nell'o- pinione che il riscaldamento globale, tan- to più se imputato all'influenza umana, sia una balla, che Donald Trump si inca- richerà di smentire definitivamente. Io avevo legato la mia sorte a quella della penisola Larsen e non intendo staccarme- ne, nonostante il mio effimero piede libe- ro. Finiremo, e le acque saliranno di un- dici centimetri almeno. L'Albo d'oro Se il Conte Gentiloni-Silverj resta a Palazzo Chigi, chi arriverà primo al traguardo della nobiltà? Titoli & titolati. Signori si nasce! Il ritor- no di Matteo Renzi è sempre più improba- bile, il Conte Gentiloni-Silverj resta saldo a Palazzo Chigi e perciò continua la gara NOVE COLONNE dei più titolati tra i giornalisti per arriva- re primi al traguardo dell'Albo d'oro del- la nobiltà. Titoli & titolati. Signori si nasce! Renzi è ormai schizzato dalla bocciofila, figurarsi dal Circolo degli Scacchi ma Marione Cala- bresi, più renziano della Maria Elena Bo- schi spara in prima pagina un grande scoop. Titoli & titolati. Signori si nasce! Abbar- bicato alla poltrona di Repubblica, Marione nostro scatena due formidabili notisti, ovve- ro Stefano Folli e Michele Serra, e può co- sì sparare in prima pagina il risultato delle ricerche condotte dai due illustri giornalisti al municipio di Rignano: "Anche Matteuc- cio è Conte, come e più di Gentiloni-Silverj. E Maria Elena è Granduchessa d'Etruria". Interviene Natalia Aspesi: "E' la nostra Sis- si". Titoli & titolati. Signori si nasce! Il lavoro di Repubblica non si ferma ai soli Matteo e Maria Elena, anzi, arriva anche a Luca Lot- ti di cui si svelano i magnanimi lombi: è Conte di Montelupo e Barone del Nicchio. E non finisce qui. Un intero numero di Ro- binson viene dedicato al ministro Lotti che vincerà finalmente il Palio grazie a "un'ar- ma segreta". Titoli & titolati. Signori si nasce! Lotti vin- cerà il Palio grazie a uno stallone allevato segretamente nelle scuderie di palazzo Rea- le a Monza portato al pascolo da un barba- resco d'eccezione: Lucianino Fontana, di- rettore del Corriere della Sera, certo, ma per l'occasione degnamente fotografato sul- la copertina di Robinson come e meglio di Maria De Filippi prestata alla vetrina di Sanremo. Titoli & titolati. Signori si nasce! Gianni & Riotto detto Johnny si sottrae alla gara dei quarti di nobiltà e dalla sua nuova rubrica delle lettere sulla Stampa fa una sua com- battiva opposizione alla recrudescenza dei nobilastri in nome dei sacri principi scou- tistici. Lascia che sia Renzi stesso a scrive- re in incognito e allo stesso Matteo poi fa da- re le risposte su cui lui - titolare della rubri- ca - aggiunge dei complimenti. E degli in- sulti, va da sé, contro il Conte Gentiloni-Sil- verj, caporione della reazione, ostile alle Riforme. Titoli & titolati. Signori si nasce! Fedeltà è più forte del fuoco. Si pente Paolo Di Ca- nio, l'ex campione della Lazio, ormai (sob!) anche ex fascista - "Ho tre fratelli che vota- no a sinistra", ha detto per dare nuove cre- denziali - non devono poi pentirsi i giorna- listi renziani? Con la gara verso l'Albo d'O- ro della nobiltà c'è anche quella del disco- noscimento di Matteo in favore di altri lidi. Titoli & titolati. Signori si nasce! Anche Mario Orfeo Orfei detto Moiro, trascinando con sé l'intrepido Marco Frittella ?- rispet- tivamente sono direttore e prima firma del Tgl - decide una soluzione drastica: si fa ri- muovere dolorosamente i tatuaggi di Lotti e Maria Etruria rivelando le loro autentiche radici. Moiro può ben mostrare sul bicipite, adesso, il sorridente volto di Italo Bocchino mentre Frittella, sul petto, il seducente pro- filo di Nunzia De Girolamo. Titoli & titolati. Signori si nasce! Un capo- lavoro, e non può che essere tale, il colpo di scena offerto da Joe Servegnini. Pur impe- gnato nel suo progetto editoriale segretissi- mo commissionatogli da Urbano Cairo, Joe non dimentica il suo proposito di vendetta contro Matteo, contro Maria Elena, contro Lotti e figurarsi quanto contro il Conte Pao- lo Gentiloni-Silverj Titoli & titolati. Signori si nasce! Araldi- ca alla mano, albero genealogico come fos- se acqua corrente, Joe - spumeggiante sem- pre più con la sua frezza bianca da suora laica - può certificare quanto segue: di esse- re il terzo fratello di Andrea e Luca Zappa- costa e di essere il fratello naturale segre- to delle sorelle Paola e Annalisa Taverna. Titoli & titolati. Signori si nasce! Non so- lo Marcel, si dice tra sé e sé Riotto, "non so- lo si deve patire la concorrenza di Sorgi, sempre prima in tutto; adesso anche Serve- gnini?". Indispettito, dunque, Riotto, taglia- ta l'irsuta barba, rivela di essere diretta- mente la terza sorella Taverna, vestale del grillismo. E mette 9 disposizione di Rocco Casalino la sua rubrica delle lettere alla Stampa. Senza titoli e senza titolati. 1., I DIARI DI DIBBA -, yjmie/ Palma e cocaina, zà zà Vedevo Gianroberto piut- tosto attento quando gli par- lavo dei problemi legati al ci- bo, alle multinazionali dell'agrobusi- ness e alle enormi derrate di mais tran- sgenico made in Usa che arrivavano nei paesi latinoamericani drogando di fat- to il mercato e impoverendo migliaia di contadini. Gli raccontai dei legami tra narcotraffico e produttori di palma afri- cana, dalla quale si ottiene l'olio di pal- ma, tra l'altro deleterio per la nostra sa- lute. (Alessandro Di Battista, "A testa in su", Rizzoli pafl. 130)

Transcript of è al servizio della metafisica - Marsilio Editori...ch'io indoss sempro pie frequenteù - mente il...

ANNO XXII NUMERO 6 - PAG VI IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 7 E DOMENICA 8 GENNAIO 2017

Lettere rubate

Memorie di una bambina perbene. La solitudine e lo

stupore di Gaia de Beaumont

IL TORMENTONE P O P FRA IL TYCOON E GRAYDON CARTER

4

Papà: "Tanto vale che ti punti una pistola alla testa... purtroppo non puoi farti sdtare il cervello perché non ne hai uno".

"Avresti dovuto saperla quando mi hai spo-sata... Comunque, questa casa manca di veri uomini Che dire dell'andirivieni dei tuoi ami-ci farfallosi... quegli artisti con gli occhialetti che passano per casa... Tutti più di là che di qua... non vorrai dirmi che sono veri uomini! Perché discuterne?".

Gaia De Beaumont, "I bambini beneducati" (Marsilio)

Secondo la madre di questa bambina beneducata e smarrita, figlia di un mondo aristocratico che divideva il resto delle persone in due categorie: i Qualcuno e i

DA-ANNALENA

Nessuno, il marito si applicava con la massima coscienziosità per renderle la vi-ta infelice, e lei per liberarsi dal dolore aveva iniziato a bere molta vodka: l'unica salvezza nella vita era esagerare conti-nuamente. Non conosceva un altro modo. Per una bambina, figlia unica, che la guardava, per una bambina che era sua fi-glia e che la ascoltava dire: avrei tanto de-siderato un maschio, e anche: si può sa-pere come mai non cresci?, era un modo incomprensibile di affacciarsi alla vita. Dentro alle regole delle persone abitua-te a modificare i propri sentimenti natu-rali per mostrare la virtù delle buone ma-niere, e non dire mai in nessun caso a ta-vola: non mi piace, posso alzarmi?, e non fare domande sciocche né intelligenti, perché "i bambini beneducati vanno visti e non sentiti", e mai mai mai provare a baciare un maggiordomo. Le bambine be-neducate, a Roma negli anni Cinquanta e Sessanta, dovevano imparare a danzare sulle punte, o almeno a esercitare una certa grazia che sarebbe servita poi nel-la vita sociale futura, dormivano lontano dalle stanze dei genitori e venivano sve-gliate al mattino dalla governante inglese, indignata per l'esistenza in casa del bidet. "Mia cara, dovrà farsene una ragione. Qui non siamo tra pecorari nella fetida e pio-vosa Scozia ma in una casa elegante nel centro di Roma. Questi bidet vengono dal miglior negozio di Parigi... in città non li ha nessuno...", la prendeva in giro il pa-dre di Gaia De Beaumont, che veniva da una grande famiglia aristocratica france-se, una specie di famiglia reale. "Credo bene", aveva risposto lei quasi piangendo ma con immensa dignità. "Sarà anche co-me dice lei, ma quando lavoravo come go-vernante dai Reali di Romania..." "Capi-sco. Ma i rumeni sono i rumeni e anche se sono Altezze Serenissime, sappiamo tutti come vivono... sono degli zozzoni". La go-vernante non se la sentiva di ufficializza-re l'esistenza delle parti basse, le sembra-va sconveniente, come spogliarsi davanti all'idraulico. In mezzo a abitudini rigide e comiche insieme, la formazione di una ra-gazza perbene dentro una famiglia co-struita unendo due patrimoni e due infe-licità era come un destino ventoso, come essere scaraventati da qualche parte sen-za capire perché. "Se ci fosse oggi - scri-ve Gaia De Beaumont di sua madre - le chiederei cosa avesse provato nell'essere spinta dalla famiglia a compiere un gesto così abnorme. Come si era sentita ad ave-re un figlio che non voleva - o meglio una figlia che non desiderava affatto - solo per questioni dinastiche?". C'è ironia in questo memoir spietato e malinconico, ma non c'è una vera allegria nell'infanzia di una bambina che si trovava più a suo agio a scuola che a casa, nemmeno nella meravigliosa villa in Toscana in cui un giorno arrivò, ospite autoinvitatosi, Carlo d'Inghilterra, e la nonna italiana, dopo avere spiegato la regia generale, i com-portamenti, i vestiti e gli inchini (nessuno doveva chiedere: come sta), disse: "Non dimenticate che è un tipo come tanti...un poveraccio". Del resto una prozia france-se a una cena, porgendo il libro degli ospiti, aveva detto: "La prego signor Prou-st, niente frasi di circostanza". Ma la sco-perta di Gaia De Beaumont va oltre l'e-straneità a un mondo di cui si guarda con chiarezza la fine, arriva più in là perché ammette che quella non è stata un'illusio-ne, ma la sua vita. "Il gruppo da cui veni-vo ha determinato in maniera profonda, ben più di quanto sia disposta ad ammet-tere, le azioni e anche i miei pensieri". Tutte quelle buone maniere, sedimentate in migliaia di anni, hanno prodotto qual-cosa. Forse anche l'gstremo gesto di ribel-lione di sua madre. "Tale la rabbia con-tro la morte e la consapevolezza che il mondo sarebbe andato avanti allegra-mente senza di lei, che la sua ultima paro-la per me fu: 'Vaffanculo'".

PREGHIERA di Camillo Longone

"Pratica religiosa (se si in-tensifica), rifiuto di alcuni programmi televisivi o di bibite come la coca-cola, abbigliamento tradizionale...". Sono al-cuni degli indicatori di radicalizzazio-ne che attivano la vigilanza dello Stato senza Dio (sentenza 203/1989 della Cor-te costituzionale) nei confronti degli islamici. E nei confronti dei cattolici nulla? Non voglio essere discriminato, non voglio essere considerato un misti-co privato e allo stato senza Dio mi au-todenuncio: anch'io negli ultimi tempi ho intensificato la pratica religiosa, an-ch'io indosso sempre più frequente-mente il tabarro, anch'io non bevo coca-cola (questo però da sempre: al Cuba Libre preferisco ab immemorabili il Savona Libera, col chinotto). E sono più antisociale di tanti maomettani: non ri-fiuto alcuni programmi televisivi, rifiu-to tutti i programmi televisivi.

Trump visita l'arcinemico delle "dita corte" in cerca di un'opportunità Donald Trump sa che non ci sono litigi

troppo pesanti per non essere sanati e amicizie tanto strette da non essere rovi-nate con un litigio (che poi potrà essere sa-nato, e la storia ricomincia). Quante volte ha sputato fango su un avversario e poi è finito tutto a tarallucci e selfie, con lui che dice "tremendous" a ripetizione? Anna Wintour è una vecchia amica di Trump che ha lavorato con instancabile energia per l'elezione di Hillary Clinton. Poi un giorno che era su un treno ha insultato il presidente eletto, ha ruggito cose irripeti-bili sulla sua inutile fondazione e la logi-ca del guadagno personale che anima ogni manovra trumpiana. Le è toccato andare alla Trump Tower a scusarsi, e in quell'oc-casione i due vecchi personaggi di mondo hanno organizzato l'incontro con i vertici di Condé Nast che è avvenuto ieri mattina alla Freedom Tower. La cosa più impor-tante è che a quel meeting c'era anche Graydon Carter, il direttore di Vanity Fair che senza soluzione di continuità dal 1988 lo prende in giro per via delle dita corte. Lo ha definito il "ciarlatano dalle dita cor-te" quando era direttore del giornale sa-tirico Spy e poi ha traghettato l'epiteto nella direzione di Vanity Fair. La storia delle dita è diventata così una delle due cose che fanno imbestialire anche chi ha sempre negato l'esistenza della cattiva pubblicità. L'altra sono i giornalisti che lo descrivono come più povero di quel che

dice di essere. Ancora oggi, di tanto in tanto, Carter ri-

ceve una busta della Trump Organization che contiene foto di Trump ritagliate dal-la stampa, con le mani in evidenza cer-chiate dallo stesso tycoon e un commento del tipo: vedi che non sono così piccole? Questo litigio cronico non ha impedito al direttore di Vanity Fair di essere invitato

a due dei tre matrimoni di Trump, non ha impedito ai due di sguazzare felicemente negli stessi ambienti e di essere legittima-ti dagli stessi poteri, duellando su Twitter come adolescenti. Carter ha scritto che nella Trump Tower c'è "il peggior risto-rante d'America", l'interessato ha risposto con la solita tirata sulle disastrose perfor-mance della rivista: "Way down, big trou-

BORDIN UNE di Massimo Brnlin

Tullio De Mauro fu sentito co-1 me testimone nel processo in " corte d'Assise a Palermo sul rapimento e l'omicidio di suo fratello Mauro. Fu un processo inutile, istruito a più di trent'an-ni dai fatti, su basi confuse e non potè che portare all'assoluzione dell'unico imputa-to, Totò Riina. La logica sottesa all'indagi-ne era quella del processo per così dire "storico", giuridicamente sterile ma gior-nalisticamente interessante. Un'autenti-ca aberrazione qui più volte criticata. Ep-pure non si può negare che quella testi-monianza di Tullio De Mauro ebbe un mo-mento molto significativo, anche se, pro-cessualmente parlando, prossimo all'irri-levanza. Fu quando il professore rac-contò di essere andato a cercare suo fra-tello maggiore a Palermo, dove sapeva che si era nascosto nell'immediato Dopo-

guerra, pur non avendo più pendenze con la giustizia. Mauro de Mauro era stato "addetto stampa" della X Mas di Junio Valerio Borghese e verosimilmente non si era occupato solo di comunicati, anzi le accuse nei suoi confronti erano terribili e non resta che sperare per lui che fossero, se non infondate, eccessive. Tullio, suo fratello più giovane, studiava a Roma e frequentava i radicali di Pannunzio e l'U-nione Goliardica di Pannella. Trovato il fratello, si informò cautamente se avesse modificato le sue idee politiche e rac-contò ai giudici che sì, suo fratello le ave-va cambiate. Non rinnegava il suo passa-to ma pensava che, nella nuova situazio-ne, uno come lui dovesse schierarsi con i comunisti. In quel dibattito per strada fra due fratelli, raccontato in corte d'Assise, c'è sul serio "la vera storia d'Italia". Na-turalmente i pubblici ministeri non se ne sono accorti.

ble, dead!". Dell'avversario "senza talen-to" ha predetto la cacciata da Vanity Fair, una profezia che per il momento non si è avverata. Carter certo ricorderà quando Trump ha previsto il fallimento di Spy e di lì a qualche anno il giornale più irrive-rente di New York è andato gambe all'a-ria. Il problema di questa ossessiva face-zia delle dita corte è che a un certo punto è stata presa sul serio. Marco Rubio ha pensato di poterla usare per sconfiggerlo alle primarie repubblicane, ma in men che non si dica si è trovato cucita addos-so la veste ridicola di "Little Marco" ed è stato polverizzato. Lezione: trasformare un tormentone pop in un manganello po-litico è pericoloso. La storia delle dita è svaporata, diventando un meme passegge-ro rimpiazzato da nuove e più inquietanti rivelazioni, e soltanto Carter ha continua-to ad alimentare il filone che va avanti da una vita. E tutto sommato ha preso l'ele-zione del suo arcinemico con la leggerez-za che ci si aspetta da chi da decenni guar-da le dita invece delle lune. Ha scritto una lunga giustapposizione di paragrafi che iniziano ciascuno con "soltanto in Ameri-ca" per elencare gli orrori politici che pos-sono succedere soltanto in questo paese. Conclusione: "Non venitemi a dire che questa non è la terra delle opportunità". L'incontro di ieri altro non era che un'op-portunità.

Mattia Ferraresi

- STORIA BREVE D E L L ' A D P S 7 ALL-DÀY PYJAMA SYNDROME

Teseo non vuole più clienti in pigiama, ed è una battaglia di civiltà Roma. Londra ha un problema con il pigia-

ma. In Inghilterra la catena di distribuzione Teseo, tra le pifi diffuse e frequentate su suo-lo britannico, ha appena dato il permesso ai suoi dipendenti di allontanare i clienti che si presentano a fare la spesa con i vestiti del-la notte, una consuetudine popolare nel pae- .• se dell'elegantissima Royal Family (e non so-lo al supermercato). Ieri il Telegraph ha de-dicato un lungo articolo al "caos pigiama", principiato da un commento indignato sulla pagina Facebook della nota catena di super-mercati. Chris Cooke ha scritto che alle set-te della sera, in un negozio di Salford, c'era già una truppa di impigiamati a far la spesa, e insomma possibile che uno non abbia il tempo di cambiarsi per andare al supermer-cato?, ha scritto, allegando anche la foto di

due signore in vestaglia. Teseo ha risposto di-cendo che molti clienti si erano già lamenta-ti della stessa abitudine, e che pur non aven-do "un dress code specifico nei nostri nego-zi, i colleghi usano buonsenso e discrezione se parlano con i clienti di questo problema".

Pare che sia stato il giornalista Robin Li-vingstone nel 2003 a individuare per primo un nome: si chiama ADPS, Ali-Day Pyjama Syndrome, una malattia che Livingstone dapprima tratteggiava soltanto ma che ora, secondo alcuni "osservatori" di fenomeni so-ciali, sta diventando una vera pandemia. E avrà sicuramente un qualche legame con la crisi della società occidentale, la disoccupa-zione, il welter» e 4tt-tìrande depressione, i rapporti personali distrutti dall'avvento di internet, i cambiamenti climatici, la teoria

del gender, la Brexit, eccetera. Ma cercando online il problema non sembra nuovo: già nel 2010 a Cardiff (la capitale del Galles, non esattamente uno specchiato esempio di ele-ganza, ma vabbè) un negozio Teseo aveva piazzato un cartello all'entrata: "Per evitare di offendere o causare imbarazzo agli altri clienti, chiediamo di essere adeguatamente vestiti quando si visita il nostro negozio (le calzature devono essere indossate sempre e non sono consentiti vestiti da notte)". La Bbc era perfino andata a intervistare Elaine Car-mody, 24 anni, mamma di due bambini, alla quale era stato vietato di entrare da Teseo per comprare le sigarette. Anche lei aveva addosso lo scanttaìosQlJpjgiama. Un anno fa l'Adps era tornata sui giornali inglesi perché la preside di una scuola elementare di Dar-

lington aveva inviato una lettera a tutti i ge-nitori: non venite più ad accompagnare i vo-stri bambini in pigiama e ciabatte, che raz-za di esempio date ai vostri figli?

Il fatto è che la passione degli inglesi per il pigiama è facilmente intuibile entrando in un qualsiasi Primark - prima catena di abbi-gliamento low cost: è impresa ardua distin-guere i vestiti da notte dagli altri capi propo-sti sui manichini. In fondo, anche questa dei pigiami è una battaglia ideologica e di civi-lità, di libertà personali che finiscono quan-do inizia un non meglio precisato decoro am-bientale. Ma siccome tutto è business, la ca-tena di supermercati Waitrose ha fatto sape-re: venite da noi, pure in pigiama. Ecco: libe-ro pigiama in libero mercato.

Giulia Pompili

— TORNANO PER A D E L P H I LE "MEDITAZIONI SI 1.1.0 S C O R P I O N E " DI SOLMI —

è al servizio della metafisica Il 1883 fu l'anno di un^udele espe-

rimento metafisico so t toves t i scientifiche, riportaroisìiflepàgine di "Nature". L'etologo britannico

Conwy Lloyd Morgan si era proposto

MANI BUCATE - DI GUIDO VITIELLO

di rimuovere un'insidiosa pietra d'inciam-po dal cammino della teoria dell'evoluzio-ne: l'ipotetico suicidio degli scorpioni. Un'antica leggenda vuole infatti che lo scor-pione, se catturato in un cerchio di fuoco, si conficchi da sé nella cervice il pungiglio-ne velenoso. Lloyd Morgan, persuaso che il progresso intellettuale e morale della raz-za umana fosse legato indissolubilmente al-le fortune del darwinismo, vedeva in questo comportamento, se provato, "uno degli ar-gomenti più forti che il regno animale ci presenta contro la teoria dell'evoluzione per mezzo della selezione naturale". Fu co-sì che sottopose due specie sudafricane di scorpioni a un campionario di torture raffi-nate: non solo li circondò di fiamme o di tiz-zoni ardenti, ma gli puntò addosso raggi so-

lari, li arroventò in bottiglie di vetro per meglio osservarli, li mise negl'alcol bpl len^ te* o nelfacido solforico ' concentrato, i r affogò in vari liquidi, gli somministrò scos-se elettriche, bruciò pasticche di fosforo sui loro corpi. L'esperimento era così atroce, pensò Lloyd Morgan, che uno scorpione che covasse anche la più lieve inclinazione sui-cida si sarebbe senz'altro trafitto con la co-da avvelenata. La teoria dell'evoluzione ne uscì trionfante; ma l'etologo dovette scon-trarsi con il rag-anricfin di alcuni lettori di "Nature", e ru costretto a discolparsi con una lettera. Le sorti del darwinismo sono così importanti da giustificare il sacrificio di una sessantina di scorpioni? "Io sono tra quanti la pensano così", "diceva Lloyd Mor-gan, e chiosava con teatrale malafede sen-timentale: Hinc iUae lachrymae!

Ma un esperimento metafisico richede una diversa crudeltà, la crudeltà stupefatta delle favole o dei giochi d'infanzia nei po-meriggi d'estate. Sergio Solmi, bambino, ri-ceveva dalla nonna in villeggiatura l'incari-co di sterminare gli scorpioni dalla cappel-

la rustica, schiacciandoli con una pietra. Lo racconta ^l lemagnifiehe Meditazioni sullo Scorpione, scritte negli ultimi anni della guerra, che Adelphi ha ripubblicato di re-cente. "Cedendo alla violenza del colpo, la sua debole struttura d'aracnide s'appiattiva, perdeva una dimensione, e lo scorpione non era più che ùn'orma, una stampa leggermen-te abrasa sul rosa del mattone o sul bianco della muraglia, appena umettata, attorno, da una gocciola spanta di umore vitale" (esiste racconto più impeccabile dell'origine delle allegorie?).

"Lo scorpione era diventato un immobile emblema impresso sulla pietra, un attorto geroglifico"; che rivelava subito, al bambi-no, un'agghiacciante dissimmetria, in quel-la coda velenosa riversa su un lato, "quasi una sciabola portata a destra dall'animale guerriero". Questa maligna curvatura era una cosa sola con l'attitudine suicida dello scorpione, della cui consistenza reale o leg-gendaria l'esperimento di Solmi, nella sua libertà, poteva non curarsi: "Qliella anoma-lia della disposizione caudale si trasforma

M M H R addirittura nell'indizio di una più misterio-sa e direi paurosa violazione dell'ordine na-turare,"coift'è, per la vita, il sopprimere de-liberatamente sé medesima". Lo scorpione allude a una divisione originaria, allo spun-tare di quell'aculeo torturatore che è la co-scienza di esistere, che "si placherà final-mente nel perfetto, eguale, simmetrico cri-stallo della morte".

Non sappiamo cosa sia rimasto dei ses-santa scorpioni dopo l'esperimento sadiano d'istigazione al suicidio di Lloyd Morgan, se non le lacrime santimoniose del darwinista. Ma le annotazioni dell'esperimento di Sol-mi, più accurate, riportano il dettaglio deci-sivo di quella "gocciola spanta di umore vi-tale" che aureola la sagoma dell'animale or-mai fatto emblema. E se fosse un emblema rinascimentale, nessun motto potrebbe ac-compagnarlo meglio della formula degli "Astronomica" di Manilio che Luigi Auri-gemma scelse come epigrafe a un suo vec-chio libro (Il segno zodiacale dello scorpione nelle tradizioni occidentali): lacrimis radiatus Scorpios, lo Scorpione irraggiato di lacrime.

IL R A P P O R T O TRA D O M I N I O E T R A S C E N D E N Z A . JJN LIBRO ( B E L F O R T E )

Fede e gloria mondana coesistono. La lezione del rabbino Soloveitchik La solitudine dell'uomo di fede", del rab-

bino Joseph B. Soloveitchik, una delle figure più influenti nell'ebraismo america-no e internazionale del Novecento, recen-temente pubblicato in italiano da Belforte Salomone nella bella traduzione di Vittorio Robiati Bendaud, è un intrigante testo re-ligioso che riesce a parlare a tutti gli uomi-ni di fede, non solo a quelli del mondo ebraico. ' •

Come si capisce dal titolo, l'attenzione della riflessione del rabbino non è focaliz-zata sull'esperienza religiosa tout court, per intenderci quella vissuta da coloro che per-cepiscono una vaga presenza divina nel mondo, nelle piante o nelle stelle e vivono sommariamente la loro religiosità sfogan-dola in un confuso panteismo animistico e orientaleggiante. Il testo, piuttosto, è im-perniato sull'uomo di fede e di preghiera, inserito all'interno di una comunità di fe-deli, che si interroga su quale sia il suo compito e il suo ruolo all'interno di una so-cietà ipersecolarizzata come la nostra. Al centro del testo stanno i due diversi rac-conti offerti dalla Bibbia sulla creazione dell'uomo. Nel primo racconto, Dio crea

l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma-schio e femmina, e dice loro di moltiplicar-si, di riempire la terra e di dominare su di essa. Nel secondo racconto, Dio crea l'uo-mo dalla polvere, gli ispira nelle radici il soffio vitale e lo mette nel giardino dell'E-den così che lui possa coltivarlo e custodir-lo. Le differenze nei due racconti sono so-stanziali, il Primo Adamo sarà un domina-tore, modellerà il mondo in base alla sua volontà e alle sue esigenze. Il Secondo Ada-mo, invece, sarà un uomo pio e laborioso che dovrà soltanto custodire ciò che Dio gli ha già dato. Il testo è tutto costruito nella tensione tra questi due aspetti dell'essere umano e nel complesso tentativo di conci-liarli perché uno non può e non deve esi-stere senza l'altro. Mentre si può facilmen-te intuire la centralità che il libro dà all'uo-mo di fede, è sorprendente, soprattutto per noi abituati a un Papa che parla dei frutti dell'industriosità e della creatività dell'uo-mo come di sterco del demonio, l'esaltazio-ne che il rabbino Soloveitchik fa del Primo Adamo. Egli agisce sul mondo, lo modifica e lo reinventa rendendolo un posto miglio-re con i suoi progressi e la sua tecnologia.

L'uomo vive la terra, dà forma a essa, la co-struisce e la rende divina con la sua pre-senza. Poi rivolge gli occhi al cielo e non re-sta soltanto in contemplazione ma pensa a come allargare la sua prospettiva allo spa-zio. E non è un delirio di grandezza, al con-trario, per il rabbino questo è il modo in cui l'uomo trova se stesso e viene ricono-sciuto per le sue capacità dalla comunità di appartenenza. Ma l'uomo, allo stesso tem-po, non è solo questo, non è soltanto il Pri-mo Adamo. Non si può ridurre l'uomo al suo desiderio di espandersi e migliorarsi e al riconoscimento ricevuto'dalla società. Il Primo Adamo non è "ontologicamente com-pleto", la sua condizione è quella dell'im-perfezione, della necessità del completa-mento. E allora qui entra in campo il Se-condo Adamo, l'uomo di fede. Lui "conosce l'arte della preghiera, dal momento che egli mette Dio dinanzi alla suppliche di molti. Il Primo Adamo, autoreferenziale, egocentrico e imprigionato in se stesso" viene incluso nella comunità spirituale, la comunità dell'alleanza, attraverso l'uomo di fede. In questo modo i due Adamo si riu-niscono in un corpo unico che è quello del-

la comunità alleata con Dio. Un'unione in cui l'uomo supera la sua solitudine esisten-ziale. Il rispetto del rabbino è profondissi-mo per entrambi gli Adamo. Ma è il compi-to dell'uomo di fede a essere il più duro e il più solitario, tanto più all'interno della nostra società ipersecolarizzata, perché de-ve farsi carico della spiritualità intera del Primo Adamo che, tutto preso dall'eserci-zio del suo necessario dominio sul mondo, la dimentica. Il rabbino descrive l'espe-rienza di fede in modo eroico. Il testo ci ac-compagna in una riappropriazione della grandezza della fede, della sua solennità, della sua drammatica trascendenza. Una lezione dal mondo ebraico in un momento in cui la religiosità cristiana sembra essere nient'altro che un supplemento della vita civile, un surrogato delle organizzazioni umanitarie con la sua idea di essere diven-tata, essenzialmente, un ospedale da cam-po. Un'idea questa che è il parto naturale di una comunità che dall'esperienza di fe-de sembra desiderare "più un ethos socia-le che un imperativo divino". Ma così il di-vino si ritira e scompare.

Michele Silenzi

PICCOLA .POSTA di Adriano Sqfri

Nel febbraio 1997 ascoltai da un telegiornale che "l'Antartide

si scioglie" e che "la penisola di Larsen sparirà entro il '99". Siccome ero in una cella di galera, e fra le esistenze cui vie-ne calcolata e annunciata una scadenza si stabilisce un'affinità particolare, mi sen-tii intimamente coinvolto dall'annuncio sulla penisola di Larsen, cui feci i miei auguri. Ieri ho letto, ripresa dal Corriere, la notizia che "dal mese scorso un'enor-me spaccatura è stata registrata lungo la piattaforma di ghiaccio Larsen, che si

estende lungo la costa orientale della pe-nisola Antartica da capo Longing fino al-l'area meridionale dell'isola di Haerst, in Antartide. Stando a quanto osservato dal-la Nasa, a oggi una striscia di soli 20 chi-lometri di ghiaccio tiene attaccata alla Larsen C una massa di 5 mila chilometri quadrati. Se la massa si dovesse stacca-re, l'enorme iceberg, finirebbe in mare... Se ciò accadesse, si potrebbe verificare un innalzamento delle acque terrestri, se-condo alcuni anche di 10 centimetri". Dunque la penisola di Larsen è durata 17 anni più della sua condanna? No, la spie-gazione sta in quella "C". La parte della

piattaforma Larsen denominata "A" si era dissolta già nel 1995. La parte "B", stabile da 12 mila anni, ha cominciato a collassare nel 2002 a una velocità inaudi-ta secondo gli studiosi, e si disintegrerà del tutto, pare, entro la fine del decennio attuale. La parte "C", la più vasta e stabi-le, ha cominciato a disintegrarsi secondo le rilevazioni dalla scorsa estate. "Se an-che questa regione - recita Wikipedia - la cui superficie è grande quanto quelle del New Hampshire e del Vermont messe as-sieme / cioè più del doppio della Lombar-dia / dovesse scomparire, allora l'enorme piattaforma Larsen avvistata per la prima

volta nel 1893 dal baleniere norvegese Cari Anton Larsen e dai marinai della Ja-son sarebbe andata in gran parte distrut-ta meno di un secolo e mezzo dopo la sua scoperta". So che il freddo arrivato ieri in Italia confermerà qualcuno di voi nell'o-pinione che il riscaldamento globale, tan-to più se imputato all'influenza umana, sia una balla, che Donald Trump si inca-richerà di smentire definitivamente. Io avevo legato la mia sorte a quella della penisola Larsen e non intendo staccarme-ne, nonostante il mio effimero piede libe-ro. Finiremo, e le acque saliranno di un-dici centimetri almeno.

L'Albo d'oro

Se il Conte Gentiloni-Silverj resta a Palazzo Chigi, chi arriverà

primo al traguardo della nobiltà?

Titoli & titolati. Signori si nasce! Il ritor-no di Matteo Renzi è sempre più improba-bile, il Conte Gentiloni-Silverj resta saldo a Palazzo Chigi e perciò continua la gara

NOVE COLONNE

dei più titolati tra i giornalisti per arriva-re primi al traguardo dell'Albo d'oro del-la nobiltà.

Titoli & titolati. Signori si nasce! Renzi è ormai schizzato dalla bocciofila, figurarsi dal Circolo degli Scacchi ma Marione Cala-bresi, più renziano della Maria Elena Bo-schi spara in prima pagina un grande scoop.

Titoli & titolati. Signori si nasce! Abbar-bicato alla poltrona di Repubblica, Marione nostro scatena due formidabili notisti, ovve-ro Stefano Folli e Michele Serra, e può co-sì sparare in prima pagina il risultato delle ricerche condotte dai due illustri giornalisti al municipio di Rignano: "Anche Matteuc-cio è Conte, come e più di Gentiloni-Silverj. E Maria Elena è Granduchessa d'Etruria". Interviene Natalia Aspesi: "E' la nostra Sis-si".

Titoli & titolati. Signori si nasce! Il lavoro di Repubblica non si ferma ai soli Matteo e Maria Elena, anzi, arriva anche a Luca Lot-ti di cui si svelano i magnanimi lombi: è Conte di Montelupo e Barone del Nicchio. E non finisce qui. Un intero numero di Ro-binson viene dedicato al ministro Lotti che vincerà finalmente il Palio grazie a "un'ar-ma segreta".

Titoli & titolati. Signori si nasce! Lotti vin-cerà il Palio grazie a uno stallone allevato segretamente nelle scuderie di palazzo Rea-le a Monza portato al pascolo da un barba-resco d'eccezione: Lucianino Fontana, di-rettore del Corriere della Sera, certo, ma per l'occasione degnamente fotografato sul-la copertina di Robinson come e meglio di Maria De Filippi prestata alla vetrina di Sanremo.

Titoli & titolati. Signori si nasce! Gianni & Riotto detto Johnny si sottrae alla gara dei quarti di nobiltà e dalla sua nuova rubrica delle lettere sulla Stampa fa una sua com-battiva opposizione alla recrudescenza dei nobilastri in nome dei sacri principi scou-tistici. Lascia che sia Renzi stesso a scrive-re in incognito e allo stesso Matteo poi fa da-re le risposte su cui lui - titolare della rubri-ca - aggiunge dei complimenti. E degli in-sulti, va da sé, contro il Conte Gentiloni-Sil-verj, caporione della reazione, ostile alle Riforme.

Titoli & titolati. Signori si nasce! Fedeltà è più forte del fuoco. Si pente Paolo Di Ca-nio, l'ex campione della Lazio, ormai (sob!) anche ex fascista - "Ho tre fratelli che vota-no a sinistra", ha detto per dare nuove cre-denziali - non devono poi pentirsi i giorna-listi renziani? Con la gara verso l'Albo d'O-ro della nobiltà c'è anche quella del disco-noscimento di Matteo in favore di altri lidi.

Titoli & titolati. Signori si nasce! Anche Mario Orfeo Orfei detto Moiro, trascinando con sé l'intrepido Marco Frittella ?- rispet-tivamente sono direttore e prima firma del Tgl - decide una soluzione drastica: si fa ri-muovere dolorosamente i tatuaggi di Lotti e Maria Etruria rivelando le loro autentiche radici. Moiro può ben mostrare sul bicipite, adesso, il sorridente volto di Italo Bocchino mentre Frittella, sul petto, il seducente pro-filo di Nunzia De Girolamo.

Titoli & titolati. Signori si nasce! Un capo-lavoro, e non può che essere tale, il colpo di scena offerto da Joe Servegnini. Pur impe-gnato nel suo progetto editoriale segretissi-mo commissionatogli da Urbano Cairo, Joe non dimentica il suo proposito di vendetta contro Matteo, contro Maria Elena, contro Lotti e figurarsi quanto contro il Conte Pao-lo Gentiloni-Silverj

Titoli & titolati. Signori si nasce! Araldi-ca alla mano, albero genealogico come fos-se acqua corrente, Joe - spumeggiante sem-pre più con la sua frezza bianca da suora laica - può certificare quanto segue: di esse-re il terzo fratello di Andrea e Luca Zappa-costa e di essere il fratello naturale segre-to delle sorelle Paola e Annalisa Taverna.

Titoli & titolati. Signori si nasce! Non so-lo Marcel, si dice tra sé e sé Riotto, "non so-lo si deve patire la concorrenza di Sorgi, sempre prima in tutto; adesso anche Serve-gnini?". Indispettito, dunque, Riotto, taglia-ta l'irsuta barba, rivela di essere diretta-mente la terza sorella Taverna, vestale del grillismo. E mette 9 disposizione di Rocco Casalino la sua rubrica delle lettere alla Stampa. Senza titoli e senza titolati.

1., I DIARI DI DIBBA

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Palma e cocaina, zà zà Vedevo Gianroberto piut-

tosto attento quando gli par-lavo dei problemi legati al ci-

bo, alle multinazionali dell'agrobusi-ness e alle enormi derrate di mais tran-sgenico made in Usa che arrivavano nei paesi latinoamericani drogando di fat-to il mercato e impoverendo migliaia di contadini. Gli raccontai dei legami tra narcotraffico e produttori di palma afri-cana, dalla quale si ottiene l'olio di pal-ma, tra l'altro deleterio per la nostra sa-lute.

(Alessandro Di Battista, "A testa in su", Rizzoli pafl. 130)