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Melinda, i soci sui cartoni NICHOLAS CHINI

VAL DI NON - Chi meglio degli oltre 4.000 frutticoitori che aderiscono al Consorzio Melinda può diventare at­tore della nuova campagna di marke­ting? Il Consorzio Melinda ha aperto la rac­colta delle adesioni al progetto di co­municazione «Noi ci mettiamo la fac­cia». Melinda richiede la disponibilità dei soci per realizzare degli scatti fo­tografici che andranno ad arricchire la pubblicità delle mele ed il packa­ging-L'iniziativa è rivolta a un massimo di 60 soci per ogni cooperativa che com­pone il Consorzio, per una possibile platea complessiva di circa 1.000 soci: «I vostri volti - spiega Melinda nell'in­vito -, saranno infatti uno dei messaggi chiave della comunicazione in quanto riflettono l'autenticità, là qualità, il gusto e la naturalezza delle mele della Val dì Non». Aderire è molto semplice: i soci al più presto devono recarsi nel rispettivo magazzino e comunicare la propria disponibilità a partecipare all'inizia­tiva. Sarà poi la cooperativa stessa a concordare una data in cufrsoci sa­ranno convocati, in quell'occasione verrà allestito un set fotografico che immortalerà gli agricoltori. Lo slogan pensato per la campagna pubblicitaria sarà: «Siamo così orgo­

gliosi del nostro lavoro, che vogliamo mettere i nostri volti sulle confezioni delle nostre mele». Ad assistere il personale di Melinda sul «set» ci sarà l'agenzia Nitida Im­magine di Cles. La postazione per scat­tare le foto e i tecnici saranno dispo­nibili per l'intera giornata asseconda dell'orario di lavoro e verranno dedi­cati 5 minuti per ogni socio. Ogni socio potrà farsi ritrarre singolarmente o con un famigliare, sia esso il coniuge o un figlio, l'invito è esteso inoltre an­che alle persone con animali d'affe­zione. L'invito della struttura è quello di indossare un abbigliamento da cam­pagna con maniche lunghe e senza marchi, i soci inoltre sono invitati a portare con sé oggetti come piccoli attrezzi da lavoro o frutta.

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INCONTRO IN FEDERAZIONE

Orsi e lupi Fugarti agli allevatoli «Sosterrò la legge di Rossi» I TRENTO

Il sottosegretario alla Salute, Maurizio Fugatti, sosterrà con il governo nazionale il disegno di legge provinciale per la ge­stione dei grandi carnivori. L'impegno annunciato ieri, in un incontro alla Federazione degli Allevatori, a Trento, di fronte al mondo agricolo. Oltre agli allevatori, presenti Conca­st ed organizzazioni professio­nali agricole. Notala contrarie­tà del ministro Costa al dise­gno di legge trentino che arri­verà a settembre sul tavolo del Consiglio dei Ministri. «Siamo consapevoli -ha detto Fugatti-che il ministro ha un'imposta­zione ambientalista ma, da parte nostra, lavoreremo affin­ché il disegno di legge vada in porto. Lavoreremo anche per fare in modo che la Commis­sione dei 12 approvi la norma di attuazione. Con il ministero alla Salute, poi -ha proseguito il sottosegretario- lavoreremo anche ad un piano per la tutela degli animali colpiti da grandi carnivori. Un piano che preve­da di poter spostare in apposi­te aree gli esemplari problema­tici e di poterne monitorare quindi l'effettiva pericolosità ». L'incontro di ieri in Federazio­ne a Trento ha visto protagoni­sta la preoccupazione degli al­levatori. L'attacco di orso o lu­po al bestiame rappresenta un danno economico che ha mol­

le predazioni preoccupano

te voci e conseguenze. Perdita dei capi, danni alle recinzioni, necessità di costruirne di nuo­ve e migliori, formazione. Dal­la sala la richiesta alla delega­zione dei parlamentari trentini presenti, oltre a Fugatti: sensi­bilizzare il governo sui temi del lavoro nel mondo agricolo, a partire proprio dai danni cau­sati dalle predazioni. Da qui la richiesta, che la legge approva­ta dal consiglio provinciale possa incontrare la giusta sen­sibilità anche a livello naziona­le. I timori del mondo degli al­levatori nascono dall'ipotesi che la legge provinciale venga portata alla verifica di costitu­zionalità, trovando piena sinto­nia con il ministro Costa, che aveva già espresso la sue per­plessità in merito alla possibili­tà di abbattimento delle specie pericolose che il disegno di leg­ge prevede.

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Il meleto del futuro è pedonabile CLES - Porte aperte a Maso Ma-iano, l'azienda sperimentale della Fondazione Edmund Mach di Cles, che ieri ha ospi­tato il consueto incontro annua­le di presentazione dei princi­pali risultati delle sperimenta­zioni nella frutticoltura di mon­tagna, ultimo appuntamento estivo con le giornate tecniche. Buona anche quest'anno la par­tecipazione con oltre 100 frut­ticoitori presenti. «La nostra azienda di Maso Ma-iano - ha spiegato ieri mattina il presidente Andrea Segrè - è il punto di riferimento per la sperimentazione delle più avan­zate tecniche agronomiche e delle innovazioni scientifiche sulla media montagna. Qui met­tiamo in pratica le ricerche svi­luppate nei laboratori di San Michele all'Adige ma anche ciò che viene studiato dagli scien­ziati di tutto il mondo. Nella me-licoltura vogliamo valorizzare il territorio in un contesto glo­bale». Frutticoltura biologica. La sta­gione 2018, ha spiegato Luisa Mattedi, anche in Val di Non è stata contraddistinta da una forte diffusione della ticchiola-tura, con il 100% di germogli, foglie e frutti colpiti. La Fonda­zione Mach si è impegnata nello studio della patologia attraver­so il lavoro sulle piantine in va­so, sul volo delle ascospore, sul­la maturazione degli pseudote-ci e sul modello RIMpro, poten­do contare anche sulle espe­rienze di contenimento esegui­te nell'azienda sperimentale «gemella» di Maso delle Part a Mezzolombardo. Anche que­st'anno, accanto ai prodotti tra­dizionali come zolfi, rame e po-lisolfuro è stato inserito l'utiliz­zo di molecole alternative. Oltre alla ticchiolatura, l'esperta ha parlato anche di fumaggini e Marssonina mentre, per quanto riguarda i fitofagi, ci si è occu­pati di afidi, carpocapsa e pa­togeni minori collocandoli nel rispettivo rischio, controllo e gestione, così come per gli sco-pazzi. Allevamento in parete stretta. La

frutticoltura di montagna, ha sottolineato Alberto Dorigoni, richiede impianti molto acces­sibili e strutturalmente semplici per garantire la sicurezza degli operatori e, contemporanea­mente, il contenimento della deriva dei prodotti di sintesi. Il frutteto in parete stretta per­mette di applicare le tecniche moderne oggi a disposizione per ridurre gli input di mano­dopera e chimica. A Maso Maiano sono stati Dre-

sentati i risultati ottenuti con le forme di allevamento in pa­rete, con l'uso delle reti polifun­zionali sia per diradare i frutti sia per difendere le piante da carpocapsa. Con le reti anti­pioggia e senza trattamenti fun­gicidi si sono ottenuti risultati interessanti di difesa dalla tic­chiolatura per il quarto anno di fila su Golden. Le moderne ti­pologie di impianto a Guyot, de­rivate dall'allevamento multias-se, permettono di ottenere age­volmente frutteti in parete pe­donatali nei quali tutte le ope­razioni colturali e la raccolta sono effettuate da terra. Questi impianti sono particolarmente adatti alle zone di frutticoltura periurbana montana anche per­ché risolvono in modo semplice ed economico il problema della deriva degli antiparassitari. Diradamento dei frutti. Dario An­geli si è concentrato sul con­fronto dell'efficacia diradante di diverse combinazioni di pro­dotti sulle varietà Golden Deli-cious e Fuji. L'esperto ha fatto notare la scarsa allegagione dei frutticini anche sui testimoni non trattati dovuta a una fiori­tura molto veloce, a causa delle temperature elevate, e una co­latura dei fiori piuttosto inten­sa. In questa situazione i pro­dotti diradanti fiorali e post-fio­rali hanno ulteriormente incre­mentato la colatura dei fiorì e, successivamente, la cascola dei frutticini, determinando, nelle tesi trattate prima con dirada­mento meccanico e poi con quello chimico, una condizione di sovradiradamento. Infine, per quanto riguarda la varietà

Fuji, è stata messa in evidenza una riduzione della pezzatura dei frutti, oltre alla presenza di numerosi frutticini pigmei nelle tesi trattate con diradante pre­fiorale. Innovazione varietale. Pierluigi Magnago ha illustrato le varietà proposte da centri di costitu­zione e alcune delle più promet­tenti accessioni originate dal programma di miglioramento genetico della Fondazione Mach ospitate a Maso Maiano. In una parcella sono state poste a confronto varietà e otteni­menti Fem dotati del gene di re­sistenza a ticchiolatura «Vf. Ge­ne» scoperto negli anni '40 nella specie selvatica MalusFloribun-da. Nel confronto, la difesa fun­gicida è stata limitata solo ad alcuni interventi antiodici. L'analisi del comportamento delle diverse accessioni, con­sentirà a frutticoitori e tecnici di avere degli oggettivi riscontri

sulle reali potenzialità d'impie­go delle varietà resistenti in fun­zione di un minor impatto am­bientale. Spesso, infatti, le ac­cessioni resistenti a ticchiola­tura dimostrano alti livelli di su­scettibilità ad altre patologie, quali oidio, alternaria, marsso­nina, ai marciumi del frutto ed altre. Meleto pedonabile sostenibile. Mercoledì mattina a Denno è stata organizzata una parteci­pata visita alle prove dimostra­tive del frutteto pedonabile, progetto realizzato da Fem in collaborazione con Cif (Consor­zio Innovazione Frutta) e Apot (Associazione Produttori Orto­frutticoli Trentini). Nell'impian­to dimostrativo co-finanziato dal Piano di Sviluppo Rurale della Provincia, sono state ap­plicate su scala aziendale le principali tipologie di alleva­mento in parete, dal tradizio­nale frutteto alto e stretto otte­nibile con il Bibaum, fino all'im­pianto pedonabile in cui tutte le operazioni sono eseguite da terra. Su questi frutteti è previ­sta anche l'applicazione delle reti monofilare multi-tasking e la distribuzione degli antiparas­sitari con modalità alternative che vanno dall'uso di atomiz­zatori senza ventola, a mini-ir­rigatori che distribuiscono il prodotto solo sulla fila.

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Domenica tante iniziative legate al mondo agricolo. Ospiti i frustatori «Cassani»

«El contadin en festa» con le «Teste Calde» TAVON - Dopo il successo della «TYactor Nonesa» organizzata nel mese di agosto dello scorso anno, torna nel vivo l'attività dell'associazione «Teste Calde di Tavon». Domenica prossima 26 agosto a Tavon il gruppo propone l'iniziativa «El Contadin en Festa», una giornata di festa che riscopre i mezzi che hanno caratterizzato lo sviluppo agricolo della Val di Non. La festa inizierà alle ore 9 con l'arrivo nel paese dell'attrezzatura agricola di ieri e oggi e proseguirà alle ore 10 con l'esibizione del gruppo dei frustatori «Cassani». Alle 10.30 si terrà la messa con successiva benedizione dei trattori utilizzati nei campi, a partire dalle 11.30 il dottor Pierluigi Fauri terrà una conferenza

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dal titolo «L'evoluzione dell'agricoltura nonesa». A seguire ci sarà il pranzo a base di polenta, salsicce e grigliata; l'attività proseguirà alle 14 con l'escursione nei boschi e tra i frutteti a bordo dei trattori.

La piazza ospiterà nuovamente l'esibizione dei frustatori di «Cassani» alle ore 16, mentre alle ore 18 andrà in scena la commedia «Il contadino cerca moglie». La giornata di festa si concluderà con la cena a

base di «tortei de patate» o pizza a partire dalle 19.30. «El Contadin en Festa» è solo la punta dell'iceberg dell'attività del gruppo Teste Calde di Tavon, che vanta una base sociale composta da ben 120 sostenitori. Sono state numerose nel corso dell'anno le altre attività dell'associazione, che rappresenta un forte elemento di coesione all'interno della comunità locale. Soddisfatto per l'organizzazione della «En Contadin en Festa» si dice il presidente del gruppo Dario Agostini, il quale ci tiene a sottolineare come la festa non sia rivolta solo a chi ha mezzi agricoli o orbita attorno al mondo contadino, ma a tutta la comunità. Ni. C.

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Sfruz da più di 200 anni è il paese della patata Nel weekend torna il festival che celebra la storia partendo dai piatti tipici Il sindaco Andrea Biasi: «Ci saranno gastronomia, arte, cultura e musica» di Giacomo Ecchgr I SFRUZ

Puntuale come ogni anno l'ulti­mo fine settimana di agosto a Sfruz torna il festival della pata­ta, un'occasione di fine estate per gustare in tutte le sue varian­ti culinarie il tipico tubero colti­vato in paese. Sulla patata Sfruz basa la propria attività agricola da più di 200 anni: erano gli anni "de fam" quando questo tubero, importato dalle Americhe, ini­ziò ad avere un ruolo importan­te per le sue capacità nutritive e conservative. «Ciò che caratte­rizza la produzione di queste pa­tate alpine è la coltivazione oltre i mille metri, peculiarità che le rende immuni a batteri e virus, unita alla purissima acqua dei "Soreti" e alla ricchezza di mine­rali presenti nel terreno», com­menta il primo cittadino Andrea Biasi.

Dal 1985, anno in cui fu orga­nizzato il primo festival per ono­rare questo speciale tubero, ad oggi, il sapore tipico della patata delizia i palati di tutti con le sue prelibate bontà: domani e dome­nica si potranno degustare i mi­gliori prodotti tipici, tra cui spic­cano piatti tradizionali come l'i­nimitabile "tortel di patate".

«Saranno due giornate di ga­stronomia, arte e cultura accom­pagnate da intrattenimenti mu­sicali che allietano le serata» ag­giunge il sindaco che ringrazia tutte le associazioni coinvolte e i numerosi volontari che con im­pegno in questi giorni stanno la­vorando per la riuscita dell'even-

II mercato contadino con la vendita della caratteristica patata alpina

to. La festa inizia domani alle 18.00 con apertura del mercato contadino e dalle 19 nelpalaten-da cena tipica (tortei, trippa e tonco di patate) per finire dalle 22.30 con musica live con i "The skelters", Beatles tribute band a quindi il dj Fede B. Domenica pranzo e cena tipici nel tendo­ne, il mercato contadino tutto il giorno (dalle 9). Musica folk sia il sabato sia la domenica.

Sfruz non è solo gastronomia,

ma anche cultura grazie alle visi­te guidate proposte dall'associa­zione Anastasia Val di Non che sabato e domenica porteranno i visitatori sulle tracce della storia del caratteristico borgo dell'Alti­piano della Predaia in un clima da revival che, in particolare do­menica 26 agosto verrà colorato dai costumi storici dell'associa­zione Azberg Val di Non con i suoi figuranti. Domenica sarà inoltre possibile assistere alle

esibizioni aeree del gruppo "Ae-reomodellisti Valli del Noce" ol­tre all'adrenalinico spettacolo di Bike show con Alessandro e Mar­co: «Siamo felici- dice Federico Poli presidente della ProLoco -di poter anche quest'anno offri­re una due giorni di eventi molto ricca. Sfruz con le sue peculiari­tà gastronomiche e culturali ha molto da offrire ai turisti e ai val­ligiani».

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TAVOLI

Le "teste calde" organizzano la domenica dei contadini

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Domenica dalle 9 in poi "Conta-din en festa" festa contadina or­ganizzata a Tavon dall'associa­zione "Teste Calde" (nella foto sopra alcuni soci) aU'agritur ma­neggio Agostini. Alle 9 è previsto l'arrivo e l'esposizione delle at­trezzature con trattori di ieri ed oggi; alle 10 l'esibizione del gruppo Frustatori Cassani; alle 10.30 la Messa con la benedizio­ne dei mezzi agricoli; alle 11.30 incontro dibattito sull'evoluzio­ne dell'agricoltura nonesa a cu­ra del prof. Pierluigi Fauri dell'I­stituto agrario di San Michele all'Adige.

Alle 12 pranzo tipico con po­lenta, salcicce e grigliata; alle 14 escursione con i trattori tra bo­schi e frutteti; alle 16 replica dell'esibizione dei Frustatori Cassani e dalle 18 musica ed estrazione premi lotteria con le risate del duo comico "Il conta­dino cerca moglie". Dulcis in fundo dalle 19.30 cena a base di tortei de patate e pizza. Per tutta la giornata saranno presenti gli artigiani che illustreranno anti­chi mestieri ed un percorso con trattorini a pedale per bambini con la possibilità anche di giri in carrozza con cavalli. (g.e.)

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I meli stanno morendo: emergenza in Valsugana

diMarikaCaumo I VALSUGANA

Una moria di meli, dalle cause ancora sconosciute. Che colpi­sce solo in Alta e Bassa Valsuga­na. E che quest'anno ha avuto una crescita importante.

I primi limitati casi già una decina d'anni fa nella zona di Campiello, poi il problema sembrava superato ma è torna­to negli ultimi anni. Una moria di meli che si sta verificando in alcune zone della valle, da Per-gine ad Ospedaletto. Di questo si è occupato anche il consiglie­re provinciale Claudio Cia, che ha presentato un'interrogazio­ne in Provincia.

Cosa succede? Le piante che vengono messe a dimora sane, nel corso degli anni collassano improvvisamente, a macchia di leopardo e senza nessuna motivazione apparente.

«Da quanto riferitoci dai frut­ticoitori delle zone interessate, le piante vengono acquistate

da diversi fornitori e messe a dimora perfettamente sane in terreni puliti e ben dissodati -scrive Cia nell'interrogazione-Durante il primo anno le pian­te crescono sane e rigogliose, negli anni successivi si assiste a delle morie inspiegabili e geo­graficamente distribuite in tut­ta la valle».

Ne abbiamo chiesto conto ad alcuni frutticoitori della Bas-saValsugana.

«Il problema esiste ed è gra­ve - conferma Giorgio Capra, giovane agricoltore di Garzano e rappresentante dei Giovani di Coldiretti per la Bassa Valsu­gana -. Negli anni scorsi era sta­ta avanzata l'ipotesi che i mele­ti erano stressati, si facevano produrre troppo e per questo morivano. Una tesi che però si è rivelata sbagliata». Lo scorso anno, infatti, ci fu una grande gelata. «Nella primavera del 2017 il 99% dei meli in Valsuga­na fu colpito dalla gelata del 21 aprile, che portò ad eliminare

quasi tutta la produzione visto che i meli rimasero vuoti. Ci aspettavamo quindi una gran­de ripresa nel 2018, visto che le piante avevano riposato lo scorso anno. Invece la moria è la più accentuata degli ultimi 10 anni», precisa Capra. Il qua­le spiega che la moria non ha colpito solo le piante giovani, ma quest'anno, per la prima volta, ha interessato anche quelle di 15-20 anni finora sa­nissime.

Nella sua interrogazione, il consigliere Cia spiega che «i frutticoitori preoccupati, han­no già sottolineato il problema agli uffici provinciali compe­tenti in agricoltura, fiduciosi che avrebbero ricevuto una spiegazione a questo disagio che comporta loro annualmen­te perdite di tempo e reddito importanti. Da quanto riferi­scono, gli uffici competenti, ad oggi, non avrebbero dato alcu­na risposta».

Affermazione che non trova la conferma di Capra. «No, il settore ci è vicino e gli enti pre­posti stanno facendo il loro la­voro e le loro valutazioni», spie­ga. La stessa Coldiretti di Alta e Bassa Valsugana si è riunita con il presidente e i tecnici dell'Istituto di San Michele per capire come risolvere questo problema. «Non vogliamo che ci comprino le piante ma che si individui il motivo per cui muoiono. La nostra richiesta è quella di aumentare la ricer­ca», precisa. Ai tecnici di San Michele dunque il compito di approfondire la questione e trovare la causa di questa mo­ria di meli. «Che in termini per­centuali a livello Trentino non è alta. Maseguardiamolazona dove il problema è circoscritto, Alta e Bassa Valsugana, le sin­gole aziende, gli appezzamen­ti, le cose cambiano. Ci sono appezzamenti dove si arriva al 50% di meleti colpiti», conclu­de Capra.

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IN TRENTINO

I limiti delle politiche agricole MAURIZIO PETROUJ

I l progetto «Agricoltura Domani», report 2018,

promosso dall'Assessorato all'agricoltura, foreste,

turismo e promozione, caccia e pesca della Provincia, presentato in questi giorni, dichiara l'obiettivo di «elaborare linee guida, strategie e azioni concrete per indirizzare le politiche agricole trentine dei prossimi anni». Al netto di un doveroso rispetto per il lavoro e il tempo dedicato da quanti -strutture e gruppo di supporto provinciali, rappresentanti di organizzazioni e associazioni che gravitano nel mondo agricolo

trentino, esperti e relatori .estensori del documento - hanno contribuito alla produzione del repor t , e pur riconoscendo l'ampio spettro dei temi affrontati e quindi un'obbligata sintesi finale, la prima impressione personale è non adeguata all'aspettativa dell'anticipazione di futuro evocata dallo stesso impegnativo titolo del progetto.

CONTINUA A PAGINA (fò

Prima del domani manca, a mio parere, il presente, ovvero, il riferimento a quell'orgoglioso marcatore localistico agricolo-sociale, nodo strutturale prevalente dell'organizzazione agricola trentina che, al netto di ogni doverosa esperita analisi «s.w.o.t.» (punti di forza, debolezza, opportunità e minacce), dovrebbe costituire il caposaldo per il discernimento di ogni politica agraria trentina, cioè la conduzione diretta familiare part-time del 60 percento delle aziende agricole con dimensioni micro (inferiore ai due ettari), soprattutto nei settori frutticoli e viticoli, che ciononostante garantisce un reddito al pari di un'azienda agricola capitalistica. Quésta realtà locale trentina, unica dell'arco alpino assieme al Sudtirol, certifica una efficiente struttura cooperativa, che vive e convive con un siffatto nucleo primordiale strutturale e che a sua volta sta ristrutturandosi ripristinando il principio statutario del controllo democratico da parte del Socio liberandolo quindi dal ruolo di mero conferitore, e che insieme alle associazioni dei produttori è in grado di garantire agli associati non solo servizi adeguati, ma anche la formazione professionale e l'innovazione sviluppata trasferita da parte di un centro pubblico di ricerca e applicazione tecnologica come, nel caso, la Fondazione Mach. Questa realtà localistica, peraltro, negli ultimi anni è sempre meno remunerativa

per una difficoltà competitiva che non dipende dall'incapacità di posizionamento sul mercato ma, prima ancora, dagli obblighi di un adeguamento normativo (privacy, sicurezza, certificazioni eccetera), soprattutto di rango europeo, che nelle piccole medie aziende fa lievitare i costi di produzione annullando ogni marginalità dei prezzi di vendita. Allo stato, occorre aver fiducia nell'impegno assunto dal neo ministro all'agricoltura Gian Marco Centinaio nei confronti di Bruxelles per la valorizzazione e la sburocratizzazione della tutela del made in Italy. Ne consegue, viceversa, che se dovesse essere l'ente pubblico a garantire la competitività del sistema si ridurrebbe, fino alla scomparsa, anche ogni investimento e spinta innovativa privatistica, mutando così appunto anche la storica struttura dell'organizzazione

agricola trentina con conseguente negativo riverbero sull'impronta sociale. Dei condivisibili sette macro temi individuati nel report e base di lavoro e di sviluppo dei tre tavoli dedicati a

«Conoscenza e innovazione»,«Competitività» e «Sostenibilità ambientale e sociale», osservo la grave assenza dei temi come la filiera foresta-legno e dell'agricoltura sociale che sono oggetto, peraltro, di recente materia legislativa sia a livello statale che provinciale. Quello che però più difetta del report «Agricoltura Domani» è proprio la vision politica, che certo non può essere affidata ad una pur pregevole struttura di supporto. La vision non può èssere nemmeno derubricata o surrogata dalla semplificazione di parole chiave che semmai sono solo utili a individuare il focus di una «dignitosa» pie di lista, come del caso. La vision globale per un'agricoltura del terzo millennio deve contribuire a far fronte ai grandi temi ambientali come la scarsità di acqua ed energia, l'impoverimento del suolo derivato principalmente dalla monocultura, la riduzione dell'agrobiodiversità e della diversità biologica in generale, oltre ad r aumentare la produttività agricola in maniera sostenibile, considerando anche che la domanda alimentare dovrebbe aumentare la produzione agricola del 50 per cento per garantire cibo sufficiente alla popolazione del pianeta nel 2050. Scalando la vision a livello localistico trentino, fermo restando il prevalente modello di conduzione aziendale sopra richiamato, necessariamente multifunzionale e semmai aiutato nell'aggregazione della minima unità culturale pari al Maso chiuso garantito in Sudtirol, si tratta di scegliere tra l'opzione di una produzione quantitativa o una produzione qualitativa di eccellenza compatibile con il mercato azionato dalle strutture cooperativistiche di secondo grado esistenti.

In luoghi dove è maggiormente sviluppata la cultura del paesaggio, del vivere equilibrato e del rispetto dell'ambiente, come in Trentino, sono meglio favorite produzioni di qualità in ambienti di qualità, dove un prodotto viene certificato in relazione sia alla sua origine geografica che anche la qualità del territorio che lo ha prodotto.

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Una svolta, a mio giudizio, è matura e deve necessariamente essere agevolata dalla revisione della legge provinciale sulla ricerca (n. 14/2005), istitutiva della Fondazione Mach per, tra l'altro, implementare un «cluster» italiano per Agricoltura, Alimentazione e Ambiente che integri, a San Michele, anche la sede del decisore politico dell'assessorato provinciale di riferimento.

Maurizio Petrolli Consigliere Fondazione Mach

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PàBER&mmE

La "Festa dell'Uva" fa rivivere i fasti degli anni Settanta I PADERGNONE

Con l'ultimo weekend di agosto torna al parco due laghi di ra­dergliene la "Festa dell'Uva", dove a partire dagli anni 70 ave­va furoreggiato l'indimenticata "Settimana Folkloristica della valle dei Laghi" con migliaia di visitatori al punto che non regge­va confronti con le altre feste po­polari della provincia.

Purtroppo dopo un trenten­nio di grande successo, dato il contributo di buona parte della associazioni della valle con in te­sta le prò loco, coordinate dal Consorzio delle Pro Loco e dallo stesso Comitato di Valorizzazio­ne turistica della valle dei Laghi e soprattutto per il fondamenta­le contributo dell'indimenticato Giuseppe Morelli (la bandiera), un lento e graduale declino per il sopraggiungere di altri appunta­menti nelle valli viciniori e forse anche per una mancata rivitaliz-zazione della manifestazione. Tramontata la manifestazione valligiana ha preso via, via sem­

pre più vigore la "Festa dell'u­va", portata avanti dalle associa­zioni di Padergnone, sul cui ter­ritorio in riva al lago di Santa Massenza si trova il Parco Due Laghi.

Come sempre accanto agli ap­puntamenti ricreativo-musicali, gli stand dei prodotti agricoli e vitivinicoli della valle e soprat­tutto l'appuntamento giornalie­ro con le specialità, cucinate dai volontari della Pro Loco di Pa­dergnone ed anche da alcuni ri­storanti della zona: questa sera si propone un menù a base di pesce o carne, domani sera un piatto popolare, tipico della val­le del Chiese, "la polenta con­cia" e domenica a mezzogiorno "costolette di maiale con mar­mellata di marmellata di ribes e polenta" e per cena "triangoloni diricotta e spinaci".

Per quanto riguarda gli intrat­tenimenti musicali stasera s'ini­zia con la "baby dance" e quindi "Music for people" con dj Pio Leonardelli e alle percussioni Ar-madillo Drums. (m.b.)

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VENDEMMIA

Debutta la vite biotech In occasione della vendemmia 2018 sui Colli Euganei del Veneto e in Friuli Venezia Giulia debutta il primo vitigno resistente alle malattie. E' una vite di nuova generazione che non richiede particolari trattamenti e permette una maggiore sostenibilità ambientale della viticoltura, selezionata dall'Università di Udine.

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Sartori a Cooperfidi: dubbi «Ma non c'è incompatibilità» LEVICO - Una riunione di mag­gioranza ieri sera per fare i! punto sulla situazione dell'am­ministrazione comunale che ha passato un'estate turbolenta. Le dimissioni dell'assessore al turismo Werner Àcler che face­va parte del gruppo consigliare di maggioranza Upt avevano aperto una crepa nella giunta di Michele Sartori e fatto emer­gere alcune problematiche evi­denziate dallo stesso all'interno della sua lettera di dimissioni consegnata al Comune come ul­timo atto ufficiale. A questo era però seguita la nomina di Paolo Andreatta, sempre Upt, a nuovo assessore, che ha accettato l'in­carico con piacere mettendosi subito all'opera; all'interno del consiglio invece era entrata Giorgia Grisenti. Uno degli ar­gomenti della serata di ieri sem­bra sia stata stata l'ultima no­tizia che rigurada la giunta, ov­vero il nuovo incarico lavorati­vo del sindaco Sartori come di­rettore generale di Cooperfidi, una società di credito coopera­tivo che supporta le coopera­tive e le aziende agricole tren­tine, fornisce garanzie e fide­iussioni che permettono di ot­tenere vantaggi e agevolazioni sui finanziamenti, offre consu­lenza sugli investimenti e le ne­cessità finanziarie delle asso­ciate e gestisce svariate tipolo­gie di agevolazioni a sostegno dell'imprenditoria. 11 sindaco

di Levìco inizierà a novembre e fino a gennaio affiancherà il di­rettore uscente Claudio Grassi per poi prendere le redini della cooperativa trentina. Riguardo alla situazione attuale del Co­mune, prima della riunione, c'è un no comment generale da par­te di molti degli esponenti della maggioranza che preferiscono non esporsi anzitempo, anche se alcuni consiglieri sono in pen­siero per il futuro dell'ammini­strazione e per eventuali incom­patibilità tra l'incarico istituzio­nale e quello professionale del primo cittadino di Levico. In me­rito il sindaco Michele Sartori ha fugato ogni dubbio spiegan­do che «non sussiste alcuna in­compatibilità tecnica che mi im-pedisca di portare avanti en­trambi gli incarichi. Certamente entrambi i mandati sono impe­gnativi» ha chiarito «ma si vedrà più avanti cosa fare». La giunta, con meno assessori rispetto al solito, è arrivata al quarto anno di legislatura stan­ca, come diceva Sartori nel com­mentare la dipartita di Acler, ma sembra che con l'entrata di An­dreatta sia pronta a ripartire. In questo caso il mandato finirà nel 2020 dato che ai cinque anni canonici se ne erano aggiunti due per sostituire Gianpiero Passamani che nel 2014 era sta­to eletto nel consiglio provin­ciale, terminando ante tempus la sua legislatura.

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Trofeo Casse Rurali ad Angela Mattewi

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Trai» • _ svanì atleti trentini che si sono messi in luce nei corso delia stagione. I primi a salire sul podio e ricevere gli applausi della tribuna sono stati Giovanni Gatto e Angela Mattewi (nella foto). Il trevigiano tesserato per la Quercia, protagonista pochi minuti prima della premiazione dei 1500 under 23, il mese scorso ha conquistato il sesto posto nei 3000 siepi ai mondiali under 20 di Tarn pere; da parte sua la cembrana ha sin qua disputato una stagione da sogno culminata col titolo europeo di corsa in montagna ottenuto domenica 1 luglio a Skopje. Più tardi è stato il turno del valsuganotto Aldo Andrei, unico trentino agli europei under 18 di Kyorin Ungheria e medaglia d'argento nella marcia e di Isabel Mattuzzi, sugli allori per la partecipazione ai 3009 siepi ai recenti europei di Berlino. Infine, poco dopo il termine della fatica, la meritata ovazione per Vernasi crippa, ringraziato per la medaglia di bronzo all'Olympiastadion berlinese. Cpa.t.)

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Rossi: «Gli ex alleati muti su Salvini In Trentino non ce malgoverno»

TRENTO Ugo Rossi è ormai chiuso nel bunker del Patt. Chi, in questi giorni trava­gliati, ha avuto modo di par­largli riferisce di una persona determinata a lasciarsi tutto alle spalle: centrosinistra, partito di raccolta, tradimenti personali, speranze di rilan­cio della coalizione e ambi­zioni di governo. L'opposizio­ne come strada segnata, la volontà ferma di portare il Patt alla corsa solitaria, costi quel che costi. Di fronte al si­lenzio assordante che ha ac­colto Matteo Salvini in Tren­tino, però, Rossi torna a par­lare «da semplice cittadino e da rappresentante delle isti­tuzioni trentine».

Presidente, il centrosini­stra autonomista non esiste più? La vittoria del centrode­stra è ormai scontata?

«Di questo non parlo. Mi sembra che ci sia già abba­stanza gente che se ne occu­pa. Sono sei mesi che il cen­trosinistra parla di tavoli, di perimetri valoriali, di discon­tinuità, di assetti coalizionali, di rinnovamento. Poi un gior­no in Trentino arriva il mini­stro Matteo Salvini, parla di una terra mal amministrata da conquistare e nessuno di­ce una parola. Evidentemente "l'ondata leghista" che più volte ho sentito dire che biso­gnava fermare la si ferma con un tavolo, un perimetro valo­riale, un nuovo assetto coali-zionale».

Si è sentito offeso dalle pa­role di Salvini?

«Personalmente no, figu­riamoci. La campagna eletto­rale è cominciata, è giusto e sotto alcuni aspetti doveroso che sia così. Solamente, con grande rispetto per la carica che riveste e con altrettanta umiltà, vorrei suggerire al ministro linguaggi e toni di­versi».

A cosa si riferisce? «A due sue affermazioni.

Ha detto "ci prenderemo il Trentino". Non è così. Non escludo, intendiamoci, che la Lega possa vincere le elezio­ni, ma il Trentino non è una terra da conquistare, la prima guerra mondiale è finita un secolo fa. C'è una terra da go­vernare, da amministrare con equilibrio e senso di respon­

sabilità». La seconda affermazione? «Ho letto sul vostro giorna­

le che il Trentino sarebbe una terra mal amministrata. È cu­rioso perché, mentre il mini­stro Salvini diceva queste co­se, io mi trovavo a Rimini al meeting di CI insieme a tre governatori del centrodestra, di cui due della Lega (il presi­dente del Friuli Venezia Giu­lia Massimo Fedriga, il presi-

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• Il voto dell'assemblea del Pd e il lungo logoramento da parte dell'Upt hanno messo fine alle ambizioni di conferma a candidato presidente di Ugo Rossi

• Il governatore non ha ancora commentato, se non con poche frasi, quanto successo alla sua maggioranza

• Ieri è intervenuto per replicare a Matteo Salvini facendo notare polemicament e come la sua ormai ex maggioranza sia tanto presa nel discutere di tavoli e assetti che nessuno ha ancora risposto agli attacchi della Lega

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Ianeselli rifiuta «Pd, non condivido la linea prevalsa Rotta la coalizione»

TRENTO «Non me la sento e non posso». Franco Ianeselli, segretario della Cgil del Trentino, con un lungo post su Facebook chiude definiti­vamente la porta ad una sua candidatura alle prossime provinciali. Una richiesta giunta in particolare dalla cosiddetta «ala governativa» del Pd, che dopo il niet a Ugo Rossi in questi giorni ha la­vorato sottotraccia — o quasi — per ricercare un nome nuovo da proporre a quel che resta del tavolo di coalizione.

Ianeselli ha sciolto ieri la riserva, con una lunga rifles­sione nella quale non man­cano alcune stilettate al «fan-ta-candidato» Paolo Ghezzi. Il segretario della Cgil pone due nodi a questo punto im­possibili da sciogliere: «Non me la sento — scrive — per­ché mi trovo in dissenso con la linea che è prevalsa per po­chi voti nel Partito Democra­tico del Trentino, che ha por­tato alla rapida dissoluzione della coalizione di centrosi­nistra autonomista. Le mag­gioranze si rispettano e chi vince si deve assumere le re­sponsabilità delle decisioni prese». Il secondo riguarda invece il suo ruolo attuale: «Non posso. Perché vedo grande come una casa il ri­schio che questa spirale au­todistruttiva arrivi a conta­minare anche la Cgil. Una Cgil trentina che in questi anni difficili ha saputo essere radicata nella società, auto­revole nei confronti di ogni interlocutore, responsabile nelle scelte assunte nell'inte­resse della nostra comunità. Preservare oggi questo patri­monio dalla malattia che sta avvolgendo una parte della politica trentina — aggiunge ancora — è il miglior contri­buto che noi possiamo dare per una sua prossima guari­gione».

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Che i timo­ri del segre­tario della Cgil riguardi­no una certa inclinazione al masochi­smo di tutto il centrosini­stra emerge a più riprese nel suo post: «La spirale autodistrut­tiva costruita dai protago­nisti del cen­

trosinistra autonomista — vecchi, nuovi o sedicenti tali — sembra davvero inarresta­bile. E mi pare importante che si stia creando un movi­mento composito che cerca disperatamente di riconnet­tere, di ritrovare qualche spi­raglio di dialogo tra partiti e culture che hanno governato la comunità trentina in que­sti anni difficili. Avrei forse dovuto dire, retoricamente, "movimento dal basso", per contrapporlo ai politici di professione, tutti ugualmen­te brutti e cattivi». E qui arri­va la stoccata all'ex direttore de L'Adige: «Mi è stato spie­gato infatti in questi giorni che se ci si camuffa abilmen­te nella parte di "semplice cittadino" si pensa di poter vincere. Questo è lo spirito dei tempi. Ma nessuno mi obbliga ad assecondarlo», chiosa. «È importante che si stia ricreando un movimento di persone che provano a es­sere responsabili. O meglio, visti i tempi, che provano a ritrovare almeno un "mini­mo sindacale" di responsabi­lità. Sento di farne parte e proverò a dare il mio contri­buto, alle condizioni e nei li­miti concessi dal ruolo che ricopro nel sindacato».

Valentina Leone © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Upt nel caos, e è chi vuole la resa a Daldoss Fravezzi fa appello all'unità: «Dobbiamo essere responsabili». Torna in pole Tonini

TRENTO Mentre in casa centro­destra ieri mattina si teneva il primo tavolo ufficiale di coali­zione, sul fronte centrosini­stra sembra regnare il caos più totale.

Il Patt appare al momento irrecuperabile, mentre il Pd deve registrare il «no, grazie» di Franco laneselli. Su quale nome si orienteranno, a que­sto punto, i dem? C'è sempre l'ex direttore de L'Adige Paolo Ghezzi, che però ha già dovu­to registrare qualche frizione con i suoi stessi sostenitori della prima ora, infastiditi per l'interesse verso Carlo Dal­doss.

Non va meglio in casa Upt,

L'ipotesi Neil' Unione si stava valutando il nome di laneselli

dove l'ex assessore della giun­ta Rossi gode di un certo gra­dimento: qualcuno, infatti, anche sulla scia della decisio­ne del Patt, preme per pianta­re in asso il Pd e «consegnar si» a Daldoss. «Non c'è più tempo, cosa facciamo? Aspet­tiamo che i democratici di­scutano ancora giorni su un ulteriore nome per poi non decidere nulla?», si chiede uno degli «scissionisti».

La linea maggioritaria, al momento, sembra però quel­la di tenere unita la coalizio­ne, costi quel che costi, «dige­rendo» eventualmente anche un nome più di area dem. Co­me laneselli, che pare stesse

riscuotendo un certo apprez­zamento anche nell'Upt, e che però ha rifiutato. L'ipotesi di una «resa» ai civici, invece, sembra al momento impro­babile: il rischio concreto, in fatti, è che con tutti i paletti posti da Daldoss si finisca per intraprendere una corsa mol­to solitaria, e probabilmente poco remunerativa in termini di voti.

«Vista la situazione, biso­gna assolutamente creare le condizioni per un nuovo tavo­lo, c'è un mandato che ci chie­de di ricompattarci»,spiega l'ex senatore e sindaco di Dro Vittorio Fravezzi. «Tra i citta­dini c'è un forte sentimento di

preoccupazione, e da parte nostra serve un minimo di re­sponsabilità». Tradotto: la legge elettorale non premia le imprese solitarie, una fram­mentazione sarebbe un ulte rio re punto a favore per il cen­trodestra.

Per questa settimana non sono in calendario appunta­menti ufficiali, ma le telefo­nate e gli incontri informali si susseguono, anche perché a questo punto uno dei nomi «papabili» potrebbe essere Giorgio Tonini, ultimo estre­mo tentativo di riconquistare il Patt.

V.L. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dalle mele anti-allergie ai cereali «antichi» BOLZANO Studiare come curare l'allergia alla betulla con una terapia a base di mele e come dare nuova vita a vecchie va­rietà locali di cereali non più coltivate. Questi sono due dei tantissimi progetti in corso al Centro di Sperimentazione Laimburg di cui si è parlato ie­ri durante la conferenza stam­pa di presentazione del report biennale del Centro.

La pubblicazione, dedicata a illustrare le attività di ricerca e sperimentazione in campo agroalimentare svolte nel 2016 e nel 2017 e i relativi ri­sultati, è indirizzata sia agli specialisti che a tutti coloro che si interessano di agricol­tura e trasformazione alimen­tare.

Molti progetti del Centro sono finalizzati a migliorare e rendere più sostenibile il me­stiere di chi lavora nei campi o con gli alimenti, ma molti al­tri sono indirizzati a tutti.

Dei 350 progetti di ricerca e sperimentazione portati avanti ogni anno dagli oltre 150 collaboratori del centro, AppleCare Italia-Austria (In-terreg V-A) per esempio, è

volto ad aiutare chi soffre di allergia al polline di betulla.

Il progetto studia se e come sia possibile curare questo ti­po di allergia mangiando me­le. Forse, nel prossimo futuro, potranno esserci buone noti­zie per le persone che soffro­no di questo disturbo. Il Cen­tro Laimburg e l'azienda sani­taria dell'Alto Adige collabo­

rano con partner del Tirolo del Nord all'elaborazione di una terapia contro gli effetti dell'allergia prevede un con­sumo regolato di mele. Gli al­lergeni della betulla e della mela presentano infatti forti omologie e causano nel siste­ma immunitario dell'uomo una reazione incrociata.

«Se il nostro approccio tro­va riscontro, a questi pazienti potrebbe essere messa a di­sposizione un'alternativa al­l'immunoterapia di facile ap­plicabilità, che non necessita di alcuna prescrizione medica e il cui costo è contenuto», ha spiegato il responsabile del settore Genomica Applicata e Biologia Molecolare Thomas Letschka, che coordina il pro­getto.

I pazienti eviterebbero così di dover assumere l'allergene in forma di preparato sinteti­co per diversi anni al fine di abituare il proprio sistema

immunitario e potrebbero semplicemente mangiare la una quantità e una tipologia specifica di mela ogni giorno, come indicato dalla terapia.

Altro progetto interessante in fase di elaborazione al Cen­tro Laimburg - e utile tra gli altri a chi deve seguire una dieta senza glutine ed è sem­pre alla ricerca di nuovi cerea­li - è quello dedicato a risco­prire e ridiffondere qualità di cereali antiche e non più col­tivate in Alto Adige.

Le varietà locali, tradiziona­li, che si sono adeguate alle condizioni di coltivazione

della loro regione di origine, rappresentano un'eredità "vi­va" naturale e culturale. In Alto Adige sono già 81 le vecchie varietà non più colti­vate. Per salvare questo mate­riale di grande valore, i ricer­catori del Centro curano da decenni una raccolta delle va­rietà locali.

Per quanto riguarda i cerea­li, fino al 2016 è stata assicura­ta la sopravvivenza a 147 varie­tà locali altoatesine. Per cia­scuna di esse sono state rac­colte ed inserite in una banca-dati le informazioni più importanti riguardanti la loro origine, l'utilizzo tradizionale ed eventuali fotografie.

Per garantire il più a lungo possibile la germinabilità è necessario cha la conservazio­ne della semente avvenga in modo appropriato. Negli ulti­mi anni, il Centro di Speri­mentazione ha descritto dal punto di vista agronomico e qualitativo varietà locali di se­gale, farro e grano saraceno, al fine di definire i parametri per un loro rinnovato utilizzo.

Anna Saccoccio ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il no di Ianesellì: «Vedo spirale autodistruttiva»

I TRENTO

Dice no a chi gli chiede di can­didarsi e la sua motivazione è una Polaroid impietosa del centrosinistra trentino: «La spirale autodistruttiva costrui­ta dai protagonisti del centro­sinistra autonomista - vecchi, nuovi o sedicenti tali - sem­bra davvero inarrestabile. Non posso. Perché vedo gran­de come una casa il rischio che questa spirale autodistrut­tiva arrivi a contaminare an­che la Cgil» fa sapere il segre­tario generale del sindacato in questione.

Ianesellì, nome che si era fatto mesi orsono come possi­bile candidato presidente, era tornato carsico sino a quan­do, ad inizio settimana, era rìemerso nei pensieri e nei progetti di esponenti del Pd e non solo. Ma la roulette russa di un'Assemblea dei Dm ora­mai fuori da ogni controllo ha fatto piazza pulita dei dubbi di Ianesellì: «Mi trovo in dis­senso con la linea che è pre­valsa per pochi voti nel Partito Democratico del Trentino, che ha portato alla rapida dis­soluzione della coalizione di centrosinistra autonomista. Le maggioranze si rispettano e chi vince si deve assumere le responsabilità delle decisioni prese. É comunque importan­te che si stia creando un movi­mento composito che cerca disperatamente di riconnette­re, di ritrovare qualche spira­glio di dialogo tra partiti e cul­ture che hanno governato la

comunità trentina in questi anni difficili. Avrei forse dovu­to dire, retoricamente, "movi­mento dal basso", per con­trapporlo ai politici di profes­sione, tutti ugualmente brutti e cattivi. Mi è stato spiegato infatti in questi giorni che se ci si camuffa abilmente nella parte di "semplice cittadino" si pensa di poter vincere. Que­sto è lo spìrito dei tempi. Ma nessuno mi obbliga ad asse­condarlo» chiude Ianesellì.

La replica di chi si sente chiamato in causa dal segreta­rio della Cgil non sì fa attende­re. Ecco Piergiorgio Cattani: «Mi sorprende la violenza dì cui sono fatti oggetto quanti sostenevano una discontinui­tà rispetto alla riconferma del­la candidatura dì Ugo Rossi al­

la presidenza della Provincia. Come se noi avessimo distrut­to il centrosinistra autonomi­sta in nome chissà di che co­sa. Si dà il caso che noi siamo, nella maggior parte, cittadini comuni con le proprie idee che fino a prova contraria so­no legittime in democrazia. E' stato il Patt a rompere il cen­trosinistra autonomista e a fa­vorire la destra. Con che co­raggio ci chiedete dì sostene­re una coalizione a guida Patt quando quello stesso partito, non più tardi dell'altro gior­no, era pronto a dialogare con la Lega. Ricordo che è stato un assessore, Carlo Daldoss, no­minato da Ugo Rossi, ad an­darsene per primo?». «Ricor­do che nel mezzo di un'incon­cludenza di mesi la proposta dì Paolo Ghezzi ha rivitalizza­to l'entusiasmo dì tantissimi cittadini che poi sono quelli che votano e che possono bat­tere la Lega. Non le nomencla­ture. Ricordo che questo mo­vimento è stato dapprima irrì­so, poi osteggiato, poi blandi­to perché si vedeva che pote­va essere utile. Ricordo infine che la coalizione sì è spaccata non sul nome di Ghezzi che in realtà non è mai stato preso in considerazione. Siamo in tem­po per ravvederci, invece dì accusare. Siamo in tempo per mettere in piedi una coalizio­ne che può vincere» chiude Cattani. Ghezzi da parte sua lancia in tv segnali di collabo­razione a Carlo Daldoss che, se dovesse rifiutare ì partiti, potrebbe dialogare con movi-menticome il suo. (g.t.)

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A MASO MA1ANO OLTRE 100 AGRICOLTORI

Alla Fem si sperimentano i meleti «sostenibili» di Carlo Bridi I CLES

Nella parte bassa della Valle di Non è iniziato il raccolto delle Gala, molto belle e di quantità abbondante, «come la Fuij che è nel suo anno record, per la valle, o come la Renetta Cana­da e tutte le nuove varietà esclusa la Golden Delicius». Così Pio Lorenzetti, già diri­gente dell'Ufficio Agricoltura di Cles. L'unico problema è la grandine che, a zone, ha colpi­to anche quest'anno la valle pur senza fare i disastri degli scorsi anni. Un forte impegno sollecitato da Melinda è rivol­to alla frutticoltura biologica, che quest'anno avrà una pro­duzione superiore alle previ­sioni. «Certo -conclude Loren-zetti- il limite per il suo svilup­po è dato dalla deriva dei pic­coli appezzamenti confinanti. Per questo è auspicabile che si arrivi a creare delle zone omo­genee, come sembra si stia pensando sia a Nanno che a Tuenno». In questo contesto il ruolo della ricerca e sperimen­tazione della Fem è strategico, a supporto di una frutticoltura di montagna sostenibile. Lo stato della ricerca è stato pre­sentato ieri all'Azienda Speri­mentale di Maso Maiano. L'al­tro ieri, a Denno, si sono visita­te le prove dimostrative sul meleto Pedonabile e Sostenibi­le. Un progetto voluto da Me­linda, in funzione di una sensi­bilizzazione dei frutticoitori nonesi, sul tema della sosteni­bilità. Ad aprire ambedue gli

Sala, iniziata la raccolta

incontri, il presidente della Fem, Andrea Segré, che ha ri­cordato come si vada a chiude­re un mese d'agosto molto in­tenso per la Fondazione. «L'a­zienda di Maso Maiano è il punto di riferimento per la sperimentazione delle più avanzate tecniche agronomi­che e per le innovazioni scien­tifiche, nella frutticoltura di mezza montagna. Qui vengo­no messe in pratica le ricerche sviluppate nei laboratori della Fem ma anche ciò che viene studiato dagli scienziati di tut­to il mondo. Nella frutticoltura abbiamo un notevole know-how, con il quale voglia­mo valorizzare il territorio frut­ticolo in un contesto globale» ha affermato Segré. Il direttore generale della Fem, Sergio Me-napace, ha sottolineato come il progetto di ricerca sia inseri­

to in un contesto di grande at­tenzione degli enti locali e del­la cooperazione agricola.

Fra i temi presentati, sicura­mente quelli dell'allevamento a parete stretta, presentato da Alberto Dorigoni, ha creato molto interesse. Per la sua pra­ticità e resa siamo nell'ordine 7- 800 quintali, garantisce maggiore accessibilità da par­te dei produttori, permette di costruire i trattamenti senza l'uso della ventola con una for­te riduzione della deriva. Gra­zie all'uso delle reti polifunzio­nali, si arriva a diradare i frutti, e si difendono le piante dalla carpocapsa. I moderni impian­ti a Guyot su piante multiasse permettono anche di ottenere frutteti in parete pedonabile, con raccolta a mano, ma le prove hanno dimostrato che, coprendo la fila con rete anti­pioggia, è possibile evitare i trattamenti contro la ticchiola-tura. Prospettive interessanti vengono anche dalle nuove va­rietà resistenti presenti in azienda, che hanno dimostra­to la loro validità, come ha illu­strato il responsabile del pro­getto Pierluigi Magnago, men­tre la difesa contro la ticchiola-tura ha affermato Luisa Matte-di, si è dimostrata valida con l'uso di rame e di polisolfuro a bassa dose. Una novità interes­sante è stata presentata dal tec­nico Paolo Tait, a margine del­la mattinata, che da anni sta di­mostrando come la ticchiola-tura si possa controllare me­glio con l'uso oculato dell'irri­gazione.

Maxi parrocchie: ceco i nuovi incarichi

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Bce fiduciosa sull'inflazione «La crescita e ampia e solida» Sui prezzi Francoforte vede vicino il livello del 2% LUCA MAZZA

w nche se le minacce (soprattutto quella com-À Jì| merciale ili realtà) non mancano né vengono v Ts sottovalutate, la "bilancia" della Bce pende de­cisamente dalla parte dell'ottimismo. Con gli aspetti positivi che superano di gran lunga i pericoli già in corso o all'orizzonte. Ecco perché dal resoconto del­l'ultimo consiglio direttivo dell'istituto centrale di Francoforte del 26 luglio emerge un quadro abba­stanza rassicurante. Innanzitutto, si rafforza la fidu­cia di un ritorno dell'inflazione su livelli coerenti con il target del 2%, mentre - a livello macro economico -l'economia dell'area dell'euro prosegue su un per­corso di crescita solida e generalizzata, anche se «per­mangono notevoli incertezze connesse a fattori di ca­rattere globale», in particolare alla minaccia del pro­tezionismo. Nel minute della riunione del massimo organismo della Bce che ha preceduto la pausa ago­stana sì conferma che «le dinamiche inflazionistiche hanno guadagnato slancio» anche se la maggior par­te della crescita dei prezzi è ancora legata alle dina­miche dei prodotti energetici. L'Eurotower, dunque, prevede che la convergenza dell'inflazione a livelli in­feriori, ma prossimi al 2% a medio termine, «conti­nuerà nel periodo avenire». Un ottimismo figliodi di­

versi elementi, a partire dall'aumento dei salari. Certo, lo "spettro dazi" esiste e non si può ignorare. «Le incertezze collegate ai fattori globali restano pre­dominanti, soprattutto per quanto riguarda la mi­naccia di un protezionismo e ì rischi derivanti da un intensificarsi delle tensioni commerciali», si legge nel documento. Nell'ultima riunione del direttivo Bce so-

Nel verbale del consiglio di fine luglio segnali di ottimismo. Intanto il

presidente della Bundesbank Weidmann non esclude «una maggiore condivisione dei rischi fra Stati se si cede sovranità»

no state analizzate le ultime puntate della guerra com­merciale: «Le tensioni potrebbero provocare un calo di fìducianell'economia mondiale, in aggiunta ad al­tri effetti causati dall'imposizione di dazi». Gli esponenti del Consiglio direttivo della Bce «han­no ampiamente espresso soddisfazione» nel vedere

che le decisioni di politica monetaria, annunciate nel­la riunione di giugno, «sono state ben accolte dai mer­cati», si evince dallalettura dei verbali dev'ultimo mee-tiirg. «Le nostre linee guida sul futuro andamento dei tassi di interesse sono stati efficaci nell'allfneare le o-pinioni dei mercati sull'evoluzione dei tassi con le a-spettative del Consiglio direttivo». Nel frattempo però dalla Germania continua il pressing per operare una svolta in linea con quanto già iniziato negli Usa dalla Fed. «È tempo di uscire dalla politica molto espansi­va e dalle misure straordinarie, soprattutto prenden­do in considerazione i possibili effetti collaterali», ha affermato il capo della Bundesbank, Jens Weidmann. Il presidente della banca centrale tedesca ha aggiun­to di «non escludere generalmente una maggiore con­divisione dei rischi fra gli Stati membri, ma chi espli­citamente si esprime a favore della condivisione dei rischi deve anche essere pronto a cedere più sovranità giuridica ai livelli europei». Angela Merkel nel frat­tempo nega di aver preso una decisione su chi vor­rebbe indicare come successore di Mario Draghi alla guida della Bce. Secondo indiscrezioni di stampa te­desca, tuttavia, la cancelliera punterebbe più ad ave­re un presidente tedesco della Commissione europea che Weidmann alla guida dell'Euro tower.

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VIGILANZA BCE

Angeloni: lo spread alto pesa su credito e ripresa

Spread e protezionismo sono i due pericoli per la crescita economica dell'Italia, una crescita già fra­gile di suo, tanto da indurre l'agenzia di rating Mo-ody.'.s a ribassare le stime sul Pil. È quanto emerge da un'intervista rilasciata da Ignazio Angeloni a

. Euromoney lo scorso 8 agosto e pub­blicata ieri insieme ai verbali dell'ulti­mo direttivo della Bce. «Le banche ita­liane - ha detto il membro del board della Vigilanza della Bce - con lo spread a 250 punti base - hanno sofferto sui mercati e le perdite subite sui titoli di

•|É Stato hanno eroso il loro capitale di ba­rn se». Secondo Angeloni «ad oggi lo

shock negativo è stato assorbito senza avere un impatto sui costi e l'erogazio­ne del credito, ma è improbabile che ciò possa continuare se lo spread au­menta ancora». Inoltre «una stretta sul credito metterebbe a repentaglio la ri­

presa, già fragile per altri motivi». «Le banche italiane - ha aggiunto Angeloni - stan­

no meglio rispetto a 2-3 anni fa: sono più solide, meglio capitalizzate e più forti sul fronte degli asset. Sarebbe una delusione e preoccupante - ha aggiunto - se tali progressi fossero messi in pericolo».

—R.Fi.

Board della Vigilanza Bce. Ignazio Angeloni: timori sull'impatto dello spread

: RIPRODuZiONE RISERVATA

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Ianeselli dice «no» al centrosinistra FRANCO GOTTARDI

Non sarà Franco Ianeselli il candidato presidente di quel che resta del cen­trosinistra. Il segretario della Cgil, evo­cato anche se mai nominato martedì sera in occasione dell'assemblea del Pd come possibile figura unitaria da proporre ai tavolo, si è detto indispo­nibile. Lo ha fatto con una lettera aper­ta postata ieri pomeriggio su Facebo-,ok. Due sostanzialmente le ragioni che 10 hanno spinto al rifiuto: la convin­zione che la linea della discontinuità sposata dal Pd sia stato un errore e il timore di coinvolgere il sindacato in una «spirale autodistruttiva». 11 nome di Ianeselli era già emerso qual­che mese fa, all'indomani della Capo-

retto elettorale delle politiche, ma l'idea era stata soffocata dalle indeci­sioni dei democratici. Oggi il tentativo di rilanciarlo risulta tardivo. «Nei giorni scorsi - scrive il sindacalista - ho rice­vuto diverse richieste da attivisti di base, da cittadini preoccupati e da esponenti politici, per una disponibi­lità a candidarmi. Di solito si dice "non me lo aspettavo". In realtà pensavo che queste forti sollecitazioni sareb­bero arrivate». Ma sono appunto tar­dive, e qui arriva l'affondo nei confron­ti della coalizione che pure Ianeselli spera ancora possa avere un ruolo di governo. «La spirale autodistruttiva costruita dai protagonisti del centro­sinistra autonomista vecchi, nuovi o

sedicenti tali sembra davvero inarre­stabile. E mi pare importante che si stia creando un movimento composito che cerca disperatamente di riconnet­tere, di ritrovare qualche spiraglio di dialogo tra partiti e culture che hanno governato la comunità trentina in que­sti anni difficili». Ianeselli conferma comunque i suoi sentimenti di appar­tenenza e vicinanza al centrosinistra e assicura la volontà di dare il suo con­tributo «alle condizioni e nei limiti con­cessi dal ruolo» che ricopre nel sinda­cato. Ma non come candidato presi­dente: «Oggi - scrive - non me la sento e non posso. Non me la sento. Perché mi trovo in dissenso con la linea che è prevalsa per pochi voti nel Partito Democratico del Trentino, che ha por­tato alla rapida dissoluzione della coa­lizione di centrosinistra autonomista. Le maggioranze si rispettano e chi vin­ce si deve assumere le responsabilità delle decisioni prese. Non posso. Per­ché vedo grande come una casa il ri­schio che questa spirale autodistrut­tiva arrivi a contaminare anche la Cgil». Dispiaciuta per le parole di Ianeselli l'assessora provinciale dem all'Uni­versità Sara Ferrari è invece convinta che il «percorso di innovazione e rin­novamento» all'interno di una coali­zione magari allargata ai civici avviato dal Pd abbia ancora possibilità di suc­cesso. Anche dopo le parole di netta chiusura alle vecchie sigle di partito pronunciate da Francesco Valduga: «Il fatto che i civici abbiano indicato Dal-doss come candidato presidente, per­sona che ha sempre fatto parte della nostra coalizione, lo considero un se­

gnale per una scelta di campo. Valduga non ama i simboli dei partiti? Ma non è su quelli che ci si allea ma su valori. Io credo ancora nella possibilità di un dialogo fruttuoso e utile per una alle­anza allargata». Una speranza che non ha completa­mente perso neanche l'Upt, o almeno la parte rappresentata da Vittorio Fra-vezzi. «Ritenere si essere autosufficien­ti da parte dei Civici - dice - mi sembra un po' velleitario. Noi abbiamo il man­dato di ricercare un'alleanza allargata che dovrebbe essere fatta sulle grandi questioni di contenuto, con il contri­buto di tutti, compresi i partiti che hanno una grande storia e tradizione alle spalle. Non credo che in questa fase sia questo il problema». Quanto alla possibilità che una parte del suo p a r t i t o d e c i d a alla fine di l a sc ia re il centrosinistra autonomista per unirsi con Valduga & C. l'ex senatore è con­vinto che non sia un pericolo reale: «Noi ci chiamiamo Unione e abbiamo cercato in tutti questi mesi di allargare il significato di questo vocabolo in sen­so complessivo. Abbiamo il mandato per perseguire questo allargamento e non credo che oggi fughe solitarie sia­no sensate. Abbiamo sempre detto che bisognava partire da quanto c'era per creare qualcosa di nuovo». Anche la scelta del Patt di chiudere i ponti dopo il «no» alla riconferma di Rossi non va considerata secondo Fravezzi irreversibile: «È giusto che le singole forze avanzino i loro nomi, anche come possibile soluzione di mediazione. L'importante è che non prevalga la lo­gica delle pregiudiziali, che rischiano solo di portarci in un vicolo cieco».

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Oltre 200 migranti «fantasma »

FRANCESCO TERRERI

Da gennaio a oggi sono arrivati in Trentino 122 immigrati che hanno fatto richiesta di asilo o protezione internazionale. Si tratta di persone arrivate in Ita­lia attraverso la via del Medi­terraneo, da sempre pericolosa e oggi pressoché chiusa per de­cisione del governo di Giuseppe Conte. D'altra parte i migranti usciti dal Trentino sono, nello s tesso periodo, 280, più del doppio, e quindi i richiedenti asilo nel sistema di accoglienza gestito dal Cinformi continuano a calare: al 20 agosto sono 1.494, per due terzi africani, il 10% in meno di inizio anno quando era­no 1.666. Ma in Trentino sono arrivati altri 200 migranti via

terra, anch'essi richiedenti asilo ma praticamente «fantasma». Sono persone spesso senza di­mora, costretti a dormire sulle panchine, nei parchi o sotto i ponti e a ottenere un pasto cal­do al Punto d'Incontro di via Travai. Provengono in qualche caso dalla via Balcanica ma per lo più dai Paesi del Nord Euro­

pa, in primo luogo la Germania. Sono in gran parte pakistani, nonché afgani o bangladeshi, già rifugiati in Germania, dove hanno lavorato e imparato la lingua. Ma il governo di Angela Merkel, pressato dalla protesta anti immigrazione, ha deciso che il Pakistan non è più un Pae­se a rischio, anche se lì mino­ranze religiose come i cristiani subiscono aggressioni e violen­ze da parte del fondamentali­smo islamista. Nel caso del Bangladesh, sono spesso lavoratori già emigrati anni fa in Medio Oriente o in Li­bia, dove lavoravano nell'edili­zia o nell'industria petrolifera, e ora migranti per la seconda volta da zone diventate di guer­ra. Questi nuovi profughi non rientrano però automaticamen­te nel sistema dell'accoglienza, tanto che i presidenti di Trento e Bolzano Ugo Rossi e Arno Kom-patscher, insieme alla Conferen­za delle Regioni, hanno chiesto al governo di considerare i ri­chiedenti via terra alla stessa stregua di quelli via mare. Da Roma, per ora, nessuna rispo­sta.

Intanto i tempi anche solo per il permesso di soggiorno prov­visorio sono molto lunghi: quat­tro-cinque mesi. «I quattro mi­granti che sono arrivati da noi ieri hanno ottenuto l'appunta­mento in Questura nel gennaio 2019» dicono Milena Berlanda, direttore, e Giorgio Vigano, già consigliere provinciale e oggi operatore del Punto d'Incontro,

mentre in via Travai si prepara il pasto di mezzogiorno per ol­tre un centinaio di persone sen­za fissa dimora, tra cui una ven­tina di trentini, altrettanti di al­tre regioni italiane e diversi ri­chiedenti asilo «fantasma». «Da inizio anno da noi ne sono arrivati 132 su 305 nuovi arrivi di tutti i tipi - spiegano Berlanda e Vigano - Di essi, 118 sono pa­kistani, quasi tutti provenienti dalla Germania. Conoscono be­ne il tedesco, hanno lavorato nella ristorazione ma anche in campagna, in agricoltura. Tra loro trovi pure laureati. Vanno subito al Cinformi e poi chiedo­no l'appuntamento in Questura per formalizzare la richiesta di protezione internazionale. Ma i tempi sono molto lunghi e nel

frattempo vivono in una sorta di limbo». I numeri sono confermati dal Cinformi. «Sono venuti a chie­dere informazioni in 40 ad ago­sto, 50 a luglio, una trentina a giugno e maggio» snocciola i da­ti il coordinatore Pierluigi La Spada. Circa 150 in quattro mesi, che porta la stima da inizio an­no, appunto, a più di 200. «Non hanno una condizione giuridica tale da poter essere inseriti nel sistema dell'accoglienza fino a quando non l'autorizza il gover­no - puntualizza La Spada - Al­cuni nel frattempo vengono in­seriti, altri vanno via». Al Punto d'Incontro, infatti, oggi sono 81 i richiedenti protezione internazionale che usufruisco­no dei servizi per senza fissa di­mora. «Vorrebbero lavorare -sottolinea Vigano - Appena han­no un permesso provvisorio li trovi in bici a distribuire volan­tini o nelle serre. Molti intanto vanno in biblioteca a imparare 'l'italiano. Ma ai più tocca fare vita di strada, dormire sulle panchine e quando farà freddo chiedere ospitalità nei ricove­ri».

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CJnfòrmi 1 Importi lievitati nell'anno del boom degli arrivi. Oggi i migranti ospitati sono scesi sotto la soglia delle 1.500 unità

Nel 2017 spesi per l'accoglienza 17,7 milioni ANDREA BERGAMO

Trentatré euro netti a] giorno per l'ac­coglienza di ogni migrante in Trentino. Nel 2017 - anno del boom di presenze dei profughi, arrivati fino a quota 1.800 unità nel corso dell'estate - è stata rag­giunta la spesa record di 17,7 milioni di euro. Un importo ricompreso nelle risorse che lo Stato trasferisce a Piazza Dante per ogni richiedente asilo e che non sono inserite nel bilancio provin­ciale. L'anno precedente ci si era fer­mati a 11,1 milioni di euro e nel 2015 a 4,7 milioni. La rendicontazione da parte del Cin-formi e del dipartimento Solidarietà sociale è attualmente in corso, anche perché non tutti i fornitori hanno an­cora presentato la documentazione fi­scale. In ogni caso, alla luce del calo dei migranti accolti nelle strutture di­stribuite sul territorio provinciale- se­condo la logica dei piccoli nuclei - gli importi sembrano destinati a ridursi nuovamente. L'ultimo report pubbli­

cato dal Cinformi (aggiornato al 20 ago­sto) mette in luce come i richiedenti asilo accolti siano scesi sotto la soglia delle 1.500 unità. Per la precisione oggi sono 1.494, mentre il primo gennaio

scorso erano 1.666. A partire da inizio anno - mese dopo mese - le uscite han­no sempre superato (e di molto) gli arrivi, ridotti a poche unità. Guardando nello specifico alle presen­

ze annue, nel 2016 si erano registrati 349.916 «pernottamenti», che erano poi cresciuti fino ai 536.426 nel 2017. 133 euro giornalieri a testa di cui ab­biamo scritto, comprendono tutte le spese sostenute. Il pocket money (os­sia l'importo messo mensilmente a di­sposizione delle persone accolte) am­monta a 2,50 euro al giorno per i singoli profughi, ma si riduce proporzional-rnente per i nuclei familiari più nume­rosi. C'è poi la tessera alimentare as­segnata a quanti vivono in apparta­mento (5 euro al giorno). L'ultimo «bi­lancio» completo del progetto acco­glienza risale al 2016 ed emerge come ìa voce relativa a «vitto, abbigliamento, igiene personale, assistenza all'infan­zia e materiale ludico» sia quella più consistente (all'epioca era pari a 3,4 milioni di euro); seguono le consulenze occasionali per orientamento e assi­stenza sociale (1,5 milioni), le spese di t rasporto urbano ed extra-urbano (1 milione), i pocket money (697mila euro) e le spese per l ' integrazione (657mila euro).

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Più di metà dei richiedenti asilo ha trovato un'occupazione Lavori stagionane a termine nella ristorazione e nelle campagne

FRANCESCO TERRERI

twitter: ©fterreri

Dei 1.494 richiedenti asilo ospi­tati nel sistema di accoglienza trentino, più della metà lavora o ha lavorato almeno per qual­che periodo nell'ultimo anno. «In realtà quasi tutti - precisa Pierluigi La Spada, cooordinato-re del Cinformi, la struttura del­la Provincia che si occupa di immigrazione - Non solo perché promuoviamo molti tirocini for­mativi, ma anche perché tutti a rotazione sono impegnati nei lavori volontari presso le stesse strutture che li ospitano, dalla pulizia alla manutenzione, o in quelli organizzati d'intesa con gli enti locali». Siamo lontani, insomma, dal­l'immagine dei giovani nullafa­centi che passano il tempo a gi­rarsi i pollici. Anche se trovare lavoro non è facile, ancor meno avviare attività in proprio, come qualcuno vorrebbe fare, e le oc­cupazioni sono per lo più a ter­mine. Tecnicamente non ci so­no ostacoli: dopo 60 giorni dalla domanda, i richiedenti asilo possono svolgere attività lavo­rativa. A Bolzano il tasso di oc­cupazione è superiore (vedi sot-to), soprattutto perché in Alto Adige c'è meno disoccupazione in generale e le imprese hanno un maggiore fabbisogno di ma­nodopera. Al 30 giugno il Cinformi ha rile­vato tra i richiedenti asilo 260 occupati. Considerando la ro-

1 TIROCINI NEL 2017

L'anno scorso hanno frequentato

un tirocinio in azienda

2 3 9 richiedenti asilo

42%

Attività lavorativa nell'abbigliamento per la richiedente asilo a Baselga di Pine

LE ASSUNZIONI DOPO IL TIROCINIO

Tra i migranti che hanno frequentato

tirocini il 4 2 % ha trovato lavoro

generalmente a termine

tazione tra i vari lavori stagio­nali, si arriva nell'arco dell'anno a superare metà del totale. Il 47% degli occupati è nella risto­razione, il 16% nell'agricoltura, quota destinata a crescere in queste sett imane con la ven­demmia e la raccolta delle mele,

il 14% nell'industria, il W% nei servizi, il 6% in aziende alimen­tari, il 4% nei servizi alla perso­na, il 3% nel commercio. «Va precisato però che il Cinfor­mi non può mettersi a cercare lavoro per queste persone o per chiunque altro - rimarca La Spa­

rla - Sarebbe intermediazione di manodopera, è vietata e noi non la facciamo. Noi facciamo formazione e orientamento, in­dirizzando poi i richiedenti asi­lo all'Agenzia del Lavoro o alle agenzie private accreditate. Contattiamo le aziende per i ti­

rocini, svolti con regole molto rigide. Da essi più del 40% dei partecipanti trova un'occupa­zione, almeno a termine». Nel 2017 hanno concluso un tiroci­nio 182 migranti, mentre 57 at­tività formative erano ancora in corso al 31 dicembre, per un totale di 239 tirocinanti. «I giovani immigrati cercano tut­to l'aiuto possibile - spiega Se­rena Naim della cooperativa Ar­cobaleno, che nell'ambito della rete dell'accoglienza si occupa di orientamento al lavoro - Noi facciamo formazióne, orienta­mento, supporto. Li aiutiamo a leggere gli annunci di lavoro, a preparare e mandare curricu­lum. Le assunzioni sono di so­lito a termine ma alcune diven­tano a tempo indeterminato. II problema è che molti di loro non hanno idea di come fare, non sanno dove cercare. Ci oc­cupiamo anche dei prerequisiti lavorativi».

«Ci sono tra loro laureati, gene­ralmente in materie scientifiche - prosegue Naim - Molti hanno competenze professionali, in qualche caso, come i saldatori, con tecniche diverse da quelle che si applicano qui. Ci viene spesso chiesto di avviare un'at­tività in proprio', ma se volessi aprire un negozio? Ci si scontra però con le n umerose formalità necessarie». 1 due terzi dei mi­granti presenti nelle strutture di accoglienza trentine provie­ne da Paesi africani, dove que­ste formalità non ci sono. Ma la spinta all'imprenditorialità c'è.

iù di metà dei richiedenti asilo ha trovato un'occupazione

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Valente (Caritas): forte richiesta dalle imprese

A Bolzano anche il 100% «Ho appena finito un giro nelle nostre strutture. Con le richieste per la raccolta in agricoltura, siamo quasi al 100% di migranti occupati. A Vipiteno, su 36 ospiti 32 stanno lavorando». Paolo Valente è il direttore della Caritas Diocesana di Bolzano, che conta 11 centri di accoglienza con 450 persone ospitate. Complessivamente l'Alto Adige Sùdtirol accoglie circa 1.600 richiedenti asilo in 25 strutture. «Le nostre strutture sono su tutto il territorio - precisa Valente - e vanno da 20 ospiti a 50-60». «Dopo il secondo mese, i richiedenti asilo possono lavorare - sostiene Valente -La ricerca di occupazione è un po' difficile, anche perché qui da noi occorre imparare due lingue, l'italiano e il tedesco. Tuttavia l'ambiente è in generale abbastanza favorevole perché in Alto Adige il tasso di disoccupazione è basso e quindi c'è più facilità di trovare un'assunzione». Secondo Valente, in media il 60% dei migranti in età da lavoro ospiti nelle strutture, escludendo cioè mamme con figli piccoli e minori, trova un'occupazione. «Non tutti un lavoro in senso stretto: il 36-37% sono contratti di lavoro, il resto tirocini e volontariato di pubblica utilità». In questo l'Alto Adige non sembra molto diverso dal Trentino (vedi sopra). La differenza la fa il clima economico generale, con la quasi piena occupazione e le carenze di manodopera nelle aziende.

Un'immigrata al lavoro nella raccolta delle mele

«Ho appena finito un giro nelle strutture. Con la raccolta in agricoltura in questo periodo siamo quasi al 100% di occupazione. Noi curiamo la preparazione all'attività lavorativa, con corsi di lingua e di formazione a volte organizzati dalla Provincia, altre volte da noi, con i nostri operatori o con i volontari». «Gli stessi cittadini si rivolgono alle nostre case -aggiunge Valente - Ad esempio, un contadino ha trovato cinque persone per la vendemmia. Abbiamo un rapporto col territorio e le imprese molto positivo che aiuta l'integrazione. Da noi il grosso dei richiedenti asilo sono africani, ma ci sono

anche afgani, pakistani, iracheni, in parte nel limbo perché vengono dalla Germania (vedi pagina a fianco). Parte delle persone è analfabeta, ma si richiede anche manodopera non specializzata». A proposito di Germania, lì per i profughi hanno puntato decisamente sul lavoro, anche perché c'è, appunto, forte richiesta dalle aziende. «In Austria invece, con cui siamo in contatto, i profughi non possono lavorare» osserva Valente. «Il problema può esserci all'uscita, quando il rifugiato lavora e quindi potrebbe permettersi di pagare l'affitto di un'abitazione ma a Bolzano è difficile trovare l'alloggio». F. Ter.

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Via della Terra, la rinascita è dal basso E considerata una delle vie dimenti­cate del centro. Semideserta e un po' decadente. Eppure via della Terra, per chi ci abita e lavora, ma anche per tutti quei turisti che capitano lì per caso, ha un fascino inesauribile. La popolazione è per la maggior parte composta da anziani e famiglie stra­niere, anche se qualche universitario e coppia giovane sono arrivati. Affitti alti, assenza di parcheggi, case Itea e appartamenti vetusti, decisamente impegnativi da rimettere in sesto, fo­tografano la situazione della parte alta del centro storico. Tra i portoni degli antichi palazzi e nelle corti interne stanno nascendo però dei microprogetti per rivitaliz­zare luoghi e relazioni. Al civico 49,

sede dell'associazione Atas, ieri po­meriggio un gruppetto di anziani si è trovato per il tè delle 15. «Si incontra­no ogni giovedì per scambiarsi due chiacchiere. E uno spazio aperto a tutti», racconta Silvia Valduga di Atas che, assieme alle Politiche sociali del Comune, sta seguendo il progetto di welfare generativo a kmO «vitalNcen-

tro». «Siamo partiti ad inizio anno -spiega - e come prima fase abbiamo semplicemente cominciato ad incon­trare e ascoltare chi vive e frequenta il quartiere: il parroco, la circoscri­zione, le associazioni, i commercianti, le persone per strada. Abbiamo fatto anche un po' di porta a porta, per co­noscere residenti storici e nuovi ar­rivati. L'idea di fondo? Quella di risve­gliare l'attenzione verso chi vive a po­chi metri di distanza, riattivando re­lazioni e senso d'appartenenza al quartiere». Appesa ad una parete una grande mappa del centro sulla quale con del­le puntine colorate vengono indicate le famiglie già incontrate. «Altro che deserto, guarda quanta vita», aggiun­ge Silvia. Tante miscrostorie quoti­diane, che avevano solo bisogno di contesti e occasioni per riscoprirsi, che ora s'intrecciano. Ecco che, quasi per magia, una giovane arpista ha suo­nato per gli anziani della via. Le gio­vani donne del Punto d'Approdo, di via Valbusa, hanno disegnato assieme a loro. E un'acquarellista ha raccon­tato i segretirieJla sua arte.Non solo.

Il parroco di San Marco ha organizza­to una visita all'arcipretale. Sono stati lanciati dei laboratori per i bambini e anche una partecipatissima «caccia al particolare», con tanto di foto da spuntare nel momento in cui si sco­vavano gli stemmi, gli scorci e le sta­tue del centro. «Uno dei residente più anziani proprio questa mattina (ieri per chi legge) ci ha chiesto come po­trebbe rendersi utile e cosa noi avremmo potuto fare per lui - raccon­tano da via della Terra 49, dove è ospi­tata anche la mostra fotografica di Fulvio Fiorini «Omaggio al centro sto­rico». Sono piccoli gesti, ma per il Comune, capofila del progetto sostenuto anche da Fondazione Caritro e Provincia «so­no fondamentali per favorire il benes­sere e riqualificare in modo innova­tivo luoghi e relazioni». Al centro gli anziani: «Stiamo pensando, anche in collaborazione con l'Apsp Vannetti -spiega Federica Sartori, dirigente del Servizio politiche sociali - a formule nuove, come il badantato condiviso e il cohousing sociale, a sostegno del­la domiciliarità». T.G.

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Al parco Battisti: degustazioni, laboratori e animali da fattoria

Torna la «Fera de San Bartolamè» BRENTONICO - Domenica al parco Cesare Battisti si terrà la «Fera de San Bartolamè: al par­co con gli animali, gli allevatori e i loro prodotti». La fiera, che tradizionalmente era quella dei maiali, si è sem­pre tenuta il giorno del patrono, fra gli altri, dei macellai e dei calzolai, dunque il 24 agosto. Da un paio d'anni è stata spo­stata alla domenica successiva, e vede la partecipazione di mol­ti ambulanti al mercato che si tiene nelle vie del centro. Nel centralissimo parco «Palù» si terrà l'evento che vedrà pro­tagonisti gli animali e gli alleva­tori e che quest'anno si fa an­cora più ricco in quanto è stato inserito nel «Festival del buon latte Trentino - Latte in festa». Si tratta di una manifestazione

di carattere provinciale con no­ve appuntamenti in terra tren­tina, all'insegna dell'allevamen­to e dei prodotti lattiero - ca-seari. Sarà l'occasione per sco­prire da vicino come nasce il formaggio, gustare il latte fre­sco trentino e i prodotti da esso derivati. Un ricco calendario di appuntamenti con la possibilità di acquistare i prodotti della terra nel piccolo mercatino contadino locale allestito per l'occasione. Protagonisti della giornata, ca­paci sempre di incantare so­prattutto i bambini, saranno gli animali di diverse specie come le capre, i bovini, le galline e molti altri. Per i più piccoli sarà possibile cavalcare i pony e scoprire come, fra animale e uomo, possa nascere una pre­

ziosa collaborazione nella ge­stione delle greggi. L'assessorato comunale al tu­rismo e all'agricoltura sostiene la manifestazione anche perché rappresenta una sorta di «gior­nata dell'orgoglio contadino»: un'occasione per scoprire cosa c'è dietro «alle quinte», dentro al bicchiere di latte o al pezzo di formaggio che troviamo sulle nostre tavole; il tutto nella pie­na convinzione, come dice Brenda Schoepp, che «almeno una volta nella vita avrai biso­gno di un medico, un avvocato, un poliziotto e perfino di un prete. Ma ogni giorno, tre volte al giorno, avrai bisogno di un contadino».

Progamma. Nel corso della mat­tinata. Battesimo della sella: ca­valcate per i più piccoli con i

pony. Mattinata e primo pome­riggio. La magia del formaggio: dimostrazione di lavorazione del latte. Ore 11: conosciamo i nostri animali, presentazione degli animali e delle loro carat­teristiche. Ore 11.30 e 14: la pe­cora dove la metto? dimostra­zione con i cani da pastore. Per 1;utta la giornata degustazione di latte fresco e «Dal latte... al gelato»: il bar gelateria «Dal Ghingo» propone tanti gusti a base latte preparati con latte fresco a chilometri zero, burro e panna di malga locale. Alle 12.30 «11 pranzo del casaro»: gnocchi di malga e prodotti lo­cali. Alle 15.30 «Come si fa il ge­lato?»: breve degustazione gui­data di gelato artigianale. Par­tecipazione gratuita su preno­tazione.

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Spiaggia, stavolta la spunta la «Lido» PAOLO LISERRE

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La sensazione è che la partita sia ap­pena iniziata e che se i presupposti non sono cambiati di una virgola ri­spetto al recente passato (e nulla fa pensare il contrario), l'appendice di tempi supplementari e «rigori» non ce la leva nessuno. La battaglia giudizia­ria tra proprietà e società gestrice del­la Spiaggia degli Olivi ha registrato proprio ieri un secondo pronuncia­mento del tribunale di Rovereto che in questo caso (a differenza del primo) ha dato ragione alla «Lido Immobiliare spa», entità satellite di «Lido di Riva srl» controllata a maggioranza dal Co­mune di Riva.

L'ordinanza firmata dal giudice Ric­cardo Dies ha respinto il ricorso pre­sentato da «Aspiol srl» (la società che gestisce la Spiaggia e che fa capo al­l 'imprenditore Dario Levi) volto ad inibire la Cassa Rurale Alto Garda al pagamento della fidejussione di 110.410 euro a favore di «Lido Immo­biliare spa» e nel farlo, tra l'altro, ha condannato la società a pagare le spe­se legali della controparte quantifi­candole in 4.500 euro più interessi e percentuali varie. Sulla scorta di quan­to accaduto da un anno a questa par­te, la società «Aspiol srl» era ed è tut­tora convinta che l'escussione della fidejussione prevista dall'originario contratto d'affitto sia abusiva e la pro­va sia costituita «proprio dall'accordo integrativo firmato il 23 marzo scorso che - scrive il giudice nella ricostru­zione della vicenda - avrebbe senz'al­tro comportato la risoluzione del con­

tratto di affitto col riconoscimento di consistenti diritti patrimoniali che (Aspiol, ndr.) intende porre in com­pensazione al diritto di Lido ai canoni di locazione già maturati...» (che la so­cietà gestrice non paga dall 'agosto 2017, e sono 20 mila euro al mese). Al di là delle considerazioni di carat­tere prettamente tecnico, il giudice Riccardo Dies sottolinea come «il me­ro accordo integrativo del marzo scor­so non può costituire prova liquida» e che «per la parte relativa al paga­mento dei canoni, non solo manca il fumus boni iuris del ricorrente ma sus­siste il fumus contrario, in favore della resìstente, perché a fronte dell'obbligo di Aspiol di corrispondere i canoni di locazione, pacificamente non adem­piuto dall'agosto del 2017, non sussi­ste - scrive ancora il giudice Dies - al­cun diritto patrimoniale attualmente esigibile da opporre in compensazio­ne, anche alla stregua della prova in­vocata dalla stessa ricorrente, ossia l'accordo cosiddetto integrativo. Per la parte relativa al risarcimento del danno la situazione è più sfumata ma la possibile natura indennitaria della garanzia prestata, come si è visto, vale comunque ad escludere il fumus boni iuris della ricorrente». Il tribunale sot­tolìnea inoltre che «neppure la man­

cata presentazione di Lido all'appun­tamento fissato dal notaio può essere qualificato come inadempimento al­l'accordo integrativo, perché - afferma ancora il giudice Riccardo Dies - la ri­corrente (ovvero Aspiol srl, ndr.) pre­tendeva la firma a condizioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste nel preliminare e ciò costituisce sen­z'altro un legittimo motivo di rifiuto». «Con questa ordinanza - afferma il pre­sidente di Lido Immobiliare spa Gia­comi Bernardi - mi pare di poter affer­mare che venga confermata l'illegitti­mità del comportamento di Aspiol e di come essa detenga illecitamente e illegittimamente il complesso Spiaggia degli Olivi, operando e incassando del tutto indebitamente grazie all'abusivo utilizzo del bene di proprietà della Li­do di Riva del Garda Immobiliare spa». «Con ogni probabilità, se non con cer­tezza, presenteremo appello - fa sa­pere Dario Levi - Di positivo c'è che co­munque il giudice ha riconosciuto la validità dell 'accordo integrativo di marzo. Ma se il verdetto verrà confer­mato, e dovremo pagare i 110 mila eu­ro della fidejussione, saremo costretti a chiudere per impossibilità di pagare fornitori e dipendenti. Poi ognuno farà le sue valutazioni».

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Cornice speciale per i trentini premiati Onori Passerella per cinque atleti che nel corso della stagione si sono distinti A Gatto il Trofeo Benedetti

ROVERETO - Premi a volontà per ì giovani trentini che hanno goduto della cornice del Palio per ricevere i meritati applausi in questo 2018 ricco di risultati da ricordare. Una passerella per cinque, in una sorta di crescendo che ha coinvolto in chiusura i due reduci degli Europei di Berlino, con Yeman Grippa (Fiamme Oro) ed Isabel Mattuzzi (nella foto, Us Quercia Trentingrana) scortati a fine

gara dai rispettivi tecnici Massimo Pegoretti e Dimitri Giordani per ritirare il riconoscimento preparato dal Comitato FIDAL Trentino, proprio come per il giovane. marciatore valsuganotto Aldo Andrei (Gs Valsugana Trentino), che poco più di un mese prima si era messo in grande evidenza agli Europei under 18 di Gyor dove è stato splendido argento alle spalle dell'altro azzurro Davide

Finocchietti; con lui premiato anche il padre-allenatore Lorenzo. Eccellenti protagonisti di questo 2018 proprio come la cembrana Angela Mattevi (Atletica Valle di Cembra), tra le altre cose anche campionessa europea juniores di corsa in montagna e per questo meritoria del premio speciale assegnato dalle Casse Rurali Trentine mentre il Memorial Edo Benedetti, intitolato al

fondatore della Quercia, è stato consegnato nelle mani del trevigiano Giovanni Gatto, junior dell'Us Quercia Trentingrana che ai Mondiali under 20 di Tampere ha saputo cogliere un sorprendente sesto posto nella finale dei 3000 siepi. Titoli e risultati che contribuiscono a tratteggiare un 2018 decisamente brillante per i giovani atleti di casa nostra. Lu. Pe.

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Non profit, l'affidamento è appalto DI L U I G I OLIVERI

Le procedure di affidamen­to alle associazioni rego­late dagli articoli 56-5E del codice del Terzo set­

tore sono da considerare veri e propri appalti di servizi social: e rientrano nella disciplina de codice dei contratti. A meno che non si tratti di procedure nor selettive o che gli affidament: siano inequivocabilmente a ti­tolo gratuito.

Il Consiglio di stato, col pare­re della commissione speciale 20 agosto 2018, n. 02052 rese all'Anac nella procedura di ag­giornamento delle linee guide per l'affidamento dei servizi ac enti del terzo settore ed ai ser­vizi sociali, elimina ogni equi­voco sui rapporti tra il codice dei contratti (dlgs 50/2016) e codice del terzo settore (dlgs 117/2017) in tema di affida­mento dei servizi: nel rispettc dei principi enunciati dai trat­tati e direttive europee sulk concorrenza, prevale il codice dei contratti.

Il parere suona come uns doccia fredda per le molte

amministrazioni, soprattutto locali, che avevano scorto nelle disposizioni del codice del terzo settore la possibilità di affida­menti di servizi sociali senza gara ad associazioni di volon­tariato. Il Consiglio di stato evi­denzia che, invece, occorre nella maggior parte dei casi attivare le procedure selettive imposte dal codice dei contratti. [~~

Non basta, infatti, che i soggetti destinatari di affi­damenti pubblici siano sog­gettivamente qualificabili come enti del Terzo settore. Se la prestazione richiesta ha rilevanza economica nel mercato, le caratteristiche soggettive dell'affidatario non rilevano, posto che, per palazzo Spada, per impresa deve intendersi l'organismo _ «che esercita un'attività eco­nomica, offrendo beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dal suo status giu­ridico e dalle sue modalità di finanziamento», come sancito dalla Corte di giustizia Uè con sentenza 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hòfner.

L'affidamento di servizi

sociali, dunque, come regola generale deve rispettare la normativa prò concorrenza imposta dalle disposizioni eu­ropee, delle quali il codice dei contratti è attuativo.

Nel caso di specie, i servizi sociali aventi rilevanza econo­mica si affidano applicando, se di valore superiore alle soglie comunitarie, gli articoli 140 (per i settori speciali) e da 142 a 144 (per i settori ordinari) del codice dei contratti; fermo restando che nel sotto soglia (appalti inferiori ai 750.000 euro nei settori ordinari) sono applicabili le procedure sempli­ficate previste dall'articolo 36 del dlgs 50/2016.

Possono sfuggire alla neces­sità di regolare gli affidamenti applicando il codice dei contrat­ti solo tassativi casi.

Per esempio, quello che pa­lazzo Spada definisce il cosid­detto «accreditamento libero»; una sorta di abilitazione dei soggetti operanti nel Terzo settore a svolgere certi servizi,

senza che se ne selezioni­no solo alcuni tra i tanti possibili per rendere quel servizio. Lo stesso vale per i partenariati: possono sfuggire al codice dei con­tratti solo non selettivi.

Le regole degli appal­ti non si applicano, poi, nei casi di affidamenti genuinamente gratuiti, che ricorrono, evidenzia

tt^jj il parere, solo quando le prestazioni svolte dal sogget­to del terzo settore siano un arricchimento per i destina­tari, cui corrisponda un effet­tivo depauperamento (quanto meno dei costi di produzione) patrimoniale del soggetto che espleta il servizio.

In questi casi sono ammissi­bili solo rimborsi a pie di lista

di costi vivi, senza remunera­zione alcuna di altri costi.

Tuttavia, avverte il Consi­glio di stato, gli affidamenti gratuiti vanno ben ponderati. Per evitare distorsioni al mer­cato, andrebbero riferiti ad ambiti non qualificabili come servizi sociali con rilevanza economica: occorrerebbe rife­rirsi alle codifiche del vocabo­lario comune degli appalti.

Proprio per questa ragio­ne, anche le convenzioni con gli enti del terzo settore sono ammissibili ed attiva­bili in applicazione del dlgs 117/2017 e non del codice dei contratti, solo sulla base di una puntuale motivazio­ne. Spiega palazzo Spada: la gratui tà «costituisce, in sé, un vulnus al meccanismo del libero mercato ove operano imprenditori che forniscono i medesimi servizi a scopo di lucro e dunque in maniera economica mirando al profit­to. La motivazione della scelta quindi non solo è opportuna, ma deve considerarsi condicio sine qua non per l'esercizio di un tale potere».

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