! 2! · ! 2!! Riunione!N°!28!! Lunedì23!Maggio!2016!...
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Riunione N° 28
Lunedì 23 Maggio 2016 Conviviale Cà del Galletto, Ristorante Al Migò ore 20,00 “Introduzione storica al Ghetto di Venezia: 500 anni di storia”, relatrice Gavriela Safran di Taranto, allieva dell’ex Rabbino Capo del Ghetto di Venezia.
Soci presenti 16: Francesco Albrizio, Francesco Bandiera, Mario Bassetto, Lucia Bressan, Marco Caliandro, Guido Darsiè, Walter Di Fulvio, Luigi Gazzotti, Giovanna Mazzer, Carlo Mosca, Alberto Petrocelli, Elia Sbrissa, Claudio Scarpa, Alessandro Sericola, Piero Tenderini, Mario Tonini
Ospiti dei soci 8: Silvia, Cristina e Roberto Banchieri (Albrizio), Andrea Scopellitti (Caliandro), Gabriella (Darsiè), Lisa Mazzara (Gazzotti), Mario Petrocelli (Petrocelli), Orietta (Sericola)
Ospiti del club 4: Sergio Zanellato, Attilio e Lucia Pisarri, Francesco Ganassin
Serata molto bella, molto bene organizzata, molto interessante, molto varia, con un relatore brillante molto ben preparato e accattivante, capace di passare con disinvoltura ed eleganza dal parlato, alle immagini fino alla musica jazz (Jewish Soundscapes) arrangiata, suonata e commentata da due validi accompagnatori con chitarra e clarinetto.
Peccato per chi non c’era, serate così non capitano spesso, tutto molto sciolto, molto scorrevole, nessuno sbadiglio, tutti molto attenti e, per l’occasione, il talento di Mirco che ha portato in tavola piatti della tradizionale cucina ebraica kosher, buonissimi e ben preparati.
La relazione voleva essere la preparazione alla prossima visita al ghetto di Venezia, facendoci conoscere la storia del ghetto, dalla nascita ai giorni nostri, il tutto corredato da immagini e fotografie proiettate nella penombra della sala attentissima e curiosa e, come dicevo, con brevi
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intervalli per cedere il posto ai due musicisti che hanno saputo rinforzare l’atmosfera di attenzione e coinvolgimento che si era venuta a creare.
E così il Gavriela ha cominciato la sua esposizione: il primo ghetto del mondo è proprio il “serraglio de’ giudei” istituito il 29 marzo 1516 a Venezia, nella parrocchia di San Girolamo, a Cannaregio.
Agli ebrei, inizialmente non era concesso vivere a Venezia, ma soltanto in terraferma: dopo il 1492, quando Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia cacciano i giudei dalla penisola iberica, in molti trovano appunto rifugio nello stato veneto, terra di asilo relativamente tranquillo.
La svolta arriva con la sconfitta dei veneziani ad Agnadello, in Lombardia (14 maggio 1509), quando la Serenissima repubblica rischia di essere cancellata dalla carta geografica da una coalizione di tutte le maggiori potenze dell’epoca unite contro di lei.
Gli ebrei fuggono dalla terraferma occupata dalle forze nemiche, e si rifugiano in gran numero a Venezia, protetta dalle sicure acque della laguna.
Vanno a vivere un po’ dovunque in città, ma temono che la loro presenza sempre più visibile possa provocare risentimenti e sono essi stessi a chiedere di essere collocati tutti assieme in un luogo sicuro.
“Il modello di un quartiere separato per persone di diversa nazionalità e religione era stato elaborato in alcune aree islamiche e non era considerato in modo negativo, bensì come un elemento di maggior sicurezza per chi vi abitava”.
A Costantinopoli, per esempio, i genovesi cristiani vivono isolati – e sorvegliati – nel quartiere di Galata e anche i famosi fondaci veneziani, come quello creato nel Cinquecento per la nazione tedesca, imitavano strutture in cui i mercanti cristiani solevano abitare in territori islamici.
Il fontego dei Tedeschi esisteva già nel XIII secolo, mentre nel Seicento sarà istituito anche quello dei Turchi.
L’idea del ghetto, quindi, s’inserisce all’interno di un sistema ben conosciuto e la differenza – nient’affatto secondaria – consiste nel fatto che mentre gli ebrei chiedono di essere isolati, in realtà vengono segregati.
Nella primavera del 1516 la Serenissima signoria manda gli ebrei a vivere in un’area completamente circondata da canali, quindi facilmente chiudibile durante la notte, dove in precedenza c’erano fonderie di cannoni, ovvero dove si “gettava” il metallo e quindi “getto”, pronunciato dagli ebrei tedeschi (il primo insediamento è ashkenazita) che non conoscono le consonanti morbide, diventa “ghetto”.
Questa è la più accreditata etimologia della parola destinata a diventare tristemente nota e oggi, quantomeno in lingua inglese, questo termine definisce qualsiasi quartiere malfamato urbano e tutti quelli che lo abitano, sono considerati indesiderati sia dal punto di vista economico che razziale.
Il Nazismo aggiunse il proprio significato criminale a questo termine, i ghetti che ospitavano gli ebrei nell’Europa centrale e orientale non furono altro che una fermata lungo la via che avrebbe condotto il popolo ebraico al genocidio.
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E, sempre con belle immagini e con gli intermezzi musicali, Gavriela ha continuato: il ghetto di Venezia rappresenta un paradosso, da un lato simbolo di oppressione con cancelli sprangati ogni notte a mezzanotte esatta, in un tempo in cui esistevano delle guardie (pagate dagli stessi ebrei), il cui compito consisteva nell’assicurarsi che nessun ebreo lasciasse il ghetto prima che la campana della Marangona del campanile di San Marco annunciasse l’arrivo del nuovo giorno.
D’altra parte però il ghetto era anche un simbolo di tolleranza perché nel 1516 quando venne fondato, gran parte dei paesi dell’Europa occidentale avevano espulso gran parte dei cittadini di religione ebraica dai propri territori.
L’Inghilterra nel 1290, la Francia nel 1306, la Spagna nel 1492, e infine nel 1497 il Portogallo che grazie ad una conversione forzata raggiunse l’omogeneità cristiana espellendo gli ebrei che non avevano voluto convertirsi al cristianesimo.
E ancora: il ghetto di Venezia venne plasmato sulla base di un precario equilibrio tra due forze contrastanti: via di ingresso per gli ebrei di Venezia e recinzione per tenerli all’esterno della città: il ghetto apparteneva agli ebrei anche se essi non potevano possedere nessuno degli edifici.
Gli ebrei del ghetto non facevano riferimento alla propria residenza forzata nei termini di una prigione, piuttosto, il ghetto rappresentava il biblico “Campo degli Ebrei”, luogo di santità dove sostare nel cammino che li avrebbe condotti alla terra promessa, quindi assolutamente non una situazione vissuta in modo triste e pieno di rimpianti: si possono facilmente immaginare suoni, grida, allegria, confusione, commerci coi residenti e un fitto intrecciarsi di relazioni, nel campo del ghetto.
Gli ebrei del ghetto s’identificavano con gli appartenenti della propria comunità entro i limiti loro imposti ed erano fieri di questa identificazione.
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L’esperienza degli ebrei del ghetto veneziano indicò un modo per legare cultura e diritti politici, in quella che era allora la città più cosmopolita d’Europa, anzi la prima città globale del mondo moderno.
La comunità del ghetto seppe sviluppare quel senso di comunità reciproca e quelle forme di rappresentanza collettiva impegnate sulla consapevolezza dei propri diritti, consapevolezza, questa, che fece del “Recinto Veneziano” l’emblema generale di un luogo in cui la libertà di parola tende a coincidere con il diritto di essere città.
E, ha continuato Gavriela, come preparazione alla visita al ghetto del giorno 5 giugno prossimo, numerosi sono stati i dettagli e notizie al contorno parlando di muri e pietre. Il Ghetto Vecchio, il Ghetto Nuovo, il Ghetto Nuovissimo, le Sinagoghe (cinque e tutte mimetizzate nel movimentato andamento architettonico delle case del campo), il motivo ricorrente delle cinque finestre, … e molto altro ancora, che scopriremo domenica prossima, durante la visita.
Infine, e son sempre parole di Gavriela, la consapevolezza che la parola “ghetto” è oggi utilizzata spesso con riferimento a situazioni d’isolamento e degradazione e che ripensare ora a cinquecento anni dalla sua istituzione, alla lunga storia del primo “ghetto veneziano”, alle sue molte contraddizioni, alla sua complessità, ci porta alla consapevolezza che l’identità ebraica è parte integrante dell’identità europea.
E ancora: farlo ora in un continente libero e riunificato (dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989), ma incapace di governare le nuove ondate di paura innescate dall’arrivo di una quantità enorme di migranti, può forse contribuire a raccogliere la sfida che l’Europa ha di fronte a sé: quella di evitare una nuova stagione di muri di cemento e di barriere di filo spinato, quello di ovviare al pericolo di un mondo costituito da un “arcipelago di ghetti”.
… non facevano riferimento alla loro condizione
come a una prigionia, ma piuttosto come al biblico “Campo degli Ebrei”, quindi assolutamente non vissuto
in modo triste … [e Chagall, nel quadro sopra, lo rappresenta davvero bene]
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Maggio
Lunedì 30: Gita a Venezia “Visita guidata al Museo Guggenheim”, a seguire, robusto aperitivo alla Taverna La Fenice a Venezia.
Giugno
Domenica 5: “Gita a Venezia e visita al Ghetto”, seguirà pranzo al ristorante kosher Gam Gam di Venezia
Lunedì 6: annullata per visita al Ghetto
Mercoledì 8: Interclub con RC Treviso Piave a Castelbrando, Cison di Valmarino “Islam, siamo in guerra” relatore lo scrittore Magdi Allam.
Lunedì 13: Caminetto a Cà del Galletto, ristorante Al Migò ore 20,00 “ Assemblea Conclusiva” relatore Piero Tenderini.
Lunedì 20: Conviviale/caminetto “RYLA Junior e Handycamp Albarella” relatore Mario Bassetto
Lunedì 27: Passaggio delle consegne “Serata del Martello”, Hotel Villacondulmer, Mogliano Veneto.
Visita al Museo Guggenheim a Venezia, lunedì 30 maggio, da non perdere, sarà cosa bellissima e benissimo organizzata.
Fate i bravi, decidete di venire, non vi pentirete.
Monica (Poli), nella sua mail del 12 maggio scorso ci ha dato tutti i dettagli, date un’occhiata, vi verrà voglia di partecipare.
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Visita al Ghetto di Venezia, domenica 5 giugno, da non perdere, sarà cosa bellissima e benissimo organizzata.
Fate i bravi, decidete di venire, non vi pentirete.
Monica, nella sua mail del 3 maggio scorso ci ha dato tutti i dettagli, date un’occhiata, vi verrà voglia di partecipare.
Per entrambe le gite, l’organizzazione è stata curata da Alberto (Petrocelli), quindi cosa pregevole e accattivante, insomma: una garanzia di cosa ben fatta, un grazie ad Alberto.
Aggiungo adesso che sarebbe davvero bello avere dei convertiti dell’ultima ora a questa visita, cioè a quanti leggendo le poche note di questo bollettino si saranno convinti che partecipare vale davvero la pena, ecco, sarebbe proprio bello.
Fate i bravi, ci contiamo tutti, anche Gavriela.
Ah, a proposito di Gavriela, oltre ad essere stata allieva dell’ex Rabbino Capo di Venezia, ha studiato danza classica presso il Teatro alla Scala, ha conseguito un master in Danzaterapia e Musicoterapia ed in Danza Contemporanea presso associazione “Albera” di Milano.
Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano, ha ideato il metodo “BIM” (Breathing in Movement), di professione è Ginecologa (bene ha fatto Sergio Zanellato, a precisare questo ricco curriculum a tutti noi alla fine della conviviale), come dire: relatore (e prossimo accompagnatore) d’eccezione.
Echi dal Rotaract: i nostri amici del Rotaract ci fanno sapere di una loro iniziativa che vedrebbe volentieri la presenza di qualche socio del nostro club (è un caloroso invito a partecipare con parenti e amici) si tratta di una bella conviviale che si terrà mercoledì 1° giugno alle 20.30 a Cà del Galletto presso il ristorante Al Migò.
Il relatore sara' il dott. Mario Paganessi, Direttore Generale della “Fondazione Oltre Il Labirinto Onlus”, un ente con finalità di assistenza, educazione, istruzione e ricreazione delle persone portatrici di handicap e in particolare affette da autismo.
Oltre all'illustrazione delle attività della Fondazione, sarà dedicato ampio spazio alla presentazione di HugBike, la "bicicletta degli abbracci", oggetto di un service che sta particolarmente a cuore ai ragazzi del Rotaract. Sarebbe bello che qualcuno di noi, sensibile all’invito dei ragazzi del Rotaract, decidesse di partecipare (ref. Monica Poli che poi informerà il segretario del Rotaract).
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