Villa Crespi - Il percorso di Tonino

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Un emozionante articolo che racconta la storia dello Chef Antonino Cannavacciuolo, Grand Chef Relais & Chateaux

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Villa Crespi Il percorso di Tonino

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di Theo Smith

Antonio Cannavacciuolo detto Tonino,lo chef che ha portato nel Novaresela forza e il genio della migliore par-tenopeità, continua nella sua ricercaverso la cucina dell’eccellenza. Ledue stelle Michelin, non a caso, pre-miano già da alcuni anni un impegnocostante nell’utilizzo corretto dellemigliori materie prime, destinate adessere protagoniste di una grandecucina in eterno divenire, pronta astupire, ma anche a rassicurare.

Se Jacques Brel fosse stato ancoratra di noi avrebbe probabilmente im-maginato una delle sue celebri canzoni,“Quand on n’a que l’amour”, comeideale colonna sonora, nonché spie-gazione ultima, al percorso lavorativoche ha portato un cuoco napoletanodel calibro di Antonino Cannavacciuoloa lasciare la radiosa e vivace costieradi Vico Equense, una dozzina di annifa, per approdare sulle pacate rivedel Lago d’Orta, in Piemonte, dove sitrova tuttora. Nel 1956 lo chansonnierbelga, che ha conosciuto i grandi suc-cessi e raggiunto l’immortalità esiben-dosi sui palcoscenici parigini, cantavacon grande trasporto: “Se avremo solol’amore e nient’altro, avremo nellemani il mondo intero”. E AntoninoCannavacciuolo, dietro la scorza dicuoco tutto di un pezzo, con lo sguardocapace di celare ironia e fatalismo,ma anche una determinazione e un

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pragmatismo insospettabili, nascondeda sempre una sensibile anima ro-mantica. Ed è proprio quella che loha indotto a seguire la moglie Cinzia,la direttrice di Villa Crespi, verso nordvicino alle montagne, a Orta SanGiulio,

in una location davvero straordinariae inaspettata; che dietro il nome pa-dano del suo originale proprietario,quel Cristoforo Benigno Crespi cotonierogiramondo rimasto affascinato nei suoiviaggi dal lusso dei palazzi mediorien-tali, ancora oggi rivela in pieno le sueorigini moresche nell’architettura e lapassione del proprietario per gli esoti-smi del mondo arabo. La storia delpalazzo, datato 1880, racconta cheCristoforo Benigno Crespi tornò inpatria da uno dei suoi viaggi di lavorodeciso a replicare sulle rive del lagonatio uno dei palazzi visti e ammiratia Baghdad. Così arrivarono ben prestoi damaschi, i soffitti color turchese, ilminareto, dal quale si gode una vistaimpagabile del lago, e gli archi a ferrodi cavallo in un edificio imponente eunico diventato, negli anni, un’ambitameta di soggiorno per poeti, principessee capitani d’industria. Dopo molteplicivicissitudini nella proprietà, cambiatain diverse occasioni nel corso del

secolo scorso, Villa Crespi dal1999, dopo un appropria-

to restyling, è gestitadalla famiglia Can-

navacciuolo,che dirigel’hotel (lacui de-stina-z io-

ne ad uso alberghiero risale agli anniOttanta) e cura con grande attenzionetutti gli aspetti legati alla ristorazione.La cucina, inutile dirlo, è diventataben presto il punto di forza di VillaCrespi, grazie alle qualità e alla storiaprofessionale di Antonino. Il trenta-seienne cuoco napoletano ha portatoi sapori e i profumi della costiera sor-rentina nel cuore del Piemonte maprima di arrivare a Orta, va detto, siè districato con successo nelle cucinedi molti ristoranti di prestigio in giroper il mondo. Ha ereditato la passionee la dedizione del padre, a sua voltacuoco, per una cucina fatta di emo-zioni, per il rispetto della materia pri-

ma, alimentando leproprie conoscenzecon la sosta in pochima significativi risto-ranti, come quello diGualtiero Marchesiquando il Maestro reg-geva le sorti gastronomi-che dell’hotel Quisisana,dell’Auberge de L’Ill a Il-lhausern e del Beurehiesela Strasburgo. Sono stati tra-scorsi fondamentali nella for-mazione del giovane Antonino,che hanno portato a un rigore ea un’attenzione per i dettagli facileda riconoscere oggi nei piatti che

Orta San Giulio●

Lagod’Orta

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escono dalla cucina, ma anche al-l’acquisizione di tecniche sopraffine,all’affinamento di una mano ben ri-conoscibile che, nel corso dell’ultimodecennio, non ha mancato di scrutarecon curiosità e senza eccessi nellacucina e nelle sensazioni propostedall’avanguardia. Una scelta semprecalibrata dove l’estetica, la costruzionedel piatto e la sua presentazioneoffre grandi piaceri non solo al palato,ma anche all’occhio. E dove il cuorepartenopeo è sempre presente. Il pe-sce è l’elemento che dietro le quinteCannavacciuolo ama manipolare eproporre ai suoi ospiti: ecco quindiche tra le pieghe di un menù ricco (e

dalla prege-v o l e

copertina in pelle…) spuntano soavignocchi di baccalà con alghe marinee tartufi di mare, le cozze con agliodolce e conserva di pomodoro SanMarzano, il ricco crudo di gambericon caviale e crema di tuorli d’uovodi Paolo Parisi, il delizioso, e perfettonel suo equilibrio, spiedino di cape-sante e scampi con cipollotti al limo-ne, infuso di mela verde e sedano ra-pa. Oltre a qualche commistione sa-bauda, come nel caso del riso Carna-roli “Cru Dosso” allo zafferano consalsiccia di Bra e ricci di mare. E lacarne? Certo non manca e ha il suopeso tra rognoni, trippa di agnello,maialino in porchetta e piccione, dan-do la cifra della statura e della pre-ziosità di una cucina a tutto tondo,non solo mediterranea. Antonino Can-navacciuolo, da un paio di anni, si di-verte anche a curare una personalescuola di cucina, in una cascinadi charme ubicata ad Alba nelleLanghe: la Locanda del Pilonedella famiglia Boroli (i produttori,fra l’altro, del Barolo Villero).Ancora una volta il sud che in-contra il nord, dando ottimifrutti, visto che la scuola è ancheun ristorante premiato con unastella Michelin. Due invece sono

le stelle detenute con grande meritoda Villa Crespi.

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