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CLINICA PEDIATRICA CAP. 1: NEONATOLOGIA Par. I: Fisiologia neonatale Periodi di vita del bambino e dell’adolescente
• Periodo neonatale: dalla nascita al 10° giorno (secondo alcuni al 15° giorno, secondo altri al 30° giorno): è il periodo più delicato per l’elevato tasso di mortalità, soprattutto per
o Nel pretermine: Immaturità severa Distress respiratorio Emorragie ed anomali congenite Infezioni Enterocolite necrotizzante Broncopneumopatia
o A termine: anomalie congenite
• Prima infanzia: dal 10° giorno (o comunque al termine del periodo neonatale) ai 2 anni. Il 60% delle morti infantili si verificano entro il primo anno di vita e cause sono:
o Basso peso alla nascita o Anossia o Emorragia o Malformazioni o Cardiopatie congenite o Traumi durante la nascita
• Seconda infanzia: dai 2 ad i 6 anni
• Terza infanzia: dai 6 ai 10‐12 anni (cioè all’inizio della pubertà)
• Adolescenza: dai 10‐12 ai 18 anni (o comunque fino al completamento del processo di sviluppo fisico)
Assistenza al neonato in sala da parto
• Recisione del cordone ombelicale: si disinfetta, poi, con alcool e si copre con una garza sterile
• Prelievo di sangue dal funicolo ombelicale per gruppo ematico e test di Coombs diretto
• Disostruzione delle prime vie aeree (bocca, narici): si effettua delicatamente con aspiratore, per asportare mucosità, liquido amniotico, coaguli di sangue etc.
• Profilassi di malattia emorragica: iniezione di 1 mg di vit. K
• Rapido bagno a 37° C: asportazione vetrice caseosa con olio, asciugatura immediata con panni caldi e sistemazione in culla con vestiario adeguato
Calcolo dell’indice di Apgar L'indice di Apgar prende il nome da Virginia Apgar, un'anestesista statunitense che lo ideò nel 1952, ed è il risultato derivante da alcuni controlli effettuati immediatamente dopo il parto e, in modo molto rapido, finalizzati a valutare l'adattamento del neonato alla vita extrauterina, ovvero la vitalità e l'efficienza delle funzioni vitali primarie. L'indice di Apgar si basa su cinque parametri di base ai quali si assegna un "voto" da zero a due:
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Schema di Apgar per la valutazione della vitalità del neonato
Parametro 0 punti 1 punto 2 punti
Frequenza cardiaca assente < 100 bpm > 100 bpm
Respirazione: assente debole o irregolare vigorosa con pianto
Tono Muscolare: assente (atonia) flessione accennata movimenti attivi
Riflessi: (risposta al catetere nasofaringeo)
assente Lieve reazione starnuto, pianto vivace, tosse
Colore della pelle: cianotico o pallido estremità cianotiche normale
Sommando tutti e 5 i punteggi, si ottiene l’indice di Apgar, che esprime, dunque, il grado di vitalità del neonato in quel momento ed indica, inoltre, la necessità o meno di interventi rianimatori (ha quindi valore prognostico):
• 0: morte clinica
• 1‐3: grave sofferenza neonatale
• 4‐7: media sofferenza neonatale
• 8‐10: neonato sano Questa specie di votazione viene ripetuta due volte: la prima dopo circa un minuto dalla nascita e la seconda dopo cinque minuti. Questo perché, in tale lasso di tempo, il punteggio può cambiare, anche di molto: ad esempio i nati da parto cesareo hanno spesso all’inizio un punteggio basso, per effetto del passaggio attraverso la placenta di piccole quantità di anestetico somministrato alla madre, che rende il piccolo un po’ addormentato e un po’ “molle” ad un minuto dalla nascita, ma se il punteggio viene ripetuto dopo 5 minuti rientra spesso nella norma. Se il valore, quindi, è inferiore ad 8 al 5° minuto, si procede immediatamente alla rianimazione con:
• O2
• Massaggio cardiaco
• Farmaci ev: bicarbonato, cortisonici, glucosata al 10% Prima visita Dopo aver pesato il neonato e misurato la sua lunghezza e la sua circonferenza cranica, è necessaria un’accurata visita medica entro le prime ore di vita: bisogna, infatti, escludere, ogni genere di malformazione ed ogni altra patologia perinatale acquisita. Anencefalia, mielomeningocele ed onfalocele sono immediatamente visibili; per evidenziare altre anomalie occorre:
• Eseguire sondaggio naso‐gastrico: si effettua per escludere atresia delle coane o dell’esofago e per liberare lo stomaco dal liquido amniotico o dal sangue ingerito durante il parto. L’atresia dell’esofago va operata nei primi 2‐3 giorni: in tal caso, inoltre, il neonato non va alimentato con latte per il rischio di broncopolmonite ab ingestis e di asfissia, dovuto alla presenza contemporanea e frequente di fistola esofago‐tracheale
• Ascoltare il battito cardiaco e valutare la presenza di eventuali soffi per escludere cardiopatie congenite
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• Osservare genitali esterni e minzione (soprattutto nel maschio): per escludere anomalie di sbocco dell’uretra (epi‐ od ipospadie) o malformazioni a carico delle vie urinarie (evidenziabili in caso di ritardo nell’emissione spontanea dell’urina entro le prime 24 ore)
• Controllare la pervietà dell’ano per escludere un’atresia
• Ricercare la presenza di un’ernia diaframmatica tramite: o Ispezione: dispnea, cianosi, emitorace interessato in inspirazione permanente o Ascoltazione: borborigmi nella regione toracica o Radiografia od ecografia del torace
• Controllare l’ombelico per riconoscere o Ombelico amniotico: indica la presenza di una ferita ombelicale ricoperta unicamente dalla
membrana amniotica: in tal caso, il neonato va immediatamente inviato al chirurgo per il rischio di peritonite
o Infezione del moncone ombelicale: il neonato è irritabile, non mangia, ma non ha altri segni che possano identificare un processo patologico. Il moncone si presenta essiccato, con bordo cutaneo arrossato e, spesso, maleodorante
• Valutare sempre le clavicole: soprattutto in caso di neonato macrosomico e di parto distocico, occorre palparle a piatto: se lisce, sono normali; in caso contrario, si è verificata una frattura. In questo secondo caso, bisogna osservare posizione, atteggiamento e motilità del braccio di quel lato, per escludere concomitanti lesioni del plesso brachiale
• Controllare il palato per ricercare palatoschisi, associata o meno a labioschisi e gnatoschisi (schisi delle arcate dentarie)
• Escludere sindromi malformative o da aberrazioni cromosomiche: sindrome di Down, sindrome di Turner, nanismo, etc.
Caratteristiche del neonato normale Il neonato è un brachitipo megalosplancnico (con “addome grande”), con relativa prevalenza dei diametri trasversi su quelli longitudinali e maggior lunghezza del tronco rispetto agli arti. Il capo, inoltre, rappresenta circa un quarto della lunghezza totale (cioè, rispetto alla statura, è relativamente più grande che nell’adulto); il collo è corto, il torace cilindrico e svasato alle basi, con coste orizzontali; l’addome globoso con evidente e fisiologica epatosplenomegalia (con fegato debordante 2‐3 cm dall’arcata costale); gli arti corti e tozzi. Occorre poi valutare:
• Peso: è in media di 3.200‐3.330 g, con una differenza di 100‐150 g a favore dei maschi: o Valori
> 4.000: macrosomia 2500‐4000: normale < 2.500 g: basso peso < 1.500 g: peso molto basso < 1.000 g: peso molto molto basso < 500 g: estremamente basso
o Percentili 3.250 g: 50° percentile 4.000 g: 97° percentile 2.500 g: 3° percentile
o Valutazione del neonato in base a peso ed età gestazionale
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Età gestazionale del neonato
• 38‐42° settimana: nato a termine
• Prima della 38° settimana: pretermine
• Dopo la 42° settimana: post‐termine Categorie di neonati
• Adeguati all’età gestazionale (AGA: adeguate for gestational age): nascono di peso compreso fra 3° e 97° percentile di quell’età gestazionale
• Piccoli per età gestazionale (SGA: small for gestational age): hanno un peso inferiore al 3° percentile di quell’età gestazionale
• Grandi per l’età gestazionale (LGA: large for gestational age): hanno un peso maggiore del 97° percentile di quell’età gestazionale
Categorie: sono 9
• A termine: o AGA o SGA o LGA
• Pretermine o AGA o SGA o LGA
• Post‐termine o AGA o SGA o LGA
• Lunghezza: è in media di 50 cm (3° percentile: 45 cm; 97° percentile: 55 cm)
• Circonferenza cranica: è in media di 35 cm (3° percentile: 32 cm; 97° percentile: 38 cm)
• Atteggiamento: è simile a quello della vita intrauterina ed è legato all’incompleta mielinizzazione delle vie piramidali, con:
o Flessione degli arti sul tronco per ipertonia fisiologica dei flessori, che prevalgono sugli estensori
o Ipotonia dei muscoli del collo: il neonato non riesce a sollevare il capo dalla posizione supina e ci riesce solo per pochi secondi dalla posizione prona
• Facies: è amimica, con occhi chiusi, che, quando aperti, non riescono a fissare gli oggetti. Il colore dell’iride è grigio‐azzurro
• Cute: è ricoperta da vernice caseosa, sostanza bianco‐giallastra prodotta dalle ghiandole sebacee, la cui funzione durante la vita intrauterina è quella di proteggere l’epidermide dalla macerazione da parte del liquido amniotico. Asportandola, si mette in evidenza la caratteristica eritrocianosi del neonato, causata da una diffusa vasodilatazione periferica reattiva a stimoli esterni (come la temperatura). Verso il 2°‐3° giorno tale colorito si attenua e la cute appare rosea, particolarmente morbida ed elastica
• Zona di incerta vivibilità: è una zona tra i 400 ed i 600 g, in cui la sopravvivenza è difficile da garantire. Tra quelli che sopravvivono a 30 mesi solo circa la metà è sana, mentre circa un quarto ha handicap severi
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Par. II: Eventi neonatali Lesioni da parto Il parto può rappresentare un evento traumatico per il neonato, costretto ad attraversare un canale sostanzialmente stretto ed a subire manipolazioni ed interventi sovente eccessivi. Nella maggioranza dei casi, i neonati superano quest’evento senza conseguenze; in altri casi, soprattutto in caso di neonati macrosomici, possono verificarsi lesioni traumatiche, per lo più di natura traumatica (traumi da parto):
• Tumore da parto: è un edema a limiti sfumati del cuoio capelluto, a livello della parte presentata durante il parto, dovuto allo squilibrio pressorio in quel punto tra pressione esterna (che risulta minore) e pressione endouterina. Il passaggio della testa del feto attraverso il canale del parto provoca sia una modificazione della forma del cranio, sia, per i suddetti motivi, l’edema del cuoio capelluto. Se tale edema è imponente, si parla di tumore da parto: questo è presente alla nascita e tende ad estendersi sulle ossa occipitali e su quelle laterali. Ha risoluzione spontanea in alcuni giorni
• Cefaloematoma (o ematoma subperiosteo): è una raccolta di sangue situata tra teca cranica e periostio, presente in caso di parto spontaneo, ma soprattutto in caso di utilizzo della ventosa. Si determina a causa dello scollamento della cute dai piani sottostanti (più spesso monolateralmente). La risoluzione è lenta (2‐6 settimane, ma anche qualche mese se molto voluminoso), ma spontanea. Possono, infine, formarsi depositi di calcio, che possono lasciare una protuberanza anche per un anno
• Diagnosi differenziale tra tumore da parto (T) e cefaloematoma (C): o T
Segno della fovea alla pressione Limit sfumati
o C Fluttuazione Limiti “a scalino” delle strutture craniche ( in quanto la raccolta ematica si forma
tra periostio e teca cranica)
• Ematomi e petecchie: sono determinati dalla rottura dei vasi capillari e si risolvono spontaneamente in poche ore o pochi giorni
• Malattia emorragica: si manifesta con melena, ematemesi e cefaloematoma esterno
• Fratture (vedi dopo)
• Lesioni dei nervi periferici (vedi dopo)
• Ittero fisiologico: è causato da un’immaturità epatica, oltre che da un’aumentata emolisi a carico della serie rossa, più grave e persistente nei soggetti nati pretermine (vedi anche dopo)
• Emissione del meconio: il meconio è il materiale contenuto nell’intestino del feto; presenta un colorito bruno‐verdastro ed una consistenza vischiosa. È emesso nei primi 2‐3 giorni di vita del bambino ed è costituito dai prodotti delle secrezioni intestinali, unitamente a cellule epiteliali intestinali desquamate ed al liquido amniotico ingerito durante il periodo pre‐natale. La mancata eliminazione del meconio è indice di occlusione intestinale (ileo da meconio): questa è un primissimo segno di fibrosi cistica, nonché della malattia di Hirschsprung (o megacolon congenito). L’emissione, invece, di meconio prima o durante il parto (nel 10‐15% dei nati a termine e post‐termine) è indice di sofferenza fetale: il meconio, peraltro, può, in questi casi, esser aspirato dal feto con conseguente polmonite da aspirazione di meconio in 24‐48 ore.
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• Calo fisiologico: compare in tutti i neonati nei primi giorni di vita: o Cause
Digiuno delle prime ore Emissione del meconio Emissione di urine Perdita di liquidi attraverso la sudorazione, la perspiratio insensibilis (ossia
attraverso la superficie cutanea) e l’evaporazione (attraverso l’albero respiratorio): è influenzata dall’età gestazionale del neonato, dalla temperatura corporea e da umidità e temperatura ambientali
Aumento dell’attività motoria con spesa energetica maggiore e non compensata Caduta del moncone ombelicale (vedi dopo)
o Entità: 5‐10% del peso alla nascita o Perdita di peso eccessiva: determina la febbre transitoria neonatale, caratterizzata da
disidratazione e temperatura febbrile. Può avvenire anche in caso di iper‐riscaldamento all’interno di incubatrici od in ambienti secchi con neonati di basso peso. Talvolta, basta somministra liquidi per bocca (acqua e zucchero) per normalizzare la temperatura
• Caduta del moncone ombelicale: si determina per un processo di necrosi asettica, assimilabile alla mummificazione ed avviene tra 5° e 10° giorno di vita. Dalla cicatrice si origina il futuro ombelico
• Crisi genitale: è un insieme di manifestazioni cliniche dei primi giorni del neonato. La più caratteristica tra queste è il turgore della ghiandola mammaria con fuoriuscita di qualche goccia di secreto simile al colostro (liquido giallo‐sieroso), osservabile in entrambi i sessi. È causato da un elevato tasso di ormoni di origine materna (gonadotropine, estrogeni, prolattina, androgeni) e di derivazione dal neonato stesso (nel corso dei suoi meccanismi di adattamento dopo la nascita). L’aumento di tali livelli ormonali può perdurare per alcune settimane:
o Androgeni F: aumento del volume di clitoride e grandi labbra M: aumento di volume di prostata e vescicole semminali Entrambi: acne
o Estrogeni F: aumento del volume dell’utero e delle secrezioni vaginali; perdite emorragiche
vaginali M: metaplasia epiteliale della prostata Entrambi: iperplasia e turgore mammari: il turgore mammario regredisce in genere
spontaneamente nel giro di qualche settimana e non richiede alcun trattamento specifico. È possibile, inoltre, osservare la fuoriuscita di alcune gocce di latte simile al colostro (latte di strega). Queste alterazioni mammarie vanno differenziate dalla mastite neonatale, infiammazione batterica della ghiandola mammaria, che richiede un trattamento antibiotico
Ittero È una condizione caratterizzata dalla colorazione giallastra di cute, sclere e mucose, determinata dalla presenza eccessiva di bilirubina nel sangue. L’ittero diventa clinicamente evidente quando i valori bilirubina superano i 3‐5 mg/dL. Nei neonati l’ittero è una condizione fisiologica (circa l’80% dei neonati pretermine ed il 50% dei neonati a termine sono itterici).
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• Fattori di rischio o Nascita pretermine o Asfissia durante il parto o Familiarità o Diabete gestazionale o Ipoglicemia
• Clinica: all’inizio la tipica colorazione giallastra si evidenzia sul volto; poi, all’aumentare del livello ematico di bilirubina, si osserva una diffusione a torace, addome, braccia e gambe (e talvolta anche alle sclere). L’ittero fisiologico si manifesta, in genere, durante il secondo giorno di vita; l’apice viene raggiunto entro il 4° giorno, dopodiché si osserva una progressiva regressione. La scomparsa della manifestazione itterica avviene normalmente nel giro di una o due settimane
• Patogenesi: uno dei motivi dell’ittero neonatale, consiste nel fatto che i globuli rossi fetali hanno un ciclo vitale mediamente più breve di quelle dei soggetti adulti (3 mesi anziché 4): ne consegue un aumento dei globuli rossi da smaltire nei primi giorni di vita. Si determina, così, un’iperproduzione di bilirubina indiretta, fino a valori di 5‐6 mg/dL. L’aumento di bilirubina diretta, invece, è considerata una spia di rischio di ittero patologico
• Criteri di diagnosi di ittero patologico o Manifestazioni cliniche nel primo giorno di vita o Bilirubinemia > 12 mg/dL nel nato a termine e > 15 mg/dL nel nato pretermine o Incremento dei livelli ematici > 5 mg/dL/die o Bilirubina diretta > 1,5 mg/dL o Permanenza di ittero superiore alla settimana nel nato a termine ed a due settimane nel
nato pretermine
• Momento dell’esordio dell’ittero o Primo giorno: suggerisce la presenza di eritroblastosi, di una emorragia occulta, di una sepsi
o di una infezione congenita o Secondo giorno: ittero fisiologico o sindrome di Crigler‐Najjar (deficit dell’enzima
glucurunil‐transferasi) o Terzo giorno: setticemia o Dopo una settimana: atresia biliare, setticemia, sferocitosi
• Peggioramento dell’iperbilirubinemia indiretta o Aumento della quantità da metabolizzare a livello epatico: anemia emolitica o Danno o riduzione dell’attività degli enzimi di coniugazione o di transferasi: farmaci o Riduzione od assenza dell’enzima o riduzione della captazione di bilirubina da parte del
fegato: malattie genetiche o prematurità
• Elenco di cause di iperbilirubinemia o Da iperproduzione: solitamente causano iperbilirubinemia non coniugata
Incompatibilità di gruppo materno‐fetale Sferocitosi ereditaria Anemie emolitiche non sferocitiche Deficit di G6PD, di piruvato kinasi e da farmaci Talassemie Emolisi indotta da vitamina K3, antimalarici, penicillina, sulfamidici, ossitocina Aumentata circolazione enteroepatica Atresia intestinale o stenosi
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Malattia di Hirschsprung o Da ridotta secrezione: solitamente causano iperbilirubinemia coniugata
Sindrome di Crigler‐Najjar Ipotiroidismo Farmaci Diabete materno Prematurità Atresia biliare Fibrosi cistica
o Miste Sepsi Infezioni intrauterine Asfissia Sindrome da distress respiratorio Eritroblastosi fetale grave
• Ittero da latte materno: è una forma di ittero a bilirubina indiretta, il cui meccanismo patogenetico non è ancora noto. Tale forma può presentarsi nei neonati a termine allattati al seno e si manifesta durante la prima settimana con un innalzamento graduale della bilirubina indiretta. L’ittero raggiunge l’apice tra 10° e 20° giorno e non scompare prima del 60°‐90° giorno; raramente, comunque, è richiesta l’interruzione dell’allattamento al seno. Questo tipo di ittero, inoltre, non richiede alcun tipo di terapia. Possibili meccanismi patogenetici, infine, sono:
o Presenza nel latte materno di un acido grasso a lunga catena non esterificato: questo inibisce competitivamente l’attività coniugante della glicuoronil‐transferasi
o Presenza nel latte materno di una glicuronidasi: la β‐glucuronidasi converte la bilirubina coniugata alla forma non coniugata
o Eccesso di sostanze tossiche nel latte materno: la bilirubina aumenterebbe per contrastarla
• Diagnosi e complicanze: in ogni neonato un ittero comparso in prima giornata od un livello di bilirubina > 10‐12 mg/dL nel neonato a termine o > 15 mg/dL nel neonato pretermine giustificano esami più approfonditi. Oltre ad un’accurata anamnesi ed un accurato esame obiettivo, occorre valutare:
o In primo livello: determinazione della bilirubinemia totale e diretta determinazione del gruppo sanguigno del bambino e della madre test di Coombs diretto emocromo completo conta dei reticolociti
o In secondo livello Emo‐, urino‐ o liquocoltura Determinazione dei livelli enzimatici (transaminasi, LDH, etc.)
• Kernittero: l’accumulo eccessivo di bilirubina, a prescindere dalle sue cause, può determinare, soprattutto nei prematuri e nei neonati malati, e comunque entro il primo anno di vita, il kernittero, ossia una sindrome clinica associata ad iperbilirubinemia
o Patogenesi: la bilirubina non coniugata, soprattutto in presenza di condizioni che alterano la BEE (come in caso di sepsi), entra nel cervello ed agisce come una neurotossina
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o Clinica: segni e sintomi del kernittero compaiono generalmente 2‐5 giorni dopo la nascita in neonati a termine e 7 giorni dopo la nascita in neonati prematuri; tuttavia, la sindrome può rendersi evidente in qualsiasi momento del periodo neonatale
Segni iniziali comuni (aspecifici)
• Letargia
• Scarsa alimentazione
• Scomparsa del riflesso di Moro Segni successivi
• Aspecifici o Diminuzione dei riflessi tendinei o Distress respiratorio
• Specifici o Opistotono con fontanella pulsante o Contrazione di volto ed arti o Pianto acuto ad elevata tonalità o Nei casi più avanzati: convulsioni e spasmo, con il neonato che
estende rigidamente le braccia in posizione intraruotata con ipugni serrati
Evoluzione
• Morte
• Sopravvivenza o Nei successivi 2‐3 mesi: scarsa sintomatologia o Nel primo anno di vita: si ripresentano opistotono, rigidità
muscolare, movimenti irregolari e convulsioni o Nel secondo anno di vita: opistotono e convulsioni diminuiscono,
ma aumentano movimenti irregolari, rigidità muscolare ed, in alcuni casi, l’ipotonia
o Nel terzo anno: si manifesta la sindrome completa: Coreoatetosi bilaterale con spasmo muscolare involontario Segni extrapiramidali Convulsioni Deficit mentale Linguaggio disarticolato Perdita di udito per le alte frequenze Strabismo e deficit dei movimenti oculari verticali (sguardo
fisso indebolito sul piano verticale)
• Terapia: lo scopo della terapia è quello di prevenire che la concentrazione di bilirubina indiretta nel sangue raggiunga valori neurotossici (> 15‐20 mg/dL). In linea generale, inoltre, l’ittero fisiologico e l’ittero da latte materno non richiedono una particolare terapia. Comunque, quando i livelli superano i 15 mg/dL si inizia la terapia:
o Fototerapia: prevede l’esposizione del bambino ad una luce UV, che trasforma una parte della bilirubina in lumiburina, composto smaltibile più facilmente dal fegato (ossia più idrofilo ed espulso, quindi, più facilmente per via urinaria) e non in grado di attraversare la BEE, prevenendo, dunque, il rischio di kernittero. Se la fototerapia non risulta sufficiente, può utilizzarsi una terapia farmacologica o:
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o Exsanguinotrasfusione: elimina rapidamente la bilirubina dalla circolazione e vengono rimossi anche gli anticorpi circolanti diretti contro gli eritrociti. Dunque, risulta particolarmente vantaggioso nei neonati con emolisi per qualsiasi causa.
Metodica: vengono posizionati uno o due cateteri centrali, piccole quantità di sangue sono rimosse e rimpiazzate da quantità analoghe di eritrociti e plasma. Questa procedura viene ripetuta finché il volume ematico non sia stato sostituito due volte
Infusione di soluzione iposalina di albumina (1g/kg corporeo) da una a quattro ore prima dell’exsanguinitrasfusione: aumenta la quota di bilirubina rimossa, dimostrando l’importanza dell’albumina nel legare la bilirubina (ossia aumenta la quota legata circolante rispetto a quella depositata non circolante e, quindi, aumenta la quota netta di bilirubina rimossa)
Complicanze
• Trombocitopenia
• Trombosi della vena porta
• Enterocolite necrotizzante
• Sbilancio elettrolitico
• GVHD
• Infezioni Indicazioni
• Neonati con emolisi in cui la fototerapia intensiva non abbia dato risultati apprezzabili
• Neonati in cui il tasso di aumenti della bilirubinemia indica il probabile raggiungimento di concentrazioni > 25 mg/dL in 48 ore
• Neonati in cui il rischio di encefalopatia supera il rischio di complicanze e di morte per la procedure
• Profilassi: l’alimentazione precoce e frequente riduce l’incidenza e la gravità dell’iperbilirubinemia, aumentando la motilità del tratto GI e la frequenza delle evacuazioni, riducendo, dunque, il circolo enteroepatico della bilirubina
Altre lesioni da parto
• Fratture: le fratture del neonato, in particolare a livello di clavicola, ossa lunghe e cranio, sono abbastanza frequenti:
o Frattura di clavicola: è la più comune frattura al momento del parto e dovuta alla difficoltà nel dispiegamento della spalla. Nella maggior parte dei casi è a “legno verde”, ossia senza spostamento dei monconi ossei
Clinica: può essere asintomatica o presentarsi, verso la fine della prima settimana di vita, con una tumefazione palpabile a livello della spalla, dovuta al callo osseo, frutto del processo riparativo in atto. Quando, invece, la frattura è completa, la sintomatologia può essere evidente sin dalla nascita: l’arto colpito risulta meno mobile e tenuto lungo il tronco con gomito esteso, in atteggiamento antalgico
Trattamento: è volto ad evitare il dolore: pertanto, si mantiene il neonato in posizione supina. Il consolidamento della frattura avviene in 7‐10 giorni, con piena ripresa della motilità dell’arto.
o Fratture di omero o femore: in questi casi è richiesto anche un periodo di immobilizzazione
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• Lussazione di spalla: è rara, ma è importante porre la diagnosi precoce in quanto la riduzione deve avvenire in 4‐5 giorni
• Distacco epifisario della testa omerale: lesione rara, è di difficile diagnosi, anche alla radiografia, in quanto la testa omerale non è ancora ossificata. Più utile può essere l’ecografia. La diagnosi, peraltro, è molto importante in quanto, in caso di mancata diagnosi, si verifica un difetto di accrescimento. Un buon trattamento, in questi casi, prevede un’immobilizzazione in apparecchio gessato in posizione di schermidore per 15‐20 giorni.
• Fratture del rachide cervicale
• Lesioni dei nervi perifierici o Lesione del faciale: può essere la conseguenza di un trauma dovuto al forcipe od alla
compressione del nervo con l’osso sacro della madre durante il passaggio nel canale del parto
Clinica
• Diminuzione dei movimenti del volto e della capacità di corrugare la fronte dal lato della paralisi
• Incapacità di chiudere la palpebra
• Appiattimento delle pieghe tra naso e labbra e dell’angolo della bocca
• Asimmetria dei movimenti della bocca durante il piatto
• Suzione comunque efficace Prognosi: recupero in qualche settimana
o Lesioni del plesso brachiale (o paralisi ostetriche): avviene durante il parto per eccessiva trazione, presentazione anomala, sproporzione cefalo‐pelvica od uso del forcipe. L’incidenza di lesioni del plesso brachiale è andata diminuendo nel corso degli anni grazie al miglioramento delle tecniche ostetriche.
Tipi: si riconoscono:
• Tipo 1 o di Erb‐Duchenne o di tipo superiore: è la più comune e consiste in una lesione del tronco superiore del plesso, composto dalla quinta e sesta radice cervicale. Questo determina adduzione ed intrarotazione dell'arto con il gomito esteso ed il polso pronato e flesso. La lesione viene facilmente riconosciuta alla nascita.
• Tipo 2 o di Erb‐Duchenne‐Klumpke o totale: è dovuta alla lesione di tutto il plesso brachiale con conseguente paralisi motoria e sensitiva completa. L’arto appare flaccido
• Tipo 3 o di Klumpke o di tipo inferiore: è meno comune e consiste nella lesione del tronco inferiore del plesso brachiale composto dalla settima e ottava radice cervicale e dalla prima toracica. Questa lesione è causa di deformità della mano, ad artiglio, per la paralisi dei muscoli intrinseci. Il tronco simpatico è anch'esso colpito con conseguente miosi, enoftalmo e ptosi palpebrale dal lato affetto (sindrome di Bernard‐Horner). Non sempre è facile riconoscere questa paralisi alla nascita; essa viene diagnosticata più facilmente quando il piccino incomincia ad afferrare gli oggetti.
Evoluzione: dipende dal grado del danno nervoso:
• Neuroprassia: è la lesione, temporanea, del rivestimento esterno del nervo, dovuta ad emorragia od edema della guaina nervosa, con ripresa spontanea durante il primo mese di vita
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• Axonotmesi: è la rottura degli assoni e può guarire con ricrescita a valle dell’assone (talvolta lenta, anche in 2 anni)
• Neurotmesi: è la lesione in toto del nervo, a prognosi sfavorevole Prognosi: i danni più prossimali hanno, in genere, esiti migliori. In caso di mancanza
di trattamento, comunque, si manifesta la comparsa di deformità fissa. Complicanza tardiva, inoltre, può essere la lussazione posteriore di spalla, dovuta all’immobilizzazione in abduzione. Altra complicanza è la lussazione della testa radiale. In ogni caso, la prognosi è favorevole, con esito favorevole dell’80% dei casi nel primo anno
Trattamento: in passato si procedeva all’immobilizzazione della spalla in abduzione ed extrarotazione per molte settimane, con lo scopo di correggere le deformità. Come detto, tuttavia, questo trattamento presenta importanti complicanze, come la lussazione di spalla. Pertanto, oggi il trattamento si esplica in 2 fasi, alternando periodi di splinting e di mobilizzazione, per evitare irrigidimenti e possibili dislocazioni di spalla
• Deformità del naso: può esservi un appiattimento od una torsione temporanea del naso, provocata dal passaggio attraverso il canale del parto. Nell’1% dei casi può esservi una lussazone della cartilagine triangolare del setto
Anomalie da parto Si presentano all’esame clinico del neonato, ma non sono di natura traumatica; sono, inoltre, a risoluzione quasi sempre spontanea nelle prime settimane o nei primi mesi di vita:
• Milio: piccole papule bianche di materiale sebaceo, situate nei follicoli piliferi del naso e delle guance
• Perle di Epstein: piccoli elementi biancastri, simili alla punta di un grano di riso, situati lungo la linea mediana del palato duro
• Macchia mongolica: chiazza ardesiaca (plumbeo‐nerastra), sita prevalentemente sulle natiche. Erroneamente scambiata per ecchimosi, scompare nel primo anno di vita
• Emangioma capillare: chiazza rosata presente spesso su palpebre o nuca, che si attenua gradualmente fino scomparire
• Angioma cavernoso: malformazione vascolare, molto piccola od assente alla nascita, aumenta di dimensioni durante il primo anno di vita, per poi regredire gradualmente nella maggior parte dei casi
• Eritema tossico: è rappresentato da manifestazioni cutanee, che compaiono nei primi 2‐3 giorni di vita, costituite da maculo‐papule rosse, con al centro un puntino biancastro, e situate in prevalenza al tronco. Possono variare di posizione e simulare una malattia esantematica. Il termine “eritema tossico” è da considerarsi inappropriato, sia perché l’anomalia non riconosce alcuna causa nota di natura tossica, sia perché è assolutamente benigno, risolvendosi spontaneamente nel giro di qualche giorno
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Par. III: Screening ed accrescimento neonatale Screening neonatale In tutti i neonati in 3° o 5° giornata di vita viene effettuato un prelievo di alcune gocce di sangue dal tallone: lo scopo di tale pratica è quello di diagnosticare, prima dell’apparire dei sintomi clinici, alcune malattie congenite, endocrine o del metabolismo, le quali, se non trattate sin dai primi giorni, causano grave pericolo di vita (come la sindrome surreno‐genitale con perdita di Sali) o grave danno cerebrale irreversibile nel volgere di pochi mesi (ipotiroidismo, fenilchetonuria, galattosemia):
• Ipotiroidismo congenito (vedi relativo capitolo)
• Sindrome surreno‐genitale: il deficit dell’enzima 21‐idrossilasi è responsabile di questa sindrome, potenzialmente pericolosa per la vita del neonato, se accompagnata a perdita di Sali, ma curabile con terapia sostitutiva a base di gluco‐ e mineralcorticoidi. Per lo screening si dosa il 17‐α‐OH‐progesterone
• Fenilchetonuria: il deficit di fenil‐alanina‐idrossilasi fa sì che l’aminoacido fenilalanina, presente nel latte, non può esser trasformato in tirosina e si accumula progressivamente nel sangue del lattante, causando danno cerebrale irreversibile, con presenza di fenilchetoni nell’urina:
o Quadro clinico Pelle chiara, occhi azzurri, capelli biondi Vomito precoce Ipertonia, iperriflessia, grave ritardo mentale, convulsioni Microcefalia, alterazioni di mandibola e denti
o Terapia: precocissima somministrazione di latte od altri alimenti speciali a basso contenuto di fenilalanina (chetoterapia)
o Screening: fenilalanina sierica > esami genetici
• Galattosemia: il deficit dell’enzima galattosio‐1P‐uridiltransferasi determina l’accumulo nel sangue e nei tessuti di galattosio‐1P (proveniente dalla scissione del lattosio del latte)
o Clinica Danno cerebrale irrversibile Cataratta Epatosplenomegalia con ittero neonatale persistente Ipoglicemia Vomito Arresto della crescita
o Terapia: è dietetica, con somministrazione, sin dalla nascita, di latte privo di lattosio , di latte di soia o, in seguito, di alimenti privi di lattosio o galattosio
o Screening: dosaggio di galattosio e galattosio‐1P
• Deficit di biotinidasi: estremamente raro, determina una carenza di biotina o Clinica: crescita insufficiente, acidosi lattica, deficit immunitario, atassia, ritardo mentale,
cecità e sordità o Terapia: somministrazione orale di biotina o Screening: dosaggio sierico di biotinidasi ed urinario di β‐metil‐crotonil‐glicina
• Fibrosi cistica: le coppie che aspettano un bambino o che stanno pianificando una gravidanza, possono farsi testare per le mutazioni del gene CFTR per determinare il rischio che il loro bambino possa nascere affetto da fibrosi cistica. Il test viene tipicamente eseguito prima su uno o su entrambi i genitori e, se il rischio è alto, vengono effettuate prove sul feto. L'American College of Obstetricians and Gynecologists raccomanda il test per le coppie che hanno una storia personale o
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familiare della malattia. Poiché lo sviluppo della fibrosi cistica nel feto richiede che ogni genitore trasmetta una copia mutata del gene CFTR e poiché il test è costoso, esso viene spesso eseguito inizialmente su di un unico genitore. Se il test rivela che uno dei genitori è un portatore del gene CFTR mutato, l'altro genitore viene testato per calcolare il rischio che i loro figli avranno la malattia
Accrescimento e sviluppo dei vari organi ed apparati
• Dimensioni o Peso: 3.200‐3.300 g alla nascita, raddoppia al 5° mese, triplica ad 1 anno e quadruplica a 2
anni. Dal 3° al 9° mese di vita, per calcolare il peso teorico normale, si fa il doppio dell’età più 8
o Lunghezza: 50 cm alla nascita e 70‐75 cm ad 1 anno, raddoppia verso i 4 anni e triplica a 12‐13 anni. Per calcolare la statura teorica normale si fase 6 x età + 75
• Apparata cardiocircolatorio o Passaggio alla nascita dalla circolazione di tipo fetale a quella dell’adulto tramite chiusura
del dotto di Aranzo, della vena e delle arterie ombelicali, del forame ovale interatriale e del dotto arterioso di Botallo
o Forma del cuore del neonato globosa con maggior sviluppo del ventricolo destro o Frequenza cardiaca alla nascita molto elevata (120‐160 bpm): diminuisce progressivamente
con l’accrescimento 120 bpm ad 1 anno 80‐100 bpm a 5 anni 60‐80 bpm a 10 anni
o Ritmo embriocardico, ossia con toni uguali ma con pause diseguali: un ritmo pendolare, ossia con toni e pause uguali, ha, invece significato patologico
o Soffi funzionali nel bambino tra 4 e 12 anni
• Apparato respiratorio o Periodo di apnea alla nascita di 30‐60 secondi: in seguito, inizia la respirazione e, con essa,
la rapida espansione polmonare. Nei primi giorni, il respiro è irregolare, aritmico, con frequenza di 40‐50/minuto
o Possibili aree circoscritte di atelettasia, probabilmente dovute a deficit locale di surfattante o Respiro di tipo addominale fino a 2‐3 anni, in relazione alla posizione orizzontale delle
coste: in seguito diventa toracico‐addominale, per poi farsi toracico o Diminuzione della frequenza respiratoria a 25/min ad 1 anno e 16‐18/min verso i 12 anni
• Apparato scheletrico o Cranio non completamente ossificato alla nascita: le ossa della teca sono separate da
tessuto fibroso che dà origine alle suture ed alle fontanelle; ciò consente l’accrescimento delle strutture cerebrali. Le fontanelle sono 6:
Delle sei fontanelle, due sono localizzate lungo la linea mediana del cranio:
• la fontanella anteriore: è la più ampia, ha forma romboidale e si trova nel bregma, il punto in cui si incontrano le due ossa frontali e le due ossa parietali. Generalmente si chiude definitivamente intorno ai due anni di età
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e viene normalmente utilizzata dai pediatri per fare accertamenti tramite palpazione ed ecografie;
• la fontanella posteriore: si trova nel Lambda, il punto in cui si incontrano le due ossa parietali e l'osso occipitale. Generalmente si chiude entro i primi due o tre mesi di vita;
Le altre quattro fontanelle sono molto più piccole e si trovano lateralmente al cranio, due per ciascun lato:
• le due fontanelle sfenoidali (pteriche): sono più anteriori e si trovano negli pterion, i punti in cui si incontrano le ossa parietale, temporale, frontale e sfenoidi;
• le due fontanelle mastoidee (asteriche): sono più posteriori e si trovano negli asterion, i punti in cui si incontrano le ossa parietale, temporale e occipitale
o La circonferenza cranica: misura 35 cm alla nascita e cresce di 2 cm al mese fino a 3 mesi, poi più lentamente fino a raggiungere i 45‐46 cm al primo anno di età
o I nuclei di ossificazione delle epifisi delle ossa lunghe compaiono tutti dopo la nascita, ad eccezione di quello dell’epifisi distale del femore (nucleo di Béclard), che compare dopo l’8° mese di gestazione e viene quindi preso come indice di maturazione fetale
o I nuclei di ossificazione delle ossa del carpo compaiono un numero di 1 all’anno e vengono, pertanto, preso come indice per la determinazione dell’età scheletrica
• Dentizione o Denti decidui: sono 20: 2 incisivi, 1 canino e 2 molari per ogni mascella e per ogni lato.
Solitamente i primi a comparire, dopo il 6° mese, sono gli incisivi inferiori, poi i superiori, i primi molari ed, infine, i canini ed i secondi molari. La dentizione decidua si completa intorno ai 3 anni. Per calcolare il numero dei denti entro i 2 anni si fa: numero dei denti=numero dei mesi – 6
o Denti permanenti: sono 32: 2 incisivi, 1 canino, 2 premolari e 3 molari. Sostituiscono progressivamente quelli decidui a partire dal 6° anno di vita. Il primo a comparire, intorno ai 6‐8 anni, è il primo molare, seguito poi da incisivi, premolari, canini ed, infine, gli altri due molari
• SNC: il neonato ha un’incompleta mielinizzazione delle vie piramidali (con ipertonia in flessione degli arti ed ipotonia del collo). Di conseguenza, prevalgono le funzioni sottocorticali, governate da riflessi primari innati, i cosiddetti riflessi arcaici, che scompaiono progressivamente con la maturazione
o Riflesso di suzione: si provoca stimolando la parte mediale delle labbra e scompare verso l’anno di età
o Riflesso dei punti cardinali: stimolando la guancia o l’angolo della bocca di un lato, il bambino ruota il capo da quel lato; scompare verso il 6° mese
o Riflesso di Moro: sollevando rapidamente per i piedi il bambino in decubito dorsale, questi abduce le braccia allargando le dita a ventaglio, poi le flette e le adduce con caratteristico atto di abbracciamento. Scompare intorno al 4° mese
o Riflesso tonico del collo (o dello schermidore): girando il capo del bambino da un lato, si ha l’estensione degli arti verso il lato in cui la testa è ruotata e la flessione di quelli controlaterali, con caratteristica posizione “a schermidore”. Scompare entro il 3° mese
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o Riflesso di prensione (grasping di mani e piedi): stimolando con un oggetto il palmo della mano o del piede, si ottiene una chiusura delle dita. Quello della mano scompare al 2°‐3° mese di vita, quello del piede al 6° mese
o Riflesso della marcia automatica: sorreggendo per le ascelle il bambino in piedi, col tronco leggermente inclinato in avanti, i piedi, a contatto col piano di appoggio, simulano la deambulazione
o Riflesso di raddrizzamento di arti inferiori e tronco: tenendo il bambino in piedi e facendogli appoggiare i piedi sul fasciatoio, per un istante si raddrizza e sostiene il peso del proprio corpo
o Riflesso di Babinski: è fisiologico fino al 18° mese o Riflessi non presenti alla nascita, ma permanenti:
Riflesso del paracadute: dando una spinta laterale ad una bambino seduto, egli estende il braccio di quel lato per proteggersi dalla caduta. Compare verso il 6° mese
Riflesso del tuffo: imprimendo al bambino sollevato da terra un movimento di flessione in avanti, i ha estensione del capo e degli arti superiori e flessione di quelli inferiori
• Apparato emolinfopoietico o Globuli rossi
alla nascita 5‐6 milioni/mm3: poliglobulia per relativa ipossia fetale endouterina: è accompagnata da volume globulare medio di 105 µ3 ed Hb sui 18‐20 g%, costituita in prevalenza da HbF. L’ematocrito è superiore al 50%
Dopo qualche giorno, per la fisiologica emolisi neonatale, globuli rossi 4,5‐5 milioni/mm3
Sostituzione di HbF con HbA al 4° mese o Globuli bianchi
alla nascita 15‐20.000/mm3: 70‐80% neutrofili e 20‐30% linfociti a partire dalla prima settimana: inversione della formula: 30‐40% neutrofili e 60‐
70% linfociti a partire dai 7 anni: pareggio della formila negli successivi: di nuovo neutrofilia
• Immunità: durante la gravidanza anticorpi materni IgG passano al feto attraverso la placenta (immunità umorale specifica passiva). Dunque, il patrimonio immunitario del neonato riflette le caratteristiche di quello materno: in altre parole, la madre trasmette al figlio solo gli anticorpi per i microrganismi con i quali è venuta in contatto. Il titolo di questi anticorpi cala progressivamente fino ad esaurirsi al 6° mese. Le IgA, invece, si trovano nel colostro e nel latte materno (pertanto, il latte materno risulta importante per le difese immunitarie del bambino, in quanto il latte artificiale è privo di queste Ig): la loro funzione consisterebbe in un’azione protettiva locale contro germi responsabili di enteriti e gastroenteriti; le IgA sono, infatti, deputate alla difesa delle mucose. Il neonato risponde alle infezioni con produzione di IgM (immunità umorale specifica attiva): poiché le IgM materna, in quanto macromolecole, non passano il filtro placentare, il dosaggio delle IgM totali e di quelle specifiche è fondamentale nella diagnosi di infezioni fetali o neonatali.
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Percentili di crescita Esiste una statura geneticamente determinata che l’individuo raggiunge se viene a trovarsi in condizioni ottimali. La deviazione standard (DS: media degli scarti, ossia la differenza tra la media ottenuta ed il valore) indica l’oscillazione dei valori in rapporto alla media. Per valutare la “normalità” della statura di un individuo, bisogna avere delle tavole, che rapportano la statura a quella degli individui del luogo. È importante considerare come GH, ormoni tiroidei e sessuali agiscono sulla maturazione ossea. La statura si considera normale se rientra tra la deviazione +/‐ 2DS Indici di pubertà, poi, sono:
• Maschi: sviluppo testicolare: i genitali maschili si modificano con: o Allungamento del pene o Ingrandimento dello scroto o Comparsa dei peli o Rugosità a livello scrotale
• Femmine: sviluppo delle mammelle o B1: niente o B2: comparsa delle mammelle o B3: stadio abbastanza avanzato con adipe retroghiandolare: solo in questa fase avviene il
menarca o B4/B5: dipendono dalla fisionomia individuale
Par. IV: Patologia neonatale Neonati di basso peso
• Un tempo si distinguevano: o Immaturo: neonato di peso < 2,5 kg, indipendentemente dalla durata della gravidanza o Prematuro: bambino nato 2 o più settimane prima del termine fisiologico della gravidanza
(cioè entro la 38° settimana)
• Oggi si preferisce parlare di “neonati di basso peso” e distinguerli in: o Neonati di basso peso, pretermine, adeguati all’età gestazionale (cioè di peso < 2,5 kg, ma
nati prima del termine della gravidanza): quindi, hanno un peso tra 3° e 97° percentile della loro età gestazionale
o Neonati di basso peso a termine, ossia piccoli per l’età gestazionale (cioè di peso < 2,5 kg, pur se nati a termine): hanno un peso < 3° percentile, che, appunto, alla 38° settimana corrisponde a 2,5 kg
o Neonati di basso peso pretermine e piccoli per l’età gestazionale: hanno un peso < 3° percentile della loro età gestazionale. Per queste ultime 2 categorie si usa anche il termine di neonati con ritardo di crescita intrauterina
• Eziologia del basso peso neonatale o Cause materne
Familiarità per immaturità o basso peso Gestosi o insufficienza placentare Anomalie del bacino o dell’utero
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Malattie infettive Primiparità attempata Iponutrizione materna Abuso di fumo, alcool o droghe
o Cause fetali Gemellarità Malformazioni: cardiopatie congenite, malformazioni dell’apparato nefro‐urinario o
digerente Cromosomopatie: malattia di Turner, trisomi Malattie infettive
o Frequenza di nascita di neonati di basso peso: 7‐8% Neonato pretermine
• Alterazioni tipiche: in questo caso, oltre al peso, anche statura (< 50 cm) e circonferenza cranica (< 35 cm) sono inferiori alla norma.
o Il prematuro risulta ipotonico, poco mobile, rilasciato, con arti estesi sul piano del letto, a differenza del bambino normale, che ha sempre ipertonia muscolare ed atteggiamento degli arti in flessione.
o La cute, ricoperta in genere da un’abbondante vernice caseosa, è sottile, translucida, maggiormente eritrocianotica e frequentemente subedematosa: tale imbibizione risulta dovuta alla scarsa escrezione urinaria di Na+ da parte di reni immaturi, il cui FG è nettamente insufficiente.
o I capelli sono sottili ed abbondanti, quasi a tipo di lanugine; le unghie risultano insufficienti a ricoprire tutto il letto ungueale
o La termoregolazione è difettosa o La frequenza cardiaca può essere più elevata di quella del neonato a termine, ossia attorno
a 160‐180 bpm; il ritmo è spesso di tipo embriocardico, cioè con toni uguali e pause disuguali
o Il respiro alla nascita è ritardato, per immaturità dei centri bulbari, spasmodico, irregolare, aritmico e talora periodico. All’esame radiologico possono apprezzarsi aree di atelettasia; sono possibili crisi di apnea
o La reazione alla visita ed all’ambiente è scarsa: il bambino è tranquillo e non piange. Importante, tuttavia, è la ricerca dei vari riflessi arcaici fisiologici del neonato, la cui assenza indica immaturità o sofferenza del SNC: si controlleranno, pertanto, i riflessi di suzione e deglutizione (in genere, presenti ma facilmente esauribili), quello tonico del collo, quello di prensione di mani e piedi e quello di Moro
o L’ossificazione è scarsa, specie nel cranio, dove le fontanelle sono particolarmente ampie e le suture diastasate. Radiologicamente, lo scheletro appare diffusamente ipomineralizzato, con una maggior facilità a condizioni di rachitismo
o Il calo ponderale è più accentuato di quello fisiologico (ossia fino al 15‐20% rispetto al fisiologico 7‐10%) e più prolungato (fino al 10°‐15° giorno), con più lento recupero del peso neonatale. Tuttavia, passate le prime settimane, l’accrescimento diventa in proporzione più veloce, raggiungendo valori normali di peso
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o Frequenti sono anche i difetti enzimatici a carico dell’apparato digerente, in particolare di lipasi e lattasi
• Malattie di più frequente riscontro o Malattia delle membrane ialine (distress respiratorio): è dovuta, nel prematuro di < 34
settimane di gestazione, all’insufficiente quantità di surfattante (sostanza tensioattiva indispensabile alla normale espansione degli alveoli, prodotta in quantità ottimale a partire dalla 34° settimana di gravidanza: in sua assenza si determina atelettasia). Insorge nel 1°‐2° giorno di vita con tachipnea, dispnea intensa, cianosi, insufficienza cardiocircolatoria secondaria ed acidosi grave
All’ascoltazione: respiro rumoroso, rantoli fini o, addirittura, silenzio respiratorio per atelectasia
All’Rx toracico: fini opacità reticolo‐granulari (a vetro smerigliato), miliariformi, zone di atelectasia
o Asfissia neonatale: è causata sia da immaturità dei centri del respiro, sia da ostruzione delle vie aeree superiori. Ne consegue un’anossia con encefalopatia ipossico‐ischemica e rischio di PCI
o Apnea ricorrente: è anch’essa legata ad immaturità dei centri nervosi respiratori. Può essere di breve o lunga durata e predispone all’insorgenza della sindrome della morte improvvisa (SIDS)
o Polmonite da Pneumocystis Carinii o Sepsi: è una temibile conseguenza del deficit immunitario caratteristico del pretermine, che
riceve meno anticorpi materni per via transplacentare e risponde alle infezioni producendo IgM molto lentamente. Segni aspecifici di infezione del neonato sono:
Febbre o ipotermia Cute pallida e fredda, cianosi Malessere Ipotensione con tachicardia Difficoltà all’alimentazione Sclerodermia alle estremità SNC: convulsioni, letargia, iporeflessia, ipotonia GI: vomito, diarrea, anoressia SR: dispnea, apnea, pianto acuto
o Enteriti fino al’enterocolite necrotizzante o Manifestazioni emorragiche: sono dovute a deficit di vitamina K, immaturità epatica (deficit
di fattori della coagulazione), fragilità vasale (deficit di vitamina E, ipossia) e possono comprendere cefaloematoma esterno, melena, emorragie polmonari o endocraniche (responsabili di danno neurologico a distanza)
o Ipoglicemia: compare sempre alla nascita, ma la glicemia non è mai < 35 mg/dL A rischio
• Neonati pretermine
• Neonati ipossico‐anossici
• Neonati con iperinsulinismo
• Neonati da madre diabetica o con diabete gestazionale
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Quadro clinico: si presenta con tremori, convulsioni, tachipnea, cianosi, ipotonia, sonnolenza marcata, ipotermia, tachicardia, difficoltà ad alimentarsi. Se prolungato, può causare danni neurologici
o Ittero fisiologico più accentuato e pericoloso o Ipocalcemia: si presenta con irritabilità, tremori, crisi di tetania, convulsioni, episodi di
apnea e cianosi, sintomi aspecifici come vomito e sonnolenza o Retinopatia: è dovuta all’immaturità della retina, all’ipossia ed alla prolungata
ossigenoterapia ad alte concentrazioni, che può determinare vasocostrizione retinica e successiva anomala vasoproliferazione. Quest’ultima, nella maggior parte dei casi, si limita alla periferia retinica, con lieve danno del visus, ma può estendersi alle zone centrali con grave compromissione permanente della vista. Risulta quindi indispensabile un controllo della PaO2, nonché un precoce ed accurato follow‐up oculistico nei soggetti sottoposti ad ossigenoterapia
o Anemia ipocromica da carenza di Fe dopo il 3° mese o Rachitismo da deficit di Ca dopo il 1° semestre
• Assistenza o Prima della nascita
Se possibile, somministrare vit. K ed E alla madre prima del parto Evitare l’anossia fetale durante il travaglio
• Somministrazione di O2 ad intermittenza alla madre
• Evitare farmaci spasmolitici, che prolungano l’apnea
• Taglio cesareo se il parto si presenta difficile Profilassi del distress respiratorio tramite somministrazione di cortisonici alla mdre
o Alla nascita Praticare subito la disostruzione delle vie aeree superiori, evitare qualsiasi manovra
traumatizzante per stimolare l’inizio della respirazione, evitare gli analettici respiratori (che sono convulsivanti), procedere all’ossigenoterapia e, se necessario, all’intubazione oro‐tracheale
Svuotare mediante sondino N‐G lo stomaco dal liquido amniotico, onde evitare la broncopolmonite ab ingestis per il frequente vomito e l’insufficienza del riflesso di deglutizione
Evitare il bagno e la somministrazione indiscriminata di antibiotici Tenere il bambino, per le difficoltà di termoregolazione, al caldo Sistemare, per favorire una rapida stabilizzazione, il bambino in incubatrice, cioè in
una culla a cielo coperto, completamente isolata dall’ambiente esterno, nella quale siano costanti temperatura, umidità e concentrazione di O2: durante il soggiorno in incubatrice è fondamentale la stretta osservanza delle regole dell’asepsi, consistenti nella disinfezione e sterilizzazione di tutto ciò con cui viene a contatto il bambino. Il calore dell’incubatrice, infatti, risulta favorevole allo sviluppo dei germi
Ricordando che il neonato di età < 34 settimane o di peso corporeo < 1,5 kg presenta immaturità nei riflessi della suzione e della deglutizione, con rischio di soffocamento e di polmonite ab ingestis, va nutrito con sondino N‐G o, se affetto da distress respiratorio o da altre patologie gravie, per via ev (alimentazione parenterale totale)
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Iniziare l’alimentazione con gradualità, ma precocemente, nelle prime ore di vita, per ridurre il rischio di ipoglicemia: soluzione glucosata al 5%; successivemente, se disponibile, latte materno
Possibile integrazione con acido folico, vit. C, D, E e Fe Somministrazione di piccole quantità di vit. K come prevenzione di malattie
ematologiche In caso di distress respiratorio
• Ossigenoterapia mediante intubazione e ventilazione meccanica
• Somministrazione endotracheale di surfattante di origine animale o sintetica
• Correzione dell’acidosi
• Profilassi antibiotica delle infezioni In caso di asfissia neonatale: ventilazione con maschera o intubazione con
somministrazione di O2 e terapia dell’acidosi con soluzione di bicarbonato ev In caso di ipoglicemia: soluzione glucosata al 10‐20% ev seguita da fleboclisi
glucosata al 5‐10% In caso di ipocalcemia: calcio gluconato al 100% ev In caso di ittero: fototerapia e terapia ev di glucosata al 5‐10%;
exanguinotrasfusione in caso di raggiungimento di livelli critici In caso di anemia: somministrazione di EPO e di Fe (dato che è la più sideropenica)
o trasfusioni ripetute o In seguito (dopo le dimissioni dal centro di terapia intensiva o subintensiva)
Frequenti controlli pediatrici generali con particolare riguardo alla crescita, allo sviluppo neurologico ed alla prevenzione dell’anemia ipocromico (Fe ed acido folico per os dal 2° mese) e del rachitismo (calcio e vit D per os)
Visita oculistica ed esame audiometrico Neonato piccolo per l’età gestazionale
• Aspetto clinico: in quanto in genere neonato a termine, anche se di basso peso, la maturazione dei principali organi è quasi sempre sufficiente, per cui l’aspetto è ben diverso da quello del pretermine e più simile a quello del neonato normale. Nell’ambito di questo gruppo, comunque, si possono distinguere:
o Neonati geneticamente piccoli, ma simmetrici: crescendo, resteranno piccoli come i genitori
o Neonati piccoli perché cresciuti in condizioni di insufficienza placentare cronica, anch’essi proporzionati, ma ipocellulati, con accrescimento postnatale sempre scarso, anche se i loro genitori non sono piccoli
o Neonati piccoli per insufficienza placentare acuta (nelle ultime settimane di gestazione), asimmetrici, che hanno le caratteristiche del “dismaturo”: alterazioni cutanee (ipotrofia, secchezza, cute sollevabile in pieghe per scarsità di tessuto sottocutaneo, disidratazione, desquamazione), peso basso, ma statura e circonferenza cranica normali. Tale sproporzione testimonia il dimagrimento fetale avvenuto nelle ultime settimane di gestazione. Questi ultimi due gruppi rappresentano i veri soggetti con ritardo di crescita intrauterina
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• Malattie di più frequente riscontro: solo il dismaturo è predisposto ad alcune malattie in epoca neonatale:
o In relazione alla sofferenza fetale Asfissia per aspirazione di meconio alla nascita Emorragie cerebrali
o In relazione alla malnutrizione: carenza di glicogeno epatico e di tessuto adiposo sottocutaneo:
Ipoglicemia > acidosi Ipotermia > acidosi
o In relazione alle minori difesa immunitarie: infezione e sepsi
• Assistenza o Praticare subito la disostruzione delle vie aeree superiori e rianimare il neonato in caso di
necessità o Terapia antibiotica in caso di broncopolmoniti da aspirazione o Profilassi antiemorragica con vit K o Prevenzione dell’ipoglicemia con alimentazione precoce e flebo glucosate al 5% o al 10% o Bicarbonato ev in caso di acidosi o Prevenzione dell’ipotermia: sistemazione in incubatrice opportunamente riscaldata o Prevenzione delle infezioni: scrupolosa asepsi
Neonato post‐termine Si definisce post‐termine il bambino nato dopo la 42° settimana di gestazione; spesso presenta segni clinici riferibili a malnutrizione da senescenza placentare.
• Eziologia o Cause materni (più frequenti)
Disturbi endocrini con iperincrezione di progesterone e riduzione di estrogeni Ereditarietà Riposo a letto
o Cause fetali (più rare) Anomalie di posizione del feto nell’utero Sindrome di Down Miopatie e cerebropatie Ipotiroidismo
• Aspetto clinico o La ridotto nutrizione comporta un peso neonatale lievemente inferiore alla norma, mentre
la lunghezza è per lo più superiore con una maturazione ossea più accentuata (grande evidenza radiologica del nucleo di Béclard dell’epifisi distale del femore e comparsa del nucleo prossimale alla tibia): ne deriva, dunque, una dissociazione staturo‐ponderale
o Facies vecchieggiante, triangolare, con occhi infossati e rughe per la riduzione del pannicolo adiposo sottocutaneo
o Capelli ed unghie più sviluppati del normale o Cute asciutta, desquamante, ricca di pieghe o Vernice caseosa assente o Vivace reazione all’ambiente ed espressione attenta e vigile o Calo ponderale inferiore alla norma
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• Complicanze: sono quelle di un neonato piccolo per età gestazionale (vedi dietro)
• Diagnosi o Anamnesi o Ecografia fetale: valutazione del diametro biparietale del cranio del feto, della lunghezza
del femore e della lunghezza delle circonferenze cranica ed addominale o Amnioscopia: assenza di fiocchi di vernice caseosa e possibile presenza di meconio nel
liquido amniotico o Riduzione degli estrogeni e delle gonadotropine urinarie negli ultimi giorni per senescenza
placentare
• Terapia: ossigeno, soluzione glucosata ev, bicarbonato ed antibiotici secondo necessità Neonato di madre diabetica
• Peso elevato per età gestazionale
• Aspetto cushingoide edematoso, pletorico e macrosomico
• Ipereccitabilità, tremore
• Letargia, ipotonia
• Ipocalcemia, ipomagnesemia, iperbilirubinemia
• Sindrome da distress respiratorio
• Insufficienza cardiaca
• Anomalie congenite, policitemia
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Cap. 2: ALIMENTAZIONE DEL LATTANTE Par. I: Caratteristiche generali Introduzione
• Richiesta di nutrienti: è regolata da caratteristiche genetico‐metaboliche e deve condurre ad un accrescimento ottimale senza stati di insufficienza energetica, minerale o vitaminica. La dieta nell’infanzia deve essere varia. In Italia, l’Istituto per la Nutrizione ha stabilito Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti (LARN) più elevati: dai 5 ai 12 mesi il LARN di proteine è di 15‐19 g, di acidi grassi essenziali ω3 di 4 g e di ω6 di 0,5 g
• Acqua: il contenuto di acqua del lattante è superiore a quello di un adulto, cioè pari al 75‐80% contro il 55‐60%; sono soprattutto LEC e, di conseguenza, le perdite devono essere reintegrate velocemente
o Fabbisogno: il lattante necessita di maggior quantità di acqua/kg e, quindi, il fabbisogno risulta aumentato (13‐15% del peso corporeo contro il 2‐4% dell’adulto) e dipende da
Consumo metabolico (5‐10%) Perspiratio insensibilis (40‐50%) Urine (40‐50%) Feci (3‐10%)
o Fabbisogno medio (mL/kg) Nei primi giorni: 80‐100 A 10 giorni: 125‐150 3 mesi: 140‐160 6 mesi: 130‐155 9 mesi: 125‐145 1 anno: 120‐135
• Calorie: il fabbisogno calorico varia a seconda dell’età e delle condizioni. Nel primo anno è di circa 100 kcal/kg, a 6 anni di 80, a 12 anni di 60 ed a 18 di 40. L’apporto di macronutrienti nei primi 6 mesi di allattamento al seno è coperto per il 6‐8% da proteine, per il 41‐43% dai carboidrati e 52‐54% dai grassi. Successivamente, il totale delle calorie dovrebbe essere così ripartito: proteine 8‐12%, carboidrati 52‐62%, grassi 30‐34%
o Proteine: le proteine vegetali hanno un valore biologico inferiore a quelle animali Aminoacidi essenziali: non sintetizzati dall’organismo devono essere introdotti AA non essenziali: sono sintetizzati dall’organismo
o Carboidrati: partecipano in maggior misura alle spese energetiche; in loro mancanza, vengono mobilizzati grassi e proteine. Vengono immagazzinati nei muscoli e nel fegato come glicogeno e liberati con processi glicogenolitici
o Grassi: sono rappresentati essenzialmente da trigliceridi e sono i principali costituenti delle membrane cellulari. Rappresentano la maggior fonte energetica del neonato e veicolano alcune vitamine (A, D, E, K). Gli acidi grassi polinsaturi, quali acido linoleico ed acido linolenico, essenziali per la sintesi di acido arachidonico, importante per il normale sviluppo e funzionamento del SNC, non sono sintetizzati dall’organismo. Il latte materno contiene il 4‐5% del totale calorico di acidi grassi essenziali
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Allattamento Circa il 90% delle madri inizia, entro il 1° mese, l’allattamento al seno; meno del 45% prosegue al 3°‐4° mese ed a 6 mesi solo una mamma su 3 continua ad allattare. Si ricorda l’importanza di poppate di soluzione fisiologica glucosata prima della montata lattea, che avviene 24‐48 ore dopo il parto, per evitare l’ipoglicemia da digiuno. L’allattamento al seno assicura per i primi 6 mesi un adeguato fabbisogno nutrizionale e non c’è la necessità di introduzione di multivitaminici, ferro e vitamina D. L’allattamento, inoltre, consente di riprendere la forma fisica e non vi è controindicazione all’attività sportiva.
• Problemi di buon avvio o Assenza di “rooming in” (mamma e bambino nella stessa stanza) ed allattamento a
richeista o Istruzioni fuorvianti alla dimissione o Mancanza di adeguato supporto dopo la dimissione o Ritardato contatto con il proprio pediatra o Necessità della mamma
Rassicurazione che il latte è sufficiente Aiuto a superare le difficoltà dell’allattamento Aiuto in caso di impossibilità o difficoltà nell’allattare
• Latte materno: per la sua ricchezza compositiva e l’equilibrio qualitativo dei suoi nutrienti risulta irriproducibile. Il latte umano, inoltre, non è identico ad ogni poppata: infatti, modifica continuamente i suoi ingredienti non solo in rapporto alla dieta materna, ma soprattutto in funzione delle differenti esigenze del piccolo. Fattori bioattivi (ormoni, fattori di crescita, citochine, nutrienti quali nucleotidi e lattoferrina) sono responsabili di ben più complesse funzioni e sono capaci di soccorrere neonato e lattante nelle difficili fasi iniziali
• Colostro: è il primo latte, nei primi 5 giorni di vita del neonato. Nutre adeguatamente il piccolo e lo difende accuratamente:
o Funzione protettiva: è superiore a quella del latte umano e viene svolta da macrofagi (80%), neutrofili, linfociti ed anticorpi
o Funzione nutritiva: risulta preziosa per l’elevato contenuto di proteine e Sali minerali
• Latte di transizione: dal 6° al 10° giorno
• Latte maturo o Proteine: caseina 40%, sieroproteine 60% o Abbondanti nucleotidi o Abbondanti acidi grassi insaturi o Lattosio o Calcio e fosforo abbondanti o Scarso ferro o Contenuto vitaminico sufficiente, eccetto di vit. D o 75 kcal/100 Ml
• Allattamento al seno o Nel neonato
Adeguato fabbisogno nutizionale Garantisce lo sviluppo Riduzione malattie allergiche Azione antinfiammatoria
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Prevenzione ipercolesterolemia Prevenzione carenza di Fe Costituzione di una flora batterica intestinale ottimale Protezione immunitaria
o Nella madre Smaltimento del grasso ottenuto in gravidanza Stimolo del rilascio di ossitocina che induce le contrazioni uterine
• Dieta materna durante l’allattamento al seno o Incremento apporto calorico proporzionale al latte prodotto: fabbisogno calorico
aggiuntivo o Nei primi 6 mesi dopo il parto: perdita di peso materna di circa 0,5 kg/mese con riduzione
del fabbisogno calorico di 120 kcal/giorno
• Regolazione della secrezione lattea: componenti nervose ed endocrine effettuano la regolazione: o Stimolazione terminazione nervose del capezzolo con la suzione o Riflesso di secrezione o Secrezione di
PL: agisce sui dotti e sugli acini della ghiandola mammaria Ossitocina: determina contrazioni ed involuzione uterina
• Considerazioni generali o L’allattamento va iniziato più precocemente possibile, non oltre le prime 6‐8 ore di vita o I capezzoli vanno detersi solo con acqua tiepida, asciugandoli delicatamente o Prima della poppata sarebbe necessario massaggiare il seno, facendo leggere compressioni
per favorire la fuoriuscita di latte o Il piccolo va attaccato alla mammella che ha lavorato per ultima, in modo da svuotarla
completamente o Non esiste una posizione ideale per allattare o Nel giro di 2 minuti, il lattante è in grado di estrarre il 50% del latte o Il tempo di allattamento è di 15‐20 minuti o Al termine della poppata, occorre porre il neonato in posizione verticale per il ruttino o L’allattamento al seno dovrebbe iniziare entro le 12 ore dalla nascita ed il piccolo dovrebbe
esser portato alla madre ogni 3 ore di giorno e 4 ore di notte o Lo svuotamento gastrico varia da 1 a 4 ore e ciò influenza il desiderio di cibo del lattante o Nella maggior parte dei lattanti la richiesta è di 6‐8 pasti al giorno o Il lattante dovrebbe succhiare da entrambe le mammelle ad ogni poppata
• Parametri per valutare se il lattante mangia o Comportamento o Feci: vn 2‐7/giorno o Urine: vn 5‐7giorno o Buon accrescimento: i piccoli allattati al feto, comunque, presentano una crescita minore
rispetto agli allattati artificialmente. Se l’allattato al seno nei primi 3 mesi di vita cresce meno di 150 g/settimana, si può introdurre un supplemento alimentare costituito da latte artificiale
• Cosa passa nel latte materno: passano sostanze come l’alcool e le molecole di alcuni alimenti, che danno un particolare odore e sapore; inoltre, passano molte droghe e molti farmaci. Tuttavia, la
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maggior parte dei farmaci, tranne quelli che passano in gran quantità, può esser somministrata alla madre che allatta. Farmaci che richiedono un’attenta valutazione sono:
o FANS: in particolare, paracetamolo o Antimicrobici: CAF, tetracicline o Nicotina, antidepressivi (ma ammessi i triciclici) e litio o Chemioterapici o Farmaci endocrini (ma ammesse tiroxina ed insulina)
• Problemi e difficoltà o Materni
Ipogalattia o agalattia Anomalie del capezzolo (piatto od introflesso) Ingorgo materno per inadeguato svuotamento: una borsa d’acqua calda scioglie
l’ingorgo e, nel giro di pochi minuti, si risolve il problema Capezzolo dolente in 2°‐3° giornata per irritazione dei dotti galattofori Ragade o fissurazione dolorosa Mastite
o Neonatali Rigurgito Riniti Colicheite Malformazioni come labio‐palatoschisi
• Controindicazioni all’allattamento o Materne permanenti: macrosomia del capezzolo, cardiopatia scompensata, nefropatie,
epatopatie infettivi, emopatie, alcolismo, tumori, endocrinopatie, difterite, TBC attiva, pertosse, HIV, tossicodipendenza
o Materne temporanee: mastite suppurativa, ragadi, scarlattina, polmonite, bronchite, HZV, EBV
Allattamento artificiale
• Latte vaccino: o Contenuto: ha un contenuto proteico maggiore rispetto al latte umano (caseina: 80‐90%). Il
contenuto di lipidi è leggermente inferiore, ma diversa è la composizione qualitativa (acidi grassi insaturi sono di meno, mentre prevalgono quelli saturi, come l’acido palmitico, che irritano la mucosa GI: ne conseguono feci cretacee). Altre considerazioni sono:
Lattosio in quantità inferiore Minerali in quantità triplo Ferro scarso Vit D scarso, ma vitamine idrosolubili più elevate
o Non viene più consigliato nel primo anno di vita per: Possibili microemorragie GI e conseguente anemia sideropenica Eccesso di acidi grassi saturi e difetto di quelli essenziali Elevato carico proteico Elevato carico di Sali
o Si preferiscono, dunque, latti artificiali preparati, che riducono il carico proteico ed i Sali, sostituendo i grassi saturi con oli vegetali ricchi di acidi grassi insaturi
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• Latti adattati: derivano tutti dal latte vaccino opportunamente trattato e devono avere le seguenti caratteristiche:
o Non devono contenere amido, miele, sostanze addensanti, fattori di crescita o Non devono essere acidificati o Devono essere a bassa concentrazione salina o Valore calorico 62‐72 kcal/dL o Grassi tali da fornire il 50% delle calorie totali con il 50% di grassi insaturi o Proteine intorno al 10% delle calorie o Carboidrati costituiti da lattosio
• Latti parzialmente adattati: hanno un contenuto di grassi leggermente interiore agli adattati, proteine lievemente superiori; contengono, in aggiunta al lattosio, altri carboidrati, quali mallodestrina, amido, saccarosio e monosaccaridi. Sono indicati in caso di eccessiva fermentazione del lattosio
• Latti acidificati: l’acidificazione consente una migliore flocculazione della caseina
• Latti di proseguimento: vengono utilizzati dal 5°‐6° mese e necessitano dell’aggiunta di Fe
• Latti ipoallergenici o Latte di soia: ha discreta palatabilità, costo basso, accrescimento comparabile a quelli
nutriti con latte vaccino o Latte a base di riso o Latti idrosilati proteici spinti: trovano indicazioni nell’intolleranza proteica del latte vaccino o Latti poveri dei lattosio: nelle intolleranze secondarie al lattosio
Latte a base di aminoacidi di sintesi: efficaci nella allergia proteica del latte vaccino e nell’allergia gli idrosilati, hanno ottimo potere nutrizionale, scarsa palatabilità e basso costo
o Latte alternativo di origine animale
• Latte per il pretermine o Componente proteica più elevata o Lattosio e maltodestrine o Grassi trigliceridi a catena media e polinsaturi a catena lunga o Aggiunta di taurina e carnitina
Divezzamento È il passaggio da una dieta esclusivamente lattea ad una dieta in cui vengono gradualmente introdotti altri cibi, per lo più solidi, a partire dal 6° mese.
• Fattori importanti di cui tener conto o Usi regionali e familiari o Preferenze dimostrate dal bambino o Elasticità delle dosi per evitare iperalimientazione o Appetito del bambino: è il miglior indice di dose giusta
• Pappe o Prima pappa
3‐4 pasti di latte 1 pasto con pappa in brodo vegetale
o Seconda pappa 2 pasti di latte
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2 pappe in brodo vegetale o di carne 1 cucchiaino di parmigiano ed uno di olio d’oliva 1 frutto omogeneizzato o grattuggiato
o Ad 8‐10 mesi Come sopra + 1 merenda: dessert di latte o di frutta (no fruttolo!) o 1 vasetto di yogurt
o A 10‐12 mesi Come sopra + Possibile aggiunta di tuorlo d’uovo
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CAP. 3: PATOLOGIE DEL SISTEMA RESPIRATORIO Par. I: Asma Caratteristiche generali L’asma bronchiale è una malattia cronica delle vie aeree, caratterizzata da ostruzione bronchiale, più o meno accessionale, solitamente reversibile spontaneamente od in seguito alla terapia, da iperreattività bronchiale e da un accelerato declino della funzionalità respiratoria, che può evolvere in alcuni casi in un’ostruzione irreversibile. L’asma è la causa più frequente delle malattie croniche dell’infanzia ed è al primo posto tra le malattie croniche responsabili dell’ospedalizzazione dei bambini. Nella patogenesi di queste alterazioni giocano un ruolo numerosi meccanismi, tra cui l’infiltrazione di cellule infiammatorie, il rilascio di mediatori ed il rimodellamento strutturale delle vie aeree. Clinicamente si manifesta con episodi reversibili di dispnea, respiro sibilante (fischio o wheezing), tosse con senso di costrizione toracica, la cui intensità varia in rapporto all’ostruzione bronchiale ed al grado della percezione da parte del paziente. Fattori di rischio
• Individuali: predispongono l’individuo all’asma o Predisposizione genetica: nella maggior parte degli individui il sistema immunitario si
indirizza verso il profilo citochinico TH1, durante e dopo esposizione a vari antigeni infettivi dell’infanzia. Tale profilo citochinico facilita le normali reazioni “non allergiche” alle comuni esposizioni ambientali. Nei soggetti asmatici, invece, vi sarebbe uno spostamento verso il profilo TH2: tale profilo facilita, tramite ad esempio la produzione di IgE, le reazioni allergiche alle comuni esposizioni ambientali
o Atopia: è la predisposizione genetica a sviluppare reazioni anafilattiche localizzate in seguito a contatto, ingestione, inoculazione od inalazione di allergeni. È caratterizzata dalla produzione di grandi quantità di IgE contro allergeni ubiquitari
o Iperresponsività delle vie aeree o Sesso o Etnia o Obesità: l’aumento dei livelli di leptina, fattore pro‐infiammatorio, favorisce l’asma
• Ambientali: aumentano le riacutizzazioni ed influenzano la possibilità di sviluppare asma in soggetti predisposti
o Allergeni Domestici: acari ed animali domestici, animali a pelo, scarafaggi, miceti Esterni: piante erbacee ed arboree, altri animali, miceti
o Sensibilizzanti professionali o Fumo di tabacco attivo e passivo o Inquinamento atmosferico o Infezioni delle vie respiratorie o Additivi alimentari e farmaci: alcuni tipi di alimentazione comuni nella società occidentale
sono stati correlati con una maggior frequenza di atopia ed asma. Inoltre, anche l’utilizzo di alcuni antibiotici ed antipiretici, nonché di terapia ormonale sostitutiva, è stato correlato con il rischio di asma.
o Fattori socio‐economici e familiari
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o Stili di vita in ambienti interni o Stress ed altri fattori psico‐sociali o Rinite: nel 70‐80% dei pazienti che sviluppano asma si è avuta rinite
Patogenesi Alla nascita e durante la prima infanzia c’è un’insufficiente maturazione della funzione TH1 (responsabile della risposta cellulo‐mediata) con spostamento verso quella TH2 (responsabile della produzione di anticorpi). Con la maturazione e l’esposizione agli agenti patogeni microbici (in particolare quelli batterici) normalmente avviene una stimolazione del sito TH1 con ristabilimento dell’equilibrio tra le due funzioni; in caso di asma, invece, quest’equilibrio non sarebbe raggiunto. È interessante notare, inoltre, come alcune esposizioni ambientali, tradizionalmente considerate come causanti ed aggravanti la patologia, potrebbero in realtà essere protettive rispetto ad atopia ed asma:
• Contatto con animali nelle prime fasi della vita in soggetti non sensibilizzati verso l’antigene
• Inalazione di endotossine nelle prime fasi della vita in soggetti non affetti da asma
• Dieta ricca di ω3 e di antiossidanti (frutta e verdura) Popolazioni di bambini
• Respiro sibilante transiente: caratterizza o Nati di basso peso: è legato, per le alterazioni delle vie aeree, ad un fattore meccanico e
recede, spesso, entro i 3 anni o Fumatrici in gravidanza
• Respiro sibilante non atopico: si sviluppa dopo i 3 anni, ma recede a 6‐7 anni e caratterizza quelli con infezioni respiratorie importanti (bronchiolite, virus respiratorio sinciziale, batteri atipici). L’iperreattività bronchiale è transitoria ed indotta da neutrofili piuttosto che da eosinofili. I sintomi si esacerbano con esercizio fisico e raffreddore
• Respiro sibilante con asma ed aumento di IgE: è indice di allergia ed è, quindi, tipico di un bambino asmatico vero e proprio. Compare dopo i 6 anni ed accompagna l’individuo per tutta la vita con diminuzione della capacità respiratoria
Diagnosi
• Anamnesi: a suggerire la diagnosi di asma sono i sintomi (episodi di dispnea, respiro sibilante, costrizione toracica) e la scoperta di fattori di rischio (atopia, familiarità). Durante la visita, le domande da porre al paziente sono:
o Ha episodi di respiro sibilante? o Ha tosse notturna? o Sente sibili o ha tosse dopo uno sforzo? o Manifesta sibili, costrizione toracica o tosse dopo esposizione ad allergeni ambientali,
aerotrasportati od inquinanti atmosferici? o Dopo un raffreddore avverte disturbi toracici? o Dopo la somministrazione di farmaci (quali?) i sintomi rimangono?
• Esame obiettivo: nelle fasi intercritiche può risultare normale, mentre nelle fasi di riacutizzazione il paziente si mostra tachipnoico, sofferente e spesso in posizione semiortopnoica; nei casi più gravi, in cui il respiro sibilante può essere assente per l’ipoventilazione, sono presenti cianosi, tachicardia e sudorazione profusa. Comunque, all’esame obiettivo si rivelano:
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o Ispezione: torace iperinflato ed in atteggiamento inspiratorio (espanso), muscoli accessori contratti
o Palpazione: modesta riduzione del FVT o Percussione: ipofonesi diffusa compatibile con l’iperinflazione o Auscultazione: ronchi gementi o sibilanti, prevalntemente inspiratori
• Prove di funzionalità respiratoria o Valutazione di:
VEMS (o FEV1): volume espiratorio massimo al secondo CFV: capacità vitale forzata Variabilità quotidiana del PEF: picco di flusso espiratorio
o Metodi Spirometria: identifica l’ostruzione al flusso aereo e valuta la risposta terapeutica e
l’andamento della malattia; può esser svolta a partire dai 5‐6 anni di età. In un polmone normale, la limitazione al flusso aereo in espirazione forzata è rappresentata da un rapporto VEMS/CVF > 80% nell’adulto e 90% del bambino; qualsiasi valore minore è suggestivo di limitazione del flusso aereo. In tal caso, la diagnosi di asma può esser confermata da:
• Test di reversibilità: consiste nella somministrazione di salbutamolo per via inalatoria in 4 dosi successive da 100 µg con spaziatore. Dopo 15 minuti si ripete la spirometria e, in caso di incremento del 12% del VEMS e/o del FVC, ciò costituisce una prova positiva e rafforza la diagnosi di asma
Test di provocazione bronchiale aspecifica con metacolina o istamina o test da sforzo: possono esser utili in caso di pazienti con frequenti sintomi d’asma, ma funzionalità respiratoria nella norma. Il test con metacolina, per la scarsità di effetti collaterali e la buona riproducibilità, è il metodo più usato per lo studio della reattività bronchiale
Prove allergologiche: nell’asma, infatti, occorre valutare la presenza di una componente atopica. Si tratta di test utili non nella diagnosi di asma, ma nell’identificazione di uno dei principali fattori predisponenti, ovvero, appunto, la presenza dell’atopia
• I livello: test cutanei: skin prick test
• II livello: misurazione di IgE specifiche sieriche
• Indagare circa la presenza di rinite e rinosinusite, di intolleranze alimentari o farmacologiche (aspirina) e di RGE
Classificazione In via preliminare, occorre considerare i criteri diagnostici di asma pediatrico, predittivi al 72% in bambini in età scolare in presenza di un criterio maggiore e due minori:
• Criteri maggiori o Un genitore con asma o Dermatite atopica o Sensibilizzazione all’allergene
• Criteri minori o Sensibilizzazione agli alimenti o Respiro sibilante al di fuori di episodi infettivi
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o Eosinofili > 7% L’asma si classifica in:
• LIVELLO 1: Intermittente o Sintomi meno di una volta a settimana o Riacutizzazioni di breve durata o Sintomi notturni non più di due volte al mese o VEMS ≥ 80% del predetto o PEF ≥ 80% del miglior risultato personale o Variabilità del PEF o VEMS < 20%
• LIVELLO 2: Lieve persistente o Sintomi più di una volta a settimana ma meno di una volta al giorno o Riacutizzazioni che possono limitare le attività e il riposo notturno o Sintomi notturni più di due volte al mese o VEMS ≥ 80% del predetto o PEF ≥ 80% del miglior risultato personale o Variabilità del PEF o VEMS 20‐30%
• LIVELLO 3: Persistente di media gravità o Sintomi giornalieri o Riacutizzazioni che possono limitare le attività e il riposo notturno o Sintomi notturni più di una volta alla settimana o Utilizzo giornaliero di β2‐agonisti inalatori a breve durata d’azione o VEMS 60‐80% del predetto o PEF 60‐80 %del miglior risultato personale o Variabilità del PEF o VEMS > 30%
• LIVELLO 4: Grave persistente o Sintomi giornalieri o Riacutizzazioni frequenti o Frequenti sintomi di asma notturno o Limitazione delle attività fisiche o VEMS ≤ 60% del predetto o PEF ≤ 60%del miglior risultato personale o Variabilità del PEF o VEMS > 30%
Terapia
• Farmaci o Per il controllo
Coricosteroidi (CS) inalatori β2‐agonisti a lunga durata d’azione (LABA) antagonisti recettoriali dei LT CS orali Metilxantine a lento rilascio: teofillina Cromoni
o Per il sollievo dei sintomi β2‐agonisti a rapida azione CS sistemici Anticolinergici Teofillina ad azione rapida
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• Terapia o livello 1: β2‐agonisti a breve durata al bisogno (sempre indicati, anche negli altri livelli, per
il sollievo momentaneo) o livello 2:
di fondo: CSinalatori a bassa dose altre opzioni: anti leucotrieni, cromoni
o livello 3 di fondo: CSinalatori a bassa dose + LABA altre opzioni
• CSI a bassa dose + anti leucotrieni
• CSI a bassa dose + teofilline‐LR
• CSI a dose medio‐alta o livello 4
di fondo: CSI a media dose + LABA in aggiunta di 1 o + tra anti leucotrienie teofilline‐LR
Immunoterapia specifica L'immunoterapia allergene‐specifica consiste nella somministrazione al soggetto allergico di dosi crescenti di allergene (pollini, acari, muffe), fino a raggiungere una dose tale da ridurre i sintomi dovuti all'allergene causale. Finora l'ITS si é dimostrata efficace nei pazienti affetti da rinocongiuntivite, asma allergico e con reazioni allergiche a punture di imenotteri (ape, vespa, calabrone). L'ITS é indicata solo per i pazienti con un'allergia IgE‐mediata, ossia un'allergia documentata da test allergologici quali il PRICK e il RAST: rinocongiuntivite allergica, asma allergico e allergia al veleno di imenotteri. Riacutizzazioni asmatiche Consistono in un marcato, spesso progressivo, deterioramento dei sintomi di asma e dell’ostruzione bronchiale, che compaiono nello spazio di ore o giorni, e che possono durare fino a qualche settimana. Le riacutizzazioni dovrebbero esser distinte dai periodi di scarso controllo terapeutico:
• Fattori di rischio per riacutizzazioni asmatiche o Infezioni delle vie respiratorie, sia virali che batteriche o Allergeni ed inquinanti atmosferici (interni come il fumo o esterni come quelli urbani ed
industriali) o Esercizio fisico o Farmaci ed alimenti
• Tipologie o Lievi‐moderate
Trattabili in ambulatorio β2‐agonisti short‐acting + corticosteroidi per os ad alte dosi, in brevi cicli di 3‐5
giorni: l’uso di CS riduce i tempi di recupero, la necessità di ricovero e migliora la funzionalità respiratoria
o Severe Sono emergenze mediche potenzialmente fatali β2‐agonisti short‐acting con dosaggio in relazione alla gravità + CS per via sistemica
ed ossigenoterapia
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monitoraggio con valutazione della funzione respiratoria e della saturazione arteriosa e dell’emogasanalisi
Considerazioni sull’asma in pediatria Potrebbe esser difficile fare una diagnosi certa di asma nei bambini molto piccoli: non si riesce, infatti, a misurare con certezza la funzionalità polmonare, per l’incapacità dei bambini ad eseguire il “picco di flusso” od altri test polmonari. Può anche esservi una mancata consapevolezza ed una scarsa tendenza a comunicare i sintomi da parte del bambino. Inoltre, la diagnosi si presta particolarmente difficile in quei bambini in cui il fischio si associa ad infezioni respiratorie. Comunque, è importante sospettare l’asma in caso in cui il bambino presenta ripetuti episodi di bronchiti con affanno, bronchioliti ricorrenti, tosse cronica o malattie ricorrenti delle vie aeree. Altra considerazione decisiva è il peggioramento della sintomatologia in presenza di infezioni virali, fumo, allergeni, esercizio fisico o particolari condizioni climatiche, nonché durante la notte.
Par. II: Bronchiolite Caratteristiche generali È una malattia infettiva acuta del lattante, che si osserva nei primi 2 anni di vita, ma soprattutto nei primi 6 mesi (70%), di origine per lo più virale (virus sinciziale respiratorio, 50%; virus parainfluenzali, 25%; adenovirus, 5%; rinovirus, virus influenzali, enterovirus, herpesvirus), ma anche da mycoplasma o, nei lattanti prima dei 3 mesi, da Chlamydia Trachomatis. Occorre, ancora, considerare come l’eziologia da VRS sia inversamente proporzionale all’età del bambino (quindi, è più frequente nei primi 3‐6 mesi). Insorge, inoltre, di solito in inverno‐primavera. Altre considerazioni sul VRS riguardano:
• Fattori patogeni o Glicoproteina G: consente l’adesione alle cellule respiratorie o Glicoproteina F: consente l’invasione delle cellule
• Trasmissione: avviene a seguito di infezioni naso‐faringee (porta d’ingresso è la mucosa di queste sedi)
• Fattori di rischio o Bassi livelli socio‐economici o Fratelli o sorelle in età scolare o Mancanza di allattamento materno o Frequenza dell’asilo o Fumo passivo
• Epidemiologia: il 66% dei bambini contrae l’infezione da VRS nel primo anno di vita e l’82% entro il secondo anno. Di questi, il 30‐40% sviluppa sintomi da infezione bronchiolitica e, tra questi, solo il 2% richiede l’ospedalizzazione
Anatomia patologica Nei primi 3‐6 mesi si manifesta come broncoalveolite (cellule giganti e membrane ialine alveolari): tale quadro è dovuto all’immaturità del sistema respiratorio inferiore ed alla carenza di surfattante, che consentono l’arrivo dell’infezione fino ai bronchiolo.Con l’aumento dell’età diminuisce l’interessamento bronchiolare, mentre aumenta quello bronchiale, con quadro più simile a quello della bronchite asmatica.
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Il virus, dunque, colpisce l’epitelio bronchiolare, determinando infiammazione (infiltrato peribronchiale di linfociti e monociti) e necrosi cellulare. L’ostruzione bronchiolare è dovuta all’edema della sottomucosa ed all’accumulo di muco e di detriti cellulari: si determina, così un ostacolo al passaggio dell’aria, di solito maggiore in espirazione (con conseguente enfisema); se l’ostruzione è totale, invece, si ha anche atelettasia. Si associa spesso, inoltre, broncospasmo riflesso. In ogni caso, ne deriva una diminuzione della ventilazione polmonare, con ipossiemia e, nei casi più gravi, ossia per tachipnea con frequenza > 60 rpm, anche ipercapnia con acidosi respiratoria. Sintomatologia
• periodo di incubazione di 4‐7 giorni
• insorgenza graduale (tipicamente nel periodo epidemico) con starnuti, rinorrea (secrezione nasale sierosa), anoressia e febbre poco elevata
• insorgenza di improvvisa dispnea, tosse accessuale ed irritabilità
• quadro conclamato o tachipnea: 60‐80 rpm o dispnea o alitamento delle pinne nasali o difficoltà ad alimentarsi o intervento della muscolatura accessoria con distensione toracica o palpabilità di fegato e milza per l’abbassamento diaframmatico da enfisema
• deterioramento generale o tachipnea e dispnea ingravescenti o cianosi o crisi di apnea o elevazione termica
• EO o Rantoli crepitanti, fini, diffusi, udibili al termine dell’inspirazione ed all’inizio
dell’espirazione (dovuti all’edema ed all’ipersecrezione) o Espirazione prolungata ed accompagnata da sibili o Silenzio respiratorio nei casi gravissimi per ostruzione bronchiolare totale
• Possibile decesso per o Apnea prolungata o Grave acidosi respiratoria scompensata o Disidratazione eccessiva
• Prognosi: superato il periodo critico, il miglioramento è rapido con guarigione in qualche giorno Diagnosi
• Rx torace: evidenzia enfisema e/o atelettasia, rinforzo della trama bronchiale ilare o marezzatura miliariforme
• Emocromo: non evidenzia la linfopenia tipica delle virosi
• Emogasanalisi e valutazione dell’equilibrio acido‐base: ipossiemia, ipercapnia, acidosi
• Isolamento del virus nel secreto rino‐faringeo o sierologico: test rapidi per VRS: evidenzia di antigeni del virus, tramite ricerca con anticorpi, nelle secrezioni naso‐faringee o ricerca dell’RNA virale
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Terapia
• Criteri di ospedalizzazione o Condizioni generali compromesse (età < 3 mesi, presenza di fattori di rischio quali
prematurità, ventilazione meccanica neonatale, broncodisplasia polmonare, BPC, cardiopatie, immunodeficit, precedenti apnea o cianosi, esposizione a fumo passivo)
o Diminuzione dei liquidi o SO2 transcutanea < 95% o FR > 70 rpm
• Terapie o Ossigenoterapia: mantiene la SO2 intorno al 94% e migliora la fatica respiratoria e
l’agitazione o Idratazione ev: vi sono, infatti, maggiori perdite per la polipnea e la ridotta assunzione per
la fatica respiratoria o Nutrizione regolare o Broncodilatatori: danno un modesto e temporaneo miglioramento. L’utilizzo dei
broncodilatatori è controverso, soprattutto per le divergenze tra: Scuola americana: considera bronchiolite ogni primo episodio di fischio associata
ad un’infezione virale delle vie respiratorie e questo spiega l’efficacia dei broncodilatatori: infatti, in questo gruppo rientrano anche pazienti asmatici
Scuola europea: considera la bronchilite un’infezione virale acuta delle vie respiratorie che presenti tachipnea, dispnea e rantoli. Quindi, l’ostruzione risulta da edema, piuttosto che da contrattura muscolare, e quindi il broncodilatatore inefficace
o CS: determinano un miglioramento dei parametri clinici anche a distanza di 28 giorni con diminuzione delle ospedalizzazioni. Vanno usati precocemente a dosi elevate, ricordando, tuttavia, che, a queste dosi, causano depressione del sistema respiratorio inferiore, ritardando l’autolimitarsi della malattia nelle forme da VRS (risultando, dunque, più efficaci nelle forme da rinovirus ed adenovirus). I CS inalatori sono preferibili, in quanto portano il farmaco in loco e diminuiscono la concentrazione sistemica
o Antibiotici: essendo la bronchiolite, nella stragrande maggioranza di casi, legata a virus, il loro utilizzo non è consigliato
Si può considerare un loro utilizzo per:
• Febbre elevata e persistente
• Patologia cardiaca o polmonare
• Aumento degli indici di flogosi (PCR)
• Focolaio radiologico evidente
• Sovrapposizione batterica accertata Farmaci
• Amoxicillina per pneumococco
• Macrolidi nelle forme da chlamydia o Heliox: ossigenoterapia per via inalatoria associata ad He: determina aumento del flusso
laminare e della perfusione periferica
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o Adrenalina: agisce sui recettori adrenergici: la stimolazione dei recettori α determina vasocostrizione delle arteriole precapillari, ma quella dei recettori β determina vasodilatazione e diminuzione dell’edema. L’effetto dura 2‐3 ore
o Soluzione salina ipertomica per via aerosolica in associazione ad adrenalina: determina un miglioramento dei sintomi clinici. Funziona grazie al fatto che il sale attira acqua dalla sottomucosa, riducendo l’edema; ha, inoltre, un effetto detergente sui tappi di muco. È la terapia maggiormente efficace insieme all’ossigenoterapia
o Ribavirina per aerosol: efficace sui virus, si utilizza, per l’elevato costo, solo per bambini ad elevato rischio
o DNA‐asi o Surfattante: in pazienti con deficit o Antileucotrieni: non hanno grande efficacia
Par. III: Polmoniti Caratteristiche generali La polmonite rappresenta ancor oggi uno dei più frequenti eventi infettivi. Pur manifestandosi con massima incidenza nelle età estreme della vita, è presente per lo più come complicanza di infezioni virali delle prime vie respiratorie, anche nei soggetti giovani ed adulti. Figura, inoltre, tra le prime cause di antibiotici ed, inevitabilmente, di prescrizione scorretta ed abuso. È opportuno considerare:
• Fattori che favoriscono le infezioni polmonari o Condizioni socio‐economiche o Esposizione al fumo di sigaretta o Inquinamento atmosferico o Parto prematuro o Aumento dell’ospedalizzazione
• Fattori che predispongono alle infezioni polmonari o Difetti anatomici congeniti ed acquisiti o Sequestri polmonari e fistole tracheo‐esofagee o Presenza di corpi estranei o Deficit immunologici congeniti od acquisiti o Discinesie ciliari o Fibrosi cistica o Malattie cardiovascolari o Predisposizione atopica o RGE
• Meccanismi locali che proteggono i polmoni dalle infezioni o Filtro nasale: si perde con l’edema della mucosa nasale: si consigliano dunque lavaggi nasali o Riflesso epiglottico: chiude l’epiglottide e fa diminuire il rischio di inalazione o Tosse: è un riflesso protettivo che espelle particelle e virus. Può essere erroneo, in alcune
patologie, sedare la tosse o Clearance muco‐ciliare: nei soggetti con movimento ciliare compromesso vi è incapacità ad
eliminare il muco
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o Macrofagi alveolari o Drenaggio linfatico
• Fattori che influenzano i sintomi soggettivi ed obiettivi delle polmoniti o Agente patogeno o Età del bambino o Stato immunologico o Gravità dell’infezione
Definizione e classificazione Il termine “polmonite infettiva” definisce un processo infiammatorio che coinvolge le strutture parenchimali polmonari, come diretta conseguenza della reazione dell’ospite alla presenza in tali strutture di microrganismi. Vi sono:
• Classificazione anatomica o Polmonite lobare: colpisce tutto un lobo o parte di esso con la caratteristica epatizzazione
(tipicamente da pneumococco) o Polmonite lobulare o broncopolmonite: colpisce lobuli sparsi (da stafilococco) o Polmonite interstiziale: colpisce i setti interstiziali dopo aver distrutto la mucosa alveolare
bronchiale (da virus, streptococco, H. Influenzae, Mycoplasma, Chlamydia, Pneumocystis carinii)
o Bronchiolite o Ascesso o Gangrena polmonare
• Classificazione clinica o Polmoniti acquisite in comunità
Tipiche
• Esordio con febbre, brividi, tosse produttiva con catarro purulento; talvolta, cianosi, dolore, tachipnea, compromissione dello stato generale
• Ipofonesi alla percussione, aumento del FVT, soffio bronchiale aspro Atipiche
• Inizio insidioso e progressivo, malessere generale per 24‐48 ore; successivamente, febbre, senso di freddo, mucosite delle prime vie e congiuntivite, tosse insistente, secca e stizzosa; segni extratoracici quali cefalea, mialgia, artralgie, astenia, faringodinia, nausea e vomito
• Stato generale ben conservato ed obiettività polmonare modesta con rantoli medio‐ e teleinspiratori
o Polmoniti nosocomiali o Polmoniti nell’ospite immunocompromesso o Polmoniti croniche
Eziologia
• Neonati o Streptococchi di gruppo B o Staphiloccus aureus o Chlamydia trachomatis o Enterococchi Gram‐, aerobi
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o Listeria monocytogeens o VRS
• Bambini o Virus
VRS Parainfluenzale (prima 3 ed 1, poi il 2) Influenza A e B Adenovirus Morbillivirus CMV Picornavirus
o H. Influenzae o M. Pneumoniae o S. Pneuomoniae o S. Aureus o Chlamydia Pneuomoniae
• Adolescenti o S. Pneumoniae o H. Influenzae o M. Pneumoniae o Legionella Pneumophila
• Anziani o M. Tubercolosis o H. Influenzae o S. Pneumoniae o L. Pneumophila o Influenzavirus o anerobi
• Eziologie batteriche rare o L. Pneumophila (tipica da aria condizionata) o Branhamella catarrhalis o Streptococcus gruppo A o Francisella tularensis o Chlamydia psittaci (da esposizione a pappagalli) o Coxiella burneti (febbre Q) o Salmonella cholerae‐suis
• Agenti eziologici nell’immunodepresso o Batteri Gram‐: Pseudomonas, Klebsiella, E. Coli, Proteus o Serratia marcescens o Miceti: Candida albicans, Aspergillus fumigatus o Pneumocistis carini o CMV
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Sintomatologia
• Generale o Febbre o Tachicardia o Brividi o Cefalea o Facile irritabilità o Agitazione psicomotoria o Stato ansioso o Astenia o Sintomi GI: vomito, distensione addominale, diarrea e dolore addominale
• Polmonari o Alitamento delle pinne nasali nel neonato o Tachipnea: è determinata da valori diversi a seconda dell’età:
0‐2 mesi: > 60 rpm 3‐12 mesi: > 50 rpm 1‐5 anni: > 40 rpm
o Dispnea o Apnea o Attivazione dei muscoli accessori intercostali ed addominali o Tosse o Dolore toracico
• Extrapolmonari o Cute
Eritema multiforme: M. Pneumoniae Rash maculo‐papulare: morbillo Ascessi: S. aureus Petecchie: N. meningitidis Eritema nodoso: C. pneuomoniae
o Cavo orale Petecchie: S. gruppo A
o Orecchio Miringite bollosa: M. pneumoniae
o SNC Atassia cerebellare: M. pneumoniae Encefalite: L. pneumophila, M. pneumoniae
o Cuore Pericardite: Coxiella bruneti
• Sintomi nel neonato o Iniziali aspecifici
Ipertermia o ipotermia Rifiuto della suzione Torpore Convulsioni
o Successivi respiratori: possono anche non presentarsi
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Distress respiratorio Apnea
Diagnosi
• Esame obiettivo del torace o Percussione
Ipofonesi: broncopolmonite estesa, interessamento pleurico Iperfonesi: intrappolamento aereo
o Auscultazione Riduzione del murmure vescicolare Rantoli fini Soffio bronchiale Reperto asmatiforme
• Definizione di polmonite: infiltrato polmonare nuovo (Rx) e o Almeno uno di
Tosse Produzione di catarro Febbre superiore a 38° C
o In alternativa, almeno due di: Dolore toracico Confusione mentale Segni semeiologici di addensamento polmonare Globuli bianchi superiori a 12.000/mm3
• Radiologia o Fini
Definire presenza, sede ed estensione Valutare la compatibilità tra quadro ed ipotesi d’infezione Esaminare le condizioni predisponenti locali Guidare accertamenti diagnostici Chiarire quadri complessi Diagnosticare le complicanze Valutare l’efficacia della terapia
o Obiettività radiologica per sede Bronchiale‐bronchiolare: ipertrasparenza con iperdistensione ed opacità lineari
peribronchiali Alveolare: riduzione della trasparenza, broncogramma aereo, opacità flocconose
bilaterali Interstiziale: opacità lineari disseminate circolari o rettilinee Pleurica: immagine densa a limiti netti
o Quadri anatomo‐radiologici Polmonite lobare: area consolidativa periferica, non segmentale, che evolve in
opacità lobare, frequente broncogramma aereo, senza riduzione di volume del parenchima colpito
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Broncopolmonite: opacità nodulari maldefinite che corrispondono a singoli lobuli od a gruppi di lobuli come consolidamento peribronchiale; parziale perdita di volume per frequenti atelettasie e broncogramma aereo generalmente assente
Polmonite interstiziale: ispessimento delle strutture bronco‐vasali, noduli, opacità reticolari o reticolo‐nodulari diffuse o localizzate, aree di atelettasia subsegmentale; consolidamento alveolare
• Diagnosi eziologica o Metodi
Coltura ematica Coltura dell’espettorato Coltura del tampone faringeo Coltura della secrezione rino‐faringea Coltura dell’aspirato sottoglottico Esame microscopico diretto Lavaggio broncoalveolare Antigenuria (ad esempio, per S. pneuomoniae) Coltura per agenti virali Ricerca dell’antigene mediante PCR Ricerca sierologica di anticorpi
o Difficoltà nella ricerca della causa eziologica: almeno il 40% dei casi, infatti, resta senza diagnosi eziologica
Influenza delle tecniche di prelievi e di trasporto e delle capacità tecniche del laboratorio
Possibile contaminazione da parte di batteri saprofiti orofaringei dell’esame colturale dell’espettorato e del tampone faringeo
Influenza di precedenti trattamenti antibiotici Intempestività della diagnosi eziologica La presenza di un agente infettivo isolato non esclude la contemporanea
importanza eziologica di un altro agente infettante
• Diagnosi differenziale o Anamnesi
Età
• Batteri (B): tutte, ma soprattutto la prima infanzia
• Virus (V): tutte
• Micoplasmi (M): età scolare Febbre
• B: di solito > 39°C
• V: di solito < 39° C
• M: di solito < 39°C Comparsa
• B: acuta
• V: insidiosa
• M: tosse che peggiora Malati conviventi
• B: no
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• V: sì, in contemporanea
• M: sì, ma non in contemporanea Altri segni
• B: rigor o tossicosi
• V: mialgia, rash, mucosite
• M: mal di testa e di gola, brividi, mialgie Tosse
• B: produttiva
• V: non produttiva
• M: secca, non produttiva o Esame obiettivo
Dolore toracico
• B: possibile
• V: no
• M: no Condizioni generali
• B: peggiori del reperto
• V: migliori o uguali al reperto
• M: migliori del reperto Auscultazione
• B: focolaio localizzato senza rantoli, rumori sordi ed attenuati
• V: focolai diffusi, rantoli bilaterali, sibili
• M: rantoli unilaterali di uno o più lobi, sibili o Esami di laboratorio
Radiografia
• B: iperreazione, opacità alveolare o subsegmentale
• V: iperreazione, infiltrazione interstiziale diffusa perilare
• M: opacità alveolare ed interstiziale unilaterale Liquido pleurico
• B: possibile, se presente abbondante
• V: possibile, se presente scarso
• M: possibile, se presente scarso Leucociti periferici
• B: > 15.000 (neutrofili)
• V: < 15.000 (linfociti)
• M: < 15.000 (neutrofili) Sputo
• B: abbondante, neutrofili e batteri
• V: scarso, cellule epiteliali e mononucleate
• M: scarso e poi abbondante, cellule mononucleate, detriti, talore neutrofili
• Condizioni che possono simulare una polmonite o Microaspirazione, RGE, fistola tracheo‐esofagea o Inalazione di corpo estraneo o Alveolite (pneumopatia da ipersensibilità)
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o Anomalie congenite o ARDS o Collagenopatie o Emopatie o Neoplasie polmonari o Cardiopatie con iperafflusso polmonare
• Definizione di gravità o Gravità definita da
Condizioni preesistenti
• Patologie respiratorie
• Difetti immunologici
• Luogo di contrazione dell’infezione
• Esito o complicanza di aspirazione
• Condizioni ambientali sfavorevoli Gravità dei sintomi presenti
• Aumento FR
• Ipotensione arteriosa
• Aumento FC
• Cianosi o bassa SO2
• Shock settico
• Aumento azotemia e creatininemia
• Aumento GB, neutrofili, VES e PCR
• Diminuzione GB
• Coinvolgimento di più lobi polmonari
• Versamento pleurico o Casi
Lievi
• Assenza di condizioni predisponenti
• Assenza di anamnesi impegantiva
• Condizioni generali buone
• Assenza di impegno respiratorio evidente
• Modesti o dubbi segni di localizzazione
• Assenza di febbre elevata o che duri più di due o tre giorni
• Risposta alla terapia (se effettuata) buona o rapida Gravi
• Anamnesi respiratoria importante
• Condizioni anatomo‐immunologiche predisponenti
• Condizioni generali impegnative
• Polipnea
• Altri segni di insufficienza respiratoria
• Reperti radiologici (addensamenti estesi, multipli, versamenti)
• Motivi che consigliano il ricovero di bambini con broncopolmoniti o Età < 6 mesi o Ipossiemia
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o Importante distress respiratorio o Incapacità a mangiare o bere o Aspetto intossicato o Mancata risposta alla terapia orale o Polmoniti ricorrenti o Altra malattia di base o Scarsa compliance familiare
Complicanze
• Delle forme virali o Bronchiesctasia (specie da adenovirus) o Predisposizione all’asma o Fibrosi polmonare o Decesso (da deficit immunitario)
• Delle forme batteriche o Empiema o Pneumotorace o Ascesso polmonare o Pericardite o Sepsi generalizzata o Meningite o Artrite o Decesso
Terapia
• Considerazioni generali o Non è possibile colpire con un solo antibiotico tutti gli agenti infettivi o L’eziologia è spesso multipla o La qualità dell’agente eziologico spesso non coincide con la gravità o Se il bambino è già in trattamento a domicilio senza risposta clinica, utilizzare un antibiotico
a diverso spettro rispetto a quello già utilizzato o Nei casi di terapia parenterale è possibile, dopo qualche giorno, passare alla terapia per os o Trattamento di 10‐15 giorni nelle forme non complicate o Trattamento più aggressivo e prolungato in neonati, immunodepressi ed in caso di malattie
concomitanti o Necessario controllo radiologico prima di sospendere la terapia in caso di forme gravi e
complicate
• Schemi terapeutici o Forme lievi: a domicilio
Nessun antibiotico > virus Cefalosporine di III generazione > pneuomococco, haemophilus, branamella Penicillina semisintetica > pneumococco, haemophilus Macrolidi: mycoplasma, chlamydia, haemophilus, branamella
o Forme moderatamente gravi: a domicilio od in ospedale Cefalosporine di III generazione im associate o meno a macrolidi
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o Forme gravi: in ospedale Cefalosporine di III generazione im o ev + altro antibiotico in relazione alla diagnosi
eziologica
• Misure aggiuntive o Fisioterapia o Aspirazione o fluidificazione dei secreti o Fibrobroncoscopia o Idratazione o Ossigenoterapia o Corretta nutrizione
Prognosi
• Regressione per le forme non complicate
• Raramente complicanze tardive o Fibrosi polmonari o Polmone iperlucente o sindrome di Mac Leod o Noduli polmonari o Bronchiectasie secondarie
Profilassi
• Ambientale o Miglioramento delle condizioni socio‐economiche o Lotta al fumo ed all’inquinamento o Allontanamento del bambino dall’asilo
• Vaccinica o Anti‐influenza o Anti‐pneumococco o Anti‐haemophilus influenzae
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CAP. 4: PATOLOGIE GI Par. I: Intolleranza alle proteine del latte vaccino (IPLV) Caratteristiche generali Per IPLV si intende una condizione caratterizzata da una serie di manifestazioni cliniche che derivano dalla sensibilizzazione ad una o più proteine del latte vaccino, assorbite attraverso la mucosa intestinale. È più frequente nei primi 2 anni di vita e dipende dal tipo di allattamento nei primi giorni di vita: il latte materno, infatti, sembra proteggere il lattabte dall’IPLV, mentre l’introduzione precoce del latte vaccino sembra favorirne l’insorgenza. L’IPLVA è provocata, da un lato, dalle caratteristiche dell’antigene e, dall’altro, dalla risposta dell’organismo alla loro introduzione. Le principali cause di IPLV sono caseina (che dà una forma più grave, ma è meno allergenizzante perché più digeribile) e β‐lattoglobulina (che quindi è la proteina maggiormente implicata). Queste proteine determinano, in individui suscettibili, entro 2 ore, reazioni cutanee, GI e respiratorie (rare; quelle sistemiche anafilattiche sono rarissime) IgE‐mediate. Clinica
• Manifestazioni GI (non IgE mediate) o Diarrea con emissione di feci poltacee abbondanti e maleodoranti: sono espressione di
malassorbimento successivo a lesioni istologiche della mucosa digiunale. In alternativa, può essere di tipo secretivo
o Vomito: in genere, compare dopo un’ora dalla prima poppata di latte vaccino. Questi lattanti, infatti, sono stati alimentati nelle prime ore di vita con latte vaccino e, in quest’occasione, si è sviluppata la sensibilizzazione. Il vomito risulta, inoltre, accompagnato da lipotimia, collasso cardiocircolatorio e diarrea. Per prevenire tale reazione, dunque, si è eliminata la pratica di alimentare il neonato, nelle prime ore di vita, con latte vaccino: si alimenta, ora, il neonato nelle prime ore con soluzione glucosata al 5%
o Colite micro‐emorragica: è indicata dalla presenza di sangue macroscopico nelle feci o Deficit di crescita ponderale e staturale secondario al malassorbimento intestinale: spesso
è accompagnato da anemia sideropenica
• Manifestazioni cutanee (più precoci, IgE mediate e non): dermatite atopica, eczema od anche orticaria acuta
• Manifestazioni respiratorie (rare): asma, rinite cronica e tosse persistente Diagnosi
• Anamnesi e clinica: ricerca dei suddetti sintomi che regrediscono dopo 30 giorni di dieta assolutamente priva di latte e derivati. Dopo tale scomparsa, può effettuarsi il carico di latte, che provoca la ricomparsa dei sintomi: tuttavia, questa procedura non è scevra di rischi
• Test cutaneo: ha un elevato valore predittivo negativo, in quanto le reazioni GI non sono IgE mediate. Principali fattori confondenti, in questi casi, sono:
o Denaturazione degli allergeni o Bassa standardizzazione degli allergeni o Cross‐reattività
• Emocromo: anemia sideropenica, eosinofilia
• Dosaggio di anticorpi specifici
• Esame istologico della mucosa digiunale
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Terapia
• Evitare completamente il latte vaccino
• Utilizzo di alimenti alternativi o Idrosilati di caseina o di sieroproteine o Latti di soia: le proteine del latte di soia, tuttavia, sono simili a quelle del latte vaccino o Latte a base di riso: gli idrosilati di riso sono ben tollerati dai bambini o Latte a base di aminoacidi sintetici o Latte di capra, di cavallo o di ovini: è una buona alternativa
• Desensibilizzazione indotta in ospedale con latte vaccino
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CAP. 5: PATOLOGIE INFETTIVE IN Età PEDIATRICA Par. I: Malattie esantematiche dell’infanzia Caratteristiche generali Gli esantemi sono eruzioni cutanee che compaiono nel corso di varie malattie infettive, stati tossici o stati allergici. In alcune forme infettive, tipiche ma non esclusive dell’età infantile, tali manifestazioni rappresentano il sintomo più frequente e costante delle malattie esantematiche. Esantemi infettivi si riscontrano in:
• Morbillo
• Scaralattina
• Rosolia
• Scarlattinetta
• Megaloeritema
• Esantema critico
• Varicella
• Malattia di Kawasaki
• Sepsi meningococcica
• Altri esantemi virali: mononucleosi, adenovirus, coxsackievirus, parvovirus Elementi diagnostici rilevanti sono:
• Periodo di invasione (prodromico): intervallo di tempo tra l’inizio della febbre e l’inizio dell’esantema
• Tipo di lesione elementare: macula, papula, vescicola, pustola, crosta
• Numero, dimensioni e distribuzione delle lesioni elementari
• Evoluzione nel tempo
• Enantema: lesione caratteristica della fase prodromica
• Altre manifestazioni: desquamazione, macchie di Koplik Morbillo E’ una malattia infettiva acuta, altamente contagiosa, caratterizzata da febbre, infiammazione catarrale delle congiuntive, della mucosa orale e delle prime vie aeree e da un esantema maculo‐papulare diffuso, tipico:
• Eziologia: l’agente causale è un Paramixovirus, genere morbillivirus o Particella virale sferica, con RNA lineare ed involucro glico‐lipo‐proteico o 6 proteine strutturali (3 complessate con acido nucleico, 3 con l’involucro): hanno proprietà
emoagglutinanti, emolitiche e di fusione cellulare o È inattivato da etere, poco resistente al calore, all’essiccamento ed all’ambiente esterno o Durante la malattia, è presente nel faringe, nella congiuntiva, nel sangue, nelle urine ed in
altri tessuti del paziente o In colture di reni di scimmia, le cellule si presentano ammassate in sincizi, con al loro
interno corpi intracitoplasmatici eosinofili
• Epidemiologia: è una malattia endemica diffusa in tutto il mondo, senza predilezione di sesso o di etnia
o Incidenza stagionale: inverno, primavera
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o Andamento endemico con picchi epidemici ogni 2‐3 anni in città o Andamento con epidemie ad intervalli più lunghi ed in soggetti in età scolare in campagna o Esordio precoce nei paesi tropicali: rappresenta in tali sedi, infatti, una delle principali
cause di morte di bambini di 1‐4 anni o Superati i 20 anni, il 90‐95% della popolazione è immune o Trasmissione interumana diretta o Contagio tramite secrezioni rinofaringe durante il termine dell’incubazione, il periodo
prodromico ed i primi giorni del periodo esantematico o L’introduzione della vaccinazione di massa nei Paesi industrializzati ha modificato il quadro
epidemiologico: piccole epidemie circoscritte ad adolescenti vaccinati durante la prima infanzia senza richiamo e loro contatti suscettibili
• Patogenesi o Penetrazione: congiuntiva, mucosa delle prime vie respiratorie o Replicazione in linfonodi loco‐regionali o Prima viremia dopo 2‐3 giorni: virus veicolato da linfociti e macrofagi nel SRE, dove si
moltiplica o Seconda viremia alla fine dell’incubazione: vari organi, cute, mucose. 24‐48 ore dopo
l’esordio dell’esantema la viremia cessa e compaiono anticorpi specifici
• Anatomia patologica; cellule giganti multinucleate in linfonodi, tonsille e milza
• Clinica (la malattia è sempre sintomatica) o Incubazione: 10‐14 giorni o Periodo di invasione: 3‐5 giorni
Febbre, malessere generale, rinite, bronchite, congiuntivite (mucositi) Macchia di Koeplik alla fine delle fase pre‐esantematiche: sono patognomoniche:
chiazze a spruzzatura di calce su mucosa geniena all’altezza del secondo molare inferiore
o Periodo esantematico: rash maculo‐papuloso, elementi di 6 mm Inizio nella regione retro‐auricolare Diffusione cranio‐caudale: non risparmia pianta dei piedi e palmo delle mani Tipica facies morbillosa Durata: 5‐7 giorni Remissione con desquamazione furfuracea
o Forme cliniche complicate Morbillo emorragico: raro, si presenta con grave compromissione dello stato
generale, manifestazioni emorragiche imponenti cutanee e viscerali, piastrinopenia e prognosi grave
Morbillo ipertossico: si presenta in soggetti con deficit congeniti od acquisiti dell’immunità cellulo‐mediata
Morbillo in gravidanza: determina aborti e prematurità; ha decorso grave (5% di letalità) e colpisce soprattutto III trimestre e puerperio
Forme atipiche: si presentano in soggetti vaccinati (con virus ucciso) e successivamente esposti al virus selvaggio
• Incubazione come nella forma tipica, poi febbre elevata, cefalea
• Dopo 1‐3 giorni: eruzione cutanea centripeta, aspetto orticarioide, petecchiale o purpurico, esantema spiccato a polsi e caviglie
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• Costante interessamento dell’apparato respiratorio (polmoniti, pleuriti)
• Assenza delle macchie di Koeplik
• Assenza di isolamento virale, ma elevato titolo anticorpale
• Ipersensibilità al virus nell’ospite parzialmente compromesso o Complicanze
Respiratorie: laringiti, pseudo‐crup, broncopolmoniti (virali o batteriche), otiti medie, mastoiditi, sinusiti
SN: encefalite, encefalomielite demielinizzante, fine del periodo eruttivo, febbre, segni meningei, segni di encefalite (convulsioni, disturbi della coscienza, paralisi, apresi), morte nel 10% dei casi
Panenecefalite sclerosante subacuta: è una grave encefalopatia progressiva, fatale entro 1‐3 anni dall’esordio. È determinato da un’infezione persistente nel SNC (da virus difettivo). Si determina in bambini di 6‐8 anni con esordio subdolo, modificazioni della personalità, peggioramento dell’andamento scolastico, atassia, mioclonie, deterioramento mentale, morte
Trombocitopenia acuta Linfoadeniti mesenteriche (con dolori addominali)
• Diagnosi o Clinica: macchie di Koeplik, esantema caratteristico, mucositi o Leucopenia con piastrinopenia o Diagnosi diretta: ricerca di antigeni virali (IFA diretta) su secrezioni respiratorie o Diagnosi sierologica
Ricerca IgM (ELISA) su singolo campione di siero: diagnosi acuta Sieroconversione su doppio campione di siero (aumento del titolo maggiore di 4
volte): diagnosi retrospettiva
• Profilassi o Passiva: entro 72 ore dall’esposizione: Ig specifiche
Altamente efficaci Durata della protezione di 3 settimane
o Attiva: vaccino vivo attenuato altamente efficace, fortemente raccomandato ma non obbligatorio
Dosi
• Prima dose: 15° mese (prima del primo anno in Paesi tropicali)
• Seconda dose: tra 5 e 12 anni per ridurre gli insuccessi vaccinali Controindicato in soggetti con deficit dell’immunità cellulo‐mediata
Rosolia
• Tipologie o Acquisita: malattia infettiva acuta contagiosa, causata da un Togavirus e caratterizzata da
un quadro tosssinfettivo di modesta intensità e da un esantema discreto (composto da parti distinte): evoluzione benigna
o Congenita: contratta durante la gravidanza, può determinare morte del feto o comparsa di gravi malformazioni
• Eziologia: famiglia Togaviridae, genere Rubivirus o Virione rotondo, RNA monocatenario, sensibile all’etere
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o Virus termolabile, inattivato da solventi lipidici, raggi UVA e pH estremi o Si coltiva su colture primarie (rene di scimmia) e linee continue (Vero) o Fenomeno di interferenza con altri virus (eco‐ e coxsackievirus) o Proprietà emoagglutinanti
• Epidemiologia o Malattia endemica ed ubiquitaria o Picchi epidemici ogni 5‐10 anni o Prevalente nei bambini (età scolare), colpisce anche gli adulti o Incidenza stagionale: inverno‐primavera o Immunità permanente: l’80% degli adulti risulta immune o Il 50‐60% dei casi decorre senza esantema o Trasmissione mediante secrezioni respiratorie (da 5‐7 giorni prima a 5‐7 giorni dopo
l’esordio del rash) o Penetrazione attraverso la congiuntiva o la mucosa respiratoria o Contatti stretti e prolungati: minor contagiosità rispetto al morbillo o Il neonato con infezione congenita rimane portatore per 12‐18 mesi: importante,
pericolosa fonte di contagio
• Patogenesi o Penetrazione con moltiplicazione a livello della mucosa delle vie aeree e dei linfonodi
cervicali o Viremia 6‐7 giorni prima del rash: localizzazione a livello cutaneo e linfoghiandolare: la
viremia cessa con l’inizio dell’esantema e la comparsa di anticorpi specifici o Gravidanza: viremia: infezione placentare, invasione del torrente circolatorio fetale:
infezione disseminata, necrosi dei tessuti embrionali con esiti devastanti per il feto o Il neonato continua ad eliminare il virus per molti mesi dopo la nascita
• Clinica o Rosolia acquisita(50‐60% delle forme decorrono in maniera subclinica)
Incubazione di 16, 18 giorni, asintomatica Periodo di invasione: assente Periodo esantematico
• Febbre non molto elevata, che si risolve in 3 giorni
• Condizioni generali poco compromesse
• L’esantema inizia contemporaneamente alla febbre o Diffusione cranio‐caudale o Maculo‐papuloso non confluente, di 3 mm o Regressione senza desquamazione
• Linfoadenopatia retroauricolare latero‐ e postero‐cervicale
• Plasmacellule e monociti in circolo Complicanze
• Artralgie ed artriti in 1/3 di donne adulte: persistono settimane e regrediscono senza reliquati. Colpiscono le grosse articolazioni
• Trombocitopenia
• Encefalite rubeolica: non lascia reliquati, ma è letale nel 20% dei casi o Rosolia congenita: la rosolia in gravidanza può avere effetti devastanti sul feto: aborto,
parto prematuro, malformazioni congenite. È colpito soprattutto il primo trimestre (90%):
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Embriopatia rubeolica (I trimestre):
• Lesioni oculari: cataratta, microftalmia, retinopatia, glaucoma congenito
• Cardiopatia: pervietà del dotto di Botallo, tetralogia di Fallot, difetto interventricolare, comunicazione interatriale, stenosi polmonare
• Ipoevolutismo, ritardo mentale, microcefalia, idrocefalo, sordità Fetopatia rubeolica: è caratterizzata dalla persistenza delle lesioni evolutive dopo la
nascita: porpora trombotica trombocitopenica, anemia emolitica, epatiti, miocarditi, lesioni ossee asintomatice, DM
• Diagnosi o Diagnosi clinica difficile: sintomi lievi ed aspecifici o Diagnosi di laboratorio: leucopenia, aumento di plasmacellule o Isolamento virale: complesso ed indaginoso: cellule GMK: fenomeno di interferenza virale o Ricerca RNA con PCR non di uso ordinario o Diagnosi sierologica
IgM su singolo campione di siero: persistono 1‐3 mesi (metodo di cattura) IgG su doppio campione di siero: in fase acuta ed in convalescenza, persostono per
tutta la vita o Test di avidità per IgG nei casi dubbi: la presenza di IgG a bassa avidità indica un’infezione
acquisita nei 30‐90 giorni precedenti o IFA indiretta (IgG, IgM), EAI, FC o Diagnosi di rosolia congenita
Presenza di IgM alla nascita e nei primi mesi di vita In bambini con più di 6 mesi ed in assenza di una documentata infezione post‐
natale, la presenza di anticorpi anti‐rosolia è suggestiva di infezione congenita o Diagnosi prenatale
Biopsia placentare alla 12° settimana con dimostrazione di antigeni virali mediante Ab monoclonali, RNA virale nei villi coriali e nel liquido amniotico
Presenza di IgM specifiche nel sangue fetale dopo le 22 settimane di gestazione
• Profilassi o Passiva: Ig specifiche nella gravida: 20 ml subito dopo l’esposizione non modificano la
risposta e possono ridurre il rischio di embriopatia o Attiva: vaccino viva attenuato: raccomandato a tutte le bambine prepuberi e donne in età
fertile sieronegative in grado di evitare la gravidanza nei 3 mesi successivi l’inoculazione o Vaccinazione trivalente (morbillo‐rosolia‐parotite) al 15° mese o Rivaccinazione tra 5 e 12 anni
Megaloeritema infantile (o V malattia) È una malattia infettiva acuta, contagiosa, caratterizzata da un esantema tipico a grandi elementi, che colpisce bambini tra 2 e 12 anni:
• Eziologia: Parvovirus B19, unico membro della famiglia Parvoviridae
• Cellule bersaglio: precursori eritroidi, eritroblasti, megacariociti del midollo osseo > pronormoblasti giganti basofili > interruzione transitoria dell’eritropoiesi > aplasia midollare
• Clinica o Incubazione di 10 giorni o No sintomi prodromici: la malattia esordisce con esantema e febbre
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o Esantema a carico di guance: grosse chiazze confluenti di colorito rosso intenso o Localizzazione simmetrica, ma risparmiati i solchi naso‐genieni e la zona peri‐orale con
aspetto tipico a farfalla (“faccia schiaffeggiata”) o Cute calda e tesa o Dopo 1‐2 giorni l’esantema della faccia regredisce e compare l’eruzione a carico di tronco
ed arti: superfici estensorie degli arti più colpite, aspetto festonato delle chiazze o Risoluzione in 6‐10 giorni senza desquamazione
• Altre manifestazioni cliniche o Crisi aplastiche transitorie: nei soggetti con anemia emolitiche ereditarie (sferocitosi,
drepanocitosi, talassemia) l’infezione da Parvovirus può causare l’interruzione improvvisa e transitoria della eritropoiesi (crisi aplastiche) con gravissima anemizzazione e necessitò di ospedalizzazione
Risoluzione dopo 7‐10 giorni con intensa reticolocitosi Presenza di pronormoblasti giganti nel midollo
o Ipoplasia midollare cronica: si presenta in adulti e bambini con deficit immunitari congeniti od acquisiti (HIV, trapianti), come infezione cronica, persistente, del midollo con anemia cronica (Hb < 6 mg/dl) e neutropenia grave
Assenza di risposta anticorpale Presenza di Dna virale in circolo
o Idrope fetale: è dovuta a trasmissione madre‐feto (soprattutto nel II trimestre) Colpito il fegato (sede di eritropoiesi fetale) > spiccata anemia > insufficienza
cardiaca congestizia > stato anasarcatico > idrope > morte Terapia: trasfusioni intrauterine
o Sindrome artropatica: colpisce donne adulte e si manifesta come poliartropatia simmetrica della durata di alcune settimane
Esantema critico (VI malattia) È una malattia infettiva contagiosa della prima infanzia, caratterizzata da febbre per 3 giorni, seguita da sfebbramento e daalla comparsa di un’eruzione esantematica:
• Agente eziologico: HHV6 o Diffusione ubiquitaria o Contagio per via respiratoria e tramite la saliva o Massima incidenza in inverno‐primavera o Cellule bersaglio: linfociti CD4+ o Colpiti bambini di 6‐12 mesi o All’età di 2 anni il 90% dei bambini ha Ab anti‐HHV6
• Clinica o Incubazione di 9 giorni o Esordio acuto con febbre elevata, frequenti convulsioni febbrili, raffreddore, faringodinia o Dopo 3 giorni la febbre scompare ed appare, all’improvviso, un rash maculo‐papulare di
colore rosa tenue, che interessa collo‐tronco (in misura minore gli arti) o Prognosi favorevole anche in presenza di episodi convulsivi
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Infezioni da Adenovirus
• Infezioni delle alte e delle basse vie respiratorie
• Infezioni GI
• Cistiti emorragiche Infezioni da Coxsackievirus I coxsackievirus sono enterovirus ubiquitari:
• Decorso o I fase: localizzazione alla mucosa respiratoria o intestinale ed ai linfonodi o II fase: disseminazione con localizzazione cutanee, polmonari, cardiache, muscolari,
nervose
• Epidemiologia: trasmissione oro‐fecale
• Quadri clinici o Malattia febbrile indifferenziata: febbre, mialgia, rash cutaneo maculo‐papuloso o Herpangina: febbre per 3‐7 giorni ed esantema vescicolare in gola o Sindrome mano‐piede‐bocca o Pleurodinia o Miosite, epatite, miocardite, pericardite, meningo‐encefaliti. Broncopolmoniti
Scarlattina
• Eziologia: streptococco β‐emolitico di gruppo A (S. pyogenes) produttore della tossina eritrogenica
• Clinica o Incubazione di 2‐3 giorni o Fase prodromica: faringotonsillite (angina) con febbre elevata, cefalea, dolori addominali e
vomito. La febbre, in assenza dia adeguata terapia antibiotica, dura 3‐6 giorni; in caso contrario, scompare dopo 12‐36 ore
o Esantema: maculopapuloso, piccolo 0,5‐2 mm, rosso vivo, di aspetto vellutato per la tendenza a confluire senza lasciare zone di cute indenne: inizia alla radice degli arti e diffonde a tutta la cute in modo uniforme
o Lingua inizialmente bianca patinosa con margini rossi (rosso lampone) o Linfoadenomegalia laterocervicale dolente o Desquamazione furfuracea dopo una settima a mani e piedi (oggi più rara per la
somministrazione della terapia antibiotica)
• Altri segni caratteristici o L’esantema risparmia la regione perioorale (maschera di Filatov) o Segno della mano gialla: spingendo con la mano sull’addome, l’esantema scompare e
rimane l’impronta gialla o Strie di Pastia: strie rubre nella regione flessoria degli arti (per fragilità vasale) o Dermatografismo bianco: strisciando l’unghia sulla pelle, rimane un segno bianco
• Diagnosi o Clinica o Tampone faringeo o Esami di laboratorio: aumento di VES e TASL, leucocitosi neutrofila ed eosinofila
• Complicanze o Precoci di tipo settico: ostite, osteomielite, artrite, miocardite, nefrite
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o Tardive: malattia reumatica, GN
• Diagnosi differenziale con morbillo o Presenza in caso di morbillo di mucositi o L’esantema maculo‐papuloso nel morbillo tende a rimanere con elementi staccati senza
confluire
• Terapia o Penicillina o penicilline semisintetiche (acido clavulanico, amoxicillina) o In alternativa: macrolidi (eritromicina, azitromicina)
Febbre bottonosa È una malattia infettiva acuta causata da Rickettsia conorii, trasmessa all’uomo dalla puntura di una zecca del cane. È caratterizzata da febbre, periodo di invasione di 3‐5 giorni, escara nerastra in corrispondenza della puntura (tache noir) e da un’eruzione cutanea maculo‐papulosa lenticolare, discreta.
• Eziologia: Rickettsia conorii: è ospite abituale di alcune zecche, nelle quali sopravvive e si trasmette per via transovarica a tutta la progenie
• Cellule bersaglio: cellule endoteliali di piccole arterie, vene e capillari: quadro istopatologico di vasculite
• Clinica o Esordio acuto con febbre elevata o Cefalea, artromialgie diffuse, congiuntivite, compromissione condizioni generali o Escara nerastra in sede di puntura o Esantema al 3°‐5° giorno di malattia: maculo‐papuloso ad elementi lenticolari a volto,
tronco, arti (piante e palme comprese) o Esantema discreto spesso con componente petecchiale o Risoluzione in 2 settimane
• Complicanze o Neurologiche: alterazioni del sensoriom sopore, meningite o Respiratorie: bronchiti, polmoniti interstiziali
• Diagnosi o Ricerca di IgM specifiche mediante IFA indiretta o Sierodiagnosi di Weil‐Felix
• Terapia: tetracicline, doxicillina
Par. II: Vaccinazioni Caratteristiche generali
• Tipi di immunità o Immunità naturale od innata
Fattori di difesa di prima linea: barriere anatomiche e fattori protettivi locali > superfici cutanee e mucose, sebo, sudore, muco, ciglia vibratili, peristalsi intestinale, secrezioni, sostanze battericide
Fattori di difesa di seconda linea
• Fattori sierico‐umorali: proteine della difesa acuta, IFN, cascata del complemento
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• Fattori cellulari: fagociti (PMN, monociti/macrofagi), linfociti T‐citotossici naturali (cellule NK)
o Immunità antigene‐specifica: immunità umorale e cellulo‐mediata Riconoscimento dell’antigene come estraneo o della cellula self che lo ospita Meccanismi di difesa contro:
• Batteri extracellulari o Anticorpi o Fagocitosi neutrofila o Complemento
• Batteri endocellulari e funghi o Fagocitosi macrofagica o Fagocitosi neutrofila o Anticorpi
• Virus o Linfociti T o Cellule NK o IFN o Anticorpi
• Protozoi: soprattutto cellulo‐mediati Ruolo di:
• Anticorpi o Neutralizzazione di tossine e batteri o Opsonizzazione (anticorpi e C3) o Attivazione del complemento > lisi o Neutralizzazione per limitare la diffusione
• Linfociti T o Nelle infezioni batteriche: lisi dei microrganismi o Nelle infezioni virali
Tc: uccisione delle cellule infettate dal virus Th: liberazione di citochine per attivare la fagocitosi
macrofagica
• Profilassi delle infezioni o Controllo delle fonti di infezione o Aumento delle resistenze dell’individuo (immunizzazione):
Attiva
• Naturale: superamento dell’infezione naturale
• Artificiale: vaccinazione: è considerato un vaccino qualsiasi prodotto in grado di conferire ad un soggetto recettivo per una determinata malattia una protezione immunitaria attiva nei confronti di quella malattia
Passiva
• Naturale: congenita (trasferimento placentare di Ig materne)
• Artificiale: somministrazione di Ig sieriche umane (normali od iperimmuni): le Ig normali od iperimmuni sono anticorpi preformati, umani o di specie diversa, in soggetto contagiato o con malattia infettiva in atto. Spesso, in realtà, sono utilizzate come terapia piuttosto che come prevenzione.
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Danno effetto immediato, ma una protezione per soli 1‐2 mesi e non sono prive di rischi. Sono indicate nei casi di:
o Immunodeficit congenito od acquisito o Indisponibilità del vaccino per la prevenzione o Non necessità di intervento immediato o Andamento tumultuoso della malattia o Necessità di blocco delle tossine già liberate o di prevenire l’effetto
tossico di un veleno Vaccinazione Consiste nella somministrazione di materiale batterico o virale, privato di potere patogeno, che mantiene la capacità antigenica, cioè di indurre la produzione di anticorpi. Conferisce, dunque, mimando un’infezione naturale, una difesa che, in alcuni casi, può durare tutta la vita, in altri, offre solo difese parziali o temporanee (quindi con necessità di richiami). La vaccinazione rappresenta uno dei più grandi successi della scienza: si stima, infatti, che prevenga circa 2 milioni di decessi all’anno in tutto il mondo:
• Strategia dei programmi vaccinali o Raggiungimento e mantenimento di un livello di immunizzazione maggiore del 90% o Efficace sistema di sorveglianza o Risposta adeguata al presentarsi di nuovi casi
• Tipi di vaccini o Vaccini vivi attenuati: hanno l’obiettivo di sostituire l’infezione naturale con un’infezione
provocate artificialmente (spesso inapparente). Gli agenti patogeni vivi si diffondono e si moltiplicano nell’organismo, evocando una risposta immunitaria sostenuta e duratura
Utilizzi
• Virali: morbillo, parotite, rosolia, polio (Sabin), febbre gialla
• Batterici: tifo (orale), tubercolosi, B. calmette e guerin Caratteristiche
• Variante geneticamente attenuata (malattia lieve)
• Attenuazione indotta in laboratorio
• Tecniche di ingegneria genetica Note
• L’efficacia e la sicurezza di questi vaccini è condizionata dalla stabilità e dalla irreversibilità della attenuazione
• L’infezione anche inapparente può essere contagiosa per i contatti
• L’immunità si instaura dopo un periodo di latenza (2 settimane per quelli virali)
o Vaccini uccisi: gli agenti patogeni uccisi non hanno la capacità di moltiplicarsi, pertanto si necessita di cariche antigeniche elevate e di dosi ripetute di richiamo ad intervalli regolari. Vengono inoculati per via parenterale e non determinano produzione di IgA secretorie: è possibile, pertanto, una colonizzazione locale od un’infezione locale da parte dell’agente patogeno selvaggio
Utilizzi
• Virali: influenza, polio (Salk), epatite A
• Batterici: tifo (parenterale), colera, pertosse
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Note
• Non sono dannosi per l’ospite
• Non sono escreti dal soggetto vaccinato > non contagiosità
• L’inoculazione dà luogo ad una risposta immunitaria primaria con produzione di IgM; in seguito si producono anche IgG
o Vaccini costituiti da componenti del microrganismo: sono preparazioni costituite da componenti naturali del microrganismo o da sostanze da esso sintetizzate (tossine) o da proteine ottenute sinteticamente:
Vaccini costituiti da sostanze naturali o da tossine
• Polisaccaridi della capsula: H. influenzae
• Antigeni di superficie: epatite B (vecchio tipo)
• Subunità: influenza
• Anatossine: difterite, tetano Vaccini costituiti da proteine sintetiche
• Via genetica: tecnica del DNA ricombinante: epatite B (attuale): antigeni altamente purificati ed immunogeni
• Via chimica: si potenzia l’immunogenicità con antigeni proteici: H. inflienzae di tipo B
• Calendario vaccinale: per calendario delle vaccinazioni si intende la successione cronologica con cui vanno effettuate le vaccinazioni. Il calendario costituisce un’utile guida per gli operatori sanitari dei servizi vaccinali, i pediatri e i medici di medicina generale e anche per i genitori, ma rappresenta, soprattutto, lo strumento per rendere operative le strategie vaccinali
Ecco il calendario delle vaccinazioni offrerte attivamente e gratuitamente a tutta la popolazione.
Vaccino Nascita 3° mese 5° mese 6° mese 11° mese 13° mese 15° mese 5-6 anni 11-18 anni > 65 anni
Difterite-Tetano-Pertosse DTPa DTPa DTPa DTPa1 dTpa
Poliomielite IPV IPV IPV IPV
Epatite B HBV3 HBV HBV HBV
Haemophilus Influenzae b
Hib Hib Hib
Morbillo-Parotite-Rosolia MPR MPR MPR4
Pneumococco PCV PCV PCV
Meningococco C Men C5 Men C5
Infezione papillomavirus umano HPV6 (3 dosi)
Influenza Influenza
Varicella Var7 (2 dosi)
Il Decreto Ministeriale del 7 aprile 1999 (e il Piano Sanitario Nazionale 1998‐2000 di cui ord. n. 228 del 10/12/1998) ha stabilito che le vaccinazioni obbligatorie sono quattro: antidifterite, antitetanica, antipoliomielite, antiepatite virale B. Vaccinazioni consigliate non obbligatorie in età pediatrica sono: l’antimorbillo‐parotite‐rosolia (MPR), la vaccinazione contro le infezioni invasive da Haemophilus influenzae b, l’antimeningococcica, l’antiparotite, l’antirosolia. Esistono anche delle vaccinazioni consigliate da effettuare in caso di viaggi all'estero, in particolare in Stati o zone caratterizzate da un'alta endemia per determinate patologie infettive.
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Si analizzano ora le principali vaccinazioni:
• Vaccino esavalente: questi vaccini esistono anche come preparazioni separate, ma in genere si somministrano, come ciclo primario nel primo anno di vita, con un vaccino unico chiamato esavalente, perché contiene parti di tutti e sei i germi (assolutamente incapaci di produrre la malattia, ma sufficienti a stimolare le difese dell'organismo) in un'unica siringa (vaccino"combinato"). Un vaccino combinato è efficace e sicuro come i vaccini separati ma permette di proteggere il bambino con una sola iniezione. Si somministra al 3°, al 5° ed all’11° mese:
o Vaccinazione anti‐polio: I due vaccini antipoliomielite oggi disponibili, sono vaccini utilizzati in tutto il mondo per combattere la poliomielite. Il primo fu sviluppato da Jonas Salk e testato nel 1952. Annunciato al mondo da Salk il 12 aprile 1955, si compone di una dose di poliovirus morti da iniettare. Un vaccino orale è stato sviluppato da Albert Sabin con poliovirus attenuati
Vaccino di Salk o ucciso: intramuscolo Vaccino di Sabin o inattivato: orale: Una delle preoccupazioni principali riguardo al
vaccino antipolio orale (OPV) è la sua nota capacità di tornare a una forma che può procurare l'infezione e causare la paralisi neurologica. La malattia clinica, tra cui la paralisi, causata dal poliovirus derivato dal vaccino è indistinguibile da quella causata da poliovirus selvaggi. Si ritiene, tuttavia, che ciò sia un evento raro, ma focolai di poliomielite paralitica associati al vaccino sono stati segnalati e tendono a verificarsi in aree a bassa copertura da OPV. Poiché l'incidenza della poliomielite selvaggia è diminuita, molte nazioni sono passate dall'uso del vaccino orale al vaccino iniettato poiché il rischio diretto di polio iatrogena (VAPP) causata dall'OPV supera il beneficio dell'immunizzazione. Nel mondo occidentale, tuttavia, si preferisce un uso sequenziale vaccino ucciso/attenuato
o Vaccinazione antiepatite‐B: l’Italia è stato il primo paese occidentale ad adottare la vaccinazione obbligatoria a partire dal 1991 per i neonati e per i bambini al di compimento dei 12 anni.
Motivi di vaccinazione
• L’infezione contratta in età pediatrica tende a cronicizzare molto più frequentmente
• I bambini rispondo meglio al vaccino
• La somministrazione del vaccino può essere contemporanea agli altri Composizione del vaccino: antigene di superficie dell’HBV (HBsAg) preparato con
tecnica di DNA ricombinante Calendario: anche richiamo ad 11 anni Via di somministrazione: im Note
• Si vaccinano alla nascita i neonati da madri HBsAg+
• Si vaccinano i pazienti immunodepressi sottoposti a regimi trasfusionali o Vaccinazione antidifterica‐antitetanica:
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Composizione del vaccino: preparazione purificata di anatossine ottenute con il procedimento di Ramon, disponibile in forma acquosa, ma anche, preferibilmente, in forma adsorbita
Calendario: come sopra + dose di richiamo a 5‐6 anni: in seguito ogni 5‐10 anni con vaccino Td (per adulti: contiene 1/5 di tossina difterica) o con vaccino T (solo tetanica)
Vie di somministrazione: im o Vaccinazione antipertossica:
Tipi di vaccino
• Vaccino intero: vaccino costituito da una sospensione di Bordetella pertussis, ricco di oltre 3.000 antigeni e quindi molto immunogeno. Reazione avverse sono: febbre, convulsioni, sindrome ipotonica
• Vaccino acellulare: vaccino costituito solo da componenti immunogene protettive: antigeni purificati (tossina atossica sintetizzata con tecniche di ingegneria genetica)
Calendario: come sopra + richiamo a 5‐6 anni Vie di somministrazione: im Nota: la vaccinazione non è obbligatoria in Italia Controindicazioni
• Patologia neurologica permanente
• Anamnesi positiva per convulsioni
• Patologie che predispongono alle convulsioni o Vaccinazione anti‐H. influnzae B: è un vaccino coniugato, in cui il debole potere
immunogeno degli antigeni polisaccaridici specifici dell’HIB viene potenziato da altri antigeni
Calendario: come sopra Via di somministrazione: im
• Vaccino trivalente: il vaccino MPR è un vaccino di immunizzazione contro morbillo, parotite e rosolia. Si tratta di una miscela di virus vivi attenuati delle tre patologie, somministrati tramite iniezione
o Calendario: 12°‐15° mese con richiamo tra 7 e 12 anni o Via di somministrazione: im o sottocutanea o Nota: la vaccinazione non è obbligatoria, ma consigliata, in rapporto alla diffusione ed alla
pericolosità di queste malattie
• Vaccinazione anti‐varicella: è utilizzata in pazienti con alterata risposta immunitaria cellulo‐mediata od immunocompromessi (IRC, in terapia steroidea, con malattie emo‐linfopoietiche, candidati a trapianto)
o Tipo: vaccino costituito da virus vivi attenuati o Via di somministrazione: im o sottocutanea o Nota: la vaccinazione non è obbligatoria, ma consigliata nei suddetti pazienti a rischio
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CAP. 6: ANEMIE Par. I: Caratteristiche generali Esame emocromocitometrico I valori ematologici sono detti “indici” perché variano nel tempo nel bambino, per rimanere poi costanti nell’adolescente. L’esame emocromocitometrico consente di valutare:
• Grazie ai contaglobuli classici o Conteggio totale dei globuli bianchi ( WBC ) o Conteggio totale dei globuli rossi ( RBC ) o Emoglobina ( HGB ) o Ematocrito ( HCT ) o Volume Corpuscolare Medio ( MCV ) o Contenuto Medio Emoglobinico ( MCH ) o Concentrazione Corpuscolare Media Emoglobinica ( MCHC ) o Conteggio totale delle piastrine ( PLT )
• Grazie ai contaglobuli di nuova generazione o Indice di distribuzione volumetrica dei globuli rossi ( RDW ) o Indice di distribuzione della concentrazione emoglobinica ( HDW ) o Piastrinocrito ( PTC ) o Volume Piastrinico Medio ( MPV ) o Indice di distribuzione volumetrica delle piastrine ( PDW )
• Grazie al leucocitogramma a 5 popolazioni: o LUC: large unstained cells (grandi cellule non colorate): sono una categoria di cellule che,
durante l'esecuzione dell'emocromo con i contaglobuli elettronici, non assumono il colorante mieloperossidasi. Tra esse ricade un po' di tutto: innocui linfociti attivati, le cellule di Turk dei bambini, le cellule mononucleate della mononucleosi. Se accompagnare da febbre, sono indice di infezione in atto.Solo se il loro numero è elevatissimo rispetto al valore di riferimento (quasi da sovrastare tutte le altre) potrebbero essere i blasti indifferenziali delle leucemie acute.
o LI: lobular index (vn: 1,9): è il grado di segmentazione dei neutrofili ed è indice di infezione in atto
o Conteggio totale dei reticolociti: suddivisione in LOW, MEDIUM, HIGH in rapporto al grado di maturazione, al volume ed al grado di emoglobinizzazione
• “flags” (*): indicano la presenza di: o cellule atipiche e /o blasti ( LUC : Large Uncolored Cells ; ALY : Atipical Linfocytes ) o cellule immature della serie mieloide e/o eritroide ( IG : Immature Granulocytes; LIC : Large
Immature Cells ) o eritroblasti o grado di segmentazione dei neutrofili o presenza di aggregati piastrinici, crioglobuline, crioagglutinine
I globuli rossi
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• Valutazione di o Vita media: 120 gg o Produzione giornaliera: 2.5 mdl/kg o Diametro: 7µ o Spessore: 2µ o Forma: disco biconcavo che si tende a deformare per passare nei capillari, anche molto
piccoli come quelli splenici. Se la forma non varia, creando problemi di eccessivo smaltimento, si parla di sferocitosi
o Numero: possono esser valutati: valore assoluto: il numero di globuli rossi (milioni/mm3) varia molto in rapporto
all’età:
• sangue cordonale: 5,25 (Hct: 51)
• 1° giorno: 5,8 (H: 56)
• 14° giorno: 5,1 (H: 51)
• 1 anno: 4,3 (H: 36)
• 2 anni: 3,7 (H: 36)
• 4 anni: 4,3 (H: 37)
• 6 anni (fino a 12 anni): 4,7 (H:40)
• Dai 12 ai 18 anni: 4,9 (H: 43)
• In seguito: 5,2 (H: 47) (le femmine, invece, sono sempre stabili intorno ai 4,6 ed ai 41)
Ematocrito: Per ematocrito si intende il volume compresso (PCV: packed cell volume) occupato dai globuli rossi rispetto al volume totale di sangue. Si esprime in percentuale (Ht %). È evidente che il valore dell’Ematocrito è funzione del numero e del volume dei Globuli Rossi: pertanto, le variazioni dell’ematocrito, in assenza di alterazioni del volume plasmatico, risultano proporzionali alle variazioni del numero dei globuli rossi. Hct = MCV x n. GBR
reticolociti: sono i globuli immaturi, che circolano per 24‐36 ore per poi maturare. Contengono residui di organuli citoplasmatici, soprattutto ribosomiali: questi precipitano per effetto dei coloranti sopravitali, formando un reticolo di granuli e filamenti basofili, alla base della loro denominazione. Sono più grandi del globulo rosso. Possono avere un diverso contenuto di RNA (cioè un diverso contenuto di granuli e filamenti) e un diverso volume in rapporto al loro grado di maturazione: ciò consente di distinguerli in low, medium ed high. Questi ultimi si riscontrano, insieme ad un aumento del numero totale di reticolociti, in presenza di un forte stimolo da parte di EPO e sono indice di anticipata immissione in circolo. È importante valutare:
• RMI = Reticulocyte Maturity Index: nei diversi studi è stato usato come o intensità media di tutta la popolazione reticolocitaria o reticolociti ad elevata Fluorescenza o Assorbimento o reticolociti a media ed elevata fluorescenza o assorbimento, che
alla fine sono stati definiti come:
• IRF = Immature Reticulocyte Fraction: è importante come: o Monitoraggio della rigenerazione del midollo dopo:
Trapianto (BM o PBSC transplantation)
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Chemioterapia o Determinazione del tempo per la raccolta di cellule staminali dal sangue periferico (dopo fattori di crescita e/o chemioterapia)
• Valore assoluto: Un soggetto normale, con 5.000.000 di emazie, ha in media 1% di reticolociti. La determinazione dei reticolociti permette una valutazione della eritropoiesi senza il ricorso a manovre invasive
o Emoglobina: Un valore di emoglobina < 2 DS (3°centile) per l’età ed il sesso configura lo stato di anemia
Valori normali (g/dL)
• 6 mesi: 16,6
• 1 anno: 13,9
• 2 anni: 11,2
• 4 anni: 12,2
• 6 anni: 12,6 Valutazione “qualitativa” degli eritrociti
• Indici di Wintrobe: indicie eritrocitari
• Curve di distribuzione volumetrica eritrocitaria
• Citogramma volume/concentrazione di emoglobina o Indici eritrocitari (MCV, MCH, MCHC, RDW, HDW)
MCV (mean corpuscolar volume): rappresenta il volume medio dei globuli rossi; indice di micro e macrocitosi, è ben radicato nella “cultura diagnostica”. MCV = Ht x 1000 / G.R. ( x1012/l ). È espresso in femtolitri (fl: L x 10‐15)
MCH (mean corpuscolar hemoglobin): rappresenta il contenuto emoglobinico medio dei globuli rossi; è meno utilizzato dell’MCV. MCH = Hb x 1000 / G.R. ( x1012/l ): è espresso in femtolitri (fl = 10 ‐15 )
MCHC (Concentrazione emoglobina corpuscolare media): misura la concentrazione emoglobinica media dei globuli rossi; è utilizzato quasi esclusivamente nella diagnostica delle anemie emolitiche. MCHC = Hb (g/dl) / Ht; è espresso g/dl
o Curve di distribuzione volumetrica eritrocitaria: RDW( Red cell Distribution Width):misura l’ampiezza della curva di distribuzione
volumetrica dei globuli rossi
• RDW‐DS (fl) = Indice di anisocitosi assoluta; rappresenta la deviazione standard della distribuzione dei volumi di una popolazione di globuli rossi
• RDW‐CV (%) = Indice di anisocitosi relativa; rappresenta il coefficiente di variazione (CV) della popolazione di globuli rossi rispetto al valore medio
HDV ( Hemoglobin Distribution Width ): HDW ( % ) = DS / MCHC x 100: rappresenta l’ampiezza di distribuzione statistica della concentrazione emoglobinica corpuscolare media. È indice di anisocromia
o Citogramma eritrocitario di volume e concentrazione di emoglobina Fornisce una visione di insieme della popolazione eritrocitaria Evidenzia doppie e triple popolazioni, agglutinati eritrocitari, anomalie di
distribuzione Permette di quantificare sottopopolazioni eritrocitarie (gerociti, sferociti)
o Morfologia: esempi di alterazioni sono: Sferociti
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Cellule falciformi Stomatociti Ellissociti
Globuli bianchi
• Leucocitosi: è l’aumento del numero dei globuli bianchi al di sopra dei limiti normali per l’età. o Falsa leucocitosi: può esservi una falsa leucocitosi dovuta a:
Eritroblasti in circolo: in alcune patologie (soggetti splenectomizzati, talassemici), il tasso dieritroblasti circolanti è molto elevato e questo determina un conteggio leucocitario/ mmc falsamente elevato.
Aggregati piastrinici: sono un artefatto di laboratorio e non hanno nessun significato clinico.
Crioglobuline: la presenza di crioglobuline nel sangue può alterare il conteggio dei leucociti, che risulta generalmente più alto.
Chetoacidosi diabetica: i leucociti neutrofili vengono mobilizzati dal pool marginato nel sangue
o Neutrofilia Cause
• AUMENTATA PRODUZIONE o Infezioni croniche o Infiammazioni croniche o Malattie mieloproliferative o Farmaci
• AUMENTATO RILASCIO DAL POOL MIDOLLARE o Infezioni acute o Steroidi o Stress o Ipossia
• RALLENTATA ELIMINAZIONE DAL CIRCOLO o Steroidi o Splenectomia o Epinefrina
Ausilio diagnostico
• Valutazione dell’ LI
• Morfologia: shift maturativo: Schema di Arneth: Classificazione granulociti in base ai lobi nucleari
o Deviazione a sx: granulociti giovani (es. infezioni acute) o Deviazione a dx: granulociti vecchi (es. carenza ac.folico, vit.B12)
o Linfocitosi Cause
• Relative o neutropenia o ipertiroidismo o morbo di Addison
• assolute
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o influenza , pertosse, tubercolosi o parotite, varicella, herpes, rosolia o brucellosi, mononucleosi infettiva, o epatite virale, farmaci, neoplasie ematologiche(LLA, LM)
• leucopenia: è la diminuzione del numero dei globuli bianchi al di sotto dei limiti normali per l’età o pseudoleucopenia: aumentato pool di riserva marginale(emodialisi, idiopatica) o neutropenia: fra le due settimane e la fine del primo anno il limite inferiore è di 1.000/mL,
succesivamente <1.500/mL lieve 1.000 ‐ 1.500/ml moderata 1.000 – 500/mL grave <500/mL
o linfocitopenia: cause sono: terapia con steroidi/ chemioterapia / radioterapia infezioni virali/batteriche
• HIV
• TBC neoplasie
• linfoma di Hodgkin
• leucemia acuta
• tumori solidi malattie croniche
• sarcoidosi
• lupus
• sclerosi multipla
• miastenia grave
• sindrome di Guillain Barre’ Piastrine
• indici piastrinici o MPV(volume piastrinico medio) v.n. 7‐8 fl:esprime la media analitica dei volumi piastrinici:
non esiste un MPV normale, ma l’MPV normale per quel numero di piastrine. Più rallentato è il tasso di produzione delle piastrine, più basso è l’ MPV
Diminuito: piastrinopenie centrali Normale o aumentato: piastrinopenie periferiche
o PDW(ampiezza di distribuzione volumetrica) v.n. 9‐13 fl: esprime l’anisocitosi piastrinica. Rappresenta la distribuzione volumetrica delle piastrine (utile nella diagnostica delle mielodisplasie)
o PcT(piastrinocrito): n. PLTxMPV: esprime la massa piastrinica per unità di volume di sangue. Rappresenta la massa emostatica attiva ed è il vero indice del reale rischio di sanguinamento
o P‐LCR (percentuale di piastrine larghe) v.n. 16,4‐44,5%
• Quadri o MPV e PDW AUMENTATI
piastrinopenie autoimmuni macrotrombocitosi mediterranea
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m. mieloproliferative splenectomia s. di Bernard‐Soulier s. di May‐Hegglin
o MPV DIMINUITO ipersplenismo anemia megaloblastica chemioterapia aplasie midollari s. di Wiskott‐Aldrich
• piastrinosi: è l’aumento del numero di piastrine o Falsa
Microcitemia Frammenti eritrocitari Emoconcentrazione
o Vera Primitiva
• Tormbocitemia essenziale
• policitemia vera
• LMC
• metaplasia Secondaria
• Asplenia
• disordini infiammatori ( infezioni acute e croniche, artrite reumatoide, sarcoidosi, m. di Kawasaki )
• disordini ematologici ( carenza marziale, a. emolitiche croniche, deficit vit.E, emorragia acuta…)
• disordini neoplastici ( linfoma, neuroblastoma, altri tumori solidi )
• farmaci ( corticosteroidi, vincristina,…)
• varie (esercizio fisico, interveno chirurgico, m. di Caffey)
• piastrinopenia o falsa
Pseudotrombocitopenia EDTA‐dipendente Microaggregati piastrinici: sono un artefatto di laboratorio e non hanno nessun
significato clinico. Coaguli
o Vera: In caso di presenza di manifestazioni emorragiche all’esame obiettivo (ecchimosi, petecchie) e storia di emorragia (gengivorragia, epistassi, ematuria), ma con conta piastrinica normale, occorre valutare MCV. Una microcitemia può falsamente incrementare il numero delle piastrine in quanto al contaglobuli gli eritrociti microcitemici vengono scambiati per piastrine.
Par. II: Anemie ipocromiche microcitiche
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Caratteristiche generali delle anemie
• Diagnosi generale o Anamnesi
Età Etnia Sesso Abitudini alimentari Valutazione di esami pregressi
o Esame obiettivo Porpora e petecchie > leucemia, anemia aplastica Anomalie di unghie e capelli Ittero Splenomegalia, linfoadenomegalia > leucemia Glossite > carenza B12 Ipoplasia dell’eminenza tenare e/o del pollice > anemia di Fanconi
• Classificazione o Fisiopatologica
Aumento delle perdite di globuli rossi
• Perdita di sangue
• Emolisi o Intracorpuscolare
Disordini della membrana Enzimopatia Emoglobinopatia
o Extracorpuscolare Immunitaria Meccanica Infettiva
Diminuzione della produzione di globuli rossi
• Cellule staminali anomale: anemia aplastica
• Difetto della sintesi del DNA: anemia megaloblastica
• Difetto della sintesi di Hb o Carenza di Fe o Talassemia
• Variazione dei progenitori emopoietici o Tumori ematologici o Tumori metastatici o Fibrosi
• Diminuzione dell’EPO: insufficienza renale
• Multifattoriale o Anemia da malattie croniche o Infezione da HIV
o Classificazione morfologica Ipocromiche microcitiche
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• Carenza di Fe
• Anemia da malattie croniche
• Talassemia
• Anemia sideroblastica
• Avvelenamento da piombo Macrocitiche
• Anemia megaloblastica: carenza di B12 o di folati
• Malattie del fegato
• Alcolismo
• Ipotiroidismo Normocromica normocitica
• Perdita acuta di sangue
• Insufficienza renale
• Malattie croniche Caratteristiche generali delle anemie ipocromiche microcitiche
• Cause o Disordini del metabolismo del Fe
Anemia sideropenica
• Ridotto apporto
• Alterato riassorbimento
• Perdite Anemia da disordine cronico
• Malattie infiammatorie croniche
• Malignomi o Disordini della sintesi dell’eme:
Anemie sideroblastiche
• Ereditarie
• Secondarie: farmaci, alcool, piombo
• Idiopatiche o Disordini della sintesi delle globuline
Talassemie Anemia sideropenica Cause di anemia sideropenica sono:
• Riduzione dei depositi o Basso peso alla nascita o Prematurità o Grave sideropenia materna o Emorragie fetali
• Aumentato fabbisogno o Prematurità o Basso peso alla nascita o Adolescenza
• Alterato assorbimento o trasporto: malattie GI
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• Perdite ematiche Metabolismo del Ferro In un uomo adulto sono contenuti 3‐4 g di ferro. Il 68% del ferro, cioè più dei 2/3, è contenuto nei quattro gruppi eme dell’emoglobina, il 27% è contenuto nella ferritina, il 4% nella mioglobina, lo 0,6% in alcuni enzimi come gruppo prostetico e solo lo 0,1% nella transferrina. Il ferro è rilasciato in gran parte a livello del midollo osseo per l’incorporazione negli eritrociti; una parte è contenuta nella ferritina della mucosa intestinale e nel fegato; ed è presente anche nella milza, dove gli eritrociti vengono degradati. In caso di carenza di ferro, l’organismo ricorre alle proprie riserve e non compaiono particolari sintomi. Successivamente, quando le riserve si stanno esaurendo, la ferritina nel sangue diminuisce ed è sempre meno satura e diminuiscono i livelli di emoglobina; di conseguenza, si hanno alterazioni a livello degli eritrociti. In casi di grave carenza, gli enzimi che contengono ferro come gruppo prostetico diminuiscono la propria efficienza e si riscontrano gravi effetti a livello metabolico: quindi, gli enzimi sono la prima sede in cui si manifestano gli effetti della carenza di ferro. Il ferro si trova nei cibi sotto forma di ferro eme o di ferro non eme (quest’ultimo è detto anche ferro inorganico). Nel secondo caso, può essere presente o sotto forma di ione ferroso (ione Fe2+, bivalente), o sotto forma di ione ferrico (ione Fe3+, trivalente), i quali sono solubili rispettivamente a pH 7 e a pH minore di 3. Il ferro eme si trova solo negli alimenti di origine animale, in particolare nella carne, in quanto presente nelle emoproteine muscolari (i latticini, al contrario, ne sono del tutto privi). Ha la possibilità di essere maggiormente assorbito rispetto al ferro non eme, ed è presente in quantità minore. Il ferro non eme si trova sia nella carne, sia negli alimenti di origine vegetale. Tra gli alimenti più ricchi di ferro ci sono il tuorlo d’uovo, i legumi, il fegato, le carni rosse. Gli alimenti ricchi di ferro vengono attaccati all’interno dello stomaco dai succhi gastrici, che facilitano la dissociazione degli ioni del ferro dal resto del cibo (dissociazione che è peraltro favorita dalla cottura). Con l’aiuto dell’acido ascorbico, tali ioni vengono subito ridotti a ioni ferrosi Fe2+; è per questa ragione che per assorbire meglio il ferro presente nei vegetali è consigliabile il consumo contemporaneo di alimenti ricchi di vitamina C. L’assorbimento aumenta fino a 2‐3 volte. Non tutti i composti possono essere dissociati dal ferro che contengono e questa porzione del ferro alimentare, di cui costituisce la maggior parte, non viene assorbita. Il ferro viene assorbito principalmente nell’intestino, in particolare nel duodeno. Gli enterociti sono in grado di assorbire il ferro eme direttamente, in quanto l’intera molecola che lo contiene può attraversare la membrana dell’enterocita (per poi rilasciare il ferro sotto forma di ione trivalente, in particolare dividendosi in protoporfirina IX e Fe3+ libero). Il ferro eme deriva dalle molecole di emoglobina e mioglobina responsabili del trasporto di ossigeno e della conservazione nel sangue e nei muscoli, rispettivamente. Una volta rilasciata dalla matrice alimentare, la molecola eme agisce come un anello protettivo attorno all’atomo centrale di ferro, che protegge, non dà luogo a reazioni con altri componenti alimentari, resta solubile nell’intestino ed è assorbito sulla superficie delle cellule intestinali. Al contrario, il ferro non eme può essere assorbito solo dopo essere stato separato dalla molecola originaria e legato ad altre molecole, come zuccheri o acido ascorbico. L’organismo è in grado di assorbire il ferro non eme bivalente, ma non quello trivalente, la cui formazione è favorita dal carattere basico dell’ambiente duodenale, dovuto ai succhi pancreatici. Di conseguenza, il ferro trivalente, per essere assorbito, deve prima essere ridotto nella forma bivalente. La riduzione può avvenire nello stomaco, favorita dall’acidità dovuta alla presenza dei succhi gastrici, o nell’intestino, in cui viene
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ridotto dal citocromo duodenale B (o anche DCYTB), presente sul dominio apicale delle cellule duodenali. Dopo la riduzione, un trasportatore di metalli divalenti (DMT‐1) ne consente l’ingresso nella cellula intestinale tramite un simporto Fe2+/H+. Il pool che entra nella cellula intestinale permane nella ferritina: il ferro è rinchiuso all’interno di questa in un guscio proteico, l’apoferritina, che può captare il Fe2+ (ione ferroso) ed ossidarlo affinché venga depositato come Fe3+(ione ferrico). L’assorbimento a livello della mucosa è influenzato dalla concentrazione di ferro già presente nell’organismo: una carenza di ferro porta ad un aumentato assorbimento intestinale, mentre un sovraccarico di ferro porta ad una diminuzione dell’assorbimento. Infatti:
• se vi è carenza di ferro, la sintesi di apoferritina è bassa, la proteina lega pochi atomi di ferro, e di conseguenza quest’ultimo è libero di circolare nel sangue, legato alla propria proteina di trasporto (la transferrina, oppure, nei granulociti, la lattoferrina);
• se vi è un sovraccarico di ferro nell’organismo, c’è una grande sintesi di apoferritina (che, nell’epitelio intestinale può legare sino a 4.500 atomi di ferro, anche se normalmente si trova legata a circa tremila atomi), impedendo, in questo modo, la circolazione di ferro libero nel sangue, dove si potrebbe legare ad altre proteine inattivandole o provocandone disfunzioni.
L’Epcidina è un ormone peptidico prodotto dal fegato. Scoperto nel 2000, sembra essere il principale regolatore dell’omeostasi del ferro, sia nell’uomo che in altri mammiferi. L’epcidina inibisce direttamente la ferroportina1, una proteina transmembrana che trasporta il ferro fuori dalla cellula. La ferroportina è presente nei macrofagi e nella membrana basale degli enterociti duodenali. Inibendo la ferroportina, l’epcidina inibisce il rilascio di ferro nel sangue da parte degli enterociti, riducendo quindi l’assorbimento del ferro. Inoltre inibendo anche la ferroportina macrofagica inibisce anche il rilascio in circolo del ferro già presente nell’organismo. La produzione epatica di epcidina dipende da una serie di fattori, quali: depositi di Fe nell’organismo, ipossia, infiammazione. L’eliminazione del ferro avviene quasi esclusivamente per desquamazione dell’epitelio della mucosa intestinale, che si unisce al cibo non digerito per costituire le feci. Un uomo adulto elimina in questo modo circa 1 mg di ferro al giorno. In una donna in gravidanza o in menopausa, le perdite di ferro sono maggiori. Le mestruazioni influenzano il fabbisogno di ferro, che cresce fino a 4‐5 volte rispetto ad un uomo adulto, durante la gravidanza, mentre è pari a quello di un maschio adulto per una donna in menopausa. Sono richieste maggiori quantità di ferro anche nei pazienti che hanno subito forti emorragie. Come già visto, uno dei fattori principali che influiscono sulla quantità di ferro assorbito durante la digestione è la regolazione operata dall’organismo stesso. Infatti, questa regolazione permette all’organismo di mantenere costante la quantità di ferro presente al suo interno. Il ferro, in circolo, inoltre, è legato alla transferrina: la transferrina è la principale proteina di trasporto del ferro nel sangue. Si tratta di una glicoproteina che possiede due siti di legame per lo ione ferrico (Fe3+), mentre non presenta affinità per lo ione ferroso (Fe2+). Normalmente nel sangue 1/9 di tutta la transferrina è saturata in entrambi i siti di legame, i 4/9 in uno dei due siti e i restanti 4/9 presentano siti insaturi. Questa porzione di transferrina insatura è fondamentale per il contrasto delle infezioni e la cattura del ferro libero. La transferrina ha un’emivita di circa 7 giorni, e i suoi livelli ematici sono regolati dalla disponibilità di ferro, cioè in condizioni di carenza di ferro abbiamo un aumento delle concentrazioni plasmatiche di transferrina mentre dopo somministrazione di ferro ritorna a livelli normali. Esami di laboratorio per la valutazione dello stato marziale
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• Hb, MCV, MCH, RDW
• Protoporfirina eritrocitaria: in carenza di ferro, aumenta la protoporfirina IX; per stabilizzarsi, si collega allo zinco (zincoprotoporfirina). È il primo indice di sideropenia, soprattutto in caso di anemia saturnina e nelle intossicazioni da piombo
• Sideremia: da sola non è diagnostica; valuta, infatti, un compartimento di transito poco indicativo delle riserve corporee
o Cause di variabilità Ritmo circadiano Ciclo mestruale Gravidanza Epatopatie croniche
o Diminuzione in caso di: Deplezione dei depositi Stati di grave carenza marziale Malattie croniche
• Transferrinemia:I valori normali di transferrina (transferrinemia) variano da 240 a 360 mg/dL.
o Aumentata in caso di: Condizioni sideropeniche Gravidanza Utilizzo di estroprogestinici
o Diminuita in caso di: Sovraccarico di ferro Malnutrizione Malattie infiammatorie
• TIBC (Total Iron Binding Capacity): è la Capacità Totale di Legare Ferro con la trasferrina. Partendo dal presupposto che 1mg di transferrina lega 1,3 mg di ferro: transferrinemia x 1,42. Valori ridotti di TIBC indicano uno stato di sovraccarico di ferro, mentre valori aumentati ne indicano una carenza: in situazioni di carenza di ferro il nostro corpo si adopererà per captarne il più possibile, la transferrina sarà meno satura, e la Capacità Totale di Legare Ferro sarà di conseguenza maggiore, viceversa in una situazione il cui il ferro nel corpo abbonda (sovraccarico) la TIBC diminuirà per non favorire questo sovraccarico
• Saturazione della transferrina: sideremia x 100/ TIBC: vn 25‐35%
• Recettore solubile della transferrina: le cellule che hanno bisogno di ferro lo indicano esponendo questo recettore. Quando il recettore ha svolto la sua funzione, si stacca e va in circolo. Aumenta quando il ferro plasmatico è basso
• Ferritina: valuta il deposito marziale ed è il più importante indice di deplezione sierica ed è espressione dell’entità dei depositi
Profilassi
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• Neonato a termine o Allattamento artificiale: integrazione di ferro dal 4° mese o Allattamento materno: dal 6° mese
• Neonato di basso peso (mg/kg/gg) o < 1kg: dal 2° mese 4 o 1‐1,5 kg: 3 o 1,5‐2 kg: 2
Terapia
• Finalità o Individuazione ed eliminazione delle cause o Prevenzione delle recidive o Ripristino delle riserve marziali
• Modalità o Per os: la dose di ferro elementare ritenuta ottimale è di 3 mg/kg/gg mezz’ora prima dei
pasti. Il ferro per os è ben tollerato, ben assorbito e poco costoso. L’assorbimento del ferro, inoltre, dipende dalla composizione chimica, dal rapporto con i pasti e dall’entità della sideropenia
I Sali ferrosi (solfato di ferro) sono assorbiti circa 3 volte di più dei Sali ferrici: il loro assorbimento è massimo a digiuno
Effetti collaterali: GI: diarrea, stipsi, nausea, vomito, dolore epigastrico o Via parenterale
Indicazioni
• Intolleranza GI grave ed intrattabile
• Sindrome da malassorbimento Preparati
• Gluconato ferroso
• Saccarato ferrico
• Ferro destrano Effetti collaterali
• Shock anafilattico
• Reazioni tardive: febbre, mialgia, artralgia, orticaria)
• Reazioni locali
Par. III: Anemia normocitica
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Caratteristiche generali
• Diagnosi generale o Hb < 3° percentile o RDW normale
Portatore di HbS o C Emorragia acuta Eritroblastopenia transitoria dell’infanzia: tipica del pre‐termine, è dovuta ad
immaturità del midollo osseo o RDW elevato
Sferocitosi ereditaria Omozigosi HbS Anemie emolitiche
Anemia emolitica È un’anemia normocitica con midollo funzionante, dovuta all’emolisi periferica: la vita media del GR è < 120 giorni. A livello midollare, in un tentativo di compenso, vi è un’iperplasia della linea eritroide:
• Clinica o Segni e sintomi di anemia o Segni e sintomi di stato emolitico: ittero, urine scure, feci chiare o Splenomegalia
• Laboratorio o Ridotta sopravvivenza eritrocitaria o Test di Coombs diretto positivo per Ig e C3 (in forme gravi) o Aumento reticolociti o Aumento bilirubina indiretta ed LDH o Diminuzione aptoglobina ed emopenina o Aumento dell’escreezione di bilinogeni urinari e fecali o Sferociti, poichilociti o Lieve macrocitosi o Policromasia o Eritroblasti in circolo o Iperplasia eritroide del midollo osseo
• Cause: aumentata distribuzione dei GR o Difetto intrinseco (test di Coombs negativo)
Difetto di membrana: sferocitosi ereditaria la forma a disco biconcavo è normalmente mantenuta da i rapporti verticali tra proteine del citoscheletro e le proteine transmembrana. In caso di alterazione si determina la rottura di questi rapporti con GR più rigidi e meno deformabili quando passano nei sinusoidi sferici
• Forme o Dominanti: 75% o Non dominanti: 25%
Recessive Ex novo: il difetto si crea durante l’embrioogenesi
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• Quadro: aumento della bilirubina con calcolosi biliare (segno di allarme nel bambino
• Test di conferma: test di resistenza osmotica Difetto enzimatico: favismo: malattia ereditaria legata al cromosoma X e dovuta a
deficit della 6GPH
• Indici di emolisi sempre presenti: emolisi massiva in presenza di fattori stressanti, come legumi (fave e piselli) e farmaci
• Terapia: evitare questi fattori
• Complicanze: infezioni da agenti capsulati (H. influenzae, pneumococco, meningococco)
Porfirie Emoglobinopatie
o Difetto estrinseco (test di Coombs positivo) Anemie emolitiche autoimmuni da Ab caldi
• Idiopatiche
• Secondarie: linfoprolifetive, autoimmuni Anemie emolitiche autoimmuni da Ab freddi
• Idiopatiche
• Secondarie o Acute o Croniche: malattie linfoproliferative
Anemie emolitiche da Ab misti Anemie emolitiche da farmaci
• Che inducono la produzione di Ab
• Che agiscono come apteni
• Che determinano la formazione di IC
• Terapia: cortisone + Ig ad alte dosi: si cerca di non effettuare, anche in caso di anemie severe, la trasfusione, che comporterebbe un ampliamento del fenomeno distruttivo
Par. IV: Anemie macrocitiche Caratteristiche generali
• Cause o Anemie megaloblastiche o Aplasia midollare acquisita o CDA I‐III o Osteoporosi o Ipotiroidismo o Epatopatia
• Quadro generale o Hb < 3° percentile o MCV > 90° percentile o RDW
Normale: anemia aplastica, CDA I
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Elevato: carenza di B12 e folati o Aspirato midollare
Midollo
• Produttivo
• Non produttivo Reticolociti
• Normali
• Alterati Diminuzione dei precursori di forma:
• Conservata: aplasia midollare
• Alterata: sindrome mielodisplatica L’agoaspirato si completa con
• Citogenetica
• Analisi HUMARA per cercare l’iperespressione di p53
• Biopsia midollare: l’anatomopatologo studia o Popolazione e clonalità cellulari o Quantità di tessuto adiposo
Anemie aplastiche Sono patologie caratterizzate da pancitopenia periferica e dovute a diminuzione od assenza di precursori midollari:
• Cause o Congenite: sindrome di Fanconi: sindrome aplastica congenita a trasmissione AR dovuta ad
instabilità del DNA Caratteristiche
• Pancitopenia progressiva: non è mai la prima espressione, ma compare a 6‐7 anni
• Malformazioni variabili: bassa statura, facies da elfo
• Iperpigemntazione cutanea
• Predisposizione a neoplasie solide od ematologiche Diagnosi: DEB‐test (diepossi‐butano): valuta la fragilità cromosomica Terapia:
• Trapianto di cellule staminali ematopoietiche
• Di supporto: androgeni, steroidi o Acquisite
Idiopatiche Secondarie
• Rx
• Agenti chimici
• Infezioni virali
• Farmaci
• Quadro o Diminuzione di Hb < 3° percentile o GN: < 500/mm3 o Piastrine < 20.000/mm3
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• Patogenesi: disregolazione del sistema immunitario, in particolare dei linfociti, con liberazione di citochine, IFB e TNF
• Terapia o Di supporto: immunosoppressione: ciclosporina, cortisone, siero di cavallo; micofenolato
mofetile o Trapianto
Ricerca di HLA identico in famiglia o nei registri nazionali di donatori di midollo HLA aploidentico: madre o padre
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Cap. 7: ALTRE PATOLOGIE Par. I: Vasculiti Caratteristiche generali La vasculite è un’infiammazione della parete vasale, le cui caratteristiche istologiche sono piuttosto omogenee. I vasi di ogni tipo e di qualunque organo possono esser coinvolti. Lo spettro di manifestazioni cliniche è ampio, così come la gravità, il tipo di esordio, il decorso e la prognosi: l’ampia varietà di manifestazioni e la non specificità delle lesioni istologiche obiettivabili rendono complessa la diagnosi di forme specifiche di vasculite. Questo costituisce un problema, in quanto forme diverse di vasculite, ma con diversa presentazione clinica, rispondono a trattamenti distinti e possono presentare una prognosi assai variabile. Caratteristiche generali sono:
• Segni e sintomi evocativi di vasculite o FUO o Porpora/orticaria o Mono‐ o polineurite o Artrite/miosite/sierosite o Alterazioni della funzione renale, polmonare o cardiovascolare
• Patogenesi: la disregolazione dei processi di apoptosi e l’alterazione della clearance di cellule infiammatorie (ossia processi disimmuni) determinerebbero la persistenza dell’infiammazione e l’eccesivo danno tissutale
• Approccio diagnostico o Laboratoristico: è utile il riscontro di ANCA, anticorpi anti‐nucleo, C3‐C4, crioglobuline,
sangue occulto fecale, sierologia per epatite B e C, FR, parametri di funzionalità renale o Strumentali: radiografia del torace e dei seni paranasali, TC del torace, elettroneurografia,
PET, biopsie degli organi coinvolti
• Classificazione delle sindromi vasculitiche (non infettive) o Dei vasi di grande calibro
Arterite gigantocellulare Arterite di Takayasu
o Dei vasi di medio calibro Poliarterite nodosa Malattia di Kawasaki Vasculite primaria del SN
o Dei vasi di piccolo calibro Granulomatosi di Wegener Angioite di Churg‐Strauss Poliangioite microscopica Vasculite crioglobulinemica essenziale Porpora di Schönlein‐Henoch
Vasculiti dei piccoli vasi
• Caratteristiche generali di diagnosi: è utile dosare gli ANCA (anticorpi anti‐citosol dei granulociti neutrofili) diretti contro:
o MPO: positivi nella sindrome di Churg‐Strauss
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o Proteinasi‐ 3 (PR3): positivi nella granulomatosi di Wegener
• Classificazione o Associate a positività degli ANCA
Granulomatosi di Wegener Angioite di Churg‐Strauss Polinagioite microscopica
o Da IC Vasculite crioglobulinemica essenziale Porpora di Schönlein‐Henoch (PSH) Malattia di Behcet Sindrome di Goodpasture Malattia da siero Vasculiti associate a collagenopatie: LES, AR, sindrome di Sjörgen
o Paraneoplastiche o Associate a malattie infiammatorie croniche intestinali
• Porpora di Schönlein‐Henoch: è la vasculite sistemica più frequente in età pediatrica. Solitamente si manifesta per la deposizione di IC, dopo un episodio infettivo a carico delle vie respiratorie alte (infezione da S. pyogenes) o di infezioni virali (varicella, rosolia, epatite, infezione da Parvovirus). Coinvolge preferenzialmente arteriole, capillari e venule di più distretti; molto tipico è il coinvolgimento cutaneo
o Caratteristiche generali Picco di incidenza a 5 anni Porpora leucocitoclastica non‐trombocitopenica soprattutto a livello di arti inferiori
e natiche (“porpora ortostatica”) o Patogenesi: uno stimolo antigenico ignoto determinerebbe l’elevazione delle IgA (fattore
determinante di diagnosi) e l’attivazione del complemento con successiva infiammazione necrotizzante dei vasi di piccolo calibro delle cute. In seguito, può verificarsi il coinvolgimento di distretto GI, sinoviale, renale e neurologico.
o Caratteristiche cliniche Porpora palpabile Segni GI Artralgie ed edema delle estremità GN
o Criteri diagnostici: almeno 2 di: Porpora palpabile: nodulare non‐trombocitopenica Età d’esordio < 20 anni Dolore addominale acuto (angina intestinale) Granulociti alla biopsia dei piccoli vasi
o Complicanze GI Melena Perforazione intestinale Infarto intestinale Subocclusione intestinale Invaginazione intestinale
o Decorso
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Esordio improvviso, ma con evoluzione rapida e benigna Durata media: 2 settimane Casi atipici con durata di anni Prognosi eccellente: tuttavia il coinvolgimento renale (20‐30% dei casi) può
aggravare la prognosi e la sua espressione più tipica è l’ematuria con/senza proteinuria. Si giustifica, inoltre, per la possibile evoluzione in IRC, la necessità di sorvegliare la funzionalità renale per un lungo periodo dopo la guarigione clinica
Il rash cutaneo persistente per più di 1 mese è il segno clinico predittivo della possibilità di sequele renali o di insorgenza di ricaduta di malattia
o Terapia FANS: ibuprofene, flurbiprofene Prednisone: per brevissimi periodi nelle manifestazioni addominali e per le GN Azatioprina: nei casi resistenti Ciclofosfamide: nella nefrtite resistente agli steroidi
Vasculiti di medio calibro: malattia di Kawasaki È una vasculite sistemica acuta, che interessa le arterie muscolari di medio e piccolo calibro. L’interessamento delle arterie coronarie ne condiziona la prognosi. L’80% dei casi si verifica in bambini di età inferiore a 5 anni e l’incidenza è massima al di sotto dei 2 anni; è poi rara oltre gli 8 anni. Si verifica sporadicamente in piccole epidemie, specie in inverno‐primavera.
• Patogenesi: vi sarebbe un’infezione seguita da un’attivazione atipica del sistema immunitario. o Agenti causali coinvolti
Virus: retrovirus, coronavirus Batteri: Yersinia pseudotubercolosis, Propionibacterium acnes, Streptococcus
sanguinis Batteri produttori di esotossine super‐antigeniche: S. aureus non emolitico
coagulasi+, streptococchi produttori di tossine eritrogeniche A‐B‐C o Meccanismo: la tossina super‐antigenica non viene processata dall’HLA ed attiva una
risposta caratterizzata dall’aumento di linfociti e macrofagi
• Fasi della malattia o Fase acuta (1°‐2° settimana)
Segni tipici
• Febbre elevata con almeno 1 di:
• Alterazioni del cavo orale: labbra secche fissurate di colore rosso‐ciliegia, lingua a fragola, orofaringite
• Linfoadenomegalia cervicale
• Alterazioni di mani e piedi: eritema palmo‐plantare, edema duro delle estremità
• Rash cutaneo polimorfo Altri segni: meningismo, irritabilità, condizioni generali compromesse, segni
infiammatori a carico di altri distretti Complicanze
• Artriti
• Uveite
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• Meningite asettica
• Cardite con scompenso cardiaco ed aritmie o Fase subacuta (3°‐4° settimana): vi è risoluzione della febbre e dei sintomi della fase acuta
(ad eccezione dell’irritabilità) Segni tipici
• Desquamazione cutanea delle dita di mani e piedi
• Artralgie/artriti persistenti fino a 3 mesi
• Piastrinosi
• Aneurismi coronarici: deteminano un rischio di trombosi coronarica con infarto miocardico e di rottura dell’aneurisma
o Tipi Ectasie: il diametro delle arterie è maggior del normale
senza alterazioni delle pareti Aneurismi propriamente detti (fusiformi o sacciformi)
• Piccoli: diametro 3‐4 mm
• Medi: 4‐8 mm: i piccoli ed i medi possono regredire nei primi 2 anni
• Giganti: > 8 mm: non regrediscono e possono complicarsi
o Complicanze Trombi: l’infarto miocardico è la principale causa di morte Aneurismi in altri distretti: arterie renali, arterie bronchiali
e femorali o Metodiche diagnostiche non invasibe
Ecocardiogramma bidimensionale ECG‐Holter ed analisi della variabilità della FC ECG a complessi medializzato Test ergometrico: può determinare restrizione dell’attività
fisica del bambino RM cardiaca TC
• Altri tipi di interessamento cardiaco o Versamento pericardico: determina raramente tamponamento
cardiaco o Coinvolgimento miocardico: tachicardia sproporzionata alla febbre
e ritmo di galoppo o Alterazioni dell’ECG o Insufficienza mitralica di entità lieve
o Fase di convalescenza Comparsa di linee ungueali di Beaue: solcature trasversali sulle unghie, anche dopo
risoluzione della fase acuta Normalizzazione degli esami laboratoristici
• Fattori prognostici decisivi o Riconoscimento tempestivo o Trattamento in fase acuta
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• Trattamento o Ig ev o ASA + terapia anticoagulante in caso di aneurismi giganti o Infliximab o metilprednisolone nei casi resistenti
Vasculiti dei vasi di grosso calibro I: Arterite di Takayasu È una vasculite cronica che interessa le grandi arterie di tipo elastico, come l’aorta e le sue diramazioni; può esacerbarsi per stenosi od occlusione dell’arco aortico. Criteri diagnostici (almeno 3 di 6 per la diagnosi) sono:
• Età < 40 anni all’esordio
• Claudicatio delle estremità
• Polso arterioso brachiale diminuito
• Differenza della pressione arteriosa sistolica > 10 mmHg tra le due braccia
• Soffio sull’arteria succlavia o sull’aorta
• Anomalie all’aortografia: restringimenti od occlusione Vasculite dei vasi di grosso calibro II: Malattia di Behçet È una vasculite sistemica a decorso cronico, che coinvolge i vasa vasorum di arterie e vene di molteplici distretti, ma soprattutto di quello muco‐cutaneo ed oculare di giovani adulti. La triade uveite, afte orali ed ulcere genitali è tipica (sindrome oculo‐genitale). La flogosi ha una localizzazione multipla, segmentaria, ed interessa a tutto spessore la parete del vaso e può presentare contemporaneamente vari livelli di evoluzione nello stesso segmento sino all’occlusione vascolare completa.
• Caratteristiche generali o Distribuzione lungo la via della seta o Malattia eterogenea o Causa sconosciuta, ma patogenesi disimmunitaria: si ipotizza un’iperproduzione di
citochine proinfiammatorie, cui seguirebbe l’iperfunzione dei granulociti neutrofili, l’attivazione di cellule endoteliali e di piastrine, l’elevata produzione di anione superossido ed uno stato di ipercoagulabilità
o Tipica ricorrenza dei segni clinici, anche per intervalli temporali decennali
• Criteri diagnostici o Ulcere orali ricorrenti + almeno 2 di: o Ulcere genitali ricorrenti o Lesioni oculari: soprattutto uveite o Lesioni cutanee variabili o Pathergy test positivo: lesioni papulo‐pustolose sterili apprezzate da un medico a 24‐48 ore
dalla iniezione intradermica di soluzione fisiologica o dalla semplice puntura d’ago
• Caratteristiche diagnostiche minori o Tromboflebiti sottocutanee o Trombosi di vene profonde o Occlusione arteriosa e/o aneurismi o Epididimite o Coinvolgimento del SNC o Artralgie/artriti
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o Segni GI
• Caratteristiche in età pediatrica o Aftosi orale poco frequente, uveite cronica più frequente o Possibile coinvolgimento neurologico: meningoencefalite cronica, talvolta complicata da
infarti miocardici o da trombosi delle vene profonde o Forme transitorie neonatali in figli di madri affette: lesioni mucocutanee di tipo
necrotizzante
• Terapia o Immunosoppressori: ciclosporina, ciclofosfamide, steroidi, colchicina, talidomide
Par. II: Artrite idiopatica giovanile Caratteristiche generali
• Classificazione di Durban o Sistemica o Oligoartrite
Persistente Estesa
o Poliartrite FR positiva FR negatova
o Artrite psoriasica o Artrite correlata ad entesite o Altre artriti
• Criteri diagnostici o Artrite di una o più articolazione: la diagnosi di artrite necessita della presenza di segni di
flogosi a carico delle articolazioni interessate o Durata di almeno 6 settimane o Età < 16 anni o Esclusione di altre cause
Artrite reumatoide giovanile È una malattia infiammatoria cronica, di origine autoimmune, caratterizzata da sinovite cronica ed associata ad alcune manifestazioni extra‐articolari.
• Forme: il termine artrite reumatoide racchiude: o AR sistemica (morbo di Still) o AR poliarticolare o AR pauciarticolare
• Eziopatogenesi: l’eziologia dell’AR ed il meccanismo di automantenimento dell’infiammazione sinoviale non sono ancora completamente chiariti. L’ipotesi più verosimile è che la malattia si sviluppi in seguito all’esposizione a stimoli ambientali in individui geneticamente predisposti, la quale determinerebbe un’attivazione del sistema immunitario con sviluppo di un processo infiammatorio acuto e successivamente al suo automantenimento ed alla cronicizzazione. Il processo infiammatorio determinerebbe:
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o Distruzione ossea > erosione articolare o Distruzione cartilaginea > riduzione spazio articolare
• Caratteristiche generali o Frequenza
Poliarticolare (P): 30% Oligoarticolare (O): 60% Sistemica (S): 10%
o Numero di articolazioni P: > 5 O < 4 S: tutte
o Coinvolgimento sistemico P: moderato O: assente S: predominante
o FR P: 10% O: raro S: raro
o ANA P: 40‐50% O: 75‐85% S: 10%
o Uveite cronica P: 5% O: 20% S: rara
• Forme o Sistemica
Sintomatologia
• Febbre elevata intermittente
• Rash maculo‐papulare
• Epatosplenomegalia
• Linfoadenopatia
• Polisierositi
• Mialgia, artalgia (NON artrite!)
• Interessamento del SNC: meningismo, emiplegia, encefalite, convulsioni)
• Sindrome da attivazione macrofagica Esami di laboratorio
• Aumento degli indici di flogosi
• Leuococitosi
• Anemia
• Trombocitosi Evoluzione
• Forma pauci‐articolare (40%)
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• Forma poli‐articolare (60%) o Forma poliarticolare: è la più frequente
Caratteristiche generali
• Artrite simmetrica con coinvolgimento di più di 5 articolazioni
• Interessamento NON migrante
• Sintomi extra‐articolari
• Indici laboratoristici o Indici di flogosi o Anemia o Leucocitosi o Piastrinosi o Iper‐Ig
• Interessamento delle articolazioni prossimali e distali, piccole e grandi, ma NON interessamento della colonna lombo‐sacrale
Forme cliniche
• Sieronegativa o Età d’insorgenza (E): 3 anni o Sesso: F > M o FR: negativo o ANA: positivi nel 25% o Uveite (U): rara o Decorso (D): remissione o Prognosi (P): buona
• Sieropositiva o E: 12 anni o S: F >>> M o FR: positivo o ANA: positivi nel 75% o U: assente o D: persistente, cronico, distruttivo o P: peggiore
o Forma oligoarticolare: vengono interessate 4 o meno articolazioni e vi sono rari sintomi extra articolari
Tipo 1: è la più frequente ed interessa il ginocchio nel 50% dei casi. È monoarticolare nel 75% dei casi
• Molto più frequente nelle F
• E: 2 anni
• FR negativo
• ANA: 50%
• U: 40%
• P: abbastanza buona per l’artrite, non buona per l’uveite (rischio di cecità) Tipo 2: interessa in genere poche articolazioni (anca, caviglie, metacarpofalangee)
• Più frequente nei M
• E: 10 anni
• FR negativo
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• ANA: talora positivi all’inizio
• Possibili sacroileite ed entesopatie
• P: buona, ad eccezione delle forme con spondilite anchilosante Tipo 3: interessa poche articolazioni (ginocchio, anca, caviglie)
• Più frequente nelle F
• E: 6 anni
• FR negativo
• ANA negatovi
• D: remissione senza esiti
• P: buona
• Follow‐up o Attività della malattia
Valutazione clinica Indici di flogosi
o Auxometria: i fattori infiammatori interferiscono con la cascata dell’IGF‐1 con compromissione della crescita
o Monitoraggio delle complicanze o Controllo radiologico annuale delle articolazioni interessate o Compliance alla terapia
• Criteri di remissione o Rigidità mattutina < 15 minuti o Assenza di astenia, artralgie e dolorabilità articolare o Assenza di tumefazione articolare e tendinea o VES
< 20 mm/h M < 30 mm/h F
• Indici prognostici sfavorevoli o Piastrinosi o Persistenza di sintomi sistemici o Anemia grave o Leucocitosi o Ipergammaglobulinemia o Indici di flogosi elevat o Positività del FR o Andamento continuo nelle forme pauciarticolari o Artrite sistemica attiva a 6 mesi dall’esordio o Esordio od evoluzione verso la forma poliarticolare o Tenosinovite o Noduli sottocutaneu o ANA positivi o Precoce coinvolgimento delle piccole articolazioni di mani e piedi o Rapida comparsa di erosioni o Estensione della forma pauciarticolare
• Classificazione funzionale o I: esegue tutte le attività
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o II: esegue le attività adeguatamente, ma con alcune limitazioni o III: attività limitata, attende solo alla cura delle propria persona o IV: paziente relegata su sedia a rotelle o costretto a letto
• Complicanze o Anemia o Osteoporosi o Sindrome da attivazione macrofagica
Fattori scatenanti: episodi infettivi, modifiche terapeutiche, associazione ai FANS, Sali d’oro e metotrexato
Quadro: esordio brusco con febbre elevata, obnubilamento del visus, riacutizzazione artritica, manifestazioni emorragiche, rash, epatosplenomegalia
Parametri di laboratorio
• Neutropenia
• Ipertransaminasemia ed iperbilirubinemia
• Iperammonemia
• Piastrinopenia Biopsia midollare: presenza di macrofagi con note di ematofagocitosi Terapia
• Sospendere i farmaci potenzialmente tossici
• CS ad alte dosi
• Ciclosporina Prognosi: elevata mortalità
• Terapia o Fisioterapia o Applicazione notturna di stecche per ginocchia e polsi: può aiutare a prevenire e correggere
le deformità o Farmaci
Di prima scelta
• S: ASA
• P: naprossene, ibuprofene, tolmetin
• P‐B27: indometacina Di seconda scelta
• Metotrexato
• Ciclosporina
• Ciclofosfamide Di fondo
• Sali d’oro
• Metotrexato: efficace in bambini che non rispondono a FANS
• Ig ev
• Cortisonici: prednisone, metilprednisolone Nuovi farmaci
• Sulfasalazina
• Etanercept: inibitore di TNFα e linfotossina
• Infliximab: anti‐TNFα
• Adalimumab
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• Anankirina: anti‐IL1
Par. III: Malattia reumatica o reumatismo articolare acuto Caratteristiche generali È una malattia infiammatoria acuta caratterizzata soprattutto da febbre, interessamento articolare e cardiaco:
• Dati epidemiologici o Dal dopoguerra fino agli 80 anni in diminuzione per le migliorate condizioni socio‐sanitarie o Dal 1980 di nuovo in aumento (immigrazione, etc.): nei Paesi in via di sviluppo rappresenta
una delle maggiori cause di mortalità e morbilità in età scolare o Fattori favorenti: il sovraffollamento, la denutrizione, la carenza proteica, clima temperato
umido, inverno‐primavera o Età più colpita: 5‐13 anni con massima incidenza durante l’età scolare (6‐12 anni)
• Eziologia: streptococco β‐emolitico di gruppo A (oggi anche altri gruppi, sebbene in casi rarissimi) o Costituenti del batterio: è un Gram+ fornito di capsula e di una membrana a 3 strati
Strato esterno o proteica (proteina M) Strato medio polisaccaridico (antigene C) Strato interno o mucopeptidico (in cui agisce la penicillina)
o Fattori testimonianti il coinvolgimento Criterio batteriologico Criterio epidemiologico Criterio terapeutico Criterio immunologico
• Patogenesi: è di tipo autoimmunitario e dovuta all’uguale composizione della membrana dello streptococco e della fibra miocardica e delle glicoproteine delle articolazioni e delle valvole. Gli IC, depositandosi nei vari organi, contribuiscono alle lesioni. Interviene anche una disregolazione, geneticamente determinata, dell’immunità cellulare: vi è un deficit dei T suppressor con conseguente iperfunzione di B‐linfociti produttori di autoanticorpi
• Anatomia patologica: o Organi colpiti: connettivo delle capsule articolari, sierose (pericardica e pleurica),
miocardio, endocardio valvolare (soprattutto mitrale) o Lesioni istologiche
Fase a carattere regressivo: edema e degenerazione fibrinoide del connettivo per precipitazione di gamma‐globuline nel connettivo
Fase a carattere flogistico produttivo: proliferazione delle cellule istiocitarie (cellula di Aschoff, linfociti, plasmacellule e granulociti). Se riunite in sede perivascolare, formano il nodulo reumatico o nodulo di Aschoff (soprattutto nel tessuto miocardico)
Fase sclero‐riparativa: scompaiono le cellule e compaiono i fibroblasti con evoluzione verso la sclerosi (grave nelle valvole cardiache)
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Clinica
• Manifestazioni maggiori o Cardite (50%)
Segni di miocardite
• Ingrandimento dell’aia cardiaca all’Rx
• Tachicardia oltre 100 bpm (sproporzionata rispetto alla febbre)
• Primo tono diminuito
• Soffio sistolico alla punta (insufficienza relativa della mitrale)
• Aritmie cardiache: extrasistoli, BAV
• ECG o Allungamento PR e QT o Nei casi gravi: QRS ridotto di ampiezza e T piatta o negativa
• Segni di stasi nel circolo polmonare (specie in casi pericardite) Segni di endocardite: soffio per insufficienza mitralica (90%) e quindi sul focolaio di
ascoltazione mitralica irradiato verso l’ascella Segni di pericardite
• Secca: dolore toracico e rumori di sfregamento
• Essudativa: scomparsa degli sfregamenti e riduzione dei toni cardiaci o Artrite (95%)
Sedi preferenziali:
• Grandi articolazioni (come nell’adulto), ma a volte anche le piccole (mano, polso, piede)
• Interessamenti “strani”: articolazione temporo‐mandibolare, articolazione xifoidea
Caratteristiche dell’artrite: l’articolazione è molto dolente, in genere calda ed arrossata, tumefatta con interessamento asimmetrico, spesso fugace e migrante
o Interessamento cutaneo (10%) Eritema anulare o marginato: sede in tronco ed arti Noduli cutanei o reumatici di Meynet: sede sottocutanea o periarticolare a livello
di occipite, carpo, gomito, ginocchia, dorso del piede) Eritema nodos
o Corea minor di Sydhenam (< 5%): interviene dopo 2‐3 mesi dai sintomi precedenti (a volte “a ciel sereno”), cioè senza i sintomi precedenti. È dovuta ad una lesione del sistema extrapiramidale e del cervelletto
Sintomatologia
• Modificazioni dell’umore: irrequietezza, svogliatezza
• Corea: movimenti involontari, rapidi ed aritmici degli arti e dei muscoli mimici (tutti i muscoli possono esser interessati, come quelli della lingua)
• Ipotonia muscolare con iperreflessia osteotendinea Prognosi: buona con la terapia anti‐reazionale ed i sedativi (acido valproico o
sedativi)
• Manifestazioni minori o Febbre (90%): elevata o modesta, remittente o continua o Alterazioni ematochimiche
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Indici infiammatori: VES, PCR, glicoproteine, fibrinogeno, leucocitosi neutrofila, anemia ipocromica
TASL e streptozyme test (titolo verso i principali antigeni streptococcici): elevati e, soprattutto, in aumento di almeno 2 volte in corso di malattia. Da solo non è indice di malattia reumatica
o Dolori articolari vaghi: sono solitamente dolori di crescita, quindi bisogna prestar loro attenzione solo in presenza di altri segni
o Anamnesi positiva per una precedente malattia reumatica o Tratto PR all’ECG allungato o Isolamento della streptococco nel tampone
• Diagnosi (criteri di Jones): 2 criteri maggiori od un criterio maggiore + 2 minori
• Fasi cliniche o I fase: infezione streptococcica: in genere localizzata a faringe o tonsille (di rado cn
scarlattina): nel 3% dei casi si ha evoluzione negli altri stadi o II fase: di latenza o di sensibilizzazione
Durata di 10‐15 giorni Silente
o III fase: attacco reumatico: i sintomi della malattia reumatica si possono presentare con decorso monociclico (1‐3 mesi) o policiclico (più raro: ripresa dei sintomi alla sospensione della terapia)
o IV fase: della quiescenza od inattività: i sintomi e gli indici bioumorali (tranne il TASL) si attenuano fino a scomparire
o V fase: delle recidive: sono più probabili in vicinanza dell’attacco acuto o dell’insorgere della pubertà. In questi casi, il danno più probabile è quello cardiaco
• Diagnosi differenziale con altre artriti acute o Artrite settica: interessa una sola articolazione o Artriti sierose (virali): VES ed emocromo normali o Reumatismo infettivo secondario a scarlattina: lesioni reumatiche rare o Peliosi reumatica: manifestazioni cutanee all’inizio e coesistenza di interessamento renale
(ematuria) ed addominale o Artrite tubercolare o Artrite associata a malattia infiammatoria cronica intestinale o Enteroartrii post‐ infettive: Shigell, Salmonella, Yersinia
• Diagnosi differenziale con le altre artriti croniche o Artrite reumatoide: decorso cronico senza interessamento del cuore, TASL normale o Artrite di Lyme: ha un decorso cronico caratterizzata dapprima da un eritema cronico
migrante di tipo marginato e centrifugo rispetto al morso (con possibili sintomi neurologici e miocardici). In seguito può aversi un’artrite delle grandi articolazioni (ginocchio) con andamento ricorrente e migrante
o Spondiloartriti croniche
• Esiti a distanza: quando la malattia è mal condotta o Insufficienza mitralica
Conseguenze
• Ipertrofia del ventricolo sinistro
• Dilatazione atri sinistro
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Clinica
• Soffio olosistolico alla punta con fremito e diffusione verso l’ascella
• Rx: ingrandimento di ventricolo ed atrio sinistro
• ECG: segni di ipertrofia ventricolare sinistra e dilatazione atriale Terapia
• Eziologica: antiinfettiva: penicillina o Penicillina G potassica im finchè c’è febbre e positivià degli indici infiammatori o In seguito: penicillina ritardo (P‐benzatina) o Macrolidi (eritromicina per os o azitromicina) in caso di allergia
• Patogenetica: antireattiva: ASA o prednisone
• Di sostegno o Riposo a letto o Dieta povera di sodio in caso di assunzione di CS o Digitalici e diuretici in caso di grave cardite
Profilassi
• Primaria o Prevenite il primo attacco o Curare al meglio l’infezione primaria
• Secondaria: è rivolta alla prevenzione delle recidive o Penicillina‐benzatina ogni 15‐21 giorni per alcuni anni (in genere 5, ma comunque tali da
coprire la pubertà) o Azitromicina in caso di allergia
Tonsillectomia dopo 12 mesi dall’attacco acuto con indici infiammatori normalizzati
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CAP. 8: NEOPLASIE IN Età PEDIATRICA Par. I: Generalità sulle neoplasie infantili Caratteristiche generali
• Incidenza: nei Paesi industrializzati circa 1 bambino su 600 sviluppa una neoplasia nei primi 14 anni di vita: il 40% di essi lo sviluppa nei primi anni di vita. I tumori sono tra le principali cause di morte in età infantile.
• Neoplasie più frequenti o Leucemie (40%) o Tumori SNC (22‐30%) o Nefroblastoma (7‐10%) o Linfomi NH (5‐10%) o Linfomi H (3‐10%) o Sarcomi delle parti molli o Tumori ossei o Retinoblastoma
• Principali differenze tra neoplasie del bambino e dell’adulto o Differente derivazione: mesenchimale ed embrionaria vs epiteliale o Diversi tipi di neoplasia: leucemie e linfomi vs tumori solidi o Diversa incidenza globale: maggiormente causa di morte nei bambini o Sede: tessuto emopoietico, linfatico, nervoso e renale vs apparato digerente, genitale e
respiratorio o Screening: non praticabile o inefficace ad eccezione del neuroblastoma o Risposta terapeutica globale: più favorevole (più elevata % di guarigione
• Diagnosi o Diagnosi precoce difficile per
Sintomi relativamente non specifici e spesso riportabili ad altre patologie più comuni
Pochi markers tumorali Impossibilità di effettuare lo screening
o Segni che possono indurre a consultare un oncologo Febbre Linfoadenopatie Masse addominali o mediastiniche Dolori ossei Noduli sottocutanei Sintomi neurologici
o Sintomi di esordio: variano in rapporto ad i diversi tipi di neoplasia Rilievo di una massa Sintomi direttamente legati alla neoplasia: anemia, linfoadenopatia,
epatosplenomegalia, porpora, ematuria Sintomi aspecifici correlati alla neoplasia: febbre, astenia, calo ponderale, dolori
ossei o Sintomi d’esordio in diagnosi differenziale
Linfoadenopatia
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• Patologie non neoplastiche (P): infezioni
• Patologie neoplastiche (N): leucemie, linfomi Dolore osseo con tumefazione
• P: infezioni
• N: tumori ossei Massa addominale
• P: cisti renale, stipsi
• N: tumore di Wilms Massa mediastinica
• P: infezioni, cisti
• N: linfomi Manifestazioni emorragiche e porpora
• P: coagulopatie post‐piatriniche
• N: leucemie Epatosplenomegalia
• P: infezioni
• N: leucemie, linfomi Massa sottocutanea
• P: traumi
• N: tumore di Wilms o Malattie genetiche ad aumentato rischio di neoplasie
Facomatosi e sindromi neuroectodrmiche: tumori cerebrali, sindromi mieloproliferative, leucemie
Disordini metabolici: tumori epatici Immunodeficit: leucemie, linfomi Patologia da instabilità cromosomica: leucemie, tumori cutanei, ovarici ed epatici
o Esame obiettivo: esame clinico completo e sistemico con particolare riguardo alle sedi di riferimento dei sintomi e con:
Ricerca di eventuali linfoadenopatie, masse e/o tumefazioni a carico di tessuti molli ed ossei
Palpazione bimanuale dell’addome con valutazione degli organi ipocondriaci ed eventuale esplorazione rettale
Misurazione dei diametri delle eventuali masse presenti Controllo neurologico
o Iter diagnostico Anamnesi accurata
• Personale o Epoca di comparsa, durata, severità ed eventuali modifiche della
sintomatologia riferita o Eventuale presenza di malformazioni congenite e/o di malattie
genetiche
• Familiare o Neoplasie familiare o Assunzione di farmaci (estrogeni, alchilanti) e/o esposizione a
radiazioni ionizzanti da parte della madre in gravidanza
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o Fattori ambientali ed occupazionali dei genitori o Malattie genetiche nella famiglia
Esame clinico (vedi sopra) Programmazione adeguata, precisa e razionale di esami strumentali, ematologici e
bioumorali
• Valutazione emato‐midollare completa: aspirato midollare e striscio periferico
• Bilancio epatico, renale, idroelettrolitico e coagulativo
• Markers tumorali specifici ed aspecifici o AFP: tumori a cellule germinali, tumori epatici o NSE, ferritina, AVM (acido vanilmandelico) ed AOV (acido
omovanilico): neuroblastoma, NET o Fosfatasi alcalina: tumori ossei
Conferma citologica e/o istopatologica
• Leucemia: agoaspirato midollare o Esame morfologico o Esame citochimico o Tipizzazione immunofenotipica o Citogenetica e studi di biologia molecolare
• Tumori solidi: biopsia od escissione della massa o Microscopia tradizionale o Microscopia elettronica o Immunoistochimica o Caratteristiche biologico‐molecolari
Caratterizzazione biologica o citogenetica: ricerca oncogeni localizzati in prossimità di traslocazioni cromosomiche caratteristiche di alcune neoplasie pediatriche
• C‐myc: t (8;14): linfomi NH‐B
• Bcr/abl: t (9;22): LMC
• N‐myc: neuroblastoma
• TW1/TW2: tumore di Wilms o Diagnostica per immagini
Radiologia standard Indagini con mdc: urografia, angiografia, indagini con barrio, linfografia,
pneumografia TC RMN Ecografie Scintigrafia
o AIEOP (associazione italiana di ematologia ed oncologia pediatrica): ha l’obiettivo di migliorare la qualità dell’assistenza
• Terapia: è molto importante un trattamento multidisciplinare armonico ed integrato o Terapie di supporto
Supporto sociale e psicologico Supporto metabolico e nutrizionale Supporto immunologico
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Supporto transfusionale Talvolta: terapia antiemetica ed antidolorifica
o Possibili terapie Chemioterapia
• Tipi o Adiuvante: dopo trattamento chirurgico o radiante o Neoadiuvante: prima della chirurgia o della radioterapia od in loro
sostituzione
• Limiti o Basso indice terapeutico o Difficoltà di distruggere le cellule in G0 o Mancanza di agenti che distruggano selettivamente le cellule
neoplastiche o Distruzione di cellule immunocompetenti normali o Farmaco‐resistenza da parte di cellule tumorali o Santuari anatomici di farmaco‐resistenza: testicolo, SNC, etc.
• Nuove strategie terapeutiche o Trapianto di midollo ed infusione di cellule staminali periferiche o Immunoterapia (IL, IFN) o Impiego di Ab monoclonali e di antiangiogenetici o Farmaci differenziati (acido retinoico)
Chirurgia: non sempre necessaria o da attuarsi come primo momento terapeutico, talvolta viene utilizzata solo per la diagnosi patologica (biopsia), per l’esplorazione di organi possibili sedi di metastasi e per il restaging
Radioterapia: in passato era utilizzata per il controllo locale post‐chirurgico del tumore. Attualmente si espleta con una revisione continua delle dosi, dei tempi, dei campi e delle necessità dell’impiego in rapporto al tipo di tumore e/o di chirurgia effettuata, all’istologia ed allo stadio della neoplasia
o Danni tardivi secondari alla terapia: sono dovuti a rischi oncogenetici (sviluppo di un secondo tumore: osteosarcoma, tumori delle parti molli, carcinomi della tiroide, leucemie e linfomi) e teratogenici (alterazioni dell’organogenesi) a carico di
Accrescimento e sviluppo Sistema endocrino SNC Apparato cardiovascolare e respiratorio Apparato GI ed urogenitale
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Par. II: Nefroblastoma o tumore di Wilms Caratteristiche generali È una neoplasia embrionale primitiva del rene, caratteristica dell’età pediatrica, che origina da cellule blastematose del metanefro, che normalmente si differenziano a formare i neuroni. Caratteristiche generali sono:
• Epidemiologia o 6‐7% delle neoplasie dell’infanzia o Dopo il neuroblastoma è la più frequente neoplasia intra‐addominale o Picco di incidenza a 3‐5 anni o Familiarità: 1% o Bilateralità: 5%
• Anomalie congenite associate o Anomalie del tratto genito‐urinario o Emipertrofia: presente anche in neoplasie epatiche, neurofibromatosi, carcinomi
corticosurrenalici o Aniridia:
Presente in 1/70 tumori di Wilms In forme non familiari > 1/3 rischio di sviluppare un tumore di Wilms
• Genetica: la predisposizione ereditaria e l’associazione con anomalie congenite sono forti indizi a supporto dell’importanza della componente genetica
o Geni identificati: TW1, TW2 o Cromosomi potenzialmente coinvolti
A livello germinale: 17, 19 A livello sporadico: 1, 7, 16, 22
Diagnosi
• Quadro clinico o Massa addominale o Ipertensione o Ematuria o Calo ponderale o IVU o Diarrea o Altro: nausea, vomito, addome acuto, ernia inguinale, versamento pleurico, policitemia,
diatesi emorragica o Coagulopatiaper deficit acquisito del fattore di von Willebrand
• Vie di diffusione o Linfatica
LN regionali: ilari ed intra‐aortici A distanza: mediatinici, sovraclaveari
o Ematica: polmone (80%), fegato, trombosi della vena cava, ossa, SNC
• Complicanze: ricaduta con rottura addominale
• Iter diagnostico o Indagini cliniche e di laboratorio: LDH, funzionalità epatica, renale e della coagulazione
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o Indagini radiologiche: ecografia addominale, TC, RMN Valutazione rene controlaterale Invasione ematica Interessamento LN Metastasi epatiche
o ECG ed ecocardiogramma o Scintigrafia ossea post‐operatoria (nel sarcoma a cellule chiare) o RMN del SNC (nelle forme rabdoidi e nel sarcoma a cellule chiare)
• Stadiazione o Criteri: lo stadio della neoplasia è proposto dal chirurgo e confermato dal patologo. Si fa
una campionatura adeguata del pezzo operatorio per lo studio istopatologico di: Tumore (ogni 1‐2 cm) Capsula e tessuto periadiposo Parenchima renale residuo (ogni 1‐2 cm) Seno renale Pelvi e sistema collettore LN
o Classificazione (vedi immagine dopo)
• Anatomia patologica o MA
Localizzazione polare‐centrale Sostituzione di tutto il parenchima renale Pseudocapsula connettivale Possibile estensione oltre il rene
• Infiltrazione del grasso perirenale e delle strutture anatomiche circostanti (con possibile rottura della capsula renale)
• Trombosi della vena renale con possibile coinvolgimento della cava e dell’atrio destro
o MI Citologia: tumore mono‐, bi‐ o difasico in relazione alle diverse componenti cellulari
espresse
• Blastema metanefrico
• Epitelio: imperfette strutture tubulari e glomerulari
• Stroma Caratteristiche di anaplasia
• Rapporto N/C > 3
• Ipercromasia nucleare
• Figure mitotiche atipiche o Caratteristiche istologiche sfavorevoli
Anaplasia Tumore rabdoide: metastasi ossee e cerebrali Sarcoma a cellule chiare: come sopra
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Terapia
• Chirurgia: è la scelta primaria o Approccio chirurgico
Transperitoneale
• Incisione trasversa
• Incisione sottocostale
• Incisione longitudinale
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• Toracofrenolaparotomia Esplorazione della cavità addominale (e del rene controlaterale) Nefrectomia radicale extrafasciale (previa legatura dei vasi all’origine) Linfoadenectomia regionale
o Indicazione assoluta alla chirurgia primaria: ematuria persistente con anemizzazione: è la sola evenienza clinica che impone di eseguire un trattamento chirurgico urgente
o Chirurgia conservativa (nelle neoplasie monolaterali): la sua utilità è controversa
• Chemioterapia o Neoadiuvante
Bassissimo rischio di progressione durante la CT di induzione Ottima riduzione volumetrica della neoplasia Riduzione sia della mortalità che della morbilità post‐operatoria
o Adiuvante: dopo la chirurgia: la scelta del trattamento è in relazione a stadio ed istologia Actinomicina D Antracicline Vincristina Carboplatino Isofosfamide
o Radioterapia: Irradiazione addominale Irradiazione polmonare per metastasi polmonari
Par. III: Neuroblastoma Caratteristiche generali È una neoplasia maligna che deriva dalle cellule della cresta neurale, da cui originano la midollare del surrene ed i gangli del SN simpatico.
• Caratteristiche generali: o Estrema variabilità biologica e clinico‐evolutiva: diverso grado di differenziazione
istopatologica o Diverse sedi di localizzazione o Frequente disseminazione alla diagnosi o Possibilità di regressione sponatnea
• Cenni epidemiologici: è il più frequente tumore extracranico del bambino (8‐10% di tutte le neoplasie)
• Eziopatogenesi: o Eziologia sconosciuta o Patogenesi: ipotesi dei due hit di Knudson: o Predisposizione genetica
I mutazione prezigotica o somatica: arresto maturativo (NB in situ, NB IVs) con possibile regressione spontanea
II mutazione somatica: evoluzione maligna
• NB sporadico (75‐80%)
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• NB familiare (20‐25%) o Amplificazione del proto‐oncogene N‐myc sul braccio corto del cromosoma 2: maggior
aggressività della neoplasia o Delezione telomerica del braccio corto del cromosoma 1
• Localizzazione: il NB può insorgere in qualsiasi sede lungo la catena del SN simpatico. La frequenza delle diverse localizzazioni ed il quadro clinico della eventuale diffusione della malattia variano in funzione dell’età
o Nel 65% dei casi il tumore primitivo è localizzato nell’addome: 40%: surrene 25%: gangli paravertebrali
o Nel bambino > 1 anno è più frequente la localizzazione surrenalica rispetto a quella mediastinica e cervicale
o Nell’1% dei casi la sede primitiva rimane sconosciuta Clinica
• Ampia varietà clinica o Sintomatologia d’esordio differente in rapporto alla diversità delle sedi di localizzazione o In circa la metà dei casi, comparsa, alla diagnosi, di sintomi legati alla disseminazione
metastatica o Spesso sintomatologia metabolica associata
• Sintomatologia d’esordio: complessa e variabile: sintomi legati al tumore primitivo: o Addome (65%):
Massa addominale: di consistenza duro‐lignea, con superficie irregolare, a margini non ben definibili, oltrepassante la linea mediana
Dolori addominali: associati o meno a vomito Disfunzione GI con disturbi dell’alvo Ascite e segni di compressione della vena cava inferiore con edemi agli arti inferiori
o Mediastino posteriore Asintomatico: la scoperta risulta spesso casuale, in occasione di esami radiologici
routinari Sintomatico: la sintomatologia dipende dall’effetto massa: tosse, dispnea, dolore
toracico, sindrome della vena cava superiore, compressione del midollo spinale, versamento pleurico o pericardico
o Simpatico cervicale: sindrome di Bernard‐Horner o Pelvi: disturbi sfinterici
• Manifestazioni neurologiche: la localizzazione paraspinale in regione toracica, addominale o pelvia, determina estensione del tumore attraverso i forami di coniugazione, con compressione delle radici nervose e del midollo spinale: ipotonia e/o ipotrofia muscolare, areflessia, iporeflessia o spasticità, paraplegia, disturbi sfinterici
• Sintomi da iperincrezione di CA o Ipertensione o Tachicardia o Sudorazione o Rash cutanei o Irritabilità
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• Sindromi paraneoplastiche o Opsomioclono e/o atassia cerebellare (4%) o Sindrome di Verner‐Morrison: ipersecrezione di VIP
• Sintomi da localizzazione metastatica (per via linfatica ed ematica) o Linfoadenopatia regionale ed a distanza o Epatomegalia: particolarmente frequente nei lattanti in stadio IVs, può provocare
insufficienza respiratoria ed edemi o Anemia, piastrinopenia ed infezioni: per insufficienza midollare da infiltrazione tumorale o Dolori ossei: da infiltrazione scheletrica neoplastica o Noduli sottocutanei: esclusivamente negli stadi IVs o Proptosi ed ecchimosi periorbitali: infiltrazione orbitale e retrorbitaria
Diagnosi
• Anatomia patologica o Diagnosi
Diagnosi anatomopatologica sicura su campione di tessuto tumorale osservato al microscopio ottico; in alternativa:
Presenza di cellule tumorali (disposte a pseudorosette) nel midollo osseo, associate ad incremento delle CA o dei loro metaboliti nel siero o nelle urine
o Sottotipi istologici: riflettono il diverso grado di differenziazione: Neuroblastoma (85%): è la forma più indifferenziata
• Piccole cellule con scarso citoplasma (pseudorosette)
• Infiltrante, non capsulato, metastatizzante Ganglioneuroblastoma (5%): più differenziato
• Presenza di cellule gangliari
• Infiltrante, metastatizzante Ganglioneuroma (10%): differenziato e maturo
• Cellule gangliari e fibre nervose
• Assenza di metastatizzazione
• Indagini strumentali per la valutazione dell’estensione della malattia o Tumore primitivo
TC e/o RMN Scintigrafia con MIBG Ecografia Rx convenzionali
o Metastasi Ossee:
• Aspirato midollare in almeno 4 sedi: studia morfologia, immunoistochimica e biologia molecolare
• Biopsia osteomidollare in almeno 2 sedi
• Scintigrafia con Tc99
• Rx di qualsiasi area sospetta Linfonodi: US, TC, RM Fegato ed addome: US, TC, RM Cranio: TC, RM
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Torace: Rx, TC
• Valutazioni di laboratorio o Elevazione di AVM ed AOV nelle urine e delle CA sieriche: importante valutare anche il
rapporto AVM/AOV o Indici biologici aspecifici: LDH, NSE, ferritina: sono utile per seguire l’evoluzione
• Fattori prognostici sfavorevoli o Clinici
Stadio III e IV Età > 1 anno Sede primaria addominale
o Biologici Amplificazione N‐myc Contenuta diplide di DNA
• Stadiazione (vedi immagine dopo) Terapia
• Fattori implicati nella scelta o Stadio o Età < o > 1 anno o Sede o Caratteristiche biologiche
• Metodi: terapia multimodale o Chirurgia: in genere è richiesta in tutti i pazienti
Primaria
• Formulare la diagnosi
• Fornire materiale tumorale per gli studi biologici
• Studiare la neoplasia Differita
• Valutare la risposta terapeutica
• Rimuovere l’eventuale residuo tumorale o Chemioterapia: è il cardine terapeutico degli stadi avanzati. Le combinazioni attualmennte
utilizzate hanno significativamente aumentato la percentuale di risposte negli stadi avanzati, ma non la durata della remissione né la sopravvivenza
Ciclofosfamide‐doxorubicina Ifosfamide‐doxorubicia +/‐ vincristina Cisplatino o carboplatino + etoposide o teniposide
o Radioterapia o Strategie terapeutiche alternative
Terapia mirate: MIBG, Ab monoclonali Immunoterapia: IL, LAK Agenti differenziati: Vit B12, acido cis‐retinoico
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Par. IV: Leucemie linfoblastica acuta Generalità
• Cenni epidemiologici o 35‐40% di tutti i tumori infantili o Tipi
Acute: 95‐97%
• Linfoblastiche (LLA)
• Non linfoblastiche (LAnL) Croniche: 3‐5%
• LLA: è una malattia linfoproliferativa originata da un primitivo disordine dell’emopoiesi, che si manifesta con una proliferazione neoplastica, clonale, automantenuta, di precursori della linea linfoide, a livello midollare
o Epidemiologia: è la più frequente neoplasia dell’età pediatrica, costituendo più di un terzo di tutti i tumori dell’infanzia e circa l’80% dei casi di leucemia acuta
o Picco d’incidenza: tra 2 e 5 anni Clinica
• Segni da infiltrazione midollare (o segni “da spiazzamento”) o Astenia, anoressia, pallore da anemia o Infezione e/o febbre o Emorragie da piastrinopenia o Dolori ossei
• Sintomi e segni da localizzazione extramidollare o Epatosplenomegalia o Linfoadenomegalia o Lesioni osse o Coinvolgimento di SNC
Meningosi: sintomatologia meningea con papilledema ed esame liquorale caratteristico
• Aumento della pressione e della proteinorrachia
• Diminuzione della glicorrachia
• Presenza di blasti Infiltrazione parenchimale
• Sindrome cerebrale: emiparesi, paralisi dei nervi cranici, convulsioni
• Sindrome cerebellare: atassia, discinesie, ipotonia, ipereflessia
• Sindrome ipotalamica: bulimia, aumento di peso, irsutismo, diabete insipido
• Sindrome spinale: parestesie, sciatalgia, incontinenza sfinterica o Coinvolgimento di testicoli ed occhi
• Complicanze “vita‐limitanti” o Compromissione dello stato ematologico: anemia grave, infezioni severe, emorragie,
trombosi, leucostasi a livello di vari organi o Infiltrazione diretta di organi da parte di cellule leucemiche (rene) o Sindrome da lisi tumorale (nei casi di iperleucocitosi e di importante carico leucemico)
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Diagnosi
• Valutazione emato‐midollare o Sangue periferico
Anemia e piastrinopenia Leucocitosi Presenza di blasti
o Midollo: infiltrazione blastica più o meno completa
• Inquadramento diagnostico o Studi ematologici e midollari: diagnosi sicura o Studi clinico‐sperimentali: valutazione dell’estensione o Definizione delle caratteristiche biologiche
• Conferma diagnostica: agoaspirato midollare: è l’esame fondamentale dell’iter diagnostico e consente:
o Esame morfologico o Citochimica o Tipizzazione immunofenotipica o Citogeneteica e studi di biologia molecolare
• Classificazione citomorfologica della LLA seconda FAB o L1
Dimensioni cellulari (D): piccole Cromatina nucleare (C): omogenea Morfologia nucleare (M): regolare Nucleoli (Nn): no Volume citoplasmatico (V): scarso Basofilia citoplasmatica (B): variabile Vacuoli citoplasmatici (Vc): variabili
o L2 D: medio‐grandi C: variabile M: irregolare Nn: presenti V: grande B: variabile Vc: variabili
o L3 D: grande C: finemente stipata ed omogenea M: regolare Nn: abbondanti V: molto ampio B: presete Vc: presenti
• Reazioni citochimiche dei blasti periferici o Perossidasi
Linfoblasto (L): ‐