L'idea del bello nell'arte greca

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IL NUMERO NELLA SCULTURA E ARCHITETTURA GRECA

Il numero che si nasconde agli occhi dei fruitori poco attenti, è il vero motore che sottilmente stimola il senso

del bello, seducendo il più delle volte il cuore e la mente insieme. Nel Partenone il rapporto tra lato lungo e lato

corto dello stilobate è 9:4, così come il rapporto tra l'intercolunnio e il diametro dell'imoscapo della colonna.

Anche la lunghezza e la larghezza della cella è 9:4, così come la larghezza del fronte rispetto all'altezza sino

all'estremità alta della trabeazione. Il corpo del Doriforo di Policleto è circa 8 volte la lunghezza della testa,

mentre quest'ultima è 4 volte la lunghezza del naso. Questo ci fa capire che alla base della bellezza statuaria

classica greca esiste il concetto di imitazione del corpo umano, ma nello stesso tempo di astrazione matematica

e di relazione numerica.

Fig. 8: Fronte del Partenone e sua Sezione aurea Fig. 9: Rapporti numerici templi del VI sec. a.C. e nel Partenone

Non è semplice individuare i valori numerici delle opere d'arte. La teoria della percezione ci suggerisce un

primario rapporto conflittuale tra direzioni differenti di linee, quali orizzontale/verticale, alto/basso, o

destra/sinistra: il tempio greco raggiunge nel fronte del Partenone (Fig. 9) addirittura un rapporto definito

aureo (fig. 8), (la sezione aurea è il rapporto esistente tra una parte del segmento, l'altra sua parte ed il

segmento stesso intero. Per esempio il segmento AB è composto da due parti, AF + FB; la relazione aurea

consiste nel seguente rapporto: AF : FB = FB : AB) e la distanza tra gli interassi delle colonne è riassumibile nel

triangolo pitagorico, i cui cateti sono 3 e 4, mentre l'ipotenusa è 5 (fig. 11).

Fig. 11

L'armonia viene raggiunta, nel rapporto tra queste tensioni dinamiche contrapposte, come abbiamo già detto,

dalla presenza del capitello, che raccorda in modo armonico spinte e controspinte. Inoltre in architettura è

possibile considerare la presenza di masse murarie e di vuoti, che nella traslazione orizzontale delle colonne del

tempio lungo la crepidine trovano un perfetto accordo: una superficie piena (la colonna), una vuota

(l'intercolunnio), poi ancora una piena e poi una vuota, e così via lungo anche i lati lunghi del tempio periptero. I

palazzi neoclassici, delle epoche successive al medioevo, tendono a valutare con estrema attenzione il vuoto delle

finestre e i pieni delle superfici murarie: anche in questo caso, la bellezza si configura come giusta valutazione di

pieni e di vuoti. La presenza di zone illuminate in modo naturale, dal sole, e zone illuminate in modo artificiale da

fiaccole. In questo caso il buio profondo della cella del tempio, illuminata artificialmente, viene sostituito spesso

gradualmente da zone a bassa illuminazione naturale, il pronao. Poi ancora la galleria del peristilio (pteroma),

ossia lo spazio tra il pronao e le colonne esterne del fronte. Infine lo spazio aperto e illuminato a luce naturale

antistante il tempio, che è anch'esso sacro perché appartenente al recinto (temenos) dedicato al dio. In questo

caso si passa dal buio della cella alla luce del recinto, attraverso due zone di penombra che diaframmano

armonicamente il contrasto simultaneo che disturberebbe la vista. Il rapporto di gradualità e di sintesi, di

sequenza ordinata e di armonia, è anche nel rapporto antitetico di spazi chiusi (la cella) e spazi aperti (il recinto

sacro). In scultura ed in pittura la sintesi tra opposte energie dei segni visivi scaturisce dalla possibilità di

imitazione naturalistica e imitazione geometrica del referente, mediante l'uso di elementi semplificati o rielaborati

in modo complesso, con segni chiari o scuri, curvi o retti, dinamici o statici ecc.