L Storia, emozioni e antichi sapori alla GIAMBATTISTA ...tra cosa erano invece le locan-de, che...

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  • Storia, emozioni e antichi sapori alla“Locanda del Cerriglio” a Napoli

    GIAMBATTISTA BASILE, CARAVAGGIO, BENEDETTO CROCE: ALCUNI DEI GRANDI FREQUENTATORI DELLA STORICA LOCANDALa storia di un popolo vivenei libri, nelle canzoni,nei colori della pitturapiù bella, negli occhi di chi l’-ha vissuta. Ma ci sono in par-ticolare luoghi che rievocanocon grande forza lo spirito an-tico, coinvolgendo i sensi inun percorso piacevole ed in-trigante. E’ quello che accadea Napoli, se si sceglie di degu-stare un piatto della nostratradizione in una qualche lo-canda, cantina o taverna, chedir si voglia. Si tratta di luoghiche, al di là del cibo, si sonotrasformati in spazi di aggre-gazione. La cantina nella no-stra storia non è quella dovesi fa vino, ma dove ci si incon-tra per giocare a carte, farequattro chiacchiere, bere. Al-tra cosa erano invece le locan-de, che aggiungevano alla ri-storazione anche la possibili-tà di dormire. E frequente-mente in piacevole compa-gnia. A tenere banco era co-munque la qualità (e l’abbon-danza) del cibo. Col tempo, siale cantine che le locande sonouscite di scena. Specie quellepoche che potevano contaresu una lunga storia. Così è an-dato perduto un costume divita, la cui riscoperta può es-sere l’occasione per suscitarefantasie, pensieri, emozioni.E’ il caso della Locanda delCerriglio, un mondo che sen-tiamo nostro anche se non loabbiamo vissuto. Perché allaLocanda, con la sua carica disuggestione, va aggiunta labontà di una cucina, che pri-ma di essere tipica ha l’im-pronta di quella familiare. Simangia come a casa, siamosoliti dire, per riconoscere lasapienza e la qualità di un ci-bo. Ma si tratta di un requisitosempre più raro. Specie se locerchiamo nel cuore antico

    lobo dell’orecchio al mento.Da allora, la Locanda ha lega-to il suo nome al Caravaggio,trascurando la frequentazio-ne di personaggi come GiulioCesare Cortese, Miguel Cer-vantes, fino ad Antonio Geno-vesi, a Di Giacomo, a Croce.Tutto questo ha spinto me emio marito a portare in lucetanta storia, associandola aun progetto che riprenda i ca-ratteri più veri dell’antica cu-cina napoletana, quelli che insostanza trovavano accogli-mento fra queste mura”. Come è oggi l’antica Locandadel Cerriglio, e che cosa offreai clienti? “L’intervento per re-stituire all’ambiente non soloil rispetto della sua architet-tura, ma l’ambizione di ripro-porne l’atmosfera, ha richie-sto un impegno di circa diecianni. Oggi La Locanda è unospazio caldo e accogliente, ca-pace di rievocare il suo lungopassato. Si aggiunga una cuci-na che ripropone i piatti piùantichi, senza arbitrari am-modernamenti, ma nel solcodi quel rigore nella scelta de-gli ingredienti e nella sapienteesecuzione. Certo, sono cam-biate le tecniche di cottura. Ilfuoco a legna non è più prota-gonista delle varie pietanze,ma per il resto, tutto è comeun tempo. Di qui il successodelle nostre fritturine, dellaGenovese, del Ragù, fino allePolpette di polpo e alla Parmi-giana di melanzane, con pro-vola e alici. La cucina è unamia sicura passione, per cuinon manco di seguire perso-nalmente la realizzazione diogni piatto. Questo perché an-che il cibo possa contribuire aricreare quell’atmosfera cari-ca di eventi e di leggende, cheda sempre accompagna LaLocanda del Cerriglio”.

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    della città, in un ambiente disicuro buon gusto, dove ogniparticolare ci restituisce l’in-tegrità del luogo e la sua sto-ria. La Locanda del Cerriglioassomma in sé questi ed altripregi. Intanto, è a pochi metrida Piazza Borsa, la Questura,le Poste. A ridosso di quellaPiazzetta del Porto, dove arri-vava il mare prima degli inter-venti del Risanamento. E que-sto spiega la tipologia di fre-quentatori della Locanda: ma-

    rinai, giocatori, bari, usurai,prostitute. Ma anche borghesie nobili alla ricerca di fortiemozioni. Senza escludere uncorteo d’intellettuali e di arti-sti. Riportare alla luce tuttoquesto è stata la missione del-l’imprenditore Giuseppe Fol-lari, titolare della Locanda. Neparliamo con la moglie, Ange-la Di Pascale. “Mio marito tito-lare di un’impresa edile era al-la ricerca, circa dodici anni fa,di un deposito. Così comprò il

    locale in via del Cerriglio, cheera stato abbandonato per piùdi due secoli. Solo dopo l’ac-quisto, scoprimmo quantastoria accogliesse questo spa-zio. Da un’antica taverna ver-so la fine del Trecento alla lar-ga notorietà acquistata nelcorso dei secoli, a partire dal-l’età Barocca. Quando la lo-canda divenne famosa, graziealla frequentazione di grandiartisti e letterati. Trasire a loCerriglio è doce, scrive ad esem-

    pio Gianbattista Basile, al qua-le l’atmosfera ambigua e cor-rotta della Locanda fornivaspesso spunti per il suo Lo cun-to de li cunti. Ma l’evento cheha consacrato la notorietà delluogo è legato all’agguato dicui fu vittima Caravaggio, al-l’uscita della Locanda. Il pitto-re, già tristemente noto per isuoi trascorsi violenti (l’artenon sempre si sposa con lamitezza dei sentimenti) fugravemente ferito al volto, dal