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Comune di Genova
Il progetto
IL RESTAURO DELLA VENERE DEL CASTELLO
D’ALBERTIS
Intervento conservativo della scultura in pietra artificiale
Lo scenario � Il Castello D’Albertis Il Castello D’Albertis è una delle più suggestive dimore storiche di Genova. Oggi
sede del Museo delle Culture del Mondo e Museo delle Musiche dei Popoli, è una
casa-museo tra le più visitate ed apprezzate della Liguria.
Il castello dal 1889 al 1932 fu la dimora del Capitano D’Albertis che ne ideò
personalmente il progetto architettonico, supportato dalla supervisione dell’architetto
Alfredo D’Andrade, uno dei più illustri esponenti del neogotico italiano. Fu lui stesso
anche a definirne l’ubicazione, acquistando nel 1886 la Collina di Montegalletto, una
delle alture dello storico quartiere di Castelletto, scelta per la bellissima e strategica
posizione da cui domina Genova, affacciandosi sul mare.
Fig. 1. Castello D’Albertis, vedute del castello.
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� La Venere del Castello D’Albertis La scultura in pietra artificiale, oggetto del nostro progetto, riproduce in tutta la sua
bellezza la Venere di Milo (fig.2). Si presume che la scultura possa essere stata
ricavata da un modello in gesso delle Venere, proveniente dalla collezione Varni1 e
andato distrutto nel 1978.
A testimonianza dell’opera rimangono ormai solo delle foto storiche.
1 Santo Varni si distinse nella scena artistica genovese dell’Ottocento per la sua singolare personalità
di studioso d’arte e di antichità, archeologo, restauratore, appassionato collezionista dai più svariati
interessi, fu anche uno degli scultori liguri più importanti ed apprezzati, che seppe guidare con il suo
stile innovativo, il passaggio dal neoclassicismo al romanticismo. Genova ne ha ricordato di recente
con una mostra la preziosa eredità artistica: Museo di Strada Nuova - Palazzo Rosso,”Un dono per
Genova:opere di SANTO VARNI”. Novembre 2011-Febbraio 2012.
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Questa scultura in gesso, che era una copia di dimensioni ridotte della Venere greca,
fu acquistata nel novembre del 18872 dal Capitano d’Albertis in occasione della
vendita all’asta della collezione Varni, assieme a numerosi altri preziosi oggetti che
sono andati ad accrescere il fascino e la magnificenza della sua dimora. La vendita al
pubblico incanto di gran parte della collezione Varni avvenne a seguito di un lungo e
tortuoso iter burocratico, che ha avuto avvio con la morte dell’artista. Difatti Varni
alla sua morte, avvenuta nel 1885, aveva predisposto con un testamento di destinare
la sua collezione di opere d’arte, tra cui i suoi lavori, alla città di Genova, ma il
documento fu impugnato ed incomprensibilmente dichiarato non autentico. La
raccolta fu venduta all’asta due anni dopo ed è proprio in questa circostanza che il
Capitano D’Albertis entrò in possesso della Venere.
2 Come dimostrano le ricevute d’acquisto (Archivio CDA).
Fig. 3. Santo Varni, Lo studio
sull’Illustrazione Italiana (1885)
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Oltre alla provenienza della statua in gesso dalla suddetta collezione, e la probabile
genesi della scultura in pietra artificiale da questa, non sono stati trovati al momento
ulteriori elementi che possano in qualche modo definirne un’attribuzione certa.
Pertanto allo stato attuale è possibile solo formulare l’ipotesi che, partendo da questo
modello in gesso, sia stata commissionata dal Capitano D’Albertis l’esecuzione di
una copia della Venere di Milo in pietra artificiale e di dimensioni reali. Ciò non
stupisce vista l’eclettica e dinamica personalità del Capitano. La sua passione per i
viaggi, l’arte, l’archeologia e le scienze ne ha fatto un attento e ricco collezionista,
sempre interessato alle novità e alle scoperte.
Il ritrovamento della Venere nel 1820 sull’isola greca di Milos, aveva profondamente
colpito l’immaginario collettivo di critici ed artisti, che continuarono per tutto il XIX
secolo a celebrarla come una delle più significative rappresentazioni della bellezza
femminile.
Dinnanzi quindi a questa scoperta e alla grande vivacità intellettuale del Capitano si
colloca in maniera piuttosto credibile l’idea che questi possa aver voluto una
riproduzione di una delle più celebri statue greche in un materiale del tutto
innovativo per l’epoca, come la pietra artificiale.
La Venere conservata nel Castello D’Albertis, si caratterizza in maniera inedita e originale rispetto alle copie di quel periodo, grazie all’impiego di un materiale nuovo e ancora in fase di sperimentazione. L’uso quindi della pietra artificiale rende la scultura un’opera d’avanguardia e fa del suo ideatore-committente un vero e proprio antesignano.
� La pietra artificiale Lo sviluppo dell’industria del cemento consentì nella seconda metà dell’Ottocento la
produzione della cosiddetta “pietra artificiale”, un impasto a base di cemento, sabbia
e graniglia di pietra, miscelato con acqua. La pietra artificiale nacque essenzialmente
per imitare la pietra e l’impiego del cemento permise di ottenere, attraverso l’uso dei
pigmenti in polvere, malte cromaticamente identiche al materiale lapideo da imitare.
Ben presto si comprese l’enorme portata della scoperta. Quest’impasto di cemento ed
inerti lapidei consentì di ottenere rapidamente e con costi nettamente inferiori,
elementi decorativi e sculture con un’ottima imitazione delle pietre naturali. I
risultati estetici ottenuti risultarono tanto efficaci da rendere a volte difficilmente
distinguibili le pietre artificiali dal materiale lapideo naturale di riferimento.
Oltre alle qualità estetiche si apprezzarono anche le capacità tecniche di durezza e
durabilità di questo materiale. Il cemento infatti offriva indubbi vantaggi rispetto alla
calce aerea. A differenza delle calci di malta aerea, che indurivano in maniera
disuniforme dall’esterno verso l’interno ed in tempi piuttosto lunghi, il cemento dava
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invece origine a malte che indurivano in maniera omogenea in tutto il loro spessore,
rendendo molto solido e resistente il manufatto. Per tale ragione un’opera in cemento
sopportava molto bene tutte le tipiche lavorazioni di scalpello, normalmente eseguite
sulla pietra.
� La pietra artificiale della Venere: indagini diagnostiche
Nella fattispecie saranno realizzate delle determinazioni analitiche di tipo
mineralogico-petrografiche e delle indagini mediante microscopia elettronica a
scansione (SEM) per ricavare indicazioni rilevanti sui materiali e le tecniche
esecutive impiegate per la realizzazione della scultura.
La proposta
� Il progetto di restauro Il progetto conservativo prevede un complesso ed articolato intervento di restauro da
realizzare sulla scultura. Il restauro sarà rivolto alla tutela e al risanamento
dell’opera.
Le fasi esecutive dell’intervento si misureranno con le esigenze di conservazione
della statua e con azioni di tipo preventivo volte all’eliminazione o al rallentamento
delle cause di degrado, in modo da garantirne la migliore conservazione e
trasmissibilità.
L’intervento conservativo sarà perciò riferito alla natura e all’entità delle cause di
degrado in atto, sarà limitato nel numero e nella consistenza solo alle situazioni di
reale emergenza, graduato secondo i criteri della tollerabilità meccanica e della
compatibilità fisico-chimica tra nuovi e vecchi materiali.
Lo stato di conservazione
Le condizioni in cui versa allo stato attuale la statua appaiono estremamente gravi.
L’opera è profondamente colpita da un progressivo e non controllato deterioramento.
La decoesione della scultura è così avanzata da non garantire più la stabilità
strutturale, la statua appare infatti completamente frantumata.
La pietra è attraversata da profonde fessurazioni e si registra anche una cospicua
perdita di materiale a seguito di distacchi e disgregazione di parti del conglomerato
cementizio (fig.6).
Sulla superficie si rilevano vistose macchie giallastre dovute ad ossidazioni ferrose
degli elementi metallici. Altro fenomeno che ricorre sulla superficie è quello della
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crosta, accompagnato dall’erosione. Si tratta di un degrado tipico della pietra
artificiale esposta all’acqua piovana, dove si forma l’alternanza tra zone “ripulite” ed
erose e zone ricoperte da croste nere, costituite da concrezioni di sali solubili
conglobanti pulviscolo atmosferico.
Laddove la superficie risulta erosa e non più liscia, possiamo riscontrare anche la
presenza di alterazioni biologiche (muschi e licheni), favorite dalla struttura
irregolare della materia: infatti le rugosità della superficie sono ambienti ideali per
l’accumulo di materiale, quali pollini e polveri, che costituiscono il substrato
favorevole allo sviluppo di colonie biologiche.
Il dilavamento, a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici, ha provocato la
perdita della finitura superficiale. Distribuite su varie parti della statua sono
riconoscibili vecchie stuccature realizzate con malte di granulometria simile a quella
originale, probabilmente impiegate in precedenti interventi di restauro e facilmente
distinguibili per una leggera differenza cromatica rispetto alla superficie originale.
Fig. 6. La Venere del Castello D’Albertis, particolare delle fessurazioni e disgregazione del
conglomerato
Ad aggravare la già critica situazione conservativa è l’esposizione della statua
all’azione diretta degli agenti atmosferici, che interagiscono negativamente in questo
processo. La scultura infatti è completamente e pericolosamente esposta a cicli di
gelo-disgelo, alle infiltrazioni di acqua meteorica e all’attacco dei sali disciolti
nell’acqua e presenti nell’ambiente marino circostante. Difatti gli ioni cloro Cl-,
presenti nell’aria, grazie alla loro elevata solubilità riescono a penetrare facilmente
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nel calcestruzzo e a dissolvere localmente il film alcalino che protegge le armature in
ferro, innescando una corrosione localizzata (corrosione per pitting) del metallo
sottostante. A questo si aggiunge il problema dell’inquinamento atmosferico che
contribuisce, anzi accelera i processi di degrado finora analizzati.
Appare quindi indispensabile, per assicurare la conservazione e trasmissibilità dell’opera, provvedere ad un riparo per la scultura, preservandola in questo modo dall’azione diretta degli agenti esterni di degrado. Qualsiasi intervento conservativo risulterebbe vano se non si assicura alla statua una protezione dall’attacco chimico e fisico dell’ambiente esterno. Il meccanismo di deterioramento che si è innescato ha irrimediabilmente e irreversibilmente compromesso la scultura. È necessario quindi intervenire con urgenza per bloccare o perlomeno rallentare il meccanismo di degrado e limitarne i danni.
L’intervento
L’intervento di restauro è pianificato in quattro fasi principali:
Pulitura
Per quanto riguarda la pulitura, oltre all’impiego di soluzioni acquose e di classici
solventi per procedere alla rimozione dei depositi pulverulenti e delle macchie
causate dalla compenetrazione di sostanze collanti o consolidanti usate in precedenti
interventi di restauro, si prevede anche l’impiego di un’apparecchiatura laser per
rimuovere le croste nere senza interagire con il substrato cementizio. L’asportazione
delle specie biodeteriogene avverrà dapprima meccanicamente, mediante l’ausilio di
bisturi e spazzolini di setola dura e successivamente mediante l’uso di biocidi. Le
vecchie malte, laddove non mostrano più adeguate proprietà tecniche verranno
rimosse, così come gli eventuali protettivi o vernici di restauro alterati. Tutti i
trattamenti che prevedono l’impiego di soluzioni acquose saranno realizzati
preferibilmente ad impacco o con prodotti supportanti, per impedire alle soluzioni di
penetrare all’interno delle fessurazioni.
Consolidamento
Nelle zone dove sono in atto fenomeni di disgregazione del conglomerato cementizio
si procederà al consolidamento in profondità mediante lenta impregnazione a
pennello di silicato d’etile. I distacchi e le fessurazioni profonde saranno invece
assicurate al corpo cementizio con iniezioni di resina epossidica; la resina epossidica
garantirà così sia la coesione dell’elemento sia la protezione dell’armatura metallica
sottostante. La stuccatura superficiale a malta permetterà di accordare le parti alla
superficie originale.
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Stuccatura e integrazioni
Le vecchie stuccature se necessario verranno rimosse e ripristinate con materiali
idonei, oppure, nei casi in cui non fosse necessario eliminarle, verranno rilavorate
superficialmente per renderle più omogenee alla superficie. Sarà posta particolare
cura nella ricerca di una malta il più possibile simile per colore e granulometria a
quella in opera.
Le superfici in pietra artificiale della statua presentano una gamma vasta e diffusa di
lacune di materia, soprattutto in corrispondenza dei ferri esposti, per cui sarà
necessario prevedere, in accordo con la Direzione dei Lavori, delle integrazioni con
una malta simile e compatibile con quella originale.
Passivazione dei ferri esposti
Tutti i ferri che sono esposti all’atmosfera andranno passivati, saranno cioè
adeguatamente trattati con un convertitore di ruggine, previa pulitura meccanica
delle parti per eliminare i prodotti di corrosione pulverulenti.
Lo stato di conservazione e tutte le operazioni di restauro verranno scrupolosamente
documentate mediante una dettagliata campagna fotografica digitale. Le fasi più
salienti dell’intervento conservativo verranno inoltre documentate con un video.
Al termine dell'intervento di restauro verrà redatta una dettagliata relazione tecnica.
Il Piano di Comunicazione e la Visibilità per lo sponsor � Il progetto di sponsorizzazione
Il restauro dell’opera potrà essere realizzato in un cantiere “aperto al pubblico”,
consentendo ai visitatori di assistere alle varie fasi di restauro. Si tratta di
un’iniziativa che incontra grande interesse da parte del pubblico e permette di
avvicinare gli ospiti del museo alle problematiche conservative che investono il
nostro patrimonio culturale. La meravigliosa cornice del castello e l’ubicazione della
statua, all’interno del cortile, rendono ancora più accattivante l’iniziativa.
Inoltre grande spazio sarà dato alla sponsorizzazione dell’evento, allestendo il
cantiere con spazi dedicati allo sponsor e promuovendo l’evento attraverso i canali
tradizionali della comunicazione visiva: l’iniziativa sarà segnalata sul sito ufficiale del Museo e all’ingresso del Castello D’Albertis, in modo da offrire massima visibilità all’ente sponsorizzatore.
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A conclusione dei lavori sarà organizzata una conferenza per la presentazione del restauro con uno spazio riservato allo sponsor.
L’evento di cui si tratta, sulla cui organizzazione saranno nel proseguo fornite
maggiori dettagli anche in merito alla effettiva rilevanza che sarà assicurata allo
sponsor nel presente progetto, rappresenta certamente un’ottima opportunità per
accreditare sul mercato la propria azienda quale impresa attenta e sensibile alle
tematiche culturali ed artistiche nonché, più nello specifico, a quel particolare settore
che si occupa della salvaguardia dei beni culturali.
Un’ulteriore considerazione deve essere inoltre effettuata in merito al target cui
questo progetto può essere rivolto. Il progetto è stato redatto proprio per consentire
all’azienda interessata di poter veicolare la propria immagine ad un pubblico
eterogeneo che abbraccia un’ampia fascia di età, dai bambini coinvolti in campagne
didattiche, agli stranieri che visitano il museo per conoscere un frammento della
storia di Genova ed ancora ad un pubblico più specialistico di addetti ai lavori.
Referenti
Area Sviluppo Città e Cultura Responsabile Coordinamento Sponsorizzazioni Comune di Genova Tiziana Ginocchio Tel. 010 5574800; Cell. 335 5699378; tginocchio@comune.genova.it
Area Sviluppo Città e Cultura Direzione Valorizzazione Istituzioni, Patrimonio Culturale, Parchi e Ville, Rapporti Università Ricerca Settore Musei Andreana Serra Tel. 010 5574957; aserra@comune.genova.it
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