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Il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
di
Nadia Panato | 719943
relatore | Raffaella Trocchianesi
Politecnico di Milano | Facoltà del Design
Laurea Magistrale in Design degli Interni
A.A. 2010/2011
ATTRAZIONE NORDEST
Conservare lo spirito dell’infanziadentro di sé per tutta la vita
vuol dire conservarela curiosità di conoscere,
il piacere di capire,la voglia di comunicare
Bruno Munari
INDICE
Capitolo 1
IL NORDEST: UNA FOTOGRAFIA DEL TERRITORIO
1.1 Introduzione
1.2 L’identità industriale del Nordest
1.3 Punti di forza e debolezza del modello Nordest
1.4 Morfologie urbane: la città diffusa
1.5 La metropolizzazione del territorio
1.6 L’impresa diffusa
1.7 Altri sguardi: il Nordest con gli occhi di Marco Paolini
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INDICE
Capitolo 2
CREATIVITÀ E CULTURA NELLO SCENARIO CONTEMPORANEO
2.1
2.2 La città creativa
2.3 Le industrie creative
2.4 I settori della creatività in italia
2.5 I luoghi creativi[Caso studio] Le dismissioni creative
2.6 Dal distretto industriale e al distretto culturale evoluto
2.6.1 Evoluzione del concetto di distretto2.6.2 Il distretto culturale2.6.3 Il distretto culturale evoluto
2.6.4 Modelli di riferimento[Caso studio] Moto d’idee: Faenza verso il distretto culturale evoluto
2.7 Il contributo della cultura nello sviluppo del territorio[Caso studio] Le esperienze di C4
2.8 La società imprenditoriale: conoscenza e imprenditorialità come basi del sistema economico
2.9 Le politiche europee per la creatività e la produzione di cultura
2.10 “Capitale Europea della Cultura”: occasione di sviluppo per i territori
2.10.1 Come si diventa Capitale Europea della Cultura2.10.2 Il Nordest si candida “Capitale Europea della Cultura 20192.10.3 Suggestioni per una candidatura di valore
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INDICE
Capitolo 3
IL DESIGN NEL PROCESSO DI VALORIZZAZIONE DI AZIENDE E TERRITORI
3.1 L’approccio del design ed il suo ruolo nei contesti progettuali contemporanei
Design come mediatore e facilitatore di innovazione
[Caso studio] Foscarini
Design come attore e attivatore [Caso studio] Dainese
Design come strategia e comunicazione [Caso studio] Lago
3.3 Il design e la competizione strategica di un territorio
Design come mediatore e facilitatore di innovazione[Caso studio] Innov(e)tion Valley: la valorizzazione del Nordest come fucina di innovazione e creatività
Design come attore e attivatore[Caso studio] Trentino: quando un territorio diventa brand
Design come strategia e comunicazione[Caso studio] La comunicazione coordinata per i territori: Southampton Legible City
[Caso studio] La comunicazione coordinata per i territori: Il marchio Südtirol
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INDICE
Capitolo 4
CASI STUDIO
4.1 Grandi eventi
4.1.1 Olimpiadi: Barcellona 1992
4.1.2 Olimpiadi: Torino 2006
[Approfondimento] Look of the City: la comunicazione della Torino Olimpica
4.1.3 Capitale europea della cultura: Glasgow 1990
4.1.4 Capitale Europea della Cultura: Essen e il territorio della Ruhr 2010
4.2 Fare Rete
4.2.1 Triennale Design Museum: la rete dei Giacimenti del Design
4.2.2 Iter: valorizzazione e promozione del turismo culturale del moderno
4.2.3 Il Festival delle Città Impresa: il rapporto tra città e impresa e la
necessaria armonia in vista dell’innovazione
4.2.4 Contract Design Network
4.3 Eventi diffusi nel territorio
4.3.1 Provincia Italiana | Innov(e)tion Valley e Fuoribiennale
4.3.2 Opera Estate Festival | Bassano del Grappa e territorio della
pedemontana veneta
4.3.3 Transart | Bolzano
4.3.4 Fuorisalone | Milano
4.4 Azioni diffuse nella città
4.4.1 Esterni | Milano
4.4.2 Enelcontemporanea | Roma, edizioni 2008 e 2009
4.4.3 Chairsharing | Snark Space Making
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INDICE
Capitolo 5
L ’ APPROCCIO DEL DESIGN A SUPPORTO DEL NORDEST “CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019”
5.1 L’approccio del design a supporto di Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
5.2 La mappatura delle eccellenze del Nordest
5.3 Tre percorsi progettuali per attivare il territorio
MAPPA BIBLIOGRAFICA
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INDICE DELLE IMMAGINI
# 1 Vista della Valdastico da Bocchetta Paù
# 2 Gli spazi costruiti della città diffusa nel Veneto centrale.
Munarin S., Tosi M.C., Tracce di città, Milano 2001.
# 3 La città diffusa del Nordest. Foto di Corrado Piccoli,
dal sito della Fondazione Benetton Studi e Ricerche
# 4-5 Campagna urbanizzata
# 6-7 Capannoni diffusi nel Nordest
# 8/11 Sguardi sul nordest
# 12 Villa Caldogno, Caldogno
# 13 Il Bunker, Caldogno
# 14 Corso di formazione in Villa Caldogno
# 15 Maurizio Arcangeli, Sabbie mobili [1997, pietra leccese]
# 16 Percorso metropolitano della cultura del Nordest, Daneo 2010
# 17 Lampada Twiggy, Marc Sadler 2007, Foscarini
# 18 Successful living from Diesel with Moroso and Foscarini, 2009
# 19 Rivista Inventario
# 20 Lampada Binic, Ionna Vautrin 2010, Foscarini
# 21 Dainese, logo
# 22-23 Il Cubo nero, centro logistico Dainese, progetto di S Dainese Gris, 2005
# 24 Lago spa, logo
# 25 Il metodo progettuale secondo Bruno Munari
# 26/27 Lago studio
# 28 Packaging artistico Lago
# 29-30 Innov(e)tion Valley, logo
# 31 Trentino, logo
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INDICE DELLE IMMAGINI
# 32-33 Campagna pubblicitaria, Regione Trentino, 2006
# 34 Southampton Legible City, schemi di interazione con i potenziali
servizi e prodotti. Fonte: City ID and Southampton City Council, 2008
# 35/36 Southampton Legible City, il sistema della comunicazione integrata, colori
# 37 Southampton Legible City, il sistema della comunicazione integrata,
caratteri tipografici
# 38 Southampton Legible City, il sistema della cwomunicazione integrata,
pittogrammi
# 39 Southampton Legible City, progetto pilota in London Road
# 40 Südtirol, logo
# 41 Südtirol, panorama e colore come elementi creativi
# 42 Barcellona ’92, logo
# 43 Olimpiadi invernali Torino 2006, logo
# 44 Mappa degli interventi, Italo Lupi Studio_Migliore + Servetto
# 45-46 Interventi urbani, vasi di Shanghai e Anemometri,
Italo Lupi Studio_Migliore + Servetto
# 47-49 Interventi urbani, Shanghai - Anemometri e Banners,
Italo Lupi Studio_Migliore + Servetto
# 50 Glasgow Capitale Europea della Cultura 1990, logo
# 51 Essen for the Ruhr Capitale Europea della Cultura 2010, logo
# 52 Deutsches Bergbau-Museum, Essen, Photo: Town of Bochum
# 53-54 Zeche Zollverein, Essen
# 55 Tiger & Turtle – Magic Mountain, Stadt Duisburg, Photo: Rainer Schlautmann
# 56 Essen, Festa della cultura, inaugurazione Ruhr.2010
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INDICE DELLE IMMAGINI
# 57-58 www.triennaledesignmuseum.it/giacimenti, homepage e rete
dei beni di consumo
# 59-60 www.triennaledesignmuseum.it/giacimenti, selezione di una azienda
e link al sito ufficiale
# 61-64 www.architetturadelmoderno.it: homepage, le regioni coinvolte,
impostazione dei filtri, scelta del percorso
# 65 Festival delle Città Impresa logo
# 66 Provincia Italiana, manifesto
# 67 Vista di Vicenza
# 68 Basilica Palladiana, Vicenza
# 69 Vista del centro storico di Bassano del Grappa, con il ponte degli Alpini
# 70 Villa Caldogno, Caldogno
# 71 Vista di Possagno
# 72 Lanificio Conte, Schio
# 73 Fabbrica Alta, Schio
# 74 Vista delle campagna del Camposanpierese
# 75 Valdagno
# 76 ex-inceneritore, Valdagno
# 77 Voci Versi (dallíIliade di Omero), Anagoor, Gipsoteca e Casa di Canova
# 78 Carlo Aonzo e Fabrizio Giudice, Duo Mandolino e Chitarra,
Rivalità e Alleanze in Musica
# 79 Compagnia Liquid Loft Chris Haring Running Sushi, Bolle di Nardini,
Bassano del Grappa
# 80 Bassano a Passo di Danza, Bassano del Grappa, 6 luglio 2011
# 81 Codice Ivan Leander A Schwazer, ex-alumnis, 30_09_2011
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INDICE DELLE IMMAGINI
# 82 Handspring Puppet Company, Woyzeck on the Highveld, 21_09_2011
# 83-84 Boris Filanovsky, Natalia Pschenitschnikova, Bürgerkapelle Schlanders,
Voicity, 25_09_2011
# 85 www.fuorisalone.it, struttura del sito
# 86 Fuorisalone.it, Percorsi nella città
# 87 Brera Design District Schema della strategia di comunicazione
# 88 Public Design Festival, logo
# 89 Public Design Festival, Agritouring
# 90 Public Design Festival, Table for two, Caroline Woolard
# 91-92 Public Design Festival, Albero mobile, Patrick Hubmann
# 93-94 Public Design Festival, Segnaletica sperimentale
# 95 Public Design Festival, La Sfacciata, Patrick Hubmann
# 96 Public Design Festival, La Panca, Patrick Hubmann
# 97-98 Repeat Refrain, Angela Bulloch, Roma 2007
# 99-100 Hexagonal Water Pavilion, Jeppe Hein, Roma 2007
# 101-102 Future City Patrick Tuttofuoco Roma 2007
# 103-104 Assume vivid astrofocus, Roma 2008
# 105-106 Jeffrey Inaba, Roma 2008
# 107-109 Chairsharing, Snark Space Making
# 110 Chairsharing, disegno tecnico
# 111 Chairsharing, Prototipo
# 112 Chairsharing, Modelli di aggregazione
# 113 Chairsharing, Portale della sostenibilità
# 114 Chairsharing,Comunicazione integrata
# 115 La mappa del Veneto immateriale, Please Disturb, 2008
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INDICE DEGLI SCHEMI
Schema 01 Rielaborazione classificazione di creatività proposta da W. Santagata
“Libro bianco sulla creatività - Per un modello italiano di sviluppo” [2009]
Schema 02 L’approccio del design per l’attivazione del territorio
Schema 03/04 Primo percorso di progetto | esplor-AZIONI
Schema 05/06 Secondo percorso di progetto | L’abito fa la Fabbrica
Schema 06/07 Terzo percorso di progetto | Attrazione Nordest, territorio d’incanto
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ABSTRACT
Nell’immaginario collettivo, il Nordest richiama alla mente un territorio costellato di medie e piccole imprese competitive a livello internazionale, inserite in una realtà dinamica e ricca. Allo stesso tempo, il Nordest è un territorio inaspettato per ricchezza e densità di contenuti creativi: una regione dell’Italia che produce cultura ed economia, ma che non ha ancora ben imparato a comunicare le sue reti di eccellenze, che si costruiscono sotto il segno di diversi linguaggi contemporanei come l’arte, il design, l’architettura, la moda e la produzione innovativa. In questo scenario, in cui creatività e cultura sono diventate i driver principali d’innovazione e competitività, la presente ricerca vuole analizzare l’approccio del design come attivatore di processi di rigenerazione per il territorio. In primo luogo in vista della candidatura del Nordest a “Capitale Europea della Cultura 2019”, ma più in generale per valorizzare una regione ricca di eccellenze che deve imparare a comunicarsi e a fare sistema.
nel dialogo con aziende e territori, cioè di mediatore e facilitatore, attore e attivatore attraverso il prodotto, strategia e comunicazione, l’ultima parte della ricerca cerca di applicare il processo di design ad una ipotesi di lavoro, che si articola in cinque fasi: la mappatura delle eccellenze del nordest; l’Individuazione e scelta di aziende da coinvolgere in partnership temporanee, per fare collaborare attorno ad un obiettivo comune aziende, scuole di design e realtà creative diverse; l’elaborazione dei brief di workshop e la composizione del kit di progetto: tema, scenario di progetto e location; l’organizzazione di workshop tra le realtà coinvolte e lo sviluppo dell’idea progettuale, per ottenere un output in forma di evento, layout di allestimento o progetto di comunicazione, a seconda dei brief assegnati. In tutte queste fasi il design
Capitolo 1
NORDEST:UNA FOTOGRAFIA DEL TERRITORIO
“...stanno reinventando proprio qui un vecchio-nuovo modo di stare al mondo ...a metà strada tra campagna e città, tra campi non più campi e città non proprio città,
in un luogo che non si sa ancora se è nuova periferia industriale o residenza-verde,o chissà; nella campagna ferita, ritagliata, usata, in coma o già morta.
Paolo Barbaro,Il paese ritrovato,
Venezia, 2001
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1.1 | INTRODUZIONE
«Mi venne da dire che ero stato in cima al Summano e avevo visto l’America. L’America avevo visto altro che Venezia! Avevo visto che era un irradiarsi, un connettersi, un toccarsi, un riempire. Addio paesi, addio campagne. Come a Los Angeles, dissi, Tra un po’ di tempo. Era “ancora” presto. Probabilmente. Ma oramai era fatta: ancora fabbriche, ancora case, ancora negozi, ancora strade, ancora lavoro, ancora “schei”. Chiese, no, basta» [Copiello, 2007:8]
Gigi Copiello descrive così, nel suo Manifesto per la Metropoli Nordest, il modo di vivere verso cui è proteso per tradizione quel gran capitale sociale, territoriale ed economico che è il Nordest.
Si parla di un modello produttivo, sociale ed economico che negli ultimi trent’anni ha assunto contorni quasi epici facendo leva sulle qualità che più di tutte lo distinguevano: l’innovazione come antidoto alla crisi e il “gusto” di fare le cose sempre “a regola d’arte”.
Il Nordest è un territorio di città-impresa1, capitale essenziale che ne
1 Il termine è stato utilizzato introdotto nel 2008 da Filiberto Zovico, direttore del Festival delle Città Impresa ed editore di Marsilio, e da Enzo Rullani, Presidente del centro Tedis della Venice
delle Città Impresa, perché la città torni a diventare impresa e l’impresa torni ad essere città.» (www.festivaldellecittàimpresa.it) Come ossrva Rullani nel discorso introduttivo al primo Festival
due mondi paralleli e distinti che in parte si sono tra loro contrapposti […]. Al contrario diventa sempre più necessaria un’integrazione tra logica di città e logica d’impresa […]. Le città non sono più contenitori da occupare e colonizzare, ma sistemi intelligenti e riserve di creatività».
4 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Una vera e propria Innovetion Valley 2 d’Italia che nell’ultimo decennio ha visto nascere, crescere e consolidarsi centinaia di imprese dove l’innovazione, la cultura del prodotto, il design, la comunicazione e l’organizzazione aziendale sono state le costanti che ne hanno permesso lo sviluppo e la competitività internazionale. Nell’immaginario collettivo attuale, il Nordest richiama alla mente un territorio costellato di medie e piccole imprese, attive competitive, di successo e dai nomi noti; una realtà dinamica ma soprattutto ricca, segnata da un benessere diffuso con livelli di qualità della vita tra i migliori del paese.
Il Nordest è stato per lungo tempo un modello, sia per gli osservatori esterni che ne ammiravano le performance, che per i suoi protagonisti: imprenditori, associazioni e cittadini che senza rendersene conto l’hanno costruito come una città di Lego
disarticolato nei suoi cento campanili e mille teste, ma straordinariamente
Solo negli anni ‘90 si è cominciato a parlare di “modello Nordest”, un capitalismo così diverso dai canoni classici ma fortemente competitivo con le sue piccole-medie aziende diffuse nel territorio, dove è il made in Italy ad essere fattore trainante: la moda, la casa, l’alimentare, la meccanica leggera, il lusso.
impresa e organizzazione locale della produzione, ma soprattutto un carattere disordinato e sistemico del processo di sviluppo. Un sistema che è “nato dal basso”, più dalla voglia di fare che da un vero e proprio disegno.
Oggi il Nordest non è più il “Triveneto”, somma di singolarità in cerca d’autore, e non è più solo il “modello Veneto” del metalmezzadro, perché ha raggiunto ormai una sua identità, seppur con poca consapevolezza. Si parla di un’area produttiva che si scopre metropoli e fa della media impresa internazionalizzata il suo punto di forza nel Terzo Millennio. Un territorio dove si stanno affermando
2 Il termine INNOVeTION VALLEY è un neologismo che in italiano
mettere in rete tutte le eccellenze del Nordest per mettere in atto dei processi innovativi, che riescano a mettere in gioco il territorio e le sue aziende, e generare nuove azioni e comunicazione. Un territorio che sappia pensarsi e agire come sistema, che favorisca progetti sperimentali, e in grado di coltivare e far vivere i suoi talenti.
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1.2 | L’IDENTITA’ INDUSTRIALE DEL NORDEST
Giulia e Trentino-Alto Adige, o lo storico territorio della Serenissima Repubblica di Venezia. Il termine Nordest ha cominciato ad essere utilizzato per designare una forma di capitalismo fuori standard e fuori misura, cresciuto in questa
valori, mentalità radicati in questo vasto territorio; è un modo di vivere e di lavorare, caratterizzato da una imprenditorialità diffusa e dinamica, che ha saputo porre le basi per superare con sperimentazione e innovazione la crisi dovuta alle rigidità dei poli industriali, valorizzando e sviluppando le sue peculiarità.
Fino al secondo dopoguerra il Nordest non era industrializzato e non era ricco, ma poi con l’incedere della modernità ha cominciato anch’esso a proporsi come sistema dotato di proprie caratteristiche e qualità. Basandosi su piccole aziende, i produttori nordestini non hanno seguito le logiche dell’economia di scala, ma hanno preferito ascoltare i bisogni dei loro interlocutori. La svantaggiosa assenza di organizzazione e di centralità precostituite è divenuta
capacità innovativa e di adattamento che i grandi centri non erano in grado di sviluppare. In una condizione dove i centri erano bloccati dalle loro rigidità territoriali e organizzative, le periferie sono diventate motore di progresso, sperimentazione e novità.
Dagli anni ’70 in poi, il Nordest appare come un sistema produttivo diffuso, frammentato e immerso nel territorio e nella tradizione che tuttavia riesce a porsi come moderno concorrente a livello internazionale. Esso diventa un modello perché prende coscienza dei vantaggi legati all’organizzazione parcellizzata e modulare della produzione: vengono messe al lavoro piccole unità che possono aggiungersi, togliersi, riassorbirsi a seconda del bene
competenze richieste, lavorando in rete sull’orlo del caos. Si tratta di un capitalismo postfordista perché contraddice le regole di calcolo, programmi e ruoli prestabiliti, per sfruttare l’energia e l’intelligenza delle persone per un problem solving più dinamico e informale. In questo modo le aziende
6 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
nordestine sono sempre state in grado di rispondere in modo tempestivo e a basso costo alle situazioni di mercato, di tecnologia e di concorrenza sempre meno prevedibili.
Nel Nordest, quindi, le imprese sono caratterizzate da una dimensione medio-piccola, e cercano di far leva su una rete di relazioni con altre imprese per
Allo stesso tempo sono imprese “personali”, nel senso che hanno nome e cognome dell’imprenditore/persona, che è a tutti gli effetti l’impresa [Rulllani, 1999]. Vi è una sorta di con-fusione tra la vita privata dell’imprenditore e la vita produttiva aziendale. La persona mette in campo le sue facoltà mentali, le sue relazioni di conoscenze, la sua cultura e la disponibilità a rischiare. Allo stesso tempo possiamo parlare di capitalismo del territorio, dove il territorio costituisce una risorsa produttiva, e le imprese si legano alla società e agli uomini che lo abitano e ne ricavano valore.
1.3 | PUNTI DI FORZA E DEBOLEZZA DEL MODELLO NORDEST
storicamente è sempre stato indicato come il Triveneto, diventa il Nordest dagli anni Novanta: un fenomeno economico di imprenditorialità diffusa che tocca in misura diversa, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige. Il Nordest è oramai un modello riconosciuto, come un “marchio di fabbrica”, che rimanda ad un’economia di piccole e medie imprese diffuse nel territorio, fondata su legami di reciprocità con la società locale e da una forte proiezione verso i mercati esterni.
Questo territorio appare caratterizzato dall’assenza di grandi poli, ma con molti centri vitali dello sviluppo economico, urbano e territoriale, non più concentrato nella grande città. Una regione che vista dall’alto appare come un continuum urbano senza disegno strategico, derivata da interventi spontanei accumulatisi nel tempo: parlo della città diffusa studiata da Indovina [1990] e Secchi [1995]. Percorrendo il territorio, le industrie si alternano alle
caratteri urbani sono diffusi e limitato appare il ruolo delle città capoluogo.
complessiva. Oltre a ciò, anche la persistenza dell’attività agricola è fattore
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in tutte le province del Nordest.
Come si può immaginare, Nordest è oramai un termine condiviso, sia da chi ci vive che dai leader politici e imprenditoriali dell’area. Un termine che, come già detto più volte, include in sé la diffusione del sistema produttivo, il policentrismo urbano, la molteplicità del tessuto associativo, i mille imprenditori. Nordest che vuole accentuare la sua identità territoriale e la sua distinzione dai poli dell’economia nazionale per eccellenza: Roma, Milano e Torino. Di tutta l’area è però il Veneto ad essere la ragione che ne interpreta maggiormente i caratteri di successo, anche grazie al forte sviluppo imprenditoriale che la rende la regione tra le più ricche del paese.
meno recente, un laboratorio naturale, esposto alle frontiere dell’evoluzione” 3 [Bordignon, Mantovani, 2009 : 207]. Il Nordest è sempre stato infatti
industriali, sono stati una formidabile risorsa per lo sviluppo di forme di produzione innovative, di nuovi materiali e prodotti. Questa condizioni di
uno spirito imprenditoriale determinato, qualità e impegno delle risorse umane, capacità di aprirsi ai mercati, capacità di mettere in pratica qualità, innovazione e competitività, oltre che una ottimizzazione dei fattori di costo. Condizioni che allo stesso tempo hanno reso il sistema fortemente incentrato sull’individualismo e sulle micro dimensioni.
Tra i punti di forza va sicuramente messa in evidenza la notevole varietà di specializzazioni settoriali, capace di assicurare risposta adeguata alle
le imprese. Filiere caratteristiche, oltre all’elettromeccanica, sono quella del sistema moda - industrie tessili, abbigliamento e calzature – e del sistema casa e arredo, con l’industria del legno e del mobile, vetro e ceramiche artistiche e materiali da costruzione come marmi e pietre. Osservando i tre settori appena citati, si nota subito dimensione territoriale delle organizzazioni produttive, contraddistinte da addensamenti locali: i distretti industriali, presenti soprattutto nell’area pedemontana veneta e friulana. Uno dei
3 Intervista a Vittorio Mincato, presidente della Camera di Commercio di Vicenza, a cura di Eros Maccioni, in Bordignon M., Mantovani P. (a cura di), L’evoluzione dell’impresa e lo sviluppo di un sistema-territorio eccellente, Venezia, 2009
8 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
(Thiene, Schio, Valdagno) dove nell’epoca della prima industrializzazione si sono concentrate le industrie tessili e di abbigliamento di Rossi e Marzotto. Nella valle del Chiampo si concentra invece uno dei distretti conciari più importanti d’Europa. Proseguendo verso Bassano del Grappa vanno segnalate
la zona di Montebelluna è la scarpa sportiva a trainare l’economia locale, coadiuvata dagli investimenti di Nordica, Diadora e Lotto. Non vanno poi dimenticati i numerosi prodotti enogastronomici che rendono le tre regioni importanti mete per la nuova tipologia di turismo che sta prendendo piede negli ultimi anni: dal prosciutto crudo di Montagnana al formaggio di Asiago, dai vini della Valpolicella a quelli trentini, dal crudo di San Daniele allo speck dell’Alto Adige. Piccola e media impresa tendono a realizzarsi e a trovare elementi di successo proprio nella costruzione di un rapporto stretto con la comunità locale e il territorio; è un rapporto che lega la comunità alla vita dell’impresa, in una sorta di simbiosi sociale: l’impresa è la fonte di guadagno, la società ne fornisce il lavoro.
Ad un certo punto però il modello nordestino è entrato in crisi, soprattutto a causa di due grandi cambiamenti nello scenario competitivo: la globalizzazione e la smaterializzazione del valore economico, per cui sono le conoscenze e le idee prima del prodotto in sé a generare valore. Nella nuova economia non c’è modo di essere realmente competitivi se non ci si mette in condizione di acquisire e vendere conoscenza nelle reti ampie: ciò che viene valorizzato sono
relazioni. Il prodotto materiale non basta più, ciò che conta è creare esperienze simboliche, emotive, identitarie, a cui i consumatori possano attribuire valore, essendo per questo disposti a pagare. Nell’era dell’economia della conoscenza per difendere il vantaggio competitivo bisogna investire nella produzione di conoscenze originali e di capacità esclusive: un capitale intellettuale ispirato alla creatività e un capitale relazionale dialogico e interattivo. Va sottolineato che il livello di creatività delle imprese dipende anche e soprattutto dalla qualità del contesto in cui le persone sono immerse, nel lavoro come nella vita quotidiana: cruciali sono l’atteggiamento culturale presente nel territorio, più o meno aperto alla sperimentazione del nuovo; l’intelligenza terziaria e professionale; la multiculturalità che fornisce una pluralità di confronti e di visioni, sulla base di esperienze e premesse diverse. Tutti aspetti cui si darà rilievo nei capitoli successivi, sottolineando il fatto che valorizzazione del
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territorio e creazione di reti sono gli aspetti fondamentali per competere a livello globale, se gestiti all’interno di un progetto consapevole e condiviso.
istituire un vero sistema tra le imprese, e questo ha comportato carenza di
inquinamento degli spazi.
Il tema della dotazione infrastrutturale per la mobilità è fondamentale nell’ottica dello sviluppo di una regione. Un territorio che punta ad elevare la qualità della vita e la competitività non può prescindere dall’obiettivo di facilitare il collegamento tra persone, produttori e prodotti. Le comunicazioni, materiali ed immateriali, sono indispensabili per costruire un’area metropolitana, che è di fatto un sistema a rete. Chi vive e viaggia nel Nordest sa però che, almeno per ora, mancano i presupposti per organizzare un sistema di questo tipo. Tra Verona e Trieste, i due estremi Est e Ovest dell’area, ci sono 250 chilometri. Sulla carta sono pochi, ma chi viaggia in auto sa che ci vogliono almeno tre ore, tre ore e mezza se invece si viaggia in treno. Parlare poi di comunicazione tra gli attori dell’area pare quasi utopico, dato che la guerra dei “campanili” fa sì che sia quasi impossibile trovare un minimo livello di concertazione sia a livello locale che interprovinciale.
Nella prospettiva dell’evoluzione del Nordest dal modello policentrico alla città metropolitana, presupposto irrinunciabile è l’esistenza di un sistema di
la mobilità locale a corto raggio, per gli spostamenti quotidiani all’interno del territorio per lavoro, studio e disponibilità di servizi, e la mobilità a lungo raggio, che riguarda i collegamenti extraregionali, nazionali e continentali, fondamentali per garantire lo sviluppo economico e turistico.
A questo proposito un’ultima osservazione positiva va dedicata all’offerta
questo grazie all’immenso patrimonio storico-artistico delle Ville Palladiane e delle città capoluogo – Venezia e Verona su tutte – agli splendidi paesaggi montani di Trento e Bolzano e all’offerta balneare della costa dalla laguna veneziana a Trieste.
contenuti creativi e per densità di proposte avanzate. Una regione che produce cultura ed economia ma che non ha ancora ben imparato a comunicare le sue
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reti di conoscenza e di eccellenze, che si costruiscono sotto il segno della contemporaneità di diversi linguaggi come l’arte, il design, l’architettura, la moda, la produzione innovativa, il teatro, la danza, il cinema e la letteratura. Si parla di una regione che prima che dai politici è stata creata dai suoi abitanti, e dove le connessioni liquide della contemporaneità descritta da Bauman [2002] sono già una realtà evidente.
1.4 | MORFOLOGIE URBANE: LA CITTÀ DIFFUSA
Il Nordest è da sempre caratterizzato da un accentuato policentrismo
ognuna alle precedenti, senza rotture. Dagli sparsi insediamenti veneti all’armatura infrastrutturale romana del II secolo a.C., dalla diffusione dei castelletti medievali alle case di villa in età veneziana (oltre 3.700 nelle sette
mobilità si erano installati sugli strati preesistenti confermando e arricchendo di nuove testimonianze il paesaggio agrario. Tra città e città, tra villaggio e villaggio, il tessuto connettivo era costituito dall’agricoltura e da attività artigianali e mercantili, collegate a una diffusa civiltà dell’acqua favorita dalle
Negli anni ’50 il Nordest, il Veneto in particolare, era ancora in una condizione di sottosviluppo, sottolineato dalla massiccia emigrazione. Tra gli anni ’60 e ’70 erano già evidenti il carattere di policentrismo, in una struttura territoriale caratterizzata da aree industrializzate e con elevata produttività delle attività agricole, e aree depresse, periferiche o di montagna. Se in età moderna la città densa e concentrata ha offerto grandi vantaggi economici e sociali, oltre che di scambio, con la diffusione costituita dallo spostamento di popolazione,
certo punto i vantaggi dell’agglomerazione si sono trasformati in svantaggi (congestione, tempi e costi elevati di trasporto, qualità ambientale, costo della vita), favorendo l’esplosione della città.
Negli ultimi decenni del Novecento questa grande area ha vissuto una rapida trasformazione da un’economia agricola ad una industriale, basata essenzialmente sul successo della piccola e media impresa. Questo sviluppo
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quella territoriale della regione. Al tradizionale paesaggio veneto delle ville, dell’insediamento sparso e delle città murate si è sovrapposta una diversa immagine territoriale: la “città diffusa” [Indovina, 1990]. Scaturita dal cambiamento socioeconomico, si è manifestata soprattutto nella pianura centrale, ma non ha trascurato le valli alpine e prealpine, dove si sono innescati processi divergenti di urbanizzazione e di abbandono. Il processo di dispersione insediativa è stato accompagnato dalla dilatazione della mobilità individuale le cui dimensioni inusitate e impreviste non si riferiscono
di comportamenti, di status e di affermazioni di diritti. Una sorta di vera e propria antropologia dell’automobile, qualche anno più tardi completata dalla diffusione del telefono cellulare: macro-spostamenti e micro-spostamenti si aggrovigliano in uno spazio senza centro, nel quale tutte le funzioni possono essere poste ovunque.
A partire dagli anni ’90 Francesco Indovina e alcuni ricercatori dell’Università IUAV di Venezia hanno cominciato ad indagare questo modello di urbanizzazione, caratterizzato più che da una forma morfologicamente compiuta, da un tipo di organizzazione spaziale a sviluppo estensivo, denominandolo appunto città diffusa. Questo fenomeno, valido per molte zone del paese, oltre che per molte città del vecchio continente, ha probabilmente seguito tre stadi di sviluppo così riassumibili:
città incastonate in uno spazio agricolo;
città circondate da campagne urbanizzate;
un’unica grande città con intercluse zone di campagna.
economico e sociale, oltre ad essere la risposta più o meno spontanea a diversi tipi di esigenze di tipo produttivo. Secchi descrive la formazione della città diffusa contemporanea come derivante dalla mobilitazione individualistica o do it yourself [Secchi, 1999], il cui risultato si manifesta nel decentramento produttivo, nella nascita dell’economia sommersa, nel rafforzamento e nella nascita di innumerevoli distretti produttivi, nella decadenza delle aree metropolitane e lo sviluppo delle aree esterne.
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insediative4 concordano sul riconoscere il sistema territoriale come uno dei principali fattori dello sviluppo economico regionale: una vera e propria condizione essenziale al consolidamento del sistema produttivo. Il territorio infatti, specie nelle aree di piccola e media impresa, ha un ruolo determinante grazie all’agricoltura che consente la formazione di rendita poi reinvestita nello sviluppo dell’impresa, e favorisce l’affermazione e diffusione della micro-
di corsi d’acqua ed investimenti, abbiano reso disponibili un sistema infrastrutturale capillare organizzato su centri e poli urbani di dimensioni contenute.
Un grosso contributo alla diffusione della città è stato dato dalle famiglie, che ancora legate alla tradizione contadina, costruivano sul terreno di proprietà una nuova casa, spesso in autocostruzione. A ciò si sono aggiunte le unità unifamiliari di chi si è spostato dalla città per realizzare il sogno della villetta con giardino; a cui vanno sommate le numerose case a schiera nate da investimenti vari, e gli insediamenti di edilizia popolare che hanno sfruttato i bassi costi del terreno. Ad un certo momento questa espansione ha incrociato il processo di nuova organizzazione produttiva che ha decentrato gran parte della produzione verso piccole imprese: sono nati così i “casannoni”, ovvero la casa con capannone/laboratorio annesso, e le “strade mercato”, con il piano terra che funge da vetrina/negozio e il primo piano da luogo di produzione.
con esattezza quando le nostre città si siano trasformate in città diffuse, e quando dalle città diffuse si sia passati all’arcipelago metropolitano contemporaneo [Indovina, 2009]. Viviamo una fase di arricchimento di oggetti e di relazioni funzionali e sociali, attività di servizio sempre più decentrate, come ipermercati, centri commerciali, centri sportivi, discoteche, ecc., collegati tra loro da “strade mercato” di negozi specializzati (tutto sposa, tutto luce, tutto scarpe, ecc). Tuttavia la città concentrata rimane punto di riferimento per le attività di eccellenza. In questo modo la città diffusa funziona come una città compatta ma senza averne le caratteristiche di concentrazione e densità, e con i servizi dislocati in un territorio ampio. Allo stesso tempo la città concentrata ha mantenuto per sé le attività istituzionali
4 (1990; 1998; 2002; 2005; 2009); Boeri, Lanzani, Marini (1993); Clementi, Dematteis, Palermo (1996); Savino (1999); Secchi (1999); Bertuglia, Stanghellini, Staricco (2002); Davico, Debernardi, Mela, Preto (2002)
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e di eccellenza, restando quindi centro propulsore dell’economia, della cultura e dell’amministrazione. Nonostante ciò la massa di popolazione concentrata nell’area vasta induce alla nascita di servizi privati e pubblici anche al di fuori
merci e informazioni.
La formazione della città diffusa come particolare forma di occupazione del
- un restringimento della domanda nel settore agricolo genera emigrazione all’estero o verso altre regioni, consolidando la struttura dell’azienda
- In un momento di diminuzione di redditività agricola i giovani si distaccano da queste aziende, trovando impiego nei nuovi distretti industriali e terziari. Così facendo permettono alle famiglie di integrare i redditi agricoli con redditi diversi.
- i nuovi processi di accumulazione e il cambiamento degli stili di vita
miglioramento delle condizioni abitative e al formarsi di nuovi nuclei familiari; è così che vengono costruite nuove abitazioni nelle proprietà agricole di famiglia, spesso non urbanisticamente attrezzate. In sostanza, migliora la casa ma non i servizi dell’abitare.
- lo sviluppo della piccola impresa, come evoluzione dei lavori a domicilio, delle attività artigianali, e dell’esperienza costruita nel lavoro in fabbrica,
territorio: le piccole imprese tendono infatti a localizzarsi in modo diffuso, spesso legate da un rapporto di esclusività con un’impresa più grande.
- una parte di queste imprese trova negli anni una propria collocazione di mercato, affrancandosi dalla dipendenza da altre imprese: è così che dagli anni ’80 cresce l’economia delle piccole e medie imprese. Da questa trasformazione cresce la domanda di infrastrutture.
- anche le imprese localizzate nelle città tradizionali vedono nella rilocalizzazione nel territorio diffuso una convenienza. Esso è ormai infrastrutturato e si presenta come territorio denso di opportunità. Anche la città diffusa comincia a rendersi riconoscibile, arricchendosi di
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funzioni e accrescendo le relazioni fra le diverse parti. Oltre alle aziende, anche molte famiglie vedono la convenienza del trasferimento nel territorio diffuso, per quanto riguarda i costi della vita e delle abitazioni, oltre che ad una crescente domanda di forza lavoro.
- aumentando la popolazione insediata, aumenta la domanda di ”urbanità”, cioè la richiesta di servizi alle famiglie e di funzioni urbane. Col tempo nel diffuso si localizzano servizi commerciali di livello metropolitano che servono il bacino completo dell’area; centri commerciali, ipermercati, attrezzature sportive, ecc.
- La nuova dotazione e conformazione dei servizi determina una relazione funzionale tra le città maggiori e il territorio urbanizzato, creando interconnessioni tra diffuso e concentrato, attenuando gli elementi gerarchici delle stesse. [Indovina, 1999]
Ci troviamo quindi di fronte ad un territorio che presenta una massa consistente di popolazione, servizi e attività disperse in un’area abbastanza vasta da non presentare, nell’insieme, fenomeni di alta densità di tipo urbano, unitamente ad un’alta connessione tra i diversi punti del territorio, favorita dall’accresciuta mobilità.
Come è facile intuire, l’assenza di una vera visione urbanistica complessiva ha portato al consolidarsi di situazioni che oggi sono vissute da coloro che qui abitano o transitano come vere criticità:
-
diffuso anche le piccole funzioni della vita quotidiana necessitano di spostamenti, seppur brevi, incidendo sul livello di congestione delle infrastrutture e sull’aumento del tempo necessario per muoversi;
- un sistema produttivo frammentato con condizioni di accessibilità a volte
tratta di aree produttive ormai congestionate che non permettono più un ampliamento, rendendo necessari processi di rilocalizzazione e/o dismissione;
-
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(attività commerciali, terziarie, industriali) attorno a “strade mercato” o a parchi commerciali e terziari, o in non luoghi che si sono trasformati in iper-luoghi;
- un sistema insediativo residenziale di elevata qualità edilizia, ma minor gusto architettonico, sviluppatasi indistintamente in centri
residenze sparse tipiche della campagna, con un evidente consumo di suolo in un territorio in cui l’ambiente è già ampiamente compromesso dall’inquinamento dei corsi d’acqua, dagli scarichi di materiali tossici. A ciò si aggiunge l’aumento dei costi di urbanizzazione, di costruzione e gestione dei servizi a rete, che poi ricadono sulla collettività;
- nel territorio costellato di campi, case, laboratori e industrie, spiccano soprattutto i grandi centri commerciali e centri di divertimento: centri magnetici di riconoscibilità del territorio.
Appare evidente come questo tipo di urbanizzazione si differenzi da quello dell’area metropolitana presente soprattutto a Nordovest, caratterizzata invece da un centro - la grande città - e una serie di città satellite medie e piccole, legate al centro secondo linee gerarchiche. Un territorio caratterizzato quindi da connessioni verticali. Al contrario la città diffusa presuppone delle connessioni orizzontali non gerarchizzate, con una multi direzionalità dei
Come in altri distretti industriali della piccola-media impresa italiana, è stato il contesto rurale a fare da substrato all’industrializzazione diffusa, che ha potuto recuperare spazi e manodopera a basso proprio grazie alla modernizzazione e razionalizzazione delle pratiche agricole. La crescita economica straordinaria ha potuto contare su un importante supporto territoriale: una struttura insediativa dispersa e un territorio già minutamente abitato e infrastrutturato. Si è così innescato un vasto processo di dispersione insediativa, produttiva e dei servizi.
Una delle caratteristiche più evidenti messe in luce dagli studiosi della città diffusa veneta è il particolare intreccio di ruralità e urbanità, che ne fa un luogo ibrido, una “organizzazione spaziale che presenta alcuni caratteri urbani in assenza di altri” [Indovina, 1990], caratteristica colta anche dal recente dibattito sul futuro di questo territorio, in cui è stato più volte sottolineato il
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città o come campagna il luogo dove si abita, gli intervistati di una ricerca di Benedetta Castiglioni e Viviana Ferrario per delle ricerche sul paesaggio veneto e la sua percezione, [Castiglioni e Ferrario, 2005; 2007] dimostrano una notevole varietà di punti di vista e percezioni. “Vigorovea è una struttura urbana agreste”; “è a metà tra città e campagna”; “lungo la strada principale è città, quando si svolta per una strada secondaria è campagna”; “una volta era campagna oggi non è ancora una città, è periferia. Tutto sta diventando periferia”. A volte, entro la stessa categoria di persone si trovano risposte
stridono con lo spazio cui ci si riferisce: così avviene ad esempio quando viene
commerciali, delle strutture ricettive. La disomogeneità delle risposte sembra confermare l’inesistenza di un nome adatto a chiamare questa nuova forma insediativa [Castiglioni, Ferrario, 2007].
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TTRACCE DI CITTà
Gli spazi costruiti della città diffusa nel Veneto centrale Munarin S., Tosi M.C., Tracce di città, Milano 2001
# 2
18 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
1.5 | LA METROPOLIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Quello che oggi ci si presenta è un paesaggio ricco e articolato, denso di funzioni, esasperato nella sua mobilità, con una dimensione metropolitana. Un paesaggio di centri medi e medio-piccoli, insediamenti sparsi e piccoli borghi, zone industriali e artigianali, ma anche zone produttive sparse, strade di mercato e grandi centri commerciali, campi sportivi e poli di eccellenza. Tutto ciò è stato denominato arcipelago metropolitano, più per indicare la
entità separate ma fortemente integrate, metropolitano perché esprime i livelli di funzionalità di una metropoli [Indovina, 2009]. La città infatti non è solo una forma, ma un insieme di relazioni sociali tra chi la abita e chi ci lavora, di rapporti di reciprocità tra commercio, divertimento e quanto gli uomini sono disposti e capaci di fare per la loro vita. Data questa premessa, le trasformazioni urbane altro non sono che il risultato delle trasformazioni economiche, sociali culturali e degli stili di vita di ogni epoca. Nel passaggio dalla città diffusa [Indovina, 1990; 1998] all’arcipelago metropolitano [Indovina, 2005] è avvenuto un ampliamento delle funzioni disseminate, una maggiore differenziazione territoriale e una maggiore articolazione dei centri di governo. Il termine arcipelago metropolitano“città di città” di Nel-lo [2001], sottolinea la qualità metropolitana del territorio ed il suo articolarsi in diversi centri, che assumono rilievo comparativo in un tessuto urbanizzato, ma fortemente integrato con una gerarchizzazione soft.
La maggior parte di questi processi sono caratterizzati da una forte auto-organizzazione, rispondendo soltanto all’interesse dei singoli decisori privati e non della collettività. Ciò ha portato alla formazione di una città e metropoli, iperdotata di funzioni e servizi privati e ipodotata di servizi pubblici. Non è corretto dire che non ci sia stato un intervento diretto pubblico, ma questo è stato più che altro un intervento di risposta e compensazione, ad esempio costruendo le strade di collegamento. Allo stesso modo, l’assenza di un progetto ha portato all’eccessiva motorizzazione, alla notevole quantità di tempo per spostarsi, al degrado dell’ambiente e ad alti consumi energetici, oltre che ad una maggiore spesa per i servizi minimi (come la raccolta dei
incompatibili, a ridosso di autostrade o superstrade, o di stabilimenti produttivi, con gravi conseguenze per la salute della popolazione. Una sorta di città senza regole, che ha bisogno di una migliore città in una situazione
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che non è urbana. Oggi abbiamo la possibilità di costruire un arcipelago metropolitano
di assetto del territorio – che oltre al piano di uso del suolo prevede una serie di politiche per la realizzazione di obiettivi condivisi. Punti salienti di una
corridoi ambientali, risparmio energetico, trasporto collettivo e articolazione sociale [Indovina 2009].
Se negli ultimi vent’anni si è parlato di dispersione e moltiplicazione delle relazioni, (diffusione di funzioni, forme morfologiche articolate, rete infrastrutturale, …) che insieme hanno dato corpo ad un arcipelago metropolitano. Oggi la dispersione e la costruzione di una dimensione metropolitana vengono considerati aspetti di un unico articolato fenomeno.
«Si può constatare che la dispersione genera la metropolizzazione del territorio e quest’ultima evita che la dispersione impoverisca la vita sociale e individuale ma che al contrario, a certe condizioni, possa generare crescita economica e sviluppo sociale» [Indovina, 2009].
Con il termine metropolizzazione Indovina intende indicare la tendenza all’integrazione di diversi aggregati urbani e dei territori ad urbanizzazione diffusa. Una integrazione complessiva, che riguarda le attività economiche, le relazioni sociali, le attività legate alla vita quotidiana, alla cultura, ecc. I territori si organizzano per garantire migliore condizioni di vita della popolazione insediata: in pratica quella che si chiama metropolizzazione del territorio ha il potere di riprodurre la città nelle sue funzioni e relazioni sociali.
integrazione. In uno stesso territorio convivono varie forme di insediamento: città concentrate medie e grandi, aggregati residenziali senza un centro, abitazioni diffuse e isolate, zone produttive, fabbriche e laboratori dispersi, grandi attrezzature di servizio, infrastrutture e poli del divertimento, poli di eccellenza e grandi centri commerciali. In questa forma di organizzazione sono
informazione.
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La vita individuale e collettiva del cittadino si svolge a due livelli: per ambiti locali, spazialmente e socialmente ristretti, all’interno di una comunità, e per ambiti metropolitani, allargati, differenziati e occasionali. Quella del cittadino diventa una sorta di identità liquida, che si adatta secondo le circostanze [Baumann, 2000] e che considera il suo territorio come composto da elementi
di una piazza, con più di un paesaggio e di un luogo, a seconda di momenti, occasioni e necessità. Basti pensare ai luoghi dell’acquisto, che si dispiegano sempre più in punti del territorio corrispondenti a nodi infrastrutturali o a nastri stradali distribuiti nel tessuto frammentato. E le differenze dei territori sono
che si percorre, le cui imprese con relativo outlet distinguono le località come cartelli o monumenti: chi dubiterebbe di essere nel distretto dell’occhialeria andando verso Cortina, chi non noterebbe richiami commerciali nel distretto calzaturiero del Brenta, chi non cercherebbe nella verde campagna veneta i segni della presenza di Benetton, Replay, Nordica o North Face, Geox e Diesel? Grazie ai grandi centri commerciali e ai poli pluri-funzionali andati a costituirsi
della rete infrastrutturale.
emergenti sono stati: urbanizzazione della campagna, urbanizzazione diffusa,
rintracciabile negli ultimi trent’anni, ma di una sorta di espansione della città compatta che ha investito diverse aree in tempi e modalità diverse.
fa parte della storia delle città europee da ben prima che gli studiosi lo individuassero come fenomeno e gli dessero un nome: esso è in qualche modo una tendenza naturale nell’evoluzione delle aree urbane, che sempre
dell’informazione e della comunicazione. Non solo il Nordest quindi, ma buona parte dello scenario urbano mondiale appare costellato da vaste conurbazioni
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Nordest viene comparato), alla regione renana o al Kansai giapponese. Tutte
da una visione di insieme; territori frammentati dove pieno e vuoto si alternano
venivano descritte con parole simili a quelle di Wagner [1911] in Die GrossStadt:
Alla periferia estrema della Großstadt si trovano appezzamenti di terreno,
semplici suddivisi in lotti che condizionano tuttavia in modo determinante il tracciato delle strade, delle piazze, ecc. che saranno necessarie in futuro. Di
accidentali che abbiamo appena visto››.
Solo che ora non possiamo più chiamarli “elementi rustici accidentali”. # 3 La città diffusa del Nordest.Foto di Corrado Piccoli,dal sito della Fondazione Benetton Studi e Ricerche
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# 4 - 5 La campagna urbanizzata
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1.6 | L’IMPRESA DIFFUSA
“Fattore K” 5. La K che ha sedotto l’Italia negli ultimi trent’anni
la kappa del kapanòn: il luogo produttivo per eccellenza e che ha fatto la rivoluzione economia del Nordest e del made in italy. 2500 zone industriali con relative milioni di K, diverse per ricchezza tipologica, per dismissioni creative, per rovinose presenze.
A ben guardare l’Arsenale stesso è stato il primo ‘K’: cuore dell’industria navale veneziana dal 1100, ora centro propulsore per la cultura contemporanea: sede della Biennale di Venezia; uno dei luoghi più originali per esporre arte contemporanea e realizzare mostre innovative. In tutta l’Europa sono in atto profondi cambiamenti a livello urbano, che includono processi di
e che ora diventano oggetto di riconversioni che danno loro una nuova vita. E il nostro Arsenale di Venezia è uno dei precursori di queste dismissioni creative, che l’ha trasformato in un “cantiere della creatività”.
La fabbrica è il simbolo del Nordest e del suo successo economico; è il luogo del lavoro e della produzione è il luogo che oggi sta attraversando un profondo cambiamento, in concomitanza con il passaggio dall’economia della produzione all’economia della creatività e della conoscenza. Si produce sempre meno, per concentrarsi nelle attività più innovative e immateriali: design, tecnologia e comunicazione. Le fabbriche diventano “belle” fuori e dentro, ospitando lavori di arte contemporanea o riprogettando il loro involucro, e allo stesso tempo vecchi impianti industriali vengono riportati in vita, ristrutturati e trasformati in incubatori di innovazione e creatività. Se si pensa alla loro storia, i distretti industriali hanno rappresentato il collante socio-culturale
Oggi lo stesso deve avvenire con le attività ad alto valore aggiunto, che devono poter essere interconnesse per svilupparsi e diffondersi nel territorio internazionale. Un buon punto di partenza può essere rappresentato dal parco Vega di Marghera, dove sono stati costituiti dei meta-distretti che riuniscono
creatività.
5 Il Fattore K, The Innov(e)tion Magazine, numero 2, giugno 2009
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Se si percorrono le strade del Nordest la tipologia che disegna e costella il paesaggio è il “casannone”: la casa + capannone, un modello di insediamento
ritenuta colpevole dello scempio ai paesaggi agresti di Cima e Bellini, metri cubi votati alla produzione senza sosta che ora si stanno trasformando nel modulo su cui rilanciare la creatività progettuale, con dismissioni creative come i Magazzini del Sale di Renzo Piano, o Punta della Dogana di Tadao Ando, entrambi a Venezia.
una miriade di progetti che considerano l’immediato e che si adeguano alla volatilità dei cambiamenti di mercato, politici, sociali e culturali. Ma oggi, più di ieri, è cruciale saper riprogettare i nodi della città contemporanea, che è
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# 6 - 7 Capannoni diffusi nel Nordest
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1.7 | ALTRI SGUARDI: IL NORDEST CON GLI OCCHI DI MARCO PAOLINI6
prodotte da singoli individui o gruppi di persone, da centinaia di piani non coordinati tra loro. […] Un quadro cubista sembra essere l’unico modo per ritrarre, fotografare quel reale che sta fuori.»
dell’uomo e del paesaggio non si parla mai.
Io provo una specie di saturazione a furia di sentire parlare di lavoro come “prodotto interno lordo da record”, di economia come “lotta tra iniqua
rivendicazione secessionistica da un canton all’altro”.
Ho come perso le coordinate di questo posto, la storia di quest’ultimo secolo
ci stò a fare qua? E ti viene la tentazione di chiamarti fuori. No, col cavolo, io non mi chiamo fuori: questa è la mia città.
My hometown, Barba Zuchòn town
Un’unica grande città. Tanti comuni, tante periferie, tanti sindaci.
In realtà nessun centro, nessuna periferia. Tutto che gira, che gira, che gira…
Ogni tanto due campi spelacchiati a bordo strada (di pannocchie? Si, anche, ma soprattutto la soia. Com’è brutta la soia! Quando secca nei campi e solleva nuvole di cimici invadenti)
Ogni tanti due campi di granoturco o di soia spelacchiati a bordo strada ti illudono che sei fuori dal centro…
No! La linea dei capannoni/villette ti corre parallela.
Non si vede, ma è la dietro il canton, così ti trovi invischiato nella stessa area industriale, artigianale, residenziale che avevi appena mollato.
6 Marco Paolini (Belluno, 5 marzo 1956) è un attore teatrale, regista, drammaturgo e autore italiano. Divenuto famoso con Il racconto del Vajont, nato nel 1993 come lavoro teatrale, e trasmesso da Rai due quasi di nascosto nell’ ottobre 1997. Tra i vari spettacoli di cui è autore, i Bestiari, raccolta di spettacoli dedicati al recupero della cultura locale, in particolare veneta.
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MA DOVE SEMO QUA?
MA DE CHI SITU TI?
VA BEN, MA DOVE SEMO QUA?
MA DE CHI SITU TI?
La segnaletica agli incroci è demenziale, invece dei nomi dei comuni i nomi delle ditte, ogni incrocio 60 ditte e un comune col nome scritto piccolo così.
accostare a destra e domandare informazioni:
MA…DOVE SEMO QUA?
MA…DE CHI SITU TI?
E si resta parcheggiati a bordo strada tra due platani pelati a colonna,
MA DOVE SEMO QUA? MA DE CHI SITU TI?
Non resta che chiedere aiuto con il cellulare ad una premurosa segretaria d’azienda multilingue:
Guardi you ciappa da Conelliano verso Sacille, al semaforo di Pianzano gira a destra e non sbaglia. El va ‘vanti sette chilometri, s’el trova il passaggio a livello, vuol dire ch’el ga sbaglià strada, non lo passa, torna indietro, el vede una strada a destar, non la ciappa. Quella dopo a sinistra, oltre il sottopassaggio e non sbaglia. Trova una rotatoria non la prima, non la seconda…la quarta. Bravo! Va ‘vanti, prosegue e non sbaglia. Se arriva a San Fior è andato troppo avanti, torna indietro, sulla destra c’è una zona artigianale, là el domanda ancora ma…el se rivà.
Se vuoi viaggiare intorno alla Galassia Pedemontana devi rinunciare alla carte
docilmente le istruzioni della torre di controllo. Viaggiare qui è eccitante
non ti saresti sognato di chiedere alla vita: Punto casa, Centro casa, Linea casa, Virgola casa, Due punti. Il Paradiso del compressore, il Purgatorio della
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marmitta, l’Inferno del paraurti, Non solo pelle grassa, L’Altra forfora, Fai da te giardinaggio, Fai da te hobby, Fai da te sesso”. Ma il massimo dell’evocativo sono i nomi dei centri commerciali che si chiamano: Giotto, Tiziano, Tintoretto, Raffaello; mi sorge il dubbio che più che i pittori si ispirino ai transatlantici. In dieci venti chilometri setacciati a passo d’uomo, tra la pontebbana, la pustumia e la castellana, non c’è più niente che ti dica questo è Veneto, né architettura, né nomi, né vestiti, né gesti, né lingua.
Lingua? Si parla male, siamo cresciuti imparando a riconoscere le immagini, la nostra è una civiltà fondata sulle immagini che disimpara a camuffare i suoni, la musica, i rumori delle parole, le lingue, i dialetti. Certo per uno che viene dalla Toscana è chiaro che sei del Veneto, ma tu che ci vivi, tu che ci sei là dentro, lo senti quello che sta diventando? Qui si parla un italiano da segreteria telefonica: si mette la colonna sonora e si parla italiano. Qui si siga in dialetto che sembra un fax andato a male, sai quando nella trasmissione non passano le parole, non si legge.
MA DA NOIALTRI SE MAGNA BEN
Si, ma non capisco più le parole, il paesaggio…
MA SE MAGNA BEN
Ho capito, ma I don’t under stand…
MA SE MAGNA BEN!
E mi trovo un po’ spaesà. […]»
(M. Paolini, Bestiario Veneto, Pordenone, 1999)
Questo testo è tratto da uno spettacolo di Marco Paolini, Bestiario Veneto. Parole mate:di storie e di persone del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, di poeti incontrati
aiutano, servono per farsi un’idea di questa terra. La musicalità di ogni lingua, di ogni dialetto, diventa essenziale per capire le sfumature e nello spettacolo diventa partitura musicale per le parole dei poeti nel tentativo di cantare la loro poesia. Così ce lo descrive il suo autore: «BESTIARIO VENETO è un gioco di
grandi come il bò o minuscole come il milepiè di Pascutto, a volte selvatiche
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come la lipàra o la sioramandola, a volte domestiche come LaiKa. Creature presenti nei nomi, nei discorsi, nelle bestemmie di questa terra. Per questo BESTIARIO non ho girato solo le pagine, ma anche le strade, le campagne
Posti visitati qua e là in questa provincia grande come una metropoli, ma senza il motore, senza il sistema circolatorio, nervoso, muscolare, senza l’ossatura di una metropoli. Un Piccolo mondo antico che muore o una Los Angeles che nasce, luoghi dello spaesamento, dove localismi ringhiosi rivendicano
qualcosa di più leggero, di un modo di essere che si possa portare al lavoro, per strada, in vacanza, in casa, in mezzo agli altri, non fondato su principi etnici o genetici che escludono, ma sull’appartenenza ad una storia comune. L’attore è un ponte, il suo compito è far conoscere, far saltare i muri le porte degli orti, dei giardini e delle case; non è quello di convincere, ma di far girare le idee, le storie e di avere una lingua per farlo che sia comprensibile a tutti. E così è nato BESTIARIO come un esercizio di immaginazione, una ballata tra un vuoto d’aria e un pieno di parole che non contrappone mondi virtuali a quelli reali, uno sguardo disincantato alle cose di ogni giorno per riuscire a leggerle.» [Paolini, 1998]7
7 Paolini, M., 1998. “Note d’autore”. Disponibile su http://www.jolefilm.it/files/index.cfm?id_rst=29&id_elm=129. Accesso 20/08/2010
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Capitolo 2
CREATIVITÀ E CULTURA NELLO SCENARIO CONTEMPORANEO
“… un punto di forza del nostro paese (é) la cultura della creatività, che deve far considerare grande il potenziale delle nostre imprese e del nostro lavoro. E in questo
nuovo esprimersi della creatività italiana, rivive la forza di una tradizione, di un patrimonio e di una sensibilità cui dobbiamo dedicare ben maggiore attenzione.”
Giorgio NapolitanoPalazzo del Quirinale
31 dicembre 2007
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 37
2.1 IL TERRITORIO CONTEMPORANEO DELLE RETI E DEI FLUSSI
Fino a pochi decenni fa il ruolo del territorio, dei distretti industriali e della città è stato fondamentale nell’organizzazione economica delle attività. Il contesto territoriale permetteva di condividere le identità individuali e collettive elaborate nella vita quotidiana, nelle attività di apprendimento e
il paese, la regione. In tal modo questa “economia della differenziazione
contesti, dando valore proprio alle differenze. Ora le connessioni reticolari rimettono in gioco tutti i riferimenti e i saperi accumulati nei sistemi locali dei nodi della rete, abbattendo la barriera della distanza e dilatando il campo di esperienza del singolo all’interno della società globale. Ciascuno di noi può fare riferimento a valori, conoscenze, risorse, localizzate anche molto lontano dal luogo dove risiede e lavora. Ciò che è avvenuto negli ultimi anni è stato un grande processo di ibridazione delle identità e dei sistemi culturali, che si sono trovati uno accanto all’altro nella grande rete del sistema globale, contaminandosi vicendevolmente. Allo stesso tempo le città, articolando
frattura tra forma e sostanza.
Una delle caratteristiche fondamentali dell’epoca storica in cui viviamo è
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proprio il dominio dello 1 su quello dei luoghi: la conseguenza è la netta ambivalenza di due universi distinti in cui le relazioni tradizionali, nella
rimane frammentato e riferito ai contesti locali. Nonostante le connessioni facilitate dalla tecnologia abbiano liberato il mondo dai limiti territoriali e
l’unicità di ciascun contesto, con i suoi micro-cosmi sociali, culturali ed etnici. Le città, oltre che di relazioni, sono fatte di un insieme denso e complesso di
delle esperienze. L’informatizzazione, la globalizzazione e la trasformazione delle strutture produttive industriali e dei servizi da oltre un ventennio hanno sicuramente operato una grande trasformazione della struttura spaziale urbana. Ma i processi tecnologici ed economici che costituiscono la base di questa trasformazione si intrecciano sempre con la storia, la cultura e le istituzioni di ciascun paese, di ciascuna regione e di ciascuna città.
Le città della società della conoscenza si caratterizzano quindi per nuovi tipi di relazioni immateriali, che hanno dato vita a network urbani come rete di scambio di beni e servizi. Queste reti e infrastrutture tecnologiche, conseguenti al processo di globalizzazione dell’economia e della comunicazione, hanno
1 Lo spazio, dice Castells, è il “supporto materiale delle pratiche sociali di condivisione del
tecnologia, d’interazione organizzativa, di immagini, suoni e simboli. Essi sono l’espressione dei processi che dominano la nostra vita economica, politica e simbolica. Viene proposta quindi l’esistenza di una nuova forma spaziale propria delle pratiche sociali che plasmano la società in
materialmente dalla sovrapposizione di tre strati: il supporto materiale costituito dall’infrastruttura tecnologica che costruisce la rete, “la cui architettura e contenuto sono determinati dai poteri che
siti in relazione alle funzioni e alla gerarchia di ciascun luogo, oltre che alle caratteristiche del prodotto o del servizio da trasformare nella rete. Il terzo strato riguarda l’organizzazione spaziale delle “élite manageriali dominanti” che esercitano le funzioni direzionali attorno cui lo spazio si articola. [Castells, 2002 : 472-476]
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negli anni trasformato le morfologie e le identità delle città e cambiato il modo in cui noi produciamo, consumiamo, gestiamo, informiamo e pensiamo. Le città sono oggi nodi di reti globali, centri di produzione di conoscenze e
media.
Le reti costituiscono la nuova morfologia delle nostre società e la diffusione
e potere della cultura. Le nuove tecnologie forniscono poi la base materiale
la rete come insieme di nodi interconnessi, mentre i nodi dipendono in buona
gli studi di produzione, le redazioni televisive e i dispositivi che trasmettono i segnali nella rete globale dei nuovi media [Castells, 2004]. Per loro natura le reti
grado di comunicare fra loro, condividendo gli stessi codici di comunicazione. Per questa loro caratteristica, esse sono la struttura appropriata per l’economia capitalistica basata sull’innovazione e sulla globalizzazione,
In quest’ottica le città contemporanee sono parte di un sistema urbano che non si rifà più solamente ad una logica di continuità territoriale, ma è
capitali e informazioni) che li collegano. Il territorio stesso è diventato una rete fatta di spazi interconnessi, che hanno i loro punti di forza nel nodi urbani, scostandosi dalla gerarchia tradizionale che va dalla capitale alle città di
delle città. La città globale2
2 Manuel Castells ha osservato che: “La città globale è […] una forma che lo spazio può assumere, e non un attributo distintivo di alcuni centri urbani, anche se alcune metropoli svolgono senza dubbio in tale network una funzione di maggiore rilievo rispetto ad altre. […] Il grande paradosso del ventunesimo secolo è che potremmo tranquillamente continuare a vivere in un contesto prevalentemente urbano anche in assenza di città, ovvero senza sistemi spaziali
e lo spazio sono il prodotto di un intervento umano consapevole…” [Castells, 2004].
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si estende su tutto il pianeta, in un sistema interattivo di geometria variabile
[Sassen, 1997; 2003]
come li conosciamo si smaterializzano: il luogo diviene spazio, e il tempo simultaneità [Fiorani, 2003]. Il web permette relazioni talmente distanti e
profondità, quello che conta sono le comunicazioni, la trasmissione di dati e le connessioni. Ma in questa società della comunicazione, dove tutto comunica, quello che viene meno sono proprio la parola parlata e il faccia a faccia, e le
comunicazione che le conferisce altri sensi [Fiorani, 2003]. La moltitudine di reti lunghe e la compressione spazio-temporale hanno determinato l’iperconnessione dei luoghi, permettendo ad ogni territorio e soggetto di interagire con qualsiasi altro punto della rete globale.
Nel corso degli anni Novanta molti osservatori avevano creduto che gli enormi progressi registrati nelle telecomunicazioni e la smaterializzazione di molte attività economiche avrebbe portato ad un annullamento delle
accennato precedentemente, le città non hanno mai smesso di essere luoghi delle identità locali sedimentate, così come di risorse ed attività economiche, pur divenendo fucine di nuove forme di comunità, stili di vita e costumi.
Non bisogna dimenticare che le città non sono solo strade, piazze, infrastrutture, ma sono fatte anche delle persone che le vivono, sono luoghi
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gli usi, i processi e le narrazioni insite. Il discorso sulla città è parte della sua costruzione, così come la sua rappresentazione. Sono le narrazioni che
sociologia. Il territorio è il palcoscenico su cui agiscono le identità urbane e le memorie.
era per lo più legata alla prossimità alle risorse naturali e ai mercati delle
progressiva frammentazione e globalizzazione dei processi produttivi da un lato, e la crescente preponderanza di attività economiche più immateriali
di concentrazione di molte attività economiche. Quello che oggi risulta essere l’elemento più importante nei processi di sviluppo e di innovazione é infatti la prossimità e l’accesso ad una varietà di saperi, idee e competenze
alla presenza di università, centri di ricerca, servizi avanzati, e di una forza lavoro più variegata, istruita e internazionale di quella necessaria ai processi produttivi tradizionali. É per questo che l’ambiente urbano ha comunque un ruolo di primo piano nei processi di crescita e sviluppo, valorizzando quelle caratteristiche di densità e concentrazione ma anche varietà e diversità di culture, di attività economiche e sociali.
Si può dire che la globalizzazione contemporaneamente “enfatizza e dissecca i locali”, li appiattisce entro i suoi codici ma allo stesso tempo ne “accentua i caratteri di unicità” in “nuove forme di territorializzazione in cui il globale prende corpo nel locale” [Fiorani, 2005]. Come scrive Dematteis la territorialità non cessa di essere “elemento costitutivo delle identità collettive, indebolendosi a certe scale e rafforzandosi ad altre, a seconda della capacità dei territori di porsi come nodi di reti” e di valorizzarsi come comparto produttivo. Infatti è la territorialità a strutturare la globalizzazione, con la doppia logica del cooperare e competere: rilancia i locali per porli come nodo, producendo vantaggi competitivi a partire dal contesto e attivando le reti locali. Sempre nelle parole di Dematteis [2001] “solo se la rete dei soggetti locali è coesa, il sistema territoriale locale può interagire, come attore collettivo, con le reti globali”. Già Harvey [1989: 271] nel parlare della globalizzazione sosteneva
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che essa “mette le diverse comunità del pianeta in concorrenza tra loro”, ma che così facendo “il contrarsi dello spazio genera strategie competitive localizzate, accrescendo la consapevolezza di ciò che rende un luogo speciale e gli assicura un vantaggio competitivo”. Ciò che conta però non sono solo le caratteristiche uniche delle identità locali, ma il modo in cui esse si adattano alle esigenze di un capitale sempre più mobile.
ai luoghi e trasferiscono informazioni, persone, merci, facendo interagire economie e società, trasformando luoghi. La globalizzazione permette alla produzione di svincolarsi dal territorio e di decentrarsi, così come permette al mercato di espandersi con la sua cultura del consumo.
network produttivo dell’azienda governa l’insieme delle imprese a lei collegate come un’unica grande fabbrica, organizzata a rete. Si tratta di una sorta di
ma anche parti di produzione. In tal modo vengono divisi anche gli investimenti e i rischi d’impresa. Si viene a creare una rete mondiale diffusa territorialmente fatta di medie e piccole imprese. La catena del valore viene ad investire il territorio intero, non solo la fabbrica. Dice Bonomi [1999]: “è sul territorio che si dispiega la catena del valore, è sul territorio che si realizza la mobilità spaziale
messa al lavoro attraverso l’esplosione della giornata lavorativa speciale, è sul territorio che si dispiegano i grandi processi di esodo, di resistenza, l’altra faccia della globalizzazione, o di regionalizzazione fatta delle differenze territoriali”.
della vita e di quello globale della comunicazione” [Dematteis, 2001], le identità locali possono essere sia componenti di sviluppo, sia strumenti di difesa verso il mondo globalizzato. Il territorio infatti “accresce la sua importanza
territori, li frammentano e li riconnettono per generare vantaggi competitivi ed estrarre valore dai diversi milieu, mettendo al lavoro le società locali”. Perciò i luoghi investiti dalle reti puntano alla valorizzazione facendo uso delle risorse del territorio, ed è così che la globalizzazione si articola nell’iper-locale, o
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come dice Appadurai [2001]3, nella “produzione globale di localismo”.
ruolo fondamentale, tanto che le svariate esigenze di mobilità che investono il quotidiano stanno mutando profondamente la percezione spazio-temporale della città e annullando, almeno in parte, la tradizionale distinzione città-territorio. Le stazioni ferroviarie stanno diventando microcosmi complessi di comunicazione e scambio, mentre navi ed aeroporti costituiscono esempi di città, privi di un rapporto stabile e preordinato con l’intorno, che implicano
spazi del transito e del passaggio, in cui si collocano le reti dei trasporti e dei servizi, del divertimento e del commercio, contrapposti ai luoghi densi di segni e memoria. In qualche modo le città si stanno trasformando in palcoscenici del nostro vivere, luoghi del consumo e della comunicazione. Crescono anche
invisibili, perché non colonizzati dalle funzioni della vita contemporanea: sono i prodotti dello scarto edilizio, luoghi abbandonati e dismessi, ritagli di terra, luoghi dell’emarginazione e della segregazione.
e persone creando quella congestione di cui si è parlato in precedenza, la città globale, grazie alla diffusione delle tecnologie ICT4, muove informazioni
“esterno”.
Esiste una tendenza a considerare gli sviluppi nelle ICT come se fossero un’entità separata dai sistemi metropolitani. E invece il rapporto tra ICT (internet in particolare) e l’ambiente visibile è molto più sottile e rilevante di quanto in genere non si ritenga. Le città infatti stanno cambiando con l’evolvere delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che
momento in cui la separazione tra luoghi di lavoro e non diviene più labile, così come la distinzione tra orario di lavoro e tempo libero risulta sempre meno chiara. Anche la formazione si sta trasformando, consentendo un accesso
3 Appadurai, A., 2001. Modernità in polvere. Roma, Meltemi.
4 Information and Communication Technologies
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continuo, ricorrente e personalizzato all’informazione e alla conoscenza, e riportando a sistema un insieme di saperi generati in forma distribuita. Come già detto riferendosi alle reti, le distanze spazio-temporali e sostituendosi in qualche modo ai tradizionali luoghi di incontro. Ormai è possibile allacciare
prossimità nei rapporti personali, cognitivi e sociali. Sono sempre di più gli scambi tra città e reti metropolitane con cui essa entra in contatto [Rullani, 1996; Dematteis, 1995].
Questa moltiplicazione degli ambiti di vita e di lavoro ha portato molte persone ad appartenere a più luoghi e identità allo stesso tempo, producendo “costellazioni urbane” dislocate in territori molto vasti, integrate funzionalmente e differenziate socialmente. Inoltre, le innovazioni nelle telecomunicazioni, Internet e la diffusione dei sistemi di trasporto rapido
network e dalla crescita delle comunità virtuali. In tutto ciò la metropoli non è stata annullata, ma piuttosto si è trasformata attraverso l’interazione tra lo
un’originale combinazione di luogo e rete: “le città dell’Era dell’Informazione si basano su questo duplice sistema di comunicazioni” [Castells, 2004].
La città contemporanea è perciò una realtà totalizzante che deborda
tra forme e assetti sociali. Appare come una realtà derivante da numerosi progetti individuali, che operano senza conoscere il quadro d’insieme, e che
intrecciano città concentrate, non luoghi, città invisibili della comunicazione immateriale e spazi dell’emarginazione. Questa estensione della metropoli
la rendono una città diffusa5, connotata nel tempo da numerosi termini: città diffusa, edge city, generic city, città-regione, patchwork metropolis. Tutti termini che ne evidenziano la perdita di forma e di tematizzazione. Si tratta infatti di un miscuglio di realtà insediative le più disparate, che non
5 Per la trattazione del tema della città diffusa si rimanda al cap.1, ivi p. 10
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della società.
Inoltre, tutta la città contemporanea è pensata nella comunicazione, nella leggerezza e nell’impalpabilità. La tecnologia ne sta cambiando l’aspetto, con i suoi Media Buildings, i giardini virtuali e gli ambienti di luce. I muri sono muri-immagine altamente comunicativi con schermi interattivi, e le facciate sono
La funzione non è dichiarata, mentre i punti di vista si moltiplicano, abbagliano e creano inganno e illusione. Al posto della trasparenza del moderno, è il
possibilità interpretative; allude a spazi seduttivi in un surplus di emozioni legate all’intravedere senza conoscere del tutto. Con i Media Buildings le
materia si fa traslucida e vibrante. Si vedano le costruzioni di New York, Osaka,
continua di informazioni della società contemporanea. Si crea così un’estetica immateriale che lavora sulle interfacce, e l’immagine conta più del suo supporto che si trasforma in mero nodo nella rete globale delle comunicazioni.
2.2 | LA CITTÀ CREATIVA
Il secolo scorso ha visto crescere, affermarsi ed evolversi le nostre città, di volta in volta attraversate da cambiamenti nella struttura sociale ed economica tali da scardinare i paradigmi affermatisi nel tempo.
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta l’Italia ha attraversato il cosiddetto “boom economico” che ha apportato rilevanti cambiamenti nella struttura economia, sociale e territoriale: da paese agricolo e poco sviluppato si è passati ad un moderno paese industriale-agricolo, con un generale aumento del reddito e un miglioramento delle condizioni e della qualità della vita. Lo sviluppo dell’industrializzazione, specie nei paesi del Nord, ha fatto nascere un fenomeno migratorio interno con un conseguente rimescolamento della popolazione italiana.
Negli anni Settanta l’economia italiana è segnata, come gran parte dell’Europa,
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dalla protesta studentesca e dalle lotte operaia e dei sindacati. Sono gli anni caratterizzati dall’aumento del costo del lavoro, dalla maturità delle produzioni
decennio precedente, e dalla congestione della città, con il conseguente aumento dei costi d’uso da parte delle imprese e dei cittadini stessi. [Cicciotti,
con la localizzazione delle nuove produzioni in periferia.
Con gli anni Ottanta e l’avvento delle nuove tecnologie si affermano nuovi modelli di produzione e di organizzazione, basati sulle reti d’imprese. La grande impresa entra in crisi e si affermano invece quei territori del centro-nord basati su un’imprenditorialità diffusa di piccole e medie aziende, più dinamiche e pronte a cogliere i vantaggi delle nuove tecnologie in termini di innovazione. In questi anni sono stati sviluppati anche i primi progetti di rigenerazione urbana, dove è emerso con prepotenza il ruolo della cultura come fattore determinante e spesso trainante. L’attenzione verso la cultura come fattore di trasformazione territoriale si allarga in risposta alle esigenze di competitività delle città, ma anche ai bisogni di sostenibilità del settore culturale, che richiedono un più deciso orientamento verso il mercato e un allargamento della domanda.
Gli anni Novanta sono segnati dalla globalizzazione e dai nuovi sistemi di informazione, per cui non è più necessaria la realizzazione di economie di scala con le altre imprese del territorio ma ci si può ampliare ai mercati globali: non più un unico modello di sviluppo, ma l’affermazione delle differenze e
nuova classe creativa a decidere del successo di un territorio. Si tratta una classe composta da artisti, musicisti, designer, architetti, ma anche ricercatori, scienziati, intellettuali e
le aziende si spostano laddove il capitale umano è più vivace e stimolante. Si genera così un circuito virtuoso caratterizzato da sempre maggiore sviluppo, vivacità culturale ed eccellenza. Gli scenari produttivi non sono più centrati sul prodotto materiale, ma ciò che conta è l’economia immateriale dell’informazione e della conoscenza, nelle quali è la creatività degli individui e della società la vera protagonista dello sviluppo. Se ben si osserva tali virtuosismi si ritrovano nelle città in grado di offrire tecnologie avanzate,
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innovazione e ricerca, e diversità culturale accettata e integrata nella società: sono città aperte agli scambi e al dialogo, dove il talento viene riconosciuto e trova stimoli per accrescersi, e dove di conseguenza le imprese possono trovare terreno fertile per le loro produzioni.
“La reperibilità di personale dotato di talento e di creatività, rappresenta oggi per il mondo delle imprese, ciò che il carbone e il minerale ferroso rappresentavano per le acciaierie. Essa determina dove le società sceglieranno di localizzarsi e di crescere, e queste a loro volta cambieranno il modo in cui le città dovranno competere fra loro […]. A loro volta i creativi non si limitano a trasferirsi dove ci sono più opportunità di lavoro, ma vano nei posti che sono centri di creatività e dove a loro piace vivere”. [Florida, 2002]
Questo passaggio coincide con l’affermarsi della città creativa. Cerchiamo ora di capire cosa si intende per creatività.
“[...] Siamo di fronte ad un processo creativo, quando si generano nuovi risultati o nuove modalità di organizzazione del lavoro attraverso
consolidati. In un processo creativo gli elementi preesistenti (frutto di conoscenze solide e strutturate) si riorganizzano in nuove combinazioni, attraverso associazioni e dissociazioni cognitive, producendo un risultato nuovo e utile”. [Amadasi e Salvemini, 2005 : 3]
[1946 : 17], “nell’unire elementi esistenti con connessioni nuove e utili”. Dal verbo latino creareprodurre e far crescere. Coerentemente con la sua origine etimologica, oggi il termine creatività 6 non viene soltanto associato alle attività artistiche e
6 Il termine creatività
inventiva”, “facoltà inventiva”. L’aggettivo creativo ha, invece, una storia di parecchi secoli, con il
ampie proposte per il verbo creare: “produrre dal nulla” (in genere riferito al divino); “far nascere qualcosa di nuovo elaborando in modo originale elementi preesistenti”, “inventare, ideare, suscitare”; “eleggere, nominare”; e ancora “procreare, generare”. L’antico aggettivo creativo
creative, trascinando anche il derivato creatività.Nell’Oxford Dictionary (2002) l’aggettivo creative indica l’uso di quelle abilità necessarie per
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Secondo questa moderna accezione, infatti, le aree territoriali in grado di valorizzare i propri talenti creativi, registrano i maggiori tassi d’innovazione e di crescita economica.
L’idea di creatività è dunque legata alle categorie dell’innovazione e dell’utilità, che ne rappresentano l’essenza. La creatività può essere intesa sia come un
volto all’invenzione di qualcosa di nuovo o alla scoperta di qualcosa di ignoto. Questo stesso concetto, se riferito alle realtà urbane, diventa un potente motore di analisi, di ricerca e di proposta per il futuro. Secondo Ezio Manzini [2004]: “Le città creative sono i luoghi in cui un milieu creativo offre agli individui, alla comunità, alle imprese e alle istituzioni la possibilità di inventare e realizzare nuovi modi di operare”.
dalla capacità di produrre idee, conoscenze e innovazione. Questa capacità, che ha sempre determinato più o meno inconsapevolmente il successo di una città, è ora letteralmente esplosa, divenendo fattore di vantaggio competitivo e sviluppo sia nelle imprese che nelle città. Inventiva, vivacità culturale, mobilità sociale, intensità di relazioni: crollati gli indicatori macroeconomici sono ora queste le qualità che descrivono il successo e la prosperità di un territorio.
Da questa considerazione l’economista americano Richard Florida ha elaborato la sua teoria dell’avvento di una nuova “classe creativa”, superando i concetti di economia dell’informazione e della conoscenza: informazioni e conoscenza sono, infatti, gli strumenti di una risorsa economica capace di
produrre qualcosa di nuovo o un lavoro artistico: “involving the use of skill and the imagination to produce sth new or a work of art”; nel Cambridge Dictionary (2001) creative sta per produrre o usare idee originali e inusuali: “producing or using original and unusual ideas”.A partire da questi elementi, una prima ricognizione dei nuclei semantici del termine creatività permette di osservare che:- la creatività ha a che fare con la dimensione inventiva. Essa implica una particolare propen-sione a ideare, su un piano che può essere astratto o concreto, ma sempre contrassegnato dall’estro;
- la creatività può rivelarsi anche in una speciale attitudine a scoprire nuove connessioni su elementi preesistenti.
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generare ancora più valore, la creatività, rispetto alla quale l’innovazione, sia essa un nuovo artefatto tecnologico, un nuovo modello di business o di un nuovo metodo, costituisce il prodotto. In questo contesto i creativi non sono solo gli artisti, ma un insieme di professioni come designer, architetti, ingegneri, scienziati, manager che hanno l’opportunità di trasformare le loro
scala.
Tra il 2002 e il 2006 Florida ha scritto ha affrontato questo tema in due libri - The Rise of the Creative Class e The Flight of Creative Class – in cui affermava che i creativi sono calamitati da contesti urbani in cui sono presenti tre fattori
Talent, Technology, Tolerance; ovvero quelle città dove il livello di istruzione è più alto, sono stanziate imprese high-tech e
e integrazione dello straniero e del diverso è maggiore. Inoltre va ricordato che la creatività tecnologica ed economica viene alimentata da quella artistica e culturale e con essa interagisce, è proprio per questo che la creatività richiede anche un ambiente sociale e culturale, che possa alimentare le varie forme di espressione.
soprattutto alla qualità della vita e alla capacità di attrarre i nuovi lavoratori portatori di valore per la nostra epoca: i produttori di conoscenza, in grado di catalizzare le energie verso le nuove attività dell’immateriale per apportare sviluppo e valorizzazione delle risorse. Una città di questo tipo non può che avere una mentalità aperta alle nuove esperienze ed essere oltremodo dinamica e stimolante. Il potere attrattivo di un territorio si può effettivamente accertare in relazione a tre aspetti preminenti: la “dotazione iniziale”,
allo svolgimento di una vita creativa, ma anche alla connessione in rete e all’estensione delle informazioni; un “ambiente sociale urbano” che si fonda sulla tolleranza e sull’interazione tra gli individui, oltre che sui nessi culturali, sociali e tecnologici, in grado di agevolare nuove occasioni di apprendimento professionale; la “qualità della vita”, che è contraddistinta dalla presenza diffusa e dal funzionamento, quanto più prolungato, di attività per il tempo libero e la persona, come auditorium, gallerie d’arte, cinema, spazi teatrali,
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librerie, ristoranti, caffè, impianti sportivi, centri commerciali, locali notturni e così via [Florida, 2003]
In poche parole più che l’ambiente hard del territorio, ciò che conta è la sua “personalità” di luogo votato all’eccellenza e magnete di talenti. Per usare le parole di Florida [2008]: “It’s a lor easier to go out and attract a new company, or even build a new stadium, than it is to alter the psychological makeup of a region”.
Mettere al centro dello sviluppo del territorio e delle diverse economie mondiali
delle attività di ricerca, è un notevole indice di modernità. Senza contare che attraverso il progresso delle conoscenze innovative e delle competenze è più semplice rimettere in gioco e offrire nuove opportunità ai paesi e alle città meno favoriti dal punto di vista economico. Ciò che avviene è una migliore distribuzione delle occasioni di crescita, un più diffuso tessuto connettivo e la moltiplicazione delle reti; la concorrenza tra le città può diventare una straordinaria circostanza per affermare nuove forme di partecipazione alla
dialogo tra ambiti disciplinari differenti, che superi una valutazione di mera
culturale della città, sulla sua essenza di microcosmo sociale. L’uomo ha bisogno di un ambiente che non sia solo ben organizzato, ma anche poetico e simbolico. Un ambiente che parli degli individui e della loro società complessa, delle loro aspirazioni e delle loro tradizioni storiche, della situazione naturale e delle complicate interazioni del mondo urbano.
“[...] Per l’intensità della sua vita e lo stretto avvicinamento dei suoi disparati abitanti, la grande città è un luogo romantico, ricco di particolari simbolici. Essa è per noi insieme splendida e terribile, “il paesaggio delle nostre confusioni” [...]. Se fosse leggibile, autenticamente visibile, allora paura e confusione potrebbero venire rimpiazzate dal godimento della ricchezza e della potenza della scena.” [Lynch, 1960]
Le tesi di Richard Florida hanno dato ovviamente adito ad un ampio dibattito tra coloro che quotidianamente si confrontano sulle trasformazioni delle
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notevolmente diverse di città creativa. Ad esempio, mentre per Florida la classe creativa è attratta dalle città sulla base delle infrastrutture e dai valori immateriali intrinseci che queste mettono a disposizione, e portano con sé sviluppo economico, innovazione e creatività che danno il via ad un circolo virtuoso dell’eccellenza, per Scott [2001; 2006] la concentrazione di creativi è una conseguenza della presenza di industrie creative, e non la causa. Scott
campo creativoe simbolici che coinvolgono individui, istituzioni e network, permettendo lo sviluppo di industrie della produzione culturale (editoria, mass media,
cooperazione. In questo sistema l’attenzione è posta alle infrastrutture e ai network, quindi a modelli produttivi e distributivi coordinati orizzontalmente e verticalmente in una città che è vista come un organismo complesso e multidimensionale.
Per Scott le città creative sono spazi urbani ad alta specializzazione che attingono alle risorse necessarie per la produzione e la distribuzione sia al loro interno che all’esterno, e che sono in grado di focalizzarsi su aree economiche collegate alla creatività. I fattori che ne hanno determinato il successo sono
- la mosaicizzazione delle aree metropolitane, connesse da network competitivi e complementari;
- una competizione imperfetta che tende a favorire le città con particolari capacità creative, siano esse di piccole o grandi dimensioni;
- la realizzazione di network internazionali di sinergie, in grado di stimolare diverse combinazioni creative e valide opportunità di crescita;
- la decentralizzazione della produzione, resa possibile dalla diffusione delle nuove tecnologie e reti di comunicazione e trasporti.
L’unità di base del modello elaborato da Scott è, come già accennato, il campo creativo: “un set di interrelazioni che stimolano e canalizzano le espressioni individuali di creatività” [Scott, 2006 : 8], organizzato su tre livelli. Il primo livello è costituito dalle reti di aziende e lavoratori presenti nell’area (cluster) di riferimento, il secondo considera le infrastrutture e il capitale
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dovrà tenere conto della multidimensionalità del contesto creativo.
Scott individua anche dei prerequisiti necessari perché le città possano essere in grado di inserirsi nel mondo globale come città creative:
-tempo;
- un capitale culturale solido consolidatosi negli anni, insieme ad una connettività sociale di interscambio attivo;
- la presenza di istituzioni legate alla creatività, che permettano la produzione e riproduzione delle pratiche creative: scuole, accademie, università, musei, gallerie, ecc.
Calando poi la teoria delle “3 T” sul Nordest, Luca Romano [2008] inserisce provocatoriamente una quarta “T”: il Territorio, “protagonista di una propria
“Il territorio creativo pertanto è quello che ha maggiore libertà di articolazione spaziale dei propri linguaggi; inoltre, ha maggiore opportunità di federazione delle reti cooperative riproducendole sulle scene pubbliche diasporiche, a
l’esodo come libertà e non come eccesso”.
Dello stesso parere è Maurizio Carta, che nella sua Creative City vede il territorio “come risorsa di eccellenza, come alimentatore della soft economy – l’economia delle eccellenze – e come produttore di valore nel “capitalismo di territorio”, in cui il capitale è essenzialmente capitale territoriale, identitario e relazionale”. [Carta, 2008 : 12] La città quindi è l’elemento catalizzatore delle relazioni e interazioni della classe creativa, generatrice di nuova energia.
I fattori competitivi delle città creative vendono riassunti da Carta in tre “C”:
- la cultura, che costituisce il talento di ciascuna città nei termini di identità distintiva e culturale prodotta dalla storia e dal vissuto. Fattore che va fatto fruttare per produrre valore, per rendere la città ancora più creativa e generare nuova qualità ed economia della cultura;
- la comunicazione, cioè la capacità di divulgare informazioni, coinvolgere i cittadini e diffondere l’innovazione. Inoltre le nuove tecnologie
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dell’informazione permettono di accorciare le distanze e ridurre la necessità degli spostamenti, nonché di delocalizzare i servizi e strutturare nuove centralità;
- la cooperazione, che coinvolge in maniera diretta la comunità urbana verso gli obiettivi comuni, incentivando la partecipazione con nuovi ruoli e responsabilità per la nella progettazione del proprio futuro.
Di questi tre elementi deve far tesoro chi amministra la città, insieme ai suoi
innescare sviluppo, innovazione e migliore qualità della vita.
industrie culturali e della produzione immateriale sia cresciuta a dismisura, così come la richiesta di beni e servizi ad essa correlati. Ovviamente questa tendenza mondiale, sancita poi dall’avvento e lo sviluppo della nuova economia della conoscenza e dell’informazione 7, ha trainato la domanda dei beni delle industrie culturali e dell’informazione: cinema, editoria, musica, musei, biblioteche, pubblicità, nuovi media e tanti altri. In questo passaggio ne hanno risentito anche i prodotti della cultura materiale, per i quali non è più importante il costo competitivo, ma il valore aggiunto e simbolico che essi portano con sé: non solo dal punto di vista estetico o del design, ma anche, e soprattutto, in merito allo status e allo stile di vita a cui rimandano.
In questo senso la creatività diviene un pilastro essenziale nel contesto contemporaneo, poiché la ritroviamo nella nostra cultura e nel nostro territorio, permea la società postmoderna alla ricerca di qualità del vivere e cerca continuamente capitali intellettuali freschi e vivaci per fronteggiare
dello scambio e del confronto, dell’incontro con la diversità, è molteplicità e mutamento continuo, esperienza inattesa e sperimentazione produttiva.
La domanda cruciale a questo punto è capire come la creatività può avere un
7 Per approfondimenti in merito alla nuova economia della Conoscenza si vedano:
Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso: la rivoluzione delle new economy, Milano, 2000; Enzo Rullani, Economia della conoscenza. Creatività e valore del capitalismo delle reti, Roma, 2004; Manuel Castells, La nascita della società in rete, Milano, 2008; Saskia Sassen, Una sociologia della globalizzazione, Torino, 2008;
54 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
proprio dall’analisi di come gli individui pensano, progettano e agiscono creativamente nella città. Egli si è chiesto come mai alcuni contesti urbani siano in grado di creare le premesse per l’ideazione di nuove soluzioni a problemi esistenti o di aprire strade completamente nuove, ed altri no. Perché alcune città si sono dimostrate più vitali e competitive negli ultimi decenni: città come Barcellona, Newcastle, Bordeaux, Sidney, Glasgow, Valencia, Lione, Rotterdam, Dublino e tante altre sembra che siano riuscite a
comune di sviluppo e valorizzazione della città. In questi ragionamenti è stato ovviamente superato il facile concetto per cui la creatività appartiene solo agli artisti e ai creativi in senso stretto, ma si parte da presupposto che ogni persona opportunamente stimolata e interrogata nei suoi desideri, bisogni, conoscenze e motivazioni possa essere fonte di innovazione per la società. Spesso si tende ad associare la creatività al solo patrimonio artistico presente, e soprattutto passato, senza rendersi conto che essa costituisce ormai un solido input nei processi di produzione e comunicazione di contenuti, così come nella produzione di prodotti che presentano un sempre più alto valore aggiunto in termini di design ed esperienza.
Dalle prime analisi a questi contesti di successo, sono subito emersi dei tratti comuni: amministratori capaci di produrre una visione strategica integrata, organizzazioni creative e un contesto politico in grado di accettarle, mentalità aperta e coraggio di rischiare, la capacità di lavorare con le risorse locali trasformando le debolezze in opportunità. [Landry, 2000; Carta, 2004] Le città creative chiedono anche un clima urbano creativo, dove:
- le soluzioni urbane sono concepite combinando visione sistemica e visione particolare;
- vengono sperimentate politiche per le diverse tipologie di cittadini;
- vi è una forte sinergia tra città e territorio;
- vi sono equilibrio e interrelazione tra conservazione della tradizione e promozione dell’innovazione;
- si attuano soluzioni in grado di favorire e alimentare la diversità e il confronto, con una mentalità aperta all’altro e all’inusuale;
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 55
- le comunità sociali locali vengono coinvolte e integrate nelle politiche attuate.
Nell’ambito dello sviluppo culturale e competitivo del territorio, la creatività può essere vista sia come stimolo e acceleratore all’innovazione, sia come
visione dipendono ovviamente dal contesto e dai suoi fondamenti storici, sociali ed economici.
[2005] hanno individuato come ulteriori fattori di attrazione creativa l’offerta culturale e di spettacolo (biblioteche, concerti, teatri, ecc) e la presenza di imprese ad alta intensità simbolica, che si occupano di creare, produrre e
industrie culturali le aziende che si occupano di stampa, editoria e multimedia,
artigianale, ma anche la pubblicità, la moda, l’industria dell’intrattenimento
Florida, vengono misurati nelle città prese come riferimento attraverso una serie di indicatori:
- Tecnologia: indicatore di innovazione (numero di brevetti depositati) e di high-tech (numero di unità locali operanti in settori ad alta tecnologia, come il manifatturiero avanzato, informatica, telecomunicazioni, ricerca & sviluppo)
- Talento: bohemian index (misura della popolazione artisticamente creativa) e numero di laureati
- Tolleranza: melting-pot index (numero di cittadini stranieri )e gay index, che indicano la tendenza della società ad essere più o meno aperte alla diversità delle inclinazioni culturali e comportamentali
- Imprese High-Symbolic: indicatore high-symbolic (numero di imprese attive nei settori culturali e artistici, cioè che si occupano di editoria, consulenza, cinema, architettura, pubblicità, radio e tv e cultura)
- Imprese dello Spettacolo: gli indicatori sono forniti da “Il Sole 24 Ore” e sono relativi al numero di librerie, di associazioni culturali e ricreative,
56 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Nel contesto nordestino la creatività e la produzione di cultura sono ovviamente incentrati su un possibile sviluppo dell’innovazione e della competizione delle industrie del territorio, e assumono quindi rilievo principale
I nuovi stili di vita sempre più frenetici e alienanti per l’uomo stanno però facendo emergere un sempre maggiore bisogno di qualità urbana e della vita, per cui parte delle manifestazioni della cultura, della creatività e dei settori annessi stanno cominciando ad occuparsi di quella parte di cultura materiale che fa riferimento ai beni e servizi per la persona. Il progresso della creatività accompagna quindi un’attenzione sempre maggiore alle qualità estetiche
lavoro e del tempo libero sono sempre più labili e sfrangiati, diventa vitale potersi trovare in luoghi accoglienti e, perché no, “belli”.
Nel Nordest come in tutta l’Italia, la cultura e le tradizioni materiali e immateriali sono sempre state un aspetto importante e a volte “scontato” del vivere quotidiano. In un territorio così denso di storia e che ha conosciuto la
bagaglio etico, artistico e storico delle nostre città, dei distretti industriali e delle comunità. Forse è anche per questo che l’apertura a innovazioni tecnologiche, dell’informazione e delle comunicazioni è un processo ancora in itinere nel Nordest e in tutto il territorio italiano, in forte ritardo rispetto ad altre realtà europee. Basti pensare che sebbene la produzione dell’industria culturale creativa sia ormai considerata un settore importante dell’economia,
Oltre a ciò, l’enorme patrimonio di città e paesi che abbiamo più che tradursi
patrimoni importanti ma anche limiti che da sola non riesce a superare. Le conseguenze più preoccupanti di un sistema cosi’ strutturato sono di due tipi: uno economico-funzionale, l’altro di tipo socio-culturale. [Tinagli, 2008]8
8 Tinagli I., Talento da Svendere. Perché in Italia il talento non riesce e prendere il volo, Torino, 2008
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 57
Da un punto di vista economico-funzionale si fa riferimento alla necessità, per le città di oggi, di fornire una quantità e una qualità di servizi e opportunità di consumo, ricreazione e attività culturali che richiedono necessariamente una certa massa critica che i centri medio-piccoli del Nordest fanno fatica a
insieme di migliaia di piccoli centri isolati ma come maglie di una rete che operano in modo sincrono e funzionale. [Florida, Tinagli, 2005]9 Da un punto di vista socio-culturale invece, la miriade di piccoli centri che caratterizzano il nostro territorio rischiano di dare origine a comunità chiuse rispetto agli
proprio i più giovani e brillanti, oltre a impedire ai giovani creativi entrare in contatto con un mercato ed una domanda di “talento” e di creatività che offra loro le necessarie opportunità di crescita e sviluppo personale e professionale.
Scrive Gigi Copiello, con una punta di ironia, nel suo Manifesto per la Metropoli Nordest [Copiello, 2007]:
“Alcune decine di persone, che si conoscono e si frequentano da sempre, legati da legami territoriali anche più antichi di quelli familiari. Ma questo vale per i vecchi. Vale ancora per i nipoti?
Sono quattordici, i nipoti. Una già vive e lavora a Londra. Presto sarà raggiunta dal fratello. Un altro ha fatto l’”Erasmus” a Parigi, dove ha messo su casa (splendida la francesina!). Un altro ancora è più spesso in Cina che in Italia. E sono quattro. Su quattordici. […]
Metà. Metà che hanno eletto per territorio il mondo. Spinati da nessuna necessità. Potrebbero fare qui quello che fanno altrove. Lo hanno già fatto e stavano bene. Ma ad un certo punto hanno trovato altre convenienze, che qui non c’erano e altrove si. […] Non è migrazione. È “nomadismo”. Girare. Cambiare. Andare.”
9 Florida R., Tinagli I., L’Italia nell’era creativa, Creativitycitygroup, 2005 (http://www.creativitygroupeurope.com/)
58 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
2.3 | LE INDUSTRIE CREATIVE
Abbiamo visto come le città, grazie alla loro capacità di attrarre e mischiare persone con background diversi e con crescenti bisogni di consumo legati a cultura e creatività, favoriscano lo sviluppo di tutte quelle produzioni in cui l’elemento creativo, umano e culturale ha un ruolo preponderante: dalla musica al teatro,dalle arti visive al cinema, ma anche moda, design, e tutti i processi di utilizzo e valorizzazione dei beni culturali. Parliamo delle industrie creative e
Nonostante i molti studi effettuati sin dagli anni ‘90, manca una convenzione industria culturale e creativa. Questa debolezza
di fondo si ripercuote sulla individuazione dei settori che compongono l’area delle industrie culturali e creative. Sfogliando i vari rapporti presentati da nazioni o solo da istituzioni diverse, si nota subito come il loro numero e tipologia cambi a seconda dei criteri prescelti e della loro combinazione.
Il Governo Inglese e il DCMS10 [2001] sono stati i primi, sin dagli inizi degli anni ’90, a dedicare attenzione alle industrie creative.
”Le industrie creative sono quelle che hanno origine dalla creatività individuale, abilità e talento. Esse hanno un potenziale di creazione di ricchezza e posti di lavoro attraverso lo sviluppo della proprietà intellettuale.
arte e mercati antiquari, spettacolo dal vivo, computer e videogame, editoria, artigianato, software, design, televisione e radio, moda.”
culturale e creativa fondata sulla produzione di contenuti, sulla loro protezione intellettuale e sulle nuove tecnologie della comunicazione; in tutti i casi la qualità, la tradizione e la cultura materiale svolgono un ruolo strategico.
Come si legge, uno dei più importanti elementi che connota questo tipo di
organizzazioni knowledge intensive, nelle quali è la capacità di gestire e risolvere situazioni ad alta complessità propria dei sui addetti, a costituire il vero valore per l’acquisizione di vantaggio competitivo. Ecco quindi che il
10 Dipartimento Inglese per la Cultura, Media e Sport
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 59
successo sarà legato sia al capitale umano, cioè l’insieme di conoscenze, competenze e capacità, sia al capitale sociale, cioè al sistema di relazioni interpersonali presenti all’interno dell’impresa, e tra l’impresa e il mondo globale.
Il rafforzamento delle relazioni fra cultura ed economia è dovuto a diversi fattori, e testimoniato dalla crescita delle componenti immateriali e simboliche nei processi produttivi [Rullani, 2004]. Innanzitutto vi è uno sviluppo sempre maggiore delle attività innovative e di ricerca, con conseguente valorizzazione
sulla domanda di cultura. In secondo luogo, vi è un benessere più diffuso che permette la ricollocazione di una parte del reddito su beni non di prima
conseguenza della globalizzazione che esalta i localismi, e quindi la cultura
Dai dati riportati dal rapporto europeo “The economy of culture”11 del 2006 si nota immediatamente come negli ultimi decenni sia aumentata l’importanza delle industrie culturali e creative, che stanno ora un reale fattore di sviluppo per l’economia urbana. La ricerca ha messo in evidenza come la cultura sia importante non solo come fondamentale valore di civiltà e identità, ma anche perché costituisce una effettiva risorsa per una crescita economica sostenibile. Si è cercato di capire infatti quale sia la consistenza delle industrie e della produzione culturali intermini di occupati, di volume di affari generato
della cultura rispetto agli altri settori dell’economia e per valutarne quindi la rilevanza strategica.
Lo studio KEA12 ha calcolato che nel 2003 i settori culturale e creativo hanno generato nell’UE 25 un fatturato di oltre 636 miliardi di euro, con un contributo al
11 KEA, The Economy of Culture in Europe, European Commission, October 2006
12
Affairs. Nel rapporto si prendono in esame due blocchi di attività: - le attività culturali costituite da visual arts, performing arts e heritage, e quindi biblioteche,
- le industrie culturali,radio-televisive e dello spettacolo, agenzie stampa, editoria e produzione video-giochi
60 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
PIL europeo pari al 2,6%. Solo per fare un confronto, l’industria dell’automobile ha raggiunto i 271 miliardi di euro, mentre il fatturato dell’ICT è stato pari a 541 miliardi di euro. Il dato rispetto al valore aggiunto rispetto al PIL europeo emerge ancora di più se si pensa che il settore delle costruzioni, sempre per il 2003, rappresenta il 2,1%, quello del comparto alimentare l’1,9%, la chimica e la plastica il 2,3% e il tessile appena lo 0,5%. Oltre a ciò il settore culturale si
2003 un incremento del proprio valore aggiunto nella misura del 19,7%.
Guardando poi all’occupazione, la cultura ha occupato quasi 5,8 milioni di persone nell’anno 2004, corrispondente al 3,1% della del totale della popolazione impiegata nella UE a 25 membri; in pratica mentre nel 2002-2004 l’occupazione totale europea diminuiva, quella del settore culturale e creativo aumentava dell’1,85%.
Ma il contributo del settore creativo e culturale alla crescita economica
importanti risultati in una molteplicità di settori non-culturali, in particolare nell’ICT e in quelli correlati allo sviluppo locale. Esiste un’importante interdipendenza fra il settore culturale-creativo e l’ICT. Infatti lo sviluppo di contenuti creativi e l’espansione del settore ICT costituiscono due facce della stessa medaglia: la creazione e il miglioramento delle tecnologie dipendono fortemente dall’attrattività dei contenuti. Ciò implica che se si vuole essere competitivi, bisogna guardare alla capacità di creare e di innovare i contenuti, non focalizzare l’attenzione solo sull’industria ICT, facilmente replicabile peraltro con notevoli vantaggi di costo da Paesi emergenti quali Cina e India.
Facendo riferimento all’Italia (sempre secondo lo studio KEA) il contributo del settore culturale e creativo è stato pari al 6,3% del PIL, dato che posiziona il nostro paese a circa metà della graduatoria europea. Bisogna ovviamente considerare la straordinaria dotazione in termini di patrimonio culturale di cui gode l’Italia, e che ha contribuito a generare un fatturato per il 2003 pari a 84,4 miliardi di euro. Va poi segnalata la crescita costante del valore aggiunto
miliardi di euro, circa il 2,3% del PIL nazionale.
Un recente studio di PricewaterhouseCoopers per Confcultura [2009] ha confermato questa tendenza, registrando una sostanziale stabilità delle
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 61
stime relative al valore aggiunto tra il 2005 e il 2008, raggiungendo circa il 2,3%. Anche il fatturato è in continua crescita in Italia, passando dai 92 miliardi di euro del 2005 ai 104 miliardi di euro del 2008, trend peraltro analogo a quello del turismo culturale, in crescita da 122 miliardi di euro nel 2005 a 141 nel 2008.
Avendo citato il turismo culturale, è bene far notare come le industrie culturali e creative siano strettamente connesse con il turismo. Basti pensare al rapporto tra cultura e comparto agroalimentare, legato ai prodotti tipici, forse la più alta espressione delle diverse identità territoriali regionali e locali.
capire come le industrie creative siano articolate sul territorio e in che modo il loro sviluppo si relazioni ad alcune peculiarità dei contesti urbani. Ad esempio le industrie creative più slegate da attività manifatturiere come la pubblicità ed il branding, la realizzazione di software e servizi informatici, o il cinema, presentano una distribuzione territoriale particolarmente concentrata in
tendenza: il 51% di tutti gli addetti impegnati in attività di concezione e produzione di questo settore é concentrato in sole quattro province (Milano, Torino, Roma e Bologna). In questa tipologia di industrie creative si rileva anche una altissima tendenza alla concentrazione nelle zone urbane più rilevanti e dense, ovvero nei capoluoghi piuttosto che nel resto del territorio provinciale. Prendendo come riferimento le quattro province leader per attività di pubblicità, si nota come ben l’83% delle persone impegnate nelle attività di concezione e produzione sia concentrata nei comuni capoluogo. Già questi semplici dati rendono evidente che per le industrie creative in cui é più forte la componente immateriale é molto importante la localizzazione in luoghi in cui sia più facile accedere al principale input produttivo, vale a
quelle industrie creative in cui, al contrario, esiste una fase di produzione che coinvolge importanti attività manifatturiere di tipo tradizionale come la moda o la cultura materiale, si nota una localizzazione territoriale più distribuita e meno concentrata. Questo almeno per quanto riguarda la produzione, perché in effetti la fase concettuale di ideazione e design é distribuita sul territorio nazionale in modo molto più diseguale, e tende ad essere più concentrata nei
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centri urbani delle altre fasi.
ed economico dei vari territori, in cui cultura e creatività si sono relazionate in modo diverso facendo nascere così diverse tipologie di industrie creative: in alcune prevale l’aspetto tecnologico, in altre l’aspetto economico dello sviluppo di nuovi mercati, mentre altre – la maggioranza in Italia – danno rilievo agli aspetti culturali che fanno riferimento alla tradizione e all’identità.
Come è stato più volte ripetuto, lo sviluppo economico delle città e delle sue industrie culturali è fortemente debitore al fenomeno della creatività. Essa infatti rappresenta uno degli asset dello sviluppo più importanti:
- perché è un input dei processi estetici e di design, che quindi ha un impatto sulla componente intangibile e di proprietà intellettuale dei prodotti;
- perché è un input dei processi tecnologici innovativi, che ha un impatto sull’innovazione, sulla produttività e sulla qualità tecnica dei prodotti;
- perché aggiunge ai prodotti una componente simbolica, incidendo sulla domanda e sulla competitività.
2.4 | I SETTORI DELLA CREATIVITÀ IN ITALIA
Rimanendo sempre sul territorio italiano, si cercherà ora di individuare i settori economici che caratterizzano la produzione creativa e culturale. La Commissione sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia13, coordinata da Walter Santagata, ha individuato nel suo Rapporto pubblicato nel 2009 tre
13 Il 30 novembre 2007, una commissione di studio ministeriale venne incaricata di produrre un Rapporto sulla creatività e produzione di cultura in Italia. I macro-obiettivi che l’equipe, presieduta dal professor Santagata, si poneva di indagare, erano principalmente due, ovvero
ed asset irrinunciabile di sviluppo economico capace di posizionare strategicamente il nostro
del PIL nazionale; unito a ciò, l’ambizione di fornire un supporto alla conoscenza delle industrie culturali, fornendo al contempo elementi in grado di ricomporre una identità statica e chiara
“Libro bianco sulla creatività - Per un modello italiano di sviluppo”.
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 63
sfere in cui la creatività si declina nei processi economici caratterizzati dalla produzione di cultura.
Come schematizzato, in primo luogo, la creatività è associata al patrimonio storico ed artistico di un paese, che comprende il capitale culturale frutto della creatività delle generazioni passate, ma anche la produzione artistica delle generazioni presenti.
In secondo luogo, la creatività è un input per la produzione e comunicazione di contenuti delle industrie culturali, che forniscono beni e servizi ad alto contenuto simbolico.
In terzo luogo, il processo creativo è fortemente presente nella sfera della cultura materiale, espressione del territorio e delle comunità, in termini di beni artigianali e di uso quotidiano.
Schema 01
Rielaborazione classificazione di creatività proposta da Walter Santagata“Libro bianco sulla creatività - Per un modello italiano di sviluppo” [2009]
CREATIVITÀ
CULTURA MATERIALE
+
PRODUZIONE DI CONTENUTI INFORMATIVI E MULTIMEDIALI
+
PATRIMONIO STORICO E ARTISTICO
MODADESIGN INDUSTRIALE E ARTIGIANATOINDUSTRIA DEL GUSTO
SOFTWAREEDITORIATV E RADIOPUBBLICITA’CINEMA
PATRIMONIO CULTURALEMUSICA E SPETTACOLOARCHITETTURAARTE
64 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
economici caratterizzati da creatività e produzione di cultura.
I settori connessi alla cultura materiale sono la Moda, il Design e l’artigianato e l’Industria del Gusto. I settori della Moda e del Design si fondano sull’accumulazione di saperi attraverso diverse generazioni di creativi e su sistemi industriali distrettuali. Per questi settori non si considera solo il ruolo dei designer e degli stilisti ma anche l’apporto creativo della cultura materiale tramandata attraverso le generazioni: fondamentale input intangibile di gran parte della produzione manifatturiera e artigianale di qualità in Italia. La Moda include il settore tessile e dell’abbigliamento, mentre Design comprende le attività economiche che riguardano soprattutto ai prodotti
e complementi per la casa. Anche l’Industria del Gusto, espressione della cucina italiana, è fortemente legata al territorio e alla sua storia. In questo settore sono considerati i prodotti enogastronomici di qualità e il turismo relativo all’enogastronomia.
All’interno della sfera della produzione dei contenuti, informazione e comunicazione si considerano le classiche industrie culturali, legate alla capacità di conservare, riprodurre e trasmettere suoni e immagini (Editoria, TV e Radio, Cinema). Sono stati inclusi anche i settori del Computer e Software e la Pubblicità. Il settore del Computer e Software è fortemente caratterizzato dal contenuto creativo dei prodotti e dalla distribuzione di massa dei loro contenuti. Il valore del mercato di questi prodotti è in forte espansione, basti considerare che il valore di mercato dei videogames ha superato quello dell’industria
processi creativi nell’applicazione e personalizzazione di software e sistemi operativi, che oggi è di vitale importanza per l’informatizzazione dei processi e la digitalizzazione dei contenuti. Sebbene non sia mai stata considerata un’industria culturale a tutti gli effetti, la Pubblicità è un settore in cui la creatività e produzione di cultura sono un aspetto determinante. Le tecniche di pubblicità e comunicazione richiedono input fortemente creativi, e a loro volta producono e comunicano messaggi e contenuti ad alto valore simbolico.
patrimonio storico e artistico contemplano attività e beni centrali per la produzione di cultura e la sua valorizzazione economica, ma le cui attività sono molte volte di natura non industriale. Il Patrimonio Culturale,
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 65
con i musei, i monumenti, gli archivi e le biblioteche rappresenta la vetrina della cultura in Italia e può avere un notevole impatto per le attività economiche ad esso connesse in particolare il turismo culturale. Arte Contemporanea e Architettura sono altri due settori che esprimono beni ad alto contenuto simbolico e culturale: estetica, arte, forma e geometria sono i contenuti di fondo di questi mestieri. Anche il settore della Musica e dello Spettacolo è incluso nella sfera del patrimonio storico e artistico, soprattutto in riferimento alla produzione culturale dei teatri e dei festival.
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2.5 | I LUOGHI CREATIVI
che più di altri sono capaci di attrarla e metterla a frutto, di offrirle energie e stimoli sempre nuovi. La creatività di coloro che vivono, usano e attraversano la città il più delle volte non rimane inespressa, ma ne determina con la sua potenza il successo. La nuova classe creativa sta cambiando le nostre città
La mappa dei luoghi dove si concentra la creatività muta in continuazione,
accessibile alle tasche degli artistidegli atelier parigini e della Soho artists only, nell’era in cui qualsiasi posto è raggiungibile – o quasi – con un “click” spesso conta di più saper riattivare antichi spazi dismessi e colonizzare i piccoli spazi residuali.
I luoghi della creatività sono spazi dove gruppi di persone promuovono una serie di iniziative nel campo dell’arte, della cultura, della tecnologia e dei nuovi media, dell’innovazione produttiva, favorendo una rigenerazione urbana e sociale, oltre che nuove opportunità economiche. Si è già visto come per Florida siano le “3 T” – Talento, Tecnologia e Tolleranza - a determinare il successo o meno di una città creativa, così come Carta riassuma le caratteristiche necessarie nelle “3 C” – cultura, comunicazione e cooperazione. Ezio Manzini
costituite da: arte e cultura, economia della conoscenza e iniziative sociali. Ma ciò non basta, questi luoghi devono anche essere in grado di diventare incubatori e laboratori del “nuovo”, di generare nuove azioni e soluzioni per la città e i suoi cittadini.
infatti, l’attenzione dei talenti altera l’importanza gerarchica dei territori.
un paesino come in una grande città, lì si accumulerà ricchezza. Inoltre questi agglomerati sono meno condizionati da fattori tradizionalmente determinati, come la posizione strategica rispetto a corsi d’acqua, o l’abbondanza di
2003]. L’accumulazione di capitale umano è dunque oggi una determinante fondamentale per la localizzazione delle imprese: queste si concentrano per
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di capitale umano.
milieu creativo14 quel luogo, sia esso una parte di città oppure la città intera, che contiene le necessarie precondizioni, in termini di infrastrutture hard e softinnovazioni. In questo contesto la massa critica di amministratori, imprenditori, intellettuali, attivisti sociali, artisti, promotori o studenti può operare per alimentare il sistema locale e instaurare relazioni globali, dove l’interazione spaziale è in grado di creare nuove idee, prodotti, servizi e istituzioni e quindi di contribuire alla rigenerazione della città e al potenziamento del luogo. Le
educativi e culturali, e le infrastrutture di servizio come trasporti, salute e tempo libero. Le infrastrutture “soft” sono invece il sistema di strutture associative e le reti sociali, di connessione e interazione che incoraggiano e promuovo lo scambio di idee tra individui e istituzioni. [Landry, 2000]
pratiche che diventino metodo per nuovi strumenti di programmazione e
deputati alla creatività ed i fattori che ne determinano il successo, ma è necessario altresì impegnarsi per un nuovo modo di progettare la città, che faccia tesoro della complessità urbana e delle relazioni e sinergie attuate e attuabili tra territorio e città. La città creativa, proprio per il suo essere tale,
14 creative mileu come un ambiente creativo caratterizzato da quattro elementi principali: a) la presenza di informazione che si trasmette tra gli individui, b) il sapere, che consiste nelle modalità in cui questa informazione viene assorbita dalle persone, c) le competenze delle persone, d) la creatività, ovvero il modo in cui gli elementi precedenti vengono ricombinati e interagiscono tra di loro. [Tornqvist G., Creativity and the renewal of regional life, in Buttimer A. (a cura di), Creativity and Context: A Seminar Report, 91-112, Lund Studies in Geography. B. Human Geography, No.50 Lund: Gleerup]. Nel 1994 Dematteis recupera il concetto di milieu e lo applica al territorio locale e alla sua identità, come “insieme permanente di caratteri socio-culturali sedimentatisi in
relazione con le modalità di utilizzo degli ecosistemi naturali locali”. [Dematteis G., “Possibilità e limiti dello sviluppo locale”, in Sviluppo locale, n.1, pp.10-30, 1994]
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attraversano il pianeta e di trasformarle in risorse locali. L’avvento del mondo globalizzato/globalizzazione ha sicuramente innescato un processo per cui queste città si trovano spesso in competizione tra loro, studiando piani di intervento che da un lato puntano alla conservazione dell’eredità culturale e dall’altro promuovono l’innovazione. Ma il vero passo avanti nelle politiche di sviluppo sarebbe l’attuazione di soluzioni progettuali in cooperazione, alla ricerca di soluzioni capaci di alimentare la diversità urbana, culturale, sociale, etnica e funzionale in un mix produrre soluzioni creative alimentate dal talento dei luoghi e non dal talento individuale del progettista.
d’azione per pochi eletti, ma una potenzialità presente in vario grado in tutti gli esseri umani. Essa trae alimento dalla capacità di osservare le cose in modo nuovo, di ricordarle, di parlare, di ascoltare, di cogliere le analogie. Dunque, non si tratta di genialità ma di ristrutturare e ricomporre gli elementi
nell’isolare le componenti e nel ricollocarle in una nuova struttura. Di qui scaturisce la soluzione» [Legrenzi : 41]
di creatività e cultura. Sappiamo che la storia di ogni luogo è un’accumulazione di idee, conoscenza, abiti mentali, atmosfere culturali, identità, e simboli, e che il succedersi delle generazioni deposita un incremento di creatività che andrà a caratterizzare l’operare di nuovi talenti. Le città sono state e continuano ad essere la cornice ideale entro cui si producono e distribuiscono
di culture, che dal dialogo traggono nuova linfa ed energia.
Di norma, le industrie culturali e creative hanno come fondamento un nucleo ricco e variato di elementi del patrimonio culturale, di artisti provetti e di altri
i prodotti della creatività. Inoltre, i processi di produzione delle industrie culturali e creative sono sottoposti a un adattamento e a un’innovazione costanti, il che rende indispensabile scambiare informazioni, basarsi su beni immateriali e attirare nuovi talenti per rinnovare il processo. Dati questi vincoli, la migliore struttura organizzativa è spesso quella di un cluster di industrie
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culturali e creative, ossia una concentrazione di industrie reattive e capaci di adattarsi. Nella maggior parte dei casi, questi cluster funzionali si basano su una stretta collaborazione tra vari attori e varie istituzioni dell’innovazione, tra loro interconnessi. In queste circostanze, i concorrenti ricorrono spesso alla cooperazione tra imprese, spesso per mezzo di reti organizzative quali le organizzazioni cluster15.
Ma se le industrie culturali e creative si sviluppano ai livelli locale e regionale, dove le reti e i cluster funzionano, promuovere la mobilità degli artisti e degli
dal livello locale a quello mondiale e garantire così la presenza dell’Italia e dell’Europa nel mondo.
15 Commissione Europea, LIBRO VERDE. Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare, Bruxelles 27.4.2010
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LE DISMISSIONI CREATIVE
Nell’ambito dei luoghi creativi, Goodwill ha sviluppato un interessante progetto chiamato Dismissioni Creative.
siano in atto profondi processi di trasformazione: spazi nati con destinazioni industriali e commerciali, che nel secolo scorso erano ai margini dei centri storici, diventano oggetto di una riconversione che dà loro una nuova vita,
in cui si collocano. Per iniziativa pubblica o privata, magazzini, fabbriche,
originaria, si trasformano in centri polifunzionali dedicati alla produzione e alla fruizione culturale.
industriali, in centri culturali polifunzionali, sono stati mappati da Goodwill e inseriti nelle buone pratiche delle Dismissioni Creative. Ne sono stati mappati 160 in 30 paesi europei, e altri sono stati accompagnati proprio da Goodwill nel loro percorso di riconversione creativa; tra questi l’ex macello di Bassano del Grappa, l’ex Manifattura Ginori a Sesto Fiorentino, Fabbrica del Vapore di Milano. Da Catania ad Helsinki, da Madrid a Belgrado tutti i centri presi in considerazione erano luoghi che sono stati per lungo tempo abbandonati ma che oggi sono diventati spazi artistici specializzati o interdisciplinari, incubatori di imprese creative o ancora quartieri culturali: in tutti i casi centri
Tra i precursori delle cosiddette dismissioni creative vi è sicuramente l’Arsenale di Venezia, spazio grandioso e magico, in cui acqua e pietra si mescolano. Qui, sotto le alte coperture lignee sorrette da poderose colonne venivano costruite le navi della Serenissima, veicoli di scambio di merci e idee fra Oriente e Occidente. Oggi l’incontro fecondo fra culture diverse avviene attraverso l’arte contemporanea, grazie ad una riconversione che ne ha consentito un nuovo uso e che ha fatto di Venezia un’ospite di eventi periodici di grande tradizione e richiamo, un polo di attrazione permanente e un luogo di incontro e sperimentazione della creatività contemporanea.
L’Arsenale è diventato un cantiere della creatività, dedicato alla fruizione, alla
[Caso Studio]
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la specializzazione del territorio, a generare nuove attività o a dare impulso a quelle già esistenti, a sollecitare la partecipazione della comunità a esperienze
attività produttive. Un caso di eccellenza nelle dismissioni creative, per la sua unicità architettonica, per il contesto in cui si colloca, ma soprattutto per la sua capacità di proposta nel campo della cultura contemporanea, che dà vita ad un circolo virtuoso di conoscenze, competenze, talenti, professionalità. E Venezia stessa può cogliere l’opportunità di questo progetto per puntare su nuovi asset di sviluppo, su cui costruire la propria capacità di innovazione e il proprio vantaggio competitivo.
Chi è Goodwill?
Goodwill è studio di consulenza strategica che elabora e realizza strategie per lo sviluppo di progetti culturali e di politiche del territorio legate alla cultura contemporanea.
Goodwill nasce nel 1999 a seguito dell’incontro tra l’imprenditrice Isabella Seràgnoli e Alberto Masacci, che ha portato alla realizzazione di importanti progetti di corporate philanthropy e di responsabilità sociale. Partendo da questa appassionante esperienza, goodwill ha intrapreso un percorso professionale rivolto a rendere sostenibili le “buone idee” in tutti i campi del welfare.
strada legata alla cultura contemporanea e al suo ruolo strategico per generare processi di sviluppo del territorio. Goodwill diventa in fretta un punto di riferimento per tutti i soggetti interessati a sviluppare progetti legati alla cultura contemporanea, perchè anticipa il bisogno sempre più evidente di partecipazione e sostegno attorno alla cultura come motore di sviluppo, innovazione, posizionamento del nostro Paese e dei singoli territori, creando un laboratorio di nuovi professionisti in questi campi.
Nel 2008, da un’idea di Alberto Masacci e Pier Luigi Sacco, Goodwill, con la
progetta e realizza il festival dell’arte Contemporanea di Faenza, l’unico
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protagonisti dell’arte globale e alle relazioni tra l’arte e le altre espressioni della creatività contemporanea.
I clienti sono pubbliche amministrazioni, musei, fondazioni e associazioni culturali, imprese e privati interessati ad intraprendere percorsi nell’arte e nella cultura contemporanea. Lo studio infatti accompagna musei e organizzazioni allo sviluppo delle loro mission, progettando e realizzando modelli di governante e strategie di sostenibilità, per sviluppare identità, consenso e sostegno. Ha collaborato in questi anni con musei, fondazioni e associazioni come Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, Associazione VIAFARINI di Milano, museo
Proprio perché crede nella cultura come visione di sviluppo, fattore di innovazione e prospettiva per la qualità della vita per le nuove generazioni, Goodwill ha anche elaborato piani strategici per politiche territoriali fondate sulla cultura e la creatività contemporanea per pubbliche amministrazioni come Regione Sardegna, Comune di Modena, Comune di Faenza, Comune di Reggio Emilia, Provincia di Triesta, Provincia di Monza e Brianza.
Creative, oltre a promuovere in partnership con Nòva24 - Il Sole 24 ORE e in collaborazione con l’OCSE, il progetto itinerante “le città illuminate”, alla scoperta dei territori dell’innovazione.
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2.6 DAL DISTRETTO INDUSTRIALE AL DISTRETTO CULTURALE EVOLUTO
2.6.1 EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI DISTRETTO
Il distretto industriale nasce per garantire e valorizzare risorse produttive locali, che in Italia si compongono di un apparato manifatturiero legato a
Si tratta di un sistema produttivo basato sulla piccola e media impresa localizzate in una determinata area di territorio, che ha caratterizzato il modello di sviluppo economico italiano e soprattutto veneto. Numerosi teorici si sono occupati dell’argomento; tra questi Mashall ha ipotizzato i motivi di tale sviluppo nelle economie di localizzazione, cioè nella concentrazione territoriale di uomini e risorse per far fronte ai crescenti costi del trasporto e del lavoro.
L’unicità di un’area, e quindi quella del distretto in cui si inserisce, si misura anche sul capitale immateriale che essa possiede, quali lo sviluppo e lo scambio di conoscenze, la specializzazione e interrelazione. Su questo aspetto fa leva Becattini [1987; 2000], per il quale i fattori di natura sociale e culturale sono determinanti: il distretto industriale è caratterizzato da un sistema di piccole e medie imprese, e dalla presenza di una comunità socialmente coesa. In un tale contesto si vengono a creare nuove sinergie tra le imprese e gli individui: la diffusione di conoscenza, di capacità e di competenze dei singoli, insieme allo sviluppo di attività specializzate e complementari, portano alla formazioni di un sistema locale integrato.
Secondo Bellandi e Sforzi [2001] sono proprio i caratteri del distretto come la divisione del lavoro e l’apprendimento diffuso di conoscenze mirate, l’attitudine all’innovazione e allo scambio, la diffusione di idee, a favorire la sua capacità di autogovernarsi, specializzandosi ma soprattutto mettendo a frutto l’innovazione e la creatività del capitale umano.
In un sistema come questo la cultura riveste un ruolo fondamentale. Infatti la circolazione di nuove conoscenze non passa solo attraverso la comunicazione tradizionale, ma anche attraverso l’interazione e la circolazione orizzontale
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tutto restano sempre l’individuo, il contesto e l’impresa, che con la creazione e diffusione di idee rendono il territorio competitivo a livello globale.
Quindi il distretto industriale si fonda su un capitale sociale e umano presente nel territorio, di cui il distretto stesso contribuisce allo sviluppo e
locale. Nelle giuste condizioni il distretto è perciò in grado di autogovernarsi e di evolvere, in quanto l’elemento che lo connota maggiormente è la creazione di conoscenza e la sua circolazione [Casoni, 2006]16.
A questo punto si può introdurre anche il concetto di distretto culturale, che in quanto forma di specializzazione del territorio, presenta caratteristiche simili a quelle dei distretti industriali appena citati, nonostante la costituzione degli uni e degli altri prenda avvio da presupposti diversi. A tal proposito Preite [1998] sostiene che “mentre il distretto produttivo si costituisce in modo
quello culturale è concepibile come costruzione volontaria di agenti politici che individuano nel patrimonio culturale l’asse strategico di un modello di sviluppo”17. In ogni caso, l’organizzazione a forma di distretto della cultura può portare a diversi vantaggi:
-esempio l’ottimizzazione delle competenze del capitale umano chiamato ad intervenire sui beni culturali
- creazione di economie esterne richiamando aziende;
- incentivazione dell’innovazione grazie ad un ambiente sociale ricco di
16 Casoni, G., 2006. “Dai Distretti Industriali ai Distretti Culturali”. In Casoni, G.,
Sistema Design Italia Magazine, N. 03/2006.
17 Preite, M., 1998 (a cura di). La valorizzazione del patrimonio culturale in Toscana: una valutazione di alcune esperienze. Firenze, Fondazione Michelucci.
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2.6.2 | IL DISTRETTO CULTURALE
Una delle prime enunciazioni è stata elaborata in Inghilterra negli anni ’70, per indicare una strategia di sviluppo locale che combinasse economia e bene
le vocazioni, le attrazioni, le dotazioni e i servizi presenti nell’area. Nella letteratura degli ultimi dieci anni possiamo però trovare traccia di come il
una serie di invarianti che individueremo.
Secondo Valentino [2003], “il distretto culturale è un sistema, territorialmente delimitato, di relazioni che integra il processo di valorizzazione delle dotazioni culturali, sia materiali che immateriali, con le infrastrutture e con gli altri settori produttivi che a quel processo sono connesse. La realizzazione di
scala locale, i suoi impatti economici e sociali”. Sempre secondo Valentino, il distretto culturale è “strutturato per fornire economie esterne al processo di valorizzazione dei beni culturali e non può presentarsi in quelle forme di specializzazione settoriale. Il distretto culturale deve essere pluri-prodotto perché i processi produttivi del settore presentano una stagionalità elevata, il processo produttivo è settorialmente trasversale e rappresenta, per la gran parte dei fornitori di input, solo una quota di domanda, la domanda dei beni culturali non è molto stabile nel tempo poiché i gusti dei consumatori possono variare anche molto rapidamente”. In questo modo un’area viene valorizzata per mezzo delle sue risorse culturali, oltre che delle molteplici altre risorse presenti nel territorio: le infrastrutture territoriali, i servizi di accoglienza, le imprese, le risorse umane e sociali. Possiamo quindi immaginare una maglia di relazioni che connette un insieme di nodi: maggiori sono i nodi della rete, e quindi più integrato è il sistema, maggiori saranno le ripercussioni economiche positive su tutto il sistema. Al concetto di rete richiama anche Sinatra [2004], che concettualizza i distretti culturali come “forme organizzative reticolari densamente popolate da imprese o organizzazioni specializzate in
supportate da un contesto istituzionale dedicato”. Santagata [2002, 2003]
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si focalizza invece su concetti come “aggregazione” e “identità”, e prende in
stanno dietro allo sviluppo della forma organizzativa distrettuale: la cultura locale, le tradizioni e il capitale sociale sedimentati, insieme alle conoscenze intellettuali diffuse. Santagata propone, inoltre, quattro forme di distretto culturale: il distretto di tipo industriale, con un contesto socio-economico ben
formali nel cui ambito vengono tutelati diritti di proprietà e di marchio; i distretti che si fondano sul recupero del patrimonio artistico e sulla rivitalizzazione di aree urbane. Questa suddivisione appare ancora legata ad una concezione parziale di distretto. In effetti, come sostiene Pierluigi Sacco in un suo saggio18
culture-based ha bisogno di una profonda integrazione delle quattro forme individuate da Santagata: ha bisogno di una auto-organizzazione di base che nasce da una capacità imprenditoriale, di una forma evoluta di tutela e di promozione congiunta della produzione del sistema locale, di un recupero conservativo e della valorizzazione del patrimonio culturale preesistente […] e della capacità di produrre e far circolare idee culturali innovative, inserendo il sistema locale all’interno dei network dell’eccellenza produttiva in uno o più
invarianti al distretto culturale [Della Torre, 2006], che ne costituiscono anche un fattore di competitività:
Patrimonio paesistico, architettonico e artistico al centro della strategia di valorizzazione e sviluppo. Si rilevano quantità e qualità delle risorse culturali localizzate in ciascuna unità territoriale che andrà a comporre il mosaico del distretto culturale, cercando inoltre di capire la valorizzazione che ne può derivare;
-riconosciuta, innanzitutto da chi vi abita;
- Marca territoriale, per la riconoscibilità del distretto;
18 Sacco P., 2003. “Il distretto culturale: un nuovo modello di sviluppo locale?”. In Ottavo rapporto sulle fondazioni bancarie, supplemento al n. 03/2003 de Il Risparmio. Consultabile on-line su http://www.acri.it/17_ann/17_ann0028.asp
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- Identità territoriale riconosciuta dalla comunità locale;
- Esistenza e partecipazione delle istituzioni educative ai diversi livelli;
- Capacità di “fare rete” tra le diverse realtà culturali di eccellenza e le risorse;
-
- Esistenza di organizzazioni economiche legate al processo di valorizzazione, orientate all’innovazione, con il coraggio di scommettere
- Capacità del sistema amministrativo locale di facilitare e incentivare la messa a sistema delle attività culturali.
In Italia i distretti culturali sono stati istituzionalizzati dall’art. 36 della legge n.317 del 5 ottobre 1991, in cui spetta alle Regioni il compito di individuare “aree locali caratterizzate da un’elevata concentrazione di piccole imprese
che i punti appena elencati si concretizzano nelle azioni di governance che si attuano con lo scopo di valorizzare il proprio territorio, a livello di patrimonio artistico, culturale ed ambientale, all’interno di una strategia di creazione di
Come già detto, i distretti culturali costituiscono una struttura di relazioni da costruire in vista di uno scopo, cioè la “valorizzazione integrata delle risorse, dei “capitali” e delle infrastrutture del territorio, mirando ad uno sviluppo locale “sostenibile””. [Valentino, 2003 : 47] Quindi il successo o meno di un distretto dipenderà in gran parte dal fatto che esso sia in grado di costituirsi come autentico sistema integrato, che sappia valorizzare le risorse principali, ma anche i prodotti dei settori complementari; e oltre a ciò che sappia dotarsi delle infrastrutture idonee e offrire un’immagine ben caratterizzata del suo territorio, che lo renda ben riconoscibile all’esterno.
Individuare un distretto culturale non è un’operazione immediata, in quanto
varietà di risorse, paesaggi, soggetti e servizi, e fatti dialogare i diversi poteri di gestione del territorio: la pluralità di “immagini” del territorio devono ricomporsi in un’unica forte identità riconoscibile.
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Oggi la capacità competitiva di un sistema economico è sempre più legata a fattori di produzione del valore intangibili: l’investimento in ricerca, la produzione di nuovi brevetti, la diffusione delle competenze, le nuove tecnologie. I modelli di consumo stessi non sono più legati solamente ai bisogni primari, ma soprattutto al bisogno di “identità”, che permetta alla comunità di acquisire nuove modalità formazione della propria personalità [Sacco, 2003/b]. Si dà quindi sempre maggiore rilievo al capitale intangibile come elemento di differenziazione, ed è proprio questo capitale immateriale a
consumi culturali a generare nuove economie dell’esperienza, che innescano
2.6.3 | IL DISTRETTO CULTURALE EVOLUTO
Il distretto culturale evoluto si caratterizza per la complementarità strategica
SI attua così una combinazione di elementi organizzativi, che nasce da un complesso processo di contrattazione tra i vari attori locali coinvolti nel
determinato contesto locale. La competitività di questo sistema economico dipende dalla presenza di elementi quali:
- La presenza di un appropriato sistema di infrastrutture culturali e ricreative;
- Un sistema sociale ben integrato, reso adeguatamente partecipe del progetto di sviluppo grazie all’introduzione di risorse e politiche di partecipazione;
- La presenza di un sistema formativo di livello elevato;
- Un sistema economico-produttivo che consenta l’interazione con gli attori preesistenti.
Ciò che caratterizza un sistema territoriale competitivo può essere individuato in:
- Presenza di attività economiche, nei campi della produzione di beni e di servizi ad alto valore aggiunto, in grado di favorire la circolazione delle conoscenze e di generare innovazione;
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- Presenza di capitale umano di elevata qualità, che si approcci in modo creativo alla produzione e alla risoluzione di problematiche;
- Possibilità di costituire un network in grado di collegare industria privata e istituzioni pubbliche, istituzioni culturali e sistema educativo, strutture comunitarie, associazioni;
- Possibilità di vivere e lavorare in un luogo ricco di infrastrutture culturali e sportivo/ricreative che la presenza di cultural diversity renda luoghi di formazione e arricchimento personale dell’individuo attraverso momenti di confronto e scambio relazionale con altre persone e culture.
Come si ricava dalle teorie di Pierluigi Sacco, il modello del distretto culturale evoluto nasce dall’idea di cultura al centro dei processi sociali ed economici. L’assunto di base è che la cultura possa costituire la piattaforma di comunicazione tra tutti i soggetti economici e sociali presenti in un territorio: essa avrebbe infatti la capacità di farne emergere le reali vocazioni e di
più massiccio all’interno dei processi di creazione del valore economico, ed è altrettanto evidente come tutti i centri urbani facciano della cultura una delle leve di azione privilegiate, disseminando il territorio di attività culturali
interventi culturali.
Mentre il distretto industriale si fonda sull’integrazione verticale all’interno di
che sono chiamati in campo i vari attori presenti nel territorio, nell’ottica di favorire nuove sinergie: dalla pubblica amministrazione all’imprenditoria, dagli operatori culturali al mondo della formazione e alla società civile.
Il concetto di cultura si basa su fondamenti molto ampi, che vedono al loro interno la libertà degli individui, l’innovazione, la creatività, la qualità della vita: tutti presupposti immateriali che si possono ritrovare nelle realtà più avanzate.
ai fattori tangibili, ma anche alla possibilità di mettere a frutto le risorse artistiche, architettoniche e paesaggistiche di un territorio. In particolare fattori fondamentali sono: la qualità della vita, il grado di innovazione e la
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capacitazione 19.
All’interno del distretto culturale vengono a crearsi tre grandi canali di sviluppo
della nuova classe creativa [Florida, 2002], l’orientamento all’innovazione nella transazione verso la società post-industriale [Porter, 1990], e la capacitazione e riorientamento motivazionale della comunità locale [Sen, 2002]. Questi tre canali interagiscono sinergicamente e si concretizzano in una strategia volta al perseguimento di tre macro-effetti:
- creazione di competenze cognitive diffuse nella popolazione (capacitazione)
- orientamento all’innovazione e alla riconversione produttiva delle preesistenti strutture
- attrazione di risorse e talento esterno
La crescita economica avviene in quei luoghi dove si concentrano persone che costituiscono la nuova classe creativa, e che lavorano nel campo delle scienze, delle arti, dell’educazione, la cui funzione è quella di creare nuove idee, nuove tecnologie e nuovi contenuti creativi. Ciò si legge in “The rise of the creative class” di Richard Florida, secondo cui lo sviluppo economico si concentra laddove sono presenti le tre T: tecnologia, talento e tolleranza.
Guardando poi a Amartya Sen (premio nobel per l’economia 1998) la vera premessa di ogni sviluppo è costituita dalle capacitazioni degli individui a ricoprire un ruolo attivo nella società, coerente con i propri talenti e obiettivi. Scopo delle attività economiche diviene quindi il miglioramento della qualità
19 (capabilities) l’insieme delle risorse relazionali di cui una persona dispone, congiunto con le sue capacità di fruirne e quindi di impiegarlo operativamente; nella letteratura viene spesso anche indicato con il concetto di capitale sociale, come sintesi degli
non è certo univoca e appare ancora necessario uno sforzo di distinzione e formalizzazione5.
come l’aiuto materiale, informativo ed emotivo che è possibile scambiare nelle reti sociali... Il concetto di capitale sociale, nell’accezione in cui lo intendiamo, si compone di due dimensioni analitiche: il patrimonio di relazioni di cui dispone l’individuo, ovvero la sua rete sociale con certe caratteristiche strutturali o morfologiche (ampiezza, densità, etc.) e le capacità individuali, nel senso di Sen [1982], di fruire delle risorse relazionali ovvero di utilizzare i legami per i propri scopi.
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 81
della vita tramite l’acquisizione di nuove risorse materiali e immateriali, più che l’incremento del reddito.
Il successo dei modelli di distretto culturale evoluto si fonda in ultima analisi sulla capacità di governance dei processi di accumulazione delle nuove forme di capitale intangibile: il capitale umano e informativo connesso alla produzione di nuove conoscenze e al loro consolidamento individuale e collettivo, il capitale sociale connesso alla sedimentazione di norme di comportamento che permettano alle persone e alle comunità di realizzare forme di mediazione intelligente tra l’interesse proprio e quello di una collettività più ampia, il capitale identitario connesso alla costruzione di un
negli stili di vita che esso produce.
Analizzando alcune casistiche internazionali interessanti e innovative, Pierluigi Sacco e Guido Ferilli hanno individuato dieci azioni di policy che intervengono sui capitali del distretto culturale evoluto, sia come azioni di funzionamento del sistema che come indirizzo per le politiche di intervento. Queste politiche sono raggruppabili in quattro sottoinsiemi:- Qualità: Qualità dell’offerta culturale, qualità della governante locale,
qualità della produzione delle conoscenze;- Sviluppo: sviluppo imprenditoriale, sviluppo del talento locale;
Alla luce delle caratteristiche proposte da Bauman per la modernità, l’utilizzo del termine “capitale” (sociale) mi sembra improprio alla sua natura [Solow 1999]; infatti esso fa pensare alla possibilità di un’accumulazione e quindi di una sorta di provvista che non si consumi nell’uso [Coleman 1994, 175]. La continua generazione/obsolescenza di identità e di rapporti a cui ci costringe
umani, delle comunità e delle unioni [... che] tendono a essere considerati e trattati come cose da essere consumate, non prodotte; sono soggetti agli stessi criteri di valutazione di tutti gli altri
vive di risorse integrative che provengono dal passato e che consuma, mentre è problematica la sua capacità di ricostituirle» [Bagnasco 2003, 28; Sennett 1998] suggeriscono l’idea, invece, di una corrosione continua a cui è esposto il “capitale” sociale e quindi della correlata e necessaria generazione continua di legami/risorse, più simile per metafora a quella rappresentata dalla talpa
[...]: una spina a rotelle che si trascina alla disperata ricerca di prese di corrente cui collegarsi».
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- Attrazione: attrazioni di imprese esterne, attrazione del talento (artisti e uomini di cultura)- Socialità: gestione delle criticità sociali e dell’emarginazione, capacitazione e formazione della comunità locale, partecipazione dei cittadini e della comunità locale.
Queste dieci azioni vengono a interfacciarsi con il capitale territoriale, il capitale sociale e umano e il capitale cognitivo, dando luogo a delle dimensioni strategiche determinanti per la produzione di crescita e benessere.
In genere nel breve periodo il distretto tende ad agire ottimizzando e attivando le proprie potenzialità, mentre le politiche a medio e lungo termine si riservano di intervenire sulle lacune strutturali in vista dell’integrazione tra produzione culturale e gli altri comparti produttivi del territorio.
2.6.4 | MODELLI DI RIFERIMENTO
Per l’analisi delle politiche sopra citate sono stati presi a modello alcuni casi
Stoccolma, Denver, Manchester e Dortmund. In tutti questi casi la cultura ha svolto un ruolo sinergico tra i diversi attori del sistema locale.
Riferendoci a Denver, Liverpool, Stoccolma e Lienz, notiamo come la cultura sia stata il fattore di crescita delle competitività economica e dello sviluppo sociale e ambientale, riuscendo a integrare le politiche pubbliche e l’iniziativa privata. Grande importanza ha avuto la relazione tra la qualità dell’offerta culturale e la qualità della vita all’interno dei contesti urbani.
Nei casi di Austin e Manchester, la cultura è stata invece fattore di trasformazione del tessuto economico in senso immateriale, tramite la circolazione delle informazioni.
A Valencia invece l’intervento pubblico si è concentrato sul recupero degli
aumento della qualità della vita.
universitario a divenire fattore di crescita e competitività, contribuendo alla
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 83
innovative in atto per favorirne una crescita sostenibile.
In generale in tutti questi casi i modelli di sviluppo dei distretti culturali si basano sul rapporto dei macro fattori prima individuati: creatività – innovazione – capacitazione.
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MOTO D’IDEE: FAENZA VERSO IL DISTRETTO CULTURALE EVOLUTO
“Ogni comunità deve pensare e preparare il proprio futuro e la cultura è lo strumento più importante per farlo, insieme alla liberazione delle energie e della creatività che si trovano nelle nuove generazioni”. Questo è, nelle parole del Sindaco della città di Faenza, Claudio Casadio, l’obiettivo con cui rappresentanti dell’amministrazione e attori locali stanno costruendo a Faenza il primo distretto culturale evoluto in Italia, modello in cui la cultura
locale. Moto d’idee è il nome di questo progetto, promosso nel 2006 dal Comune di Faenza, Laboratorio Cultura e Goodwilldi Pier Luigi Sacco.
Come abbiamo visto, esiste un›ampia casistica di esperienze internazionali che mostrano come le dinamiche dell›economia dell›innovazione e della conoscenza richiedano forme nuove di integrazione tra cultura e territorio. La cittadina ha saputo far tesoro di queste ricerche mirando alla creazione di
strategica basata sulla cultura come fattore determinante per lo sviluppo. Questo percorso strategico di lungo periodo prende avvio da un processo di collaborazione tra soggetti pubblici e soggetti privati e si basa sulla partecipazione dei cittadini per individuare possibili soluzioni e progetti da realizzare.
Al centro del progetto Moto d’idee - Faenza verso il distretto culturale evoluto, vi è la convinzione che la cultura possa rappresentare una vera e propria forma di welfare per i cittadini, spingendo questi ultimi a riscoprire la propria città,
urbana, a cogliere tutte le opportunità economiche, sociali, formative e culturali. Come conferma, infatti, il Rapporto Jan Figel, promosso nel 2006 dalla Commissione Europea, nel passaggio da un’economia industriale ad un’economia della conoscenza, i settori economici trainanti sono proprio quelli culturali: il fatturato complessivo delle creative industries è di 654 miliardi di euro, pari al 2,6 % del PIL europeo, mentre l’occupazione già nel 2004 si attestava al 3,1 % sul totale dell’EU 25.
quattro gruppi di lavoro, partecipati dalla pubblica amministrazione, dalle organizzazioni culturali, dai giovani faentini e da Goodwill. Sono il Laboratorio
[Caso Studio]
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Cultura, polo di ricerca, sperimentazione e produzione culturale che coinvolge numerose organizzazioni culturali attive sul territorio, il gruppo dedicato alla comunicazione del progetto e all’attivazione del sito www.motodidee.org, l’associazione DO - nucleo culturale, che raccoglie i giovani della città nell’ex magazzino comunale degli oggetti smarriti, oggi centro multidisciplinare di aggregazione giovanile e di stimolo creativo, inaugurato lo scorso
nell’organizzazione del festival dell’arte Contemporanea, volto a rafforzare la relazione tra cultura e cittadini, ad accrescere il senso di appartenenza, a sostenere e promuovere il talento locale, a riposizionare Faenza nel panorama internazionale dei centri di produzione artistico - culturale, a dare vita ad una offerta integrata capace di attrarre talenti da tutto il mondo e di aprire un confronto creativo. Il festival dell’arte Contemporanea, ideato e fondato da Pier Luigi Sacco e Alberto Masacci, e giunto quest’anno alla sua terza edizione, ha dimostrato la forte crescita della città sul fronte della cultura, della creatività dell’innovazione: sono state oltre 80 le iniziative promosse dagli operatori culturali e non solo del territorio, con un programma di eventi off che ha accompagnato la preparazione al festival e che è culminato nelle tre giornate dell’evento. Una crescita che, ha dichiarato Pier Luigi Sacco, è stata non solo quantitativa, ma ha dimostrato una grande maturazione nella capacità di progettare, offrire e vivere la cultura.
Con l’attività di ogni gruppo, la progettualità spontanea e originale dei giovani e un’attenzione particolare all’arte contemporanea, quale leva per attivare processi innovativi di sviluppo fondati sulla creatività, la città sta crescendo, convogliando la tradizione e la vitalità culturale che la caratterizzano in una visione di lungo periodo e in obiettivi condivisi.
Con Moto d’Idee, Faenza è stata protagonista alla 16. Conferenza internazionale sull’Economia della Cultura a Copenhagen 2010, promossa ogni due anni da ACEI, The Association for Cultural Economics International che raccoglie i più autorevoli esperti e studiosi della materia a livello internazionale. La Conferenza rappresenta il momento di confronto sulle più avanzate esperienze di sviluppo culturale al mondo, affrontando tematiche quali le politiche di sviluppo culturale del territorio, i mercati e i consumi culturali, il turismo culturale, le industrie creative.
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2.7 | IL CONTRIBUTO DELLA CULTURA NELLO SVILUPPO DEL TERRITORIO
“Place and culture are persistentlyintertwined with one another, for anygiven place […] is always a locus ofdense human interrelatonships, andculture is a phenomenon that tends tohave intensely local characteriticsthereby helping to differentiate placesfrom one another”
[Scott, 2000].
Negli ultimi decenni si è iniziato a studiare il valore economico della cultura e a considerare l’offerta culturale come un potenziale fattore di promozione di sviluppo urbano. Infatti, con l’avvento dell’Economia della conoscenza20, la cultura, non poteva rimanere estranea agli interessi del mondo economico. Lo sviluppo poi degli studi di marketing territoriale e di city marketing ha permesso di ripensare anche in termini culturali e ambientali il disegno della città. Le fonti di questo nuovo interesse per la cultura come fonte potenziale di dinamismo economico in ambito locale, nazionale ed internazionale sono da ritrovarsi nell’aumento della domanda di beni e servizi culturali e nell’acquisita consapevolezza di come le industrie culturali promuovano l’espressione creativa, l’innovazione e il cambiamento tecnologico in un territorio. Cultura e arte sono, infatti, sempre più viste come fattori diretti, indiretti e strumentali di creatività con riferimento alla capacità di progettare iniziative volte alla valorizzazione di identità e peculiarità di un territorio.
20 “…economia della conoscenza ogni volta che ci troviamo di fronte ad un segmento del sistema economico in cui il valore economico (utilità per i soggetti economici) viene prodotto attraverso la conoscenza. In questi casi, il lavoro umano non trasforma la materia prima, ma - se è lavoro cognitivo - genera conoscenze innovative che, col loro impiego, saranno usate per trasformare la materia (con le macchine) e creare indirettamente utilità. Oppure potranno, in altri casi, fornire servizi utili anche senza trasformare la materia prima, ma semplicemente fornendo un’informazione, una consulenza, una comunicazione che generano direttamente utilità presso l’utilizzatore ecc” (E. Rullani). Sulla nozione di economia della conoscenza, vedi E. Rullani, Intelligenza terziaria motore dell’economia, Angeli, con P. Barbieri, M. Paiola e R. Sebastiani. Il postfordismo. Idee per il capitalismo prossimo venturo, Etas Libri, con L. Romano, 1998.
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“La città del futuro sarà una “città della cultura”, una città produttrice di nuova cultura: le culture citiesdi competere nel panorama internazionale attraverso la valorizzazione e la promozione della propria identità culturale.” [Carta, 2004 : 10]
Già nel 1999 Carta riconosce al sistema culturale complesso un valore
valore socio-economico nella promozione di uno sviluppo compatibile con il contesto e che sa offrire nuove opportunità creative.
Sul contributo che la produzione e la circolazione delle idee offrono da punto di
apporta alla tutela dei diritti umani, ai processi identitari, all’integrazione ed alla solidarietà, all’educazione ed alla formazione dei cittadini, al rapporto con le fasce sociali più deboli, alla qualità delle relazioni umane e ai sentimenti di
Ma ormai, anche gli effetti positivi delle interazioni tra economia e cultura sono provati. Basti pensare al fatto che [Varricchio, 2007]:
il marketing culturale è una disciplina in continua evoluzione21, sempre più spesso adottato da parte delle imprese che intendono connotare e valorizzare il loro brand, poiché l’investimento in cultura fa crescere la competitività;
in un’epoca in cui i contenuti pubblicitari passano attraverso le reti informatiche, per raggiungere un alto numero di utenti in breve tempo,
selezionare ed indicizzare grandi quantità di dati da comunicare;
le aziende che operano nel settore culturale e multimediale tendono a consociarsi per fare sistema;
l’importanza degli asset intangibili, in cui giocano un ruolo fondamentale le proprietà intellettuali, è destinata ad aumentare nella strategia delle aziende;
21 tra i vari saggi in argomento, vedi Colbert F., Marketing delle arti e della cultura, Milano, 2003, oppure Caroli M.G., Il marketing territoriale, Milano, 1999
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l’arte e l’innovazione vengono collegate nella formazione22 e nelle strategie manageriali;
il connubio tra beni culturali e ICT si è dimostrato vincente;
il turismo culturale23 costituisce un segmento fondamentale della domanda turistica;
i prezzi degli immobili di diverse città europee, collocati in aree ad elevata
così come zone degradate e periferiche hanno riconquistato vivibilità grazie ad insediamenti museali;
cultura:
1. le strutture culturali possono costituire da sole un’attrazione in grado di
2. la presenza di un “distretto culturale” può fungere da nodo per lo sviluppo locale;
3. le industrie culturali, specialmente nel settore dello spettacolo, possono costituire una componente vitale dell’economia cittadina;
4. la cultura può promuovere e rafforzare l’identità, la creatività e la vitalità di una città e dei suoi abitanti.
Condizioni paesaggistiche e naturali, storia e tradizione culturale dell’area; eventi culturali, sportivi o mondani, strutture eccellenti per il tempo libero,
22 A tal proposito si vedano, solo per fare alcuni esempi, le schede riportate più avanti delle iniziative di C4 – Caldogno e di ArtForBusiness.
23 culturale si deve intendere lo “spostamento di persone per motivazioni principalmente culturali come viaggi studio, partecipazioni a spettacoli e tour culturali, partecipazione a festival o ad
Council on Monuments and Sites) “il turismo culturale è quella forma di turismo basato sulla cultura e l’ambiente culturale inclusi i paesaggi, i valori e gli stili di vita, il patrimonio storico-artistico, le arti visuali e performative, le industrie, le tradizioni e gli svaghi della popolazione locale o ‘comunità ospitante’. Può comprendere anche la partecipazione a eventi culturali, la visita a musei e a luoghi storici, e il contatto con la gente locale” (ICOMOS International Cultural Tourism Charter, 1999).
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per lo sport o per il gioco, musei o collezioni, contraddistinguono i luoghi e li rendono attrattivo. Allo stesso modo anche i grandi eventi possono essere uno strumento per incentivare lo sviluppo di un territorio, rafforzarne l’immagine e l’identità e di favorirne il rinnovamento infrastrutturale. Tutti questi interventi vanno però inseriti all’interno di idonee politiche di valorizzazione per garantire visibilità e fruibilità dell’offerta culturale [Venturini, 2004].
Come affermato più volte da Pierluigi Sacco24, “è fondamentale capire che la cultura può avere un enorme ruolo nel nuovo modello di sviluppo economico e diventare centrale all’interno di situazioni legate all’alto tasso di innovazione e all’economia dell’esperienza. Combinando l’attrazione di risorse ad alto potenziale creativo e le politiche di investimento, ci si trova ad operare all’interno di un’economia della creatività, in cui non esiste una distinzione netta tra vita lavorativa e tempo libero. E’ fondamentale quindi creare un clima culturalmente immersivo, cioè una situazione nella quale lo
vita e manifestazioni culturali, quali ad esempio la musica d’avanguardia o una vivace comunità artistica, ha l’effetto di attrarre e stimolare anche chi crea nel campo degli affari e della tecnologia, [rendendo] inoltre più facili le cross fertilizations, le fecondazioni incrociate fra queste diverse creatività. L’ambito sociale e culturale fornisce anche un meccanismo per attirare nuovi e diversi tipi di persone e per facilitare la rapida trasmissione di conoscenze e di idee”. [Florida, 2003]
In ogni caso, al di là dell’importanza per le industrie creative, la cultura intesa in senso più in generale resta un elemento fondamentale per impostare uno sviluppo locale ed urbano più equilibrato e orientato alla qualità dei processi di crescita. Come hanno scritto alcuni studiosi italiani, la cultura diviene la piattaforma di aggregazione e di apprendimento sociale che aiuta una comunità locale a confrontarsi con idee, problemi, stili di vita diversi da quelli familiari e a dialogare attivamente e creativamente con essi. La cultura è una vera e propria “infrastruttura cognitiva” che non si limita a riempire il tempo libero, ma stimola ad apprendere e a investire sulle proprie competenze, dà forma ai modelli di qualità della vita, plasma visioni di futuro con le quali la
24 Sacco P.L., Lezione magistrale del febbraio del 2004 tenuta da Pier Luigi Sacco per tsm-Trento School of Management.
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comunità locale si confronta. Così prende vita una nuova atmosfera urbana e territoriale, basata su un comune orientamento alla produzione e alla diffusione di conoscenza [Sacco, Tavano Blessi e Nuccio, 2008].
Il cuore del modello culturale italiano è sicuramente il legame delle industrie culturali e creative con la storia e il territorio, e quindi con la produzione di cultura materiale, spazio urbano e lo spazio distrettuale di impresa. Le nostre città storiche, molti dei distretti industriali, lo spettacolo e in misura minore le innovazioni tecnologiche, hanno una lunga storia di accumulazione di conoscenze ed esperienze. In ciò, la cultura locale ha funzionato da
capaci di cogliere ed elaborare in modo creativo per sostenere la propria competitività a livello nazionale e internazionale. Saperi locali che presentano
separabili dal contesto locale che li ha generati. [Legrenzi, 2005]
“L’armatura culturale del territorio25 ” scrive Carta, cioè “il patrimonio culturale
costituisce non solo la matrice dell’identità dei luoghi ma contemporaneamente può offrire – se messa in gioco – un potente strumento per uno viluppo urbano auto-sostenibile e maggiormente competitivo. L’armatura culturale del territorio restituisce un’identità territoriale nei termini prospettivi di una tensione verso un progetto di trasformazione, capace di fondare le sue scelte
[Carta, 2004 : 24]. Questo concetto risponde il qualche modo alla stessa necessità che Calvino, nelle sue Città Invisibili, individuava nel descrivere
25 “Per indicare il ruolo del patrimonio culturale territoriale come matrice dello sviluppo si è scelto il termine di “armatura” per un duplice ordine di motivi: da un lato perché il termine sostituisce ed amplia il termine “struttura” ed apre la strada ad una concezione reticolare e multipolare del patrimonio culturale; dall’altro poiché il termine armatura richiama la sua funzione protettiva e difensiva ed interpreta il ruolo che il patrimonio culturale può esercitare sulla
può essere in grado di proteggere il territorio oltre che organizzarlo e fornirgli senso.” [Carta M., L’armatura culturale del territorio. Il patrimonio culturale come matrice di identità e strumento di sviluppo, Milano, 1999, p.26]
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Zaira26: essa contiene la sua storia ma non la racconta; allo stesso modo spesso il territorio con il suo patrimonio culturale, pur contenendo un’enorme
di renderlo attivo e interagente.
Oltre a questi ruoli di rilievo nello sviluppo socio-economico locale, meno sottolineato, ma comunque importante, è il fatto che la cultura rappresenta un fondamentale fattore di competitività internazionale grazie ai prodotti endogeni del territorio, non riproducibili altrove [Montalbano e Palumbo, 2006]. Ovviamente ciò può avvenire solo con strategie illuminate, capaci di favorire le contaminazioni e le relazioni con l’esterno, oltre che una maggiore competitività dell’economia locale nel contesto internazionale.
svolgere quattro funzioni principali: favorire il processo di accumulazione di conoscenza tacita; rappresentare il sistema territoriale locale nel contesto internazionale; potenziare i legami e le relazioni storico-culturali esistenti; rafforzare gli aspetti identitari ed i legami locali, favorendo inoltre la contaminazione con l’esterno e una visione più aperta delle diversità e del futuro. Non si tratta quindi solo di favorire le catene di valore economico-produttive, ma l’insieme delle relazioni economiche e sociali che caratterizzano un determinato ambiente e la sua comunità, a loro volta
delle contaminazioni del territorio con l’esterno, collocandolo all’interno dell’economia internazionale e dando valore alle relazioni immateriali che esso è in grado di creare attorno alla valorizzazione del proprio patrimonio culturale.
Made in Italy, una grande “risorsa immateriale” che va oltre il mero insieme di prodotti che lo rappresentano, siano essi la moda, il design, i prodotti per la casa, le automobili, ecc. Nel termine
produttiva italiana, nella sua storia, identità, tradizione e know how tacito
tempo fa era ancora sottostimato, ma che se inserito all’interno di visione
26 “Non di questo è fatta la città, ma di relazioni del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato. […] Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano.” [Calvino I., Le città invisibili, Torino, 1972]
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coordinata innovativa dei processi culturali, potrebbe diventare un ampio bacino di risorse da cui attingere: scambio di idee, informazioni, esperienze, servizi e comunicazioni. Per fare questo gli interventi devono chiaramente
coinvolte a valenza territoriale, e non singolarmente.
Oltre a ciò sta diventando sempre più evidente il legame fra cultura e creatività, affrontato recentemente anche dallo studio commissionato a “KEA European Affairs” dalla Commissione Europea – Direzione Generale per la Cultura e la Formazione - dal titolo “Impact of culture on creativity” e pubblicato lo scorso giugno 2009. Questo studio sottolinea la nuova posizione dell’economia europea che oggi, nel mondo, si trova a doversi confrontare con le economie emergenti di Cina, India, Brasile e Russia: se negli anni Cinquanta del secolo scorso le economie occidentali rappresentavano da sole il 64% della produzione mondiale, nel 1980 la percentuale era calata al 49%, e si prevede che essa costituirà il 30% entro il 2013.
Alla luce di queste prospettive, risulta evidente come il posizionamento dell’Europa dipenderà in larga misura dalla sua capacità di innovazione economica e sociale: la cultura e la creatività, cioè la cosiddetta “culture-based creativity”, e le industrie creative costituiscono il motore di questa capacità innovativa.
La cultura è la nostra storia e il nostro tempo presente, e ciò in cui siamo immersi e che lasciamo alle generazioni future. La cultura è la nostra ricchezza inesauribile, un bene che più si consuma, più cresce e fa crescere una comunità e la sua la loro identità. La cultura è un bene universale consolidato che siamo così abituati a considerare nostro da sempre, da dimenticarci di valorizzarlo e di proteggerlo. E spesso non ne conosciamo o riconosciamo il valore in termini di mercato e di produzione.
La creatività invece la ritroviamo nella nostra cultura, nel nostro territorio,
stessa, ma è un processo, un mezzo straordinario per produrre nuove idee. La cultura offre la piattaforma e il materiale grezzo per azioni creative. In questo senso creatività e cultura sono un pilastro della qualità sociale, intesa come un contesto di comunità libero, giusto, economicamente sviluppato, culturalmente vivo, e di alta qualità della vita. Creatività e cultura sono un meccanismo di successo che può portare il paese in una posizione strategica
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 93
all’interno del processo internazionale di globalizzazione.
L’arte, nonché i processi propri della produzione artistica e le modalità di condivisione dei suoi aspetti più emozionali, trovano oggi spazio nelle strategie aziendali e nelle politiche sociali e dell’educazione, per obiettivi di comunicazione, coesione e apprendimento inter- e multi-disciplinare.
Reggio-Emilia è citata nello studio di KEA per il suo modello di “apprendimento creativo” adottato negli asili e basato sulla promozione dei manufatti realizzati dai bambini stessi insieme all’aiuto di artisti professionisti
L’apprendimento interdisciplinare è un must nel mondo dei lavori a progetto che richiedono un lavoro di squadra tra persone con background professionali e culturali spesso molto diversi.
Perché questa creatività culturale emerga, occorrono però abilità personali (pensiero divergente e capacità di andare oltre le convenzioni), capacità tecniche (spesso artistiche) ma anche un ambiente sociale e istituzionale che incoraggi l’accesso alla cultura e al pensiero creativo.
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LE ESPERIENZE DI C4
Il C4 – Centro Cultura del Contemporaneo Caldogno - nasce nel 2006 a Caldogno, un piccolo comune della provincia di Vicenza, all’interno di una delle più belle ville palladiane, situata al centro del paese. Si inserisce nell’ambito
restauro della villa stessa, avviato più di dieci anni fa dall’Amministrazione Comunale. Il progetto C4 rappresenta il simbolo di un programma ampio, che si basa sulla volontà di considerare la cultura come nuova frontiera dello sviluppo. A differenza di molti altri interventi di questo tipo, Caldogno è una località periferica della provincia di Vicenza, che però ha voluto porsi come nuovo punto di riferimento per il contemporaneo, e come modello di crescita territoriale.
Il progetto ha visto tra i suoi attori principali il Comune di Caldogno, la Provincia di Vicenza e la Regione del Veneto, che hanno saputo lavorare mossi da una concertazione di intenti studiati per ridisegnare l’identità del paese. Nel 1995
e del patrimonio architettonico, nell’ambito del quale è stato realizzato il restauro della Villa. Dopo aver riportato al suo splendore il complesso palladiano, è maturata l’idea di realizzare un progetto di formazione con
trovato l’appoggio anche della Provincia di Vicenza, che ha condiviso gli intenti di promozione di un’avanguardia culturale in un luogo “non comune” come Caldogno: un’area in cui coesistono una Villa palladiana, un giardino con peschiera ed un Bunker della II Guerra Mondiale.
C4 si caratterizza per essere il primo centro in Italia dedicato esclusivamente alla formazione attraverso l’arte e la cultura contemporanee. L’arte infatti è vista come uno straordinario strumento di conoscenza perché permette di leggere la realtà attraverso nuovi punti di vista. Si è pensato ad un centro dove l’arte potesse essere disponibile per tutti, dai bambini ai manager, per sviluppare potenziali intellettivi che spesso nel ritmo della vita quotidiana e del lavoro non sfruttiamo o dimentichiamo di possedere.
L’arte aiuta a far crescere persone motivate in un’ottica di innovazione e creatività. L’obiettivo di C4 è sviluppare queste potenzialità nel capitale umano di un territorio: essere in una Villa del Palladio con opere contemporanee che dialogano con il passato, con una serie di partner sia pubblici che privati,
[Caso Studio]
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 95
rappresenta uno sfruttamento positivo sia della nostra storia che della nostra attualità, perché il confronto permette dialoghi, e perché “pensare con le mani” fa agire un pensiero che si rappresenta con gli strumenti dell’arte. C4 diventa così promotore di un riutilizzo di una Villa del Palladio come centro attivatore di cultura, tramite percorsi formativi diversi che utilizzano l’arte contemporanea.
C4 sperimenta un’architettura di formazione rivolta a target diversi: lavora con i docenti delle scuole proponendo tematiche interdisciplinari che coinvolgano l’arte; prepara studenti universitari di facoltà diverse perché siano capaci di accompagnare le scolaresche a guardare un’opera e a comprenderla tramite esperienze laboratoriali; si apre alla comunità locale con serate che vedono pregiati protagonisti dialogare intorno a tematiche del contemporaneo; e sempre tramite l’arte, progetta corsi di formazione manageriale di tipo esperienziale, lavorando con gli artisti e scegliendo tematiche trasversali e utili alle imprese e alle Pubbliche Amministrazioni. Il tutto nell’ottica di insegnare a guardare l’arte e ad usarla per pensare con ottiche diverse. L’arte è uno straordinario strumento che può permettere di allenare un pensiero fatto
confronto. Tutto a partire dalle potenzialità che l’arte possiede, e che derivano
Allo stesso tempo C4 è uno spazio aperto alla sperimentazione in cui ad artisti contemporanei di fama internazionale è richiesto di confrontarsi con la realtà di Caldogno e la sua villa.
Altra peculiarità di C4 è il forte legame che esiste con il mondo delle imprese, attraverso il coinvolgimento di un gruppo di aziende locali, consapevoli dei vantaggi che è possibile perseguire grazie alla realizzazione di progetti artistici e culturali. Non si è trattato si semplici azioni di sponsorizzazione, ma di vera e propria partecipazione attiva, che ha visto coinvolte alcune importanti aziende del vicentino come Dainese, Telwin, Arclinea, Trend Group, Gruppo Maltauro. Lo scarto fondamentale che è avvenuto in C4 è stato quello di chiedere alle aziende di condividere i progetti e riconoscere loro un valore strategico per lo sviluppo. L’identità culturale del territorio può essere infatti una risorsa per sviluppare sia le identità delle singole aziende, sia l’identità di un territorio tramite una buona squadra che lavori in rete, fatta di aziende e di
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Pubbliche Amministrazioni. Ma per costruire identità c’è bisogno di conoscere e riconoscere il proprio territorio. L’arte come strumento formativo diventa con C4 il pretesto per costruire dei percorsi condivisi di innovazione, in un circuito virtuoso formato da cultura-imprese-pubbliche amministrazioni e territorio.
persona nelle imprese che guardano avanti”, un corso rivolto ad imprenditori, manager e dirigenti della pubblica amministrazione per esplorare le potenzialità dell’arte nello sviluppo d’impresa, facendo perno sul tema del valore della persona. Infatti in un momento di grave crisi mondiale come questo è importante per le imprese concentrarsi sulle risorse interne piuttosto che su quelle esterne. E, prime fra tutte, le risorse umane, motore di crescita fondamentale per ogni tipo di azienda. Il progetto ha coinvolto artisti quali Cesare Pietroiusti, Debora Hirsch e Arthur Duff, ed è stato curato da Valeria Cantoni, Elena Ciresola, Catterina Seia, in collaborazione con Art for Business, associazione che si propone di valorizzare il contributo delle arti nello sviluppo del capitale sociale e intellettuale delle organizzazioni.
Tematiche cardini del corso sono state la persona e la ricerca dello sviluppo
infatti che il confronto con la creazione artistica possa portare a una crescita professionale in qualsiasi ambito lavorativo.
Come si è visto nelle pagine precedenti, l’investimento in cultura è la
strategie del mondo globalizzato si giocano su piani geoeconomici fatti da
valori, e sistemi di eccellenza.
In questo panorama, l’identità dell’impresa è molto più della sua immagine e la
sul capitale immateriale in termini di conoscenze, competenze e relazioni. L’arte come strumento di formazione permette di meglio rappresentare le idee e di vedere la realtà da diversi punti di vista: vedere fuori dagli schemi per
nuove strategie che si basano sulla competitività dei contenuti simbolici aggiunti ai prodotti, su nuovi modelli di sviluppo, sulla capacità di creare nuovi bisogni. Come sappiamo, è la creatività la scintilla per l’innovazione, ma l’arte come strumento di formazione diviene occasione di ricerca e sviluppo di una
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nuova mentalità meno rigida e schematizzata. Infatti, come ha detto Pierluigi Sacco nella sua conferenza del 12 gennaio 2007 a Caldogno: “Quando si tratta di realizzare prodotti veramente nuovi, incidere profondamente su quelli che sono anche i modelli comportamentali di coloro che questi prodotti devono andare ad usare, l’unico modo possibile è quello di far parlare tra di loro mondi produttivi estremamente diversi”.
# 12 Villa Caldogno
# 13 Il Bunker
# 14 Corso di formazione in Villa Caldogno
# 15 Maurizio Arcangeli, Sabbie mobili [1997, pietra leccese]
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2.8 LA SOCIETÀ IMPRENDITORIALE: CONOSCENZA E IMPRENDITORIALITÀ COME BASI DEL SISTEMA ECONOMICO
Abbiamo visto come un territorio, per divenire città creativa, debba creare le condizioni in grado di generare creatività e innovazione, soprattutto grazie allo sviluppo di un contesto in grado di attrarre e coltivare talenti. In un tale contesto sarà facile individuare anche un certo grado di armonia tra logica di impresa e logica di città. Negli ultimi decenni si è a lungo parlato della nuova società della conoscenza, in cui è la valorizzazione delle persone come risorsa critica e decisiva a fungere da stimolo per l’innovazione, la creatività e l’armonia tra città e imprese, il tutto fondato su un atteggiamento imprenditoriale diffuso, come appare da alcune considerazioni di Audretsch. [2009] Sono proprio la creatività e la conoscenza delle persone che contribuiscono a sviluppare prodotti competitivi maggiormente sostenibili, e allo stesso tempo di soddisfare e esigenze di una domanda sempre più esigente e complessa.
Per i territori diviene quindi essenziale investire nella capacità di creare conoscenza, nella formazione, nella ricerca, nel capitale umano. Ma, sempre
la competitività di un paese, poiché “se la conoscenza è così importante, almeno nel senso di avere una forza lavoro creativa e ben istruita che può accedere alla ricerca di avanguardia in imprese e università, l’Europa dovrebbe essere tra le locomotive più forti del pianeta per la crescita e la creazione di posti di lavoro. […] L’Europa non manca certo di persone istruite in materie
questa cultura, questa ricerca e questa creatività, insomma delle idee nuove e delle scoperte degli individui?” [Audretsch, 2009 : 118-120]
filtri della conoscenza, che ostacolano l’applicazione e lo sfruttamento di idee innovative: l’eccessiva burocrazia, l’inerzia al cambiamento, organizzazioni d’impresa che non sfruttano e non incentivano le potenzialità dei dipendenti,
Occorre quindi creare quelle condizioni per cui la valorizzazione delle conoscenze favorisca l’innovazione, come accade nei contesti caratterizzati da una società imprenditoriale. Infatti, “se la conoscenza e le idee costituiscono
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la base per lo sviluppo di vantaggi competitivi, l’imprenditorialità rappresenta la condizione fondamentale che consente di applicare/sfruttare idee e conoscenze, generando utilità, posti di lavoro, ecc”. [Bordignon, 2009 : 191] L’imprenditorialità di cui si parla non dev’essere limitata all’imprenditore nel senso stretto del termine, ma deve diffondersi a caratterizzare tutti gli attori della società, dalle imprese alle università, dalle istituzioni agli individui, chiamati così ad essere attivi ed intraprendenti.
Calando questo discorso sul Nordest italiano, di cui in questa sede ci occupiamo, è utile notare come questo territorio, pur fortemente radicato sull’impresa diffusa di piccole e medie dimensioni, sia a tratti carente per quanto riguarda l’imprenditorialità diffusa nel senso appena esposto da un lato, e la capacità di creare e valorizzare conoscenza dall’altro.
non mancano, e lo si noterà ancor meglio nei capitoli successivi, quando verrà presentata la mappatura delle eccellenze stilata da Fuoribiennale e Innovetion Valley
con un individualismo ben lontano dall’imprenditorialità diffusa della società di cui si parlava poco sopra. Basti pensare che la maggior parte del bagaglio di conoscenze presente del Nordest è nata più dall’esperienza pratica del learning by doing piuttosto che da investimenti nella produzione di conoscenze immateriali originali ed esclusive.
Il primo passo per poter rendere veramente competitivo e all’avanguardia questo territorio è quindi fare leva sulle sue caratteristiche positive per organizzare una visione sistemica e globale, sviluppando inoltre una serie
Qual è quindi il rapporto tra creatività e imprenditorialità? Quale ruolo svolgono i territori nella creazione di opportunità imprenditoriali e nel generare le condizioni per la loro valorizzazione? L’evidenza empirica relativa alle esperienze di maggiore successo suggerisce che i territori e, in particolare, le città fungono insieme di incubatori di nuove idee e da catalizzatori di talenti creativi in grado di valorizzarle. La capacità dei territori di svolgere entrambi le funzioni dipende, oltre che dalla presenza di condizioni favorevoli di contesto,
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le doti essenziali che ogni imprenditore deve possedere, cioè la capacità di identificare opportunità di mercato presenti in forma latente e quella di valorizzarle attraverso progetti imprenditoriali creativi.
Organizzazione dell’attività d’impresa in forma di team, capacità dell’imprenditore di interagire utilizzando diversi linguaggi disciplinari, apertura al confronto e capacità di interagire con i consumatori, sfruttando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: sono alcuni dei tratti
richiesto per scoprire e valorizzare le opportunità imprenditoriali. L’impresa autoreferenziale, in cui prevale la routine piuttosto che il cambiamento, poco internazionalizzata, basata su una struttura organizzativa di tipo gerarchico e su rapporti di tipo paternalistico tra imprenditore e collaboratori, non costituisce più un modello virtuoso. Allo stesso modo, non rappresenta un
strategie e degli assetti organizzativi, il ruolo dell’esperienza su quello della conoscenza e della sperimentazione.
2.9 LE POLITICHE EUROPEE PER LA CREATIVITÀ E LA PRODUZIONE DI CULTURA
Nel corso degli ultimi anni nei principali ordinamenti europei è maturato un cambiamento profondo in materia di politica culturale: come già accennato più volte, non è più vista esclusivamente nella tradizionale ottica della preservazione del patrimonio e della promozione dello spettacolo, quanto come uno strumento attraverso il quale perseguire uno sviluppo di livello qualitativamente più elevato. Da queste considerazioni è nata l’esperienza delle industrie creative, un concetto che ha avuto il merito di ricondurre alla “cultura” una serie di attività – dalla moda, al design, alla costruzione di giochi per computer - sino ad allora considerate al di fuori del perimetro delle politiche culturali.
Inevitabilmente anche l’Unione Europea ha cominciato progressivamente a dare sempre maggior rilievo ad un tema che non era mai stato concepito in forme così strettamente connesse alle dinamiche politiche europee e, ancor meno, a quelle economiche. Sino ad allora, infatti, l’attenzione al tema
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culturale era stata essenzialmente focalizzata sui programmi internazionali sull’identità.
Le tappe principali si possono riassumere così:
La prima è collocabile nel Marzo del 2000 quando, al Consiglio Europeo di Lisbona, i Capi di stato e di Governo degli Stati Membri concordano sull’obiettivo di fare dell’Unione Europea, entro il 2010, “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, capace di promuovere una crescita economica sostenibile, offrendo lavoro migliore e maggiore coesione sociale”. L’interesse al tema da parte della Commissione era evidenziato dal nesso tra cultura, capacità di innovazione, economia basata sulla conoscenza. Come ha precisato il commissario Figel:, “l’arte e la cultura sono tutt’altro che marginali dal punto di vista del loro contributo economico all’UE. La cultura è il motore della creatività e la creatività a sua volta, è alla base dell’innovazione sociale ed economica”.
In questo ambito va collocato anche il primo studio sull’economia della cultura, commissionato dalla Commissione europea e presentato ai Ministri della Cultura degli Stati membri nel Novembre del 2006. Qui si evidenziava l’importanza della cultura per la crescita economica e se ne sottolineava il ruolo nell’ambito dell’Agenda di Lisbona, soprattutto per gli scenari di innovazione e creatività nello sviluppo regionale.
Un secondo passaggio è costituito dalle conclusioni della Presidenza del Consiglio dell’8-9 marzo 2007 in cui si chiede di stimolare il “potenziale delle piccole e medie imprese, anche nei settori culturale e creativo, in considerazione del loro ruolo motore della crescita, della creazione dei posti di lavoro e dell’innovazione”. Tale presa di posizione sancisce così il legame tra la politica per la piccola e media impresa e quella della creatività con la politica europea in materia di crescita ed occupazione.
La terza tappa è il Maggio 2007 quando, nella “Comunicazione su un’agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione”, la Commissione Europea proponeva per la prima volta una strategia europea della cultura in
afferma il ruolo fondamentale della cultura nel processo dell’integrazione europea e propone un’agenda culturale per l’Europa e le sue relazioni altri paesi. Nelle parole di José Manuel Barroso, Presidente della Commissione
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Europea: “la cultura e la creatività riguardano direttamente la vita quotidiana dei cittadini. Sono fattori importanti di sviluppo personale, coesione sociale e crescita economica. Ma sono anche molto di più: sono gli elementi centrali di un progetto europeo basato su valori comuni e su un patrimonio comune, che al tempo stesso riconosce e rispetta la diversità. Questa strategia, diretta a favorire la comprensione tra le culture, conferma che la cultura è al centro delle nostre politiche” [Santagata, 2007].
strategia culturale per le istituzioni europee, gli Stati membri e il settore della cultura e della creazione artistica:
1. promozione della diversità delle culture e del dialogo tra le culture;
2. promozione della cultura come catalizzatore della creatività;
3. promozione della cultura come elemento vitale nelle relazioni esterne dell’Unione Europea.
Si nota quindi come nelle politiche comunitarie, la promozione culturale sia vista anche nella sua funzione sociale, come un sostegno alla creazione di una comunità inclusiva capace di essere fattore di integrazione. Rispetto agli altri settori dell’economia il settore culturale non solo genera valore, ma contribuisce anche all’inclusione sociale, ad una migliore educazione e rafforza il senso di appartenenza e di identità di un popolo. Essa costituisce uno strumento per il trasferimento di valori e obiettivi comuni, come la tolleranza, la democrazia, la diversità e il pluralismo.
La nuova strategia Europa 2020, nata sulla scia della strategia di Lisbona, riconosce un ruolo fondamentale alla creatività ed all’innovazione. L’obiettivo è, sin dal Consiglio europeo di Lisbona del 2000, quello di fare dell’Europa comunitaria una vera e propria knowledge based economy, dinamica e competitiva a livello internazionale e caratterizzata da crescita economica sostenibile e coesione sociale. Il 2009, Anno europeo della creatività, ha favorito un ripensamento complessivo sul ruolo della creatività per lo sviluppo socioeconomico e la competitività internazionale dell’UE-27 evidenziandone tanto gli effetti diretti in termini di crescita ed occupazione, sui settori delle industrie creative, ma anche gli effetti indiretti a livello territoriale e, trasversalmente, rispetto a tutti gli altri settori del sistema economico. In
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questo senso, è oggi pienamente riconosciuto il ruolo fondamentale della creatività e le enormi potenzialità di un settore peculiare, caratterizzato principalmente da piccole e medie imprese che investono in nuovi talenti e alimentano il dialogo interculturale e la coesione sociale. Inoltre le attività di produzione di senso culturale e di innovazione creativa sono uno strumento importante per le imprese, una sorta di “fucina di idee” grazie alle quali caratterizzare i loro prodotti. Così, sempre più attività economiche che non producono beni e servizi culturali, dedicano risorse via via più ingenti all’utilizzo delle arti e della cultura come input della loro produzione e come fonte di soluzioni e rappresentazioni inedite.
Gli elementi chiave dell’attuale dibattito sul tema dell’industria creativa sono riassunti nell’ambito delle raccomandazioni elaborate dalla Platform on the Potential of Cultural and Creative Industries:
altri settori dell’economia, ed il particolare ruolo svolto in tale settore dalle PMI (richiede, come visto, un approfondimento ulteriore circa le caratteristiche
1. di proprietà intellettuale, quale elemento essenziale allo sviluppo della creatività;
2. la promozione del pluralismo e della diversità culturale per l’accesso al mercato di tutti gli attori del settore, indipendentemente dalla dimensione relativa;
3. imprese del settore, in considerazione del ruolo “meritorio” dell’industria creativa per lo sviluppo e la competitività internazionale del sistema economico europeo, con particolare attenzione alle PMI;
4. il miglioramento delle condizioni di lavoro di chi opera nel settore;
5. la promozione della circolazione degli artisti e dei prodotti della creatività sia nell’ambito del mercato interno, sia a livello internazionale;
6. accrescere le abilità creative e promuovere l’imprenditorialità nel settore.
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2.10 “CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA”: OCCASIONE DI SVILUPPO PER IL TERRITORIO
Il programma “Capitale Europea della Cultura” (European Capital of Culture - ECOC) è uno dei progetti di maggiore successo lanciati dall’Unione Europea. Il titolo è stato ideato nel 1985 dall’allora ministro della cultura greco Melina Mercuri, con lo scopo di favorire l’avvicinamento dei popoli europei dando alla città nominata la possibilità di sviluppare e condividere la propria vita culturale, oltre che valorizzare la ricchezza, la diversità, la peculiarità delle culture europee e i loro tratti comuni
L’impatto culturale e socio-economico di tale iniziativa è divenuto considerevole dal 1985 ad oggi, in quanto ha permesso lo sviluppo culturale e turistico delle città selezionate. Grazie a questa possibilità, al giorno d’oggi il titolo è divenuto molto ambito dalle città europee.
Il programma prevede che l’UE individui ogni anno due Stati membri ai quali attribuire la scelta delle due capitali, e nell’anno 2019 il titolo “Capitale Europea della Cultura” spetterà ad Italia e Bulgaria: è un’opportunità privilegiata per questi due paesi, chiamati a mostrare la ricchezza e la diversità culturale dell’Europa.
L’evento permette di affrontare anche molte problematiche socio-politiche, trasformandosi esso stesso in catalizzatore: dallo sviluppo culturale alla rigenerazione urbana, alla coesione sociale e cambiamento d’immagine. Esso diviene quindi un metodo per caratterizzare l’identità della città ed aumentarne
un’immagine esterna compatibile con l’identità interna della città.
Le città candidate al titolo hanno la possibilità di associare al loro programma un territorio regionale, come è accaduto ad Essen 2010, candidata con la Regione della Ruhr, e come sta progettando il Nordest per il 2019.
Gli obiettivi principali che il programma si pone sono:
-
- Coinvolgere gli abitanti in un’attiva partecipazione.
- Creare un’ impatto durevole nel tempo e sostenibile per lo sviluppo sociale ed economico.
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 105
Un grande evento come la Capitale Europea della Cultura lascia sul territorio una grande eredità, ed è proprio per questo che molte città italiane si stanno preparando per rispondere al bando per la nomina del 2019.
Il risultato sicuramente più immediato è la dotazione infrastrutturale, che comincia ad evolvere ben prima dell’evento e coinvolge strutture ricettive,
spesa pubblica, seppur importante in quanto produce valore per le imprese e occupazione. Ciò su cui vogliamo soffermarci è invece l’eredità immateriale, intangibile, che lascia effetti permanenti sui territori ospitanti, contribuendo a rendere l’evento effettivamente sostenibile per la collettività. Primo su tutti il consolidamento dell’immagine della città e della regione ospitante su scala internazionale, oltre alla nascita di nuove iniziative imprenditoriali in ambito culturale, con effetti positivi sia sui processi innovativi che sull’industria
miglioramento dei servizi al cittadino e al visitatore, attraverso l’introduzione di soluzioni tecnologicamente avanzate; lo stimolo alla trasformazione e allo
per rafforzare la sua dimensione europea, attraverso lo sviluppo di partnership
di reti durevoli oltre il 2019. [Daneo, 2010 :140-141]
2.10.1 | COME SI DIVENTA CAPITALE
turno dai 27 Stati Membri dell’UE e la durata del titolo è di un anno. La procedura
la decisione 1622/2006/CE, inerente alle capitali. L’allegato alla decisione 1622/2006/CE, indica l’ordine cronologico di aggiudicazione ai vari paesi.
Le Città aspiranti al titolo, dovranno predisporre un programma culturale che rispecchi i criteri relativi alla dimensione dell’evento europeo, ed alla partecipazione dei suoi cittadini.
106 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
La procedura di selezione della capitale è suddivisa in due fasi:
1. Non meno di 4 anni prima, dell’inizio della manifestazione gli Stati membri interessati devono presentare al Parlamento Europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Comitato delle regioni, la candidatura di una o più città. Il governo dello Stato Europeo interessato alla manifestazione di un determinato anno, deve inviare una lettera accompagnata da un fascicolo alle istituzioni europee con il quale nomina le città candidate. Il fascicolo deve essere redatto in una o
l’inglese). Le città interessate al titolo, dovranno perciò rivolgersi alle rispettive autorità nazionali, per segnalare la loro aspirazione alla candidatura. La Commissione che assegna il titolo è composta di 7 persone nominate dalle Istituzioni, in base ai principi di cui all’Art. 6 della decisione 1622/2006/CE. La Commissione organizza la riunione della Commissione Esaminatrice nei mesi successivi al ricevimento delle candidature delle città. Una delegazione delle città candidate è invitata a presentare il proprio fascicolo in occasione della riunione dedicata che si svolge a Bruxelles.
2. La Commissione Esaminatrice valuta le candidature con riferimento agli obiettivi ed ai criteri richiesti per poter aspirare al titolo, in base alla scelta effettuata dalla città candidata secondo le modalità stabilite, per poi emettere la raccomandazione riguardante le due città da designare come “Capitale” per l’anno di riferimento. Al termine della riunione, la Commissione predispone una relazione con la valutazione delle candidature ricevute, le proprie raccomandazioni per le città da nominare capitali, ed i consigli rilasciati per realizzare la manifestazione. La relazione viene poi trasmessa alla Commissione, al Parlamento, al Consiglio e al Comitato delle Regioni. Il Parlamento Europeo può rilasciare un parere alla Commissione Europea riguardo alle candidature, entro tre mesi dal ricevimento della relazione sopradescritta. Tenuto conto del parere del Parlamento Europeo e della relazione della commissione selezionatrice, il Consiglio designa due città “Capitali europee della cultura” per l’anno di riferimento.
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 107
Anche la presentazione delle candidature da parte delle città interessate prevede due fasi:
1. Sei anni prima dell’anno della manifestazione, ciascuno Stato membro interessato pubblica un invito a presentare candidature rivolto alle città che potrebbero essere interessate al titolo. La risposta da parte delle città, deve pervenire, con la presentazione di un progetto e un programma di massima, entro 10 mesi dalla data dell’invito.
Per ogni Stato coinvolto nel progetto, si formerà una commissione selezionatrice formata da una giuria internazionale di 13 membri: sei esperti nominati dallo Stato membro interessato, e sette nominati dalle istituzioni europee.
sette esperti “europei” sono nominati per tre anni e rinnovati in fasi successive. Questi ultimi, accompagnano gli esperti “nazionali” in ciascuno dei due Stati membri interessati, per valutare le candidature con riferimento agli obbiettivi ed ai criteri richiesti per il titolo.
La commissione selezionatrice redige un elenco ristretto di città da esaminare in modo più approfondito, rilasciando nel contempo raccomandazioni sui progetti e sugli sviluppi da realizzare.
2.
Ministri dell’Unione Europea. Le città, dopo la preselezione, hanno alcuni mesi di tempo per sviluppare ed approfondire il loro programma. Il fascicolo dettagliato deve essere presentato in occasione di una seconda riunione della commissione in ciascuno dei due Stati membri. Tale riunione si svolge nove mesi dopo gli esiti della riunione di preselezione. La commissione raccomanda quindi una città per ogni paese interessato, e fornisce consigli riguardo agli sviluppi dei preparativi.
Sulla base delle relazioni della commissione selezionatrice, ciascuno dei due Stati membri presenta una candidatura alle istituzioni
108 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
le due città, che potranno fregiarsi del titolo quattro anni dopo.
Avvenuta la designazione, i preparativi delle due città selezionate saranno seguiti dalla commissione ristretta alle 7 personalità nominate dalle istituzioni europee, la “Commissione di Sviluppo e Consulenza“.
Una città non è designata Capitale solamente per la sua fama o la sua storia, ma il titolo è assegnato soprattutto per il programma d’eventi culturali particolari che propone di organizzare nel corso dell’anno di nomina. La città ed il territorio sono infatti chiamati a sfruttare le particolarità proprie e a dar dimostrazione di una importante creatività.
La manifestazione vuole essere un’occasione per migliorare la cooperazione nel settore culturale e per promuovere il dialogo a livello europeo in maniera duratura. Il carattere d’innovazione presente nelle candidature delle città, è fondamentale per la buona riuscita. La cooperazione culturale dovrà sottolineare gli aspetti comuni, ma anche le diversità delle culture europee. Le diversità culturali vanno considerate come una ricchezza e l’immagine d’insieme offerta dall’avvenimento deve essere “Europea”, così come il programma deve rivelarsi attrattivo a livello Europeo.
vengono stabiliti nel testo che regolamenta la designazione delle città a tale titolo (decisione 1622/2006/CE).
Oltre a ciò, l’esperienza delle designazioni passate consente di evidenziare un certo numero di elementi che si rivelano
Guida per le città candidate al titolo di «Capitale europea della cultura», pubblicata sul sito della Commissione Europea per la Cultura 27, viene sottolineato il valore della qualità artistica e culturale dell’evento.
Altro criterio fondamentale per la nomina consiste nel coinvolgimento dei cittadini residenti nella città e nella regione circostante, così come dei cittadini stranieri. Allo stesso tempo deve avere un carattere duraturo, una
27 http://ec.europa.eu/culture/documents/guide-to-candidate_it.pdf Guida per le città candidate al titolo di «Capitale europea della cultura». Accesso 03/10/2011
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 109
che tali obiettivi necessitino di un progetto equilibrato che valorizzi gli aspetti
Sempre nella Guida per le Città candidate si sottolinea l’importanza dei seguenti elementi:
1. e ai criteri della manifestazione ed avere le idee molto chiare su quanto si vuole realizzare. La candidatura deve presentare innanzitutto una visione
e dei criteri previsti dalla decisione. Una semplice sommatoria di eventi o di progetti eterogenei non può costituire il programma di una Capitale europea della cultura.
2. L’impegno pubblico per quanto riguarda il programma e il bilancio dev’essere deciso e costante durante tutta la fase di preparazione.
3. La struttura creata per progettare e per svolgere con successo la
ed amministrativa. La qualità dei contatti e le reti organizzate con la società civile sono due punti di importanza fondamentale a tale riguardo.
4. La selezione dei partner e dei progetti che costituiranno il programma è uno dei punti fondamentali della preparazione, segnatamente per quanto
5. Uno dei fattori che hanno determinato il successo delle precedenti “Capitali”, consiste nella capacità della città di coinvolgere al tempo stesso gli operatori del mondo culturale e socioeconomico, così come la popolazione locale. La manifestazione deve infatti conciliare esigenze di tipo artistico e di intensa partecipazione popolare.
6. Per far interagire gli operatori del mondo culturale e socio-economico nel quadro di un progetto comune, è importante consultare a priori tali operatori, programmando la manifestazione secondo un processo
7. Gli organizzatori della manifestazione avranno poi tutto da guadagnare nel sottolineare gli aspetti peculiari della città. In base all’esperienza
110 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
maturata con le “vecchie Capitali” sarà utile partire dalla cultura locale
costruire la manifestazione partendo dalle “radici” della città.
8. peraltro che risulti trascurata la storia su cui la città basa la propria identità. Sono di importanza essenziale il carattere innovativo della manifestazione e, in tale contesto, lo spazio riservato alle forme culturali contemporanee e la capacità di favorire la creatività facendo intervenire artisti tanto locali quanto europei. Il programma va sostenuto da un dinamismo culturale che deve andare oltre gli aspetti storici della città e in particolare, oltre la ricchezza del suo patrimonio.
9. Il carattere duraturo dell’avvenimento è un parametro che va integrato nel
opportunamente programmato “prima” di questa.”
2.10.2 IL NORD EST SI CANDIDA “CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019”
Il bando per il titolo a Capitale Europea della Cultura 2019 sarà pubblicato nel 2012, e da allora le città candidate avranno dieci mesi per presentare un progetto di massima del programma. Dieci mesi sono pochi per inserire un grande evento all’interno di un piano strategico: ecco perché il Nordest si sta muovendo da tempo riunendo operatori culturali, aziende, e un vasto range di esperti per programmare insieme lo sviluppo di questo territorio che vuole diventare “un’area metropolitana che attragga menti” perché “dove c’è scambio continuo di esperienze, c’è innovazione ed intelligenza e tutti
28. Sotto la guida di Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Università di Trento, è già attivo un Comitato
Capitale»). Ma Venezia con il Nordest è solo una delle quindici candidature già pronte per contendersi il titolo. Nella lunga lista troviamo Bari, Brindisi, Matera,
Torino e provincia, Bergamo, Urbino, Catanzaro, Ravenna con il sostegno della
28 Cipolletta, I., 2003. “Il Nordest deve pensare in grande”. In Il Gazzettino, 23 aprile 2011.
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 111
regione Emilia-Romagna, Perugia-Assisi e Palermo.29
A vincere sarà la città che saprà realizzare un programma di eventi di alta qualità e coinvolgere al meglio gli stakeholders sociali ed economici verso il raggiungimento di obiettivi comuni. In quest’ottica, al momento della presentazione della candidatura, è bene avere ben chiari gli obiettivi ed i mezzi per raggiungerli, una strategia che preveda un impatto a lungo termine per il territorio, oltre che uno studio sulla gestione del budget e sulla raccolta dei fondi necessari alla manifestazione.
In cosa consiste la candidatura? La nuova procedura – entrata in vigore nel 2007 e applicata dal titolo per il 2013 – prevede che siano inviati alla
cui rispondere, e un dossier di formato libero.
29 Per confrontare le iniziative di alcune delle altre città candidate, si possono visitare i siti web: www.siena2019.eu, www.matera2019.it, laquilacapitalecultura2019.wordpress.com
112 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
PROPOSED APPLICATION FORM
The sections to be completed are as follows.
I. Basic principles:
1. Why does the city which you represent wish to take part in the competition for the title of European Capital of Culture? What, for it, would be the main challenge of this nomination? What are the city’s objectives for the year in question?
2. Explain the concept of the programme which would be launched if the city was nominated European Capital of Culture?
3. Could this programme be summed up by a slogan? (the answer to this question is optional at the pre-selection stage).
4. Which geographical area does the city intend to involve in the “European Capital of Culture” event? Explain this choice.
5. authorities.
6. where appropriate, of the region?
7. To what extent do you plan to forge links with the other city to be nominated European Capital of Culture?
8. your answer for each of the criteria (this question must be answered in greater
As regards “The European Dimension”, how does the city intend to contribute to the following objectives:
- to strengthen cooperation between the cultural operators, artists and cities of your country and other Member States, in all cultural sectors;
- to highlight the richness of cultural diversity in Europe;
- to bring the common aspects of European cultures to the fore? Can you specify how this event could help to strengthen the city’s links with Europe?
9. Explain how the event could meet the criteria listed below. Please substantiate
[Approfondimento]
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 113
your answer for each of the criteria (this question must be answered in greater
As regards “City and Citizens”, how does the city intend to ensure that the programme for the event:
- attracts the interest of the population at European level;
- encourages the participation of artists, stakeholders in the socio-cultural scene and the inhabitants of the city, its surroundings and the area involved in the programme,
- is sustainable and an integral part of the long-term cultural and social development of the city?
10. How does the city plan to get involved in or create synergies with the cultural activities supported by the European Institutions?
11. Are some parts of the programme designed for particular target groups (young people, minorities, etc.)? Specify the relevant parts of the programme planned for the event.
12. What contacts has the city or the body responsible for preparing the event established, or what contacts does it intend to establish, with:
- cultural operators in the city?
- cultural operators based outside the city?
- cultural operators based outside the country?
Name some operators with whom cooperation is envisaged and specify the type of exchanges in question. (The answer to this question is optional at the pre-selection stage).
13. In what way is the proposed project innovative?
14. If the city in question is awarded the title of European Capital of Culture, what would be the medium- and long-term effects of the event from a social, cultural and urban point of view?
Do the municipal authorities intend to make a public declaration of intent concerning the period following the year of the event?
15. How was this application designed and prepared?
114 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
II Structure of the programme for the event:
1. What structure does the city intend to give to the year’s programme if it is designated “European Capital of Culture” (guidelines, general theme of the event)? How long does the programme last? (This question must be answered in
2. What main events will mark the year?
For each one, please supply the following information: description of the event
(The answer to this question is optional at the pre-selection stage).
3. programme for the year?
(The answer to this question is optional at the pre-selection stage).
1. Organisational structure
1.1 What kind of structure30 is envisaged for the organisation responsible for implementing the project? What type of relationship will it have with the city authorities?
enclosing in particular the statutes of the organisation, its staff numbers, the
and management capacity, and a graph of the structure with comments on the respective responsibilities of the different levels).
1.2 If an area around the city is involved in the event, how will the coordination between the authorities of the relevant local and regional authorities be organised?
1.3 According to which criteria and under which arrangements has or will the artistic
30 The structure mentioned above refers to the organisation liaising with the Commission, in particular during the monitoring phase, should the city be awarded the title.
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 115
2. Financing of the event:
2.1 What has been the usual annual budget for culture in the city over the last 5 years
2.2 Please explain the overall budget for the European Capital of Culture project (i.e.
[In case the city is planning to use funds from the usual annual budget for culture
from the usual annual budget for culture from the year of the submission of the bid to the ECoC year included : Euros]
2.3below.
a) Overall operating expenditure:
b) Planned timetable for spending operating expenditure:
2.4 Overall capital expenditure :
2.5for what type of capital expenditure over the years from the application to the ECoC year.
2.6
2.7 What is the plan for involving sponsors in the event?
2.8the body responsible for preparing and implementing the ECoC project if the city
(The answer to this question is optional at the pre-selection stage).
a) Income to be used to cover operating expenses
b) Income to be used to cover capital expenditure
2.9 Which amount of the usual overall annual budget does the city intend to spend for culture after the ECoC year (in euros and in % of the overall annual budget)?
116 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
IV City infrastructure
1. What are the city’s assets in terms of accessibility (regional, national and international transport)?
2. What is the city’s absorption capacity in terms of tourist accommodation?
3. What projects are to be carried out between now and the year for which the city is applying for the title of European Capital of Culture in terms of urban and tourism infrastructure, including renovation? What is the planned timetable for this work?
V Communication strategy:
1. What is the city’s intended communication strategy for the European Capital of Culture event?
in particular with regard to the media strategy and the mobilisation of the public
particular to the partnerships planned or established with the written press and the audiovisual sector with a view to ensuring media coverage of the event and of the plans relating to this strategy).
2. How does the city plan to ensure the visibility of the European Union, which is awarding the title?
VI Evaluation and monitoring of the event:
Does the city intend to set up a special monitoring and evaluation system:
- for the impact of the programme and its knock-on effects?
VII Additional information:
1. What, in your opinion, are the strong points of the city’s application and the parameters of its success as European Capital of Culture and what, on the other hand, are its weak points?
2. Does the city intend to develop particular cultural projects in the coming years, irrespective of the outcome of its application for the title of European Capital of Culture? Please comment.
3. Please add below any further comments which you deem necessary on the subject of this application.
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 117
L’analisi delle esperienze delle precedenti capitali mostra come il programma culturale sia stato inteso in senso ampio, abbracciando ambiti variegati, spesso considerati distanti dalla sfera della cultura.
La contaminazione tra diverse esperienze culturali può essere un’ottimo punto di partenza per la costruzione di un palinsesto di eventi che coinvolgano anche settori meno tradizionali. Ed in questo, come vedremo nel capitolo successivi, può esserci d’aiuto il design con le sue variegate competenze.
Considerata la vocazione del territorio e le linee guida dell’Unione Europea per la candidatura, si possono ipotizzare alcuni criteri di formazione del programma [Daneo, 2010 : 79-80]:
- La dimensione europea del Programma, che valorizzi il territorio del Nord Est come luogo di incontro e confronto fra esperienze, tradizioni e attività di diversa origine, ma anche come promotore di sviluppo identitario e culturale anche di altri popoli.- La dimensione locale “Città e cittadini” anche con l’individuazione di una serie di ambiti culturali che siano da un
del territorio, ma contemporaneamente di valenza fortemente europea.- I percorsi culturali devono poter generare importanti ricadute sul piano delle opportunità economiche ed imprenditoriali, consentendo di avviare attività e di innescare idonee politiche pubbliche.
- La cultura come diritto essenziale del cittadino, attraverso proposte che favoriscano l’accessibilità culturale e una più ampia possibilità di fruizione da parte di fasce sociali tradizionalmente meno coinvolte
- La rete come paradigma di collaborazione fra soggetti istituzionali ancora non abituati a far convergere risorse e programmi in un “unicum” con lo scopo di innescare un maggior valore aggiunto e identità.
118 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
31 individuando degli ambiti culturali che abbracciano questi settori:- Architettura- Arti visive- Letteratura- Musica- Teatro-Danza- Festival- Cinema e nuovi media- Scienza- Università- Creatività: Moda e Design
2010 : 81]:- Lago, mare e laguna- Montagna- Cultura della vite- Memoria
Obiettivo condiviso per la candidatura è quello di presentare il Triveneto come “Regione metropolitana”. Si tratta di una visione strategica, che è anche l’asse fondamentale di sviluppo per i prossimi decenni. L’alta densità imprenditoriale e culturale del territorio, unitamente al suo essere policentrico, ben si presta
e di conoscenze che possono esprimere al massimo il proprio potenziale attraverso una migliore integrazione e sinergia fra le sue singole componenti.
In questo modo quello che potrebbe sembrare un fattore svantaggioso della candidatura (inteso come la vastità territoriale e la conseguente frammentazione dell’offerta culturale), diventa un possibile tema a connotare la candidatura a Capitale Europea della Cultura. Una rete metropolitana tenuta insieme da un file rouge ambizioso: la cultura.
31 Please Distrurb, 2007; Daneo, 2010
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 119
Ecco perché l’immagine che connota le strategie di sviluppo del Nordest, e la candidatura stessa, è una metropolitana. Essa rappresenta sia un bisogno
creare un sistema fortemente integrato e coordinato tra i suoi diversi nodi.
Percorso metropolitano della cultura perché [Daneo, 2010]:
a. La ricchezza delle proposte e dei percorsi culturali che si intrecciano in questo territorio può essere infatti rappresentato da altrettante Linee, simili a quelle che siamo abituati a percorrere, a volte meccanicamente, quando attraversiamo i grandi centri urbani europei;
b.
diversi poli regionali;
c. Offre una visione della cultura come servizio che risponde a un bisogno quotidiano, e quindi a un diritto del cittadino di accessibilità “culturale”;
d. Esprime il concetto di mobilità, che storicamente sottende ai movimenti
scambio di esperienze fra scuole di pensiero, maestri, correnti artistiche e letterarie, mecenati, scienziati e atenei;
e. Rafforza un senso di autonomia e di indipendenza del visitatore che può costruirsi la propria linea di percorso, effettuando dei “cambi” nelle stazioni di coincidenza, per coniugare esperienze culturali diverse;
f. Richiama un concetto di sostenibilità, esattamente come il Trasporto Pubblico locale;
g. Tutti i centri concorrono al funzionamento della rete, con pari dignità, pur riconoscendo l’importanza strategica di una serie di “nodi di interscambio”, che per la ricchezza di proposte, consentono di intersecare diversi percorsi culturali, fungendo così da poli di attrazione;
h. progetti che dovessero provenire da Austria e Slovenia, ma anche da altri centri posti a corona del Nord Est come Brescia, Mantova o Ferrara
i. Rappresenta un lascito permanente al territorio, permettendo quindi di
120 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Con questi presupposti, si possono immaginare dei percorsi che toccano alcuni nodi nevralgici del territorio, su cui strutturare il Programma per la candidatura.
La linea su cui ci interessa soffermarci è quella della Creatività, già ampiamente esplorata da Fuoribiennale con la Mappatura del Veneto creativo “Please Disturb 2007”32. Questo lavoro aveva già utilizzato lo schema della
fanno del Veneto un’entità creativa in movimento: design, arte, moda, attività performative, architettura. Ora, in fase di studio e preparazione della candidatura, va effettuata una mappatura estesa a tutto il Nord Est dei settori innovativi presenti sul territorio, delle imprese maggiormente rappresentative e delle reti di collaborazione internazionali che possono essere attivate in chiave di “dimensione europea”.
32 Please Disturb, 2008
# 16 Percorso metropolitano della cultura del Nordest, Daneo 2010
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 121
La linea “Creatività” intreccia gli spazi creativi disseminati e li unisce in un percorso ricco di suggestioni, a tal punto che il percorso stesso diventa una forma di espressività artistica del territorio: tessuti, abbigliamento, accessori moda, occhiali, mobili, oggetti di design, arredamento, elettrodomestici, gioielli, mosaici, vetri artistici. Un percorso che è anche, e soprattutto, sapere e conoscenza, come testimoniano Università, scuole di design e gli studi privati che contribuiscono a far crescere il capitale umano e ad assicurare un continuo ricambio di idee.
Come evidenziato nel Rapporto Statistico 2006 della Regione Veneto, in un capitolo dedicato alla mobilità della cultura, “Il Veneto è considerato da molti un territorio sorprendente e, in certi casi, inaspettato per ricchezza di contenuti creativi e per densità di proposte innovative non solo nel settore dell’economia, ma anche in quello culturale”. Un territorio che, come scritto da Ugo Savoia, primo direttore del Corriere Veneto, “deve cominciare a guardarsi dentro per scoprire cose che forse non immagina neppure di avere, a prendere coscienza del suo ruolo di incubatore di idee e progetti, di nuovi linguaggi, di mostre e contaminazioni culturali di luoghi unici in cui prende forma il pensiero senza schemi”. A distanza di qualche anno da queste parole, si può affermare che la presa di coscienza sia ad un buon punto. Ora si tratta di sviluppare la governante che sostenga il Nordest nell’andare oltre i localismi.
“Il percorso ci obbliga ad un esercizio che forse in un’altra situazione non avremmo intrapreso. Indipendente dal risultato della candidatura un elemento di grande interesse è il fatto che per arrivare ad un primo step della candidatura bisogna cominciare a ragionare insieme, a mettersi in rete, mettersi in una condizione di essere corresponsabili di questo progetto. Fare sistema è già di per sé una cosa molto interessante perché questa identità si gioca nella complessità. E’ come dire che ogni territorio si appoggia all’altro, come fosse una scala: un gradino dopo l’altro ci aiuta a raggiungere la vetta che è Venezia. Questa Candidatura è un esercizio, speriamo anche visionario, di progettazione del futuro che possa anche, comunque vadano le cose, determinare dei percorsi virtuosi e assimilazioni virtuose di tante menti e situazioni”.33 [G.Belli, 2011]
33 Belli, G., 2011. Intervista a cura del Consorzio AASTER.
122 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
2.10.3 | SUGGESTIONI PER UNA CANDIDATURA DI VALORE
Nel primo capitolo è già stato illustrato come il Nordest sia un’area caratterizzata da un marcato policentrismo, che ha prodotto negli anni un pulviscolo abitativo fatto di case, capannoni e terreni agricoli, e che ha spesso portato il singolo a ritenere lo spazio collettivo come bene piegabile alle proprie esigenze. Ci si sta però rendendo conto che questa grande nebulosa urbano-rurale deve trovare un punto di unione per comunicare e sfruttare le sue virtù nel contesto globalizzato.
per la nomina a Capitale Europea della Cultura 2019, che verrà designata nel 2013. Si tratta sicuramente di un progetto complesso, che mira a proporre un territorio costituito da tre regioni come sistema unitario sulla stregua della città di Essen (Capitale Europea della Cultura 2010) che si è posta come organizzatrice di un evento allargato a tutto il territorio della Ruhr.
Dalle considerazioni sulla città creativa e sulla necessità di una società imprenditoriale, si possono estrapolare alcune linee guida applicabili al Nordest:
- la presa di coscienza di possedere un patrimonio innovativo e creativo da sfruttare e valorizzare;
- lo sviluppo di una maggiore armonia e integrazione tra città e impresa;
- la creazione di condizioni favorevoli all’incremento della creatività;
- la diffusione dello spirito imprenditoriale all’interno della società e la valorizzazione della conoscenza;
- la messa in rete e un approccio sistemico riconosciuto e organizzato.
La presa di coscienza di possedere un patrimonio innovativo e creativo da sfruttare e valorizzare
Come già evidenziato più volte, il Nordest presenta un patrimonio ricco di eccellenze, creatività e spirito imprenditoriale. Una sorta di humus che alimenta lo spirito imprenditoriale naturalmente presente nelle imprese nordestine. Tuttavia non si è ancora sviluppata quella consapevolezza necessaria per
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 123
far fruttare ulteriormente tale patrimonio insito, poiché il Nordest presenta “una parcellizzata incapacità di trasformare la somma di migliaia di storie di successi in una storia da raccontare al mondo”.cruciale sviluppare un percorso evolutivo che attivi in modo consapevole, sinergico e condiviso, tutti i processi di innovazione e creatività necessari ad
Come ha messo in evidenza Charles Laundry [2000], spesso i territori che hanno conosciuto l’eccellenza faticano più di altri a trovare spunto e stimolo ad una nuova accelerazione, ma ora come non mai è necessario fare sistema
nella sua esplosiva vitalità per dare luogo a sempre maggiore eccellenza, valorizzando la sfera emozionale ed esperienziale dei prodotti e dando loro
mondo. Come si legge nelle parole di Seganfreddo [2008]: “proporre progetti e processi culturali che non abbiano nulla di naïf o folkloristico, ma siano in grado di produrre senso, di aprire la strada all’inaspettato, aumentare il raggio di possibilità e l’accesso a esperienze di qualità per il singolo e per la collettività”.
I diversi sistemi territoriali che compongono il mosaico del Nord Est presentano sul piano delle dotazioni culturali una contraddizione tra un ricco hardware sia sul fronte del patrimonio storico artistico costituito da musei, accademie, dai tesori di Venezia, alle città d’arte, dalla Biennale al distretto museale trentino-altoatesino, sia sul fronte di una infrastruttura culturale legata alla vitalità del territorio, costituita dagli innumerevoli festival ed eventi culturali. Dunque un hardware culturale ricco sia sul fronte delle eredità del passato che della contemporaneità, a cui però non corrisponde sempre un software adeguato. Per software intendiamo la rete immateriale della governance, della rete sociale, della capacità di legare il patrimonio storico-artistico con l’effervescenza culturale della contemporaneità, fautrice di un tessuto di creatività diffusa. Le tre regioni Candidate offrono un immenso panorama di offerta culturale, di qualità e respiro internazionale, ma caratterizzato da una frammentazione e assenza di coordinamento che produce duplicazioni e spreco di risorse.
124 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Lo sviluppo di una maggiore armonia e integrazione tra città e impresa
necessario che la logica dell’impresa e quella della città si integrino diventando fonti di valore reciproco. La città deve tornare ad avere capacità progettuale e imprenditoriale, e così i suoi abitanti, chiamati a intervenire attivamente nella costruzione di un futuro sostenibile e competitivo nel nuovo mondo globale.
Bisogna concorrere a ripensare un paesaggio urbano vivibile, dove i luoghi dell’abbandono e gli interstizi della metropoli sono trasformati in incubatori
concetto di “modernità debole e diffusa” individuato da Branzi [trova data e nome libro]. Lavoro, produzione e vita privata non sono più mondi divisi da compartimenti stagni, ma si contaminano l’un l’altro insieme alla cultura, all’arte, alla musica, alla ricerca e allo svago. E, come ha messo in rilievo Eleonora Vallin “la contaminazione è spesso la migliore arma a disposizione per rimanere competitivi”. [Vallin, 2009 : 174]
La creazione di condizioni favorevoli all’incremento della creatività
Essendo la creatività un fattore determinante nella competizione economia, diene strategico saper sviluppare le condizioni di supporto e stimolo alla capacità creativa. Già Florida [2002; 2005; 2008] ha individuato quelli che sono gli indicatori che fanno di una città un attrattore di eccellenza e creatività: luoghi aperti al nuovo e favorevoli al confronto, che dispongono di imprese e tecnologie high tech e che sono in grado di mantenere e stimolare risorse umane di talento. Condizioni come l’accrescimento continuo delle competenze e della conoscenza, la connettività, il confronto e la contaminazione sono essenziali nella nuova cultura contemporanea per ottenere e mantenere il primato e la competitività.
La diffusione dello spirito imprenditoriale all’interno della società e la valorizzazione della conoscenza
Accennando al pensiero di Audretsch [2009] è emerso come lo spirito imprenditoriale, insieme alla diffusione della conoscenza siano aspetti sempre più fondamentali nel sistema economico in cui siamo immersi. Nella nuova economia della conoscenza e dell’informazione, sono ingegno e conoscenza
Cap.2 | Creatività e cultura nello scenario contemporaneo | 125
a portare la vera innovazione, onde per cui è sempre più necessario investire nelle risorse umane con la formazione e la ricerca, diffondendo all’intera società un atteggiamento imprenditoriale. Allo stesso tempo anche le norme, le istituzioni, le organizzazioni devono riconoscere l’evoluzione che stiamo vivendo, e adattarsi al nuovo percorso evolutivo, eliminando o per lo meno assottigliando quei filtri della conoscenza che rappresentano un’inerzia al cambiamento,e che si uniscono alla resistenze psicologiche delle menti delle persone.
La messa in rete e un approccio sistemico riconosciuto e organizzato
e organica, oltre che un processo di concertazione tra territorio, istituzioni e imprese in un continuo scambio di esperienze e competenze. Un arcipelago metropolitano dove le città sono connesse le une alle altre da una piattaforma
che nel mettere in competizione i luoghi ne esalta i localismi. Imprese, università, istituzioni, istituti di credito, devono agire in modo congiunto e attivo se vogliono veramente sviluppare compiutamente le iniziative e la giusta mentalità per affermarsi nel mondo contemporaneo come territorio di eccellenza.
La vera questione, in vista di una candidatura che coinvolge tre regioni, è: come sviluppare forme cooperative tra territorio appartenenti ad ambiti diversi? Come raccordare le reti lunghe dei transiti e le reti corte dei luoghi? Come ricondurre i luoghi dell’abitare e i centri della produzione in una sintesi unitaria? Si tratta di obiettivi ambiziosi, che necessitano di tempi lunghi, e soprattutto del superamento della logica dominante del decisore solista,del singolo play maker.sistema, il Nordest, non come sommatoria di singole unità autonome, ma come rete unitaria di nodi maggiori e minori che, pur mantenendo individualità distinte e vocazioni diverse, vedono accentuata la loro complementarietà
sostanza una più forte e diffusa centralità di un’intera regione, in transizione tra periferia industriale a parte del cuore metropolitano europeo”. [Migliorini, 2007 : 97].
126 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Appare evidente come la candidatura ad un grande evento come la Capitale Europea della Cultura debba essere parte di una strategia più ampia di
accelerare.
Nel caso del Nordest gli obiettivi sono fortemente legati all’industria culturale e creativa, all’attrazione di talenti e investimenti e all’accelerazione della modernizzazione delle infrastrutture. Al “Meeting delle nuove classe dirigenti”, tenutosi alla Fondazione CUOA sabato 1 ottobre 2011, la candidatura viene
l’ex locomotiva». In questo modo gli anni che ci separano dall’assegnazione del titolo possono essere propedeutici per individuare una via d’uscita dalla crisi, e per determinare una vera trasformazione del territorio:
“Nordest non solo schei ma cuore dell’industria creativa mondiale. Nordest non solo Kapannoni ma anche luogo di produzione culturale. Nordest da rigenerare attraverso un nuovo software, contemporaneo.”34
Il tema centrale su cui lavorare diventa così la creazione ed il rafforzamento dei nessi tra cultura, creatività, sviluppo economico e sociale.
34 Seganfreddo, C., 2011. “Capitale della cultura con la Basilica si può”. In Corriere del Veneto, 18/10/2011.
Capitolo 3
IL DESIGN NEL PROCESSODI VALORIZZAZIONE
DI AZIENDE E TERRITORI
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 131
“La presenza del design nel mondo contemporaneo sta acquistano dimensioni un tempo impensabili, diventando protagonista non solo della “scena” urbana, ma anche del “funzionamento interno” della città.
reali su cui la città di oggi si basa derivano in prima misura dalla “rigidità” tipica del suo organismo, immerso come un volume immobile in un
funzione storica di protagonista produttore di eventi qualitativi. Il suo ruolo non è più quello di partecipare organicamente ad un meccanismo urbano dove le strade e le piazze funzionano come un sistema idraulico, dentro il quale scorrono gli individui e prendono forma le relazioni
Questa parte della ricerca si focalizza sull’approccio del design nel processo di valorizzazione di aziende e territori. Attraverso la letteratura ed i casi studio
nel dialogo con aziende e territori: mediatore e facilitatore, attore e attivatore attraverso il prodotto, strategia e comunicazione. Alla base di questa impostazione teorica troviamo l’approfondimento sull’approccio metodologico del design e sulla sua fenomenologia multiversa [Manzini, Bertola, 2006], nonché delle buone pratiche attinte dal contesto della valorizzazione e dello sviluppo design oriented di aziende e territori.
132 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
3.1 L’APPROCCIO DEL DESIGN E IL SUO RUOLO NEI CONTESTI PROGETTUALI CONTEMPORANEI
In anni recenti il concetto di design ha subito un’evoluzione in seguito
complesso, allo stesso tempo unitario e molteplice” capace di costruire
orientato al risultato”, piuttosto che di prodotto materiale. Si parla di un approccio al design multiverso, nel senso di un metodo di indagine capace di “costruire e rendere visibili modelli possibili di realtà” e di interpretare non solo gli aspetti razionali dei processi progettuali ma di aprire il mondo del progetto all’esperienza sensibile [Bertola, Manzini, 2006]. Si assiste ad una trasformazione “liquida” del design, parallela alla liquefazione della realtà
dei limiti disciplinari, non più descrivibili come “scatole chiuse” ma piuttosto
Il design, quindi, oggi può offrire una metodologia di progetto che non si limita
e meno dispendioso un problema di tipo industriale, ma una vera e propria “cultura di progetto”, che prende in considerazione “la complessità relazionale dell’uomo con il suo tempo, con la sua storia, con la sua origine, anche biologica, con il suo volere diventare in futuro, e la dimensione costruttivo-produttiva, ossia la necessità di concretizzare queste aspirazioni in beni tangibili, servizi e esperienze, che abbiano una forma fruibile, assumibile, consumabile; e di farlo sfruttando le potenzialità del sistema produttivo industriale globalizzato” [Celaschi, 2007 : 19].
Nello scenario contemporaneo analizzato nel capitolo precedente, anche la dimensione territoriale diventa opportunità progettuale. Confrontandosi con la globalizzazione, emerge la necessità di creare valore in un regime altamente competitivo e di distinzione. Ciò che si vuole sottolineare è come l’apporto strategico del design punti alla creazione di valore relazionale, frutto dell’unione tra i processi di valorizzazione e le tecniche del marketing territoriale.
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 133
Il design è un apparato disciplinare in continua trasformazione, direttamente connesso all’evoluzione dei bisogni contemporanei e alla continua ricerca di scenari e ambiti tematici nuovi:
“Ogni azione di progetto, semplice o complessa che sia, fonda tutta la
problemi di oggi consapevole del fatto che la portata degli effetti cui
l’ha generata. Come per tutte le attività decisionali, attribuire al progetto
processo conoscitivo.” [Penati, 1998]
Da strumento di intervento tecnico o estetico, ora il design ha sempre più rilievo come metodo e come processo conoscitivo. Forse perché, a fronte di un prodotto con un tempo di vita limitato, una metodologia progettuale può essere implementata, applicata e adattata a realtà diverse, assumendo un ruolo primario nelle scelte strategiche. Proprio per questo, “il design (nella sua componente intangibile e di sistema) risulta fondamentale nel momento decisionale, quando offre la possibilità di sperimentare la totalità del progetto anche nella sua parte sensibile ed esperienziale”. [Gaddi, 2010 : 90]
processo, e competenze per far succedere eventi orientati ad un risultato (attraverso la
dalla discussione collettiva del gruppo di progetto, sviluppando le idee su cui
Ciò a cui stiamo assistendo è l’affermarsi di un fenomeno di progettualità diffusa, caratterizzato da forme disciplinari instabili e in perenne mutamento, nel quale il design deve porsi come facilitatore dei processi relazionali, in un ambito trasversale e multidisciplinare. In questo modo il design unisce in modo strategico le singole capacità individuali, prendendo come riferimento proprio quei distretti industriali che nel Nordest hanno saputo sfruttare la tradizione locale diffusa nel territorio e renderla un sistema produttivo organizzato. Si può
134 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
parlare in qualche modo di attività di design tacite, tratto saliente all’approccio italiano al design: un sistema di risorse disperso che valorizza le competenze
questo modo “l’attività di design, palese e di fatto, è un’attività di integrazione tra due dimensioni: la dimensione tecnico-produttiva e quella socio-culturale del fare che come tali non possono prescindere dall’evoluzione del sistema produttivo e culturale”. [Maffei, Simonelli, 2002 : 13] Così il territorio stesso trae valore dalla tradizione e dal genius loci, valorizzando i saperi locali.
La capacità di fare proprie le possibilità offerte dal luogo e dalle competenze di chi lo abita, per poi rimescolarle trovando soluzioni innovative al vivere contemporaneo, è un potente strumento che il design può mettere a disposizione di aziende e territori che vogliono differenziarsi e competere.
Anche nell’ambito dell’innovazione e della competitività nelle imprese contemporanee, il design può svolgere un ruolo fondamentale. Questo grazie alla sua caratteristica principale, che consiste nella capacità di creare scenari, producendo nuovi ambiti applicativi e di ricerca [Penati, 1998; 2006].
uno stile di vita proposto, un’esperienza, in cui è sempre più alta l’attenzione verso le esigenze dell’utente. Si parla infatti di sistema-prodotto, cioè di un insieme integrato di prodotti, servizi e comunicazione con cui un’impresa, o una qualsiasi organizzazione che produce e offre qualcosa, entra in relazione con i clienti, il mercato e la società. In questo contesto ha un ruolo strategico l’innovazione design driven. Con questo termine si intende che il livello di
superiore a quello percepito sul piano funzionale e prestazionale. L’elemento trainante è un cambiamento sul piano del linguaggio, dei valori e dell’identità del prodotto. Il valore non è una pellicola sovrapposta al prodotto, ma entra a
gli elementi competitivi e di identità strategica d’impresa si integrano con gli aspetti funzionali. Ciò ovviamente richiede una particolare capacità di muoversi a cavallo di universi disciplinari, organizzativi e linguistici da sempre considerati diversi.
Se l’innovazione funzionale può essere volta a migliorare in modo incrementale
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 135
associata ad un adattamento del prodotto all’evoluzione dei linguaggi e dei valori affermati nel mercato e nella società. Quindi, nell’innovazione design-driven, il driver di innovazione è il senso, mentre la tecnologia rappresenta un possibile mezzo per realizzare i nuovi linguaggi del prodotto, anche attraverso salti tecnologici radicali.
Questi concetti sono stati individuati dal lavoro di ricerca Sistema Design Italia : il design è diventato oggi Sistema Design, cioè un apparato complesso
e le metodologie che regolano il nostro vivere quotidiano . Come già visto, il
attributi tecnici: esso diventa un insieme di aspetti tangibili ed intangibili alla cui realizzazione partecipa il consumatore.
processi di costruzione di senso del prodotto e nella sua comunicazione. Il consumo stesso si trasforma in comunicazione, partecipazione ed esperienza.
dall’impresa insieme ai suoi consumatori [Bettiol, Micelli, 2005 : 15].
che contribuiscono all’affermarsi di questo processo di cambiamento del ruolo del consumatore. Si parla innanzitutto di consumo come comunicazione, nel momento in cui i prodotti si trasformano in “segni, simboli e comunicazione” [Fabris, 2003], ed è la dimensione immateriale e simbolica ad acquistare
una propria identità. Le nuove tecnologie dell’informazione hanno inoltre reso possibile una comunicazione interattiva tra consumatore e impresa, facendo sì che venissero recuperate la progettualità e la propositività collettiva e diffusa.
Altro fattore di cambiamento è rappresentato dall’importanza della dimensione esperienziale del consumo, che deve essere memorabile e unica. In questo contesto il momento dell’acquisto e della distribuzione diviene fondamentale, per cui i luoghi e gli spazi della “marca” sono studiati per fornire una narrazione
di incontro tra chi compra e l’impresa.
136 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
In tutti questi casi il design costituisce una leva di differenziazione del prodotto, oltre che un fattore fondamentale per rispondere alle richieste di comunicazione, partecipazione ed esperienza da parte del consumatore, atti a soddisfare i suoi bisogni immateriali.
Per le imprese italiane è sempre stata, ed è ancora, la capacità di differenziare i propri prodotti a costituire elemento di competitività rispetto i paesi di recente industrializzazione. Con il design infatti, oltre alla dimensione tecnologica e funzionale, si può lavorare sulla connotazione immateriale ed estetica, che
fatto che il consumatore contemporaneo è immerso in un mondo di oggetti e immagini, caratterizzato dall’iperscelta [Fabris, 1997], capiamo bene
riconoscibile, che il consumatore può utilizzare per comunicare identità e valori.
Se guardiamo ai distretti industriali del nordest, notiamo che spesso è mancata
per cui l’innovazione non è facilmente rintracciabile nel suo processo. Il più delle volte essa è derivata da percorsi di apprendimento basati su prove ed
in tali aziende e alla cooperazione con le altre imprese del distretto. Come conseguenza, le migliorie non sono rimaste patrimonio e valore esclusivo di un’unica azienda, ma si sono diffuse all’interno dell’area in una sorta di innovazione diffusa e incrementale nata all’interno dei processi manifatturieri delle piccole e medie imprese. Non è un caso che le imprese di design siano localizzate nella maggior parte nei distretti industriali, cosa che consente loro do sfruttare pienamente i vantaggi e le esternalità positive caratteristiche di queste aree, aumentando la possibilità di successo delle innovazioni.
Senza contare che la presenza di aziende design oriented può costituire un’opportunità per tutto il territorio, grazie alle capacità di ricerca, esplorazione e combinazione di risorse e conoscenze, oltre che al loro radicamento nei
Di conseguenza lo sviluppo di attività di design all’interno di un’area territoriale può essere vista come veicolo fondamentale di apertura verso contesti e settori esterni e quindi come garanzia di una maggiore capacità
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 137
di riconvertirsi e di rispondere ad innovazioni radicali. Addirittura l’area locale può diventare la sede privilegiata per lo sviluppo di innovazioni rilevanti che vengono poi diffuse ad altri contesti, assumendo pertanto un ruolo centrale nella creazione di nuove tecnologie o nuovi modelli culturali.
Torna quindi il concetto di Sistema Design, cioè di approccio integrato e somma di aspetti strategici, comunicativi e di prodotto, che trasformano la catena produttiva in una rete relazionale che permette la convergenza dei saperi, e quindi la migliore riuscita del progetto complessivo. Il valore aggiunto è proprio l’unione di conoscenze provenienti da diverse discipline, in quanto il sistema del design italiano si regge attorno all’insieme di know how storicamente sedimentato entro quelle forme di organizzazione produttiva territoriale che hanno caratterizzato lo sviluppo e il consolidamento del sistema economico. Esso è costituito nella sua struttura principale da un vasto numero di sistemi produttivi locali e settori merceologici basati su reti più o meno dense di piccole e medie imprese.
Nel deposito di competenze del design possiamo trovare: strumenti di lettura della realtà, metodologie di intervento, procedure di analisi, valutazione e progettazione. Tutti possono essere abilmente utilizzati per rendere competitivo un sistema produttivo locale. Una delle competenze principali
progettazione dei prodotti, attività che include sia la progettazione, l’analisi e la valutazione di sistemi di prodotti. [Bettiol, Micelli, 2005 : 88] Inoltre è sempre più importante saper progettare l’intero ciclo di vita degli oggetti, dalle materie prime alla loro dismissione. In questo modo si crea un intero sistema di servizi successivi alla produzione e alla commercializzazione, che sono parte costitutiva dell’offerta al consumatore: il sistema-prodotto. Stiamo parlando del design come attore protagonista nella scena evolutiva ed innovativa, per
Il design può anche essere utilizzato per sviluppare la corporate identity di un’azienda o di un sistema produttivo locale, dando una veste unitaria ad
a comunicare all’esterno l’identità del soggetto. Si può parlare in questo caso di design come strategia e comunicazione, che si esplica verso gli utenti esterni.
138 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Fino ad ora abbiamo quindi evidenzato come il design possa essere considerato un elemento trasversale in grado di valorizzare capacità e competenze presenti nelle imprese e nelle organizzazioni che operano sul territorio. L’azione di design è un fenomeno catalizzazione e facilitatore che produce innovazione, generando nuovi scenari di sviluppo per le imprese e
componenti di sistema economico nazionale.
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 139
3.2 IL DESIGN E LA GENERAZIONE DI VALORE PER LE IMPRESE: TRE RUOLI SPECIFICI
Negli ultimi anni le imprese del made in italy hanno dovuto adeguarsi agli
competere a livello internazionale. Si sono dovute cercare nuove competenze che includessero il marketing, la distribuzione, il valore della marca, l’interazione con il consumo: in poche parole le strategie per nuovi processi di creazione del valore.
La storia ci ha dimostrato che il design italiano è stato ed è in grado di
diffusamente tali conoscenze. Esso è stato espressione della capacità di interpretare e anticipare attraverso gli oggetti un particolare modo di vivere,
di una comunità, i segnali della sua evoluzione, sembrano essere stati una inclinazione naturale dei designer italiani. [Gorb P., Dumas A., Silent design, Design studies, vol.8 n.3]
Oggi però il design vede accresciute le sue possibilità di azione, grazie alla capacità di assumere tre ruoli diversi nei processi di innovazione delle imprese, e del territorio:
Il design è mediatore e facilitatore quando la sua azione si sposta su un piano cognitivo e si focalizza sulle competenze che può mettere a disposizione di un’organizzazione aziendale. L’imprevedibilità dei mercati odierni e la maturità dei consumatori richiedono all’impresa un approccio interpretativo e una maggiore dose di visione, dove il designer da semplice progettista si trasforma in potenziale attore strategico, e promotore di innovazione. Il design si fa mediatore e facilitatore nel processo di integrazione delle conoscenze, esplicita le conoscenze implicite insite nei processi e nella cultura d’azienda attraverso immagini sintetiche, metafore, modelli mentali.
Design MEDIATORE & FACILITATORE
140 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
“Una nuova interpretazione dei processi dello sviluppo industriale ha preso piede negli ultimi anni, non limitando il processo di sviluppo ad una crescita unidirezionale dell’impresa, piccola media o grande che sia, ma votandolo alla creazione di sistemi di relazione complessi a partire dalle condizioni distrettuali, deboli o diffuse ma capaci di produrre sinergie e duttilità rispetto al nuovo, ed energie espansive originali sui mercati maturi.” [Branzi, 2002 : 24]
Grazie alle sue competenze trasversali, il design è in grado operare dall’interno, attraversando e stimolando i processi di innovazione. Per questo esso può
e di guida del gruppo di lavoro e dei progetti. Proprio la gestione delle risorse progettuali è stata ed è una delle chiavi del successo delle imprese italiane, dove la vocazione al design cerca gruppi di progetto multiformi che coinvolgano risorse interne ed esterne. In esse si trova quella forma di design diffuso di cui si è parlato nel paragrafo precedente.
In questa prospettiva, anche la presenza di scuole di design ha un grande valore per i contesti urbani, poiché sono in grado di trasferire nel territorio metodi e strumenti di approccio alla ricerca e alla progettazione. Nel 2008 l’agenzia di ricerca nazionale Sistema Design Italia ha pubblicato una mappatura del sistema di ricerca di design in Italia (DRM – Design Resarch Maps ). Qui possiamo osservare come la presenza di attività di formazione e ricerca nel campo del design sia strettamente legata ai distretti industriali, bacini di capacità e conoscenze tacite. Allo stesso modo nei luoghi dove si fa ricerca sul design, aumentano la produttività e la ricerca volta all’innovazione. Ecco perché nella mappatura delle eccellenze di design nel Nordest che analizzeremo nel prossimo capitolo troveranno spazio anche i luoghi di formazione del design radicati nel territorio.
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 141
FOSCARINI
panorama dell’illuminazione di design. Si tratta di un’azienda che ha costruito la sua identità su ricerca e innovazione, cura per la qualità del processo
soprattutto, cultura e centralità del prodotto, che nasce sempre da un “buon progetto”.
Grazie a queste qualità, Foscarini è riuscita a sviluppare la propria collezione di modelli dalla personalità spiccata, frutto di una forte coerenza tra design e realizzazione. La collaborazione con grandi maestri e giovani talenti del design internazionale, diversi per esperienza professionale ed estro progettuale, hanno infatti consentito lo sviluppo di realizzazioni originali e di volta in volta dettate dalle caratteristiche del singolo progetto. Ma soprattutto hanno permesso all’azienda di contaminarsi con le diverse esperienze e visioni
processi produttivi ed il pensiero di chi lavora in Foscarini. Il lavoro diventa un percorso progettuale e tecnologico che esplora una vasta gamma di materiali, soluzioni, sperimentazioni, senza barriere mentali o limiti tecnici. Un atelier di ricerca e contemporaneamente un’organizzazione produttiva, commerciale
diffusa in tutto il mondo: dalla più piccola lampada da tavolo, alla più grande
ai propri sogni. Un laboratorio tecnologico e creativo che insieme a tanti altri designer di tutto il mondo, immagina, sviluppa e produce non solo lampade ma emozioni. Un’azienda libera, appassionata, fuori dagli schemi e dentro il mondo in cui vive e lavora. Questo è Foscarini”.
Anche lo stabile di Foscarini, un’architettura contemporanea, è in sintonia con il suo stile e la sua personalità, ma anche con le sue concrete esigenze produttive, logistiche e commerciali. Una cultura aziendale che oltre al prodotto, include la progettazione e lo sviluppo di servizi all’avanguardia, in un sistema di qualità totale. A sottolineare ciò il fatto che negli anni ’90 l’azienda, fra le prime realtà italiane nel settore dell’illuminazione, ha ottenuto
dell’azienda, dalla progettazione, alla produzione, al servizio ai clienti.
[Caso Studio]
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La ricerca di prodotti sempre nuovi e innovativi porta a rigorosi un lavori di sviluppo che possono durare anche anni. Una ricerca progressiva fatta di analisi dei materiali, delle forme, dei processi, delle modalità d’uso, che può portare a risultati completamente diversi dall’intuizione di partenza. Ecco perché le lampade Foscarini sono così innovative e al tempo stesso hanno dimostrato di saper durare come autentici classici di oggi e di domani. “Il
che guida la scelta del materiale” .
Un continuo “work in progress” che riunisce grandi maestri e giovani talenti. Come Rodolfo Dordoni, autore di Lumiere, Ferruccio Laviani e la sua Orbital, Jozeph Forakis, autore di Havana, la prima lampada Foscarini realizzata in un materiale diverso dal vetro, parte della collezione permanente del MoMA di New York, e Marc Sadler, che con Mite e Tite ha portato l’azienda a vincere il Compasso d’Oro nel 2001. Non vanno poi dimenticati altri successi a livello mondiale come Caboche di Patricia Urquiola ed Eliana Gerotto, O-Space di Luca Nichetto e Giampietro Gai, Twiggy e Tress di Marc Sadler, Gregg di L+R
e Pevere e Binic di Ionna Vautrin.
Oltre a ciò la vocazione di Foscarini per la collaborazione con i designer e la
contemporanei. Inoltre, l’azienda è sempre disponibile alla realizzazione di
che nascono dall’assemblaggio creativo di lampade di serie, dando forma a veri e proprio eventi luminosi.
Sulla linea di questa forte attitudine al design, l’immagine aziendale nasce da un lavoro creativo parallelo alla progettazione dei suoi modelli, studiato per esplorare nuovi linguaggi ed suscitare emozioni. Una comunicazione coordinata che attraversa advertising ed eventi, editoria e web. I prodotti sono raccontati da cataloghi appositamente concepiti per target. L’advertising Foscarini sottolinea la valenza iconica dei suoi prodotti sulle pagine delle riviste di architettura e arredamento internazionali. Il sito Internet è invece uno strumento dinamico e interattivo per informare il pubblico e gli operatori sulle novità del mondo Foscarini: dai prodotti, alle iniziative culturali, agli eventi. Un ruolo strategico nella comunicazione coordinata Foscarini, è svolto inoltre
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 143
del design. Una presenza che è sempre creativa, poetica ed emozionante, con installazioni che comunicano i valori e la personalità del brand Foscarini e contribuiscono a diffondere e sostenere la cultura del design.
Sullo sfondo di questa profonda cultura del design, nel 2010 è stato avviato il progetto editoriale Interessante “INVENTARIO – Tutto è progetto”. Si tratta di una rivista-libro diretta da Beppe Finessi, architetto e docente universitario, distribuita a livello internazionale nelle migliori librerie e bookshop. Ciò che si vuole trasmettere è uno sguardo libero e illuminato sul mondo del progetto e sulla realtà in cui viviamo: design, architettura ed arte, ma anche strane storie di vita, analisi di oggetti creati dalla natura e temi in libertà. Senza
nella convinzione che ogni cosa che ci circonda, ogni momento che viviamo sia un progetto da condividere con gli altri. Eppure, con il suo sostegno a INVENTARIO, Foscarini riesce a trasmettere i propri valori e guardare avanti con occhi attenti e curiosi, per il puro piacere di sperimentare, innovare, creare: come è da sempre nello spirito di questa azienda e delle persone che ogni giorno lavorano in essa ed insieme ad essa.
# 17 Lampada Twiggy, Marc Sadler 2007, Foscarini
# 18 Successful living from Diesel with Moroso and Foscarini, 2009
# 19 Rivista Inventario
# 20 Lampada Binic, Ionna Vautrin 2010, Foscarini
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 145
Il design è attore e attivatore del cambiamento quando ne è coinvolto attivamente, quando opera sui prodotti con azioni dirette che ne indagano la forma, siano essi prodotti industriali o servizi. Grazie alle sue capacità
dei loro bisogni, dei valori e della cultura: nella sua funzione di osservatore
instituendo una relazione diretta con gli utenti e comprenderne le necessità. In questo caso il design interviene all’interno del processo, partecipando alla
solo determinarne la dimensione estetica, ma concretizzare un individuo tecnico, cioè “coordinare, integrare e articolare tutti quei fattori che, in un modo o nell’altro, partecipano al processo costitutivo della forma del prodotto. E, più precisamente, si allude tanto ai fattori relativi all’uso, alla fruizione e al consumo individuale o sociale del prodotto (fattori funzionali, simbolici, culturali) quanto a quelli relativi alla sua produzione (fattori tecnico-economici,tecnico-costruttivi, tecnico-sistemici, tecnico-produttivi e tecnico-distributivi)”. Questa lettura del design parte da un contesto produttivo industriale indicando l’attività del designer come quella di un integratore di competenze. Quindi la progettazione del prodotto industriale si
formali dei singoli artefatti materiali. Ma gli ambiti di applicazione del progetto industriale si estendono dai beni di consumo ai beni strumentali, dai mezzi di
sistema prodotto nel suo complesso.
Quanto detto ci dimostra come sia possibile bilanciare e coniugare ergonomia ed estetica, praticità e stile di vita del consumatore. Questo perché
prodotto nella vita quotidiana. Per scendere ad un livello pratico si può citare Inglesina, azienda vicentina leader a livello mondiale nella produzione di passeggini e carrozzine: da sempre, oltre che per il gusto estetico, i prodotti si caratterizzano per alcune soluzioni di apertura e chiusura dei passeggini innovative.
Allo stesso modo è possibile integrare in modo creativo tecnologia
Design ATTORE & ATTIVATORE
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d’avanguardia, comunicazione ed estetica, nella ricerca di nuove soluzioni tecnologiche ai problemi posti dallo sviluppo del prodotto. Il design seleziona e ricombina le tecnologie e le innovazioni reperibili sul mercato, e le unisce allo studio della forma. [Zurlo, Cagliano, Simonelli, Verganti, 2002 : 187-203] Si possono riportare altri due esempi fortemente radicati al Nordest. Il primo è Geox, azienda calzaturiera di Montebelluna, divenuta famosa per la “scarpa che respira”. Altro marchio, conosciuto a livello mondiale dagli appassionati degli sport dinamici, è Dainese. Quest’azienda di Vicenza produce protezioni, indumenti e accessori per motociclisti, sciatori, bikers, realizzando soluzioni avanzate dal punto di vista del comfort e della sicurezza grazie al centro di ricerca e sviluppo dell’azienda – D-tech, Dainese Technology – in collaborazione con il MIT e il CNR. Il tutto unito alla ricerca estetica dei prodotti, che hanno reso Dainese uno dei leader mondiali del settore, oltre che alla presenza diretta nei mercati esteri e all’associazione del marchio a campioni come Valentino Rossi e Marco Simoncelli.
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 147
DAINESE
Dainese è stata fondata nel 1972 dal suo presidente, Lino Dainese, a Molvena (Vicenza). Dai primi innovativi pantaloni in pelle da motocross, l’azienda è oggi punto di riferimento mondiale nel panorama dell'abbigliamento per motociclisti, ma soprattutto per la sua ricerca sulla sicurezza e la protezione della persona negli sport dinamici. In perfetta linea con la mission Dainese: “Proteggere l’uomo dalla testa ai piedi”.
Questa intuizione ha permesso all’azienda di anticipare il bisogno di “protezione”, dapprima nel motociclismo e poi negli sport dinamici. Già nei bozzetti del logo disegnati da Lino Dainese prima della nascita dell’azienda, possiamo vedere come si cerchi di coniugare movimento, libertà e velocità con la sicurezza: il diavolo corre veloce e guarda la realtà attraverso una lente magica, vedendo cose che ancora non si possono immaginare.
Lo studio è partito dall’uomo e dai suoi movimenti,per fornire prodotti che ne assecondino l’ergonomia e lo proteggano. Sono state determinanti per lo sviluppo dei prodotti Dainese in termini di “comfort” e “sicurezza” le collaborazioni con i più importanti campioni del motociclismo mondiale, con la “clinica mobile” del dott. Claudio Costa e con i migliori centri di ricerca universitari.
La prima ispirazione è stata la Natura, che ha portato ad un prodotto ormai irrinunciabile per sport come motociclismo e sci: il paraschiena. Lino Dainese ascoltava i piloti ed ebbe una intuizione: ne parlò con Marc Sadler, il designer
agli insetti che cadono e non si fanno male. Nacque così l’idea di un guscio dorsale, su cui il pilota il Barry Sheene credette. La natura e la storia hanno quindi ispirato questa formidabile innovazione. L'armadillo infatti è provvisto in natura di una corazza dorsale: nel suo caso la protezione si è evoluta a difesa dai predatori, e lui può continuare a fare quello che gli va senza curarsi degli attacchi. La storia è invece ispiratrice con le corazze medioevali e rinascimentali, che offrivano protezione, ergonomia e sicurezza. Erano
i concetti dalla natura e dalle più brillanti intuizioni della storia, per creare le protezioni da dedicare al maggior numero possibile di utilizzatori. Da qui cominciano a svilupparsi la vasta gamma di protezioni. Si cominciò a sagomare
[Caso Studio]
# 18 Dainese, logo
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anatomicamente sulla parte da proteggere una struttura formata da una base morbida e da una conchiglia rigida cucita su di essa: con l'obbiettivo di
Erano le prime protezioni composite. Ridurre l'energia dell'impatto mediante
avere protettori più leggeri e di minore spessore, dunque protettori più confortevoli. E se le protezioni sono confortevoli vengono indossate più volentieri, tanto che oggi il concetto di protezione composita viene impiegato largamente in tutti i componenti dell’abbigliamento motociclistico: spalle-omero, gomiti-avambraccio, ginocchio-tibia e persino nei guanti e negli stivali.
trasferito in altri sport dinamici come lo sci, lo snowboard, la mountain bike, il jet ski ed il kite surf. Come per il motociclismo, la collaborazione con i più importanti atleti mondiali nei vari sport ha permesso una continua evoluzione del prodotto e miglioramento in termini di protezione e comfort (Alberto tomba, Deborah Compagnoni, Kristian Ghedina, Isolde Kostner, Maria Riesch e Giorgio Rocca).
l’aria. Comincia quindi lo studio di D-Air®, un airbag da inserire all’interno di
che integra la grande professionalità e maestria di Dainese nella scelta dei materiali e nella progettazione dei componenti in tessuto con un uso
collaborazione con il “Motorcycle Dynamics Research Group” dell’Università degli Studi di Padova. L’algoritmo di attivazione è il vero è proprio “cervello” del sistema, in grado di distinguere la guida normale dall’incidente, situazioni
viene richiesto un tempo di intervento straordinariamente breve.
Il successo di Dainese non è però dovuto solo alle caratteristiche tecniche dei suoi prodotti, ma anche ad una particolare attenzione al Design, all’ergonomia e al comfort degli stessi. Dainese ha introdotto il colore nelle tute da motociclista degli anni ’70; ha collaborato con designer di successo come
da un design emozionale; nel 2001 ha vinto il “Compasso d‘Oro”, per la prima
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del primo magazzino completamente automatizzato, a Vicenza.
albori ha saputo unire tecnologia d’avanguardia, design e ricerca sul campo per lo sviluppo di prodotti innovativi. Un’azienda che è cresciuta proprio grazie a Lino Dainese, “l’imprenditore inventore” che l’ha fondata, un uomo che dall'artigianato e dalla manualità assorbe pensiero e progetti che vanno a migliorare il modo di vivere delle persone, e che dall’arte e dal design attinge stimoli per nuove idee.
In un intervista a Lino Dainese a cura di Remigia Spagnolo , la giornalista nota come l’imprenditore si esprima prevalentemente con verbi d'azione come "fare", "realizzare" "mettere insieme". Non a caso la radice latina del termine
Dainese ci dimostra come ad una mente aperta alla ricerca di nuovi sentieri può accadere di incontrare e "legare insieme" passato e futuro, ordinario e straordinario, idea e materia, artigianalità e industrializzazione, manualità e
attivatore del cambiamento, capace di operare sulle forme sfruttando le sue
L’attenzione di Dainese per il binomio design-tecnologia appare evidente anche nel suo centro logistico, inaugurato nel 2005: un monolite nero di 83.000 m3, progettato dall’architetto padovano Silvia Dainese Gris e visibile da entrambi i sensi di marcia dell’adiacente autostrada A4 Serenissima.
Stiamo parlando di uno dei più grandi magazzino automatizzati d’Europa, al cui interno vi sono circa 23.000 celle dentro alle quali sono collocate le unità di carico contenenti tutti i prodotti Dainese. Bracci meccanici manovrati da un software studiato appositamente per questo compito prelevano queste unità di carico muovendosi ad una velocità di 5 metri al secondo, tanto che il tempo massimo per spostarne una dal punto
L’esigenza dell’azienda di ampliare il magazzino e renderlo automattizzato e moderno si è trasformata in una opportunità di
strambati, che misura 30 x 80 metri circa in pianta e 29 metri in altezza,
Il Cubo Nero
150 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
completamente rivestito in zinco titanio nero, e che si stacca da terra di 2
Accanto al magazzino trova spazio anche lo showroom, che all’occorrenza diventa location per eventoi particolari, dove si parla di design e contaminazioni
monolite. In pianta ha la sagoma vagamente zoomorfa di un armadillo di
sono come delle branchie, e così anche i lucernari del tetto piano, sembrano le parti vive di un organismo, che danno luce al tutto.
le altre proprietà, ma le texture del pavimento in cemento, le parti verdi,
si muovono nell’azienda. Un modo di considerare lo spazio come un pezzo di
un collegamento visivo e materiale alle colline circostanti, che possa dare un po’ di qualità al vivere e al lavorare in azienda.
# 22, 23 Il Cubo nero, centro logistico Dainese, Silvia Dainese Gris 2005
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Nel suo ruolo strategico e di comunicazione il design diviene strumento di vantaggio competitivo e ausilio al marketing: “Il prodotto è solo un semilavorato che ha bisogno di altri elementi di comunicazione, distribuzione, servizio,
non può essere riferito soltanto al prodotto, bisogna progettare l’offerta globale, bisogna progettare, concertare e dirigere tutti gli aspetti immateriali, di relazione, di servizio, di distribuzione, di immagine, di comunicazione nel mercato” [Mauri, 1996 : 5]. Questa dimensione del design è strettamente collegata alla capacità di fare sistema tra i saperi di diverse discipline per farli convergere in un’unica rete relazionale di cui si pone come supervisore. Qui possiamo includere le strategie di comunicazione, dove il design opera come coordinatore delle pluralità mediali con cui l’impresa si presenta sul mercato,
Con questi mezzi si veicolano messaggi promozionali, ma anche etici, di vision e mission dell’impresa.
Molte imprese del Nordest, inizialmente in modo inconsapevole, hanno saputo sfruttare questa caratteristica del design. Si può parlare di aziende “design-oriented”, che “hanno fatto del design il loro asset primario, basando su questo tutte le decisioni strategiche relative a sistema competitivo, sistema di prodotto e struttura aziendale” [Lojoacono, 2000]. Imprese di questo tipo hanno capito l’importanza della comunicazione e della distribuzione del prodotto, studiando partnership con artisti e designer esterni, o promuovendo eventi di carattere culturale se non addirittura musei d’impresa ad hoc. Un esempio è Venini, che continua a riproporre il proprio approccio al prodotto
valore dell’oggetto non è tanto nella sua funzionalità, ma nel suo spiccato valore estetico, cui spesso contribuiscono designer celebri e artisti di fama.
Altri partono dalla ricca tradizione italiana, fatta di consuetudini e prodotti di origine popolare, che se valorizzata diviene un forte valore economico. Si può citare il caso della grappa friulana Nonino, che grazie ad un grande sforzo comunicativo ora è divenuta oggetto di culto in nicchie esclusive di mercato. Qui il design vero e proprio rientra solo nell’aspetto del packaging, che ha rinnovato le forme in cui il prodotto si presenta, ma è l’intera strategia
Design STRATEGICO e della COMUNICAZIONE
152 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
comunicativa ad essere vero modello da studiare, grazie alla riorganizzazione della distribuzione in chiave selettiva e al rinnovamento di un patrimonio culturale di cui il prodotto costituisce l’autentica espressione. Le imprese sono quindi chiamate a valorizzare tradizioni locali e valori, arricchendo di
culturale esistente e consolidato. Questo tipo di innovazione con il design può essere applicato alla maggior parte dei settori del Made in Italy, soprattutto nell’agro-alimentare, ma anche nei complementi d’arredo, nel tessile e
In questo quadro teorico va ripensato anche il ruolo della marca, che per lungo tempo è stata centrata sul prodotto: un nome, un simbolo, uno slogan, per guidare i processi di scelta dei consumatori attraverso la riconoscibilità. Oggi invece la marca è una sorta di “costrutto semiotico autonomo” che “sintetizza
a questo o quell’aspetto del prodotto” [Bettiol, Micelli; 2005 : 36]. In qualche modo i valori espressi dalla marca vanno a costituire un mondo possibile di narrazioni, che si confrontano con il consumatore e con i suoi elementi culturali.
Altre due aziende vicentine possono essere allora citate. Una di queste è Diesel, uno dei casi più evoluti di costruzione di marca come dispositivo in grado di
prodotto stesso. Grazie a campagne pubblicitarie forti e alla sponsorizzazione di eventi, Renzo Rosso è riuscito a creare delle narrazioni in cui il prodotto
delle istanze sociali e di tradurle in una marca a forte connotazione evocativa, sfruttando una grande creatività e capacità innovativa.
della provincia di Vicenza che ha voluto slegare il gioiello dal ristretto mondo del lusso elitario, attraverso un design innovativo con materiali particolari, e una comunicazione pubblicitaria originale rispetto alla concorrenza. Il valore
dai valori della marca espressi materialmente anche dai negozi monomarca, e inseriti all’interno di una narrazione più generale.
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Abbiamo quindi appena visto come in questo terzo modello, le funzioni del design si esplichino verso l’esterno, prendendo la forma di strategie di comunicazione e comunicazione di valori. Non si tratta solo di pubblicità e marketing, ma di un sistema complesso di comunicazione integrata, che
eventi, il packaging, il sito, i musei d’impresa, le modalità di distribuzione del prodotto, e tutti quegli strumenti a disposizione delle imprese oggi per relazionarsi con il mondo esterno e portare vantaggio competitivo.
154 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
LAGO IL DESIGN COME METODO E L’ARTE COME FILO CONDUTTORE
possibilità di scelta, e anche se magari ad uno sarebbe piaciuto fare il medico, e ad un altro il pilota di aerei e così via, la risposta era sempre la stessa: “No tu dovrai lavorare qui e continuare quello che io ho cominciato”.
All’epoca, che poi era il primo dopoguerra, Lago era una realtà artigianale e realizzava arredi per le chiese e piccole serie di mobili per ingresso. Ma un
cominciarono a concepire l’idea di produrre altro, come sedie, tavoli e librerie. Ma tutto questo non bastava ancora, in cuor loro albergava un desiderio: aprirsi verso l’esterno. Finalmente, con l’arrivo della terza generazione, quel desiderio venne esaudito: incominciarono ad aumentare il numero dei dipendenti, che
proprio nel 2006 che l’azienda da Srl divenne Spa, che da famiglia intesa come nucleo fondatore divenne famiglia allargata e aperta alla multiculturalità, senza dimenticare le proprie radici. Da qui comincia un nuovo viaggio, con un
raddoppiato e 380 negozi in tutto il mondo di cui 27 store monomarca. L’ultima delle novità è l’Appartamento: una casa abitata ed arredata con mobili Lago, nella quale le persone possono lavorare, vivere, generare idee e relazioni” .
Con queste parole Lago spa si racconta in una mostra organizzata a Padova tra il 21 novembre e l’8 dicembre 2010 intitolata “Redesign Life. Lago e il design delle relazioni”. Il tentativo era quello di esprimere la visione aziendale del design oggi, e come questo abbia inevitabilmente dei ritorni positivi sul capitalismo odierno. Questa mostra raccontava un modo aperto di vedere un’azienda, raccontava di un gruppo di persone che grazie alla cultura ha fatto passi da gigante in poco tempo, che crede nell’arte come generatrice bellezza e che cerca di esprimersi attraverso un proprio punto di vista sul mondo.
LAGO spa è un marchio emergente del design domestico, costituitosi Spa nel
dei processi produttivi e gestionali, indispensabile per affrontare e gestire
dei mercati internazionali. Un’importante piano distributivo sta guidando
[Caso Studio]
# 24 Lago spa, logo
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l’apertura di nuovi negozi in tutta Europa, stringendo partnership con i maggiori rivenditori.
Ciò che lo distingue è l’apertura alle contaminazioni tra arte e impresa, che si esprime attraverso prodotti emozionanti e una continua ricerca per lo sviluppo sostenibile.
Nel progetto LAGO la casa ritorna ambiente domestico e non più solo luogo di transito, attraverso le contaminazioni apportate dalle persone che la vivono ogni giorno e la possono arricchire con un design di alta qualità ad un giusto prezzo. Lo stabilimento stesso è concepito come una casa, con l’uomo che ritorna al centro dell’impresa la quale riappare inevitabilmente al centro del territorio e ne promuove con intelligenza lo sviluppo economico e culturale. Perché l’uomo che crea è anche l’uomo che usa. Ed inoltre uno studio che ospita giovani universitari e designer da tutto il mondo: creatività, amicizie e contaminazioni che arricchendo la mente e il lavoro di ogni giorno, vanno a
Il prodotto mira alla semplicità delle forme, alla sottrazione come reazione
di personalizzazione. Tutto ciò, insieme a qualità dei materiali, lavorazioni artigianali e prezzo accessibile, rende immediatamente riconoscibile un prodotto Lago.
LAGO E IL DESIGN
Stiamo analizzando Lago spa perché qui troviamo riuniti in un’unica azienda i tre ruoli prima esposti su come il Design possa intervenire nel processo di sviluppo e valorizzazione delle imprese.
“Qui in Lago crediamo che farsi domande contribuisca in maniera importante a generare un humus da cui nasce l’innovazione, quella vera. Una cosa straordinaria che capita sempre più spesso, grazie alla partecipazione di piu’ attori, tema centrale sul ripensare il futuro del
positivo, che porta verso l’alto un organismo.
156 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
L’innovazione per noi è un’attitudine naturale, che ci porta a rivedere luoghi comuni e paradigmi, a riprogettare da zero i prodotti. […] Nei nostri progetti cerchiamo di portare vita, e quando questo succede, si generano delle piccole magie che lo rendono speciale.” [Lago, 2010]
Queste poche frasi richiamano chiaramente al lavoro di Bruno Munari e alle
sia essa posta dai progettisti stessi, come dai fruitori dei prodotti. In Da cosa nasce cosa Munari presenta alcuni suoi progetti e idee di cui mette in evidenza il lavoro inventivo del designer: ed il punto di partenza è sempre lo stesso. “Qualunque sia il problema lo si può scomporre nelle sue componenti. Questa operazione facilita la progettazione perché tende a individuare i piccoli singoli problemi che si nascondono nei sottoproblemi” [Munari, 1981 : 42]. Quindi, come uno scienziato, il designer deve saper interrogare per dare risposte opportune [Zingale, 2009 : 133].
Cos’è il metodo del design se non il porsi le giuste domande per cercare risposte innovative? E ritornare di tanto in tanto sui propri passi per esplorare nuove strade?
Questa attitudine di Lago ad essere ad essere promotore di innovazione è chiara nel progetto “LAGO studio – lago creative centre”: uno studio a San Giorgio in Bosco, provincia di Padova, che ospita giovani universitari e designer da tutto il mondo: creatività, amicizie e contaminazioni che arricchendo la
di sempre continuando a fare il designer, ma porterò con me questa esperienza che mi ha cambiato. Ho incontrato persone stimolanti, abbiamo vissuto assieme una settimana intera condividendo tutto:
colazione alla buona notte ci scambiavamo opinioni e idee per cercare di dare forma alla nostra fantasia. E in effetti, era proprio per quello ci trovavamo lì. Mi hanno spiegato che con noi, ormai, erano più di 200 i ragazzi passati per LagoStudio e che alcuni di loro sono riusciti a creare progetti entusiasmanti. E chissà, magari da quest’esperienza nasceranno nuovi prodotti Lago e sarà bello pensare che ho contribuito anch’io a realizzarli”.
Design facilitatore di innovazione
# 25 Il metodo progettuale secondo Bruno Munari
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Si tratta di un workshop di dieci giorni destinato a giovani designer provenienti
e vivranno insieme negli ambienti Lago per dare vita a nuove idee di prodotto: contaminazione e condivisione le parole chiave, che guidano anche la nascita dei prodotti Lago.
La vision Lago crede fortemente che l’innovazione nasca da pensieri originali e non convenzionali: per questo nei suoi workshop propone di partire da un brainstorming sui bisogni da soddisfare, prima che dai prodotti già esistenti. Durante i dieci giorni di soggiorno i ragazzi incontrano esperti e designer per controllare la fattibilità delle proposte e condividere le esperienze.
Lo scopo ovviamente è quello di creare una serie di relazioni durature tra Lago ed i futuri designer, i quali hanno a loro volta la possibilità di farsi conoscere da un’azienda che ha fatto della creatività il proprio credo: una vera e propria community di artisti, designer e creativi.
Lago produce mobili per tutta la casa, cercando di contaminarli con la vita delle persone che ne usufruiranno. Semplicità nelle forme, sottrazione come
il colore e la componibilità, qualità dei materiali e lavorazioni artigianali. Un aspetto ludico del design, fatto di sistemi semplici ma allo stesso tempo sorprendenti, di modularità e leggerezza delle forme: sono questi elementi a rendere immediatamente riconoscibile un prodotto Lago.
Tre principi guidano lo sviluppo dei prodotti: essi devono essere utili, solidi, e soprattutto devono contribuire alla felicità della casa che andranno ad arredare. Questo perché per Lago il Design “non è un luogo comune. E’ il nostro carattere, la nostra passione, è ciò che ci rende unici. Progettiamo prodotti pratici, solidi e felici offrendo ad ognuno l’opportunità di creare il proprio design”.
Anche in questo caso ci troviamo all’interno delle logiche della ricerca del design: “ricerca di ciò che è urgente (perché deriva da uno stato di necessità). Auspicabile (perché risponde alla spinta del desiderio), sperimentale (perché è guidato dal possesso di abilità tecniche), possibile (perché soddisfa condizioni di plausibilità)” [Zingale, 2009 : 131].
Un’azienda che ha adottato il sistema di produzione “Lean”: “il miglior risultato con il minimo sforzo”. Tutto è gestito partendo dal basso, cercando
Design come prodotto
# 26, 27 Lago Studio
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il consumatore non è disposto a pagare, come la disorganizzazione, i tempi morti, stoccaggio.
“Produciamo qualità, consapevoli che sarà tale quando sarà economicamente possibile a molti. Lago sa rendere accessibili le proprie idee”
Fondamentale per un’azienda che vuole emergere e affermare la propria identità nel sovraffollato mercato contemporaneo è la strategia di comunicazione. Lago ha saputo declinare i propri valori e la propria cultura d’impresa nella comunicazione interna aziendale, nella comunicazione istituzionale e nella comunicazione commerciale.
Di seguito le azioni che formano la strategia di comunicazione Lago, dove si può notare come la metodologia del Design pervada la vita dell’azienda,
Come abbiamo visto, il progetto Lago si muove cercando di non dimenticare mai l’uomo. Per questo la fabbrica è progettata come se fosse la casa di chi vi lavora: “perché l’uomo che crea è l’uomo che usa” .
“LagoFabbrica” si trova a Villa del Conte (padova) ed è stata progettata dall’architetto italiano Italo Chiucchini, concepita secondo i principali criteri di bioedilizia domestica. Qui si incontrano materie nobili inusuali per le industrie: sistemi architettonici a misura d’uomo creano sequenze armoniche di falde inclinate, travi in legno, mattoni e vetro, cotto, acciaio e alluminio.
“Immagina un po’ di colore dove tutto quanto è grigio. Immagina di passeggiare in una zona industriale, di poter scorgere la bellezza, o di poter animare lo sguardo dopo innumerevoli scorci di monotonia; bene, se riesci ad immaginare tutto questo puoi visualizzare la sede
da tutto quanto c’è attorno. LagoFabbrica è la non-fabbrica, pensata e concepita da un architetto che pur non avendo mai progettato una sede
l’aria di una casa. Per Italo Chiucchini era importante eliminare un certo standard di materiali: quindi niente scatole di cemento, ma mattoni,
Design come strategia e
comunicazione
1 | LAGO fabbrica
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blocco produttivo: in LagoFabbrica tutto è in continua comunicazione, anche con l’esterno. Perché qui, chi ci lavora, come chi viene solo per una visita, si deve sentire a casa”.
Oggi è indispensabile per un’azienda che voglia raggiungere un vasto numero di consumatori avere un sito web che sappia dare tutte le informazioni necessarie sui prodotti, che stimoli la curiosità, che sia chiaro, semplice e soprattutto che sia interattivo. Il sito www.lago.it rispecchia appieno l’azienda di cui è vetrina virtuale, con un layout che ricorda la modularità e i vivaci colori dei prodotti.
che fa la differenza sul mercato è l’attenzione alle esigenze del consumatore. Ecco perché Lago cerca do andare oltre al semplice ascolto per trasformarlo in dialogo e confronto attraverso lo studio su come arricchire e coinvolgere il consumatore nell’esperienza di migliorare il proprio vivere arredando la propria casa. In questa sfera rientrano il blog "Design Conversation ", primo corporate blog Italiano, e la “Lago Community”, il luogo dove discutere e condividere il design. Tutti strumenti utili a creare condivisione tra l’esterno e l’azienda, uno scambio di idee e opinioni. Questa attitudini inevitabilmente permea anche i prodotti Lago, che sono densi di relazioni e collaborazione: dei veri e proprio prodotti sociali.
Lago conduce continuamente progetti denominati “Lateral”, che vivono parallelamente allo sviluppo, alla produzione e al lancio di nuovi prodotti, cercando la partecipazione di Artisti emergenti ed università. Tra questi vanno segnalati “Art Waiting Room ”, la prima sala d’attesa di un’azienda trasformata in galleria d’arte, e “l’Appartamento-Lago temporary shop”, un progetto nato in occasione del Salone del Mobile 2009 che si colloca all'interno della
preposti alla vendita e al contatto azienda-consumatore-prodotto.
Lagostore sono i negozi monomarca che raccolgono il meglio della produzione LAGO per tutti gli ambienti della casa. Si trovano nei capoluoghi di provincia, nelle principali città turistiche e nei centri storici, con esperti di interior design come consulenti.
I Lago Point e Lago Space sono invece negozi selezionati che ospitano da 6 a 9 ambienti LAGO.
2 | Sito & Blogwww.lago.itBlog.Lago.itCommunity.Lago.it
3 Lagostore Point & Space
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Un progetto innovativo di reinvenzione degli spazi preposti alla vendita e al contatto azienda-consumatore-prodotto è l’Appartamento Lago: uno Showroom vivente, dove si possono provare dal vivo i mobili Lago nel contesto naturale per il quale sono stati progettati, cioè una casa autentica ed abitata da un padrone di casa pronto ad aprire la porta nuovi visitatori per fare loro scoprire e spiegare i prodotti Lago.
“Soggiorno, cucina, camera da letto, bagno, fuochi accesi, qualcosa sta cucinando, anche il forno è acceso, eppure c’è qualcosa di strano: niente da dire per l’ospitalità che è ottima, ma da quando sono arrivato sono rimasto spiazzato. Sono seduto sul divano e qualcun altro è in cucina che parla e chiacchiera. Aspetto e mi chiedono se per caso desidero qualcosa: un caffè, un bicchiere d’acqua, un aperitivo?
Accetto, va bene l’aperitivo. Il profumo, di quello che probabilmente sarà il pranzo, sa di buono, e in tutto l’appartamento c’è un’aria gradevole e ospitale. Qui la gente ci vive, e non mi stupirei se adesso vedessi entrare dei bambini che tornano da scuola e che appoggiando
di mangiare. Ed infatti eccoli entrare: sono due, un bambino e una bambina, appoggiano le cartelle, salutano i genitori e si siedono al mio
guardo stupiti e mi viene spontaneo chiedere loro se vivono lì, i bambini ridono, si guardano come se avessi fatto una domanda stupida, fanno sì con la testa e si rimettono a guardare i cartoni.
accompagnano alla porta la coppia arrivata prima di me, ora la mamma mi fa cenno di seguirla mentre il padre apparecchia la tavola.
Mi chiedono se per caso voglio fermarmi per il pranzo ed ancora non capisco. Qui tutto è arredato con mobili Lago - unico particolare che mi trattiene - ma io ero venuto solo per vedere dei mobili, perchè credevo di entrare in uno showroom e non in una casa abitata da una famiglia. Il pranzo era ottimo, e mentre cammino ancora sorrido al pensiero che in effetti era entrambe le cose. Era un Appartamento Lago”.
Il primo Appartamento è stato progettato e allestito in Zona Tortona per il Salone del Mobile 2009. Dopo il successo del primo esperimento ne sono nati altri sette in altrettante città d’Italia, e altri due sono in arrivo a Londra e Parigi.
4 Appartamento Lago
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Esemplare è l’appartamento di Brera, rinnovato nell’interior per il Brera Design District 2011 per mano si Salottobuono e Daniele Lago con il suo team.
Con l’Appartamento, l’azienda ha iniziato a indagare il design in modo sistemico e per farlo ha coinvolto appunto aziende che potessero dare un contributo importante in termini di know how, oltre che di prodotto: Listone Giordano, Glass, VitrA, Trend, e Lea Ceramiche, Hansgrohe e Smeg. L’intento è quello di allargare la visione sul design, evitando di focalizzarsi solamente sul singolo pezzo e considerare, invece, lo spazio come un sistema in cui gli oggetti d’arredo comunicano fra di loro.
Lago punta infatti ad avere, nel giro di pochi anni, una visione totale dell’abitare: rivestimenti, pavimentazione, illuminazione e così via per tutto ciò che tocca lo spazio abitativo.
l’arte assumono all’interno delle dinamiche aziendali Lago. I progetti Lateral spaziano dall’arte ai trasporti, dalla sostenibilità all’organizzazione.
“Sono un packaging artistico Lago, e lo sai che sono diverso dalle solite scatole? Non si vede che sono più bello e tutto decorato? E pensa che il disegno è stato pensato da un’artista. Qui alla Lago chiamano gli artisti per fare un sacco di cose, e hanno chiamato quest’idea Lateral.
Lo so che sembra una cosa strana ma è così, anche i calendari sono commissionati ad artisti, così come le decorazioni sui camion. Del resto se vieni in azienda ti accorgerai che è così, pensa che anche la sala d’attesa, invece di essere una semplice anticamera, diventa una vera e propria galleria d’arte con tanto di opere, mostre e inaugurazioni. Sembra pazzesco ma è così, l’hanno chiamata Art waiting room. E come se non bastasse, anche per aumentare il rapporto relazionale tra colleghi, hanno chiamato le Art Way of Thinking, un gruppo di artiste che lavora con l’arte relazionale. Alla Lago ci tengono, sono convinti - e secondo me hanno ragione - che l’arte è una di quelle cose in grado di migliorare l’Impresa”.
al sentire di artisti la realizzazione di un imballo d’autore, la Lago Packaging Collection. Si tratta di un modo originale per impreziosire le scatole che contengono i prodotti. L’imballo stesso diventa un’opera e non più un anonimo
5 | Progetto Lateral
# 28 Packaging artistico Lago
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pezzo di cartone.
dall’esigenza di esaltare la presenza lago nel punto vendita. Lagocalendario va infatti a ricoprire l’anta del box che contiene i cataloghi e i listini, portando e
nel 2006, è a cura di lagostudio.
Art Waiting Room è un contenitore di stimoli per cambiare l’esperienza dell’attesa in lago. All’interno della sala d’aspetto, dal 2008, ogni anno giovani artisti reinterpretano in forme sempre differenti i contenuti dell’attesa. Questo progetto è in collaborazione con la fondazione march. In questo modo l’arte e il design fanno un passo oltre l’autoreferenzialità e diventano relazione perché, oggi, l’interior design non può prescindere dallo studio dei legami tra persone, spazi, territorio.
Eghenter, a cura di Giulia d’Amaro Valle e Silvia Ferri de Lazara con Diego Paccagnella, all’interno del progetto A future love story – un distretto
identità, mobilità, sviluppo e servizi, per proporre una visione nuova dei luoghi pubblici e delle zone industriali, partendo dall’analisi di tutte le caratteristiche della zona industriale di Villa del Conte e dei Comuni del Camposampierese, e concentrandosi in un primo momento sul viaggio dei pendolari di tutte le aziende della area. Per ritrasformare luoghi deputati al lavoro e al passaggio in luoghi di partecipazione e di condivisione del vissuto vengono proposte strategie creative, nella speranza che si trasformino in nuove abitudini o che stimolino le relazioni tra le aziende.
L’indagine sui trasporti (tratte e orari di treno e bus, parcheggi, progetti
di chi a Villa del Conte lavora, abita e chi viene da fuori, genera una serie di interventi artistici mirati – Workstation (laboratorio dell’artista), Time Ticket (biglietto dove la destinazione è il tempo e non il luogo), Usucapio (sedili FS
furto), Fairway (campo di industrial golf realizzato tra le aziende), Mapcase (libreria-archivio a forma della mappa di Villa del Conte).
La mostra “Redesign Life. LAGO e il design delle Relazioni” curata da Scuola
6 | Art Waiting Room
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Italiana Design – PST Galileo all’interno di Creacity’10, che si è tenuta nell’Agorà del Centro San Gaetano di Via Altinate a Padova, dal 20 novembre al 8 dicembre 2010 fa parte del medesimo progetto Art Waiting Room . In collaborazione con ZOOPPA, LAGO ha proposto “Set Performance”, iniziativa partita con un contest online rivolto a tutti i videomaker. La partecipazione ha dato loro la possibilità di utilizzare la “casa” arredata LAGO, allestita al centro dell’Agorà come un set per girare idee divertenti e originali. Il contest ha raccolto 10.608 commenti,
raccolti da Lago e riprodotti nel corso di una mostra-evento di videomaking-videoart, durante il Fuorisalone di Milano ad aprile 2011. In mostra, i visitatori hanno visto i videomaker allestire il set con diversi oggetti di scena, invaderlo di cagnolini o gruppi musicali, e sono stati a loro volta coinvolti nei video come attori o comparse: dunque una mostra dinamica, vicina al concetto di performing art.
un particolare circuito sonoro dove 8 oggetti simbolo LAGO prendono vita. L’installazione e il piccolo quaderno/catalogo che ne raccoglie i testi
Lago in collaborazione con Artway of Thinking (associazione di artisti che opera secondo la community based-public art) promuove l’arte e la cultura come generatori di relazioni: dai progettisti agli operai, dalla segretaria al responsabile commerciale. L’obbiettivo è quello di migliorare l’ambiente di lavoro partendo dal rapporto tra le persone, per arrivare a progettare uno spazio ergonomico, dove individui e ambienti sono in sintonia: condizione fondamentale per costruire un futuro di eccellenza.
7 | Artway of thinking
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3.3 | IL DESIGN E LA COMPETIZIONE STRATEGICA DI UN TERRITORIO
dei ruoli che il design può assumere all’interno dei processi aziendali. Ora vedremo come le stesse tre declinazioni possano essere applicate alla città e al territorio. Infatti sia nella città che nel territorio si ha una triplice azione operativa del design, come protagonista della produzione industriale, motore dell’economia, come mediatore e facilitatore di innovazione, e come stratega della comunicazione perché la città contemporanea, immersa nell’era dell’economia dell’esperienza, possa avere un forte branding urbano, che ne affermi l’identità.
Abbiamo già visto anche che in tutto ciò i grandi protagonisti sono i distretti industriali, le cui imprese storiche si sono insediate nel territorio e ne hanno decretato lo sviluppo e il successo. Intorno ad esse il territorio ha costruito il
qui che è cresciuto il rapporto tra imprese e design, fondato sulla vicinanza e sulla prossimità, sulla coabitazione del medesimo territorio socio-culturale, e sul senso di appartenenza ad un comune sentire.
Il successo dei distretti industriali italiani, nordest in particolare, è dipeso
con saperi tradizionali artigianali, nonché dalla cooperazione delle imprese all’interno di reti di piccole e medie imprese specializzate, pronte a condividere
tacite ed inespresse:
nei libri di testo. Le convenzioni ed il linguaggio di questa conoscenza sono universali, seppure conosciute soltanto da coloro che hanno
conoscenza è il sapere locale, sedimentato nell’intelligenza, nella fantasia e nell’abilità degli uomini che vivono vicini, si scambiano notizie ed esperienze, lavorano insieme. Questa conoscenza si diffonde attraverso il fare ed il vedere fare, attraverso le chiacchiere informali […]. E questo sapere non può che essere radicato su un’area
in cui istituzioni particolari operano al servizio degli uomini, in cui codici
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 165
comportamento, stili di vita, percorsi di lavoro, aspettative si mischiano inestricabilmente con l’attività produttiva”. [Brusco S., in Cossentino F., Pyke F., Sengemberger W., 1997 : 215]
Proprio l’accesso a questi saperi taciti e sedimentati ha permesso alle aziende del distretto di innovare i loro prodotti senza investire esplicitamente in ricerca e sviluppo. Ovviamente è implicito nel termine “tacito” il radicamento di questo
trasferibilità o riconoscibilità. In tal modo essa è però elemento differenziante per l’impresa.
Sviluppo locale e valorizzazione territoriale sono alla base di molte delle politiche odierne di programmazione del territorio: basta pensare ai piani strategici e
artigianato, industria,…). Questi strumenti si fondano tutti sul riconoscimento
intendersi come leve su cui avviare processi di sviluppo locale attraverso un approccio integrato che tenga conto delle molteplici componenti territoriali. In quest’ottica è dunque necessario predisporre analisi approfondite delle
complesso, costituito da un insieme di beni tangibili e intangibili, e soprattutto di relazioni tra questi elementi [Caroli, 2006 : 140]. Gli elementi tangibili
struttura urbanistica, le infrastrutture pubbliche, il patrimonio immobiliare, il patrimonio culturale, i servizi pubblici, il tessuto produttivo, il mercato locale; gli elementi intangibili sono invece tutte le componenti immateriali utili alla
altri contesti. I principali sono: il genius loci, il sistema di valori civili e sociali, le competenze del tessuto produttivo e sociale locale, la qualità delle risorse umane, l’intensità degli scambi culturali ed economici con l’esterno, il grado di maturazione sociale, il livello di benessere e la sua distribuzione nella società,
Come nel caso di un prodotto industriale, è chiaro che il primo elemento di attrazione di un territorio è rappresentato proprio dalle sue caratteristiche e dal modo in cui esse interagiscono dando luogo a nuove sinergie. All’interno
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apporto in termini di contenuti e di metodo al programma di sviluppo. Questo grazie ad alcuni aspetti concettuali impliciti della disciplina del marketing, riassunte da Caroli [2006 : 40] in quattro punti:
-promuovere e distribuire prodotti o servizi in grado di soddisfare clienti attuali o potenziali;
-attese di determinati consumatori, per raggiungere gli obiettivi di medio
- il marketing può intendersi come collegamento sensibile tra impresa e contesto di riferimento;
-agli stakeholders esterni.
-
un orientamento strategico e stimolarne l’attuazione. La sua azione si manifesta su due piani:
- lo sviluppo di una visione integrata degli elementi che compongono l’offerta territoriale, da cui dipende l’attrattività del territorio. In tal modo le caratteristiche tangibili e intangibili del territorio diventano un insieme di servizi integrati che creano valore.
- fornisce gli strumenti operativi e di metodo attraverso cui valorizzare gli interventi di marketing di ciascuna area di interesse.
Ora torniamo però al nostro campo di indagine: il design per la competizione strategica del territorio. Uno degli aspetti caratteristici del design è quello di attribuire ai prodotti un’identità, un valore. Questo ruolo si basa sulla ricerca di elementi distintivi, e rimane lo stesso sia che si riferisca ad un oggetto che ad un servizio. Nel sistema contemporaneo, così come si trasformano le condizioni culturali, sociologiche e storiche, anche la natura dei prodotti è in continua trasformazione. Il design a questo punto è fondamentale sia come metodo di indagine della realtà contemporanea, che come processo progettuale vero e proprio, in grado di condurre alla realizzazione tanto di oggetti d’uso quotidiano, quanto di spazi, architetture e allestimenti, capaci di rispondere al bisogno di identità culturale della società. Ecco che il sistema
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prodotto (cioè il processo integrato di prodotto, servizio e distribuzione che
viaggio, un’azienda o addirittura un territorio. E sono proprio i territori che con
sempre nuove strategie per posizionarsi sul mercato mondiale e attirando a
Nasce quindi la necessità di creare valore per i luoghi attraverso il design.
Francesco Mauri [1996] chiama questo fenomeno cultural design, cioè il design per il sistema-prodotto città, la cultura e il valore del luogo.
Nello scenario della globalizzazione dei mercati e internazionalizzazione delle culture, tra gli aspetti più importanti che emergono, sono le nuove forme di competizione tra città e luoghi, sia come risposta a un turismo planetario alla portata di molti, sia come risposta all’omologazione attraverso la valorizzazione delle diversità e tradizioni delle culture locali.
In questo quadro il “sistema-prodotto cultura” e il valore del luogo divengono uno dei fattori decisivi della competizione e, insieme alla qualità dello spazio e dei servizi rivolti ai cittadini, della progettazione di un “sistema-prodotto città” adeguato al contesto sia locale che internazionale. Il design qui diviene elemento del rapporto tra impresa e società, fattore decisivo di un sistema economico competitivo su scala mondiale. Esso non si occupa solamente di proporre prodotti e servizi capaci di rendere il valore “luogo” un plus competitivo sul mercato globale, ma anche di integrare i differenti attori coinvolti e coinvolgibili. Da una parte le imprese, dall’altra la città, i luoghi-valore, le istituzioni e le amministrazioni pubbliche impegnate sul fronte del marketing territoriale e urbano. Da queste partnership possono scaturire una molteplicità di eventi e occasioni dove il cultural design si inserisce come catalizzatore e promotore di creatività, energie, discipline e competenze, coordinandoli in un progetto di valorizzazione del luogo. Quindi il Cultural Design è innanzitutto cultura e metodo progettuale: la novità sta nell’aver individuato le possibilità progettuali del design per aiutare i territori a riattivare le risorse competitive insite nella propria cultura, per ri-generare valore.
Ciò che è cambiato negli ultimi venticinque anni è la consapevolezza del ruolo indispensabile della cultura per lo sviluppo, sia delle singole persone che dei territori. Essa infatti è un potente veicolo nel comunicare lo spirito e l’essenza
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del paese, che può creare connessioni tra l’interesse per un luogo e la vita in quel luogo stesso. [Amari, 2006]
A partire da queste considerazioni negli anni novanta si è diffuso il Cultural Planning, che si caratterizza per una interpretazione ampia del fatto culturale, per un approccio strategico collegato con le tematiche dello sviluppo locale. La cultura qui presa in considerazione è il risultato di una scelta, che contribuisce a conferire ai soggetti una identità e, al tempo stesso, i cittadini vivendo attivamente il fatto culturale modellano su di esso la propria identità. L’interazione tra simboli urbani e l’agire degli abitanti contribuisce a costruire l’identità culturale dei soggetti e, insieme, l’identità dei luoghi. La cultura e venuta sempre più caratterizzandosi come uno degli aspetti della costruzione sociale del patrimonio simbolico urbano. Una fonte dell’immagine è data dai luoghi, dagli spazi, dai manufatti che accolgono i fatti culturali. Il
che si attribuiscono nel tempo ai luoghi stessi. Questa costruzione sociale del simbolismo urbano conferisce alla città un carattere tipico e peculiare che la
storico-sociali, ma anche come insieme di codici formali e semantici che fanno parte dell'eredità d'immagini che ogni luogo lascia di sé” [Gaddi, 2010 : 95].
Come un testo, infatti, la città può essere letta, analizzata ed interpretata. Il territorio stesso viene valorizzato nel momento in cui possiamo comunicarne luoghi e paesaggi, che vanno conosciuti e letti alla luce della loro identità e dei segni di chi li abita. Così come il cultural planning, inteso come uso strategico delle risorse culturali per lo sviluppo urbano e la comunità, induce a costruire una rete di relazioni tra le risorse culturali, chi si occupa di
culturali su scala urbana può far emergere questi segni della cultura, e non far perdere il contatto ed il dialogo tra i luoghi del quotidiano e gli abitanti di
trovarsi, conferendole lo status di luogo di scambio. Di merci, di saperi, di arte, di cultura, di esperienze uniche.” [Trocchianesi, 2004 : 49-66]
Se inizialmente il design tendeva all’ottimizzazione della produzione industriale, slegando di fatto progetto e prodotto dal contesto territoriale, nel mondo contemporaneo esso si deve confrontare con le dinamiche di
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globalizzazione e con la necessità di distinguersi, tanto che la localizzazione della produzione rappresenta oggi opportunità ed elemento di successo. In tal modo vengono valorizzate le caratteristiche di un determinato contesto, i valori della cultura locale, dei luoghi e delle persone: tutto ciò diviene una condizione progettuale. Il design contemporaneo cerca quindi di mediare la logica della standardizzazione di processo, con un approccio che tenga conto del contesto sociale ed economico. Come scrive Eleonora Lupo [2009]
spazio ibrido, tra locale e globale, di merci e conoscenza”.
Già Maldonado nel 1983 affermava: “il disegno industriale […] emerge come un fenomeno sociale totale. Vale a dire che appartiene a quella categoria di fenomeni che non si possono esaminare isolatamente, ma sempre in relazione ad altri fenomeni con cui costituiscono un unico tessuto connettivo” [Maldonado, 1983]. Quindi la capacità di fare sistema propria del design strategico ha una caratteristica che la contraddistingue, che è quella di sentire i bisogni locali e vedere le opportunità offerte da un territorio. In questo modo il design strategico recupera qualità profonde, valorizza saperi, connette contesti locali con reti e risorse di conoscenza globali.
Oggi si sta inevitabilmente affermando un nuovo equilibrio tra impresa e contesto locale, per cui vanno cercate nuove complementarietà e posizioni di incontro. Il territorio è un importante contenitore e attrattore di saperi e
Questo patrimonio va ora rinnovato alla luce dei cambiamenti epocali che sono avvenuti negli ultimi decenni, ripensando le fonti della creatività, facendo
2005 : 108]
genius loci, poichè da una sostanziale indifferenza ai luoghi, si è passati ad una visione del territorio come contesto in cui il progetto si inserisce, oltre che come stimolo ed elemento di valore. La dimensione territoriale, nel contesto di produzione contemporaneo, diventa opportunità e responsabilità di progetto,
di un contesto, dei luoghi e delle persone che vi risiedono [Lupo, 2008].
Ma se la dimensione locale diviene opportunità di progetto, allora “progettare
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di contesti locali […]: il progettista rappresenta e allo stesso tempo interpreta,
scoprire possibilità già inscritte nelle cose esistenti” [Dematteis, 1995]. In questo caso il territorio diviene oggetto di progetto, e si può parlare di design del luogo.
Si è quindi passati dall’osservare il territorio come contesto di design, al considerarlo come oggetto di design. Ciò è conseguenza di quanto detto in precedenza in merito al design contemporaneo, il quale ha ampliato progressivamente il concetto di prodotto verso dimensioni sempre più estese,
(basti pensare al design strategico, al design dei servizi, al design per lo sviluppo territoriale). Inoltre, per effetto della globalizzazione e dei nuovi scenari economici, il concetto di luogo si avvicina sempre più al concetto di merce, divenendo così un importante attore economico.
Assistiamo ad un duplice fenomeno: da un lato i luoghi del mondo diventano sempre più simili tra loro per effetto dell’omologazione, dall’altro si ha una reazione di nostalgica recessione a fondamentalismi identitari. In questo contesto il design rappresenta una intersezione tra dimensione locale e dimensione globale, connessa alla valorizzazione sostenibile delle risorse locali. Nella valorizzazione del territorio il design diventa non solo un progetto di sviluppo, ma anche di rigenerazione e ridistribuzione del valore del luogo stesso, in un modo rinnovato e più attivo, così da generare nuovi legami con la comunità. Il risultato ideale sarebbe una condizione di equilibrio tra il
in questo modo si potrebbe generare nuovo senso del territorio e della sua comunità.
Negli ultimi anni i temi dell’innovazione e della competitività sono stati ampiamente trattati anche dalle istituzioni locali, che si stanno ora
studiate di rilancio della competitività attraverso il design, forse proprio
importante però che si capisca quanto il territorio continui ad essere una fonte di stimoli e di risorse per le nuove professionalità che vanno affermandosi, e come questa rivoluzione anche culturale possa incidere sul futuro del sistema sociale. Inevitabilmente il passaggio da una cultura manifatturiera ad una più orientata alla conoscenza e alla produzione immateriale farà emergere una
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nuova classe di creativi, che dovrà convivere con la società locale.
Il design può effettivamente essere una delle linee possibili di rinnovamento del Nordest, così come lo è stato in passato per l’affermazione di molte delle nostre imprese in contesti internazionali; tutto dipende dalla disponibilità a rimettere in gioco un intero sistema produttivo e sociale, e dalla disponibilità a confrontarsi e contaminarsi vicendevolmente.
Sintetizziamo i tre ruoli che, così come per le imprese, può assumere il Design nei processi di generazione di valore per il territorio:
Il Design come mediatore e facilitatore si pone a cavallo delle diverse realtà del territorio, sfruttandone le conoscenze tacite ed esplicite per ricomporle e farle dialogare tra loro. In questo modo il design opera dall’interno e genera nuove sinergie e legami trasversali: è questo il motore dell’innovazione. Centrale in questo processo è il concetto di rete, per unire formazione, ricerca e progettazione per dare luogo a idee e soluzioni nuove.
investire sia in innovazione (di prodotti, processi, relazioni) che in formazione del capitale umano. Il design infatti può proporre punti di vista inediti di lettura della realtà, nonché di creazione e ideazione di strategie. In tal modo si incrementano la creatività e lo sviluppo, contribuendo alla generazione di valore, e aumentano anche la capacità critica e la consapevolezza di chi vive
di conseguenza le capacità di risolvere i problemi in modo inedito. Si è così innescato un processo virtuoso che coinvolge la popolazione e le aziende, di crescita delle capacità progettuali, della formazione all’uso di diversi linguaggi, di partecipazione alla costruzione e condivisione di valori.
Il progetto che illustriamo qui sotto come caso studio - INNOV(E)TION VALLEY - evidenzia l’importanza della contaminazione tra il patrimonio creativo e innovativo, e la necessità di riconoscerlo come risorsa da sfruttare e valorizzare,oltre che da comunicare. I presupposti e gli assunti che animano questo progetto costituiscono già una base importante per l’evoluzione del
Design MEDIATORE & FACILITATORE
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INNOV(E)TION VALLEY: LA VALORIZZAZIONE DEL NORD EST COME FUCINA DI INNOVAZIONE E CREATIVITÀ
Il termine INNOVeTION VALLEY è un neologismo che in
fortissima concentrazione di industrie della creatività e dell’innovazione, una rete di 450 mila imprese tra il mondo del fashion, del design e della tecnologia, e “VALLEY” si riferisce all’estensione. Una vasta regione che coincide con il Nordest d’Italia, un territorio che non ha una città principale, perché la densità di protagonisti e di centri importanti che gravitano attorno alle sue province – come Venezia o Trieste, Treviso o Vicenza – è tale da non consentire soluzioni di continuità. Un’unica, vasta area metropolitana con circa sei milioni di abitanti. I suoi protagonisti sono gli innovators.
Un territorio dove le aziende hanno una naturale familiarità con la creatività,
e la cultura contemporanee convivono con gioielli architettonici di fama internazionale. Ma allo stesso tempo un territorio dove la forza competitiva
di concertazione tra territorio, istituzioni e imprese capace di aprire nuove vie all’eccellenza e di proporre processi culturali in grado di produrre senso. Solo attraverso lo scambio e l’interazione tra aziende, istituzioni e cultura contemporanea si potrà produrre innovazione, e aprire la porta all’inaspettato, ad esperienze di qualità per il singolo e per la collettività.
INNOVeTION VALLEY è un progetto ideato da Cristiano Seganfreddo e prodotto
composto da: Flavio Albanese (ex direttore di Domus e presidente di ASA Studio Albanese), Marco Bettiol (ricercatore, Università di Padova e Venice International University), Massimiano Bucchi (professore di Sociologia della
Observa), Luca De Biase (giornalista e scrittore, responsabile di Nova24/Il Sole24Ore), Maria Luisa Frisa (direttore del Corso di Laurea in Design della moda, Università IUAV di Venezia), Stefano Micelli (professore di Marketing all’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore di Venice International University), Pier Luigi Sacco (professore di Economia della cultura all’Università
[Caso studio]
Il progetto
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(direttore di Fuoribiennale), Camilla Seibezzi (curatrice indipendente). La Regione del Veneto, in qualità di massimo organismo politico e territoriale, dà il suo supporto a INNOVeTION VALLEY. Il progetto, inoltre, dialoga costantemente con le istituzioni (comuni e province), le associazioni di categoria, le imprese, il mondo della cultura e tutti i soggetti attivi sul territorio, che ne condividono
Innovetion Valley nasce dall’idea che il Nordest sia un territorio di eccellenze ricco di creatività e di spirito imprenditoriale. Un territorio composto da piccole e medie aziende che hanno prodotto fatturati impressionanti, e che oggi, nell’affrontare la crisi, si chiede quali siano i cambiamenti da attuare, a livello micro e macro, per risultare contemporaneo. In una fase di calo dei consumi e saturazione dei mercati, quest’area deve oggi confrontarsi con nuovi scenari, ma per far ciò servono nuovi strumenti, idonei ad affrontare un
tra le aziende e il territorio in cui sono radicate, l’interazione tra il contesto economico e quello sociale e culturale di eccellenza, per essere in grado di favorire creazione di nuovi prodotti e processi di alta qualità.
per dare corso ad una nuova fase che miri alla creatività e all’innovazione come obiettivi primari, facendo tesoro delle ricchezze e del know how già presenti nel territorio. L’idea è di riuscire a far convergere le singole storie in
da stimolo per la collettività.
Un progetto come questo non può che nascere dalla conoscenza approfondita del proprio territorio e delle variegate realtà locali, alla ricerca della creazione di un network in cui riconoscersi, e soprattutto capace di dare una nuova autorevolezza internazionale. Un network che scaturisce dal bisogno di codici comunicativi e valoriali comuni, tra settori e persone che, pur vivendo nello stesso territorio, hanno spesso seguito strade e obiettivi non confrontabili.
eccellenze del Nordest per mettere in atto dei processi innovativi, che riescano a mettere in gioco il territorio e le sue aziende, e generare nuove azioni e comunicazione. Un territorio che sappia pensarsi e agire come sistema, che favorisca progetti sperimentali, e in grado di coltivare e far vivere i suoi talenti.
# 29, 30 Innov(e)tion Valley, logo
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l’Adunata del Contemporaneo, avvenuta nel settembre dello stesso anno a Bassano del Grappa: un grande evento che ha chiamato a raccolta migliaia di creativi nella città degli Alpini per eccellenza.
Il logo è composto da sette esagoni; ognuno rappresenta una delle categorie sulle quali si concentrano le attività di Innovetion Valley: moda, arte, design, architettura, attività performative, tecnologia e ricerca. Sette linee guida del territorio, che intersecandosi danno vita a una sorta di mappa metropolitana
nuovo Nordest.
INNOVeTION VALLEY mette in rete imprese ed istituzioni pubbliche e private, cultura e ricerca, innovazione e tradizione, con la realtà sociale e territoriale.
INNOVeTION VALLEY è un vero e proprio attivatore e dispositivo sociale, culturale, politico ed economico.
INNOVeTION VALLEY produce e crea un territorio, agendo con il tema dell’innovazione e della creatività sulla società e sul sistema imprenditoriale, con particolare riferimento ai giovani.”1
Il Manifesto riporta anche gli obiettivi di Innovetion Valley:
“Aumentare e diffondere la visibilità del territorio, dei servizi e dei prodotti della rete creativa, culturale, economica del Nordest sotto un unico nome: INNOVeTION VALLEY.
Creare un contesto culturale contemporaneo e internazionale che diventi attivatore del sistema economico e sociale del territorio.
Creare un territorio attrattivo per investimenti economici e culturali e per la classe creativa internazionale.
1 Mission, tratta dal Manifesto pubblicato su The Innovation magazine issue 3
Il logo
Mission
Manifesto
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Creare un network avanzato di aziende, artisti, designer, creativi e innovatori.
e attivare progetti sperimentali per una forte competitività in contesti globalizzati.
Creare una corporate image condivisa del Nordest in ragione della quale un prodotto o un servizio venga immediatamente ricondotto all’Innovetion Valley.
Attivare la rete giovanile attraverso i temi dell’innovazione e della creatività.
Tutti questi obiettivi sono perseguiti con una serie di attività, che consentono di interagire trasversalmente con i molti stakeholder, a livello locale, nazionale e internazionale. Innovetion Valley si muove sia verso l’interno per creare una awareness condivisa, sia verso l’esterno, per promuovere il Nordest come territorio competitivo a livello nazionale ed internazionale.
-visibilità a decine di innovators nel campo della moda, del design,
in 100.000 copie, che racconta in modo inedito il territorio nord est; la collana editoriale che approfondisce i casi di eccellenza, di luoghi, persone e aziende; l’annuario cartaceo con la mappatura aggiornata degli innovators, divisi per settori e aree territoriali.
- mappature. Le mappe degli innovators del Nordest realizzate in occasione della partecipazione di Innovetion Valley ad eventi nazionali e internazionali. Le mappe realizzate ad hoc (vedi New York e Fuorisalone 2009) diventano strumenti utili a valorizzare la presenza dell’industria creativa in tutti gli appuntamenti di rilievo nelle città più importanti del mondo.
- eventi. Innovetion Valley organizza mostre, installazioni ed eventi per promuovere la creatività del territorio, per presentare le novità più
di promozione del Nord Est durante i maggiori eventi internazionali, come l’Expo di Shangai 2010, ed eventi legati alla creatività e all’innovazione, come i Fuorisalone di Milano, la Biennale di Venezia e Bread and Butter di Barcellona.
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- conferenze. Creative R’evolution è il ciclo di incontri che ogni anno affronta tematiche legate al contemporaneo, tra arte, moda, design, architettura, ricerca. Incontri aperti al pubblico con protagonisti di alto livello. Nei vari incontri si sono alternati, tra gli altri: Albanese, Cibic, Gilles Clément, Chiara Bertola, Antonio Marras, Francesco Morace, Giusi Ferrè.
- piattaforma web. Un sito realizzato per garantire visibilità a Innovetion Valley e ai suoi progetti, ma anche per informare sulle iniziative più interessanti e sperimentali nel campo dell’arte, del design, dell’architettura, della ricerca, della tecnologia. Una piattaforma dove trovare indicazioni e aggiornamenti, un blog, un magazine, una mappa.
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Come attore e attivatore, il design è partecipante attivo dello sviluppo e della valorizzazione del territorio. Per far ciò esso agisce direttamente sui prodotti, sia materiali che immateriali. Qui nasce il legame tra un prodotto industriale e la sua terra, per cui gli oggetti non sono più materiali neutri, ma traggono valore anche dal fermento culturale in atto nel luogo in cui vengono prodotti. Come è stato già detto, in questo ruolo il design si rivolge al suo interno, trasformando la dimensione locale in opportunità di progetto, e costruendo
guidato nella costruzione o rigenerazione del proprio mondo di valori, grazie anche al repertorio di contenuti, di relazioni e di senso che il design stesso contribuisce a creare.
Possiamo a questo punto introdurre anche il concetto di brand di un territorio,
aspettative ed emozioni, attorno a determinati segni di riconoscimento. Se da una parte il brand deve rendere un luogo riconoscibile in termini di
l’immagine di un luogo, tracciando nuove possibili traiettorie di sviluppo. In questi termini il concetto di brand contiene in se stesso una visione
che costruiscano l’immagine del luogo, la sua identità e unicità in rapporto ad
può paragonare ad un magnete. Come i magneti infatti, i progetti di branding
investitori, rispetto, attenzione, …), trasferiscono il magnetismo ad altri oggetti (ad esempio, il magnetismo del Made in Italy contagia prodotti e singoli italiani, e li rendono attraenti anche se considerati fuori dal loro contesto), portano ordine all’interno del caos [Anholt, 2005]. Allo stesso modo una politica di
obiettivi tra i vari stakeholder.Il presupposto è quello da cui siamo partiti, cioè che il luogo è un oggetto di valore, e che in quanto tale può anche generare emozioni in chi vi vive, vi transita o decide di addentrarsi vero la scoperta della sua “anima”. Per valorizzare un territorio perciò agire come moderni Marco Polo, per cercare di “scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi. Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di ricordi, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio (…) ma non solo scambio di merci, sono scambio di
Design ATTORE & ATTIVATORE
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Un caso di successo in termini di costruzione del brand è senza dubbio il
preziose risorse di un territorio. Attraverso valide politiche di marketing territoriale il Trentino, ma anche il vicino Alto Adige, hanno saputo creare un
nello scenario competitivo, non legandola a prodotti o aziende immagine, ma a segni distintivi facilmente riconoscibili dall'esterno.
Se consideriamo invece il Nordest nel suo insieme, a livello internazionale non esiste un brand riconosciuto. E a livello nazionale, posto che vi sia, è sinonimo di capannoni, imprenditori tanto dinamici quanto ignoranti,
però è associata solamente alla Laguna, alle gondole e, forse, alla Biennale. I cambiamenti all’interno di questa regione sono stati però tali da necessitare ora di una nuova narrazione che ne ricostruisca l’identità e che la ricollochi nelle dinamiche mondiali come polo di innovazione e creatività: parliamo infatti
culturale.
Quando parliamo di identità locale, stiamo considerando un elemento vivo ed in trasformazione, che per sopravvivere ha bisogno di essere continuamente ricreato e trasmesso attraverso relazioni attive che capaci di generare
possono rinnovarsi e divenire dinamici, per dialogare nei contesti ampi della globalizzazione. Ecco perché l’identità territoriale è il punto di partenza di ogni ipotesi progettuale di sviluppo e valorizzazione dei luoghi. Francesco Zurlo sostiene che “l’identità di un territorio è una scelta di progetto” [Zurlo, 2003], che si costruisce a partire da un patrimonio di valori territoriali. Valori che vanno innanzitutto riconosciuti e condivisi da tutti gli attori locali, in modo che dalla consapevolezza interna si passi alla riconoscibilità esterna.
La costruzione dell’identità di un territorio è un cammino lungo e complesso. Il compito del design è quello di ideare un processo strategico che sappia unire azioni a breve termine insieme con progetti a lunga durata. In tal modo i lunghi tempi di sedimentazione della nuova identità possono essere mediati e resi percepibili dall’insieme della comunità. Si tratta in questo caso di design per il luogo, dove si costruisce una vision, si attuano valori condivisi e si cerca di
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TRENTINO: QUANDO UN TERRITORIO DIVENTA BRAND
identità rispetto ai target individuati. L'affermazione di un brand comporta una serie di effetti positivi come il riconoscimento di quel prodotto da parte del
Il Trentino ha saputo cogliere già dagli anni ’90 l’importa del marchio, applicandola al proprio territorio che si stava incamminando verso una strategia di marketing territoriale.
Il Trentino Alto Adige è regione a statuto speciale con una popolazione di circa 940.000 abitanti, distribuiti su di un territorio che non supera i 14.000 km. Tutto il mondo conosce il suo patrimonio naturalistico senza uguali, riconosciuto anche dall’UNESCO che il 26 giugno 209 ha dichiarato le Dolomiti Patrimonio dell’Umanità.
dal turismo, nel 2002 la giunta provinciale di Trento ha dato il via ad un programma di marketing territoriale le cui linee guida prevedono la presenza di un unico marchio territoriale a rappresentare l’offerta dell’intera provincia. Il marchio unico permette al Trentino di promuoversi attraverso un’immagine
costituiscono l’offerta.
Ecco quindi che il simbolo della farfalla,già in uso dagli anni ’80, viene declinato in diverse colorazioni a seconda del settore di riferimento, a rappresentare l'offerta dell'intera provincia, indipendentemente dal settore di appartenenza.
Nel piano vengono individuati quattro assi di attrattiva: turismo, agricoltura, cultura, produzioni di nicchia e di elevata specializzazione. La scelta di un marchio unico ha permesso alla provincia di promuoversi attraverso
quei prodotti e servizi che ne costituiscono l'offerta. La concessione del marchio viene disciplinata attraverso un regolamento, nel quale vengono
La gestione del brand “Trentino” e di tutte le attività legate alla promozione
viene dato l’incarico di stabilire a quali soggetti ed operatori del territorio può
[Caso studio]
# 31 Trentino, logo
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essere concesso l’uso di tale marchio.
Uno dei principali mezzi di comunicazione studiati per promuovere la complessa offerta turistica dell’area è il sito web www.visittrentino.it.
Il portale fornisce un’informazione continua ed aggiornata su tutto quello
turistica con le offerte commerciali dei diversi operatori economici, che
autorevole.
Il sito in otto lingue, molto ben strutturato, intuitivo nella navigazione e chiaro nella fruizione dei contenuti, e rappresenta una valida porta d’accesso per chiunque voglia conoscere e visitare questa regione.
Il processo di costruzione dell’identità del marchio “Trentino” passa
prestigiose agenzie pubblicitarie come la J. Walter Thompson e Leo Burnett (dal 2008).
periodicamente su www.trentinospa.info per rendersi conto dell’importante lavoro fatto dal 2002 ad oggi, anche per “esportare” il marchio Trentino in Europa.
Il trentino ha investito molto anche su un altro importante strumento di
lungo tutto l’arco dell’anno, che svolgono un’importante funzione di
dell’economia” o al “Trento Film Festival”, dedicato al cinema della montagna.
Un piano marketing così strutturato deve poter valutare i risultati delle proprie attività. Tra questi, ogni sei mesi viene redatto un Report che presenta sia i dati quantitativi riguardanti arrivi e presenze turistiche in Trentino, sia informazioni ed elaborazioni qualitative, inerenti sia gli andamenti turistici, sia il comportamento degli ospiti, le dinamiche domanda - offerta, fenomeni
particolare interesse.
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 181
Da queste ricerche emerge chiaramente il posizionamento del Trentino nell’immaginario di turisti e consumatori. Al territorio sono attribuite particolari caratteristiche d'integrità e naturalità dell'ambiente e, per quanto riguarda i prodotti, un’idea che evoca associazioni positive di bontà, genuinità e tipicità. Questi risultati positivi sono probabilmente merito di un’offerta turistica integrata, che negli anni ha dimostrato di essere in grado di valorizzare tutte le potenzialità del territorio: la natura incontaminata, la proposta culturale, le terme, il benessere, l’enogastronomia.
La conclusione dell’analisi di questo studio appare quasi ovvia: le strategie di comunicazione possono rivelarsi fondamentali nel processo di sviluppo
coordinamento nel medio-lungo periodo, dell’intero sistema delle risorse che operano su tale territorio.
# 32, 33 Campagna pubblicitaria Regione Trentino, 2006
182 | TITOLO TESI
strategia e comunicazione, il design contribuisce al processo strategico di sviluppo e valorizzazione con la sua capacità di veicolare messaggi attraverso strumenti multipli e interdisciplinari.
Il processo metodologico di design per il luogo descritto poco sopra passa attraverso tre fasi. Le prime due attingono al ruolo del design come attore,
un posizionamento competitivo, e si pone nell’ottica di una analisi critica dell’esistente, del proprio patrimonio valoriale, materiale e immateriale, per un utilizzo sostenibile delle risorse. La terza fase invece rimanda al design strategico, degli scenari, della comunicazione, poiché è qui che il territorio viene letto, interpretato, visualizzato, per costruire ambiti di senso condivisi, promuovere forme di progettazione partecipata, trasformare le visioni in
Il design si pone così sia come regista del processo, agendo con tecniche e
In questo contesto ha un grande valore la progettazione partecipata, perchè condividere obiettivi, valori e metodi è presupposto essenziale per dare vita ad una sentita coscienza e adesione collettiva alla strategia.
Design STRATEGICO e della
COMUNICAZIONE
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 183
LA COMUNICAZIONE COORDINATA PER I TERRITORI: SOUTHAMPTON LEGIBLE CITY
Nel processo di rigenerazione del valore di un territorio gioca un ruolo fondamentale anche il modo in cui esso si comunica e si presenta, ai suoi abitanti come agli avventori. Per questo la progettazione dell’immagine visiva della città ha una grande importanza in termini di trasformazione e rappresentazione dell’identità del luogo. Non si tratta di un’azione semplice poiché si tratta di calarsi in uno spazio vissuto, con le sue caratteristiche e
considerare il contesto contemporaneo, sovraffollato di rumori, immagini,
pensate da enti e società diverse e quindi non hanno un coordinamento formale comune. Può trattarsi anche di oggetti disegnati da famosi designer, posti accanto ad oggetti che non hanno dietro di se un pensiero formale, ma solo funzionale.
Calandoci quindi nel sistema visivo urbano nel suo complesso, è interessante esaminare il progetto di City ID del 2006 per la città di Southampton.
Da qualche anno Southampton ha intrapreso un deciso rinnovamento urbano, mettendo da parte il proprio ruolo di nodo dell’industria pesante e di centro
favorire una nuova economia dei servizi e del turismo. L’obiettivo del progetto di comunicazione era quello di connettere tra loro le diverse anime della città: porto, centro storico e università.
Legible City degli anni Novanta, è stato realizzato dallo studio City ID per i vari utenti della città, a partire dalla visualizzazione di scelte e scenari alternativi.
della comunicazione: la segnaletica turistica, le mappe, gli opuscoli. Oltre alla visualizzazione e leggibilità delle informazioni, il progetto ha prestato molta attenzione all’impatto ambientale degli artefatti, nell’ottica di una rivitalizzazione complessiva del tessuto urbano. A questo proposito erano già state programmate le modalità di ritiro e smaltimento dei manufatti ben prima della loro installazione. Ecco quindi che il ruolo trasversale del design
[Caso studio]
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torna prepotentemente a galla, dimostrando come il progettista, oggi, sia chiamato a confrontarsi con un ampio spettro di problematiche e competenze mutlidisciplinari, che però, grazie ai processi e alle metodologie che gli sono propri, egli è in grado di governare. Il design come comunicazione viene in questo caso in aiuto alla gestione del cambiamento e alla sua visualizzazione,
migliorare l’immagine, l’identità e l’esperienza della città, rivolgendosi ai residenti, ai turisti e ai city user, nonché a ipotetici investitori, invitandoli a scoprire la città e le sue attrazioni con un sistema integrato di informazioni.
I cambiamenti che stanno attraversando la città sono un segno evidente della
Nello spirito del Southampton City Council, che ha commissionato il progetto a City ID, Southampton Legible City avrà un ruolo di prim’ordine per:
- Riconnettere la città al suo waterfront, e allo stesso tempo invitare alla scoperta dei quartieri nascosti e delle loro peculiarità come luoghi in cui comprare, incontrarsi, rilassarsi, fare sport;
- Promuovere l’utilizzo trasporto pubblico sostenibile, riorganizzato per connettere servizi, attrazioni e luoghi del lavoro;
- Incoraggiare le persone ad esplorare la città a piedi, grazie a percorsi pedonali sicuri e di alta qualità urbana, con un sistema informativo accessibile dove e quando necessario.
Tutti i nuovi servizi di informazione e segnaletica sono quindi ben riconoscibili, e ciò rende Southampton più accogliente, facile da percorrere e piacevole da vivere. Ciò che si voleva ottenere era un miglioramento della qualità degli spazi urbani grazie all’approccio del design.
mappa cartacea per mostrare sia le aree principali della città, sia le aree centrali per lo shopping. Il tutto accompagnato da un sistema di segnaletica sviluppato da Endpoint e realizzato da Wood&Wood: mappe parziali e un diagramma del centro città per aiutare i fruitori all’orientamento. Queste mappe fungono sono un elemento visivo ricorrente, capace di dare ordine e
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 185
riconoscibilità agli spazi. Allo stesso tempo, grazie alle illustrazioni di Russel Bell, esse diventano veri e propri contenitori di informazioni, che indicano dove fare acquisti, bere, mangiare o rilassarsi, e incentivano alla scoperta di percorsi a piedi o in bicicletta.
Southampton Legible City è stato studiato per rispondere alle necessità di target diversi: chi deve muoversi velocemente e trovare i percorsi più brevi per raggiungere punti della città, ma anche chi vuole scoprire ed esplorare la città, magari da punti di vista inediti.
Questi nuovi sistemi informativi usufruiscono di molteplici canali comunicativi: web, mobile, carta stampata, segnaletica e le persone stesse.
Il sistema di comunicazione visiva include il design di una serie di elementi
semplice da maneggiare e utilizzare. Ovviamente tutti questi elementi sono stati progettati a partire dai colori, le forme, le texture e i materiali della città.
Un primo progetto pilota è stato allestito in London Road per testarne
186 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 34 Southampton Legible City, schemi di interazione con i potenziali servizi e prodotti Fonte: City ID and Southampton City Council, August 2008
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 187
188 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 35, 36 Southampton Legible City, il sistema della comunicazione integrata, colori
# 38 Southampton Legible City, il sistema della comunicazione integrata, pittogrammi
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 189
# 39 Southampton Legible City, progetto pilota in London Road
190 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 41 Südtirol, logo
# 40 Südtirol, panorama e colore come elementi creativi
LA COMUNICAZIONE COORDINATA PER I TERRITORI: IL MARCHIO SÜDTIROL
La comunicazione coordinata per il territorio ha lo stesso ruolo che hanno la grammatica e la sintassi per una lingua: serve a rendere leggibile e intellegibile un sistema complesso di segni. Questa operazione può partire dallo sviluppo di un logotipo della città o territorio in esame, che diviene la chiave per costruire e promuoverne l’immagine. Volendo però agire su tutti i contenuti del luogo da comunicare, questo stesso logotipo viene ad individuare un sistema di scrittura.
Il lavoro svolto dall’Alto Adige per lo sviluppo di un “marchio ombrello” si colloca perfettamente in questo contesto di studio.
di un processo di sviluppo iniziato nel 2002, che ha visto l’assegnazione dell’incarico di studio della strategia e del relativo design all’agenzia internazionale di corporate identity MetaDesign.
Come destinazione turistica e regione di provenienza di prodotti e servizi, l’Alto Adige si trova in competizione con altre regioni. Il progetto del marchio ombrello ha come obiettivo lo sfruttamento del potenziale sinergico, permettendo così di accrescere la forza dell’impatto sul mercato. Con il marchio ombrello i singoli marchi si presentano sul mercato con un denominatore comune, senza tuttavia rinunciare alla propria identità .
Il corporate design dell’Alto Adige si compone del marchio Alto Adige, del font, dei colori e del panorama cromatico, che formano gli elementi di base del marchio.
Il marchio “Alto Adige” è la costante nelle rappresentazioni del marchio ed è l’elemento di congiunzione di tutti gli altri elementi di base, compreso il logo audiovisivo nelle applicazioni audiovisive. Esso presenta un carattere pronunciato, autografo ed autentico. Il carattere trasmette i valori del marchio in modo inconfondibile, presentando un’immagine d’un lato spigolosa e dall’altro aperto ed armonioso. Sono caratteristici i tratti sfalsati e cromaticamente differenziati della Ü nella scritta Südtirol oppure il puntino sulla i della scritta Alto Adige, dall’effetto vitale, simpatico e cordiale.
rappresenta la varietà e i contrasti dell’Alto Adige.
[Caso studio]
Cap.3 | Il design nel processo di valorizzazione di aziende e territori | 191
Studiando il logo si è nata da subito l’idea di un carattere permanente, ad effetto pregiato anche nelle soluzioni verticali a disposizione esclusiva della
per i titoli e i contrassegni nelle comunicazioni e sulle confezioni. Il carattere autografo, vitale dell’Alto Adige suscita l’impressione di vigore ed autenticità, comunicando in modo coerente i valori del marchio ombrello.La scritta Südtirol è utilizzata esclusivamente per i titoli ed in particolare sulle
strutturato, impiegato per l’immagine del nuovo Alto Adige soprattutto per i testi correnti, soggetto a licenza.Anche i sette colori del marchio ne simboleggiano l’energia, stimolano le emozioni e trasmettono impressioni sensuali di questo variegato territorio. Questa tonalità
l’Alto Adige.
esprime in modo semplice e conciso gli effetti della simbiosi ricca di contrasti sul
interpretazione individuale e al contempo rappresenta la destinazione.Per l’Italia il claim “da vivere” esprime uno stile di vita, un territorio da scoprire vivendolo. Questa esperienza rimane viva nel ricordo.Per Germania, Austria e Svizzera il claim „bewegt“ rappresenta una destinazione in movimento tra tradizione e modernità, il movimento per esplorare e conoscere le varie sfaccettature dell’Alto Adige.Da questo caso studio possiamo vedere come la forma visiva del marchio di un
rappresentano solo il territorio nella sua forma amministrativa, e neppure solo in
di tutte queste risorse, che diventano valori spendibili per la distinzione, la riconoscibilità e la concorrenzialità. Il logotipo si trasforma in un vero e proprio prodotto, una sorta di “sigillo di qualità” per gli attori locali e le merci qui prodotte. Ecco perché il marchio deve saper essere sintetico ed espressivo. Deve saper colpire la sfera emozionale di cittadini, istituzioni, investitori, turisti e city user, per essere riconosciuto e condiviso.
Cap.4 | Casi studio | 193
Capitolo 4
CASI STUDIO
Cap.4 | Casi studio | 195
4.1 | I GRANDI EVENTI E LA RIGENERAZIONE URBANA
Gli strumenti per la valorizzazione e la comunicazione del territorio sono numerosi. In questo paragrafo ci occupiamo dei grandi eventi e del loro ruolo nelle strategie di sviluppo. Gli eventi infatti non sono solo manifestazioni organizzate all’interno di un territorio, ma, se ben pensati, sono in grado di esaltarne le caratteristiche e diventare veicolo di promozione. Essi hanno un effetto immediato nell’immagine percepita, proprio per il forte impatto emotivo ed esperienziale che provocano. Inoltre nel connettere attori e risorse, li organizzano nella trasformazione del territorio e nelle sue rappresentazioni interne ed esterne. Validi esempi si possono ritrovare nella promozione della cultura attraverso la nomina della Capitale Europea della Cultura, così come nelle città che hanno ospitato grandi eventi sportivi come le Olimpiadi, e hanno saputo trarne un’eredità materiale e immateriale tali da apportare notevoli effetti positivi sia sull’immagine del luogo che sulla sua economia [Caroli, 2006 : 197].
Da alcuni anni è sempre maggiore l’attenzione dei territori verso i grandi eventi, visti come interventi che hanno un effetto considerevole in termini di valorizzazione e promozione dell’identità urbana. Spesso gli eventi comportano una serie di investimenti infrastrutturali e di rinnovamento del tessuto urbano, tanto da inserirsi come fattore di stimolo nei processi strategici di trasformazione della città, che in questo modo si rigenera
chiaro quindi che nel momento in cui si pensa ad un evento, bisogna fare molta attenzione all’eredità che esso lascerà nel contesto urbano e territoriale, che
196 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
va attentamente programmata [Purchase, 2000 ]. Questa osservazione si può riassumere nell’antico aforisma attribuibile a Seneca: “Nessun (e)vento è favorevole se non si sa dove andare” [Dansero, 2001]. Si tratta cioè di adattare l’evento globale al contesto locale, integrandolo alle strategie di sviluppo, e ricordando che esso è a tutti gli effetti uno “strumento di politica territoriale” [Maroni, 2001].
In ogni caso, la trasformazione della città postfordista è un fenomeno in atto da diverso tempo, e relativamente autonomo rispetto ai grandi eventi. Negli anni Ottanta e Novanta le città infatti si sono piano piano adeguata alla terziarizzazione dell’economia avviando processo di deindustrializzazione e
ha un effetto catalizzatore su tutti i fattori che favoriscono la trasformazione urbana [Guala, 2002 : 19]. Attraverso il grande evento si “impara un mestiere”, si creano capacità decisionali e operative, si consolidano reti sociali [Dansero, 2002 ]. Inoltre un evento può costituire una corsia preferenziale per la realizzazione di opere che altrimenti avrebbero bisogno di tempi ben più lunghi. Tutto ciò è ancora più vero quando le protagoniste non sono più le singole città, ma territori vasti e macro-regioni, come appunto il Nordest.
Qui di seguito analizzeremo alcuni casi di eccellenza: città che hanno saputo trarre enorme vantaggio dalla presenza di un grande evento, proprio perché inserito all’interno di una strategia di sviluppo più ampia e strutturata,
moltiplicazione dei suoi effetti. Parleremo di Glasgow Capitale Europea della Cultura 1990, Essen e il territorio della Ruhr Capitale Europea della Cultura 2010, Barcellona e le Olimpiadi del 1992, Torino e le Olimpiadi invernali del 2006.
4.1.1 | BARCELLONA 1992
I motivi chiave che spingono una città a candidarsi alle olimpiadi sono principalmente tre: la possibilità di sviluppare le proprie infrastrutture,
questi effetti, se ben amministrati, possono portare ad ulteriori effetti futuri, come l’incremento turistico, investimenti internazionali e altre manifestazioni di grande rilevanza. [Preuss, 2002]
Barcellona è sicuramente un esempio vincente di come le Olimpiadi possano contribuire allo sviluppo di una città. Questo perché l’evento è stato inserito # 42 Barcellona ‘92, logo
Cap.4 | Casi studio | 197
all’interno di un progetto ampio di trasformazione urbana: già dai primi anni Ottanta infatti si è lavorato sulla città e sul suo cento storico con i progetti di Oriol Bohigas.
Gli anni Ottanta sono stati per Barcellona anni di una rinascita civica e architettonica scatenata dall’ondata di ottimismo successivo alla caduta della dittatura di Franco.
L’operazione di trasformazione e rinnovamento urbano poggiò su una cultura urbanistica e architettonica matura, in cui si inserì Oriol Bohigas come deus ex machina dell’impresa.
diventati patrimonio permanente della città e dei suoi abitanti: Barcellona si arricchì quindi di originali arredi urbani, grandi istallazioni sportive, una nuova
arterie di collegamento. Grazie all’impulso della manifestazione sportiva il rinnovamento in atto investì
anche progetti ad essa non connessi: furono costruiti teatri, musei e centri culturali tra cui l’auditorio de Barcellona progettato da Rafael Moneo; il centro culturale di Santa Monica ed il CCCB di Viaplana e Piñón ed il MACBA di Richard Meier.
In questo modo “le Olimpiadi hanno avuto un effetto moltiplicatore all’interno di un processo gestito con grande decisione e con buona dose di interventismo” [Guala, 2002 : 22]. Organizzati in una fase di grande crisi e mutamento della capitale catalana, i Giochi del 1992 rispondono a un obiettivo preciso: quello di portare la città all’attenzione del mondo, promuovendola come capitale turistica mondiale, e accelerando una serie di trasformazioni a sostegno della qualità e l’attrattività di una realtà postindustriale.
Per fare ciò ha sfruttato sia la messa in atto di nuove pratiche progettuali
profondo rinnovamento dell’immagine urbana e la sua comunicazione.
A livello di infrastrutture, a Bacellona vengono realizzati interventi diffusi su tutta la città (il piano dei “100 progetti” di Oriol Bohigas):
- strutture sportive nell’area del Montjuic, - recupero urbano e adeguamento di strutture sportive minori nella
Diagonal
198 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
- Villaggio Olimpico in aree dismesse recuperate
- Recupero del fronte mare e nuovo porto olimpico nella Barceloneta
- Rinnovo delle strutture ricettive
- Adeguamento dell’offerta culturale
- Tutto ciò ha avuto il naturale effetto di valorizzare la città e riaffermarne la forte valenza turistica a livello mondiale.
4.1.2 | TORINO 2006
Come abbiamo visto, i grandi eventi costituiscono un capitolo saliente dello sviluppo e della modernizzazione della città contemporanea, che comporta
il potenziamento di servizi e infrastrutture. L’evento diventa strumento di cui le città si avvalgono per innescare queste trasformazioni. Se l’evento in questione ha poi la portata dei Giochi Olimpici, è chiaro che l’immagine di
I grandi avvenimenti spettacolari sono oramai fenomeni ricorrenti, soprattutto nel caso dei centri urbani di una certa rilevanza, spesso inseriti in azioni programmatiche e progettuali di lungo respiro, quasi sempre integrati all’interno di un solido sistema infrastrutturale e un quadro complesso di azioni. Il tutto caratterizzato da forti sinergie sempre più importanti nello sviluppo della città contemporanea. Torino vanta in questo campo una tradizione di lungo periodo, che muove dalle esposizioni ottocentesche e si arricchisce, nel dopoguerra, di importanti saloni tematici come quello dell’Automobile. L’appuntamento dei Giochi olimpici invernali del 2006 ha però rappresentato l’episodio storicamente culminante. Non vi è dubbio che le Olimpiadi abbiano impresso un forte e positivo segno nel disegno e nell’assetto del territorio, e offerto un contributo decisivo al rinnovamento della percezione di una città a lungo condizionata dal cono d’ombra della grande industria, soprattutto perché inseriti in una più ampia strategia di riconversione urbana. Non va dimenticato che l’impegno economico legato ai Giochi contribuisce all’immagine di una comunità dinamica, e intraprendente, capace di
a sua volta sulla percezione di una rinnovata attrattività. Ma soprattutto i Giochi rappresentano la migliore vetrina internazionale oggi immaginabile. Le
# 43 Olimpiadi invernali Torino 2006, logo
Cap.4 | Casi studio | 199
Olimpiadi sono diventate infatti uno dei principali media event fra tutti i mega event, poiché monopolizzano l’attenzione dei mass media internazionali, per tutta la durata della manifestazione.
edizione dei Giochi in grado di lasciare un’eredità di sviluppo e una nuova identità per il territorio. La candidatura olimpica di Torino 2006 è nata da una precisa indicazione del Piano Strategico e marketing territoriale che le amministrazioni locali hanno collaborato a realizzare con l’obiettivo di:
- Riposizionare Torino sulla mappa mondiale e dare visibilità un altro aspetto della città industriale
- Accompagnare il processo di declino industriale iniziato verso la metà degli anni ’80 con lo sviluppo di altre attività complementari a quelle industriali e di servizi all’industria
- Sviluppare un nuovo rapporto con il territorio alpino: “Torino, città delle Alpi”.
La candidatura di Torino è stata il risultato della volontà del territorio di lavorare insieme per costruire un futuro e cercare una nuova identità. Ne è una conferma il consenso di tutte le principali forze politiche e sociali e dei cittadini. Torino non è più la “città di FIAT” del passato, ma è oggi riconosciuta anche come città dalla forte attrattiva turistica e culturale; anche le Valli olimpiche inseguono adesso un modello nel quale la vocazione turistica non si esaurisca negli sport della neve.
Riguardo all’eredità, ricordiamo che un evento di tale portata è in grado di attivare:
- grandi opere destinate a migliorare l’accessibilità e la fruibilità del territorio interessato dai Giochi e la ricettività turistica: metropolitana, autostrade, alta capacità Torino-Milano, passante e stazioni ferroviarie torinesi, nuova biblioteca civica e teatro, opere del piano triennale del Comune di Torino per parcheggi, viabilità, recupero e restyling urbano;
- promozione, comunicazione e pubblicità, sostenuti dagli enti locali e dagli sponsor dei Giochi.
200 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
L’impulso che le Olimpiadi di Torino 2006 hanno dato al contesto locale è indiscutibilmente positivo: la candidatura ha avvantaggiato la città, e gli investimenti strettamente legati ai Giochi, generosamente sovvenzionati dallo stato, hanno visto il loro effetto a partire dall’avvio dei grandi cantieri
come il Palavela e numerose opere di accompagnamento quali strade, impianti sportivi, centri di accoglienza.
A livello urbanistico e territoriale le opere hanno prodotto considerevoli ricadute. Gli interventi previsti per dare forma all’evento olimpico hanno rappresentato un innegabile valore aggiunto, legato alla scelta di innestare le esigenze temporanee con strategie di ampio respiro e gli altri interventi in atto nella città. Le opere strettamente connesse con lo svolgimento dei Giochi hanno contribuito a operare alcune fondamentali saldature urbane, situate tra l’altro nuove nelle nuove direttrici per lo sviluppo della città, in particolare nella zona sud-orientale. Lo stesso comprensorio del Lingotto è stato rafforzato dalla presenza dell’Oval, integrato nel contesto urbano e capace di indurre
degli assetti della città. Altra importante ricaduta strettamente legata alla vicenda del 2006, ma particolarmente importante per consolidare l’immagine e la vocazione turistica del capoluogo, è costituita dal consolidamento della ricettività e dal potenziamento delle strutture ricettive di qualità.
Accanto a questi effetti tangibili vanno considerati anche gli effetti sulla cittadinanza, e quindi le nuove vocazioni professionali, comportamenti collettivi tradizionalmente introversi e ora più attrezzati a sostenere e promuovere una “economia dell’accoglienza”, sul piano della formazione, del lavoro, della capacità di promuovere un territorio vasto, ricco di punti di forza. Si può parlare di vera e propria acquisizione di know-how capaci di favorire l’innalzamento della capacità competitiva di molte aziende e settori, soprattutto nel campo dei servizi alle imprese, e più in generale di un miglioramento delle competenze imprenditoriali e professionali, capaci di indurre nuove attività in settori innovativi. Inoltre la cittadinanza, con la sua partecipazione entusiasta ai lavori nei giorni della manifestazione, ha contribuito a costruire l’immagine complessiva del successo. Ciò che ha colpito è l’ottimismo con cui i torinesi hanno guardato al futuro, alla riscoperta
inagibilità.
Cap.4 | Casi studio | 201
Sempre nell’insieme delle conseguenze immateriali può essere collocato l’impulso dato alla governance e alla accresciuta capacità tecnica di gestire eventi complessi e programmi di grande complessità. Inoltre, nonostante i ritardi dell’attività promozionale nella fase precedente i Giochi, Torino
I Giochi sono stati davvero un ricco contenitore di eventi, che ha pienamente coinvolto e valorizzato la città, anche dal punto di vista culturale: questo è stato uno dei principali fattori di successo. Oltre a ciò si è delineata una vera “scia olimpica” incentrata su una robusta e articolata catena di avvenimenti.
tradizionali iniziative e appuntamenti di notevole interesse, in particolare di
politica degli eventi per gli anni a venire, impone anche un salto di qualità nella regia e nella piena valorizzazione delle risorse territoriali a disposizione della città. Per citare gli ultimi importanti eventi, le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità (Esperienza Italia).
In questo modo Torino è riuscita ad allontanare da sé l’immagine di città post-industriale in declino, proponendo una nuova declinazione dell’identità del territorio: centro di produzione e consumo culturale italiano, luogo di “effervescenza urbana” [Mazzucotelli, 2008].
202 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
LOOK OF THE CITY: LA COMUNICAZIONE DELLA TORINO OLIMPICA
Le Olimpiadi del 2006 si sono inserite all’interno di una strategia di rigenerazione
espressione. In questo processo di modernizzazione dell’amministrazione comunale, orientata ad un nuovo rapporto tra cittadini e burocrazia, è cresciuta l’esigenza di ricondurre i molteplici atti comunicativi a un unico sistema integrato [Gaddi, 2010 : 139].
La comunicazione è diventata quindi una parte strategica del progetto di trasformazione economica urbanistica, e culturale che ha animato la città. Ecco perché sia la comunicazione interna alla macchina comunale, che quella esterna rivolta ai cittadini, hanno cambiato il loro volto e sono state ripensate in modo da coinvolgere maggiormente chi lavora nella struttura e gli utenti stessi. Tutto ciò allo scopo di trasmettere un rinnovato senso di
di comunicazione e ascolto: requisiti fondamentali a sostegno della città nel suo processo di rinnovamento [Martina, 2006].
In questo contesto di trasformazioni è nato il “Piano di comunicazione integrata del Comune di Torino”, che ha articolato contenuti e messaggi,
tappe di avvicinamento ai grandi eventi legati alle Olimpiadi invernali. Così
orgoglio collettivo. Allo stesso tempo, l’azione comunicativa ha contribuito
a livello internazionale, promuovendo iniziative mirate ad aumentarne la notorietà e a migliorarne la percezione.
Il primo Piano Strategico risale al 2000: lo scopo era quello di dare alla città un’immagine attraente, come un luogo capace di innovazione, come un centro di attività culturali e di attrazioni turistiche, di apprezzabili funzioni economiche e di coraggiose trasformazioni urbane. Azioni che hanno contribuito ad incoraggiare lo sviluppo, superando una visione appannata dal declino industriale. E dopo i Giochi Olimpici, a sei anni di distanza, possiamo
[Approfondimento]
Cap.4 | Casi studio | 203
palesato sulle pagine dei quotidiani e dei rotocalchi italiani e stranieri. Duecento paesi collegati per una platea di circa 3,2 miliardi di telespettatori e 1500 articoli pubblicati sulle testate del mondo intero hanno puntato i
interessante, ricca di risorse culturali e creative. I Giochi, opportunamente
ha profuso grande impegno, sono stati lo strumento per liberare la città dai suoi più antichi stereotipi: ciò che era sconosciuto o inavvertito, è diventato universalmente noto [Gaddi, 2010].
Il progetto di comunicazione integrata studiato per le Olimpiadi prende il nome di Look of the City: Torino è stata la prima città ospitante a proporre un progetto di immagine coordinata indipendente, e contemporaneamente
gara. Si è trattato di un progetto complesso, sviluppato da Italo Lupi con la
di immagine con cui la città è presentata al mondo.
“Il progetto è intervenuto capillarmente su un territorio ampio e variegato, privilegiando naturalmente i percorsi olimpici, ma non solo quelli, per creare episodi, tra loro connessi, di alta forza comunicativa, dalla scala pedonale a quella viaria, a quella della prospettiva lunga del panorama” [Lupi, Migliore, Servetto, 2006].
In questo lavoro i progettisti, per restituire alla città un’interpretazione
cambiamento e rigenerazione, sono passati attraverso una fase di conoscenza e analisi diretta del territorio, per valutare puntualmente le potenzialità di
città. Grazie alla grande tradizione di innovazione, all’eleganza e alla forza delle sue architetture e del suo impianto urbanistico, Torino ha potuto sviluppare un progetto di allestimento della città in sinergia con i suoi contenuti, capace di
alla sua cultura, alle tradizioni e alle atmosfere del luogo. Ecco quindi che i Giochi, come più volte accennato, hanno rappresentato la leva utile all’innesco
204 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
del dibattito internazionale e una leva di progetto [Spagnoli, 2010].
Centro e periferia sono stati investiti da un’onda di colore rosso cinabro diffusa, ma molto rispettosa sia dei suoi luoghi monumentali che delle periferie industriali. I progettisti hanno privilegiato l’uso di un solo colore passionale, brillante e timbrico che, nella sua costante ripetitività e nella sinteticità dei
immagini scelte per comunicare la cultura dell’innovazione propria di Torino nei campi della creatività e del sapere, dalla tradizione alla contemporaneità. A queste si è accostato un uso del lettering variato, teso a restituire un senso di pluralità. Queste porzioni di tessuto urbano colpiti dal colore e dai segni che vi sono stati lasciati, diventano sport, tensione di muscoli, movimento. “Una
nascosti della città. La mescolanza dei colori dà vita a toni e sfumature ricchi e
accostare al messaggio di comunicazione un forte segno sul territorio: dagli
esigenze dei luoghi e delle architetture), dai Menhir (monoliti tridimensionali di grandi dimensioni in grado di diventare riferimenti focali nel territorio) agli iconici elementi metallici (gli Shangai e gli Anemometri) che hanno marcato i luoghi sottolineandone i tratti distintivi: grandi strutture in ferro, dal rigore costruttivo del semilavorato industriale, a citazione della forte tradizione industriale della città. Soprattutto gli Shangai sono stati progettati come
immagini mutevoli tra il giorno e la notte con l’obiettivo di restituire il senso della festa e recuperare la verticalità dell’orizzonte visivo, una caratteristica tipica della città. Un’operazione di questo tipo, che investe tutto il territorio, necessita generalmente di lunghi tempi di sedimentazione e metabolizzazione. Il clima olimpico ha però permesso che la città ed i suoi abitanti entrassero da
di mantenere, a Olimpiadi terminate, parte delle installazioni per gli anni successivi. Forse perché questa azione si è inserita senza sovrastare il costruito, ma riordinando e costruendo nuove prospettive visive all’interno
Cap.4 | Casi studio | 205
della caotica comunicazione commerciale [Lupi, Migliore, Servetto, 2006].
In queste pagine abbiamo quindi studiato un’esperienza concreta che mostra come la convergenza fra strategia economica, strategia urbanistica, comunicazione e popolazione possa favorire il coinvolgimento di tutti gli attori operanti nel contesto territoriale interessato: così un evento speciale diventa uno strumento per favorire lo sviluppo e l’inclusione, sia dal punto di vista sociale che progettuale.
# 44 Mappa degli interventi, vasi di Shanghai e Anemometri, Italo Lupi Studio_Migliore + Servetto
# 45-46 Interventi urbani, vasi di Shanghai e Anemometri, Italo Lupi Studio_Migliore + Servetto
# 47-48-49 Interventi urbani, Shanghai - Anemometri e Banners, Italo Lupi Studio_Migliore + Servetto
208 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
4.1.3 | GLASGOW 1990
L’idea di designare ogni anno una Città europea della cultura risale alla prima metà degli anni Ottanta, quando il ministro greco della cultura Melina Mercouri ne divenne sostenitrice, convinta che tale iniziativa avrebbe condotto alla creazione di “un saldo dialogo tra le culture europee, nel rispetto delle diversità culturali”.
La proposta riguardava la selezione di una città europea, a cui per un anno si sarebbe riconosciuto il titolo di Città europea della cultura. La nascita della manifestazione risale al 13 giugno 1985 quando, in seguito all’approvazione
lanciato il progetto di designare ogni anno almeno una Città europea della cultura. Gli obiettivi individuati nel 1985 rimangono d’indiscussa attualità, rivolti alla sensibilizzazione del pubblico sulla ricchezza e sulla varietà delle culture europee, ma anche sugli elementi comuni che compongono un patrimonio culturale europeo da valorizzare. Non esiste un modello prestabilito per quanto riguarda il tipo di organizzazione o gli eventi: spetta quindi a ogni città scegliere la strategia più adatta a raggiungere tale scopo.
In Europa sono molte le città che hanno sfruttato eventi culturali per ideare dei progetti di sviluppo di ampio respiro, in grado da un lato di cambiarne l’immagine e dall’altro di stimolare nuove strategie di investimento. Un chiaro esempio di successo è la città scozzese di Glasgow, considerata tutt’oggi un modello per le Capitali Europee della Cultura, oltre che un punto di riferimento per la rigenerazione urbana da città in declino post-industriale a luogo vivo e attraente: da industrial city a cultural city, oggi uno dei centri della knowledge economy. Essa deve infatti la sua reputazione odierna proprio al titolo di Capitale Europea della Cultura 1990 e al ricco calendario di manifestazioni che diede alla città la possibilità di mostrare il suo patrimonio, e di rivelarne le capacità di event manager. Già negli anni ’80 Glasgow investì ingenti risorse nello sviluppo delle attività culturali. La città, che doveva rinnovare la sua immagine di grande centro industriale in declino, divenne presto una meta turistica importante. Si elaborò un vero e proprio programma per
quello privato. Per raggiungere tale obiettivo fu creata una società mista, la
dell’immagine della città e al miglioramento ambientale del centro urbano. Ad aumentare fu soprattutto l’attività di produzione culturale, in particolare sul
# 50 Glasgow Capitale Europea della Cultura 1990, logo
Cap.4 | Casi studio | 209
settore musicale, dove si formarono molte nuove band musicali, alcune poi affermatesi a livello internazionale. L’agenzia si occupò della rivitalizzazione dell’area centrale sfruttando le risorse già esistenti, come le istituzioni culturali di ottimo livello presenti in città (Scottish Opera, Ballet and Orchestra, la BBC Symphony Orchestra e il Citizen Theatre). Allo stesso tempo diede vita ad un centro espositivo di rilevanza nazionale e ad una rete di relazioni tra le grandi istituzioni pubbliche e le associazioni artistiche cittadine per rianimare la città con festival e manifestazioni lungo tutto il corso dell’anno. Una società
contratti temporanei, servizi di commercializzazione delle opere e sale espositive. In questo modo molti creativi furono attirati in città, dando vita a nuove iniziative culturali. Venne poi ideata una campagna di marketing per lanciare la nuova immagine della città a livello internazionale e promuovere il suo capitale culturale. Grazie a questo insieme di attività, l’industria turistica locale ricevette un notevole impulso, che contribuì a sua volta alla crescita del reddito e dell’occupazione della città scozzese.
Più di 3400 eventi pubblici, che hanno coinvolto performers e artisti da 23 paesi. Quaranta opere performative e di arti visive commissionate, e sessanta anteprime mondiali teatrali. Da aggiungere ai 3979 performers, le 656 produzioni teatrali e alle 1901 mostre, oltre che i 157 eventi sportivi.
La città è stata la prima a registrare un grande successo nell’ambito della Capitale Europea della Cultura, con un utile netto dell’ordine di 10-14 milioni di sterline per un investimento di base di oltre 32 milioni di sterline. La manifestazione ha inoltre consentito di creare 5.000 nuovi posti di lavoro, grazie anche ai nuovi investimenti nel rinnovamento delle infrastrutture e
Ma soprattutto la città è stata la prima a rendersi conto di come la cultura, nel senso più ampio, possa rivelarsi un fattore di cambiamento di primaria
e una nuova dimensione economico-sociale, quando ad essa è legato un progetto strategico politico complessivo.
post-industriale e per larga parte in abbandono. Prima in Gran Bretagna ad implementare le arti nella strategia di sviluppo, come catalizzatrici di
210 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
rigenerazione urbana: un modello rivoluzionario che verrà poi ripreso in tutto il mondo. Come già detto, l’esperienza di Glasgow ha prodotto risultati
dell’investimento in cultura in un contesto urbano in declino. Il ritorno più
breve tempo ha trasformato Glasgow da città investita dal degrado sociale ad una meta per il divertimento e lo shopping, ricca di design, architettura e attività culturali. Questo perché, forte del successo di Glasgow 1990, la città
titolo di “UK City of Architecture and Design ” nel 1999 e vincendo la possibilità
Cap.4 | Casi studio | 211
4.1..4 | ESSEN E IL TERRITORIO DELLA RUHR
Un altro territorio che ha saputo fare tesoro della nomina a Capitale Europea
regione industriale più estesa d’Europa, sviluppatasi attorno alla lavorazione del ferro, dell’acciaio e all’estrazione del carbone. Un territorio che ha saputo superare il suo policentrismo tanto da essere designato tutto insieme Capitale nel 2010.
La regione della Ruhr, in tedesco Ruhrgebiet, è una regione tedesca, situata
la attraversa. Si tratta di una grande conurbazione di 53 municipalità, che si
vasta di urbanizzazione diffusa, tanto da poterla descrivere come un’unica metropoli policentica.
Le città che fanno parte dell’area della Ruhr sono Bochum, Bottrop, Dortmund, Duisburg, Essen, Gelsenkirchen, Hagen, Hamm, Herne, Mülheim an der Ruhr e
L’industrializzazione del bacino della Ruhr iniziò nella seconda metà dell’800, ma fu nei primi anni del ‘900 che l’area vide il suo sviluppo, grazie ad una politica mirata e la costruzione di stabilimenti nuovi e alloggi per gli operai. Fu così che la Ruhr divenne il più moderno e immenso agglomerato industriale europeo.
Dopo la crisi della grande industria europea negli anni ‘70 la riconversione non è stata però né veloce, né facile. Con una serie di investimenti pubblici e privati, spirito di iniziativa, molta volontà e precisione, nell’area si è lavorato sulla ricerca, l’istruzione, le economie alternative e la cultura, per guardare al futuro con rinnovato ottimismo. Non solo: la ricchissima eredità architettonica e industriale è stata recuperata e riconvertita, diventando un vero e proprio patrimonio culturale e ospitando centri d’arte e cultura, ristoranti, teatri, sale per concerti, musei, percorsi didattici, impianti sportivi. Interessante l’intervento nella città di Duisburg, dove è stata ricostruita un’intera regione industriale in un parco naturale con giardini botanici, piccole foreste, percorsi
sono stati abbattuti, ma reintegrati nel parco.
Il merito di questo territorio sta nell’essere riuscito a trasformarsi ed aggiornarsi
# 51 Essen for the Ruhr Capitale Europea della Cultura 2010, logo
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grazie al concorso di amministratori, urbanisti, artisti, ma anche di tanta gente comune, che hanno portato la Ruhr ad essere un bacino culturale vitale e attraente. Turismo e architettura sono state le chiavi si svolta per rendere reale e visibile l’area metropolitana della Ruhr, la quale non è rinata grazie alla nomina a Capitale Europea della Cultura, ma ha saputo sfruttare l’evento per rendere visibili i risultati di anni di trasformazioni radicali, con la cultura come legante e mediatore, tanto che oggi questo territorio rappresenta una delle aree culturalmente più ricche e ferventi d’Europa. Senza contare che un evento di queste proporzioni, come qualsiasi grande evento, ha portato anche cambiamenti materiali del territorio, grazie a nuove infrastrutture per il
Il programma culturale si è sviluppato a partire da più di 2200 progetti proposti “dal basso”, dietro ai quali troviamo delle persone che hanno investito il loro talento creativo, il loro tempo e i loro sforzi: un programma denso di passione e immaginazione, ricco di idee fresche e di un sano spirito ottimistico per il futuro. Tutto ciò con lo scopo di rendere visibile all’Europa intera l’ampia varietà creativa e culturale che anima da anni la regione. Questa passione per il grande evento si può leggere già nel Book One di “Essen for the Ruhr”, pubblicato nel 2008:
“The “cultural capital virus” has infected thousands of people. Their heartfelt commitment has turned the Cultural Capital into a genuine fact. The new metropolis is growing from below. The heartbeat of culture is giving it its own unique rhythm. You too can catch the bug, if you like!”
Come per molte altre città europee, lo scopo principale della candidatura non era lo sviluppo delle arti e della cultura come fenomeni isolati, ma il loro coinvolgimento in una più ampia strategia di sociale ed economica che includeva:
- maggiore coesione sociale e integrazione dei diversi gruppi etnici presenti nell’area;
- supporto alla rigenerazione urbana ed economica dopo il declino industriale del territorio;
- una nuova immagine e percezione del bacino della Ruhr, per incrementare il turismo;
Cap.4 | Casi studio | 213
- maggiore coesione e collaborazione tra le realtà urbane della
metropoli; - promuovere la creazione di una grande metropoli anche, e soprattutto,
nelle menti degli abitanti, coltivando l’identità locale comune.
Proprio per queste motivazioni la commissione europea per la selezione della Capitale Europea della Cultura ha deciso di conferire ad Essen per la Ruhr il titolo:
“Per il carattere innovativo ed eccezionale del progetto, ed il suo
un’area che fu la più grande bacino minerario in Europa, in una vibrante metropoli del futuro, possa diventare un simbolo del ruolo che la cultura può svolgere in ogni regione metropolitana europea. Quindi la Ruhr può essere un simbolo e modello per le altre conurbazioni urbane europee che si trovare ad affrontare simili trasformazioni”.
L’essenza del programma culturale è racchiusa nel suo slogan “Change through Culture - Culture through Change”: come un’area da sempre considerata un ammasso di grandi industrie senza attrattive possa trasformarsi attraverso la cultura, promuovendo una vasta serie di eventi capaci di attrarre visitatori da molti paesi tedeschi ed europei. Parliamo infatti di circa 5500 tra eventi, attività e progetti proposti durante l’anno di nomina, con una partecipazione di 10,5 milioni di visitatori. “The people of the Rhine and the Ruhr were not just spectators, they also became participants”, dice Oliver Scheytt (General manager dell’evento), “We inspired their minds and won their hearts”. E ancora “By getting residents involved, the European Capital of Culture has made them identify with the Ruhr as a cultural metropolis. Cultural establishment and artists and their audience have laid the foundation for success”. Successo che si può riscontrare anche nel generale aumento di turisti nell’area, che ha registrato +13%, di cui il 18,1% proveniente da paesi esteri.
Ad un anno di distanza dalla conclusione dell’evento il feedback è sicuramente positivo, e ci permette di riassumere alcuni punti chiave che ne hanno decretato il successo:
- Ogni città, grande o piccola, ha saputo mettere in luce la propria
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identità, ma allo stesso tempo tutto il territorio ha lavorato insieme per la realizzazione del programma culturale che mirava, come già detto, ad un più profondo sviluppo sociale ed economico.
- Comunicando l’immagine di un territorio fresco, vibrante di energia e forte di novità, Ruhr.2010 ha saputo cambiare la percezione ormai superata di questa ex-area industriale.
- Le strategie di comunicazione e marketing sono state un supporto valido ed essenziale per la riuscita del programma culturale: stampa, media e social media hanno aiutato la Ruhr a raggiungere il duplice obiettivo di mobilitare la popolazione locale ed europea, e riposizionare il territorio all’interno delle mete turistiche.
- Il supporto allo sviluppo sociale attraverso la cultura, per promuovere l’integrazione e l’appartenenza al luogo, si è esplicato nella massiccia presenza di volontari, veri ambasciatori dell’evento, e nella cooperazione tra operatori culturali e città.
- La proposta di un programma culturale proveniente “dal basso”, dove spesso le idee progettuali sono sperimentali, innovative e
comunicazione e nel marketing.
- L’idea di un accesso allargato alla cultura, che non nasce nei musei ma nelle realtà industriali, multietniche e giovani. Il bacino della Ruhr vanta straordinarie varietà e diversità, tutte ugualmente rappresentative del variegato panorama della metropoli Ruhr. Un simile contesto non può che promuovere un ruolo da protagonista per ogni attore nel programma della Capitale Europea della Cultura.
# 52 Deutsches Bergbau-Museum, Essen, Photo: Town of Bochum
# 53, 54 Zeche Zollverein, Essen
# 55 ”Tiger & Turtle – Magic Mountain”, Stadt Duisburg, Photo: Rainer Schlautmann
# 56 Essen, Festa della cultura, inaugurazione Ruhr.2010
216 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
4.2 | FARE RETE
Su tutti gli articoli e i dossier inerenti la candidatura del Nordest a Capitale Europea della Cultura 2019 vi è sempre un tema ricorrente, cioè “la necessità di fare rete, una rete della cultura delle eccellenze di tutti i territori”. Ma cosa
Vuol dire innanzitutto interfacciare imprese ed istituzioni pubbliche e private, cultura e ricerca, innovazione e tradizione, con la realtà sociale e territoriale.
cultura e impresa, per accrescere la competitività locale.
Vuol dire mettere in rete una offerta culturale che dal Festival Città Impresa, al Festival dell’economia di Trento, da Pordenonelegge a Fuoribiennale, al
alle grandi mostre, ci rimanda ad un hardware culturale sviluppato, a cui non si accompagna un software della governance coordinato, perché debole
territorio ricco di creatività e spirito imprenditoriale.
Questi concetti appaiono quasi scontati in un’era della globalizzazione dove il “correre da soli” non vince più. Tuttavia il Nordest non è abituato a fare rete, a fare sistema. Ogni attore economico, sociale, politico è abituato a “fare” ma non a “collaborare”. Per questo il “fare sistema” potrebbe contribuire a rivitalizzare un tessuto industriale sviluppando un tessuto di imprese che dal cinema ai novi media, dal design all’artigianato dei maestri d’arte, dalla tecnologia alla ricerca, permetta di recuperare il meglio della nostra cultura industriale manifatturiera ed enogastronomica per ricollocarle in nuovi contesti competitivi globali.
due livelli: il primo riconosce e valorizza i punti di eccellenza internazionale, sulla base delle vocazioni territoriali e degli investimenti realizzati negli anni. Il secondo invece lavora invece sul tessuto diffuso di arte e cultura,
Un’organizzazione di questo tipo permetterebbe di superare la gestione isolata e campanilistica, ostacolo allo sviluppo.
2019, per rimanere competitivo su scala globale, dovrà dotarsi di sistemi
Cap.4 | Casi studio | 217
infrastrutturali capaci di connetterlo al mondo e di far crescere sistemi di eccellenza dentro un contesto metropolitano. Le infrastrutture da costruire in fretta sono: sistemi di trasporto come l’Alta Velocità e la Metropolitana; e infrastrutture culturali e di comunicazione, come la Banda Larga e centri di formazione, ricerca e servizi.
Il primo caso studio che esaminiamo è la rete dei giacimenti del design, nata da un protocollo d’intesa per la collaborazione tra i giacimenti del design italiano e la Triennale di Milano. Il Festival delle Città Impresa dimostra invece come sia sempre più fondamentale sviluppare una maggiore armonia tra logica della città e logica dell’impresa, per ridare alle città capacità progettuale e costituire una base d’innovazione per le imprese. Il progetto Iter costruisce percorsi tra le architetture dell’età moderna, per valorizzare un patrimonio per
sette aziende leader nel proprio settore, che hanno deciso di costituirsi in una rete d’imprese per svilupparsi senza perdere individualità e singole competenze.
Come si potrà notare, tutti questi casi studio, pur avendo protagonisti
che ne connette i diversi nodi e li fa interagire, altrimenti tornano ad essere aziende, eventi e architetture a sé stanti. In ciò sono di grande aiuto il web, che permette di riunire in un unico “luogo” i singoli soggetti, e il design, nei ruoli che abbiamo prima approfondito, che ne organizza i processi di comunicazione e sviluppo.
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4.2.1 | GIACIMENTI DEL DESIGN | TRIENNALE DESIGN MUSEUM
La Triennale di Milano, sulla base dell’Accordo di Programma sottoscritto il 15/12/06 con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Lombardia, la Provincia di Milano, il Comune di Milano, l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), l’Assolombarda, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, il COSMIT, la Fondazione ADI per il Design Italiano, la Fondazione Fiera di Milano, lo IULM (Libera Università di Lingue e Comunicazione) e il Politecnico di Milano, ha iniziato la realizzazione del Museo del Design.
Il Triennale Design Museum, inaugurato il 7 dicembre 2007, è il primo museo del design italiano e rappresenta la molteplicità di espressioni del design italiano.
rigoroso ma anche emozionale e coinvolgente. Lo scopo è quello di realizzare
conoscenza del design italiano, anche nelle sue interazioni con gli altri settori del sapere. L’idea era quella di sviluppare progetti e realizzare studi e ricerche, in collaborazione con altri eventuali soggetti pubblici e privati impegnati nello studio e nella valorizzazione del design, nella formazione, o proprietari di raccolte di oggetti di design.
Il design italiano è costituito da imprese, istituti e personalità diverse diffuse su tutto il territorio nazionale, spesso in rapporto alla struttura dei distretti industriali. Ciò ha fatto emergere la necessità e la volontà di costituire una serie di “Giacimenti del Design”, per promuovere e conservare ciò che il sistema produttivo, culturale e sociale ha generato in vaste aree dell’Italia. Si tratta purtroppo di una ricchezza che la maggior parte della gente non conosce, perché nascosta all’interno di fabbriche disseminate.
Proprio questa loro distribuzione “casuale” ha permesso di immaginare il “Museo a rete”, che punta all’integrazione e alla collaborazione dei diversi nuclei. Ecco quindi che il Museo del Design si pone l’obiettivo di far emergere e rappresentare questa realtà, oltre che diffonderne le iniziative. Allo stesso tempo questa enorme ricchezza di “Giacimenti del Design” viene connessa al Museo, per migliorarne la capacità di rappresentazione e presentazione (in funzione della rotazione degli items e con riferimento alla contestualizzazione
culturale.
[Rete di musei]
Cap.4 | Casi studio | 219
L’impegno che si è preso la Triennale è di presentare in modo permanente la “Rete dei Giacimenti del Design Italiano” nell’ambito del Museo del Design e a promuoverne, con mezzi reali e virtuali, l’attività. Lo scopo è quello di dare vita ad una comunità “in rete” che condivida il progetto di valorizzazione dei Giacimenti del Design Italiano, anche attraverso la realizzazione di un portale internet capace di dare identità e di essere un sistema di comunicazione tra i
prestare temporaneamente oggetti, items, documenti, delle proprie Collezioni al Museo del Design per l’esposizione, in modo gratuito, , in condizioni di sicurezza secondo gli standard internazionali e compatibilmente con la disponibilità degli stessi. Analogo impegno viene assunto dalla Triennale di Milano, per gli oggetti che non sono esposti nel Museo o in mostre temporanee, a favore della rete dei musei del design italiano.
Leggiamo dallo Statuto della Fondazione “Museo del Design”, con sede in Milano, Palazzo dell’Arte, Viale Alemagna n. 6.
Art. 1 – Costituzione
consentire la più ampia partecipazione di enti e soggetti pubblici e privati, la Fondazione La Triennale di Milano costituisce la Fondazione Museo del Design con sede in Milano, Palazzo dell’Arte viale Alemagna n. 6.
1.2 La Fondazione Museo del Design persegue il proprio scopo relazionandosi e coordinandosi con la Fondazione La Triennale di Milano.
Art. 2 – Scopo
2.1 La Fondazione Museo del Design non ha scopo di lucro e non può distribuire utili.
2.2 La Fondazione Museo del Design intende valorizzare le migliori produzioni del design italiano non solo del passato ma anche della contemporaneità e proporsi come promotrice di iniziative progettuali e formative, anche attraverso l’istituzione di corsi, pareri, stages, in rapporto a quei settori dell’industria e dell’artigianato che fanno del design un punto di forza centrale e imprescindibile, nonché di quelle istituzioni culturali e museali
artistico-industriale.
2.3 La Fondazione Museo del Design ha pertanto lo scopo di:
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1.
del design italiano, anche nelle sue interazioni con gli altri settori del sapere, con particolare riferimento alla dinamica storica della tecnica, della tecnologia e dell’economia e alle prospettive contemporanee e future;
2. porre il Museo del Design al centro di un Sistema Museale del Design, inteso come una struttura di relazioni che colleghi e metta a rete i “giacimenti” diffusi sul territorio regionale e nazionale;
c. tutelare e promuovere il design italiano nel mondo;
d. ssicurare la diffusione e la conoscenza del patrimonio culturale e
gli interessati alla propria attività culturale;
e. promuovere la ricerca e l’innovazione del design, anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e / o privati italiani o stranieri, attraverso ogni iniziativa che riterrà idonea;
f. sviluppare il confronto sui temi del design, attraverso mostre, convegni, pubblicazioni e ogni altra attività che riterrà opportuna, eventualmente in partnership con altri soggetti.
Art. 3 – Soci Fondatori
3.1 Sono Soci Fondatori il soggetto o i soggetti che hanno sottoscritto l’atto costitutivo della Fondazione, nonché il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Lombardia, la Provincia di Milano, il Comune di Milano e la Camera di Commercio di Milano, qualora i medesimi ne facciano richiesta.
3.2 Divengono altresì Soci Fondatori le persone giuridiche, pubbliche e private,
apposito Regolamento.
Art. 4 – Attività strumentali
4.1. Per il raggiungimento dei propri scopi la Fondazione, tra l’altro:
a. stabilisce i necessari rapporti con la Fondazione La Triennale di Milano, nonché ogni opportuna forma di collaborazione e coordinamento con enti pubblici e privati;
b. può costituire, partecipare a, e promuovere la costituzione di soggetti giuridici di qualsiasi natura, dotati di personalità giuridica, strumentali al
c. può svolgere, in via accessoria e strumentale al perseguimento dei propri
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di Milano e / o le sue articolazioni operative purché a carattere non prevalente;
d. purché non incompatibili con la sua natura di Fondazione e realizzate nei limiti consentiti dalla legge.
Art. 5 – Patrimonio
5.1 Il patrimonio della Fondazione è costituito:
a. dal conferimento di denaro effettuato dalla Fondazione La Triennale di Milano all’atto della costituzione della Fondazione;
b. dalla collezione delle opere di design conferite dalla Fondazione La Triennale di Milano all’atto della costituzione della Fondazione;
c. dai beni mobili e dai beni immobili di cui la Fondazione diviene titolare nel corso della sua attività e da quelli che vengono acquistati dall’organo amministrativo della Fondazione per essere destinati a patrimonio della Fondazione stessa;
d. dagli incrementi patrimoniali disposti da soggetti pubblici e privati a favore della Fondazione;
e. dagli eventuali avanzi di gestione non utilizzati ed espressamente destinati dall’Assemblea, su proposta del Consiglio di Amministrazione a incremento del fondo di dotazione.
Art. 6 – Beni in concessione d’uso
6.1 La concessione in uso alla Fondazione di beni mobili o immobili è regolata da apposite convenzioni bilaterali stipulate tra il soggetto concedente e la Fondazione o, se effettuata in sede di atto costitutivo, è da esso disciplinata; il valore attribuito al diritto d’uso non entra a far parte del patrimonio della Fondazione.
6.2 I beni mobili o immobili concessi in uso alla Fondazione rientrano automaticamente nella disponibilità del soggetto concedente allo scadere delle predette convenzioni ovvero in caso di estinzione e / o scioglimento della Fondazione nonché in caso di recesso del soggetto precedente. […]
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# 59, 60triennaledesignmuseum.it/giacimenti, selezione di una azienda e link al sito ufficiale
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# 57, 58triennaledesignmuseum.it/giacimenti, homepage e rete dei beni di consumo
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4.2.2 | ITER: VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEL TURISMO CULTURALE DEL MODERNO
La Triennale di Milano, punto di riferimento per l’architettura, il design, l’arte, la moda e i nuovi media, e CLAC Cantù, attento alla valorizzazione del patrimonio e delle competenze del territorio, su invito di Regione Lombardia e delle regioni aderenti al progetto (Emilia Romagna, Liguria e Piemonte) hanno proposto dei nuovi percorso turistici alternativi o complementari a quelli tradizionali, attraverso l’avvio del processo di valorizzazione del patrimonio di architettura del moderno.
Lo straordinario patrimonio artistico culturale italiano è da tutti riconosciuto come il più ricco e interessante, non solo per la quantità di opere presenti sul territorio, ma anche per qualità e valore. Siamo però talmente abituati a vedere e raccontare questo eccezionale valore, che spesso non ricordiamo e valorizziamo la ricchezza delle opere contemporanee.
Le opere degli architetti contemporanei, come Renzo Piano, Mario Botta, Tadao Ando, oltre che quelle di giovani progettisti di talento, convivono accanto alle architetture del Novecento (si pensi a Gio Ponti e Giuseppe Terragni), dando vita ad un patrimonio vasto e variegato che si inserisce in luoghi diversi
territorio in dialogo con il preesistente.
All’interno di questo contesto si è sviluppato il progetto ITER, che mira ad avviare un processo di valorizzazione del patrimonio dell’architettura moderna (dal ‘900 ad oggi) presente nelle quattro Regioni che hanno aderito: Lombardia, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte. L’intento è quello di riuscire a fare emergere il valore storico e turistico di tale patrimonio, sviluppando un’offerta di “turismo culturale”, teso a soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo.
Il progetto propone dei percorsi tematici che legano le varie architetture fornendo inedite chiavi di lettura e nuove modalità di percezione, riscoprendo gli elementi di un patrimonio diffuso sul territorio. Andrea Cancellato, direttore generale della Triennale di Milano, nell’introduzione al progetto sul sito www.architetturadelmoderno.it, parla di questo lavoro di ricerca come importante occasione per “approfondire la conoscenza del patrimonio architettonico del Novecento nelle regioni coinvolte, ma soprattutto per offrire un valido strumento capace di coniugare la tradizione alle nuove modalità di un turismo giovane, dinamico e intellettualmente vivace”.
[Rete di percorsi]
Cap.4 | Casi studio | 225
come tema di tesi di laurea. La scelta è ricaduta su quella che maggiormente rispetta lo spirito e il carattere dell’intero progetto: “in essa ricorrono gli elementi della rete e dei percorsi, il tutto a formare un’immagine antropomorfa che appare svilupparsi attraverso il tracciato degli itinerari, come una identità che risulta dalla connessione di più nodi, ciascuno dei quali rappresenta
creare una rete, la possibilità di un viaggio che possa essere intrapreso in tutte le direzioni: turismo, scoperta, cultura anche come gioco. L’opportunità di costruire percorsi interregionali in grado anche di arricchire l’offerta
presentazione di itinerari innovativi, capaci di evocare sensazioni sollecitate
Sulla base del materiale raccolto, è stato possibile individuare le tipologie
come spunto per una libera e autonoma costruzione di percorsi da comporre
“tipo”, l’intenzione è stata quella di individuare temi curiosi e alternativi alle
diverso di leggere i manufatti architettonici.
Le cinque suggestioni proposte in questa guida sono Anima, Corpo, Spazio, Tempo, Metamorfosi, e costituiscono le coordinate di una mappa che
riferimento. In questo modo si scoprono nel tessuto urbano le tracce di una
territorio.
Il valore delle cinque parole-chiave sta quindi nella loro capacità di stimolare e suggestionare il turista, rispondendo contemporaneamente alle tre esigenze
manufatti in tipologie e sotto-tipologie; la possibilità di comporre itinerari molto variegati; il valore emozionale di termini-guida più narrativi che tecnici.
226 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Pagina accanto # 61, 62, 63, 64 www.architetturadelmoderno.it
L’armatura di questo progetto è il suo sito, già citato, www.architetturadelmoderno.it, in inglese e italiano. Qui, oltre alle informazioni sul progetto, abbiamo la possibilità di consultare le schede di approfondimento raccolte nel database. Queste schede possono essere cercate secondo criteri di ricerca guidati, oppure secondo criteri di ricerca personali.
ricerca per itinerari interregionali ed itinerari regionali, premendo il link apposito in fondo alla scheda di presentazione dell’itinerario selezionato. I criteri di ricerca personali possono invece essere soddisfatti cliccando alla
I risultati della ricerca vengono poi visualizzati attraverso una schermata
relative schede di approfondimento) con la possibilità di fare una ulteriore selezione all’interno dell’elenco scelto; a destra della mappa la possibilità di generare automaticamente il percorso tra i siti selezionati, quindi scaricare il
stradali stampabili.
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228 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
4.2.3 IL FESTIVAL DELLE CITTÀ IMPRESA: IL RAPPORTO TRA CITTÀ E IMPRESA E LA NECESSARIA ARMONIA IN VISTA DELL’INNOVAZIONE
”La città ha sempre fatto fatica a convivere con le imprese che in esse si sono insediate ai tempi – remoti ma anche recenti – della modernità industriale. E questo soprattutto in un territorio, come il Nord Est, che è stato investito dall’onda lunga dell’industrializzazione diffusa. Per effetto della quale, lo spazio urbano o suburbano di migliaia di piccoli centri è stato invaso da fabbriche, macchine, lavorazioni pesanti e carovane di tir che ogni giorno vanno e vengono, senza sosta. Spostando con grande determinazione tonnellate di carichi che il passante occasionale, capitato in strada, osserva senza sapere da dove vengano e dove vadano. Come se lo spazio una volta abitato non fosse più suo, ma appartenesse a una logica diversa, che gli
estraneità Che non era solo una questione di inquinamento, di rumore o di
profondo e di più radicale: era la logica dei due universi - quello della città e quello della produzione - a non collimare.
un modo di produrre in cui le macchine comandavano sugli uomini e in cui l’ingegneria razionalistica faceva tabula rasa della storia. Dunque, si trattava
mettere insieme, nello stesso territorio. Tuttavia, trenta anni fa, all’inizio della grande crescita, non sono apparsi così divergenti perché le fabbriche, appena arrivate, avevano una funzione liberatoria, non solo costrittiva. Esse, infatti, consentivano agli uomini e alla storia delle città di uscire dalla prospettiva opprimente della miseria, che pesava più degli inconvenienti portati dalle
obtorto collo qualche concessione l’una all’altra, sia pure con qualche sofferenza. Ma certo, la parte del leone - salvo poche eccezioni - l’hanno fatta le fabbriche. In pochi fortunati casi, che ancora oggi ammiriamo, si è riusciti a far coesistere i due mondi, assegnandoli a universi paralleli e distinti: dentro
niente vincoli e - dunque - una sostanziale resa alle necessità dei tempi: l’industrializzazione deve andare avanti comunque, succeda quel che deve
[Rete di eventi]
# 65 Festival delle Città Impresa logo
Cap.4 | Casi studio | 229
succedere.
il più forte. Spesso la “vecchia” città è diventata irrilevante, una sorta di dormitorio storico annesso allo spazio della produzione, cresciuto con i suoi criteri. Altre volte, le esigenze della produzione hanno colonizzato a poco
passato confondendo ingegneria e storia in un pasticcio in cui tutte e due avevano molto da perdere.
La storia sembrava, in tutti i casi, segnata: tra un mondo della tradizione che non produce, e la rutilante modernità che porta posti di lavoro e redditi diffusi,
poteva al massimo impegnare, con molta buona volontà, a salvare il salvabile.
Se oggi parliamo di città imprese - ossia di città che diventano imprese e di imprese che diventano città - è perché la storia della colonizzazione industriale del mondo della vita - e, dunque, delle città in cui vivono uomini e storia - è ormai alle nostre spalle.
Si tratta di guardarla per quello che è, senza recriminazioni, anche per¬ché a essa dobbiamo la ricchezza nata dallo sviluppo sregolato, di cui ci pentiamo ma che ha, comunque, cambiato il nostro mondo. E si tratta, so¬prattutto, di aprire una pagina nuova, dove la radicale opposizione tra la logica dell’impresa e quella della città diventi invece integrazione, sinergia, premessa di un nuovo modo di vivere in cui la città - con i suoi uomini e la sua storia - diventa una fonte di valore per l’impresa; e in cui l’impresa diventa un mediatore indispensabile per rendere sostenibili e convenienti gli investimenti necessari per costruire il futuro, in base a un progetto per la città, espresso dai suoi abitanti.
Abbiamo una chance straordinaria: non solo per chiudere le ferite di un passato che è ancora qui; ma per ridare capacità progettuale alle città, riconciliandole con le imprese. Le città non sono più contenitori da occupare e colonizzare, ma sistemi intelligenti e riserve di creatività. Che la nuova logica economica impone di rispettare e anzi di coltivare, con attenzione”.
230 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
del Festival delle Città Impresa, ha aperto nel gennaio del 2008 la prefazione alla prima edizione dell’evento.
Il festival nasce dalla considerazione che le città non sono più contenitori da occupare e colonizzare, ma sistemi e riserve di creatività, da un’idea sorta a tavolino tra il sindaco di Schio, Luigi Dalla Via, l’editore di Marsilio Filiberto Zovico e dal sindacalista vicentino Luigi Copiello, autore di Manifesto per la metropoli Nord Est.
Filiberto Zovico da anni osserva il territorio e le sue dinamiche, con i percorsi di costruzione culturale, sociale e infrastrutturale della metropoli Nordest. Tutto ciò ha portato, nell’aprile 2008, il primo festival: quattro giorni di incontri ed eventi incentrati sulle trasformazioni del tessuto economico nordestino e il cambiamento nel rapporto città-impresa.
Il comprensorio di Schio-Valdagno è uno dei luoghi simbolo della trasformazione industriale avvenuta negli scorsi decenni. Da città emblema della grande impresa tessile (Marzotto e Lanerossi) hanno vissuto le
modello della grande impresa un moderno sistema di piccole multinazionali tascabili, leader proprio in quel settore tessile-abbigliamento che sembrava destinato al declino in un Paese come l’Italia. Diesel, i marchi della Marzotto, Gas e molti altri, sono oggi leader mondiali per brand e fatturato. Nel contempo altri grandi distretti industriali, a partire da Montebelluna, si sono sviluppati
dando vita a quel fenomeno dei distretti della calzatura e dello sport-system - che ha prodotto brand mondiali come Lotto e Geox - o dell’inox e del mobile - come Snaidero - che hanno tanto contribuito a determinare quel tumultuoso sviluppo del Nordest assunto per anni a modello di un nuovo capitalismo di massa.
che vive oggi una nuova e radicale trasformazione sia sul lato urbanistico e architettonico sia sul fronte della struttura industriale. Il passaggio da un capitalismo molecolare a quello della media impresa comporta però la
di un territorio in larga parte devastato.
Cap.4 | Casi studio | 231
La prima edizione del Festival delle Città Impresa si è intitolata Il paesaggio della felicità, e verteva intorno ai nuovi processi di smaterializzazione
lavoro, di progettazione e di vita protesi al perseguimento della felicità e del ben-essere. Un laboratorio che ha la dimensione di un territorio, un sistema in movimento, dove il nuovo nasce nelle periferie, meno presidiate dai poteri
ancora poco sedimentate: un punto di debolezza, ma allo stesso tempo una grande risorsa per cercare con meno resistenze nuovi assetti in quest’epoca dove il vantaggio è di chi sa innovarsi velocemente e di continuo.
Al progetto hanno aderito sette centri urbani di media-piccola dimensione, tutti capoluoghi simbolo della trasformazione industriale e modelli rappresentativi del sistema nordestino. Si trattava di Rovereto (Tn), Schio (Vi), Valdagno (Vi), Vittorio Veneto (Tv), Montebelluna (Tv) e Maniago (Pn): sette città-impresa collegate dalla linfa di una foglia, logo dell’evento e simbolo di vita, oltre che di rete.
Il calendario del festival prevedeva oltre cento incontri incentrati sui temi delle trasformazioni urbane e del vivere quotidiano nelle città alla luce dell’evolversi dello scenario economico, che hanno coinvolto importanti esponenti della
idee e progetti, ma anche l’occasione per portare un centinaio di giovani talenti di tutto il mondo a conoscere l’area principe del miracolo economico, reso possibile dall’avvento del modello delle medie imprese e delle multinazionali tascabili, arricchendo così il territorio di una rete di relazioni proiettata nel futuro e costruendo una valida occasione, per l’intero tessuto produttivo del Nordest, di attrarre i migliori cervelli e di metterli in relazione con le imprese innovative dell’area.
La seconda edizione del 2009 ha toccato invece il tema dell’innovazione: Innovare per vincere la crisi. Idee e strategie per persone, aziende, territorio. Si è parlato di energia a Rovereto (Tn), di formazione a Schio (Vi), di vocazione territoriale e Montebelluna (Tv), di progettazione urbanistica nei comuni del
un’unione di comuni, insieme varie associazioni, hanno ‘fatto rete’ per un progetto comune, che è riuscito a coinvolgere esperti mondiali come Richard
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Florida, Jeremy Rifkin, Colin Campbell e molti altri. Di fatto la testimonianza concreta di come ‘la terra dei cento campanili’ sia in grado di fare squadra.
abbattuta sul mondo intero, e che ha rallentato la spinta innovativa di molte aziende. Ma per evitare di essere risucchiati nella concorrenza dei costi al ribasso, bisogna innovare: ciascuno per sé, ma anche tutti insieme: persone, imprese, territori. Questo però si può fare solo mobilitando l’intelligenza
movimento in processo in cui ciascuno innova per sé ma anche per tutti gli altri con cui è collegato: l’innovazione si fa in rete, la rete si fa per innovare insieme.
Secondo Enzo Rullani, ci sono almeno tre ragioni che danno all’innovazione
1. bisogna passare dall’innovazione di quantità all’innovazione di qualità,
sui servizi forniti agli utilizzatori.
2. l’innovazione a propugnare uno sviluppo che deve misurarsi con la necessità di recuperare la sostenibilità della crescita di fronte alla scarsità del petrolio e delle altre materie prime, e alla pressione sempre maggiore che la produzione e il consumo di massa esercitano sugli ecosistemi locali e planetari.
3. dell’intelligenza distribuita, dove la creatività che viene messa in rete è quella dei tanti innovatori potenziali che si trovano immersi nel sistema produttivo e di consumo.
La terza edizione, svoltasi nell’aprile 2010, ha toccato il tema molto attuale della cultura come motore di sviluppo e innovazione. Il titolo La cultura ci fa ricchi! Per il Nordest Capitale Europea della Cultura, ha voluto mettere in evidenza come l’elemento culturale possa contribuire alla ricchezza sia materiale che metaforica delle città, delle imprese e delle persone, il tutto inserito nel più ampio dibattito attorno alla prossima candidatura del Nordest a Capitale Europea della cultura 2019. Come sempre una manifestazione a rete di città-impresa, con ospiti nazionali e internazionali chiamati a dare il loro contributo e a confrontarsi su progetti di sviluppo imprenditoriale e culturale. Quest’anno si sono avvicendati, solo per citarne alcuni, Ilvo Diamanti, Federico Rampini
Cap.4 | Casi studio | 233
(la Repubblica), Michelangelo Pistoletto, Alessandro Profumo (amministratore delegato UniCredit Group), Jacques Attali, Michael Spence (Nobel all’economia 2001), Jimmy Wales (fondatore di Wikipedia), Davide Rampello, Aldo Bonomi (direttore AAster), Pierluigi Celli, Denis Santachiara, Aldo Cibic.
La domanda che ha animato il festival è stata: “A cosa serve la cultura?”.
La cultura serve a formare le persone, a ricordare le storie passate di luoghi e abitanti, a legittimare istituzioni e abitudini presenti, a collocare il nostro vissuto in una narrazione collettiva, ma soprattutto a produrre senso per reagire allo spaesamento in cui ci troviamo. Ci fa ricchi perché dà nuovo senso al mondo e restituisce una motivazione al nostro agire quotidiano, ci consente di ricollocare la storia all’interno di questo nuovo contesto di crisi e globalizzazione. L’assunto principale è che il nordest dell’impresa diffusa, del capitalismo personale, la terra dei cento campanili deve trovare una sua identità, riconoscibile a scala mondiale.
Enzo Rullani ha individuato tre direzioni di marcia su cui puntare perché la cultura diventi a tutti gli effetti strumento di innovazione:
- la qualità della vita, usando arte, design e narrazioni storiche come momenti creativi di sintesi;
- la comunità aperta, che metta le società ancorate al territorio in contatto con il mondo esterno, permettendo quindi la rigenerazione della propria identità e delle proprie differenze;
- la voglia di essere produttori di futuro, grazie a nuove chiavi di lettura del mondo alla reinvenzione di senso.
Come si legge nel titolo, il terzo festival è sorto sullo sfondo di un obiettivo più grande: fare del nordest la capitale europea della cultura 2019, presentandosi come realtà unica, fatta di un tessuto esteso e diffuso di attori culturali, e con
del design, della sostenibilità e della comunicazione i loro strumenti di competizione nel mercato mondiale.
Come le prime due edizioni, gli eventi sono divisi nelle varie città aderenti:
- Rovereto: la cultura della sostenibilità – scienza e impresa si incontrano nella nuova manifattura;
- Schio: l’economia delle idee;
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- Comuni del Camposampierese: Le reti della conoscenza e della comunicazione;
- Asolo e Montebelluna: Il design come fattore competitivo;
- Vittorio Veneto: i nuovi spazi metropolitani;
- Maniago: Le nuove industrie culturali: fattore cinema;
- Campoformido, Reana del Rojale e Tavagnacco: I nuovi Marco Polo. La cultura come fattore di dialogo e scambio tra i mercati ed i popoli tra oriente e occidente.
Una rete di soggetti, tra organizzazioni, enti, fondazioni e associazioni protagonisti attivi del festival, insieme ad un centinaio di aziende del
e dare vita alle necessarie sperimentazioni, per delineare nuove strategie di sviluppo e generare processi innovativi. Per un nordest che appare sempre più determinato a far fronte all’ambizioso progetto di sviluppo della sua vita culturale, delle sue imprese e delle reti infrastrutturali necessarie ad un assetto metropolitano e competitivo. Ecco quindi che il tema del 2011 trova giusta collocazione nel contesto: Far viaggiare le idee. Infrastrutture e reti ad alta velocità per la metropoli 2019.
La quarta edizione si è proposta di sostenere idee e progetti che permettano
(sistemi universitari integrati, centri del design e del fashion, banda larga) indispensabili per realizzare il contesto metropolitano nel quale potrà svilupparsi il progetto di Capitale Europea della Cultura 2019, obiettivo strategico e di sistema dell’intero territorio. Come per le scorse edizioni, le protagoniste sono state le Città Impresa, diventate per qualche giorno laboratori di progetti per lo sviluppo del territorio: Schio si è occupata di innovazione e di rapporto tra imprese e conoscenza, il polo di Montebelluna è stato teatro del dibattito su Pedemontana ed Smfr, ad Asolo si è parlato
udinese di Tavagnacco è stata sede del dibattito sulla banda larga e la crescita economica per mezzo delle nuove tecnologie.
L’edizione di quest’anno, in programma dal 2 al 6 maggio 2012, vedrà invece
Cap.4 | Casi studio | 235
protagonoste Le fabbriche delle idee. In questa nuova fase di crisi della società occidentale, il Nordest sta vivendo una svolta epocale che va accompagnata da una profonda trasformazione del sistema territorio e delle imprese, per
delle idee, della creatività, della cultura, dell’innovazione e della sostenibilità, il territorio deve accompagnarla fornendo un contesto metropolitano dotato di tutti i servizi di eccellenza che la possa aiutare a competere sui mercati
del futuro saranno quelle che produrranno idee e le venderanno nei mercati internazionali, è altrettanto vero che esse si insedieranno e cresceranno in
nuove classi creative, centri di servizi e formazione di eccellenza, piattaforme di mobilità di merci e persone capaci di ottimizzare i tempi di trasferimento. Ma se il territorio non sarà in grado di fornire tutto questo, si assisterà a un rapido depauperamento del tessuto industriale in due direzioni: da una parte avremo
aggiunto, non più capaci di reggere la concorrenza internazionale; dall’altra le imprese più innovative tenderanno a trasferirsi in paesi o aree metropolitane più idonee ad accoglierle.
“Protagoniste del Festival saranno dunque le aziende che innovano, che puntano sulla creatività e/o su rinnovate sapienze artigiane; protagoniste del Festival saranno quelle città che producono idee, che creano luoghi – spesso all’interno di antichi stabilimenti industriali – dove le idee si incontrano e si scambiano, dove il rapporto tra cultura, creatività ed impresa crea contaminazioni e produce nuove suggestioni. Una settimana di incontro e confronto a livello europeo, quindi, per confrontare idee, proposte e modelli per rinnovare il tessuto produttivo e affermare una nuova fase di sviluppo sostenibile”.
[www.festivaldellacittàimpresa.it]
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4.2.4 | CONTRACT DESIGN NETWORK
Abbiamo visto nel primo capitolo come le PMI facciano parte delle storie di successo del nostro Paese, ma allo stesso tempo siano troppo spesso sinonimi di sottocapitalizzazione delle piccole imprese. Sta però cominciando a prendere piede una modalità innovativa, che sotto la spinta delle condizioni competitive può indurre gli imprenditori ad aggregarsi per essere più forti sul mercato.
Nel 1990, ben prima della crisi economica mondiale degli ultimi anni, Chandler affermava che la “cooperazione tra imprese rappresenta uno dei più fruttuosi e possibili percorsi di sviluppo del capitalismo moderno”. Il concetto di “rete”
nuovi processi e prodotti, accorciare i tempi di innovazione o di ingresso nei mercati, scambiare informazioni e altre risorse per adattarsi alle contingenze ambientali. Un sistema così strutturato è in grado di potere fronteggiare un mercato globalizzato.
Ad oggi, in Italia, le reti di imprese attivate sono però poco più di un centinaio.
Rho. Questa rete di imprese riunisce sette aziende d’eccellenza nei settori,
e arredamenti speciali per il contract e le sale di pubblico spettacolo. Un network che unisce settori diversi tra loro, ma in grado di integrarsi per favorire la comunicazione e la condivisione di progetti, e che è destinato a diventare una case history nel mondo del contract. Una collaborazione tra imprese
l’internazionalizzazione. Questa realtà estesa fa si che le singolarità aziendali diventino un moltiplicatore di esperienze, sinergie e penetrazione nel mercato. Fare rete diventa quindi elemento di sviluppo di una managerialità condivisa che è condizione obbligatoria per agganciare i nuovi e più grandi mercati. Fare rete è un’autentica innovazione per il sistema delle imprese vocate al contract che diventano così aperte e propositive verso i nuovi potenziali clienti.
“La competizione internazionale richiede alle aziende di continuare a investire in ricerca, innovazione, comunicazione, rete di vendita”, commenta Nicola
[Rete d’imprese]
Cap.4 | Casi studio | 237
Franceschi amministratore delegato di Ares Line, “Spesso, però le singole aziende non riescono a sostenere economicamente da sole questo impegno, specie se si tratta di PMI. La soluzione è creare una rete di aggregazione con altri, per dividere i rischi e investimenti, e moltiplicare le opportunità commerciali: in questo modo la piccola impresa può operare come un sistema più grande. Per quetso abbiamo realizato il Contract Design Network: un legame forte con altre aziende che ci permette di essere sempre più competitivi sul mercato”.
Ecco le aziende che hanno deciso di mettersi in gioco:
Ares Line è stata costituita nel 1987, e nel corso degli anni ha potenziato il proprio posizionamento attraverso un’importante strategia che coinvolge
l’azienda sviluppa un programma completo e articolato per la collettività.
Ares Line, e ne hanno caratterizzato l’evoluzione. I prodotti sono emozionanti, fortemente innovativi dal punto di vista formale e tecnologico, e nascono da una costante ricerca di materiali unita a sapienti ed inedite applicazioni. L’attenzione al cliente e alle sue esigenze è evidente nelle esclusive “Solutions on demand”, che valorizzano il design e la funzionalità del prodotto progettato
una logica d’internazionalizzazione, e ora, anche di aggregazione aziendale.
Castaldi Lighting è un’importante realtà nel mondo dell’illuminazione, nata dalla fusione di Ing. Castaldi Illuminazione srl e Norlight srl.Castaldi Illuminazione è specializzata nella produzione di apparecchi e impianti
dei propri prodotti. Il brand Norlight opera invece nella progettazione e produzione di soluzioni illuminotecniche per interni che rispondono alle esigenze d’illuminazione degli ambienti più diversi.
Decima Italia nasce nel 1948, si caratterizza per la progettazione e la realizzazione delle migliori soluzioni scenotecniche, tecnologiche e di arredamento per il teatro e per tutte le declinazioni dello spettacolo. L’azienda offre oggi elevata competenza e specializzazione nella meccanica di scena,
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negli impianti e negli arredi acustico-decorativi, nel campo illuminotecnico, nella regolazione luci e la diffusione sonora operando con la stessa
senza compromessi sulla qualità.
Il costituito nel 1990, si presenta sul mercato come interlocutore capace di offrire un servizio “chiavi in mano” di altissima qualità
costituzione, l’azienda ha investito moltissimo nelle risorse umane e grazie a questa strategia ha conosciuto un’importante espansione costituendo, così, il proprio successo e la propria reputazione nel mercato.
Patentverwag Italia, costituita nel 1971, esordisce inizialmente nella produzione di una gamma di sedili per gradinate nel settore degli impianti sportivi. Dai primi anni ‘90, cresce il successo della produzione di armadietti per spogliatoi e pareti prefabbricate; nel frattempo la divisione dei sedili per gradinate si evolve su tribune telescopiche, anche completamente motorizzate.
WRK è nata negli anni 90 e si è poi sviluppata nel 2005 con l’attuale forma
tecnologicamente avanzate. Il core business di WRK comprende la produzione, lo sviluppo e l’installazione di gradonate per università, teatri, cinema e altri luoghi grazie al sistema brevettato TECHNOSTEP che si caratterizza per
acciaio della Hilti e pedane ignifughe altamente resistenti, in materiale sonoro acustico e antincendio della Knauf, è completamente rimovibile e ricostruibile in altri ambienti con evidente risparmio di costi.
Radio Marconiun’azienda all’avanguardia nella progettazione e realizzazione di sistemi per la comunicazione multimediale e interattiva. Le soluzioni proposte si distinguono per la capacità, assolutamente unica e innovativa, di integrare in sistemi su larga scala contenuti audio, video e testo con estrema versatilità, senza l’utilizzo di un’architettura PC, per offrire all’utente una fruizione interattiva semplice e coinvolgente.
Cap.4 | Casi studio | 239
4.3 | EVENTI DIFFUSI NEL TERRITORIO
diverse attività sapendo di poter contare su un network di interlocutori capaci
Qui analizziamo alcune progettualità in corso nel Nordest - Provincia Italiana e Operaestate Festival - e due casi studio noti a livello internazionale - i Fuorisalone di Milano e Transart di Bolzano.
Anche in questo caso possiamo dire che le caratteristiche che individuano
identità nasce proprio dal sito web che li contiene, li fa interagire e li comunica. A ciò si accompagna in genere una comunicazione urbana integrata diffusa, a seconda dei casi più o meno riconosciuta e riconoscibile dai cittadini.
4.3.1 | PROVINCIA ITALIANA
“Provincia italiana” è un laboratorio permanente ideato da Fuoribiennale all’interno dell’Innov(e)tion Valley per ripensare l’idea di “provincia”.
La prima edizione del progetto si è inserita nel sistema dei numerosi eventi collaterali previsti dalla 12. Biennale Architettura del 2010. A differenza degli altri eventi tuttavia, esso ha portato eccezionalmente la Biennale fuori dal recinto magico ed esclusivo di Venezia, permettendo alle persone di incontrarsi nell’architettura contemporanea sui luoghi del territorio, e non solo all’interno della mostra. Il coinvolgimento dei quattro territori di Vicenza, Venezia, Padova e Treviso, con la creazione di una rete di attività tra i comuni, ha permesso di costruire un gigantesco incubatore di cultura creativa: incontri, workshop, talk, conferenze, convegni, azioni a cui sono corrisposte reazioni, proposte e contagi territoriali. Con questo progetto sono
sono incontrate le amministrazioni e la contemporaneità, la realtà sociale e la sperimentazione creativa, anche in vista della vicina candidatura del Nordest a Capitale Europea della Cultura 2019.
Pur pensato come serie di eventi collaterali alla Biennale di Venezia, “Provincia italiana” ha già assunto una propria identità, guardando verso il lungo # 66 Provincia Italiana, manifesto
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periodo, per realizzare oggi quelle indispensabili condizioni di possibilità che accompagneranno questo territorio verso il futuro.
La provincia, da sempre il luogo del fare e dell’innovare, si mette in discussione, si ripensa in una revisione profonda dei propri meccanismi culturali, accettando di accogliere i linguaggi della contemporaneità.
I luoghi degli eventi sono ville Palladiane, aree industriali, fabbriche dismesse, bunker della Seconda guerra mondiale. Una costellazione di spazi che assumono una nuova identità di valore in una regione che ha cristallizzato la sua cultura in Venezia e nelle opere del Palladio, e che sta ora cercando di rinascere grazie alla cultura del contemporaneo. Grazie agli eventi organizzati nelle varie sedi, il territorio diventa un luogo di confronto reale.
Ecco perché Provincia italiana è un laboratorio di ripensamento territoriale a partire dall’architettura che per attiva spazi, ma soprattutto persone. Con l’obiettivo di:
- creare una rete di concertazione territoriale in grado di dialogare sui temi del contemporaneo
- valorizzare il patrimonio storico-architettonico del territorio, utilizzandolo come scenario di eventi e attività
- creare un contesto internazionale che diventi attivatore del sistema economico e sociale
-progetti sperimentali che permettano alla realtà locale di competere in contesti globalizzati
-sociale e cultura
Le prime due edizioni (2010 e 2011) hanno avuto come protagoniste le province di Vicenza, Padova, Treviso e Venezia, e le amministrazioni comunali di Bassano del Grappa, Caldogno, Montorso Vicentino, Possagno, Schio, Unione dei Comuni del Camposampierese, Valdagno e Vicenza. Si è trattato soprattutto di cicli di conferenze e workshop per condividere esperienze di apprendimento e sensibilizzazione al contemporaneo.
Cap.4 | Casi studio | 241
La riapertura della Basilica Palladiana, chiusa da sette anni per ristrutturazione, è per Vicenza occasione per tracciare nuove traiettorie contemporanee e diventare attivatore avanzato del territorio, punto di riferimento culturale, sociale ed economico dei prossimi anni.
Ecco perché qui si è parlato molto di contemporaneità e rifunzionalizzazione degli spazi, per connotare la Basilica, simbolo della città, con un nuovo ruolo di attivatrice del territorio e incubatrice di industria creativa.
Gli incontri del primo ciclo si sono svolti negli spazi del Teatro Olimpico, del Teatro Comunale e allo Spazio Monotono. Il tema approfondito è stato “La basilica palladiana. Quale contemporaneo per Vicenza?”, ed ha visto susseguirsi vari esperti curatori e creativi come: Chus Martinez, capo curatore del MACBA di Barcellona, Patrizia Brusarosco, direttore e Milovan Farronato, direttore artistico, di Viafarini, Pippo Ciorra, curatore per l’architettura del
– Fondazione Pistoletto. Proseguendo i ragionamenti iniziati con questi primi incontri, l’edizione 2011 ha esplorato “La Basilica come attivatore del territorio e incubatore di industria creativa”. Quattro incontri con alcuni rappresentanti dell’European Creative Business Network, la rete europea per l’innovazione e l’incubazione di imprenditorialità creativa e con le Università internazionali che si occupano di industrie creative: Martin Krammer di Creative Industries Styria/Graz, Robin MacPherson, di Edinburgh Napier University, Leo Van Loon di Creativity Factory/Rotterdam e Dominic Power dell’Università di Uppsala in Svezia. Interessante anche l’incontro del 21 gennaio 2011 allo Spazio Monotono, sui PERCORSI ARTISTICI PER LO SPAZIO PUBBLICO moderato da Gabi Scardi, con interventi di Claudia Losi, Maria Papadimitriou, Marianella Sclavi, Massimo Simonetta, Cristiano Seganfreddo e Catterina Seia. Si è trattato
come occasione di intervento afferente la sfera pubblica. Questo modo di intendere l’arte è infatti riscontrabile nell’attitudine e nella pratica operativa di un numero crescente di artisti: artisti ricettivi e sensibili nei confronti del contesto e particolarmente attenti ai temi centrali del dibattito pubblico attuale in quanto mossi da un impegno che riguarda contemporaneamente l’arte e il mondo; artisti portati a calarsi nel vivo del tessuto sociale per
operatività variegate.
Come vedremo nel prossimo caso studio, Bassano del Grappa si è consolidata # 67 Vista di Vicenza
# 68 Basilica Palladiana, Vicenza
Vicenza
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nel tempo come importante polo delle “città palcoscenico”, la rete territoriale delle attività performative e teatrali costruita da Operaestate Festival Veneto. Allo stesso tempo lo Urban Center è il nuovo spazio dedicato a progetti, idee e proposte per la città di Bassano del Grappa. Uno strumento per favorire la costruzione di politiche urbane autenticamente condivise.
Qui si è parlato di URBAN CENTER come LABORATORIO-OFFICINA DELLA CITTÀ con un incontro con Riccardo Marini, City Design Leader del City Council di
internazionale. Marini ha diretto l’Urban Design Group del City Council Planning Department della città di Glasgow. E’ attualmente City Design Leader del
culturale che ha portato alla redazione di un city plan all’interno del quale la cultura è ritenuta “elemento essenziale della crescita umana, dello sviluppo economico, del rinnovamento sociale, della qualità della vita”. Inoltre la città si è confrontata con Francesco Evangelisti, coordinatore della commissione tecnica e Giovanni Ginocchini coordinatore comunicazione Urban Center Bologna. Urban Center Bologna è il centro di comunicazione con cui la città di Bologna presenta, discute e indirizza le proprie trasformazioni territoriali e
la progettazione condivisa del futuro di Bologna, un laboratorio di idee.
Gli incontri si sono svolti al C4-Centro Cultura Contemporaneo Caldogno, che rappresenta il riferimento sul territorio per la formazione attraverso le arti, in primis manageriale, ed ha sede in un’area in cui convivono una Villa Palladiana, con giardino e barchessa, le installazioni di alcuni artisti contemporanei ed un Bunker della II Guerra Mondiale.
Tra gli eventi, la tavola rotonda aperta al pubblico in occasione della presentazione del volume di Ugo Morelli “Mente e bellezza. Mente relazionale, arte, creatività e innovazione” (Torino, 2010). Con Ugo Morelli, autore del volume
School of Management, Anna Simioni, CEO Unimanagement, centro di sviluppo della leadership UniCredit, Valeria Cantoni, Presidente Art for Business, Fausta Bressani, Dirigente Regionale ai Beni Culturali, Silvio Fortuna, Amministratore Delegato Arclinea e Presidente Fondazione Studi Universitari Verona, Catterina Seia, CulturAli.
Bassano del Grappa
Caldogno
# 69 Vista del centro storico di Bassano del Grappa, con il ponte degli Alpini
# 70 Villa Caldogno, Caldogno
Cap.4 | Casi studio | 243
grande scultore neoclassico della storia, agli importanti presidi scolastici
accoglienza adeguato al valore dei lasciti canoviani, insediare un’architettura adeguata ai nuovi modelli di istruzione scolastica, rilanciare il valore del proprio impianto urbano nel sistema del paesaggio pedemontano. Ecco il motivo della conferenza “Un territorio migliore? Progetti, luoghi e innovazione nell’asolano pedemontano”. Un incontro con tutti gli attori del territorio
merito a cinque assi fondamentali – energia, ambiente e sviluppo sostenibile, turismo, materiali e design, sociale.
Schio possiede un complesso di archeologia industriale unico al mondo che ha deciso di reinventare il proprio passato, diventando incubatore di innovazione, luogo interazione fra pensieri, risorse ed esperienze di gruppi diversi. L’ex
maggiormente rappresentativo di questo percorso che sta delineando Schio come hub della rete culturale del territorio.
Qui si è parlato della candidatura a Capitale della Cultura Europea 2019 e del ruolo del territorio vicentino in questo scenario, coinvolgendo Pierluigi Sacco,
di goodwill. Ma anche di “Innovation cluster: sistemi locali di innovazione collaborativa”, o con Massimiano Bucchi, Sociologo dell’Università di Trento, Stefano Micelli, economista Università Cà Foscari e direttore di VIU – Venice International University di Venezia e Paolo Verri, direttore del Comitato
processi di sviluppo e, se associati al tema dell’innovazione, e rappresentano
tema del “Placemaking come pratica di progettazione degli spazi “vitali” della comunità” con Luca dal Pozzolo, vicepresidente Fondazione Fitzcarraldo di Torino e Christer Gustafsson, direttore del Patrimonio Culturale della Regione svedese dell’Halland. Il tema del confronto è stato il “placemaking”,
progettazione e creazione di destinazioni pubbliche “vitali”, che promuovono il benessere degli individui e la partecipazione forte dei membri della comunità.
Possagno
Schio
# 71 Vista di Possagno
# 73 Fabbrica Alta, Schio
Valdagno
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L’unione del Camposampierese è una federazione di Comuni che raccoglie undici municipalità, nata con l’obiettivo di creare un ambiente favorevole alla crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, all’interno di un sistema territoriale con una propria identità capace di mettere in rete le eccellenze di ciascuno in un sistema di forme economiche e sociali che si dilatano e diventano forme a “geometrie variabili”. L’area dell’alta padovana è una città
che sappiano rivedere il proprio territorio in modo liquido. Pensare al nuovo
delineare il paesaggio urbano contemporaneo, e su questo si sono concentrati
e design, e Salottobuono, studio di progettazione sperimentale, ha invece toccato il tema della costruzione dell’identità della neo-nata Federazione dei Comuni del Camposampierese. Un momento di confronto per tracciare le linee di ricerca di un nuovo modello di rappresentazione della rete territoriale.
La città di Valdagno si caratterizza per le trasformazioni contemporanee, fra patrimonio industriale e progetti innovativi di riuso. Da un lato, il rapporto simbiotico fra la città e l’industria laniera dei Marzotto, dall’altro, una nuova visione cittadina, simboleggiata dal percorso di recupero dell’ex-inceneritore.
Qui, durante un workshop a cura di Salottobuono, studio di progettazione sperimentale di Venezia, e Onlab, studio di comunicazione di Berlino, si è esplorato il tema della “Community vs communication. La comunicazione territoriale alla base della comunità”. Il cardine attorno a cui si è sviluppato il workshop è stata la comunicazione pubblica al cittadino, partendo dal presupposto che nella costruzione di un sistema di identità coordinata sia fondamentale considerare la storia, la cultura, l’architettura di un luogo. Con Giandomenico Amendola, docente di Sociologia urbana dell’Università di Firenze, e Marcella Messina, Università di Bergamo, è stato presentato il libro Tra Dedalo e Icaro – la nuova domanda di città, in cui Amendola illustra dieci modelli di città, dalla città sostenibile a quella cosmopolita, dalla città impresa
continuo che compiamo tra bisogni e realtà per capire quale è la nostra vera,
invece alla riconversione creativa dell’ex inceneritore in centro culturale multimediale è intervenuto Horst Hoertner, direttore di Ars Electronica
Comuni del Camposanpierese
# 74 Vista delle campagna del Camposanpierese
# 75 Valdagno
# 76 ex-inceneritore, Valdagno
Valdagno
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Futurelab di Linz. Si tratta di un centro specializzato nei nuovi media, situato nella città austriaca di Linz, che possiede uno dei più estesi archivi di arte digitale. Consiste nel catalogo e nei materiali che documentano il Festival di Ars Electronica dal 1979, festival dedicato alle applicazioni del digitale nel campo dell’arte, della cultura e dell’innovazione più antico d’Europa.
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4.3.2 | OPERAESTATE FESTIVAL VENETO
Operaestate Festival Veneto è una manifestazione estiva di spettacolo dal vivo che si svolge annualmente nella città di Bassano del Grappa e nella vicina area pedemontana veneta. Nasce nel 1981 a Rossano Veneto come stagione lirica estiva, per poi introdurre negli anni seguenti progetti di teatro, danza, musica e cinema. In questi anni il Festival ha assunto un ruolo di rilevanza regionale prima e nazionale poi, grazie anche alla diversità e all’ampiezza delle proposte culturali. L’obiettivo del Festival è quello di avvicinare il pubblico all’arte performativa e dello spettacolo dal vivo in tutte le sue forme, e con essa elevare il valore culturale dell’intero territorio.
Da questi presupposti si sono sviluppati i seguenti progetti:
- Il Festival Diffuso: coinvolgendo numerosi comuni della pedemontana veneta intende valorizzare l’enorme patrimonio architettonico, storico e paesaggistico del Veneto trasformando spazi non adibiti allo spettacolo
Bassano del Grappa che con Operaestate Festival Veneto offre alle tre province che abbraccia i principali interpreti della scena italiane ed internazionale della danza, della musica e del teatro. Bassano porta sui suoi palcoscenici grandi eventi di danza, musica, teatro con importanti protagonisti della scena italiana ed internazionale. Da qui il festival si
a contare oggi 32 amministrazioni comunali e una comunità montana. E’ qui che vengono ambientati progetti esclusivi creati a partire dalle eccellenze dei luoghi, perché la valorizzazione di spazi importanti sotto
culturale evoluto.
Operaestate Festival Veneto riesce ad unire in una rete del tutto originale i suoi enti promotori: la Regione del Veneto e la Città di Bassano del Grappa con gli altri 34 comuni aderenti al progetto: Asiago, Asolo, Borso del Grappa, Camisano Vicentino, Campolongo, Cartigliano, Cassola, Castelfranco Veneto, Castello di Godego, Cittadella, Dueville, Enego, Galliera Veneta, Gallio, Loria, Marostica, Mogliano Veneto, Molvena, Montecchio Maggiore, Montorso, Nove, Possagno, Pove del Grappa,
# 77 Voci Versi (dall’Iliade di Omero), Anagoor, Gipsoteca e Casa di Canova
# 78 Carlo Aonzo e Fabrizio Giudice, Duo Mandolino e Chitarra, Rivalità e Alleanze in Musica
Cap.4 | Casi studio | 247
Ezzelini, Schio, Thiene 3 comuni dell’Unione dei Comuni Medio Canal di Brenta e quelli che lo sostengono: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Province di Vicenza, Treviso e Padova, Camera di Commercio di Vicenza, Fondazione Cariverona, Unicredit, Ambasciate e Istituti di Cultura internazionali e le aziende del territorio aderenti al Club Amici del Festival.
- La Stagione Lirica: porta avanti la ragione d’essere del Festival con la realizzazione di produzioni e co-produzioni delle principali opere liriche con l’intento di dare continuità alla più complessa tra le arti sceniche.
- Minifest: ideato per le famiglie e l’infanzia con profondi risvolti formativi si sviluppa attraverso un ricco calendario con appuntamenti che toccano molte delle Città Palcoscenico nei suoi luoghi più suggestivi.
-
- B_Motion: nato nel 2006 per dare spazio alla scena più innovativa delle arti performative. Grazie ad esso nel 2007 si sviluppa CSC, il Centro per
ricerca che vede come base operativa il CSC Garage Nardini. Nato in forma
Bassano del Grappa, si predispone ora come interfaccia tra il Festival Diffuso e le attività del CSC.
Nell’ambito di Operaestate, B.motion è ormai un marchio riconosciuto che sintetizza perfettamente lo spirito più innovativo e contemporaneo del festival. Nei suoi primi 5 anni di vita ha accolto un’intera generazione di nuovi artisti diventando vetrina privilegiata della danza contemporanea internazionale e del teatro italiano di ultima generazione. Oggi continua la sua indagine di scouting perfettamente rappresentata dalla presenza di giovani artisti e di nuovi progetti, ma ospitando accanto a loro anche realtà ormai consolidate a livello nazionale e internazionale, che hanno fatto dei loro linguaggi innovativi perfetta sintesi del concetto di contemporaneo. E inoltre passione per la ricerca con progetti, incontri, approfondimenti, che coinvolgono studiosi, giornalisti, operatori, critici, provenienti da tutta Europa.
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percepirne non le luci, ma il buio. Contemporaneo è colui che riceve in pieno viso il fascio di tenebra che proviene dal suo tempo”. (Giorgio Agamben).
All’interno di questo festival nel festival, B.MOTION DANZA ha l’ambizione di
danzatori percepisce il buio del nostro tempo. Sono creazioni generate da una insopprimibile necessità, connesse al mutare dei sistemi e del comunicare. Espressione di nuovi linguaggi universali, capaci di emozionare e di toccare, superando frontiere che non vorrebbero esistere.
Il programma di B.MOTION TEATRO invece è un puzzle articolato e composito che mescola parole e immagini, riferimenti letterari e diari privati, estetiche iperrealiste e visionarie e squarci di attualità, nuove drammaturgie e inedite regie performative in un concentrato di voci che rivendicano il bisogno di essere completamente fuori controllo.
spettacolo tra loro diverse è come costruire un grande racconto. Dentro questa narrazione ci sono pezzi della storia passata, presente e futura del festival, ci sono visioni artistiche che lo hanno rappresentato e lo rappresentano. Spettacoli multidisciplinari come l’anima più profonda di Operaestate che mescolano corpi e immagini, musica e parole, tradizione e innovazione alla
del festival.
Un Festival che nel 2011 ha visto alternarsi circa 400 serate di spettacolo in oltre due mesi tra le ville, i castelli, i parchi, i palazzi, le piazze, i musei della pedemontana veneta. Mette in scena artisti e produzioni provenienti da tutto il mondo, spaziando dal teatro contemporaneo alla danza internazionale più innovativa, dalla musica alla lirica, classica e jazz, al cinema d’autore, mescolando avanguardia e tradizione.
Nell’ultima edizione del 2011 ha raggiunto le 130.000 presenze, grazie anche ad un cartellone che si presenta come un progetto originale, frutto di una ricerca costante e dell’espressa volontà di leggere la realtà che ci circonda. Un progetto che è segno distintivo del Veneto più creativo, capace di far convivere modernità e tradizione e di lavorare in rete ad ogni livello, da quello locale a quello transnazionale.
# 79 Compagnia Liquid Loft Chris Haring Running Sushi, Bolle di Nardini, Bassano del Grappa
# 80 Bassano a Passo di Danza, Bassano del Grappa, 6 luglio 2011
Cap.4 | Casi studio | 249
Innovazione è una delle parole d’ordine per Operaestate, in una ricerca continua che coinvolge artisti e pubblico, che propone esperienze estetiche ed approfondimenti, che intreccia conoscenze e contemplazione, rappresentazione e paesaggio. Ecco quindi che il Festival diretto da Rosa Scapin si conferma non solo vetrina, ma soprattutto luogo di incontro, crescita, produzione e sostegno, ricercando sempre luoghi altri per i propri eventi in nome di un radicamento territoriale che è prima di tutto valorizzazione e ricerca. Una sorta di “reazione a catena” che dall’epicentro rappresentato da Bassano si è diffusa in tutto il territorio circostante. Il risultato è una rete virtuosa di relazioni e scambi in grado di divenire rete internazionale attraverso una progettualità sempre più indirizzata alle collaborazioni con l’Europa e non solo.
250 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
4.3.3 | TRANSART
Transart è un festival di cultura contemporanea, che propone progetti di musica ed arte contemporanea in luoghi inediti. Il festival è nato con un forte carattere multidisciplinare e multimediale che si è sviluppato attraverso una rete di lavoro internazionale, e grazie ad una ricca piattaforma di sponsorships.
La prima edizione di Transart è datata settembre 2001, svoltasi interamente nella nuova area industriale di Bolzano: un deposito degli autobus, una
stesso tempo un esperimento, nella forma e nel contenuto, che vede l’arte
La seconda edizione del festival – settembre 2002 – ha allargato il campo d’intervento strutturandosi in un festival di diverse tappe dislocate su tutto il territorio del Trentino Alto Adige. Sono state coinvolte, oltre a Bolzano, Bressanone, Fortezza, Borgo Valsugana e Mezzocorona. Si è ripercorso in questo modo l’asse di transito del Brennero con progetti musicali e artistici innovativi, con l’intento di creare una piattaforma di cultura contemporanea interregionale e transfrontaliera. Da lì in avanti il festival ha accentuato il suo carattere itinerante, arrivando oggi a percorrere una linea che va da Innsbruck a Rovereto. Gli spettacoli riempiono gli spazi industriali dove si respira l’odore forte di acciaio o di olio meccanico e si avverte la presenza del lavoro dell’uomo: l’intento è coinvolgere il pubblico nella scoperta dei più importanti e innovativi progetti di cultura contemporanea allestiti in spazi che possano esaltarne il carattere sperimentale. Ogni anno il carattere innovativo del festival viene esaltato con la proposta di nuove produzioni ideate ad hoc, che vedono la partecipazione di artisti del panorama internazionale, anche grazie alla rete di collaborazioni con gli enti territoriali e con rinomati festival in Europa.
di punta della creatività dei nostri giorni vengono presentate annualmente in luoghi di ascolto e di osservazione inusuali e con sempre nuovi centri di gravità.
Originalità e sperimentazione sono quindi il leit motiv di questo festival di musica e cultura contemporanea che, dal 2001, si sta affermando come kermesse qualitativamente ricercata e intellettualmente ispirata: per menti aperte, multidisciplinari e multimediali. Per circa quindici giorni le variegate location
Cap.4 | Casi studio | 251
ospitano concerti e dj set, spettacoli teatrali e performance d’avanguardia, workshop, teatro-danza, videoconferenze, performance letterarie e spettacoli multimediali. Il tutto in spazi inediti, dentro alle chiese, nei capannoni, nelle
Matthew Herbert, eclettico compositore e “direttore d’orchestra” anche di una curiosa performance: la registrazione di 500 campanacci suonati da altrettanti campanari, ennesima tappa del grande progetto per “catturare” tutti i suoni del mondo (che verrà presentato a Transart 2012). Rent a Musician è invece il progetto pilota lanciato nell’edizione del 2011, dove tutti possono
oltre agli eventi, Transart crea nell’Ex-Alumix una straordinaria area lounge:
architetture luminose curate da EWO e un programma di videoarte realizzato in collaborazione con MUSEION.
I luoghi: dalla cinta muraria dell’inespugnabile forte austro-ungarico di Fortezza ai capannoni delle industrie di Borgo Valsugana, dalla falegnameria Pichler di Bressanone alle centrali Edison di Bolzano e Mezzocorona; e ancora a Bolzano il deposito degli autobus SAD e la sala d’aste del bestiame. Dalla
Parking Thermae di Merano (trasformato di recente in un’alternativa galleria d’arte grazie al progetto “art drive in”), dal nuovo padiglione in policarbonato di Stahlbau Pichler alla recentissima cantina vinicola Manincor di Caldaro, e ancora l’immenso capannone Finstral a Borgo Valsugana e il piazzale interno del MART di Rovereto.
# 81 Codice Ivan Leander A Schwazer, ex-alumnis, 30_09_2011
# 82 Handspring Puppet Company, Woyzeck on the Highveld, 21_09_2011
# 83, 84 Boris Filanovsky, Natalia Pschenitschnikova, Bürgerkapelle Schlanders, Voicity, 25_09_2011
Cap.4 | Casi studio | 253
4.3.4 | FUORISALONE
Quando si parla di Fuorisalone ci riferiamo all’insieme di eventi che durante la settimana del Salone del Mobile animano l’intera città di Milano. Fuorisalone
organizzato autonomamente da singoli o da gruppi di aziende riunite in un progetto comune. Stiamo sicuramente parlando dell’evento più importante
settore, designer, architetti, studenti, creativi, ma anche privati cittadini si danno appuntamento per scoprire e condividere le nuove tendenze del design contemporaneo e condividere spazi collettivi ripensati o adattati dai protagonisti del design contemporaneo.
Chi partecipa deve avere un contenuto e/o una installazione da proporre, una location e una strategia di comunicazione adeguata per emergere tra gli oltre 600 eventi che ogni anno animano l’intera città. Così facendo si entra a far parte della grande piattaforma di Fuorisalone.it, che raccoglie gratuitamente tutti gli eventi nell’agenda on-line con relativo comunicato stampa e immagini,
telefoni cellulari, smartphone, iphone) con la semplice registrazione e compilazione di form dedicati nell’Area Business. Per chi invece desidera maggiore visibilità, Fuorisalone.it è in grado di supportare le aziende in ogni passaggio attraverso delle strutture interne dedicate, e quindi di individuare canali alternativi, come guerrilia adv, posizionamento in blog di riferimento, ecc..
L’obiettivo di Fuorisalone.it è la promozione del design come evento, come performance, come installazione sul tessuto urbano. Un design che, uscendo
e servizi adeguati. Fuorisalone.it è uno strumento che vuole raccontare gli eventi del Fuorisalone vivendoli in prima persona e ponendo particolare attenzione a fatti ed individui, sullo sfondo di una città che per una settimana cambia vestito e vive realtà mutevoli che ruotano attorno al mondo della creatività. Gli eventi diventano performance e installazione, e sono organizzati per circuiti. Questi possono essere gestiti e raggruppati sia a livello territoriale [Brera, Ventura Lambrate, Tortona, Porta Romana] sia legati ad un marchio o a un tema particolare che collega tra loro gli eventi.
Il brand Fuorisalone.it è nato da un’esigenza e da una possibilità. L’esigenza di
254 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
un gruppo di giovani designer della Facoltà del Design del Politecnico di Milano motivati nel avere uno nuovo strumento di orientamento tra gli eventi e gli appuntamenti offerti, e una memoria storica collettiva capace di raccogliere le esperienze prodotte. E La possibilità offerta dal Web e dagli strumenti
di ricerca universitaria che professionale. Il Web quindi come opportunità e luogo dove creare un’identità forte e un sistema di comunicazione dedicato che ha offerto una visibilità immediata su un campo di azione libero.
A dieci anni dalla sua creazione, Fuorisalone.it è diventato un marchio registrato, un brand e un modo di pensare e comunicare gli eventi sul territorio, uno strumento che mette in relazione imprese, creativi e istituzioni offrendo servizi dedicati al posizionamento nel mondo degli eventi per arrivare direttamente alla community di riferimento. Un attento e preciso servizio di consulenza cucito su misura alle esigenze del cliente.
Ha successo perché basato su un format aperto, un modello ripetibile e scalabile, su diversi territori e contesti. Per questo può operare su reti corte come i quartieri ed i luoghi della città, ma anche sulle reti lunghe delle aziende nel mondo. Allo stesso tempo è un facilitatore, attento osservatore libero da logiche di mercato, editoriali, politiche o pubblicitarie, capace di generare alleanze strategiche tra i diversi operatori, imprese o istituzioni. Questa identità forte è frutto di anni di esperienze concrete, comunicazione, eventi, conferenze, incontri aperti e relazioni con diversi attori sociali, ed ha permesso a Fuorisalone.it di guadagnare credibilità tale da diventare esso stesso promotore di nuovi progetti come MilanoLocation, sia consulente di produzione e comunicazione attraverso Studiolabo.
Fuorisalone ha saputo far leva sul bisogno delle aziende di sperimentare, innovare e investire per raggiungere un pubblico internazionale concentrandosi
e ritorno di immagine altissimo.
“Il Design come Pretesto diventa leva competitiva per il territorio.La città come Luogo diventa il palcoscenico degli eventi. Le imprese come Soggetti diventano i protagonisti della rete di comunicazione”1
1 Studiolabo, 2011. http://fuorisalone.it/info2012/format.html
Cap.4 | Casi studio | 255
MAPPA
# 85 www.fuorisalone.it Struttura del sito
e-REPORTERS & BLOG
GUIDA DOWNLOAD
& GUIDA MOBILE
PERCORSI PROPOSTI
256 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 86 Percorsi nella città
Cap.4 | Casi studio | 257
BRERA DESIGN DISTRICT
Brera Design District si inserisce perfettamente nei ragionamenti cominciati nel terzo capitolo, e può essere un valido caso studio da seguire per il Nordest, seppure si tratti di un territorio molto più esteso. Come abbiamo già visto, anche il Nordest sta cercando di valorizzarsi attraverso la promozione di
con mano come il design possa essere un potente veicolo per spostare grandi masse di persone da tutto il mondo, e quindi per rivitalizzare dei luoghi fuori dai normali circuiti del turismo e della vita culturale. Oppure, come nel caso di Brera, come l’alta concentrazione di Design di qualità possa diventare un
Brera Design District ha per obiettivo quello di comunicare l’area di Brera come punto di riferimento per il design milanese, territorio con la più alta densità di showroom, gallerie, location, spazi dedicati al design e al contemporaneo in termini di arte e cultura. Brera Design District si fa promotore di un progetto culturale, attraverso un operazione di marketing territoriale teso alla
culturale e l’appeal del distretto in grado di unire tradizione e innovazione nel campo diffuso del design. Brera è un luogo ricco di fascino e di cultura, dove arte, moda, design si intrecciano. Un luogo variegato, accogliente, percorso da grande fermento, dove la cultura si mescola allo shopping e al divertimento. Il percorso proposto durante i Fuorisalone comprende quindi negozi e showroom, insieme ai luoghi storici dell’arte e della creatività di Milano.
In questo modo le eccellenze locali del design e della creatività si relazionano in un sistema integrato di comunicazione. In quest’area sono concentrati più di 50 showroom di design, con marchi tra i più importanti e prestigiosi del panorama internazionale: una vera e propria vetrina attiva tutto l’anno, che nell’edizione 2009 del Fuorisalone ha visto ben 90 eventi concentrati nel distretto.
per aumentare il valore dei singoli marchi potenziando la forza commerciale oltre che il posizionamento strategico” . Ecco perché questo nuovo Distretto del Design può essere preso ad esempio dal Nordest. Il concetto di distretto
[Approfondimento]
258 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
mento] percezioni del territorio. Ma prima di Brera altri territori hanno investito nel design come leva competitiva: il Meatpacking di New York, Il Miami Design District, il London Design Festival e il Brompton Design District di Londra, oltre che i Design District di Helsinki, Reykiavik, Manchester.
Come per Fuorisalone.it, il sito internet www.breradesigndistrict.it è il punto di riferimento della comunicazione del distretto. Abbiamo già visto come internet sia sempre di più la porta di accesso all’informazione spesso anche per la ricerca di realtà della propria città, del proprio quartiere. Il sito internet è quindi la bussola per orientarsi nel distretto ed essere sempre in contatto con gli showroom, le attività e gli eventi in calendario.
La mappa interattiva è il fulcro del sistema e primo strumento di promozione del distretto sul territorio: su di essa troviamo indicazione sugli showroom e sugli eventi, collegati a schede di approfondimento che presentano sia l’attività commerciale svolta che la presentazione dell’evento realizzato. La piattaforma si basa sul modello ideato da Fuorisalone.it che permette alle singole realtà di pubblicare e gestire autonomamente tutti i contenuti pubblicati.
su un lato il poster-manifesto dell’iniziativa e sull’altro la mappa del distretto
possa essere collezionata e conservata dai visitatori perché strumento utile tutto l’anno per orientarsi e muoversi nel distretto.
Durante il Fuorisalone Brera si veste di Rosso Brera grazie al progetto di
in corrispondenza degli eventi del distretto, due infopoint (uno in Corso Garibaldi e uno in via Solferino, realizzati grazie al supporto di E-Pop), dei cubi segnalatori per le vetrine dei singoli eventi, 5 auto elettriche Birò come punti in movimento per il quartiere pronti a supportare negli spostamenti la stampa e gli addetti al settore.
Grazie all’esperienza di Studiolabo con Fuorisalone.it, Brera Design Districty dispone anche di una applicazione dedicata per iphone, gratuita e scaricabile direttamente collegandosi all’indirizzo www.fuorisalone.it/iphone. Basta un click per accedere alla lista degli eventi fuorisalone del BDD, avendo un ordinamento per prossimità, ovvero dal più vicino al più lontano rispetto alla propria posizione sul territorio. Attraverso le mappe di Google sarà poi
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# 87 Brera Design District, Schema della strategia di comunicazione, aprile 2011
260 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
4.4 | AZIONI DIFFUSE NEL TERRITORIO
Quest’ultimo gruppo di casi studio ci mostra come la collaborazione attiva tra progettisti, artisti, istituzioni e aziende possa portare a delle installazioni
interventi che grazie ad una comunicazione studiata ed una progettualità
e azioni, e ridare vitalità ai luoghi.
A tal proposito vengono proposte: le attività del Public Design Festival organizzato da Esterni nella settimana del Salone del Mobile; le installazioni e performance artistiche di EnelContemporanea; il progetto Chairsharing presentato dal collettivo Snark Space Making come sistema ridisegnare l’immagine della zona Porta San Francesco e Saragozza a Modena, i modi d’uso degli spazi pubblici e la loro accessibilità.
4.4.1 | PUBLIC DESIGN FESTIVAL | Esterni
Esterni è un’impresa culturale con sede a Milano, che dal 1995 sviluppa progetti per spazi pubblici, disegna servizi per piccole e grandi comunità, promuove e realizza eventi di aggregazione, sviluppa campagne di comunicazione necessaria e partecipata. Tutto ciò in collaborazione con enti pubblici e privati in Italia e all’estero, condividendo competenze, progetti e risorse.
Le prime esperienze si sono sviluppate quando un gruppo di studenti ha deciso di provare a cambiare le abitudini dei milanesi, sempre più chiusi nelle loro case e nelle loro macchine, e individuano negli spazi pubblici il cuore di una società ideale. Come vedremo, l’operazione è tutt’ora in corso ed il gruppo ha
di persone. Elementi fondanti dei loro progetti sono lo sviluppo sostenibile, che garantisca e preservi il patrimonio ambientale, sociale e culturale di tutti, e la formulazione di soluzioni creative a partire dall’analisi del contemporaneo,
pensiero libero.
“In public space we trust”. Alla luce di questo motto Esterni ripensa e progetta
sempre coinvolgendo le persone che li vivono e cercando di generare socialità e occasioni di crescita comune.# 88 Public Design Festival, logo
Cap.4 | Casi studio | 261
In questo contesto di sperimentazione continua nel 2009 è nato il Public Design Festival: un progetto internazionale di ricerca che presenta ogni anno a Milano gli interventi più interessanti e innovativi pensati per gli spazi pubblici. Un festival che chiama a raccolta architetti e design, istituzioni, aziende e cittadini intorno al tema dello spazio pubblico e al modo di pensarlo e progettarlo, presentando un nuovo modello di cultura degli spazi di tutti. Ogni anno, in concomitanza con il Salone del Mobile di Milano, vengono presentate installazioni, progetti, performance, eventi con designer, architetti e progettisti da tutto il mondo. Dal centro alla periferia, i progetti si sviluppano e animano strade, sottoponti, parcheggi e piazze. Questo perchè gli spazi pubblici sono il luogo da cui partire per progettare le città del futuro, dove gli abitanti delle città si riconoscono come comunità, luogo di crescita culturale e civile.
Public Design Festival è il primo festival in Italia che parla di design degli spazi pubblici e propone progetti da vivere, usare e sperimentare. Esso però non esaurisce la sua attività nella settimana dell’evento, ma si pone come piattaforma aperta tutto l’anno, che ricerca, cataloga e sviluppa idee e progetti che trasformano il modo di vivere gli spazi pubblici e di pensare le città.
Il primo Public Design Festival del 2009 ha contaminato la zona di Via Vigevano, una strada qualunque in una città dell’Europa Occidentale. Una via come molte altre in tante città del mondo che ospita esercizi commerciali, studi professionali e abitazioni, costeggiata da entrambi i lati da parcheggi blu e gialli, a pagamento e per residenti, percorsa ogni giorno da pedoni, tram e automobili. Si tratta di una via molto frequentata che dalla stazione di Porta Genova termina sui Navigli, uno dei principali poli di svago della città per giovani e famiglie.
Il festival si è sviluppato a partire da una semplice domanda: come potrebbero essere questa strada e questa città senza le automobili parcheggiate? Ci più spazio pubblico per le persone. Ecco quindi che durante la settimana del Salone del Mobile i parcheggi sono stati liberati dalle automobili e occupati invece dalle installazioni studiate da designer, architetti, artisti e giovani creativi da tutto il mondo sul modulo di dimensione 2x5 metri, per proporre un diverso modo di utilizzare lo spazio pubblico. E a conti fatti, con 50.000 presenze in nove giorni, la prima edizione di Public Design Festival ha raggiunto il suo
262 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
obiettivo: trasmettere alle persone l’importanza di rivivere i luoghi pubblici, trasformando aree urbane solitamente grigie e caotiche in spazi rinnovati da forme, colori e dal calore della gente. La base dell’intervento creativo è stato proprio il design: installazioni ideate da giovani designer di tutto il mondo che hanno dato senso agli angoli anonimi della città. Anche per il 2010 e il 2011 esterni ha chiesto a giovani talenti e professionisti da tutto il mondo di
essere presentate alla terza edizione di Public Design Festival. Sono servizi, installazioni, arredi urbani, progetti di comunicazione, performance, azioni. Proposte che ridisegnano gli spazi pubblici delle città di Milano. In questo modo il Festival vuole sensibilizzare tutti coloro che hanno la necessità di ripensare gli spazi pubblici: dalle amministrazioni, alle aziende che operano nel territorio pubblico, agli studi di progettazione che possono trovare in esterni un partner in grado di studiare spazi, luoghi e persone per trovare idee realmente fruibili.
Per esterni il design è disciplina e metodo di lavoro in grado di anticipare, interpretare e risolvere le nuove esigenze del vivere contemporaneo. Progettare gli spazi pubblici e l’estetica delle città come fattore di identità culturale e civiltà. Ed è questo l’insegnamento che vogliamo fare nostro pensando alla candidatura del Nordest a Capitale Europea della Cultura 2019.
Di seguito una selezione dei progetti presentati: tutti generano un’azione, una reazione, o una collaborazione nel pubblico che vi si imbatte e decide di lasciarsi coinvolgere.
Si tratta di un progetto di ricerca sulla visione sociale dello spazio pubblico, per presentare lo sguardo dei cittadini sui luoghi in cui vivono, lavorano, si divertono, dove trascorrono il proprio tempo, fanno acquisti, studiano o che attraversano.
Sociolab propone di integrare la visione dei tecnici e dei professionisti della creatività con quella degli abitanti della zona su cui il festival interviene, per evidenziarne gli aspetti vissuti e percepiti nel quotidiano.
Per il Festival è stata realizzata una ricerca sul campo, coinvolgendo alcuni abitanti in un progetto di sociologia urbana visuale, chiedendo a ciascuno di loro di realizzare delle foto del quartiere e poi di parlarne in un’intervista
immaginazioni e disegnare una “mappa”. Queste storie illustrate sono poi
Sociolab
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Table for twoCaroline WoolardUSA, 2010
AgritouringL’orto in città de “La cucina italiana”Patrick Hubmann 2010
state presentate dagli abitanti durante la settimana del salone del mobile, e allo stesso tempo sono state organizzate “passeggiate di quartiere”: visite guidate dai cittadini stessi attraverso i percorsi e i luoghi delle loro mappe.
Il progetto nasce per esplorare lo spazio tra le persone e le architetture, per
nuovi modi per occupare lo spazio pubblico.
Caroline Woolard: progettista, artista, designer di New York che, come lei stessa dichiara nel suo blog, “crea piattaforme per esperienze”. In una cena pubblica, insieme a Rich Watts, ha presentato Table for Two, un tavolo in legno senza gambe d’appoggio. Per poter utilizzare il tavolo bisogna essere in due.
Istruzioni per l’uso: mettersi alle due estremità del tavolo, dove si trovano due scanalature, fare pressione verso il centro del tavolo, allargare leggermente le gambe per una posizione più stabile. Ideale per pranzare nello spazio pubblico.
Nel 2010 il Public Design Festival ha parlato di verde in città con Patrick Hubmann e il progetto Agritouring: orti da assemblare secondo le proprie esigenze, adatti a spazi pubblici o ai piccoli balconi di città. Piccole coltivazioni
migliorato. Ora è un sistema in grado di coprire l’intero ciclo di vita dell’orto: grazie al modulo che raccoglie l’acqua piovana e la porta direttamente alle
mantenere in vita le piante anche d’inverno. Questo Orto Mobile è formato da moduli per piccole coltivazioni urbane, per ritagliarsi la propria area verde e rinconquistare un piccolo contatto con la natura. L’orto mobile è un rallentatore sociale, aiuta a riequilibrare i ritmi della città, crea connessioni e senso di comunità. Ai moduli orto si alternano moduli con funzionalità diverse come il ricovero di attrezzi per la manutenzione, raccolta acqua, area compostaggio, sedute.
Durante la settimana del Festival è stata proposta anche una performance di “Cucina italiana” con il cuoco Sergio Barzetti. Il pubblico e i passanti hanno inoltre potuto completare la messa a dimora degli orti o imparare tecniche e strategie per coltivazioni urbane.
264 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Un festival così strutturato non nasce dal nulla. Esterni dispone infatti di un Laboratorio creativo sullo Spazio Pubblico: il dipartimento di ricerca di Esterni per la progettazione e del design degli spazi pubblici. Il laboratorio indaga le città come contenitori di luoghi e persone dove si sviluppano
studio sono proprio gli spazi pubblici, la mobilità, l’ospitalità, la sostenibilità, l’immigrazione, i disagi provocati dai cantieri. Il Laboratorio svolge anche
strade, piazze, aree dimesse, cantieri o vuoti urbani. Temi complessi richiedono competenze plurime e trasversali, per poter trovare le risposte adatte: ecco perché il team di Esterni coinvolge architetti, urbanisti, designer, sociologi, ricercatori sociali, artisti, esperti di comunicazioni e nuove tecnologie. Grazie a ciò Esterni è in grado di fornire servizi di consulenza per la progettazione e l’allestimento di spazi pubblici, oltre che un catalogo di oggetti disegnati e realizzati per vivere in modo diverso gli spazi di tutti. Si tratta di una collezione
stimolare nuovi comportamenti e allestire luoghi di incontro e socializzazione. Adatti a diverse situazioni d’uso, per spazi aperti o chiusi, in luoghi pubblici e privati.
Qui di seguito alcune installazioni di arredo e sperimentazione urbana.
Cartelli di segnaletica urbana che creano aree di socializzazione e integrazione, identici per dimensione e forma a quelli esistenti, rivisti e reinventati per stimolare nuovi comportamenti, segnalare nuovi e diversi percorsi stradali,
obbligo di saluto, Procedere a passo di danza, Periferia, Questa è una piazza,
L’albero mobile con seduta è un elemento di arredo urbano pensato per offrire piccoli angoli d’ombra e natura, facile da spostare e posizionare. Le sedute a ribalta lungo i 4 lati fanno si che sia sempre possibile godere di un angolo d’ombra, soprattutto nei luoghi di lunga attesa. Posizionando più carrelli vicini si possono creare temporanei viali alberati e piccoli boschi in città, per combattere lo smog e il grigio cittadino.
Segnaletica sperimentale
Albero mobile design by Patrick
Hubmann
Cap.4 | Casi studio | 265
Una parete in legno attrezzata con tavolini e sedute, piccola biblioteca, giochi da tavolo, pompa per le biciclette, bacheche, grazie a un sistema di ribalte e cassetti a scomparsa.
Ideata per creare luoghi di sosta estemporanea in spazi molto affollati, ridare vita a zone abbandonate e poco frequentate, abbellire le recinzioni dei cantieri, può essere posizionata su qualsiasi tipo di facciata.
Una panca che non è una semplice seduta in legno, ma un oggetto di arredo urbano che diventa piazza, luogo di sosta, incontro, esperienze.
Lunga 15 mt e attrezzata per comunicare, giocare, fermarsi, riprendersi. Adatta
gomme di biciclette, …
La pancadesign by Patrick Hubmann
La sfacciatadesign by Patrick Hubmann
# 89 Public Design Festival, Agritouring
# 90 Public Design Festival, Table for two, Caroline Woolard
# 91, 92 Public Design Festival, Albero mobile, Patrick Hubmann
# 93, 94 Public Design Festival, Segnaletica sperimentale
# 95 Public Design Festival, La Sfacciata, Patrick Hubmann
# 96 Public Design Festival, La Panca, Patrick Hubmann
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4.4.2 | ENELCONTEMPORANEA | Roma, edizioni 2007 e 2008
Questo caso studio ci mostra come un’azienda può comunicarsi utilizzando mezzi e linguaggi lontani dagli schemi usuali: in questo caso installazioni e performance di arte contemporanea dislocate in luoghi diversi di Roma.
Enel Contemporanea è un progetto iniziato nel 2007 che sostiene la realizzazione di opere sul tema dell’energia per mano di artisti di fama internazionale. Interessanti nel contesto di questa tesi sono le realizzazioni delle prime due edizioni: la prima infatti ha coinvolto tre luoghi urbani legati all’identità collettiva della città, dando inizio all’esplorazione delle trasformazioni nella società contemporanea. Qui si poneva attenzione all’architettura dei luoghi e al loro rapporto con la quotidianità degli individui. L’edizione del 2008 invece ha spostato l’accento sui luoghi come simboli di bisogni umani. I tre luoghi scelti diventano tre portali verso un dialogo fra l’individuo e lo sviluppo della società Il in cui è inserito.
Il curatore del progetto del 2007 e del 2008 è stato Francesco Bonami, che ha scritto: “Cercavamo nuova energia. Abbiamo trovato quella dell’arte contemporanea”. E ancora “Enel Contemporanea intende esaltare il valore transitivo della città che vive esclusivamente attraverso lo scambio di energia
energia culturale e su come l’energia vera e concreta possa contribuire alla trasformazione della società e del nostro futuro. […] Questi tre interventi che inaugurano Enel Contemporanea, affrontano il complesso rapporto fra la città, il suo uso e il suo consumo, fra la conservazione della Storia e l suo utilizzo attraverso l’uso di una ecologia culturale capace di produrre valori simbolici traducibili in valori sociali e civili”. [Bonami, 2007]
Nella prima edizione (11-25 maggio 2007) il progetto ha preso in considerazione tre momenti della città: il classico con Piazza del Popolo, Il Moderno urbano con la Garbatella e il contemporaneo con la nuova struttura dell’Ara Pacis di Richard Meier. I tre artisti – Angela Bulloch, Jeppe Hein e Patrick Tuttofuoco –
la sua azione ad essere importante, più che l’aspetto formale ed evocativo dei luoghi della città. Ogni intervento non si è sovrapposto al luogo ma lo ha sottolineato e lo dotato di energia, dando vitalità ad un contesto statico.
L’energia è per l’appunto il tema conduttore dei lavori dei tre artisti. Angela
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Bulloch nel suo lavoro Repeat Refrain all’Ara Pacis, ha immaginato un pallone aerostatico di 5 metri di diametro e 15,70 metri di circonferenza e lo ha collocato sopra il tetto del museo, in prossimità dell’altare. Il pallone era
ma prendeva vita attraverso un repertorio di immagini e di giochi di luci e ombre che, proiettate, abbracciavano la sfera ricordando suggestive visioni di fasi lunari. Un ciclo di video proiezioni e immagini di diapositive raccolte dall’artista presso diversi osservatori astronomici, è stato ideato dalla Bulloch per mettere in scena ogni sera sempre la stessa eclissi lunare, come la “strofa ripetuta” del verso di una poesia o di una canzone.
Jeppe Hein nel suo Hexagonal Water Pavilion in Piazza Damiano Sauli, Garbatella, ha invece installato una fontana particolare che nascondeva diverse sorprese. Continui giochi e getti di acqua creavano spazi sempre
2 metri e mezzo, catapultando lo spettatore in trappole, vie, camminamenti sempre diversi, nascondigli, zone di protezione e zone di pericolo, corridoi inavvicinabili o improvvisi ripari. L’artista invitava lo spettatore a interagire con l’opera d’arte non solo con la mente ma anche con il corpo e a prendere parte a un gioco comunitario. Lo spettatore era così parte integrante dell’opera e si metteva costantemente alla prova insieme agli altri sconosciuti spettatori che partecipavano all’evento.
energia dando all’emblematica piazza romana un nuovo senso storico, artistico e temporale. Nell’installazione erano racchiuse le tre nozioni di tempo: passato, presente e futuro. La scritta “Roma 18 ottobre 2007 Piazza del Popolo”
di futuro come cantiere potenzialmente in divenire, l’opera ha vissuto nel presente il giorno dell’inaugurazione, quando interagì nello spazio pubblico, per poi diventare subito passato. In questo contesto, mentre le casseforme, utilizzate come contenitori per dare forma al calcestruzzo fresco, marcavano ogni passaggio necessario per costruire un cantiere in evoluzione, le luci e gli specchi dislocati all’interno dell’installazione sottolineavano la proiezione scrupolosa di Tuttofuoco verso il futuro. In questo modo Future City ci lascia immaginare l’idea di un futuro pieno di energia tutto da indagare.
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La seconda edizione di Enel Contemporanea si è addentrata ancor più nel tessuto di due città italiane - Roma e Venezia - guardando all’energia inesplorata del Tempo nelle sue diverse declinazioni: gioco, immaginazione, attesa. Tre temi che, intrecciati, hanno parlato di quella che è oggi l’energia della società contemporanea, dove le modalità di intrattenimento, incontro e scambio di idee assumono talvolta forme nuove e sorprendenti. Anche qui gli artisti hanno cercato di coinvolgere lo spettatore, i suoi movimenti e le sue sensazioni. L’individuo non e’ un elemento esterno ma uno degli ingranaggi essenziali del suo spazio. L’energia dell’ambiente infatti è prodotta anche dai soggetti che vi abitano e che utilizzano lo spazio urbano come connettore di rapporti individuali e di gruppo. Enel Contemporanea 2008 ha individuato tre luoghi capaci di creare fra loro una tensione in grado di produrre una
sentirsi centrale rispetto al tessuto sociale.
Gli artisti hanno riempito le tre aree di immaginazione ed energia. In questo modo l’arte si propone come strumento per costruire una maggiore comprensibilità e vivibilità del presente.
Gli Assume vivid astro focus hanno lavorato nell’Area Sacra di Largo Argentina, creando un percorso giocoso e colorato che avvicina il pubblico alle rovine permettendo di vivere da vicino una realtà generalmente visibile solo dall’alto. Le luci ed i video scintillanti evidenziavano i templi antichi, donando temporaneamente un diverso splendore e una nuova energia al sito. Le strutture tra le rovine, costruite e decorate con materiali poveri o riciclati, davano spazio a nuove narrazioni visionarie.
Deep Garden di A12 è stato concepito invece come omaggio a Venezia e alle sue peculiarità architettoniche, con una stanza a cielo aperto tra le acque della laguna veneziana. Un giardino nascosto, dove lo spettatore, pur in un ambiente insolito, si sentiva immerso e protetto nel silenzio della natura, vivendo così un’esperienza lontana dalla frenesia quotidiana. In una città come Venezia, dove l’impianto urbano caratteristico è immerso nella laguna,
costruire nuove esperienze in luoghi apparentemente inimmaginabili.
Due strutture principali: una grande pensilina a forma di fungo, di oltre 9 metri di diametro, immediatamente attigua ad una sfera abitabile di circa 8 metri di diametro. La sfera presentava una grande apertura dove erano posizionati i
Cap.4 | Casi studio | 271
pannelli fotovoltaici in grado di produrre l’energia necessaria per illuminare lo spazio. I due oggetti sono stati pensati e progettati per costituire nell’insieme una sala d’attesa all’aperto, con un’ampia panchina e delle sedie al riparo dalla pioggia e dal sole. Alle due strutture situate all’interno del Policlinico, si aggiungeva un’ulteriore installazione collocata in prossimità dell’ingresso principale: una sfera sospesa di circa 3,5 metri che si illuminava come una grande lanterna di segnalazione.
272 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 97, 98 Repeat Refrain, Angela Bulloch
Roma 2007
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# 99, 100 Hexagonal Water PavilionJeppe Hein, Roma 2007
274 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 101, 102Future City
Patrick TuttofuocoRoma 2007
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# 103, 104Assume vivid astrofocusRoma 2008
276 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 105, 106 Jeffrey Inaba, Roma 2008
Cap.4 | Casi studio | 277
4.4.3 | CHAIRSHARING
Chairsharing è un progetto innovativo e sostenibile ideato dal collettivo Snark Space Making in occasione del concorso “Modena cambia faccia” del 2007, e poi sviluppato e presentato in vari festival come il Festival della creatività di Firenze e l’edizione del 2010 del Public Design Festival a Milano.
Il progetto prende vita da una constatazione: sedersi in città al giorno d’oggi non è poi così facile. Capita spesso di trovare panchine rovinate, rimosse, accantonate, quasi come se fossero un ostacolo più che un servizio di cui fruire. L’intento dei progettisti è quello di “Riportare le persone nei loro quartieri, ossia farle tornare a riconoscersi nei luoghi, dare una possibilità alla formazione di senso di comunità”.
Snark ha quindi pensato a delle sedute mobili in alluminio anodizzato: una
bike-sharing, Le sedute si ritirano gratuitamente nelle stesse rastrelliere delle bici utilizzando la Carta Regionale dei servizi e possono essere utilizzate per
integrata che consente di connettersi alla rete gratuitamente e di un sistema
al sito del progetto che mostra, tramite una mappa dinamica, tanti contenuti sulla città caricati anche dai cittadini stessi. Inoltre accedendo a Chairsharing si potranno accumulare punti, che potranno essere poi convertiti in offerte sconti e promozioni nelle attivitá commerciali, culturali e nei fornitori di servizi del quartiere. In questo modo Chairsharing diventa anche uno strumento di partecipazione, perché permette ai fruitori di creare collettivamente una sorta di guida on-line della propria città.
L’obiettivo principale del progetto è spingere all’uso sostenibile e partecipato della città. Sono le persone a creare i luoghi, per cui promuovere dinamiche di riappropriazione è il primo passo per avvicinare la città ai suoi cittadini. Attraverso la produzione dei luoghi, il loro inserimento nei circuiti vitali del quartiere, e la responsabilizzazione civile dei cittadini, Chairsharing mira ad innescare un lento spostamento culturale verso uno stile di vita sostenibile nel quartiere, coinvolgendo tutti gli attori in gioco. Ciascuna seduta puó essere utilizzata per sedersi o per lavorare: sono modulari, per cui possono
Il prototipo è stato realizzato dall’azienda spagnola Santa&cole che si
278 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
occuperà anche della produzione delle sedute.
Chairsharing è anche un portale web che, oltre a gestire il servizio, mette a sistema l’offerta di sostenibilità nel quartiere. grazie alla triangolazione WiFi, ogni sedia è mappata nei suoi spostamenti e la sua posizione è georiferita su una mappa interattiva. All’interno di questa “piattaforma della sostenibilità”è possible visualizzare e gestire, oltre al servizio Chairsharing, i servizi supplementari del progetto e altri servizi legati all’identità sostenibile del
economica del quartiere e la gestione logistica del servizio di sedute mobili; dall’altro, il gruppo d’acquisto solidale (GAS), il bike-sharing, il car-sharing, il
lifestyle sostenibile che Chairsharing vuole implementare.
La piattaforma della sostenibilità si pone quindi come una piazza virtuale che
di Chairsharing e l’uso virtuoso dello spazio pubblico. Offre una visualizzazione di prossimità su una agenda settimanale e su una mappa interattiva, oltre a uno strumento di management condiviso ma gestibile autonomamente per soggetti pubblici e privati.
La comunicazione integrata, studiata in collaborazione di Francesco Marsciani e Cube (centro universitario bolognese di etnosemiotica), si è basata sulla ricerca di una grammatica di pittogrammi che potesse restituire e comunicare la complessità delle situazioni urbane che Chairsharing è in grado di produrre. A partire da questa unità minima, concepita per essere riprodotta attraverso le forature del rivestimento della seduta secondo il concetto del pantografo, si è generato l’intero apparato di comunicazione del servizio.
Il progetto Chairsharing è stato presentato anche alla quinta edizione del premio europeo per lo spazio pubblico urbano 2010, organizzato dal Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona (CCCB) in collaborazione con Architecture Center Vienna (Az W), Cité de l’Architecture et du Patrimoine in Paris, Nederlands Architectuurinstituut Rotterdam (NAi), the Architecture Foundation London (AF), Rakennustaiteen Suomen Museum (SRM) Helsinki e il Deutsches Architekturmuseum (DAM) Frankfurt.
La giuria, presieduta da Rafael Moneo, ha selezionato Chairsharing tra i 40 migliori progetti (tra gli oltre 300 consegnati) di questa edizione, e lo ha incluso nell’archivio europeo online per lo spazio pubblico.
Cap.4 | Casi studio | 279
# 107, 108, 109 Chairsharing, Snark Space Making
280 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 110 Chairsharing, disegno tecnico
# 111 Prototipo
# 112 Modelli di aggregazione
Cap.4 | Casi studio | 281
# 113 “Portale della sostenibilità”
# 114 Comunicazione integrata
Capitolo 5
L’APPROCCIO DEL DESIGNA SUPPORTO DEL NORDEST
“CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019”
Stefano Benni
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 285
Nei capitoli precedenti abbiamo visto come il Nordest sia oggi un territorio in piena evoluzione creativa. Le protagoniste di questa trasformazione sono principalmente le medie aziende, leader a livello mondiale nelle loro nicchie di mercato, che hanno saputo innovare puntando esplicitamente sul design e sulla creatività. La tendenza in atto non è solo la diffusione nel nostro tessuto imprenditoriale di una maggiore sensibilità verso il tema della creatività, ma un modo di interpretare il design al di fuori degli schemi consolidati.
Viene meno la tradizionale separazione tra qualità estetica e innovazione
sempre di più collaborano assieme sul fronte dell’innovazione. Si è ormai invertito anche il rapporto tra comunicazione e progettazione del prodotto. Per lungo tempo il design made in Italy si è concentrato principalmente sulla realizzazione di prodotti di altissima qualità formale, rinviando ad un momento successivo la loro comunicazione. Oggi invece il baricentro si è spostato verso la dimensione narrativa del design, alla ricerca di storie interessanti capaci di coinvolgere il consumatore. Infatti, in un mercato ormai saturo, le
all’interno di una cornice di senso condivisa. In questo modo il design passa dalla semplice progettazione di prodotti alla costruzione di storie avvincenti. La capacità di interpretare questo passaggio non riguarda soltanto le singole imprese ma investe più in generale il territorio. Ecco allora che i saperi artigianali e la cultura locale che hanno garantito nel passato una forte
nuove competenze e saperi legati alla creatività, al design, alla comunicazione per essere protagonisti in questa nuova fase.
286 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Questa ultima parte della ricerca si vuole concentrare proprio sull’applicazione delle nuove competenze che il design può mettere a disposizione delle aziende e del territorio in primis per una candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019 di valore, ma più in generale per rivalutare una regione ricca di eccellenze che deve imparare a comunicarsi e a fare sistema.
Cercheremo quindi di applicare il processo di design alla nostra ipotesi di lavoro, che si articolerà in cinque fasi:
1. Mappatura delle eccellenze del nordest
2. Individuazione e scelta di aziende da coinvolgere in ipotesi di partnership temporanee, per fare collaborare attorno ad un obiettivo comune aziende, scuole di design e realtà creative diverse.
3. Elaborazione dei brief di workshop e composizione del kit di progetto: tema, scenario di progetto e location. Questo aspetto è strettamente legato alle aziende e ai creativi coinvolti, alla loro cultura di appartenenza e al know how.
4. Organizzazione di workshop tra le realtà coinvolte e sviluppo dell’idea progettuale.
5. Progettazione di un output in forma di evento, layout di allestimento o progetto di comunicazione, a seconda dei brief assegnati.
In ognuna di queste fasi il design interviene connotandosi in uno dei tre ruoli individuati in precedenza. Nelle prime due fasi il Design come mediatore e facilitatore permette l’analisi della realtà delle eccellenze del Nordest. Grazie alle sue competenze trasversali e alla sua capacità di visione è in grado si far comunicare realtà diverse per settore ed attività.
Nella terza fase e in parte nella quarta subentra il design come attore e attivatorescenari per elaborare dei “kit” pronti per l’uso delle diverse realtà del territorio coinvolte nelle partnership temporanee createsi, fornendo un brief di progetto inserito in un contesto di riferimento per i risultati attesi.
nel territorio, il design, oltre che come attore, interviene nella sua funzione
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 287
strategica e di comunicazioneconcept ne ipotizza anche una forma e comunicazione visiva.
i diversi momenti del processo di design, riassumibili in: analisi, ideazione, sviluppo e progettazione, visualizzazione e comunicazione.
ANALISI DEFINIZIONE IDEAZIONESVILUPPO &
PROGETTAZIONEVISUALIZZAZIONE &COMUNICAZIONE
A | Mappatura delle eccellenze del Nordest
B | Individuazione e e scelta delle aziende e delle realtà creative da coinvolgere in partnership temporanee
C | Ideazione del brief e composizione del “kit” di progetto
D | Sviluppo dell’idea progettuale
E | Progettazione dell’output visivo e della forma comunicativa dell’azione
DESIGN MEDIATORE & FACILITATORE
DESIGN ATTORE & ATTIVATORE
DESIGN STRATEGICO & della COMUNICAZIONE
Schema 02 L’approccio del design per l’attivazione del territorio
288 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
# 115La mappa del Veneto immaterialePlease Disturb, 2008
5.1 | LA MAPPATURA
Partendo dalla pubblicazione di Fuoribiennale Please Disturb! del 2008, e confrontandola con i soci all’associazione ADI delle delegazioni Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia, è stata stilata una mappatura
campi del design.
A seguire il risultato della ricerca, diviso nei diversi settori individuati.
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 289
A Caldogno (Vi) dal 1925 come laboratorio artigianale specializzato nella lavorazione del legno, nel 1960 l’azienda muove verso la produzione in serie dedicando tutta l’energia produttiva ai mobili da cucina e assumendo un posizionamento preciso nel settore. Oggi è un marchio riconosciuto a livello internazionale che conta oltre 450 punti vendita selezionati e specializzati in tutto il mondo. La sua missione è armonizzare creatività e tecnologia, convivialità e funzionalità, attraverso soluzioni innovative per ambienti che migliorano la qualità della vita dell’uomo.
Casamania è il brand che sta consolidando una precisa identità rispetto alla struttura iniziale di Frezza dedicata
valenze funzionali ed estetiche, rivolta principalmente al
nel 1984, Casamania by Frezza è riuscita in pochi anni di attività a crescere notevolmente, come testimoniato non solo dal suo attuale assetto strutturale, ma anche dalla penetrazione raggiunta nel mercato italiano e in quello internazionale.
DESIGN | ARREDO
Arclinea
Viale Pasubio, 5036030 Caldogno (VI)www.arclinea.it
Casamania by Frezza
Via Sant’Elena, 331040 Signoressa di Trevignano (TV)www.casamania.it
Ares Line
via Brenta 736010 Carré (VI)www.aresline.com
Ares Line è specializzata nella produzione di sedute per
dell’Azienda è quella di sviluppare nuove soluzioni di sedute in grado di soddisfare il piacere estetico e le esigenze funzionali per cui è stat creata, permettendo così all’utilizzatore di lavorare in maniera più creativa,
290 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Fondata nel 1937 da Alfredo Stella, vuole essere la sintesi storica, l’evoluzione coerente, l’epilogo naturale di 70 anni spesi coniugando la cultura dell’arredo e del design, la passione per i materiali, il talento progettuale ed industriale. I prodotti di qualità fortemente caratterizzati dal design, dall’innovazione creativa unita ad una costante progettualità permettono di sperimentare idee, progetti e soluzioni, che soddisfano le esigenze del mondo del lavoro e dell’ambiente domestico.
Nell’affollato scenario del design domestico, Lago afferma la propria identità di marchio emergente attraverso prodotti emozionanti e un’apertura alle contaminazioni tra arte e impresa, uniti alla ricerca per uno sviluppo sostenibile. Il buon vivere, lo stare insieme riappropriandosi della casa che ritorna ambiente domestico e non più solo luogo di transito, attraverso le contaminazioni apportate dalle persone che la vivono ogni giorno, sono i valori che ricerca costantemente. Uno stabilimento concepito come una casa, con l’uomo che ritorna al centro dell’impresa la quale riappare inevitabilmente al centro del territorio e ne promuove con intelligenza lo sviluppo economico e culturale.
Department store dedicato al mondo dell’abbigliamento e dell’home decoration si propone sempre più come luogo di aggregazione ed incontro, capace di coniugare la qualità dell’accoglienza di una boutique con un’ampiezza di offerta e di servizi da moderno department store. Nel 2007 ha inaugurato con successo i nuovi negozi di Treviso e Roma-S. Giovanni e ha debuttato al Fuorisalone con il marchio Coincasadesign, una collezione di tendenza,
nei negozi in autunno.
Coin
Via Terraglio, 1730174 Mestre (VE)www.coin.it
Estel
Via S. Rosa, 70 36016 Thiene (VI)www.estel.com
Lago
Via dell’Artigianato II, 2135010 Villa del Conte (PD)www.lago.it
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 291
settore del design domestico, Magis si presenta oggi come un grande laboratorio internazionale di progettazione,
tecnologica, per variabilità del capitale umano. Magis coglie la creatività diffusa dei designer (Sapper, Morrison, Mari, Giovannoni, Arad, Fukasawa, Newson, Irvine, Young, Grcic, Van Onck, i Bouroullec ed altri) indirizzandola verso oggetti che fanno tendenza.
Fondata nell’immediato dopoguerra da Adriano Minotti, la particolarità delle sue cucine stà nel design estremo dove le linee sono razionali allo stato puro e semplici i materiali e le tecniche impiegati. Le cucine aspirano all’eternità: vengono dal passato e sono proiettate al futuro, un prodotto che dura nel tempo, oltre le mode. Ogni ornamento destinato ad invecchiare, è stato tolto; così facendo, l’ambiente cucina è interpretato come uno sfondo neutro, rispetto al quale l’uomo è il vero ed unico protagonista.
Per molti anni, l’industria ha avuto come obiettivo
importanti come la qualità, la sicurezza, l’atossicità dei prodotti. Valcucine da anni lavora mettendo in primo piano estetica e creatività, la soddisfazione dei bisogni dell’utente all’insegna della funzionalità, dell’ergonomia e della sicurezza, il rispetto per la natura, promuovendo sia un sistema di equilibrio tra uso e ripristino delle risorse ambientali, sia un risparmio di materie prime, favorendo una progettazione basata sulla dematerializzazione.
Magis
Via Magnadola, 1531040 Motta di Livenza(Treviso)www.magisdesign.com
Minotti cucine
Via Napoleone, 3137015 Ponton di Sant’Ambrogio di Valpolicella (VR)www.minotticucine.it
Valcucine
Via Savio, 1133170 Pordenonewww.valcucine.it
292 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Da più di 30 anni Lapalma produce arredi per la casa
conduttore che ha le sue radici nei maestri del moderno e che collega con nitidezza di proporzioni e misure tutte le
riconoscibile, universale, privo di ostentazioni e durevole nel tempo. I prodotti Lapalma sono frutto di una costante e continua ricerca di materiali e meccanismi che vengono accuratamente progettati e realizzati nella sede di Cadoneghe, vicino a Padova.
Il legno esprime carattere ed armonia. In collaborazione
Pircher esalta queste inconfondibili qualità della materia prima più naturale. Porta innovazione e creatività negli arredi di ogni giorno, realizzando prodotti dalle linee moderne ed accattivanti, ricercando audaci combinazioni di materiali, dando vita ad idee e progetti unici in grado di realizzare i tuoi desideri del consumatore. Pircher impiega attualmente 185 dipendenti in 5 stabilimenti, con sei marchi presenti in tutta Italia, tra cui Movit e la sua Casaclima.
Fondata nel 1893 da Karl Plank, l’azienda è giunta ai giorni
della migliore imprenditoria italiana. Passata nelle mani
di tempo ha trasformato lentamente la sua vocazione da artigianale ad industriale. Oggi la ditta Plank produce
questo consente l’ottimizzazione tra costi e qualità del prodotto. Un’azienda solida, capace di evolvere e di vivere appieno la contemporaneità, senza mai venir meno agli elevati standard di qualità che hanno sempre contraddistinto i suoi prodotti: sedie, poltrone, sgabelli, tavoli e arredo per esterni.
La Palma
Via Majorana n.2635010 Cadoneghe (PD)www.lapalma.it
Pircher
Via Rienza, 4339034 Dobbiaco (BZ)www.pircher.eu
Plank
Via Nazionale 3539040 Ora (BZ)www.plank.it
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 293
H16 è una piattaforma d’incontro di eccellenze
integrata all’architettura, dalla creatività al design.
chiavi in mano di micro o macro habitat basati su unità prefabbricate mobili e/o modulari ad uso abitativo, ricettivo o commerciale a basso impatto ambientale, per un sistema costruttivo tecnologico ed ecologico. La collaborazione costante con designer dai calori comuni permette di creare progetti che riuniscono in sé estetica e funzionalità, mantenendo, grazie alla specializzazione dei partners e alla industrializzazione del processo progettuale, un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Azienda famigliare fondata nel 1923 da Antonio Calligaris, progetta, produce e distribuisce sedie, tavoli, mobili, letti, divani, lampade e complementi d’arredo. Operando con attenzione, passione e ingegno, fa vivere ogni giorno il meglio del design italiano, realizzando un prodotto di qualità ad un prezzo accessibile. Calligaris distribuisce i suoi prodotti in oltre 12 mila punti vendita in 90 paesi al mondo, con oltre 7000 varianti di prodotto che vanno dalla zona cucina e soggiorno alla zona notte. Un gruppo fortemente orientato all’innovazione come Calligaris
vivibilità, in linea con le nuove esigenze dell’abitare.
Dal 1952 Moroso progetta e realizza divani poltrone e complementi d’arredo. Li progetta da più di 50 anni
Colombo, da Enrico Franzolini a Marc Newson, da Toshiyuki Kita a Patricia Urquiola. Ascolto, design, qualità globale, rispetto per l’ambiente per Moroso non sono parole di moda, ma piccole e grandi attenzioni che accompagnano ogni momento del lavoro aziendale.
H16
Via Triestina Accesso B n.2Zona Industriale Ponte Tezze30020 Torre di Mosto (Ve)www.h16.it
Calligaris
Via Trieste, 1233044 Manzano (Udine)www.calligaris.it
Moroso
Via Nazionale, 60 33010 Cavalicco (Udine)www.moroso.it
294 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Bisazza è leader mondiale nella produzione del mosaico di vetro per la decorazione di interni ed esterni. Fondata nel 1956 ad Alte in provincia di Vicenza, oggi è un’impresa all’avanguardia caratterizzata da dinamismo imprenditoriale, utilizzo di moderne tecnologie e attenzione alle evoluzioni del mercato. Conta sei monomarca nel mondo, tre stabilimenti produttivi ed
Da giugno 2005 l’azienda è stata invitata a far parte di Altagamma, fra i nomi d’eccellenza delle imprese italiane.
Contenitore aperto che raccoglie, seleziona e promuove l’oggettistica in ceramica in chiave contemporanea. Tantissimi sono i designer che da tutto il mondo hanno voluto esprimere la loro unicità progettuale all’interno della collezione. I prodotti Bosa sono oggetti pensati
e nell’impostazione culturale mantenendo la propria riconoscibilità.
Dal 1859, anno di fondazione, è diventato uno dei nomi più prestigiosi del vetro veneziano che affonda le sue radici e il suo patrimonio nella sensibilità profondamente italiana. Dalla sua fornace di Murano escono pezzi sempre unici, fatti a mano secondo le antiche tradizioni. Tutti gli oggetti delle sue collezioni vengono disegnati da artisti e designer internazionali. Puntando su una speciale alchimia tra tradizione e innovazione, Salviati si colloca con le sue creazioni nell’universo del design e della decorazione.
DESIGN | DECOR
Bisazza
Viale Milano, 5636041 Alte (VI)www.bisazza.com
Bosa Ceramiche
Via Molini, 4431030 Borso del Grappa (TV)www.stevelawler.com/bosa
Salviati
Fondamenta Radi, 1630141 Veneziawww.salviati.com
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 295
La storia di Venini racconta un affascinante percorso d’arte e passione per il vetro che ha ammaliato e coinvolto artisti, designer, collezionisti ed estimatori, in tutto il mondo. Ottantacinque anni di attività dal giorno in cui l’avvocato milanese Paolo Venini e l’antiquario veneziano Giacomo Cappellin fondano, nel 1921, una società destinata a diventare il nome di riferimento nel mondo del vetro artistico. Il vetro è una semplice mistura di silicio, sabbia, polvere di metallo, ma è solo con storia, cultura, passione, dedizione, energia e la capacità di padroneggiare il proprio tempo grazie ad un’assoluta contemporaneità che la lavorazione del vetro può diventare arte pura.
Società del Gruppo Deroma, leader mondiale nella
di verde per organizzare spazi ed ambienti proponendo sistemi di contenitori con un particolare contenuto di design e strutture per piante con materiali innovativi portatori di una nuova visione dell’utilizzo dell’arredo verde. Lo sviluppo dei vari prodotti parte dall’incontro coordinato con designer come Ronan & Erwan Bouroullec, Kostantin Grcic, Fernando ed Humberto Campana, Marco Ferreri, Fabio Bortolani, Sebastian Bergne ed Edouard Francois.
Euro 3 Plast si racconta attraverso i suoi prodotti, dove la tradizione e l’innovazione convivono e dialogano, dove la
di interpretare i cambiamenti del mercato e di rinnovarsi senza mai perdere la propria identità. Una produzione declinata in sei brand per soddisfare le esigenze di target diversi, prodotti dalle anime eterogenee, tutti espressione
incontra la tecnologia. Perchè la bellezza non è stile ma progetto. La qualità di Euro 3 Plast è ricerca, innovazione, attenzione ai dettagli e cura del prodotto ma anche e soprattutto rispetto per l’ambiente.
Venini
Fondamenta Vetrai 5030141 Murano (VE)www.venini.it
Teracrea
Via Pasubio, 1736034 Malo (VI)www.teracrea.com
Euro 3 plast spa
Viale del Lavoro, 45 36021 Ponte di Barbarano (VI)www.plust.it
296 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Oggetti d’arredo che esprimono design ed emozione, per un paesaggio domestico contemporaneo variamente connotato sul piano delle forme e delle linee. Un’azienda da sempre portata alla sperimentazione: sessant’anni fa con le molteplici applicazioni del tubolare metallico, oggi con una ricerca ad ampio raggio sui materiali plastici
a freddo, il polipropilene. Una vocazione altamente
progettuali e produttivi fondamentali. Una produzione tutta italiana nel gusto e nello stile di vita, qualcosa di unico che dialoga con le diverse tendenze internazionali del design contemporaneo.
A Murano dal 1963 come vetreria artistica specializzata nella produzione di murrine, nel 1997 produce la prima
veloce e costante: i prodotti, caratterizzati sempre da concept innovativi, raccolgono ampi consensi. Nel 2003 la lampada ‘Angelica’ conquista l’ADI Design Index. Alt Lucialternative è associata a Federlegno-Arredo e, dal 2004, è membro di ADI - Associazione Disegno Industriale.
Nata nel 1983, Foscarini è oggi uno dei marchi italiani più
Cultura del prodotto e spirito innovatore guidano da sempre l’evoluzione della collezione insieme a grandi maestri e giovani talenti del design internazionale. La ricerca e la sperimentazione con i materiali più diversi, spesso inediti per il settore, è una delle caratteristiche distintive di Foscarini, che le hanno valso numerosi riconoscimenti, tra cui il Compasso d’Oro nel 2001 con Mite e Tite, disegnata da Marc Sadler.
Alt Lucialternative
Via delle Industrie 16/c30030 Salzano (VE)altlucialternative.com
DESIGN | LUCE
Foscarini
Via delle Industrie 16/c30030 Salzano (VE)altlucialternative.com
Bonaldo
Via Straelle, 335010 Villanova (Pd) www.bonaldo.it
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 297
Nato a Venezia, nella culla della tradizione vetraria muranese, Leucos nel 1962 stabilisce a Scorzè la sua sede operativa che vanta, ad oggi, la dislocazione dei vari reparti e una rete di distributori che opera in circa 40 stati nel mondo. Negli Stati Uniti, Leucos è presente con
degli stati oltre al mercato del Canada e Mexico.
Nata nel 1994, Mizar ricerca, progetta, produce e commercializza apparecchi illuminotecnici e sistemi modulari che si distinguono per le elevate prestazioni tecniche e per la capacità di abbinare la qualità e la funzionalità del prodotto alla piacevolezza ed ergonomicità di un design innovativo. Le soluzioni illuminotecniche
che per aree di ritrovo collettive e residenziali.
La sinergia tra vetro e design, incontro di materia e pensiero, di arte e tecnica, di forma e slancio vitale, si è tradotta nel connubio di Vistosi con i più importanti nomi della creatività internazionale. Ne è nato uno scambio reciproco d’ispirazione, in cui l’estro dei designer ha dovuto a volte piegarsi alle esigenze del vetro e la materia da parte sua ha solcato il nuovo territorio della ricerca sui materiali. Rivitalizzate dal design, la tecnica e la lavorazione sapiente dei materiali rimangono però il punto di partenza di qualsiasi creazione.
Leucos
Via Maglianese, 2930037 Scorzè (Ve)www.leucos.it
Mizar
Via Bosco, 131050 Badoere di Morgano (TV)www.mizarlighting.com
Vetreria vistosi
Via Galilei, 931021 Mogliano Veneto (TV)www.vistosi.it
298 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Fabbian illuminazione si costituisce nel 1961 quale azienda produttrice di lampade per l’habitat e il contract. Tradizione e ualità si sono sempre espresse nella valenza del prodotto, consentendo all’azienda di acquisire progressivamente riconoscimento e dimensione internazionali. I risultati nascono dalle esperienze di continue ricerche, tese sempre ad interpretare al meglio le esigenze dei mercati, con precise politiche e strategie di marketing. Fabbian interpreta con personalità le nuove tendenze del moderno design attraverso una molteplicità di stili, utilizzando tecnologie produttive all’avanguardia ed avvalendosi di un folto gruppo di designers internazionali.
di funzionalità, semplicità e qualità durevole. La
qualitativamente senza compromessi e la massima attenzione è riservata alla rappresentazione dell’identità aziendale che si manifesta nell’organizzazione del luogo
e del packaging dei prodotti, degli eventi espositivi e delle attività di comunicazione. Prandina è un marchio italiano che opera nel design dell’illuminazione per interni dal 1982, membro dell’ADI - Associazione per il Disegno Industriale - dal 2005.
claim adottato da Rotaliana per indicare che in tutti i suoi prodotti c’è una dose, piccola o grande, di qualità “illuminanti” capaci di intuire e rivelare nuove soluzioni per la vita quotidiana. Rotaliana produce lampade dal 1989 in Trentino, riuscendo comunque, grazie al suo spirito illuminato, ad attirare progettisti e designer da ogni parte del mondo. In questo modo il know-how radicato nel territorio si unisce ad una forte vocazione internazionale, per dare vita ad oggetti che illuminano ma che forniscono all’utente anche nuove funzionalità.
Prandina
Via Rambolina, 2936061 Bassano del Grappa (VI)www.prandina.it
Fabbian illuminazione
via Santa Brigida, 5031020, Castelminio di ResanaTrevisowww.fabbian.com
Rotaliana
Via della Rupe, 3538017 Mezzolombardo (Trento)www.rotaliana.it
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 299
Al momento della fondazione di Metalco, Claudio Bertino e Alfredo Tasca condividevano il sogno di rendere le città italiane ancora più belle ed al tempo stesso confortevoli per i loro cittadini. L’idea era quella di arredare piazze, parchi e tutte le aree pubbliche con prodotti dal design innovativo, nati da materiale di prima qualità e lavorati con processi produttivi e tecnologie avanzati. Fin dagli esordi la ricerca di forme e soluzioni innovative mirate ad esaltare la funzionalità degli oggetti. L’azienda collabora con designer internazionali e con istituti accademici di prestigio. Il risultato è dato da prodotti che hanno
Agevolando i processi di creazione e diffusione dell’innovazione e della creatività, per favorire l’integrazione del sistema territoriale nell’economia della conoscenza, l’attività della fondazione segue: l’assistenza allo start-up innovativo, l’erogazione di servizi ad alto valore aggiunto alle imprese, l’animazione economico-culturale del territorio. Partecipano i principali attori economico-istituzionali locali: amministrazioni pubbliche, associazioni di categoria, agenzie per l’innovazione, istituti di credito, università e scuole, oltre alla presenza di 20 imprese del settore del design, della comunicazione e del terziario avanzato.
Metalco
Via della Fornace,4431023 Castelminio di Resana (TV) www.metalco.it
Fondazione La Fornace dell’Innovazione
Via Strada Muson, 2/C31011 Asolo (TV)fondazionefornace.org
DESIGN | LUOGHI DEL CONTEMPORANEO
300 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
“disegnare interface, digitali e ambientali, virtuali e
l’uomo, una determinata zona e il mondo”. Questa è Fuoribiennale: una piattaforma internazionale di azioni sulla cultura contemporanea negli ambiti dell’arte, del design, dell’architettura e della creatività. Diretta da Cristiano Seganfreddo, in questi anni ha realizzato numerose azioni urbane e sociali, coinvolgendo aziende, istituzioni pubbliche e private, artisti ed è diventata una realtà simbolica creando il primo Distretto Creativo Italiano.
Nell’antico convento veneziano di San Salvador, il centro di Telecom Italia propone un viaggio nell’avvenire, senza dimenticare il passato, con un’immersione nelle nuove tecnologie del comunicare. Il centro, all’interno di Progetto Italia, programma di iniziative culturali, sociali, formative
permanente sull’innovazione tecnologica oltre ad essere luogo ospitante di una rosa di proposte culturali, dalle conferenze ai corsi, con l’obiettivo di divulgare il futuro: anima di tutte le sue attività.
Nato nel 1994 è il centro di ricerca sulla comunicazione del Gruppo Benetton. Con il restauro del complesso architettonico nei pressi di Treviso, a cura dell’architetto giapponese Tadao Ando, si propone come polo
dell’innovazione e dell’internazionalità: modo per coniugare cultura e industria, attraverso la comunicazione
ma veicola la “cultura industriale” e “l’intelligenza” dell’impresa attraverso altri mezzi: il design, la musica, il
Fuoribiennale e Spazio Monotono
Viale Milano, 6036100 Vicenzafuoribiennale.org
Future Center di Telecom Italia
Campo San SalvadorSan Marco 482630124 Veneziaw w w . f u t u r e c e n t r e .telecomitalia.it
Fabrica
Via Ferrarezza31020 Catena di Villorba (TV)www.fabrica.it
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 301
sono attualmente insediate diverse realtà produttive di piccole e medie dimensioni. Il progetto ha valorizzato il pregevole manufatto di archeologia industriale attraverso una ristrutturazione che, pur preservando la sua memoria storica, è riuscita ad adattare gli spazi alle moderne esigenze. E’ stato studiato un ambiente poliedrico in cui artisti e liberi professionisti possono dedicarsi alla propria attività immersi nei profumi e nei colori di questa zona pedemontana, in un contesto sinergico e vivace, supportati da servizi moderni.
La facoltà offre un ventaglio ben articolato di corsi di laurea triennale e magistrale, master e dottorati di ricerca: i corsi sono caratterizzati dall’alternanza di attività laboratoriali, dedicate alla sperimentazione progettuale e
docenti delle attività laboratoriali sono, nella stragrande
nella scena internazionale. Grande attenzione è rivolta ai temi del rapporto tra formazione e società. Questa attenzione si realizza in mostre ed esposizioni; workshop organizzati con la collaborazione di aziende e di altre università internazionali, tirocini obbligatori, programmi di scambio e collaborazione internazionali.
Fabbrica Saccardo
Via Progresso 136015 Schio (VI)fabbricasaccardo.it
IUAV/design e arti/ Disegno Industriale e Design della Moda
Trevisowww.iuav.it/designarti
DESIGN | SCUOLE
302 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
A quarant’anni dalla sua fondazione e dopo le sedi di Milano, Roma, Torino, Madrid, Barcellona e San Paolo, apre una nuova sede a Venezia. L’obiettivo è quello di porsi come punto di riferimento per ogni forma d’innovazione in ambito formativo e culturale. I percorsi didattici si legano al mondo della nautica, dell’artigianato in vetro, del cinema, della moda e dell’arte affrontati con un
strettamente manifatturieri. Lo IED organizza Master, Corsi di Formazione Avanzata, Workshop e Seminari che si rivolgono a un target internazionale eterogeneo.
VIU è un consorzio internazionale d’istruzione superiore e di ricerca che ha sede sull’isola di San Servolo a Venezia. Fondata nel 1995, sul campus veneziano si è creata una comunità internazionale dove docenti, ricercatori e studenti si confrontano in un ambiente giovane e dinamico sui temi comuni ai programmi nei campi didattici pre-laurea, post-laurea e di ricerca. Le attività di VIU sono focalizzate sui temi della competitività, dell’ambiente e della sussidiarietà, attraverso percorsi di formazione innovativi e di ricerca applicata.
Nata nel 1991 con la specializzazione in Design Industriale, oggi la scuola risponde alle nuove esigenze delle aziende, ampliando il suo progetto didattico caratterizzato da: un Corso biennale di Design Creativo, per acquisire le tecniche più moderne di creatività, una formazione culturale di base, un metodo di ricerca e di progettazione,
del concept, product, packaging, visual, web design; e un Master annuale di Design Creativo con lo sviluppo di progetti sui temi assegnati dalle aziende che partecipano all’attività didattica dell’Istituto.
IED Venezia
Isola della Certosa30100 Veneziawww.ied.it
Venice International University
Isola di San Servolo30100 Veneziawww.univiu.org
Scuola Italiana Design
Corso Stati Uniti, 1435127 Padovascuolaitalianadesign.com
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 303
La Facoltà ha adottato un modello di studio interdisciplinare e plurilingue, curando gli aspetti sia teorici sia pratici. Le lingue di comunicazione sono l’italiano, il tedesco e
lavoro, basato sullo studio per progetti, dove si affrontano problematiche complesse di carattere pratico, che richiedono un’attenta analisi e stimolano gli studenti alla ricerca individuale di nuove soluzioni. Al lavoro di progetto
con le proprie mani le proprie idee.
Marca leader nel panorama dell’abbigliamento tecnico motociclistico presente in circa sessanta paesi nel mondo. Dal 1977, l’azienda ha introdotto una nuova
valori di comfort, tecnicità e design: l’impegno costante è essere all’avanguardia nella ricerca per migliorare le performance dei prodotti e lo stile dell’abbigliamento moto. Da allora, migliaia di motociclisti si riconoscono in un mondo Motor Sport Lifestyle da indossare in città,
campionati mondiali.
“Proteggere l’uomo dalla testa ai piedi nella pratica di sport dinamici” è l’obiettivo per cui Dainese è stata fondata nel 1972. Si deve a Dainese l’invenzione del primo paraschiena o la riproposizione di prodotti tradizionali in chiave tecnologica e innovativa. Questo modo di apprendere e di progettare ha permesso all’azienda di
Facoltà di Design e Arti – Libera università di Bolzano
piazza Università, 139100 Bolzano Italiawww.unibz.it/it/design-art/
Spidi
Via Attilio Pompele, 136040 Sarego (VI)www.spidi.com
Dainese
Via dell’Economia, 9136100 Vicenzawww.dainese.com
DESIGN | SPORT & SPORTSWEAR
304 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
trasferire trasversalmente le proprie tecnologie anche ad altri sport, che necessitano ugualmente di protezione: sci, snowboard, mountain bike e sport acquatici, e per il futuro l’equitazione.
Campagnolo progetta, produce e distribuisce componentistica di alta gamma per biciclette da corsa
La sede principale, situata a Vicenza, occupa circa 450 dipendenti ed impiega le tecnologie più innovative e
leghe d’alluminio di tipo aeronautico. Oltre a distinguersi per qualità e prestazioni al vertice, i prodotti Campagnolo sono un punto di riferimento per il design, tanto da ricevere il prestigioso Compasso d’Oro da parte dell’Associazione Design Italiano.
Azienda leader mondiale nella produzione di diffusori acustici di altissima qualità. Ispirandosi a concetti di liuteria, realizza manufatti interamente a mano utilizzando materiali pregiati, quali legni, vernici, pelle e tecnologie all’avanguardia.
Campagnolo
Via della Chimica, 436100 Vicenzawww.campagnolo.com
Sonus faber
Via Meucci, 1036057 Arcugnano (VI)www.sonusfaber.com
DESIGN | TECH
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 305
Leader mondiale nella produzione di supporti professionali
dell’intrattenimento, è stato fondato nel 1970 da Lino Manfrotto, fotografo professionista. Ogni prodotto è studiato per offrire una perfetta sinergia di caratteristiche indispensabili come la capacità di carico, le dimensioni, la stabilità e la facilità di trasporto, con l’obiettivo di
Non esiste parco divertimenti al mondo dove non abbia installato almeno una o più delle sue attrazioni, fornendo i clienti più prestigiosi del settore quali Disney, Paramount, Six Flags e diventando azienda di riferimento sul mercato
ad affrontare qualsiasi esigenza, Zamparla è capace di realizzare in tempi relativamente brevi qualsiasi progetto anche se complesso e ambizioso, contando su un team
Materiali selezionati, cura artigianale, attenzione maniacale ai dettagli, tecnologia spinta, design minimalista: l’esperienza dell’ascolto attraverso i diffusori Laboratorio Audio. Casse acustiche capaci di vibrare all’unisono con l’anima di chi ascolta. Un vero “rito sonoro”, solo suono, purissimo.
Zamperla
Via Monte Grappa, 1536077 Altavilla Vicentina (VI)www.zamperla.it
Laboratorio Audio
Via del progresso 26/136070 Castelgomberto (Vicenza)www.laboratorioaudio.it
Gruppo manfrotto
Via Sasso Rosso, 1936061 Bassano del Grappa (VI)www.manfrotto.com
306 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Leader mondiale nel settore degli occhiali di fascia alta e di lusso, con circa 5.700 negozi operanti sia nel
Ray-Ban, Vogue, Persol, Arnette e REVO mentre i marchi in licenza includono Bvlgari, Burberry, Chanel, Dolce & Gabbana, Polo Ralph Lauren, Prada e Versace. Oltre a un network wholesale globale che tocca 130 paesi, il Gruppo gestisce nei mercati principali alcune catene leader nel retail. I prodotti del Gruppo sono progettati e realizzati in sei impianti produttivi in Italia e in due, interamente controllati, nella Repubblica Popolare Cinese.
Oggi il Gruppo Benetton è presente in 120 Paesi del mondo. Il suo core business è l’abbigliamento: il gruppo ha una consolidata identità italiana di stile, qualità e
Benetton, casual, Sisley, più orientato al fashion, Playlife, abbigliamento per il tempo libero, e Killer Loop, streetwear.
L’azienda nasce nel 1902 producendo cappelli di paglia divenuti celebri nel mondo: il più famoso è la “paglietta” indossata da Hemingway. Oggi l’azienda è un gruppo industriale che produce tessuti nel rispetto della tradizione tessile, ricercando e salvaguardando antiche abilità artigianali locali supportandole con innovazioni tecnologiche e moderne strategie di mercato. Il suo scopo è quello di dare ai prodotti identità e memoria storica, valorizzando antichi processi industriali “lenti” che la logica della moderna industria ha appiattito nel nome
DESIGN | MODA
Luxottica
Via Valcozzena, 1032021 Agordo (BL)www.luxottica.it
Benetton
Villa Minelli31050 Ponzano (TV)www.benetton.it
Bonotto
Via dell’Artigianato, 3936060 Molvena (VI)
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 307
Marchio storico dall’anima giovane e contemporanea
caratterizzati da stampe glamour, l’uso innovativo del patchwork, la vestibilità, l’appeal e i dettagli originali che rappresentano il cuore del mondo Byblos. Le collezioni hanno forti riferimenti ed ispirazioni stilistiche che provengono dal mondo dell’arte, del design e dell’architettura contemporanea.
Brand internazionale che, da pioniere del denim, è
gruppo rimane la stessa di quando Renzo Rosso la fondò nel 1978: uno stile di vita fatto di passione, imprevedibilità e totale libertà creativa. Il colorato gruppo metropolitano che compone il “Diesel planet” condivide una passione per l’avventura e la sperimentazione in ogni campo, dalle collezioni alla comunicazione, dal design ai progetti speciali. Diesel è presente in più di 80 nazioni, con 5000 punti vendita che includono oltre 300 negozi monomarca,
Fondato all’inizio degli anni ’90 dall’imprenditore trevigiano Mario Moretti Polegato, è uno dei gruppi del settore moda più conosciuto e affermato a livello nazionale ed internazionale per la celebre “scarpa che respira”. Attivo nella produzione di calzature ed abbigliamento con l’attenzione alla traspirazione e al benessere del corpo, resi possibili grazie alle innovative soluzioni tecnologiche messe a punto nel corso degli anni. Presente in 68 paesi con 10.000 negozi multimarca ed oltre 500 punti vendita Geox Shop, il gruppo di Montebelluna vanta nel 2006 della produzione di 16 milioni di paia di scarpe.
Byblos
Swinger InternationalVia Festara Vecchia, 4437012 Bussolengo (VR)www.byblos.it
Diesel
Via dell’Industria, 736060 Molvena (VI)www.diesel.com
Geox
Via Feltrina Centro, 1631030 Biadene di Montebelluna (TV)www.geox.com
308 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
Fashion Box è l’azienda di riferimento di un gruppo che riunisce i marchi Replay, Replay&Sons e We Are Replay. La produzione di abbigliamento copre tutte le fasce di età, con la presenza nei mercati d’Europa, Medio Oriente, Asia, America ed Africa. Il Gruppo Fashion Box si distingue da sempre per la particolare attenzione alla ricerca, rivolta alla qualità dei tessuti e alla lavorazione dei materiali, come pure all’individuazione di nuove tecnologie e metodi produttivi.
Leader mondiale nell’occhialeria di alta gamma e lusso, è presente sui mercati internazionali con distributori
nella sede di Padova sono studiati e realizzati oltre 2.500 nuovi modelli ogni anno da team di creativi dedicati ad
oltre a importanti licenze tra cui Alexander McQueen, Bottega Veneta, Hugo Boss, Boucheron, Diesel, Dior, Emporio Armani, Giorgio Armani, Gucci, Marc Jacobs, Max Mara, Stella McCartney, Valentino, Yves Saint Laurent.
Consolidato Gruppo di successo con una dimensione
l’ha portato ad essere attivo in due settori: l’abbigliamento e il retail aeroportuale. Ogni nuova collezione testimonia il gusto per la ricerca di un prodotto sempre rinnovato, curato nei dettagli e nella scelta dei materiali, e ripropone fortemente la maglieria di qualità, focus produttivo dell’azienda. Stefanel continua ad arricchire e valorizzare il proprio know-how, reinterpretandolo e attualizzandolo,
Replay
Fashion Box Industriesvia marcoai, 131010 Asolo (Tv)www.replay.it
VII Strada, 1535129 Padova
Stefanel
Via Postumia, 8531047 Ponte di Piave (Tv)www.stefanel.it
Cap.5 | L’approccio del design a supporto del Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019” | 309
Valentino Fashion Group S.p.A gioca un ruolo da protagonista nel settore della moda e del lusso, con una
accessori e calzature per uomo e per donna. Presente in più di 90 paesi, con oltre 700 punti vendita monomarca gestiti da terzi e 113 punti vendita gestiti direttamente. Il Gruppo sviluppa, produce e distribuisce collezioni con marchi propri e in licenza, marchi accomunati da elevata notorietà, qualità e design quali Valentino, Marlboro Classics, M Missoni . Inoltre è presente a eventi culturali di risonanza internazionale e promuove da sempre attività legate alla creatività, evidenziando in questo modo lo stretto legame tra mondo della moda e contemporaneità.
Valentino Fashion Group
36074 Maglio di Sopra (VI)valentino.com
310 Attrazione Nordest: il design come attivatore di processi di valorizzazione per il Nordest “Capitale Europea della Cultura 2019”
5.3 | TRE PERCORSI PROGETTUALI PER ATTIVARE IL TERRITORIO
A partire dalla mappatura qui riportata, sono state individuate alcune realtà ipotizzando un loro possibile coinvolgimento in partnership temporanee orientate allo svolgimento di alcuni percorsi progettuali proposti.
Quello che trovermo nelle prossime pagine sono degli ipotetici “kit di progetto”, completi di brief, moodboard e location proposta, attorno a cui saranno chiamati a confrontarsi aziende, designer e creativi coinvolti, lavorando insieme in forma di workshop. Workshop visto sia come momento di condivisione degli obiettivi, che come strumento di innesco dell’attività progettuale vera e propria.
Lo scopo delle tre proposte, in questa tesi, non è individuare delle soluzioni
partecipata che possono avviarsi facendo dialogare cultura, creatività e realtà locali.
Le idee di seguito espresse vogliono essere un punto di partenza e uno stimolo per attuare momenti di valorizzazione del Nordest, mettendo insieme le eccellenti aziende del territorio con realtà creative, servendosi del design come legante e facilitatore di processi. Il tutto cercando di coinvolgere la popolazione locale, così come i turisti e chi nel territorio transita soltanto. Questo perchè solo se gli abitanti sono incoraggiati a partecipare e ad apprendere, si può sviluppare ambiente culturalmente consapevole, attivo e sensibile sul piano creativo. Solo liberando l’immaginazione si possono trasformare i sogni in bisogni, per proiettarsi consapevolmente verso un futuro di sviluppo competitivo liberamente scelto.
I tre brief: “esplor-AZIONI”, “L’abito fa la Fabbrica” e “Attrazione Nordest”
sulle sue potenzialità, e cercano di innescare dei ragionamenti attorno ad esse. Prima fra tutte la necessità di rendere conspevole e attivo l’enorme patrimonio di eccellenza produttiva e progettuale, perchè il Nordest cominci a pensarsi come “Capitale Europea”. Ecco perchè il primo brief pensa di innescare dei percorsi di conoscenza ed esperienza del territorio da punti di vista diversi. In secondo luogo questo territorio deve cominciare a “fare
essenziale poi che l’insieme di competenze e saper fare di quest’area, unico al mondo, esca dai capannoni dispersi nel territorio ed impari a comunicarsi. Su questa logica sono stati costruiti il secondo e il terzo brief: uno per rendere evidente anche fuori dai capannoni (luoghi del lavoro) l’eccellenza che permea la produzione che vi è all’interno, l’altro per portare il Nordest al centro dell’attenzione attraverso un grande evento, pensato come inaugurazione dell’anno di nomina “Capitale Europea della Cultura 2019”.
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Transartwww.transart.it
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Fuorisalone.itfuorisalone.it
Tortona Design Weekwww.tortonadesignweek.com
Porta Romana Designportaromanadesign.it
Brera Design Districtwww.breradesigndistrict.itfuorisalone2011.breradesigndistrict.it
Fabbrica del Vaporewww.fabbricadelvapore.orgwww.fdvlab.org
Esterniwww.esterni.org
Public Design Festivalpublicdesignfestival.tumblr.comwww.publicdesignfestival.org
UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE A...
Raffaella Trocchianesi per la comprensione, la disponibilità ed i preziosi spunti.
I miei genitori per avermi sempre lasciata libera nelle mie scelte, permettendomi di diventare la persona che sono.
Mia sorella per le corse presso buona parte delle biblioteche venete.
I nonni per il loro affetto sincero e discreto, che solo i nonni possono donare.
Tommi, per la gioia che mi regala ogni giorno, perchè ha saputo spronarmi e sostenermi come solo chi ti ama può fare, e con cui tra pochi mesi comincerò una splendida avventura.
Lidia e Micol, compagne della mia esperienza milanese, ma soprattutto amiche.
Cesca, Eleonora, Giulia, Marta e Silvia, che in modo diverso mi hanno esortata a non mollare.
...e tutti coloro che in questi anni mi hanno supportata…e sopportata!