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Bugno Art Gallery
GIANCARLO FRANCO TRAMONTIN PAESAGGI DI DONNA
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Bugno Art Gallery
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FotografieMatteo De Fina
Progetto graficoMarco Vidali
GIANCARLO FRANCO TRAMONTIN PAESAGGI DI DONNA
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Bugno Art Gallery
GIANCARLO FRANCO TRAMONTIN PAESAGGI DI DONNA
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Nel 1956 Giancarlo Franco Tramontin vince una borsa di studio del
Ministero della Pubblica Istruzione per un soggiorno di studio in Grecia.
Si è appena diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto
la guida di Alberto Viani, artista meditativo e colto, maestro che sa
coniugare la modernità del linguaggio scultoreo con lezione dei grandi
classici. L’arte preellenica della civiltà cicladica e quella della Grecia
classica entrano allora a far parte della sua formazione come componenti
fondamentali, fondendosi con l’educazione alla classicità e all’ideale
di bellezza appresi dal maestro, così da diventare linfe vitali del suo
linguaggio, anche se quest’ultimo diverrà ben presto autonomo rispetto
ai modelli. Intendiamo dire che l’arte di Tramontin è intrinsecamente e
autenticamente classica e che della classicità ha colto l’essenza: la sua
non è una pedissequa o superficiale citazione del passato, è invece
lezione assimilata come nutrimento spirituale profondo, capace pertanto
di produrre non mera imitazione, ma forme nuove, del proprio tempo,
dotate però di radici remote e imperiture. Innegabilmente classica è
la ricerca della forma ideale, perfetta, essenziale, senza particolari
aneddotici o sbandamenti descrittivi, classico l’equilibrio tra sensi e
ragione, classico il controllo vigile di ogni elemento formale, classico il
modus, la misura in ogni gesto che si è tradotto in segno decantando
l’emotività e dominando il tumulto dei sentimenti, sottomettendo
la sfera del dionisiaco alla dimensione dell’apollineo. Si potrebbe a
questo punto osservare che in questa sua maniera di essere classico
Tramontin ricalca le orme di Viani: entrambi si concentrano sul nudo,
CLASSICITÀ E MODERNITÀ DELL’OPERA DIGIANCARLO FRANCO TRAMONTINGiuseppina Dal Canton
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soprattutto sul nudo femminile, entrambi lo presentano acefalo, in
molti casi anche mutilo delle estremità e quindi come concentrato
in quello che è il suo nucleo plastico, entrambi tendono quanto più
possibile a sottrarre un corpo che è carne e sangue alle contingenze
della temporalità, o, per usare una terminologia cara a Carlo Diano1 e
poi a Sergio Bettini2, tendono a sottrarre quel corpo all’evento inteso
come quod evenit, ciò che accade, è tempo e fa parte dell’experiri,
per farlo splendere come puro eidos, come pura forma. In realtà però
fra Viani e Tramontin c’è anche una differenza nell’essere classici: il
puro eidos di Viani, essendo quasi la traduzione visiva di un’ idea della
femminilità a lungo percorsa e accarezzata con la mente, a volte sembra
veramente aspirare all’universalità e consegnarsi all’atemporalità, le
forme di Tramontin, invece, pur nella loro meditata decantazione,
sembrano il frutto di un vissuto interiorizzato, serbano cioè le tracce
di una concreta sensualità sia pur sottomessa al filtro mentale. Ciò
è percepibile nella tattilità sottilmente coinvolgente che scaturisce
dal trattamento di alcune parti anatomiche delle politissime superfici
(basta l’accenno ad una sottile, elegante linea pubica, basta l’affiorare
discreto di piccoli capezzoli sulla luminosa superficie di un torso). Inoltre
l’impiego del legno, sapientemente trattato da quel maestro delle
tecniche e della tecnologia dei materiali che è Tramontin, – un legno di
1 Cfr. C. Diano, Forma ed evento. Principî per una interpretazione del mondo greco, Venezia, Neri Pozza, 1952.2 Cfr. soprattutto S. Bettini, Alberto Viani, Venezia, Alfieri, 1976, ma anche altri saggi e interventi di Bettini.
LEITMOTIV II° - 1968Mostra teatro La Fenice, Venezia
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qualità raffinata, che nella produzione recente affianca frequentemente
il marmo e il bronzo, con le venature di cui è oculatamente sfruttata
la qualità, con il calore dell’intonazione cromatica – sembra sottrarre
le forme, pur sempre levigatissime e luminose, all’inattingibilità quasi
noumenica dell’eidos assoluto (sganciato cioè da qualsiasi legame
con le contingenze) per consegnarle alla transitorietà del fenomeno e
renderle così più vicine a noi.
Osservando le opere esposte nella presente mostra, è inevitabile
riflettere su come l’iter creativo di Tramontin si sia evoluto e rinnovato,
ancorché con estrema coerenza: contraddistinguevano i suoi anni
giovanili dapprima le suggestioni della cultura artistica classica, ma
anche quelle della plastica primonovecentesca di un Maillol per arrivare
fino ad Arturo Martini, poi l’influenza di Viani fusa con le meditazioni
sull’avanguardia storica, dall’organicismo di Arp e Brancusi ai ritmi
geometrizzanti alla Pevsner, realizzati con materiali moderni come
l’acciaio e l’alluminio; subentrarono poi, fin dai primi anni Ottanta,
le serie degli originali ciottoli umani e degli antropociottoli, nuclei
plastici raccolti in una massima purezza formale, evocatori della
figura umana, ma non per un processo esteriormente e banalmente
mimetico quanto piuttosto perché esprimenti l’analogia con il processo
formativo e la forza vitale intrinseci all’organismo umano; infine, dagli
anni Novanta l’artista ha compiuto un’ulteriore svolta e sta ancora
percorrendo un cammino che vede una nuova maniera di presentare
il sempre caro tema del nudo, con un accentuato assottigliamento
ANTROPOCIOTTOLO - 1986XLII° Biennale Internazionale d’Arte
di Venezia
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della figura, una stilizzazione sublimante pur nella chiara riconoscibilità
delle parti anatomiche, sottilissimi giochi ritmici e infine – ciò che più
colpisce – una rinuncia all’ingombro volumetrico. “Rilievi bifacciali”
sono state infatti definite da Enrico Crispolti3 le recenti sculture di
Tramontin, che obbligano, se non ad una veduta esclusivamente
frontale, a precisi punti vista, proprio e solo quelli dai quali l’artista ci
invita a guardare le sue opere. La scelta di una semibidimensionalità,
che si sposa con la tendenza linearistica, sembrano scaturire da
una chiara idea dell’immagine scultorea che l’artista ha concepito e
desidera comunicare al fruitore, da un disegno mentale molto preciso
che egli ha coltivato dentro di sé e che quindi ci invita a condividere
senza possibilità di equivoci. Inoltre quella tendenza a sgombrare lo
spazio dall’invadenza dei volumi ci sembra per un certo verso anche
un tratto stilistico che rinvia alla “venezianità”4 dello scultore: non la
massa, ma la bidimensionalità pervasa dalla luce è infatti da sempre
un tratto morfologico caratteristico della configurazione urbana di
Venezia, un tratto che permea di sé ogni prodotto della creatività, a
partire dall’architettura per finire con ogni altro campo dell’arte della
città lagunare. Senza però insistere su questo punto, vale la pena
3 E. Crispolti, presentazione della mostra G. F. Tramontin, Venezia, Galleria Il Traghetto, 31 agosto - 13 settembre 1991, p. [2], poi in Giancarlo Franco Tramontin, a cura di G. Sartoris, presentazione di D. Formaggio, saggi di E. Franzini, S. Viani, Mariano del Friuli (Gorizia), Edizioni della Laguna, 1997, p. 202.4 A Venezia come madre e matrice delle scelte formali di Tramontin fa riferimento Dino Formaggio nello scritto Una originale idea di scultura in G. Franco Tramontin in Giancarlo Franco Tramontin, a cura di G. Sartoris, cit., pp. 10-11.
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di sottolineare come a questo tipo di produzione scultorea del più
recente Tramontin corrisponda una raffinata e importante serie di
disegni, alcuni dei quali esposti nella presente mostra. Alla superficie
polita e semplificata, ai contorni precisi delle sculture, corrisponde
nei disegni un segno dal ductus sicuro, pulito, indefettibile, senza
sbavature, senza pentimenti: è evidente che nel caso di questo artista
colto, nutrito di letture filosofiche, schivo e meditativo come lo fu il suo
maestro, tutto ciò che è stato filtrato attraverso i sensi è già ben chiaro
e presente nella sua mente, sicché dal raccoglimento in se stesso,
nelle proprie riflessioni, scaturisce con assoluta sicurezza e al tempo
stesso con estrema naturalezza il gesto che si cristallizza in segno, e,
con il nitore che assume nell’operare di un moderno neoclassico qual
egli è, si traduce in ritmi continui e fluenti, in parallelismi e in chiasmi
eleganti sapientemente calcolati.
Anche in questo caso, così come nella realizzazione delle opere
scultoree, il dato personale e l’esperienza vissuta di Tramontin si sono
decantati nella memoria e poi, assecondando una necessità interiore,
con determinazione vengono fissati in forme ideali e in sé compiute.
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OPERE
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EFEBO
BRONZO BRUNITO, 109 x 56 x 8 cm
1990
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AFRODITE
BRONZO BRUNITO, 100 x 57 x 10 cm
1990
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ABBRACCIO
BRONZO BRUNITO, 83 x 53 x 9 cm
1990
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18
INCONTRO
BRONZO PATINATO, 89 x 40 x 8 cm
1991
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AMPLESSO
BRONZO PATINATO, 100 x 45 x 8 cm
1992
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ASTARTE
BRONZO BRUNITO, 75 x 95 x 9 cm
1993
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RISVEGLIO
BRONZO BRUNITO, 45 x 65 x 7 cm
2008
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FORMA IN RIPOSO
BRONZO BRUNITO, 64 x 40 x 8 cm
2008
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FIGURAZIONE
BRONZO BRUNITO, 84 x 47 x 5 cm
2009
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SIBILLA
BRONZO BRUNITO, 85 x 38 x 5 cm
2009
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NUDO DI RAGAZZA
BRONZO NERO, 80 x 45 x 7 cm
2009
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34
BUSTO MASCHILE
BRONZO BRUNITO, 50 x 22 x 2 cm
2009
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FORMA MULIEBRE
BRONZO BRUNITO, 50 x 23 x 3 cm
2009
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38
POMONA
LEGNO JELUTON, 84 x 47 x 7 cm
2009
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40
NUDO IN POSA
LEGNO JELUTON, 86 x 46 x 7 cm
2009
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BIOGRAFIA
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GIANCARLO F. TRAMONTIN è nato a Venezia nel 1931. Ha compiuto gli studi
di scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove è stato allievo e poi
assistente di Alberto Viani. Successivamente è diventato titolare della cattedra
di scultura della medesima Accademia.
Dai primi anni ’50 ha esposto in numerose mostre personali ed è stato invitato
a partecipare, ottenendo premi e riconoscimenti, alle più importanti rassegne
nazionali e internazionali, tra le quali:
Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia dal 1957 al 1965; VI Mostra
Internazionale di Arte Figurativa, Gorizia 1958; Concorso Internazionale del
Bronzetto di Padova dal 1959 al 1975; 3° premio Concorso Internazionale di
Scultura, Carrara 1962; Biennale Nazionale d’Arte, Verona 1961-63; fondazione
Querini Stampalia, sala Luzzato, Venezia 1964-1970-1982; Teatro La Fenice,
sale Apollinee, Venezia 1968; XXXV Biennale Internazionale d’arte di Venezia,
1970; Immagini e Strutture nel Ferro e nell’Acciaio, Rassegna Internazionale
di Scultura Contemporanea, Repubblica di San Marino, 1979; XLII Biennale
Internazionale d’Arte di Venezia, 1986; Aspetti della Scultura Contemporanea
1900-1989, Forni Scultura, Bologna 1989; Il Tempo del Marmo e quello
del Bronzo, Berlino-Neuchâtel-Carrara, 1998; Rencontre Européenne de
Sculpture. Montauban, 2001; ‘900 all’Accademia, Opere per il Nuovo Museo,
Galleria dell’Accedemia, Venezia 2001 - Villa Mania, Passariano, Udine 2002;
Het Depot, “Nieuwen Asnkopen”, Wageningen, Olanda 2008; XIII Biennale
Internazionale, Carrara Laboratori di Scultura 2008; Statuaria d’Arte.
Sue opere si trovano in musei e collezioni in Italia e all’estero. Documentazione
dettagliata presso l’Archivio Storico della Biennale di Venezia e presso la
Biblioteca della Fondazione C.L. Ragghianti di Lucca.
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