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CAP. 4
GESTIONE ATTREZZATURE E STRUMENTAZIONE, TARATURA
E CALIBRAZIONE STRUMENTI
Catello Scarica, Roberta Maggiulli, Stefania Romano, Antonio Capalbo,
Filippo Maria Ubaldi e Laura Rienzi
Centro GENERA, Clinica Valle Giulia, Roma
Le strutture sanitarie che erogano servizi di procreazione medicalmente assistita (PMA) devono far
fronte a numerose esigenze di diversa complessità tecnica, scientifica ed organizzativa.
Una moltitudine di attività che comporta requisiti strutturali, tecnologici, organizzativi e di
personale, che si distinguono per la complessità crescente delle strutture che le erogano.
La volontà di esprimere dei requisiti minimi per tali strutture è dettata dalla necessità di introdurre
un sistema di qualità comune per tutti gli embriologi ed il personale coinvolti nell’esercizio della
PMA.
NORMATIVE, REQUISITI E LINEE GUIDA
La European Society of Human Reproduction (ESHRE) nell’anno 2000 ha introdotto le prime linee
guida che indicano i requisiti minimi per i laboratori PMA, sottolineando la responsabilità
dell’embriologo nell’applicazione corretta e giustificata delle tecniche di fecondazione assistita in
laboratorio (Gianaroli et al., 2000). Risulta, dunque, necessaria l’introduzione di criteri di qualità,
che possano assicurare la gestione del laboratorio, in modo da poter ottenere prestazioni costanti
e di elevata qualità.
L’obbligatorietà di un sistema integrale della gestione della qualità è stata introdotta attraverso la
Direttiva del Parlamento Europeo del 2004/23/EC “On setting standards of quality and safety for
donation, procurement, testing, processing, preservation, storage, and distribution of human
tissues and cells”(European Union, 2004). Il testo di tale Direttiva fa riferimento a tutti i tipi di
tessuti e cellule umani, ivi compresi i tessuti riproduttivi e i gameti.
Uno degli aspetti di particolare interesse che si evince dalle linee guida riguarda i requisiti
strumentali e la loro gestione in un laboratorio PMA.
Nella fattispecie, la pubblicazione di nuove linee guida da parte dell’ESHRE nel 2008 (Magli et al.,
2008), stabilisce che:
L’attrezzatura del laboratorio deve essere adeguata al tipo di lavoro eseguita in laboratorio, e deve
essere facile da lavare e sterilizzare
Tutti i parametri critici degli strumenti devono essere monitorati in maniera costante e devono
essere associati ad appositi allarmi
Tutti gli strumenti devono essere collegati ad un gruppo elettrogeno ausiliario che possa entrare in
funzione automaticamente in caso di mancanza di alimentazione
È raccomandato l’utilizzo di almeno due incubatori, e le bombole di gas che li alimentano devono
essere alloggiate all’esterno del laboratorio, e devono essere dotate di un sistema automatico di
backup
Gli incubatori devono essere puliti e sanitizzati con regolare frequenza
Gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su tutti gli strumenti devono essere
documentati, registrati e conservati in laboratorio
Il laboratorio dovrebbe essere attrezzato con dispositivi per il mantenimento della temperatura
ideale dei mezzi di coltura, dei gameti, degli zigoti e degli embrioni durante qualsiasi fase del
trattamento all’esterno degli incubatori (i.e. piani riscaldati, termo block)
Tutti i dispositivi deputati al mantenimento della temperatura e della percentuale di CO2 devono
essere sottoposti a verifiche regolari, effettuate con termometri e misuratori di CO2 e/o pH‐metri
opportunamente tarati. I risultati di tali verifiche, come i valori mostrati dal display di ogni
dispositivo in uso, devono essere registrati e conservati in laboratorio
I manuali di istruzioni di ogni strumento devono essere disponibili in laboratorio
Per ogni strumento dovrebbero essere disponibili istruzioni scritte accessibili per tutti i membri
dello staff, al fine di poter indicare le azioni da intraprendere in caso di guasto di uno strumento.
Le direttive Europee come recentemente recepite in Italia (Decreto legislativo 16/2010)
stabiliscono che:
1. La progettazione e la manutenzione delle attrezzature e i materiali corrispondono alle
destinazioni d'uso previste e sono predisposte in modo da minimizzare ogni rischio per i
riceventi e il personale.
2. Tutte le attrezzature e i dispositivi tecnici critici sono identificati e convalidati,
periodicamente ispezionati e preventivamente sottoposti a manutenzione conformemente
alle istruzioni del fabbricante. Le attrezzature o i materiali che incidono su parametri critici
di lavorazione o stoccaggio (ad esempio temperatura, pressione, numero di particelle,
livello di contaminazione microbica) sono identificati ed eventualmente sottoposti a
osservazioni, vigilanza, allarmi e interventi correttivi adeguati per individuarne le
disfunzioni e i difetti e per garantire che i parametri critici rimangano costantemente al di
sotto dei limiti accettabili. Tutte le attrezzature che dispongono di una funzione di
misurazione critica sono tarate su un parametro di riferimento reperibile, qualora esista.
3. Le attrezzature nuove e quelle riparate sono controllate al momento dell'installazione e
collaudate prima dell'uso. I risultati dei controlli sono documentati.
4. Periodicamente e' necessario procedere alla manutenzione, alla pulizia, alla disinfezione e
all'igienizzazione di tutte le attrezzature critiche e alla registrazione delle operazioni
effettuate.
5. Per ogni attrezzatura critica e' necessario disporre di norme di funzionamento, con
indicazioni dettagliate di come intervenire in caso di disfunzioni o guasti.
I requisiti minimi strumentali per un laboratorio di PMA in Italia sono stati indicati dalle Regioni in
applicazione dell’accordo Stato Regioni del 11 Novembre 2004, attraverso il Documento “Requisiti
strutturali, strumentali e di personale per l’autorizzazione delle strutture che erogano prestazione
di procreazione medicalmente assistita”, coadiuvato dal Documento dell’Osservatorio del
Ministero della Salute “Requisiti per la conformità al D.Lgs. 191/2007 nel prelievo, il controllo, la
lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di gameti, zigoti ed embrioni per
tecniche di procreazione medicalmente assistita”.
La Relazione del Ministero della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge
contenente norme in materia di Procreazione Medicalmente Assistita del 30 giugno 2005 chiarisce
che: “In data 11 Novembre 2004, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province
Autonome di Trento e Bolzano ha approvato il Documento: Requisiti strutturali, strumentali e di
personale per l’autorizzazione delle strutture che erogano prestazione di procreazione
medicalmente assistita, quale indicazione per una applicazione omogenea sul territorio, ferma
restando la possibilità per le Regioni di individuare ulteriori requisiti anche in riferimento alla
specifica normativa regionale in materia”.
I requisiti minimi tecnologici per un laboratorio PMA di I livello in Italia sono:
Cappa a flusso laminare
Bagnomaria termostatato
Microscopio ottico a contrasto di fase
Centrifuga
Pipettatrice
Eventuale contenitore/i criogenico/i
I requisiti minimi tecnologici per un laboratorio PMA di II e III livello oltre a quelli necessari per il I
livello sono:
n.2 Incubatori a CO2
Invertoscopio
Microscopio ottico
Micromanipolatore (applicato adinvertoscopio)
Stereomicroscopio
Centrifuga
Sistema automatizzato programmabile per la crioconservazione di ovociti ed embrioni
Adeguato numero di contenitori criogenici
Tali indicazioni sono poi state fatte proprie da ogni Regione, che ha potuto integrarle con altre, e
recentemente sono state ulteriormente implementate dai requisiti previsti nell’ASR del
15/3/2012.
ATTREZZATURA E STRUMENTAZIONE
Di seguito una descrizione dei principali strumenti specifici richiesti per la PMA:
Cappa a flusso laminare verticale di grado A (classe II).
Cappe a flusso laminare
Tutti il laboratori di PMA, autorizzati all’esecuzione di tecniche di procreazione medicalmente
assistita di qualsiasi livello (I, II o III), necessitano la presenza e l’utilizzo di una cappa a flusso
laminare, per poter assicurare la sterilità dell’ambiente di lavoro. Per le tecniche di II e III livello il
piano di lavoro della cappa deve essere riscaldato (integrato con il piano della cappa oppure
sovrastante) e deve essere prevista la possibilità di integrare uno stereomicroscopio al suo
interno.
Esistono diverse cappe a flusso laminare:
Flusso Laminare verticale:
classe I: La cappa di prima classe è una cappa la cui funzione principale è di proteggere
l'operatore, ma non il campione su cui si opera. L'aria non è filtrata in entrata, ma esclusivamente
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utilizzate in attività di laboratorio dove il rischio per l'operatore è limitato o nullo, ad esempio
nella preparazione dei mezzi di coltura (non ancora messi in contatto con i campioni biologici).
Le cappe a flusso laminare sono provviste di filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air): tali filtri
sono realizzati in micro fibra di vetro che garantiscono un’elevata purezza dell’aria all’interno della
cappa (per ulteriori approfondimenti consultare il capitolo 1 di questo manuale).
Come descritto nel Decreto legislativo 16/2010 la lavorazione dei campioni deve essere sempre
effettuata sotto cappa a flusso laminare che garantisca una qualità dell'aria di grado A (come
descritto nella guida europea alle buone pratiche di fabbricazione: Good Manufacturing Practice:
GMP – solitamente tale requisito è garantito da una cappa di classe II), con un ambiente di fondo
adeguato alla lavorazione delle cellule, ma almeno equivalente a GMP di grado D. Condizioni
ambientali meno rigorose di quelle sopraindicate possono essere accettabili qualora sia
dimostrato che il contatto con un ambiente di grado A ha effetti nocivi sulle cellule (flussi d’aria
abbondanti possono infatti influire sulla temperatura del campione) oppure non sia tecnicamente
possibile eseguire il procedimento richiesto in un ambiente di grado A (ad esempio perchè nella
zona di lavorazione occorrono attrezzature specifiche non del tutto compatibili con il grado A, per
esempio il micromanipolatore per la ICSI).
Microscopi
I centri PMA di I livello hanno l’obbligo di utilizzare un microscopio ottico a contrasto di fase, per
la corretta visualizzazione dei gameti maschili.
I centri di II e III livello, oltre che del microscopio ottico a contrasto di fase, necessitano di uno
stereomicroscopio per lo screening degli ovociti e altre tecniche di fecondazione (FIVET), di un
invertoscopio con un micromanipolatore applicato per effettuare la tecnica di inseminazione
intra‐citoplasmatica (ICSI) e per la valutazione degli ovociti ed embrioni.
Per ottenere risultati ottimali nell’osservazione ed eventualmente nella microfotografia, è
fondamentale la perfetta pulizia del sistema ottico dei microscopi utilizzati. È consigliabile
rimuovere la polvere dalle lenti degli oculari e del condensatore utilizzando un apposito soffietto.
Tutte le lenti che compongono il sistema ottico del microscopio devono essere allineate per
consentire una corretta visione del campione.
Il microscopio ottico per l’analisi del liquido seminale deve essere equipaggiato con obiettivi
progressivi che raggiungano almeno un ingrandimento di 400X. Allo scopo di poter visualizzare
correttamente le strutture cellulari in un preparato fresco e non colorato, ci si avvale della tecnica
della microscopia a contrasto di fase. Questo metodo usufruisce di anelli di fase, indicati con la
sigla “Ph”, uno disposto a livello del condensatore, l’altro all’interno dell’obiettivo. Ad ogni
obiettivo corrisponde un anello diverso all’interno del condensatore. Questi anelli di fase
convogliano i fasci luminosi che colpiscono il campione, aumentando l’ampiezza dell’onda
luminosa di 1/4 di λ. In questo modo si aumenta il contrasto dell’immagine riprodotta a livello
degli oculari, mostrando strutture cellulari normalmente visibili solo con l’utilizzo di una
colorazione istologica. Gli anelli di fase devono essere perfettamente centrati tra loro.
L’invertoscopio si avvale di una particolare tecnica di contrasto di fase che è detta contrasto
d’ampiezza o “Hoffman modulation contrast” (HMC). In pratica, il contrasto d’ampiezza si realizza
ponendo un “modulatore” opaco sotto al condensatore; tale modulatore contiene una fessura
trasparente parzialmente occupata da un filtro polarizzante. Sopra l’obbiettivo viene posto un
altro modulatore contenente un segmento opaco del tutto periferico ed un altro segmento
contiguo semitrasparente. Il tutto su supporto trasparente. Nella pupilla d’uscita dell’obbiettivo si
sovrappongono così la porzione trasparente del modulatore inferiore con la porzione
semitrasparente del modulatore superiore, la porzione polarizzante del modulatore inferiore con
la porzione trasparente di quello superiore. Viene aggiunto anche un polarizzatore che occupa
tutta la pupilla del condensatore e che può ruotare attorno all’asse. Questa rotazione rende più o
meno “brillante” il filtro. Di solito, il modulatore inferiore può essere spostato in direzione
perpendicolare alla fessura e ciò permette di variare l’intensità del fascio illuminante che traversa
l’obbiettivo. Il contrasto d’ampiezza presenta dunque varie possibilità di regolazione. L’immagine
dell’oggetto è formata dall’onda diffratta da un lato solo del fascio illuminante poiché quest’ultimo
si trova ai margini della pupilla d’obbiettivo. Inoltre l’oggetto non si trova in mezzo ai due
polarizzatori e la sua eventuale birifrangenza non disturba. Questo rende possibile l’osservazione
di oggetti contenuti in recipienti in materia plastica (come le petridish usate in PMA),
generalmente birifrangenti.
Rispetto ad altre tecniche, il contrasto d’ampiezza è forse meno sensibile, ma ha il vantaggio che
gli oggetti fuori fuoco non disturbano troppo.
Per assicurare una buona resa dello strumento è necessaria una adeguata pulizia, allineamento e
centratura del microscopio. Il microscopio viene detto centrato quando i centri ottici di tutte le
singole lenti o subsistemi giacciono sulla stessa retta, che diventa, a questa condizione, l’asse
ottica del sistema. Nel concetto di centratura appena esposto non rientra però la considerazione
dell’orientamento degli assi ottici delle singole lenti, orientamento che rientra invece nel concetto
di allineamento. Un sistema ottico è allineato quando gli assi ottici di tutte le lenti che lo
compongono sono paralleli ad un’unica direzione, che dovrebbe coincidere con l’asse comune di
tutto il sistema.
Il microscopio invertito usato per la PMA deve essere necessariamente dotato di un piano
riscaldato dove viene riposto il campione durante l’osservazione per garantirne la stabilità di
temperatura.
Micromanipolatori
Il micromanipolatore è un dispositivo che viene utilizzato per le tecniche di micromanipolazione
dei gameti (ICSI) e degli embrioni (Biopsia). Per queste tecniche è necessario raggiungere un tale
livello di precisione dei movimenti che non può essere realizzato a mano libera. Lo strumento
viene usato per posizionare una micropipetta in maniera estremamente precisa nelle tre
dimensioni, spesso con una risoluzione inferiore al µm.
In base al meccanismo di funzionamento esistono differenti tipi di micromanipolatori:
1. Pneumatico
2. Idraulico
3. Meccanico
4. Elettrico
I micromanipolatori utilizzati in PMA sono principalmente:
Micromanipolatore idraulico: Con questo strumento l'operatore è in grado di muovere avanti e
indietro il pistone di un cilindro e questi movimenti vengono trasmessi dallo spostamento di un
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A titolo esemplificativo, usando i mezzi di coltura di fertilizzazione della COOK, come dimostrato
dal grafico una percentuale di CO2 del 6% permette il raggiungimento di un pH fisiologico per gli
ovociti (<7.4) in un tempo notevolmente inferiore (circa 80 min.) rispetto ad una percentuale di
CO2 del 5% (circa 200 min.). Anche se il principio generale vale per tutti i mezzi di coltura, è chiaro
che i valori di pH sono invece relativi alla composizione del mezzo stesso.
Considerando che l’aria atmosferica è composta dal 78% N2, 21% O2, 0.94% argon, 0.035% CO2, e
0.025% di altri gas, è stato messo in evidenza che in un incubatore tradizionale l’elevata
percentuale di O2 rispetto alle condizioni fisiologiche, potrebbe esporre gli ovociti e gli embrioni a
condizioni di coltura sub‐ottimali, soprattutto per la presenza di specie reattive dell’ossigeno (ROS)
(Biggers, 2001; Summers and Biggers, 2003).
Questo ha portato all’avvento di incubatori, che prevedono il controllo dei tre gas principali
dell’aria atmosferica, quali N2, O2, e CO2 (o che usano miscele certificate di gas).
Tipologie di incubatori.
Gli incubatori a controllo esclusivo di CO2 consentono di regolare il pH dei mezzi di coltura, e come
discusso precedentemente, è preferibile impostare la concentrazione di questo gas intorno al 6%.
L’erogazione del gas agli incubatori avviene attraverso una rampa, la quale termina con un
rubinetto dotato di manometro che serve a regolare la pressione del gas distribuito agli incubatori.
La pressione di erogazione, il cui valore ideale di aggira generalmente intorno alle 5 atm, è molto
importante per il corretto funzionamento dello strumento, e per la sua messa a punto si deve far
riferimento alle indicazioni delle aziende che producono gli incubatori. L’umidità elevata è
controllata attraverso vaschette che vengono riempite con acqua sterile.
Un’altra tecnologia di incubatori permette di poter controllare anche la concentrazione di
ossigeno presente nell’incubatore. Come discusso precedentemente questo può essere utile per
ridurre la presenza di specie reattive dell’ossigeno. Gli incubatori che si avvalgono di questa
tecnologia sono gli incubatori a controllo della CO2 e O2, e sono dotati di due vie di accesso dei gas,
una alimentata dalla CO2, mentre l’altra può essere alimentata dall’azoto (N2) se si desidera una
concentrazione di O2 inferiore al 18%, oppure dall’O2 stesso se si desidera che sia concentrato
oltre il 22%. Il motivo dell’utilizzo dell’N2 per modulare la concentrazione di O2 sta nel fatto che in
atmosfera quest’ultimo ha una densità di circa il 21%. Aumentando la concentrazione di N2 infatti
si diluisce la concentrazione dell’O2, in modo da portarlo a concentrazioni più basse di quella
atmosferica. Solitamente si cerca di utilizzare una concentrazione di O2 di circa 5.5%+0.5.
Incubatore a controllo di CO2 ed O2. Centro GENERA, Roma
Altri incubatori utilizzano un afflusso di gas pre‐miscelati, in modo da poter essere sicuri all’origine
che le proporzioni dei diversi tipi di gas siano quelle desiderate. Per questa ragione è
fondamentale che la ditta fornitrice dei gas munisca ogni bombola di gas pre‐miscelato di un
certificato che attesti che le proporzioni siano quelle desiderate e ne garantisca l’assoluta purezza.
Questa tecnologia è utilizzata in particolare dagli incubatori da banco, che utilizzano alloggiamenti
per le dish di dimensioni molto ridotte, in modo da ottimizzare i tempi di recupero delle giuste
condizioni di coltura dopo ogni apertura degli sportelli.
Incubatori da banco a gas pre‐ miscelati. Centro GENERA Roma
Numerosi studi hanno dimostrato che la coltura di ovociti ed embrioni a basse concentrazioni di O2
ha degli effetti positivi a lungo termine rispetto alla coltura con concentrazioni di ossigeno
atmosferico (Harlow and Quinn, 1979; Batt et al., 1991; Yuan et al., 2003; Karja et al., 2004; Leoni
et al., 2007; Meintjes et al., 2008). Per questa ragione si consiglia l’utilizzo di incubatori tri‐gas, pur
non essendo espressamente richiesto nei requisiti minimi.
L’utilizzo di incubatori è obbligatorio per tecniche di II e III livello. Il documento concordato
durante la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome (Roma 11 Novembre
2004) dichiara indispensabili almeno due incubatori per ciascun laboratorio PMA. E’ importante
sottolineare che il numero di incubatori necessari per garantire buone condizioni di coltura
dipende dalle dimensioni degli stessi e dalla mole di lavoro. Vengono richiesti un minimo di due
incubatori standard da 140 litri ma generalmente consigliati almeno un incubatore ogni 100 cicli di
PMA di II/III livello annui.
MANUTENZIONE E TARATURA
Per quanto concerne lo stato e la manutenzione della strumentazione la DE 2006/86/CE
nell’Allegato 1 al punto C richiede: “Tutte le attrezzature e i dispositivi tecnici critici devono essere
identificati e convalidati, periodicamente ispezionati e preventivamente sottoposti a manutenzione
conformemente alle istruzioni del fabbricante. […] Le attrezzature nuove e riparate devono essere
controllate al momento dell’installazione e convalidate prima dell’uso. I risultati dei controlli
devono essere documentati”
Le apparecchiature in dotazione ad un laboratorio di PMA devono infatti garantire affidabilità di
funzionamento pertanto dovranno essere sempre tenute in perfetta efficienza. Tale efficienza
dovrà essere garantita con opportune procedure di manutenzione e di taratura.
Possiamo distinguere diverse tipologie di manutenzione:
Convalida: procedura atta a dimostrare e documentare che lo strumento sia in grado di fornire le
prestazioni conformi alle specifiche ed alle caratteristiche di qualità stabilite dal costruttore. Il
processo di convalida di uno strumento è solitamente effettuato al momento dell’istallazione e i
risultati devono essere registrati in un report di convalida che contenga l’analisi dei dati ottenuti,
la verifica che i risultati soddisfino i criteri di accettabilità, ovvero le deviazioni riscontrate e le
modifiche effettuate per correggerle.
Manutenzione ordinaria: è rappresentata dall’insieme delle azioni manutentive effettuate su uno
strumento o attrezzatura volte a garantirne il corretto funzionamento e a scongiurare l’insorgere
di rischi per il processo cui sono preposte, senza modificare o migliorare le funzioni svolte dallo
strumento stesso (ad esempio la pulizia interna ed esterna degli strumenti).
Manutenzione programmata: intervento che viene effettuato a tempi prefissati per evitare
decadimenti nel buon funzionamento dell’apparecchiatura. Questi interventi sono normalmente
affidati alla ditta fornitrice con la quale si stipula un contratto di manutenzione annuale e/o
semestrale.
Manutenzione straordinaria: intervento effettuato dopo il verificarsi di guasti o
malfunzionamenti. Questo tipo di interventi vengono effettuati su specifica richiesta e vengono
eseguiti normalmente da un tecnico specializzato della ditta fornitrice dopo che l’operatore ha
verificato l’anomalia di comportamento.
Taratura: operazione atta a garantire che lo strumento in uso sia in grado di fornire misure entro i
limiti di tolleranza previsti. La definizione si riferisce a quelle apparecchiature che possono fare
riferimento a strumenti campioni primari; per le altre può essere intesa come insieme di
operazioni finalizzate al controllo del buon funzionamento dell’apparecchiatura.
Le operazioni di taratura possono essere sostanzialmente riassunte in:
verifica che il valore misurato rientri in un “range” di limiti stabiliti
rilevazione dell’entità dell’errore osservato per usarlo come fattore di correzione
eventuale messa a punto dello strumento per ridurre l’errore osservato
Per ottenere una taratura precisa dell’attrezzatura in uso in un laboratorio è necessario quindi
monitorare i parametri critici attraverso strumenti di riferimento, quali termometro, analizzatori
della percentuale di CO2 e O2, e pHmetro. Tali strumenti consentono di verificare la taratura degli
indicatori posti sull’attrezzatura in uso, come gli indicatori di temperatura e CO2 e O2, e
dimostrano che le apparecchiature in uso in laboratorio funzionano correttamente con i parametri
desiderati. Gli strumenti di riferimento devono essere a loro volta tarati verso standard primari e
certificati da un ente specifico che ne garantisca l’affidabilità (SIT ‐ Servizio di Taratura in Italia).
Bisogna quindi confrontarsi con la problematica della loro taratura periodica, che deve essere
effettuata dal SIT, o da laboratori da esso accreditati, indicativamente ogni 2 anni.
Modulistica
Ogni informazione utile e operazione effettuata su uno strumento, quale la provenienza,
l’acquisto, l’installazione, il collaudo, le date di ricevimento e messa in funzione, i riferimenti alle
procedure di taratura e manutenzione quando necessari, la loro periodicità e i dati del fornitore e
dell’assistenza tecnica devono essere documentati e annotati su un apposito modulo “Scheda
apparecchiatura” (Allegato 1), specifico per quello strumento, che deve sempre riportare il
numero di inventario. Dovrà inoltre essere predisposta inoltre una “Scheda di Manutenzione” che
riporti tutte le operazioni effettuate relative alla verifica, alle sostituzioni, alla pulizia con la data di
svolgimento dell’operazione e la firma del tecnico che l’ha effettuata (Allegato 2). Dovrà essere
prevista inoltre una “Scheda di Taratura” (Allegato 3) su cui verrà riportato il riferimento alla
procedura di taratura, il programma di taratura, la data di svolgimento della stessa e della futura
taratura, la firma del tecnico e i riferimenti ai campioni primari o materiali di riferimento utilizzati
per il controllo (di cui si allega fotocopia del certificato di taratura). Qualora la taratura venga
attuata da un centro esterno dovrà essere riportata tutta la documentazione inerente.
Un’apparecchiatura che, a seguito di taratura, abbia rilevato una non idoneità al suo utilizzo, dovrà
essere messa fuori servizio. L’evento dovrà essere segnalato apponendo un’etichetta visibile
sull’apparecchiatura e la data in cui l’evento è stato rilevato. L’apparecchiatura non potrà essere in
nessun modo utilizzata fino a quando la riparazione e la taratura di nuovo effettuata non
dimostrino che è di nuovo funzionante. L’evento dovrà essere riportato sulla scheda di taratura.
Vediamo nei particolari come è opportuno programmare la manutenzione dei diversi strumenti
specifici:
Per le cappe a flusso laminare le normali operazioni di manutenzione programmata (con cadenza
almeno annuale) consistono nella sostituzione dei prefiltri secondo le indicazioni della ditta
costruttrice, nella pulizia/disinfezione delle superfici interne con opportuni disinfettanti e nel
controllo dell’efficienza dei filtri.
La manutenzione ordinaria (con cadenza quotidiana) prevede la pulizia con appositi detergenti dei
piani e delle pareti interne della cappa, e la rimozione della polvere dal sistema di ventilazione.
Deve essere effettuata una verifica della presenza di microrganismi nell’aria filtrata (vedi capitolo
1). Se le cappe sono dotate di piani riscaldati, questi devono essere tarati mensilmente all’inizio
dell’attività, per poi passare, qualora i risultati siano all’interno dei range di accettabilità ad una
verifica di taratura quadrimestrale con adeguato strumento di riferimento certificato SIT.
L’esito della manutenzione programmata e della eventuale taratura dei piani riscaldati devono
essere opportunamente registrati nel logbook dedicato ad ogni apparecchiatura.
Per quanto riguarda gli incubatori le normali indicazioni d’uso prevedono la protezione delle pareti
dell’incubatore dalla luce solare diretta. È da evitare inoltre l’introduzione di grandi quantità di
materiale lasciando spazi per permettere la circolazione dell’aria. La manutenzione ordinaria
prevede pulizia, decontaminazione e rimozione della polvere dal sistema di ventilazione,
sostituzione e sterilizzazione delle vaschette d’acqua (da effettuare mensilmente). Occorre inoltre
controllare quotidianamente i valori di temperatura e di percentuale di CO2 e di O2, controllando i
valori indicati dal termometro/sonde permanenti installati sull’apparecchiatura e visibili sul
display. Annotare i risultati su apposita scheda (Allegato 4).
I valori si esercizio sono generalmente i seguenti:
- Temperatura: 37° C (tolleranza +0.2°C)
- CO2: 6% (tolleranza +0.2%)
- O2: 5% (tolleranza +0.5%)
La tolleranza per questi parametri è un valore critico da stabilire in funzione delle condizioni
fisiologiche cui si tende. Per quanto riguarda la temperatura la tolleranza non può che essere
minima, dal momento che anche piccole variazioni di temperatura sono riconosciute come cause
di effetti dannosi per i gameti e gli embrioni.
La percentuale di CO2 deve essere funzionale al raggiungimento del pH desiderato, cui
contribuiscono diversi parametri quali il tipo di terreno di coltura utilizzato e la temperatura, ed è
per questo che la tolleranza della percentuale di questo gas deve essere stabilita in base alle
caratteristiche generali di ciascun sistema di coltura. Per quanto riguarda la tolleranza della
percentuale di O2 è importante ricordare che nonostante sia riconosciuto il vantaggio di effettuare
la coltura con basse concentrazioni di questo gas, non è ancora del tutto chiaro il valore ideale
oltre il quale non bisogna spingersi. Questo comporta che la tolleranza può avere un margine
molto più ampio (5‐7%).
Per la taratura (da programmare, come già detto, mensilmente all’inizio dell’attività, per poi
passare con risultati stabili all’interno dei range di tollerabilità, ad una verifica quadrimestrale), e
quindi per il controllo del termometro, sonde CO2 e O2 permanenti, bisogna utilizzare strumenti di
riferimento certificati SIT inseriti sui diversi ripiani o nelle singole celle, e registrare i valori per un
intervallo di tempo di almeno 60 min con frequenze di 6 min, avendo cura di non aprire lo
sportello dell’incubatore durante l’esecuzione del controllo.
Come già descritto precedentemente è bene annotare gli esiti del controllo di taratura su apposita
scheda, riportando per ogni rilevamento:
•il valore medio e la deviazione standard delle misure rilevate con il campione di riferimento;
•il valore letto sullo strumento permanente installato sull’apparecchiatura;
•la deviazione evidenziata;
•la deviazione massima ammissibile;
•la data di effettuazione, la data del successivo controllo di taratura e la firma di chi l’ha
effettuata.
Sebbene la misurazione della percentuale di CO2 sia un metodo indiretto per attestare il pH del
mezzo di coltura in uso, si raccomanda di valutare il pH anche con metodo diretto. È stato, infatti,
dimostrato che talvolta variazioni della percentuale di CO2 non si ripercuotono immediatamente
sul valore reale del pH del mezzo di coltura (Pool, 2004).
Controlli microbiologici
È necessario effettuare almeno con cadenza annuale il controllo microbiologico dei ripiani degli
incubatori e delle cappe attraverso dei tamponi che dovranno essere esaminati tramite coltura da
laboratori autorizzati (per ulteriori approfondimenti consultare il capitolo 1 di questo manuale).
I frigoriferi devono essere caricati in modo che l’aria circoli liberamente, e in modo da mantenere
all’interno una temperatura bassa. Devono essere effettuate con cadenza annuale le operazioni
che prevedano:
• rimozione della polvere dalle piastre esterne di aerazione
• sbrinamento
• pulizia e decontaminazione dell’interno dei frigoriferi e dei congelatori.
Controllare inoltre i termometri permanenti installati su frigoriferi e congelatori confrontandoli
con un termometro campione di riferimento certificato SIT verificando la taratura della
temperatura eseguendo il controllo sui diversi ripiani del frigorifero o del congelatore. Effettuare
la registrazione dei dati sull’apposito logbook.
Per una buona manutenzione dei bagni termostatici è consigliabile effettuare periodicamente il
controllo del livello del liquido, monitorare la temperatura del bagno, sostituire l’acqua contenuta
nella vasca e sanificare la vasca. Controllare annualmente i termometri permanenti installati
confrontandoli con un termometro campione di riferimento certificato SIT. Tenere anche per
questi apposita registrazione.
La manutenzione dei microscopi consiste nella rimozione sia della polvere dagli oculari e dagli
obiettivi usando cartine ottiche sia di tracce di olio dagli obiettivi usati per immersione. Controllare
saltuariamente la lubrificazione delle parti mobili e sostituire la lampada di illuminazione, quando
necessario, seguendo le istruzioni della ditta costruttrice. E’ necessario inoltre programmare
periodicamente (almeno annualmente) centratura ed allineamento delle ottiche.
Quando non in uso, il microscopio va tenuto coperto e al riparo dalla luce, per evitare danni alle
lenti.
Le pipettatrici possono essere manuali, elettroniche, monocanale o multicanale. Quelle manuali
sono le più utilizzate all’interno dei laboratori. Si consiglia l’utilizzo unicamente di puntali
monouso; inoltre è opportuno mantenere le pipettatrici a temperatura ambiente, evitare che
subiscano urti, tenerle in posizione verticale e procedere ad una regolare pulizia, manutenzione e
taratura.
Per dispensatore si intendono quelle apparecchiature utilizzate per distribuire terreni di coltura e
reagenti in provette, bottiglie o capsule di Petri. È opportuno controllare l’accuratezza dei volumi
dispensati e, nel caso si debbano distribuire reagenti o terreni sterili, è opportuno controllare che
le parti dell’apparecchio in contatto con essi siano in condizioni asettiche. Mantenere le
apparecchiature in perfette condizioni mediante accurata pulizia dopo ogni ciclo lavorativo, in
accordo con le indicazioni della ditta costruttrice.
Come già detto i termometri/misuratori CO2 e O2 in utilizzo presso il laboratorio devono essere
tarati periodicamente mediante confronto con strumenti certificati da appositi enti. A titolo
esemplificativo ci si può dotare di un termometro campione primario fatto tarare ogni due anni da
un ente accreditato con cui effettuare tutte le verifiche su incubatori, piani riscaldati, frigoriferi,
congelatori.
Il pHmetro è lo strumento che serve per la valutazione diretta del pH del mezzo di coltura. Gli
elettrodi del pHmetro devono essere condizionati e conservati secondo le istruzioni del
costruttore. Dopo ogni uso devono essere puliti con acqua distillata. La taratura va effettuata
periodicamente utilizzando soluzioni tampone di riferimento (ad es., pH 4 epH 7 a 37°). Le
soluzioni vanno conservate nelle migliori condizioni e non oltre la data di scadenza. Le aliquote
giornaliere utilizzate devono poi essere scartate dopo la taratura. Va inoltre controllato
periodicamente lo stato di efficienza degli elettrodi registrando i valori in mV in corrispondenza
delle tarature a pH 4 e pH 7. La differenza tra due misurazioni in rapporto al valore teorico indicato
dal costruttore rappresenta un indice di invecchiamento dell’elettrodo.
pH‐metro da incubatore: è fornito di una sonda con un supporto nel quale può essere introdotto
il mezzo di coltura e inserito in incubatore per valutarne il pH nella camera stessa. Centro
GENERA, Roma.
Pianificazione
Visto l’enorme lavoro che richiede la gestione delle apparecchiature in un laboratorio di PMA, la
corretta pianificazione delle manutenzioni, delle tarature e della sorveglianza degli strumenti
costituisce un requisito fondamentale. In allegato (Allegato 5) un esempio di pianificazione della
gestione delle attrezzature.
Dispositivi in rete per la misurazione dei parametri critici e allarmi
E’ oggi possibile effettuare la rilevazione in continuum dei parametri critici degli strumenti
mediante l’utilizzo di datalogger (posizionati all’interno degli incubatori, frigoriferi, contenitori di
azoto liquido) costituiti da una o più sonde elettroniche collegate ad una centralina che memorizza
le misure di uno o più parametri, effettuate ad intervalli di tempo opportunamente stabiliti. Questi
sistemi permettono la misurazione, l’elaborazione, la comunicazione e la registrazione dei valori
dei sensori. Nel caso in cui i valori letti non corrispondano ai range di tollerabilità scattano degli
allarmi in modo da permettere un immediata azione correttiva da parte del responsabile del
sistema.
I sensori possono essere:
‐ Sensore di livello per l’azoto liquido
‐ Pressione del liquido nel tank
‐ Sensori di temperatura nei tank
‐ Sensori di temperatura per incubatori e frigoriferi
‐ Sensori di livello per la CO2
‐ Sensori di livello per O2
‐ Sensori di temperature degli ambienti
‐ Umidità dell’ambiente
‐ Pressione dell’ambiente
‐ Sensori di movimento e presenza
Le reti presenti in commercio possono essere reti cablate o reti wireless. Quest’ultime permettono
vantaggi dal punto di vista del cablaggio (non necessario); sono quindi più facilmente
implementabili. Non vi sono, però, dati in letteratura che garantiscano che il sistema wireless non
sia nocivo per le cellule. I sistemi di allarme sono diversi e possono essere acustici e/o visivi, e
possono essere collegati con la rete telefonica in modo da poter inviare avvisi al personale
responsabile. Tali sistemi possono essere già presenti all’interno degli strumenti, come ad esempio
gli allarmi acustici che avvisano in caso di apertura prolungata degli incubatori, oppure visivi come
gli allarmi luminosi in dotazione di alcuni incubatori che avvisano quando il livello dell’acqua è
troppo basso.
Altri tipi di sistemi di monitoraggio e allarme possono essere istallati successivamente agli
strumenti, come nel caso delle sonde che misurano il livello d’azoto nelle banche.
Conclusioni
Il laboratorio di PMA si occupa della inseminazione di gameti e della coltura di embrioni umani, ne
consegue una grande responsabilità da parte degli operatori. Si tratta infatti (a differenza dei
laboratori diagnostici) di effettuare colture dette ex vivo, ovvero di coltivare cellule in vitro che poi
vengono reintrodotte nel corpo materno (in vivo). Non si può escludere che alcuni parametri di
laboratorio possano influire non solo sulla vitalità delle cellule durante la coltura ma anche avere
effetti a lungo termine sul feto. E’ ben nota l’estrema sensibilità degli ovociti ad esempio a lievi
variazioni di temperatura che portano alla depolimerizzazione del fuso meiotico con rischi
potenziali sulla successiva segregazione cromosomica.
Nonostante l’introduzione di nuove tecnologie, le operazioni necessarie a mantenere la stabilità
dei parametri critici degli strumenti in uso nei laboratori richiedono tempo e particolari attenzioni.
E’ da considerare anche l’estrema sensibilità dei termometri e delle sonde utilizzate per la
valutazione delle percentuali dei gas anche a parametri fisici quali temperatura e umidità
dell’ambiente. Manutenzione, taratura e calibrazione rappresentano quindi indispensabili
strumenti per garantire adeguate condizioni di coltura, ottimizzando i risultati e minimizzando i
rischi per gli embrioni.
L’intera gestione dei parametri critici della strumentazione può essere, già oggi, effettuata
automaticamente con sonde indipendenti, collegate in rete, con le rilevazioni accessibili anche in
back‐office. Questo porta evidentemente ad una notevole riduzione dei rischi di alterazioni
inconsapevoli delle condizioni di coltura. Crediamo che un moderno laboratorio di PMA debba
dotarsi necessariamente di sofisticati strumenti di rilevazione, allarmi e registrazione dei parametri
critici ed in particolare delle temperature, livelli di CO2, O2 e azoto.
REFERENZE
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hydrogen ion concentration. J Exp Zool 1965;158:49–58
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"Attuazione delle direttive 2006/17/CE e 2006/86/CE, che attuano la direttiva 2004/23/CE
per quanto riguarda le prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il
controllo di tessuti e cellule umani, nonche' per quanto riguarda le prescrizioni in tema di
rintracciabilita', la notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni
tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di
tessuti e cellule umani"pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 2010, n. 40
5. Decreto Legislativo 6 novembre 2007 “Attuazione della Direttiva 2004/23/EC per quanto
riguarda le prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il controllo di
tessuti e cellule umani, nonche' per quanto riguarda le prescrizioni in tema di
rintracciabilita', la notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni
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tessuti e cellule umani"
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