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34 - Fede Galizia, coli. Silvano Lodi, Campione.
F E D E G A L I Z I A E P A N F I L O N U V O L O N E
Catalogata con una «Tazza di cerase con una farfalla» insieme a pochi nomi (Panfilo, Jan Brueghel dei Velluti, Guglielmo Fiammingo, G . B . Nasacci) nell'inventario di Car
lo Emanuele I realizzato dal Della Cornia nel 1635 accanto a un ben più consistente gruppo di autori oltramontani e italiani anonimi celebrata nella contemporaneità soprattutto per
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36 - Fede Galizia, Museo civico, Cremona.
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la sua attività e d i ritrattista e d i pittrice d i tem i sacri (dal precoce accenno di Lomazzo al Morigia , al Malvasia, al Lanzi), la figura d i Fede Galizia, specialista di nature morte, conosce la sua fortuna contemporanea a opera di Stefano Bottari che i n due interventi consecut i v i (1963 e 1965) aggrega un consistente numero di d i p i n t i a partire da quello f irmato e datato 1602 reso noto da C. Benedict nel 1938.
Da allora, se si eccettuano i contr ibut i di N a p o l i '64, d i Rosei 7 1 , 7 7 e '83, Monaco '84 e Salerno '85, integrativi certamente ma non esaurienti nel definire le premesse e i l percorso della pittr ice, in relazione anche con l 'att ività per certi versi affine come tematica e come impianto del cremonese Panfilo N u v o l o ne, i l quadro di r i fer imento n o n è nel complesso mutato .
E i l silenzio probabilmente può dipendere dalla difficoltà di inquadrare i n direttr ic i cred ib i l i una attività d i generista che da una parte si presenta particolarmente precoce rispetto alle «date» canoniche della natura morta i n ternazionale (desumendo dalla iscrizione posta sul r i tratto d i Paolo Mor ig ia ora a l l ' A m brosiana, la data d i nascita è quella del 1578), dall'altra abbastanza refrattaria a una classificazione stilistica.
LJna attenzione al dettaglio, al l ' inanimato caratteristica della congiuntura lombarda - significativamente Bottari 1963 ricorda la f rut tiera del M o r e t t o presente nella «Madonna in trono» i n Sant'Andrea a Bergamo - che sembra essere alla base, ma con esiti certamente diversi, dell 'attenzione di Caravaggio per la natura, l ' influenza del gusto nordico, anagra-fìcamente sottolineata dal favore del Cardinal Borromeo per i l generista Jan Brueghel dei V e l l u t i che accompagna i l prelato nel trasferi-
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mento da Roma a Mi lano fra i l 1595 e i l 1596: questi se vogliamo i p u n t i d i riferimento costantemente replicati dalla lettura per sciogliere i l «nodo»- delle sollecitazioni che possono giustificare una produzione come quella di Galizia. A questi occorre aggiungere un ulteriore elemento, questa volta controverso (si veda a proposito Spike 1983, Rosei '83, Salerno '85) dell 'influenza che può aver avuto la fiscella caravaggesca della collezione Borromeo nello sviluppo e nell'affermazione del genere della natura morta i n Lombardia. Problema senza dubbio affascinante ma nel complesso capace di spostare l'attenzione rispetto al problema di una produzione non episodica come quella sviluppatasi nella congiuntura Galizia-N u v o l o n e e 1''unicum d i Caravaggio, programmaticamente destinato alla singolarità, alla irripetibilità.
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Se comunque quest 'ultimo contatto risulta a t u t t i g l i effetti ininfluente nel disegno del percorso di Galizia, i p r i m i due fattori quello della tradizione lombarda prima di t u t t o che attraverso Moret to , i Campi , o i contr ibut i i n -
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terrogativi dì un Mombello (Bottari 122b e Napoli '64 n. 7) secondo le indicazioni di Giovanni Testori, dell'unicum di Ambrogio Pigino reso noto da Roberto Longhi 1950, giunge alle soglie del X V I I secolo, e quindi agli anni di attività della pittrice. E secondariamente un «contributo del Nord» che si è costantemente fatto riferire al magistero di Jan Brueghel dei Velluti e al favore incontra
to dalla sua opera nell'immaginario del Cardinal Borromeo ma che, stante le attuali condizioni di conoscenza e di riscontri, sembra molto più mediato di quanto non potesse apparire allo stesso Bottari, che segnala una natura morta (n. 120a) diffìcilmente oggi riferibile al fiammingo. Il nodo Jan Brueghel sembra, e è contingenza costante in queste pagine, più una soluzione «retorica» per spiegare
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tav. 22 - Fede Galizia, coli. priv.
l'emergere della natura morta delle or ig ini in Italia d i quanto non possa essere un riscontro tematistico o stilistico. Al la maniera fiamminga senza dubbio Fede Galizia guarderà, ma probabilmente, almeno per i l ridisegno che viene fatto i n queste pagine d i una possibile evoluzione stilistica del corpus, i n una fase inoltrata dell'attività, certamente non gl i esordi.
N o n si vuole con questo abbracciare i n foto la tesi di una radice esclusivamente indigena, refrattaria all'esterno: sembra invece quella d i Galizia una pittura di carattere internazionale, attenta a diverse maniere e soluzioni iconografiche. Lo stesso ritratto di Paolo M o rigia prima citato presenta, nella qualità «specchiante» delle lenti poste in mano al r i trattato una citazione di una interpretazione
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meticolosa e caleidoscopica della pittura che spinge l'attenzione, il riferimento, al Nord più che al Mediterraneo. Ma concentrare l'attenzione su uno singolo personaggio (appunto Jan Brueghel) anche se carismatico, sembra essere paralizzante o comunque infedele rispetto a un interesse per la produzione nordica, soprattutto di area tedesca (da Peter Bi-noit alla dinastia dei Soreau) che pure risulta
no direttamente o indirettamente presenti nello scenario dell'Italia Settentrionale, fra Lombardia e Piemonte, nei medesimi anni. E che un gusto «tedesco» possa essere un elemento ineludibile nella ricostruzione dell'ambiente in cui può esprimersi Fede Galizia, può essere testimoniato dalla «fortuna» in Italia di autori come Francesco Codino e Ludovico di Susio che fra gli anni dieci e gli anni
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42 - Fede Galizia, coli. priv. tav. 23 - Fede Galizia, coli. priv.
venti sono operativi nelle regioni pur trattandosi di autori di nascita e d i cultura straniera.
Una seconda congiuntura internazionale è stata anche recentemente sottolineata alla r i cerca di relazioni, di analogie se non di dipendenze fra la f iori tura della prima natura morta lombarda: e è i l r i ferimento alla Spagna che conosce, sul piano della precocità e dell 'originalità degli esiti, una storia altrettanto anomala rispetto a quella italiana. I l r i ferimento a una coppia d i alzate i n cristallo ( M a d r i d 1983¬84, nn. 1,2) potrebbe suggerire, nella centralità del punto di vista u n contatto o una relazione: e certamente i contatti fra la Spagna, la Lombardia provincia del l ' impero come le Fiandre, e per estensione con l'area dei paesi cattolici, devono risultare nella contingenza storica ben più frequenti d i quanto non possa suggerire una storia «nazionale» delle singole
regioni. Ma ciò che può accomunare le ricordate alzate con frutta spagnole e le corrispondenti d i Fede Galizia è più la loro comune estraneità rispetto a un m o d o di concepire la scena inanimata alla maniera olandese e fiamminga, d i quanto non possano essere i contatt i e le affinità affermative.
E certo contribuisce alla difficile identi f i cazione del personaggio Galizia l'assenza di una letteratura contemporanea che ri levi la «valentia» nel replicare i diversi aspetti del naturale, con l'esito paradossale d i un bagaglio estremamente succinto e reticente sul problema specifico, la singolarità d i un unico documento f irmato, e all 'opposto la costituzione negli anni di un corpus di opere relativamente ampio, che ol tretutto ha conosciuto correzioni e aggiustamenti non insignificanti : si pensi alla confusione iniziale fra Fede e Panfì-
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tav. 24 - Fede Galizia, coli. priv.
tav. 25 - Crespina, maiolica, Faenza, fine X V I secolo, coli. priv.
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tav. 26 - Fede Galizia, coli. priv.
lo N u v o l o n e (Bottari 1963, n. 124a; Bottari 1965, tav. 9), deviazioni legitt ime certamente per i l carattere inaugurale degli studi, ma certamente segnali d i una faticosa ricostruzione i n assenza di riscontri accertati. I l silenzio delle font i allora da una parte, dall'altra la possibilità attuale d i poter documentare, per approssimazioni, un corpus di d i p i n t i nel complesso organico e soprattutto conseguente.
Questa la situazione all'attuale, quando la possibilità di poter documentare alcuni d i p i n t i inedit i , o sporadicamente esposti, permette d i integrare un percorso già in parte conosciuto e cerca di disegnarne le tappe princi pali.
E i n effetti i l p r i m o elemento che si evidenzia, in una lettura consecutiva delle opere accorpate per affinità tematiche e periodizza-
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te secondo una presunta evoluzione della impaginazione dell'inanimato e delle caratteristiche del dipingere, è la grande uniformità del modo con cui Galizia concepisce la scena: la scelta infatti è costantemente rivolta per un ritaglio di campo letto da un punto di vista rigidamente frontale, con l'individuazione più o meno accentuata di una porzione di bordo (l'unica eccezione, con il suggerimento del piano che deborda dal limite inferiore, n. 41, lascia incerti, per il traumatico taglio del fiore all'estrema destra della composizione, circa un eventuale resecazione tipografica) da cui possono fuoriuscire limitati brani dell'inanimato disposto. N o n esiste, fatto eccezione per il dipinto di tav. 23, appartenente comunque alla fase matura del percorso e da inserirsi all'interno di un sistema di citazioni dei medesimi oggetti (tav. 26, n. 43), segnalazione di un Iato, e quindi architettonica indicazione di profondità del piano d'appoggio: l'escursione verso il fondo di quest'ultimo, la
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segnalazione cioè dell'intervallo fra l'orizzonte e il proscenio è determinato puramento dalla posizione del soggetto inanimato sul piano. C o n una certa costanza infatti Fede Galizia tende a limitare visivamente la scena, nella ricerca di una «verità» ottica già ricordata all'esordio del discorso, ma senza le caratterizzazioni analitiche a cui il problema si piegherà nel mondo nordico: si potrebbe allora parlare di una riproduzione «rarefatta», mentale, della realtà più che una sua calligrafica descrizione.
Ancora una volta in area lombarda l'attenzione al vero è prima di tutto realizzata nella determinazione attenta del rapporto fra scatola cubica e posizione, dimensione del soggetto da rappresentare. N o n a caso, i primi esiti riferibili alla pittrice a partire dal dipinto Inholt datato 1602 e dalla sua replica in coli, priv. italiana (n. 35) - ma il discorso può essere esteso alla n. 34 e al gruppo di repliche del medesimo soggetto (nn. 37, 38, 39) - cono-
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tav. 27 - Fede Galizia, coli. priv.
scono un punto di vista da cui la scena viene ritratta moderatamente alta rispetto all'orizzonte, secondo una «maniera» arcaica cui si è fatto più volte r i ferimento (per una sintesi, evidentemente non esauriente ma sistematica sul piano delle possibilità si può vedere Bergamo, 1983, pp. 149-162). I n una fase successiva i l punto di vista tenderà a una angolatura più moderata, quasi alla equatorialità: ma il
percorso, come si è accennato precedentemente, non si presenta cosi vistoso come i n vece sarà caratteristica comune dell 'evoluzione del gusto impaginativo della natura morta.
Più articolata, se vogliamo, l'esplorazione che Galizia compie nell'impaginazione del suo soggetto, e soprattutto del l ' ingombro d i mensionale che la figura centrale e quelle periferiche assumono come gestalt, come globa-
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45 - Fede Galizia, coli. priv.
lìta. È da considerare infat t i , e i n questo omogeneamente rispetto a un immaginario nordico, soprattutto d i area tedesca, che l'apparecchiatura concepita sul breve frammento di piano prevede costantemente un contenitore prezioso, come la coppa sbalzata in metallo, l'alzata i n vetro, la crespina i n ceramica bianca, o soggetti più comuni come la fiscella i n v i m i n i . Sia che assuma, come nelle composizioni più arcaiche, una posizione centrale nel campo, sia che, come negli esempi delle tavo
le 22 e 24, la posizione del contenitore si ponga decentrata, in aperta complementarietà con i f r u t t i disposti sul tavolo, e a t u t t i g l i effetti propr io i l sistema contenitore/contenuto a sviluppare, anche per la verticalità architettonica che spesso può assumere, la funzione caratterizzante rispetto a un arredo che conosce in m o d o alterno, q u i n d i non segnaletico d i una evoluzione, una capacità d i aggregarsi in forme plasticamente f o r t i , quasi a confronto con i l protagonista della scena, co-
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tav. 28 • Fede Galizia, coli. priv.
me nelle già richiamate repliche 37, 38, 39 o nella tav. 26, o si dispone i n m o d o isolato, prediligendo la disseminazione, o l'evidenza dell'elemento stagliato rispetto al vuoto . Per giungere - e è una situazione omogenea non indifferente - all'abbassamento della presenza dell'arredo (si vedano i nn. 44, 45; tav. 28), al suo annullamento per favorire e convogliare l'attenzione verso i l centro della composizione che già presenta d i per sé un polo attrattivo di varietà di forme e d i colore non indiffe
rente. M a i l caso appena citato, quello dell'ab
bassamento o della sparizione dell'arredo r i spetto al recipiente protagonista è episodio importante, ma certamente non decisivo nell ' immaginario d i Fede Galizia. Se anzi i l percorso cronologico che è stato ipotizzato può verosimilmente corrispondere al vero, proprio dal ragionamento della posizione isolata dell'artefatto r icolmo di f ru t t i , eventualmente variato dalla presenza del ramo verde o
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46 bis • Fede Galizia, coli. priv.
del fiore reciso, si passa i n una fase successiva a una diversa considerazione del rapporto fra figura disseminata sul piano e figura raccolta nell'alzata o nel piatto.
Si vuol indicare i n altri t e rmini (e possiam o riferirci ai d i p i n t i della fase matura d i Fede) una particolare contingenza in cui protagonista del piano e arredo giocano un ruolo , per varietà delle dimensioni e per complessità delle figure plastiche realizzate, grosso m o d o equivalente; una attenzione alla lettura precedentemente fondata sul soggetto centrale e
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successivamente abbassata, anche eventualmente disturbata da presenze di contorno, cede i l passo a una lettura altalenante dall 'uno all'altro nucleo che la costruzione, pur non contraddicendo un pr inc ipio d i centralità e d i priorità della figura protagonista che associa naturale e artificiale rispetto agli a l tr i , pure d i stribuisce l'attenzione e l ' importanza delle f i gure i n m o d o eterogeneo e variato.
Può essere, come si è detto, un singolo f ru t to a contendere presenza e imponenza al soggetto principale, come nelle richiamate repliche tav. 26, n. 43, o può, come nei pur diversi esiti dei d i p i n t i n . 44, 45, 47 e tav. 28, conoscere una esibizione dell'arredo, del fiore i n m o d o particolare, integrata rispetto alla figura centrale: i n questo modo, con un gioco certamente sapiente dal p u n t o di vista
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cromatico, ma anche a l ivello concettuale, come rimando fra infiorescenza e f rut to da una parte, fra emblematicità del f ru t to e del fiore dall'altra.
Se è opportunamente accettabile l'indicazione di Renato Rol i i n N a p o l i 1964 che assegnava i d i p i n t i nn. 48, 49 alla fase tarda dell'attività della pittrice per l'incidenza di una luce atmosferica capace di aggredire la volumetr i
ci tà degli oggetti colpi t i , in questo seguendo una intuizione già espressa da Stefano Bottari (1963, p. 315), già in una fase precedente, definiamola per comodità matura, la materia era stata trattata i n m o d o difforme a seconda della consistenza, della tattilità diversa del modello, alternando sommarietà d i dettaglio e interesse per l'evidenza accordata all'impressione, realizzando nell'universo apparente-
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tav. 29 - Panfilo Nuvolone, coli. priv.
mente «monotono» come temi e i m m o t o come impianto, una indagine sulla pittura, come capacità d i replica della varietà dell 'universo ben più impegnativa d i quanto non potesse essere letto per un gusto più attento all 'importanza del soggetto rappresentato che non all'indagine sul m o d o di replicare nella finzione della pit tura, i l «modo di percepire», e quindi paradossalmente di prendere
come reale soggetto la camaleontica capacità dell 'uomo di percepire, quindi d i conoscere i l mondo, d i farlo proprio .
Tradizionalmente ma anche per la critica moderna accomunato alla fortuna della natura morta i n Lombardia fra la fine del X V I secolo e i p r i m i trent'anni del successivo, i l secondo nome la cui fisionomia di generista r i sulta a t u t t i g l i effetti non episodica è quello
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51 - Francesco Codino, Civici Musei d'arte antica, Milano
di Panfilo N u v o l o n e cremonese, la cui opera, come già discusso precedentemente, si è spesso intrecciata dal punto di vista at t r ibut ivo con quella d i Fede Galizia.
E l ' immaginario, almeno dal p u n t o di v i sta del l ' impianto e della scelta tematica, si i n treccia sensibilmente con quello della p i t t r i ce, f ino a rendere spontaneo concepire un non episodico interesse nell'ambiente del
l 'Italia settentrionale per una produzione di nature morte d i piccola dimensione i n cui al f ru t to e al fiore venisse associata una suppelletti le, i n particolar m o d o l'alzata metallica sbalzata, dove cioè alla varietà d i un m o n d o naturale, esplorato anche nella sua dimensione simbolica, potesse unirsi anche la particolarità della valentia, conseguentemente della preziosità del manufatto umano.
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52 • Panfilo Nuvolone, coli. Silvano Lodi, Campione.
Come già affermato per la produzione di Fede Galizia, anche in quella d i Panfdo sono frequenti le repliche del medesimo soggetto, o comunque del medesimo oggetto: e se per l ' inanimato occorre faticosamente riconoscere l ' identico nella esattezza della posa, per quanto riguarda i l contenitore metallico altri e più semplici indizi di identità, d i somiglianza, portano a affermare l'esistenza di un siste
ma di produzione e d i consumo particolarmente fiorente.
D'altra parte proprio a Mi lano alla fine del secolo vi era stato i l programma di collezionismo «didattico» d i un Carlo Borromeo, dove cioè i l quadro di storia risultava i n qualche modo in subordine rispetto al soggetto allegorico, al «Paese» di u n j a n Brueghel dei Vell u t i , ai suoi «Ritratti» di fiori, all'«apparec-
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tav. 30 • Panfilo Nuvolone, coli. priv.
chio» d i un Caravaggio i l cui immaginario, r i spetto a quello di cui stiamo discutendo, sembra essere a un tempo particolarmente vicino come scelta del soggetto, anche come attenzione alla volumetricità del singolo elemento rispetto al totale, a u n tempo irr imediabil mente distante. M a questo, come più volte replicato i n queste pagine, è luogo «comune» diffìcile da svolgere.
E p r o p r i o affrontando la tematica del «vero ottico» caravaggesco si era già fatto riferimento a un noto piat to metallico d i A m b r o gio Figino (Bergamo, 1968, tav. 8 ) ; a esso può essere accostata una «Alzata con prugne e pere» inedita ( n . 50) che presenta alcuni dettagli descrittivi , soprattutto nelle foglie che costituiscono la corona vegetale al bordo del piatto metallico, d i stringente affinità. I l richiamo
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a quest 'ult imo documento, nell'incertezza attr ibutiva dei tre maestri lombardi da cui stiamo facendo riferimento, lungi dal presentarsi risolto vuole comunque porsi come ulteriore prova del carattere non episodico che un soggetto come la natura morta del formato ridotto, basata costantemente sul taglio frontale e sulla figura prevalentemente d i un contenitore r icolmo di f r u t t i , può aver contratto presso
un collezionismo lombardo, o più genericamente riferibile all'area dell'Italia settentrionale.
E in effetti i l tema dell'alzata preziosa r i colma di f rut t i o di f ior i , finemente cesellata o anche bimetallica costituisce, ai p r i m i del X V I I secolo, un soggetto ricorrente fra l 'ambiente di Jan Brueghel dei Ve l lu t i e quello dell'ancora enigmatico Francesco Codino che
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53 - Panfilo Nuvolone, coli. priv.
53 bis - Panfilo Nuvolone, coli. priv.
sembra associare tematiche legate alla scuola tedesca di Hanau e soggetti più r i feribi l i all'ambiente italiano: si veda a questo proposito, i n una impaginazione diversa rispetto a quella di Panfdo o d i Fede ma indubbiamente affine, i l documento ora custodito nei deposit i del Castello Sforzesco di M i l a n o ( n . 5 l ) i n cui r icorrono associati i contenitori caratteristici dell ' immaginario d i cui stiamo discutendo.
54 - Panfilo Nuvolone, coli. priv.
Si diceva comunque, i n m o d o particolare rispetto al lavoro di Francesco Codino, una certa affinità nei soggetti e una sostanziale d i versità del m o d o di impiantare la scena e la d i sposizione dell ' inanimato. Se infat t i la cacciagione appoggiata sul bordo del piano dello splendido esito ( n . 52) d i Panfilo ricorre anche fra le opere attr ibuite al maestro oltremontano, i l p u n t o di vista d i quest 'ul t imo conosce con una certa costanza un bordo del piano diagonale, con uno scorcio anche accentuato tale da ribaltare i n avanti la giacitura della superfìcie d'appoggio. I n m o d o simile a quello descritto per Fede Galizia, Panfilo i n vece predilige costantemente un p u n t o di v i sta fortemente centrale, con i l f rammento di tavolo che può indifferentemente segnalare i l bordo i n avanti, o può oltrepassare i l l imi te inferiore del d i p i n t o . E questo sia quando la «composizione» dell ' inanimato segue la regola canonica della «centralità» già discussa nel lavoro di Fede, sia quando, come nella produzione probabilmente avanzata d i Panfilo - ci riferiamo ai nn. 60, 61 la composizione sembra conoscere una impaginazione più variata, caratterizzata dal molt ipl icarsi dei contenito-
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55 - Panfilo Nuvolone, coli. priv. 56 - Panfilo Nuvolone, coli. priv.
57 - Panfilo Nuvolone, coli. priv. 58 - Panfilo Nuvolone, coli. priv.
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1 60 - Panfilo Nuvolone, coli. priv. 61 - Panfilo Nuvolone, Museo civico, Cremona.
r i , o dalla gara equilibrata fra quest 'ult imo e i l naturale disposto sul piano.
E i n effetti, sia per quanto riguarda i valori impaginativi che quelli relativi alla qualità pittorica, alla resa volumetrica e della consistenza delle diverse materie rappresentate, l'arco d i lavoro di Panfilo N u v o l o n e sembra conoscere due dist int i moment i . U n pr imo, legato come già detto alle analoghe esperienze di Fede Galizia, caratterizzato dalla centralità del contenitore, dalla sua resa plastica attenta al cambiamento dell'incidenza della l u ce, fra opacità e riflesso, e dalla esuberanza della frutta che occupa i l piatto. Una vera e propria architettura, variata nelle forme all ' interno, che sviluppa una figura perimetrale nettamente definita e troneggiante nella totalità del campo.
I l t r ionfo naturale, effimero nella sua deperibilità, diventa allora i l centro nevralgico dell ' intero apparato, sviluppando nella d i mensione limitata del piatto contenente una complessità d i figure, dal profondo a l l ' i l luminazione piena i n proscenio, giocando vir tuoslsticamente sulla soglia del bordo, fra le forme che ne nascondono i l disegno debordando dal perimetro dato e invadendo lo spazio circostante.
Rispetto al m o n d o immaginato da Fede Galizia, quello del p r i m o Panfilo si presenta dominato da una maggiore eccitazione nell ' impianto dell'architettura vegetale, con una attenzione al dettaglio, soprattutto nelle parti metalliche della coppa; ma si tratta, fatte salve le differenti sensibilità neh"interpretare e nel ritrarre i l soggetto, come si è visto spes-
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so coincidente, d i una situazione a t u t t i g l i effetti sintonica, fatta probabilmente d i concertazioni e di m u t u i influssi. È i l già richiamato sistema delle repliche, totali o d i singoli elementi d i un quadro che passano identici i n altre composizioni, a segnalare la presenza di un gusto collezionistico, probabilmente una committenza relativamente ristretta, comunque i n cont inuo contatto, i n gara per «quadri
da cavalletto»: le dimensioni r idotte, la «silenziosa» raffinatezza del soggetto e la stessa qualità della pi t tura , capace di suscitare nella i l l u sione delle due dimensioni la varietà del reale naturale e dell 'artefatto, dovevano costituire i caratteri più accattivanti e ricercati.
Commit tenza locale, ma certamente anche committenza o meglio collezionismo anche oltre i conf in i lombardi : si è già citata la
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presenza di opere documentate d i Panfilo N u v o l o n e nella collezione Savoia al 1635; v e n t a n n i più tardi sue opere sono censite nell ' inventario della collezione Leganés di Madr id . Ora, almeno per l 'Italia settentrionale, quella d i T o r i n o costituiva un censimento-guida per i gusti internazionali dell'ambiente; e un contatto Lombardia-Spagna, più volte r i corrente come «spettro» nelle discussioni sul
p r i m o tempo della natura morta «mediterranea», risulta quanto più naturale e normale data la posizione politica «provinciale» rispetto all ' impero, a Madr id , che la Lombardia, ma anche Napol i , potevano aver contratto dopo i l conclusivo trattato d i Cateau-Cambrésis del 1559, tenendo ol tretutto conto che parlare dell 'ambito spagnolo vuol dire i n realtà riferirsi alla pluralità delle tradizioni, dal Mare
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tav. 32 - Panfilo Nuvolone, coli. priv.
del N o r d al Mediterraneo, che l ' impero controlla e assimila in una sintesi che vede l ' I talia, anche per i l r i ferimento privilegiato alla corte pontificia, terreno particolare dal punto di vista della recezione e della esportazione.
A un p r i m o tempo della produzione d i Panfilo, occorre segnalare un secondo tempo, o una seconda maniera, i n cui, a una già segnalata variazione d ' impianto della scena, che
tende a amplificarsi riducendo la centralità del soggetto disposto e accentuando una d i sposizione disseminata, policentrica, occorre aggiungere una più intensa pastosità della materia cromatica, più sensibile a confondere la soglia fra la fisicità dell 'oggetto e i l vuoto del fondo. Si veda, a esempio, come nel d i p i n t o d i tav. 33, la scena, quasi mai dettagliata i n Panfilo, che predilige comunemente la
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tav. 33 • Panfilo Nuvolone, coli. priv.
contrapposizione semplice fra i l tondo nero e una monocromia del piano appena modi ficata a volte da un moderato accenno all 'ombra, conosca i l luminazioni e oscurità con la segnalazione di una quinta architettonica del muro. E uno stesso trattamento del piano, che sembra accentuare un valore atmosferico nel d i p i n t o d i tav. 32 che pure conosce una ben nota invadenza del piatto e dell'architettura dei f r u t t i .
I segnali che sembrano emergere da questa produzione del pittore cremonese inclinano a un rinnovamento di un impianto tradizionale, caratteristico di una sua prima produzione come di quello di Fede Galizia, basato sulla concentrata singolarità e compattezza del sistema oggettuale presentato; si vuol dire-che con queste opere di N u v o l o n e la fase arcaica della Natura morta lombarda cede i l passo all'amplificazione e alla diversificazione
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della scena, all'affermarsi ancora di una preminenza del fattore atmosferico come capace di modificare la verità «Ottica» o «formale del ritratto per la illustrazione di una sua «apparenza" legata all'istante, alla contingenza del momentaneo.
Ma questi caratteri (l 'amplificarsi e i l d i versificarsi della scena, l'espandersi dei soggetti , l'invadenza dell'atmosfera come capacità di definire i l «carattere» del rappresentato) fanno parte di una stagione successiva del
la natura morta, cui Panfilo N u v o l o n e probabilmente prelude o allude, ma di cui certamente non costituisce l ' interprete autentico. E su questa fase di transizione, fra vecchio immaginario e nuova sensibilità, che i l ragionamento riferibile al p r i m o tempo della natura morta in Lombardia può chiudersi, a dimostrazione ulteriore del carattere certamente non episodico che i l soggetto può conoscere nella prima metà del X V I I secolo.
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