Elaborazione del lutto, guida rapida

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Le slide utilizzate dal dottor Primo Gelati durante il webinar promosso dall'Ordine degli Psicologi della Lombardia a novembre 2014. L'argomento affrontato è trasversale all'attività clinica di molti psicologi: l'elaborazione del lutto.

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lutto, guida rapida.primo gelati

Il lutto è la reazione alla scomparsa di una persona amata

Anche se molti autori parlano di lutto in relazione alla perdita di qualunque oggetto significativo

(E non è necessario spiegare cosa si intende per oggetto)

Quindi oggi parlerò di lutto in relazione alla morte

Dal lutto si esce cambiati.Nel senso che si è diversi, almeno un poco.Se si ha l’illusione di non essere cambiati, allora è in atto una complicazione.

Per Freud il lavoro del lutto, nelle sue fasi di disinvestimento e di liberazione della libido, che viene alla fine reinvestita nel mondo…

Avviene in modo del tutto inconscio, faticosamente, dolorosamente, ma inconsciamente.

Allostesso modo le quattro fasi di Bowlby,* shock* struggimento e ricerca* disorganizzazione e disperazione* riorganizzazione…

E le cinque della Kubler-Ross:* negazione e rifiuto* rabbia* patteggiamento* depressione* accettazione

Si succedono senza che la persona possa in qualche modo intervenire: il loro superamento dipende, più o meno fortunosamente, dalle complesse dinamiche intrapsichiche della persona.

Di conseguenza il lutto si considera fatto quando si è conclusa la sua elaborazione, una elaborazione che sfugge al controllo di chi è in lutto…

Ma in questo modo la elaborazione del lutto è un concetto alquanto misterioso,

Nel quale potremmo cacciarci di tutto

Ed effettivamente ci hanno cacciato di tutto…

In ogni caso, possiamo affermare che l’elaborazione del lutto è un processo di adattamento alla perdita di una persona amata…

un processo quindi, una esperienza dinamica…

Ma anche un percorso normale, fisiologico

Su come avvenga questo adattamento, è questione su cui molti autori hanno dibattuto e dibattono…

Un flusso di emozioni ed affetti da cui ci si difende oppure ce ne si lascia pervadere

in ogni caso, insieme al dolore straziante per una perdita che viene avvertita come priva di senso…

C’è spesso la perdita di senso della propria vita…

Una perdita di senso che nessuna razionalizzazione è in grado di arginare…

Poiché l’attribuzione di senso è questione squisitamente personale…

Anche se frequentemente mediata da imponenti apparati filosofici o religiosi…

Il cosiddetto modello del processo dualedel lutto (Stroebe e Schut) illustra bene la continua oscillazione che le persone in lutto si trovano a sperimentare tra due poli…

Uno orientato a sperimentare il dolore della perdita, e l’altro teso ad evitare il dolore e quindi a negare la perdita…

È interessante il parallelismo (un po’ stiracchiato, lo riconosco) tra il Modello del Processo Duale (DPM) ed il Freud di Lutto e Melanconia:

la malinconia (l’adesività all’oggetto perduto, e quindi esperienza continua del dolore) e la mania (il rifiuto di riconoscere la perdita e quindi di sperimentare il dolore)

che Freud considera come tratti patologici del lutto,

Inconciliabili tra di loro,

Nel Modello del Processo Duale queste due disposizioni (Loss Oriented e Restoration Oriented), senza essere necessariamente patologiche, coesistono,

Alternandosi in una continua oscillazione, perfino nello stesso giorno, perfino più volte al giorno.

Entrambe sono necessarie ed anzi una certa dose di evitamento è giudicato indispensabile e viene incoraggiato…

Per inciso, se ci troviamo di fronte ad una certa «fissità» in una delle due polarità, se non c’è alternanza, allora siamo probabilmente in presenza di una patologia del lutto…

Questo modello (come quello di Worden, e come quello della Rando) prevede una certa, parziale, intenzionalità della persona in lutto nel collocarsi nell’una o nell’altra polarità…

a differenza di quello che prevedono i modelli a fasi, dove il dolente è quasi completamente passivo, immerso in un processo (l’elaborazione) che non governa

All’inizio l’intenzionalità è molto limitata ma, via via che passa il tempo, assume un valore sempre più marcato…

Anche perché le emozioni legate ai due poli si addolciscono, cessano di essere antitetiche e possono cominciare ad intrecciarsi: posso provare dolore mentre progetto un viaggio senza di lei…

Queste due polarità, però, quando rimangono estreme, sono alla base della cosiddetta patologia del lutto, qualunque forma assuma tale patologia:

*incapacità/impossibilità di sperimentare/confrontarsi con il dolore;*incapacità/impossibilità di tollerare la separazione.

Il risultato è comunque quello di non fare il lutto

Ma anche senza diventare patologia, l’intensità di questi due atteggiamenti può essere responsabile delle difficoltà a superare il lutto

Anche il modello elaborato da Worden(1991) prevede gradi di attività del dolente via via crescenti…ben illustrati nei quattro compiti che è necessario affrontare:

Accettare la realtà della perdita

Elaborare il dolore del cordoglio (fare esperienza del dolore)

Adattarsi ad un ambiente in cui non c’è più la persona che è morta

Stabilire una connessione duratura con lo scomparso, mentre ci si costruisce una nuova vita

In un tentativo di coniugare i modelli di taglio psicoanalitico con quelli cognitivo-comportamentali…

Theresa Rando teorizza sei processi:

*riconoscere la perdita*reagire alla separazione sperimentando dolore*recuperare ricordi e sentimente legati alla persona morta*lasciare andare gli attaccamenti eccessivi alla persona morta*riadattarsi ad mondo che è cambiato*reinvestire su nuove persone, relazioni, esperienze

Per inciso, il lutto si considera superato quando…

La persona scomparsa può essere trasformata in antenato, e…

…il pensiero del defunto suscita nostalgia anziché dolore e disperazione…

E si riesce a pensare senza disperazione a

QUELLO CHE E’ STATO

QUELLO CHE AVREBBE POTUTO ESSERE E NON SARA’

QUELLO CHE POTRA’ ESSERE

Come si manifesta il lutto

Una ricerca prospettica su circa 300 coppie per 18 mesi (Bonanno, Wortman & Nesse, 2004), ha individuato 5 modalità di affrontare il lutto:1) dolore “comune” 11%)”: incremento dell’atteggiamento depressivo e poi decremento,associato a buone capacità di copinge a ricordi positivi dello scomparso;

2) resilienza (46%): lieve atteggiamento depressivo per tutto il periodo,ricerca di significato non ossessiva, bassa tendenza all’evitamento, buon adattamento complessivo;

3) dolore cronico (16%): i picchi depressivi del dopo-morte permangono alti anche in seguito, la ricerca di significato è quasi ossessiva, rimpianto,

storia di dipendenza affettiva;

4) depressione cronica (8%): la depressione è precedente al lutto e prosegue anche dopo, l’evitamento è di grado elevato,molte difficoltà nella vita di tutti i giorni, bassa qualità di vita, ridottissima capacità di coping;

5) depressione migliorata (10%): la depressione presente prima del lutto migliora rapidamente fino a scomparire, bassa tendenza all’evitamento, buone capacità di coping, scoperta dei vantaggi

della vedovanza.

Fin qui non ho parlato di una componente che io considero essenziale nel processo del lutto, quella sociale

Una componente di solito trascurata dai modelli esplicativi del processo del lutto, in particolare da quelli psico-dinamici

Farò un breve accenno ad un elemento apparentemente secondario della componente sociale, ma che è stato per secoli determinante nel guidare le persone in lutto lungo il difficile cammino della elaborazione

Mi riferisco agli aspetti prescrittivi del lutto…

Prendiamo come esempio i cromatismi del lutto, diversi da paese a paese, da cultura a cultura, addirittura da valle a valle contigue…

«Nel caso della morte di un parente stretto, come un coniuge o un genitore, erano previsti due anni di nero, un anno bianco e nero, sei mesi di bianco e blu (con la facoltà di aggiungere il nero e il marrone ed il divieto del verde e del rosso) e sei mesi verde e blu (con la sola interdizione del rosso), arrivando così ad un periodo di quattro anni. L’uscita dal percorso di lutto era sancita dalla possibilità di tornare ad indossare il rosso.»

Serena Giusiano, Spazi e riti della morte a Torrette (Valle Varaita)

Curiosamente, per la morte di un figlio il periodo del lutto era inferiore:

«Per la morte di un figlio, ferme restando le interdizioni ed i permessi appena descritti, si osservava un anno di bianco e nero, sei mesi di bianco e blu e sei mesi verde e blu.», arrivando quindi ad un periodo di due anni…

In moltissime zone d’Italia, ancora ai primi del ’900, le donne dovevano vestire il nero integrale, portare il velo nero per tutto il primo anno dalla morte del marito e non mostrare alcun gioiello all' infuori della fede nuziale e del medaglione con il ritratto del defunto.

Nei sei mesi successivi dovevano usare abiti bianchi e neri o bianchi e blu scurissimo, o magari solo bianchi in estate; potevano però portare i gioielli "da lutto", in genere in onice nera e giaietto o perle (bianche, non rosate).

Per tutto il primo anno non si dovevano frequentare cerimonie nuziali balli, feste, ritrovi di alcun genere, eventi ludici o teatrali. Nei sei mesi successivi, o "di mezzo lutto", potevano partecipare solo a feste in famiglia, tra parenti stretti (sempre esclusi i matrimoni), oppure a funerali e ritrovi di carattere religioso (escluse le processioni).

Gli uomini dovevano vestire in nero e nero e grigio per tutto il primo anno, passando poi alla fascia nera sul braccio nei sei mesi successivi. Anche per loro feste, balli e ritrovi erano considerati "sconvenienti" per tutti i diciotto mesi.

Tutte queste regole così evidenti di comportamento non avevano solo un aspetto coercitivo ma, soprattutto, ne veicolavano uno fortemente liberatorio…

Infatti, una volta passato il periodo prescritto, tutto poteva di nuovo essere fatto, e si poteva tornare a vivere normalmente…

nelle prescrizioni del lutto c’è dunque la doppia cifra del dolore e del tempo necessario per la sua risoluzione…

Ed arriviamo alla questione del tempo, così centrale e al tempo stesso così sfuggente, poco classificabile…

Freud lo riteneva centrale, nel percorso di elaborazione…

Ma possiamo davvero considerare che il trascorrere del tempo, il semplice trascorrere del tempo sia così determinante per il lavoro del lutto?

In realtà il tempo è un contenitore dentro cui accadono dei processi che possono, almeno in parte, essere governati.

Quiesti processi sono quelli descritti nel Modello del Processo Duale

La loro governabilità dipende da molti fattori, vediamone solo alcuni…

Qualità della morte (attesa; improvvisa; traumatica; serena; prematura; etc.)

Ruolo, aspettative ed investimenti del sistema familiare su chi è morto…

Qualità dei rapporti..

Strategie di coping per i lutti precedenti, e…

Risorse personali

Possiamo quindi immaginare quali possono essere i fattori di rischio per la risoluzione del lutto…

Lutti multipli, recenti, nella storia familiare…

Dinamiche familiari alterate e/o conflittuali…

Povertà o inadeguatezza di supporto sociale

Perdite multiple nella storia familiare

Precedenti psicopatologici; tendenza all’abuso di sostanze; tendenza alla somatizzazione; etc.

Quindi, fatte le valutazioni del caso, gli opportuni approfondimenti e le necessarie contestualizzazioni, e stabilito che quella persona, oppure quella famiglia, sono in una situazione di lutto difficile e/o complicato, e che è utile sostenerle e accompagnarle…

Che fare?

Oggi non parleremo però di lutti molto particolari come per esempio quelli in seguito a suicidio, per i quali vi rimando a

Laura Turuani, "Non saprò mai perché. Sopravvivere al suicidio di una persona cara" in Pietropolli Charmet G., Piotti A. (a cura di), Uccidersi. Il tentativo di suicidio in adolescenza,

Oppure quelli traumatici (omicidio, catastrofe, etc), per i quali vi rimando all’ormai ampia letteratura della Psicologia delle Catastrofi..

Parleremo di lutti normali: un genitore, un coniuge, un figlio, una persona amata che muore dopo malattia, oppure improvvisamente per un qualche accidente del cuore o del cervello o della strada…

Quindi, che fare?

Senz’altro ci soccorrono i compiti di Worden,

Accettare la realtà della perdita

Elaborare il dolore

Adattarsi all’ambiente

Stabilire una connessione duratura con lo scomparso

E i possibili percorsi suggeriti dal Modello del Processo Duale…

Ed anche le strategie narrative indicate da Neimeyer, nel tentativo di integrare nella narrazione del proprio percorso esistenziale anche la morte, così che la morte stessa possa assumere un nuovo significato, magari evolutivo...

Ma io, accanto a queste pur utili modalità, vorrei suggerirne una che, nel recuperare una componente quasi perduta del lutto, quella rituale, possa restituire alla persona una traccia inconfondibile per organizzare il proprio percorso di lutto…

Mi riferisco ai divieti ed ai permessi…

Cercando di restituire un ruolo attivo a che deve affrontare una delle prove più difficili della vita.

E di solito inizio con la domanda: «quanto è grande questa tomba dentro di lei?Una domanda che costringe il paziente a confrontarsi con un mondo interiore desolatamente privo di senso e, nello stesso tempo, legittima la sua sofferenza: nessuno gli dice che sta sbagliando qualcosa…

Una volta ottenuta la risposta, magari espressa graficamente:

Ed averla valutata insieme al paziente, analizzando le cose e le esperienze che le dimensioni della tomba interiore impediscono di fare e provare ma anche quelle che invece testimoniano l’amore e la gratitudine (senza dimenticare rabbia, paura, etc.)…

Si può passare alla seconda domanda:«E quanto invece dovrebbe essere grande?»

Cercando di negoziare sulle dimensioni, rispettando la fedeltà al proprio dolore (che per il paziente è fedeltà tout-court al defunto), ma ottenendo infine una dimensione ragionevole del sepolcro interno…

«E quanto tempo pensa sia necessario per arrivare a questo risultato?»Di solito il paziente non sa o non se la sente di rispondere. Non è necessario rispondere al suo posto, dato che nemmeno noi lo sappiamo né vogliamo stabilire un tempo giusto nel quale il paziente potrebbe sentirsi inadeguato…

Più semplicemente osserviamo come sia più semplice scandire questo tempo ancora incerto con delle manifestazioni esteriori del dolore, manifestazioni che solo il paziente (ed il terapeuta) conosce.Il tentativo terapeutico, piuttosto evidente, è quello di portare fuori da sé quello che è stato finora tutto interno…

E si può cominciare proprio dai cromatismi, decidendo che per sei mesi il paziente non dovrà indossare abbigliamento del colore da lui preferito…salvo eccezioni

Quali possono essere queste eccezioni, lo si concorderà con il paziente. Il significato è quello di stabilire che al dolore possono esserci eccezioni.

L‘esperienza emotiva riportata dal paziente durante le eccezioni saranno utilissime per calibrare gli interventi successivi, come per esempio accorciare o allungare i tempi dei divieti…

Allo stesso modo si potrà concordare quali sono le cose che il paziente si vieta di fare per un periodo di tempo, e quali sono invece quelle che si permette…

Sempre tenendo presente la progressiva riduzione delle dimensioni della tomba interiore…

«Doug, ci sono persone che intristiscono

giovani. Non c’è una ragione specifica, nascono così. Si fanno un livido più degli altri, si stancano in fretta, si lagnano prima, ricordano più a lungo; come conseguenza, te l’ho già detto, intristiscono nel fiore degli anni. Lo so per esperienza, perché io sono uno di loro..» [ Ray Bradbury – L’estate incantata]

Il mio indirizzo e-mailprimogel@yahoo.it

Bibliografia:-Worden JW. Grief counseling and grief therapy. A Handbook for the

mental health practitioner. New York, Springer, 1991-Kubler-Ross E. On death and dying. Chicago, 1965. Tr. It., La mortee il morire. Cittadella, Assisi, 1976-De Martino E. Morte e pianto rituale nel mondo antico. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria. Bollati Boringhieri, Torino, 2008 -Stroebe M., Hansson R O., Schut R., Stroebe M. (2008), Handbook of bereavement research and practice, American Psychological Association, Washington D.C.-Bowlby J., Attaccamento e Perdita, Tr. it. Bollati Boringhieri-Therese Rando, How To Go On Living When Someone You Love Dies, Bantam Reprint edition (1991)