Post on 16-Sep-2018
IL PROTORAZIONALISMO
Prof. Raffaele Giannantonio
A.A. 2017-2018
CORSO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA Ia
Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti e PescaraDIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA
Con Protorazionalismo s’intende il periodo della storia dell’architettura che va dagli anni Dieci
del ‘900 alla fine della WW1. Esso si distinse dall’Art Nouveau, in quanto attuò una notevole
riduzione geometrica, accogliendone tuttavia la problematica socio-culturale che sviluppò nel
settore delle arti applicate, nella tecnologia edilizia e nell’urbanistica.
IL PROTORAZIONALISMO
Edoardo Persico, a proposito del palazzo Stoclet
costruito da Josef Hoffmann a Bruxelles afferma che
l’edificio costituisce l’affermazione del
Protorazionalismo in quanto «è la conclusione di un
lungo processo del gusto; un’opera rappresentativa
per la stessa assenza di quel “genio” che segna
invece le opere di un Otto Wagner». Edoardo Persico (1900-36)
Non riuscì a sfociare nel
Razionalismo degli anni
’20-’30 perché non fu in
grado di assorbire
l’apporto delle
Avanguardie figurative
che avevano trasformato
radicalmente la
concezione e la
rappresentazione
dello spazio.
È il critico italiano
Edoardo Persico ad usare
per primo il termine
“Protorazionalismo”
IL PROTORAZIONALISMO: I FATTORI INVARIANTI
Aderisce alla geometria
dei prodotti meccanici
Per sostituire l’ornamento
Art Nouveau ripropone il Classicismo
Acquista un accento nuovo grazie
alla capacità di sintesi espressiva di Wright e grazie
all’apporto delle Avanguardie: nuovi significati
Prosegue la tendenza all’”astrazione”
enunciata dall’Art Nouveau (Mackintosh)
Il Protorazionalismo è uno stile fortemente riduttivo
«Poiché l’ornamento -
non è più
organicamente
connesso con la nostra
cultura, non è più
neppure l’espressione
della nostra cultura.
L’ornamento che oggi
viene prodotto non ha
nessun rapporto con
noi, non ha in generale
nessun rapporto
umano, nessun
rapporto con l’ordine
cosmico. Non è
suscettibile di sviluppo
(...)».
«Il difensore dell’ornamento crede che il mio bisogno di semplicità equivalga ad una mortificazione
della carne. No, egregio professore della scuola d’arte, io non mi mortifico! Mi piace più così. I piatti
spettacolari dei secoli passati, che mettono in mostra ogni genere d’ornamenti per far apparire
saporiti i pavoni, i fagiani e i gamberi, su di me producono l’effetto contrario. Provo ribrezzo quando
passo davanti ad un’esposizione di arte culinaria e penso che dovrei mangiare queste carcasse di
animali ripiene. Io mangio roastbeaf».
Adolf Loos, da Ornamento e delitto (1908)
Con Adolf Loos la
semplificazione delle
forme, il loro affrancarsi
dallo spirito decorativo
proprio della Secessione
viennese, si traduce in
lotta allo spreco e al
superfluo acquistando
pertanto un accento
morale ed una precisa
connotazione sociale.
ADOLF LOOS (1870 – 1933)
1903,
esce la rivista
“L’Altro”
(“Das
Andere”), “un
periodico per
l’introduzione
della civiltà
occidentale in
Austria”
Adolf Loos, Parole nel vuoto, saggi del
1897-1900 pubblicati nel 1932
Sotto il profilo progettuale, tutte le opere più famose di
Loos sono la dimostrazione di due principi fondamentali:
a) la lotta ad ogni forma di decorazione per realizzare una
economia di natura «estetica» e per una sociale
avversione allo spreco;
b) La tendenza a dimostrare l’indipendenza
dell’architettura dalle altre forme d’arte figurativa,
puntando al suo specifico spaziale, alle proprietà figurative
insite nella natura dei materiali: le venature dei marmi, le
fibre del legno, il colore degli stucchi, ecc.
ADOLF LOOS: IL CONCETTO DI RAUMPLAN
Per quanto concerne la
conformazione degli
spazi interni, Loos fonda
la sua progettazione sul
principio del “Raumplan”
secondo il quale gli
ambienti
planimetricamente più
ampi richiedono
un’altezza maggiore degli
ambienti contigui aventi
una pianta più piccola
ADOLF LOOS: IL CONCETTO DI RAUMPLAN
Sezione Villa Müller
“La mia architettura non è concepita come piani, ma come spazi. Io
non disegno piante, facciate, sezioni.
Per me non c’è il piano terreno, il primo piano, eccetera.
Per me ci sono solo spazi continui e contigui, stanze e antistanze,
terrazzi, e così via. I livelli si fondono e gli spazi si relazionano tra loro.
Ogni spazio necessita di una differente altezza: la stanza da pranzo è
certamente più alta della cucina e della dispensa, di conseguenza i
soffitti sono a livelli diversi.
Legare questi spazi in modo che il salire e lo scendere siano non solo
impercettibili ma anche pratici: in questo io vedo ciò che per altri è il
grande segreto, mentre per me è solo una logica conseguenza.
(…) È proprio questa interazione e austerità spaziali che sono stato
capace finora di realizzare meglio nella casa del Dottor Müller”.
Adolf Loos, Trascrizione di una intervista concessa a Plzeň (Pilsen) nel 1930
Il Raumplan
L’ATTEGGIAMENTO VERSO LA TECNICA - PERRET E GARNIER
Il carattere “prosastico” e non “poetico” del
Protorazionalismo si fonde con il
nuovo atteggiamento verso la tecnica.
Se l’architettura degli ingegneri aveva risolto l’arte
nella tecnica e se l’Art Nouveau aveva tentato di
“piegare” i prodotti della tecnica alla fantasia
dell’artista, il Protorazionalismo, che coincide con la
diffusione del cemento armato, sfrutta le possibilità dei
materiali per raggiungere il suo programma
semplificatorio e della massima economia.
AUGUST PERRET
Il contributo di Auguste Perret al
Protorazionalismo sta soprattutto
nell’aver acquisito all’architettura la
tecnica del c.a. come aveva fatto
Horta con la tecnica del ferro.
Ma mentre nell’Art Nouveau la
struttura metallica veniva “piegata” al
gusto, in Perret è l’architettura ad
adeguarsi alla struttura del c.a.
Perret è tra i primi costruttori a
tradurre in elementi lineari la plastica
fluidità del c.a. ed il primo a trarre da
questo procedimento il massimo
effetto architettonico.
Ma quando i vuoti del telaio non
vengono chiusi da ampie vetrate,
Perret usa elementi di un dato gusto.
Pertanto, a differenza di Loos, non
abbandona la “decorazione”
TONY GARNIER (1869-1948)
Tony Garnier fornisce un’altra versione del
Protorazionalismo: quella per cui
ogni opera architettonica s’inquadra in un
programma urbanistico
TONY GARNIER
Anche in Tony Garnier troviamo il solito limite
dell’ispirazione classicista comune a tutto il
Protorazionalismo, anzi si direbbe che in lui manchi
l’intenzione stessa di ricercare un nuovo linguaggio.
Le sue opere di architettura sono tessere pazienti di un
mosaico urbanistico non storicista (Sitte), non
sociologico (Howard), non negatore della città stessa
(la città-giardino o la Brodoacre city
di Frank Lloyd Wright).
Egli infatti affronta il suo compito con la mentalità
dell’architetto che colloca le sue opere in un piano più
vasto che a sua volta si sostiene sulla realtà di tali
opere, saldandosi architettura e urbanistica
in un tutto unitario.
LA GERMANIA: BEHRENS ED IL DEUTSCHER WERKBUND
Nel 1907, su iniziativa di Hermann Muthesius,
dell'imprenditore Karl Schmidt e del politico
liberale Friedrich Naumann.il viene fondato a
Monaco di Baviera il DWB che raccoglie
produttori, artisti, uomini di cultura. Il
programma del DWB è di “nobilitare il lavoro
artigiano, collegandolo con l’arte e con
l’industria”. Tale programma risulterà ancora
incerto fra industria e artigianato, risolvendosi
in un generico richiamo al “Lavoro di Qualità”.
DEUTSCHER WERKBUND
Walter Grophius Peter Behrens
Bruno Taut
Henry van de Velde
Typisierung - Standardizzazione
Kunstwollen - Volontà di forma
PETER BEHRENS
Emil Rathenau
Walter Rathenau
(figlio di Emil)
I fase:
II fase:
AEG
PETER BEHRENS: LA FABBRICA DI TURBINE AEG DI BERLINO
Karl Friedrich Schinkel: “La rappresentazione dell’ideale della funzionalità
determina il valore artistico dell’opera”
P.BEHRENS: Fabbrica dei materiali ad alta tensione AEG, Berlino-Wedding
Il Protorazionalismo tedesco anticipa quasi tutta la tematica di
fondo socioculturale e politica del Razionalismo, ma il suo
specifico apporto sta nell’aver assunto come fattore positivo la
“quantità”.
Grazie al Protorazionalismo si comincia a parlare esplicitamente
di fenomeni che fino a qualche anno prima sembravano
contraddizioni in termini: “Bellezza oggettiva”, “Lavoro di qualità”,
“Standardizzazione”, “Stile-macchina”.
Si tratta non più di espressioni metaforiche ma di termini del
linguaggio comune dell’architettura che indicano una valenza
estetica tra le più tipiche del nostro tempo, per cui non si
riconosce qualità e “bellezza” di un edificio o di un oggetto d’uso
se questo non è, almeno potenzialmente, quantificabile.