Bellezza, arte e geometria sacra

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Uno studio sul concetto di "bello" e sull' arte sacra. In appendice "Principi di arte islamica".

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Bellezza, arte e geometria sacra

“Da dove viene la bellezza che risplende sulla faccia della Terra e da

dove la sua assenza?” Titus Burckhardt

Cos’è la bellezza?

• Perché certe cose (non solo opere d'arte, ma anche pietre, piante, animali, forme geometriche...) sono giudicate più belle di altre?

• ... la bellezza non è un bisogno, ma un’estasi. Non è una bocca assetata, né una mano vuota protesa, ma piuttosto un cuore bruciante e un’anima incantata.

Non è un’immagine che vorreste vedere né un canto che vorreste udire, ma piuttosto un’immagine che vedete con gli occhi chiusi, e un canto che udite con le orecchie serrate. Non è la linfa nel solco della corteccia, né l’ala congiunta all’artiglio, ma piuttosto un giardino perennemente in fiore e uno stormo d’angeli eternamente in volo.

... la bellezza è la Vita, quando la Vita disvela il suo volto sacro. Ma voi siete la Vita e siete il velo.

La bellezza è l’eternità che si contempla in uno specchio. Ma voi siete l’Eternità e siete lo specchio.

KAHLIL GIBRANSulla Bellezza

La teoria dei numeri

• C’e’ un numero che, se e' contenuto in un’ immagine (ma pure nella musica) secondo alcuni la rende preferibile alle immagini in cui manca tale numero.E’ il Phi (1.61803) e nasce da un rapporto particolare (1+ radice di 5/2)

• E’ la SEZIONE AUREA.

Bello e arte per i greci

• Per i Greci l’arte aveva a che fare con l’intelletto e non con la sensibilità.

• L’estetica antica inserisce l’arte fra le competenze tecniche ed artigianali, i cui prodotti sono destinati ad una fruizione prevalentemente pubblica entro spazi istituzionali come feste e riti religiosi.

Kalón

• La parola kalón, “bello”, aveva un significato più ampio: comprendeva non solo ciò che risultava gradito all’occhio e all’orecchio, ma anche qualità del carattere e della mente umana.

• Gli antichi mantengono separate la sfera del bello e la sfera dell’arte e conferiscono alla bellezza un fondamento ontologico, per ricercarne conseguentemente le manifestazioni nella natura e, in particolare, nel corpo dell’uomo, il più nobile e alto fra gli esseri naturali.

• L’uomo è in grado di esprimere la sua bellezza, oltre che nella proporzione delle forme fisiche, anche nella dignità dei comportamenti pratici:da qui deriva il forte legame fra bello e buono, che nella Grecia classica trova la sua espressione suprema nell’ideale della kalokagathía.

La ricerca delle proporzioni

• Per Platone la bellezza doveva essere atemporale, perfetta e per questo era parte costitutiva delle Idee: l’origine di tutte le cose. Però anche la bellezza platonica aveva delle limitazioni: “Nulla è bello senza proporzione”. 

• Nessuna manifestazione appartenente alla Grecia Antica mancava di proporzione, tutto era sviluppato per mostrare un ideale di bellezza che imperò per molti altri secoli in Europa, un canone di simmetria ed estensione, di ordine e limite.

Armonia pitagorica

• La teoria che la bellezza di un insieme consiste nella proporzione tra le parti che lo compongono ha la  sua prima formulazione con i pitagorici per i quali a fondamento della realtà c’è il numero. Secondo Filolao, allievo di Pitagora, l'armonia può essere definita come «l'unificazione del diverso» e ciò che «rende concorde il discorde» (concezione dialettica della bellezza).

• Bellezza è:• 1.     l’armonia, rilevabile nell’equilibrio

cosmico;• 2.     la simmetria, cioè misura appropriata;• 3.     l’euritmia, cioè ritmo esatto e dalle

corrette proporzioni.• Tutto ciò è riassumibile nel concetto

di kósmos, che si riferisce alla bellezza di un oggetto dovuta alla perfezione della sua struttura in ragione della proporzione della sue parti.

Kósmos e mimesis

• Fin dall’età arcaica l’opera d’arte è concepita come un insieme composito di elementi che rappresentano la riproduzione di un ordine esterno e che generano piacere e ammirazione.

• Aristotele: l’ uomo si caratterizza per un impulso a riprodurre in termini di kósmos 

• Tale impulso riproduttivo viene da lui definito come mímesis.

L’ arte per la Philosophia Perennis

• L’arte è mimesis ovvero imitazione della realtà in senso lato (non solamente ciò che appare ma anche ciò che pur «essendo» non appare, il possibile).

• La mimesis artistica è idealizzazione, non imitazione di cose e di fatti concreti, ma di universali, non ha il significato di copia e non ricerca l’uguaglianza o la somiglianza con la cosa imitata, è piuttosto imitazione della sua forma immateriale e ideale.

• Teoria platonica: la realtà del mondo è già essa stessa mimesis  umbratile della vera essenza quindi l’arte non è altro che «imitazione di un’imitazione», ovvero «tre gradi lontana dal vero»; compito dell’artista è annullare questi gradi che creano distanza e far sì che la sua arte sia mimesis non delle cose ma delle idee che formano le cose.

• Un arte che riproduce delle «idee eterne» e dei simboli che sono intellettualmente primordiali è un’arte che non può appartenere ad una corrente, ad uno stile; (...) un ritorno a dei principi primi che non dipendono da nessuna epoca in quanto essendo espressione di universali sono essenzialmente atemporali(...) Quest’arte non può dirsi neppure Orientale oppure Occidentale, categorie che, seppur vere e definite, appartengono già al tempo, al limite quest’arte può appellarsi ad entrambe. (Ananda Coomaraswamy) 

• “Se l’arte ha potuto esser detta linguaggio universale non è perché le facoltà di sensazione di tutti gli uomini permettono loro di riconoscere quel che vedono (…) ma a causa del simbolismo adeguato mediante il quale il suo significato si esprime”, simbolismo che in ultima analisi risale “fino alla «Tradizione universale e unanime» della quale sant’Agostino ha parlato come di «una Saggezza che non è stata ‘fatta’, ma che è ora quella che sempre è stata e che sempre sarà»” . (Ananda Coomaraswamy) 

Arte e Contemplazione 

• Il lavoro dell’artista deve, innanzi tutto, servirsi della «contemplazione»; di fronte a lui non ha il modello ma un’immagine mentale che corrisponde al risultato della sua «contemplazione» ormai privo di «particolari sensibili» ma arricchito di «prototipi intellettuali».

• Il lavoro dell’ artista non dipende dalla sua individualità ma dalla «contemplazione» di una realtà che la supera; attualmente invece vengono considerate opera d’arte il frutto esclusivo della propria individualità caricata di un fardello sentimentale e psichico.

• L’arte non ha bisogno di «geni» perché gli artisti non devono esprimere se stessi ma delle «idee eterne» dei prototipi che non gli appartengono in quanto individui.

Realtà geometrica

• La Philosophia perennis riconosce la struttura geometrica interna della natura.

• Proclo, l'interprete degli insegnamenti di Platone e dei Pitagorici, scrive che le scienze sacre nacquero dal riconoscimento della corrispondenza tra cose naturali e divine.

• S. Agostino, influenzato da Platone e dai Neoplatonici, afferma che la funzione della geometria nell’arte e nella musica, giace nei suoi aspetti analogici, ovvero in ciò che ha l’abilità di condurre la mente dal mondo delle apparenze alla contemplazione dell’ordine divino velato. La vera bellezza,dice , è ancorata nella realtà spirituale (non-fisica).

• Quando le forme fisiche sono create, nella pittura, nell’architettura o nella musica, secondo una corrispondenza ai principi divini, il risultato è la bellezza. Questa idea, assieme alle leggi della geometria, divenne il tema centrale e l’impulso motivante che fu dietro al grande Rinascimento in Europa.

Le cattedrali

• Le grandi cattedrali furono erette su questi principi. Gli artisti creavano echi acustici e visivi di perfezione metafisica, seguendo la scienza del numero e della proporzione armonica.

• L’idea era quella di produrre il “simbolo del regno di Dio sulla terra”.

• Di fatto il tempio era, secondo la tradizione, il luogo dove "è" la "Presenza" della divinità, la casa di Dio.

• "Per i popoli sedentari, l'arte sacra per eccellenza è la costruzione di un santuario, dove lo Spirito divino, abiterà. In tal luogo l’uomo si sottrae allo spazio e al tempo, giacché qui e ora Dio è presente nell’uomo. Questo fatto si esprime nella forma del tempio: indicando i punti cardinali, la forma ordina per così dire lo spazio in rapporto al suo centro. Essa è la sintesi del mondo: tutto ciò che nell’universo è in incessante movimento, l’architettura sacra lo traspone in forma permanente”. (Titus Burckhardt)

Sintesi di spazio e tempo

• La rappresentazione simbolica dello spazio, la dimensione terrena, è rapportata al quadrato (o rettangolo); sul piano tridimensionale alla "terra" sono rapportati i solidi che si sviluppano dalle suddette forme geometriche, cioè cubo e parallelepipedo 

• La dimensione celeste – intesa come volta celeste o come insieme delle sfere celesti che ruotano attorno alla terra – è connessa alla figura del cerchio e, sul piano tridimensionale, alla sfera, alla cupola o alle parti concave in generale (es: abside).

• Il simbolismo cosmico della chiesa era anche realizzato, sul piano costruttivo, seguendo criteri precisi per le proporzioni delle varie parti dell’edificio.

• Le proporzioni di una chiesa erano date dalla divisione di un cerchio per cinque oppure per dieci secondo il metodo pitagorico, che i costruttori cristiani avevano ereditato dai collegia fabrorum.

Arte religiosa e arte sacra

• La prima rappresenta soggetti che appartengono alla storia della religione, la seconda, al contrario, può raffigurare ogni cosa perché non è il soggetto ma è il modo e il metodo che la rende «sacra».

Arte Cristiana e Arte Orientale

• L’artista costruisce qualcosa di utile, che si usa. Nella filosofia che stiamo esaminando, solo la vita contemplativa e la vita attiva sono riconosciute umane. La vita dedita al solo piacere è subumana. L’artigianato, la pratica di un’arte, non è solo la produzione di cose utili ma l’educazione dell’uomo nel senso più alto.

• Nella visione tradizionale dell’arte, cristiana e orientale, non esiste la distinzione tra un’arte bella e senza scopo e l’opera utile. Non c’è distinzione di principio tra un musicista e un falegname, ma solo tra cose ben fatte contro ciò che non lo è.

Ars sine scientia nihil

• Come per gli umanisti e gli individualisti, noi riteniamo che l’arte sia espressione personale e sentimentale, che sia questione di preferenze e libera scelta, completamente separata dalle scienze matematiche e dalla cosmologia.

• Gli artisti medievali, invece, non erano “liberi” di ignorare la verità. Per essi, Ars sine scientia nihil.

• Gli “invisibili attributi di Dio” (cioè le idee o l’ordine eterno delle cose) devono essere conosciute nelle “cose fatte” per l’uomo, non solo quelle create da Dio, ma quelle create dall’uomo per sé stesso.

• L’ architetto indiano, si diceva, visitava il paradiso per prendere nota delle forme che là dominavano l’architettura e imitarle quaggiù. Tutte le architetture tradizionali, infatti, seguono uno schema cosmologico.

• Non è con l’osservazione delle cose esistenti, come disse Agostino, ma delle loro idee, che conosciamo come dovranno essere le cose che ci accingiamo a creare. Colui che non vede vivide e chiare altre cose che quelle che l’occhio mortale può vedere, non vede in modo creativo.

L’ anonimato

• La lavorazione è un rito, in cui il celebrante non cercherà mai di esprimere se stesso.

• L’opera d’arte tradizionale, cristiana, orientale o popolare, raramente è firmata: l’artista è solitamente anonimo o, se il suo nome è stato tramandato, conosciamo poco o nulla di lui.

• Ciò appartiene a una cultura dominata dall’anelito a liberarsi di sé stessi.

• E’ forse possibile per i cristiani considerare alcuna opera “propria” quando lo stesso Cristo ha detto “non agisco per me stesso”, o per un Hindu, se Krishna ha detto: “Il Conoscitore non può possedere il concetto di ‘io sono l’agente’”, o per i buddisti, ai quali è stato insegnato che dire “l’ho fatto io è il pensiero di un uomo non adulto”?

• E’ in queste condizioni che fiorisce un’arte davvero vivente, diversa da quella che Platone definisce l’arte della lusinga; e quando invece l’artista sfrutta la propria personalità e diventa esibizionista, l’arte incontra un inevitabile declino.

• (Ananda Coomaraswamy) 

Principi di arte islamica

• Il principale promotore in Occidente dell’arte islamica quale categoria specifica di arte fu Titus Burckhardt (Ibrāhīm ‘Izz al-Dīn).

• Tutta l’arte prodotta nel mondo islamico – dalla nascita dell’Islam fino a circa 150 anni fa, con l’inizio della colonizzazione occidentale – era arte islamica.

• Durante il Medio Evo, la situazione in Occidente era molto simile: si poteva distinguere l’arte spagnola dall’arte francese o inglese, ma tutte erano frutto della civiltà cristiana.

Le forme dell’ arte

• L’arte islamica possiede i propri principi. Il tipo di arte sviluppato in ogni civiltà dipende dalla struttura della religione che crea questa civiltà.

• Nell’Islam (come nel lontano Oriente) l’arte della calligrafia è fondamentale, mentre non si è mai sviluppata la scultura, a causa di certe prescrizioni religiose. Quanto alla pittura, i musulmani la praticarono in un modo molto differente da quella occidentale.

Quesiti di fondo• Perché il vuoto rappresenta una delle principali

caratteristiche delle moschee? • Perché il vuoto equivale alla plenitudine

nell’architettura islamica? • Perché il suolo è più importante nella civiltà islamica

che in qualsiasi altra civiltà, ad eccezione di quella giapponese?

• Perché i musulmani hanno sviluppato l’arte del tappeto?

• Perché è cosi importante la terra? • Perché, in definitiva, la fronte del Profeta

toccava il suolo quando si inchinava davanti al Trono Divino. Le preghiere quotidiane vengono realizzate sul pavimento; per questo la terra è sacra.

• I principi che dominano l’arte islamica e la filosofia della bellezza che la governa, proviene direttamente dal Corano e dagli hadith.

• Non esiste nessun libro islamico sulla filosofia della bellezza o la modalità di produrre opere. Nessuno sa come vennero costruiti il Taj Mahal o le moschee di Badshahi e Isfahan, poiché si tratta di una tradizione trasmessa per via orale di generazione in generazione attraverso confraternite di artigiani e artisti, fratellanze connesse infine con la  arīqahṭ  o via esoterica.

Il principio del tawhid

• Il primo e più importante è il tawhid, la dottrina dell’unità. Ogni arte islamica autentica deve riflettere l’Unità Divina.

• Vi è un centro. Un centro il quale si esprime nell’architettura, nella calligrafia, nelle miniature e nella tessitura dei tappeti e che è un riflesso del tawhid.

• Esclusione di ogni forma di idolatria.• Ad ogni modo il tawhid agisce nell’arte islamica

attraverso vari livelli;  integrazione; assenza di tensione tra le forme e elementi artistici; stato di concentrazione mentale; mancanza di dispersione da parte del testimone dell’opera d’arte, ecc.

Allah è bello e ama la bellezza

• C’è un famoso detto che recita: “In tutte le cose esiste un segno che rende testimonianza della Sua Unità”.  Al-jamāl (la bellezza) è una condizione assolutamente essenziale per la creazione di qualsiasi forma artistica che sia islamica.

Il principio del jamāl

• Il secondo principio è, dunque, quello del jamāl, la bellezza. Un hadith definisce l’arte islamica nell’insieme della civiltà islamica: “Allāhu jamīlun iu ibu ‘l-jamālḥ ”

• La bellezza è reale, e la bruttezza irreale. Vivere nella bruttezza è vivere nell’illusione, nell’irrealtà. La bellezza si oppone a gran parte dell’arte moderna, la quale mostra la bruttezza e il male.

Il vuoto

• "Ero un tesoro nascosto ed amavo essere conosciuto, così ho creato il mondo affinché potessi essere conosciuto"- hadith qudsi.

La moschea

• Ciò che caratterizza la moschea è il vuoto, la mancanza di qualsiasi punto che possa esser preso come centro della presenza divina. Ogni elemento segnala in sé stesso la presenza divina, senza necessità di un oggetto, di una pietra, di una pittura o di un’immagine che rappresenti direttamente questa presenza.

• L’ insistenza sull’Uno (al-Ahad) è il segreto della ricchezza dei disegni dei matematici nell’arte islamica e l’origine dell’incredibile sviluppo della geometria e degli arabeschi; quindi, dalla prospettiva islamica, la forma geometrica è una rappresentazione del mondo celeste.

• La filosofia islamica assimila l’idea pitagorica delle scienze matematiche. La geometria e le scienze matematiche rappresentano il mondo intellegibile, gli archetipi attraverso i quali Dio creò il mondo fisico.

• I disegni geometrici e i modelli matematici non hanno fini meramente decorativi, ma sono un mezzo per ricordare Dio, il centro che è sempre presente e che è una prova o una dimostrazione del famoso versetto coranico: “Ovunque vi voltate, lì è il Volto di Dio” (2: 115).

• Il “realismo” nell’arte islamica e’ inteso nel suo senso filosofico più tradizionale: “rimanere fedele alla natura della realtà”. La pittura islamica cerca di evitare di ingannare sé stessa e il suo pubblico, ovvero far apparire qualcosa ciò che non è, eludendo l’uso delle tre dimensioni.

• Le tre grandi tradizioni miniaturistiche del mondo islamico – quella mongola, quella persiana e quella turca – hanno sempre utilizzato le due dimensioni, e appena comparirono in India le rappresentazioni tridimensionali attraverso i pittori olandesi, si produsse la decadenza della grande tradizione miniaturistica mongola.

L’irrilevanza del mondo

• Questo principio si basa sul versetto coranico più importante e la prima shahādah (dichiarazione di fede): lā ilāh illa Allāh (non vi è altra divinità al di fuori di Dio). Questa dichiarazione di fede può essere compresa ad ogni livello, dall’interpretazione più antropomorfica e popolare fino ad una comprensione più profonda e metafisica la quale afferma  che non vi è realtà ad eccezione di Allah.

• Artisticamente lā ilāh illa Allāh significa svuotare tutte le cose al di fuori di Dio della loro realtà relativa e ricondurre ogni realtà a Dio.

• E’ per questo che tale vuoto è pienezza per l’anima del musulmano.

• Il vuoto genera faqr, povertà, nel senso spirituale della parola. Anche gli edifici più suntuosi del periodo safavide o mongolo, che sembrano essere così esuberanti – alcuni di essi con disegni d’oro, ecc. – non possiedono un lusso completamente mondano. La geometria, l’arabesco, i principi di intelligibilità e l’assenza del naturalismo controllano sempre questa esuberanza e lusso.

Contro l’individualismo

• L’arte islamica è sempre stata non-individuale.

• I principi trascendono gli individui. • L’arte nel mondo islamico era anche una via di

realizzazione spirituale. Molte delle persone che praticano la calligrafia, l’architettura, ecc., hanno aderito anche ad una disciplina spirituale. Si tratta di un’unione tra gilde artistiche e ordini sufi, nel mondo islamico, che ancora sopravvive.

• Nell’Islam l’originalità ha sempre significato ritornare all’origine, non proiettare il proprio ego. Questa è anche la ragione per la quale non esiste nessuna divisione tra arte secolare e arte religiosa nell’Islam.

La gerarchia delle arti

• Cristianesimo: la pittura religiosa occupa un posto elevato.

• Induismo: sono molto importanti le statue delle divinità.

• Islam: le arti più elevate sono relazionate con la Parola di Dio, la più alta forma di arte è quella della recitazione del Corano, salmodiare il Corano.

• Vi sono due arti visive che sono particolarmente relazionate con l’arte coranica. La prima è la calligrafia, la seconda è l’architettura, la creazione di luoghi nei quali risuona la Parola di Dio.

Gli autori

• Ananda Coomaraswamy (Colombo, 1877 – Needham, 1947)

• Titus Burckhardt (Firenze,1908-Losanna, 1984)

• Seyyed Hossein Nasr (Teheran, 1933)