ALBERT EINSTEIN 1879-1955 `. Liter di una vita straordinaria 1879 Nasce a Ulm, in Germania.

Post on 01-May-2015

219 views 2 download

Transcript of ALBERT EINSTEIN 1879-1955 `. Liter di una vita straordinaria 1879 Nasce a Ulm, in Germania.

ALBERT EINSTEIN 1879-1955

`

L’iter di una vita straordinaria

1879Nasce a Ulm, in Germania

L’iter di una vita straordinaria1900

Si laurea al Politecnico di

Zurigo

1902Inizia a lavorare all’Ufficio brevetti

di Berna

Hermann Minkowski (1864-

1909)

La teoria La teoria speciale speciale

della della relatività relatività ristrettaristretta

ANNUS MIRABILIS

ANNUS MIRABILIS

Herbert Brown

IlIl moto moto browniano browniano

e e l’esistenzl’esistenz

a delle a delle molecolemolecole

Londra (1912)

ANNUS MIRABILIS

Max Planck

I quanti I quanti di luce e di luce e l’effetto l’effetto

fotoelettrfotoelettricoico (1858 -

1947)

ANNUS MIRABILIS

E= mc²E= mc²

L’iter di una vita straordinaria

1916Pubblica I

fondamenti della teoria generale della relatività

L’iter di una vita straordinaria

1921Riceve il premio Nobel

per la fisica per la scoperta della legge

dell’effetto fotoelettrico

L’iter di una vita straordinaria

1925Pubblica la

predizione del condensato di Bose-Einstein

Satyendra Nath Bose

(1894-1974)

L’iter di una vita straordinaria

1931Incontra Edwin Hubble

che lo convince dell’esistenza di un

Big-Bang

Edwin Hubble(1889-1953)

L’iter di una vita straordinaria

1939Scrive, spinto da

Leo Szilard, al presidente americano Roosvelt

Einstein e Szilard

La lettera di Einstein a Roosvelt

L’iter di una vita straordinaria1955Muore in ospedale a causa della

rottura dell’aorta.

MOTO BROWNIANO

MOTO BROWNIANO

Nell’Annus Mirabilis (1905), Einstein formulò la teoria del moto browniano

MOTO BROWNIANO

Il moto browniano prende il nome dal botanico Robert Brown che nel 1828,

aveva comunicato l’osservazione secondo cui i granelli di polline, sospesi in acqua e osservati al microscopio, si

muovevano incessantemente cambiando continuamente direzione. Brown

(1773 – 1858)

MOTO BROWNIANO

Immaginiamo che in una grande quantità d’acqua sia immerso un granello

microscopico di polline.

MOTO BROWNIANO

Esso sarà circondato da un numero enorme di molecole d’acqua e subirà urti da tutte

le direzioni possibili.

MOTO BROWNIANO

Il numero di molecole urtanti corrispondono ad una quantità d’acqua in grado di causare un piccolissimo spostamento del granellino, che si muoverà nella stessa direzione di questo

piccolo eccesso di molecole.

MOTO BROWNIANO

Cumulando un piccolissimo spostamento dopo l’altro, con il passare del tempo, il

granellino si sposterà in modo significativo.

MOTO BROWNIANO

Einstein affrontò il problema proponendosi di dimostrare la necessità

del moto browniano in un fluido con particelle in sospensione.

MOTO BROWNIANO

Il fluido essendo materia, doveva essere formato da molecole. Einstein considerò

anche le particelle in sospensione come se fossero molecole, solo più grandi di quelle

del fluido.

MOTO BROWNIANO

Stando alla teoria secondo la quale, il calore interno è energia di moto, le molecole del

liquido avrebbero dovuto urtarsi violentemente le une con le altre.

MOTO BROWNIANO

Secondo Einstein, l’agitazione delle molecole del fluido causa i piccoli,

incessanti, spostamenti irregolari delle molecole in sospensione.

MOTO BROWNIANO

Ogni urto fa sì che una molecola in sospensione non possa rimanere ferma

nella stessa posizione. Da qui la necessità del moto browniano.

MOTO BROWNIANO

Nel suo articolo, Einstein, ricavava un’equazione fondamentale che stabiliva che lo spostamento

medio S di una molecola in sospensione era proporzionale alla radice quadrata del tempo t:

x² = 3παη

kTt

Dove x è lo spostamento e t il tempo nel quale esso si verifica.

MOTO BROWNIANO

La formula in sé era senza dubbio notevole, ma il risultato più importante di questi esperimenti fu la conferma dell’ipotesi

principale fatta da Einstein, cioè che il fluido è costituito da molecole, da atomi.

MOTO BROWNIANO

Si era ottenuta, quindi, la conferma definitiva dell’esistenza degli atomi.

MOTO BROWNIANO

Il significato di tutto ciò è oggi patrimonio comune delle scienze naturali e sociali. Le sue intuizioni sul moto molecolare hanno

portato a “ingranaggi browniani” che suddividono rapidamente il DNA o

separano particelle solide dall’acqua.

L’effetto fotoelettrico

Introduzione

Si deve a Bohr il primo tentativo di formulare nuove leggi della

meccanica valide nel campo dei fenomeni atomici dopo che Planck ed

Einstein avevano introdotto il concetto di “Quanto”

Bohr1885-1962

Introduzione

Planck prima ed Einstein poi posero dunque le basi di questa vera e propria

rivoluzione iniziata con lo studio del fenomeno: ”Effetto fotoelettrico” che

contribuì ad associare al campo elettromagnetico una struttura a quanti.

Planck ed Einstein

Introduzione

Gli esperimenti su tale fenomeno furono condotti soprattutto dal

fisico tedesco Philipp Lenard che pubblicò i risultati più importanti

nel 1902.

Le difficoltà dell’elettromagnetis

mo classico

Le difficoltà dell’elettromagnetismo

classico

La fisica classica stabilisce che l’irradiamento Ee di un’onda

elettromagnetica è dato da tale espressione

Ee = ½ c eo Eo

Le difficoltà dell’elettromagnetismo

classico

I dati sperimentali sull’effetto fotoelettrico appaiono incomprensibili.

In effetti dall’elettromagnetismo sappiamo che, per estrarre un elettrone

da un metallo, occorre fornirgli un’ energia pari al lavoro di estrazione We

Le difficoltà dell’elettromagnetismo

classicoSe le cose stessero semplicemente così, l’effetto fotoelettrico dovrebbe variare con

la luce di “qualunque” frequenza; dal momento che l’energia totale Etot che

incide, in un intervallo di tempo t, su una superficie di area S è

Etot = Ee t S

La quantizzazione della luce secondo

Einstein

La quantizzazione della luce secondo Einstein

Nel 1905 Einstein risolve il problema della spiegazione teorica dell’effetto

fotoelettrico ribaltando in modo radicale l’interpretazione della natura della “luce” che si era affermata con la fisica classica.

La quantizzazione della luce secondo Einstein

Per l’importanza di tale lavoro, egli ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1921.

La quantizzazione della luce secondo Einstein

Secondo Einstein, è necessario supporre che la luce stessa sia composta da

singoli pacchetti di energia, i quanti del campo elettromagnetico, che più tardi

furono chiamati fotoni.

La spiegazione dell’effetto

fotoelettrico

La spiegazione dell’effetto fotoelettrico

L’effetto fotoelettrico si riferisce alla capacità della luce di estrarre

elettroni dalla superficie di un metallo.

In effetti, le proprietà dell’effetto fotoelettrico si spiegano facilmente se si ammette che si ha sempre e soltanto l’interazione di un singolo

fotone con un solo elettrone.

La spiegazione dell’effetto fotoelettrico

La spiegazione dell’effetto fotoelettrico

L’elettrone può uscire dal metallo soltanto se l’energia E del fotone è almeno uguale al

lavoro di estrazione We.

Per la formula E=hf

si ha allora la condizione hf > We da cui f > We/h

La spiegazione dell’effetto fotoelettrico

Ecco che, allora, esiste una frequenza minima

fmin =We/h a cui corrisponde una lunghezza

d’onda massima, al di sotto della quale l’effetto fotoelettrico non può

avvenire.

La spiegazione dell’effetto fotoelettrico

Bassa intensità

Elettroni emessi

La luce rossa fa sì che gli elettroni siano emessi da una piastra di

metallo.

La spiegazione dell’effetto fotoelettrico

Molta intensità

Elettroni emessi

Aumentando l’intensità vengono emessi più elettroni.

La spiegazione dell’effetto fotoelettrico

Molta intensità

Elettroni emessi

Passando alla luce blu si ottengono elettroni molto più veloci. Ciò perché la luce può

comportarsi non solo come onda continua ma anche come un fascio di quanti o fotoni.

Le teorie di Einstein hanno consentito lo sviluppo di molte

tecnologie oggi in largo consumo. L’effetto fotoelettrico è alle basi delle celle solari e dei rilevatori elettronici

di luce.

L’effetto fotoelettrico e la tecnologia

La relatività

La relatività

La relatività galileiana

Il principio di relatività galileiana afferma che le leggi della fisica sono le

stesse in tutti i sistemi di riferimento che si muovono tra loro di moto

rettilineo uniforme.

La relatività galileiana

x’O

z

y

z’ v

O’ x

y’

PP In P si verifica un evento ed un osservatore S misurerà la posizione e

l’istante in cui avviene l’evento assegnando coordinate x,y,z,t.

Un osservatore S’ in movimento con velocità v rispetto a S assegnerà

coordinate x’,y’,z’,t’.

Le equazioni che mettono in relazione le coordinate spazio-

temporali di uno stesso evento nei due sistemi di riferimento sono le Trasformazioni di Galileo

x’ = x – vt

y=y’

z=z’

t=t’

La relatività galileiana

La relatività galileiana è in perfetto accordo con la

meccanica newtoniana e con la legge di gravitazione

universale.Newton

(1642 - 1727)

La relatività galileiana

La relatività galileiana

L’affermazione risulta valida nel momento in cui si considerano velocità

molto piccole rispetto a quelle della luce.

La relatività galileiana

A velocità prossime alla luce

(c: 229792,458 km/sec) le teorie di Galileo non sono del tutto

valide.

Maxwell

Il valore della velocità della luce nel vuoto fu calcolato da James Clerk Maxwell

che definì la luce un fenomeno

elettromagnetico.Maxwell, James Klerk(1831 - 1879)

Ma come mai la velocità della luce è sempre la stessa (è costante) pur

variando i sistemi di riferimento sebbene

Galileo affermò che la velocità è relativa?

L’errore sta nel L’errore sta nel fatto di fatto di

considerare il considerare il tempo assoluto!tempo assoluto!

Michelson e Morley

Si inseriscono emblematicamente a tal proposito i fisici Michelson e Morley che

volendo dimostrare la propagazione della luce in un mezzo ipotetico scoprirono la

non esistenza dell’etere.

MichelsonMichelson(1852 –1931)(1852 –1931)

Morley(1838 – 1923)

Michelson e Morley

L’esperimento attraverso l’interferometro non registrò praticamente, alcuna

variazione nella velocità della luce nelle varie direzioni e in qualunque stagione

dell’anno.

Michelson e Morley

L`ESPERIMENTO

Lorentz

Le trasformazioni di Lorentz costituiscono la base di studio della

relatività einsteiniana.

Contrazione delle lunghezze

Dilatazione dei tempi

Lorentz (1853 – 1928)

La contrazione delle lunghezze

La misura della lunghezza di un oggetto, quando esso è in movimento rispetto al sistema di riferimento in cui avviene la

misurazione, è minore del valore misurato quando esso è fermo.

v = 0.1 c v = 0.865 c

v = 0.99 c v = 0.999 c

La dilatazione di tempi

La durata di un fenomeno misurata da un sistema di riferimento in quiete rispetto al fenomeno è minore della durata misurata

da un sistema di riferimento in movimento: nei sistemi in moto, quindi, il tempo si dilata.

Appuntamento mancato!Appuntamento mancato!

Giulia dice a Giovanni: ‘domani a mezzanotte guardiamo entrambi la stella Giulia dice a Giovanni: ‘domani a mezzanotte guardiamo entrambi la stella polare e ovunque saremo ci penseremo!’…..polare e ovunque saremo ci penseremo!’…..Giovanni è in viaggio su un nuovo aereo velocissimo.Giovanni è in viaggio su un nuovo aereo velocissimo.Guarda il suo orologio , vede mezzanotte, guarda la stella polare, Guarda il suo orologio , vede mezzanotte, guarda la stella polare, ma Giulia l’aveva già guardata mezz’ora prima.ma Giulia l’aveva già guardata mezz’ora prima.

Osservando le trasformazioni di Lorentz è evidente che esse altro non

sono che una generalizzazione di quelle di Galileo Galilei.

•Il rapporto v²/c² è pari a 0 se la velocità è molto piccola rispetto alla velocità della luce

•Il rapporto v²/c² tende a 1 se la velocità è prossima a quella della luce

In conclusione, la teoria della relatività ristretta si basa su due

assiomi:

1.Le leggi e principi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali

2.La velocità della luce è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali indipendentemente dal moto del sistema stesso o dalla sorgente da cui la luce è emessa

Einstein si chiedeva se non fosse possibile ampliare il primo degli assiomi della relatività ristretta. Egli non riusciva a convincersi che

questa classe di sistemi di riferimento dovesse avere qualcosa di speciale rispetto a tutti gli altri sistemi di riferimento. I due problemi si fusero in

uno solo e costituirono l’ossatura della teoria della relativitá generale che supera e completa

quella della relatività ristretta.

E=mc²

La formula E=mc² è la fondamentale relazione tra energia (E) e massa (m) di un corpo, dove c è la velocità della

luce.

L’equazione di Einstein implica che energia e massa sono equivalenti : la

massa può essere trasformata in energia, ma anche l’energia può essere trasformata in massa, cioè in materia.

Per dimostrare questa nuova relazione è importante sapere che la luce non

trasporta soltanto energia, ma riceve anche una quantità di moto p=E/c.

Consideriamo un corpo di massa m che, fermo nel sistema di riferimento S, assorbe due lampi di luce che giungono da direzioni

opposte e che trasportano ciascuno l’energia E/2. Ciò implica che ciascun

pacchetto di energia cede al corpo una

quantità di moto p=E/2c.

Considerando un sistema di riferimento S’ vedremo che la somma vettoriale

della quantità di moto cedute dalla luce al corpo di massa m non è nulla ma

pari al doppio della componente orizzontale p’x di uno dei due vettori.

Di conseguenza considerando due triangoli vettoriali, avremo la

proporzionalità tra i cateti e la corrispondenza tra le ipotenuse

p’x(V/c) p’=(V/c) (E/2c)=VE/2c²

Di conseguenza la quantità di moto del corpo aumenta di tale quantitá

Δp’=2p’x=VE/c²

Vediamo che la quantità di moto è cambiata in p’2=mV+VE/c²

La quantità di moto del corpo è cambiata, ma non la sua velocità, a differenza della massa. Così si avrà

p’2=mVE/c²=m’V

Risolvendo l’equazione si avràm’-m=E/c²

E’ proprio ciò che volevamo dimostrare: la massa di un corpo a cui ceduta l’energia E

aumenta della quantità E/c²Diremo che tutte le trasformazioni di energia in massa e di massa in energia sono regolate

DALLA RELAZIONE DI EINSTEIN

Secondo la teoria della relativitá, l’energia cinetica di un punto materiale

di massa m non sarà più

2 m v² MA mc²

√ 1 - V²/C²

Se un corpo si muove con velocitá v assorbe una quantitá di energia EO in forma di radiazione, senza che questo

processo ne alteri la velocitá, esso subisce di conseguenza un incremento

della propria energia uguale a EO √ 1 - V²/C²

Tenuto conto dell’espressione precedente, l’energia cinetica del

corpo risulta essere(m + EO /c²) c²

√ 1 - V²/C²Il corpo ha così la stessa energia di un

corpo di massa m + EO/c² che si muove con la velocità V

Possiamo dunque dire: se un corpo assorbe una quantitá di energia Eo la sua massa inerziale cresce di una quantità Eo/c²; la

massa inerziale di un corpo non é una costante, ma varia a seconda del mutamento

di energia del corpo stesso.

Il termine mc², che aveva attratto la nostra attenzione,

non è altro che l’energia posseduta dal corpo prima che esso assorbisse l’energia Eo.

Dall’equazione di Einstein consegue anche che è necessaria una quantità di energia ingentissima per ottenere

una minima quantità di materia.

Con gli acceleratori di particelle.

Negli acceleratori di particelle si sono raggiunte energie sufficienti a creare nuove particelle di materie. Per poter

analizzare tali acceleratori bisogna conoscere il campo nel quale agiscono, ossia la fisica delle

particelle.

Esistono particelle elementari materiali e delle forze che agiscono su di esse, ma spesso capita

che alcune di queste forze agiscono solo su distanze microscopiche e le relative particelle

solo soggette alla disintegrazione immediata in tempi estremamente impercettibili.

Per riuscire a studiare le particelle

bisogna unificare tutte le forze.

Tale compito spetta alle nozioni della meccanica quantistica che

propongono di esplorare particelle di dimensioni sempre inferiori e

conseguentemente con energia maggiore.

Gli acceleratori che permettono tale operazione sono detti “fabbriche di

particelle”.

Tali processi, complessi e raffinati, sono il frutto di lunghi decenni di

ricerche ed esperimenti che hanno condotto la fisica delle particelle al

continuo perfezionamento; ma dietro tale sviluppo c’è una grande

evoluzione di tali acceleratori.

Nel 1953 fu realizzato il primo acceleratore di elettroni. Nel 1959, al

momento della sua messa in funzione, le sue prestazioni in energia ed in intensità

del fascio costituirono un primato

mondiale.

La vera rivoluzione in questo campo avvenne però non 1960 quando fu

progettato e realizzato li prototipo di una macchina di concezione

assolutamente nuova.

La caratteristica innovativa di un anello di collisione è che la somma

delle energie dei due fasci è totalmente utilizzata per la

materializzazione di nuove particelle.

Con gli acceleratori di particelle, quindi, abbiamo visto che da una quantità

elevata di energia riusciamo a produrre

una quantità piccolissima di materia.

Ma dall’equazione di Einstein possiamo dedurre anche il contrario, e

cioè che da una piccola quantità di materia si può produrre una grande

quantità di energia.

Questo è il caso delle bombe atomiche. Essa è un ordigno esplosivo basato sulla reazione di

fissione nucleare, cioè la scissione, spontanea o indotta, di un nucleo atomico in due o più

frammenti più leggeri.

La somma delle masse dei frammenti è inferiore alla massa del nucleo di

partenza, la parte di massa mancante risulta trasformata in energia secondo

l’equazione E=mc².

Il principio di equivalenza

La base della teoria generale è il principio di equivalenza.

Il principio di equivalenza

Il principio di equivalenza pone in stretta relazione accelerazione e campo

gravitazionale.

Il principio di equivalenza

Esso è uno degli assiomi che permisero ad Einstein di estendere il principio di relatività

ristretta, secondo cui le leggi della fisica assumono le stesse forme in tutti i sistemi di

riferimento.

La relatività generale

LA FORZA CON CUI VENGONO ATTRATTI GLI OGGETTI SULLA TERRA

(mg)

LA RESISTENZA CHE UN CORPO OFFRE AD

ESSERE ACCELERATO (mi)

Mg = Mi

Il principio di equivalenza

Il principio di equivalenza stabilisce che in una zona delimitata dello spazio tempo, é sempre possibile

scegliere un opportuno sistema di riferimento in modo da simulare l’esistenza di un campo gravitazionale uniforme o, reciprocamente, in modo da eliminare l’effetto di una

gravitá costante.

Il principio di equivalenza

Per esempio, in un ascensore in caduta libera si avverte la sensazione

di assenza di peso, come se ci si trovasse lontano da qualche corpo

celeste. Al contrario, all’interno di un astronave in accelerazione si

avvertirebbe la presenza della gravità, anche se l’astronave stesse navigando

nello spazio profondo.

La relativita generale spiega gli effetti gravitazionali grazie ad una duplice idea:

1) La presenza di masse incurva lo spazio – tempo

2) I corpi soggetti alla forza di gravità devono essere considerati come particelle libere, che si muovono seguendo le geodetiche dello spazio – tempo.

La Relativitá generale

Il primo postulato considera lo spazio non più piatto ma curvo, pertanto la geometria euclidea valida per uno

spazio piatto deve essere modificata.

La Relativitá generale

Nasce così la geometria non euclidea:

Gli spazi ellittici e iperbolici sono spazi curvi

rispettivamente con curvatura positiva e

negativa.

La geometria euclidea

Nello spazio euclideo si considera valido il quinto postulato di Euclide (esiste ed é unica la parallela condotta da un punto esterno ad una

retta e la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°).

La geometria non-euclidea

La geometria non-euclidea, negando il quinto postulato di Euclide, afferma :

N1.  Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, esistono infinite rette passanti per il punto e parallele alla retta data.

N2.  Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, non esiste alcuna retta passante per il punto e parallela alla retta data.

N1.  In un triangolo la somma degli angoli interni è minore di 180° N2.  In un triangolo la somma degli angoli interni è maggiore di 180°

Lo spazio – tempo curvo e la luce

Ad Einstein servì l’eclissi di sole del 1919 a

confermare che la luce delle stelle poste “vicine” al sole era curvata.

Lo spazio – tempo curvo e la luce

Di notte un osservatore A determina la posizione della stella S rispetto alle stelle vicine. Durante un’eclissi B l’osservatore

vede la stella in una nuova posizione S' che si trova sul prolungamento del raggio che arriva ai suoi occhi. La direzione del raggio luminoso é modificata dall’azione

gravitazionale del sole.

La geometria dello spazio - tempo

La geometria dello spazio-tempo essendo determinata dalla distribuzione delle masse presenti in esso, varia al

variare di tale distribuzione. La modifica della geometria si propaga a velocità C partendo dalla zona in cui essa è

stata generata. Tale propagazione spazio-temporale è un’onda gravitazionale.

ALBERT EINSTEIN 1879-1955

Il lavoro è stato eseguito dalla classe Il lavoro è stato eseguito dalla classe V V sez. Isez. I

del liceo scientifico E. Fermi di Aversadel liceo scientifico E. Fermi di Aversa

SUPERVISIONESUPERVISIONEProf.ssa Ester Di LellaProf.ssa Ester Di Lella