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“Aggiornamento sugli ultimi profili di deontologia notarile”
CONVEGNO
Consiglio Notarile
dei Distretti Riuniti di Novara, Vercelli e Casale Monferrato
02 DICEMBRE 2016
09:00 – 18:30
CERESETO (AL)
MONFERRATO RESORT
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“I temi deontologici più attuali, analizzati alla luce delle recenti
pronunce emesse in materia disciplinare”.
Sommario: 1. Introduzione. 2. Il cd. “attificio” e le varie forme di rastrellamento della clientela. 3. I
profili di indipendenza della professione autonoma. 4. La prescrizione (estintiva) dell’illecito
disciplinare e il dies a quo. 5. Taluni aspetti processuali di rilievo. 6. I rapporti tra la normativa
europea e quella interna a rilevanza disciplinare.
1. Introduzione.
Buon giorno a tutti i presenti e i miei ringraziamenti all’amico Cagnacci, oltre al Presidente notaio
Cafagno, per aver organizzato un convegno su un tema, quello deontologico/disciplinare, così
affascinante e di così grande attualità e rilevanza.
Nella vasta materia della deontologia professionale rilevano attualmente, per il notariato,
cinque grandi aree nell’àmbito delle quali, analizzando il corso delle vicende disciplinari degli ultimi
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anni, i Pubblici Ufficiali hanno dimostrato di poter creare i maggiori problemi all’organismo di
vigilanza di categoria1:
a. la personalità della prestazione;
b. la lealtà fiscale;
c. il procacciamento d’affari;
d. la gestione (rectius: la mala gestione) del denaro altrui;
e. la sede e l’ufficio secondario.
Innanzitutto si ricorda che la materia deontologica, positivizzata dal Consiglio Nazionale del
Notariato (C.N.N.) con la raccolta di disposizioni incriminatrici sfociate nel codice ultimo approvato
del 5 aprile 2008 (2), contempla delle regole di condotta che, pur se non avendo fonte in atti
normativi formali (Cass. pen. Sez. VI, 06/07/2005, n. 36592 e Cass. civ. Sez. Unite, 03/05/2005, n.
9097), sono giuridicamente rilevanti (parla espressamente di “norme giuridiche obbligatorie”: Cass.
1 Il d.lgs. 1.08.2006, n. 249 ha aggiornato l’ordinamento disciplinare dei notai che, regolato da un ristretto numero di
norme (art. 93, n. 1, l. not.; art. 127, ss., l. not. e art. 249, regolamento not.; art. 68, T.U. imposta di registro, per il
controllo sul repertorio attraverso il cd. ‘visto quadrimestrale’), risaliva alla legge notarile n. 89 del 16.02.1913.
In particolare, la novella materiale:
a. istituisce un collegio di disciplina, presieduto da un magistrato, le cui decisioni sono reclamabili alla Corte
di appello;
b. riordina le tipologie sanzionatorie e riallinea ai valori attuali quelle pecuniarie;
c. sospende la prescrizione in caso di procedimento penale;
d. attribuisce il potere di iniziativa disciplinare al procuratore della Repubblica, al consiglio notarile e al
conservatore dell’archivio, per le infrazioni da questi rilevate.
2 “Gli ordini professionali hanno il potere, nell'esercizio delle proprie attribuzioni di autoregolamentazione, di emanare
norme interne di deontologia vincolanti per gli iscritti; per quanto concerne i notai, dette regole di condotta sono volte
a conformarne il comportamento alle norme dell'etica professionale, la cui enunciazione è istituzionalmente rimessa
all'autonomia del Consiglio notarile dalla l. 27 giugno 1991 n. 220”: Cass. civ. Sez. III, 04/12/2002, n. 17202.
“I principi di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato, ai sensi dell'art. 16 l. 27 giugno
1991 n. 220, non esorbitano dall'ambito dei poteri attribuiti a quest'organo e, avuto riguardo all'ambito degli altri poteri
ad esso conferiti dall'art. 2 l. 3 agosto 1949 n. 577, non devono contenere mere enunciazioni di principio ma possono
incidere sul concreto "modus operandi" del notaio.”: Trib. Verona, 05/03/1996.
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civ. Sez. Unite, 23/03/2004, n. 5776)3 e rispetto alle quali4 i profili etici della vicenda ne costituiscono
il naturale substrato poiché, pur se estranei al settore dell’economia, sono, di contro, parte
integrante del mondo del diritto (C. Conti Sez. II, 15/02/1992, n. 37)5.
L’illecito anche in sede disciplinare deve essere ascrivibile (almeno) a titolo di colpa all’autore del
fatto (non a caso il Pubblico Ufficiale riveste il ruolo di soggetto “incolpato” dal Consiglio: Cass. civ.
Sez. III, 29/09/2006, n. 21255; Cass. civ. Sez. III, 18/06/2004, n. 11412 e Cass. civ. Sez. III, 20/11/2003,
n. 17610)6, con la conseguenza che, anche per il notaio, l'errore sulla liceità del fatto deve ritenersi
rilevante (e scriminante) qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario
profilo di non colpevolezza dell'errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista
all'illecito contestato e non ovviabile con l'uso dell'ordinaria diligenza: App. Roma Sez. I,
15/05/2007; Cass. civ. Sez. III, 10/05/2001, n. 6507 e Cass. civ. Sez. III, 08/05/2001, n. 6383.
3 “La responsabilità del notaio nei confronti delle parti degli atti da lui rogati, che ha natura contrattuale, discende non
solo dalla condotta negligente o mancante di perizia tenuta in relazione agli incarichi direttamente ricevuti dai clienti,
ma anche dalla violazione degli obblighi imposti dalle norme sull'ordinamento del notariato, giacché detto
professionista deve conformare il proprio comportamento a tutte le disposizioni di diversa natura che riguardano
l'esercizio del ministero notarile, siano esse volte a disciplinare in genere il rapporto di prestazione d'opera professionale
(art. 1176 e 2230 e segg. c. c.), siano esse più specificamente dirette a garantire la serietà e la certezza degli atti giuridici
per un interesse di natura pubblicistica che trascende quello concreto ed egoistico delle parti.”: Cass. civ., 25/05/1981,
n. 3433.
4 Sulla cui efficacia precettiva v. Trib. Catania, 11/07/1997.
5 Sulla essenziale integrazione tra diritto e morale si rimanda in dottrina, per tutti, a N. Lipari, Dottrina e giurisprudenza
quali fonti integrate del diritto, in Lodd.it, IV, 2016, pag. 26.
La dottrina sostiene che, oltre alla figura del notaio (“di altissima coscienza civile” e di “profonda, totale dirittura
morale”), più in generale “non può esservi professionista senza deontologia” la quale impone “comportamenti conformi
all’etica della comunità professionale” che si sostanziano nel “virtuoso esercizio quotidiano delle competenze” tecniche
di settore: A. Areniello, La matrice deontologica della funzione notarile, in Notariato, 4, 2013, pagg. 361 e 362.
6 “Le infrazioni alla legge sull'ordinamento del notariato, che hanno natura contravvenzionale, sono disciplinarmente
punibili, anche se non vi sia stato comportamento doloso da parte del notaio, il quale tuttavia non può invocare la
ignoranza della legge”: Cass. civ., 28/05/1958, n. 1785.
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E ricordiamo anche che “Gli illeciti disciplinari del notaio, se pure atipici7, debbono comunque essere
almeno tali da rientrare nelle previsioni di cui alle lettere a), b) o c) dell'art. 147 della legge
professionale” (8): Cass. civ. Sez. VI - 3, 24/07/2012, n. 12995.
Il notaio, che può costituirsi anche personalmente e svolgere le proprie difese senza l’assistenza di
un avvocato (art. 156-bis, l. not.), non può trincerarsi dietro il paravento della tutela della privacy
per evitare di fornire i documenti richiesti dal competente Consiglio notarile (che è organismo di
natura pubblica: Cass. civ. Sez. III, 30/11/2006, n. 25504 nonché Cass. civ. Sez. II, 18/02/2014, n.
3802 per la quale “ai sensi degli artt. 18 e 19 D.Lgs. n. 196/2003, il trattamento dei dati personali
deve ritenersi consentito al Consiglio Notarile ogni volta che, come nel caso, sia collegato allo
svolgimento delle funzioni di vigilanza allo stesso riservate”).
Procedimento disciplinare che, sulla falsariga del sistema sanzionatorio penale (Cass. civ. Sez. III,
13/10/2000, n. 13666) applicabile per analogia (Trib. Frosinone, 02/12/1992 e Trib. Lucca,
26/09/1983), è governato dal “fondamentale principio della correlazione tra l'accusa e i fatti
addebitati nel provvedimento sanzionatorio” (Cass. civ. Sez. III, 29-03-2003, n. 4843)9, risultando
“quindi, preclusa al giudice disciplinare la irrogazione di una sanzione per fatti diversi da quelli
contestati” (Cass. civ. Sez. III, 15-07-1998, n. 6908).
“In tema di giudizi disciplinari (in ispecie nei confronti di notaio), lo stesso fatto può essere
legittimamente valutato alla luce di differenti disposizioni di legge anche in due separati e successivi
giudizi, potendo costituire una pluralità di violazioni disciplinari formalmente concorrenti10. Unico
7 Ben note sono le critiche di fondo mosse alla norma infra citata in narrativa per non prevedere la stessa, in contrasto
con il principio di legalità, un illecito regolato nel dettaglio e per non consentire al soggetto di conoscere con certezza
se il suo comportamento, nel momento in cui egli lo attua, corrisponda al tipo normativo vietato.
Peraltro l’ampia discrezionalità assicurata dalla formula ai poteri degli organi controllanti rischia di mettere in crisi, e di
vulnerare, la parità di trattamento tra controllati.
8 L’art. 147, l. not., nel sanzionare atti di concorrenza illecita, prevede quella che nel suo corpo è, per Cass. civ. Sez. III,
24/03/1995, n. 3427, “la più grave infrazione disciplinare” (nello stesso senso: Cass. civ. Sez. III, 21/06/1989, n. 2947).
9 Che “si riferisce non ai fatti accertati nella relazione dell'organo ispettivo ma a quelli che sono stati oggetto di specifica
contestazione nell'ambito del procedimento disciplinare”: Cass. civ. Sez. III, 18/05/1994, n. 4866.
10 In ogni caso all’incolpato non viene garantito il doppio grado di giurisdizione, in quanto ritenuto regola priva di rilievo
costituzionale e/o comunitario.
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limite è che, nel primo procedimento, non sia stata esclusa la sussistenza del fatto materiale o la
partecipazione della persona imputata.”: Cass. civ., 20/04/1963, n. 977.
Naturalmente “Il collocamento a riposo del notaio (per sopraggiunto limite di età, n.d.a.) sottoposto
a procedimento disciplinare, sopravvenuto prima del passaggio in giudicato della pronuncia sulla
sanzione disciplinare, comporta la cessazione della materia del contendere e, quindi,
l’inammissibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, del ricorso per cassazione proposto contro
la sentenza emessa in sede di reclamo dalla corte di appello, con conseguente caducazione della
sentenza stessa” (così è per ripetuta massima: Cass. civ. 11/05/2015, n. 9481 e Cass. civ.
13/05/2012, n. 4001).
Taluni in particolare, tra i settori sopra richiamati, risultano maggiormente ‘caldi’: il riferimento
corre, oltre alla cattiva gestione del denaro altrui11 e tralasciando per ora i temi della ‘residenza’ del
notaio (dove la sede secondaria12, in cui magari il notaio vive, è più organizzata di quella principale
11 “Costituisce illecito disciplinare il mancato apprestamento, da parte del notaio, sul conto corrente bancario a lui
intestato, della provvista necessaria per il prelievo in via telematica dell'importo dell'imposta di registro autoliquidata”:
Cass. civ. Sez. II, 21/01/2014, n. 1170.
“Il notaio che trattenga somme o titoli affidatigli da una banca per le attività di protesto incorre nella violazione dell'art.
147, comma 1, lett. a), l. not. compromettendo la propria dignità e reputazione, nonché il decoro e prestigio della classe
notarile, ed è per ciò punibile con la sanzione della sospensione”: Cass. civ. Sez. VI, 27/05/2011, n. 11791.
“È illecita la condotta del notaio consistita nell'avere indebitamente trattenuto denaro e documenti appartenenti a terzi.
Nella specie, al professionista erano stati affidati da un Istituto di credito somme e titoli per il servizio cambiario. Ne
consegue che è legittimo il procedimento disciplinare a carico del notaio che con il suo comportamento ha
compromesso la dignità ed il decoro della classe notarile.”: Cass. civ. Sez. VI, 27/05/2011, n. 11791.
Il notaio, come d’altronde ogni altro professionista (art. 2235, c.c.), ha diritto di ritenzione (facendone copia) solamente
sui documenti occorrenti per la dimostrazione dell’opera svolta, al fine di poter fondare, nell’an e nel quantum debeatur,
la propria pretesa al compenso (art. 93, n. 5, l. prof.): Cass. civ. Sez. Unite, 31/07/2012, n. 13617.
Ma si pensi anche al semplice caso di ritardo nella restituzione di un deposito fiduciario.
Gli importi che il notaio riceve in deposito devono essere annotati nel registro “somme e valori”: Trib. Foggia,
09/06/2000 (pronuncia che ravvisa, in caso contrario, la violazione dell’art. 10 della l. n. 64 del 22.01.1934).
12 La pratica conosce poi anche casi di più (abusive) sedi secondarie: “costituisce illecito, ai sensi dell'art. 147, primo
comma, lett. b), della legge 16 febbraio 1913, n. 89, la presenza sistematica ed organizzata del notaio, ai fini
dell'espletamento della propria opera, presso un'ulteriore sede secondaria, non consentita dall'art. 10 del codice
deontologico, che vieta l'apertura di un ufficio secondario in più di un Comune sede notarile ed equipara all'ufficio
secondario la ricorrente presenza del notaio presso studi di altri professionisti od organizzazioni estranee al notariato,
trattandosi di regola volta ad evitare concentrazioni di attività nocive al corretto svolgimento della professione notarile
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(senza che abbia rilievo scriminante il fatto che il notaio abbia continuato ad esercitare le funzioni anche nella propria
sede)” (Cass. civ. Sez. II, 23/01/2014, n. 1437).
Conformemente T.A.R. Lazio, Sez. I, 2.12.2013 oltre a Corte di Giustizia UE, sentenza 24.06.2011 (causa C-47/08) la quale
ultima ha precisato che il legislatore nazionale può imporre talune limitazioni nello svolgimento dell’attività notarile
(senza violazione, in ispecie, del principio di libero stabilimento) quando “necessarie e proporzionali allo scopo”
(rappresentato da un ‘ordinato ed efficiente svolgimento della funzione notarile’) risultando le stesse altresì
‘compensate dalla contestuale estensione dell’attività professionale all’intero distretto di corte d’appello’.
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assegnatagli nella quale ultima si dovrebbe registrare una prevalenza di lavoro13 e
conseguentemente di atti14)15 e delle possibili contestazioni di carattere fiscale16 (in punto di
13 Cfr. Cass. civ. Sez. II, 19/06/2015, n. 12732 per la quale: “Costituisce illecito disciplinare, da parte del notaio, invertire
di fatto l'importanza tra sede di assegnazione e ufficio secondario, svolgendo nel secondo attività professionale di gran
lunga maggiore che nella prima”.
14 “La violazione del divieto di assistere nelle sedi secondarie nei giorni e negli orari fissati per la sede principale non
viene meno se il calendario dei giorni d'assistenza presso la predetta sede principale non sia aggiornato in quanto, in
applicazione del principio della "prorogatio", il regime giuridico in cui si svolge un'attività amministrativa che non può
essere sospesa, perché finalizzata ad un interesse pubblico, rimane vigente fino alla sua modifica, senza soluzione di
continuità”: Cass. civ. Sez. VI, 27/05/2011, n. 11790.
“Il notaio che, in giorni fissati per l'assistenza alla sede, riceve o autentica atti nell'ufficio secondario, non incorre nella
violazione dell'art. 147, comma 1, lett. b), l. not. - legge n. 89/1913 -, in relazione all'art. 9 Codice deontologico, se tali
atti siano stati ricevuti o autenticati in orari diversi da quelli stabiliti dal Presidente della Corte di Appello, ai sensi dell'art.
26, comma 1, l. not. E ciò in quanto, da una lettura sistematica degli artt. 6 e 9 Codice deontologico, e anche dai criteri
applicativi dettati dall'Osservatorio permanente per la deontologia del CNN, emerge, da un lato, che l'assistenza alle
sede si estende non all'intera giornata (di ventiquattro ore), ma alla giornata lavorativa e, dall'altro lato, che tale giornata
lavorativa è delimitata dagli orari stabiliti dal Presidente della Corte di Appello, oltre che da quelli ulteriori
eventualmente previsti dal Consiglio Notarile distrettuale, sulla base della situazione locale della sede”: App. Palermo,
27/03/2009.
15 La sede principale pone anche problemi di regolare frequenza da parte del titolare (ex art. 26 della l. n. 89 del 1913,
modificato dall'art. 12 del d.l. n. 1 del 2012, conv. in l. n. 27 del 2012): i tre giorni settimanali nei quali il pubblico ufficiale
deve prestare assistenza personale allo studio devono essere da lui previamente segnalati all'utenza e al consiglio
notarile, in quanto la ratio legis, diretta ad assicurare il funzionamento regolare e continuo dell'ufficio, esclude che il
notaio possa scegliere quei giorni liberamente, di settimana in settimana, senza obbligo di preventiva segnalazione
(Cass. civ. Sez. II, 30/12/2015, n. 26146).
E i due succitati aspetti sono tra loro strettamente collegati: “Il notaio non presente nella sede principale ma in quella
secondaria va sospeso perché commette una duplice violazione, quella della mancata assistenza allo studio anche in
giorni e per ore diversi fissati dal presidente della Corte d'Appello e quella del divieto di assistere agli uffici secondari
nei giorni fissati per l'assistenza alla sede, dovendo la sede principale costituire il centro effettivo dell'attività
professionale” (Cass. civ. Sez. II, 10/11/2015, n. 22910).
“Al fine di escludere la violazione del divieto di assistere ad uffici secondari nei giorni ed orari fissati per la sede
principale, previsto nel Codice deontologico approvato dal Consiglio nazionale del Notariato, non rileva l'accortezza che
le ore di stipula presso tali uffici secondari non siano ricomprese nella fascia oraria espressamente vincolata, allorché
l'incidenza percentuale degli atti più significativi compiuti fuori sede rispetto all'attività complessiva svolta dal
professionista (nella specie, oscillante tra il 62 e il 71 per cento peraltro non giustificata da specifiche esigenze della
clientela), tenuto altresì conto delle incombenze e degli adempimenti che ruotano intorno alla stipula, denoti comunque
l'inosservanza dell'obbligo, parimenti imposto al notaio, di assistere personalmente allo studio anche in giorni e per ore
8
diversi da quelli stabiliti, dovendo la sede notarile costituire il centro effettivo del suo operato professionale”: Cass. civ.
Sez. II, 17/04/2013, n. 9358 (che ritiene in tal modo documentata la violazione dell'obbligo di cui all'art. 6 del codice
deontologico, che impone al notaio di assistere personalmente allo studio).
“Il fatto che il notaio tenga fuori della sede assegnatagli, invece di un semplice recapito, un ufficio - studio stabilmente
costituito, nel quale riceva il pubblico e compia atti del suo ministero, integra, di per sé, infrazione alla disposizione
dell'art. 26 l. 16 febbraio 1913 n. 89, mentre, per aversi violazione degli art. 147 della stessa legge e 14 r.d.l. 14 luglio
1937 n. 1666, occorre un plus di comportamento, caratterizzato da attività disdicevole consistente nel ricorso a mezzi
di pubblicità o di richiamo, all'ausilio di procacciatori, a riduzioni di tariffe o ad altri espedienti tali da risultare lesivi della
dignità e reputazione dello stesso professionista e del decoro e del prestigio della classe notarile.”: Cass. civ. Sez. III,
04/12/2002, n. 17202.
In tema di illecita concorrenza tramite recapito si segnala Cass. civ. Sez. III, 14/01/2000, n. 19, in base alla quale: “La
liceità dell'istituzione di un recapito da parte del notaio va valutata in relazione alle sue dimensioni, al tipo di
organizzazione, all'ubicazione e alla quantità del lavoro ivi svolto, criteri cui fanno in parte capo quelli dell'accessorietà
funzionale e secondarietà economica enunciati dai Princípi di deontologia professionale”.
Si ricorda anche Trib. Matera, 15/09/1998 per cui: “La condotta di un notaio che tenga, oltre al suo primo ufficio- studio,
non un mero recapito, ma un vero e proprio altro ufficio-studio - non caratterizzato da accessorietà funzionale rispetto
al primo e dove fornisca la sua assistenza allo studio con la sua personale presenza, ricevendo abitualmente e con orari
predeterminati il pubblico e compiendo atti del suo ministero, e dove egli tenga strutture materiali e personali stabili,
precostituite, e dimensionate non solo alla funzione di ricevere comunicazioni (a norma dell'art. 48 comma 2 r.d. 10
settembre 1914 n. 1326) bensì per l'esercizio non occasionale ma programmato delle funzioni notarili) integra infrazione
dell'art. 36 l. 16 febbraio 1913 n. 89”.
Per Cass. civ. Sez. III, 12/11/1997, n. 11168 si ha ulteriore ufficio e non mero recapito se il locale non è deputato alla
sola funzione di “ricevere comunicazioni” ma viene utilizzato per l’esercizio programmato (e non occasionale) delle
funzioni notarili.
Si è ulteriormente affermato che “L'istituzione di un ufficio fuori della sede assegnata al notaio assume connotazione di
illiceità sotto il profilo deontologico soltanto se comporti incompatibilità con l'obbligo di assistenza nella sede assegnata
nei giorni e nelle ore stabiliti, o sia accompagnata da comportamenti disdicevoli per la professione notarile, e pertanto
non è di per sè sanzionabile disciplinarmente - ai sensi degli art. 26 e 147 l. not. - il mantenimento di un ufficio attrezzato
fuori della sede notarile, che abbia carattere meramente sussidiario rispetto allo studio ove il notaio eserciti la
professione nei tempi e modi dovuti, tale ufficio essendo qualificabile come recapito, consentito”: App. Potenza,
18/12/1996.
Identicamente nell’area dell’infrazione disciplinare si colloca la condotta del “notaio che compie atti di esercizio della
professione fuori della propria sede avvalendosi stabilmente dell'organizzazione dello studio di notaio cessato dal
servizio”: Cass. civ. Sez. III, 29/03/1990, n. 2583.
Invece “Non rientrano nella fattispecie prevista dall'art. 147 l. not. l'installarsi di un notaio nello studio dell'ex titolare di
altra sede nello stesso distretto, e l'istituzione di recapito in una sede avente unico titolare.”: Trib. Torino, 01/07/1988.
9
fatturazione, secondo il climax ascendente: anomala17, irregolare18 ed infedele19)20, alla necessità
del requisito della “personalità della prestazione” (obbligo peraltro anche civilistico a mente dell’art.
2232, c.c.) e a quello, spesso collegato, del “procacciamento d’affari”.
Si ricorda infine che “Il notaio che apre uno studio (il c.d. recapito) in altra sede notarile, commette atto di grave
concorrenza illecita, che integra gli estremi dell'illecito disciplinare previsto e punito dagli art. 14, r. d. l. n. 1666/1937 e
147, l. n. 89/1983 (con la sola eccezione del recapito nel capoluogo del distretto).”: Trib. Bergamo, 02/11/1984.
16 Ricordiamoci, nell’anno 2013, la vicenda assurta agli onori delle cronache presso i più importanti quotidiani a
diffusione nazionale ed occorsa ad un rinomato notaio piemontese il quale, dietro l’accusa di evasione fiscale in
relazione a mancati pagamenti irpef e iva per quasi 2 milioni di euro, ha poi patteggiato la pena (non potendosi
evidentemente avvalere della prescrizione).
17 Per es.: il semplice disordine nella contabilità del notaio.
Caso nel quale certamente non rientra la “registrazione, da parte del notaio, di una elevata percentuale di atti con
erronea determinazione delle imposte dovute e conseguente loro riliquidazione operata dall'agenzia delle entrate” in
quanto “L'errata liquidazione delle imposte degli atti, in modo reiterato e abnorme, costituisce violazione dell'art. 147
L.N. (a nulla rilevando l'insussistenza del contenzioso con l'Agenzia delle Entrate e con le parti”): Cass. civ. Sez. II,
03/06/2015, n. 11451.
18 Ad es.: le esposizioni di costi inesistenti, gonfiatura di anticipazioni (di solito per le visure ipo-catastali), con cd.
scolonnamento, collegata elusione dell’IVA (e concorrenza illecita ai colleghi perché la prestazione viene resa a costi
complessivamente più bassi), ecc.
19 Per es.: il reiterato (soprattutto per i notai in stato di temporanea difficoltà economica) omesso o tardivo versamento
delle imposte dovute, pur corrisposte dai contraenti: Cass. civ. Sez. II, 03/03/2016, n. 4206 (che nella condotta ravvisa
la violazione dell’art. 147, lett. a) della legge notarile ed applica la sospensione dall’esercizio della professione per nove
mesi).
L’art. 147, lett. a), l. prof., non è superfluo rammentarlo, è norma (in bianco) che sanziona condotte non tipizzate
(interessando le fattispecie disciplinari ‘a condotta libera’, comunque idonee a ledere la dignità e la reputazione del
notaio nonché il decoro e il prestigio della classe notarile) la cui individuazione in concreto è rimessa agli organi di
disciplina: Cass. civ. Sez. II, 28/08/2015, n. 17266.
Spesso la norma viene applicata dall’organo giudicante sulla base di un mero giudizio prognostico, anche se la lesione
del decoro e del prestigio della classe notarile richiede un quid pluris rispetto alla stessa presupposta violazione di una
data regola deontologica, in quanto dev’essere dimostrata attraverso ulteriori elementi, come il diffondersi di
valutazioni e giudizi negativi che consentano l’accertamento della effettiva lesione dei valori suindicati (contra, tuttavia,
Cass civ. n. 21203/2011 e Cass. n. 10008/2015: la giurisprudenza, nella sostanza, tratta la previsione di cui all’art. 147,
L. not. alla stregua di un illecito di pericolo, mutuando qui la terminologia dal diritto penale).
20 Si richiamano le recenti modifiche legislative (in vigore dal 1.01.2016) che hanno interessato, in tema di peculato
(quale appropriazione di cose mobili di cui il notaio è stato in possesso per ragioni di ufficio: art. 314, c.p.), gli artt. 142-
bis (in tema di destituzione del P.U. che ometta o ritardi di versare i tributi: co. 1, ult. per.) e 144, co. 2 (che consente un
10
Quelli sopra evidenziati, naturalmente, non escludono la ricorrenza di altri casi, talvolta anche
originali, che è dato riscontrare nella pratica quotidiana, come ad es.:
a) “Il notaio che, nei propri rogiti, utilizza formule non più in linea con l'evoluzione legislativa
incorre nella violazione dell'art. 2 del Codice deontologico”: App. Palermo, 07/03/2014 (la
massima è condivisibile se solo si pone mente al fatto che il notaio, come del resto
l’avvocato, sono professioni che vivono sulle parole);
b) il notaio che riceve un atto nel quale un coniuge intenderebbe trasferire in favore dell’altro
la qualità di socio, mantenendo tuttavia in comunione legale dei beni, e quindi in relativa
titolarità, la quota sociale: Coredi Piemonte, 23.12.2015 (l’atto è nullo per contrarierà
all’ordine pubblico in quanto non è possibile trasferire la pura veste di socio senza la
contestuale cessione della relativa quota) nonché Appello Torino, 20/07/2016;
c) il notaio che riceve una procura generale a donare: Appello Bologna, 05/10/2016 (donazione
che, al pari del testamento, deve considerarsi atto personalissimo ex art. 778, c.c.) nonché
Coredi Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, 20/10/2008; e lo stesso dicasi per
la procura generale a stipulare convenzioni matrimoniali: Coredi Friuli Venezia Giulia, Veneto
e Trentino Alto Adige, 30/10/2009 (con violazione dell’art. 28, L. not.);
d) la violazione dell'obbligo di curare il proprio aggiornamento professionale, con il sistema
dell'acquisizione di un punteggio minimo di crediti formativi (cosa che, sicuramente, non
interessa gli astanti): Cass. civ. Sez. II, 14/05/2015, n. 9868; sanzione che non può essere
evitata, ma solo attenuata, dalle condizioni di salute del notaio ostative al raggiungimento
del numero minimo di crediti previsto per il biennio (Cass. civ. Sez. III, 01/02/2010, n. 2235);
e) è passibile di sanzione disciplinare il notaio che “critica l'operato del Presidente del Consiglio
notarile, inviando le proprie osservazioni via email ai colleghi e a tutti gli iscritti di una mailing
list, analizzando situazioni di fatto utilizzando una sottile ironia”: Cass. civ. Sez. II,
25/09/2014, n. 20260 (si è affrontato il caso in cui un notaio attribuiva ad un collega il fatto,
oggettivamente denigratorio - in quanto anche penalmente rilevante - ed eccedente il
legittimo esercizio del diritto di critica, era solito rogare i propri atti senza darne lettura alle
parti);
alleggerimento della pena prevedendo la sospensione di un anno se il P.U. ripara interamente il danno e non è recidivo),
L. not. [ex art. 1.139, lett. f) e g), l. 28.12.2015, n. 208], figlie dell’attuale periodo di crisi economica.
11
f) nemmeno è accettabile che un P.U. “manifesti una insistente volontà di porre in cattiva luce
la professionalità di un collega”; infatti “il notaio, in base al codice deontologico, ha l'obbligo
di comportarsi, nei rapporti con i colleghi, secondo i principi di correttezza, di collaborazione
e di solidarietà. Ne deriva che il predetto professionista deve informare il collega, con la
dovuta riservatezza, di possibili errori od omissioni nei quali si ritenga che egli sia incorso,
non potendo esprimere di fronte al cliente in qualsiasi forma valutazioni critiche sull'operato
e sul comportamento del collega stesso”: Cass. civ. Sez. II, 29/01/2014, n. 1943;
g) non è superfluo ricordare, già nella dimensione del merito, come: “Incorre in responsabilità
professionale il notaio che non svolge un’adeguata attività di consulenza al fine di far
conseguire alle parti il regime fiscale favorevole” (Trib. Milano Sez. V, 25.09.2013);
h) ed ancòra “Il notaio che, nel ricevere atti di vendita e mutuo collegati, nei quali il prezzo della
vendita è inferiore alla somma mutuata, omette di sollecitare la banca sulle possibili
conseguenze pregiudizievoli dell'operazione, incorre nella violazione dell'art. 42 del Codice
deontologico, che, appunto, impone al notaio di informare in modo adeguato le parti dei
rischi che le stesse assumono mediante la stipula. Nel caso di specie, il notaio avrebbe dovuto
evidenziare alla banca mutuante le possibili difficoltà di soddisfarsi, in caso di
inadempimento del mutuatario, sull'immobile ipotecato”: App. Veneto Venezia, 18/04/2013
(di questa pronuncia ho preferito non prendere visione dei nomi di Presidente e Relatore del
collegio giudicante per non indirizzare fisicamente il mio profondo senso di sdegno);
i) “È sanzionabile, ai sensi dell'art. 147, primo comma, lett. a), della legge 16 febbraio 1913, n.
89 (come sostituito dall'art. 30 del d.lgs. 1 agosto 2006, n. 249)21, nonché dell'art. 1 dei
Principi di deontologia professionale emanati dal Consiglio Nazionale del Notariato, la
condotta del notaio che costituisca una società di capitali, di cui egli sia socio unico, volta a
commercializzare una piattaforma informatica per la gestione delle surroghe relative agli atti
21 Ricordiamo che la succitata riforma era già ampiamente caldeggiata dall’attuale Presidente del Consiglio notarile di
Milano, il dott. Arrigo Roveda, come evidenziato in una sua relazione del 19.11.1999 (poi edita su “federnotai”) svolta
al IV congresso sulla “Riforma dei sistemi di controllo”, in quanto intervento giudicato “necessario” per mantenere
“elevata la qualità della prestazione notarile”.
Il vecchio sistema, infatti, era incentrato più sulla sanzione (che peraltro risultava spesso inapplicata con conseguente
senso di impunità per i notai meno rispettosi del proprio ruolo), e dunque sul controllo, piuttosto che sulla vigilanza
(prevenzione).
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di mutuo, così determinando una sovrapposizione ed un'interferenza tra l'attività notarile e
quella commerciale”: Cass. civ. Sez. VI - 3, 04/03/2013, n. 5270;
j) l’assunzione di dipendenti altrui (in materia di impresa, il cd. storno22, è fatto illecito ex art.
2598, n. 3, c.c.): “Il notaio che, prima di procedere all'assunzione di un dipendente operante
presso altro notaio, omette di informare il collega del proprio proposito disattende la
prescrizione dell'art. 20 del Codice deontologico. Tuttavia, atteso il suo carattere isolato, la
violazione di detta norma deontologica è occasionale e, in quanto tale, irrilevante sul piano
disciplinare ai sensi dell'art. 147, comma 1, lett. b), legge notarile, L. n. 89/1913” (App.
Venezia, 19/01/2012 e App. Milano, 04/05/2011: le sentenze condivisibilmente leggono
l’inciso “non occasionale” (non tanto come nozione quantitativa in sé considerata, quanto
come espressiva di habitus del notaio e quindi) come differente da “non accidentale” –
espressione, quest’ultima, che renderebbe invece sanzionabile anche una violazione isolata,
se compiuta in mala fede -); d’altronde l’obbligo di informativa tra colleghi, previsto dal cit.
art. 20, cod. deont., “sorge solo quando tra il notaio e il collaboratore altrui si sia già formata
la volontà di procedere all'assunzione o ad iniziare la collaborazione”: Cass. civ. Sez. VI,
20/12/2011, n. 27767;
k) “il notaio, avendo l’obbligo di accertare la capacità legale di contrarre delle parti dell’atto
rogando, è responsabile del danno patito dall’acquirente di un immobile venduto da persona
già dichiarata fallita al momento della stipula, a meno che non dimostri che nemmeno con
l’uso della diligenza professionale da lui esigibile avrebbe potuto accertare l’esistenza della
sentenza dichiarativa di fallimento” (Cass. civ., Sez. III, 19/05/2009, n. 11569);
l) infine è oramai pacifico che “Considerata l'abrogazione delle tariffe obbligatorie disposta per
tutte le professioni intellettuali dalla legge n. 248/2006 e l'apertura alla concorrenza
introdotta per la professione notarile dalla legge n. 27/2012, il notaio che offre la
prestazione ad onorari inferiori a quelli di tariffa non pone in essere, per ciò solo, un illecito
disciplinare”: Cass. civ. Sez. II, 14/02/2013, n. 3715 (liberalizzazione delle tariffe
professionali, quella in esame, che importa conseguenze di rilievo anche nella dimensione
processuale per l’individuazione dei requisiti documentali necessari all’ottenimento dei
decreti ingiuntivi funzionali al recupero delle spettanze professionali: si segnala in proposito
22 Cass. civ. Sez. Unite, 06/05/1980, n. 2995.
13
l’orientamento del Consiglio notarile di Milano che non rilascia più pareri di congruità,
ancora richiesti dall’art. 636, c.p.c.: v. allegato “A”);
“Il notaio che, a fronte delle prestazioni professionali rese, percepisce in modo costante e
sistematico compensi inferiori ai minimi tariffari, secondo i criteri stabiliti dal Consiglio
Notarile, incorre nella violazione dell'art. 147, comma 1, lett. c), legge 16 febbraio 1913, n.
89 (legge notarile), per aver posto in essere illecita concorrenza nei confronti degli altri
Colleghi del Distretto. È priva di fondamento, infatti, la tesi secondo cui, per effetto del c.d.
decreto Bersani, sarebbe stata abrogata l'obbligatorietà dei minimi della Tariffa notarile. E
ciò perché l'abrogazione dell'obbligatorietà dei minimi tariffari disposta dal citato decreto
Bersani, genericamente riferita alle libere professioni, non riguarda la professione notarile
che si distingue da tutte le altre per la sua forte connotazione pubblica. Peraltro, sul punto,
non può essere trascurato che, successivamente al decreto Bersani, è entrato in vigore l'art.
30, D.Lgs. n. 249/2006, con cui è stato riformulato l'art. 147, comma 1, lett. c), l. not., ai sensi
del quale la sistematica riduzione da parte del notaio di onorari, diritti e compensi continua
a costituire illecito disciplinare”: App. Bari, 31/08/2011;
“La riduzione sistematica e persistente degli onorari può costituire presupposto per
l'accaparramento di clientela tale da rappresentare una violazione della deontologia
professionale ed un contegno disdicevole per la professione notarile in riferimento
all'attività esercitata anteriormente all'entrata in vigore delle disposizioni di cui all'art. 2 del
D.L. n. 223/2006”: Cass. civ. Sez. III, 15/04/2008, n. 9878;
d’altronde “Si rende responsabile dell'illecito disciplinare previsto dall'art. 147, L. 16 febbraio
1913, n. 89, per illecita concorrenza ai colleghi, il notaio che rinunzi totalmente ai compensi
per una pluralità di atti al fine di trarre maggiori vantaggi economici attraverso l'affidamento
di più lucrosi incarichi professionali futuri (nella specie, il professionista aveva rinunciato
totalmente al compenso per più atti posti in essere a richiesta di imprenditori edili e aveva
successivamente rogato numerose compravendite di appartamenti da loro costruiti).”: Cass.
civ. Sez. III, 28/07/2004, n. 14227;
m) come è pacifico che “costituisce illecito deontologico il comportamento del professionista, il
quale proceda al mero accertamento della volontà delle parti ed alla direzione nella
compilazione dell'atto, ma ometta di interessarsi delle attività preparatorie e successive
necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato
pratico perseguito, trattandosi di violazione prevista dall'art. 138 della legge 16 febbraio
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1913, n. 89, come sostituito dall'art. 22 del d.lgs. 1 agosto 2006, n. 249”: Cass. civ. Sez. Unite,
31/07/2012, n. 13617 (nella specie si è trattato di un notaio che ha ricevuto un atto di
novazione del rapporto di mutuo invece che uno di surroga, con conseguente aggravio
dell’affidamento a carico del cliente); come anche il caso del notaio che commette ad altri
l’indagine sulla volontà delle parti e la direzione della compilazione dell’atto (Cass.
30/11/2006, n. 25487);
n) come pure è incontestabile la necessità di una regolare tenuta dei repertori (in punto di
tempestiva vidimazione): Cass. civ. Sez. III, 13/10/2000, n. 13666 (che ha statuito la
inammissibilità di un informale annotamento degli atti in un registro provvisorio) e Trib.
Reggio Emilia, 05/10/2000 (mancata annotazione dell'atto nel repertorio); nonché, per la
violazione più grave, in punto di mancata tenuta tout court del repertorio: Cass. civ. Sez. III,
09/04/1999, n. 3477. Sul tema si veda anche Cass. civ. Sez. III, 06/02/1995, n. 1372 per cui
“Il notaio il quale annoti atti (nella specie protesti cambiari) su un registro sfornito della
prescritta vidimazione (nella specie intervenuta successivamente) incorre nella
contravvenzione di cui agli art. 62, 64 e 138 della legge notarile ( l. 16 febbraio 1913 n. 89),
per mancata annotazione di atti sul repertorio a norma del citato art. 62 (e non in quella di
irregolare tenuta del repertorio), dato che può essere qualificato come repertorio, ai sensi
della legge notarile, solo il registro che, come previsto dall'art. 64, prima di essere posto in
uso sia stato numerato e firmato in ciascun foglio dal capo dell'archivio notarile
competente.”;
o) come è insuperabile che incorra in un illecito disciplinare il notaio che proceda alla
pubblicazione di testamento olografo senza la presenza dei testimoni: Cass. civ. Sez. III,
23/10/1992, n. 11569;
p) come anche è per tabulas l’illecito ex art. 138-bis, L. Not. in caso di inserimento da parte del
notaio, nell’atto costitutivo di società, della clausola compromissoria in violazione degli artt.
34, d.lgs. n. 5/2003 e 28, L. Not.: Coredi Campania e Basilicata, 04/07/2008;
q) così il notaio che soprassiede ad una trasformazione societaria da cui risulta un capitale
superiore al patrimonio netto in assenza di una delibera di capitalizzazione (Cass. civ., Sez. II,
19/07/2016, n. 14765) ovvero, ancòra, il notaio che richiede l’iscrizione di una delibera
societaria affetta da invalidità “manifesta”, cioè inequivoca, anche ove si tratti di mera
annullabilità (Cass. civ. Sez. II, 19/07/2016, n. 14766) – probabilmente la sentenza, più che
un ritorno al passato rispetto all’interpretazione dell’art. 28, L. noti, si giustifica in ragione
15
delle particolare sedes materiae in cui è stata emessa (considerato che, nel diritto societario,
si può fare praticamente tutto sino alla soglia della galera, la Corte di legittimità da ultimo
citata ha probabilmente ritenuto opportuno ampliare l’area applicativa dell’art. 28, l.
professionale al fine di tenere alta l’attenzione del notaio anche nel settore delle operazioni
d’impresa esercitata in forma societaria) -;
r) naturalmente il notaio non può ‘omologare’ uno statuto di s.r.l. avente oggetto sociale
illecito (Cass. civ. 30/01/2013, n. 2220: esercizio di attività finanziaria presso il pubblico, in
assenza degli indispensabili requisiti di legge – d.lgs. 1.09.1993, n. 385, cd. T.U.B. -
riscontrabili solo presso gli intermediari finanziari autorizzati e iscritti in un apposito elenco
tenuto dalla Banda d’Italia);
s) com’è ovvia l’illiceità della condotta del P.U. (art. 138, co. 1, lett. b, L. Not.) che viola le
modalità redazionali di un atto notarile ricevuto anche in lingua straniera non conosciuta dal
Pubblico Ufficiale (art. 55, L. not.): Coredi Toscana, 25.05.2016;
t) come pure è fuori discussione l’illiceità dell’utilizzo dei poteri notarili di rettifica (art. 59-bis,
l. not.), fisiologicamente previsti per rimediare ad errori od omissioni materiali relativi a dati
preesistenti alla redazione dello stesso atto di rettifica, per modificare il contenuto
sostanziale dell’atto: Coredi Lombardia, 26.11.2015 (che ha applicato l’art. 28, n. 1, l. not.)
nonché Appello Firenze, 7/07/201623;
u) quanto sopra al di là dei noti casi che possono considerarsi “limite” e relativi:
a. alla tardività della trascrizione dei trasferimenti immobiliari24 (ex art. 2671)25 – qui la
difesa ha davvero pochissimo spazio di movimento, soprattutto a fronte di un ritardo
23 Assolutoria, per il P.U. rettificante, è invece Appello Milano, 18/10/2016.
24 Per App. Milano, 26/10/2011: “[…] mentre il decorso di un lasso di tempo di tredici giorni potrebbe configurare un
ritardo non giustificato, lo stesso non può dirsi di un lasso di tempo che oscilli tra i tre ed i cinque giorni, il quale in
nessun modo può configurare un ritardo colpevole, né una negligenza suscettibile di fondare una ipotesi di
responsabilità”.
Il termine quindi entro il quale effettuare la trascrizione di regola sta nel mezzo rispetto ai due appena citati (otto giorni),
venendo sostanzialmente a coincidere con il termine utile per l’incasso dell’assegno (art. 32, l. assegni). Fatto salvo il
caso in cui gli acquirenti richiedano espressamente di procedere ad una immediata trascrizione o l’ipotesi in cui vengano
segnalate oggettive ragioni (per es.: la precaria condizione economica del venditore) che consigliano un più tempestivo
adempimento.
25 Di nessun aiuto è la considerazione delle modalità sottese all’operare del “modello unico” (presentazione della
trascrizione con contestuale pagamento delle imposte) in quanto il notaio può rifiutarsi di ricevere l’incarico se il cliente
16
sistematico nella pubblicità degli atti, potendosi limitare alle “scuse” (che sappiano
essere espressione di un effettivo pentimento del P.U.) e, in caso di danno, dall’essersi
operato (in funzione riparatrice) per la rimozione delle conseguenze della propria
condotta ciò rilevando (cd. “ravvedimento operoso” ex art. 144, co. 1, legge notarile) ai
fini della concessione del beneficio rappresentato dalle circostanze attenuanti specifiche
(Cass. civ. Sez. II, 12/02/2014, n. 3203 e App. Firenze, 20/07/2012): certamente
sconsigliata è una temeraria resistenza sorretta da una odiosa e cieca difesa “ad oltranza”
-;
la violazione di questo precetto, peraltro, si rivela particolarmente grave poiché risulta
in aperto contrasto con la fondamentale prerogativa di giurisdizione preventiva che
connota il ministero notarile (il richiamo è alla cd. funzione anti-processuale che è
chiamato ad assolvere il P.U.);
b. alla mancata effettuazione delle (propedeutiche) verifiche ipotecarie (obbligo per il
P.U.)26 che ha portato alla negoziazione come libero di un bene immobile invece
ipotecato o, forse ancor peggio (per il concreto rischio dell’intervento di altri creditori),
pignorato.
Sul punto merita di essere richiamata Cass. civ. Sez. II, 09/09/2011, n. 18579 per cui
“Allorché le parti abbiano aliunde la conoscenza degli elementi cui le c.d. visure
ipotecarie sono finalizzate, esse non hanno più ragion d'essere, e la omissione della loro
effettuazione da parte del notaio non costituisce violazione dei suoi doveri professionali”
e Cass. civ. Sez. III, 16/01/2013, n. 903 per la quale “il risarcimento del danno
conseguente può essere disposto anche in forma specifica, mediante condanna del
notaio alla cancellazione della formalità non rilevata, a condizione, tuttavia, che vi sia la
possibilità di ottenere, a tal fine, il consenso del creditore procedente e che il relativo
incombente non sia eccessivamente gravoso, sia per la natura dell'attività occorrente,
non anticipa i denari implicati dall’operazione (anche se questo, spesse volte, rischierebbe di far perdere al notaio il
cliente stesso – gli artt. 28, co. 3 e 78, co. 2, L. not. in realtà sono oggi norme desuete, in quanto le stesse sono state
dettate in un periodo storico in cui il cliente entrava nello studio del notaio con il cappello in mano -).
26 Come anche confermato almeno sin da Cass. civ. Sez. III, 06/04/1995, n. 4020. Salvo che ricorra una “espressa e
concorde dichiarazione delle parti” che “sollevi il notaio dall'onere di provvedere ad effettuare le cd. visure ipotecarie”
e che non integri clausola di stile in quanto “giustificata da accertate esigenze concrete delle parti”: App. Roma Sez. IV,
10/01/2007.
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che per la congruità, rispetto al danno, della somma da pagare. È onere del giudice di
merito, il quale intenda condannare il notaio al risarcimento in forma specifica, motivare
il proprio provvedimento, dando conto della sussistenza di tali presupposti” (27);
c. alla mancanza, in atto traslativo di diritti reali su fabbricati costituendi unità immobiliari
urbane, della dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali (art. 29, co.
1-bis, l. n. 52/1985 introdotto dall’art. 19, co. 14, d.l. n. 78/2010 convertito con l. n.
122/2010 -): Cass. civ. Sez. II, 11.10.2016, n. 20465; Appello Firenze 6/09/2016; Cass. civ.
Sez. II, 3/06/2015, n. 11507; Cass. civ. Sez. II, 11.04.2014, n. 8611 e Coredi Piemonte,
23.12.2015.
Tuttavia esistono anche dei casi, e sono molto più frequenti di quanto si possa pensare, in cui il
Consiglio notarile calca la mano del tutto infondatamente.
Assai errata è quindi l’idea, che potrebbe nascere in coloro che osservano dall’esterno, in ordine alle
modalità di conduzione dei giudizi disciplinari come forme di giustizia “addomestica” (28).
Si danno infatti casi di “formulazione degli addebiti che, per la sua genericità ed astrattezza, non
consente di individuare specifici comportamenti disciplinarmente rilevanti” (29). In queste ipotesi,
limitandosi l’accusa ad affermare che il notaio svolge la professione “in modo incompetente e
scorretto”, “non è possibile l’applicazione dell’art. 147, lett. a) e b), Legge notarile e la richiesta di
procedimento deve essere dichiarata improcedibile, con conseguente proscioglimento del notaio
[ingiustamente, n.d.r.] incolpato” (Cass. civ. Sez. II, 04/04/2014, n. 8036, la quale afferma, in modo
27 D’altronde, tradizionalmente, il risarcimento in forma specifica (operante soprattutto per i diritti assoluti) era da
considerare come la forma di tutela primaria per il cittadino (si tratta di una tutela a carattere reintegrativo: la cd.
restitutio in integrum, quale rimessione in pristino dello status quo ante, elimina gli effetti dell’altrui comportamento
lesivo del diritto) mentre l’esecuzione per equivalente (prevista soprattutto per i diritti relativi e quindi di credito) era
una tutela solo secondaria (per es.: quando la cosa in proprietà veniva distrutta). In proposito cfr. M. Giorgianni,
L’inadempimento, Milano, 1975, pagg. 14-28.
28 È opportuno ricordare, in ordine ai criteri di individuazione della pena, che “Nel procedimento disciplinare a carico
dei notai, la determinazione qualitativa e quantitativa della sanzione da irrogare, nell'ambito dei limiti previsti dalla
legge, rientra tra i poteri discrezionali dell'organo preposto ad irrogarla; in considerazione della natura punitiva che le è
propria, ogni sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto, alle circostanze dello stesso ed alla personalità
dell'autore dell'illecito, alla stregua dei criteri previsti per gli illeciti penali dall'art. 133 cod. pen. e per gli illeciti
amministrativi dall'art. 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689”: Cass. civ. Sez. VI, 11/03/2011, n. 5914.
29 Sulla necessaria specificità dell’addebito mosso dal Consiglio, cfr. anche Cass. civ. Sez. III, 31/05/2006, n. 12992.
18
condivisibile, che è “necessario specificare in maniera approfondita tutte le contestazioni”;
conforme è Cass. civ. Sez. II, 31/01/2014, n. 2145).
E spesso il Consiglio notarile, nel corso dell’attività istruttoria preliminare (volta ad individuare il
fatto oggetto dell'addebito, le norme che si assumono violate e a formulare le conclusioni), con la
quale vengono (legittimamente) richieste informazioni a soggetti privati (Cass. civ. Sez. VI - 3,
04/03/2013, n. 5270) omette di rispettare l’esigenza di valutarne accuratamente l’attendibilità.
Consiglio notarile, almeno quello di Milano, che, soprattutto nell’ultimo periodo, si sta dimostrando
sempre più attento e sempre più intransigente rispetto alle condotte tenue dai P.U., diramando
presso gli iscritti anche moduli da riempire, a titolo informativo, per favorire l’attività di vigilanza
(allegato “B”).
Ma si rinvengono anche pronunce favorevoli al notaio: “Non è manifestamente contrario a
norme imperative, e quindi non integra gli estremi della responsabilità disciplinare prevista dall'art.
28 L. Not., un atto la cui illegittimità sia discussa” (App. Milano Sez. I, 16/11/2012).
Rilevante inoltre è la pronuncia per cui “In tema di procedimento disciplinare a carico del notaio, in
applicazione del principio fondamentale "nemo tenetur se detegere", il notaio non può essere
costretto a rendere dichiarazioni in seguito alle quali possa essere successivamente esposto a un
procedimento sanzionatorio”: Cass. civ. Sez. III, 13/07/2004, n. 12906 (la sentenza afferma che, in
un sistema che riconosce rilevanza alle cause di giustificazione, il rifiuto di rendere dichiarazioni,
scritte od orali, “autoindizianti” è, da parte del notaio, esercizio di un diritto, sebbene richieste dal
Consiglio notarile nell'ambito delle sue funzioni di vigilanza e controllo). Il dovere di collaborazione
con il Consiglio è violato (con autonomo illecito disciplinare) solo quando il notaio, con la sua
condotta, sostanzialmente ostacoli l’attività istruttoria, per es. non fornendo la documentazione
richiesta genericamente dall’organismo di appartenenza (Trib. Sondrio, 13/05/1996), ma non anche
quando si rifiuti di assecondare richieste maliziose del Consiglio il cui riscontro possa sottendere un
riconoscimento di responsabilità da parte dello stesso P.U. (in questo caso, difatti, la sanzione
deriverebbe dall’ammissione del notaio più che dai risultati dell’indagine del Consiglio notarile)30.
“L'interesse a ricorrere al giudice amministrativo può essere anche soltanto morale; pertanto,
sussiste l'interesse di un notaio ad impugnare la deliberazione con la quale il Consiglio nazionale
30 Nel medesimo senso: Cass. civ. Sez. III, 18/06/2004, n. 11412 e Trib. Torino, 18/02/2000.
19
del notariato elabora principi deontologici per gli appartenenti alla categoria, in quanto la
qualificazione di taluni comportamenti degli iscritti in termini di disvalore etico comporta la
riprovazione dei consociati, nonché degli altri colleghi e dei clienti, indipendentemente dall'avvio di
un procedimento disciplinare e dalla irrogazione di una specifica sanzione.”: Cons. Stato Sez. IV,
17/02/1997, n. 122 e T.A.R. Umbria, 20/05/2003, n. 389.
“Il notaio che presenti al proprio Consiglio Notarile distrettuale reiterate istanze di accesso ai
documenti e poi, dinanzi ai dinieghi del Consiglio, promuova le conseguenti azioni in sede
giurisdizionale, non incorre nella violazione dell'art. 147, comma 1, lettera a) l. not. E ciò perché il
decoro e prestigio della classe notarile, tutelato dalla menzionata disposizione, non può dirsi leso
da un'attività coincidente con l'esercizio del diritto di agire garantito dalla Costituzione, salvo che,
nella sede propria, non sia stata accertata l'abuso del diritto da parte del notaio.”: Cass. civ. Sez. II,
23/01/2014, n. 1437.
2. Il cd. “attificio” e le varie forme di rastrellamento della clientela.
Il ‘problema’ indicato in epigrafe non interessa, direttamente, molti studi notarili ma coinvolge,
in via mediata, l’intera categoria professionale.
Quello che nel settore viene comunemente marchiato, con terminologia evidentemente
dispregiativa, come “attificio”, ossia come “fabbrica di atti” che poco ha da spartire con le
professioni intellettuali e molto invece condivide con l’impresa e le sue logiche produttive (catene
di montaggio), è un fenomeno che, almeno di regola, si collega direttamente a due specifici
comportamenti illeciti: la spersonalizzazione della prestazione da parte del P.U. e il procacciamento
d’affari in favore di quest’ultimo.
In proposito si ricorda, per la giurisprudenza, che:
“L'elevato numero di atti stipulati in ridotti margini di tempo non costituisce, a carico del notaio,
prova dell'esecuzione delle prestazioni secondo sistematici comportamenti frettolosi o compiacenti
e della conseguente violazione dell'art. 147, legge n. 89/1913 (legge notarile), in relazione all'art.
14, comma 1, lett. b), Codice deontologico. Ed infatti, considerato che, ai fini della configurazione
dell'illecito in esame, occorre fare riferimento, non soltanto alla fase della stipula del dell'atto, ma
all'esecuzione della prestazione nel suo complesso, comprensiva dell'attività propedeutica alla
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stipula stessa, l'Organo promotore del procedimento non può limitarsi a richiamare il numero di atti
ricevuti dal notaio incolpato in ridotti margini di tempo, ma ha l'onere di ancorare l'addebito a
precise risultanze probatorie.”: Cass. civ. Sez. II, 24/04/2013, n. 10042 (la pronuncia, in sostanza,
afferma che un elevato rendimento, se conseguenza di un’efficiente sistema di lavoro, esclude la
negligenza del P.U.).
“L'elevato numero di atti stipulati in ridotti margini di tempo (nella specie, ricavabili dall'orario di
sottoscrizione di un atto e l'orario di sottoscrizione dell'atto successivo) non costituisce, a carico del
notaio, prova dell'inosservanza del principio di personalità della prestazione e, segnatamente, di
una frettolosa indagine della volontà delle parti. Infatti, ai fini della configurazione di un simile
illecito, occorre fare riferimento, non soltanto alla stipula dell'atto, ma all'esecuzione della
prestazione nel suo complesso, comprensiva dell'attività propedeutica alla stipula stessa. E ciò,
tanto più se si considera che, in assenza di norme che impongono comportamenti diversi, l'indagine
della volontà delle parti e la redazione materiale dell'atto ben possono avvenire in un momento
precedente alla stipula.”: App. Ancona, 29/05/2010.
“L'elevato numero di atti stipulati in ridotti margini di tempo non costituisce, a carico del notaio,
prova dell'inosservanza del principio della personalità della prestazione e della violazione dell'art.
147, comma 1, lett. b), l. not. - legge 16 febbraio 1913, n. 89 - in relazione agli artt. 36 e 37 del Codice
deontologico. E ciò in quanto, ai fini della configurazione dell'illecito, occorre fare riferimento, non
soltanto alla stipula dell'atto, ma all'esecuzione della prestazione nel suo complesso, comprensiva
dell'attività propedeutica alla stipula stessa, nella quale, come precisato dal Cnn nei protocolli
sull'attività notarile in generale, il notaio deve effettuare gli adempimenti ricompresi nel principio
della personalità della prestazione, tra cui l'indagine della volontà delle parti.”: App. Milano,
24/11/2010. E così è anche per Appello Genova, 01/04/2009.
Del resto, ritengo di poter aggiungere, il fenomeno degli “attifici” riguarda studi notarili nei quali, in
assoluta prevalenza, vengono ricevuti atti di compravendita e mutuo, fattispecie rispetto alle quali
il rigore della indagine della volontà delle parti è notevolmente attenuato dalla stessa semplicità del
‘voluto’ sotteso all’operazione (appuntandosi l’indagine notarile sull’eventuale regime coniugale
delle parti, sull’applicazione delle agevolazioni “prima casa”, sull’esistenza o meno di intermediatori,
sui dati edilizio-urbanistici nonché, oltre al connaturale giudizio di legalità degli atti, sul tipo di
finanziamento previsto nelle bozze predisposte dalle stesse banche erogatrici del credito: tutti dati,
in prevalenza documentali, relativi, per il resto, a mere dichiarazioni di scienza).
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Inoltre non è inutile rilevare che la contemporanea giurisprudenza di merito conferma il dato per
cui l’odierno sistema normativo notarile “consente al P.U. […] la delega a collaboratori qualificati
dell’attività preparatoria, considerando infungibile e non delegabile la sola attività di accertamento
della volontà negoziale” la quale “può avvenire contestualmente al rogito” soprattutto per quegli
atti non complessi, che rappresentano la quasi totalità di quelli ricevuti dal notaio, dove la causa in
concreto del negozio coincide con il tipo legale del contratto: App. Genova, 03/04/2013 (e ancòra,
continua la sentenza da ultimo richiamata, “Invero, la complessità del controllo del notaio riposa
oramai non tanto nell’indagine di ciò che le parti effettivamente vollero – limitata ad atti particolari
o atipici – quanto nella conformità dell’atto alla sempre più articolata, se non caotica, normativa
amministrativa, edilizia, fiscale, antiriciclaggio, etc. che interviene costantemente nelle
regolamentazioni private degli interessi; sovente anche in quelli più banali”.).
Ma questo è solo il risultato di un non breve iter interpretativo che, almeno in origine, è stato molto
più severo nei confronti del P.U.:
“Incorre in responsabilità professionale, con conseguente applicazione della sanzione disciplinare,
il notaio che redige troppi atti se non riesce a dimostrare di aver avuto il tempo effettivo di leggerli
tutti, essendo irrilevante il fatto che vi sia un ottimo supporto organizzativo del team di studio. La
legge n. 89/1913, art. 47 statuisce che "il notaio indaga sulla volontà delle parti" e sotto la propria
direzione e responsabilità cura "la compilazione integrale dell'atto", cui è strettamente connessa la
lettura, atteso che è in questa fase, contrassegnata dalla contemporanea presenza delle parti, che
emerge il riscontro finale della corretta individuazione di tale volontà e dell'adeguata trasposizione
nel testo predisposto" (...). Pertanto, la frettolosità è incompatibile con l'attività notarile ed essa è
ben deducibile presuntivamente allorquando il tempo dedicato alla formazione dell'atto non sia
sufficiente neppure alla lettura integrale dell'atto stesso. In questo caso è onere del notaio provare
la corretta esecuzione delle varie operazioni”: Cass. civ. Sez. VI, 21/12/2011, n. 28023 (la prova della
negligenza notarile può essere desunta, anche in via presuntiva, dal semplice numero degli atti
rogati quando tale da far ritenere che il tempo teoricamente dedicato alla formazione di ciascun di
essi non sia neppure sufficiente a darne integrale lettura).
“La vigente normativa non prescrive una sequenzialità diretta tra le fasi di indagine della volontà
delle parti, di redazione dell'atto e di lettura dello stesso da parte del notaio, sicché tali adempimenti
possono, in linea di principio, eseguirsi anche in modo intermittente, ossia con intervalli tra l'uno e
l'altro. Tuttavia, qualora il lasso di tempo intercorrente tra l'orario di sottoscrizione di un atto e
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l'orario di sottoscrizione dell'atto successivo, ricevuti nella medesima giornata, sia talmente ridotto
da apparire insufficiente alla lettura del secondo, si può presumere che il notaio abbia violato il
principio di personalità della prestazione (artt. 47, comma 2, legge 16 febbraio 1913, n. 89 - legge
notarile - e artt. 36 e 37 del Codice deontologico). Per effetto di tale presunzione, e della
conseguente inversione dell'onere della prova, spetta in questo caso al notaio dare dimostrazione
della correttezza deontologica del proprio operato.” (Cass. civ. Sez. VI, 13/10/2011, n. 21202).
Sempre sulla presunzione tra elevato numero di atti ricevuti giornalmente e mancata personalità
della prestazione del P.U.: Cass. civ. 21/12/2011, n. 2823.
“Costituisce illecita concorrenza ai colleghi il comportamento del notaio sistematicamente
frettoloso, emergente dalla inadeguatezza dei pochi minuti dedicati alla formazione di ciascuno dei
verbali di assemblea dei soci di società di capitali, insufficienti anche alla lettura dei nuovi statuti
approvati.”: Cass. civ. Sez. III, 10/04/2008, n. 9353.
Quanto alla spersonalizzazione della prestazione, in tema di art. 47, L. Not. (divieto, o
meglio, eccesso di delega delle funzioni notarili ai collaboratori di studio pur se relativa ad attività
di carattere routinario o seriale), si segnalano le seguenti pronunce:
“I doveri del notaio, di audizione delle parti, di informazione delle stesse, di imparzialità ed
equidistanza dalle medesime, vanno adempiuti dal professionista sia prima che dopo la stesura
dell'atto da leggere alle parti. Deve escludersi che il notaio possa sistematicamente delegare, al
compimento delle suddette attività, propri collaboratori senza incorrere in responsabilità
disciplinare. Invero, costituisce illecito deontologico il comportamento del professionista che
proceda al mero accertamento della volontà delle parti ed alla direzione nella compilazione
dell'atto, omettendo di interessarsi delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare
e garantire la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato pratico perseguito,
incorrendo in tal caso, nella violazione dell'art. 22 del d.lgs. n. 249 del 2006”.
“Ai fini disciplinari, il notaio deve svolgere personalmente tutte le funzioni attribuitegli
dall'ordinamento nel ricevimento degli atti, con specifico riguardo all'individuazione della volontà
delle parti, incluse le attività preparatorie e le successive, non potendo delegare per intero ai
collaboratori tali attività sulla base del loro carattere "routinario" o "seriale"”: Cass. civ. Sez. II,
04/04/2014, n. 8036.
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“E' punito con la sanzione disciplinare della censura il notaio che ometta di osservare l'obbligo di
indagare personalmente e direttamente la volontà delle parti, delegando tale funzione ai propri
dipendenti, e dando al proprio studio un'organizzazione più simile a quella di un'impresa piuttosto
che a quella che sarebbe stata consona ad uno studio notarile”: Cass. civ. Sez. III, 18/05/1994, n.
4866.
“L'espressione "ricevere un atto", usata dalla legge notarile, va intesa non nel senso di accettare
materialmente un documento, bensì in quello di indagare la volontà delle parti, interpretarla ed
esprimerla in forma giuridica in modo che possa conseguire gli effetti voluti dalle parti stesse”: App.
Palermo, 15/12/1978.
Fa tuttavia specie che i Consigli notarili, per lo meno con certezza quello di Milano, consentano
l’inserimento, nel loro sito, di curricula nei quali gli aspiranti collaboratori di studio specificano di
avere un “notevole grado di autonomia” e di svolgere attività di “istruttoria pratiche” nonché di
“tenuta dei contatti con clienti e banche” e ancòra “la gestione diretta delle vendite per i privati”, il
“controllo degli originali” e con assunzione di “responsabilità”.
In ordine al procacciamento d’affari, invece, si riferiscono i seguenti provvedimenti:
ai fini di ravvisare la fattispecie illecita (per essere non occasionale) sono “indispensabili sia l'opera
del terzo che indirizzi al notaio un certo numero di clienti, sia un atteggiamento attivo del notaio,
sicché ne sia turbato il corretto esercizio della funzione pubblica, alterando il momento della libera
scelta del professionista da parte dei potenziali clienti”: Cass. civ. Sez. III, 24/07/1996, n. 6679 (per
tal ultima pronuncia, peraltro, è “del tutto irrilevante che l'opera di procacciamento sia stata svolta
dal terzo anche in favore di altri notai”).
“Il contratto che intervenga fra un notaio ed il titolare di un'agenzia di affari, avente ad oggetto
l'apporto da parte del primo dell'attività professionale necessaria alla redazione di atti occorrenti a
detta agenzia, e l'assunzione da parte del secondo, oltre che degli oneri inerenti a locali, beni
strumentali e personale, anche del procacciamento stabile di clienti per il notaio medesimo, al fine
di una ripartizione dei relativi proventi, è nullo, a norma dell'art. 1418 c. c., per contrasto con norme
imperative di legge, atteso che esula dalla mera associazione fra professionisti, nei limiti consentiti
dall'art. 82, l. 16 febbraio 1913, n. 89 sull'ordinamento del notariato, od in genere dalla disciplina
della l. 23 novembre 1939, n. 1815, e si traduce nella creazione, in forma societaria, di una struttura
imprenditoriale per l'esercizio della professione notarile, in violazione dell'inderogabile principio del
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carattere personalissimo della professione stessa, nonché dell'impossibilità di associarvi soggetti
privi delle prescritte qualità ed abilitazioni.”: Cass. civ., 11/12/1985, n. 6271 (ipotesi di nullità per
illiceità della causa di quel contratto stipulato tra notaio e soggetti estranei alla professione per la
gestione in comune di uno studio notarile al fine di dividerne gli utili).
“Il notaio che, al fine di incrementare la propria clientela, si serve dell'opera di un procacciatore di
affari (nella specie, un collega cessato dall'esercizio delle funzioni), versandogli, come corrispettivo,
una percentuale sull'incasso, incorre nella violazione dell'art. 147, comma 1, lett. b), legge n.
89/1913 (legge notarile), sia in relazione all'art. 17 del previgente codice deontologico, che in
relazione all'art. 31 del codice deontologico vigente. In particolare, la prova dell'accordo economico
intercorso tra il notaio ed il procacciatore può considerarsi raggiunta anche in difetto
dell'acquisizione delle fatture emesse dal secondo nei confronti del primo. Qualora, infatti, il notaio
abbia invocato l'esame di detta documentazione, al fine di dimostrare la liceità della propria
condotta, è suo onere, anche in base al c.d. principio di vicinanza della prova (ossia all'effettiva
possibilità, per l'una o per l'altra parte, di offrire la prova del proprio assunto), curarne la produzione
in giudizio.”: Cass. civ. Sez. VI, 23/03/2012, n. 4721.
Invero questa modalità di reclutamento della clientela, di non semplice dimostrazione, non può
essere provata dal Consiglio attraverso semplici illazioni (come invece spesso accade) ma necessita,
al fine di non sovvertire i fondamentali principi garantisti ai quali deve attenersi la commissione
giudicante anche in considerazione della gravità della pena che ne discende, di una rigorosa prova
in termini di certezza sulla reale esistenza di un preciso mandato conferito dal P.U. a titolo di
procacciamento di affari: così è pacificamente sin da Cass. civ., 10/08/1963, n. 2274 (nonché, per la
più autorevole dottrina notarile di settore, P. BOERO, La legge notarile commentata, II, 1993, Torino,
147).
Certo, gravi imbarazzi possono creare quelle situazioni in cui il procacciatore guadagna, pure se al
lordo, più del notaio, risultando, da una analisi della situazione sul versante economico,
un’inversione dei ruoli e della relazione gerarchica di studio (indi abusivo), apparendo il
procacciatore una sorta di “notaio di fatto” (dominus) e il notaio relegato al ruolo di subalterno,
potendone risultare addirittura minata la stessa indipendenza del P.U. (ma quest’ultimo profilo
verrà affrontato ex professo nel capitolo seguente).
Ma anche una evidente concentrazione di designazioni verso un dato notaio, a maggior ragione in
periodi di crisi economica, è (co)elemento che può condurre a ritenere consumato lo sviamento di
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clientela da parte di banche, intermediari o professionisti (Coredi Piemonte e Val d’Aosta,
14/01/2013, n. 10120)31.
Accaparramento di clienti che avviene, è dato riscontrare, non solo mediante l’attività di
procacciamento di affari affidata ad un terzo (è il caso, per esempio, del notaio che promette ad
un’agenzia immobiliare un compenso per ogni atto destinato allo studio notarile e di consulenza
gratuita per tutte le esigenze dell’agenzia: Cass. civ. Sez. III, 29/11/1991, n. 12883) ma pure in esito
a (“equivalenti”) fenomeni usurpativi dell’altrui nome: “Rischia di essere sospeso il notaio che usa il
nome di un vecchio studio per accaparrarsi la clientela e per poi stipulare nel suo” (Cass. civ. Sez. III,
04/01/2010, n. 3); ovvero anche mediante “la reiterata e sistematica riduzione degli onorari al di
sotto del minimo tariffario”: Cass. civ. Sez. III, 18/03/2008, n. 7274 (32); e il procacciamento può
inoltre darsi, si registra nella pratica, anche quando “Il notaio, che a titolo gratuito presta la sua
opera in una fase preparatoria nella prospettiva dell'incarico per la stipula di atti successivi, pone in
essere l'illecito disciplinare previsto dall'art. 147 della legge notarile che vieta al notaio di fare ai
31 Ma si pensi anche alle deleghe dei Tribunali ai notai, con inammissibili fenomeni di concentrazione degli affari più
appetibili in capo solo a taluni P.U., per le operazioni di vendita nell’àmbito delle esecuzioni immobiliari (artt. 591-bis,
ss., c.p.c.). In proposito, delle due l’una: o i Presidenti dei Tribunali omettono di vigilare sul rispetto del criterio di “equa
distribuzione” scolpito nell’art. 179-quater, disp. att., cod. di rito civ. (in manifesto pregiudizio del primario valore
rappresentato dalla trasparenza nell’attività di amministrazione della giustizia) o reputano i notai svantaggiati dal
Tribunale come meno professionali di altri, e non è dato comprendere sulla base di quale criterio discrezionale possa
venire effettuata tale cernita.
È pertanto indispensabile in questi casi reagire con una pronta denuncia del trend illegittimo in modo da contribuire a
garantire una regolare distribuzione quantitativa e qualitativa delle deleghe relative alle operazioni di vendita ex artt.
591-bis, ss., c.c.
Per di più, e non si crede sia per caso, a pochi soltanto dei notai iscritti all’albo previsto dall’art. 179-ter, disp. att., c.p.c.,
e in larga prevalenza solo a quelli, vengono affidate le aste relative a beni immobili di pregio, e comunque a quelli
nettamente più appetibili sul mercato, con la maggior assicurazione, per il P.U. incaricato di curare le relative vendite,
di un onorario meglio remunerato. Con buona pace degli altri notai ai quali restano gli incarichi relativi agli immobili di
scarso pregio che confluiscono in aste destinate, sin dall’origine, ad andare regolarmente deserte.
32 Cass. civ. Sez. II, 23/04/2013, n. 9793 per cui “[…] pur essendo venuta meno […] l’automatica sanzionabilità della
condotta del notaio che offra la propria prestazione per compensi più contenuti rispetto a quelli previsti dalla tariffa
notarile, la tutela deontologica del decoro della professione in ipotesi di indiscriminate politiche di ribassi, non più
affidata ad una rigida equiparazione dei corrispettivi, non priva di rilevanza, sul medesimo piano disciplinare, i
comportamenti concorrenzialmente scorretti o predatori, né le attività serialmente prestate di accaparramento della
clientela, che incidano sulla qualità delle prestazioni rese”.
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colleghi illecita concorrenza tentando di ampliare la propria clientela con riduzione di onorari o
diritti accessori (nella specie, il notaio aveva redatto gratuitamente allo IACP alcuni atti al fine di
procurarsi clienti nell'ambito della gestione dell'istituto).”: Cass. civ. Sez. III, 18/05/1994, n. 4866. Si
trova scritto che “È punito con la sanzione disciplinare della censura il notaio che subdolamente,
con mezzi scorretti e sleali, ponga in essere manovre di accaparramento di clientela che l'iniziativa
del consiglio notarile intendeva scoraggiare.”: Trib. Torino, 29/03/1993.
“In materia di responsabilità disciplinare dei notai, l'art. 147 della legge notarile individua con
chiarezza l'interesse meritevole di tutela nella salvaguardia della dignità e reputazione del notaio
nonché del decoro e prestigio della classe notarile, individuando altresì la condotta idonea a ledere
l'interesse tutelato e, in particolare, sanzionando come illecita la concorrenza effettuata con
riduzioni di onorari, diritti o compensi, o servendosi dell'opera di procacciatori di clienti, di richiami
o pubblicità non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente
al decoro e al prestigio della classe notarile; quindi, la norma, rispettosa del principio di legalità, non
vieta la concorrenza tra i notai (la cui liceità, anzi, implicitamente riconosce), ma ne vieta le forme
illecite, perché lesive del decoro e del prestigio della classe notarile”: Cass. civ. Sez. VI, 23/03/2012,
n. 4721.
3. I profili di indipendenza della professione autonoma.
Gli spesso trascurati problemi relativi alla indipendenza della professione notarile, e di quella
libera intellettuale tutta, è stata messa di recente in evidenza in un editoriale recentemente apparso
sulla prima pagina del sito internet della rivista giuridica trimestrale online ‘Libero Osservatorio Del
Diritto’ (lodd.it n. 4/2016), allegato al presente lavoro sotto la lett. “C”.
Al di là del divieto “di ogni interferenza tra professione ed affari” posto al paragrafo 1 del vigente
codice deontologico (per cui vi è incompatibilità dell’ufficio di notaio con la professione di
commerciante, di mediatore, agente di cambio o sensale con conseguente impedimento di qualsiasi
commistione tra l’attività notarile e quella commerciale33), il breve saggio stigmatizza la illegittimità
del contegno del notaio che denoti, di fatto, l’elezione da parte del P.U., a proprio esclusivo
33 Con ciò si vuole evitare di fornire un’immagine mercantile e utilitaristica della professione, lesiva, in quanto tale, della
dignità, del decoro e del prestigio della classe notarile.
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interlocutore, di uno solo dei comparenti, con violazione del dovere di equidistanza, rispetto agli
interessi della parti, che deve colorare l’opera del notaio permeandola ab intrinseco34.
Inoltre lo stesso saggio compie un rinvio ad un atto di autentica notarile, che qui si allega sotto la
lett. “D”, nel corpo del quale il notaio autenticante dichiara che “Prima delle sottoscrizioni” i
comparenti “hanno dichiarato di aver fatto redigere l’intero documento così autenticato da
operatori del diritto di loro fiducia, di averlo letto dispensandone me notaio e di accettarlo
integralmente con tutti gli errori, incongruenze, omissioni e imprecisioni che io stesso ho fatto loro
notare”.
Ebbene è sufficiente in proposito rammentare (al di là dell’abuso delle clausole di esonero da
responsabilità) che “Incorre nella violazione dell'art. 147, comma 1, lett. a) e b), l. not. (in relazione
agli artt. 1, comma 2, 22, 27, 41, 42 e 49 Codice deontologico) il notaio che […] immette
nell'ordinamento un atto privo di completezza e chiarezza e inidoneo a regolare efficacemente i
rapporti fra le parti, che restano, conseguentemente, esposte a molteplici rischi giuridici.”: Cass. civ.
Sez. III, 03/03/2010, n. 5065.
Alla luce di quanto sopra si auspica, per l’avvenire, di non doversi più imbattere in certi orrori
giuridici come quello in commento, di modo che la dignità della professione, presso tutti gli
operatori di settore, sappia recuperare quell’indipendenza, oggi soprattutto dal cliente e per esso
dal relativo danaro, che istituzionalmente ne deve caratterizzare la più intima essenza.
4. La prescrizione (estintiva) dell’illecito disciplinare e il dies a quo.
Assai rilevante, per delimitare i contorni temporali della responsabilità deontologica del notaio,
è individuare con esattezza il dies a quo cui riferire l’inizio del corso del termine prescrizionale il
34 “Il notaio che riceve un contratto di compravendita di un immobile, senza indicarne il prezzo, incorre nella violazione
dell'art. 147, comma 1, lett. a) e b), l. not. - legge n. 89/1913, in relazione agli artt. 1, comma 2, 22, 27, 41, 42 e 49 Codice
deontologico, ancorché una simile mancanza non comporti la nullità dell'atto. […]. Il comportamento del notaio, inoltre,
denota come questi abbia di fatto eletto a interlocutore esclusivo l'acquirente, al cui vantaggio fiscale è univocamente
piegata la mancata indicazione del prezzo della compravendita, in contrasto con il dovere di equidistanza, rispetto agli
interessi delle parti, che deve permeare l'opera del notaio.”: Cass. civ. Sez. III, 03/03/2010, n. 5065.
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quale ultimo, una volta giunto a maturazione, renderebbe improcedibile l’azione disciplinare contro
il P.U. (Cass. civ. Sez. Unite, 08/04/1991, n. 3658)35.
Sul punto dispone l’art. 146, L. not. il quale afferma, al co. 1, che “L’illecito disciplinare del notaio
si prescrive in cinque anni decorrenti dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa ovvero, per le
infrazioni di cui all’art. 128, co. 3, commesse nel biennio, dal primo giorno dell’anno successivo”.
Il co. 2 della citata disposizione prevede i casi di interruzione, il co. 3 disciplina la causa di
sospensione e il co. 4 regola la prescrizione dell’esecuzione della condanna.
Di conseguenza il principio giurisprudenziale affermato in subiecta materia è del seguente tenore:
“Il termine di prescrizione dell'azione disciplinare nei confronti dei notai decorre dalla commissione
del fatto, indipendentemente dalla sua concreta conoscibilità e conseguente pratica perseguibilità”:
Cass. civ. Sez. II, 20/02/2013, n. 4275 (che non fa quindi applicazione della norma generale di cui
all'art. 2935 cod. civ. ma di quella speciale prevista dall'art. 146 della legge professionale).
Pur se anche intuitivo, non è comunque inutile ricordare che “In tema di prescrizione degli illeciti
disciplinari dei notai, l'art. 146 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, nella sua formulazione originaria,
continua a trovare applicazione ai fatti commessi anteriormente alla entrata in vigore (28 agosto
2006) della modifica introdotta dall'art. 29 del d.lgs. 1 agosto 2006, n. 249, in ragione di quanto
stabilito dalla norma transitoria di cui all'art. 54 dello stesso d.lgs. n. 249. Infatti, il testo originario
dell'art. 146 prevede una disciplina più favorevole all'incolpato, posto che le nuove disposizioni
dispongono, invece, l'allungamento del termine prescrizionale dell'illecito da quattro a cinque anni
e, diversamente dal regime precedente, attribuiscono efficacia interruttiva alla richiesta di apertura
del procedimento disciplinare”: Cass. civ. Sez. III, 29/01/2010, n. 2031.
Di conseguenza Cass. civ. Sez. VI - 3, 14/03/2013, n. 6487 afferma che “La prescrizione dell'azione
disciplinare nei confronti del notaio (che non è interrotta dalla contestazione delle infrazioni, dalla
pronuncia del Consiglio notarile o da quella dell'autorità giudiziaria) può essere rilevata d'ufficio
anche in sede di legittimità: in tal caso, deve essere cassata senza rinvio l'eventuale sentenza di
35 Ha inquadrato il termine in esame nell’area della decadenza: Cass. civ. Sez. I, 15/07/1988, n. 4670.
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condanna pronunciata dal giudice di merito, senza nessuna possibilità per la Corte di cassazione di
esaminare i motivi di ricorso” (36). Così anche Cass. civ. 10/05/2002, n. 6732.
Certo è che per i professionisti che si sentono sicuri della legittimità del proprio operato è
anche configurabile una rinuncia alla prescrizione della violazione deontica: “In assenza di espressa
previsione normativa, alla rinuncia alla prescrizione dell'illecito disciplinare notarile si applicano, per
analogia, i principi della disciplina della rinuncia alla prescrizione dell'illecito penale. Di conseguenza,
la prescrizione dell'illecito disciplinare può essere validamente rinunciata soltanto dopo che il
relativo termine sia già maturato, con dichiarazione proveniente dalla parte” (Cass. civ. Sez. VI,
14/05/2012, n. 7484, in cui si afferma anche la rilevabilità d’ufficio della maturata prescrizione).
È tuttavia d’uopo segnalare talune risalenti pronunce che affermano un differente principio
rispetto a quello richiamato in apertura del presente paragrafo:
“Il termine quadriennale di prescrizione dell'azione disciplinare contro i notai, nei casi di illecito
permanente connesso al modo di gestione dello studio notarile, decorre dalla data della
contestazione”: Cass. civ. Sez. III, 18/05/1994, n. 4866 (la sentenza analizza espressamente un caso
di illecito permanente, connesso al modo di gestire lo studio). Conformemente: Cass. civ. Sez. III,
08/03/1993, n. 2772.
Tali massime, di dubbia legittimità per l’incertezza del diritto che creano con riguardo alla posizione
del P.U., possono essere assimilate a quanto già previsto “In tema di azione risarcitoria per
responsabilità professionale del notaio” per cui “il dies a quo del termine prescrizionale non decorre
dalla data della stipula del rogito, bensì dal momento in cui il danno risarcibile sia divenuto
oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato.”: Cass. civ. Sez. III, 18/02/2016,
n. 3176.
36 “La prescrizione dell'azione disciplinare contro i notai si compie, a norma della legge 16 febbraio 1913, n. 89, art. 146,
comma 1, per effetto del decorso di quattro anni dal giorno in cui l'infrazione è stata commessa, senza subire interruzioni
per effetto del procedimento disciplinare, della contestazione delle infrazioni e delle pronunce del consiglio notarile o
del Tribunale. Detta prescrizione determina l'improcedibilità dell'azione disciplinare, opera "ex lege", deve essere
rilevata anche d'ufficio in sede di legittimità.”: Cass. civ. Sez. III, 09/03/2006, n. 5121.
“Un'ipotesi di sospensione, viceversa, è configurabile per effetto della pendenza del procedimento penale, a seguito
della sentenza della Corte costituzionale del 2 febbraio 1990 n. 40”: Cass. civ. Sez. III, 28/03/2006, n. 7088 e Cass. civ.
Sez. III, 25/02/2000, n. 2138.
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Tale orientamento, sposato in sede di legittimità per le ipotesi di responsabilità professionale, è
stato di recente ribadito anche da Cass. sez. III, 22/09/2016, n. 24410 per la quale: “Il termine di
prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere
non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello
in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e
riconoscibile da parte del danneggiato. In tema di responsabilità professionale del notaio, si è inoltre
precisato che l’azione di responsabilità contrattuale presuppone la produzione del danno, ancorché
l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che la relativa
prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il
risarcimento”.
5. Taluni aspetti processuali di rilievo.
Infine meritano una sottolineatura, qui solo in punta di penna, talune questioni di ordine
procedurale, in tema di sospensione del termine feriale, di pena e di distribuzione dell’onere
probatorio.
Di non lieve momento è la prima di esse.
In un caso pratico a mio patrocinio, finito innanzi alla Co.Re.Di. Lombardia, vi è stata la
comunicazione della richiesta di apertura del procedimento disciplinare fatta al notaio il 20 agosto;
il solo fatto che la Coredi Lombardia ritenga che il procedimento innanzi alla stessa, avendo natura
amministrativa37, non è soggetto alla sospensione dei termini feriali (L. n. 742/1969), ha imposto
l’interruzione delle ferie al P.U. e, naturalmente, all’avvocato (che ha quindi dovuto depositare
memoria il 6 settembre), con prima udienza fissata il 24 ottobre di quel medesimo anno.
Che bisogno c’è di accanirsi in questo modo su un notaio, presumibilmente in piena vacanza ? Nel
caso di specie, credo, proprio nessuno.
Il vero problema, mi pare, è che il procedimento amministrativo in esame è funzionalmente
preordinato alla successiva fase di natura giurisdizionale (ex art. 158 L. not.) in cui le parti hanno
diritto di potersi confrontare all’esito di un legittimo contraddittorio (artt. 111, cpv. e 24, co. 2, Cost.)
37 In quanto svolto, nei confronti di appartenenti ad un gruppo organizzato, da un organo che ne è diretta emanazione
ed opera al suo interno (Cass. civ. Sez. Un., 26/06/2002, n. 9328).
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che, nel caso di specie, poteva essere sin dall’origine seriamente compromesso (per es.: qualora il
notaio si trovasse a trascorrere il mese di agosto all’estero, e magari in un altro continente, senza
avere la possibilità materiale di ricevere tempestiva notizia della posta nel frattempo recapitata
presso la sua residenza o il suo domicilio). Del resto anche nel procedimento innanzi alla Coredi
dev’essere garantito il pieno diritto di difesa al soggetto incolpato, per il quale l’esercizio della
facoltà di resistere in giudizio rappresenta, allo stato, l’unica modalità per far valere i propri diritti
secondo quanto previsto e riconosciuto dalla normativa speciale di riferimento: Cass. civ. Sez. III,
29/05/2003, n. 8625.
Inoltre le Co.re.di. distribuite in tutt’Italia, sul punto, non hanno un indirizzo univoco, ma ogni
organismo assume una autonoma posizione a seconda (normalmente) dei gusti personali del
Presidente (magistrato ordinario).
Meritevoli di rilevo, inoltre, talune pronunce inerenti alla pena.
A proposito della quantificazione della sanzione: “L'art. 135, quarto comma, della legge notarile,
secondo il quale se il notaio, in occasione della formazione di uno stesso atto, contravviene più
volte alla medesima disposizione, si applica una sola sanzione, determinata fino all'ammontare
massimo previsto per tale infrazione tenendo conto del numero delle violazioni commesse, non
opera in caso di plurime infrazioni identiche compiute in atti diversi, non potendo il giudice
interferire nella discrezionalità del legislatore con l'estendere all'ambito degli illeciti disciplinari
quanto previsto, in tema di continuazione, da altri settori dell'ordinamento” (Cass. civ. Sez. II,
16/04/2013, n. 9177, che fa riferimento all’istituto penalistico della continuazione).
In ordine alla recidiva (nozione che non deve essere confusa con quella, pur dai confini discussi, di
‘non occasionalità’: Cass. civ. Sez. II, 11/07/2016, n. 14130) si afferma che “La decorrenza del
termine quinquennale previsto dall'art. 145 l. 16 febbraio 1913 n. 89 può essere ancorata solo ad
una sentenza di condanna passata in giudicato e non ad una sentenza suscettibile di impugnazione
e che non abbia definitivamente accertato l'infrazione”: Cass. civ. Sez. III, 20/01/1994, n. 458.
Rilevanti altresì il regime sulla corretta distribuzione del carico della prova.
Sotto il profilo processuale vige la seguente regola probatoria, ricordata di recente da Cass. civ. Sez.
VI, 27/05/2011, n. 11790: “Il procedimento disciplinare si basa sul c.d. principio accusatorio, sicché
l'addebito contestato deve essere provato dall'Organo che ha promosso il procedimento. Incombe,
invece, sul notaio l'onere di provare il fatto allegato come esimente della sua responsabilità (nel
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caso di specie, il notaio, per difendersi dall'addebito di omessa assistenza alla sede, aveva allegato
la circostanza di aver ricevuto gli atti fuori sede nei giorni di assistenza obbligatoria su espressa
richiesta delle parti, senza tuttavia fornirne la prova).”.
“Il procedimento disciplinare relativo ai notai si fonda sul principio accusatorio dall'applicazione del
quale consegue che la prova degli addebiti contestati è posta a carico dell'organo che ha promosso
il procedimento, salvo che la prova investa una circostanza esimente, nel qual caso l'onere
probatorio è posto a carico dell'incolpato. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui la contestazione a
carico del notaio riguardi la violazione del divieto di assistere in uffici secondari nei giorni e nell'ora
di assistenza presso la sede principale (art. 9, capo II, sez. II del codice deontologico del 2 maggio
2004, pubblicato nella G.U. n. 110 del 12 maggio 2004), la scriminante, costituita dall'espressa
richiesta delle parti contraenti di redigere gli atti fuori della sede principale, deve essere dimostrata
dal professionista mentre la materialità del fatto addebitato è a carico dell'organo che ha promosso
l'iniziativa disciplinare.”: Cass. civ. Sez. VI, 27/05/2011, n. 11790.
Cass. civ. Sez. II, 27/04/2015, n. 8493: “Il procedimento disciplinare a carico dei notai si fonda sul
principio accusatorio, di talché la prova degli addebiti contestati è posta a carico dell'organo che ha
promosso il procedimento, mentre la prova della configurabilità di una circostanza esimente è a
carico del professionista incolpato. Ne consegue che in ipotesi di contestazione concernente
l'avvenuta redazione di un numero elevato di atti in sequenza, con tempi molto ravvicinati tra una
stipula e l'altra, l'onere di provare la predisposizione del lavoro preparatorio e dei preventivi
necessari contatti diretti con le parti, grava sul professionista, unico soggetto in grado di fornire la
stessa”.
Infine non è superfluo rammentare come, pur essendo specificato dall’art. 153, co. 2, L. not.
che il soggetto dotato dell’iniziativa disciplinare deve procedere “senza indugio” (in quanto la
celerità dell’accertamento disciplinare risponde ad esigenze di buona amministrazione), tutti i
termini della fase amministrativa del procedimento disciplinare nei confronti dei notai sono
ordinatori, in mancanza di una espressa qualificazione legislativa di perentorietà (Cass. civ.
20/07/2011, n. 15963).
6. I rapporti tra la normativa europea e quella interna a rilevanza disciplinare.
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In conclusione di intervento, un brevissimo cenno merita l’esame dei rapporti con l’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato e quindi la precisazione per cui le prerogative di matrice
disciplinare dei Consigli notarili non sono contrarie alla libertà di concorrenza (prestazione di servizi)
e di stabilimento affermate a livello europeo (Cass. civ. sez. II, 5/05/2016, n. 9041).
Innanzitutto in quanto, in astratto, il Consiglio Notarile, essendo una ‘associazione di imprese’
(tale ai sensi dei principi europei antitrust38: Cass. civ. 30/12/2011, n. 30175), può rendersi
promotore di intese restrittive della libertà di concorrenza (alterando le condotte commerciali dei
notai e le regole della concorrenza) ex art. 2, co. 1, L. 10/10/1990, n. 287.
E comunque, a tutto argomentare, il problema in esame non si può proprio porre in concreto poiché
il Consiglio Notarile, quando assume l’iniziativa del procedimento disciplinare, esercita, in
adempimento dello specifico compito di vigilanza del decoro nella professione e nella condotta dei
notai iscritti ad esso affidato dalla legge, la gestione di “servizi di interesse economico generale” ed
è perciò esente dall’applicabilità delle norme in tema di tutela della concorrenza e del mercato, ai
sensi dell’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990 (cfr. anche Corte di Giustizia, 19/02/2992), essendo portatore
dell’interesse all’esatta applicazione della sanzione disciplinare.
In altri termini nella delibera di esercizio della vigilanza disciplinare il Consiglio notarile adempie una
funzione sociale fondata sui principi di solidarietà ed esercita prerogative tipiche dei pubblici poteri,
e non regola i comportamenti economici dei notai ovvero l’attività economica dagli stessi svolta
consistente nell’offerta di servizi sul mercato.
Avv. Luca Crotti
38 In quanto enti rappresentativi di “imprese”, i notai (che, nei limiti delle loro rispettive competenze territoriali, operano
in condizioni di concorrenza), le quali offrono sul mercato in modo indipendente e stabile i propri servizi professionali.
È bene precisare che la (ampissima) nozione di impresa, nell’àmbito del diritto comunitario della concorrenza,
comprende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle modalità di
finanziamento: è quindi, quella di impresa, una nozione, nel citato settore, più economica che giuridica nel senso che la
sua essenziale connotazione risiede nell’esercizio organizzato e durevole di un’attività economica sul mercato, a
prescindere dal modo in cui i singoli orientamenti nazionali definiscono l’ente o la persona fisica alla quale la suddetta
attività economica fa capo.