2 15 NOVEMBRE 2009 DOMENICA - scienzaevita.org fileimpegnare Genny in qualche cosa. Ieri è arrivato...

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DOMENICA15 NOVEMBRE 20092

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LA TIRATURA DEL 14/11/2009 È STATA DI 160.337 COPIE

ISSN 1120-6020

FEDERAZIONEITALIANA EDITORIGIORNALI

CERTIFICATO ADS n. 6351 del 4-12-2008

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

GIORNALE QUOTIDIANO DI ISPIRAZIONE CATTOLICAPER AMARE QUELLI CHE NON CREDONO

Vicedirettore responsabile: Marco Tarquinio

Vicedirettore: Tiziano Resca

Scriviamo sui bigliettila probabilità di vincereA corte. «Chi non ascolta li consigli avrà ni-mico il consigliere». Sentenza di EmanueleTesauro, apprezzato politologo del ’600 alservizio dei Savoia. Vagamente minacciosa.Velocizzare. Secondo alcune indiscrezioni,i processi potrebbero essere celebrati sui tre-ni "frecciarossa". Previo cambiamento di no-me.Droghe. Spese pazze nelle lotterie? Sui bi-glietti, per frenare gli eccessi, è opportunoscrivere le probabilità di vincita. Lo affermauna petizione (712) inviata alla Camera. Infondo, costituisce precedente l’avvertenzacontro il pericolo-fumo stampata sui pac-chetti di sigarette.

La prossima settimanaMARTEDÌ

Pagina GmgMERCOLEDÌ

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GIOVEDÌ

è VitaGIOVEDÌ E SABATO

Popotusil giornale per i ragazzi

SABATO

CSI Stadiumlo sport di base

vrà sei, setteanni. Genny èun bimbo bello

e sveglio. Passa ilpomeriggio a giocarenel giardino dellaparrocchia e adisturbare suore e

volontari nelle loro attività didoposcuola e catechesi. Ogni tanto fairruzione in chiesa per chiedere unacaramella. Le caramelle in parrocchianon mancano mai, ma è tanto difficileimpegnare Genny in qualche cosa.Ieri è arrivato prima del solito, più seriodel solito. Non correva, non giocava,non prendeva in giro le vecchiette. Miha atteso sul sagrato, poi: «Lo sai chestanotte i carabinieri si sono portati viail mio papà?». Andrea, il papà, comemolti altri nei nostri quartieri attorno a

Napoli, deve scontare una vecchiacondanna per errori del passato: furti,rapine, eccetera. Errori a cui vaincontro la maggior parte dei nostriadolescenti. Sembra quasi unmaledetto, obbligato percorso.Succede spesso – non sempre – chediventati uomini e messa su famigliaquesti giovani, già tanto vecchi dentro,vengano invasi da un desiderio di vitanuova, da una nostalgia di normalità.Iniziano allora a chiedere aiuto:assistenti sociali, politici locali, qualcheamico di famiglia. Aiuto che non arrivaquasi mai. Intanto la macchina dellagiustizia, lenta come una tartaruga, fa ilsuo corso. E vecchie condannedimenticate si abbattono su loro comeuna mannaia. Andrea così ritorna incarcere, e Genny rimane, ancora unavolta, senza il suo papà e con in cuore

un odio verso chi glielo ha portato via.Gaetano e Delia, invece, sono unacoppia modello. Ho benedetto io stessoil loro amore. La fede in Gesù li hasostenuti nei momenti belli e difficilidella vita. Hanno messo al mondocinque stupendi figlioli. Con coraggio,pensa qualcuno; con incoscienza, dicequalcun altro. Vivevano sereni fino apoco tempo fa. Delia, casalinga, haimparato anche lei, come nel Vangelo, amoltiplicare pani e pesci. Gaetanolavora presso una clinica privata cherischia la chiusura. Lo stipendio non èpiù sicuro. L’ultimo arrivò ad agosto esiamo a novembre. I miracoli che Deliaera abituata a fare non bastano più. Sipuò risparmiare quando c’è qualcosa,non quando manca tutto. Le famiglie diorigine, in questi casi, si rivelano unavera provvidenza, un porto sicuro pernon naufragare, per non cadere inmano all’usuraio. Ma le esigenze di unafamiglia numerosa sono tante.I bambini capiscono presto che icapricci sono un lusso che nonpossono permettersi. Perdono pianpiano la voglia di giocare e di stareinsieme agli altri. Si chiudono a riccio,riversi sul loro computer. Parlano poco.Non capiscono perché al babbo che sialza presto la mattina per andare alavorare lo stipendio non viene dato.

Non capiscono perché debbonoindossare anche quest’anno il vecchiocappotto striminzito, mentre l’amicoha già comprato il nuovo. La vergogna,l’imbarazzo di guardare negli occhi iloro figli, è il prezzo più alto pagato daquesti coraggiosi genitori, assaliti daassurdi sensi di colpa.Singole storie di periferie? No, lefamiglie che versano in condizionisimili, da queste parti, sono migliaia.Andrea ha sbagliato e sconta la suapena. Purtroppo non da solo: la mogliee i figlioletti espiano con lui. Genny ascuola arriverà quasi sempreimpreparato. I complimenti riservati aibravi non lo gratificheranno mai.Imparerà ad arrossire presto, prima difare della violenza il suo riscatto. I figlidi Gaetano si andranno convincendoche non vale la pena fare come papà,uomo onesto e dignitoso, che nonriesce a portarli neanche una sera inpizzeria.Sono questi brodi di coltura a dar vita,poi, a quei mostriciattoli capaci diuccidere – lo stiamo vedendo quasiogni giorno, purtroppo – con unafreddezza degna dei peggiori criminali.Ma prima di inorridire scandalizzati,vogliamo chiederci che cosa si può edeve fare per impedire a questi ragazzidi smarrire la speranza?

A

halid SheikhMohammed, che trapoco sarà alla sbarra

davanti al tribunale di NewYork, è colui che passerà allastoria come il mastermind. LaCommissione indipendente cheha indagato sugli attacchi alle

Torri Gemelle e al Pentagono ha già archiviato lapratica, indicando in lui la «mente» dell’11settembre. Ha preso per buona la suaconfessione che, come lo stesso Khalid SheikhMohammed ha più volte dichiarato, è stata«spontanea», e non resa in seguito alle tortureche pure ha denunciato di aver subito: «Sono ioil responsabile dell’operazione dell’11 settembre,dalla A alla Z».Ci sono molti interrogativi sugli esiti possibili delprocesso "civile" voluto da Barak Obama che siandrà a celebrare contro i cinque cospiratoridell’11 settembre 2001. Il primo dei qualiriguarda proprio la battaglia che la difesa siappresterebbe a dare sul punto delle tortureinflitte ai prigionieri. Ma difficilmente KhalidSheikh Mohammed rinuncerà a ribadire lapropria confessione. E chi sta preparando ilprocesso lo sa. Essere condannato – e a quelpunto probabilmente giustiziato – come ilmastermind torna utile a lui, e di conseguenzaad al-Qaeda. E torna utile agli Usa. Che,disperatamente, vogliono chiudere il tragicocapitolo dell’attacco al cuore dell’America edell’Occidente.In questo senso senso, Khalid SheikhMohammed è l’ultimo kamikaze del 2001,pronto a immolarsi per la causa malata diOssama Benladen. Per il resto, il responsabiledelle operazioni dell’organizzazione dellosceicco del terrore, membro del consiglioristretto di al-Qaeda, è un personaggio al limitedell’incredibile. O forse si dovrebbe dire dellafarsa. Perché, cosa nota (e agli atti anche se nonviene ricordata) è che l’oggi 45enne kuwaitianoha confessato, oltre all’11 settembre,un’impressionante lista di attentati – compiuti opianificati. Tra gli altri, le uccisioni di presidentistatunitensi, da Jimmy Carter a Bill Clinton, e diGiovanni Paolo II (che sarebbe dovuta avvenire aManila nel 1995), una "seconda ondata" diazioni dopo l’11 settembre da Chicago (SearsTower) a Londra (Canary Warf, il Big Ben el’aeroporto di Heathrow), bombe su aerei inrotte transoceaniche, la decapitazione delreporter statunitense Daniel Pearl («compiutadalla mia mano destra benedetta») e via così.Trentuno in tutto, giusto per la precisione.Se si andasse a vedere nel dettaglio – e in molti cisono andati – sono diverse le cose che nontornano. A cominciare dal fatto che alcune dellecose "confessate" potrebbero perfino precederela nascita di al-Quaeda. Così come sono statebollate come «seamless propagandaextravaganza» – più o meno «stravaganzepropagandistiche senza nesso» – le ricostruzioniofferte dallo stesso Khalid Sheikh Mohammedcirca la preparazione dell’attentato dell’11settembre. Perché, allora, credere quasi fosse unatto di fede che sia lui il mastermind?Perché, appunto, fa comodo a tutti gli attori diquella grande tragedia. Fa comodo ad al-Qaeda,innanzitutto, che può così mettere un suotimbro ufficiale sull’11 settembre – cosa che perprimo lo stesso Fbi ancora oggi non crede, seOssama Benladen, nonostante le confessioni diKhalid Sheikh Mohammed, continua a nonessere ricercato quale responsabile per l’11settembre. Ma fa comodo anche agli Stati Uniti.Che non potendo venire a capo dell’origine dellacospirazione, vogliono comunque voltare paginasulla più sanguinosa ferita inferta al proprioterritorio. E che cercano di far passare alla storiaqualcosa che, altrimenti, forse neppure tracent’anni, gli storici riusciranno mai a chiarire.Khalid Sheikh Mohammed può essere utileanche a questo.

K

VERSO IL PROCESSO PER LETORRI GEMELLE

Quella «mente»incredibilmente utile

SALVATORE MAZZA

Due campioni «in volo» durante una gara australiana (Epa)

L’IMMAGINE

Motociclismo «acrobatico»

he la legge 194 – che permettel’aborto a pubbliche spese – nonavesse eliminato gli aborti

clandestini (calcolati in almenoventimila l’anno) era cosa nota, anchese di questo insuccesso della legge siparla il meno possibile. Ma che questogenere di aborti si "organizzassero" in

una grande città come Milano, alle fermate degliautobus e nei meandri della metropolitana, non losapeva quasi nessuno. Va dunque riconosciuto a ElenaLoewenthal, che lo ha raccontato due giorni fa sullaStampa di Torino, di aver rotto il tabù dell’abortoclandestino, cosa che quasi nessuno fa sui cosiddettigiornali "laici", e di aver anche rivelato i tristi spaziurbani in cui esso viene negoziato. Le fermatedell’autobus e i sotterranei della metrò, ad esempio,dove straniere e italiane si trovano immerse in unaspecie di «immenso consultorio» parallelo a quellolegale, dove «si chiedono, si ottengono e si pagano gliaborti clandestini». Dove un’oscura ragnatela di

personaggi intavolanotrattative, fornisconoindirizzi, distribuiscono«sacchetti di pillole»... «Unsistema intero che funzionaa pieno regime», scriveLoewenthal.In quei posti che Marc Augéha definito come «nonluoghi», dove nessuno tiguarda in faccia e dovenessuno ha tempo e voglia di

interessarsi di nessun altro, molte donne – straniere e no– vanno a cercare una "soluzione" al loro "problema".C’è la clandestina disperata e senza mezzi, ma c’è anchela giovane italiana colta e presumibilmente beninformata, che non può permettersi di «guastarsi unacarriera ben avviata». E ci sono «minorenni» per le qualil’articolista della Stampa non trova aggettivi. La loroabbandonata solitudine parla da sola, aggiungendodesolazione a desolazione.I lettori di Avvenire già conoscono il mondo disentimenti e di paure che venerdì è emerso anche dallepagine del quotidiano torinese. È un mondo osservatodal punto di vista delle donne che faticano ad accettareuna gravidanza. È un mondo nel quale, da decenni, siaddentrano con passione e rispetto i volontari delMovimento per la vita e dei Centri di aiuto alla vita.Spesso circondati dal silenzio (o dall’ostilità) di buonaparte dei mass media e dei soliti ambienti "evoluti". Equesti volontari sanno – per averlo sperimentato millevolte – che, di fronte a una maternità imprevista e nonvoluta, la prima causa di rifiuto del figlio da parte della

donna è la sensazione terribile dell’abbandono, è ilsentirsi immerse in una società dove «ognuno si fa i fattisuoi», una società in cui anche le persone più vicine –marito, partner, madre e padre, amiche e amici – tidicono: «Devi decidere tu». Il che, magari, suona bello egiusto, ma troppo spesso vuol dire: «Arrangiati». Questivolontari conoscono, per esperienza, i "miracoli" cheaccadono quando anche la madre più determinata adabortire scopre che qualcuno le vuol dare una mano sulserio, vuol "perder tempo" a occuparsi di lei, adascoltarla senza stancarsi, senza scoraggiarsi mai.Guardandola in faccia, insomma, stabilendo con leiquella relazione che ci trasforma da individui in persone.Riflettendo sul triste e solitario fenomeno dell’abortoclandestino e fai-da-te, Loewenthal trovaincomprensibile il fatto che una donna italiana, istruita ematura, volendo abortire, preferisca il tetro mondo deisotterranei della metropolitana al ricovero ospedalieroche, almeno, la sottrarrebbe agli inevitabili pericoli dinatura sanitaria. Pensa che si tratti di italica, atavicadiffidenza nei confronti della legalità. O di qualcosa dipiù profondo e oscuro, come se «l’emancipazione e ilprogresso non fossero riusciti ad estirpare... lasottomissione femminile ad un destino ingrato…». Mac’è dell’altro. E se Elena Loewenthal, che è giornalistaintelligente e di fini sentimenti, volesse, ospite gradita,"scoprire" anche il mondo del volontariato pro-life,vedrebbe appunto altre cose, altre profondità del cuore.E un nucleo straordinario di umanità e di storie che avolte sembrano inventate e invece sono tutte vere.Difficili eppure calde di vita e di speranza, lontane millemiglia dalla desolazione dell’aborto in pillole spacciatonel buio della metropolitana milanese.

C

I VOLTI DELL’EMARGINAZIONE NEL VULCANO NAPOLETANO

Perché la rassegnazionenon uccida la speranza dei piccoli

MAURIZIO PATRICIELLO

LA VIGNETTA

UN REPORTAGE-SCOPERTA, AMARI DUBBI, IL TENACE IMPEGNO PER LA VITA

Il buio dell’aborto clandestinoe la luce che pure è accesa

GABRIELLA SARTORI

tagliarcortodi Dino Basili