1 DIRITTO DEL LAVORO Il recesso dal contratto di lavoro 1.

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1

DIRITTO DEL LAVORO

Il recesso dal contratto di

lavoro1

Le ipotesi “minori” di estinzione Le ipotesi “minori” di estinzione del rapporto di lavorodel rapporto di lavoro

a)a)Risoluzione consensuale o Risoluzione consensuale o per mutuo consenso;per mutuo consenso;

b)b)Maturazione del termine nei Maturazione del termine nei rapporti a scadenza finale;rapporti a scadenza finale;

c)c) Impossibilità sopravvenuta Impossibilità sopravvenuta della prestazionedella prestazione

d)d)Morte del lavoratoreMorte del lavoratore

e)e)……..

Il recesso unilateraleIl recesso unilaterale

Si tratta della causa di estinzione Si tratta della causa di estinzione del rapporto di lavoro più del rapporto di lavoro più rilevante dal punto di vista rilevante dal punto di vista normativo e sociale.normativo e sociale.

A seconda del contraente che pone in A seconda del contraente che pone in essere la decisione “unilaterale” di essere la decisione “unilaterale” di recedere dal rapporto, si distinguono:recedere dal rapporto, si distinguono:

1)1) Le dimissioni (da parte del Le dimissioni (da parte del lavoratore);lavoratore);

2)2) Il licenziamento (da parte del datore Il licenziamento (da parte del datore di lavoro).di lavoro).

4

L’impostazione originaria, ancora in parte presente nel

codice civile

L’istituto giuridico del recesso dal rapporto

di lavoro nella filosofia dei codici

liberali: ognuna delle due

parti può liberamente recedere dal

rapporto di lavoro alle

medesime condizioni medesime condizioni =

Il principio generale

della libera recedibilità

4

La libera recedibilità bilaterale nel codice del 1865…

Considerata una conquista di civiltà

giuridica per il lavoratore, elevato alla condizione di libero contraente

formalmente posto su un piano di parità

negoziale

Ratio simile a quella che

sorreggeva il divieto di

rapporti di lavoro a tempo

indeterminato

6

…e nel codice civile del 1942:

il recesso “ad nutum”

“Ciascuno dei contraenti può recedere dal

contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel

termine e nei modi stabiliti…”

(art. 2118 cod. civ.)

Ciascuno dei contraentipari significato giuridico

di dimissioni e

licenziamento

6

7

L’unico limite imposto alle parti:

IL PREAVVISO

o la corrispondenteindennitàsostitutiva

7

L’obbligo del preavviso incide sul principio di libera

recedibilità?

Rivela una considerazione della

situazione di sostanziale disparità

negoziale tra le parti?

Consente un controllo giurisdizionale sulla

decisione datoriale?

No, nella misura in cui è posto a carico di entrambe le

parti

No, nella misura in cui i

motivi della decisione datoriale

rimangono insindacabili

In alcuni casi viene meno anche il limite del preavviso

“…o senza preavviso qualora si verifichi una

causa che non consenta la

prosecuzione del rapporto” (2119 c.c.)

La “giusta causa”

10

La necessità di dimostrare la ricorrenza di una giusta causa incide sul principio di libera

recedibilità?

Per recedere da un rapporto di lavoro senza preavviso

occorre dimostrare la sussistenza di

una giusta causa

L’unica conseguenza che deriva dalla mancanza

di una giusta causa non è l’invalidità del

recesso, ma la necessità di concedere il preavviso (o, meglio, la relativa indennità)

10

11

Perché il licenziamento con preavviso ex art. 2118

rimane assolutamente insindacabile dal giudice

Perché la mancanza di giusta causa ex art.

2119, anche ove accertata dal giudice,

lascia comunque libero il datore di

licenziare, con l’unico limite della indennità

sostitutiva del preavviso

Nel sistema del codice civilela libertà di licenziare non viene

intaccata…

NÉ DALL’OBBLIGO DI PREAVVISO

NÉ DALLA PREVISIONE DELLA GIUSTA CAUSA

11

12

Le dimissioni del lavoratore

creano al datore di lavoro il mero fastidio di una

sostituzione

Il licenziamento comporta invece

per il lavoratore la perdita della fonte

del proprio sostentamento

Parità formale e diseguaglianza sostanziale dei contraenti

“Il contratto di lavoro

riguarda l’avere per il datore ma l’essere per il lavoratore”

(F. Santoro Passarelli) 12

qual è il compromesso più accettabile per comporre il contrasto tra

libertà dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost)

e diritto al lavoro (art. 4 Cost)?

Dopo la Costituzione

La progressiva riduzione della libera recedibilità da

principio ad eccezione residuale

La tendenza evolutiva dell’ordinamento italiano

Il blocco dei licenziamenti (1945 )

La successiva contrattazione interconfederale (1950)

La legge 604 del 1966

L'art. 18 dello Statuto

La legge 108/1990

1. Selezionare le ipotesi

di legittimo recesso

del rapporto

per iniziativa del datore

2. Sottoporre il giudizio

di legittimità del recesso

al controllo

giurisdizionale

DUE PRINCIPI

15

La giurisprudenza della Corte che precede la riforme degli anni 60-70

Il diritto al lavoro (art. 4) non è norma precettiva per cui il recesso ad nutum è legittimo

“l'art. 4 della Costituzione, come non garantisce a ciascun cittadino il diritto al conseguimento di un'occupazione (…) così non garantisce il diritto alla conservazione del lavoro

16

continua

Con ciò non si vuol dire che la disciplina dei licenziamenti si muova su un piano del tutto diverso da quello proprio dell'art. 4 della Costituzione.

occorre una legge…

17

continua … il potere illimitato del datore di lavoro

di recedere dal rapporto a tempo indeterminato non costituisce più un

principio generale del nostro ordinamento. Questi ultimi dimostrano che le condizioni economico-sociali del Paese consentono una nuova disciplina, verso la quale l'evoluzione legislativa

viene sollecitata anche da raccomandazioni internazionali

La disciplina del licenziamento oggi:

due tipologie di normative

(quando si può legittimamente

licenziare?)

Giusta causa e giustificato

motivo

(quali sono le conseguenze del

licenziamento illegittimo?)

Risarcimento o reintegra nel

posto di lavoro

(I) I LIMITI (II) I RIMEDI

19

(I) I LIMITI SOSTANZIALI

Il licenziamento come recesso “vincolato”

LA GIUSTA CAUSA CAMBIA FUNZIONE

Non più finalizzata al mero riconoscimento

del preavviso Ma elevata ad

elemento di legittimità del licenziamento

La “correzione” del libero recesso (l. 604/1966)

19

20

Articolo 30 Carta di Nizza: Ogni lavoratore ha il diritto

alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato,

conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni

e prassi nazionali

Il principio di causalità del licenziamento come principio

costituzionale in ambito europeo

20

GIUSTA CAUSA(2119 c.c.)

GIUSTIFICATO MOTIVO

(l. 604/1966)

Il principio della causalità del recesso

• Soggettivo

• Oggettivo

Notevole inadempimentodegli obblighi contrattuali

ragioni attinenti alla attività produttiva,

all’organizzazione del lavoro e al regolare

funzionamento di essa

Gravissimo inadempimento

delle obbligazioni contrattuali

L’interpretazione delle clausole generali di giusta causa e di

giustificato motivo da parte della

giurisprudenza

23

LA NOZIONE DI GIUSTA CAUSA

gravissimo inadempimento contrattuale

o anche circostanze esterne al sinallagma

contrattuale?23

Sussiste la giusta causa di licenziamento nel caso in cui il lavoratore abbia

trascorso il tempo destinato al lavoro, e come tale retribuito, a collegarsi per

scopi personali ad Internet ed a consultare i documenti scaricati, con la

rete telefonica pagata dall'azienda, integrando tale comportamento una

grave violazione degli obblighi contrattuali

(Corte d'appello Ancona 1/8/2003)

Un’ipotesi classica di licenziamento come sanzione dell’inadempimento

Cassazione civile , sez. lav., 23 febbraio 2009, n. 4369 La valutazione della gravità delle infrazioni e della loro

idoneità ad integrare una giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, a meno che i giudizi formulati si pongano in contrasto con i principi dell'ordinamento espressi dalla giurisdizione di legittimità e con quegli «standard» valutativi esistenti nella realtà sociale (riassumibili nella nozione di civiltà del lavoro, riguardo alla disciplina del lavoro subordinato) che concorrono con detti principi a comporre il diritto vivente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto sproporzionato il licenziamento di un lavoratore, il quale, avendo omesso di prestare il dovuto servizio notturno, aveva, però, avvertito preventivamente il datore di lavoro che la ragione di tale comportamento era l'assenza dell'unico altro dipendente che avrebbe dovuto affiancarlo nel servizio ed, inoltre aveva provveduto a chiudere l'accesso alla sede aziendale, rimanendo nei pressi della stessa all'interno della propria autovettura).

Cassazione civile , sez. lav., 11 giugno 2008, n. 15496 La nozione di giustificatezza del licenziamento del

dirigente, per la particolare configurazione del rapporto di lavoro dirigenziale, non si identifica con quella di giusta causa o giustificato motivo ex art. 1 della legge n. 604 del 1966, potendo rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore. Ne consegue che anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante, o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, o un comportamento extralavorativo incidente sul l'immagine aziendale possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura del rapporto fiduciario e quindi giustificarne il licenziamento sul piano della disciplina contrattuale dello stesso, con valutazione rimessa al giudice di merito sindacabile, in sede di legittimità, solo per vizi di motivazione.

Tribunale Milano, 31 marzo 2008, n. 1436 La previsione di ipotesi di giusta causa contenuta

in un contratto collettivo non vincola il giudice, dato che questi deve sempre verificare, stante l'inderogabilità della disciplina dei licenziamenti, se quella previsione sia conforme alla nozione di giusta causa, di cui all'art. 2119 c.c., e se, in ossequio al principio generale di ragionevolezza e di proporzionalità, il fatto addebitato sia di entità tale da legittimare il recesso, tenendo altresì conto dell'elemento intenzionale che ha sorretto la condotta del lavoratore, a meno che il trattamento contrattuale non sia più favorevole per lo stesso.

Fatti esterni comunque riconducibili alla nozione di

inadempimento Vincenzo C., dipendente con mansioni di operaio, si è assentato

per malattia, essendo stato colpito da lombosciatalgia acuta. Durante l’assenza ha lavorato nell’esercizio commerciale della moglie. L’azienda lo ha licenziato.

Il Pretore ha nominato un consulente tecnico, dalla cui relazione  è risultato che la collaborazione alla conduzione dell’esercizio commerciale s’era svolta con modalità richiedenti movimenti in iperestensione (spostamento e sistemazione della merce) e flessione del tronco (apertura e chiusura dei locali), tali da produrre un effetto ritardante del pieno recupero fisico

La Suprema Corte ha confermato la validità del licenziamento rilevando che il dipendente aveva dimostrato piena indifferenza per il nocumento che arrecava all’organizzazione aziendale: “Non si vede come il datore di lavoro possa continuare a fare affidamento sulla leale e corretta collaborazione di un dipendente che si sottragga al dovere primario di rendere possibile la prestazione ritardando il recupero della capacità a svolgere mansioni contrattualmente dovute”

(Cassazione  n. 2378 del 17 febbraio 2003)

Cassazione Civile - Sez. Lavoro - Sentenza  16 giugno 2008 , n. 16207

IL FATTO. Un lavoratore in stato di astensione facoltativa dal lavoro ex Legge

n.53/2000 (congedo parentale), svolge attività lavorativa presso la pizzeria della

moglie e, conseguentemente a tale condotta, viene licenziato per giusta

causa dal datore di lavoro

Un caso recente

(e significativo di come

l’interpretazione delle norme influisca sul giudizio di validità del

licenziamento)

Impugnato il licenziamento dal lavoratore, il giudice di primo

grado rigetta la domanda dello stesso in quanto ritiene che

l’utilizzo del congedo parentale per finalità diverse dalla cura

della prole vale a configurare la giusta causa di licenziamento

GIUDICE DI PRIMO GRADO

Secondo il giudice del gravame occorre considerare la diversità della situazione in

esame rispetto a quella del lavoratore assente per malattia che presti attività

lavorativa a favore di terzi. Nel caso de quo l’attività svolta dal

lavoratore era finalizzata a soddisfare una esigenza della famiglia e quindi

rappresenta un legittimo esercizio del congedo pertanto il licenziamento è privo

di giusta causa e meritevole di essere annullato

GIUDICE D’APPELLO

La Corte richiama alcune sentenze della Consulta con le quali i giudici costituzionali

hanno ribadito come “ la tutela della paternità si risolva in misure volte a garantire il

rapporto del padre con la prole in modo da soddisfare i bisogni affettivi e relazionali dei

bambino al fine dell'armonico e sereno sviluppo della sua personalità;

esigenza che, richiedendo la presenza del padre accanto al bambino, è impedita dallo

svolgimento dell'attività lavorativa e impone pertanto la sospensione di questa, affinché il padre dedichi alla cura del figlio il tempo che avrebbe invece dovuto dedicare al lavoro”.

LA CASSAZIONE

LE CONCLUSIONI

non può condividersi la tesi della realizzazione delle esigenze della figlia minorenne attraverso lo svolgimento di attività lavorativa, da parte del padre

in congedo, nella pizzeria della moglie: il legittimo esercizio del congedo parentale postula la presenza del

padre accanto alla propria bambina

pertanto, ove si accerti che il periodo di congedo viene invece utilizzato per

svolgere una diversa attività, si configura un abuso per sviamento dalla funzione

propria del diritto, idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività (nella specie, presso una pizzeria di proprietà

della moglie) contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia

2) Fatti inerenti alla vita privata del lavoratore

Al ritorno da un volo internazionale, un assistente di volo è stato trovato in possesso di modica quantità di

stupefacente. La sentenza di merito, che ha ritenuto non sussistere una giusta causa, va cassata perché non ha

tenuto conto: della delicatezza delle funzioni affidate al soggetto;

dei profili di grave pericolo per la incolumità dei passeggeri;

dell'esigenza di continua attenzione da prestarsi nell'esercizio delle mansioni;

della responsabilità aggravata dell'azienda per eventuali accadimenti negativi conseguenti a tale

situazione; della immanente lesività dell'immagine della società del danno concreto alla stessa cagionato, posto che al

dipendente, in conseguenza del fatto, fu ritirato il tesserino di accesso ai locali doganali ed aeroportuali;

della strumentalizzazione del rapporto di dipendenza e del servizio per l'approvvigionamento della droga

Il principio generaleLa condotta inerente alla vita privata del lavoratore, di norma irrilevante ai fini della

lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, può

integrare giusta causa di licenziamento qualora fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tali da far venire

meno quella fiducia che integra presupposto essenziale della collaborazione tra datore e

prestatore di lavoro. Cass. civ., sez. lav., 22 agosto 1997, n. 7884

fatti e comportamentiestranei alla sfera del contratto siano tali da farfar venire meno quella fiducia

…segue: la valutazione “in concreto” del vincolo fiduciario

Nel caso di giusta causa di licenziamento, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave negazione

dell'elemento della fiducia; la valutazione relativa deve essere operata con

riferimento non già ai fatti astrattamente considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto, al grado di affidamento

richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, alle circostanze del suo verificarsi e ad ogni altro aspetto

correlato alla specifica connotazione del rapporto(Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 1998, n. 3270)

bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto

3) L’entità del pregiudizio patrimoniale

Un dirigente di una filiale di una catena di grandi magazzini, è sorpreso in un'altra filiale sita in una città diversa, ad occultare sulla propria persona alcuni oggetti di modestissimo valore economico, quali una confezione di chiavi tubolari e un paio di solette da scarpe

(Cass. civ., sez. lav., 18 giugno 1998, n. 6100)

E’ UNA GIUSTA CAUSA DI

LICENZIAMENTO?

Nel caso di licenziamento per giusta causa, viene in considerazione non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale (rilevanti in

sede penale), ma la ripercussione sul rapporto di una condotta

suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza

dell'adempimento - in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi

del lavoratore rispetto agli obblighi assunti

SI

In ipotesi di licenziamento per giusta causa (comminato a dipendente di impresa

operante nel settore della grande distribuzione per avere consumato in due mattinate successive alcuni pasticcini), la

complessiva valutazione della gravità dell’infrazione, è da condurre sulla base dei

seguenti criteri: esistenza o meno di precedenti disciplinari, posizione del

dipendente all’interno dell’organizzazione aziendale, modalità della commissione del

fatto, entità del danno provocato all’impresa;

Un altro caso

ove, in applicazione di tali criteri, risultino l’inesistenza di precedenti disciplinari, lo svolgimento di mansioni non implicanti particolari responsabilità, modalità di commissione del fatto implicanti indici minimali di intensità dolosa, nonché la

particolare tenuità del danno provocato, il licenziamento deve considerarsi illegittimo, trattandosi di infrazione inidonea a minare irreparabilmente l’elemento fiduciario (Pret.

Varese 9/5/97)

43

Le possibili conseguenze paradossali del rilievo attribuito alla sussistenza del vincolo fiduciario

Comportamento veniale del lavoratore

Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali

Se viene meno la fiducia

Licenziamento in tronco

Licenziamento con preavviso

GIUSTA CAUSA

GIUSTIFICATO MOTIVO

SOGGETTIVO

43

4) I rapporti tra giudizio penale e giudizio civile nel caso del recesso per giusta

causa

Il proscioglimento esclude sempre la sussistenza di una

giusta causa di licenziamento ?e la condanna la implica

necessariamente?

Il Tribunale ha riconosciuto la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad un dipendente che aveva tentato, in concorso con altri, di sottrarre denaro dai conti correnti dei clienti della banca e che, chiamato a rispondere del reato di associazione a delinquere, era stato assolto dal giudice penale per essere rimasta l'intenzione criminosa alla fase, penalmente non rilevante, degli atti preparatori

Trib. Roma, 30 settembre 1997

Assolto ma licenziato

Enrico G., dipendente della S.p.A. Terminal Contenitori Porto di Genova, è stato licenziato con l’addebito di aver fatto inviare al direttore generale vari quantitativi di merce mediante l’apposizione della firma contraffatta dal medesimo.

Pretore e Tribunale hanno invalidato il licenziamento, affermando che il fatto attribuito al lavoratore, integrante il reato contravvenzionale di molestie, poteva definirsi uno scherzo di pessimo gusto, una condotta fastidiosa, ma inidonea ad interferire sulla comunità di lavoro.

L’azienda ha proposto ricorso per cassazione sostenendo che la motivazione data dal Tribunale per la sua decisione doveva ritenersi gravemente illogica in quanto, pur dando atto che il lavoratore aveva commesso un reato nei confronti del direttore generale, aveva escluso la sanzionabilità di questa illecita condotta con il licenziamento

Condannato ma reintegratoLa Suprema Corte ha confermato la

sentenza del Tribunale rilevando che la condotta tenuta dal lavoratore, pur costituendo un reato, non aveva una portata violenta, intimidatrice ovvero ingiuriosa e quindi era inidonea a influire sull’attività lavorativa del direttore e a ripercuotersi sulla comunità di lavoro aziendale.

(Cassazione Sezione Lavoro n. 18282 del 23 dicembre 2002)

Il rilievo del giudicato penale DOPO il licenziamento

considerato valido per g.m.o. in caso di applicazione di misure

restrittive della libertà personale (rinvio)

49

GIUSTA CAUSA (2119 c.c.)

…se, con riferimento alla specifica prestazione, sono in grado di alterare il vincolo fiduciario…

…senza considerare l’entità del danno patrimoniale…

…e a prescindere da ogni rilievo del parallelo giudizio penale

Rilievo di fatti estranei al rapporto…

49

50

La nozione di giustificato motivo:

Oggettivo: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare

funzionamento di essa

Soggettivo: notevole inadempimento degli obblighi contrattuali

I rapporti con la nozione di giusta causa

Insindacabilità delle scelte datoriali, mitigata solo da: C.d. obbligo di repechage

Verifica del nesso di causalità

50

51

Cassazione civile , sez. lav., 13 luglio 2009, n. 16323 Obbligo di repechage In caso di licenziamento per soppressione del posto di

lavoro, ai fini della configurabilità del giustificato motivo oggettivo, grava sul datore di lavoro l'onere della prova relativa all'impossibilità di impiego del dipendente licenziato nell'ambito dell'organizzazione aziendale, con la precisazione che siffatto onere, concernendo un fatto negativo, deve essere assolto mediante la dimostrazione di correlativi fatti positivi, come il fatto che i residui posti di lavoro relativi a mansioni equivalenti fossero, al tempo del recesso, stabilmente occupati, o il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo lasso di tempo non sia stata effettuata alcuna assunzione nella stessa qualifica.

52

Cassazione civile , sez. lav., 13 luglio 2009, n. 16323 Nesso di causalità Il motivo oggettivo di licenziamento determinato

da ragioni inerenti all'attività produttiva (art. 3 l. n. 604 del 1966) deve essere valutato dal datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, poiché tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 cost. Al giudice spetta invece il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, attraverso un apprezzamento delle prove che è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.

La valutazione giudiziale dell’esigenza organizzativa

Il titolare della ditta Star Ricambi, ha licenziato un’impiegata, con motivazione riferita alla necessità di dare un lavoro a suo figlio, che aveva appena assolto agli obblighi di leva.

“La interpretazione del termine "giustificato" di cui all'art. 3 della legge n. 604 del 1966 che il ricorrente implicitamente prospetta è esclusa dalla lettera del medesimo articolo che

precisa il significato del termine alternativamente come notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del

prestatore di lavoro (giustificato motivo soggettivo) ovvero ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del

lavoro, al regolare funzionamento di essa (giustificato motivo oggettivo).

È evidente che l'esigenza di dare lavoro ad un figlio nella azienda, anche allo scopo di addestrarlo alla conduzione di

essa in vista della successione, non rientra tra le ragioni che integrano il giustificato motivo oggettivo”

(Cassazione Sezione Lavoro n. 10371 del 30 luglio 2001)

Cassazione civile , sez. lav., 02 luglio 2009, n. 15500

Il G.m.o. riconducibile a fatti interenti alla persona del lavoratore: la malattia

In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, non si realizza un'impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (art. 1 e 3 l. n. 604 del 1966 e art. 1463 e 1464 c.c.) qualora il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche a mansioni inferiori, purché da un lato tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore, e dall'altro, l'adeguamento sia sorretto dal consenso, nonché dall'interesse dello stesso lavoratore.

Cassazione civile , sez. lav., 01 giugno 2009, n. 12721 Il G.m.o. riconducibile a fatti interenti alla persona del lavoratore: la

detenzione del lavoratoreLo stato di detenzione del lavoratore per fatti estranei al rapporto di lavoro

non costituisce inadempimento degli obblighi contrattuali, ma integra gli estremi della sopravvenuta temporanea impossibilità della prestazione, e giustifica il licenziamento solo ove, in base ad un giudizio "ex ante" - che tenga conto delle dimensioni dell'impresa, del tipo di organizzazione tecnico-produttiva in essa attuato, della natura ed importanza delle mansioni del lavoratore detenuto, nonché del già maturato periodo di sua assenza, della ragionevolmente prevedibile ulteriore durata della sua carcerazione, della possibilità di affidare temporaneamente ad altri le sue mansioni senza necessità di nuove assunzioni e, più in generale, di ogni altra circostanza rilevante ai fini della determinazione della misura della tollerabilità dell'assenza - costituisca un giustificato motivo oggettivo di recesso, non persistendo l'interesse del datore di lavoro a ricevere le ulteriori prestazioni del dipendente detenuto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto insussistenti gli estremi del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, in considerazione dell'assenza della specifica dimostrazione, non fornita dal datore di lavoro oneratovi, della intollerabilità dell'assenza del dipendente in relazione all'organizzazione aziendale ed alla sostituibilità del lavoratore).

56

Fattispecie di licenziamento invalido, diverse dalla annullabilità

(mancanza di giusta causa o giustificato motivo) Il

licenziamento nullo

Discriminatorio, Intimato durante il

periodo di malattia o maternità

In occasione di matrimonio della lavoratrice

Il licenziamento inefficace

Privo delle forme prescritte

1) Comunicazione per iscritto 2) Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni

3) Obbligo di rispondere entro 7 giorni4) Altre “irritualità” (non immediatezza,

modificazione dei motivi) 56

Un caso particolare di licenziamento soggetto a

specifiche “forme” procedurali

Il licenziamento disciplinare

58

Il problema del licenziamento disciplinare

L’art. 7 dello Statuto Le norme disciplinari

relative alle infrazioni e alle relative sanzioni devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti

Il datore non può irrogare sanzioni senza aver preventivamente contestato l’addebito al lavoratore e averlo sentito a sua difesa

Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale

Queste disposizioni si applicano al licenziamento disciplinare?

ovveroIl licenziamento

è una sanzione disciplinare?

58

La fonte del problema “Non possono essere disposte

sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro” (art. 7, c.

4 Statuto)

E il licenziamen

to?

60

Le diverse conseguenze pratiche

Se il licenziamento è qualificato come

sanzione disciplinare

Se il licenziamento non è qualificato come

sanzione disciplinare

Contestazione dell’addebito

Difesa del lavoratore assistito, se vuole, dal

sindacato

Comunicazione per iscritto del recesso

Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni

Si applica l’art. 7 StatutoSi applica la disciplina ordinaria (L. 604/66/

60

61

Corte costituzionale, 30 novembre 1982, n. 204 È infondata, in riferimento agli art. 2, 3 e 24 cost.,

la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 5, l. 20 maggio 1970 n. 300, nella parte in cui non estende ai licenziamenti disciplinari il divieto di applicazione della sanzione prima che siano decorsi cinque giorni dalla contestazione.

È infondata, in riferimento agli art. 2 e 3 cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma 1, l. 20 maggio 1970 n. 300, in quanto tale norma va interpretata nel senso che la reintegrazione nel posto di lavoro è applicabile anche all'ipotesi di licenziamento disciplinare irrogato senza l'osservanza delle garanzie procedurali.

La soluzione giurisprudenziale

IL LICENZIAMENTO COME SANZIONE

ONTOLOGICAMENTE DISCIPLINARE

(l’area della giusta causa è pressoché interamente coperta

da licenziamenti disciplinari)

L’impugnativa del licenziamento

Art. 6, l. 604/1966:Il licenziamento deve essere impugnato

a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua

comunicazioneovvero della comunicazione dei motivi

ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento

L’impugnativa può essere:

GIUDIZIALE STRAGIUDIZIALE

qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del

lavoratore (art. 6, l. 604/1966)

impedisce, in ognicaso,

la decadenza

(II)I RIMEDI

(quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo perché privo di

giusta causa o giustificato motivo?)

RISARCIMENTO o

EFFETTIVA REINTEGRA nel posto di lavoro

Tutelaobbligatoria

Tutelareale

66

COSA SI INTENDE PER “TUTELA OBBLIGATORIA”

(art. 8 l. 604/1966)

Quando risulti accertato che non

ricorrono gli estremi del

licenziamento per giusta causa o per

giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di

lavoro

…o, in mancanza, a risarcire il

danno versandogli

un’indennità di importo compreso tra un minimo di

2,5 ed un massimo di 6 mensilità

dell’ultima retribuzione

globale di fatto

riassumere

risarcire

66

67

Una norma pragmatica…

Nell’ambito della tutela obbligatoria, il licenziamento privo di giustificazione è illegittimo, ma è

ugualmente idoneo a produrre i suoi

effetti (Mancini)

La finta alternativa tra riassunzione e

pagamento dell’indennità

La monetizzazione di fatto del

licenziamento

…e un po’ ipocrita

67

68

COSA SI INTENDE PER “TUTELA REALE”

(art. 18 l. 300/1970)

il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il

licenziamento o annulla il licenziamento intimato senza

giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità, ordina al datore di lavoro di

reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.

inefficaceannulla

nullità

reintegrare68

69

COSA SI INTENDE PER “TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970)

Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto

dal giorno del licenziamentosino a quello dell'effettiva reintegrazione

69

70

LA DIFFERENZA DI FONDO

RISPETTO

ALLA TUTELA OBBLIGATORIA:

QUI UN ATTO INVALIDO

NON È IDONEO

A PRODURRE GLI EFFETTI PER I QUALI ESSO E’ STATO ADOTTATO

70

71

Alcuni nodi applicativi problematici

L’esecuzione dell’ordine di reintegra

La detraibilità dell’aliunde perceptum

La detraibilità dell’aliunde percipiendum

71

72

Una rilevante questioni processualeLa riforma in appello della sentenza di primo grado che era stata favorevole al lavoratore:

- Le somme corrisposte in esecuzione della sentenza che ordina la reintegra nel posto di lavoro

costituiscono risarcimento del danno ingiusto subito dal lavoratore per l’illegittimo licenziamento, di

modo che con la riforma della sentenza che dichiara la legittimità dell’impugnato licenziamento viene a viene a cadere l’illecito civile ascritto al datore di lavoro e cadere l’illecito civile ascritto al datore di lavoro e non sussiste più l’obbligo del risarcimento a suo non sussiste più l’obbligo del risarcimento a suo

caricocarico. Pertanto, le somme percepite dal lavoratore perdono il loro titolo legittimante e devono essere, conseguentemente, restituite al datore di lavoro

(Cass. 30/3/2006 n. 7453, Pres. Lupi)72

Le somme corrisposte dal datore di lavoro in esecuzione della sentenza che ordina la

reintegrazione nel posto di lavoro costituiscono risarcimento del danno; in caso di riforma della

sentenza che dichiara l'illegittimità del licenziamento, pertanto, venendo conseguentemente

meno l'obbligo di risarcimento a suo carico, esse devono essere restituite fin dal momento della

riforma della sentenza. Solo quando all'ordine di di reintegrazione abbia fatto seguito l'effettiva ripresa

dell'attività lavorativa resta preclusa, a norma dell'art. 2126 c.c., la ripetibilità delle somme versate

al lavoratore a titolo di retribuzione per l'attività stessa (Cass. 13/1/2005 n. 482).

Un correttivo

La reintegra nel posto di lavoro in funzione non sanzionatoria (l.

322/1995)

Il nuovo art. 102 bis disp. att. c.p.p

Chiunque sia stato licenziato perché sottoposto alla misura della custodia

cautelare in carcere ovvero degli arresti domiciliari ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro in caso

di sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a

procedere ovvero di provvedimento di archiviazione

Le modifiche del 1990

L’indennità sostitutiva della reintegra

“Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di

lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a

quindici mensilità di retribuzione globale di

fatto”

Una giuridificazione

delle prassitransattive

76

Area in cui si applica ancora il principio della libera recedibilità

I lavoratori domestici I lavoratori ultrasessantenni in

possesso dei requisiti per la pensione, salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto

I lavoratori in prova I dirigenti

76

COME CONVIVONO LE TRE DISCIPLINE

DEL LICENZIAMENTO?

Le discipline successive non sostituiscono quella precedenti. Tutte

continuano a trovare applicazione

1. Artt. 2118 e 2119 c.c. (recesso ad nutum)

2. Art. 8 l. 604/1966 (tutela obbligatoria)3. Art. 18 Statuto dei lavoratori (tutela

reale)

78

Unità produttive

fino a 15 dipendenti

Unità con più

di 15 o datoricon più di 60

dipendenti

Area della stabilitàobbligatoria:

alternativa rimessa al datore di lavoro

Area della stabilità reale:

ordine giudiziale di reintegra

L’intensità della tutela

dipende dalle

dimensioni dell’unità produttiva

ove avviene il recesso

Il problema del computo dei dipendenti

78

Oltre il “velo” della personalità giuridica?Recenti orientamenti giurisprudenziali

Pur non essendo consentito attribuire all’attività di gruppo, di per sé, un valore giuridicamente unificante, è tuttavia sempre possibile, in presenza di determinate caratteristiche organizzative e strutturali, ravvisare, in caso di collegamento societario, un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.

Tale situazione è ravvisabile ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico e ciò venga accertato in modo adeguato

(Cass. n. 4274 del 24 marzo 2003)

80

LA REGOLA GENERALE PUO’ ESSERE INDICATANELLA TUTELA OBBLIGATORIA

A MENO CHE…più di 15 dipendenti nell’unità produttiva

più di 60 nel complessoAREA DELLA TUTELA REALE

A MENO CHE…Lavoratore domestico

DirigentePiù di 65 anni

Lavoratore in provaAREA DEL LICENZIAMENTO AD NUTUM

80

Due eccezioni importanti

PRIMA ECCEZIONECasi in cui, anche nelle

piccole imprese, e anche nell’area del licenziamento ad

nutum, si applica la tutela reale

SECONDA ECCEZIONE

Casi in cui, anche nelle grandi imprese,

si applica la tutela obbligatoria

IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO

LE ORGANIZZAZIONIDI TENDENZA

Definizione di “organizzazione di tendenza”

“datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di

istruzione ovvero di religione o di culto”

Problemi applicativi:a) l’ambito di estensione della disciplina, con riferimento alle istituzioni scolastiche laiche o confessionali (ambito oggettivo di applicazione);b) l’ambito di estensione della disciplina con riferimento al personale che non è ideologicamente legato all’organizzazione (ambito soggettivo di applicazione)

Alcune indicazioni di prospettiva

L’ART. 18 DELLO STATUTO: una norma perennemente al centro dei dibattiti sulla

“modernizzazione” del diritto del lavoro

Sgombrare il campo dalle false rappresentazioni del problemaDa un articolo del senatore Debenedetti (PD) sul Sole 24 ore di qualche anno fa: “Occorre introdurre norme che rendano possibile il licenziamento per giustificato motivo economico“ “Per la nostra legge, non spetta all'azienda, ma al giudice, decidere se può o no mantenere quel lavoratore in quel posto”

Ipotesi sostenuta da Pietro Ichino:

ddl sulla flexicurity

La flessibilità non comporta soltanto una maggiore libertà per le imprese di assumere o licenziare e non implica che i contratti a tempo indeterminato siano un fenomeno obsoleto. La flessibilità significa assicurare ai lavoratori posti di lavoro migliori, la "mobilità ascendente", lo sviluppo dei talenti.

La sicurezza, d'altro canto, è qualcosa di più che la semplice sicurezza di mantenere il proprio posto di lavoro: essa significa dotare le persone delle competenze che consentano loro di progredire durante la loro vita lavorativa e le aiutino a trovare un nuovo posto di lavoro. Essa ha anche a che fare con adeguate indennità di disoccupazione per agevolare le transizioni

Verso il superamento dell’art. 18

nell’ordinamento italiano?

Le ricadute nel dibattito interno

88

L’obbligo giudiziale di reintegra, questione fondamentale nell’ordinamento italiano

È VERO O NON È VERO CHE SI TRATTA DI UN UNICUM NORMATIVO?

Molti sistemi nazionali consentono al giudice di non ordinare la reintegra – cosa che pure potrebbe fare – e di optare per un rimedio risarcitorio, quando risulti provato che “è impossibile ripristinare un’ulteriore proficua collaborazione fra le parti”

88

L’uso corretto della comparazione implica una contestualizzazione degli istituti Il caso tedesco

Il ruolo sindacale Il caso olandese

Il ruolo amministrativo Il caso spagnolo

Il licenziamento “abaratado”; Prevede la riduzione delle indennità per quei licenziamenti che interessano rapporti nati a termine e successivamente stabilizzati.

E’ un incentivo alla stabilizzazione della precarietà attraverso un abbattimento dei costi del licenziamento,

Casi comparati

90

Una prima conclusione:due possibili modelli di gestione del

licenziamento

Modello di gestione “preventiva”, del licenziamento, che trova i suoi

elementi costitutivi in una proceduralizzazio

ne dei poteri datoriali

Modello di gestione “successiva”, che

rinvia la definizione della vicenda ad un

momento cronologicamente posteriore all’atto

di recesso

90

91

IL MODELLO ITALIANO: TUTTO

IL PESO SCARICATO SUL

MOMENTO GIUDIZIALE A

VALLE DEL RECESSO

L’ORIGINE DEI PROBLEMI INTERNI

La reintegra e i suoi possibili

effetti distorsivi in un sistema

giudiziale non perfettamente

funzionante 91

A differenza del principio di causalità

del recesso, la reintegra non è una

nozione costituzionalmente

vincolataLa Corte costituzionale (sent. n. 46/2000) ha

escluso che la tutela reale rappresenti “l’unico possibile paradigma

attuativo” dei principi di cui agli artt. 4 e 35 della

Costituzione

I POSSIBILI INTERVENTI CORRETTIVI RISPETTO AD

ALCUNE UTILIZZAZIONI DISTORTE DELLA NORMA:

Gli interventi sul processo (e la sua durata)

La possibile diversificazione nella tutela fondata sulle diverse cause di invalidità del recesso

IL SUPERAMENTO DELL’ART. 18 NEGLI

ANNI 2000Tentativi falliti e proposte in atto

L’accantonamento dell’art. 18 nelle proposte di riforma dei primi anni 2000

La reintegra non avrebbe più trovato applicazione ai lavoratori: “Emersi” dal sommerso La cui assunzione avrebbe

fatto scattare la soglia dimensionale

Il cui contratto a tempo indeterminato fosse frutto di una conversione di un originario contratto a termine

L’insostenibilità dei “doppi regimi” di recesso rispetto all’art. 3 Cost Tra lavoratori

Vecchi e nuovi assunti con contratto a termine

“stabilizzato”

Secondo alcuni emendamenti introdotti in sede

parlamentare, la misura sulla stabilizzazione avrebbe riguardato solo il Sud

Tra territori

Lo “stralcio” della norma dalla legge delega (il “Patto per l’Italia”)

Tutti i rapporti di lavoro instaurati nell'arco di tre anni dalla data di

entrata in vigore del relativo provvedimento, non saranno

computati nel numero dei dipendenti ai fini dell'individuazione del campo di applicazione dell'art. 18 l. n. 300

del 1970

Il problema di “doppio regime” residuo”

Tra imprese

Due imprese di 20 lavoratori, a seconda

della data di assunzione degli ultimi

5, sarebbero state sottoposte a due diversi regimi di

recesso

L’accantonamento delle proposte(sostanziale superamento del problema attraverso

la moltiplicazione delle forme di flessibilità in entrata?)

Disposizioni per il superamento del dualismo del mercato del lavoro, la promozione del lavoro stabile in strutture produttive flessibili e la garanzia di pari opportunità nel lavoro per le nuove generazioni

La c.d. proposta Ichino (raccoglie consensi e dissensi trasversali da

entrambi gli schieramenti parlamentari)

Il dibattito in corso:una riforma bi-partisan?

LO SCAMBIO PROSPETTATO:

meno flessibilità in entrata contro più flessibilità in

uscita

(ovvero: “Il Contratto unico a stabilità

crescente” ) ?

101

Chi riguarderebbe

Tranne pochi casi in cui continuerebbe ad essere ammesso il contratto a termine, i new entrants

sono tutti assunti a tempo indeterminato, con periodo

di prova di sei mesi

Secondo la Relazione di presentazione, le imprese che assumono sarebbero molto più disposte a farlo a tempo indeterminato se si offre loro la possibilità di applicare ai nuovi assunti il nuovo regime, piuttosto

che se le si costringe a operare nel vecchio

101

“controllo giudiziale e art. 18 per il licenziamento disciplinare e quello discriminatorio, salva la possibilità per il giudice, considerate le circostanze, di condannare l’imprenditore anche solo al risarcimento (o, in altri casi, solo alla reintegrazione senza risarcimento)”

Le novità per i licenziamenti “soggettivi”

equivarrebbe, malgrado

l’enunciazione, ad un

cambiamento radicale

dell’art. 18, con la sua piena applicazione lasciata alla

discrezionalità del giudice

Le novità per i licenziamenti “oggettivi”: il cuore della proposta

Le esigenze economiche od organizzative che motivano il licenziamento non sono soggette a sindacato giudiziale, salvo il controllo, quando il lavoratore ne faccia denuncia, circa la sussistenza di motivi discriminatori determinanti, o motivi di

mero capriccio, intentendosi per tali motivi futili totalmente estranei alle esigenze organizzative o produttive

aziendali.

Quando il lavoratore abbia maturato venti anni di anzianità, il licenziamento motivato con esigenze economiche od organizzative si

presume dettato da intendimento di discriminazione in ragione dell’età, con

conseguente applicazione dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300,

salva prova del giustificato motivo economico, tecnico od organizzativo, della quale il datore

di lavoro è onerato in giudizio

All’atto della cessazione del rapporto conseguente a licenziamento non disciplinare, al prestatore è dovuta dal datore di lavoro un’indennità pari a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro, quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio in azienda, diminuita della retribuzione corrispondente al preavviso spettante al prestatore stesso.

Il prestatore stesso ha inoltre diritto alla stipulazione del contratto di ricollocazione di cui all’articolo 3.

Le (nuove) tutele per il lavoratore licenziato per motivi oggettivi

Al lavoratore al quale si applichi il nuovo sistema di protezione, quando abbia perso il posto in conseguenza di un licenziamento

non disciplinare o di un licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo in sede giudiziale, l’ente bilaterale è obbligato a offrire la stipulazione di un contratto di ricollocazione al lavoro che preveda:

Articolo 3 ‑ Contratto di ricollocazione al lavoro

Una sorta di “modello danese”?

a) l’erogazione di una indennità di entità pari al 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno, all’80% per il secondo, al 70% per il terzo e al 60% per il quarto; la durata minima del trattamento di disoccupazione è pari alla durata del rapporto di lavoro che lo ha preceduto, con il limite di quattro anni;

   b) l’erogazione di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione

   c) la predisposizione di iniziative di formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti

   d) l’impegno del lavoratore a porsi a disposizione dell’ente per le iniziative di cui alle lettere b e c secondo un orario settimanale corrispondente all’orario di lavoro praticato in precedenza;

   e) l’assoggettamento dell’attività svolta dal lavoratore nella ricerca della nuova occupazione al potere e di controllo dell’ente, il quale lo esercita di regola attraverso un tutor cui il lavoratore viene affidato.

Maggiori informazioni ed interventi

(compresi quelli critici) sul sito

www.pietroichino.it