Semina la gioia nel giardino delle nuove generazioni... ...e la vedrai ...

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ORGANO DELLA PASTORALE SANITARIA DELLA DIOCESI DI ROMA N. 48 settembre 2006 Semina la gioia nel giardino delle nuove generazioni... ...e la vedrai fiorire nel tuo giardino Semina la gioia nel giardino delle nuove generazioni... ...e la vedrai fiorire nel tuo giardino

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ORGANO DELLA PASTORALE SANITARIA DELLA DIOCESI DI ROMA

N. 48 settembre 2006

Semina la gioia nel giardinodelle nuove

generazioni...

...e la vedrai fiorirenel tuo giardino

Semina la gioia nel giardinodelle nuove

generazioni...

...e la vedrai fiorirenel tuo giardino

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Organodella Pastorale

Sanitariadella Diocesi

di Roma

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Finito di stampare il 23 settembre 2006per i tipi della PrimeGraf

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N. 48 settembre 2006

ABBONAMENTO ANNUO:Socio sostenitore: € 51,00Comunità o Istituti: € 26,00Ordinario: € 16,00

Sono sottoscrivibili abbonamenti cumulativi.

S O M M A R I O

“Non abbiamo preso nulla; ma sullatua parola getterò le reti” PAG 3

Gioia e umorismo per una sanaspiritualità 6

Semo Romani 7

I racconti di guarigione nel Vangelodi Giovanni 8

Corsie 9

Le novità del Cristianesimo 10

Le nostre sorelle consacrate 12

Un anno da ministro straordinariodella comunione 14

Offerta della sofferenza 16

Volontariato 17

Inserto

TestimonianzaOmaggio agli infermieri 19

Nuova nota pastorale CEI 20

Predicate il Vangelo e curate i malati 21

Il 118 spirituale prosegue il suo percorsonella nostra diocesi di Roma 22

9a Edizione del Premio del“Buon Samaritano” 23

A Rosaria 24

Dichiarazione universale sulla bioeticae diritti umani 25

Ottobre mese del Rosario 31

Novembre e il camposantoIl Santo Medico di Mosca 32

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sposta sovviene talora a quelli che lavora-no in modo stabile in una parrocchia dovepiù o meno le persone si riescono a vede-re e incontrare durante il cammino dellavita, tanto più può sovvenire a noi che la-vorando negli ambienti sanitari dove le per-sone sono solo di passaggio, ancora di piùci sembra di seminare senza raccogliere.

“Non abbiamo preso nulla; masulla tua parola getterò le reti”“Non abbiamo preso nulla; masulla tua parola getterò le reti”

Con l’inizio del nuovo anno pastorale, conla proposta di un nuovo programma, so-prattutto rivolto al difficile mondo dei gio-vani, guardando all’impegno e al lavorodegli anni precedenti, viene forse da escla-mare come Pietro a Gesù: “Maestro ab-biamo lavorato tutta la notte e non ab-biamo preso nulla”. Se tale sconsolata ri-

“Un giorno, mentre, levato in piedi, sta-va presso il lago di Genesaret e la folla glifaceva ressa intorno per ascoltare la pa-rola di Dio, vide due barche ormeggiatealla sponda. I pescatori erano scesi e la-vavano le reti. Salì in una barca, che eradi Simone, e lo pregò di scostarsi un po-co da terra. Sedutosi, si mise ad ammae-strare le folle dalla barca.Quando ebbe finito di parlare, disse a Si-mone: ‘Prendi il largo e calate le reti perla pesca’. Simone rispose: ‘Maestro, ab-biamo faticato tutta la notte e non ab-biamo preso nulla; ma sulla tua parolagetterò le reti’. E avendolo fatto, preserouna quantità enorme di pesci e le reti si

rompevano. Allora fecero cenno ai com-pagni dell’altra barca che venissero adaiutarli. Essi vennero e riempirono tuttee due le barche al punto che quasi affon-davano. Al veder questo, Simon Pietro sigettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: ‘Si-gnore, allontanati da me che sono un pec-catore’. Grande stupore infatti aveva pre-so lui e tutti quelli che erano insieme conlui per la pesca che avevano fatto; cosìpure Giacomo e Giovanni, figli di Zebe-deo, che erano soci di Simone. Gesù dis-se a Simone: ‘Non temere; d’ora in poisarai pescatore di uomini’. Tirate le bar-che a terra, lasciarono tutto e lo seguiro-no”. (Lc 5,1-11)

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Eppure il Signore Gesù ci invita a gettarecontinuamente le reti sulla sua parola edessere “pescatori di uomini”.ccogliere e attuare un nuovo programmavuol dire dare fiducia alla parola di Gesù,confidare nella sua onnipotenza, credereche anche se abbiamo fatto bene tanto c’èsempre un di più che con Lui si ottiene,quando si opera con la fiducia nella sua pa-rola.Il compito di portare il Vangelo fra i gio-vani che per motivi di lavoro, o di malat-tia o per altre circostanze vengono a con-tatto con i nostri ambienti sanitari non è nesemplice nè facile.i fronte alle difficoltà oggettive ci si puòsentire scoraggiati. Ma il Signore ci invi-ta a gettare le reti con-fidando nella sua pa-rola, sicuri che la pesca sarà abbondante.S. Paolo scrivendo ai Galati diceva: “Nonci stanchiamo mai di fare il bene, per-ché se non ci stanchiamo a suo tempomieteremo. Dun-que finché abbia-mo tempo, faccia-mo del bene a tut-ti, ma specialmen-te ai nostri fratel-li di fede” (6,7-10).noi è chiesto di nonstancarci nel fare ilbene, senza preten-dere di raccoglierei frutti,che solo ilSignore deve rac-cogliere. Tutto ciòdev’essere com-piuto nella gioiache nasce dalla cer-tezza di essereamati da Dio, che ci ha scelti, senza alcunmerito, a collaborare al suo disegno di sal-vezza.l Papa Benedetto XVI al Convegno di giu-gno u.s. nella Basilica di S. Giovanni inLaterano ha detto: “Colui che sa di esse-re amato è a sua volta sollecitato ad ama-re. Proprio così il Signore, che ci ha ama-ti per primo, ci domanda di mettere anostra volta al centro della nostra vital’amore per Lui e per gli uomini che Egli

ha amato… La fonte della gioia cristia-na è questa certezza di essere amati daDio, amati personalmente dal nostroCreatore, da Colui che tiene nelle suemani l’universo intero e che ama cia-scuno di noi e tutta la grande famigliaumana con un amore appassionato e fe-dele, un amore più grande delle nostreinfedeltà e peccati, un amore che per-dona”. (Deus caritas est, 1°).ome cristiani presenti nei luoghi di soffe-renza e di dolore ci è chiesta soprattuttoquesta testimonianza di amore, che è il mo-do migliore di rendere credibile Gesù Cri-sto, medico dei corpi e delle anime.

La Chiesa, famiglia di Dio e compa-gnia di amici affidabili.

Se questo vale per gli adulti, molto di piùdeve valere per i giovani che sono così sen-

sibili al discorsodell’amore.Il Santo Padre alConvegno di giu-gno ha detto a pro-posito:“È proprio questala grande missioneper la quale esistela Chiesa come fa-miglia di Dio e“compagnia diamici” nella qualeveniamo inseriticon il Battesimogià da piccolibambini e nellaquale deve cresce-

re la nostra fede e la gioia e la certezzadi essere amati dal Signore … Che le nuo-ve generazioni possono fare esperienzadella Chiesa come di una “compagnia diamici davvero affidabile”, vicina in tut-ti i momenti e le circostanze della vita,siano esse liete e gratificanti oppure ar-due e oscure, una compagnia che non ciabbandonerà mai nemmeno nella mor-te, perché porta in sé la promessa dell’e-ternità”.

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polo di Dio.Il programma di ogni anno non è mai unvoltare pagina rispetto al programma e agliobiettivi precedenti, ma è come aggiunge-re un altro tassello al grande mosaico del-l’evangelizzazione.l Signore ci chiede una gioiosa collabora-zione alla realizzazione del suo regno, bendisposti a valorizzare nell’impegno quoti-diano tutti i talenti che ci ha dato.In una stretta collaborazione e in unaprofonda comunione fra pastori, sacerdo-ti, religiosi, religiose e laici viviamo que-sto nuovo anno pastorale come una mera-vigliosa avventura di bene che ci viene of-ferta per corrispondere generosamente aigrandi doni che Dio ci ha fatto.Imploriamo da Maria Madre della Chiesa,salute degli infermi, Regina di tutte le ge-nerazioni, la benedizione sul nuovo annopastorale.

Armando BrambillaVescovo delegato per la pastorale sanitaria

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essere presenti come “compagnia affida-bile di amici”, nei momenti ardui e oscu-ri, dolorosi e tristi della vita, soprattuttonella vita di un giovane, è il modo miglio-re di rendere credibile l’annuncio evange-lico alle nuove generazioni.Talvolta i gesti di carità sono più eloquen-ti di tanti discorsi e rendono concreta la pa-rola del Vangelo. Per questo è importantefare sperimentare ai giovani la concretez-za del discorso cristiano che si pone al ser-vizio dei più poveri fra i poveri che sonogli ammalati.Aiutare un giovane a scoprire il valore del-la sofferenza alla luce della croce del Cri-sto crocifisso e risorto, non solo come scon-fitta della vita, ma come possibilità di vi-vere, proprio nel mistero del dolore, un pro-getto che trascende la vita terrena e quin-di va oltre la morte, è quanto di più im-portante può sperimentare per la sua cre-scita e maturazione.

Obiettivi generali del programma pastorale 2006-2007

li otto obiettivi che si è data l’intera co-munità diocesana, a riguardo del tema: “Lagioia della fede e l’educazione delle nuo-ve generazioni” vogliono essere un tenta-tivo di risposta alle attese delle nuove ge-nerazioni, alle loro problematiche, ma an-che la valorizzazione di tutte quelle ric-chezze che i giovani portano con sé.Gli obiettivi sono:– Investire sull’educazione– Presentare e far sperimentare la chie-

sa come "compagnia affidabile"– Coltivare la pastorale integrata– La missionarietà permanente– Vivere la preghiera che nasce dall’in-

contro con una persona: Gesù Cristo– Curare la pastorale dell’intelligenza– Non avere paura dell’educazione al-

l’amore– Aprirsi al servizio al prossimo.ertamente questi obiettivi vanno tenuti pre-senti e integrati in una pastorale d’insie-me, che tenga conto delle famiglie dei gio-vani e di tutte le altre componenti del po-

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Un brano di un testo ineditodi Padre Jesus Castellano Cervera

morto a Roma il 5-06-2006

GIOIA E UMORISMO PERUNA SANA SPIRITUALITÀ

... Certo la gioia è un dono ed un cammino,una responsabilità ed un compito. Alcuni po-trebbero ricondurre tutto ad una certa super-ficialità che metterebbe in pericolo la serietàdella croce e il superamento ontologico deldolore e della morte con la risurrezione delSignore. Per questo non possiamo dimenti-care che la gioia vera, come la Risurrezionedel Signore, sorge dall'abisso del suo abban-dono sulla Croce, limite di ogni limite. An-cora oggi la gioia più vera ed autentica na-sce da questo abbraccio generoso del DioCrocifisso e Risorto.Ci sono di esempio i santi, i quali sanno di-stinguere alcuni processi ed alcuni momen-ti di questo stato luminoso e radioso della vi-ta e del cristiano autentico. Uomo della gioiavera, provata ma autentica, comunicatore dientusiasmo e di speranza. Uomini e donnedelle notti oscure e della giornate luminosedella quotidiana esperienza cristiana. ...... Ma ci sono due aspetti della gioia che so-no quasi al vertice dell'esperienza umana ecristiana dei santi.La prima è la gioia pura che brilla come unaluce attorno al buio della sofferenza, delleprove accettate e subite, quelle di Dio e quel-le degli uomini. E’ la gioia non facile, con-traddittoria, mistica - perché puro dono diDio -, come quella sperimentata e cantata daPaolo in mezzo alle tribolazioni. Il sovrab-bondare della gioia in mezzo al dolore fisi-co o morale, spirituale, è puro dono di Dio,esperienza forte e chiara della grazia. Il sor-riso di un malato, gli occhi luminosi di uncristiano in mezzo alla sofferenza, l'impasto

dì lacrime e di sorriso che spesso vediamo incristiani e cristiane che vivono la croce lu-minosa e gloriosa, sono segni vivi della pre-senza di un dono dello Spirito. Queste scin-tille di gioia che si sprigionano dagli occhidei nostri fratelli e sorelle nel momento deldolore, sostenuto con eroismo, aiutato dallacarità della presenza e della compagnia, so-no manifestazioni di risurrezione, dimostra-zioni dell'esistenza di Dio, proprio come l'e-videnza dell'esistenza di una logica divina,un modo nuovo di essere, una testimonianzadella trascendenza, come un risalire dall'a-bisso. Sono segni veri e propri della risurre-zione, tanto più credibili quanto più contrarialla logica del mondo.Sorrisi, di malati e carcerati, di poveri e disofferenti, di perseguitati e di condannatiingiustamente, sono luci che accende sololo Spirito Santo, luce dei cuori...La letteratura antica cristiana è piena di te-stimonianze della gioia dei martiri portati alrogo, nella compostezza delle loro risposte,nelle espressioni quasi liturgiche di un Ameno di un Alleluia, nell'umorismo con cui ri-spondono ai persecutori, quasi sollevando unvelo sulle certezze interiori. Ricordiamo, ilVescovo Policarpo che al giudice che lo esor-ta a rinnegare Cristo risponde che è da 85 an-ni che lo serve e non gli ha fatto alcun malee non può rinnegarlo ora. I martiri di Abite-ne ai quali il giudice dice di consegnare leScritture che hanno letto nell'assemblea ri-spondono che le scritture le hanno tutte scrit-te nei loro cuori e affermano, quando sonorimproverati per aver celebrato il loro cultoproibito dalle leggi imperiali, che i cristianinon possono vivere senza celebrare l'Eu-caristia.Una gioia contagiosa si sprigiona dai mar-tiri nel giorno della loro passione. Nel mar-tirio di Perpetua e Felicita si afferma:“Splendette infine il giorno della vittoriae passarono dalla prigione all'anfiteatro,

24 aprile 2005.P. JesúsCastellano, inrappresentanzadei collabora-tori delPapa, salutaBenedetto XVInel giornodel suoinsediamento.

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SEMO ROMANI!“In quanto cattolici, in qualche modo, tuttisiamo anche romani...siamo tutti nati a Roma”.(dall’Omelia per l’insediamento sulla cattedradi Roma, in S. Giovanni in Laterano,del Papa Benedetto XVI, 07.05.05)Papa Giovanni Paolo Seconnosorprese a tutti quanti, quanno disse:“Semo romani!” e fino ‘n capo ar monnosapessi er battimani che sortisse!Ma mo che Benedetto, chiaro e tonno,ha detto ‘n’antra cosa da stupisse:che tutti li cristiani pònno, in fonno,èsse romani! E no! Famo a capisse!Ce pò stà bbene sì, che puro quelli,se fanno come noi, ma so’ antri piani:nun c’entra co la storia e li gemelli!Nun pò valé pe’ tutti li cristiani,quer che disse de noi er sommo Belli:“Noi, pe’ grazzia de Dio, semo Romani!”

Padre Lucio Zappatore

come se fosse in cielo, esultando, ma pie-ne di dignità, trepidanti forse ma di gioia,non di paura” (11).E’ questa la vera letizia pasquale, dono diDio, frutto dello Spirito, prova dell'esisten-za del soprannaturale.Anche se corriamo il pericolo di idealizzarela vita dei primi cristiani essi sono semprepunto di riferimento anche per oggi. Di essiè stato scritto: “La gioia dei primi cristianicome del resto quella dei cristiani di tutti isecoli, là dove il cristianesimo è. compresonella sua essenza e vissuto nella sua radi-calità, la gioia dei primi cristiani era unagioia invero nuova, mai conosciuta fino al-lora. Non aveva niente a che fare con l’ila-rità, con il buon umore, con l'allegria...”.Ne era semplicemente la gioia esaltante del-l'esistenza e della vita - come direbbe PaoloVI - ne la gioia pacificante della natura e delsilenzio; ne la gioia o soddisfazione per il la-voro compiuto, ne solamente la gioia traspa-rente della purezza o dell'amore casto. Tuttegioie belle. Quella dei primi cristiani era di-versa: una gioia simile a quella ebbrezza cheaveva invaso i discepoli alla discesa dello Spi-

rito Santo. Era la gioia di Gesù... E la gioiadei primi cristiani sgorgava spontanea dal fon-do del loro essere, saziava completamente illoro animo. Essi avevano trovato veramenteciò di cui l'uomo di oggi, di sempre va in cer-ca: Dio che lo soddisfa pienamente. Aveva-no trovato la comunione con Dio, elementoessenziale alla loro piena realizzazione... Que-sta era la felicità dei primi cristiani adulti egiovani (l'unità fra l'amore di Dio e l'amoredei fratelli) che si sprigionava in liturgie fe-stose, traboccanti di inni di lode e di ringra-ziamento ...”(12). Una gioia che conquista-va, una evangelizzazione per irradiazione cheha conquistato l'impero romano.Una lezione sempre viva per noi cristiani dioggi, doverosi testimoni della gioia in favo-re dell'uomo e della donna; del “postmoder-no”, tutti attirati dalla soggettività e dal de-siderio di sentire più che di pensare, che vuo-le fare esperienza e si convince solo con leragioni del cuore e la riprova del sentimen-to, come convinzione totale.

Estratto da “L’Osservatore Romano”del 13 luglio 2006, pag. 7

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Una conferma a questo diretto rapporto del-la guarigione con la fede dell’ufficiale regionella parola di Gesù ci viene pure dal testodei vv. 51-53: “Proprio mentre scendeva(verso Cafarnao), gli vennero incontro iservi a dirgli: ‘Tuo figlio vive!’. S’informòpoi a che ora avesse cominciato a star me-glio. Gli dissero: Ieri, un’ora dopo mez-zogiorno la febbre lo ha lasciato. Il padrericonobbe che precisamente in quell’oraGesù gli aveva detto: ‘Tuo figlio vive’e cre-dette lui con tutta la sua famiglia”.Altro dato da sottolineare in ordine alla fe-de dell’ufficiale regio è che essa si qualifi-ca proprio come un “credere nella paroladi Gesù”.Dunque, non come un credere a miracolo av-venuto, tipo il credere di Nicodemo o dellaSamaritana, ma prima che il miracolo accada

e in un contesto che invia direttamente alla fe-de di colui che la tradizione biblica considerail credente per antonomasia, cioè Abramo.Anche Abramo infatti aveva creduto in Dioaffidandosi esclusivamente alla sua parola(Gn 12, 14) è a quel tipo di rapporto con luiche l’Apostolo Paolo rievocherà, appellan-dosi alla nascita del figlio Isacco avuto intarda età (17,1-22), nelle dichiarazioni del-la lettera ai Romani: “Egli ebbe fede spe-rando contro ogni speranza [...]. Egli nonvacillò nella fede, pur vedendo già comemorto il proprio corpo - aveva circa cen-to anni - e morto il seno di Sara. Per lapromessa di Dio non esitò con incredu-lità, ma si rafforzò nella fede e diede glo-ria a Dio, pienamente convinto che quan-to egli aveva promesso era anche capacedi portarlo a compimento. Ecco perchégli fu accreditato a giustizia” (4,18-22).Un’ultima sottolineatura messa in risaltonella guarigione del figlio dell’ufficiale re-gio è quella che si riferisce all’intervento diGesù come “portatore e fonte di vita”,non di morte.

SGuarigione del figlio dell’ufficialeregio (Gv 4,46-54)

correndo il racconto, un particolare balza su-bito agli occhi. Esso è indicato con chiarez-za nelle parole: “Vi era un funzionario delre, che aveva un figlio malato a Cafarnao.Costui, udito che Gesù era venuto dallaGiudea in Galilea, si recò da lui e lo pregòdi scendere a guarire suo figlio, poiché sta-va per morire” (vv. 46-47) - “Il funziona-rio del re insistette: Signore, scendi primache il mio bambino muoia” (v. 49).La persona che implora da Gesù il miraco-lo ha un nome e un volto ben definiti. Sonoil nome e il volto di un padre affranto per lamorte ormai imminente del figlio e convin-to che nessuno, all’infuori di lui, è in gradodi arrestarla.

Se ciò non fosse, non si capisce perché in-traprenderebbe un viaggio di circa 30 chilo-metri, qual è, appunto, la distanza che sepa-ra Cafarnao da Cana.Che la morte del figlio sia imminente e nonesista alcuna speranza dal punto di vista uma-no lo ribadiscono anche le parole pronunciatepiù avanti sia da Gesù che dai servi incon-trati dall’ufficiale regio sulla via del ritorno:“Tuo figlio vive” (vv. 50.51).A provocare il miracolo di Gesù non è, co-munque, solo questa situazione di estremagravità. Essa ha il suo peso e Gesù, da uo-mo sensibile qual è, ne tiene, senza dubbio,conto. Quello che lo commuove e lo indu-ce a esaudire l’implorazione del padre è tut-tavia la fiducia posta, oltre che nella sua per-sona, nella sua parola.Per la verità, ci si trova dinanzi a una fiduciatalmente piena e radicale, da escludere ognigenere di tentennamento.Basta infatti che Gesù dica “va’, tuo figlio vi-ve!” (v. 50), perché lui, il padre, come segna-la esplicitamente l’annotazione del v. 50, “cre-de alla sua parola e si mette in cammino”.

I RRACCONTI DDI GGUARIGIONENEL VVANGELO DDI GGIOVANNI

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A ben guardare, l’intero racconto si muovealternando di continuo il tema della morte (vv.46.47.49.52) con il tema della vita (vv.50.51.52.53) e finalizzando il tutto alle paro-le taumaturgiche di Gesù “tuo figlio vive!”.Questo significa che l’evangelista si servedel presente miracolo per mostrare che Ge-sù è, sì, pronto a esaudire chiunque si affidaciecamente a lui, ma, insieme, che egli è ilDio della vita e soltanto il Dio della vita.Meglio ancora, il Dio la cui natura e il cuioperare consistono nel dare la vita, nell’es-sere generatori di vita e nel contrapporsi, inmodo radicale, a tutto ciò che si presenta co-me forza di morte.Che le cose stiano realmente così lo lascia-no intendere, fra l’altro, i numerosi passievangelici ed epistolari nei quali Giovannici parla di Gesù come sorgente di vita e te-so, una volta venuto tra noi, a farsi distri-butore di vita.A mo’ di esempio e di principio, per così di-re, paradigmatico, basta citare i seguenti: “Ge-sù rispose: io sono il pane della vita” (Gv6,35); “io sono venuto perché (le pecore) ab-biano la vita e l’abbiano in abbondanza”(Gv10,10); “io sono la risurrezione e la vi-

ta” (Gv 11,25); “1a vita s’è fatta visibile enoi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo te-stimonianza e vi annunciamo la vita eter-na che era presso il Padre e si è resa visibi-le” (1 Gv 1,2); “chi ha il Figlio ha la vita, chinon ha il Figlio non ha la vita” (1 Gv 5,12).Se, d’altra parte, Gesù è fonte di vita, non loè, almeno per quanto concerne l’uomo, inmodo automatico.Perché la vita sia trasmessa all’uomo oc-corre, come s’è notato a proposito della gua-rigione dell’ufficiale regio, che ci si affidi alui, si accolga la sua parola e si trasforminoin esperienza concreta i moniti: “In verità,in verità vi dico: chi ascolta la mia paro-la e crede a colui che mi ha mandato hala vita eterna e non va incontro alla con-danna, ma è passato dalla morte alla vi-ta” (Gv 5,24); “Le parole che vi ho dettosono spirito e vita” (Gv 6,63); “questa è lavita eterna: che conoscano te (o Padre,) ecolui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv17,3); “questi (segni) sono stati scritti per-ché crediate che Gesù è il Cristo, il Figliodi Dio e perché, credendo, abbiate la vitanel suo nome” (Gv 20,31).

Virgilio Pasquetto

do di riportarti sul dolce cammino della spe-ranza.Continuo ad avanzare su questa via segna-ta dal dolore e sento l’animo perdersi die-tro alle viscide paure contro cui inutilmen-te continuo ad erigere barriere di cristallotroppo trasparenti e fragili per arginarequell’immenso fiume nero che dilaga dalpozzo della morte.Ho paura a guardarmi intorno, ho paura edanche la preghiera,compagna di tanti gior-ni tristi,sembra abbandonare questo corpoche lotta per continuare a sperare in un fu-turo fatto di vita.Adesso è silenzio intorno a meE dentro questo vuoto già bagnato di pian-to mi appare un volto di bambino, una ma-no innocente che si tende per chiedere ciòche forse non posso dare, perduto dietro lapaura e la speranza, come in un sogno, riap-pare a riscaldare il freddo della vita.

Marco Masolin

Sembra spegnersi la vita dentro queste cor-sie, sciogliersi dentro un crudele diagrammadi dolore che corrode la speranza e spezza,senza pietà,il sorriso sui volti degli uomini.Tutto appare freddo dentro queste corsie,privo di quei mille colori che ravvivano isogni della vita mentre nulla sembra in gra-

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I le processo di maturazione della fede che,se pur lento e difficile, non va mai interrot-to nel suo progredire.Solo in Cristo, infatti, solo dimorando in Lui,si può essere santi e, unicamente così, si puòessere salvati. Tale condizione porta chiara-mente con sé un grande privilegio cui si èstati destinati, ma, insieme, anche un’enor-me responsabilità: “sta scritto: siate santi,perché io sono santo”, “quelli che sono se-condo la carne, pensano alle cose dellacarne, invece quelli che sono secondo loSpirito, pensano alle cose dello Spirito”,quelli che sono di Cristo hanno crocifissola carne con le sue passioni e i suoi desi-deri”. Sebbene in questi passi l’apostolo nonusi esplicitamente la pericope essere in Cri-sto, ne sta, infatti, chiarendo il significato ele implicazioni per la vita di ciascuno.Occorre sempre ricordare, dunque, che l’an-nuncio di questa nuova vita deriva sempredall’iniziativa di Dio, è primariamente do-

no e grazia, ma è, allo stesso tempo, un in-vito, una chiamata, un imperativo etico a vi-vere come chiamati alla salvezza, in Cristo.“Dio vuole comunicare la propria vitadivina agli uomini da lui liberamentecreati, per farli diventare figli adottivinel suo unico Figlio. Rivelando se stes-so, in Cristo, Dio vuol rendere gli uomi-ni capaci di rispondergli, di conoscerloe di amarlo ben più di quanto sarebbe-ro capaci da se stessi”.Per questo occorre conoscere tale rivela-zione per essere in Cristo, come Cristo.Solo il Vangelo letto e meditato quotidia-namente può consentire di avere dentro lavita, i sentimenti, i giudizi, i pensieri e lereazioni di Gesù.

Il senso nuovo della sofferenza

In questo modo è tutta la vita dell’uomo cheacquista un significato nuovo, trasformato,rinnovato e trasferisce tale vento nuovo al-

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l nucleo essenziale del cristianesimo, ciòche profondamente lo distingue, è che essonon è una mera concezione della realtà, nonè un rigido insieme di precetti, non è un sus-seguirsi vacuo di riti liturgici, non è unasemplice proposta di solidarietà umana ofraternità sociale, ma un avvenimento, “unannuncio che si compendia in una perso-na: il cristianesimo e Gesù Cristo, unapersona”. Non è possibile essere cristianisenza incontrare Cristo, il che non si esau-risce nel conoscere i suoi insegnamenti. Sitratta di un incontro con, una relazione vi-tale, con Cristo vivo, con Cristo risorto checammina con me, che parla con me, con Cri-sto risorto il cui cuore pulsa con quello del-l’uomo. La resurrezione è evento fondantedel cristianesimo, essa conferisce nuova lu-ce a tutto l’essere e l’agire umano, è un di-namismo divino che conferisce all’agire eti-co naturale una finalità divina: diventare pergrazia ciò che il Figlio è per natura.

er comprendere meglio l’essenza di questo in-contro ricorriamo all’insegnamento paolino.Nel capitolo 3 della Lettera ai Filippesi rac-conta, infatti, la sua esperienza individuando,in un certo senso, nella sua biografia un pri-ma e un dopo Cristo. Il suo incontro si è rive-lato un evento dirompente che ha spezzato ra-dicalmente in due la sua esistenza e ha fattosì che, dopo, “tutto” ricevesse una considera-zione diversa. Cristo è divenuto l’unico crite-rio totalizzante del suo modo di pensare, digiudicare, di agire, di amare; Paolo si senteespropriato di se stesso, svuotato dell’uomovecchio che era, nel senso che è e si è “ritro-vato in Lui”. “Non sono più io che vivo, maè Cristo che vive in me”, “per me vivere èCristo e morire è un guadagno”.In sintesi, quindi, S. Paolo, con l’esempiodella sua stessa vita, insegna a leggere, in-terpretare, ma soprattutto a vivere ciascunadimensione ed esperienza umana solo nel-la luce del proprio essere in Cristo, invitaa camminare in questo senso in un gradua-

LE NOVITÀ DEL CRISTIANESIMOLE NOVITÀ DEL CRISTIANESIMO

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scessero in Cristo, proprio a partire dalla tri-bolazione, gratificati da una unica e specia-le chiamata alla virtù.L’esistenza cristiana, dunque, a partire dalfondamentale kerigma apostolico dell’iden-tità tra il crocifisso e il risorto, acquista lapossibilità di essere interamente scandita inriferimento al proprio essere in Cristo, allapropria chiamata esistenziale a Cristo, cui de-ve seguire, però, una chiara risposta respon-sabile e attiva. Solo cosi l’uomo sarà piena-mente inserito in quel già, ma non ancorache appartiene alla propria vita terrena.

Conclusione

In conclusione, dunque, è come se San Pao-lo dicesse a ciascun uomo che se Cristo è inlui, ciò che gli capita, non può essere di-verso da ciò che già capitò a Cristo stesso,anzi che la Sua presenza si manifesta in mo-do particolare attraverso la comunione nel-le esperienze di morte e sofferenza. Tale par-tecipazione è possibile solo grazie allo Spi-rito di Cristo, ossia lo Spirito Dio che me-diante Cristo opera, che chiama il cristianodi ogni tempo e di ogni luogo alla lotta traSpirito e carne, alla decisione finale per Luie, in tal modo, conforma a Gesù, alla sua vi-ta, alla sua morte e resurrezione, alla suapreghiera, sua condizione filiale.Solo così può realizzarsi la vera assimila-zione a Cristo in duplice direzione, comesottrazione al dominio della carne e comenovità di pienezza che coinvolge anche i no-stri corpi mortali. Ma la “cristicità” delloSpirito donato impegna l’uomo a seguire lastrada del suo maestro nel suo essere-nel-mondo, ma non del-mondo, nel suo essere-per-gli-altri, nel suo tendere alla resurre-zione passando attraverso la croce, nella di-mensione del servizio. È pertanto una chia-mata che esige una risposta continua e co-stante dell’uomo che sceglie di dire sì allafontale vocazione all’essere in Cristo. So-lo un assenso convinto e concreto gli con-sentirà di rispondere alla domanda inces-sante di Dio: “Dove sei?”“Sono in Cristo, mio Signore”.

G.B.

l’insieme delle esperienze che la compon-gono, soprattutto alla dimensione della sof-ferenza, spesso così umanamente incom-prensibile. Allo stesso tempo, infatti, Cristo,Verbo incarnato, conferma attraverso la pro-pria stessa vita di povertà, dolore, sofferen-za, umiliazione, soprattutto nella sua pas-sione e morte, che Dio è con ogni uomosempre e rivela che tali aspetti, vissuti in Cri-sto, possiedono un valore e una potenza re-dentiva e salvifica profondi, perché in essisi prepara un’eredita che non si corrompe,la vita eterna. Come esplicita la Gaudium etSpes: "Per Cristo e in Cristo si illuminal'enigma del dolore e della morte, che aldi fuori del suo Vangelo ci schiaccia”.Per Paolo la croce è la suprema grazia, e ga-ranzia dell’autenticità e della validità dellasua vocazione, è possibilità di parteciparealla passione di Cristo per la redenzione delmondo”, è condizione dell’identificazionecon Cristo, sua massima aspirazione, è ali-mento necessario perché la multiforme Sa-pienza di Dio sia manifestata per la salvez-za del mondo. “Ogni apostolato è buono:ma la croce e la passione hanno redento ilmondo. Quando all’apostolato delle azionisi sa aggiungere l’apostolato della soffe-renza, allora si completa la redenzione”.Colui che vive in Cristo, pertanto, scopre ilsenso salvifico della propria sofferenza, uni-ta a quella del suo Signore, e impara a vin-cere il vuoto che il senso di inutilità e la con-vinzione di dipendenza totale dagli altri ge-nera. Nella profondità del mistero divino eglidiventa, infatti, non solo utile agli altri, maveramente indispensabile. “Nel corpo diCristo, che incessantemente cresce dallacroce del Redentore, proprio la sofferen-za, permeata dallo spirito del sacrificio diCristo, è l’insostituibile mediatrice e au-trice dei beni, indispensabili per la sal-vezza del mondo. E’ essa, più di ogni al-tra cosa, a fare strada alla grazia che tra-sforma le anime umane. Essa, più di ognialtra cosa, rende presenti nella storia del-l’umanità le forze della redenzione”. Gra-zie alle loro sofferenze, cristocentricamen-te orientate e illuminate dalla Resurrezione,restituiscono speranza al mondo e a se stes-si. È come se nascessero a nuova forza, na-

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verginale le condizioni di tutti,quando godremo della visione beatificadi Dio. Esse ricordano sempre a se stes-se che: “Non è abbastanzaquello che si fà per il Si-gnore” come ripeteva spes-so una loro sorella santa suorAgostina Pietrantoni, nel suoanelito verso Dio. Il nostropotrebbe sembrare un elogiosperticato, ma lasciatecelofare per l’esperienza che ab-biamo maturato in tanti an-ni di frequentazione ospe-daliera: nelle religiose che attivano illoro carisma nei luoghi della soffe-renza, “pulsa la dinamica dell’a-more suscitato dallo Spirito di Cri-sto”. Solerti, professionali, amorose;sono le dispensatrici di una efficien-te quotidianità assistenziale che nonconosce limiti di tempo, nonesprime gelosie di categoria,non ha contiguità sindacali.Silenziose, disponibili, pa-zienti; con pietà e umiltà de-dicano la loro vita offrendo iloro servizi all’umanità sof-ferente. La Chiesa manifestagrande sollecitudine verso tutti coloro chepatiscono e verso coloro che come le suo-re, si adoperano per dare accoglienza eportare carità. I tempi che viviamo ci ve-dono partecipi della straordinaria cresci-ta tecnologica, clinica, scientifica, che mi-rabilmente ormai ha raggiunto una effi-cienza tale da essere in grado di sostituir-si alla natura stessa quando questa è gra-vemente mortificata. Questi grandi pro-gressi, se da un lato hanno favorito il mi-glioramento della salute e la durata stes-sa della vita dell’uomo, dall’altro lo han-no reso sempre più oggetto di sperimen-tazione e di indagine, per cui il curare haprivilegiato una sempre più accentuata

Lenostre sorelle consacrate

La Divina Provvidenza elargisce, a co-loro che sono state prescelte da Dio, le qua-lità necessarie, sostenendole con la Sua Gra-zia. Esse sono chiamate a far parte di una co-munità religiosa esprimendo una maturazio-ne piena del battesimo nella linea della tota-le consacrazione a Dio con la professione deiconsigli evangelici. Questa dinamica voca-zionale riconosce quattro aspetti fondamen-tali: teocentrico (la vita religiosa), ecclesia-le (consacrante al bene di tutta la Chiesa),cristiforme (comune e indispensabile riferi-mento a Cristo-norma fondamentale della vi-ta religiosa), testimoniale (esprimente il va-lore di segno e di testimonianza che la vitaconsacrata è destinata a dare alla Chiesa). Laconsacrazione religiosa ha le sue profonderadici nella consacrazione sacramentale, mapresenta una sua titolarità nuova e particola-re perché si esprime nel dono totale di se aDio e si realizza nel servizio alla Chiesa perl’annuncio del Vangelo, per la salvezza del-le anime, per l’esercizio costante della ve-rità. Il dono delle sorelle consacrate a Dio ètotalizzante e la lora vita è in Dio solo, di-mentiche della loro. Questo è motivo, prin-cipio e fine della vita religiosa.Le diverse Congregazioni, ognuna con ilcarisma loro proprio, compiono il bene avantaggio delle anime e della società rea-lizzando nella lunghezza dei tempi, fatti chetestimoniano la presenza e l’amore di Dio.Esse coniugano la testimonianza della fe-de con l’esercizio della carità. Queste no-stre sorelle intrepide, “in una costante etotale dedizione vivono amorevoli e sen-sibili nelle scuole, negli asili, negli ospe-dali, nelle carceri, in pace e in guerra, trai poveri e gli handicappati, tra gli anzia-ni, al servizio delle parrocchie, dei semi-nari, dei sacerdoti”. Serene, forti e genti-li, sono coraggiose testimoni del primatodi Dio nella vita e perseguono il loro idea-le di santità con la preghiera e l’azione sa-maritana, anticipando nella loro vocazione

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medicalizzazione affidata alle macchine ealle tecniche. Si è smarrita la visione oli-stíca dell’uomo e quindi il “prendersi cu-ra” che vuol dire sostare accanto e non pro-

seguire oltre, che vuol portare confortoe speranza a coloro che nutrono dubbi. Èproprio alle nostre sorelle consacrate chela Chiesa affida in special modo questorisanamento spirituale ed etico “dato chel’uomo nella sua víta terrena, cammi-na in un modo o nell’altro sulla via del-la sofferenza, la Chiesa in ogni tempodovrebbe incontrarsi con l’uomo pro-

prio su questa via” (SalvificiDoloris). È nel senso di una pietàcaritativa che assume il signifi-cato e il valore oblativo, che ilservizio delle sorelle consacra-te si pone in continuità al miste-ro di Cristo nel cui nome è com-piuto. È per questo che il loroservizio si distingue da una iden-tica attivita compiuta dal laico.

Sono tanti i documenti pontifici, episco-pali e conciliari; La Salvifici Doloris giàcitata, L’Evangelium Vitae, La Mulie-ris dignitatem, La Redemptoris Mater,

La vita consacrata e la sua missio-ne nella Chiesa nel mondo promul-gata dall’Assemblea Ordinaria del Si-nodo dei Vescovi del 1994 e ancora laNota CEI-La Pastorale della salutenella Chiesa Italiana; che prendonoin considerazione la persona consa-crata impegnata nel servizio ai soffe-renti, promuovendone la riflessione ecoinvolgendola in esortazioni propo-

sitive e di ricerca spirituale, onde consen-tirle di affrontare le sfide del secolo.Ogni suora esprime l’impegno operativo deicredenti nel mondo della salute, in terminidi oculata managerialitá, senza però disat-tendere anzi esaltandolo, il servizio alla per-

sona con compiuta fedeltà al comando diCristo: “Curate e sanate”. Le suore cheoperano nelle Istituzioni Sanitarie cattoli-che, sono “un dono di Dio” per “un ser-vizio d’amore all’uomo”. Per la Chiesail “bene uomo” non è mercificabile, per-ché nel sofferente essa scorge il volto diGesù, ed è per questo che le Istituzioni Sa-

nitarie Cattoliche impegnate nel sociale enell’assistenza sanitaria, pongono partico-lare cura alla formazione del personale ingenere, di quello religioso in particolare, af-finché questo non trovi il proprio limite so-lo in un proficuo apprendimento tecnico,ma bensì configuri anche una accettazioneculturale ed una applicazione responsabiledei principi e degli insegnamenti etico-deon-tologici e religiosi ponendo una particolareattenzione alla solidarietà.“In verità vi dico: ogni volta che avetefatto qualche cosa per uno dei più picco-li di questì miei fratelli l’avete fatta a me”(Mt24,40).Chi più delle nostre sorelle consacrate adem-pie con fedeltà a questo dettato evangelico!Care suore appartenenti a qualsivoglia co-munità, voi siete le creature angeliche invia-te dal Signore agli uomini, fornite l’esempiocredibile di una Chiesa che vuole costruire“immagini e segni” in cui “si manifesta l’ir-rompere misericordioso del Regno di Dio”.Voi siete state chiamate all’incontro con il Si-gnore e il vostro cuore trabocca di beatitudi-ne per ciò che avete sperimentato nel vostroanimo. Essendo state fedeli Lui ha operato invoi grandi cose, che hanno superato la cadu-cità della inclinazione umana e vi hanno fat-to conquistare una grande gioia e una im-mensa speranza che racchiude la Croce. Voiavete ìncontrato il Signore, rimanete con Luiper sempre, specialmente nella Eucaristia,“ove Cristo si dona a voi, e nella preghie-ra con la quale vi donate a Lui”. Tutte voi,sorelle carissime, avete guadagnato la stima,il rispetto e la gratitudine della Chiesa e di tut-ta l’umanità sofferente e comunque bisogno-sa di sostegno. Abbiamo ricordato le solleci-tudini del S. Padre Giovanni Paolo II il Gran-de, rivolte alle religiose nei tanti incontri apo-stolici, le Sue esortazioni e le tante espres-sioni di simpatia, rispetto e grande apprezza-mento. In particolare, alle consorelle polac-che riunite a Jasna Gora disse: “le parole pro-nunciate da Maria diventino per voi tutteluce sul vostro cammino: ‘Eccomi, sono laserva del Signore, avvenga di me quello chehai detto’”.

Dr. Sergio Mancinelli

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spirito – ha respinto “in malo modo” la pro-posta di ricevere la comunione. E, quandorifiutano, spesso con una bugia, alla mia gar-bata richiesta di poterli (almeno) associarein una preghiera, la serena risposta è statasempre affermativa.È la più bella scoperta di questo Ministero:la forza e il coraggio che riesce ad infonde-re Gesù Eucarestia. Merita di essere ricordato, in particolare, unepisodio tra i tanti accaduti. Una domenicadon Nicola, il cappellano dell’Ospedale S.Eugenio, con la sua consueta dolcezza, micomunica... oggi ti faccio fare una bellissi-ma esperienza: farai il tuo servizio nel re-parto di ematologia. Attento, però, tutti lo-ro sono consapevoli di avere non più di seimesi di vita...Pensai, “cosa dirò a queste persone mala-te?” Non posso certo presentarmi loro conun sorriso sulle labbra e accomiatarmi – co-me faccio spesso – dicendo loro scherzosa-

Ripensare, ad oltre un anno di distanza, alpercorso seguito e all’esperienza maturatacome Ministro straordinario della Comu-nione, non è semplice. L’aspetto più bellodi questo Ministero è il rapportarsi con ilprossimo sofferente è quello di instauraretanti rapporti personali, seppur brevi, e divenire a contatto con molteplici storie eesperienze, spesso impossibili da racconta-re in forma ordinata.Ad oggi, posso però sicuramente dire cheavevo iniziato il Ministero convinto di ren-dere un servizio al prossimo, ma ben pre-sto ho acquisito la consapevolezza di es-serne continuamente arricchito, e non so-lo nella fede.Portare con me Gesù Eucarestia costituisce,prima di tutto, una grande gioia e unaprofonda emozione sempre rinnovata. Conil passare del tempo non riesco a contener-la nè a fare l’abitudine a questa gioia di por-tare la comunione.In questo percorso, mi ha accompagnato labellissima amicizia nata con Luciano, per-sona umile e buona con la quale, dal corsodi preparazione sostenuto al Vicariato al-l’attuale servizio domenicale in Ospedale,ho sempre condiviso la mia esperienza diMinistro.Nei reparti, di lungodegenti, spesso si rie-sce a colloquiare con alcuni malati, dome-nica dopo domenica: è bello essere accolticon un sorriso da chi soffre, è bello esseresalutati con un sorriso quando si va via. Mainessuno – anche tra i più sofferenti nello

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Chi si lascia macinare diventa pane per i fra-telli.

ome ministri della Comunione non basta che siano scelte delle persone capaci e di matu-ra responsabilità, occorre che abbiano una preparazione appropriata. Lo richiede la deli-catezza del servizio da svolgere: a diretto contatto con l’Eucaristia e con le persone mala-te di fronte al pane Eucaristico.Nella persona del ministro, deve essersi sviluppata una buona vita cristiana, dalla preghieraalla conoscenza della Scrittura, dalla vita familiare all’amore all’Eucaristia e alla Chiesa,alla carità, con un cuore sempre disposto alla benevolenza.

C

Un anno da ministro straordinariodella comunione:

Ero ppartito pper ddare hho rr icevuto ttanto

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mente di non volerli più ritrovare la dome-nica successiva in Ospedale.Recatomi al tabernacolo e posto il Santissi-mo nella teca, mi incammino verso il re-parto ripetendo dentro di me sempre la stes-sa invocazione: “Gesù aiutami tu, chissàcosa si aspettano da me”. Quando sono en-trato nella stanza di otto letti, tutti occupa-ti da donne con il capo coperto per ma-scherare la calvizie causata dalla chemiote-rapia, mi sono presentato come sempre eabbiamo insieme partecipato con grande fe-de al breve rito. Di seguito è iniziato un dia-logo sereno e profondo, durato circa quin-dici minuti. Cosa ho detto in quei quindiciminuti? Non ricordo una parola; ciò che re-sta indelebile nella mia memoria sono glisguardi di gratitudine ed il sorriso, nel sa-lutarmi, di quelle sorelle. Io avevo “sem-plicemente”portato loro Gesù!In quel momento mi tornò alla mente la pe-nitenza impartitami dal mio confessore lasettimana precedente: “cerca di strappareun sorriso difficile”. Questa circostanza laraccontai alle ammalate e, nell’andar via dis-si loro: “sono io a dover ringraziare voi peravermi consentito di fare la mia penitenza”.Incamminandomi verso il tabernacolo perriporre le particole, venni assalito da unagioia mai provata e la riflessione spontaneafu che preoccupato della mia inadeguatez-za, avevo più volte invocato l’aiuto di Ge-

sù. Questa mia richiesta era stata ascoltatae Gesù si confermava un fratello che non tiabbandona mai. Sì, quel Gesù Eucarestiache mi aveva fatto sentire fratello, vicino asorelle meno fortunate. Ecco la potenza del-la Santa Comunione.L’aver trovato le “parole giuste” in un mo-mento così difficile e la penitenza espiatanon possono essere banali coincidenze: era-no la prova della presenza dello Spirito San-to, il più difficile da riconoscere nella vita.Da ultimo, tornato a casa, pensai: “oggi horicevuto una grande lezione. Cosa sono imiei problemi quotidiani, di fronte a tantodolore? Che diritto ho a contrariarmi, quan-do persone sottoposte a una così grande sof-ferenza, con il “solo” aiuto della Comu-nione in Cristo riescono ad affrontare taliprove con serena dignità?”Si è proprio vero avevo iniziato il Ministe-ro convinto di rendere un servizio al pros-simo, ma ben presto ho acquisito la consa-pevolezza di esserne continuamente arric-chito, e non solo nella fede.E di questo continuo arricchimento non rie-sco più a farne a meno, per questo motivocerco di non saltare mai la domenica e le al-tre feste comandate il mio turno in Ospeda-le. Non andando, ora so cosa perderei: la for-za che trasmette Gesù Eucarestia è una linfadella quale non riesci a fare a meno!

Eligio

tare anch’io un messaggio di speranza, met-tendo parte del mio tempo a disposizionedegli altri. Farlo attraverso l’Eucarestia, ve-ra fonte di vita, mi è sembrata la cosa mi-gliore, la via più semplice e più diretta.Dopo aver frequentato il corso di prepara-zione al Vicariato, il mio desiderio è diven-tato realtà.Inizialmente, visto il mio carattere, non èstato facile superare il timore, un po’di ver-gogna anche, nell’entrare in una cameratae invitare gli ammalati a prendere la S. Co-munione. Accettare il rifiuto, o gli sguardiinfastiditi di chi si accorge che nonostanteil camice bianco, non sei un medico, è lasfida più grande. Ma poi ti rendi conto di

Mi chiamo Patrizia, ho 52 anni, sono sposatae ho cinque figli dai 16 ai 29 anni. Nono-stante la famiglia numerosa, sono “Ministrostraordinario della Comunione”, e questoper me è un vero onore! Grazie a don Ni-cola, cappellano dell’Ospedale S. Eugenioho avuto l’opportunità di svolgere questoservizio.Questo desiderio è nato in me quando miopadre si è ammalato, ed io mi sono trovataad assisterlo in Ospedale. La sofferenza,spesso accompagnata da una profonda so-litudine, il vedere persone senza alcunconforto, e che a volte non trovano nessu-na risposta al dolore, mi hanno spinto a usci-re da me stessa, e a cercare un modo per por-

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essere quel “servo inutile” che non chiedeuna ricompensa qui e ora, ma che offre lapropria opera in semplicità, senza fare do-mande, seguendo solo Gesù Cristo e la-sciando che sia Lui ad operare.A volte ci sono persone che sembrano aspet-tare il mio arrivo, felici di una buona paro-la, commossi per una preghiera recitata in-sieme, confortati e risollevati dal poter ri-cevere la comunione, e allora, nel rendermiconto che portare l’Amore di Dio è una co-sa grande, mi sento veramente piccola, mi-sera, incapace.Non resto stupita di fronte alla mancanza difede perché, a volte, più si soffre e più ci siallontana da Dio, più si è giovani e meno sivuol sentire parlare del Signore. Mi riferi-sco in modo particolare alle esperienze vis-sute nel reparto maternità, dove spesso miscontro con una forte ostilità. Di fronte agliaborti, alle giovani madri che malediconoperché magari hanno saputo che il loro fi-glio non sarà sano, vorrei poter gridare cheil Signore è l’unico Signore della Vita, e chesolo affidandosi completamente a Lui sitrovano pace e salvezza. A volte ascolto eresto in silenzio, o dico una semplice paro-la di incoraggiamento, e dentro di me, strin-go tra le mani il Corpo di Cristo, prego, per-ché so che il Signore può fare molto, ma-gari anche attraverso quel piccolo seme cheio nella mia povertà, getto, e che solo Luipuò far germogliare.In ogni caso è un’esperienza bellissima, chearricchisce me, prima che le persone cheincontro! Il Signore mi porta per mano edio lo porto nelle mie mani: è una sensazio-ne incredibile, che supera ogni cosa! Io nonsono niente, è Lui che conduce, è Lui checonforta, è Lui che asciuga le lacrime, èLui che parla attraverso di me. È possibileattraversare il dolore degli altri, entrare nel-la sofferenza offrendo un segno positivo,che conforta, arricchisce, solo se Gesù stes-so ti porta per mano, ed io sono grata diavere questa opportunità, di lasciarmi con-durre da Lui nel compiere questo servizio,di essere testimone della Croce gloriosa at-traverso la sua Santa Eucarestia.

Patrizia

OFFERTA DELLA SOFFERENZA

O Signore Gesù, nel giorno luminoso diPasqua tu mostrasti agli Apostoli il segnodei chiodi nelle tue mani e nel tuo costato.Anche noi, o Divino Crocifisso,portiamo nel nostro corpoi segni vivi della Passione.In Te, vincitore del dolore con l’Amore,noi crediamo che la Croce è grazia:è un dono e una potenza di salvezzaper spingere il mondo verso la festa,verso la Pasqua dei Figli di Dio.Per questo oggi, abbracciati a Marianostra Madre e abbandonati al soffio delloSpirito Santo,con Te, o Gesù Salvatore del mondo,noi offriamo al Padre tutte le nostresofferenze secondo le intenzioni del Papa,affinché ridoni alla Chiesa giovinezza disantità e la renda casa di speranza,luogo del silenzio e dell’adorazione,tenda di fraternità per tutti gli uomini.O Maria, affidiamo a Te il nostro sì:custodiscilo accanto al tuo, oggi e sempre.Amen.

Angelo ComastriGià Arcivescovo di Loreto

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ell’Ospedale S. Pertini con i volontari deglialtri volontariati, soprattutto con quelli del-l’ARVAS, che operano numerosi nelle me-dicine, si è creato un rapporto di amicizia,collaborazione e aiuto scambievole.Vedo nel volontariato facce più distese e se-rene e una collaborazione maggiore fra tut-ti. Abbiamo ripreso coscienza del nostrocompito e delle nostre responsabilità, cia-scuno nelle sue possibilità, nella libertà enella verità e questo ha portato serenità escambio gioioso.Grazie a tutti, soprattutto a padre Carmeloche non ha mai smesso di credere in questovolontariato e in noi, più di noi stessi.Imparo ogni giorno nel mio stare in Ospe-dale tante cose che mi arricchiscono e mi fan-no rivedere tanti miei comportamenti e con-cetti dati per scontati, è un cam-mino nuovo ogni giorno,che porta beneficio ame e a coloro concui posso condivi-dere queste espe-rienze.Allora ho pensato,visto che il tempodi parlare fra di noiè sempre tanto po-co e quando le cosesono passate non siraccontano più, se mettessimo in comune suun quaderno, sotto forma di flash, tutte que-ste preziose scoperte per beneficiarne tutticon facilità? Grazie a tutti voi.

Lucilla Sansonetti

n anno è trascorso, e perciò per me è tempodi verifica e di riflessione. Le molte attivitàricreative nelle quali sono stata coinvolta eho partecipato sono state per me motivo digioia, mi hanno aiutata a crescere e matura-re. Ho ancora molte difficoltà da superare co-me il vincere la timidezza nei confronti deglioperatori sanitari, medici, primari (sempre dicorsa e indaffarati). Ma quando un dottore oun ammalato mi sorride perché mi riconosce,ritrovo la forza di andare avanti. Perché cre-do in quello che voglio fare. Ringrazio in par-ticolare Padre Carmelo per il tempo che ci de-

Q

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dica. Lo ringrazio delle sue parole che mispronano ad andare avanti. Lo ringrazio peril sano orgoglio che traspare dai suoi occhiper il Volontariato e per i volontari. Prego ilSignore di aiutarmi nei momenti di difficoltàche spesso mi assalgono. Voglio poter prose-guire su questa via. per poter dare il mio pic-colo aiuto a chi è più debole di me.

Maria Perlo

uest’anno è stato per me un duro periodo edaltrettanto lo sarà. Sono venuta anni fa inOspedale per donare la mia persona ai piùdeboli, ma in questa occasione ho preso apiene mani. Ho ricevuto tanto coraggio edaffetto con gli sguardi, col sorriso, con le pa-role ed anche con i silenzi. Questa è la pro-

va che con tutto il nostro perso-nalissimo modo di essere e

di vivere il volontaria-to, nei momenti cri-tici non ci sono so-lo dei collaboratorima persone prontea dare con genero-sità. Dio è grandenell’amore, ci ac-coglie come siamo,con ì nostri orgogli

e il nostro pressap-pochismo ma, ci aiuta a diventare come Luici vuole.

Patrizia Chimienti

sservando il mio cammino in Ospedale, hotrovato nei volontari pastorali una famiglia:tutti sono sempre molto affettuosi e disponi-bili verso di me e pronti a darmi aiuto e con-siglio per il mio servizio, e per quel che pos-so anch’io faccio altrettanto. In questa gran-de famiglia ci si vuole bene, anche se a vol-te ci sono momenti più difficili, anche di scon-tro, ma questi sono solo la conferma che si èin famiglia e ci si può esprimere liberamen-te, sapendo che anche lo scontro vissuto conamore serve per crescere e migliorare tutti.Ho capito quanto sia importante aumentarele proprie conoscenze e competenze per ser-vire meglio e più efficacemente. Per questo

RIFLESSIONI SU UN ANNODI VOLONTARIATO

ALL’OSPEDALE S. PERTINI

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chiedo spesso aiuto a chi ha più esperienza.Mi rendo conto anche di quanto sia impor-tante lavorare collaborando fra di noi e co-municando il più possibile tutto quello chepuò essere di aiuto per le persone che servia-mo. Riconosco che non sono ancora abba-stanza “coraggiosa” nell’invitare a parteci-pare, sollecitare... sopratutto nel rapporto coni medici, che vedo sempre tanto intenti al lo-ro lavoro. Con il resto del personale sanitariocomincia ad esserci una maggiore conoscen-za reciproca ed una certa collaborazione. Pen-so che con una presenza costante, attenta, di-screta e senza fretta ìn reparto il mio corag-gio aumenterà e loro si saranno intanto abi-tuati a vedermi e ad avere bisogno di me perpiccoli servizi (già succede ogni tanto!).Osservando ormai da 14 anni il nostro Ospe-dale... noto quanto degrado si sia prodotto inquesti anni:– Ascensori deturpati da disegni e frasi vol-

gari che non sono edificanti né per chi liscrive, né per gli utenti che utilizzano ilnostro Ospedale. Perché usare la struttu-ra per esternare la rabbia che abbiamodentro nei confronti di alcune persone odell’amministrazione stessa?

– La mancanza cronica di cestini interni al-la struttura per i rifiuti e l’immondizia(leggi lattine, bicchieri di carta, tovaglio-li e quanto altro) lasciata dove capita, an-che nei posti più insoliti; mentre le stra-dine dell’Ospedale, nonostante i cestini,sono sporche.Ciascuno si prenda le proprie responsa-bilità iniziando dalle persone che buttanotutto per terra “perché tanto c’è chi puli-sce”; per proseguire con i responsabili delservizio che dovrebbero sorvegliare di piùe chiedere ciò che manca (aumento delpersonale, attrezzature idonee, ecc.) af-finché si sia in grado di servire al megliol’Ospedale, il nostro Ospedale!

– La pavimentazione interna dell’Ospeda-le - rifatta recentemente - già dà segni di“usura”; tutta colpa della società che haposto in opera il pavimento? chi è senzacolpa scagli la prima pietra!

– La segnaletica interna all’Ospedale (ubi-cazione reparti/servizi) andrebbe rivista ecorretta (certo non è facile in un Ospeda-

le sempre in evoluzione, dove gli spazi ven-gono divisi e ridivisi ogni momento e do-ve i reparti subiscono spostamenti o cam-biamenti di dicitura). Anche queste picco-le accortezze aumentano la stima versoun’amministrazione attenta alle esigenzedegli utenti, che si prende cura dei detta-gli e si prodiga per eliminare i disagi.

– L’area - muri compresi - intorno alle mac-chinette distributrici di bevande e snach,così sporca! Quando potremmo riavereun bar dove comprare finalmente un “toz-zo di pane”? L’Ospedale intero: pazienti,operatori sanitari, visitatori, volontari lo“sognano di notte”!

– Il verde che poteva essere il vanto di que-sto nostro Ospedale sta pian piano dimi-nuendo (altro che foresta amazzonica!) afavore di nuove costruzioni e di parcheg-gi (croce e delizia di ogni Ospedale chesi rispetti!). Per favore non eliminate tut-to il verde!!!

Potremmo organizzare una bella giornataecologica!Iniziando con un po’di “educazione civica”...L’Ospedale è un bene comune, che va cura-to e rispettato, così che diventi più piacevo-le soggiornarvi per i malati ed essere un luo-go di lavoro più sereno per gli operatori sa-nitari, che, al contrario, non vedono l’ora discappare al termine del servizio!Tutto è risolvibile con il buon senso e la par-tecipazione di tutti, compresi noi volontari.

Luisa Angiolosanto

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Il giorno successivo, il Signor Salvatore siaccorse che era effettivamente in grado dimuovere le gambe.Durante un recente incontro con l’iscrittodell’ARVAS (Associazione Regionale Vo-lontari Assistenza Sanitaria) Sig. PasqualeBenedetti il quale svolge opera di volonta-riato presso l’Ospedale Forlanini - Repartodi Ortopedia - e che fa anche parte del grup-po di preghiera “Divino Amore - San Giu-seppe Moscati”, presso il suddetto Ospe-dale, il Signor Salvatore ha raccontato quan-to gli era accaduto, affermando che ritene-va di essere stato guarito da Padre Pio.Quando, successivamente, ha visto la foto-grafia di San Giuseppe Moscati, portataglidal volontario già citato, pur non avendomai neppure sentito parlare del Santo, tra lelacrime ha esclamato: “È lui, è proprio luil’uomo che ho visto la notte del 19 marzo!”.Gli è stato fatto notare che il 19 marzo è ilgiorno in cui si celebra la festività di SanGiuseppe e più che una coincidenza fortui-ta, questa constatazione si è dimostrataun’ulteriore conferma che proprio il medi-co santo lo aveva soccorso in un momentotanto drammatico della sua vita.

Testimonianzadel Signor Salvatore Lapenna, nato a Mesagne (Brindisi)

Il 4 marzo del 2006, mentre aspettava - nel-le prime ore del mattino - un mezzo pubbli-co in Via Marmorata, strada abbastanza fre-quentata e centrale di Roma, il Signor Sal-vatore veniva avvicinato, con una scusa, daun extracomunitario. Altri due, approfittan-do della sua momentanea distrazione, lo as-salivano alle spalle, picchiandolo selvag-giamente, prima di derubarlo dei suoi pochiaveri. Lo lasciavano tramortito e sanguinantesul marciapiede, dandosi alla fuga.Soccorso da alcuni uomini delle forze del-l’ordine, veniva ricoverato prima all’Ospe-dale San Camillo e poi al Forlanini di Roma.Poiché era stato ferito molto gravemente al-la colonna vertebrale - per cui i medici te-mevano una fuoruscita del midollo - era nel-l’assoluta impossibilità di muovere gli artiinferiori.La notte del 19 marzo 2006, durante il son-no - o forse in una condizione di dormive-glia - ha visto all’improvviso un gran ba-gliore, all’interno del quale è apparso un uo-mo vestito di un camice bianco, il quale gliha detto: “Sono venuto per rassicurarti,figliolo: domani riuscirai nuovamente amuovere le gambe e starai bene”.

‘sti angeli modernip’aiutà la gentete se fanno in quattroe co le sofferenzefanno quello che ponno

co ‘na pazienza taleda fa invida ar monno.Tante apparenze quic’hanno vita grama,e ‘n sacco de cosete fa capì er dolore.Per cui alla fin finenun solo esci guaritoma pure più migliore,insomma ‘na personapiù bòna e più de còre!

Oreste Confalone

OMAGGIO AGLI INFERMIERI

Fanno un lavoro duroe brutto anzìchenòco’ ‘n sacco de pazienzapure si c’hanno i guai,però non so’ specialie come tutti noic’hanno li problemi,e mica so’ diversi,c’hanno arti e bassi.Poi conosci Roma:e strade c’hanno buchee arivi a l’Ospedaleche già te senti male.Ma pure si je giranoforte le scatolette

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Presentazione

IntroduzioneIn linea con il cammino della ChiesaCon animo gratoObiettivi e articolazione del documento

I. IL MONDO DELLA SALUTEOGGIConquiste e difficoltàAspetti culluraliAtteggiamento “prometeico”Dalla medicina dei bisognialla medicina dei desideriRimozione delle esperienze doloroseLogica dei fini e logica dei mezziSituazioni di fragilità“Curare” e “prendersi cura”Prevenzione, bioetica, formazione

II. RENDERE RAGIONE DELLASPERANZA NEL MONDODELLA SALUTECristo il nome della nostra speranzaLa Chiesa “profezia di speranza”nel mondo della saluteUna comunità ospitale, che si“prende cura”Un servizio dal volto umanoGrandezza e limiti della ricercae cura sanitaria

Accompagnare con amore e competenzaVerso la pienezza di vitaTestimoniare l’amore e il servizioalla vita come messaggio di speranzaLe istituzioni sanitarie cattolicheEducare alla “speranza che non delude”

III. LA PASTORALE DELLASALUTE NELLA COMUNITÀVisita al mondo della saluteOrientamenti pastoraliComunità sanantiIl malato, 1avoratore nella vigna del SignoreUna comunità che accoglie e celebraUna sofferenza redenta ed educatriceComunione e collaborazioneCoinvolgimento di tutte le categoriedel popolo di DioIl ruolo della donnaProgettualitàL’organizzazione a diversi livelliA livello nazionale – regionale – dioce-sano – parrocchiale – ospedaliero e dipresidisocio-sanitariAlcune attenzioni particolari

CONCLUSIONE

Nuova Nota pastorale CEIDocumento della Commissione episcopale

per il servizio della carità e la salute

Predicate il vangeloe curate i malati

La comunità cristiana e la pastorale della salute– Indice degli argomenti sviluppati –

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Nota pastorale della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute

Predicate il vangelo e curate i malatiLa comunità cristiana e la pastorale della salute

Presentazione

L’esigenza di un documento sulla pastoraledella salute, in continuità con quello pubbli-cato nel 1989 a cura della Consulta naziona-le per la pastorale della sanità, era avvertitagià da tempo davanti ai mutamenti in atto inambito socio-culturale, nel mondo sanitarioe nella pastorale. L’occasione per dare attua-zione a tale intendimento è stata l’AssembleaGenerale della Conferenza Episcopale Ita-liana, che si è svolta in Assisi nel novembre2005. La riflessione sviluppata dai Vescovisul tema della cura pastorale delle situazionidi sofferenza suscitate dalla malattia ha fattoemergere proposte significative. La presentenota ne raccoglie gli elementi salienti, nellaconsapevolezza del compito della Chiesa,“chiamata a manifestare l’amore e la sol-lecitudine di Cristo verso quanti soffronoe verso coloro che se ne prendono cura”.La nota intende offrire alle comunità ec-clesiali criteri di discernimento e indica-zioni pastorali per un’adeguata evange-lizzazione e un’incisiva testimonianza del-la speranza cristiana nel mondo della sa-lute. Le luci e le ombre che emergono nel-l’ambito della sanità costituiscono una pro-vocazione feconda per l’agire pastorale del-la Chiesa (cf. nn. 7-20). Dare attuazione con-vincente al comando di Gesù che mandò isuoi discepoli “ad annunciare il regno diDio e a guarire gli infermi” (Lc 9,2), è og-gi una fra le più urgenti forme di evangeliz-zazione.La nota intende anche invitare la comu-nità cristiana nel suo complesso a sentirsisoggetto corresponsabile della pastoraledella salute, integrandola in una pastora-le d’insieme. Le sfide che provengono dalmondo della salute chiedono alla Chiesa unarisposta animata dalla speranza. Tale azioneprofetica sarà possibile se la comunità eccle-siale si sentirà costantemente provocata dalmodo di agire di Gesù Cristo (cf. nn. 21-48).

Ci ricorda il Santo Padre: “Cristo, sof-frendo per tutti noi ha conferito un nuo-vo senso alla sofferenza, l’ha introdottain una nuova dimensione, in un nuovoordine: quello dell’amore... Tuttavia dob-biamo anche fare del tutto perché gli uo-mini possano scoprire il senso della sof-ferenza, per essere così in grado di ac-cettare la propria sofferenza e unirla al-la sofferenza di Cristo”.La nota, infine, offrendo orientamenti opera-tivi, vuole promuovere e sostenere un’azio-ne pastorale più partecipata e coinvolgente,in cui il malato sia valorizzato come sogget-to attivo (cf. nn. 49-69). Tutti, infatti, siamoin debito verso quanti sono nella sofferenza,i quali immettono nel mondo, spesso a caroprezzo, silenziosamente e in incognito, fiumivitali di speranza. Anche in questo campo “èl’ora di una nuova ‘fantasia della carità’,che si dispieghi non tanto e non solo nell’ef-ficacía dei soccorsi prestati, ma nella capa-cità di farsi vicini, solidali con chi soffre”.La coincidenza della pubblicazione della no-ta con la fase finale del cammino preparato-rio verso il 4° Convegno ecclesiale nazio-nale (Verona, 16-20 ottobre 2006) vuole es-sere un segno peculiare dell’attenzione del-la Chiesa italiana nei confronti della fragilitàsperimentata nella malattia e nella sofferen-za. La offriamo alle comunità ecclesiali fa-cendo nostre le parole di Giovanni Paolo II:“Duc in altum! Questo invito di Cristo a Pie-tro e agli apostoli lo rivolgo alle comunitàecclesiali... e, in modo speciale, a quanti so-no al servizio dei malati, perché, con l’aiutodi Maria salus infirmorum, testimonino labontà e la paterna sollecitudine di Dio”.

Roma, 4 giugno 2006Solennità di Pentecoste

Francesco MontenegroPresidente della commissione episcopale

per il servizio della carità e la salute

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in ambulanza al nuovo Ospedale, incari-candosi di tutte le pratiche di dimissione edel successivo ricovero.Joselito continua a tutt’oggi la riabilitazio-ne e si sta lentamente riprendendo.Per fortuna non tutti gli ammalati da noi se-guiti hanno avuto problemi così gravi, ma atutti indistintamente abbiamo portato un pic-colo segno dell’amore che il Signore ha perchi soffre.I nostri volontari immigrati lavorano quasitutti a tempo pieno nelle famiglie italiane.Dopo diversi mesi di attività presso la Par-rocchia di Santa Marcella, è stato manife-stato, dalla maggior parte di loro, uno statodi disagio legato alla posizione della par-rocchia per loro difficile da raggiungere.Il giovedì i volontari hanno 4-5 ore di per-messo, tempo insufficiente per raggiungerela sede del Centodiciotto Spirituale, assiste-re alla riunione e rientrare al lavoro. Per su-perare questa “crisi” ci siamo messi alla ri-cerca di una nuova sede più vicina allaStazìone Termini e quindi per loro più fa-cile da raggiungere. L’abbiamo trovatapresso la Basilica di S. Vitale. Don Danie-le ci ha accolto volentieri. Per ora a S. Vi-tale si svolgono solo le riunioni, la segre-teria si sposterà infatti a Settembre o Ot-tobre prossimi, a causa di lavori nei localiadiacenti la Basilica.Siamo profondamente grati a Don Canio checi ha accolti con simpatia e benevolenza nel-la sua parrocchia e che continua a favorircipermettendoci di tenere, sino all’autunnoprossimo, la nostra segreteria nei locali del-la sua parrocchia.Insieme a Mons. Sergio Mangiavacchi, Sr.Loretta Cariati e Roberto Gattini e a tutti ivolontari del Centodiciotto Spirituale desi-dero esprimere a tutti la nostra gratitudineper quanto hanno già fatto e per quanto po-tranno fare.Un cordiale saluto

Betti ToccoCoordinatrice del Centodiciotto Spirituale

Il Centodiciotto Spiritualeprosegue il suo percorso

nella nostra Diocesi di Roma

Quest’Anno Pastorale appena conclusosi ciha visti operare, oltre che con immigrati la-tini, filippini e africani, anche con diversicasi di immigrati rumeni e polacchi, nume-rosi negli Ospedali di Roma.Al fine di poter inviare al loro capezzale con-nazionali di questi ultimi e di altre naziona-lità, nel mese di Ottobre 2006, preve-diamo un corso di formazione apertoa volontari di qualsiasi etnia.Se il Signore ce lo concede, pian piano po-tremo rispondere alla chiamata di un nume-ro maggiore e più vario di nostri fratelli im-migrati malati.Tra i casi da noi seguiti, segnalo quello diJoselito, filippino di circa 50 anni.Joselito, che vive a Roma da 20 anni senzafamiglia e senza conoscere la lingua italia-na, lavorava, in nero, in una impresa edile.Nel Dicembre 2005 è stato abbandonato daalcuni colleghi, forse irregolari, al prontosoccorso dell’Ospedale S. Pietro per gravilesioni causate da una trave che lo ha colpi-to alla testa, procurandogli una grave emor-ragia cerebrale. L’esito di tale emorragia, no-nostante il tempestivo intervento chirurgi-co, è stata una emiparesi destra. Il S. Pietroci ha chiamati perché, oltre alla grande dif-ficoltà di comunicare con lui a causa dellalingua, nessuno andava a trovarlo e nessu-no si occupava della sua cura personale e dilavare la sua biancheria. Per diverso tempoun gruppo di volontari filippini si è alterna-to al suo capezzale. Quando la grave situa-zione di Joselito è leggermente migliorata,è stato trasferito nella clinica S. Feliciano.Lì lo abbiamo seguito, continuando la no-stra assistenza. Dopo 15 giorni la clinica hatrovato Joselito maturo per la riabilitazionea cui avrebbe dovuto essere sottoposto pres-so l’Ospedale Santa Lucia. Ma un altro pro-blema si presentava: qualcuno della sua fa-miglia, o chi per lei, avrebbe dovuto pren-dersi la responsabilità della sua dimissionedalla clinica e del successivo ricovero al San-ta Lucia. Il Centodiciotto Spirituale ha pre-so in carico il malato e lo ha accompagnato

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IX edizionedel Premiodel “Buon

Samaritano”

Come è ormai consuetudine da ben nove anni, la fa-miglia della Pastorale Sanitaria della Diocesi di Ro-ma si è riunita, domenica 21 maggio scorso, pressoil Teatro della Parrocchia della Natività di Via Gal-lia per la cerimonia dell’assegnazione del “Premiodel Buon Samaritano”.L’evento è stato condotto dal giornalista televisivodi Rai 1Andrea Sarubbi che ha presentato con pro-fessionalità e simpatia i premiati, intervistandoli edando loro modo di raccontare le circostanze e lemotivazioni che li hanno indotti a dedicare il pro-prio tempo ai malati ed ai bisognosi.In una sala gremita di sacerdoti, suore, volontari edoperatori sanitari, nonché parenti ed amici, sono sta-te consegnate 16 “targhe” raffiguranti il Buon Sa-maritano.S.E. Mons. Brambilla, affabile e sorridente comesempre, ci ha regalato alcuni spunti di riflessione edha affettuosamente consegnato i premi avendo, perciascuno dei destinatari, una parola cordiale e di in-coraggiamento a proseguire nella loro opera sama-ritana.Ricordiamo il Cappellano Don Udino Mantoet cheha la cura pastorale dei malati terminali della Clini-ca Latina; Suor Achi Cavallari, dell’Istituto Suoredel Sacro Cuore, che ha fatto del suo Istituto la “dé-pendance” della vicina Casa “Peter Pan” e ciò al-lorché la stessa non è più ricettiva per le famiglie deibambini affetti da patologie oncologiche, provenientidal centro-sud Italia e da paesi del Nord Africa; SuorGiulia Carreri della Congregazione delle Ancelledell’Incarnazione. Il dott. Guido Sciarra dell’Ospe-dale S. Eugenio: “è un medico ‘per missione’ e perquesto è sempre disponibile a qualunque richiesta

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dei pazienti”. La famiglia Agostinelli (il Sig.Alfio e le figlie Anna e Gina) che da più di20 anni assistono e curano, con amore e de-dizione, la Sig.ra Marisa affetta da una raramalattia. Più volte i medici ne avevano de-cretato la fine, ma il miracolo dell’amore vaal di là della scienza! Il Gruppo dei Semi-naristi del Collegio internazionale “SedesSapientiae” di Roma, presenti da anni tra idegenti del Policlinico Umberto I, ove ani-mano il Centro della Parola di Dio.Un complessino, composto da studenti car-melitani colombiani, invitato da Padre Car-melo Vitrugno dell’Ospedale Pertini, ha crea-to degli “intermezzi musicali” tra le variepremiazioni allietando i presenti con canzo-ni e ritmi sud-americani, riscuotendo ap-plausi dal pubblico in sala.È poi continuata la consegna della “targa”ai numerosi “volontari”: Ester Vari Colon-na (ARVAS Regina Elena-S. Gallicano);Michele Candeliere (ex professore di chi-mica, ARVAS Policl. Umberto I); Enzo Pro-sperini (ex P.S.; ARVAS Policl. Umberto I);Severina Mercurio (ARVAS Osp. MadreVannini); le “Vincenziane” Loriana Ciani(Policl. Umberto I); M. Giovanna Romiti(Ministro Straordinario dell’Eucaristia nel-l’Osp. S. Giovanni); Rosina Giusti Gentile(da 30 anni al servizio dei malati - S. Gio-vanni, Umberto I e Bambin Gesù; ora atti-va al Policlinico Italia) e Franca Orfino(Osp. S. Eugenio). Natalina Fonte (Osp. S.Pietro); Patrizia Rossi in Flamini (Centro diAscolto della Parrocchia S. Francesco d’As-sisi e S. Caterina da Siena).Ci ha stupito la naturalezza con cui viene do-nata, da questi “volontari”, la loro vita pergli ammalati e per gli ultimi e, con quantadelicatezza ed umiltà si pongono al serviziodi chi ha bisogno. Tutti hanno affermato di“aver ricevuto” più di “quanto dato”. È ungrande insegnamento per tutti noi!La serata è terminata, come sempre, con le“dolcezze” offerte dalle suore e dai volon-tari ed il gelato offerto dal Parroco della par-rocchia ospitante.Arrivederci alla prossima edizione!

Maria Adelaideuna delle “vallette” del Vescovo

La nostra rivista si propone di essere tramitee collegamento fra le varie realtà sanitarie. Perquesto accogliamo e pubblichiamo volentieritutti i contributi e le segnalazioni che ci ven-gono fatte e che mettono in luce le varie ini-ziative, i gesti di bontà e le testimonianze divita e di fede.

* * *Pubblichiamo una poesia che le suore e gli al-tri dipendenti hanno voluto dedicare alla col-lega della clinica “Salus infirmorum” che èandata in pensione nel luglio 2006.

A R osaria

Bello è il tuo nome, o dolce Rosaria;è come il profumo che spira nell’aria,profumo di vita, di gioia e d’amore,profumo che nasce dal fondo del cuore.

Il tuo cuore di mamma e di nonna feliceè come una fiamma che in Dio ha radice.A tutti sai dare un sorriso gioiosoche rende il tuo viso splendente e grazioso.

Grazie Rosaria: in questa famigliasei mamma, sorella, amica e pur figlia.Sai stare al tuo posto con gran dignità,con tutto l’impegno e con vera umiltà.

Averti incontrato è grande ricchezza,è come il sapore di tenue carezza.È come ammirare un arcobalenoche sa rendere il viver più bello e sereno.

Grazie Rosaria: il tuo esempio e coraggiorimangon per noi prezioso messaggiodi forza, di impegno e cristiana speranzache muta anche il pianto in un canto e

una danza.

E fiorisce la vita sull’ali d’argentomentre ai nipoti il tuo cuore contentosa dare la gioia per un futuropiù bello, gioioso e sempre sicuro.

Perché sempre con noi cammina il Signoree ci tiene per mano con tenero amore.

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dividuo dovrebbero avere la priorità sul-l’interesse esclusivo della scienza e dellasocietà”.L’uso del verbo al condizionale è chiara-mente dovuto al fatto che la Dichiarazionesi rivolge agli Stati non per essere disposi-zione obbligatoria, bensì esclusivamenteguida per la formulazione di proprie leggie di proprie politiche nel campo della bioe-tica. Anche se il verbo al condizionale è pre-sente in tutti gli articoli scritti in originalenella lingua inglese, nella realtà la maggiorparte degli Stati che hanno approvato confirma la Dichiarazione hanno preferito tra-durre più adeguatamente il verbo al condi-zionale con il verbo al presente. Nel casodell’art. 3 la traduzione in italiano riporta-ta dalla stampa è “gli interessi ed il benes-sere dell’individuo devono avere la prio-rità sull’interesse esclusivo”.

Basterebbe l’accettazione per legge di que-sto solo articolo, nel caso volesse essere ri-spettato ed adottato dai 197 paesi che han-no approvato la Dichiarazione, per limitaremoltissime discussioni ed iniziative oggi al-l’ordine del giorno su attentati contro lavita umana (manipolazioni genetiche, spe-rimentazioni su malati, metodiche d’in-terruzione della maternità, scempio del-l’ambiente, disconoscimento ai popoli difondamentali diritti naturali).I medici cattolici, che per professione e cre-do operano per la difesa della vita umana inogni circostanza, non possono che esserepromotori d’eccellenza per la diffusione deicontenuti della Dichiarazione Universalesulla bioetica e i diritti umani.Il testo, tradotto in italiano dall’originale in-glese a cura di Cinzia Caporale, Presidentedel Comitato Intergovernativo di Bioeticadell’UNESCO, è di seguito riportato con al-cune parole e frasi volutamente trascritte

L’Organizzazione Culturale Scientifica edEducativa delle Nazioni Unite (UNESCO)nello scorso 10 Ottobre 2005 ha approvato,con la firma unanime di 197 Stati, la “Di-chiarazione Universale sulla bioetica e i di-ritti umani”, elaborata, dopo lungo iter diconsultazioni, dal Comitato internazionaledi bioetica (Cib) con l’apporto del Comita-to intergovernativo di bioetica e la condivi-sione di numerose realtà scientifiche e deirappresentanti delle maggiori confessionireligiose mondiali.Proprio perché si tratta di un prodotto d’u-nanime convergenza, il documento presen-ta talune insufficienze ed omissioni e, perquesto motivo, il Comitato Nazionale per labioetica si è impegnato per il prossimo fu-turo ad effettuare un’approfondita analisidel testo e a redigere uno specifico docu-mento integrativo.

Il documento è costituito da 28 articoli. Al-le disposizioni generali contenute nei primidue articoli, che indicano rispettivamente lasfera di applicazione e gli scopi della Di-chiarazione, seguono 15 articoli (dal terzoal diciassettesimo) sui “principi” fondanti e4 (dal diciottesimo al ventunesimo) sui mo-di per la loro applicazione.Gli articoli seguenti fino al venticinquesi-mo sono una guida per gli Stati che inten-dono promuovere l’attuazione della Di-chiarazione, mentre i restanti, fino all’art.28, contengono le disposizioni finali.Importante è che siano stati approvati basi-lari principi, tra cui, sicuramente di sintesidel contenuto di tutti gli altri, è quello ri-portato all’art. 3 che, trattando del rispettodella dignità umana, dei diritti umani e del-le libertà fondamentali, riconosce la subor-dinazione della scienza alla dignità del-l’uomo. Si esprime, infatti, nel seguente mo-do: “gli interessi ed il benessere dell’in-

Dichiarazione universalesulla bioetica e diritti umani

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con carattere grassetto e in corsivo, perchéil lettore possa meditarne il contenuto e pos-sa valutarne l’importanza.

1. DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1 - Sfera di applicazione(a) La presente Dichiarazione tratta dellequestioni etiche sollevate dalla medicina,dalle scienze della vita e dalle tecnologiecorrelate ove applicate agli esseri umani,tenendo conto delle loro dimensioni so-ciali, giuridiche e ambientali,(b) La presente Dichiarazione si rivolgeagli Stati. Ove appropriato e pertinente,fornisce inoltre un guida per le decisioni ole pratiche di individui, gruppi, comunità,istituzioni, enti ed aziende pubblici e pri-vati.

Articolo 2 - ScopiGli scopi della presente Dichiarazione so-no:– fornire un quadro universale di principi e

procedure atti a guidare gli Stati nella for-mulazione delle loro legislazioni, delle lo-ro politiche o di altri strumenti nel campodella bioetica;

– guidare le azioni di individui, gruppi, co-munità, istituzioni, enti ed aziende pubblicie privati;

– promuovere il rispetto della dignità uma-na e proteggere i diritti umani, garanten-do il rispetto della vita degli esseri uma-ni e delle libertà fondamentali, in confor-mità con la legge internazionale sui dirit-ti umani;

– riconoscere l’importanza della líbertà di ri-cerca scientifica e i benefici derivanti da-gli sviluppi scientifici e tecnologici, sotto-lineando la necessità che la ricerca e glisviluppi avvengano all’interno del quadrodi principi etici enunciati nella presente Di-chiarazione e rispettino la dignità umana,i diritti umani e le libertà fondamentali;

– favorire il dialogo multidisciplinare e plu-ralista sulle questioni bioetiche tra tutte leparti interessate e nella società nel suo com-plesso;

– promuovere un accesso equo al progresso

medico, scientifico e tecnologico, così co-me la più vasta circolazione possibile e larapida condivisione delle conoscenze ri-guardanti tali progressi e dei benefici chene derivano, con una particolare attenzio-ne ai bisogni dei paesi in via di sviluppo;

– tutelare e promuovere gli interessi dellagenerazione presente e di quelle future;e sottolineare l’importanza della biodi-versità e della sua protezione come in-teresse comune dell’umanità.

2. PRINCIPI

Nell’ambito della sfera di applicazione del-la presente Dichiarazione, nelle decisioniprese o nelle pratiche messe in opera dacoloro a cui essa è rivolta, i seguenti prin-cipi devono essere rispettati.

Articolo 3 - Dignità umana e DirittiUmaniLa dignità umana, i diritti umani e le li-bertà fondamentali1 devono essere piena-mente rispettate.Gli interessi e il benessere dell’individuodovrebbero prevalere sull’interesse esclu-sivo della scienza o della società.

Articolo 4 - Benefici ed effetti dannosiNell’applicazione e negli avanzamenti del-le conoscenze scientifiche, delle pratichemediche e delle tecnologie correlate, i be-nefici diretti e indiretti per i pazienti, per ipartecipanti alla ricerca e per gli altri in-dividui affetti dovrebbero essere massi-mizzati e ogni possibile effetto dannoso perquesti individui dovrebbe essere minimiz-zato.

Articolo 5 - Autonomia e responsabilitàindividualeL’autonomia delle persone di prendere del-le decisioni, assumendosi la responsabilitàdi tali decisioni e rispettando l’autonomiaaltrui, deve essere rispettata. Per le perso-ne prive della capacità di esercitare l’au-tonomia, particolari misure devono esse-re adottate al fine di tutelare i loro diritti ei loro interessi.

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Articolo 6 - ConsensoQualsiasi intervento medico a fíni di pre-venzione, diagnosi e cura deve essere ese-guito con il consenso preventivo, libero einformato della persona coinvolta, basatosu informazíoni adeguate. Il consenso, oveappropriato, dovrebbe essere esplicito, epuò essere revocato dalla persona coinvol-ta in qualsiasi momento e per qualsiasi ra-gione senza che da ciò gliene derivi alcu-no svantaggio o danno.La ricerca scientifica dovrebbe essere con-dotta soltanto con il consenso preventivo,libero, esplicito e informato della personacoinvolta. Le informazioni dovrebbero es-sere adeguate e fornite in forma com-prensibile, e dovrebbero includere le mo-dalità di revoca del consenso. Eccezionia questo principio dovrebbero essere fat-te soltanto in conformità con i criteri eti-ci e le norme giuridiche adottati dagli Sta-ti, compatibili con i principi e le disposi-zioni enunciati nella presente Dichiara-zione, in particolare con l’articolo 27, econ la legge internazionale sui diritti uma-ni.In casi appropriati di ricerche condotte suun gruppo di persone o una comunità, unaccordo supplementare con i rappresen-tanti legali del gruppo o della comunitàcoinvolti può essere ricercato. In nessun ca-so un accordo collettivo di comunità o ilconsenso dei leader della comunità o diun’altra autorità dovrebbe sostituirsi al con-senso informato individuale.

Articolo 7 - Persone prive della capacitàdi esprimere il proprio consensoIn conformità con l’ordinamento naziona-le, una tutela particolare deve essere ac-cordata alle persone prive della capacità diesprimere il proprio consenso:– l’autorizzazione per pratiche mediche e

di ricerca dovrebbe essere ottenutaconformemente al miglior interesse del-la persona coinvolta e in conformità conl’ordinamento nazionale. In ogni caso,la persona coinvolta dovrebbe essere re-sa partecipe quanto più possibile del pro-cesso decisionale relativo al consenso oalla revoca dello stesso.

– la ricerca dovrebbe essere condotta soloin caso di beneficio diretto sulla salutedella persona coinvolta, subordinata adautorizzazione e ai requisiti di tutela pre-scritti dalla legge, e solo se non esisteun’alternativa di efficacia comparabi-le che coinvolga partecipanti alla ricer-ca capaci di fornire un consenso valido.Una ricerca priva di benefici potenzialidiretti sulla salute dovrebbe essere in-trapresa solo eccezionalmente, con lemassime limitazioni, esponendo la per-sona coinvolta soltanto a rischi e oneriminimi e se ci si attende che la salute dialtre persone appartenenti alla stessacategoria possano beneficiarne, subor-dinata ai requisiti di tutela prescritti dal-la legge e conforme alla tutela dei dirit-ti umani della persona coinvolta. Il ri-fiuto da parte di queste persone di par-tecipare alla ricerca dovrebbe essere ri-spettato.

Articolo 8 - Rispetto della vulnerabilitàumana e dell’integrità personaleNell’applicazione e negli avanzamenti del-le conoscenze scientifiche, delle pratichemediche e delle tecnologie correlate, la vul-nerabilità umana dovrebbe essere presa inconsiderazione. Gli individui e i gruppi diparticolare vulnerabilità dovrebbero esse-re tutelati e l’integrità personale di tali in-dividui rispettata.

Articolo 9 - Privacy e confidenzialitàLa privacy delle persone coinvolte e la con-fidenzialità dei loro dati personali dovreb-bero essere rispettate. Nei limiti del possi-bile, questi dati non dovrebbero essere uti-lizzati o rivelati a fini diversi da quelli peri quali sono stati raccolti o per i quali è sta-to dato il consenso, conformemente al di-ritto internazionale, in particolare al dirit-to internazionale dei diritti umani.

Articolo 10 - Uguaglianza, giustizia edequitàLa fondamentale uguaglianza di tutti gli es-seri umani in termini di dignità e diritti de-ve essere rispettata in modo che tutti sianotrattati in maniera giusta ed equa.

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Articolo 11 - Non discriminazione e nonstigmatizzazionePer nessuna ragione un individuo o un grup-po dovrebbe essere discriminato o stigma-tizzato, in violazione della dignità umana, deidiritti umani e delle libertà fondamentali.

Articolo 12 - Rispetto della diversità cul-turale e del pluralismoL’importanza della diversità culturale e delpluralismo dovrebbe essere tenuta in do-vuta considerazione.Tuttavía, tali considerazioni non devonoessere invocate per violare la dignità uma-na, i diritti umani e le libertà fondamen-tali, né per violare i principi enunciati nel-la presente Dichiarazione o per limitarnela portata.

Articolo 13 - Solidarietà e cooperazioneLa solidarietà tra gli esseri umani e la coo-perazione internazionale a questo fine de-vono essere incoraggiati.

Articolo 14 - Responsabilità sociale e sa-lute(a) La promozione della salute e dello svi-luppo sociale a beneficio dei cittadini è unobiettivo fondamentale dei governi, con-diviso da tutti i settori della società.(b) Tenendo conto del fatto che il godi-mento del miglior livello di salute rag-giungibile costituisce uno dei diritti fon-damentali di ogni essere umano, senza di-stinzione di razza, religione, opinioni po-litiche o condizione economica o sociale,il progresso scientifico e tecnologico do-vrebbero favorire:– l’accesso a un’assistenza sanitaria di qua-

lità e ai farmaci essenziali, soprattuttoper la salute delle donne e dei bambini,essendo la salute essenziale per la vitastessa e dovendo essere considerata unbene sociale e umano;

– l’accesso a un’alimentazione e a un ap-provvigionamento d’acqua adeguati;

– il miglioramento delle condizioni di vi-ta e dell’ambiente;

– l’eliminazione della marginalizzazione edell’esclusione delle persone per qual-siasi ragione; e

– la riduzione della povertà e dell’analfa-betismo.

Articolo 15 - Condivisione dei benefici(a) I benefici derivanti da qualsiasi ricer-ca scientifica e dalle sue applicazioni do-vrebbero essere condivisi con la societànel suo insieme e nell’ambito della co-munità ínternazionale, in particolare coni paesi in via di sviluppo. Nell’attuazionedi questo principio, i benefici potrebberoassumere qualsiasi delle seguenti forme:– assistenza privilegiata e sostenibile e ri-

conoscimento alle persone e ai gruppiche hanno preso parte alla ricerca;

– accesso a un’assistenza sanitaria di qua-lità;

– fornitura di nuovi mezzi diagnostici, pro-cedure o prodotti terapeutici derivantidalla ricerca;

– sostegno ai servizi sanitari;– accesso alle conoscenze scientifiche e

tecnologiche;– attrezzature e servizi in grado di far svi-

luppare la ricerca; e– altre forme di benefici compatibili con i

principi enunciati nella presente Dichia-razione,

(b) I benefici non dovrebbero costituire de-gli incentivi impropri a prendere parte al-la ricerca.

Articolo 16 - Protezione delle genera-zioni futureL’impatto delle scienze della vita sulle ge-nerazioni future, compreso quello sulla lo-ro costituzione genetica, dovrebbe esserepreso in dovuta considerazione.

Articolo 17 - Protezione dell’ambiente,della biosfera e della biodiversitàLe interconnessioni tra gli esseri umani ele altre forme di vita, l’importanza di unaccesso e utilizzo appropriati delle risor-se biologiche e genetiche, il rispetto per isaperi tradizionali e per il ruolo degli es-seri umani nella protezione dell’ambíen-te, della biosfera e della biodiversità de-vono essere tenuti nella dovuta considera-zione.

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3. APPLICAZIONE DEI PRINCIPI

Articolo 18 - Processo decisionale e trat-tamento delle questioni di bioetica(a) La professionalità, l’onestà, l’integritàe la trasparenza nel processo decisionaledovrebbero essere incoraggiate, in modoparticolare l’esplicitazione di tutti i con-flitti di interesse e una condivisione ap-propriata delle conoscenze. Ogni sforzodovrebbe essere fatto per utilizzare le mi-gliori conoscenze scientifiche e metodo-logie disponibili nell’affrontare e riesa-minare periodicamente le questioni bioe-tiche.(b) Le persone e i professionisti interessa-ti, e la società nel suo complesso, dovreb-bero essere impegnati in un dialogo co-stante.(c) L’opportunità di un dibattito pubblicoinformato e pluralista, che ricerchi l’e-spressione di tutte le opinioni pertinenti,dovrebbe essere promossa.

Articolo 19 - Comitati eticiComitati etici indipendenti, multidiscipli-nari e pluralisti dovrebbero essere istitui-ti, promossi e sostenuti al livello adegua-to al fine di:– determinare quali siano le questioni ri-

levanti di natura etica, giuridica, scien-tifica e sociale implicate nei progetti diricerca che coinvolgono esseri umani;

– fornire pareri riguardo ai problemi eticiche emergono nei contesti clinici;

– valutare gli sviluppi scientifici e tecno-logici, formulare delle raccomandazionie contribuire all’elaborazione di lineeguida su questioni che ricadono nel-l’ambito della presente Dichiarazione; e

– promuovere il dibattito, la formazione,la consapevolezza pubblica e il coinvol-gimento della collettività nella bioetica.

Articolo 20 - Valutazione e gestione deirischiUna valutazione appropriata e una gestio-ne adeguata dei rischi connessi con la me-dicina, le scienze della vita e le tecnologiecorrelate dovrebbero essere promosse.

Articolo 21 - Pratiche transnazionali(a) Gli Stati, le istituzioni pubbliche e pri-vate e i professionisti associati ad attivitàtransnazionali dovrebbero tentare di garan-tire che qualsiasi attività che ricada nel-l’ambito della presente Dichiarazione, con-dotta, finanziata o perseguita in tutto o inparte in Stati diversi, sia coerente con i prin-cipi enunciati nella presente Dichiarazione.(b) Quando una ricerca è condotta o per-seguita in uno o più Stati (lo Stato o gli Sta-ti ospitante) ed è finanziata da una fontesituata in un altro Stato, dovrebbe essereoggetto di una valutazione etica di livelloadeguato sia nello Stato (o negli Stati) ospi-tanti, sia nello Stato dove è localizzata lafonte di finanziamento. Tale valutazionedovrebbe fondarsi su criteri etici e normegiuridiche coerenti con i principi enuncia-ti nella presente Dichiarazione.(c) La ricerca transnazionale nel settoredella salute dovrebbe rispondere ai biso-gni dei paesi ospitanti e l’importanza del-la ricerca come contributo volto ad alle-viare urgenti problemi sanitari globali do-vrebbe essere riconosciuta.(d) Al momento della negoziazione di unaccordo riguardante la ricerca, i terminidella collaborazione e l’intesa sui benefi-ci derivanti dovrebbero essere stabiliti at-traverso una partecipazione paritaria edequa tra le parti.(e) Gli Stati dovrebbero prendere appro-priati provvedimenti, sia a livello nazio-nale che internazionale, per combattere ilbioterrorismo, il traffico illecito di organi,tessuti e campioni, risorse genetiche e ma-teriali connessi.

4. PROMOZIONE DELLADICHI ARAZIONE

Articolo 22 - Ruolo degli Stati(a) Gli Stati dovrebbero prendere tutte lemisure appropriate - legislative, ammini-strative o di altra natura - per dare attuazio-ne ai principi enunciati nella presente Di-chiarazione, in conformità con la legge in-ternazionale sui diritti umani. Tali misuredovrebbero essere sostenute da iniziative

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nel campo dell’istruzione, della formazio-ne e dell’informazione pubblica.(b) Gli Stati dovrebbero incoraggiare la co-stituzione di comitati etici indipendenti, mul-tidisciplinari e pluralisti, come previsto al-l’articolo 19.

Articolo 23 - Istruzione, formazione einformazione in materia di bioetica(a) Allo scopo di promuovere i principienunciati nella presente Dichiarazione e diottenere una migliore comprensione delleimplicazioni etiche del progresso scientifi-co e tecnologico, in particolare nei giova-ni, gli Stati dovrebbero tentare di incre-mentare l’istruzione e la formazione in ma-teria di bioetica a tutti i livelli e di inco-raggiare i progetti di informazione e di dif-fusione delle conoscenze riguardanti labioetica.(b) Gli Stati dovrebbero incoraggiare la par-tecipazione delle organizzazioni intergover-native internazionali e regionali e delle or-ganizzazioni non governative internaziona-li, regionali e nazionali in questo impegno.

Articolo 24 - Cooperazione internazio-nale(a) Gli Stati dovrebbero favorire la diffu-sione internazionale dell’informazionescientifica e incoraggiare la libera circola-zione e la condivisione del sapere scientifi-co e tecnologico.(b) Nel quadro della cooperazione inter-nazionale, gli Stati dovrebbero promuo-vere la cooperazione culturale e scientifi-ca e partecipare ad accordi bilaterali e mul-tilaterali che permettano ai paesi in via disviluppo di accrescere la loro capacità dipartecipare alla creazione e alla condivi-sione del sapere scientifico, le loro cogni-zioni tecniche ed i benefici che ne deriva-no.(c) Gli Stati dovrebbero rispettare e pro-muovere la solidarietà tra Stati così cometra gli individui, le famiglie, i gruppi e lecomunità, con particolare riguardo per co-loro che sono resi vulnerabili dalla malat-tia, dalla disabilità o da altri fattori perso-nali, sociali o ambientali e per coloro chehanno le risorse più limitate.

Articolo 25 - Attività di follow-up del-l’UNESCO(a) L’UNESCO deve promuovere e diffon-dere i principi enunciati nella presente Di-chiarazione. Nel farlo, l’UNESCO deve ri-cercare l’aiuto e l’assistenza del Comita-to Intergovernativo di Bioetica (IGBC) edel Comitato Internazionale di Bioetica(IBC).(b) L’UNESCO deve riaffermare il suo im-pegno ad affrontare questioni in materia dibioetica e a promuovere la cooperazione tral’IGBC e l’IBC.

5. DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 26 - Interdipendenza e comple-mentarietà dei principiLa presente Dichiarazione deve essere in-tesa nel suo complesso e i suoi principi de-vono essere intesi come complementari einterdipendenti. Ogni principio deve esse-re considerato nel contesto degli altri prin-cipi, in misura appropriata e pertinente se-condo le circostanze.

Articolo 27 - Limitazioni nell’applicazio-ne dei principiSe l’applicazione dei principi enunciati nel-la presente Dichiarazione deve essere limi-tata, questa limitazione deve avvenire perlegge, ivi compresa la legislazione relativaalla sicurezza pubblica, alle indagini, alladetenzione o ai procedimenti giudiziari incaso di reati, alla tutela della salute pubbli-ca o alla protezione dei diritti e delle libertàaltrui. Qualsiasi legge di questo tipo deveessere conforme al diritto internazionale deidiritti umani.

Articolo 28 - Rifiuto di qualsiasi atto con-trario ai diritti umani, alle libertà fon-damentali e alla dignità umanaNulla in questa Dichiarazione può essereinterpretato in modo da giustificare qual-siasi pretesa da parte di qualsiasi Stato,gruppo o persona di intraprendere attivitào compiere atti contrari ai diritti umani,alle libertà fondamentali e alla dignitàumana.

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Preghiera alla Madonna

Ti prego ascolta:Prendimi per mano e non avrò timore,né della solitudine, né del dolore;e quando questo mi farà tanto soffrirestringi forte la mia mano perché lo sappiaoffrire.Soffrire-offrire, come hai fatto tu,o Madre mia e Madre di Gesù.

Ti prego ascolta:Tu che hai tanto amato, tu che hai detto“SI”Tu che hai creduto in piena umiltà:- insegnami ad amare,- insegnami a credere,- insegnami a sperare.

Insegnami a saper accogliereIl Figlio tuo nel cuoreE questo sia un giaciglio profumatoProfumato dall’Amore

Iva Girelli

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Una mattina un professore di cardiologia con-dusse gli alunni al laboratorio di anatomiaumana dell’università.Stavano osservando alcuni organi, quandonotarono un cuore smisuratamente grande.Il professore chiese ai ragazzi se sapevanodire a chi fosse appartenuto, intendendo qua-le malattia avesse causato la morte di quel-la persona.“Io lo so” disse un ragazzo in tono moltoserio. “Era il cuore di una madre”.

Preghiera alla MadonnaMaria, tu ci hai dato GesùGesù, tu che ci hai dato Maria;la Madre di tutti,la Madre mia!

• ••

••

••Ottobre mese del Rosario

Le lacrime dell’Addolarata

Sur muro de ‘na stanza, a capo ar letto,de ‘na mamma straziata dar tumore,ce stà la Santa Madre der doloreavente in grembo er fijo suo diletto.

Attorno all’ammalata un po’ assopita,ce stanno li du’ fij piccolettiche inzieme ar padre, so’ li predilettide ‘sta povera madre in fin de vita.

“Nun fa’ de’regazzini du’ orfanelli,tu che sei der dolore la gran madre”dice piagnenno, a la Madonna, er padre:“falli cresce, co’ mamma, boni e belli”.

A ‘ste parole piene de doloreer quadro sopra er letto prese vitae pianze la Madonna impietositaversanno tante lagrime d’amore.

‘Na lagrima cascò sull’ammalatache se svejò guarita dar tumore,dicenno a la Madonna der dolore:“Grazie, ch’alla famija m’hai ridata”.

Elio Cesari (detto Cesaretto)

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È il racconto della vita e delle opere del me-dico tedesco Friedrich Joseph Haass nellaRussia zarista, ove svolse la sua professio-ne con il nome di Fedor Petrovic Gaaz. Iltesto comprende una introduzione, alcunetestimonianze e gli scritti, il tutto precedu-to da quattro prefazioni di tre personalitàecclesiastiche e di un laico. La motivazio-ne dell’aggettivazione di santo, accostatacosì incisivamente a questa figura di medi-co, è tutta contenuta nella sua dedizione aipoveri, ai malati e ai prigionieri verso i qua-li ha espresso, con eccezionale forza spiri-tuale, il suo agire a favore del bene, del sa-nare e del consolare.La sua è una testimonianza cristiana tantoalta da assumere il significato di icona di ri-ferimento e di modello da seguire.

La narrazione della sua vita e delle sue ope-re sono un affresco a forti tinte di una mi-sericordia del perfetto amare cristiano checi aiuta a comprendere il valore e il signifi-cato di un umanesimo autentico, profonda-mente filantropico, che è capace di non ri-sparmiare se stesso per darsi completamenteall’altro, così imitando Gesù medico dei cor-pi e delle anime. Uno stile dunque di vita,che coniuga la determinazione della perfet-ta osservanza religiosa con l’agire e il pro-muovere il sociale, profetico per quei tem-pi. La descrizione delle condizioni di vita edi ambiente, incorniciano una società mo-scovita cinica e crudele, accrescendo l’in-teresse verso questo libro di cui consiglia-mo la lettura.

Dr. Sergio Mancinelli

NOVEMBRE E IL CAMPOSANTO

Il camposanto affascina più delle cattedra-li. Le statue di marmo bianche che uno scal-pello geniale sembra aver animato. Dispo-ste sul vasto campo dei morti con una sor-ta di trascuratezza che però aumenta il lorofascino.La loro espressione reale, il dolor così cal-mo e rassegnato, non può impedire di rico-noscere i pensieri dell’immortalità che do-vevan colmare il cuore degli artisti nell’e-seguire l’opera dei loro perfetti capolavori.Una bambina getta i fiori sulla tomba deigenitori, un marmo sembra perdere la suapesantezza, i petali delicati scivolano fra ledita della bambina e il vento sembra giàspargerli.Sembra pur far fluttuare il velo della vedo-va e i nastri di cui sono ornati i capelli del-la ragazza.La scena dell’incantato silenzio di chì nelcamposanto giace. Il mormorio mosso daisecolari alberi dei cipressi, tuttavia non può

Abbiamo letto per voi:

Il Santo Medico di Moscaa cura di Germano Marani sj

Edizioni Paoline - pagg. 244 - € 14,50

rattristare i marmi più preziosi di pittura edi architettura dei grandi maestri.O Santo “O Camposanto” che conservi consaggezza i resti dei nostri cari, il sapor delcielo, del nostro canto in lacrime, a te permezzo di Maria, intoniano e ìnnalziamo.Sì, il tempo che cheto cheto ha detto bastaal libro della vita di coloro che più non cisono, e che dalla polvere l’uman ritorno pìùnon fanno, una prece del riposo eterno,Amen.

Dina Poliseno