L'universita' Numero di Maggio

20
L UNIVERSITÀ Il futuro della memoria Maru Barucco Radio Sommersa House of Cards Nuovo rettore dell’Alma Mater Garanzia Giovani Scienziato politico Destra e Sinistra Andare in Erasmus Il mondo di Escher Via Borgonuovo n.4

description

 

Transcript of L'universita' Numero di Maggio

Page 1: L'universita' Numero di Maggio

L’UNIVERSITÀ

Il futuro della memoria

Maru Barucco

Radio So

mmersa

House of Cards

Nuovo rettore dell’Alma Mater

Garanzia Giovani

Scienziato politicoDestra e Sinistra

Andare in Erasmus

Il mondo

di Escher

Via Borgonuovo n.4

Page 2: L'universita' Numero di Maggio

Sommario

HANNO COLLABORATO Alessandra Arini, Simona Cartia, Anna Rita Francesca Maino, Fabiana Maraffa, Alessandro Milito,Gabriele Morrone, Maria G. Sanna, Gianluca Scarano, Paolo Piredda, Agostina Pirrello, Enrico Verdolini

REALIZZAZIONE GRAFICA Kore Edizioni - www.koreedizioni.it

Una domanda che ci confonde ancora3

Il futuro della memoria4

Chi sarà il nuovo rettore dell’Alma Mater?6

Insoddisfatti ma rimborsati7

L’importanza di chiamarsi scienziato politico8

Dentro il mondo di Escher10

Confessioni di un “posto”

Andare in Erasmus per aprire la mente14

La voce degli studenti16

Immagini in musica17

Giochi di potere18

12

Page 3: L'universita' Numero di Maggio

3L’UNIVERSITÀ

a cos’è la Destra, cos’è la Sinistra?”si chiedeva Gaber qualche annofa, con una canzone che potreb-be benissimo essere accostata

alle analisi politiche più raffinate. Solo un gran-de artista come il signor G., con la sua ironi-ca e intelligente sensibilità, è stato ed è in gra-do di farci sorridere, ma anche riflettere, su unargomento che ha ben poco di divertente: lacrisi della politica. E qui è necessario fare unaprecisazione: non si tratta del solito discorsoautocritico, incentrato interamente sul paeseItalia. Questa crisi coinvolge le principali de-mocrazie rappresentative occidentali, gli sta-ti governati attraverso lo strumento del Par-lamento, mai come oggi delegittimato.La domanda si ripresenta puntuale e in-sistente dal 1989 e dalla caduta del Muro:che senso hanno concetti come Destra e Si-nistra? Serve ancora utilizzare queste eti-chette sbiadite?Per cercare di trovare un senso in tutto ciò,è utile analizzare alcune delle critiche rivol-te verso questa contrapposizione ideologica.Una delle obiezioni che si sentono nel mo-mento in cui si cerca di impostare un discorso“ideologico” di questo tipo è che questo mododi fare non serve a risolvere “i veri problemidel Paese”. Ancora: si assume che non importadi che tipo sia la ricetta, se di Destra o di Si-nistra, l’importante è che funzioni. Altri an-cora sostengono che Destra e Sinistra “nonesistono più” (lasciando intendere che primaesistessero) e che oggi questa distinzione si sa-rebbe dissolta in un corrotto e grigio magna-magna (dove magna non sta per “grande”).Ai livelli più alti, nei luoghi in cui si espri-

me il potere o si cerca di indirizzarlo,si suggerisce che, per fronteg-

giare la crisi, esistonodelle riformeda effettuarein ogni caso

e al di là delcolore politico

del governo na-zionale di turno.

Tutte queste criti-

che possono essere accomunate dalla presuntaneutralità che vorrebbero esprimere, il loroessere politicamente non schierate. Esse la-sciano intendere che esistono delle risposte,delle ricette che devono essere seguite e chemettono d’accordo tutti sulla loro utilità. Inrealtà, chi sostiene che “i problemi del Pae-se sono altri”, dietro l’apparente neutralità,nasconde una gerarchia di idee, preferenze eproposte che vorrebbe vedere attuate. Que-ste preferenze nascono dalla situazione del sin-golo, da quella fitta trama di interessi priva-ti, situazione economica e familiare, attitu-dini culturali e religiose che rendono un es-sere umano una coscienza.Un’affermazione che si pretende neutralecome “Bisogna abbassare le tasse” può esse-re facilmente smascherata. Prima di tutto an-drebbe chiesto “a chi” bisognerebbe abbas-sarle. In secondo luogo, considerando che die-tro una tassa c’è (si spera!) un servizio pub-blico, bisognerebbe chiedere all’interessatoquale dovrebbe essere il destino del serviziostesso: andrebbe abolito, ridotto, privatizzato?Ragionevolmente, chi dispone di un reddi-to più elevato e può permettersi i migliori ser-vizi offerti da privati, sarebbe ben felice di unasimile detassazione. Specularmente, sarebbenell’interesse di chi non dispone di un red-dito elevato, che i servizi pubblici prosperi-no e che le tasse (più correttamente: le im-poste) siano proporzionali al reddito. Bru-talmente: chi ha di più, paga di più.La storia e la scienza politica ci insegnano che,tradizionalmente, un elettorato di destra hauna minore sensibilità verso il settore pubblicoe privilegia altri aspetti come l’ascesa sociale,basata sul merito del singolo. Dire che “Me-ritocrazia” è un concetto di Destra e “Soli-darietà” di Sinistra, è una distinzione arida emeramente classificatoria; tuttavia non si puònegare che questi due valori vengano inter-pretati diversamente e con maggiore o minorforza dalle due famiglie politiche. Questa èsolo una delle tante contrapposizioni che pos-sono essere evocate. Pensiamo anche alle dif-ferenze tra la triade “Dio-Patria-Famiglia”, pa-role d’ordine di una certa Destra, e “Laicità-

Internazionalismo-Solidarietà” di certa Sini-stra. O all’eterno ondeggiare tra due poli: laLibertà e l’Uguaglianza. I Latini ci insegna-no che in medio stat virtus: le cieche ed esal-tate tifoserie non portano da nessuna parte elo scontro, alla lunga, rischia di diventare finea se stesso. Tuttavia, una sintesi necessita sem-pre e comunque di una tesi e di un’antitesi amonte. Senza il conflitto e senza una conti-nua dialettica tra diversi, la politica diventapuro tecnicismo e si inaridisce. Affidare il de-stino della società a super esperti, saggi e pro-fessoroni, non è la soluzione: è stato più vol-te sperimentato. Senza la passione, chesolo certi ideali e certe differenze riesconoa infondere, la politica perde il suo cuoree, in definitiva, il suo motivo di esistere.Attenzione però: un tempo, non molto lon-tano e in questo stesso Paese, si moriva di po-litica e per la politica. La nostra storia recenteè tappezzata di innumerevoli bombe e stra-gi sempre pronte a ricordarcelo. Ma non bi-sogna cadere nell’ignavia e morire di indif-ferenza. Perché è facile nascondersi e cerca-re in altri, sempre in altri, i colpevoli.Odio gli indifferenti anche per questo: perchémi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni in-nocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del comeha svolto il compito che la vita gli ha posto egli pone quotidianamente, di ciò che ha fattoe specialmente di ciò che non ha fatto.Lo scriveva un giovane che amava la Politi-ca, nel 1917. Un giovane di nome AntonioGramsci. ALESSANDRO MILITO

Una domanda cheCI CONFONDE ANCORALa politica ha bisogno di una costante dialettica fra diversi. La sua linfa vitale è la passioneche nasce dai diversi ideali. Senza conflitto diventa arida e sterile, solo tecnica e niente cuore

M

Page 4: L'universita' Numero di Maggio

4 L’UNIVERSITÀ

ra le pagine chiare e le pagine scu-re della storia italiana, il 25 Apri-le rappresenta l’incipit di un ca-pitolo nuovo, scritto grazie al me-

morabile sacrificio dei protagonisti della Re-sistenza. Benché si tratti di una data sim-bolica, perché di fatto l'Italia non fu libe-rata contemporaneamente dal governo fa-scista e dall’occupazione nazista, essa èfondamentale: rappresenta il concepimen-to della democrazia repubblicana che poi na-scerà con il referendum del 2 giugno e l’en-trata in vigore della nostra Costituzione. Nel70º anniversario della Liberazione é dove-roso impedire che la facilità dell’obliooscuri o annebbi l'eredità ideale della Re-sistenza. L'impresa più ardua è assolvere de-gnamente a questo impegno di tutela del-

la nostra identità nazionale senza sfociarenella retorica. Infatti, perché la memoriacontinui ad avere futuro, occorre dialoga-re con la ragione e mantenere fede ai valo-ri morali di cui si è imbevuto lo spirito del-le forze partigiane dopo quell’ 8 settembre1943. Tuttavia é umano ammettere che siadavvero labile il confine fra una formalecommemorazione della ricorrenza e l’au-tentico sentimento della riconoscenza, no-bile e gratuita risposta al bene ricevuto. Per-ciò la nostra libertà, prima di essere un di-ritto fondamentale, é quasi una concessio-ne profondissima cha abbiamo acquisito permerito altrui, dunque é per noi un doverericordarne l'origine con rispetto e gratitu-dine. Inoltre la storia è un testimone da as-similare e riconsegnare integro, ma questo

T

Il futuro della MEMORIAIl 25 aprile si festeggia la liberazione dell’Italia dal regime nazista e la fine del regime fascista.Bisogna farlo con consapevolezza senza dimenticare l’eredità che la Resistenza ci ha lasciato

Page 5: L'universita' Numero di Maggio

5L’UNIVERSITÀ

passaggio non può avvenire con indifferenza,perché essa non è composta solo da eventicronologici; è fatta di uomini e donne chene hanno determinato il corso, è intreccia-ta alle loro speranze, anche utopiche, ma chepoi potrebbero essere le stesse dei loro figlio nipoti. Tutto ciò è estremamente prezio-so e non può che generare un tumulto in-teriore che nasce dal desiderio di esserne de-gni custodi e l'umile ambizione di contri-buire al progresso materiale o spirituale del-

la società, ciascuno secondo le proprie in-clinazioni e possibilità. Passare alla storia –nell’accezione più ampia e positiva del-l’espressione – significa tracciare solchi in-delebili nei destini che verranno, spesso at-traverso il proprio sacrificio per il bene al-trui, facendolo incondizionatamente, per fe-deltà a un’idea. Per alcuni questa è la solareligione, intesa da Calamandrei come “se-rietà della vita, impegno per i valori mora-li, coerenza tra pensiero e azione”. Data l'en- tità di questo lascito morale vi è il rischio

che ogni considerazione inerente risultiastratta o ridondante. Ma un antidoto al-l’apparente retorica può essere l’immedesi-mazione. Se provassimo a ipotizzare noi stes-si sotto le bombe, nell’incertezza dell’alleatoe della stessa vita, affamati soprattutto di li-bertà, smetteremmo all'istante di banaliz-zare l'importanza del ricordo eterno dellaResistenza. Davanti alla palese grandezza diquelle vicende eroiche e al nostro ragione-vole limite di comprenderle del tutto, pos-siamo però rinnovare una tacita promessa:che la loro memoria resti un dovere in sé.Dipende solo da noi questa sana connessionesentimentale di cui la libertà è il dono piùprezioso. ANNA RITA FRANCESCA MAINO

Con la festa della Liberazione si celebra la fine del regime fascista, dell’oc-cupazione nazista in Italia e della Seconda guerra mondiale, simbolica-mente indicata al 25 aprile 1945. È ufficialmente una delle festività civilidella Repubblica italiana, e la data del 25 aprile venne stabilita nel 1949:fu scelta convenzionalmente perché fu il giorno della liberazione da partedei partigiani delle città di Milano e Torino, ma in realtà la guerra continuòfino ai primi giorni di maggio. Alla fine del conflitto il governo italianoprovvisorio dichiarò “festa nazionale” il 25 aprile, limitatamente all’anno1946. Questa scelta divenne definitiva con la legge n.260 del maggio1949 presentata da Alcide De Gasperi in Senato nel settembre 1948.

COSA SI FESTEGGIA IL 25 APRILE

Alcune immagini del Sacrario dei partigianiin Piazza Nettuno a Bologna. Nel capoluogoemiliano morirono 2064 partigiani. Il 21aprile 1945 la città fu liberata e i cittadinicominciarono a deporre foto dei loro cari sulmuro dove furono fucilati tanti partigiani. Ilsacrario nacque così, in maniera spontanea

Page 6: L'universita' Numero di Maggio

6 L’UNIVERSITÀ

ella mia città chiunque non si occupi di basket, non è nep-pure degno di essere definito pesarese”. C'è qualcosa cheaccomuna Pesaro e Bologna, e l'attuale rettore dell'AlmaMater questo lo sa bene. La passione per la pallacanestro

è il primo trait d'union, ma non è l'unico elemento che lega questedue città italiane: Ivano Dionigi, marchigiano d'origine e bologne-se d'adozione, viene eletto alla guida dell'università di Bologna nel2009. Fra pochi mesi concluderà il suo mandato con l'organizzazionedi Reunion, il grande evento mondiale che coinvolge tut-ti gli studenti e gli ex studenti che sono passati perla città dei portici e delle due torri. Per sei anni,il professor Dionigi ha governato l'ateneodi Bologna. Nel corso del suo mandato c'èstata un'attenzione particolare a problemiche vanno oltre l'università, e coinvol-gono la città in senso più ampio, contutta una serie di iniziative e provvedi-menti per la riqualificazione della zonauniversitaria. Sicuramente questa sensi-bilità è dovuta anche alla passata espe-rienza di consigliere comunale, nelle stan-ze di Palazzo D'Accursio, quando i due par-titi principali della politica italiana erano la DCe il PCI. Non sono mancati momenti di grande re-spiro culturale, come le lauree ad honorem a Massimo Cacciari, AuSan Suu Kyi, Toni Servillo, Daniel Pennac. Ivano Dionigi è un in-tellettuale prestato alla politica. Ha studiato a lungo i classici della let-teratura latina, da Seneca a Lucrezio. Ha fondato il centro studi “Lapermanenza del Classico”, che ogni anno organizza letture pubbli-che di testi classici nell'aula magna dell'Alma Mater (l'ex chiesa di San-ta Lucia), rivolte a studenti, a studiosi, e alla cittadinanza. A distan-za di pochi mesi dalle elezioni di giugno, la corsa per la successioneal professor Dionigi è già cominciata. L'elezione del rettore si basa suun sistema di votazione del tutto particolare: saranno chiamati alleurne i docenti, gli assistenti e i ricercatori, il personale tecnico e i rap-presentanti degli studenti, ma i loro voti non avranno tutti lo stessopeso. A ogni gruppo di elettori, infatti, corrisponde per normativa unvoto di diverso valore: il voto dei professori ad esempio non ha va-lore uguale a quello degli studenti. È un sistema elettorale unico nelsuo genere, in cui non è vero che tutti i voti valgono 1, ma qualcu-no vale 2, e qualcun altro vale 3. Il primo a ufficializzare la sua can-didatura è stato Maurizio Sobrero, che si definisce un aziendalista, edè professore ordinario di ingegneria economica e gestionale. Subitodopo di lui è stato il turno di Dario Braga, professore di chimica cheper sei anni ha ricoperto l'incarico di prorettore alla ricerca. In mol-ti dicono che i favoriti siano gli ultimi due candidati scesi in campo,Francesco Ubertini e Gianluca Fiorentini. Il primo, Ubertini, con isuoi quarantacinque anni è il più giovane dei quattro candidati, e sipone come la persona in grado di incarnare il rinnovamento gene-

razionale all'interno dell'ateneo. Viene dal dipartimento di IngegneriaCivile, di cui è direttore da ormai sette anni. Ha ricoperto per tre annianche la carica di senatore accademico. Il secondo, Fiorentini, van-ta un curriculum di tutto rispetto: professore di economia pubblica,attuale prorettore alla didattica, ha contribuito a numerose riformedel sistema sanitario ospedaliero e ha amministrato per anni la Scuo-la di Economia di Bologna, da cui provengono personaggi del cali-bro di Beniamino Andreatta e Romano Prodi. Mancano ancora al-cune settimane al fatidico giorno delle elezioni, e la sfida è ancora tut-

ta da giocare. Una cosa è certa: non ci sarà una ricandidatura diIvano Dionigi. ENRICO VERDOLINI

Chi sarà il nuovo rettoreDELL’ALMA MATER?Il 22 e 23 giugno 2015 (primo turno) e il 29 e 30 giugno (eventuale ballottaggio) si deciderà chisarà il successore di Ivano Dionigi alla guida dell’ateneo bolognese, I candidati sono quattro

N

Saranno chiamatialle urne i docenti,

gli assistentie i ricercatori,

il personale tecnicoe i rappresentantidegli studenti

Page 7: L'universita' Numero di Maggio

7L’UNIVERSITÀ

oddisfatti o rimborsati. O almeno, nelle intenzioni, cosìdovrebbe essere se di “garanzia” si vuol parlare. Mutuatodall’inglese, il termine Neet sta diventando sempre più uti-lizzato nella nostra lingua. I Neet (Not in Education, Em-

ployment or Training) sono tutti quei ragazzi che non studiano, nonlavorano, né tantomeno stanno svolgendo qualsivoglia attività ditirocinio, lavorativo o formativo. Un fenomeno che in Italia riguardacirca il 25% dei giovani. Mica male, si fa per dire, se pensiamo chequesta percentuale è la più elevata tra tutti i membri degli stati ap-partenenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Eco-nomico (OCSE). Non è molto confortante, riecheggiando vecchieabitudini macroeconomiche, scoprire che peggio di noi ci sono so-lamente Spagna e Grecia. Di certo non siamo rimasti inermi. Or-mai, da quasi un anno, è attivo il programma “Garanzia Giovani”(Youth Guarantee), nato su impulso comunitario per contrastare lesempre maggiori dimensioni del fenomeno dei Neet in Europa. Que-sta iniziativa viene disciplinata, in Italia, dalla legge 99/2013, cuiha fatto seguito uno specifico “piano di attuazione”, individuandorisorse per un miliardo e mezzo di euro, ripartite fra le regioni inrapporto al numero di disoccupati con meno di 25 anni. Si preve-de che gli under-30, dal momento in cui sono diventati disoccu-pati o dall’uscita dal percorso di istruzione formale, attraverso l’iscri-zione presso i centri per l’impiego, possano beneficiare di politicheattive di orientamento, formazione e inserimento al lavoro. Una vol-ta iscritti al programma, entro sessanta giorni, si viene convocati dal-lo stesso centro. Un colloquio di orientamento, per poi uscire conla consapevolezza che, nel giro di quattro mesi, un’opportunità, ge-neralmente un tirocinio retribuito, non gliela toglie nessuno. Op-portunità che può arrivare massimo a sei mesi, anche se l’obietti-vo, a quel punto, diventa l’inserimento lavorativo vero e proprio.Una serie di considerazioni, che, ad ogni modo, avranno fatto driz-zare le orecchie a quanti sono usciti dall’Alma Mater da un annoa questa parte.In Emilia Romagna il progetto ha avuto un finanziamento di oltre74 milioni, 27 provenienti dal Fondo sociale europeo, altrettanti dal-la Commissione europea e 13 dal Ministero del lavoro. Soldi desti-nati a una popolazione giovanile di circa 112 mila ragazzi, vale a direil 18,8% a livello regionale sul totale degli under-30. Eppure, la sen-

sazione èche questeopportunitàstentino a de-collare. Le adesioni,per il momento, sonoappena 36mila (su pocomeno di 500 mila in tutta Italia).Tra questi, come sempre, è interessante notare come solo un terzovenga dalla regione, perché per la restante parte si tratta di fuorise-de. Le percentuali si restringono ulteriormente osservando, poi, i17mila che, dopo essersi iscritti, sono stati già presi in carico dai ser-vizi competenti e avviati alle attività sulla base del profilo persona-le e i 21mila che hanno già un appuntamento fissato per usufruiredelle misure previste. Un iter le cui prime scadenze hanno portatoall’attivazione di poco più di duemila tirocini. E gli altri? Per il mo-mento non rimane che mettersi in fila e aspettare. Nulla di più emer-ge dai primi monitoraggi effettuati su Garanzia Giovani. La Regio-ne, intanto, fa sapere, per bocca dell’assessore alla formazione al la-voro Patrizio Bianchi, che presto si innalzeranno le soglie anagrafi-che di partecipazione, passando dal limite dei 24 a quello dei 29 anniper usufruire delle misure previste. GIANLUCA SCARANO

A che punto è il piano di attuazione di GaranziaGiovani in Emilia Romagna. Un focus sullepossibilità lavorative del post-laurea

S

Il termine NEET stato usato per la prima volta nel lu-glio 1999 in un report della Social Exclusion Unit delgoverno del Regno Unito come termine di classifica-zione per una particolare fascia di popolazione, di etàcompresa tra i 16 e i 24 anni. In seguito, l’utilizzo deltermine si è diffuso in altri contesti nazionali, a voltecon lievi modifiche della fascia di riferimento: in Italia,ad esempio, l'utilizzo di neet come indicatore statisticosi riferisce, in particolare, a una fascia anagrafica piùampia, la cui età è compresa tra i 15 e i 29 anni. Se-condo l’Enciclopedia Treccani, nel 2010, in Italia, ol-tre 2milioni di giovani risultavano fuori dal circuitoformativo e lavorativo (22,1%). La quota dei NEET èpiù elevata tra le donne (24,9%) che tra gli uomini(19,3%) e nel Mezzogiorno è quasi doppia (30,9%complessivamente, 33,2% per le donne) rispetto alCentro-Nord (16,1%). Tra i paesi dell’Unione Europea(in media 15,3%), la quota meno alta di NEET si regi-stra nei Paesi Bassi (5,8%), seguiti da Lussemburgo(6,1%), Danimarca (6,9%) e Svezia (8,3%).

APPROFONDIMENTO

Insoddisfatti maRIMBORSATI

Sul sito Garanzia Giovani si trovano programmi, iniziative, serviziinformativi, i contatti a cui rivolgersi e le modalità per aderire al programma

Page 8: L'universita' Numero di Maggio

8 L’UNIVERSITÀ

taliani, popolo di santi, poeti, navigatorie tuttologi. Si sa, siamo gli eredi di chiha regalato al mondo il Rinascimento,l’Impero Romano e il Dolce Stil Novo,

e in virtù dell’appartenenza a tale geniale stir-pe (ma soprattutto in virtù di una mal ce-lata presunzione popolare) riteniamo noi stes-si in grado di dirigere tutto e decidere su tut-to. Chiunque è un esperto di ogni campodello scibile. Tutti sapremmo schierare la for-mazione della nazionale di calcio in modomigliore rispetto al C. T, ovviamente con-temporaneamente sapremmo portare a com-

pimento i lavori in via Rizzoli rapidamen-te ed efficientemente (quest’opzione diven-ta un credo tra i nostri nonni) ma soprattuttotutti noi sapremmo guidare questa “nave sen-za nocchiere in gran tempesta” in manieraottimale. L’ultima convinzione è la più dif-fusa, unisce i sessi e l’età, siamo tutti deiFrank Underwood (protagonista del telefilmHouse of Cards) mancati, senza bisogno diaver studiato o di esserci preparati sui con-tenuti e le forme della politica o dell’am-ministrazione. Da tale stupido convinci-mento, nasce il noto scherno nei confronti

di chi studia nella facoltà immediatamenteconnessa al mondo della politica: scienze po-litiche. Scherno che trova terreno fertile trai futuri giuristi, è infatti risaputo che il ber-saglio di molte battute in via Zamboni 22siano i “punkabbestia” che affollano le lezioniin Strada Maggiore 45 e poco conta chescienze politiche preveda offerte diversificatee interessanti come scienze dell’organizza-zione, sociologia, giornalismo, diritto in-ternazionale e scienze diplomatiche, pococonta che secondo AlmaLaurea (rapporto2013 sull’ateneo di Bologna, consultabile sul

L’importanza di chiamarsiSCIENZIATO POLITICO

Chi frequenta la facoltà di Strada Maggiore 45 è spesso il bersaglio di critiche e prese ingiro da parte degli altri studenti. Eppure, numeri alla mano, troverà più facilmente lavoro

I

Page 9: L'universita' Numero di Maggio

9L’UNIVERSITÀ

sito) a distanza di 5 anni scienze politichepresenti l’85,2% di occupati, il 10,4% di di-soccupati e una paga media mensile di1.331 €, mentre tra i laureati in giurispru-denza a lavorare sia il 76,6%, si trovi nellacondizione di disoccupazione l’11,8% deilaureati e la paga media sia di 1.191 €. Pococonta che a Bologna il corso SPOSI (scien-ze politiche, sociali e internazionali) abbiaavuto il primato di corso con il maggiore au-mento di iscritti (+22% sempre secondo Al-maLaurea), insomma poco conta che in unmondo in cui i confini cadono irreparabil-mente la spiccata tendenza internazionale di“scienze delle merendine”, pardon scienze po-litiche, diventi sempre più apprezzata eutile sia a livello di amministrazione pubblica(nazionale e internazionale) sia a livello diaziende private (è attivo da quest’anno an-che il percorso università-impresa). Scienzepolitiche rimane legata a un’idea superata difacoltà inutile, ripiego per chi non vuole far-si ammazzare di procedure e vuole perderetempo con le numerose feste che organizzanoin facoltà. I fatti dicono il contrario, chi havoglia di formarsi, di crearsi un avvenire, tro-

va gli strumenti adatti sia nella facoltà digiurisprudenza che in quella di scienze po-litiche, si perseguono ovviamente obiettivie aspirazioni diverse e il credere che una del-le due sia superiore è, oltre che presuntuo-so, anche ottuso.Io personalmente ho intrapreso il corsoSPOSI quest’anno con la prospettiva e il de-siderio di diventare membro del corpo di-plomatico italiano, obiettivo non persegui-

bile se non attraversoscienze politiche. Sono

consapevole della debolezza dicerti aspetti del mio corso di laurea ma pun-to a massimizzare i suoi punti di forza comela duttilità (gli anglofoni parlerebbero di mul-titasking) e la possibilità di venire in contattocon tendenze e culture diverse. Male che vadami sto preparando anche su come friggere lepatatine al McDonald’s. GABRIELE MORRONE

IL TERZOANNO del corso di studio di Scienze Politiche, Sociali e Inter-nazionali prevede l'articolazione in percorsi lungo linee tematiche a sceltadello studente.

➤ Lo studio delle dinamiche politico-istituzionali e organizzative presentinelle società contemporanee, si sviluppa attraverso l'analisi e l'interpreta-zione delle regole formali che governano i processi decisionali nei sistemipolitici contemporanei.➤ La conoscenza dei fenomeni sociali e delle loro trasformazioni viene ap-profondita attraverso lo studio delle teorie sociologiche applicate alla co-municazione, alla sicurezza sociale e alla devianza, al territorio e all'am-biente, alle aree della famiglia e del lavoro.➤ Le relazioni internazionali vengono studiate attraverso l'analisi dei mo-delli di relazione tra i diversi quadri normativi nazionali e sovranazionali.Viene quindi approfondito lo studio degli assetti politici e istituzionali di di-verse aree del globo.➤ Lo studio degli strumenti teorici e analitici dell'economia consente di ca-pire il funzionamento dei mercati, delle imprese e delle istituzioni finanzia-rie, così come il ruolo della politica economica e la sua influenza sulle scel-te del sistema economico. Al fine di formare competenze adeguate allacomprensione dei caratteri dominanti dello sviluppo locale e globale, ven-gono approfondite le conoscenze utili alla valutazione delle relazioni traaree a diverso livello di benessere, nella prospettiva di una crescita di lun-go periodo all'interno di diversi sistemi locali, nazionali e internazionali.➤ Viene inoltre offerta allo studente la possibilità di fare una esperienzadiretta delle dinamiche aziendali con particolare riferimento ai settori dellerisorse umane, del controllo di gestione e del marketing. Gli elementi dibase di queste discipline, impartiti all'interno del laboratorio di prepara-zione allo stage, vengono posti in relazione con il quadro più ampio diconoscenze acquisite nel biennio.

Unità di Servizio Didattico agli Studenti - Area Sociale - [email protected]

Orari e luogo di ricevimento:lunedì e mercoledì dalle 10 alle 12.00 / martedì e giovedì dalle 14.30 alle 16(pressoUnità di Servizio Didattico agli Studenti - Area SocialeStradaMaggiore 45 – Bologna)Tutor: Iotti Elisabetta - riceve su appuntamento / [email protected] studenti:Ufficio Tutor - martedì e giovedì su appuntamento ore 15-17e-mail: [email protected]

CONTATTI E RECAPITI UTILI PER GLI STUDENTIDI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E INTERNAZIONALI

Scienzepolitiche rimanelegata a un’idea

superata difacoltà inutile

Page 10: L'universita' Numero di Maggio

i dice che in anni di crisi, la cultu-ra si stia avvicinando sempre più aciò che era nel momento d’orodella borghesia: una grande risorsa

cui solo pochi potevano accedere. Questo nonè però il caso della mostra di Escher che ri-marrà a Bologna presso il Palazzo Albergatifino a luglio. Qui si incentiva lo studente uni-versitario alla visita, non solo con una ridu-zione studiata ad hoc, ma anche con il co-siddetto “lunedì universitario” che offre ul-teriori sconti. Ed è così che mentre passeg-giavamo come tante altre sere sotto i porticidi Bologna io e la mia collega di corso abbiamodeciso di dedicare il primo lunedì di questaprimavera al grande artista. Ed eccomi qui oraa raccontarvi le sensazioni e riflessioni che hasuscitato in noi l’illusionismo di Escher.Il primo ingresso in un palazzo che porta ilnome di un’antica e prestigiosa famiglia di se-natori bolognesi non può di certo lasciare in-differenti: la storicità del luogo è evidente e nonsi può resistere al piacere di regalarsi un ricordocon il primo selfie di fronte alla sfera riflettentedi fianco all’ingresso. Dopo di che l’attenzioneè tutta dedicata a Palazzo Albergati che, ri-

strutturato solo recentemente dopo che l’in-cendio del 2008 lo aveva reso inagibile, haaperto a marzo una delle mostre più intriganti,quella del matematico e fisico Escher.Sin dalla prima sala è impossibile smentirequello che si dice di lui: fu davvero uno deipochi a costruire attraverso leggi matemati-che non semplici strutture geometriche, mavere e proprie opere d’arte, arrivando così adare un equilibrio al continuo dissidio trascienza e creatività. Questo è il primo ele-mento di straordinarietà in Escher: riuscirea guardare e rappresentare il mondo daun’altra prospettiva, il che oggi potrebbe ap-parire semplice e quasi scontato, mentre al-lora non lo era affatto. La sua lotta maggio-re, però, era lontana dalle pagine delle rivi-ste che lo avevano calpestato per poi rieleg-gerlo artista, così come racconta l’audio gui-da che, se avrete la possibilità di visitare que-sta mostra, non potete assolutamente man-care di portare con voi. Sarà infatti la voce diun critico d’arte a raccontarvi che, come tan-ti ragazzi nel periodo dell’adolescenza, Escheraveva attraversato un momento conflittualecol mondo accademico il quale, per sbaglio

10 L’UNIVERSITÀ

Artista e incisore, ma più di tutto visionario. Bolognagli dedica una grande retrospettiva a Palazzo Albergati

S

Maurits Cornelis Escher (1898 – 1972)è generalmente considerato lʼartista chepiù di altri è caro alle persone di scienza, in particolare ai matematici. Le sueopere, infatti, sono spesso usate per illustrare libri di matematica e geometria.Si trovano sulle copertine di libri di contenuto scientifico oppure illustrano, nel-le pagine culturali dei quotidiani, articoli di varia naturama sempre in qualchemodo legati alla scienza. Escher, però, non è amato solo dai matematici; negliultimi decenni la sua fama si è estesamolto oltre lʼambiente scientifico e le suemostre, che ormai si tengono in tutto il mondo, battono tutti i record riguardoal numero di visitatori. In vita non ebbe i riconoscimenti di cui gode oggi; il suorapporto con il mondo dellʼarte, e specialmente con la critica, era difficile. Lasuamaestria tecnica come incisore era indiscussa, ma le sue opere erano con-siderate poco artistiche. Ancora oggi alcuni critici dʼarte, a dispetto del successodi pubblico, considerano le sue opere cervellotiche e fredde. Escher dovetteaspettare fino agli anni sessanta, quando ormai aveva sessantʼanni, per otte-nere qualche riconoscimento. Lʼoccasione fu unamostra tenuta nel 1954 adAmsterdam in concomitanza con lʼannuale congressomondiale di matemati-ca. Fu in quellʼoccasione che il mondo dellamatematica scoprì Escher, instau-rando quel legame che ha reso la sua arte nota in tutto il mondo.

LE ALTERNE FORTUNE DI ESCHER

Alcune litografie di Escher: sopra,Mani che disegnano, 1948, litografia;sotto, Incontro, 1944, litografia; inbasso, Belvedere, 1958, litografia. Nel-la pagina a fianco, dall’alto: Specchiomagico, 1946, litografia; Plane FillingII, 1957; Mano con sfera riflettente,1935, litografia. (All M.C.Escher works © 2015 TheM.C. Escher Company.All rights reservedwww.mcescher.com)

Dentro il mondoDI ESCHER

Page 11: L'universita' Numero di Maggio

e per fortuna, lo aveva portato in Italia. I ge-nitori, infatti, avevano pensato allo stivalecome meta di un viaggio a breve termine cheaiutasse il proprio figlio a superare una lun-ga depressione, e così fu. I paesaggi del sudItalia avevano stupefatto e ispirato Escher atal punto da realizzare diverse xilografie:Escher ha dunque riprodotto la bellezza delsud della nostra penisola, dandole un sensoprofondo del magico e dell’illusione che vi la-scerà probabilmente così colpiti da infondervila curiosità di esplorare quei posti che noi stes-

si spesso snobbiamo alla ricerca di qualcosadi più, chissà cosa, in terre lontane.Quello che però rimane impresso, al di là del-la complessità delle forme geometriche uti-lizzate e della rappresentazione interiore, dicui lui stesso nega l’esistenza, è la minuzia deiparticolari: Escher aveva la capacità di inse-rire figure piccolissime all’interno delle suerappresentazioni con una perfezione nel di-segno che fa pensare quasi ai dipinti e mosaicidellarte bizantina.La mostra però non è stata solo un susseguir-si di opere: all’interno di questa si nascondo-no diversi enigmi, che aggiungono al caratte-re suggestivo della visita nelle varie sale, ancheun senso di suspense. Prendete per esempio iprofili di due visi omologhi e metteteli vicini,se li avrete sistemati nel verso giusto vi appa-rirà un vaso. Oppure, osservate i vasa phy-syognomica di Luca e Rosa: vi anticipiamo soloche vi riveleranno qualcosa di nuovo. Ma que-sto è solo l’inizio del tour: sentirsi parte diun’opera d’arte e scattare una foto con unosfondo di geometrie in bianco e nero rendel’esperienza culturale un momento diverten-te quasi come una breve gita scolastica, ma conmeno affollamento e più consapevolezza delvalore dell’impegno dell’artista e dei curatori.

Dopo mezz’ora passata nelle sale, perse traenigmi e teorie aberranti, ci siamo rese con-to che sarebbe stato necessario più dell’orache avevamo a disposizione per godersi i li-bris e la creazione di finti piani tridimen-sionali di Escher. Mancando solo 30 minu-ti alla chiusura è stato quindi necessario af-frettarsi per vedere tutto, mentre il serviziodi sicurezza ricordava ogni 10 minuti a noie ai pochi altri visitatori che la mostra stavaper chiudere. Questo non ci ha quindi per-messo di incantarci su ogni opera con la stes-sa intensità, ma sicuramente lo specchio ma-gico, le due mani che disegnano e il cubo diNecker rimarranno impressi nella memoriaper tanto tempo ancora, così come l’idea cheun ragazzo giovane con impegno e creativi-tà possa riuscire a creare cose straordinarie.Erastato proprio lui a dirlo: “solo coloro che ten-tano l’assurdo, raggiungeranno l’impossibi-le”. Non se n’era ancora reso conto, ma sta-va parlando di se stesso. MARIA G. SANNA

11L’UNIVERSITÀ

EscherPalazzo AlbergatiVia Saragozza 28, BolognaAperta da lunedì a domenicadalle 10 alle 20(chiusura biglietteria un’ora prima)Info e prenotazioni 051-0301015www.palazzoalbergati.comHashtag ufficiali#EscherBologna#PalazzoAlbergati

INFO BOX

Page 12: L'universita' Numero di Maggio

12 L’UNIVERSITÀ

l mio rapporto con Bologna è troppo strano per ri-schiare di essere definito amore. Non ha nemmenonulla a che vedere con la gelosia, o con la paura di per-dersi. La amo da morire quando mi mostra senza pre-

sunzione di avere più esperienza di me, quando mi fa capire che èinutile che creda vanamente di conoscere tutte le sue strade, per-ché ci sarà sempre un angolo che mi ha nascosto o che ha volutorubare alla mia memoria. E poi la odio da pazzi quando mi sem-bra piccola, stretta, affollata dalla vita degli altri, senza una formaprecisa, senza un potere esplicito di dare misura alle cose. Nel belmezzo di questa lotta senza ragioni, ci sono però luoghi che più dialtri mi danno il senso pratico di una sintesi essenziale. Via Bor-gonuovo numero 4 è uno di questi.Ci nacque Pasolini in una sera di marzo. Doveva fare molto freddoo ne doveva fare molto poco. Ma ci sarà stato di sicuro un “molto”nell’aria, una dose di qualcosa di prepotentemente imponente. Pa-solini non so bene chi fosse. Cioè, ho letto i suoi libri e ho visto al-cuni dei suoi film, ma mi sfugge la verità di chi potesse essere. E ogni

Confessioni diUN “POSTO”

Scrittore, poeta, autore e regista cinematografico eteatrale italiano, nasce a Bologna nel 1922. Dopoaver seguito durante l’infanzia gli spostamenti delpadre, ufficiale di carriera, compie gli studi aBologna, dove si laurea nel 1945 con una tesi suPascoli. Nel 1942, a causa della guerra, si rifugianel paese materno, Casarsa, in Friuli. Nello stessoanno usce il suo primo libro Poesie a Casarsa: nelcorso della sua vita l’attività poetica costituirà unacostante. Nel 1950 Pasolini si trasferisce a Roma enel 1955 esordisce nella narrativa con Ragazzi divita. Nel 1960-61 avviene il passaggio alla regiacon il lungometraggio Accattone. La sua produzionecinematografica è notevole: quasi un film all’anno.Nel 1973 inizia la collaborazione al «Corriere dellaSera». In una serie di articoli – raccolti in seguito inScritti corsari (1975) e Lettere luterane (postumo,1976) – lo scrittore affronta le scottanti questionidell’Italia contemporanea. La notte tra il 1° e il 2novembre 1975, Pasolini muore assassinatoall’Idroscalo di Ostia, vicino a Roma.

PIER PAOLO PASOLINI

In via Borgonuovo, a Bologna,nacque Pasolini. E osservandoquello che era il suo portone, èfacile immaginarlo da studente:giovane, sconosciuto e talentuoso

I

Page 13: L'universita' Numero di Maggio

volta che credo di essere arrivata a una chiave di interpretazione più pre-ziosa, ecco che scappa nuovamente, ecco che si contraddicono le cer-tezze di chi pensavo fosse e che mi giungono nuove conclusioni dichi forse, in realtà, era. Pasolini “non conclude”. Pirandello avrebbedetto che “la vita non conclude”, perché è libera, spoglia di qualsia-si conclusione logica che possa associare alle fini o agli inizi dei si-gnificati condivisi. Pasolini era un po’ anche questo. Non era bravosolo a scrivere prosa o poesia, era bravo anche a scrivere film, era bra-vo a essere artista senza un confine preciso. Era bravo, in altre paro-le, a esprimerci il suo tormento. Inutile negare, infatti, che il suo ta-lento avesse a che fare con la sua malinconia, con la sua smania distare al mondo senza dover perdersi niente. E ogni sera, passandodavanti al numero 4 di via Borgonuovo, sento le confessioni di unposto che ha come ereditato, nel silenzio, qualcosa da dirci.Mi immagino Pasolini ritornarci a casa la sera, o uscire presto la mat-tina. Però, non me lo immagino come Pasolini. Me lo immagino comePierpaolo. Senza cognome, senza l’importanza che ti dà il mondo in-vadente quanto ti osserva come personaggio e non ti intravede comepersona. Me lo immagino seduto sull’uscio della porta, a vent’anni,con in bocca una sigaretta oppure una penna, a raccogliere le sensa-zioni di un giorno appena passato in una città piena di contraddizioni.Oppure affacciato alla finestra a vedere la gente passare e a capire che

il primo film lo avrebbe voluto fare sugli ultimi, su quelli che cam-minano un po’ più defilati sul marciapiede e su cui raramente si posala macchina da presa. Me lo immagino fissare intensamente questoportone nei momenti di autocritica più feroce e chiedersi quali sia-no state le ragioni e le origini del suo essere così com’era, chiedersi,in fondo, a quale indirizzo fosse nata la sua intolleranza verso i luo-ghi comuni del potere e verso tutte le bugie delle persone.So che poi Pierpaolo si trasferì a Roma e che Bologna divenne un ri-cordo, ma per me rimane incastrato in quel pezzo di strada un suo trac-ciato di destino fondamentale. Via Borgonuovo numero 4 assomiglieràper sempre a quei caffè letterari a cielo aperto in cui gli intellettuali ei non intellettuali si scambiano impressioni silenziose su come vannole cose, su quanto è bello o meno un libro, o sul valore di un poetache sta nascendo. Ma via Borgonuovo numero 4 è un ottimo postoanche per passeggiarci con un amico, per farsi due chiacchierare su comesi può crescere, su quanto si debba crescere a volte per forza.Questa è la confessione di un “posto”. Di un angolo che consiglio atutti gli artisti e a quelli che ancora non sanno di esserlo. Perché cisono luoghi che hanno da parlarci più delle biografie dei poeti, e per-ché ci sono artisti, come Pasolini, che hanno lasciato aforismi e sen-tenze più negli angoli invisibili dei posti che hanno vissuto che in tut-to il resto. ALESSANDRA ARINI

Il Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini è stato istituito nel 2003 da Laura Betti presso la biblioteca “Renzo Renzi”,sede degli archivi extra filmici della Fondazione Cineteca di Bologna. Comprende la vasta documentazionebibliografica, fotografica, audio e audiovisiva raccolta dalla Betti in quasi trent'anni di attività a Roma e che l’attrice havoluto trasferire a Bologna. È inoltre un Centro Studi che, parte integrante della Cineteca di Bologna, organizza ecollabora ad attività editoriali, espositive, didattiche e relative a retrospettive, convegni e seminari sull'opera e lafigura di Pasolini in tutto il mondo, oltre a fornire consulenze specialistiche a studiosi e studenti. Fra le iniziative piùrecenti si ricordano la retrospettiva integrale a New York e negli Stati Uniti nel 2012-2013, la collaborazione arassegne e convegni a Berlino, Rio de Janeiro, Parigi e Oslo, fra il 2014 e il 2015, e l’imminente pubblicazione delvolume Pier Paolo Pasolini Accattone, edito dalla Cineteca di Bologna, che inaugura le attività culturali ed editoriali inprogramma per il quarantesimo anniversario della morte di Pasolini.

CENTRO STUDI - ARCHIVIO PIER PAOLO PASOLINI

13L’UNIVERSITÀ

Page 14: L'universita' Numero di Maggio

14 L’UNIVERSITÀ

e esiste un argomento dal quale si può sempre saccheggiaresenza criterio un’infinità di luoghi comuni, sul quale si puòimbastire una conversazione senza alcuna preoccupazionedi sembrare troppo prevedibili, e sul quale le domande po-

ste si susseguono più monotone della sinfonia di un allarme anti-furto, quello è l’Erasmus. E la meta che più di tutte attira il luogocomune è senza dubbio Amsterdam. È quindi facilmente immagi-nabile quale sia stata l’entità delle domande che mi hanno rivoltopiù frequentemente al termine dei sette mesi trascorsi nella capita-le olandese. A chi semplicemente si limitava ad alludere con fare am-miccante alla vita notturna della città, si affiancava una folta schie-ra di persone entusiaste che non sapevano trattenersi dal comuni-carmi la loro invidia per la possibilità che avevo avuto di vivere inun Paese dove la droga leggera è legale. La curiosità della maggiorparte della gente sul mio periodo da exchange student si riduceva a

questi aspetti. Più tentavo di condividere la mia visione del mondonuova di zecca, come può essere solo quella di chi fa ritorno da unlungo viaggio, più mi rendevo conto di quanto fosse impossibile: quiin Italia ogni tentativo di dialogo sulla mia esperienza all’estero erareso sterile dai luoghi comuni sull’Erasmus e su Amsterdam. Deci-dere dove si desidera vivere, che sia per un semestre o per tutta lavita, vuol dire probabilmente chiedersi e capire come vogliamo vi-vere, stabilire di cosa abbiamo bisogno per essere ciò che vogliamodavvero. Nel mio caso è stato così. Ma di certo non perché ad Am-sterdam puoi sollazzarti nei coffeshop o perché non c’è niente di cor-rispondente alla nostra legge Merlin. O almeno, non solo. Essendomiambientata fin da subito in una città a tratti fiabesca grazie ai suoicanali, inaspettatamente accogliente grazie alla sua gente e pittore-sca per le sue tradizioni a dir poco inusuali per molte altre nazionieuropee, ho avuto modo di cogliere in pochissimo tempo le diffe-

Andare in Erasmus perAPRIRE LA MENTE

Uscire dalla propria comfort zone. Mettersi in gioco. Provare a utilizzarecategorie di pensiero diverse dalle proprie. Trovarsi all’estero a studiare vuoldire fare tutto questo. E scegliere Amsterdam vuol dire farlo all’ennesima potenza

S

Page 15: L'universita' Numero di Maggio

renze abissali tra il mio modo di pensare “daitaliana” e quello che in Olanda mi sonospontaneamente ritrovata a pensare. Ep-pure ero sempre io, la stessa persona par-tita dalla Sicilia credendosi chissà quan-to “open-minded”, chissà quanto lon-tana dall’essere “judgmental”.Non voglio accodarmi a chi sostiene illuogo comune secondo cui “in Nord Eu-ropa sono tutti più civili”, e non sononemmeno una simpatizzante degli italia-ni con tendenze ad autorappresentazioni mi-serabili. Ma c’è del vero nella diffusa opinio-ne secondo cui noi italiani abbiamo intossicatoalcuni concetti e ne abbiamo travisato altri e abbia-mo mantenuto in vita valori che andavano accantonati sen-za remore, o perlomeno affiancati da nuove idee. In Italia riusciamoancora a idolatrare la parola “meritocrazia”, andando in brodo di giug-giole per un concetto che genera solo una degradante competizio-ne con i colleghi basata sui tentativi di mettere in cattiva luce gli al-tri per poter apparire più brillanti e meritevoli. Non a caso in Olan-da questo criterio selettivo fonte di una disumana competitività (per-sino tra giovani studenti) è stato da tempo rimpiazzato col ben piùdemocratico concetto di “cooperazione”, che già di per sé è inclu-sivo e non genera alcun tipo di discriminazione, né alcun sentimentodi inadeguatezza nell’essere umano che non si trova costretto a do-ver ingaggiare una gara con i suoi concittadini, ma piuttosto a con-dividere vissuti ed esperienze come dovrebbe essere naturale in unpaese con una granitica identità nazionale. Anche in Olanda si vie-ne “giudicati” con un voto durante le prove di esame, ma le provestesse sono suscettibili di una personalizzazione tale che ogni indi-viduo, impegnandosi, può dare il meglio delle proprie uniche e in-confrontabili capacità. In tal modo la selezione non avviene basan-dosi su un numero sterile e privo di qualsiasi contenuto informati-vo sulle vere abilità di ciascuno, ma sulla reale ricerca del settore che

più è adatto al candidato e di modalità diespressione delle idee che più si adeguanoal modo di essere di ciascuno. Ed è pro-prio per questo che ad Amsterdam lagente ti incrocia sorridendo, in ognicaso. A questa estrema valorizzazione deitalenti si accompagna in maniera qua-si obbligata già da decenni un disprez-zo diffuso per la gerontocrazia, fenomeno

dal quale purtroppo in Italia solo recen-temente stiamo cercando di liberarci. La

nostra tendenza a rimanere irrimediabilmenteaffezionati a idee antiquate è emersa in maniera

evidentissima anche nel concetto di immigrazio-ne: termine che nel Belpaese viene affiancato in ma-

niera ormai naturale e assodata alla parola “problema”. AdAmsterdam, invece, la città più internazionale del mondo con le sue176 nazionalità presenti tra i canali, non si parla più di “integrazione”,come se si trattasse di un corpo estraneo all’interno di un organismo,ma di “risorsa”, come si fa parlando di una ricchezza da sfruttare intutte le sue potenzialità. Non sono mai stata una fan di atteggiamentia tutti i costi denigratori verso il proprio Paese, e sono stata im-mensamente felice di constatare come nel mondo tutti adorino l’Ita-lia molto più di quanto non facciano gli italiani stessi. Ma la sensa-zione di immobilismo e di repulsione per le novità che si percepi-sce nella vita pubblica qui in Italia è anche il risultato spaventoso dell’adagiarsi di tutti noi studenti e cittadini su idee preconfezionate, ideeche un’esperienza all’estero ti consente di “spacchettare” e guardarein modo differente. Se è vero, come insegna Camus, che “il ruolodegli studiosi è quello di chiarire le definizioni allo scopo di disin-tossicare le menti”, è una responsabilità ineludibile per ogni studenteitaliano che abbia l’opportunità di volgere il suo sguardo altrove cer-care di capire come i concetti vengano riempiti di un significato di-verso in un luogo che non è casa propria. Poco importa se il con-cetto in questione ti viene spiegato in un inglese semplificato per ita-liani, in olandese o mimato a gesti. Ciò che conta è che una voltatornati in patria si può tentare di sgombrare i dibattiti e le sempli-ci conversazioni dai luoghi comuni che le affollano. Ciò che più im-porta è approfittare del fatto che in Erasmus si può davvero speri-mentare la magia degli incontri con persone che hanno idee diver-se e diventare duttili per accogliere pensieri nuovi, funzionali a unosvecchiamento del nostro Paese. AGOSTINA PIRRELLO

15L’UNIVERSITÀ

DIRI - Relazioni Internazionali - Settore AreaGeografica Europa - Ufficio Mobilità per Studio

Sportello: Palazzina della Viola, Via Filippo Re, 440126 Bologna.Posta/Mail: Via Zamboni, 33 - 40126 [email protected]: +39.051.2088100 - Fax +39.051.2086174Orari:lunedì, martedì, mercoledì, venerdì: 9.00 - 11.15martedì e giovedì: 14.30 - 15.30

ERASMUS: DOVE CHIEDERE INFORMAZIONI?

In Erasmus si puòdavvero sperimentare

la magia degliincontri con persone

che hanno ideediverse e diventareduttili per accogliere

pensieri nuovi

Page 16: L'universita' Numero di Maggio

La voceDEGLI STUDENTINata durante l’anno accademico 2011/2012, Radio Sommersa riapre i battentiquest’anno con un palinsesto totalmente rinnovato ma senza tradire i propri valori

lzare la serranda, accendere le lucie poi il computer, attaccare le cuffiee fare il check sound per controlla-re che tutto funzioni poi, come al

solito, uscire dalla saletta e andare al negoziettodi fianco per prendere due birre. Un rito chenon stanca mai. Dopodiché rientrare nella sa-letta che con la serranda alzata si apre su viadelle Belle Arti: chi è alla console è decisamentein mostra, come se fosse nella vetrina di un ne-gozio. Mette un po’ in soggezione ma non ap-pena ci si abitua di quella vetrina non se ne puòpiù fare a meno. La gente si ferma, guarda unpo’ perplessa, spesso saluta e a volte scatta del-le foto ma chi sta parlando in radio non ci puòpensare perché, come ha scritto Freddie Mer-cury, “the show must go on”.Tutto è nato un po’ per caso, ritrovandosi conun po’ di amici proprio lì, in via delle BelleArti 20c, durante una serata come tante di un2015 appena incominciato. Abbiamo iniziatoa chiacchierare con quei microfoni davanti,nessuna diretta, solo le voci di pochi ragazzirimbalzavano nelle cuffie. Quelle cuffie in cuitutto sembra magico, tutto molto più bello.In realtà tutto non è nato lì, è solo rinato. Per-ché Radio Sommersa nasce ufficialmente nel-l’anno accademico 2011/2012 con l’idea didare voce ai giovani universitari e alle loro ideee allo stesso tempo di far ascoltare quella mu-sica che le radio classiche non passano mai,quella in Creative Commons, quella, appunto,“sommersa”.Il 2015 riparte con un palinsesto del tuttorinnovato se non per il programma La pro-nuncia non è pensata condotto dall’ecletti-co Pietro Criscimanna. La trasmissione in-treccia musiche attentamente selezionate astorie estemporanee ma coinvolgenti, comeun tuffo in un universo parallelo. All’inter-no del palinsesto troviamo anche Nota diScorta, il programma brillantemente con-dotto da Manlio Notarstefano e FedericaMassaro, che vuole far viaggiare gli ascolta-tori con la mente e attraverso la musica. Per-ché quando durante un viaggio in macchi-na si buca una gomma si può montare su-bito la ruota di scorta oppure si può alzare

il volume della radio, prendersi un attimoe ascoltare la propria nota di scorta.Gli esuberanti Agostino Piacquadio e Filip-po Popoli conducono invece Ago&Filo che po-trebbe in prima battuta sembrare una rubri-ca di cucito ma che invece è il giusto com-promesso tra l’informazione e l’ironia. At-traverso quello che loro stessi hanno defini-to trash intellettuale, ci fanno esplorare temid'attualità con leggerezza e spensieratezza.Ascoltandoli viene quasi spontaneo provarea interagire con loro, come se fossero sedutia fianco dell’ascoltatore.Bologna, si sa, è la città dei fuori sede quin-di in radio non poteva mancare un pro-gramma che parlasse di loro. Si chiama Fuo-ri di SeDe perché ogni studente che si rispettiè un po’ fuori di sé. A condurlo ci sono Pao-lo Piredda e Davide Tallarico che in ogni pun-tata hanno come ospite uno studente da unadiversa regione d’Italia. La loro firma è il mo-nologo che apre ogni puntata e l’autoironiacon la quale si prendono in giro e prendonoin giro gli ospiti. Perché si sa che non ci si puòprendere troppo sul serio.Diciamocelo, alla fine lavorare in radio o es-sere speaker radiofonici anche solo per ungiorno è un’idea che è passata nella testa un

po’ di tutti. Perché la radio è qualcosa di di-verso, di intimo. Qualcosa che ci sembra cosìdistante dalla tecnologia e così vicino a noi,come qualcuno che ci sussurra nell’orecchio.“Non abbiamo bisogno di gridare perché lecose importanti della vita si dicono sottovo-ce”. PAOLO PIREDDA

Ascoltare Radio Sommersaè facilissimo: basta cliccare suASCOLTA dalla home page

del nostro sitohttp://www.radiosommersa.it/

A

16 L’UNIVERSITÀ

Alcune foto dei ragazzi che prestanola propria voce a Radio Sommersanello studio di via delle Belle Arti

Page 17: L'universita' Numero di Maggio

17L’UNIVERSITÀ

lmeno un’intervista me la rilasci? “Un’intervista a lui?”,mi chiede Maru indicando il dinosauro. E Astor che fineha fatto? le chiedo io a mia volta riconoscendo che il di-nosauro non era Astor. “Lui è Gogò”. Ma vanno d’accordo?

“Tutti molto. Tutti tranne Connor”. E come mai? È scontroso? “No.È in un uovo”.Ho conosciuto Maru Barucco durante il liceo, nella nostra città,Siracusa. Città che ci ha fatto scappare entrambe, ci ha plasmato.La prima volta che l’ho vista suonare eravamo a casa sua. Una chi-tarra e un pezzo rock: il ciuffo dei capelli era più presente di ades-so. L’ultima volta che l’ho sentita suonare era nostra ospite alla fe-sta de l’UNIversiTÀ: apriva il concerto de L’officina della Camo-milla. Certo che è difficile fare domande a qualcuno che si cono-sce bene. “Certo che è difficile risponderti con racconti che conoscia memoria”, mi fa eco Maru.Cosa vorresti che fossero letue canzoni: messaggi,battaglie, storie?La premessa più gran-de da fare è che citengo a scrivere diqualsiasi cosa. Hoscritto una canzoneper una mia amica,per chiederle di re-

sti-tuirmi i

miei stramale-detti pantaloncini delpigiama (mai tornati).Ho scritto di Astor.Ho scritto ovunque:sui treni, su un bus(con la nausea), da-vanti ad altri e solacome un cane. Se hoavuto la necessità di scri-vere è stato solo per di-vertirmi; ed è per questoche cerco di dare più im-magini che parole: per

far divertire chi mi ascolta.Prendi una canzonecome Via Oberdan. Èuno di quei pezziche ho scritto conmolta spensiera-tezza ma è ab-bastanza pesan-te. Un pezzo dipiombo. “Starecon te era comestarnutire in unabiblioteca, megliostar zitti che chiede-re scusa”: un’immaginecosì strana lascia il sorriso,credo, spero.Io trovo molto divertentianche le tue canzoni più “pesanti”. “Tre uomini e una gamba”mi diverte ancora moltissimo. A l’anello in legno che mi hai pre-stato non te l’ho mai restituito, però una canzone non me l’haiscritta.Non ti ho mai scritto una canzone? E tu che ne sai? Ci sono tuttinei miei pezzi. E gli anelli, tra l’altro, sono cose che non devonoessere restituite. I pigiami sì.La canzone a cui sei più affezionata?“Ninì”. Perché è il primo pezzo che sono riuscita a scrivere con un’al-tra persona. Non mi era mai capitato di scrivere a quattro mani.Tornando alle curiosità… toglimi un dubbio: perché il titolo “sen-zaemme”?“Senzaemme” è il primo pezzo che ho scritto in italiano. Non ave-vo ancora del tutto conosciuto l’ukulele, era completamente un al-tro periodo. Il titolo viene da un errore del t9 del cellulare. Aggiungevasempre una “m” alla fine di ciò che inviavo. La m era proprio ac-canto all’invio. Ed ero sempre costretta a correggermi, dicendo “sen-za m”, ed è l’ultima cosa che ho scritto a una persona che parevaessere importante.Quando torni a Bologna e quando potremo sentire il tuo nuo-vo disco?Il disco uscirà dopo luglio, tutti i brani che ho deciso di inserire han-no in comune il fatto di essere stati scritti in un periodo molto se-reno in questi anni a Cremona. È prodotto da Davide Di Rosoli-ni. A Bologna... datemi il tempo di finire quest’esame e torno!FABIANA MARAFFA

ImmaginiIN MUSICAMaru Barucco è una cantautrice sicilianache vive a Cremona e suona l’ukulele.Nei suoi testi parla delle persone che lacircondano, “ogni cosa e ogni personapossono essere un’ispirazione”, dice

A

Perché non micrede: avremo

musica da regalare,banchi interi diformule chimichecontro il rumore,voglia di partire

I segni chel'inchiostro ti ha

lasciato sulla pelle,cicatrici e relazioni

aperte: amore a partee la tua luna che nonera mai perfettaperché eri con me

Page 18: L'universita' Numero di Maggio

Una delle serie tv oramai diventa-ta un fenomeno a livello mondia-le, tanto da essere seguita dallo stes-so presidente americano Barack

Obama - il quale non ha mai fatto misterodi esserne un fan- si chiama House ofCards, “Gioco di carte”. È un thriller poli-tico ambientato nei corridoi del congressoUsa e della Casa Bianca prodotto da BeauWillimon. È un adattamento dell’omonimaminiserie televisiva prodotta dalla BBC, a suavolta basata sul romanzo più famoso di Mi-chael Dobbs, pubblicato per la prima voltanel 1989, ancora considerato il thriller po-litico per eccellenza. Incentrato sulla vita ele ambizioni del politico machiavellico Fran-cis Urquhart, il romanzo fu già adattato ne-gli anni Novanta dalla BBC ricevendo unenorme successo di pubblico e critica. Ora,

nella più recente versione USA il Parlamentoinglese viene sostituito dal Campidoglioamericano per narrare la storia trasversale del-la corruzione attraverso le vicende della po-litica statunitense. Il successo, oltre alla bra-vura degli attori, alla regia e alla notevole curadei dettagli, è frutto anche dall’aspetto me-lodrammatico della storia, fatta di manipo-lazioni, tradimenti e violenza, degni di undramma shakespeariano – richiamato anchedalla frequenza con cui Underwood, il pro-tagonista, si rivolge agli spettatori guardan-do direttamente in camera. Questo esca-motage crea un legame di complicità tra Un-derwood e lo spettatore, che viene coinvol-to nei suoi piani, con cui si crea un rappor-to empatico. Credo che i telespettatori/ fandi HoC si dividano in tre tipologie. Quelliche lo guardano per ispirarsi: il telefilm per

Giochi diPOTEREGiunto alla terza stagione, il telefilm che raccontale ambizioni della coppia più pericolosa e senzascrupoli del piccolo schermo, Frank e ClaireUnderwood, continua a fare ascolti da record.Anche se qualche critica negativa non manca…

N

Page 19: L'universita' Numero di Maggio

loro è un manuale di istruzioni per essere unuomo di potere. Quelli che tendono a esor-cizzarlo sostenendo che “i personaggi sonoamericani, da noi non funziona così, da noii fatti del telefilm non trovano nessun ri-scontro nella realtà”. E, infine, quelli che han-no bisogno della “copertura” della politica perraccontare a se stessi e agli altri che non stan-no guardando quello che stanno guardando.Tuttavia, per gli appassionati della serie, bi-sogna sottolineare le critiche negative su que-sta terza stagione, definita sia dal New York

Times sia da Vanity Fair lenta e monotona.Appare un Frank Underwood stanco, inde-bolito e privo d’idee, quasi in balia degli even-ti, non riuscendo a piegarli in suo favore comeabile calcolatore; stesso discorso per Mrs.Un-derwood, è opaca e sembra aver perso ver-ve, dimostrandosi non a proprio agio nel ruo-lo di First Lady: è capricciosa e chiede al ma-rito di intervenire in suo favore non rispet-tando protocolli ufficiali, peggiorando, in ma-niera drastica, il personaggio che tutti ab-biamo amato. SIMONA CARTIA

19L’UNIVERSITÀ

È nato il 26 luglio 1959 a SouthOrange, New Jersey, ma è cre-sciuto a Los Angeles. A causadella sua poca disciplina i geni-tori lo iscrivono alla NorthridgeMilitary Academy, dalla qualeviene espulso alla fine del secon-do anno. Alla Chatsworth HighSchool si avvicina al teatro e ter-minati gli studi frequenta la Juil-liard School, abbandonando icorsi prima di prendere il diplo-ma. Dopo aver calcato i palco-scenici di Broadway, si dedica al-la televisione, per poi debuttaresul grande schermo con il film“Heartburn - Affari di cuore”(1986). Spacey si impone all'at-tenzione del pubblico e delle cri-tica con “Seven” (1995) di DavidFincher e soprattutto con “I solitisospetti” (1995) di Bryan Singer,grazie al quale vince l’Oscar co-memigliore attore non protago-nista e lo consacra tra le maggio-ri star di Hollywood. Nel 1996esordisce come regista con “In-soliti criminali” e l'anno successi-vo è nel cast di “L.A. Confiden-tial” di Curtis Hanson e di “Mez-zanotte nel giardino del bene edel male” di Clint Eastwood. Do-po il thriller “Il negoziatore”(1998) e l'adattamento dellacommedia teatrale di David RabeHurlyburly “Bugie, baci, bambole& bastardi” (1998), è il protago-nista insieme ad Annette Beningdel film di SamMendes “Ameri-can Beauty” (1999), per il qualeottiene un Oscar comemiglioreattore protagonista. In House ofCards interpreta il protagonista,Frank Underwood.

IL PROTAGONISTAKEVIN SPACEY

Kevin Spacey e RobinWright sonoi protagonisti di House of Cards.La serie ha inoltre ricevuto quattronomination ai Golden Globe eRobinWright ne ha vinto uno nellacategoria per la Miglior Attrice

Page 20: L'universita' Numero di Maggio

Ascoltateci su radiosommersa.itcercateci su facebook

venite a trovarci in via Belle Arti 20

➜ Agostino e Filippo ➜ AGO E FILO➜ Federica e Manlio ➜ NOTA DI SCORTA➜ Paolo e Davide ➜ FUORI DI SE(DE)➜ Pietro ➜ LA PRONUNCIA NON È PENSATA