L’uccello di fuoco e la principessa Vassilissa (1) · Può accadere che per paura del castigo non...

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IL NOSTRO MOTTO: COME ESSERE MIGLIORI OGNI GIORNO Pag. 1 Marzo 2014 Volume V n. 32 L’uccello di fuoco e la principessa Vassilissa (1) L’amore autentico è quello che vuole solo la felicità della persona amata e non chiede nulla per sé In un certo reame, ai confini della Terra, nell'ultimo degli stati, vi- veva una volta, uno zar forte e potente. Questo zar aveva un giovane arciere, e il giovane arciere aveva un valente cavallo. Una volta l'arciere se ne andò a caccia nel bosco col suo cavallo; và lungo la larga strada, ed ecco trovò una piuma d'oro dell' uccello di fuoco; co- me fiamma splendeva quella piuma! Gli dice il valente cavallo: "Non prendere piuma d'oro; se prendi, un guaio ti attende!" Meditò il prode giovane: raccoglierla o non raccoglierla? Se la rac- coglie e la porta allo zar lui lo ricompenserà generosamente; e a chi non è caro il favore di un re? L'arciere non diede ascolto al suo cavallo, raccolse la piuma dell'uccello di fuoco, la portò e la presentò in dono allo zar. “Grazie" disse lo zar, "e poiché sei stato capace di trovare una piuma dell'uccello di fuoco, trovami l'uccello stesso; e se non lo trovi, ecco la mia spada: che la tua testa cada!" L'arciere versò calde lacrime, andò al suo valente caval- lo. Di che piangi padrone?" Lo zar mi ha ordinato di tro- vargli l'uccello di fuoco. "Te l'avevo detto: non prendere la piuma, che ti metterà nei guai! Bé, non aver paura, non affannarti; questa non è ancora una disgrazia, la disgrazia verrà dopo! Và dallo zar e chiedigli che per domani vengano sparsi per i campi cento sacchi di granone." 2) le parole evidenziate in blu sono spiegate a pag. 12 (1) Fiaba russa di Aleksandr Afanasjev

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IL NOSTRO MOTTO: COME ESSERE MIGLIORI OGNI GIORNO

Pag. 1

Marzo 2014

Volume V n. 32

L’uccello di fuoco e la principessa Vassilissa (1)

L’amore autentico è quello che vuole solo la felicità della persona amata e non chiede nulla per sé

In un certo reame, ai confini della Terra, nell'ultimo degli stati, vi-

veva una volta, uno zar forte e potente.

Questo zar aveva un giovane arciere, e il

giovane arciere aveva un valente cavallo.

Una volta l'arciere se ne andò a caccia nel

bosco col suo cavallo; và lungo la larga

strada, ed ecco trovò una piuma d'oro dell' uccello di fuoco; co-

me fiamma splendeva quella piuma! Gli dice il valente cavallo:

"Non prendere piuma d'oro; se prendi, un guaio ti attende!"

Meditò il prode giovane: raccoglierla o non raccoglierla? Se la rac-

coglie e la porta allo zar lui lo ricompenserà generosamente; e a

chi non è caro il favore di un re? L'arciere non diede ascolto al suo

cavallo, raccolse la piuma dell'uccello di fuoco, la portò e la presentò in dono allo

zar. “Grazie" disse lo zar, "e poiché sei stato capace di

trovare una piuma dell'uccello di fuoco, trovami l'uccello

stesso; e se non lo trovi, ecco la mia spada: che la tua

testa cada!"

L'arciere versò calde lacrime, andò al suo valente caval-

lo. Di che piangi padrone?" Lo zar mi ha ordinato di tro-

vargli l'uccello di fuoco. "Te l'avevo detto: non prendere

la piuma, che ti metterà nei guai! Bé, non aver paura, non

affannarti; questa non è ancora una disgrazia, la disgrazia

verrà dopo! Và dallo zar e chiedigli che per domani vengano

sparsi per i campi cento sacchi di granone."

2) le parole evidenziate in blu sono spiegate a pag. 12

(1) Fiaba russa di Aleksandr Afanasjev

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Lo zar diede ordine di spargere per i prati cento sacchi di granone

Il giorno dopo, all'alba, il giovane arciere andò su quel campo, lasciò il caval-

lo libero di passeggiare e lui si nascose dietro un albero. D'un tratto il bosco stormì, le onde del mare si agitarono: ecco volare l'uccello di fuoco; arrivò, si

posò a terra e prese a beccare il grano. Il valente cavallo si avvicinò all'uccel-lo di fuoco, gli posò uno zoccolo sull'ala pre-mendo forte contro terra; il baldo arciere saltò

fuori dall'albero, accorse, legò con uno spago l'uccello di fuoco, salì a cavallo e galoppò ver-

so la reggia.

Portò l'uccello di fuoco allo zar; al vederlo, il sovrano si rallegrò, ringraziò l'arciere del buon

servigio, lo ricompensò innalzandolo di grado ,

e gli affidò subito un altro compito:

Adesso trovami la mia fidanzata, la

principessa Vassilissa, che vive ai confini della terra dove nasce il rosso

sole.

Devi trovarla perché sei stato capace di catturare l'uccello di fuoco.

Se non la trovi, la tua testa cadrà.

L ' a r c i e r e t o r n ò p i a n g e n d o d a l s u o c a v a l l o .

Il cavallo disse: - Chiedi allo zar una tenda dalla cupola d'oro e cibi e be-

vande per il viaggio.

Lo zar gli diede i cibi, le bevande e la tenda dalla cupola d'oro. Il prode

arciere salì sul suo valente cavallo e partì per l'ultimo dei reami.

Cammina cammina, arriva ai confini del mondo, dove il rosso solicello

spunta dall'azzurro mare.

Guardò e vide che sull'azzurro mare navigava la principessa Vassilissa in una

barchetta d'argento e vogava con i remi d'oro.

Il baldo arciere spinse il suo valente cavallo nei verdi prati a pascolare, a mangiar la

fresca erbetta; lui intanto drizzò la tenda dalla cupola d'oro, dispose cibi e bevande

varie, sedette nella tenda a mangiare, ad aspettare la principessa.

Vassilissa vide la cupola d'oro, e vogò a riva, uscì dalla barchetta ad ammirare la

tenda. "Salute, principessa Vassilissa!" dice

l'arciere "Fatemi l'onore di accettare la mia

ospitalità, di assaggiare i vini d'oltremare"

La principessa entrò nella tenda; cominciarono a bere, a

mangiare, far baldoria. La principessa bevve un bicchiere di

vino d'oltre mare, s'ubriacò e cadde in un sonno profondo.

Il prode arciere lanciò un grido al suo valente cavallo, e il

cavallo accorse; subito l'arciere smontò la tenda dalla cupo-

la d'oro, salta a cavallo, prese con sé la principessa Vassilis-

sa addormentata e si mise in cammino, come una freccia

scoccata dall'arco.

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Arrivò dallo zar; quando vide la principessa il sovrano si rallegrò assai, rin-graziò l'arciere del buon servigio, lo ricompensò con una grossa somma, e lo

insignì di un grado altissimo.

La principessa Vassilissa si svegliò, apprese che si trovava ben lontana dall'azzurro mare, e cominciò a piangere, a languire, il suo viso cambiò com-

pletamente; per quanto lo zar la esortasse, tutto fu vano. Ecco che lo zar

pensò di sposarla, ma lei disse:

"Lascia che quello che mi ha portato qui vada all'azzurro mare; in mezzo al mare c'è una grossa pietra, sotto quella pietra è nascosto il mio abito nuzia-

le. Io non mi sposerò se non avrò quel vestito!"

Subito lo zar andò dal prode arciere: "Va presto ai confini del mondo, dove spunta il rosso solicello, là

nell'azzurro mare si trova una gran pietra, e sotto la pietra è nascosto l'abito nuziale della principessa Vassilissa; trova quell'abito e portalo

qua; è venuto il tempo di celebrare le nozze!

Se lo trovi, vi ricompenserò ancor meglio di prima, ma se non lo trovi,

ecco la mia spada: che la tua testa cada!"

L'arciere pianse lacrime amare, andò dal suo valente cavallo: " Questa volta," pensa, "non sfuggi-

rò alla morte!"

"Di che piangi, padrone!" domanda il cavallo.

"Lo zar mi ha ordinato di cercargli sul fondo del mare l'abito nuziale della principessa Vassilissa."

"Ecco! te l'avevo detto: non prendere la piuma d'oro, che ti capiteranno dei guai! Suvvia, ora non

temere: questa non è ancora una disgrazia, la disgrazia verrà dopo! Siediti su di me e andiamo

all'azzurro mare."

Il baldo arciere arrivò ai confini del mondo e si fermò proprio sulla riva del mare; il valente cavallo vide un enorme gambero marino che strisciava sulla sabbia, e gli pose sul collo il suo pe-

sante zoccolo. Disse il gambero marino:" Non uccidermi, lascia-

mi vivere! Farò tutto quel che ti occorre!"

Gli rispose il cavallo "In mezzo all'azzurro mare giace una gros-sa pietra, sotto questa pietra è nascosto l'abito nuziale della principessa Vassilissa; portami

quell'abito!"

Il gambero urlò con voce profonda per tutto l'azzurro mare; subito le acque ribollirono, da ogni parte s'arrampicarono sulla riva gamberi grossi e piccoli: una quantità prodigiosa! Il vecchio gam-

bero diede loro un ordine ed essi si gettarono in acqua; un'ora dopo trae-vano dal fondo del mare, da sotto la grande pietra, l'abito nuziale della

principessa Vassilissa.

Il prode arciere tornò come un fulmine dallo zar, portando l'abito della

principessa; ma di nuovo Vassilissa s'intestardisce:

"Non ti sposerò" dice allo zar "finché non avrai dato ordine al giovane ar-

ciere di fare un bagno nell'acqua bollente."

Lo zar ordinò di riempire d'acqua un pentolone di ferro, di riscaldarla il più

possibile e, quando fosse bollente, di gettarvi l'arciere. Ecco che è tutto

pronto, l'acqua bolle, gli spruzzi volano; portarono il povero arciere.

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"Che guaio, questa sì che è una disgrazia!" pensava "ah! perché ho preso la piuma d'o-

ro dell'uccello di fuoco? Perché non ho dato ascolto al cavallo?" Si rammentò di lui e disse

allo zar "Zar sovrano! permetti che prima di morire io dica addio al mio cavallo"

"Bene, vai a dirgli addio!" L'arciere andò dal suo valente cavallo, e pianse a calde lacrime.

"Di che piangi, padrone?"

"Lo zar m'ha ordinato di fare un bagno nell'acqua bollente"

"Non temere, non piangere, resterai vivo!" gli disse il cavallo, e presto fece un incantesimo sull'arciere, perché il bollore non nuocesse al suo

bianco corpo.

Tornato dallo zar, l'arciere fu

subito afferrato e buttato nel pentolone.

Andò a fondo una o due volte e poi saltò fuori co-sì bello da non potersi raccontare.

Lo zar, per diventare bello come il suo arcie-

re, si tuffò nell'acqua

bollente e in un momento si lessò. Seppellirono lo zar.

Il giovane arciere sposò la principessa Vassilissa e visse con lei

d'amore e d'accordo per lunghi anni.

Questa fiaba è il racconto di un sogno.

I sogni raccontano cosa si nasconde nel nostro cuore rispettando però il suo segreto; in-fatti tutti gli elementi, i fatti e i personaggi dei sogni vanno interpretati perché hanno un

significato diverso da quello che appare nel racconto cioè sono come dei “simboli” dietro i

quali si cela la verità del nostro modo di vivere.

Simbolo 1: “Il reame ai confini della terra”, rappresenta la nostra anima che pur essen-

do unita nel corpo è posta ai confini della terra, cioè non appartiene alla terra. Il corpo è formato di carne e ossa, è materia, terra. Tutto quanto è materiale muore

e quando muore ritorna ad essere terra. L’anima invece è di natura spiritu-ale, ha la natura come quella degli angeli, non muore mai, appartiene al

Cielo. Dopo la morte del corpo, l’anima che è stata buona; che ha amato gli altri come insegna nel vangelo Gesù che è Dio viene pre-miata con il Paradiso, vive la gioia di Dio. L’anima che è

stata cattiva è punita con le pene dell’inferno lontana per

sempre da Dio.

Simbolo 2: “Uno zar forte e potente” rappresenta l’autorità, la legge e il potere di cui abbiamo paura. Tutti, grandi e piccini, portiamo dentro di noi questa paura quasi senza sa-

perlo. Pur essendo nascosta nel nostro cuore questa paura dell’autorità può condizionare la nostra vita, ci toglie il coraggio di af-

frontare i pericoli e i rischi che prima o poi dobbiamo in qualche modo

affrontare.

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Può accadere che per paura del castigo non diciamo la verità, che

cerchiamo sempre delle scuse o peggio lasciamo che chi è innocen-te paghi per le nostre colpe. Non sappiamo assumerci le responsa-

bilità delle situazioni che si creano in famiglia, a scuola, in ufficio, nei rapporti con gli amici, nelle competizioni sportive, e così via. Questa paura ci rende molto difficile costruire la stima sulle nostre

capacità e può diventare il freno peggiore allo sviluppo delle nostra

persona e quindi alla nostra realizzazione.

Simbolo 3: “Questo zar aveva un giovane arciere”.

L’arciere è il simbolo del nostro ‘Io’; siamo una proprietà dell’autorità (lo zar) come de-scritto nel simbolo 2. Tuttavia, l’Io non si sottomette passivamente alla paura

dell’autorità (il potere dello zar) e in diversi modi descritti più avanti cercherà di liberarse-

ne.

Simbolo 4: “Il giovane arciere aveva un valente cavallo”. Se l’arciere rappresenta il no-stro ‘Io’, cosa possediamo dentro di noi per confrontarci, dialogare e valutare ogni nostra azione? La coscienza! Il cavallo è il simbolo della

coscienza che noi interpelliamo rivolgendoci al nostro cuore e chiediamo come comportarci o chiediamo il suo

aiuto per superare le difficoltà spesso causate dai nostri errori. La coscienza non si descrive, siamo noi stessi dal

momento in cui ci accorgiamo di essere svegli al mo-mento in cui ci addormentiamo. Probabilmente la coscienza lavora anche

durante il sonno.

Simbolo 5: “trovò una piuma d’oro dell’uccello di fuoco”. La piuma d’oro rappresenta tut-te le attrazioni che troviamo intorno a noi e ingannano il nostro ’Io’. La piuma d’oro è il

simbolo delle tentazioni del mondo. La tentazione è un incita-mento del diavolo a compiere un peccato, o è il desiderio di qual-cosa che sarebbe meglio evitare. Le tentazioni fatte dal diavolo

mirano a mettere in secondo piano il primato di Dio per sostituir-lo con: i piaceri del corpo e dei sensi (tentazione vinta con la vir-

tù della purezza), il successo e il potere nel mondo (tentazione vinta con la virtù della povertà), i propri interessi indipendenti

dal volere divino (tentazione vinta con la virtù dell'obbedienza).

Simbolo 6: “Non prendere piuma d'oro; se prendi, un guaio ti attende!". È la voce della coscienza. Presente nel nostro cuore, questa voce comanda con autorità all’Io, al mo-

mento opportuno, di compiere il bene e di evitare il male. Essa giudica anche le scelte concrete, approvando quelle che sono buone, denunciando quelle cattive. Afferma con certezza l'autorità della verità in riferimento a Dio il Bene supremo, di cui la persona uma-

na avverte l'attrattiva ed accoglie i comandi. Quando ascolta la voce della coscienza, l'uo-

mo prudente può sentire Dio che parla.

Simbolo 7: “L'arciere non diede ascolto al suo cavallo, raccolse la piu-ma dell'uccello di fuoco, la portò e la presentò in dono allo zar”. È la pri-

ma disobbedienza dell’Io alla voce della coscienza perché cede alla tentazione di avere successo e potere nel mondo cercando i favori del

re. Quando si cede alla tentazione si commette un peccato che la co-scienza avverte come un peso interiore che provoca rimorso cioè uno stato di pena, di dolore morale con sensazione di rammarico amarezza

e dispiacere.

Simbolo 8, la schiavitù del peccato:”Di che piangi padrone?" Lo zar mi ha ordinato di tro-

vargli l'uccello di fuoco”. Una volta ceduto alla tentazione l’Io diventa schiavo del peccato,

è costretto a subire le richieste cattive generate dagli interessi dei potenti.

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Le forme più frequenti di schiavitù del peccato sono quelle rivolte a soddisfare la propria

autoaffermazione, a raggiungere il proprio benessere, fare una cosa solo se c’è la conve-nienza e ad avere sempre ragione disobbedendo alla voce della coscienza (il cavallo) co-

me ha fatto l’arciere.

Il primo schiavo del peccato fu Adamo. Rifiutando, anche se inconscia-mente, di farsi guidare da Dio nella scelta di ciò che era buono per la sua

vita, decise, mangiando su suggerimento del Diavolo il frutto proibito dal Signore, di stabilire un proprio concetto di giustizia e di giudizio, e di vi-

vere per soddisfarlo. Questo principio è diventa-to dominante nella sua vita e in quella dei suoi discendenti, portandolo a scelte dettate da con-

vinzioni individuali, dall’emotività del momento, dalla ricerca della soddisfazione e della spinta

istintiva, dal bisogno di emergere, di godere e di essere onorato, ma prive della conoscenza della verità da cui si era separato disubbidendo al suo Creatore. Il peccato è la rottu-

ra della nostra relazione con Dio.

Simbolo 9: “Di che piangi, padrone!" domanda il cavallo. "Lo zar mi ha ordinato di cer-

cargli sul fondo del mare l'abito nuziale della principessa Vassilissa." "Ecco! te l'avevo detto: non prendere la piuma d'oro, che ti capiteranno dei guai! Suvvia, ora non temere:

questa non è ancora una disgrazia, la disgrazia verrà dopo!“. In tutte le risposte del ca-vallo appare costante l’invito a non disperare, a non temere, ad avere fiducia. Come è

possibile trovare la speranza?

Come è possibile ascoltare la voce della speranza nella nostra coscienza? Perché nell'in-timo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece

deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore. L'uomo ha in realtà

una legge scritta da Dio dentro al suo cuore. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la

cui voce risuona nell'intimità propria. Penso che in ognuno di noi c’è

sempre un pò di speranza, anche se a volte si è convinti del contrario. ma cosa rappresenta? Essa è amore, vita. Ci offre la possibilità di an-dare avanti quando tutto sembra sommergerci, come l’apostolo Pietro

salvato dalle acque da Gesù. Arren-dersi è la scelta vile di un attimo,

sperare è il coraggio di sempre.

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Pillole di Saggezza TANTI PICCOLI FUOCHI

Una volta centomila persone furono radunate in un grande

stadio.

All’improvviso un vecchio saggio, che parlava a quell’immensa assemblea, si interruppe: "Non abbiate timo-

re... adesso si spegneranno le luci". Piombò l’oscurità nello stadio, ma attraverso gli altoparlanti, la voce del vecchio sag-

gio continuò:“Ora ,io accenderò un fiammife-

ro. Tutti quelli che lo vedono brillare, dicano semplicemente "sì". Appena quel puntino di fuoco si

accese nel buio, tutta la folla gridò: "Si!!!!"

Il saggio continuò a spiegare: "Ecco: una qualsiasi a-zione di bontà può brillare in un mondo di tenebre.

Per quanto piccola, non passa mai inosservata agli

occhi degli uomini e agli occhi di Dio.

Ma voi potete fare di più!

Ora, tutti quelli che hanno un fiammifero l’accendano!"

e di colpo l’oscurità venne rotta da uno sconfinato tre-

molio di piccoli fuochi…

Se molti uomini di poco conto, in tanti posti di poco conto,

facessero il bene anche nelle cose di poco conto, il futuro dell’umanità non ci apparirebbe così buio…

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Così scrive una tredicenne nel suo diario personale.

Il mio papà dice che sono enormemente magnifica. Io mi chiedo se lo sono davvero.

Per essere enormemente magnifica... Sara dice che bisogna avere bellissimi, lunghi capelli ricci come i suoi.

Io non li ho. Per essere enormemente magnifica...

Gianni dice che bisogna avere denti bianchi e perfettamente dritti come i suoi. Io non li ho.

Per essere enormemente magnifica... Jessica dice che non devi avere quelle piccole macchie marroni sulla faccia che si chiamano lentiggini.

Io le ho. Per essere enormemente magnifica...

Marco dice che bisogna essere la più intelligente della classe. Io non lo sono.

Per essere enormemente magnifica... Stefano dice che bisogna saper dire le battute più buffe della scuola.

Io non lo so fare. Per essere enormemente magnifica...

Laura dice che bisogna vivere nel quartiere più carino della città e nella casa più graziosa. Io non lo faccio.

Per essere enormemente magnifica... Mattia dice che bisogna indossare solo i vestiti più carini e le scarpe più alla moda.

Io non li indosso. Per essere enormemente magnifica...

Samantha dice che bisogna provenire da una famiglia perfetta. Non è il mio caso.

Ma ogni sera, quand'è ora di dormire, papà mi abbraccia forte e dice: «Tu sei enormemente magnifica e io ti voglio bene!».

Papà deve sapere qualcosa che i miei amici non sanno....

Anche Dio, in ogni istante, ti abbraccia forte e dice "Tu sei enormemente magnifica/o e io ti voglio bene!"..

Dio deve sapere qualcosa di te che gli altri non sanno.

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Per ridere

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Barzellette

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Io scavo, tu scavi, egli scava, noi scaviamo, voi scavate, essi......sprofondano!

A scuola mia c'era un bidello zoppo... quando camminava una gamba diceva all'altra: "vai avanti te, io sto per

arrivà".

La maestra da il compito ai suoi alunni di scrivere un tema su i sette Re di Roma e un ragazzo scrive: sono tut-

ti morti!.

Prof: "Tu, credi in Dio?"Alunno: "Certo" Prof: "Puoi vederlo?" Alunno: "No" Prof: "Puoi Toccarlo?" Alunno: "No"

Prof: "Allora non esiste" Alunno: "Prof, lei ha un cervello?" Prof: "Certo, che domande stupide" Alunno: "Può

vederlo?" Prof: "No" Alunno: "Può toccarlo?" Prof: "No" Alunno: "Allora non esiste!"

L’Amicizia

"Nessuna forma di amore ha tanto rispetto della libertà dell’altro come l’amicizia."

"Amico" è uno che ti conosce eppure ti vuole bene.

"Si hanno un po' meno amici di quanto si supponga, ma un po' più di quanto si sappia."

Patti chiari e amicizia lunga.

Chi trova un amico, trova un tesoro.

Dagli amici mi guardi Dio, chè dai nemici mi guardo io.

Il parlar chiaro è fatto per gli amici.

"È meglio ingannarsi sul conto dei propri amici, che ingannare i propri amici."J. W. Goethe

"Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo può superare molte

sofferenze."William Shakespeare

Quando la vita ti dà mille ragioni per piangere, dimostra che hai mille ed una ragione per

sorridere.

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Filastrocche

Primavera

Primavera vien danzando vien danzando alla tua porta.

Sai tu dirmi che ti porta? Ghirlandette di farfalle,

campanelle di vilucchi, quali azzurre, quali gialle; e poi rose, a fasci e a mucchi.

E l’estate vien cantando, vien cantando alla tua porta:

Sai tu dirmi che ti porta? Un cestel di bionde pesche vellutate, appena tocche,

e ciliegie lustre e fresche, ben divise a mazzi e a ciocche.

Vien l’autunno sospirando, sospirando alla tua porta. Sai tu dirmi che ti porta?

Qualche bacca porporina, nidi vuoti, rame spoglie,

e tre gocciole di brina, e un pugnel di foglie morte. E l’inverno vien tremando,

vien tremando alla tua porta. Sai tu dirmi che ti porta?

Un fastell d’aridi ciocchi, un fringuello irrigidito; e poi neve neve a fiocchi

e ghiacciuoli grossi un dito. La tua mamma vien ridendo,

vien ridendo alla tua porta. Sai tu dirmi che ti porta? Il suo vivo e rosso cuore,

e lo colloca ai tuoi piedi, con in mezzo ritto un fiore:

Ma tu dormi e non lo vedi!

Indovinelli

1. “E’ primavera!” Da lontano son tornata bianca e nera colorata. Dico a tutti “E’ primavera!” volando dal mattino fino a sera. Faccio il nido sotto il tetto

e tutto bianco è il mio petto.

2. Conti e baroni

Ci sono due castelli confinanti: in uno ci abitano dei conti mentre nell’altro ci abitano dei baroni. I baroni invitano i conti a colazione, ma all’improvviso scoppia una bufera. Allora i conti, per non bagnarsi, man-

dano un servo a scrivere sulla porta: 23 + 15 = 8! Perché? Soluzioni a pag. 12

Angelo Silvio Novaro

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QUI TROVATE TUTTI I NUMERI

http:www.nuovainformazionecardiologica.it

/giornalino/indice_giornalino.htm Hanno collaborato a

questo numero:

Matilde Rossi

Paolo Rossi

Pag. 12

Soluzione Indovinelli

1. La rondine

2. Perché i conti non tornano!

Oggi abbiamo imparato qualche cosa di

nuovo

Valente: Che vale, che è abile nella sua attività, nella sua professione, nel suo

mestiere

Anima: è la parte vitale e spirituale di un essere vivente Le religioni rivelate affermano

che sia Dio a creare o generare le anime che essendo spirituali non muoiano con il corpo.

Speranza: è lo stato d'animo di chi è fiducioso negli avvenimenti futuri rappresenta

una delle tre virtù teologali, insieme a fede e carità

Granone: Granoturco, mais

Stormire: Di foglie o fronde agitate dal vento, produrre un lieve fruscio

Lacrime amare: Versare lacrime, in silenzio o, più spesso, con gemiti, singhiozzi, la-

menti, per forte commozione, pena, o anche per sofferenza fisica

Gambero : Crostaceo marino o d’acqua dolce, dal corpo allungato e con l’addome ter-

minante in due chele. Rosso come un g., essere o diventare del colore che il crostaceo

assume in seguito alla cottura, per vergogna, ira, sforzo intenso, emozione improvvisa o

per una prolungata esposizione al sole

Simbolo: Elemento concreto, oggetto, animale o persona, a cui si attribuisce la possibi-

lità di evocare o significare un valore ulteriore, più ampio e astratto rispetto a quello che

normalmente rappresenta, emblema:la colomba è il s. della pace

Paradiso: Nella religione cristiana, luogo raggiunto dalle anime dei giusti dopo la mor-

te, reso beatifico dalla visione di Dio

Inferno: Nel cristianesimo, luogo della pena eterna che attende le anime dei peccatori

non pentiti: bruciare nel fuoco dell'inferno

Responsabilità: Impegno, obblighi che derivano dalla posizione che si occupa, dai com-

piti, dagli incarichi che si sono assunti: la famiglia dà molte responsabilità; accettando la

nomina ha preso su di sé una grave responsabilità

Coscienza: 1.consapevolezza di se stesso, delle proprie azioni, dei propri scopi,

2.sentimento che ciascun individuo ha dei valori morali, criterio di giudizio del bene e del

male; dirittura morale 3.impegno, serietà nel compiere il proprio dovere o nell'eseguire

un lavoro,sensibilità per determinati problemi che implichino un rapporto tra individuo e

società.

Autoaffermazione: Tendenza, propria delle personalità bisognose di esser valorizzate,

che spinge ad affermarsi e a imporsi sugli altri