Il Manifesto Alias - 18.01.2014

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RAFFAELE K. SALINARI WALT DISNEY L’IMMORTALE CANZONI PER CASO WARREN ZEVON L’ A QUI LA MOATAZ NASR STADIO FILADELFIA SPORT E OMOFOBIA DOMENICO BERARDI MOURINHO SPEZZATA SOLDI SPESI MALE, ECONOMIA SOTTO ZERO, LA RICOSTRUZIONE CHE NON PARTE E L’ULTIMO TERREMOTO CHE SI ABBATTE SULLA POLITICA. IL CAPOLUOGO ABRUZZESE SEMBRA SEMPRE IL SET DI UN FILM HORROR. MA SOTTO LE GRU QUALCOSA SI MUOVE

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Il Manifesto Alias

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RAFFAELE K. SALINARI WALT DISNEY L’IMMORTALE

CANZONI PER CASO WARREN ZEVON

L’ A QUI LA

MOATAZ NASR STADIO FILADELFIA SPORTE OMOFOBIA DOMENICO BERARDI MOURINHO

SPEZZATASOLDI SPESI MALE, ECONOMIA SOTTO ZERO, LA RICOSTRUZIONE CHENON PARTE E L’ULTIMO TERREMOTO CHE SI ABBATTE SULLAPOLITICA. IL CAPOLUOGO ABRUZZESE SEMBRA SEMPRE IL SET DI UNFILM HORROR. MA SOTTO LE GRU QUALCOSA SI MUOVE

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di ELFI REITERL’AQUILA

●●Fa strano raccontare leimpressioni positive avutedurante il viaggio a L’Aquila conMario Ciammitti, ingegnereoriginario di quella città e cheabita e lavora da tanti anni aBologna, a fronte dei recentisviluppi a livello giudiziario notidalle cronache e del gesto di CelsoCioni, responsabile dellaConfcommercio dell'Aquilabarricatosi dentro la Banca d'Italiaminacciando di darsi fuoco indifesa dei piccoli commerciantiche sono stati costretti ad andarvia dal centro storico. Solo trentaesercizi commerciali suinovecento che c'erano in centroprima del terremoto hannoriaperto. E sono quelli cheabbiamo visto e che danno segnidi ripresa e di rivitalizzazione.Eppure vanno raccontate e vadiffusa la testimonianza di unoche alla ricostruzione hapartecipato sin dalla prima oradopo quella maledetta scossanella notte del 6 aprile 2009 e chele difficoltà le ha vissute, tutte, daiblocchi dell’esercito a vigilare lerecinzioni della zona rossa ailunghi tempi di attesa di denari afronte di burocrazia, giochi politicie corruzione.

Siamo arrivati di sera, il 26dicembre scorso, alla piazzettasubito dopo Porta Bazzano,spettrale, buie le due strade, calatein un silenzio innaturale: la vitanon risiede più qui da oltrequattro anni. Unico rumore loscorrere dell’acqua di una fontana- scoperta il giorno dopo, alla lucenaturale. Per dormire si va aPizzoli, paesino a distanza di 13km poco toccato dal sisma,nell’appartamento-studio preso inaffitto da Ciammitti con altri duetecnici e che lui stava per lasciareper far ritorno nella sua casa,riparata, a due passi da PortaBazzano, appunto. Ha portato consé quasi tutta la famiglia per farla

partecipare al felice evento, iltrasloco dello studio nel centrostorico, avvenimento nonordinario a L’Aquila, visto chesono poche le persone chetornano a vivere in centro.

La mattina seguente, vista allaluce del sole, la stessa area subitodopo Porta Bazzano appare piùviva, le prime due case sulladestra risplendono del colorefresco sulla facciata, giallo limonequella del vicino che ci dà ilbenvenuto dal balcone, colorpesca la casa di Ciammitti. Quellasubito dopo assomiglia più a unascenografia da film d’orrore con lefinestre aperte, i vetri rotti, soffittie pavimenti presumibilmentecrollati visto che si intravedono ibuchi nel tetto, piccole fessureluminose, mentre il portone èchiuso da tempo, come laserranda del fornaio alpianterreno. Sul lato di frontetutte le case sono vuote, una inparticolare mi colpisce: sul filodella biancheria davanti allafinestra del primo piano c’è unlenzuolo steso, bianco. Pensavofosse abitata, invece no! Lasignora anziana era morta nelterremoto e quel lenzuolo è fermolì da allora, a pochi metridall’inizio della zona rossa. Ormaii cancelli sono stati spostati, da viaFortebraccio c’è un passaggiofrequente di macchine e persone,mentre la strada in salita parebloccata più su. No, è libera, midice un ragazzo che sembraspuntare dal nulla. Dal terrazzo dicasa Ciammitti si vedono i tetti diL’Aquila, sopra i quali s’innalzanotante gru, più o meno alte, comesilhouette colorate nel cielonuvoloso, scuro. Segni dimovimento o scena? Più tardicamminando lungo il Corsovediamo i tanti cantieri, nelle zonemeno disastrate ci sono ancora leluminarie natalizie. Il nuovoPalazzo del governo, l’agenziadelle entrate, la Banca d’Italiadanno bella presenza di sé,mentre quasi tutte le facciate delle

case sono ancora puntellate e/oimpacchettate con strutture ditubi innocenti, le finestre sorretteda impalcature di legno a forma diarchi. Per sostenerle e prevenireeventuali crolli, dicevano coloroche avevano diretto quei lavori.Ma cosa accadrà quandoverranno tolte quelle protezioni, oper ricostruirle le svuoterannodall’interno? Chissà…

Qualche bar è aperto, il primofu quello di Nurzia, manufattoredel famoso torrone, già neldicembre 2009, quando ilprofumo di cioccolato si eradiffuso tra le macerie… Segni divita.

Per raggiungere la Fontana delle99 cannelle passiamo il quartiereRivera, interamente al buio,devastato. L’Aquila è così, unacittà ferita, la cui ferita vuoleguarire, se solo l’essere umanoancora una volta non glieloimpedisce.

●L’impressione avuta durantela nostra visita è che L’Aquilastia un po’ rinascendo, ho vistotante gru, cantieri attivi, anchedi sera. Tu stai lavorando per laricostruzione da cinque anniormai, cosa mi dici a proposito?Non è una tua impressione, con ilministro Barca del governo Montiqualcosa sembra essere ripartito.Si vedono da vari punti

panoramici della città almeno una trentina di gru nel centro storico.Andando più vicino ci si accorge che sono gru disposte per cantieririguardanti un solo edificio, quasi tutti vincolati dalla Sovrintendenza,mentre gli edifici in aggregato – il che significa tante case attaccate unaall’altra – non sono partiti, se non al massimo un paio. Per lo più sonoedifici singoli monumentali, alcuni già finiti come Palazzo Bonanni sulCorso. Il grande problema è che spesso queste gru sono ferme eparlando con le imprese si apprende che lo Stato di AvanzamentoLavori (il SAL) è fermo in comune per i controlli. Si aspetta anche seimesi prima di vederlo approvato per avere i soldi dei lavori già eseguiti.Questo mette in grande difficoltàle imprese che non hanno nessuntipo di agevolazione dalle banche,anzi tutti si lamentanodell’atteggiamento delle stesse chenon fanno più credito, hannoraddoppiato gli interessi suldenaro concesso anche a seguitodi incarichi molto importanti.Interessi da usura. Secondo mec’è una grave colpa delle banche.

La seconda colpa è che i soldiconcessi dal governo arrivano colcontagocce, nel 2013 dovevanoarrivare oltre un miliardo di euroe credo ne siano arrivati soloseicentomila. Certo, siamo inperiodo di crisi, ma speriamo checi siano giustizia e trasparenzanell’assegnare i soldi prima agliinterventi in cui sono compresemolte prime case, poi a quellinelle seconde e infine alle operepubbliche non urgenti. Per altro,queste ultime seguono altri canalidi finanziamento, nonmescolabili.

●In periferia come vanno lecose?Lì piuttosto che di aggregati sitratta di edifici di tipo «E», cioèmolto danneggiati, e sono tutti invia di definizione dal punto divista dei finanziamenti. Ma anchelì, per esempio, ho un progettoapprovato nel luglio dell’annoscorso, ma i primi soldi dobbiamoancora vederli e siamo agennaio… È molto complessa lasituazione. Per ultimo ci sono lefrazioni di L’Aquila dove tutto èancora paralizzato. Ho dei lavoripresentati nel luglio 2011, tuttorada approvare. Non vengonoapprovati perché non ci sono i

soldi, anche se dicono che cisono. Mah…

●L’inchiesta fatta dall’Unioneeuropea fece emergere che i soldiarrivati da Bruxelles erano statispesi male.Erano serviti per costruire le NewTown di Berlusconi, in gran fretta,va detto, risparmiando agliabitanti inverni freddi nelletendopoli, ma quelle case sonocostate il 158% in più del costocorrente di costruzione. E già sivedono difetti e danni, la cuiriparazione è a carico del Comuneperché sono passate di proprietàcomunale. Il Comune nonriscuote affitti essendo stateassegnate in comodato gratuito

per via dei fondi dall’Unioneeuropea. Ora non si sa dovetrovare il denaro per curare queigrandi giardini nelle New Townche sono soltanto un enormespreco di territorio.

●Tu sei andato a L’Aquilasubito dopo il terremoto, haiaperto uno studio perpartecipare da subito allaricostruzione…Sono partito lo stesso giorno, il 6aprile, alla ricerca di parenti eamici che per fortuna abbiamoritrovato tutti vivi. Sono sceso unaseconda volta con l’ordine degliingegneri per il rilievo dei danni ingruppi di case assegnateci daitecnici comunali. Fu un turno di

una settimana e nel corso di queigiorni avevo capito che tantissimiamici avevano bisogno di aiutoavendo tutti la casa in qualchemodo danneggiata. Così ho decisodi tornare a L’Aquila, dove sononato, e anche la mia casa era dariparare. Nell’agosto 2009 hotrovato un ufficio-abitazione aPizzoli, da dove mi sono spostatoa L’Aquila tutti i giorni nei periodipassati lì. Finora ci sono andato148 volte per 3 o 4 giorni ognivolta in quattro anni e mezzo.

●Raccontami della tua casa…È situata nella Piazzetta di Porta

Bazzano nel centro storico e perfortuna non era moltodanneggiata. Grazie a una

REPORTAGE & INTERVISTA

L’AQUILA OGGI

In alto e in basso a pag. 3 (foto agosto 2013 di mbenedetti). A pag 2 foto di Elfi Reiter.A pag. 3 Auditorium di Renzo Piano

Peccati mortalisotto le gruE segni di vita

Mario Ciammitti, un ingegnere che da quel6 aprile del 2009 ha riscoperto le sue radiciaquilane, racconta i mille ritardie le difficoltà della ricostruzione. E di comeil sisma, per assurdo, lo abbia aiutato

PROVE DI RINASCITAMALGRADO GLI UOMINI

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fortunata coincidenza è stato possibile ristrutturarla, perché la zonarossa era stata ridisegnata escludendo la mia casa e quelle dei vicini,tutte classificate «B», cosa che consentiva di fare tutto abbastanzavelocemente e alla fine del 2010 era già pronta. Per due anni è stataaffittata a studenti, categoria privilegiata della città perché l’università èla più grande azienda di L’Aquila e avevo l’obbligo di affittare a loro perdue anni. A settembre di quest’anno gli studenti sono andati via, equindi sto tornando a casa mia, finalmente. In centro storico siamo

forse una trentina di persone,tornate, su dodicimila che viabitavano prima. L’Aquila è unacittà abbastanza piccola per cuianche dalla periferia è facilearrivare in centro e di fatto sonosolo due le strade che funzionanocome accesso.

●Quali sono?La Via della Croce Rossa,cosiddetta, e la via XX Settembre.Nella Via della Croce Rossa hannocostruito moltissime baracche dilegno che alloggiano i negozi e iservizi che prima erano in centro.Si trovano appena fuori dallemura ma lo stesso vicinissime alcentro. Via XX Settembre è quelladove c’era la Casa dello studente emolte altre costruzioni crollateprovocando decine di morti.Quella strada è nuovamentepercorribile nei due sensi dimarcia da circa sei mesi.

●Un’immagine vista poco primadella nostra partenza, nel tardopomeriggio, mi aveva rallegrato:gruppi di giovani si avviavanoverso Porta Bazzano e quindiverso il centro. Si starivivacizzando?No, semplicemente hannoriaperto da Porta Bazzano viaFortebraccio e Costa Masciarelli,in salita, e entrambe portano

direttamente in piazza. Tutti gliautobus, urbani e extraurbani, sifermano al Terminal vicino allaPorta e Costa Masciarelli era unadelle vie preferite di accesso alcentro.

●Lungo queste due strade peròdi case ristrutturate, e quindiabitate, non ne ho viste...Ce n’è un'altra a metà di viaFortebraccio, va detto che è pursempre zona rossa e per ora nonsi può intervenire.

●Come mai?Hanno detto che non funzionanogli impianti, ossia le reti del gas ela rete dell’acqua. Per risistemarele tubazioni stanno facendo ungrande lavoro nelle stradesecondarie per ridare l’agibilitàprovvisoria a certe abitazioniconsiderate di tipo «B» o «A», cioèpoco lesionate o addiritturaagibili. Ma c’è anche una certaritrosia degli aquilani a tornare inqueste case, perché in quattroanni si sono sistemati altrove e inqualche modo abituati a un tipodi vita diverso. Tornare in unacittà vuota e senza servizi sarebbeun ulteriore trauma che molti nonvogliono vivere, pensando inoltrea un futuro fatto di grandicantieri, rumore e polvere,nonché inquinamento daamianto.

●C’è molto amianto a cieloaperto?Queste case hanno spesso il tettoe gli scarichi di eternit, ci sonostudi molto preoccupanti.L’Aquila non è una città ricca, giàprima del terremoto c’era unacrisi terribile, di occupazione, lefabbriche chiudevano, ilterremoto dà un piccolo impulsobenché molte imprese vengonoda fuori e utilizzano poco lamanodopera locale e i materialidisponibili. Non sembra chequesto beneficio nel campodell’edilizia si ripercuota in modopositivo sulla città.

Sarà sempre meno ilcontributo che il comune dovràspendere per il CAS (Contributodi Autonoma Sistemazione),cassa da cui si finanziano icontributi per coloro che hannotrovato una sistemazione altrove:praticamente il comune pagaloro l’affitto o una grossa quotadi esso. Man mano che siriparano le case e gli abitantitornano, cala il contributo dadare come CAS, rimanendo piùsoldi da gestire per laricostruzione.

●I MAP (Moduli AbitativiProvvisori), quelle casette inlegno costruite da Bertolaso coni fondi europei e della provinciadi Trento…Quelli a Onna e a VillaSant’Angelo, così comel’Auditorium di Renzo Piano sonotutti doni della provincia di Trentoe sono state montate dai lorofornitori. Sono case bellissime,quelle fatte dai trentini, anche dalpunto di vista urbanistico, moltomigliori di quelle fatte a casaccioper single e anziani soli, tipoquelle a Pizzoli, orrende, lontanedai servizi, lontane dai negozi. AOnna hanno mantenuto l’interopaese in un villaggetto nuovo, lepersone stanno bene e nonspingono tanto per ricostruire leloro case crollate.

●Tu hai portato in giro nellazona rossa Barbara Spinelli eSalvatore Settis…Quando venne Settis, in centroc’era un tale silenzio tombale percui scrisse del pericolo cheL’Aquila diventasse una nuovaPompei. Fece scalpore e pauraquell’immagine di rovina, senzasperanza. Barbara Spinelliovviamente parlò male delle NewTown di Berlusconi, scioccantidavvero in quanto sono per lo piùagglomerati, anche grandi, senzaservizi - eravamo stati in quella diBazzano. Poi stroncò anchel’Auditorium di Renzo Pianoscatenando l’inferno tra Piano elei, e Piano e me, avendomidirettamente citato nel suoarticolo.

●Qual era il soggetto del reato?L’Auditorium è una costruzionesplendida con un’acusticaperfetta, come solo Renzo Pianosa fare, però è piccolo e situato inun parco pubblico, due peccatimortali: bastava spostarsi un paiodi centinaia di metri, farlo grandeil doppio e l’Aquila avrebbe avutoun auditorium come meriterebbe,data l’attività culturale musicalemolto importante. Però "a cavaldonato non si guarda in bocca", equest’auditorium è fonte digrandi spese, tutto riscaldatoelettricamente, senza pannellifotovoltaici, e perché ognispettacolo va replicato almeno trevolte avendo la Baratelli, societàche lo gestisce, seicento abbonatie l’auditorium 230 posti. Lemotivazioni di Renzo Piano sonoche è nel cuore della città e che -ma questa è una balla che usadire alla sovrintendenza – è unedificio smontabile. Ipocrisiatipicamente italiana perché persmontarlo e ricostruirlo altrove civogliono altrettanti soldi (6milioni di euro). Comunquel'auditorium sta diventando uncentro di aggregazione per tantemanifestazioni, non solo musicalie dunque, per fortuna, c'è!

●Tu ti occupi da tanti anni diedilizia ad alta efficienzaenergetica.A L’Aquila c’è l’obbligo dirispettare la legge a riguardo delcontenimento delle speseenergetiche. Nei ventidueinterventi portati a termine finora,ho sempre fatto dei cappotti(isolamento termico) percontenere il consumo energetico.Ciò è semplice per le case fuoridal centro storico, dove invecenon è semplice farli, almeno dovele strade sono larghe due metri emezzo e se da ogni lato ognuno siprende 10 cm in più, la strada sirestringe. Faremo salti mortali perriuscire a farle a consumo ridottoe ci impegneremo al massimo.Dal punto di vista professionalegli stimoli sono molto piùsoddisfacenti rispetto alle cosenormali che si fanno nelle cittànon colpite da terremoto: siimparano tecnologie nuove, siimpara a lavorare con la pietra,una pietra informe, nonsquadrata come in Toscana o inUmbria, e alla mia età (ho oltresessant’anni!) non avrei maipensato di apprendere tanto. Ilterremoto per assurdo mi haaiutato, ho ritrovato le mie radici,e parenti che non sapevo di avere,di cui mi aveva spesso parlatomio padre: quelle relative a FraGiuseppe Eusanio di Pratad’Ansidonia (un vescovoagostiniano sepolto a Roma nellaChiesa di Sant’Agostino, ndr), dacui in qualche mododiscendiamo.

●Tu sei un pioniere della casadi legno in Italia, ne hai fattouna a Bologna nel centro storicoe da fuori non si distingue dallealtre.Sì, otto anni fa. Era divertente,perché dovevo risolvere problemidi cantiere: per farne unotradizionale avrei dovuto spostaredelle famiglie - che già miavevano fatto causa - in albergoper alcuni mesi. Per cui hopensato alle costruzioni in legno,molto leggere e prefabbricatenelle forme desiderate, anchemolto moderne: una casa in legnonon si costruisce ma si monta,non ci sono muratori mamontatori. Il tutto avviene asecco, senza uso di acqua e ditracce nei muri per gli impianti:tutto viene stabilito nel progettoesecutivo e realizzato nellafabbrica. La mia casa comeinvolucro è stata montata in settegiorni, alta due piani sopra alpiano terra in muratura esistente,piuttosto piccola, e il nostroquartiere, pieno di osterie eristoranti, non ha risentitominimamente dell’impatto delcantiere, perché di sera nonesisteva. Nessuno si è lamentatodi un cantiere che non c’era! Èstata un’esperienza straordinariache rifarei volentieri, tenendoconto dell’evoluzione in questosettore.

GERENZA

In copertina: strada laterale del Corso con i cantieri (foto Elfi Reiterrielaborata da Alessandra Barletta

●●●La vera costituzione italiana diMarcello Troiani (ed. Aliberti), saràpresentato il 21 gennaio alla Stampaestera. Si tratta di un testo satirico sututte le storture legislative verificatesinegli ultimi vent'anni nel nostro paese.L'autore, abruzzese di nascita e cheesercita la sua professione di avvocato aRoma, devolverà i proventi della venditadel libro al Comune dell'Aquila percontribuire alla ricostruzione del teatrodella città, andato distrutto nel 2009.Iniziative continue sono state promossenella città da Bibiobus fin dai giorni del

sisma con l’ausilio di numerose organizzazioni. Dal 22 al 25 gennaiosi terrà all’Aquila al circolo Querencia la manifestazione «Argentina -lezione di memoria» con proiezioni, incontri, dibattiti, musica, libri etango promossi da Amnesty International, Circolo Arci Querenciacon Garage Olimpo (il 22), Cronaca di una fuga (il 23) e Complici delsilenzio (il 24). Il 25 gennaio alle ore 18, si terrà l'incontro con EnricoCalamai, ex diplomatico in Argentina e Cile negli anni '70, e RiccardoNoury, portavoce di Amnesty International Italia.

INIZIATIVE CULTURALI

Il manifestodirettoreresponsabile:Norma Rangeri

a cura diSilvana Silvestri(ultravista)Francesco Adinolfi(ultrasuoni)

in redazioneRoberto Peciola

redazione:via A. Bargoni, 800153 - RomaInfo:ULTRAVISTAe ULTRASUONIfax 0668719573tel. 0668719557e [email protected]://www.ilmanifesto.it

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L’AUDITORIUMDI RENZO PIANO

È una costruzionesplendida,con un’acusticaperfetta. Peròdovrebbe esseregrande il doppioe sorgere altrove.Il suo creatorelo difende perchéè un edificiosmontabile.Ma questaè una balla,un’ipocrisiatipicamenteitaliana

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INCONTRI D’ARTE

L’artista egizianopresenta in Italiale sue opere,nel progetto«Un ponte tra Pisae Santa Crocesull’Arno»,viaggiandodentro le diverseculture, nel tempoe nello spazio

Moataz Nasr,volando sulle alidi un grifone

di MANUELA DE LEONARDISPISA

●●●«Pane, libertà, giustiziasociale», queste le parole scritte incufico che creano ilgiardino-labirinto che Moataz Nasr(Alessandria d’Egitto 1961, vive elavora al Cairo) ha realizzatoall’esterno del Centro EspositivoSan Michele degli Scalzi, come giànel 2011 al Jardin des Tuileries diParigi. Il ritmo concitato è quellodello slogan politico, uno dei tantiche ha riecheggiato in piazzaTahrir. Ideali universali la cuiconquista non è affatto scontata eche sono anche un manifesto dellapoetica dell’artista egiziano. Haimpiegato nove mesi per lavorareall’ambizioso progetto MoatazNasr. Un ponte tra Pisa e SantaCroce sull’Arno (fino al 9 febbraio2014), recandosi quattro volte sulposto e dialogando costantementesia con le maestranze locali che coni rappresentanti delle variecomunità religiose. Questoprogetto, curato da Ilaria Mariotti erealizzato dal comune di Pisa e dalcomune di Santa Croce sull’Arno(finanziato dalla Regione Toscananell’ambito diToscanaincontemporanea 2012, incollaborazione con GalleriaContinua di San Gimignano) è unariflessione che, partendo dall’analisidel territorio, abbraccia argomentimolto più ampi di naturasocio-politica, religiosa, culturale. ASan Michele degli Scalzi l’artista,con uno sguardo amorevole, sisofferma a guardare dall’altol’ottagono perfetto (l’8 è simbolod’infinito e non solo) che sisviluppa attraverso il movimento acui allude Vacanze romane. Le 8Vespa messe a disposizione dallaFondazione Piaggio sono unite traloro dalle scocche, diventando ununico abbraccio armonioso: non acaso la mostra ha per titoloHarmonia. Tra le opere precedenti,invece, anche i video Father andson (2004), The echo (2003) e TheWall (2012) nella perfettacollocazione scenografica di unlungo corridoio. Ci spostiamo, poi,da Pisa a Santa Croce sull’Arno,percorrendo una distanza di circaquaranta chilometri. A VillaPacchiani, la fase finaledell’allestimento della mostra Thejourney of a Griffin non è menoimpegnativa. È qui che si riposa lostupefacente grifone di cuoio dopoil suo lungo viaggio. Un viaggio neltempo e nello spazio, tra culture eciviltà. La grande scultura di cuoioThe return of a Griffin realizzata amano da artigiani locali dallaconsolidata tradizione conciaria (sumodelli in 3D forniti dal Cnr-Isti) èimponente nella sua solennità, maanche vicino. Non è freddo come ilmarmo o il bronzo ed emana unlieve sentore di cuoio. Verrebbevoglia di accarezzarlo, propriocome fa Moataz Nasr un attimoprima di accomiatarsi.

●Memorabilia medievali eanimali mitologici: come è nato esi è sviluppato il progetto «Unponte tra Pisa e Santa Crocesull’Arno»?Quando, per la prima volta, visitaiPisa guardandomi intorno nellapiazza medievale notai in cima alduomo la statua del grifone. Seppiche nel museo era conservata lastatua originale, perché quellaall’esterno era una copia.Vedendola da vicino mi sorpresi neltrovare una scritta in arabo e iniziai a pormi delle domande. Intantoperché quella statua fosse li e quale fosse il suo significato. Mi fu detto cheprobabilmente l’architetto che aveva costruito la cattedrale e il battisteroproveniva dall’Andalusia ed era musulmano. In quel periodo, tra l’XI e ilXII secolo, Pisa godette di un momento di pace e l’influenzadell’architettura moresca si percepisce immediatamente entrando in queiluoghi. Continuando a fare ricerche sul grifone mi resi conto del lungoviaggio che questo animale aveva intrapreso tra paesi e culture diverse.Ogni cultura se ne era appropriata, trasformandolo e adeguandolo allapropria perché fosse accettato. Nell’antico Egitto era un animale bellissimoconosciuto con il nome di sfinge che aveva il compito di proteggere la deaIside, mentre presso le antiche popolazioni che vivevano lungo la costa anord del Libano e della Palestina era uno strano animale che poteva volare.Lo ritroviamo anche in Iraq, Persia e si spostò anche in India e Cina per poi

tornare indietro. Più o meno ilconcetto era lo stesso, si trattava diuna bestia immaginaria che avevain sé tutta la forza, la potenza e labellezza degli altri animali. Hotrovato interessante seguire questoanimale che poteva avere la testa diaquila e il corpo di leone, cavallo otigre e osservare la sua capacità diinsinuarsi come un serpenteall’interno di tutte le culture, finoall’ultima versione entratanell’Islam popolare, quellosemplice della gente comune. Miriferisco al Buraq che portòMaometto dalla Mecca aGerusalemme, un animale chepoteva andare più veloce della luce.Alcune volte, questa bestia erapericolosa, altre arrivava arappresentare la vita stessa di Gesùnel suo morire e rinascere, motivoper cui fu accettato in ambitocristiano. La sua condivisionepresso varie culture, con diversinomi, significa l’appartenenzastessa all’umanità.

●Nel tuo lavoro di «artistaepidermico e reattivo», come tidefinisce Simon Njami, c’è spazioanche per il tuo vissuto personale.In particolare in opere come «Thesky» (1999) e «Father and Son»(2004), in cui sono protagonistitua madre e tuo padre, entrambeincentrate sulla contrapposizionepresenza/assenza. Attraverso lapratica artistica hai potuto capirecerte dinamiche familiari emettere ordine dentro di te?Penso di sì. La mia memoria dibambino è molto presente nel miolavoro. Certe volte penso addiritturache sia proprio quel bambino acreare l’opera. Il rapporto con lamia famiglia, naturalmente, ha

BIOGRAFIA

●●●Moataz Nasr (AlessandriaD’Egitto 1961, vive e lavora al Cairo),artista autodidatta irrompe sullascena artistica internazionale nel2001, vincendo il Gran Premio alla 8˚Biennale Internazionale del Cairo.Nel 2008 fonda Darb 1718, centroculturale ed espositivo no-profit nelcuore del Cairo. Tra le mostreinternazionali a cui ha partecipato:Biennale di Venezia 2003, Biennale diSeul 2004, Biennale di Sao Paulo2004, Triennale di Yokohama 2005,Biennale delle Canarie 2009 e 2012,Biennale di Lubumbashi 2010,Biennale di Thessaloniki2011, Uluslararasi Çanakkale Bienali2012, Otra Bienal de Artedi Bogota 2013. Tra le personali piùrecenti: 2013, «Tectonic Shift»,Galleria Continua/Le Moulin,Francia; 2012 - «Collision», LawrieShabibi, Dubai; «HiddenLandscape», Akershus Fortress,Oslo; «The Tunnel», GalleriaContinua/Beijing, Cina.

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«Gli animali immaginari sonouniversali e testimoniano la nostraappartenenza a una stessa umanità».In mostra, la grande sculturain cuoio «The return of a Griffin»,è realizzata a mano da artigiani localidalla consolidata tradizione conciaria

Grande, «The Return of a Griffin»di Moataz Nasr; sopra, «Vacanzeromane». A sinistra, il ritratto dell’artista

preso forma a quell’età. Ma queilavori a cui ti riferisci non sono naticome progetti specifici, inparticolare The sky che è dedicato amia madre, è stato fatto dopo la suamorte. È stato per me come il suofunerale. L’ho realizzato in unasettimana, era come una reazionenei confronti della sua sparizione,un discorso speciale tra me e lei. Hocreato una stanza fatta di pezzi dilegno dove il dialogo ha coinvoltochiunque vi entrasse. Allo stessomodo il lavoro Father and Son nonè nato come opera d’arte. All’epocamio padre aveva 85 anni e tra noic’era un rapporto difficile. Hopensato di mettere da parte questonostro rapporto, perché era troppopesante per me. Volevo parlare conlui e registrare la nostraconversazione per me e per i mieifigli, perché non volevo che ungiorno anche loro stessero male.Dopo aver realizzato questo lavoroho avuto modo di vedere il forteeffetto che aveva non solo sui mieifigli, ma anche su mio fratellominore. Il lavoro era così forte che èandato oltre l’aspetto familiare,diventando una storia per tutti.Così ho ristretto il video portandoloda tre ore e mezzo a quattordiciminuti. Dopo questo dialogo conmio padre mi sono sentito meglio, è

stata una sorta di terapia. Unareazione che ho riscontrato anchenel pubblico, non solo proiettandoil video in Egitto ma anche fuori, inItalia o a Stoccolma, paesiappartenenti a culture diverse. Nonvedo la linea di separazione trapersonale e non, questa distinzionenon esiste nella mia vita.

●Pittura e disegno sono state leprime tecniche che haisperimentato. Nei primi anni ’90,quando hai iniziato l’attivitàespositiva, quali erano i tuoireferenti e quando hai sentitol’urgenza di andare oltre labidimensionalità della tela?Sono cresciuto in una famiglia conun padre molto rigido. Non avevogiocattoli come gli altri bambini,cosa che in qualche modo è statapositiva perché sono stato costrettoa creare da me i miei giochi, dallapalla da baseball al monopattino.Inoltre abitavo al Cairo nella casa dimia nonna, un grandeappartamento pieno di stanzevuote dove trascorrevo moltotempo in solitudine. Avevo lanecessità di utilizzare vari materialiper costruire i giochi, come imodellini delle città con dellepiccole figure. Facevo quello chefaccio ancora. Era una gioia, perchésapevo che potevo giocare perun’intera settimana e questo mirendeva felice. Creavo delle storieinstaurando un dialogo tra me e igiocattoli. Nel frattempo hocontinuato a disegnare e dipingere,ma ai tempi dell’università avevoaccantonato l’idea di fare l’artista.Ci sono arrivato tempo dopo, forseperché lo sentivo profondamentedentro di me e l’universo mi haascoltato. Un giorno venne da meun’amica, vide i miei dipinti e disseche in Egitto esisteva un Salon dovei giovani artisti potevano esporre leloro opere. Ci andai, esposi le mieopere e vinsi il primo premio. Fuuna sorpresa: decisi di continuare.

●C’è chi ti definisce un

cantastorie... È così?In buona parte, lo sono. Anche dabambino ero solito scrivere storie.In questo momento sto lavorandoal mio primo film, basato su unastoria che ho scritto venticinqueanni fa. Non si tratta di unlungometraggio che verrà proiettatonei cinema, ma di un lavoroartistico destinato a gallerie o museid’arte. Amo raccontare storie, maanche ascoltarle, andare al cinemae leggere libri. Non sono un lettoreveloce, sono molto lento. Mi piaceleggere chiudendo gli occhi edigerendo le storie, sentendole,prendendomi tutto il mio tempo.

●Quale sarà il soggetto del tuofilm?La paura.

●Dimensione estetica e socialesono i due perni intorno a cuiruota tutta la tua poetica,particolarmente evidente in operein cui le riflessioni sono più dimatrice politica, come«Man-Made» (2006) e «Ice CreamMap» (2008). Lavori in cui emergeanche una componente ludica. Èuna metodologia per rendere piùdigeribili argomenti pesanti?Non penso che sia una scelta, iostesso qualche volta mi sorprendonel ritrovare nel mio lavoro i diversiaspetti della mia personalità. Sonosarcastico ma, allo stesso tempo, c’èuna parte di me rimasta bambina:continuo a realizzare i giochidell’infanzia. Faccio cubi, labirinti,cruciverba, puzzle… tutti giochi cheero solito fare da piccolo e cheutilizzo nuovamente. Sono cometante colonne che sostengono lostesso tetto.

●Anche l’elemento calligrafico èricorrente, da «The Letters» (2001)a «Propaganda» (2008-2010), finoall’installazione luminosa «IbnArabi» (2011). Una scrittura cheimplicitamente fa riferimento allareligione. Dove conduce il tuoinvito alla riflessione in cui,partendo dalla considerazione chele religioni dividono gli uomini,introduci alla scoperta delsufismo?

La religione non era cosìimportante nella mia famiglia, miopadre non pregava e non ha maifrequentato la moschea. Io stessosono cresciuto senza un indirizzoreligioso. Ma leggendo del sufismone sono rimasto totalmenteaffascinato. Penso che il miointeresse sia diventato ancora piùforte dopo aver approfondito laconoscenza del buddismo, e averscoperto il legame tra queste duereligioni. Il sufismo è moltoindividuale, non richiedenecessariamente l’appartenenza aun gruppo. Il rapporto è diretto tral’individuo e dio. Personalmentetrovo che sia importante seguire lamia spiritualità senza la mediazionedi un’altra persona, un prete oanche un libro. Posso parlare condio e lui mi risponde. Ecco perchélo porto nel mio lavoro artistico.Non parlo di una religionespecifica, ma tutti possonoavvicinarsi al sufismo e capirlo adiversi livelli. Il rapporto è anche tral’individuo e la propria coscienza.La cosa più importante nel sufismoe nel buddismo è che loropropongono l’amore. Amando sestessi si sta in pace e c’è lapossibilità di amare tutte le personeche sono intorno a noi. Quando siparla di religioni - qualsiasireligione - si parla di sangue, odio,uccisioni. Si uccide in nome di dio.Questa è una cosa che si può diredell’ebraismo, del cristianesimo,

dell’islamismo. Sufismo ebuddismo, invece, hannoun’umanità diversa, parlarne èfacile per me perché ci credo. Credoche diventare una persona miglioreporti ad una connessione conl’universo e con se stessi.

●Quando ti ho intervistato viaskype nel febbraio 2011, allavigilia della cacciata di Mubarak,hai affermato: «Siamo statiumiliati per trent’anni dalleautorità e dalla polizia. Ora tuttoquesto è finito. Non accetteremomai più che ciò si possa ripetere».Nutri ancora speranze per ilfuturo del tuo paese?La speranza deve esserci per forza.Sono stati tre anni duri in cui siamostati in mezzo, tra islamisti fascistida una parte e militari fascistidall’altra. Ma penso che non esistaalcun potere che possa impedire alpopolo di cercare quello che vuole,ovvero semplicemente vivere nelladignità, nella pace, nel rispetto. Èimportante che anche i poveripossano mangiare, che ci siagiustizia sociale e libertàd’espressione e di vivere secondo ilproprio desiderio. Può darsi che civorranno ancora degli anni, ma aun certo punto bisognerà risolverequesti problemi. Non si potràcontinuare ad andare avanti così,perché il popolo non lo accetterà.Nutro ancora speranza, sì. Arriveràil tempo dei cambiamenti.

VOLTURNOOCCUPATO

Alberto Grifi amava circondarsi digiovani, parlare , lavorare, insegnare,scoprire nuove tecniche, progettare filmcollettivi insieme a loro e dai ragazzi,alcuni ormai adulti, è sempre statoricambiato con amore e interesse. Dal17 al 19 gennaio (ancora oggi e domaniper chi legge) i ragazzi del VolturnoOccupato, a Roma, Via Volturno 37proietteranno i suoi film: A proposito deglieffetti speciali, Orgonauti evviva , Il grandefreddo (il giorno 17, ore 20); Chi è questoGrifi (lunga intervista fatta da GiordanaMayer e Cristina Mazza), Michele allaricerca della felicità, Parco Lambro e Lia (il18 ore 20); Anna preceduto dallaprefazione di Grifi (il 19 ore 19.30).Penso sia interessante rileggere alcunedelle riflessioni di Alberto che hotrovato tra le sue carte. Su Orgonautievviva ecco alcuni appunti del 1968:«elaborato sul mito degli Argonauti,secondo una riedizione fantascientifica,Orgonauti Evviva è un filmsull’allucinazione...un luogo dove tempoe spazio convivono in un rapporto dicontrazione che deforma la norma visiva,e dove il viaggio è contemporaneamentefuori dalla Terra e dentro se stessi, lungola genesi dell’uomo...il punto dov’èdiretta l’astronave, la rotta, èmetaforicamente una ’figura impossibile’una specie di enigma della visione. Nelfilm la meta del viaggio sovrappone dueinterrogativi: il primo è se le funzionipercettive dell’uomo non sianosufficientemente adeguate perconfigurare un’immagine della realtà nellaprospettiva della nuova dimensione delvolo spaziale(...) il secondo interrogativoè quello che l’uomo si è sempre postosull’origine della propria nascita,decifrando il mito, attraverso quelviaggio psicanalitico nel simbolo e nelsogno, che è la regressioneallucinatoria». Purtroppo la lavorazionedi Orgonauti fu interrotta dall’assurdoarresto di Grifi per una poco credibilechiamata di correo (qualcuno disse chequalcun altro disse che aveva visto Grifie Vicinelli cedere uno spinello ad unterzo mister X) e quando, due annidopo, riprese a lavorarci troppe coseerano cambiate e il risultato non losoddisfece mai. Alberto era sempremolto restio a farlo vedere, eppure, aposteriori è interessante la costanza concui egli torna sempre a sviscerare alcunitemi come l’ontofilogenesi, l’evoluzionebiologica, lo studio della genesi delfunzionamento della visione e moltoaltro. Nella trascrizione di un dibattitoche avvenne nel maggio 1977 nellaGalleria d’Arte Moderna di Bologna alladomanda «che differenza fai tra Anna equesto nuovo film (Parco Lambro)?» Grifirisponde «Anna è un film sul fascismoche passa nei rapporti umani. Alcontrario i documenti sul parco Lambroe le autoriduzioni registrano la tendenzaa trasformare il personale in politico. Itentativi, i balbettii, se vuoi, perorganizzare una battaglia per la vitaquotidiana e per la trasformazioneradicale del mondo. Con Anna si cambiail cinema, nel senso che è la registrazionedel cambiamento di quelli che hannofatto il film. Non è un film che la regia hagirato sulla disobbedienza. È, alcontrario, la registrazione della rivolta diattori e maestranze contro il film, adispetto della regia. Sette anni dopo ilParco Lambro, in pieno riflusso culturale,a seguito di una serie di riunioni con ungruppo di registi, sceneggiatori eproduttori che avrebbero voluto fare unfilm sugli anni di piombo Alberto, cheinvece di immaginare un film di«finzione» cerca senza riuscirci ditrovare i fondi per editare il Lambro,scrive in una lettera a Maurizio Torrealta«...messo in chiaro ciò che sappiamobene, e cioè che sono proprio le pistoleche hanno affossato gli slanci verso unavita nuova (..) è possibile ricreare unaresistenza per non essere risucchiatidalla normalità? (...) Siamo ancora capacidi sognare qualcosa di diverso dai pollid’allevamento in batteria, per cui valga lapena di lottare?»

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ARCHEOLOGIA SPORTIVA

di LUCIANO DEL SETTETORINO

●●●Via Filadelfia 136, Torino,quartiere Santa Rita, primaperiferia. Qui agonizzano unatorre Liberty tenuta in piedi dauna gabbia di tubi Innocenti e iresti di una gradinata avvoltanella vegetazione selvatica. Ledue porte chiuse di un cancello,decorate con tori rampanti, sonouna macchia rossa in mezzo aun recinto di lamiere e aspazzatura sparsa ovunque.Benvenuti alle rovine delloStadio Filadelfia, quello dovegiocarono a calcio il GrandeTorino, cancellato il 4 maggiodel 1949 dalla tragedia diSuperga, e poi il Torino per forzadi fatti e di storia più piccolo.Avvertenza a coloro che delcalcio non gliene frega niente:questa non è una storia sportivapura e semplice. È il racconto diun luogo dove la passione deltifo era certamente partigiana,ma rispettata e in alcunimomenti condivisa dall’Italiaintera; un luogo intorno a cui,dopo la scomparsa del GrandeTorino, hanno gravitato interessifinanziari, lotte societarie,presidenti calcistici incapaci odisinteressati, latitanzepubbliche e private. Per la suarinascita hanno lottato e lottanomigliaia di tifosi del Toro, così lochiama chi lo ama, decisi aimpedire che la memoria dellasquadra più gloriosa del calcioitaliano di tutti i tempi venissecancellata. È il racconto di unluogo come metafora di unasquadra eternamente in bilicotra il sogno di tornare in alto e larealtà di otto stagioni in serie Btra il 2000 e il 2011. Ed è anche ilracconto di un presidente,Urbano Cairo, manager distampo berlusconiano, padronedi La7, di gloriose testate(Bell’Italia, Bell’Europa, Airone) edi periodici quali Giallo, Diva,Dipiù che pescano nel torbido enel rosa a piene mani. UrbanoCairo, inviso a molta,moltissima, gente di fedegranata per ragioni ben distantidalla politica. Resta, per doveredi trasparenza, da chiarire unacosa: colui che scrive, fin dallapiù tenera età, inneggia al Toro,e, quando gli anni erano assaimeno, il lunedì non comprava ilquotidiano La stampa se l’amatacompagine perdeva. Ladecisione di farsi narratore del‘Fila’ prescinde dalloschieramento di parte, e nasceinvece da una notiziarecentissima: nel 2014 inizierà laricostruzione dello stadio. Lepagine locali della cartastampata hanno più volteannunciato negli scorsi giorniche il Comune ha messo sulpiatto 3,5 milioni di euro. Stessostanziamento a carico dellaRegione. Un milione lo metteràCairo. I palazzi, le associazionidei tifosi e il Torino Fcconfermano. Dunque i lavoriprenderanno il via, mettendo laparola fine a una vicenda che,iniziata a metà degli anni ’80 delsecolo passato, ha assunto manmano toni grotteschi, è divenutasaga dell’assurdo, si è persa nell’insensato labirinto dellaburocrazia, si è trasformata in piccolo ma eloquenteesempio di quella categoria di promesse mai seguite daifatti. Per averne prova, basta aprire la sezione diWikipedia ‘Stadio Filadelfia’. Sterminata. La parte storicaoccupa uno spazio irrisorio rispetto a quello dedicato ai‘Recenti tentativi di ricostruzione’, attraverso i quali, dal1985, sono passati sette presidenti, l’ex sindaco di TorinoDiego Novelli, uno stuolo di ingeneri e periti, svariateimprese edili. Accumulando una montagna di progetti,varianti di progetti, modifiche di piani regolatori, ricorsi,concessioni, revoche delle medesime, battaglie legali, eper buon peso un fallimento finanziario. Una sorta diinferno dantesco che necessita del suo bravo Virgilio percercare di orientarsi. Il nostro si chiama DomenicoBeccaria detto ‘Mecu’, presidente dell’AssociazioneMemoria Storica Granata che, tra l’altro, ha creato ilMuseo del Grande Torino e della Leggenda Granata.Torniamo, però, brevemente, alle rovine Liberty. Sono

quel che resta dello stadio volutodal presidente Enrico Marone diCinzano e inaugurato il 17ottobre 1926, a vent’anni dallafondazione del club, conl’amichevole Torino - FortitudoRoma, 4 a 0 per i padroni dicasa. L’opera, realizzata incinque mesi e costata duemilioni mezzo di lire, occupavaun’area di 38mila metri quadri eaccoglieva 15mila spettatori. Seianni dopo la capienza siamplierà a 30mila. Fino al 1963,ultima partita contro il Napoli (1a 1, disputata il 19 maggio),seppure con una lunga parentesiallo Stadio Comunale, exMussolini, i granata giocano quile loro partite casalinghe. Legioca soprattutto il GrandeTorino dei sette scudetti e di undieci a zero all’Alessandria, il 2maggio 1948. Lo schianto diSuperga porta con sé problemieconomici per la società, e ilpresidente Ferruccio Novo, cheterminata la guerra aveva avviatoi lavori di ricostruzione, dà lostadio in garanzia allaFedercalcio. Qualcuno insinuache voglia addirittura demolirlo,ma il Piano Regolatore del 1959

dichiara la zona del Filadelfia«Verde pubblico», chiudendo laquestione. Il declino del Filainizia nel 1964, quando lasquadra si trasferisce in viadefinitiva al Comunale, purcontinuando ad allenarsi dentroil vecchio impianto, cheabbandonerà un quarto disecolo dopo. Nel 1970, ilpresidente Orfeo Pianelli,artefice dello scudetto ’75/’76,l’unico vinto dal ‘nuovo’ Torino,aveva tentato di avviare senzasuccesso un progetto diristrutturazione. Negli anni ’80,piante ed erbacce selvatichesono ormai padrone dellegradinate, alcune strutturecedono. Comune eSopraintendenza minaccianoprocedimenti penali in caso dicrolli. Il primo di quelli cheWikipedia definisce ‘Recentitentativi di ricostruzione’ partedal presidente Sergio Rossi(1985). Seguono Gian MauroBorsano (1991), Roberto Goveani(1993). Il nuovo patron del Torodal 1995, Gianmarco Calleri, giàpresidente della Lazio, non èdisposto a spendere per ilFiladelfia uno solo dei 200

Nel 2014 inizierà la ricostruzionedello stadio del Filadelfialuogo magico del Grande Torinoe poi di una squadraridimensionata dopo latragedia, mettendo la parolafine a una vicenda grottesca

PROGETTI ■ L’EPOPEA DI UNO STADIO

L’arena mobiledel toro rampante

IL FILADELFIA

in alto a sinistra e destra, l’inaugurazione dello stadio torinese nel1926; subito sotto un’immagine del pubblico nel 1927.Qui sopra, Valentino Mazzola in una foto del 1948. Accanto a destra,l’ultimo raduno del Toro al Filadelfia nel 1995

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milioni di lire necessari arimetterlo in sesto. Il 27settembre 1994 l’area èdichiarata inagibile. Il Comune sifa carico di recintarla, perché lecasse societarie suonano avuoto. Il nome di Calleri apre ildialogo con Mecu Beccaria «Lasua defezione, lascia al Fila solola custode, la signora Carla. Laproprietà dello stadio va allaFondazione Campo Filadelfia,creata da Diego Novelli (nefacevano parte, tra gli altri, ilgiornalista GianpaoloOrmezzano, il procuratoreGiancarlo Caselli, l’ex corridoreciclista Nino De Filippis, ndr),che ha come obbiettivo laraccolta di fondi per laricostruzione, anche tramite illancio dell’iniziativa ‘Unmattone per il Filadelfia’. Piùvolte, Novelli dichiarerà di averea disposizione la cifra necessaria.Ma la documentazione e i soldinon sono mai saltati fuori». Il 27luglio 1997 inizia la demolizione,conclusa il 10 aprile 1998.L’Associazione Memoria StoricaGranata si è già mobilitata unanno prima per catalogare esalvare scarpe, maglie, palloni,archivi, fotografie. Gli scatolonivengono messi dentro alcunestanze del primo piano. Quellidell’Associazioneraccomandano: quandoinizierete a demolire avvisateci,verremo a prenderci tutto. Mecuricorda: «Un mattino, unatelefonata mi avvisa che, dopoaver forzato i lucchetti dellestanze, gli operai addetti allademolizione hanno buttato gliscatoloni in cortile, bruciato idocumenti e stanno facendospazzatura di tutto il resto. Miprecipito sul posto, e proprio ilfatto che tutto quel patrimoniosia diventato immondizia, sitrasforma in una fortuna. Lalegge chiamata ‘Possesso di

buona fede’ fa sì che, se butti viaqualcosa, chi la recupera nediviene proprietario». Nel 2005 lasocietà fallisce dopo averattraversato la sciagurata e pocotrasparente presidenza diFrancesco Ciminelli, tifosojuventino ma sopra ogni altracosa titolare della SIS (SocietàInvestimenti Sportivi). Lasquadra, retrocessa in B, si èguadagnata il ritorno nellamassima serie. Ma, a fronte delbilancio, non viene ritenutaidonea all’iscrizione. Si apre l’eraCairo, che esclude il Filadelfiadai suoi investimenti. La paroladi nuovo a Mecu: «Dopo ilfallimento, la Fondazione diNovelli era divenuta più che mailatitante, e allora viene presa ladecisione di costituire un tavolodi lavoro. Ne fanno parte ilComune, la Regione, il TorinoFC e otto associazioni di tifosi.Da questo tavolo nasce, il 28marzo 2011, la FondazioneStadio Filadelfia. I suoi tremilioni e mezzo il Comune li hagià in cassa. Sono gli oneri diurbanizzazione versati inprecedenza dal marchio Bennetper costruire nell’area unsupermercato. La Regione eCairo promettono identica cifra.Altri soldi potrebbero arrivaredalle Fondazioni. Se non che ilpresidente gira la frittata eabbassa il suo contributo a unmilione». Al di là del taglioeconomico, i progetti inizialiprevedono soltanto la creazionedell’area sportiva: due campi dagioco di cui uno omologabileUefa, con una tribuna per 2100posti e tre gradinate per altri2000, e un secondo più piccolo.Sotto la tribuna, infermerie,palestre, spogliatoi, sale riunioni.Rimane fuori quella che Mecuchiama la parte culturale eaggregativa. Il 19 maggio del2013 il popolo granata organizza

una marcia di protesta. Il CdAdella Fondazione innesta laretromarcia e si convince, grazieanche al fatto che Mecupresenta a sue spese un progettoper l’area mancante «Adessolavoreremo su un progettounico, diviso in tre lotti, con unbando d’asta. Abbiamo evitatoche il Fila di domani diventasseil Centro Sportivo Urbano IlMagnifico. Nondimentichiamolo mai: a fronte diun milione di euro, il presidentesi porta a casa un posto che nevale otto; a fronte di quelmilione ha ottenuto quindicianni di affitto gratuito; quelmilione ha deciso di versarlo intre comode rate, adducendo lascusa che Comune e Regione,ma la cifra è ben diversa,faranno lo stesso». La creazionedel museo consentirà, poi, disuperare l’ostacolo deifinanziamenti da parte delleFondazioni, che per statuto nonpossono riguardare lo sport masolo la cultura. Il resto deldenaro arriverà da spazipubblicitari intorno all’area deilavori, donazioni, sottoscrizioni

in cambio di targhe e targhetteintitolate ai benefattori «Larealizzazione degli spazi culturalie aggregativi - afferma Mecu -non è un’operazione di esclusivocarattere commerciale. IlFiladelfia ha sempre avuto unruolo di agorà. Nel progetto, ilcortile rimarrà a disposizione delpubblico anche quando sono incorso gli allenamenti a portechiuse. Un seconda agorà saràcostituita dal museo, con unpunto vendita di prodotti legatialla squadra e un’area bar eristorazione. Da ciò deriverà unafonte di guadagno checonsentirà alla struttura unapropria autonomia economica.Se non si fa così, e lo dico peraver visitato almeno una dozzinadi musei del calcio in Europa, ildestino è chiudere i battenti nelgiro di un paio di anni.Aggiungo: il Toro, per suasfortuna, ha una storia unica nelcalcio mondiale. Che nonappartiene soltanto ai tifosi dellasquadra, ma a tutti coloro cheamano questo sport». La vocefinale è quella di Stefano Lanzo,giornalista trentenne e novarese

del quotidiano Tuttosport. Da seianni segue il Toro senza essernetifoso. Una garanzia diobbiettività. Gli domandiamocome sia possibile che unostadio tanto glorioso quantominuscolo possa aver subitotraversie sicuramente ignote alMaracanà di Rio o al Camp Noudi Barcellona. Lui risponde:«Ancora adesso, dopo sei anniche me ne occupo, faccio faticaa comprendere perché unmonumento che va al di là delcalcio, che è stato teatro di unasquadra simbolo dell’Italiaintera, non solo di quella delpallone, sia stato ridotto a unadiscarica a cielo aperto. Hoascoltato racconti, parlato conpersone di varie realtàistituzionali e no. Continua arimanere difficile per me averchiaro cosa sia successo, qualesia stato il freno più forte allaricostruzione. Altro ‘mistero’ èl’esclusione del Filadelfia daifinanziamenti delle OlimpiadiInvernali del 2006. Sullo stadiodel Torino non è stato investitonulla (l’allora assessore EldaTessore, responsabile della

kermesse, propose di coprirlocon teloni per nascondere lerovine, ndr), quando tempi esoldi avrebbero permesso diricostruirlo e utilizzarlo. Persinonella mia Novara qualche soldoolimpico è arrivato. Credo,tuttavia, che sia importanteguardare avanti, smetterla dipensare al nulla che è statofatto, tornare a raccontare unastoria capace di suscitareemozioni in chiunque ami ilcalcio. Indipendentementedalla propria bandiera».Arriveranno le gru e lescavatrici, scompariranno i tubiInnocenti che tengono dritta latorre, la gradinata tornerà adessere Liberty e bella. Però, cariMecu e Stefano, permetteteciuna nota conclusiva,ammantata di qualchenostalgia. Nessuno potràrestituire, a noi che amiamo ilToro, le zolle calpestate,sconquassate, rivoltate daValentino Mazzola e dai suoidieci. Sono marcite, seccate,polverizzate sotto il peso diun’incuria collettiva che rimarràcolpa imperdonabile.

●●●Il Museo del Grande Torino edella Leggenda Granata venne apertonel 1998, sfruttando lo spazio di duestanze all’interno del chiostro dellaBasilica di Superga. Dal 2008 èospitato nella seicentesca VillaClaretta - Alessandri, a Grugliasco,comune dell’hinterland torinese, suun’area espositiva di circa 650 metriquadri. Tra bacheche, vetrine,allestimenti, qui si può ripercorrere lastoria del Toro dalla sua fondazione,nel 1906, ad oggi. Qualche esempio

varrà a confermare quanto ci avevadetto il giornalista di Tuttosport StefanoLanzo nel corso del nostro incontro:«Ho visitato il museo, e posso dire chese sei un tifoso del Toro, ma anche senon lo sei, sei ami il calcio, ma anchese non lo ami, questo è un posto chetrasmette comunque emozioni. Ciòche si vede, che si scopre, è una partedella storia d’Italia». Tifosi e nopossono ammirare la Balillaappartenuta a Gigi Meroni, unaporzione della tribuna in legno dellostadio Filadelfia, la cornetta del«Trombettiere del Filadelfia» che davala carica ai giocatori del GrandeTorino; la cassetta del massaggiatoredella squadra con le ampolle ancoraintatte malgrado il tremendo impattodell’aereo contro la collina di Superga,una ruota e un’elica dell’aereo stesso.Ricchissimo il patrimonio didocumenti; testimonianze di un calcioautentico e pulito sono le foto originalidi giocatori ed allenatori, a partire dal1912. Ma il percorso della collezionedi maggior impatto emotivo èsicuramente quello lungo il quale siincontrano le maglie e le tute originalidel Torino e della Nazionale dal 1927,

le scarpe e i palloni, con pezzi pregiatiche risalgono agli anni ’50 del secolopassato. Curiosità e commozionecrescono ancora di fronte allecentinaia di effetti personali cheappartenevano ai giocatori. Tutto ciòsarà ulteriormente valorizzato quandoil museo troverà collocazione nell’areadel nuovo Filadelfia. In attesa che ciò sirealizzi, l’indirizzo attuale è VillaClaretta - Alessandri, via G.B. La Salle87, Grugliasco. Il museo è aperto il

sabato dalle 14 alle 19 e la domenicadalle 10 alle 19 (ultimo ingresso alle17.30). Le visite, soltanto guidate, sonoa cura di un gruppo di volontari.Museodeltoro.it è l’indirizzo del sito,attualmente in manutenzione (l.d.s.)

Nelle saledel museodi villa Claretta -Alessandrianche la Balilladi Gigi Meroni

MUSEO DEL GRANDE TORINO

«Se ami il calcioe anche se non lo ami»

Le foto sono state gentilmente concesse dal «Museo del Grande Torinoe della Leggenda Granata»Sotto, 1995 Ultimo Raduno Toro al Filadelfia; a sinistra, un’ispezionedello stadio diroccato nel 2009

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Il lungo sonnodi Walt Disneyl’immortale Potrebbe essere solo una leggenda,

ma è stato tramandato che il magodell’animazione, si sia fatto ibernarein un’urna, simile alla tecadi cristallo che rese eterna ancheBiancaneve e la Bella addormentata.Come lui anche un centinaiodi sperimentatori che con la crisirischiano ora di essere scongelati

Victor Mikhailovich Vasnetsov(1848-1926) «La Bella addormentata»primi Novecento

di RAFFAELE K. SALINARI

●●●Si dice che Walt Disneydorma un sonno senza sogni,vetrificato in un sarcofago discintillante ghiaccio ed acciaiocustodito sotto l’attrazione Piratidei caraibi nel suo regno incantato,Disneyland, in attesa del risveglio.Questa leggenda metropolitana,nata nei mesi successivi al decessoed ancora vivissima, trova le sueascendenze simbolico tecnologichenella filmologia di Disney e nellafilosofia cui la sua attività artistica ela sua stessa vita si sono ispirate.Proviamo allora a ricostruire letracce di questa sua ultima, estremafavola, dell’avventura forsecondivisa con due dei suoipersonaggi più famosi che, comelui, hanno attraversato il tempodella vita sospesa.

I fratelli GrimmAlla fine del 1812 usciva il primovolume delle Kinder undHausmärchen, le Fiabe dei fratelliJakob e Wilhelm Grimm. Nel 1815vedeva la luce il secondo volume enel 1822 il terzo che comprende unampio commento alle fiaberaccolte, opera delle ricerche diWilhelm. La fiaba Biancaneve ècontenuta nel primo volume colnumero 53. Secondo gli stessiGrimm, la storia di Biancaneveaveva diverse versioni chedifferivano per il profilo deiprotagonisti, ma non per l’ordinesimbolico che essirappresentavano. I fratelli scelsero ipersonaggi a loro gusto: unaprincipessa, Biancaneve, un eroe, il

Principe, un’antagonista, laMatrigna cattiva, e degli aiutantimagici, i Sette Nani. Secondo loschema di Vladimir Propp, infatti,contenuto nel libro Morfologia dellafiaba, vediamo che l’importante èquello che fa il personaggio, nonchi è: se l’eroe è una donna, unuomo, o un orco, come nel casodell’odierno Shrek, la sostanzafiabesca non cambia. A determinarelo svolgimento della trama èl’azione che l’eroe compieall’interno di uno schema dideterminanti simboliche, non lesue caratteristiche fisiche.

La simbologia di BiancaneveIn Biancaneve queste sonoevidentemente racchiuse nella

cosiddetta «triade cromatica» che,caratterizzando il personaggio dellaprincipessa sin dal suoconcepimento, ne determinerannotutta l’esistenza sino alla morteapparente ed al risveglio. Eccocome i Grimm descrivono ildesiderio della madre e la nascita diBiancaneve: «Una volta, nel cuordell’inverno, mentre i fiocchi dineve cadevano dal cielo comepiume, una regina cuciva, sedutaaccanto a una finestra dalla corniced’ebano. E così cucendo e alzandogli occhi per guardare la neve, sipunse un dito, e caddero nella nevetre gocce di sangue. Il rosso era cosìbello su quel candore, ch’ellapensò: Avessi una bambina biancacome la neve, rossa come il sanguee dai capelli neri come il legno dellafinestra! Poco dopo diede alla luceuna figlioletta bianca come la neve,rossa come il sangue e dai capelli

neri come l’ebano; e la chiamaronoBiancaneve». La «triade cromatica»,bianco, rosso e nero, è una costantenel simbolismo dei riti iniziatici e siritrova nella ritualità di moltetradizioni esoteriche, a partiredall’alchimia in cui descrive idiversi passaggi dell’Opera, nigredo,albedo e rubedo: opera al nero, albianco e al rosso, dove questocostituisce non solo il superamento,ma la sintesi di bianco e nero. NellaMassoneria ogni fratello deve primapercorrere il pavimento a scacchidel Tempio per poi arrivare alrosso, il colore emblematico delGrado dell’Arco Reale. Questatriade cromatica è diffusa in tutto ilmondo; ne è un esempio ilKurma-Purana (I, 12.79) dove siparla di tre principii teogonici:Krsna (di colore nero), Rakta (rosso)e Sukla (bianco). In Africa, gliNdembu dello Zambia narrano ditre fiumi misteriosi, bianco rosso enero, associati a nascita, vita emorte. In Occidente la triadecromatica arcaica era comune nelmedioevo in cui il coloreintermedio fra bianco e nero nonera il grigio, ma proprio il rosso.

La protagonista dell’omonimofilm del 1937 incarna dunque essastessa la «triade cromatica» quando,colpita infine dal maleficio dellaMatrigna cattiva, sembra morta. Masarà proprio mercé la permanenzadella sua «triade cromatica» sulcorpo esanime che i Sette Nanidecideranno di non seppellirla, madi metterla in un sarcofagotrasparente: «I nani, tornando acasa, trovarono Biancaneve chegiaceva a terra, e non usciva respirodalle sue labbra ed era morta. Lasollevarono, cercarono se mai cifosse qualcosa di velenoso, leslacciarono le vesti, le pettinarono icapelli, la lavarono con acqua evino, ma inutilmente: la carabambina era morta e non si ridestò.La misero su un cataletto, lacircondarono tutti e sette e lapiansero, la piansero per tre giorni.Poi volevano sotterrarla; ma in viso,con le sue belle guance rosse, ellaera ancora fresca, come se fosseviva. Dissero: non possiamoseppellirla dentro la terra nera, efecero fare una bara di cristallo,perché la si potesse vedere da ognilato, ve la deposero e vi miserosopra il suo nome, a lettere d’oro, escrissero che era figlia di re… Biancaneve rimase molto, molto tempo nellabara, ma non imputridì: sembrava che dormisse, perché era bianca comela neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano».

La Bella addormentata nel boscoUn tema analogo, anche in questo caso incentrato su un maleficio chegetta la protagonista in un sonno profondo, simile ad una morte non

morte, lo ritroviamo ne La Bellaaddormentata nel bosco, fiabaantichissima se pensiamo alla storiadi Brunilde, l’eroina addormentatadella Saga dei Volsunghi, o alroman di Perceforest del 1340,ambientato al tempo mitico dellaguerra di Troia. La versione piùnota, da cui Walt Disney trasse ilsuo lungometraggio del 1959, èinvece quella pubblicata ne Iracconti di Mamma Oca di CharlesPerrault, La Belle au bois dormant,a cui si deve il titolo odierno.Interessante notare che il titolooriginale francese, a differenza diquelli in italiano ed inglese, parlanon di una «bellezza addormentatain un bosco» ma di una «bellezza inun bosco addormentato». Edunque, qui è un intero reame, unMondo, che dorme in attesa delrisveglio. La principessa ècircondata sì da un’atmosferaonirica, surreale, ma anche daguardiani magici che la proteggonoimpedendo a chiunque l’entrata.Una versione simile a quella diPerrault si trova nei Kinder undHausmärchen dei fratelli Grimm,col titolo Rosaspina. La versione deiGrimm corrisponde a quella diPerrault solo fino al risveglio dellaprincipessa. In entrambe le fiabe,riprese con successo dai filmdisneiani, il momento clou è

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Interno della capsulaideata dalla «Crionics»per la conservazione inazoto liquido a -223˚dei corpi delle personedecedute

certamente il risveglio ad operadell’Eroe. Biancaneve viene«donata» dai Nani al principeancora addormentata e durante iltrasporto un inciampo farà uscire ilboccone di mela avvelenata dallagola della ragazza, svegliandola. NeLa Bella addormentata sarà ilmagico bacio d’amore a scioglierel’incantesimo.

Il sonno profondoQuanto dormono le nostreprincipesse? Naturalmente untempo che nulla ha a che vedere colkronos quantitativo, ma si identifica

col Grande Tempo, il favoloso tempo del mito. Cento anni nella Bella addormentata,cifra simbolica del passaggio secolare, epocale, mentre di Biancaneve non sappiamo,«molto molto tempo» dice la fiaba, dato che i suoi guardiani, i Sette Nani, sono anch’essiesseri sovratemporali, epigoni dei mitologici Telchini di Rodi, esseri naniformi abilissiminell’arte dei metalli, scopritori e custodi di immani tesori nascosti sotto le viscere dellaterra, assistenti di Efesto il fabbro divino capace di costruire l’invisibile ma tenace reteche imprigionò, per il diletto degli dei e la sua vergogna, Marte ed Afrodite sul loro lettodi amanti.

I Telchini avevano fuso il falcetto con cui Crono aveva evirato Urano, determinandocosì il passaggio da un evo all’altro, e fabbricato il tridente di Poseidone con cui il dio

dominava le forze marine ed iltempo degli uomini che siavventuravano sul vasto mare. Siavverte qui la relazione simbioticatra i Nani ed il tempo, sotto formadegli oggetti che ne avevano

determinato fasi e passaggi, edanche della loro capacità dicustodirne i tesori. Dormonodunque per un tempoindeterminato ed indeterminabilele due principesse, vegliate da forzeamiche, circondate da protezioni aguardia del momento del lororisveglio.

La prospettivadell’immortalitàNel 1964, con l’approvazionescientifica di Isaac Asimov, esce inAmerica un libro destinato a farescalpore: La prospettivadell’immortalità, di Robert Ettinger,in cui l’autore lancia unaprospettiva avveniristica: lacriogenesi, cioè il congelamento deicorpi subito dopo la morte, inattesa che la scienza futura possarisvegliarli avendo trovato una curaalla loro malattia. Negli anniSessanta la fede nella tecnologia eraassoluta, anche perché gliimminenti viaggi interplanetariavevano già posto il problema dellelunghe distanze da percorrere inanimazione sospesa, o attraverso lacreazione dei cyborg, neologismoformato dalle parole cybernetic eorganism, cioè organismi umanipotenziati ed integrati (cibernetici)con parti non biologiche al fine diresistere alle condizioni estremedello spazio profondo. Gliantecedenti fantascientifici sonomolti, ma per Ettinger inparticolare, vale il racconto di NeilR. Jones, The Jameson Satellite, lettoall’età di 12 anni sulla rivistaAmazing Stories, in cui un certoProfessor Jameson viene inviatonello spazio e qui rimane congelatosino al risveglio ad opera di unaciviltà aliena. Ettinger fondadunque, a metà degli anni Sessanta,la Crionics, società che si occupa diconservare in azoto liquido,vetrificati a temperature di -223gradi, corpi di persone decedute.L’organizzazione vede come prima«cliente» sperimentale la madre diEttinger; poi, sino ad anni recenti,un centinaio di persone decidonodi affrontare la spesa deltrattamento, circa 120 mila dollari,ed infine Ettinger stesso nel 2011. Almomento le quotazionidell’ibernazione umana postmortem (molto diversa da quellanaturale di certi animali) sembranonon buone, e molte persone si«scioglieranno» tra qualche annoperché i soldi per mantenerli sottozero sono finiti e la crisi mordeanche le prospettivedell’immortalità. Solo lafantascienza filmica e narrativacontinuano a sfornare continuiibernati, dal Dormiglione di WoodyAllen sino ai più moderni alieni delPrometheus di Ridley Scott, mentrela scienza attualmente disponibilesi accontenta di operare inipotermia. Per raccogliere fondi,costituire la società, e promuovereil movimento crionico, Ettingeraveva inviato circa 200 letteremirate ai più importanti uominidegli USA, illustrando loro ivantaggi dell’operazione. Tra idestinatari di queste lettere vi eraanche Walt Disney.

La morte di DisneyLa lettera arriva in un momento

molto particolare per la vitadell’autore di Biancaneve e La Bellaaddormentata. La sua salute si èdeteriorata, tanto che decide adentrare al St. Joseph Hospital apoca distanza dai suoi studios, il 2novembre 1966. Durante gliaccertamenti per dolori al collo ed auna gamba, i medici diagnosticanoun tumore al polmone sinistro econsigliano un interventochirurgico immediato, che ha luogoil 7 novembre; ma l’esito dellabiopsia ai linfonodi è infausto:Disney ha solo pochi giorni di vita;muore la mattina del 15 dicembre1966.

Nei mesi successivi si diffondeinsistentemente la voce che lovuole ibernato, seguendo la tecnicaproposta da Ettinger, a Disneyland,e più precisamente sotto il classicoPirati dei caraibi, attrazione tra leprime ad essere attivata quando ilfatato Mondo di Disney vienefondato nel 1955. Se si considerache la prima «sospensione crionica»ufficiale ha avuto luogo appena unmese dopo la sua morte - JamesBedford, uno psicologo di 73 anni il12 gennaio 1967 - non era affattoinverosimile immaginare cheDisney avrebbe precorso i tempi.Ed i tempi di Disney sono anchequelli da lui vissuti non solo nelrispetto delle favole, ma anche dialtre e più documentate pratichetradizionali. Per quanto concernequest’ultimo aspetto, dobbiamoricordare che Disney era moltoprobabilmente un massone.Inscritto sin da giovane all’OrdineDe Molay, considerato l’anticameradella Massoneria per i giovani dai12 ai 20 anni, mai smentì in seguitol’appartenenza al Tempio. Moltihanno osservato con sguardopregiudizievole le sue opere edhanno effettivamente trovato qua elà simboli massonici, in particolaresquadre, compassi e pentacolisparsi per vari cartoni animati efumetti, ma se questo certo nonbasta a fare di Disney un ferventemassone, ancora meno, comequalche detrattore della tradizionemassonica ha dichiarato, lo rendeun vero e proprio satanista.Comunque molto significative,come abbiamo visto, sono le traccesimboliche tradizionali che si

trovano nei suoi lungometraggi, ed in particolarela ricorrente allusione ai temi della vitarisvegliata dopo un percorso iniziatico. Lui stessosi considerava in qualche modo un mago, tantoche nell’episodio dell’Apprendista stregone inFantasia, il nome del mago è Yen Sid,anagramma di Disney. Zio Walt, come venivafamiliarmente chiamato dai suoi collaboratori,era inoltre un mix davvero unico di tradizione, itesti originari delle sue favole, ed innovazionetecnologica, pensiamo a quanto d’avanguardiafossero le sue tecniche di animazione. Anche sele origini della storia inerente alla suaibernazione sono sconosciute - la prima versionestampata del rumor appare sulla rivista Ici Parisnel 1969 - è certamente facile capire perché lavoce è così incredibilmente insistente e perduraa tutt’oggi. Negli anni immediatamenteprecedenti la sua morte, Disney è stato coinvoltoin una serie di progetti futuristici che hannoconsolidato la sua immagine di visionariotecnologico. A Disneyland vi sono, sin dagli anniCinquanta, attrazioni come l’avveniristica

monorotaia, la casa del futuro, oancora il viaggio sulla luna. Inseguito, sempre in anticipo suitempi e sulla comuneimmaginazione, l’introduzione difigure audio-animatronic masoprattutto i dichiarati piani diDisney per la sua «comunità didomani» in Florida, hanno resofacile credere che egli fosse unpasso avanti a tutti, anche nellapianificazione della sua morte.Contro la leggenda metropolitanache lo vuole ibernato, come la Bellaaddormentata o come Biancaneve,circondato da un mondo a suavolta fatato, come appunto èDisneyland, protetto dalle suecreature più fidate e potenti, inattesa di essere risvegliato da quellatecnologia in cui egli stesso credevafermamente, voci più ufficiali – maforse proprio per questo piùsospette di voler sviare l’attenzione– dichiarano che Walt Disney èstato cremato (ovviamente l’esattoopposto dell’ibernazione) e che leceneri riposano, per suo espressovolere, in un luogo discreto,all’interno di un bosco (un altrobosco), precisamente nel ForestLawn Memorial Park di Glendale.

Ma per l’Immortale padre diTopolino, forse un giorno, come lafenice, sarà possibile ancherinascere dalle sue stesse ceneri.

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di PASQUALE COCCIA

●●●Si sgretola il mondo dellosport duro e puro, e in particolareil calcio, che in tanti consideranoun mondo macho fatto di muscolie durezza d’animo. Si sgretolainnanzi a quella purezza, che nonriconosce la presenza di atleti gaynello sport di alto livello e ognivolta che vi è il coming out lavetrina va in frantumi. L’ultimo èstato il calciatore tedescoHitzlsperger, giocatore di classeche ha fatto parte della nazionaletedesca dal 2004 fino al 2010, hagiocato in varie squadre dellaPremier League e per una brevestagione anche nella Lazio. Haappeso le scarpe al chiodo appena4 mesi fa, Thomas Hitzlspergerdetto il martello per la potenza delsuo tiro, e ha fatto coming out:«Non mi sono mai vergognatodella mia omosessualità, ma innessun paese dove ho giocato sidiscute del tema». Nel 1990 ilprimo calciatore a dichiararsi gaypubblicamente, quando ancoragiocava, fu l’inglese di origininigeriane Justin Fashanu, che nel1998 si suicidò. Mentre aHitzlsperger arrivano attestati disolidarietà e stima da parte diNiersbach, il presidente della Legacalcio tedesca, che da luglio hapromosso una serie di iniziativesull’omofobia, in casa nostra tuttotace. Qualche anno fa a far sentirela loro voce rassicurantesull’argomento furono l’ex ct dellanazionale Marcello Lippi e ilcalciatore Cassano, preceduti eseguiti da altri, i quali dichiararonoche nel calcio italiano non vi sonogay. Tace anche il mondo sportivoufficiale, rappresentato daipresidenti delle federazionisportive e dal presidente del ConiGiovanni Malagò. È un silenzio checontraddice uno dei principifondamentali della Carta Olimpica:«Ogni forma di discriminazione neiconfronti di un Paese o di unapersona per motivi di razza,religione, politica o sesso, o altro èincompatibile con l’appartenenzaal Movimento Olimpico». Nellosport nostrano non ci sono gay,non è necessario avviare alcunacampagna di sensibilizzazionesull’argomento, e gli atleti italianiimpegnati nelle olimpiadi di Sochi,non hanno alcuna necessità diesprimere considerazioni in meritoalla persecuzione di cui sonooggetto i gay in Russia, a seguito diuna legge sull’omofobia approvatadalla Duma a giugno 2013. Sembraquesto il ragionamento che prevaleai vertici dello sport. Non si sonofatti attendere e hanno fattosentire la loro voce atleti di altolivello agonistico come ilpattinatore neozelandese di shorttrack, Blake Skjellerup,omosessuale dichiarato, che haaffermato: «Io gareggerò con unaspilla arcobaleno. Se verrò punito,accetterò la sanzione, ma saràcolpa loro». Anche lo sciatorestatunitense Bode Miller, vincitoredi cinque medaglie olimpiche, haaffermato: «Penso che siaassolutamente vergognoso che ci

siano paesi e persone che sianotanto intolleranti e tantoignoranti». A spostare l’attenzionedalla Russia di Putin agli Stati Unitiè Elana Meyers, medaglia dibronzo nel bob alle ultimeolimpiadi invernali di Vanvouver2010: «Anche noi abbiamoproblemi nel garantire i diritti dellanostra comunità gay, lesbica etransgender. Un terzo dei nostriStati non ha leggi contro la

discriminazione delle personeomosessuali e transessuali.Dovremmo concentrarci sul nostroPaese per quanto riguarda lequestioni gay, transgender elesbiche». In Italia per spezzare lacortina di silenzio sull’argomento,stesa dalla stampa sportiva e dallatv, nei prossimi giorni partirà unacampagna di denuncia promossadal circuito delle palestre popolarie da Sportallarovescia. La

campagna «NoDiSex» (No alladiscriminazione sessuale),prenderà il via il 23 febbraio aBologna, dove presso la palestrapopolare Tpo, via Casarini 17, sisvolgerà un convegno sul tema«Sport e Omofobia», trasmesso indiretta streaming(www.sportallarovescia.it). Coloroche non potranno partecipare dipersona al convegno potrannointervenire nel corso del dibattito,

prenotandosi via mail qualchegiorno prima, o potranno porredomande agli esperti, tra i quali lasociologa transessuale PorporaMarcasciano presidente del Mit(Movimento di identitàtransessuale), Mauro Valeridell’Osservatorio antirazzista eIvan Grozny di Sportallarovescia.Al convegno farà seguito unmeeting di gare sportivegayfriendly. Due mondi, quellodello sport ufficiale e quello dellosport di base, che rischiano diandare per strade diverse, il primoè immerso nel silenzio assoluto, innome della considerazione «non cisono atleti italiani che hanno fattocoming out, perciò il problma nonci riguarda», il secondo pungola echiede a Giovanni Malagò dibattere un colpo sulla questionedei diritti e delle discriminazionisessuali: «Con Sportallarovescia -dichiara il sociologo Mauro Valeripromotore della campagnaNoDiSex - abbiamo chiesto al Conie alle federazioni sportive invernalidi inserire espressamente ladiscriminazione per orientamentosessuale all’interno del proprioStatuto, anche a tutela degli atletiitaliani, ai quali, invece chiediamodi dichiarare apertamente lapropria contrarietà a qualsiasiforma di discriminazione perorientamento sessuale, così comeribadito dalla Carta Olimpica.Infine, ai giornalisti chiediamo che,nei giorni dei Giochi invernali,vengano ricordate le storie di atletie atlete omosessuali che sonoriusciti a imporsi anche in camposportivo, nonostante lediscriminazioni e i pregiudizi. Atutti coloro che credono che losport sia tale solo se è contro ognidiscriminazione, chiediamo diaderire alla campagna NoDiSex». Ilconvegno di Bologna su sport eomofobia, la campagna contro lediscriminazioni sessuali e ilmeeting sportivo che seguiràdurante i giochi invernali di Sochi,sono promosse da organizzazioniche si pongono al di fuori delmondo Gltb. Un tema che per laprima volta in Italia viene posto edibattuto pubblicamente dasocietà sportive attivamenteimpegnate sui temi delladiscriminazione razziale, unabattaglia strettamente legata aquella delle discriminazionisessuali. L’iniziativa di Bolognarappresenta il primo passo su untema, in Italia tenuto sempre sottosilenzio, che squarcia il velodell’ipocrisia del mondo sportivoufficiale, e al tempo stessorappresenta un invito al mondoGltb ad affrontare e discutere itemi della discriminazionesessuale anche nel mondo dellosport italiano, come fannonumerose organizzazioni Gltball’estero.

di FEDERICO CARTELLI

●●●Con la storica quaternarifilata al Milan, DomenicoBerardi ha messo in subbugliol’ambiente del calcio: i tifosidella nazionale lo vorrebbero inazzurro, i tifosi della Juventus lovorrebbero in bianconero. Amister Prandelli andrebbe afagiolo pescare da subitol’attaccante col fiuto del gol, datoil concomitante forfait diGiuseppe Rossi per infortunio;ad Antonio Conte farebbecomodo eccome trovared’incanto l’ambito giocatore «daesterno» (o seconda punta) nelgiovanotto che per metà è già dicasa-Juve. In entrambi i casi, aBerardi, esordiente in serie A, glisi spalancano opportunitàinimmaginabili fino a 5-6 mesiaddietro.

Ma il botto con cui ha steso ilMilan, rendendo disoccupatoAllegri e facendo giungere conl’affanno dal Sudamerica Seedorfper la riscossa rossonera, non ègiunto fulmineo. Nelleprecedenti 13 partite avevasegnato 7 gol, che sono già unacifra per un 19enne attaccante difascia. E in tutto il Sassuolo harealizzato finora 21 gol. Diquesti, 5 appartengono alcentravanti Simone Zaza che ha22 anni e anch’egli è incomproprietà con la Juventus.Come dire: la squadrabianconera sta lasciandocrescere nella provincia emilianala coppia d’attacco, tuttaitaliana, del prossimo futuro? Lasocietà degli Agnelli, più di altregrandi, ha sempre puntato suiprodotti del calcio italiano.

La fortuna di Berardi è checoncluda la stagione in corsocon la maglia del Sassuolo. Searrivasse alla Juventus a gennaio,in questa finestra dicalciomercato, si allontanerebbela possibilità di una chiamata innazionale. In bianconero non gliverrebbe garantito il posto dititolare in campo, perdendoquella condizione fisica ottimale,essenziale attraverso il gioco, perun eventuale inserimento inchiave azzurra. Al contempoPrandelli verrebbe privato di unascelta.

Un precedente. L’arrivo diBalotelli al Milan, giusto un annofa, fu fatale per l’appenaventenne El Shaarawy che finoad allora si era fatto largo a suondi gol. Nel girone di ritornol’ingombrante Balo lo mise inombra. E il campionato correnteè cominciato con una serie diinfortuni da cui non ne stauscendo: il futuro per il Faraone(leggasi nazionale) è quanto maiincerto.

Nel campionato italiano,infortuni a parte, si dà pococredito a giovani promettentifatti in casa, preferendo l’usatogarantito di matrice esterofila. Sisono spesi (non oggi, che lecasse sono prosciugate ormai)fior di quattrini per stranieri,anche di età, di dubbie virtùpedatorie. Se in Italia èun’eccezione, in Inghilterra a 29anni si è stabilmente titolari inqualsiasi squadra.

In nazionale, a meno di 5 mesidal viaggio in Brasile, è tempo dipuntare su qualche emergenteche sappia far gol concontinuità. A Bearzot, inArgentina ’78, il colpo riuscì conun 21enne guizzante (PaolinoRossi) autore di 3 gol. Eranostate gettate le basi per il Pablitodi Spagna risolutore delmondiale.

In pista ben in vistala spilla arcobaleno

OLIMPIADI IN VISTA

CALCIO

La quaternaseccadi DomenicoBerardisulla ruotadi Milano

SPORTUn convegnosul tema «Sporte Omofobia» apreil 23 febbraioa Bolognala campagna«NoDiSex» controla perdurantediscriminazionedei gay nello sport

In alto e al centro Elana Meyers, sotto con Erin Pac(team bob Usa). Sotto, il pattinatore neozelandeseBlake Skjellerup

●●●Sul numero di Alias di sabato 11gennaio, nell’intervista a Mauro Valerisul razzismo nelle curve, abbiamoscritto che un gruppo di Boys dellaLazio a Roma, nel quartiere SanLorenzo, espone simboli fascisti. A SanLorenzo non vi è alcun club di tifosidella Lazio, bensì i Boys della Roma. Intante curve di stadi italiani numerosigruppi di tifosi si chiamano Boys, cosache ci ha indotto facilmente in errore.

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LA RIVISTA

LA MEMORIA

IL LIBRO

E FU SERA E FU MATTINADI EMANUELE CARUSO, CON ALBINOMARINO, LORENZO PEDROTTI. ITALIA 2014

0Sulle colline di Langa, ad Avilasi sta festeggiando in piazza, lafesta di Sant’Eurosia, patrona

dei frutti della terra. Francesco sidirige al bar del paese, dove latelevisione annuncia un eventoeccezionale.

A SPASSO CON I DINOSAURI3DDI BARRY COOK, NEIL NIGHTINGALE, CONCHARLIE ROWE. ANIMAZIONE USA UK 2013

0Due fratelli cercano di seguirele orme del padre, cheportano ad una resa dei conti

con i dinosauri nella regione articadel nord. Tratto dall’omonima serietelevisiva della Bbc.

I, FRANKENSTEIN 3DDI STUART BEATTIE, CON JAI COURTNEY,YVONNE STRAHOVSKI. USA 2013

0Tratto da una graphic novel diKevin Grievoux: la creaturaportata in vita dal dottor

Frankenstein, vive ancora sulla terraduecento anni dopo, si chiama Adamed è a caccia di demoni, ultimo casola guerra tra i figli dell’inferno e igargoyle, creature del Bene. StuartBeattie è lo sceneggiatore della seriedei Pirati dei Caraibi.

LAST VEGASDI JON TURTELTAUB, CON MORGANFREEMAN, ROBERT DE NIRO. USA 2013

0A Morgan Freeman e DeNiro bisogna aggiungereMichael Douglas e Kevin

Kline per formare il quartetto cheorganizzano un addio al celibato aLas Vegas per l’unico di loro che nonsi è ancora sposato (Michael Douglasdoppiato da Dario Penne) e la suasposa è di trent’anni più giovane.Prove generali per saggiare laresistenza fisica. Ha aperto il TorinoFilm Festival.

RED KROKODILDI DOMIZIANO CRISTOPHARO, CON BROCKMADSON, VALERIO CASSA. ITALIA USA 2012

0Un uomo dipendente dalKrokodil, una delle droghesintetiche più pericolose, si

ritrova improvvisamente solo, in unacittà post nucleare simile aChernobyl, il cui disfacimento fisicoprovocato dalla massiccia assunzionedi droga si sviluppa parallelamente aquello interiore, così come la realtàsi mescola prepotentemente alle sueallucinazioni.

TANGO LIBREDI FRÉDÉRIC FONTEYNE, CON FRANCOISDAMIENS, SERGI LOPEZ. BELGIO 2012

0Una guardia carceraria, amasolo ballare il tango. Unanotte, nel salone della scuola

di ballo incontra Alice e il giornosuccessivo la vede di nuovo nellastanza visite della prigione, dove sieffettuano le visite. Alice è la mogliedi due detenuti, Fernand eDomenico, che lei segue con suofiglio di prigione in prigione.

TUTTA COLPA DI FREUDDI PAOLO GENOVESE, CON MARCO GIALLINI,CLAUDIA GERINI. ITALIA 2014

0Uno psicoanalista (MarcoGiallini), padre di tre figliefemmine in crisi si trova a

dover ascoltare in studio i loroproblemi: una lesbica che prova adiventare etero (Anna Foglietta),una diciottenne invaghita di unuomo maturo (Laura Adriani), unalibraia attratta da un ladro di libri(Vittoria Puccini). Paolo genoveseè il regista di Una famiglia perfetta,nel cast anche AlessandroGassman, Gian Marco Tognazzi eDaniele Liotti.

TUTTO SUA MADREDI E CON GUILLAUME GALLIENNE, CONDIANE KRUGER. FRANCIA 2013

0«Les garçons et Guillaume àla table!» lo chiamava suamadre quando era piccolo,

tra lui e la madre c’è sempre stato unmalinteso, ha sempre pensato diessere una ragazza. Finché Guillaumenon incontra la donna della sua vita.Guillaume Galienne interpreta anchela madre e nel cast c’è ancheFrançoise Fabian.

THE WOLF OF WALLSTREETREGIA: MARTIN SCORSESE, CON LEONARDODICAPRIO, MATTHEW MCCONAUGHEY. USA2013

0Esce il 23 gennaio il nuovofilm di Martin Scorsese sullabrama di denaro e il crollo

dei rampanti di Wall Street, quiimpersonati da Leo DiCaprio che dagelataio diventa broker avido di famae denaro, finché negli anni Novantafinisce in prigione per aver frodato gliinvestitori che si erano fidati di lui.

C’ERA UNA VOLTA A NEWYORKDI JAMES GRAY, CON MARION COTILLARD,JOAQUIM PHOENIX. USA 2013

6Quinto film di James Gray, ilpiù normalizzato e menointeressante. Dopo i laceranti

quadri familiari di Little Odessa, TheYards, We Own the Night, TwoLovers costruisce un intero film suun personaggio femminile creatoappositamente per Marion Cotillard.Ewa Cybulski arriva nel ’21 a EllisIsland dalla Polonia con la sorella,spedita all’ospedale perché sospettadi tubercolosi, aiutata dal protettoredi un gruppo di ballerine di burlesquea sbarcare e in cambio la faprostituire. Grey si muove sullamatrice letteraria classica dell’eroinasventurata da romanzoottocentesco, ma il fascinoimmaginato nel personaggio non sitrasmette al pubblico. (g.d.v.)

THE COUNSELOR - ILPROCURATOREDI RIDLEY SCOTT, CON MICHAELFASSBENDER, CAMERON DIAZ USA GB 2013

4Pochi film americani sonostati fatti a pezzi dalla criticacome quest’attesissima

collaborazione tra CormacMcCarthy e Ridley Scott. Tempiinterminabili, colori ipersaturi,dialoghi fiume, la fotografia patinatache ricorda gli spot dei generi dilusso di venticinque anni fa, lamacchina usata in modoinsopportabilmente ponderoso. Lasua profonda disattualità sembraessere l’unico reale punto diinteresse del film, la «stranezza»che obbliga lo spettatore adaggiustare continuamente losguardo. (g.d.v.)

2 GIORNI A NEW YORKDI E CON JULIE DELPY, CON CHRIS ROCK,ALBERT DELPY. FRANCIA 2011

7Julie Delpy, figlia di attoridella scena francesesperimentale degli anni

Sessanta, oggi vive a Los Angeles,candisata all’Oscar per la miglioresceneggiatura (Before the Sunset -Prima del tramonto). Lei e Jess (EthanHawke) si incontrano su un trenoper Vienna, una lunga notte sulletraiettorie di un desiderio sospeso.Negli anni Celine e Jess siritroveranno in occasioni diverse,ormai cresciuti. Commedia nevroticae molto metropolitana alla WoodyAllen, ma al tempo stesso l’autriceguarda in altre direzioni, prima ditutte il divario tra Europa e Americamotivo ricorrente di questo suodiario. (c.pi.)

NINOTCHKADI ERNST LUBITSCH, CON GRETA GARBO,MELVYN DOUGLAS. USA 1939

9Un altro capolavoro delpassato esce in sala. In Italiadovette aspettare quasi dieci

anni per essere visto (uscì solo neldopoguerra, nel ’46), proibito inmolti paesi europei per la presa ingiro della Russia sovietica (inFinlandia il film uscì nell’88). GretaGarbo che volle fortemente Lubitschcome regista, interpreta Nina, uncommissario inviato dal governosovietico per controllare tre agentiche si sono fatti corrompere dallemollezze dell’occidente. E finiràanche lei per sorridere. (s.s.)

SANGUEDI E CON PIPPO DELBONO, MARGERITADELBONO, GIOVANNI SENZANI. ITALIA 2013

8Mentre all’Argentina va inscena Orchidee ultimospettacolo teatrale del regista

esce anche questo film che con lospettacolo teatrale ha non pochipunti di contatto, uno dei più audacirealizzati da un cineasta italiano degliultimi anni: è senz’altro nuova la suaossessione per le forme in grado discompaginare l’esistnte. Filma adaltezza di occhi, si sogna e progettacome estensione del suo dispositivoleggerissimo e fluido Cercarlo neitamburini di Roma, Milano, Napoli,Bologna. (g.a.n.)

SAPORE DI TEDI CARLO VANZINA, CON MARTINA STELLA,GIORGIO PASOTTI. ITALIA 2013

1Ritornano gli anni ’80, leestati a Forte dei Marmi, laCapannina, gli onorevoli

socialisti e tornano i Vanzina e il lorovecchio glorioso sapore di maregirato nell’83 ma ambientato ventianni prima. Il film possiedemiracolosamente una certafreschezza, I Vanzina si divertono acostruire amori, tradimenti e storie,rispettosi dei film dei padri nobilidella commedia, ma anche dei variMuccino e Moccia dei qualiriprendono parte del cast. (m.gi.)

I SOGNI SEGRETI DI WALTERMITTYDI E CON BEN STILLER, CON KRISTEN WING,ADAM SCOTT. USA 2013

6Ben Stiller «attualizza» aigiorni nostri uno dei classicidell’umorismo Usa, da un

raccontino di Thurber portato sulloschermo da Danny Kaye, in cui ungrigio signore del New Jersey siimmagina protagonista di impreseeroiche. Il marchio autoriale diquesto remake iperpatinato è più chedi Ben Stiller dello sceneggiatoreSteven Conrad (La ricerca dellafelicità). Il surrealismo e la satirasociale della premessa cedono ilposto a una lettura più banale.(g.d.v.)

THE UNKNOWN KNOWNDI ERROL MORRIS. DOCUMENTARIO. USA2013

7Il confronto conl'ex-segretario della Difesaamericano Rumsfeld, il

fabbricante primario del teoremadella guerra in Iraq si gioca sul filo(tagliente) della parola, e dei suoisignificati; un piano duplice, che nonè solo quello di «verità» e«menzogna», punta invece allatattiche del potere. The UnknownKnown, in concorso a Venezia,diviene una riflessione sull'America,la sua politica culturale, sviluppatanelle logiche del potere, e con alcentro uno dei suoi protagonisti piùterribilmente influenti. Non c'è nullache glorifichi Rumsfeld, o che glifornisca un minimo appiglio di calorenella messinscena gelida e essenzialedi Morris. (c.pi.)

A CURA DISILVANA SILVESTRICON ANTONELLO CATACCHIO,ARIANNA DI GENOVA, GIULIAD’AGNOLO VALLAN, MARCOGIUSTI, GIONA A. NAZZARO,CRISTINA PICCINO

I FILM

VICTOR CAVALLOROMA, BLUTOPIA, VIA DEL PIGNETO 116,24 GENNAIO ORE 19«Ecchice» è una rassegna cheprendendo spunto dal titolo del libropostumo di Victor Cavallo Ecchime,curato dalla poetessa Paola Febbraro,vuole evitare, dopo la loro scomparsa,l’oblio e la rimozione di importantiartisti. Il primo incontro, venerdì aBlutopia, music-store aperto a eventi eincontri di musica, teatro, danza,poesia e letteratura è dedicato aVictor Cavallo, alla sua dirompentepersonalità di poeta, uomo di teatro edi cinema e appassionato tifoso della Roma (qui accanto un suo disegno). Apriràl'incontro, promosso da Stampa Alternativa-Associazione Strade Bianche elibreria Antigone, il gruppo romano Pane che nel loro cd Orsa Maggiore hanno«musicato» la poesia di Cavallo Item, tratta da Ecchime. Tra gli interventi SimoneCarella ( Beat 72 , Teatro Colosseo, tra gli organizzatori del Festival dei poeti diCastelporziano), Alessandra Vanzi (autrice e attrice teatrale spesso in scena conCavallo), e Marcello Baraghini (Stampa Alternativa). Per leggere tutta la poesia:www.activitaly.it/victor/1.htm. Per la versione dei Pane, per la voce di ClaudioOrlandi: youtube.com/watch?v=kefwFWoMRdY&feature=related. (m.d.f.)

RIPTIDEAustralia, 2013, 3’56’, musica: Vance Joy,regia: Dimitri Basil, fonte: MTV

7Singolare video questo delcantautore di Melbourne dapoco apparso sulla scena

musicale. Riptide ci mostra una seriedi inquadrature e di eventi slegati traloro che suggeriscono una intricatatrama visuale, come se diversenarrazioni filmiche – di generesuspence e thriller – siintrecciassero, ma senza maiarrivare a nulla, sebbenel’accostamento non sia mai casuale,almeno dal punto di vista delleassociazioni formali. L’inquadraturapiù ricorrente è quella di una donnache canta davanti a un microfono ilrefrain del brano (ma il lip synchcoincide solo in alcuni momenti),gradualmente ferita a morte da unapistola. È un enigmatico puzzlequesto concepito lucidamente daBasil, che diverte e affascina.

HEY BROTHERSvezia, 2013, 4’24”, musica: Avicii, regia: JesseSternbaum, fonte: MTV

9Tutti piuttosto interessanti imusic video realizzati per il djsvedese, da Wake me Up a

You Make Me. Non fa eccezionequesto Hey Brother che ruotaintorno alla guerra, al patriottismo ealle sue vittime, seguendo unatraccia narrativa: due ragazzinigiocano insieme spensieratamentenell’America degli anni ’60 e uno diloro morirà in Vietnam. Sternbaum,utilizzando anche fotografie e filmatidi repertorio, struttura il video sullaclassica sovrapposizione dei pianitemporali, senza distinguereflashback da flashforward. In un paiodi punti, con grande efficacia ilsottofondo musicale lascia spazio aun breve dialogo tra i due giovaniprotagonisti. Hey Brother è unpromo senza retorica, in cui la bellaconfezione e il montaggio delleattrazioni si coniugano allaperfezione.

BERLINGermania, 2005, 4’11”, musica: Alva Noto eRyuichi Sakamoto, regia: Dienststelle, fonte:Youtube

1Una luce bianca pulsante sufondo nero si sdoppiagenerando altre luci. Berlin è

una sinfonia visiva di bagliori chetraduce la composizione elettronicadel sound e visual artist tedescoCarsten Nicolai (conosciuto comeAlva Noto) e del grande musicistagiapponese in impulsi percettivi, unasorta di flicker film strutturale. Unavariazione sul tema è costituita daun altro clip realizzato da Karl Kliem(Dienststelle) per Noto e Sakamoto,Prototype 6 in cui I bagliori sispandono sempre a intermittenzafino a invadere l’intera inquadratura.

BAGLIORI DI NOTOE SAKAMOTO

MAGICO

IL FILMLA MIA CLASSEDI DANIELE GAGLIANONE, CON VALERIO MASTANDREA, BASSIROU BALDE, MAMON BHUYAN,GREGORIO CABRAL, JESSICA CANAHUIRE LAURA, METIN CELIK. ITALIA 2013Opera civile, politica e felicemente sbilenca, irrisolta, eppure audace, coraggiosa,spudorata nella propria voglia di sbattere la testa contro il muro di tutto quanto lasocietà civile nasconde sotto il tappetto della falsa coscienza, delle buone maniere,dell'impegno di facciata. Gaglianone ha attraversato tutte le fasi della difficilerinascita del nostro cinema, dribblando documentario e finzione, sperimentazione evideo. La mia classe, realizzato in due settimane di riprese, è un film d'urgenza rara,è un «docu-fiction», ossia un film di finzione che accoglie nel proprio tessutoelementi di cinema del reale. Valerio Mastandrea è un maestro che insegna l'italianoa una classe di studenti «extra-comunitari» rendendosi conto della propria lottavana. Gli studenti s'aggrappano a lui come a uno dei pochi barlumi di umanità di unpaese che, invece non ne vuol sapere niente di loro. Il momento della verità giungesotto forma di un permesso di soggiorno non rinnovato. La troupe e il cast sitrovano di fronte a una scelta vitale: continuare o abbandonare tutto? Ed è inquesto snodo che il film di Gaglianone tocca con chirurgica precisione il nervoscoperto del cosiddetto cinema d'impegno civile. Quasi mai il cinema civile italianoè giunto a ragionare a tale prossimità dei limiti dei propri propositi. Gaglianone nonsi fa illusioni, e mostra, letteralmente, le contraddizioni di chi interviene con ilcinema nel reale. Film potente, scabro, severo e dolente. (g.a.n.)

IL NUOVO MALEMENSILE DIRETTO DA VINCENZO SPARAGNAÈ in edicola Il Nuovo Male n.17 (euro2.50) mensile indipendente di satira eidee. In questo numero: l’editoriale«Apocalypse No!» sull’urgenza diaccendere il pensiero e spegnerel’odio, la «Rassegna stampa dei Malipiù diffusi», con i testi curati daCleono Zanzara, «Il Malinteso» diMarino Ramingo Giusti, e «La nuovaspending reviù» del dott. MarianoRafisco. La storia immaginata daAndrea Panzironi, sulla vita di JohnLennon” dopo l’attentato del 1980 incui venne uccisa per errore… Yoko Ono, poi la ricostruzione a fumetti del «Ilfascino dell’uomo dedito alla politica» (di Marco Pinna e Carlo Gubitosa) sullacarriera di Matteo Renzi, una nuova inchiesta sulle religiosi più curiose (il«Maradonismo»), le avventure western dell’eroe italiano «Mario Veramente»narrate da Guido Giacomo Gattai. Al centro della rivista, in omaggio, unospeciale numero di Frigidaire (il 246), che ritorna in edicola dopo quasi un anno,con due racconti di Walter De Stradis e Gianni Tetti, le illustrazioni di PierPaolo Di Mino e Anna Mancini e un’intervista al teorico della singolarità RayKurzweil di Paolo Pontoniere, illustrata da Maila Navarra.

UN CONSAPEVOLEIMPOSSIBILE AMOREMARIA ROSARIA BIANCHI, EDIZIONI NULLA DIEQuando una legge - era il 1978 - mise albando quelle prigioni senza dignità perchi soffriva di disagi mentali che sichiamavano «manicomi» non cancellòdel tutto la struttura coercitiva in sé.Simbolicamente (e realmente) rimaseroin vita gli Opg, ossia gli ospedalipsichiatrici giudiziari che avevano sulleloro spalle già un secolo di esistenza.Ora, aleggia la promessa di una lororiconversione in qualcos’altro, dalprossimo aprile. Una svolta, certo, maper agire e non far cadere nel vuoto malati e medici, bisogna avere una rete e larete è principalmente sociale (dunque, soggetta a volontà politica). L’autrice dellibro «Un consapevole impossibile amore» (Nulla Die, pp.93, euro 11), psichiatra epsicoterapeuta, ha lavorato nell’istituto di Aversa, luogo «per stomaci forti», comedice lei stessa: prova a raccontare la storia di quel palazzo e dei suoiabitanti/internati e lo fa con uno sguardo lucido ed emotivamente partecipe. Il suolavoro nasce dal tentativo di recupero di quella «umanità perduta», uomini e donneche sono nati sani, ma che le relazioni della vita hanno deteriorato fino alla malattiaconclamata e al delitto. Il libro sarà presentato il 24 gennaio, a Roma (ore 20.30),presso l’Officina culturale Via Libera (a. di ge.)

SINTONIE

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(12) ALIAS18 GENNAIO 2014

Canzone che non necessita dipresentazioni, Smells Like TeenSpirit fa conoscere i Nirvana almondo intero, cambiando inpratica per sempre la storia dellamusica pop. Si tratta di unbrano che si potrebbe definire«generazionale» almeno per unavolta nella vita, dato che si trattadella cosiddetta Generazione X,altrimenti nota come «massabrulicante di fannulloni», le cuiispirazioni risultano casuali,pressapochiste e senza senso,come forse ci si potrebbeaspettare. Per cominciare, ilfamoso ritornello «ora siamoqui, fateci divertire» è soloqualcosa di malandrino che ilfrontman Kurt Cobain ama direquando arriva a una festa.Cobain dichiara, altresì, più diuna volta, che la canzone è unpalese tentativo di scopiazzare iPixies, una delle sue rock bandpreferite. La struttura dinamica«morbida, morbida e forte,morbida morbida e forte» vienepresa direttamente dal gruppobostoniano. Ma il titolo delbrano, in apparenza senza sensoo fuori schema (come gran partedel resto della canzone) vienedirettamente ispirato daKathleen Hanna, cantante delleBikini Kill, la cui batteristaTobi Vail esce con Kurt nel periodo in cui scrive Smells Like TeenSpirit. Hanna scarabocchia la frase «Kurt Smells Like Teen Spirit»(letteralmente «Kurt profuma di spirito giovanile») sulla paretedel proprio appartamento, dopo una notte di bagordi, trascorsacon Cobain stesso, per scoprire poi che, al risveglio, Kurt laprende come un complimento per il suo animo ribelle. Lei invecevuole ridicolizzarlo dopo una discussione su anarchia e punk,conclusasi tra alcol e spinelli. La cosa lì per lì passa inosservata:lui non lo sa - e lo scoprirà solo qualche tempo dopo - che TeenSpirit è semplicemente la marca di deodorante di Tobi Vail.Sembra dunque paradossale che il brano destinato a conquistarei cuori e le menti delle ventenni in tutto il mondo si riferiscadirettamente a un prodotto da supermercato per adolescenti.

Un altro songwriter, Michael Sembello, raggiunge il successo come artistacon una canzone che gli consente di vivere di rendita per almeno un paio didecenni: Maniac è il primo singolo dalla colonna sonora del film Flashdance,exploit da box office per un musical all'epoca amato alla follia da pubblico ecritica. Il brano si aggiudica persino il primo posto nella hit del 1983, anno incui le classifiche di Billboard sono affollate da nuove superstar in stile Mtv;Maniac è però in grado di distinguersi per almeno due buone ragioni: ilvideoclip risulta innovativo (tra i primi a utilizzare spezzoni da un film), ilritmo diventa pulsante e l'arrangiamento è efficace grazie ai tonileggermente ambrati. Nominato per un Academy Award rimane ancora,trent'anni dopo, la canzone di una colonna sonora dagli incassi più alti.L'ispirazione per il pezzo arriva dal famigerato Maniac, film horror del 1980per la regia di William Lustig. Sembello e il paroliere Dennis Matkosky sonograndi fan della pellicola, e per questo scrivono per la canzone un testomolto diverso da ciò che vedrà la luce come versione finale. Anche se forsenon si saprà mai il significato autentico della canzone, Sembello rivelapubblicamente che il coro in origine intona: «È un maniaco, maniaco,questo è sicuro/egli ucciderà ilvostro gatto con le unghie allaporta». Phil Ramone, produttoredello score di Flashdance, ascoltail demo e si innamora dellamelodia, ma suggerisceinevitabilmente una modifica deltesto. Il contenuto del brano vienequindi rielaborato per narrare diuna ragazza che è solo «maniaca»per i balli moderni e il resto èstoria. La vicenda occupa ancora ipensieri di Sembello stesso, comesi vede negli extra della riedizionein dvd del lungometraggio.

STORIE ■ CANZONI ISPIRATE DA EVENTI STRANI E INASPETTATI. DAI BEATLES AI NIRVANA

Paul Williams è il songwriter per eccellenza dell'era contemporanea euno dei pochi a vincere un Grammy, un Golden Globe e un Oscar conun proprio canzoniere. È lui il protagonista del Fantasma delpalcoscenico in versione rock ed è lui il «ragazzo» che scrive The RainbowConnection per il Muppet Movie; decine di artisti dai Seventies a oggiregistrano le sue canzonette. Ma la hit che per prima determina la svoltanella carriera è quella composta per i Carpenters nel 1970, che trae laromantica ispirazione da uno spot per una banca. Da perfettosconosciuto nel business, Williams cofirma un jingle di circa un minutoper la Crocker Bank: lo spot affronta il tema del matrimonio con loslogan: «Tu hai una lunga strada da percorrere. Vorremmo aiutarvi aintraprenderla». Il jingle ottimista di Williams di fatto è in pratica il primominuto della canzone che alla fine scriverà, cercando un protagonistamaschile vocale. La neonata band formata dai fratelli Richard e KarenCarpenter, visto lo spot, conquistata dalla melodia, chiede che Williamsscriva una versione allungata per poterla registrare come TheCarpenters. Nel luglio del 1970, i due ottengono il primo hit con unromantico vocalismo in (They Long to Be) Close to You di Burt Bacharach

e, tre mesi dopo, Williamsrielabora il jingle bancario in We'veOnly Just Begun per farlo diventareil secondo grande successo del duodel Connecticut, che si piazzasecondo in classifica. Il successodel brano permette un balzo inavanti alla carriera di Williamsmedesimo e, in aggiunta agli onoridi cui sopra, non solo vieneinserito nella Songwriters Hall ofFame nel 2001 ma, otto anni dopo,è addirittura eletto Presidente dellaAscap, maggior organizzazioneprofessionale di autori di canzoni.

Brani nati in circostanzeinsolite e diventativere e proprie hit mondialiper ragioni fortuite.Pezzi che hannocontribuito a dare famaad artisti semisconosciutie a lanciare stili e generi

di GUIDO MICHELONE

C'è una sequenza nel film Totò a colori (1952), in cui il comico napoletano, nelle vesti di un improbabilecompositore avanguardista, incarna i più frusti stereotipi dell'ispirazione musicale: la mattina, appena sveglio, aprela finestra che dà sul giardino, ascolta i fringuelli cinguettare su un ramo fiorito, quindi si siede al pianoforte e simette a scrivere sullo spartito le note «rubate» agli uccellini. Scardinando questi paradossi che di propositoridicolizzano i cascami arcadico-romantici che ancora, negli anni Cinquanta, ammantano gli ideali del musicistadotto, il rock da allora a oggi si nutre di ben altre fonti per l'immaginario creativo, guardando con occhi smaliziati lacruda realtà odierna, spaziando, a livello di contenuti letterari, tra gli argomenti più futili, banali, scabrosi che sipossano pensare. Ecco dunque un campionario di dieci brani ispirati da eventi strani, inaspettati, talvolta incredibilio inverosimili, grazie ai quali si arriva a grandissimi successi mondiali, nonostante il pragmatismo delle situazioni.

Successo per caso.Dieci pezzi facili

Nile Rodgers è una leggendamusicale. Dopo un «viaggio» didue giorni con Timothy Leary, èricoverato nello stesso ospedaledi un altro celebre artistatossicodipendente, AndyWarhol, e appena uscito si trovaa duettare in jam session conJimi Hendrix. Poi oltre suonarela chitarra e comporre per ilquartetto Chic (una delle banddi culto della discomusic)diventa un produttore assaiinfluente per artisti pop delcalibro di David Bowie eMadonna; ma non è sempreuna leggenda, come insegna lagenesi di uno dei brani piùillustri degli stessi Chic. GraceJones, cantante, attrice e

modella, una sera invitaRodgers e Bernard Edwards (suosodale nella band) a fare duesalti in discoteca, allo Studio 54di New York, locale noto comela «Grand Central Station delledroghe». Vi arrivano dalla portasul retro su indicazioni della

Jones, perché l'ingresso ufficialeè a loro negato dall'usciere. Piùtardi si intrattengonoamichevolmentenell'appartamento di Rodgersed è lì che improvvisa il riff di LeFreak e lo slogan «Awwwww,fuck off!», diretto allo Studio 54in generale e al buttafuori inparticolare. Rendendosi contoche stanno scrivendo unagrande canzone, ma che non haalcuna possibilità di esseretrasmessa in radio, Rodgersprende in prestito una frasegergale usata per tra chi facevauso di lsd: «Freak Out!»rimpiazza la parolaccia e lacanzone è pronta. Le Freakdiventa subito un hit da primoposto in classifica e rimane unfunky/disco classico: il tuttograzie a un «gorilla».

SMELLS LIKE TEEN SPIRIT

WE’VE ONLY JUST BEGUN

LE FREAK

MANIAC

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(13)ALIAS18 GENNAIO 2014

È un segreto di Pulcinella che larock band più famosa di tutti itempi sia po' svitata o pazzerella,a cominciare da John Lennon,desideroso, con sincera passione,di lasciare un profondo segnoumoristico, declinandolo inpratica in tutto ciò che realizza,dalle canzoni ai gesti, dai raccontiai disegni. Il brano trainante diAbbey Road, il canto del cignoper i quattro (Let It Be usciràdopo, sebbene fu registratoprima) è Come Together, cherisulta una composizione suigeneris, dal testo quasiimpenetrabile che inizia con unafrase rubata, parola per parola, aun rock’n’roll di Chuck Berry(«Here come ol' flat-top»). Mentrei versi sono liberamentedisseminati di termini fuoricontesto e frasi senza senso, ilcoretto implora: «Venite insieme,proprio ora, su di me»; sembraquasi un grido di battaglia fuoriluogo in una lirica messa insiemeda non-sequitur, ovvero damancanza di logica; ma c'è unabuona ragione per tutto ciò: gridodi battaglia è quello che lacanzone in origine vuole essere.Come Together risulta infatti loslogan della campagna sull'lsd daparte del teorico Timothy Leary,che entra in competizione conRonald Reagan nel 1970 per le elezioni a governatore della California.Lennon, ovviamente un fan convinto dell'acido lisergico, invita Leary econsorte al «bed- in» di Montréal, dove assieme a Yoko Ono staprotestando, dal letto di un albergo, contro la guerra in Vietnam.Timothy allora chiede a John di scrivere una canzone a tema per lacampagna politica utilizzando proprio tale slogan. Lennon ne esegueuna prima versione in un paio di stazioni radio californiane, ma non sene fa nulla, e decide quindi che in realtà utilizzerà la musica in altromodo. Grazie a un aumento del ritmo che si fa più sinuoso e alla lineafunk del basso di Paul McCartney, il missaggio in studio porta a esiticonvincenti per Come Together, così da farla inserire in apertura diAbbey Road. E in seguito Lennon avrà più volte modo di dichiararecome Come Together fosse una delle sue canzoni preferite...

Benché si presentino come paladini del «bayourock» o «swamp rock» i Creedence ClearwaterRevival non vengono affatto dalla Louisiana o dazone limitrofe: il gruppo è di Bakersfield,California. Il cantante e autore John Fogerty dallavoce roca e sporca aiuta a «vendere» canzoni (daBorn on the Bayou a Green River), che, pur vicinealla musica delle paludi, nascono da un luogod'infanzia nei pressi di Winters (California), dove

John e il fratello Tom (chitarrista)si ritrovano di frequente. Tuttavianon esiste Green River inCalifornia e nemmeno inLouisiana. Il titolo della canzonenon proviene da un fiume reale,ma da una marca di bibite(inventata nel 1919) che Fogertyricorda sin da bambino. Inun'intervista del 1993, a RollingStone, John rivela: «Ci sono questebottiglie: il mio gusto preferito èchiamato Green River. È di coloreverde, aromatizzato al limone, ebasta prendere un bicchiere,tirare fuori del ghiaccio, versareun po' di sciroppo e dell'acquafrizzante, e si ha un autentico’fiume verde’». Questa bevanda,venduta anche in lattine, nascedurante il proibizionismo e perun bel po' di tempo negli StatiUniti è seconda in popolarità soloalla Coca-Cola; viene ancorarealizzata come soft drink,nonostante l'assenza di pubblicitàtelevisiva: «Come on home toGreen River» («Vieni a casa aGreen River») sarebbe un jingleimpressionante.

I Beatles sono all'epoca ragazzimolto irriverenti, e anche quelloin apparenza più serio, ilchitarrista George Harrison,risulta in realtà incline a eccessi,stravaganze e smargiassate. Notoper essere un autore di secondafascia nel gruppo (di sicuro dietroLennon e McCartney) e firmatariodi massimo due canzoni peralbum (un’impasse che provocòuna gigantesca reazione con iltriplo album solo All Things MustPass appena dopo lo scioglimentodella band), le abilità compositivedi Harrison emergono nel corsodel 1966, quando un suo branoarriva ad aprire (e connotare) unodei migliori album dei Fab Four,Revolver. La canzone, Taxman, ha

un soggetto letterario che vadritto al cuore di tutte le rockstaringlesi del tempo: la sconcertante«supertax», un’imposta sulreddito che andava a toccare gliintroiti milionari degli artistibritannici più celebri. Unafabbrica di soldi come i Beatlesnon poteva quindi sfuggire allascure del governo, che imposeuna tassa del 95% per cento suiloro introiti: non a caso, tra imusicisti, nascono decine di«esuli fiscali» che lavorano inGran Bretagna ma vivono inpaesi dove le leggi fiscali sonopiù favorevoli. Al «sopruso»Harrison rispose con questacanzone il cui incipit mettesubito in chiaro il pensiero,«Lasciati dire come andrà/Unoper te, diciannove per me/Perchésono l'uomo delle tasse», mentrei cori non vanno tanto per ilsottile e chiamano in causa, pernome, il leader del partitolaburista Harold Wilson e quellodei conservatori Edward Heath.Tuttavia la genesi musicaledella canzone è tanto semplicequanto stupida: Harrison è ungrande appassionato dello showtelevisivo Batman, e il leitmotivispira direttamente lacomposizione.

Bill Backer dirigente del settore pubblicitariodella Coca-Cola ha un'ispirazione geniale inattesa di un volo in ritardo fra Stati Uniti e Irlandanel gennaio del 1970. Osservando in un bar icittadini della verde isola ridere per le amenitàsulle bottigliette della celebre bibita gassata,comincia a vedere il prodotto che devereclamizzare non come una bevanda dolcearomatizzata, bensì alla stregua di un legamecomune tra la gente del mondo. Il lampo creativodi Backer conduce al famoso spot «in cima allacollina» con il jingle »I'd like to buy the world a

Coke» (Mi piacerebbe comprare una Coca-Cola nel mondo), una lirica che Backerscribacchia su un tovagliolo, mentre è seduto in quel caffè in attesa dell'aereo. Lo spotdiventa così incredibilmente popolare (dal novembre 1971 la Coca-Cola riceve 100milalettere di complimenti) che la gente chiama le stazioni radio chiedendo di ascoltare laversione completa del jingle; dato che ancora manca una versione definitiva, l'aziendadecide di convocare un gruppo di autori per scrivere un testo esaustivo. Arrivanoquindi due differenti versioni: la prima da un gruppo di musicisti di studiosoprannominato The Hillside Singers, la seconda dalla nota folk band The NewSeekers, che ottengono rispettivamente il tredicesimo e il settimo posto nelle classifichedi Billboard con il brano I’d Like to Teach the World to Sing (senza riferimenti alla Cokenei testi). Decenni più tardi, l'annuncio sonoro è costantemente monitorato tra i piùpopolari e influenti di ogni tempo, addirittura lo spartito dell'azzeccato jingle di Backercontinua a vendere bene in tutto il mondo.

WALK THIS WAY

Nel 1986 il rap è ancoraconsiderato una moda passeggeranella maggior parte del mondooccidentale. Dopo due album chediventano un punto di riferimentoper un nuovo modello sonoro edestetico nella musicaafroamericana, i Run-Dmc, trioproveniente dal quartiere Queensdi New York, sono sul punto didiventare artisti internazionali, mail loro terzo album, ilmonumentale Raising Hell, mancadi un singolo che spacchi. Neldecennio precedente l'apertura didue battute alla batteria sul ritmodi Walk this Way degli Aerosmith

era stata alla base di molti rap.Quella battuta mid-tempo eraperfetta per rapparci sopra e iRun-Dmc accarezzano l'idea diutilizzare queste cadenze per unbrano del loro nuovo album. Ilproduttore Rick Rubin suggeriscecosì di farne una cover. Congrande disappunto della band (chenon ha idea di chi siano gliAerosmith, non conoscono lacanzone e, al primo ascolto, larespingono come «hippieincomprensibile»), Rubin invita ilcantante Steven Tyler e ilchitarrista Joe Perry degliAerosmith a collaborare, fino aconcordare diversi punti assieme.Il risultato catapulta i Run-Dmcnello star system mondiale,resuscitando altresì la carriera unpo' flaccida del gruppo hard rock:Walk this Way può essereconsiderata come la canzone cheha dato fama e importanza a ungenere musicale di nicchia come ilrap, e il tutto grazie all'idea, alloraradicale, di un'interazione fra duesonorità molto diverse tra loro.

Al centro un’immagine dei Beatles nel periodo di «Abbey Road»; in pagina 12 dall’alto in basso: The Carpenters,Nirvana e gli Chic; in pagina 13: Run-Dmc, Mark Knopfler dei Dire Straits e i Creedence Clearwater Revival.Nei riquadri le copertine dei dischi di cui si parla nell’articolo

TAXMAN

GREEN RIVER

Il testo Money for Nothing, successone dei Dire Straits, sembra cantatodalla prospettiva di un fattorino che consegna elettrodomestici(«Dobbiamo installare forni a microonde/Consegne di cucine sumisura/Dobbiamo spostare questi frigoriferi/Dobbiamo spostarequeste tv a colori» dice il ritornello) che non è esattamente unarigogliosa fonte ispirativa per gli autori di brani rock. Considerando ilsentimento generale del testo - che le rockstar sono ricche e pigre esoprattutto che vengono pagate con oscene quantità di denaro perqualcosa che anche una scimmia potrebbe fare - Money for Nothingpuò essere considerato uno dei pezzi più ironici mai scritti nella storiadella popular music. Il cantante, chitarrista e compositore MarkKnopfler in realtà inizia la lirica proprio in un negozio dielettrodomestici, sulla base di una conversazione tra due dipendenti,che intercetta per caso. Molte espressioni di tale dialogo restanoinalterate nella canzone, quasi riprodotte parola per parola, mentre icommessi stanno guardando alcuni videoclip su Mtv; Knopfler in talsenso pensa che la loro lingua suoni «più reale» rispetto a ciò chepotrebbe scrivere in merito: «Guardali gli yo-yo/È il modo in cui lo

fai/Suoni la chitarra suMtv/Questo non è lavorare/È ilmodo in cui lo fai/Soldi a palate efighette gratis». Grazie al testodivertente e per nullaconvenzionale e grazie allavideo-animazione digitalizzata(una delle prime grazie alsupercomputer Cray MP- 1) egrazie soprattutto a un riff dichitarra tra i più focosi del rock, lacanzone sale vertiginosamente edirettamente alla posizionenumero uno delle classifichemondiali, diventando una rocksong popolarissima. Così i duecommessi del negoziolamentandosi della vita e di comesia facile essere miliardari per lestelle della musica, non siaccorgono che proprio una riccarockstar sembra essersiappollaiata lì vicino per origliare laconversazione e per sublimarlaprontamente in testo da top tenche vale esattamente un trilione didollari, risultando un best sellerepocale in un decennio che vedela concorrenza di Thriller o PurpleRain, nonché degli album diBruce Springsteen o Madonna. Lamorale della favola? Mai parlarmale delle rockstar in pubblico,non si sa mai se qualcuno allespalle è già pronto a scrivere ilprossimo tormentone.

MONEY FOR NOTHING

I’D LIKE TO TEACH THE WORLD TO SING

COME TOGETHER

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(14) ALIAS18 GENNAIO 2014

di WILMO MODONI

Poco più di dieci anni fa, settembre2003, moriva Warren Zevon. Il 30ottobre dell’anno prima si erapreparato l’uscita col botto. Ospitenello show dell’amico DavidLetterman confessa di averscoperto che un cancro gli lasciapoco da vivere. Nello studiotelevisivo esegue una manciata dibrani e soprattutto non mostraalcuna reticenza a discutere dellamalattia nei dettagli, sfoggiandol’ironia che da sempre è il suomarchio di fabbrica. Lettermanchiede se questa condizionedrammatica gli abbia rivelatoqualcosa sulla vita e sulla morte.Warren esplode con una massimasurreale, diventata subitoleggenda: «Enjoy every sandwich»(godetevi ogni panino).

Era un tipo così, Warren Zevon.Ha annotato Riccardo Bertoncelliche non era un grandissimo, ma untizio speciale. Di preparazione ecultura assai ampia e consistente,possedeva una marcia in piùrispetto alla media dei rocker«classici». Chi si fosse trovato a casasua a curiosare sui ripiani dellalibreria avrebbe trovato i volumi diNorman Mailer e T.S. Eliot, mentrenel reparto dischi Mahler eStockhausen dividevano lo spaziocon Van Morrison, i Byrds e i Clash.

Come ha rilevato Riccardo Turra«non affidandosi a trucchid’avanspettacolo o fondali dicartone, per le sue storiepreferiva indagare sul campo gliaspetti romanticamenteavventurosi della realtà,raggiungendo una feliceconvivenza tra la scritturapianistica, una formazioneclassica che nell’ambito è mercerarissima e un rock viscerale,profondamente emotivo anchenelle pagine più pungenti». Tuttoforse per cercare di tenere a badauna congenita insicurezza e variemanie, sopite anche grazie a unumorismo sulfureo, alcol a fiumie donne fatali.

Figlio di un giocatore d’azzardo diorigine ucraina intrallazzato col boss SamGiancana e di una fervente mormone, gli«affari» del babbo spingono la famiglia daChicago alla California. Il giovane Warren,incoraggiato dalla madre, dedica le ore cheavanzano dal surf alle lezioni di musica,con maestro nientepopodimenoche IgorStravinskij. Dopo il divorzio dei genitoriabbandona la scuola e parte per New York- leggenda vuole - al volante di un’autovinta al gioco e regalatagli dal padre. Dopouna breve parentesi a strimpellare lachitarra nei locali del folk revival alloraimperante sulle rive dell’Hudson, scampatoil Vietnam fingendosi mentalmentedisturbato, Warren torna a Los Angeles

dove trascorre la seconda metà dei Sixtiesfacendosi le ossa con jingle pubblicitari esession, con canzoni scritte per JackieDeShannon e i Turtles (sua Like theSeason, lato b di Happy Together). Nelfrattempo incrocia Jackson Browne, chepiù tardi diverrà il suo nume tutelare, eKim Fowley, compositore e produttore chevanta collaborazioni da Cat Stevens aFrank Zappa.

Un giorno Warren alza la cornetta persentire Fowley chiedere, testualmente, «seè pronto a farsi un sacco di ragazzine ediventare ricco». È insomma giunto ilmomento di incidere il primo lp. Firmatoun contratto con la Imperial, esce nel 1969Wanted Dead or Alive. Zevon, che sullacopertina appare come un Andy Warhol

etero e fashion, ripudierà sempre il lavoro.Appaiono qua e là barlumi delle suepotenzialità, (Tule’s Blues e A Bullet forRamona) ma il risultato generale è unarrabattarsi incerto tra blues, country erock. Le vendite inesistenti rinviano a datada destinarsi un secondo lavoro, intitolatoLeaf in the Wind.

Gli anni a seguire vedono Zevonspuntare un ingaggio con gli EverlyBrothers, di cui diviene pianista earrangiatore. I primi anni Settantatrascorrono in giro per Stati Uniti edEuropa di fronte a platee di nostalgici deifratelli Everly, flirtando con l’alcol escrivendo canzoni. Dopo un arresto perubriachezza e un’estate trascorsa inSpagna, al rientro in patria l’amico JacksonBrowne fa trovare un contratto con laAsylum e una sala registrazione presenti iFleetwood Mac al gran completo, DavidLindley, Bonnie Raitt, Glenn Frey e DonHenley, insomma la creme della scena

californiana. Anche senza tutte questecelebrità Warren Zevon resterebbe unameraviglia. Anzi. La sua scrittura è lontanaanni luce dalle superfici lucide e patinatedelle produzioni di Eagles e FleetwoodMac, abrasa com’è da sangue, bile e«fegato spappolato». Il cuore amaro deldisco è palpabile, nonostante l’aperturacon una celebrazione sbarazzina dellacoppia di ladri più famosa del West (Franke Jesse James). La scena è infatti subitorubata da storie torbide di magnacciaambiziosi (The French Inhaler), drogatitex-mex (Carmelita), morti-viventi fuori ditesta (I’ll Sleep when I’m Death) un anticipodi Steve Earle (Mama Couldn’t BePersuaded) ed elettrizzanti rock venati dir&b (Poor Poor Pitful Me, Join’ Me in L.A.).

Il culmine è raggiunto dallacinematografica Desperados underthe Eaves, con una melodia sorrettadagli archi e il testo su unalcolizzato. La critica è subitoentusiasta (il pubblico rimaneinvece più tiepido) di questo pugnodi canzoni scure puntellate da uninsolito e sofisticato sensomelodico.

Due anni dopo, nel 1978, ormailanciato nel seguire Francis ScottFitzgerald a spegnersi nel fondo diun bicchiere (la stampa loribattezza Scott Fitzevon), Warrensforna Excitable Boys, suo apiceartistico e commerciale. Trainatodall’hit Werewolves of London ildisco entra nella top ten, con unamezz’ora fulminante di canzonidegne di un Jack lo Squartatore infuoriserie. Sempre affascinato dagliantieroi sanguinari, Zevon scrive,con la verve di un brillante scrittorepulp, di assassini psicopatici (latitle-track), mercenari decapitati(Roland the Headless ThompsonGunner), ricchi rampolli finiti neiguai (Lawyers, Guns and Money).Non mancano un lento di grandeintensità su un amore finito(Accidentally like a Martyr), lalatineggiante Veracruz e la serena,discreta Tenderness on the Block.

Raggiunto l’apice con ExcitableBoys, Warren Zevon prosegue traalti e bassi (sempre comunque suun livello medio più che dignitoso)con altri nove lp. Tra le cose migliorii due live, Stand in the Fire al calorbianco con un quartetto di oscurimusicisti del Colorado e Learning toFlinch, unplugged e solitario. E poiSentymental Hygiene, realizzato conla collaborazione di tre quarti deiRem, il concept Transverse City daltaglio ciber-punk e, all’inizio delmillennio, il solido e spartano Life’llKill Ya.

Ma siamo ormai ai titoli di coda.Nel 2002 poche ore prima di saliresul palco all’Edmonton MusicFestival è preda di capogirifortissimi. Le analisi non lascianoscampo: mesotelioma al polmone,il cancro incurabile da amianto cheha ucciso anche Steve McQueen. Ètempo dell’ultimo lascito, discrivere canzoni per un disco chesia pure testamento. In molti gliconsigliano di lasciar perdere ededicarsi completamente alle cure.Ma Zevon non è tipo da chiudersiin se stesso. «Non voglio scapparedalla vita» confida all’amico Jorge

Calderon, «ciò che voglio finché sono vivoè scrivere musica e fare dischi». Godersiogni panino, ossia ogni singolo attimo.

L’eredità finale si intitola The Wind, unasventagliata di ballate strappacuore, conuna cover impressionante di Knockin’ onHeaven’s Door e duetti trascinanti (Disorderin my Life con Springsteen e The Rest of theNight con Tom Petty). È un colpo damaestro definitivo, struggente e ironicocome solo lui poteva fare. D’altra parte nonci si sarebbe potuto aspettare di meno dauno che non ha mai perso il propriohumor caustico. Sempre al LettermanShow, rispondendo alla domanda se causala malattia avesse timore di non riuscire aportare a termine il disco, rispose così:«Male che vada farò un Ep».

CIBO ASSASSINOdi FRANCESCO ADINOLFI

Un documentario - uscito anche in dvd- imperdibile. Racconta il soul food, ilcibo consumato da un’ampia parte dellacomunità afro-americana. Si intitola SoulFood Junkies e il regista è Byron Hurt.Racconta come stinchi di maiale, pollofritto, cavoli stra-ripassati, uova

strapazzate condite con cascate diformaggio, dolci e biscotti stracarichi diburro, siano da un lato il segno diresistenza culturale di una comunità edall’altro uno dei suoi nemici piùinsidiosi. Soul food, il cibo dell’anima, èun’espressione coniata negli anniSessanta, utilizzata dai militanti deidiritti civili e dal Black Power.Rimandava a cibi poveri, scarti delpadrone bianco rielaborati e

ipercaloricizzati per resistere allefatiche dei lavori nei campi. Purtroppouccide. Non a caso negli Usa leprobabilità di infarto tra i neri prima dei75 anni sono due volte maggioririspetto ad altri gruppi etnici. Ildocumentario sensibilizza sul fatto chesia necessario rivedere modi e stiligastronomici, che sia necessarioricorrere a verdure, che sia importantesfidare l’apartheid del cibo che in alcune

RICORDI ■ AMICO E COLLABORATORE DI JACKSON BROWNE, SPRINGSTEEN E TOM PETTY

RITMI

Sandwich al rock,l’eredità di Zevon

Dieci anni fa morivail musicista losangelino.Dal debutto del 1969, subitoripudiato, al canto del cigno,«The Wind», uscito pochi giorniprima della sua scomparsa

In questa pagina treimmagini del musicistalosangelino WarrenZevon, scomparso nelsettembre del 2003

Page 15: Il Manifesto Alias - 18.01.2014

(15)ALIAS18 GENNAIO 2014

The VirginsSerate indie rock con la giovane bandnewyorkese.Milano VENERDI' 24 GENNAIO (LO FI)Roma SABATO 25 GENNAIO (ATLANTICOLIVE)

Stephen Malkmus& The JicksIl chitarrista e cantante dei Pavementcon il suo side-project presenta ilnuovo album, Wig Out at Jagbags.

Milano GIOVEDI' 23 GENNAIO (TUNNEL)Bologna VENERDI' 24 GENNAIO (COVO)

Geoff FarinaL’ex leader dei Karate in versionesolista.Roma MERCOLEDI' 22 GENNAIO (INIT)Firenze GIOVEDI' 23 GENNAIO (TENDER)Bologna VENERDI' 24 GENNAIO

(FREAKOUT)Varazze (Sv) SABATO 25 GENNAIO(RAIN DOGS)

Bocephus KingL'artista canadese passa dal bluesall'indie rock e al folk.Saint Cristophe (Ao) SABATO18 GENNAIO (ROCK'N'ROLL)Poggio Berni (Pg) DOMENICA19 GENNAIO (CIRCOLO DEI MALFATTORI)Roma MARTEDI' 21 GENNAIO (BIG MAMA)Livorno MERCOLEDI' 22 GENNAIO(AURORA)Lugagnano di Sona (Vr)GIOVEDI' 23 GENNAIO (IL GIARDINO)Vicenza VENERDI' 24 GENNAIO(BOCCIODROMO)Livigno (So) SABATO 25 GENNAIO(MARCOS PUB)

Iced EarthMetal da Tampa, Florida.Romagnano Sesia (No) GIOVEDI'23 GENNAIO (ROCK'N'ROLL)

BombinoIl desert blues del chitarrista tuaregOmara «Bombino» Moctar.Firenze SABATO 18 GENNAIO (FLOG)

Vincent Peirani& Ulf WakeniusIl duo fisarmonica e chitarra per laprima volta in Italia.Avellino SABATO 18 GENNAIO(SENZATEMPO)

Monza DOMENICA 19 GENNAIO (TEATROVILLORESI)

Dream TheaterIl supergruppo annovera grandi nomie propone un rock prog virtusistico.Assago (Mi) LUNEDI' 20 GENNAIO(MEDIOLANUMFORUM)Firenze MARTEDI' 21 GENNAIO (OBIHALL)Roma MERCOLEDI' 22 GENNAIO(PALALOTTOMATICA)Padova GIOVEDI' 23 GENNAIO (GRANTEATRO GEOX)

General LevyIl ragga mc inglese in Italia.Firenze VENERDI' 24 GENNAIO (FLOG)

Laurel HaloLa musicista elettronica statunitensesuona nel capoluogo emiliano.Bologna VENERDI' 24 GENNAIO(LOCOMOTIV)

OvalUna data per l'elettronica delprogetto teutonico.Marostica (Vi) DOMENICA19 GENNAIO (PANIC)

Virginiana MillerIl ritorno dal vivo della band livornesecoincide con la pubblicazione del lorosesto album, Venga il regno.Grosseto SABATO 18 GENNAIO (TEATRODEGLI INDUSTRI)Roma VENERDI' 24 GENNAIO (BLACKOUT)

PerturbazioneIndie-rock e canzone d’autore nelsound della band di Rivoli.Roma SABATO 18 GENNAIO (BLACKOUT)

Boxerin ClubDue date ravvicintae per la giovane epromettente indie rock bandcapitolina.Roma SABATO 18 GENNAIO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)

Avellino VENERDI’ 24 GENNAIO (WHYNOT)Napoli SABATO 25 GENNAIO (GEORGEBEST)

DiaframmaIl ritorno sulle scene della band newwave fiorentina, capitanata daFederico Fiumani.Sestri Levante (Ge) SABATO18 GENNAIO (RANDAL)

aree urbane più povere determinal’affermazione di discount infimi el’impossibilità di scegliere. Tra imaggiori sostenitori del soul food c’eraLouis Armstrong (foto, a tavola a Romanel ’52), patito di stinco di maiale efagioli rossi. Lo racconta in Satchmo: MyLife in New Orleans, l’autobiografia.Scrive: quello è il mio «marchio difabbrica» e: «nelle lettere mi firmo:Fagioli rossi e risottosamente tuo».

INDIPENDENZESWING

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPALUCIANO DEL SETTEVIOLA DE SOTOGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESEGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

Che il jazz sia stato, come ha dettoqualcuno, «spina dorsale musicale» delsecolo che ci siamo lasciati alle spalle èverità ormai innegabile pressoché pertutti. Il gusto personale, poi, è altrodiscorso. Ma tant'è. Che invece si trattiancora di stabilire il giusto peso di unarivoluzione non solo musicale, maculturale in senso pieno è ancoraquestione dibattuta, o meglio, argomentoda investigare in profondità. A costo dispingersi anche assai lontano, in territoridove qualcuno stenterebbe a crederepossano estendersi le (metaforiche) lifedel jazz. Ad esempio nel mondo delmercato. Frank J. Barrett, professore dimanagement a Monterey, California, èuno che ha titolo per parlare di jazz:pianista di buon livello, fa anche partedell'Orchestra Tommy Dorsey, inricordo di un grande della Swing Era.Adesso esce tradotto anche in Italia il suonotevole Disordine armonico/leadership e jazz (Egea edizioni): iltitolo fornisce già buone indicazioni sulsorprendente contenuto, ossia come leperformance dei buoni jazzisti abbiano ache fare con i risultati di chi, in azienda, ècapace di sfidare lo status quo,aumentando il tasso di creativitàpersonale, e al contempo stimolandomotivate energie nella squadracomplessiva al lavoro. Nessun titano dellatromba o del sassofono, come nessunbuon manager vola senza chi ne sappiasostenere le ali, insomma. Letturastimolante, dunque, ma che paga un po' loscotto del vedere la storia del jazz comeun caso di «solisti con accompagnatori»,piuttosto che un gioco di mobiliindipendenze ed interdipendenze, comediceva Steve Lacy. In apertura un fittodialogo tra Paolo Fresu e SeverinoSalvemini, economista che molto sa diorganizzazione aziendale. Una specie divalore aggiunto al libro.

¶¶¶Di indipendenze ed interdipendenze siparla molto, e bene, in un libro capitalefinalmente disponibile anche in italiano,Quattro vite jazz (Minimum Fax), delpoeta e intellettuale nero A.B. Spellman. Iltesto è del lontano 1966, ma restapalpabile ed emozionante la tensionecritica con la quale si tratteggiano vite epoetiche di quattro figure cruciali e pernulla accomodanti nella storia delle notenere: Ornette Coleman, Cecil Taylor,Jackie McLean, Herbie Nichols. L'ultimomusicista citato è a tutt'oggi poco più cheun nome mitico e sconosciuto anche algrande pubblico jazzistico, già di per sédiseducato ad essere un po' diffidente neiconfronti del jazz non canonico: motivo inpiù per tornare a frequentare questepagine. Al testo sono stateopportunamente preposte le varieprefazioni e introduzioni succedutesi neglianni, l'ultima delle quali esplicitamentescritta dall'autore per il pubblico italiano.

La formula consueta del trio jazz conpianoforte, secondo molti un po' logoracon l'avvicendarsi dei decenni, rivelainvece sempre nuove prospettive.Magari non più rivoluzionarie, con ilvertiginoso approfondimento dei codiciestetici, ma sempre degne di nota.Come quelle dell'Amato Jazz Triosiciliano dei tre fratelli Elio, Alberto eLoris. Un solo standard, da Ellington, inGliss Man (Abeat), tutte composizioni. Ilpianismo di Lelio Amato, a volteasciugato fino all'essenziale, implacabilenello scavo armonico e ben coadiuvatoriesce a sorprendere piacevolmente, e aregalare molta passione e emozioni. Ildecano del jazz Enrico Rava ha fornitole note di copertina per il primo disco asuo nome del pianista AndreaZanzottera, in quartetto, con un beltitolo, Viaggio nelle memorie disponibili(Orange Home Records). Temiintensamente lirici, ricchi di pathos,diteggiatura matura coadiuvata allaperfezione dai sassofoni di StefanoGuazzo e dalla ritmica. Parole applicabilianche al Trio di Gianluca Di Ienno inThese Days (Abeat): ospiti Bebo Ferra eSimona Parrinello. (Guido Festinese)

Lungo il Novecento (e oltre) la figura delcompositore/pianista caratterizza moltaletteratura sonora, al punto che le dueesperienze spesso si sovrappongonocome nel caso di Francesco Grillo inFrame (Sony), ultimo arrivato tra gliautori/performer che non potrebberoesistere senza i precedenti delle pianoimprovisation di Keith Jarrett. Grillo ha lastoffa dell’artista che coltiva spartito ealea, con uno stile à la page, privo dieccessivi languori o inutili romanticherie.Chi purtroppo non suona più lostrumento per motivi di salute è ilGiorgio Gaslini di Piano Works(Stradivarius) che per la prima volta affidaa un giovane collega (Alfonso Alberti) lepartiture tastieristiche, che, accanto allaproduzione sinfonica, rappresentano ilcoté classico di un jazzman autentico. Mala vera sorpresa è, interpretato daGiampaolo Nuti, il Samuel Barber(1919-1981) di Souvenirs & Recollections(Stradivarius), a torto ritenuto un merotradizionalista, mentre si tratta di unneoclassico innovativo, capace di scriverecon grazia mozartiana, spingendosi versoun melodismo perlopiù assente tra i suoicontemporanei. (Guido Michelone)

JAZZ

Vertiginosicodici estetici

LIVE

A Perfect Circletra le rocce

COMPOSITORI

Gaslini, un pianoper il Novecento

MUSICA DA CAMERA

L’anima virtualedi Hildegard

AMATORSKITBC (Crammed/Materiali Sonori)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Con colpevole ritardosegnaliamo il primo disco di una bandbelga che la rivista Les Inrockuptibles hadefinito «di gran classe, raffinata,delicata, melodica». E non si può cheessere d’accordo dopo aver ascoltatoquesti cinque giovani musicisti chesanno trovare il giusto passo pernon ammantare di banalità laconvivenza tra acustica ed elettronica,per tenere fuori da ogni accennoruffiano il significato dell’aggettivo«melodico». (l.d.s.)

DINO BETTI VAN DER NOOTTHE STUFF DREAMS ARE MADE ON(Incipit/ Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ La citazione testuale daShakespeare è un buon viatico perquesta undicesima prova compositivae orchestrale del Maestro Dino Betti:come nel Bardo convivono estremadolcezza e abissale malinconia,impegno e coscienza della vanità, cosìil jazz di Betti (come saggiamentenotato da Fayenz e Mannucci nellenote) vive di consapevolezza delleorigini e affondi nel presente, in unequilibrio di rado toccato, in Italia, fraimprovvisazione e partitura. Consolisti ai limiti d'eccellenza, e unrespiro ampio e maturo che nobilita iltutto. (g.fe.)

CHRIS ECKMANHARNEY COUNTY (Glitterhouse Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Eckman prosegue la suastrada, immortalando l'attuale uscitadiscografica con una cover dedicata aipaesaggi meravigliosi e infinitidell'Oregon. Harney County ècantautorato statunitense che portacon sé i molteplici interessi chel'autore ha esplorato con la propriamusica nel corso degli anni. Un discoquasi di sintesi, elaborato con gusto econsapevolezza del mezzo. Equilibrio,capacità di narrazione e cose daraccontare. Ottimo. (g.di.)

RONALD ISLEYTHIS SONG IS FOR YOU (Notifi)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Gli Isley Brothers sono statiuno dei gruppi vocali americani diriferimento per i musicisti soul dellegenerazioni successive. Ora Ronald -il terzo dei fratelli - ritorna (si è fatto26 anni di carcere per evasione...) atre anni dal suo esordio solista, conun altro album di brani inediti che simuovono su coordinate mid tempoalternati a ballate soul. Maarrangiamenti svogliati (tastiere epattern in sovrabbondanza) e unapenna poco ispirata non rendonogiustizia alla voce dell'artista. (s.cr.)

NAGAVOGLIE DIVERSE (Autoprod.)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Bell'intreccio di esperienze einfluenze questo disco d'esordio dellaband milanese dei Naga. Una voce,quella di Lela Cortesi, potente e benimpostata, che riesce a conferire alpop noise proposto dall'ensemblelombardo alcuni rimandi alla culturaorientale. Una band interessante,seppur ancora poco matura, chepotrebbe essere destinata araccogliere consensi anche al di fuoridel circuito indie. (v.d.s.)

NEW YORK VOICESLET IT SNOW (Five Cent Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Pubblicato in tempi nonsospetti (settembre), dunque primadella dicembrina valanga di nuovidischi sui canti natalizi, questo albumsi fa apprezzare per una venaautenticamente jazzy che rilegge inchiave vocalese (e con qualcheimprovvisazione scat) un repertorioconsolidato, ma non banale, arrivandoa realizzare, sempre in jazz, unaballata rinascimentale e lo Sleepers,Wake! del sommo Bach. (g.mic.)

UNMAPPRESSURES (Sinnbus)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Debutto interessante perquesta band tedesca che si muove traun electropop minimale alla The Knifee una sorta di dub/trip hop cherichiama i Massive Attack più rilassatie ha sentori di Portishead. Insomma,l'avrete capito, nulla in Pressures fagridare alla novità, ma il tutto èdavvero ben fatto e la voce diMarichen Danz (anche se non èl'unica che si ascolta) intriga nonpoco. (r.pe.)

Come è diversa la scrittura di EricWolfgang Korngold quando,abbandonando le tramecinematografiche, si dedica alla musica dacamera e a quella liederistica. Esce oraLieder (Harmonia Mundi), bellissimo cdche racchiude una discreta raccolta deinon molti Lieder che Korngold composefra il 1911 e il 1952. La forma è quellaromantica, l’ispirazione è Schubert ma lamodernità è tutta nella penna delcompositore. Fenomenale anche KulaKulluk Yakisir Mi (Ecm/ Ducale) diKayhan Kalhor e Erdal Erzican. Unalbum di scoperte, di linguaggi che siricercano e di musiche che regalanosorprese fatte di novità del passato. Ilduo sbalordisce per la ricchezza distimoli, di lingue diversissime e suonatecon strumenti unici, originali. Sempre daEcm arriva Ordo Virtutum dell'EnsembleBelcanto. Non c’è tempo che tengarispetto a musiche scritte secoli fa dauna donna che poi sarà definita santa,Hildegard von Bingen. Lo stupendo OrdoVirtutum diretto da Dietburg Spohr,rende le immagini della Von Bingencon grande tecnica e disponibilitàd’animo. (Marco Ranaldi)

Red Rocks, in Colorado, ha fatto dasfondo a molte performance rock. Alletante si aggiunge quella tenuta il 2 agostodel 2011 dal supergruppo capitanatoMaynard J. Keenan e da Billy Howerdel,A Perfect Circle, immortalata in audioe video in un box set dal titolo A PerfectCircle Live: Featuring Stone and Echo (APerfect Circle Entertainment),disponibile in vari formati. Qui vengonoriproposti molti dei brani dei tre albumin studio, a conferma delle grandissimequalità dei componenti, che oltre ai duecitati vedono anche l'ex SmashingPumpkins James Iha, il bassista deiPuscifer Matt McJunkins e il batterista JeffFriedl. Una delle migliori espressionirock degli ultimi 10 anni. Altro live, percelebrare un ritorno attesissimo, èquello che pubblicano Nick Cave &The Bad Seeds. Live from Krcw(Mute/Self) è registrato nella celebreradio di Seattle, un posto dove sonopassati e continuano a passare tutte leband del momento. L'ambiente influisce,e non poco, sul mood della performancee qui a prevalere è l'atmosfera cupa eintima. E il risultato non è per nulla dadisprezzare, anzi! (Roberto Peciola)

DI GUIDO FESTINESE

ON THE ROAD

Page 16: Il Manifesto Alias - 18.01.2014

(16) ALIAS18 GENNAIO 2014

CALCIO ■ UNA NUOVA EDIZIONE DEL LIBRO DI SANDRO MODEO

Nevrotico camaleontedella panchinae del piccolo schermo

Alieno, catenacciaro, mutante digenio, il suo capolavoro è stataBarcellona-Inter di tre anni fa.Allenatore più pagato al mondo,4 campionati diversi vinti(Portogallo, Spagna, Italia e Uk)

di MASSIMO RAFFAELI

●●●Tra gli scrittori di calciol’unico che in Italia possa dirsi allalettera un saggista è Sandro Modeo,non solo per la qualità di unascrittura che mantiene chiarezza edesattezza anche nei trapassianalitici più arditi e talora temerari:infatti il saggista, così come unsecolo fa ne presagiva la funzione ilvenerando Lukács, è colui che trattal’esperienza di una formaprecodificata e perciò si distinguedall’artista che affronta laesperienza del mondo tout court.Non basta, perché l’interesse diModeo non va tanto alla dinamicadel calcio in sé e alla sua storiaquanto alla fattispecie piùmoderna, il cosiddetto “calciototale” teorizzato dagli olandesi, emassime da Rinus Michels, peressere condotto a grammaticatrasformazionale prima dal Milan diArrigo Sacchi e poi dal Barcellona diPep Guardiola cui Modeo ha direcente dedicato una splendidamonografia, Il Barça. Tutti i segretidella squadra più forte del mondo(Isbn edizioni, 2011), che seguiva diun anno il volume d’esordio oradisponibile in una nuova edizioneaccresciuta, L’alieno Mourinho(presentazione di Arrigo Sacchi,postfazione di Irvine Welsh, Isbnedizioni, pp. 207, • 12.00).

Va premesso che, alla pari di unsaggista, Modeo esce ed entra dalsuo oggetto in piena libertàevadendo sia l’angustia delreportage sia l’obbedienza a unanuda disamina tecnica. Mourinho èinsieme testo e pretesto ovvero è laviva testimonianza di un certo tipodi calcio, e della sua evoluzione, manel frattempo è l’emblema di unapoetica e dunque di un’idea delgioco sottoscritta dal saggistamedesimo. Non occorrerammentare che qualunquepartitura saggistica comporta ladecostruzione del suo referente masoggiace, più o meno virtualmente,alla relativa apologia: L’alienoMourinho non fa eccezione, perchése è vero che non viene venerato oincensato è anche vero che la suafigura viene giubilata in blocco ealla stregua di un esempiomagnanimo. Come se, perriprendere un antico adagio,comprendere tutto Mourinhovolesse dire perdonargli tutto, nelqual caso anche i trattisommamente volgari e persinobrutali di una star che reputa,evidentemente, tutto gli si debba etutto gli sia concesso. L’approcciodi Modeo è particolare e nienteaffatto italiano: di formazionescientifica (critico attento sulCorriere della Sera e testate di settore), il credo neopositivistae un forte pregiudizio antiumanistico (Modeo non scrive mai«umanesimo» ma esclusivamente «veteroumanesimo») sicombinano alla reale competenza in alcune discipline difrontiera, quali le neuroscienze, necessarie per definire ilquadro tecnico-atletico in cui opera l’allenatore portoghese.Di particolare interesse sono i rilievi sull’apprendistato e suimaestri, dall’antesignano Béla Guttmann a Artur Jorge oRobson e Van Gaal che un giovanissimo Mourinho affiancò,in principio da umile coadiutore, sulla panca del Barcellona:da costoro Mourinho, autodidatta e genio eclettico, non tantodeduce degli schemi quanto una serie di principi elementarisu cui costruire, volta volta, un gioco di squadra che risultiefficace e vincente. Modeo, fondatamente, lo ritiene unHoudini, spettacolare trasformista, un vero e proprio

camaleonte in grado di mimetizzarsi per colpire megliol’avversario. D’altro lato, lo accredita di una estetica che inrealtà ne contraddice il pragmatismo. Il portoghese può avereappreso molte cose da Arrigo Sacchi ma è lontano anni lucedal suo fanatismo metafisico; al riguardo racconta JorgeValdano (scrittore pregiatissimo da Modeo, in effetti unmodesto epigono di Galeano e Soriano) che nel conciliaboloprima di un Milan-Real Madrid l’arbitro Vautrot riunì Sacchi eToshak per le raccomandazioni rituali:«’Dobbiamo rendereconto a cinquecento milioni di spettatori, spero cheassisteremo a una partita di calcio’. Toshak rispose per primo:‘ A noi interessa soltanto vincere’. Sacchi rispose con piùavvedutezza: ‘A noi interessa soltanto giocare bene’ ». Valdanone ricava una morale edificante ma è probabile che Moughignerebbe davanti al redivivo Candide. (Scrive Modeo:

«Contravvenendo ai dogmi di Brera[…]l’irruzione di Sacchi rivoltadecenni di attendismo vittimistico,organizzando un furore geometricoin cui ogni ingrediente […]è larivitalizzazione attualizzante dellarivoluzione olandese». Qui siaformulata per inciso una semplicedomanda: perché a casa di SandroModeo quelli di Gianni Brera sichiamano dogmi e quelli di ArrigoSacchi no?). Ha ragione Modeo nelritrarre il portoghese quale unmutante di genio, capace di ogniinnesto e metamorfosi, ne ha menonel momento in cui recalcitra atrarne la più logica delleconclusioni: se è vero infatti che lasua dominante è il pragmatismo, ocomunque l’etica del risultatoprima che l’estetica del gioco,dev’essere anche vero cheMourinho, dopo tutto, è l’eredeelettivo del calcio all’italiana,vulgariter del catenaccio. «Strettidietro, larghi davanti» cos’altro vuoldire? Non è soltanto un’arma fra lealtre disponibili, in realtà per lui èl’arma pressoché obbligata. Si pensia Barcellona-Inter di tre anni fa,giocata in dieci contro undici, il suocapolavoro, quando edificaall’impronta il muro a due linee sucui vanno fatalmente a sbattere icavalieri senza macchia di PepGuardiola: quella duplice diga ènient’altro se non la Maginot diNereo Rocco trasformata su duepiedi in un Vallo di Adriano.Mourinho è questo, un empiricoperfettamente consapevole di sé edei mezzi a disposizione, nulla dipiù e nulla di meno. Se ArrigoSacchi è l’erede astrale di Candide,a lui conviene la parte di unTartuffe postdatato e peròdecisamente abile nel suo mestierecome nel presentarsi al cospetto delmondo. Alcune delle pagine piùsottili dell’Alieno Mourinho,l’autore le dedica al profilopsicologico e alla immaginepubblica, vale a dire a esternazionie gesti eclatanti, come il mimoplateale dell’ammanettamento,l’accusa di prostituzioneintellettuale ai giornalisti, gli usualilazzi in conferenza stampa, le usciteprovocatorie, i dinieghi e lepredilezioni imprevedibili. Modeoascrive tutto ciò al carattere di unaffabulatore o di un seduttore cosìastuto da potersi mutare,all’occorrenza, in plagiario, ma un

plagiario sottotraccia malinconico ed esistenzialista dovel’immagine della vittoria, la prossima vittoria, trionfa sul sensodi vuoto che invece dilaga al presente. E la strafottenza, laburbanza, i gesti di scherno e le battute omofobe, le postureidentitarie («noi» contro di «loro») incredibili in un individuoperfettamente poliglotta e di larga esperienza cosmopolita?L’impressione è che l’autore, pure richiamandolo, sottovalutiil fatto che José Mourinho è cresciuto, bambino, nel frangenteterminale del regime di Salazar (descritto in uno dei più beiracconti di Saramago, Sedia: «La sedia cominciò a cadere, adandare giù, a cascare, ma non a rigor di termine, a crollare o,come si dice in portoghese, a desabar…»), proveniente, lui inpersona, da una famiglia di fascisti che non risulta abbia mairinnegato, mentre alcuni atteggiamenti da macho e certeintemperanze squadristiche sembrerebbero perpetuare la suaorigine. L’impressione ulteriore è che il pensiero critico diGramsci e di Adorno qui sarebbe più utile delle neuroscienze:è un peccato che un saggista della intelligenza e del rigore diSandro Modeo li nomini una volta sola per liquidarli comeferrivecchi, ovviamente veteroumanistici.

LA RECENSIONE

ORGAS-MOU