Alias 18maggio 2013

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RAFFAELE K. SALINARI BENJAMIN E IL DIBBUK ARCHITETTURE PER LA CATASTROFE MARA CHIARETTI KONCHALOVSKIJ LINDO FERRETTI «METTETE QUESTO LIBRO AL SICURO, ALLA PORTATA DEI BAMBINI, IN MODO CHE POSSANO SAPERE FIN DA SUBITO DI UN MONDO DA LORO POCO DISTANTE DOVE L’INDIFFERENZA E IL RAZZISMO FANNO A PEZZI I LORO COETANEI COME FOSSERO BAMBOLE DI PEZZA» «ROCK’N’GOAL», STORIE DI CALCIO E MUSICA

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RAFFAELE K. SALINARI BENJAMIN E IL DIBBUK

ARCHITETTURE PER LA CATASTROFE MARACHIARETTI KONCHALOVSKIJ LINDO FERRETTI

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«ROCK’N’GOAL», STORIE DI CALCIO E MUSICA

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(2) ALIAS18 MAGGIO 2013

IL CINEMA MILITANTE

Un readingmovieper ricordare

Diciannove personalità leggono i capitolidel libro di Vittorio Arrigoni, l’unica testimonianzadei ventidue giorni di bombardamento a Gaza,con 1400 morti tra cui 400 bambini

di SILVANA SILVESTRI

●●●Stay Human, Restiamoumani - il film - è una gigantescaoperazione di coinvolgimento permantenere viva la memoria diVittorio Arrigoni, il compagnoreporter volontario dell'Ism(International SolidarityMovement) che aveva il compitodurante l’operazione «PiomboFuso» di aiutare sulle ambulanze ivolontari della Mezzaluna Rossa asoccorrere la popolazione di Gaza,vittima di un bombardamentodurante il quale furono distruttiospedali, scuole, moschee eabitazioni, utilizzando anchefosforo bianco sulla popolazionecivile, arma vietata da ogniconvenzione internazionale. Igiornalisti furono allontanati daGaza, il suo racconto è l’unicatestimianza di quella carneficina.

Stay Human, Restiamo umaniprodotto e diretto da di FulvioRenzi e Luca Incorvaia è il ReadingMovie, la lettura capitolo percapitolo del libro che raccoglie irepostages di Arrigoni (Gaza.Restiamo umani. dicembre2008-gennaio 2009) editi dallamanifestolibri. Il libro è diventatonon un semplice documentarioma un’opera a più voci, quelle diillustri testimoni che uno dopol’altro ne leggono le pagine,coinvolti e catturati dallaprofondità del testo, film che hacominciato a circolareinternazionalmente e che vieneproiettato gratuitamente: è comecompiere un viaggio moltoimpegnativo, trovarsi proiettatinell’assedio. È impressionante,senza nessuna messa in scena esolo con la voce e le espressioni ditestimoni, come quelle dellamadre di Vittorio che è anchesindaco di Bulciago, Egidia BerettaArrigoni che apre il «film». E poi ildiplomatico tedesco StéphaneHessel che firò la Dichiarazionedeidiritti umani, l’arcivescovoortodosso in esilio HilarionCapucci, Moni Ovadia, don Gallo,Noam Chomsky, LuisaMorgantini, Akiva Orr attivista dei

diritti umani, Mohammad Bakri ilregista di Jenin Jenin, RogerWaters il componente dei PinkFloyd, il reporter di guerra AlbertoArce, autore del documentario ToShoot an Elephant, il professorIlan Pappé dell’Università diExeter, il rabbino David Weiss, ilpremio Nobel per la pace MaireadCorrigan Maguire e tutti gli altri,un passaggio di fatti ed emozioniche sul sito(www.restiamoumani.com) oravengono segmentati fino afermare il respiro e l’attenzione. «Èuna ricchezza che va mantenuta,ci dice Fulvio Renzi, artista emusicista a cui si deve l’idea e larealizzazione del progetto e e checonosceva Arrigoni e lo avevaseguito negli ultimi tempi. «Gliavevamo proposto di fare unapubblica lettura e lui avevaaccettato, gli piaceva questa idea.È morto il 15 aprile e avrebbedovuto farla qualche giorno dopo.Avevo coinvolto anche Massimo

Arrigoni (un caso di omonimia)suo maestro di teatro, direcitazione e di musica che avevagià iniziato a scegliere i capitoliche avrebbe letto. Il 15 aprile,quando ho saputo che Vittorio erastato assassinato sono rimastogiorni a fissare il muro. Il 17 aprileci siamo ritrovati a casa diMassimo Arrigoni e abbiamorealizzato la prima lettura. Subitodopo con Luca abbiamo stilatouna lista di diciannove possibililettori, mettendo insiemepersonaggi anche improbabilicome Tarek Alì, Brian Eno (che poiabbiamo scoperto non guardaneanche le mail, quindi non hamai saputo della nostra richiesta),alcuni non ci hanno neancherisposto. Abbiamo pensato di farfare questo reading ai «piùgrandi». Non sapevamo comesarebbe andata a finire, ma i piùgrandi hanno accettato. Bisognaanche dire che alcuni non hannovoluto accettare, come DesmondTutu, o anche Dario Fo che non sisa perché non ha voluto leggere leparole di Vittorio. È una storia chenon abbiamo mai raccontato,adesso possiamo raccontarla».«Abbiamo portato avanti ilprogetto come carri armati, per iprimi sette mesi da soli e senzafinanziamenti. Abbiamo lasciato inostri lavori. Io ho sempre fatto ilmusicista e avevo 3 tour inAmerica e altri lavori che miproponevano, Luca ha fatto lostesso: ha detto che per farequesto lavoro dovevamo lavorare24 ore su 24. Tantissime persone cihanno aiutato, sono stati fantastici(e lo fanno ancora), con 1700sottoscrittori quasi tutti italiani edora vorremmo aprire un crowfounding anche all’estero». Un po’come ha fatto lui che ha lasciatotutto per portare il suo aiuto invarie parti del mondo: «La prioritàsopra le nostre famiglie, i nostriamici, i nostri lavori. La cosa bellaè che siamo riusciti a far leggeretutti i capitoli del libro e poi fare letraduzioni con 50 traduttorivolontari in 9 lingue, tra cui anchequelle meno frequentate, il croato,

il giapponese, lo svedese». Macome siete riusciti a coinvolgerequei nomi? Conoscevano l’attivitàdi Vittorio? «Stiamo ora lavorandocon Ronnie Barkan attivistaisraeliano che ha letto un capitoloe con lui stiamo organizzando untour in America e in Europa. Èstato difficile aspettare che alcunipersonaggi trovassero il tempo pernoi tra i loro impegni: Chomsky èvenuto in Italia per tre giorni eogni minuto era già impegnato,così poi lo abbiamo incontratodirettamente al Mit e ci haconcesso un’ora intera. AncheRoger Waters lo abbiamoincontrato a casa sua. Alcunisapevano di «Piombo fuso», altrinon avevvano letto il libro, tuttisapevano che Vittorio era unattivista italiano, come RogerWaters (sarà a Roma allo stadioOlimpico il 28 luglio con TheWalls, ndr). Li abbiamo ripresitutti alla prima ripresa, per fissarela prima emozione: Roger si vedeche mentre legge gli sale la rabbiae alla fine ci ha detto: voglio illibro, è meraviglioso questo libro.Maguire lo conosceva, aveva giàletto alcuni capitoli. Stéphane

RESTIAMO UMANISTAY HUMAN

VIK, IL FILM

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A Gaza un plotone d'esecuzioneha messo Ippocrate controun muro, ha preso la mira

e ha sparato(Capitolo X letto da don Andrea Gallo)

Hessel non lo aveva letto ed ècurioso che era citato con fotonella copertina dell’edizionefrancese. La madre abbiamovoluto che aprisse il reading.L’intenzione è di lasciare che sifruisca gratuitamente, ma sarebbebello poter trovare il modo diprodurre un dvd con tutti gli extrada vendere a prezzo popolare».Per lo stile di ripresa, per la sceltadei primissimi piani anzi deiparticolari del volto che seguonocon gli occhi o con la bocca leparole chiediamo al regista LucaIncorvaia: «È stato una necessità:nel momento in cui deviraccontare le parole di un librosenza modificarle, mentre in undocumentario devi aggiungereparticolari e un contesto, qui pernon far distogliere l’attenzione èvenuto da sé questo linguaggioche sembra essere funzionale.Quando vedi i vari capitoli entri inquesto linguaggio. Abbbiamo fattotante proiezioni con pubblicidiversi, anche nonparticolarmente legati al problemapalestinese e dopo un’ora diproiezione ci accorgevammo chela loro attenzione era catturata. Èun lavoro anomalo, non è un film,non c’è nulla di finzione, non è undocumentario, lo abbiamochiamato reading movie, non c’è

altro termine per descriverequesto genere. Abbiamo scelto dinon far vedere mai il primo piano,ma solo il particolare: se vedi ilvolto di Roger Waters che è unpersonaggio conosciuto, ti distrai.Solo alla fine vedi il volto intero, cimettono la faccia. C’è il gioco degliocchi e della bocca: quando vediuna bocca parlare, chi ti raccontaqualcosa è come se lo avesse visto,quando vedi gli occhi è come sericordasse qualcosa, innestaimmediatamenteun’identificazione. Eraimpegnativo prendere parole cosìimportanti e gestirle. Non c’èrecitazione, hanno letto tutti solouna volta e anche gli errori dilettura hanno avuto un senso.Potevamo eliminarli in montaggio,ma così è ancora più umano, hadato più credibilità. Era una leturavera di pagine mai lette prima chedà l’emozione della prima volta,con gli occhi che fanno piccolecontrazioni, piccoli dettagli sentiti.Avevamo paura dell’enfasi dellarecitazione. Inoltre ci sono ventibrani di musica con tanti artistidiversi, tutta musica originale, unamusica che accompagni e nonsovrasti il testo. Sul sitometteremo anche i diversi brani».La colonna sonora originale è diFulvio Renzi, con brani di PakiZennaro, Gilad Atzmon, VincenzoZitello, Fakhraddin Gafarov,Romina Salvadori, Marco Messina,Emanuele Wiltsch Barberio, DavidBoato, Adriano Clera, XabierIriondo.

GERENZA

In copertina foto di VittorioArrigoni (Foto Sintesi)

COME PROGRAMMARE UNA PROIEZIONE PUBBLICA

Il manifestodirettoreresponsabile:Norma Rangeri

a cura diSilvana Silvestri(ultravista)Francesco Adinolfi(ultrasuoni)

con Roberto Peciola

redazione:via A. Bargoni, 800153 - RomaInfo:ULTRAVISTAe ULTRASUONIfax 0668719573tel. 0668719557e [email protected]://www.ilmanifesto.it

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Tutto quello che è indispensabile per condurrea Gaza una esistenza modesta ma dignitosa,

arriva dall'Egitto: arriva sugli scaffalidei negozi dai tunnel

nel sottosuolo, quegli stessitunnel che gli F16 israelianinon hanno smessodi bombardarepesantemente nel corso

delle ultime 12 ore(dal capitolo IX letto da Moni Ovadia)

Sono stato testimone oculare delbombardamento

di moschee, scuole,università, ospedali, mercati...

(Capitolo III letto da Hilarion Capucci, arcivescovo di Gerusalemme in esilio).

●●●«Restiamo Umani - The Reading Movie» è il film della lettura integrale dei 19capitoli del libro Gaza - Restiamo Umani scritto da Vittorio Arrigoni, diario e unicatestimonianza dei 22 giorni di bombardamento durante l'operazione militare«Piombo Fuso», sferrata dal governo israeliano contro i civili della striscia di Gaza,tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, in cui morirono più di 1400 persone, in granmaggioranza civili, tra cui 400 bambini. 19 capitoli per 19 lettori: Alberto Arce,Huwaida Arraf, Massimo Arrigoni, Mohamed Bakri, Ronnie Barkan, Egidia BerettaArrigoni, Hilarion Capucci, Noam Chomsky, Maria Elena Delia, Norman Finkelstein,Don Andrea Gallo, Stéphane Hessel, Mairead Corrigan Maguire, Luisa Morgantini,Akiva Orr, Moni Ovadia, Ilan Pappé, Roger Waters, Rabbi David Weiss.Si può programmare una proiezione pubblica del film con una donazione asostegno della sua diffusione: si riceverà il link per il download del lungometraggioe la licenza per una o più proiezioni. Sul sito www.thereadingmovie.tv si puòvedere il film per intero (versione beta), accedere al calendario delle proiezioni eprogrammare la proiezione pubblica. Le prossime proiezioni si terranno il 25maggio a Cassano Valcuvia (Varese) e il 30 maggio a Piombino (Centro GiovaniPiombino - Viale della Resistenza 4)

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di EMANUELE PICCARDO

●●●Quanta demagogianell’affrontare il tema dellecatastrofi naturali come se, ognivolta, non fosse colpa di nessuno;l’uomo, invece, con le sue azionidistrugge il territorio, loabbandona, lo sfrutta fino aquando la natura si ribella e, confare vendicativo, si riprende lospazio che gli è stato sottratto. Cosìil territorio italiano si scopre fragilee debole, come le politicheadottate per limitare e prevenire idanni di alluvioni e terremoti.

Dall’Irpinia alle Marche,dall’Abruzzo all’Emilia, il problemadella catastrofe è associato allaquestione dell’abitare. Si sradicanole comunità dai loro luoghi diappartenenza costruendo campi ditende, come fossero un qualsiasiaccampamento militare, senza unprogetto, né politico né urbano.Così si genera spaesamento eperdita delle identità collettive.Qual è, allora, il ruolo degliarchitetti nella catastrofe? Checontributo può dare l’architetturanel risolvere i problemi delpost-catastrofe? E con qualemodalità? Cosa possono farecittadini e amministratori? Questesono alcune questioni che hannodeterminato nella FondazioneOrdine Architetti di Torino enell’associazione culturale plug_in,la volontà e la necessità diorganizzare il workshopArchitetture per la catastrofe, con ilcoordinamento scientifico adopera dello scrivente, e progettualedi altro_studio (Anna Rita Emili,Barbara Pellegrino).

Il tema nasce dalle riflessioni

emerse dal numero tematicoDisaster della rivista di architetturaarchphoto2.0. L’esito delworkshop, ovvero la progettazionee la costruzione del prototipodell’alloggio provvisorio in scala1:1, pensato per tre persone e delladimensione di metri 8x8 (M2),disegnato da altro_studio (erealizzato dall’imprenditoretorinese Gandelli che ha messo adisposizione gratuitamente imateriali e gli operai per unprogetto dalla forte valenza socialee politica), verrà presentato alFestival Architettura in Città diTorino, nell’ambito dellaconferenza Quale architettura perla catastrofe? (vedi box, ndr)

Il laboratorio, a cui hannopartecipato studenti eprofessionisti, ha consentito dielaborare un sistema di alloggimodulari base di metri 8x4 (M1),con il patio-serra quale fulcroattorno a cui si distribuiscono lefunzioni. L’alloggio, concepito conla struttura portante in legno,assolve alle funzioni di facilità dimontaggio (il 50% è pensato peressere realizzato inautocostruzione da squadre dioperai non specializzati che siformano nei campi di accoglienzadegli sfollati), sostenibilità(attraverso l’inserimento delpatio-serra) e adattabilità alleesigenze dei fruitori. Le unitàabitative hanno diverse dimensioniin relazione ai nuclei famigliari,ripercorrendo e attualizzando lesperimentazioni sulle unitàabitative provvisorie avviate da LeCorbusier e Jean Prouvé (come nelcaso di École volante del 1940), oda Buckminster Fuller (laDimaxion House del 1929),attraverso temi progettuali come ilriuso dei materiali, lo scorrimentodelle pareti interne e l’uso dielementi modulari, chedeterminano un modo nuovo divivere lo spazio. Questo progettonon è stato pensato in astratto -come accaduto per molte ricerchedi architetti e studenti - macontestualizzato, su indicazionedella Protezione civile comunale diTorino, nell’area del parcoColonnetti, quale possibile luogodi sfollamento della popolazione incaso di catastrofe ambientale.Sono state studiate leconfigurazioni urbanistiche perl’insediamento di 1000, 5000 e8000 abitanti con standardurbanistici, in regime diemergenza, pari a 20mq/abitante(contro i 25mq/abitante insituazioni normali). È statoverificato che la configurazione

ottimale per mantenere unaelevata qualità abitativa, evitandouna dimensione intensiva, siaquella da 5000 abitanti,mantenendo servizi come il verdepubblico, i parcheggi, e le strade.

La sperimentazione adottata,infatti, non si è limitata al singoloalloggio bensì a far si che si generi,dal singolo alloggio una unitàabitativa orizzontale rintracciandoalcune tipologie delle case a cortetorinesi. Una sorta di quartiereorizzontale come il Tuscolano InaCasa di Adalberto Libera a Roma,in cui l’elemento patio diventa ilvalore aggiunto che consente direalizzare una piccola casa che, nelnostro caso, può superare il tempodella provvisorietà. Diversamenteda quanto è accaduto all’Aquila oin Emilia, dove la disposizione dei

fabbricati provvisori è stata casualee priva di un disegno urbano, inquesto progetto si è disegnato uncontesto urbano che consente dimischiare spazi privati, le case, conspazi pubblici, le piazze, ricreandoun pezzo di città. Per affrontareseriamente le catastrofi naturalioccorre fare un piano, ma unpiano lo deve fare sia il cittadino eancora di più il politico. Così sonostate prese come esemplari alcuneparole chiave dalle procedure delprima, durante e dopo la catastrofedefinite dalla Fema (la protezionecivile americana):fai un piano,tieniti informato, prepara un kit disopravvivenza, organizza un pianoper la tua famiglia, preparati allaprossima catastrofe. In questomodo si forniscono indicazionioperative facilmente realizzabili sesupportate da una volontà politica,spesso assente. Il fattosconcertante è l’atteggiamentopresuntuoso della Protezione civileitaliana che non prende esempioda chi ha fatto dell’organizzazionee della prevenzione la sua forza,come nel caso della Fema.

Confrontando il sito internetdella Protezione civile italiana conquello della consorella americanaemergono differenze sostanzialinel definire il prima, durante edopo la catastrofe, con indicazionibanali come «chiudi il gas», «averea disposizione una torcia»;«raggiunta la zona sicura, presta lamassima attenzione alle indicazioni fornite dalleautorità di protezione civile, attraverso radio, tv...».Come se gli abitanti in preda al panico, duranteuna alluvione o un terremoto, ritornino in casa persentire dalla tv le indicazioni della Protezionecivile. Il confronto, insomma, ci vede soccombere.D’altronde l’assenza di una politica di gestionedell’emergenza senza prevenzione, senzaeducazione civica sulla catastrofe e senza unimpegno diretto degli architetti nel progettarealloggi per l’emergenza e non per una convenienzameramente economica, ha determinato progetticome le C.A.S.E. aquilane. Purtroppo leinadeguatezze di Protezione civile, architetti ecittadini vanno ascritte all’assenza di una culturadel disastro.

La mancanza di quella tensione di temporaneitàe nomadismo, propria del popolo americano nonci appartiene, ancorati come siamo al feticismo neiconfronti delle case di proprietà. In questo senso lacatastrofe prima di tutto è una questione culturale.Una catastrofe va conosciuta e si devonosistematizzare le problematiche che essa causa, per

fare esperienza e ridurre al minimole perdite di vite umane.

In questo senso si è studiato ilmodo per comunicare ai cittadini eagli amministratori una proceduradi azione, attraverso due guidedistinte, la prima per il cittadino, laseconda, come un quaderno diistruzioni per l’amministratorepubblico e il tecnico.

Insieme, il workshop, le guide eil prototipo dell’alloggio cercano difornire risposte progettualiadeguate, in modo innovativo esperimentale, affinché si possaaffermare che solo edesclusivamente con il progetto diarchitettura si riescono amigliorare le condizioni di vita deicittadini, attraverso un’etica delfare che deve coinvolgere tutti gliattori del processo dellaricostruzione.

POST SISMA ■ VIVERE IN CASE PROVVISORIE, SENZA SPAESAMENTI

Un alloggio sostenibileper affrontareil disastro e l’angoscia

●●●«Quale architettura per lacatastrofe?» è il titolo dellaconferenza che si terrà il 30maggio (ore 16), a Torino, pressoOgr (Sala Duomo), CorsoCastelfidardo 22. Il tema èriflettere su quale architettura siapossibile in situazioni di catastrofiambientali. A partire dallapresentazione del prototipodell’alloggio provvisorio,progettato da altro_studio, siindagherà sul rapporto tracatastrofe e i media, verràpresentato lo stato di fatto dellaricostruzione in Emilia mettendoin evidenza le buone pratiche, trale quali la costruzione della nuovachiesa di Medolla (Mo). Tra irelatori, Emanuele Piccardo,Emiliano Ilardi, Anna Rita Emili,Matteo Agnoletto, DavideMarazzi, don Davide Sighinolfi.

LA CONFERENZA

Un incontro e una visita,guardando all’Emilia

Il prototipoabitativo disegnatoda altro_studio

ARCHITETTURAAl Festivaldi Torinoverrà presentatoun prototipoabitativodel postcatastrofe,realizzatoin un workshopcon studentie professionisti

LUOGHI DI APPARTENENZA E SRADICAMENTO DELLE COMUNITÀ

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di ALESSANDRA VANZI

●●●Una nuvola di riccioli bianchivaporosi e svolazzanti, due occhi chemutano dal verde al viola dagatta-civetta, la figura longilinea,sempre elegante, Mara la si riconosceda lontano, è inconfondibile, equando c’è lei, c’è sempre qualcosa diinteressante da vedere, da ascoltare,da mangiare, insomma, questasignora ha il dono di trasmettere gioiadi vivere. «Solo chi è nato prima dellarivoluzione sa cos’è la gioia divivere...sai così si dice...qui da noi èfinito tutto col terrorismo, conl’eroina...», mi ha detto l’altro giorno.E poi: «I miei film raccontano storie dipersone che hanno attraversatograndi tragedie, ma non hanno persola speranza e la gioia di vivere... ancheBarbara, mia figlia, sarebbe unadonna piena di amore per la vita seavesse avuto più tempo». Mara,caparbiamente, non l’ha mai volutoperdere questo sentimento diarmonia e gratitudine. Mara Chiarettisi è sempre occupata di artecontemporanea, scrivendone,dirigendo dal 1967 al 1972 la Galleriad’arte moderna e contemporaneaIolas-Galatea a Roma, e, poi, aprendoil suo Studio Mara Chiaretti dal 1972al 1989 dove passò tutta lagenerazione dell’Arte Povera e dovenacquero le intense amicizie conClerici, Boetti, Schifano, Festa, Angelie tanti altri. La dolcezza del vivereprima della rivoluzione, per Mara, sischiantò con la morte di Barbara, mariuscì a ritrovarla, poiché l’istinto nonsi uccide, con incursioni in altrilinguaggi: il teatro per primo,collaborando come assistente allaregia di Federico Tiezzi nellacompagnia «I magazzini» per la

messa in scena di Porcile di Pier PaoloPasolini con Marisa Fabbri nel 1992.Poi, altra sfida, altro strumento: nel1997 dirige il documentario SwingHeil, la storia del jazzista berlineseebreo Coco Schumann, raccontolucido e implacabile di come lamusica gli salvò la vita a AuschwitzBirkenau. «Tutti erano contenti disentire la musica... ci facevanosuonare quando le SS controllavano itatuaggi sulle braccine dei bambini, equando le camere a gas lavoravano apieno ritmo dovevamo eseguire laPaloma per accompagnare icondannati a morte e l’odore di carnebruciata trascinava dritti dentrol’inferno dantesco,...ci hanno mandatial lager. E dove prima c’erano lefamiglie zingare, li avevano gasatitutti, erano 30mila, anche le donne e ibambini, per farci posto a noi ebreimisti, ma non avevano più

un’orchestra, in fumo anchequella...c’era uno stanzone pieno distrumenti, anche molto preziosi, ionon avevo mai suonato con unachitarra così bella ... così entrai neiGhetto swingers, nel 1943 quandoarrivai al campo loro erano già lì, imusicisti cambiavano incontinuazione...». In questo primodocumentario, alla musica e alracconto di Schumann, intervistato aBerlino nel 1997, si sovrappongono, omeglio, compenetrano ritmicamenteimmagini di repertorio belle e rare,questo modo di giocare con leanalogie e gli scarti di senso è tipicodel lavoro di Mara che per Swing Heil!ha ricevuto il Premio Sacherd'argento nel 1998 al Sacher festival diRoma. Nel 1999 dirige Em Shakulà,che in ebraico significa «madreorbata» o «madre senza» ritratto diManuela Dviri coraggiosa madre,italiana sposata a un israeliano, di unragazzo morto ventenne durante laguerra del Libano del 1998, chescrisse a Netanyahu per chiedergli aricompensa del suo lutto l'unicorisarcimento possibile per una madre:«la pace.... che va cercata con ilcoraggio di soluzioni creative ediverse dalla guerra» per un paese cheè «molto giovane e molto stanco,stanco di essere costruito sul sangue»perché una madre che piange è ilcontrario della creatività e finché ledonne resteranno a casa a piangere isoldati morti al fronte la pace nonsarà possibile. Anche in questofilmato si mescolano i piani: Marasegue Manuela nella vita quotidiana,al mercato, a casa, al cimitero, mentrelavora, e le sue parole s’intercalanocon le immagini e il suono delconcerto di Isaac Stern durante laprima guerra del golfo, che fuinterrotto dalle sirene ma nessunoabbandonò la sala. Stern ricominciò asuonare, dopo una breve pausa, il suoviolino sublime per un pubblico cheindossava le maschere anti gas; oaltre, strazianti, di attentati sugliautobus o nel brulicare cittadino, e lepreghiere al muro del pianto uominida una parte e donne dall’altra,rigorosamente separati, tanti piccolibiglietti arrotolati e infilati nellefessure del muro, e riprese di scherzitra ragazzi in divisa e torte in faccia...Esempre torna su questa donnacoraggiosa che invece di cedere allatentazione di chiudersi nel dolore enel silenzio ha scelto di combattere,di battersi con l’impegno politico, perquel figlio sacrificato e per tutti glialtri figli di una guerra insensata.Anche questo film è stato segnalatodalla Menzione speciale della Giuriaal Festival Arcipelago di Roma nel2000. Nel 2001 Nanni Moretti eAngelo Barbagallo le produconoDavai bistrè! Avanti presto per la serieI diari della Sacher che vienepresentato al festival di Venezia,un’altra storia estrema, quella diFrancesco Stefanile, prigioniero diguerra in Siberia, che la scrisse nottedopo notte nel casello dell’autostradadove aveva trovato lavoro dopo ilritorno in Italia: «La scrissi per rabbiaperché di noi reduci della Siberia sene parlava solo in periodo di elezionie poi niente cchiù... Ero partitovolontario per la Russia perché nonvolevo andare in Africa sulle navi, chenon sapevo nuotare... io sono natoalle pendici del Vesuvio, aCasamarciano, in quella che i romanichiamavano Campania felix... Miopadre aveva un amico con un cane,erano socialisti e siccome non

potevano pronunciare il nome diMatteotti che era proibito cichiamarono il cane Matteotti, ma poiarrivarono i fascisti e gli fecero unamulta a tutti e due 10 lire e 10centesimi....Quando viene laprimavera? domandai al russo capodella baracca e quello mi dissequando canta il cuculo... Da quandosono tornato sono felice...». Dopoquesti primi lavori Mara Chiarettitorna a incrociare gli artisti conVestito da sposa, monologo interioredi un attore mentre si trucca per lospettacolo e riflette sull’improvvisamorte della madre interpretato daSandro Lombardi, presentato alTorino Film Festival, ...così siasull’opera dell’artista Bruna Espositoesposta al Maxxi di Roma, e ElisaMontessori sulla produzione dellapittrice. Nel 2006, Chiaretti dirigeSiluro Rosso, in cui si racconta lastraordinaria avventura di RubénGallego, scrittore russo costretto sullasedia a rotelle perché gravementehandicappato fin dalla nascita,creduto morto dalla madre Aurora,figlia di un membro del partitocomunista spagnolo che le mentì,facendole credere che il bambino nonera sopravvissuto al parto. Cresciutoin un orfanotrofio dell’ex UnioneSovietica, Rubén riesce a resisteregrazie alle tre regole che si è dato: noncredere, non avere paura, nonchiedere, e soprattutto grazie ai libricon i quali strisciava sotto i mobili aleggere, unica attività consentita dalsuo corpo straziato:«senza i libri sareimorto». La storia di Rubén Gallegodiventa straordinaria quando, graziealla vincita di un premio comemiglior giovane scrittore russo, gli

viene un concesso di andare negliStati Uniti, paese che lui definisce ilpiù crudele del mondo ma quello incui avrebbe voluto nascere, doveviene contattato da un produttoretelevisivo di reality che, in cambiodell'esclusiva di filmare l’incontro, sioffre di trovargli sua madre. CosìRubén, quattro anni dopo, incontraAurora in un bar deserto di Praga;non si aspetta nulla da lei, ma lamadre lo riconosce subito e lo tienecon sé. Bellissimo. Nel finale oltre aglialtri repertori che spaziano da Freaksdi Tod Browning ai cinegiornalistalinisti su Gagarin, Mara hamontato un meraviglioso spezzone didanza tra una ballerina normale e undanzatore senza gambe che chiude ildocumentario: un armonioso innestodi corpo dimezzato su corpo integro.Siluro rosso ha vinto il premio«N.V.Gogol in Italia» e con i soldi delpremio Mara Chiaretti ha prodotto Iosono qui che mostrerà in anteprima alcinema Nuovo Sacher domanipomeriggio. È il film più personaleche ha fatto, il ritratto di sua figliaBarbara che è volata via, in quelpulviscolo di stelle sparso per

l’universo da cui ci arriva la sua voce,nel 1990, causa «la malattia delsecolo» di cui scrive nei diari scritti inospedale. «Per fortuna non ho filmatidi Barbara né registrazioni vocali, nonavrei retto», mi ha detto Mara, «ma ilsuo corpo è tutto nella scrittura».Infatti, le pagine sono riprese,accarezzate quasi, in un senso enell’altro, come leggono gli arabi,come fossero un volto o il corpoastratto della voce, la scrittura densa eminuta, le rime e gli a capo, l’ironia, eil dubbio, qualche cancellatura, nonmolte, e poi ci sono le foto, e c'è Sara,sua sorella, con i suoi bambini, e ilpadre Tommaso, criticocinematografico e teatrale mortotroppo giovane, e le amiche del cuore,quelle vere, con cui tutto fu condivisole avventure e gli errori, e gli amori, ilprimo e l’ultimo, e l’universo chenasce e si forma, le cellule e le stelle, ela musica e i pensieri che risuonanotra la madre e la figlia in amichevoleaccordo di gusti. E il gioco, che tornanell'animazione, che è sempre a curadi Loic Sturani, perché sia lieve epacificatore il pensiero di lei e pienodi gioia di vita.

INCONTRI

Inpagina: un ritratto di Mara Chiaretti,Ignacio e Aurora Gallego, «Finestra concoriandolo» di Tano Festa e un’opera diAlighiero Boetti

MARA CHIARETTI, UNA VITA TRA GALLERIA, PALCOSCENICI E SALE DI CINEMA

Dialogo mutocon una figlia

Domenica, al Nuovo Sacheril documentario «Io sono qui»della regista e critica d’arte,che ripercorre un lutto straziante

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di ALBERTO CASTELLANO

●●●Già la scelta di affiancare al cognome paterno quello di suo nonno daparte materna è un segno di scelta artistico-esistenziale che va al di là delvezzo (un po' come lo scrittore suicida americano David Foster Wallace).Andrej Konchalovskij il cui vero nome completo è Andrej SergeevicMichalkov-Konchalovskij, nato a Mosca nel 1937, fa parte di quelle éliteartistico-culturali che si diramano dalla Russia zarista all'Unione Sovietica epoi di nuovo alla Russia post-comunista ed è una di quelle figure che con ilproprio percorso sintetizzano la trasformazione della Russia prima e dopola rivoluzione bolscevica. Il suo bisnonno era un governatore imperiale, suopadre Sergej un poeta, scrittore e autore del testo dell'inno nazionalesovietico, sua madre una poetessa, suo zio Mikhail un eroe di guerra cherivelò in un libro i retroscena dello spionaggio, suo nonno materno, PyotrKonchalovskij appunto, un artista d'avanguardia e non ultimo suo fratello èil regista Nikita Michalkov.Insomma con il doppio cognome, ilgiovane Andrej volle rimarcaresubito una diversità, un'insofferenzaculturale e un'inquietudineintellettuale che lo portarono dopoessersi accostato alla musica e alpianoforte diplomandosi alConservatorio, a lavorare subito nelcinema grazie all'incontro conTarkovskij per il quale recitò neL'infanzia di Ivan e scrisse alcunesceneggiature come quella di AndreiRublev e dopo alcuni filmimportanti tra gli anni '60 e '70 atrasferirsi negli Stati Uniti, per poitornare a vivere da alcuni anniprevalentemente a Mosca. Questonomadismo artistico ma anche lavocazione a misurarsi con altreforme espressive e una certaduttilità a lavorare con attori e incontesti diversi hanno portato ora ilregista, sceneggiatore e produttorecinematografico a Napoli per unanuova avventura teatrale: la messain scena di La bisbetica domata diShakespeare per la sesta edizionedel Napoli Teatro Festival Italiadiretto da Luca De Fusco inprogramma dal 4 al 23 giugno.Konchalovskij si è trasferito nel

capoluogo campano per oltre unmese per l'allestimento dellacommedia shakespeariana conprove intense tutti i giorni sulpalcoscenico del Teatro SanFerdinando dove lo spettacolodebutterà l'8 giugno (con repliche il9 e il 10). Quando lo incontriamo,ha appena terminato il suomattutino jogging sul lungomare diVia Caracciolo. Non ha moltotempo, deve correre in teatro per leprove, parla rapsodicamente ditante cose, ma gli argomenti che piùgli stanno a cuore sono il rapportosoprattutto dei giovani con le nuovetecnologie, la decadenza attualedella cultura occidentale, la'democrazia' del mercato con toniche oscillano tra le allarmisticheriflessioni di Bauman e le realisticheimpietose analisi deipoststrutturalisti francesi.

●Non è la prima volta che viene aNapoli.Ci sono stato altre volte ma sempredi passaggio, ora ho l'opportunità distarci per circa un mese.L'allestimento dello spettacolo miimpegna molto, ma trovo che ilmodo migliore di conoscere unluogo è quello di lavorarci, perché sientra in contatto con le persone piùdiverse e con quel tessuto piùprofondo che di solito quando siviaggia resta nascosto.

●Per «La bisbetica domata», aparte le scene che cura lei stesso, ilcast artistico e tecnico è tuttonapoletano e non solo.Ho preferito calare la commedia nelcontesto dove nasce il Festival e hofatto per mesi provini e audizioni traGenova e Napoli per scegliere gliattori protagonisti e non. Caterina

sarà interpretata da Mascia Musy.Ho scelto attori con una forteconnotazione fisica, concaratteristiche che li fanno notareanche nei ruoli minori. Il linguaggioteatrale di Shakespeare è universale,molti lo preferiscono in inglese maio credo che può essere tradotto intutte le lingue.

●Lei ha messo in scena spessoCechov, «Il gabbiano», «ZioVanja», e ha curato la regia di un«Re Lear» di Shakespeare. Ora ètornato all'autore inglese con unadelle sue più famose commedie.Perché?Il pubblico in genere e a teatro inparticolare, vuole sentire, vuolereagire, empatizzare con ciò chevede, non vuole riflettere, ragionare.Io amo far divertire gli spettatori,farli emozionare, ridere, noi siamocome un circo, dobbiamo averesuccesso, l'attore deve fare il'buffone', il clown è un po' triste, sepiange il pubblico ride, e alcontrario se chi è in scena ridespesso il pubblico s'intristisce. Amotutto Shakespeare perché come lavita è una combinazione fantasticadi divino e di caos. Ho scelto Labisbetica domata perché è quellache si avvicina più delle altre allacommedia dell'arte.

●La sua «Bisbetica domata»andrà in scena al Teatro San Ferdinando,fondato e diretto per anni da Eduardo DeFilippo. Ha mai pensato di mettere in scenaqualche sua commedia?Eduardo è stato un grande drammaturgo, amomolto il suo teatro, è un autore di staturamondiale, non a caso nonostante la sua matricemolto napoletana è stato messo in scena in varipaesi, dall'Inghilterra alla Russia. Ma non ci homai pensato, è un autore troppo particolare euna maschera troppo profonda, la sua opera havalori universali ma al tempo stesso si riferisce aun contesto preciso, si corre il rischio di nonrestituire come si dovrebbe il senso della suafilosofia. Di Eduardo ho un ricordo particolare.Lo conobbi quando venne in tournée in Russianegli anni '50, mio padre Sergej lo invitò a casa nostra ed egli ricambiòl'ospitalità ma fui sfortunato perché appena arrivai a Napoli mangiai dellecozze infette che mi costrinsero a restare a letto a casa del Maestro.

●Lei alcuni anni fa in un'intervista dichiarò che se si mette Tom Cruisesu un palcoscenico resiste al massimo dieci minuti perché non regge ilpersonaggio e che il cinema ha la capacità e l'abilità di mascherare e inalcuni casi di esaltare la mancanza di talento. È ancora convinto diquesto?Si, sono convinto. Il cinema per quanto possa manipolare, sfruttare i campilunghi, le distanze, non può fare a meno dei primi piani che sono spietati.La forza recitativa di Marlon Brando, uno dei più grandi attori di sempre,che notoriamente era più basso di quello che sembrava sullo schermo, eraconcentrata sul volto, sulle sfumature espressive facciali, lui faceva parte diquelle grandi maschere che al cinema e in teatro fanno la differenza. Seproprio fossi costretto da una committenza a ingaggiare una starhollywoodiana, preferirei Stallone perché la sua faccia è tutt'uno con la sua

energia fisica particolare.

●Gli interessanti e incisivi filmche lei ha girato in UnioneSovietica, da «Il primo maestro»(1965) a «Siberiade» (1979), lehanno creato problemi con leautorità sovietiche tra censure epressioni. È per questo che lasciò ilsuo paese nei primi anni '80?Anche per questo, ma soprattuttoperché volevo viaggiare e lavorare eavevo bisogno di soldi e in quelperiodo in Urss non ce n'eranomolti. Così mi trasferii a Hollywood,spinto anche dall'attore Jon Voightche mi fece conoscere personaggi

Konchalovskij,inquietudineculturale

Figlioe fratello d’arte,il regista russoè a Napoliper curarela messain scenadella «Bisbeticadomata»,nell’ambitodel TeatroFestival Italia

INTERVISTA

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di GIANCARLO MANCINI

●●●«Male che va ne faremo uncantante» diceva suor Amalia Strozzialla madre di quel bambinomalaticcio che poco giocava e moltoinvece era attratto dai libri conservatinella biblioteca del collegio, vite dimartiri e di santi. È lo stesso GiovanniLindo Ferretti, voce dei CCCP, dei CSI,dei PGR, a raccontarlo, in un beldocumentario «in forma di dialogo» diGermano Maccioni uscito venerdì 10maggio nelle sale distribuito dallaCineteca di Bologna in collaborazioneArticolture e Apapaja.

Non si tratta di un documentariobiografico dunque, piuttosto di unaconfessione, raccolta dal ritiro diFerretti nella Corte Transumante diNasseta dove da anni sta cercando dimettere in piedi un «teatro equestre».Qualcosa di «arcaico e barbarico»,antiborghese e antipsicologico, in cuial centro c’è il rapporto tra l’uomo e ilcavallo. Il suo ultimo progetto siintitola Saga. Il Canto dei Canti,un’opera in cui i destini degli uomini,dei cavalli e delle montagne siintrecciano tra di loro.

«Finché l’uomo non è salito sulcavallo non è cominciata la suastoria» dice mentre scorrono leimmagini di Tempeste sull’Asia,capolavoro del 1928 di VsevolodPudovkin. Perché se è vero che la vitaè migrazione continua da sé stessi edalla storia è anche vero che i fili siintrecciano tra di loro noncasualmente. Per questo aicambiamenti certamente intervenutinella vita, nella poetica e nelleconvinzioni intellettuali di GiovanniLindo Ferretti si intravvedecomunque un desiderio diriavvolgersi attorno a delle esperienzefondanti che non possono essereresettate. Ecco allora quel viaggio inUnione sovietica compiuto proprio«mentre tutto stava crollando». Lafame, la gente disposta a compraretutto perché i negozi erano vuoti, poila Mongolia, l’esperienza viva di quelpopolo viaggiante, alla perennericerca di una terra buona dove poterstare salvo poi ripartire ancora, sempre a cavallo.

Andando ancora più indietro è la scoperta, a Berlino Ovest, di tutto un altro modo di esprimersi, di vivere,di essere nel mondo e anche di contestarlo, di poter essere insomma «qualcosa di più sensato, di più utile»dell’impiegato che probabilmente era destinato ad essere. Lì il giovane che era stato spedito da Suor Amaliaallo Zecchino d’oro perché se non altro aveva «una bella voce», venendo però subito escluso perché troppointroverso per poter essere «presentabile» da Tortorella, vede la possibilità di esprimere la propria diversità.

A Berlino conosce Massimo Zamboni con il quale nel 1982 fonda i CCCP-Fedeli alla linea, uno deicapisaldi del punk italiano. Le immagini di repertorio ricostruiscono efficacemente il racconto diFerretti, si vedono le immagini dei primi concerti, concesse da Umberto Negri, brani del film di DavideFerrario Sul 45˚ parallelo, foto di famiglia, filmati recuperati dal fondo Valsalici fino all’ultimo tour, Acuor contento. In primo piano ci sono le canzoni, ovviamente, gridate, sincopate, strozzate, singhiozzatein quei concerti in cui davvero si aveva la sensazione di sentire e vedere in tutta la sua caricacontraddittoria e però vitale un’epoca di gigantesca transizione.

Molti sono stati anche i momenti difficili nella vita di Giovanni Lindo Ferretti. «Ho scoperto diavere una grossa capacità disomatizzare il dolore». Diverse volteha rischiato di morire e diversevolte è riemerso. Effettivamente ilsuo modo di parlare, il suo sguardoche trapassa l’orizzonte perindugiare altrove è quello di unrinato, uno al quale ogni volta èdemandato il compito diricomprendere le cose, rinominarle.«Ho usato la musica per guarire» èforse la frase più bella del film,sicuramente la più intensa. «Finitala storia dei CCCP ho comprato unapuledra che mi ha aiutato ad uscireda quella storia». Il ragazzocresciuto a 100 metri dalla sezionedel Partito comunista e a 50 dalleputtane si è rimesso in moto, insilenzio, «sento una grossa necessitàdi silenzio, vorrei parlare solo lostretto necessario». Pronto aripartire, ancora, sempre a cavallo.

Dinosauri a colazione, però maligni.Il salutare shock visivo (e intellettuale)provocato dal recente capolavoro di RobZombie Le streghe di Salem trascina insurplus al piacere della riscoperta di unimmaginario basic eppure vigoroso fattodi satanismo pret-à-porter, capronicornuti e polverose maledizioni semprepronte a rinnovare le proprie molestie,tutto rigorosamente di marca seventies.Ecco allora subito riaffiorare un titoloscoppiettante, Il Maligno (The Devil’s Rain,1975), primo film americano per illondinese Robert Fuest, regista perVincent Price dell’indimenticabile ditticoL’abominevole Dr. Phibes e Frustrazione. Nelcorso del 18˚ secolo, uno stregone gettauna maledizione sulla famiglia Preston, readi averlo denunciato per un suomanoscritto dedicato alle anime adoratricidel demonio: ma di satanico c’èsoprattutto l’utilizzo di vecchie gloriedello schermo allo sbando, se all’operatroviamo Ernest Borgnine, Eddie Albert eIda Lupino, sotto consulenza di AntonLaVey, autentico fondatore della Chiesa diSatana negli Stati Uniti. Dvd consigliabilenell’edizione 84 Entertainment.

Politiche della famiglia. Aproposito di santoni, derive sociologichee lampi di controcultura, da non perdereil documento consacratoall’esperienza-limite vissuta negli annid’oro post-68 della hippie-bohème a LosAngeles, sotto la guida di Padre Yod. TheSource Family (Maria Demopoulos, JodiWille, 2012) ricostruisce le fasi delmodello di utopia concreta nata dallavolontà di Jim Baker (ribattezzato PadreYod), veterano della II guerra mondiale epersonalità tendenzialmente fuorileggedecisa ad applicare il proprio talento neicampi della musica e della ristorazionehealth, attività che gli attiraronol’attenzione di una comunità sempre piùampia di seguaci, così da gettare le basi diuna family (il solo Yod vantava di aversposato 13 donne) in cui sesso e cannabis– per dirne un paio – apparivano comefondamentali sacramenti, finoall’inevitabile scontro con l’ordinecostituito e l’altrettanto indifferibile fuga,destinazione Hawaii… Highlightdell’americano South by Southwest FilmFestival l’anno scorso, attualmente gira gliStati con proiezioni il cui calendario èdisponibile sul sito ufficiale:www.thesourcedoc.com

Dai retta a Ed Wood. Pubblicata inFrancia (editore Capricci) l’idiosincratica,rancorosa e «infame» guida a Hollywoodscritta nella metà degli anni Sessanta dalleggendario Ed Wood, Hollywood RatRace, ovvero in questa versione Commentréussir (ou presque) à Hollywood – Lesconseils du plus mauvais cinéaste de l’histoire.La letteratura di Wood sta a HollywoodBabilonia di Kenneth Anger come il suoPlan 9 from Outer Space potrebbe rispettoa Star Wars, ma l’inestricabile groviglio trasarcasmo e banalità rivestite d’angora,consigli in contropiede e disarmantiambiguità denuncia esattamente la crisi diuna Tinseltown già alloramitologicamente degradata. È così che lostardom (e la sua galassia di corollari)viene a essere strutturalmente smontato,con la garanzia di chi lo ha perversamenterincorso au contraire, dispensando agliaffamati di successo la lungimiranteraccomandazione di prepararsi al meglio– nella corsa dei topi – al sopraggiungeredel fallimento.

importanti del cinema americanocome i proprietari della Cannon chemi affidarono subito la regia diMaria's Lovers con Nastassja Kinskiche nel 1984 ebbe molto successo esubito dopo Coppola mi segnalò adalcuni produttori giapponesi chevolevano portare sullo schermo unsoggetto inedito di Kurosawa.L'anno dopo girai A trenta secondidalla fine, un film d'azione a sfondoesistenziale ambientato su un trenosenza conducente che corre tra lenevi dell'Alaska che mi ricordavanola Siberia. In fondo continuavo ilmio discorso sulla libertà iniziato inRussia. Questi due film che mifecero conoscere in America e ilsuccessivo la commedia Duet forOne con Julie Andrews in qualchemodo erano indipendenti, poirealizzai un paio di film tipicamentehollywoodiani per il botteghinocome Homer and Eddie e Tango &Cash con Stallone e Kurt Russell.

●Nei primi anni '90 è tornato inRussia. Perché ha lasciatoHollywood?Intanto sentivo il bisogno di tornarenella madre patria per raccontare letrasformazioni del mio paese neglianni della perestrojka, fino adarrivare alle contraddizioni dellaRussia contemporanea. Poi perchéil cinema americano stavacambiando, dopo la guerra è statoun cinema importante che hainfluenzato molto il miglior cinemaeuropeo e anche quello russo. Finoa metà degli anni '80 siproducevano film per gli adulti, peri genitori, poi Hollywood ha

privilegiato i teenager.

●In quest'ottica quindi ha volutorileggere «Lo schiaccianoci»realizzato per il grande schermo in3D?Alcuni hanno parlato di rilettura. Inrealtà molti conoscono il balletto diCajkovskij che è più vicino ai gusti ealla percezione dei bambini ma nonil racconto favolistico di Hoffmann,che invece è più dark e inquietante.

●Dove va il cinema secondo lei?Oggi viviamo in un mondoglobalizzato ed è tutto cambiato. Ilcinema, come le altre forme d'arte,risente di una committenza tacitaper un mercato globale. È unproblema di decadenza dellacultura occidentale che alimenta ilmarketing e viceversa. Oggi si parladi «democrazia di mercato» cheriduce sempre di più la libertàcreativa.

●Parlando a Napoli ad alcunistudenti, lei li ha messi in guardiadallo strapotere di Internet e dallacrescente ignoranza.Sul web oggi ci sono le risposte aqualsiasi quesito e questo fadiventare le persone più pigre,abbassa il livello di elaborazionedella mente di ognuno. Ma nonbisogna generalizzare. Lo sviluppotecnologico e informatico e larivoluzione digitale non si possonofermare ed hanno i loro indubbivantaggi. Il problema è chi detiene ilpotere dei mezzi che tende adivaricare la distanza tra unaminoranza che ha il lusso dipensare e una maggioranza chelegge cose stupide. In tal senso daquando fu inventata la stampa aoggi è cambiato poco. Ci sono pochiche ne fanno un uso misurato enecessario e hanno il tempo diriflettere e la maggioranza che neabusa freneticamente e in manieraalienante. È come se una RollsRoyce si potesse permettere diandare piano e una 500 fossecostretta a correre.

DAI RETTAA ED WOOD

DOCUMENTARIO ■ CINETECA DI BOLOGNA

Lindo Ferrettimusicista a cavallo

Una «confessione»raccolta dal «buen retiro»dell’ex cantante dei Cccpprima, e dei Csi e Pgr poi

Le foto in pagina: Andrej Konchalovskijdurante le prove di «La bisbetica domata».Nella pagina successiva, Lindo Ferretti

IL BLOG●●●Un nuovo blog è stato appena inaugurato, [email protected], rivista di cinema onlinedi Roberto Silvestri e Mariuccia Ciotta, inaugurato con i requiem per Ray Harryhausen, il Melièscaliforniano, per Taylor Mead pupillo di Andy Warhol (l’estremismo fantasy), per Mike Grey autore diThe Assassination of Fred Hanptonel leader dei Black Panther di Chicago, un capolavoro dicontroinformazione realizzato tra il 1969 e il 1971. Dal 15 maggio l’appuntamento con il blog è daCannes: sono già stati pubblicati un prologo sull’eccezione culturale e l’indispensabile appuntamentocon i film in programma, tra cui sono è stato recensito il film del momento «Il grande Gatsby»(un’attrazione da parco a tema) e «Jeune et Jolie» di François Ozon (come crearsi un alter egoavventuroso. Misterioso, clandestino, solitario).

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IL SAGGIO

di RAFFAELE K. SALINARI

●●●C’è un personaggio cheaccompagna, nascosto nel profondopermanente ed immutabile degliarchetipi infantili, tutta la vita diWalter Benjamin; un «chi è» chetroviamo armeggiante neinascondigli immaginali in cui ilfilosofo dei Passages ha volutoesplicitamente collocare lascaturigine del suo pensiero. Unessere metaforico che si nascondenel buio più recondito da cuioriginano le sue folgorantiintuizioni, e che da quellapostazione gli disamina la visionedelle cose. Questo personaggio hasolo una speciale richiesta, che faper perpetrarsi nel tempo e nelricordo di altre generazioni,eternizzare la sua essenzamutandone la forma, come avvieneper ogni immortalità simbolica:chiede che il suo nome resti segreto.In caso contrario egli sparirebbe, econ lui il mondo che lo ospita. È ildybbuk di Walter Benjamin:l’«omino con la gobba» chetroviamo nascosto anchenell’automa giocatore di scacchidella prima Tesi sul concetto distoria. «È noto che sarebbe esistitoun automa costruito in unmodo tale da reagire adogni mossa di ungiocatore di scacchi

con una contromossa che gliassicurava la vittoria. Un manichinovestito da turco, con una pipa inbocca, sedeva davanti allascacchiera, posta su un ampiotavolo. Con un sistema di specchiveniva data l’illusione che vi sipotesse guardare attraverso da ognilato. In verità c’era seduto dentro unnano gobbo, maestro nel gioco degliscacchi, che guidava per mezzo difili la mano del manichino. Uncorrispettivo di questomarchingegno si può immaginarenella filosofia. Vincere sempre deveil manichino detto «materialismostorico». Esso può competeresenz’altro con chiunque se prendeal suo servizio la teologia, che oggi,com’è a tutti noto, è piccola ebrutta, e tra l’altro non deve lasciarsivedere». Ma questo «nano gobbo»,per ammissione dello stessoBenjamin, è in realtà un suo«doppio», il dybbuk che lo possiedee lo spinge a fare ciò che vuole, cosìdirà nel suo saggio Avanguardia erivoluzione, citandolo comeimparentato ai personaggiscanzonati, vagabondi e gioiosi diRobert Walser «che si muovononella notte, dove essa è più nera;una notte veneziana, se si vuole,

illuminata dai deboli lampionidella speranza, con qualche

luce di gioia negli occhi». Ildybbuk, nella tradizione

popolare ebraicapolacca e tedesca, è lo

spirito disincarnato alquale è stato vietato

l’ingresso in paradiso per avercommesso peccati mortali, come ilsuicidio per amore. Ad alcune diqueste anime, per imperscrutabilimotivi, viene data la possibilità diemendarsi condividendo l’anima diun altro corpo, ed avere così unaseconda possibilità.

Nelle vecchie sinagoghe diBerlino, quando Benjamin eraancora bambino, si narrava anche

che i dybbuk fossero fuggiti dallagehennaa, un termine ebraicotraducibile liberamente con «luogodei miasmi». Ma ciò che dà il sensoultimo del dybbuk è l’etimologiadella parola, che deriva dall’ebraicodavok, «attaccarsi»: il dybbukdunque è un qualcosa che si attaccaad un vivente per coabitare in esso,in senso ampio una «possessione».Questa simbiosi forma undibbukim, ed è così che descrive lapropria relazione con l’«ominogobbo» il filosofo berlinese in unalettera all’amico Gershom Scholem:«conserva le mie immagini, io nonposso dividermi da lui», come adevocare qualche cosa dideterminativo per tutto il suoessere. Questo personaggio apparela prima volta nella raccolta diimmagini Infanzia berlinese, editapostuma nel 1950 a cura dell’amicoTheodor Adorno: «Nel 1932, mentreero all’estero, iniziai a rendermiconto che presto avrei dovuto direaddio per molto tempo, forse persempre, alla città in cui ero nato…Nella mia vita interiore avevo piùvolte sperimentato come fossesalutare il metodo dellavaccinazione, lo seguii anche inquesta occasione eintenzionalmente feci emergere inme le immagini - quelle

dell’infanzia - che in esilio sonosolite risvegliare più intensamentela nostalgia di casa. Cercai dicontenerla restando fedele non alcriterio della causale irrecuperabilitàbiografica del passato bensì aquella, necessaria, di ordine sociale.Ciò ha comportato che i trattibiografici che si delineano piuttostonella continuità che nella profonditàdell’esperienza, in questi branirestino del tutto sullo sfondo. E conessi le fisionomie - quelle della miafamiglia al pari di quelle dei mieicompagni. Mi sono invece sforzatodi impadronirmi di quelle immaginiin cui l’esperienza della grande cittàsi sedimenta in un bambino dellaborghesia. Ritengo possibile che atali immagini sia riservato unparticolare destino. Non sonoancora attese da forme benmodellate come quelle di cui, nelsedimento della natura, da secolidispongono i ricordi di una infanziatrascorsa in campagna. Le immaginidella mia infanzia nella grande cittàinvece sono forse idonee apreformare nel loro intimol’esperienza storica successiva.Almeno in queste, spero, apparecomprensibile quanto colui di cuiqui sui parla in una fase successivafece a meno della sicurezza che eratoccata alla sua infanzia». CosìWalter Benjamin motiva la ricercadelle sue immagini-guidanell’introduzione di Infanziaberlinese. Qui il tema del ricordo,della recherche di tipo proustiano, sialimenta, ma solo in apparenza, diun percorso metropolitano che,però, finisce inevitabilmente perconvergere verso quel personaggioattorno al quale, per esplicitaammissione e scelta dell’autore,gravitano tutte le immagini capacidi «preformare nel loro intimol’esperienza storica successiva». QuiBenjamin allude, ancora una volta,alla «debole forza messianica» dicerte immagini, forse in grado disalvare un futuro presente sul qualegià si stendeva minacciosa l’ombraincombente del nazismo. TheodorAdorno bene identifica questo nessoquando, nella postfazione allaprima edizione della raccoltaafferma: «Infanzia berlinese è statascritta all’inizio degli anni Trenta…Le immagini che il libro fa emergere

fino ad una sconcertante vicinanza,non sono né idilliache nécontemplative. Su di loro si stendel’ombra del reich hitleriano. Comein sogno, congiungono l’orrore chequesto suscita a ciò che è stato. Difronte alla dissoluzione del propriopassato biografico, l’intellettualeborghese, con terrore panico,prende consapevolezza di se stessocome parvenza». E cosa ci puòessere di più parvente,fantasmatico, ma al tempo stessoreale e permanente, di unpersonaggio infantile con il quale siè colloquiato durante i lunghi annidella propria formazione psichica?La sua centralità è tale,nell’economia di Infanzia berlinesee non solo, che Adorno, nellapostfazione, dice chiaramente che:«L’omino con la gobba dovevaservire da conclusione».

Dunque nel rito messianico cheBenjamin amministra attraversol’accurata scelta delle immagini,all’«omino con la gobba» vieneaffidata una promessa di salvezza.

La scansione delle immagini diInfanzia berlinese, infatti, ci guidaverso l’«omino con la gobba»attraverso la descrizione di luoghidefiniti, come il Kaiserpanorama,un precursore del cinema con

●●●Walter Benjamin Infanzia berlinese. Einaudi. La descrizione delleimmagini «capaci di futuro» scelte nella memoria del filosofo tedesco inuna Berlino del primo Novecento, in cui la visionaria intuizione diBenjamin intravede nel passato fantastico dell iinfanzia la possibilità diuna salvezza futura dalle emergenti ombre del nazismo. Sarà infinel’omino gobbo a nascondere nella sua deformazione la scintillamessianica affidata alle favole infantili.Gershom Scholem, Walter Benjamin ed il suo angelo. Adelphi.L’amico di una vita ricostruisce in questo folgorante saggio la relazionetra Benjamin ed il famoso dipinto di Klee «L’angelo della storia» che ilfilosofo berlinese vedeva come la metafora del passato che però nonimedisce al vento impetuoso del futuro di richiamare l’umanità allasperanza messianica. In realtà il quadro fu per Benjamin metafora ben piùintima, essendo da lui identificato come l’immagine del contrastatoamore per Asija Lacis la giovane rivoluzionaria russa che lo introdusse almarxismo costringendolo a creare un originale quanto doloroso pontetra fede ebraica e materialismo storico.Walter Benjamin, Tesi sul concetto di storia, Erinaudi. Le tesi eranooriginariamente l’introduzione al visionario lavoro sui Passage di Parigi.Nella prima tesi compare la leggendaria figura del Turco l’automagiocatore di scacchi realmente esistito e che sconfisse anche Napoleone.Raffaele K Salinari SMS Simboli Messaggi Sogni,Punto Rosso. Laricostruzione del rapporto tra Benjamin e le sue visioni infantiliricostruite attraverso le geneslogia dell’omino gobbo e della suarelazione con altri personaggi della cultura ebraica dal Dybbuk al Golemdi Rabbi Loew.

BIBLIOGRAFIA

Walter Benjamine l’omino con la gobba

A sinistra, in apertura e inbasso, immagini cheillustravano una popolarecanzone per bambini («Dasbucklicht Männlein»)

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immagini da vedere attraversostereoscopi davanti ai qualisedevano gli spettatori, o i ricordidel Tiergarten, il grande parco alcentro della città con i suoi favolosianimali, la lontra, i pavoni le farfalle,o della sua casa immersa nella lucelunare che «non è destinata alnostro vivere diurno», con tutto ilcorteo domestico di armadi, calzini,la scatola con gli strumenti percucire, o il telefono che, all’epoca, sene stava «incompreso ed esiliato».

Dopo queste «stanze», a mo’ diintroduzione, ecco ad un trattoapparire un essere, una entità,totalmente distinta, un totaliteraliter cui Benjamin,inaspettatamente, attribuisce ilruolo di alter ego, ma di un tipoaffatto particolare, dato che è lui avedere, senza essere visto, tutte leimmagini precedenti: «Quandocompariva restavo con un palmo dinaso (nell’originale tedescoBenjamin usa l’espressione dasNachsehen haben, alla lettera«seguire le cose con lo sguardo»). Eintanto le cose si ritraevano, sino ache, passato un anno, il giardinodivenne un giardinetto, la miacamera una cameretta, la panca unapanchetta. Le cose siassottigliavano, ed era come sespuntasse loro una gobba che leassimilava all’omino. L’omino mianticipava sempre. Enell’anticiparmi intralciava il miocammino. In realtà non faceva cheriscuotere di ogni cosa cui volgevo

la mia attenzione, la metà deldimenticare… Fu sempre solo lui avedere me. Mi vide nel nascondiglioe davanti al recinto della lontra, neimattini d’inverno e davanti altelefono…».

L’«omino gobbo» dunque,assimila progressivamente il mondovisionario ed infantile di Benjaminnella sua gobba, riscuotendo inoltrela «metà del dimenticare». Eccoperché il filosofo, alla fine, lo ritieneil suo dybbuk, una entità che vivecon lui, che condivide i sui pensieripiù nascosti, ed anche che liprotegge dalla storia nella suamistica gobba. Come nonrichiamare un’altra immagine-guidadi Benjamin, quella dell’Angelodella storia con il volto alle maceriedel passato e le ali già spiegate versoil futuro? Non è forse il mondo chel’omino con la gobba preserva nellasua deformazione a costituire ilpossibile futuro verso il qualel’Angelus Novus viene spinto? Comedirà delle immagini-costellazionenei suoi Passage parigini, l’«ominocon la gobba» vive in un luogo incui «un’epoca sogna la successiva».

Tutto ciò che si producenell’ebraismo, ha scritto Rosenzweigin La stella della redenzione,comporta una doppia relazione, dauna parte con questo mondo edall’altra con un mondo che devevenire: Benjamin ricava il suo spazioin questa tradizione. Ecco perchél’«omino con la gobba» di Infanziaberlinese, nascosto nel buio

notturno della cantina, così come ilsuo corrispettivo nascosto nel buiodell’automa giocatore di scacchinelle Tesi sul concetto di storia, verràda Benjamin continuamente citato,richiamato, allusivamente evocatoin una pluralità di saggi, comequello su Kafka, al fine di essere poiutilizzato come veicolo metaforico,affidabile proprio per la suaspecificità formale, per quella caricaproiettiva che in Benjamin, come intutti i grandi visionari, cambiava dipolarità mutando la deformità insalvezza.

La genia dell’omino con la gobbaMa chi erano i sodali dell’«omino

gobbo», la sua genia occulta,nascosta nella buca delpalcoscenico infantile del filosofoberlinese? Tra quali personaggi dellatradizione ebraica egli lo avevascelto per la capacità di trasformarein visione messianica le angustie ele paure della sua vita errabonda, indeflusso escatologico le ansieinfantili? Il filo sottile che lega questipersonaggi viene costantementeevocato da Benjamin come in unaformula alchemica, in cui ciò che silegge non corrisponde a nulla difruibile se non per un iniziato chepossegga la chiave di lettura.L’«omino gobbo» appartiene, loabbiamo accennato, a quella stirpedi figure che Benjamin riferisceall’arte di Robert Walser; in specificoa quella parte che «ci rivela dondeprovengono i suoi diletti. E cioèdalla follia, e basta».

Si tratta però di una forma di«follia» particolare, più definibilecome «mania», avrebbe dettoPlatone nel Fedro (244 A-C), comequella che «viene dalle Ninfe», cheporta i doni più ambiti, una folliache «illumina».

Anche in una lettera al suo amicoGershom Scholem, Benjamin scriveche «la follia è l’essenza deipersonaggi di Kafka; da DonChisciotte, agli assistenti, fino aglianimali», e aggiunge che solo l’aiutodi un folle è veramente un aiuto.

«Vi è, come dice Kafka, un’infinitasperanza, solo non per noi». Eccoche il dybbukim WalterBenjamin-omino con la gobba, altempo stesso lui e non lui, puòlanciare uno sguardo sull’infinitasperanza. Nel saggio su Kafka,Benjamin ci spiega che «questoometto è l’inquilino della vitadistorta; e svanirà quando verrà ilMessia, di cui un gran rabbino hadetto che non intende mutare ilmondo con la violenza, ma soloaggiustarlo di pochissimo». E allora,questo «aggiustare di pochissimo»,questo raddrizzare i torti, comeforse la gobba dell’omino, mettonoil personaggio «kafkiano» in direttarelazione col Messia.

Il «gran rabbino» a cui Benjaminfa riferimento è Rabbi Nachman diBreslav, uno dei padri fondatori delchassidismo, il movimento misticopopolare che vedeva la speranzapalingenetica depositata negliemarginati, i folli e gli inetti. Rabbi

Nachman sosteneva, condisarmante semplicità, che «lavenuta del Messia non cambierànulla, salvo che ognuno si accorgeràdella propria insipienza».

Da questo riferimento capiamoanche l’attitudine di Benjaminrispetto al mondo misteriosodell’infanzia, a quei segreti nascostiall’interno della gobba dell’ominocome nel buio dell’automagiocatore di scacchi. Per questacorrente del misticismo ebraico,infatti, il solo nominare questisegreti senza svelarli, potevaaffrettare l’avvento dei tempimessianici. Per capire il chi èdell’«omino con la gobba» si devedunque tornare alle visioni infantiliche egli ritrovava nelle esperienzecon l’hashish, dove ad un certopunto dice: «La maleducazione è ildispiacere che il bambino prova peril fatto di non essere capace dimagia. La sua prima esperienza delmondo non è che gli adulti sono piùforti, ma la sua incapacità dipraticare la magia».

L’«omino con la gobba» è dunqueun essere favoloso che ci riporta aimomenti estatici, aurorali,

dell’entusiasmo infantile: il tempodel mistero e del segreto, quando«tutto era ancora possibile».

«Non crediate il destino sia piùche l’intensità dell’infanzia» diceRilke, e nessuno più di Benjamin,che ha teso tutta la sua vita tra lepolarità di una fede politicamaterialista e una religiosità mistica,può capirlo.

Anche nel romanzo di EliasCanetti Auto da fé (nell’originale DieBlendung, accecamento), comparivaun gobbetto giocatore di scacchi,l’ebreo Fischerle, anche lui simbolodel legame che l’uomo deve averecon le rovine del passato se vuoleprogettare il futuro. Sia perBenjamin che per Canetti, allora,l’«omino gobbo» è il fantasmadell’identità che per nascondersi esalvarsi, ma anche per agiresottilmente sul mondo, deveprendere forme deformi.

Sullo sfondo di queste storie sistagliano infine figure come quelledel Golem, creato da Jehuda Löwben Bezalel, rabbino in Praga nelsedicesimo secolo, odell’Homunculus di Paracelso:simulacri di vita prodottiartificialmente ed al servizio del loropadrone certo, ma solo in quantoanimati dalle stesse forze misticheche donano la vita, o la morte, agliesseri umani che li hanno concepiti.

La confessioneQuesta chiave di lettura intima,

personalissima, ci viene data daBenjamin in punto di morte, comeestrema confessione che ritroviamoin una lettera alla adorata GretelAdorno, alla quale ha affidato ilsegreto dei suoi ricordi. Siamo qui apoche ore della morte suicida, nelSettembre del 1940 a Port-Bou inSpagna, mentre tentava di emigrarenegli Usa. Benjamin ha con sé unaborsa nera nella quale, forse, si trovala stesura finale, «assoluta» dirà lui,delle Tesi, che egli vedeva comepremessa necessaria al grandeaffresco dei Passage.

Il suo stato d’animo è bendescritto dalla lettera nella qualeritorna il contenuto intimista delleimmagini di Infanzia berlinese: «Perquanto concerne la tua richiesta diappunti che possano risalire allaconversazione sotto gli alberi dimarronniers, ebbene, si è presentatain un momento in cui proprioquegli appunti mi hanno dato dafare. La guerra, e la costellazioneche l’ha portata con sé, mi hacondotto a mettere per iscrittoalcuni pensieri che posso dire diaver tenuto per almeno vent’annicustoditi in me, anzi preservandolipure da me stesso. Questo è anche ilmotivo per cui persino a voi non hoconcesso altro che un fuggevolesguardo su di essi. La conversazionesotto i marronniers fu una breccia inquesti vent’anni. Ancora oggi te liconsegno più come un mazzetto dierbe sussurranti messe insieme inpasseggiate meditative che comeuna raccolta di tesi (...). Esse mifanno supporre che il problema delricordo (e dell’oblio), che vi apparead un altro livello, mi terrà occupatoancora per molto tempo». In realtàegli non ebbe tutto il tempo cheavrebbe voluto, pochi giorni dopouna dose di morfina lo stroncherà,ma nella missiva respiriamo l’ariache aleggia intorno ai misteriosipersonaggi che vengonodirettamente dai giorni dell’infanzia,la loro scaturigine onirica edallusiva, che li rendeva passage deipensieri segreti che solo in punto dimorte Benjamin si era deciso asvelare. E allora capiamo che lapreghiera finale di Infanziaberlinese dedicata al personaggiokafkiano, è in realtà per se stesso:«Prega bambino mio, per l’ominocon la gobba prega Iddio».

un’immagine da «Der Golem» (1920)regia di Paul Wegener e Carl Boese

«La maleducazione è il dispiacere che il bambino prova per il fattodi non essere capace di magia. La sua prima esperienza del mondo non è che gliadulti sono più forti, ma la sua incapacità di praticare la magia»

In alto a sinistra illustrazioni da libri perbambini, sotto: Walter Benjamin eun’edizione di «Berlin Chilhood» diBenjamin

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TEMPO DI ESAMI ■ LE FINALI

Tra una carambolae un giro di bridge

di PASQUALE COCCIA

●●●Perché vietare le biciclette econsiderarle pericolose armi daguerra, se il generale Bava Beccarisaveva fatto ricorso ai cannoni perplacare le rivolte operaie scoppiatea Milano nel maggio del 1898? Ladomanda ingenua, la poneva uncronista del Corriere della Seraall'indomani di quel 7 maggio,quando la reazione non esitò aordinare di far ricorso ai cannonipur di placare la rabbia operaia edare un colpo mortale alle barricatesorte in vari punti della città, chefacevano presagire un'insurrezionegenerale e agli industriali chefossimo alla vigilia della rivoluzione.Il rumore dei pedali cheimprimevano forza alle biciclettenon piaceva affatto al generale BavaBeccaris, tanto che ne decretò ildivieto a Milano e nell'interaprovincia.

Tra la fine di aprile e la primasettimana di maggio del 1898 aMilano, e in altre città italiane,scoppiarono tumulti che videroprotagonisti migliaia di operai econtadini.

La disoccupazione e i bassi salari,unitamente agli orari di lavoromassacranti nelle fabbriche,avevano determinato uno statogenerale di malcontento, ma lascintilla che fece scoppiare le rivoltespontanee fu l'aumento del prezzodel pane passato da 35 a 60centesimi. A ribellarsi per primifurono i contadini della Puglia, il 27aprile di quell'anno e subito dopoquelli della Romagna, proteste dipiazza violente si ebbero il 2maggio a Firenze, e il 4 maggio aNapoli, tanto che fu dichiarato lostato di assedio. Vista la situazionegenerale, il ministro dell'Internoinvitò i prefetti ad assegnare alleautorità militari il compito diristabilire l'ordine. Manifestazioni siebbero anche in altri centri ad altaintensità industriale, come leprincipali città lombarde.

A Milano gli operai della Pirellifurono i primi a mobilitarsi,lavoratori e sindacalisti chevolantinavano erano stati arrestati epoi rilasciati, ma uno di loro futrattenuto. La solidarietà deglioperai delle principali fabbrichemilanesi non si fece attendere e alle18.30 del 6 maggio un migliaio dioperai, dopo aver risposto con unafitta sassaiola alle cariche dellapolizia, assaltò la questura. Undrappello di militari rinchiusiall'interno non esitò a sparare e aterra rimasero due morti enumerosi feriti, gli operai furonodispersi, mentre le forze dell'ordine,al servizio degli industriali impauritidalle rivolte operaie, facevano leprove generali di quello che

sarebbe successo il giornosuccessivo sabato 7 maggio,quando a Milano fu proclamato losciopero generale. Oltre agli operaidelle principali fabbriche milanesi,vi aderirono i ferrotramvieri,lavoratori di piccole imprese,giovani e una parte consistentedella popolazione. Furono erettebarricate a Porta Venezia, a PortaTicinese e a Porta Garibaldi e inaltri punti della città. Fu allora che ilgenerale Bava Beccaris dettel'ordine di sparare con i cannoni suidimostranti, che avevano l'unicacolpa di protestare per l'aumentospropositato del prezzo del pane.Alcune centinaia furono i morti emigliaia i feriti.

Il 10 maggio a ogni angolo distrada di Milano, veniva affisso suimuri un manifesto a firma delgenerale Beccaris che riportava ilseguente avviso: «Da domani e finoa nuovo ordine è vietata nell'interaprovincia di Milano la circolazionedelle Biciclette, Tricicli e Tandems esimili mezzi di locomozione. Icontavventori saranno arrestati edeferiti ai Tribunali di Guerra. Letruppe e gli agenti della forzapubblica sono incaricatidell'esecuzione del presentedecreto» avvertiva minaccioso ilmanifesto. Perché tanto timoredelle biciclette, dunque, se ilgenerale Fiorenzo Bava Beccaris lasera del 8 maggio aveva telegrafatoal Presidente del Consiglio Antoniodi Ruidì e al ministro della GuerraAlessandro Asinari, che la rivoltaoperaia di Milano si poteva «seppur a suon di cannonate?

La spiegazione viene ancora dallecolonne del Corriere della Sera diquel giorno: «». La biciclettadivenne il mezzo più rapido per fararrivare il cibo e gli avvisi airivoltosi, che avevano eretto lebarricate durante le quattrogiornate di Milano. «» si leggevasulle colonne del quotidiano di viaSolferino «».

Tra i rivoltosi arrestati nei moti diMilano del 1898, come riporta lacronaca del Corriere, anche LuigiMasetti, definito per le sue idee «».Nato a Trecenta nel 1864 ventenne

andò a lavorare nel Polesine. Inseguito emigrò a Milano e poi inSvizzera. A Trecenta entrò incontatto con Nicola Badaloni,medico mazziniano e poi socialista,delle cui idee libertarie edegualitarie Masetti subì il fascino.Volse, negli anni a venire le suesimpatie verso gli ideali anarchci.Fu uno dei pionieri del cicloturismoin Italia e anche scrittore, narròattraverso lunghi reportage i viaggiin bicicletta di cui fu protagonista,come quello effettuato nel 1892 cheda Milano, grazie a una biciclettafaticosamente acquistata, lo portòin giro per l'Europa pedalando per3.500 km., e nel 1893, grazie a unasponsorizzazione interamentefinanziata dal Corriere della Sera ealle simpatie di cui godeva pressoil direttore Eugenio Torelli Vollier,mosse da Milano per raggiungereaddirittura Chicago, pedalandoper un totale di 7 mila km. La suanotorietà per le imprese realizzatesul finire dell'Ottocento, non gliimpedì di essere al fianco deglioperai e rispondere dal sellinoalla dura repressione che lareazione aveva affidato ai cannonidi Bava Beccaris.

di P.C.

●●●Nella parte finale dell'annoscolastico, quello fatto di convulseinterrogazioni, ripassi fino a nottefonda prima dell'ultimainterrogazione e dell'ultimo compito,che decideranno se l'estate sarà datrascorrere con gli amici o chini suilibri, il ministero dell'istruzioneorganizza le finali di biliardo sportivo,che si terranno il 20 maggio aMozzate in provincia di Como.Milioni di studenti invaderanno iltranquillo paesino comasco, in nomedell'irresistibile attrazione cheprovano verso il biliardo sportivo,attività che praticano ogni giorno ascuola, visto che a ogni angolo dicorridoio si trovano biliardi. Glistudenti amanti del biliardo, avrannopensato bene di sistemare uno inclasse, in modo tale che nel cambiodell'ora, quando esce un professore ein attesa che arrivi l'altro, possanofare qualche tocco, c'è sempre tempoper una carambola o una sponda,prima dell'appello. Il biliardosportivo, sport scolastico pereccellenza, spingerà gli studenti alasciare i libri di scuola aperti suibanchi per confluire il 20 maggio tuttia Mozzate.

Nel bel mezzo dell'estate, glistudenti delle superiori italianeabbandoneranno le località divacanza al mare, in montagna o sesaranno in giro per il mondo, perconfluire tutti a Palinuro, inprovincia di Salerno, dove dal 15 al21 luglio si svolgeranno le finalinazionali scolastiche del bridge,altro gioco popolare tra gli studenti,che ci proietta ai primi posti nelmondo per numero di praticanti. Seai ministri della pubblica Istruzionedi centrosinistra e centrodestra, chesi sono succeduti negli ultimi ventianni possiamo rimproverare di avermiseramente fallito riguardo allapolitica che voleva un computer perogni studente, non possiamo direaltrettanto per il bridge. Lalungimiranza dei dirigentidell'Istruzione, ha fatto si che suogni banco di scuola ci fosse unmazzo di carte per esercitarsi nelgioco del bridge.

Riteniamo che, al di là delle faciliironie, il gioco del biliardo, quello delbridge, gli scacchi e la dama, perquesti ultimi il ministerodell'Istruzione ha previsto finalirispettivamente a Montecatini e aRoma, siano degni di tutto rispetto,ma che non si praticano affatto ascuola, come avviene per i giochitradizionali di pallacanestro,pallavolo, pallamano, calcio, ecc.Pensiamo che il tentativo delministero dell'Istruzione sia quello didarsi una parvenza europea,imitando altri paesi dove questi sportsono praticati, perché rientrano nellepolitiche scolastiche del tempo liberodegli studenti. In Italia, invece, è tuttolo sport che fa acqua a scuola, acominciare dai tagli effettuatiquest'anno dal Miur di ben 20 milionie all'avvio dell'attività sportiva ascuola a marzo e non a ottobre, comeavveniva negli anni precedenti,furberie di bassa lega che hannoprodotto ulteriori risparmi di risorseeconomiche. Il risultato? Secondoun'indagine effettuata dall'Ue nel2012, gli studenti europei chepraticano lo sport a scuola sono il19%, mentre gli italiani sono appenail 3%.

SPORTL’ANARCHICO A DUE RUOTE ■ LUIGI MASETTI

Divietodi biciclette,triciclie tandem

Nel 1898 BavaBeccaris feceemanare undecreto in cuisi vietavadi circolare conquelle pericolosearmi da guerraa due ruote.Contravventoreillustre, fuun famoso ciclistadell’epoca

In pagina: ritratto del ciclista Luigi Masettie il decreto del divieto di circolazione in bici

LA STORIA

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I REGISTI

LA SATIRA

LA MOSTRA

ESTERNO SERADI BARBARA ROSSI PRUDENTE, CON VALENTINAVACCA, EMILIO VACCA.ITALIA 2013

0Alba riceve dopo dieci anni lavisita di Fabrizio, suo cugino,che vive a Milano e che, dopo

tanto tempo, decide di rivederlA.Tra diloro rinasce l'affetto di un tempo el'amore che impedisce a Fabrizio disvelare il vero motivo della sua visita.Nel cast Ricky Tognazzi.

NERO INFINITPDI GIORGIO BRUNO, CON FRNCESCARETTONDINI, RICCARDO MARIA TARCI. ITALIA2013

0Dora Pelser è una scrittrice dithriller di successo ma un serialkiller li prende a ispirazione per

uccidere, seguendo alla lettera ledescrizioni degli omicidi. Sulla suaidentità indagano due poliziotti,l'ispettore capo Elena D'Aquino el'ispettore Valerio Costa che, dopo aversospettato anche di Dora e del suoeditore Piero Mazzoni, concentrano laloro attenzione su Leo, un giovanebarista.

BENUR - UN GLADIATORE INAFFITTODI MASSIMO ANDREI, CON NICOLA PISTOIA,PAOLO TRIESTINO. ITALIA 2012

7Le caratteristiche che hannofatto apprezzare Andrei nel suofilm d’esordio Mater Natura alla

Settimana della critica di Venezia, qui cisono tutte, la propensione al popfiammeggiante, l’andamento musicaleimportante, la tenerezza, ilmelodramma. Qui si passagagliardamente dall’ambientazionenapoletana a quella romana, dove, dallapièce teatrale di Gianni Clementi,Sergio, che era uno dei primi cinquestuntman di Cinecittà ora si arrangiafacendo il gladiatore al Colosseo,insieme a Milan (un nome adatto aigiochi di parole). Commedia dal cuoreamaro. (s.s.)

LA CASADI FEDE ALVAREZ, CON JANE LEVY, SHILOHFERNANDEZ. USA 2013

1Sembra quasi privo dielaborazione o progettazione,remake dello stracult di Sam

Raimi. Compatto, veloce, sprezzante,l’uruguayano Alvarez divora tutto, nellacalma impassibile del (solito) chaletscricchiolante e dei boschi dove il maleè in agguato. Ritorna anche l'impervioNecronomicon, rilegato in pelle umanae scritto col sangue di una vergine.Alvarez elegge Mia a «scream queen»,dissennata,assonnata, nevrotica. C'èmolto realismo e per chi ha il cuoredebole sarà dura parare la botta. Èanche un progetto schizofrenico: nellaprima parte ci affezioniamo a deicomuni ragazzi, nella seconda entriamoin una specie di zona allucinogena.(fi.bru.)

CONFESSIONSDI TETSUYA NAKASHIMA, CON CON TAKAKOMATSU, YUK NISHII, GIAPPONE 2010

7Nakashima, noto soprattuttoper il coloratissimo KamikazeGirls, film simbolo del genere

kawaii («carino», «colori pastello»), èconsiderato un maestro del genere.Confessions rappresenta un drammaticocambiamento di rotta, annegato inun’atmosfera opprimente e cupamentemonocromatica. Rispetto alledeflagrazioni visive dei suoi filmprecedenti, si muove all’interno di unospettro cromatico teso esclusivamentefra il nero più minaccioso e il grigio piùasfissiante. Come in una variante daincubo del classico schema Rashomon,Confessions mette in scena la vendettadi un’insegnante ai danni della suascolaresca convinta che fra i suoistudenti si celino gli assassini di suafiglia, una bambina di quattro anni.(g.a.n.)

EFFETTI COLLATERALIDI STEVEN SODERBERGH, CON JUDE LAW,CHANNING TATUM. USA 2013

6L’elemento oscuro chel’intreccio promette si perdenella commistione consueta di

generi, il genere psichiatrico innestatosulla detective story, più il film didenuncia contro le case farmaceutichegenere tenuto ben sotto controllo pernon far perdere proventi e nellanecessità di confezionare un prodottorassicurante. Infatti, tranquilli non didevastanti effetti collaterali a causa dimedicinali si tratta (non siamo nei pressidi Michael Moore), ma come sempre diquell’inafferrabile mostro senza voltoche è la finanza (condita di misoginia).(s.s.)

IL GRANDE GARSBY (3D)DI BAZ LUHRMANN, CON LEONARDO DICAPRIO,CAREY MULLIGAN. USA 2013

5Il 3D non aiuta e il libro èfamoso per la sua brevità (180pagine) quanto il film è lungo (2

ore e 23 minuti). Luhrman citadiligentemente Fitzgerald ma gli sfugge laradicalità tranchant, la limpidezza divisione del romanzo e, cosa principale lasua tragica, meravigliosa «americanità».Leonardo DiCaprio è un Gatsby moltopiù riuscito, complesso di quanto nonfurono i suoi Edgar J. Hoover e HowardHughes, più dolorosamentefitzgeraldiano, internamente diviso diquello timidamente introspettivo diRedford. (g.d.v.)

HANSEL E GRETELCACCIATORI DI STREGHEDI TOMMY WIRKOLA, CON JEREMY RENNER,GEMMA ATERTON. GERMANIA USA 2013

7Stravagante, forse nontotalmente riuscito, ma moltodivertente Hansel e Gretel

cacciatori di streghe del regista norvegeseTommy Virkola, ricca coproduzionetedesco-americana (50 milioni di dollari,ne ha già incassati 55 in America). È unavera incursione del cinema europeo nelterritorio horror fiabesco in 3D dellanuova Hollywood, che non ha finoraprodotto grossi risultati e ci haammorbato con inutili Biancaneve enani non sempre di prima scelta. (m.gi.)

KIKI CONSEGNE A DOMICILIODI HAYAO MIYAZAKI, ANIMAZIONE. GIAPPONE1989

1Capolavoro di HayaoMiyazaki uscito dallo StudioGhibli nel lontano 1989 (ora

nelle sale italiane, distribuisce LuckyRed), è la magnifica metafora deiturbamenti di un corpo - e unamente - in rapido cambiamento. È unromanzo di formazione tutto alfemminile dove la «crisi», la perditadi potere e la riconquista dellafiducia in se stessi sono le temibiliprove da superare. Nessun effettospeciale sostiene Kiki nella suaimpresa, se si esclude quelprodigioso volo che affascinerà unodei pochi esemplari maschili del film,Tonbo, il simpatico ragazzino chesogna di costruire macchine perattraversare il cielo e che costituiràl’occasione del riscatto (a.di.ge.)

A LADY IN PARISDI ILMAR RAAG, CON JEANNE MOREAU, LAINEMAGI. FRANCIA 2013

6Il cinema estone è pococonosciuto e questo esempio dicoproduzione ce ne dà un

assaggio, scarno tentativo di approcciocon il mondo occidentale rappresentatoda Jeanne Moreau che gioca afarel’anziana signora dallo splendidopassato e che ora ha bisogno diun’accompagnatrice. Anne, estonecome lei, arriva dal suo villaggio e fa ditutto per toglierle dalla testa pensierisuicidi. Più ricco il fuoricampo di quelloche viene messo in scena, da lontaniricordi letterari, a un paese lasciato alle

spalle, alla giovinezza irrimediabilmentefinita. In ogni caso non futile, anche secorre su binari tranquilli. (s.s.)

IL MINISTRODI PIERRE SCHOELLER, CON OLIVIER GOURMET,MICHEL BLANC. FRANCIA 2011

7La scommessa del regista esceneggiatore francese èportarci dentro ai rituali del

potere. E al di là degli schieramenti,destra o sinistra, e visto che il film è del2011 è abbastanza facile leggervi ilriferimento alla Francia dell’expresidente Nicolas Sarkozy. Schoellerfotografa lucidamente l’ambiguità attualedella democrazia, e soprattutto quellafrattura che nel caso italiano, ma nonsolo, sta diventando sempre più grandetra «noi», i cittadini, e «loro», gli uominipolitici. Prodotto dai fratelli Dardenne èl’occasione per interrogarsi su undiverso senso di «cinema politico».(c.pi.)

MI RIFACCIO VIVODI SERGIO RUBINI, CON NERI MARCORé, LILLO,EMILIO SOLFRIZZI. ITALIA 2013

7Minnelli? Blake Edwards? Capra?In questo un po' pasticciato, macarinissimo film l'ispirazione

viene applicata al cinema fantastico dellostesso Rubini, che ci aveva dato unpiccolo gioiello come L'anima gemella,dove già c’erano scambi di personalità edi corpi, trova la sua chiave di messa inscena grazie a gran parte dei nostrimigliori attori brillanti, che il registariesce a dirigere alla perfezione. Così,anche se il copione ha qualche pecca, lacommedia è gradevole (m.gi.)

NO I GIORNIDELL’ARCOBALENODI PABLO LARRAIN, CON GAEL GARCIA BERNAL,ALFREDO CASTRO. CILE 2012

8Larrain Chiude la sua trilogiacon la fine della dittatura inquesto film dedicato al

plebiscito che senza colpo ferire, con lasola forza dell’ironia (una risata viseppellirà) costrinse i militari adandarsene. Si chiedeva al popolo sevotare Sì o No a Pinochet e la campagnaper il No sembrava persa perché eraevidente che intimidazioni e brogliavrebbero avuto la meglio. Nei 15minuti concessi in tv a notte fonda passaper la prima volta il pensierodell’opposizione: tutta la lottaclandestina dei cineasti, anche di quelliche durante la dittatura lavoravano inpubblicità oltre che nellacontroinformazione emerge nel film conforza liberatoria e uno stile trascinante.(s.s.)

LE STREGHE DI SALEMDI ROB ZOMBIE, CON SHERI MOON ZOMBIE,BRUCE DAVISON. USA 2013

1I White Zombie diventanoun’icona del metal alternativo epoco dopo Zombie molla la

band e firma La casa dei 100 corpi, il suoesordio. A fronte della riuscita assolutadi Le streghe di Salem si capisce comeabbia faticosamente e con umiltà trattotutte le lezioni necessarie dai suoi filmsuccessivi fino a questo horror adulto ecolto che sarà nelle sale dal 24 aprile.(g.a.n.)

VIAGGIO SOLADI MARIA SOLE TOGNAZZI, CON MARGHERITABUY, STEFANO ACCORSI. ITALIA 2013

7Irene, viaggiatrice di professioneper verificare le stelle degli hoteldi lusso, vive una vita solitaria,

ma la sua non è una solitudine depressaal contrario appare come una specie disottile resistenza nel rovesciamento delluogo comune femminile. Il terreno èrischioso, ma la regista riesce conaffettuosa complicità a tradurre leimpercettibili sfumature del sentimentoin una narrazione cinematografica. Lasuspence è altrove, tra sceneggiatura e iltalento della regista (c.pi.)

A CURA DISILVANA SILVESTRI CON FILIPPOBRUNAMONTI, ANTONELLOCATACCHIO, ARIANNA DIGENOVA, GIULIA D’AGNOLOVALLAN, MARCO GIUSTI, CRISTINAPICCINO, GIONA A. NAZZARO

I FILM

IL NUOVO MALEMENSILE SATIRICO, NUMERO DI MAGGIOÈ nelle edicole il quattordicesimonumero del «Nuovo male», il mensile disatira e idee diretto da VincenzoSparagna. Nell’interno tra l’altro: uninedito apologo di Esopo raccontato daTersite sulla beffa del governissimo «Ilgrillo, la volpe e le galline urlanti»; untesto/rivelazione di Vittorio Messori suWoytila e il falso/vero Futur Post,datato 1 gennaio 2101. E ancora, la«Rassegna stampa dei Mali più diffusi»,con i giochi di parole di Marino RamingoGiusti e i testi satirici di CleonoZanzara, Piefrancesco Cantarella e Pablito Morelli. Si parla nelle pagine di nuovereligioni, inchiesta a cura di Teodonio Diodato (alias Graziano Graziani) presenta lareligione dell’Invisibile Unicorno Rosa inventata dallo studente Steve Eley comeironica contestazione di ogni teismo. E poi una pagina speciale è quelladell’Arcangelo Gabriele dell’Osservatore Celeste, che, dall’interno del Vaticano,continua a rivelare segreti e pettegolezzi della Chiesa di oggi. E ancora le vignette, leimmagini e i fumetti di Ugo Delucchi. Al centro, come tradizione, un «nuovogiornale falso/vero». Questa volta è il quotidiano metamediale Futur Post, chepresenta lo stato del mondo al 1 gennaio 2101. Info: www.frigolandia.eu

Q.U.E.E.N.Usa, 2013, 6’, musica: Janelle Monaé con ErykahBadu, regia: Alan Ferguson, fonte: Youtube

7«Benvenuti nel living museum»dice una presentatrice,illustrandoci una serie di

uomini e donne congelati in alcunepose come fossero installazioni osculture di arte contemporanea,tranto che il Q.U.E.E.N. Projectpotrebbe essere sia musicale cheartistico. Appena il vinile color lattedella Monaé viene suonato da ungiradischi-teschio provvisto di undente-puntina, ecco i performer –inclusi Janelle e Erykah – prenderevita. Tutto giocato sul contrastooptical tra bianco e nero, dato dalconnubio abbigliamento/scenografia(con una evidente citazione dal film diWilliam Klein Qui-etes vous PollyMaggoo?), il video di Alan Ferguson hauna sua eleganza visuale che benaccompagna il sound intelligente eraffinato della musicista di Kansas City.Il singolo è incluso nell’album ElectricLady.

ALEGRIABrasile/Portogallo, 2010, 3’46”, musica: Batida,regia: Pedro Coquenao, fonte: Youtube

1Inizia come un documentariosul carnevale di Rio questo clipdi Alegria per poi trasformarsi

in un’opera vagamente videoartisticacon l’uso del mirror effect –combinato a una timida videografica –che crea una texture caleidoscopica.Tra i personaggi che vediamo in scena:una vj (Catarina Limao, che firmaanche montaggio e post-produzione) euna ballerina (Daniela Sanha).Interessante anche se piuttosto datatodal punto di vista dello stile (forse unpo’ volutamente, tanto che c’è perfinola scritta «fim» in conclusione). Lafotografia è di Manuel Lino.

SEXY CHICKFrancia, 2009, 3’32”, musica: David Guetta conAkon, regia: Stephen Schuster, fonte: Mtv

6Conosciuto anche come SexyBitch il video racconta ilrendez-vous tra il compositore

e produttore afroamericano Akon e ilmusicista francese Guetta ad Ibiza,patria del divertimento, della bellezzae della gioventù. In realtà esistono dueversioni del clip – una più incentratasui musicisti, l’altra che invece vede alcentro un’avvenente ragazza che siscatta polaroid nel letto con Akon. Lasostanza comunque non cambia, e ilclip è più o meno quello standard,zeppo di modelle a bordo piscina inbikini ultrasexy, cui segue il classicobagno con tutti i panni. La secondaparte (serale) è invece ambientata inuno dei locali più esclusivi dell’isola, ilPacha, dove la coppia si esibisce ed èqui che le immagini diventano piùspettacolari ed effettate, con qualchefluorescenza. Poche idee, moltocazzeggio, un pizzico di eros.

GIRADISCHI-TESCHIOCON DENTE-PUNTINA

MAGICO

IL FESTIVALTERRA FUTURAFORTEZZA DA BASSO, FIRENZEFino al 19 maggio la decima edizione di «Terra futura», mostra convegno dellabuone pratiche di sostenibilità. Una manifestazione che propone progetti,esperienze, prodotti, campagne per raccontare come il cambiamento possibile è giàcominciato: quello non solo auspicato per garantire un futuro al Pianeta su un pianoambientale, ma ora indicato come obbligatorio per costruire un sistema economicoe sociale diverso, oltre la crisi. Ampio ventaglio di proposte per nuovi modi divivere, consumare, abitare, viaggiare, lavorare,…: dal kit per realizzare piccoli orti suterrazzi urbani ai prodotti ecologici per mamme e bambini. Spazio anche aicosmetici naturali provenienti da un centro contro lo sfruttamento minorile delBenin, alle scarpe ecologiche in canapa e sughero a filiera corta, alla linea dibiancheria in fibra di bambù e amido vegetale, fino agli oggetti di ecodesign perl’arredamento. Nelle 500 aree di «Terra futura», articolata in 12 diverse sezionitematiche, numerosi i settori rappresentati: tutela dell’ambiente, energie alternative,finanza etica, commercio equo, agricoltura biologica, edilizia e mobilità sostenibili,turismo responsabile, consumo critico, welfare, impegno per la pace, solidarietàsociale cittadinanza attiva e partecipazione. Un mondo che sa produrre nuovaeconomia e generare occupazione. Nella tre giorni anche proiezioni e spettacoli.«Terra Futura» è un un evento a ingresso libero. Maggiori informazioni eprogramma completo all’indirizzo: www.terrafutura.it

GUIDO LOMBARDI,ANNA LAJOLOFUORIORARIO, RAI3, 18 MAGGIO DALL’1.45 ALLE 7La seconda «notte» dedicata al cinema diAnna Lajolo e Guido Lombardi e delgruppo Videobase propone in sequenza:«Lottando la vita (Emigrati italiani aBerlino ((Prima Visione Tv, Italia 1975,b/n,100’). Una serie di storie di emigrantiitaliani a Berlino. A seguire «Omsa suddopo un anno di lotta», anche questo inprima tv, racconta la lotta delle lavoratricidella fabbrica di Faenza all’inizio deglianni’70. A quaranta anni di distanza lelavoratrici della Omsa sono ancora inlotta, questa volta contro la chiusura dello stabilimento deciso dalla proprietà che hatrasferito la produzione in Serbia. E poi «Carcere in Italia» (Italia, 1973, b/n, 53’) regia,fotografia, montaggio: Videobase (Anna Lajolo, Guido Lombardi, Alfredo Leonardi.Storie dal carcere dove spicca il lungo monologo di un ex detenuto. A chiudere la nottedi «Fuori Orario» «E nua ca simu a forza du mundu» ((Italia, 1971, b/n, 59'), prodottoper i Programmi Sperimentali della Rai, ma mai mandato in onda all'epoca, è un film sullemorti bianche nell'edilizia. In un cantiere di Guidonia, paese vicino Roma, muore unmuratore calabrese. La dura vita dell'emigrato viene ricostruita attraverso le parole deicolleghi e dei familiari, incontrati tra Roma e la Calabria.

PABLO RUBIOTENUTA DELLO SCOMPIGLIO DI VORNO(LUCCA)L’inaugurazione è oggi: «Estadosindefinidos para una existencia», acura di Antonio Arévalo (fino al 28luglio) è l’installazione dell’artista diCordoba Pablo Rubio, che«racconta», presso lo Spe della Tenutadello Scompiglio di Vorno, la storiache c’è dietro ad alcune tracce ememorie perdute. Ombre, luoghinascosti, ritratti anonimi, oggettiappartenuti a quell’«indefinitezza» checaratterizza la vita di tutti i giorni. Unlavoro che mira a costruire uno spazio sacro e insieme intimo, una sorta dipalinsesto che rivive attraverso brandelli di memoria, individuale e collettiva. Lacasa come soglia, rifugio, luogo dove cercare se stessi e dove seminare indizi sudi sé. L’autore ha partecipato, inoltre, alla collettiva «Il Cimitero della Memoria»,a cura di Angel Moya Garcia, che è visibile negli spazi esterni della Tenuta ed èparte integrante della performance «Riflessi in Bianco e Nero», di CeciliaBertoni. Quest’ultima, aprendo la Tenuta per celebrare gli otto anni di attività,presenterà a partire dalla 15.45 la «Trilogia dell’Assenza» (che chiude unpercorso iniziato nel 2005): «Tesorino, perché hai perso?», «Riflessi in bianco enero», Kind of Blue». (a. di ge.)

SINTONIE

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PAGINE ■ IN UN LIBRO RITMI E MANIE POP LEGATE ALLE SQUADRE. UN ESTRATTO

Le strane traiettoriedel pallone

di ANTONIO BACCIOCCHIe ALBERTO GALLETTI*

Il calcio è da sempre uno dei grandipassatempi della classe lavoratriceinglese. L’introduzione delprofessionismo nel calcio a fineOttocento unito a un aumento deicompensi e alla riduzione dell’orariodi lavoro fece sì che i lavoratori siritrovassero con tempo libero daimpiegare, in particolar modo ilsabato pomeriggio. Le affluenze neglistadi crebbero velocemente fino araggiungere dimensioni enormi già apartire agli anni Dieci del secoloscorso. All’inizio degli anniCinquanta con l’arrivo dagli StatiUniti del r’n’b prima e l’esplosionedel rock‘n’roll poi, la musica leggeracominciò a diffondersi e a entrarenell’ambito dei passatempi inparticolar modo tra gli strati piùgiovani della popolazione delle classisociali più basse. Questo fenomenocominciò a influenzarnecomportamenti e aspetto.

Si può inquadrare in questoambito la nascita dei teddy boy,giovani in età adolescenziale - siimpone per loro il termine «teenager»- che prendono ad abbigliarsi allamaniera edoardiana per distinguersi

dai coetanei contemporaneinormalmente abbigliati in vestiti difattezza grossolana tipicidell’immediato dopoguerra. Il gustosi evolve rapidamente e l’irruzionesulla scena di Elvis Presley cambia inmaniera determinante il look teddyboy che scivolò rapidamente suaspetti più rockabilly. Furono loro iprimi esponenti di movimentigiovanili ad apparire sulle gradinatedegli stadi inglesi, non si trattòcomunque di una frequentazionecollettiva e le loro presenze allepartite si possono ritenere sporadichee del tutto accidentali. Verso la metàdegli anni Sessanta la cosecominciarono a cambiare. Ilmovimento mod si allargòdall’iniziale cerchia di studenti degli

istituti d’arte - che avevano dato viaal movimento - ai ragazzi della classelavoratrice nella loro tardaadoloscenza che occupavano postiimpiegatizi di basso rango. Lapossibilità di disporre di somme didenaro unita al fatto che ancoraquesti ragazzi vivevano in casa coigenitori li rese in un certo sensoindipendenti dalle generazioniprecedenti e soprattutto questanuova massa di mod spostòl’impronta sull’identità del gruppo dagiovani alternativi intellettualiinteressati perlopiù alla musica jazzcontemporanea e alla letteratura aragazzotti di scarsa cultura contendenze edonistiche,dichiaratamente materialisti etotalmente ossessionati dalla moda,

nell’illusione che l’aspetto fosse unmodo per scalare la gerarchia sociale.Si autoribattezzarono «faces», facce,per potersi distinguere ulteriormentedai mod meno dotati di disponibilitàfinanziarie e quindi meno«sharp-dresssed» di loro cheribattezzarono spregiativamente«tickets».

La coesione della working classrimase tale comunque almeno perciò che riguardava il calcio e questigiovani, come i loro padri,cominciarono a frequentare gli stadi,ma diversamente da loro sipresentavano anche qui vestitiimpeccabilmente come imposto dallatendenza mod. Come ben ricordatoda Roger Daltrey riferendosi ai primianni Sessanta, quando era ungiovane operaio piega-lamiere con ilsogno di diventare una rockstar, «eraquella una pratica che all’epoca sifaceva il sabato pomeriggio (andarealla partita, ndr), andavamo tutti eraun modo per stare insieme edivertirsi».

L’esplosione della musica leggeraaprì un’altra strada a chi erainteressato ad uscire dalla condizionesociale in cui si trovava, prerogativache fino ad allora era rimasta unicadello sport professionistico, calcio inparticolare ma anche rugby leaguenel nord dell’Inghilterra e in alcunicasi persino il cricket. Risultacomunque interessante notare chel’influenza della musica ska-bluebeatsui giovani mod bianchi, contribuì inqualche modo a favorire una certaintegrazione con i ragazzi di colorefigli degli emigrati provenienti dalleIndie Occidentali che si trasferironoin gran numero in Inghilterra durantegli anni Cinquanta. In alcunisobborghi di Londra e soprattuttonelle aree metropolitane delle WestMidlands, la frequentazione da partedei giovani mod bianchi di localidove si suonava musica diprovenienza giamaicana, a loro voltafrequentati da ragazzi di etniediverse, permise a questi ultimi dicominciare a frequentare le gradinate

degli stadi, interessarsi al calcio esuccessivamente di cominciare a farparte delle squadre. La sequenzapartita di calcio, negozi di dischi ovestiti e mod «allnighter» divenne perqualche anno un classico.

La scena mod si esaurìrapidamente, lasciando spazio allesuccessive evoluzioniskinhead/bootboy in un primotempo e casual poi, con unprogressivo abbandono dell’interessenella musica e un crescente dilagaredella violenza intorno alle partite,anche se va ricordato che negli anniSettanta nel nord dell’Inghilterraparecchi giovani tifosi legati aimovimenti modernisti continuaronoa mantenere interessi musicali e ariempire i leggendari locali

Football e musicasi influenzanoe vanno di paripasso da sempre.Tanto che quandoin Europai campionatisi chiudono,gli stadi ospitanoi tour estivi.«Rock’n’Goal»racconta quel flirtinfinito

In queste pagine e nella successiva,rielaborazione di figurinerealizzate da Hard Rock Café per imondiali di calcio 2010

In alto Elton John e Rod Stewartsul campo di allenamento del Watford;sotto Fatboy Slim sugli spalti per tifareBrighton; Johann Cruyff firma autografisul suo disco. Nell’altra pagina:Ray Davies dei Kinks in tenutada calciatore; Mick Jagger in tribuna perseguire una partita dell’Inghilterra;le copertine dei 45 giri di Giorgio Chinagliae Junior.

(12) ALIAS18 MAGGIO 2013

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di A. B. e A. G.

L’elenco di calciatori cantanti omusicisti è lungo, ma la qualitàartistica è stata quasi sempreinversamente proporzionale altalento espresso sul campo: spessosemplice e mero fenomeno dicuriosità. In buona parte dei casi èvivamente sconsigliata la ricerca delmateriale elencato (di cui si trovanocomunque tracce su You Tube.Provare per credere).

La lista che segue si limita ai nomipiù conosciuti e non vuoleaddentrarsi negli infiniti meandridelle situazioni locali o di provinciache hanno partorito altrettante provesonore delle quali si è persa traccia opiù semplicemente sono statesepolte dall’oblìo.

ItaliaJohn Charles era gallese ma èricordato soprattutto per la suafulgida carriera nella Juventus (oltreche nel Leeds, Cardiff City e anche,brevemente, Roma). «Il gigantebuono» fece sfracelli a fianco diSivori e Boniperti e si concesse, nel1960, il lusso di incidere ben due 45giri. Il primo con Love in Portofino diFred Buscaglione e la work songSixteen Tons di Merle Travis e ilsecondo con Non ti dimenticar di FloSandon e La fine di Earl Grant. Tuttecantate con buon mood da croonernavigato. Ciccio Graziani (all’epocadel fortunato triennio in giallorosso)

con il 45 giri Che t’ha fatto ’sta Romanel 1984 (sul lato B La palla)inaugurò una carriera che lo haportato spesso sugli schermitelevisivi oltre che come opinionista,anche come protagonista di unreality e come attore, interprete di sestesso in un paio di film con LinoBanfi. (...) Giorgio Chinaglia(centravanti laziale scomparso nel2012) incise nel 1974 I’m FootballCrazy scritta dai fratelli De Angelis(in arte Oliver Onions, arrangiatori,compositori e produttori, conall’attivo decine di uscitediscografiche, successi ecollaborazioni con Lucio Dalla eGabriella Ferri) brano dignitoso, chefu anche sui titoli di coda del filmL’arbitro con Lando Buzzanca. (...)

Gran BretagnaSe in Italia i casi di calciatoriimpegnati con canto e musica nonsono particolarmente diffusi néhanno mai avuto particolarerisonanza, ben diversa è la situazionein Inghilterra dove questa è unaconsuetudine ormai consolidata dadecenni e che ha spesso avutoragguardevoli riscontri commercialie di classifica.

Paul Gazza Gascoigne arrivò alsecondo posto in Inghilterra nel 1990con il brano Fog on the Tyne(Revisited) insieme ai Lindisfarne(che originariamente lo incisero nelloro omonimo album del 1971),band inglese di folk rock attiva daglianni Settanta, tra rap e il Celentanodi Prisencolinelsinalciusol.Successivamente andò in tour con gliIron Maiden. Poche settimane dopopubblicò un altro singolo GeordieBoys (Gazza Rap) che ebbe moltomeno fortuna non andando oltre il30˚ posto in classifica.

Ancora meno successo arrise poiall’album attribuito a Gazza andFriends, Let’s Have a Party chescomparve velocemente dai negozi(e non si affacciò nemmeno nelleclassifiche) con tanto di versione diAll You Need Is Love dei Beatles.

Un altro grande nome dellatradizione calcistica inglese è quellodi Kevin Keegan che nel 1979realizzò il singolo Head Over Heels inLove/Moon on Down di discretosuccesso in Germania (ai tempigiocava nell’Amburgo dopo unalunga militanza nel Liverpool)bissato nel 1980 da England/Somebody Needs quando tornò agiocare in Inghilterra conSouthampton e Newcastle.

Sempre in Inghilterra Glenn

Hoddle e Chris Waddle, ai tempi delTottenham Hotspur incisero, nel1987 con il nome di Glen and Chris,il singolo Diamond Lights (sul retrola versione strumentale), a base di unanonimo synth pop che arrivò al 12˚posto in classifica e fruttò loro ancheun (imbarazzante) passaggio a Top ofthe Pops. Insistettero e un secondosingolo, It’s Goodbye, vide la lucepoco tempo dopo, ma a causa delpassaggio di Glenn Hoddle alMonaco non fu possibile provvederea un’adeguata promozione con laconseguente immediata scomparsanell’oblìo.

Andy Cole, tra i migliorirealizzatori inglesi di tutti i tempi conNewcastle, Manchester United eBlackburn tra gli altri, nel 1999 inciseil rap Outstanding (cover del branodella Gap Band del 1982) ma conscarso riscontro commerciale.

Nel 1993 Ian Wright (una carrieraspesa tra Crystal Palace e Arsenal e33 presenze in nazionale) pubblicò ilsingolo Do the Right Thing,composto da Chris Lowe dei PetShop Boys, grande tifosodell’Arsenal. Il brano arrivò alnumero 43 delle classifiche inglesi.(...)La squadra del West Ham, vincitricedella FA Cup 1975, incide,sicuramente aiutata da unarobusta dose di alcool, la suaversione di Forever BlowingBubbles. «C’è un trucco perfar rendere i calciatori almeglio in sala di registrazione»,afferma Matt Lawrence ex giocatoredi Millwall (col quale disputò lafinale di FA Cup del 2004), ed è «setteore al pub prima di cominciare!». Inriferimento a quando la squadra delMillwall venne chiamata in studio diregistrazione per registrare OhMillwall per celebrare la storicafinale. «Se le registrazioni fosserostate alle 10 del mattino», aggiunge,«ci sarebbe stato un bel po’ disilenzio nell’aria».

EuropaFranz Beckenbauer, invalicabiledifensore del Bayern tra i ’60 e i ’70,si cimentò più volte con la musica. Apartire dal 1966 con il singolo Du

Allein/Gute Freunde Kann NiemandTrennen (di quest’ultimo branoesiste anche un «agghiacciante»video con Beckenbauer che cantaseduto a un tavolo circondato daglialtri giocatori della nazionale tedescaprima del mondiale 1966, scippato infinale dall’Inghilterra organizzatrice),replicato nel 1967 da Du Bist dasGluck/1:0 Fur die Liebe, perconcludersi (fortunatamente) conSeine Songs nei primi anni ’70.

ArgentinaMaradona nel 2002 incise il cd SosHospital de ninos con Romero da cuiè tratto il singolo La mano de dios. ElPibe de Oro da uomo di spettacolonon ha mai lesinato, in svariateapparizioni televisive interpretazionivocali di vario tipo, dallatrasmissione argentina La noche del10 del 2005 a quella cantata con ilKun Aguero e suo fratello EzequielAguero (membro dei Mezgaya)Dalma Y Giannina son mi ispiracion(dedicata alle figlie di Maradona).

Nel film che gli dedicò Kusturica,Maradona, un Diego in estremadifficoltà fisica e psicologica, stanco,appesantito, avvilito, interpretòl’omonima canzone scritta su di luida Rodrigo Bueno nei titoli di coda(per poi riprenderla successivamentein televisione).

Gustosa una recente dichiarazionedi Diego a proposito del solito odiatoPelè: «Pelè si è definito il Beethovendel calcio. Che persona noiosa. Iosono il Ron Wood del calcio, il KeithRichards del calcio, io sono il Bonodel calcio».

BrasileInutile sottolineare il legame traBrasile e calcio e altrettanto arduoaddentrarsi nell’infinito numero dicanzoni, incisioni, protagonisti delterreno di gioco prestatisi amicrofoni e dischi. Di seguito alcunidei nomi più significativi.

Nel 1980 Socrates (il «filosofo» oanche Dottor Guevara del footballche fu con la Fiorentina, Santos,Flamengo, Corinthians e 60 volte innazionale) incise l’ellepì Casa deCabloco con musica tradizionalesertaneja che vendette velocemente50mila copie e partecipò nel 1982alle registrazioni dell’albumAquarela di Toquinho nel branoCorinthians do meu coração(dedicata alla squadra in cui stavagiocando ai tempi e di cui il grandecantautore brasiliano è sempre statogrande tifoso).

northern-soul quali il BlackpoolMecca o il Wigan Casino.

Era il proletariato che metteva latesta fuori, dopo i disastri dellaguerra, che cercava riscatto, unmondo nuovo, un’epoca che nonfosse più un grigio trascinarsi dallavoro al pub al letto. Il riscatto piùveloce e più scintillante poteva venirescalando le classifiche di venditadiscografiche con una band oppurecalcando i campi di calcio. Chi nonce la faceva poteva, però, ugualmentefar suo un briciolo di quel glamour,di quell’energia, di quella freschezza,poteva essere partecipe per queinovanta minuti di una curva, insiemead altre migliaia di persone, con glistessi colori, intonando lo stessocanto oppure per lo stesso temposotto un palco, vestito e pettinatocome i propri idoli, cantando insiemea loro le canzoni preferite.

In Italia, con altri problemi eun’altra cultura, le cose furonodiverse e l’identificazione con imusicisti o i calciatori forse menoviscerale ma ugualmente il processonon si discostò troppo. Calcio emusica sono sempre andate abraccetto, tanto più ai nostri giorni incui entrambi sono prevalentementebusiness e dove la spontaneità «dalbasso» è ormai aspetto preistorico.Ora le stesse modalità le ritroviamonelle favelas brasiliane masoprattutto nelle città o nei villaggiafricani da dove, per evitare tragiciviaggi all’insegna d incognite oscure,il calcio può essere un eccellentebiglietto di sola andata.

*Sono gli autori di «Rock’n’Goal-Calcio e musica, passioni pop»(VoloLibero ed. pp. 190, euro 15), libroda poco in libreria che racconta lepossibili connessioni tra musica ecalcio. Una gustosa compilazione distorie e aneddoti che confermanocome il binomio sia da sempreassolutamente inossidabile.Pubblichiamo alcuni estratti dal libroe ringraziamo gli autori per lo scrittoinedito. Si ringrazia anche l’editore.

STORIE ■ DA CICCIO GRAZIANI A ANDY COLE

Calciatoricantanti,un autogol

CONTINUA A PAGINA 14

ROCKSTAR, ENOGASTROMANIE IN FOTOdi FRANCESCO ADINOLFI

Manie che accompagnano gli artisti e che irrompono all’interno dellaorganizzazione di produzione divenendo esse stesse parte dello show. Quelloche in inglese è chiamato rider (nelle sue varie e variegate declinazioni, dalleschede tecniche ai camerini alle richieste più folli), è spesso la croce degliorganizzatori e la delizia del rocker di turno. Impossibile pensare a Mariah Careysenza il suo champagne Cristal o a Rihanna senza le salsicce di tacchino; a VanHalen senza gli M&Ms, rigorosamente di tutti i colori fuorché marroni: uno

stratagemma per capire se gli organizzatori avessero rispettato le indicazionidella band. In questo modo si poteva essere certi dell’affidabilità globale delposto. Il fotografo neozelandese Henry Hargreaves, di base a New York City,ha trasformato queste ossessioni in ritratti fotografici che rendono al meglio lerichieste dei singoli artisti. Dagli orsetti di gelatina di Marilyn Manson alla teoriadi superalcolici presenti nel camerino di Frank Sinatra (foto), dalle 24 rose rossedi Al Green al pane bianco e Dom Perignon di Axl Rose fino ai profilattici epollo fritto di Busta Rhymes. Come riferisce lo stesso autore: quei restiraccontano personalità estreme ma anche la transitorietà di una carriera. Qui:http://www.vice.com/read/henry-hargreavess-photos-of-what-musicians-like-to-eat-and-drink-backstage

Una lista

lunghissima,

insospettabile.

Un mondo

non troppo

frequentato

dai tifosi nostrani

ma che altrove

riscuote ampi

consensi

(13)ALIAS18 MAGGIO 2013

Page 14: Alias 18maggio 2013

SEGUE DA PAGINA 13Junior, 70 presenze in nazionale (tracui quella contro l’Italia ai Mondialidel 1982 in Spagna. Segnò un grandegol all’Argentina ma tenne in giocoPaolo Rossi in occasione deldefinitivo 3-2 che spalancò lasemifinale agli Azzurri), 15 anni alFlamengo ma ben ricordato per lasua militanza al Torino dall’84 all’87e successivamente al Pescara, nel1982 incise l’album Coisas da vida esempre nello stesso anno il singoloVoa canarinho proprio per iMondiali (ovviamente a ritmo disamba e dalla melodia e coropiuttosto efficaci) che pare arrivò avendere 600mila copie! Lo stessoJunior replicò nel 1986 con il 12”Macarrao na feijoada/Vibrar denovo.

Pelè, il re del football di sempre(secondo molti) ha sempre coltivatouna grande passione per la musicaarrivando, a detta sua, a comporrecirca 500 canzoni. Nel 1971 realizzò

un singolo ben fatto e ben cantatocon la cantante Elis Regina intitolatoPerdao nao tem/Vexamao mentre unsuo brano, Cidade grande è statoinciso dal sambista Jair Rodriguez.Nel 2006 invece l’esordio con unalbum completo, Ginga con 12 braniautografi (inclusi quelli del singolo),arrangiato dal jazzista Ruria Duprat(con cui Pelè aveva già collaboratoin precedenza a livello autoriale perun programma televisivo). (...)

EXTRATIMELe commistioni tra calcio e musicanon si fermano all’equazionecalciatore che canta o canzonededicata al calciatore ma diventanonumerosissime (incalcolabili)quando si tratta di accostaremusicisti (più o meno noti) e il lorosport (passione) preferito. (...)

Ian Curtis (Joy Division)In un passaggio del film su IanCurtis Control, Ian confessa che ilsuo colore preferito è il blu, perché èil colore del Manchester City,rivelazione abbastanza sorprendenteper un personaggio che non ci siimmaginerebbe appassionato dicalcio. Invece negli anni ’70 con lasquadra della sua città, ilMacclesfield Town, iscritto acampionati non-professionistici, il

club di Maine Road fu la scelta diCurtis meno appariscente e piùworking class (nella sua idea) deidirimpettai in rosso. Ironicamenteuna delle canzoni più cantate daitifosi dello United nell’ultimoventennio, è «Giggs. Giggs will tearyou apart», sull’aria della suaceleberrima Love Will Tear Us Apart.

Jim Kerr (Simple Minds)La voce dei Simple Minds vive daanni in Sicilia, a Taormina, dove haaperto un hotel. A proposito delcalcio ha dichiarato: «Ho formatouna piccola squadra chiamata CelticTaormina (in onore della suasquadra del cuore, ovviamente).Giochiamo contro altri paesisiciliani. Il problema è che non sonopiù giovane e i miei giovani avversarivanno giù duro. E quando dico a chimi ha appena scartato, ’pensavofossi un fan dei Simple Minds’, luirisponde puntualmente: ’Ma losono. È per questo che ti dribblo’.Così mi sono fatto amico l’arbitro. Èpiù facile corrompere un arbitro cheun avversario, a meno che nongiochi in serie A». (...)

Elvis CostelloTifoso del Liverpool, Elvis Costellosubì una rumorosa contestazione daparte dei fan che lo dovetteroattendere sul palco per oltre due orela sera in cui, maggio 2005, i rossifurono impegnati nella finale diChampions (la storica partita diAtene vinta con il Milan ai rigoridopo che il primo tempo finì 3-0 peri rossoneri), a cui il nostro nonrinunciò. (...)

Ray Davies (The Kinks)Frequentatore di Highbury fin dapiccolo, spinto dalla passione delpadre, che vide tutta l’epopea delgrande Arsenal di H. Chapman, neglianni ’30, dalle gradinate del vecchiostadio.

«Era una bella giornata di sole disettembre quando mio padre miportò per la prima volta a vederel’Arsenal, avrò avuto 5 o 6 anni ericordo che prendevamo il bus 212da Muswell Hill a Finsbury Park dadove poi proseguivamo a piedi. Miopadre mi teneva saldamente lamano mentre camminavamo perBlackstock Road, poi girammo inAvenell Road quando mi apparve lostadio imponente circondato tra lecase basse a schiera, e si sentiva il

pubblico che cantava all’interno.Uno dei ricordi più limpidi eduraturi di tutta la mia vita».

Elton JohnTifoso da sempre del Watford Fc èforse il caso più clamoroso dicoinvolgimento calcistico per unarockstar di grandezza planetaria.Divenne presidente nel 1976 con lasquadra che languiva in QuartaDivisione e fu protagonista di unasplendida cavalcata che ebbe il suoculmine al termine della stagione1981-82 con la promozione in PrimaDivisione. Chiusero la stagionesuccessiva con un clamorososecondo posto e nel 1983-84 perserola finale di FA Cup contro l’Everton.(...)

Glen MatlockTifoso del Queen’s Park Rangers(alle cui partite si trova spesso conMick Jones ex Clash) rivela: «AJohnny Rotten giravano le pallequando parlavo di calcio. Non gli èmai piaciuto ma andava a vederel’Arsenal perché frequentava genteche ci andava».

Restando in ambito punk BruceFoxton (ex Jam) e Jah Wobble dei

P.I.L., Steve Severin di Siouxsie andthe Banshees sono tifosi delTottenham Hotspur, mentre CaptainSensible dei Damned è del CrystalPalace, Jake Burns degli Stiff LittleFingers segue con grande passione ilNewcastle United. (...)

Mick Jagger e Rolling StonesSir Mick Jagger è un grandeappassionato di calcio, cresciuto inuna famiglia di tifosi dell’Arsenal,tifa Arsenal egli stesso: «Vado allepartite di rado - ammette -, ma miofiglio maggiore va ogni settimana.Siamo sempre stati una famiglia digrandi tifosi. Non ho mai giocato acalcio a scuola, ne ho frequentatodove si giocava solo a rugby, siorganizzava qualche partita di calcionel weekend, fuori dagli orariscolastici, comunque sono semprestato un calciatore piuttosto scarso».(...)

BeatlesI Beatles non si sonoapparentemente mai distinti perparticolari passioni calcistiche anchese le simpatie per l’Everton di PaulMcCartney di cui si è millantatoanche un interesse all’acquisto dellasquadra, sono sempre staterelativamente esplicite. Non a caso il18 maggio 1968 era presente allafinale di Fa Cup a Wembley tra WestBomwich (che vinse 1-0) e l’Everton.Curiosamente Paul McCartney èstato recentemente nominato socioonorario del Liverpool diMontevideo che gioca nella Serie Auruguayana. Ringo Starr è statospesso associato all’Arsenal, di cui èsicuramente grande tifoso il figlioZak Starkey, batterista con Oasis eWho. Successivamente Ringo hainvece dichiarato la sua passione peril Liverpool. John Lennon da partesua non ha mai esplicitatopreferenze calcistiche anche se eraallo stadio con Paul ad assistere allafinale di Fa Cup vinta dall’Evertoncontro lo Sheffiled Wednesday per 3a 2 a Wembley il 14 maggio 1966. (...)George Harrison fu lapidario nel direche «a Liverpool ci sono tre squadre,io tifo per la quarta». Pare chel’assenza di esplicite dichiarazioni afavore di una squadra specifica siastata imposta (o caldamenteconsigliata) dal manager BrianEpstein per evitare di inimicarsipotenziali fan. (...)

OasisTra i casi recenti più celebri dirockstar tifosissime di squadre dicalcio, nello specifico delManchester City i fratelli Gallagherex Oasis sono tra i più noti.

Nella copertina del primo discoDefinitely Maybe sul pavimentovicino al camino c’è una foto diRodney Marsh, funambolicotrequartista del Manchester Cityanni ’70 e idolo incontrastato dellefolle, e inoltre una foto di GeorgeBest a sinistra della televisione. Dadire a denti stretti, ma Best è semprestato il calciatore preferito di Noel,nonostante giocasse per i direttirivali dello United.

Nel video di Live Forever, trattodallo stesso ellepì c’è una foto diBobby Moore capitanodell’Inghilterra mondiale nel ’66 conun’inedita maglia della nazionale di

color giallo, la foto (che sembrascattata al Comunale diTorino) appesa al muro, cheriappare poi nel caleidoscopio

finale di immagini.

ULTIMO STADIOCALCIO & POP

MALCOLM MCLAREN IN TVdi ROBERTO PECIOLAPoco più di tre anni fa, era l’8 aprile del 1010, moriva aBellinzona, in Svizzera, Malcolm McLaren, artista e manager tra ipiù influenti del rock tra la fine dei Settanta e gli Ottanta. A lui sideve la nascita dei Sex Pistols e, più in generale, a lui molto devetutto il punk inglese. È riaffiorato in rete un documentario(http://dangerousminds.net/comments/documentary_malcolm_mclaren_1984) andato in onda in una puntata del Melvyn Bragg’sSouth Bank Show nel 1984, mentre McLaren stava registrando

Fans, la sua opera tra fusion e r’n’b. Nel filmato interviste conmusicisti quali Boy George, Adam Ant, Annabella Lwyn dei BowWow Wow, Steve Jones dei Sex Pistols, e allo stesso McLaren.Interviste in cui ognuno esprime il suo pensiero e la sua opinionesull’uomo e sull’artista McLaren. Steve Jones, ad esempio, lovedeva come un «plagiatore»; Adam Ant non riusciva a capirnel’anarchia; Boy George non comprendeva il suo scarso interesseverso il successo, quando invece avrebbe potuto avere tutto ecc.Probabilmente tutte cose vere, ma per McLaren ciò che rendevala vita eccitante era semplicemente «mettere in discussione leautorità e sfidare le convenzioni...».

In alto Ian Brown degli Stone Roses;la copertina del libro «Rock’n’goal»;al centro gli Statuto con il bomber torinistadegli anni Settanta Paolo Pulici

(14) ALIAS18 MAGGIO 2013

Page 15: Alias 18maggio 2013

(15)ALIAS18 MAGGIO 2013

Dinosaur Jr.Torna una delle band più importanti delrock alternativo americano.Torino SABATO 25 MAGGIO (HIROSHIMA MONAMOUR)

ShellacPost hardcore per la band di Steve Albini,Todd Trainer e Bob Weston.Roncade (Tv) MARTEDI' 21 MAGGIO (NEWAGE)Milano MERCOLEDI' 22 MAGGIO (OFFIVINECREATIVE ANSALDO)

SwansLa band di Michael Gira in tour con unnuovo album all'attivo.Parma MARTEDI' 21 MAGGIO (CAMPUSINDUSTRY MUSIC)

Bruce Springsteen& The E Street BandTorna il rocker «born in the Usa».Napoli GIOVEDI' 23 MAGGIO (PIAZZADEL PLEBISCITO)

Green DayIn Italia la pop punk band Usa.Rho (Mi) VENERDI' 24 MAGGIO (ARENACONCERTI FIERA)Trieste SABATO 25 MAGGIO (PIAZZA UNITA'D'ITALIA)

PulpUna data per la band brit pop.Vimercate (Mb) SABATO 18 MAGGIO(ACROPOLIS)

Ólafur ArnaldsUno dei nomi nuovi della prolifica scenamusicale islandese e di quella neoclassicainternazionale.Padova SABATO 18 MAGGIO (MACELLO)

ApparatElettronica e non solo per l'artista conbase a Berlino, al secolo Sasha Ring.Milano GIOVEDI' 23 MAGGIO (TEATRODAL VERME)Torino VENERDI' 24 MAGGIO (HIROSHIMAMON AMOUR)

Death GripsDue date per l'esplosivo duo californiano,tra punk e rap.Roma LUNEDI' 20 MAGGIO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Milano MARTEDI' 21 MAGGIO (TUNNEL)

SavagesUnica data italiana per la post punk bandlondinese tutta al femminile.Segrate (Mi) MARTEDI' 21 MAGGIO(MAGNOLIA)

Dark Dark DarkUna folk band in arrivo dal Minnesota.Padova LUNEDI' 20 MAGGIO (EX MACELLO)Marina di Ravenna (Ra) MARTEDI'21 MAGGIO (HANA-BI)Segrate (Mi) MERCOLEDI' 22 MAGGIO(MAGNOLIA)

Dave KilmnsterIn tour solista il chitarrista della band che

ha accompagnato Roger Waters in varitour.Trieste DOMENICA 19 MAGGIO (SCUOLADI MUSICA 55)Prato MERCOLEDI' 22 MAGGIO (KELLER PLATZ)Roma GIOVEDI' 23 MAGGIO (ATLANTICO LIVE)Carosino (Ta) VENERDI' 24 MAGGIO(BIBERE MUSIC FESTIVAL)

Otis TaylorIl blues del musicista afroamericano.Bergamo LUNEDI' 20 MAGGIO (CLOCKTOWER)Milano MERCOLEDI'22 MAGGIO (BLUE NOTE)Ascoli Piceno GIOVEDI' 23 MAGGIO(BREAK)

Offlaga Disco PaxIl Gioco di società del trio reggiano.Trieste SABATO 25 MAGGIO (MUSEO CIVICOREVOLTELLA)

Lo Spirito del PianetaParte la tredicesima edizione del festivalche porta in Italia il meglio della musicaetnica non professionistica, con gruppiprovenienti da Spagna, Brasile, Ecuador,Costa d'Avorio, Messico,Indonesia,Scozia, Russia, Turchia, Louisiana e Italia.Chiuduno (Bg) VENERDI' 24 E SABATO25 MAGGIO (POLO FIERISTICO)

Festival del sassofonoSi conclude oggi la rassegna dedicata allostrumento ad ancia. Stasera si esibisce loItalsax Quartet con Gianni Oddi, FilibertoPalermini, Alessandro Tomei, Marco

Guidolotti e l’ospite speciale PietroIodice, alla batteria. Nel secondo setl’Ensemble di saxofoni del Conservatoriodi S. Cecilia con Christian Maurer,Alfredo Santoloci, Antonio Caggiani eGianluca Ruggeri. Il 19 termina anche ilciclo di lezioni sul jazz tenute dalmusicologo Stefano Zenni che parlerà diKo-Ko di Duke Ellington.Roma SABATO 18 E DOMENICA 19 MAGGIO(AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

Piacenza Jazz FestLa serata conclusiva è dedicata allapremiazioni del concorso «ChiccoBettinardi» per nuovi talenti del jazzitaliano. Per la sezione A (solisti) sonostati segnalati Matteo Giuliani (sax alto),Antonio Vivenzio (piano) e ClaudioVignali (piano); menzione speciale algiovanissimo sassofonista Lorenzo Simoni.Per la sezione B (gruppi) sono in lizza ilDynamic Trio di Eboli e il Mario NappiTrio di Napoli.Piacenza SABATO 18 MAGGIO (SPAZIOLE ROTATIVE)

Casa del JazzI recital della settimana prevedono ilquintetto Neapolitown, la New TalentsJazz Orchestra diretta da Mario Corvini,Errando del chitarrista Giovanni Seneca; diforte interesse i due appuntamenti In aSentimental Mood a cura di Filippo LaPorta e Marcello Rosa. Si tratta di unviaggio sentimentale nel jazz e nellaletteratura del Novecento con il

Quintetto Jazztales (M. Rosa, PaoloTombolesi, Stefano Cantarano ed EttoreFioravanti). Da seguire anche il gruppoEdge con Michael Rosen, DanieleTittarelli, Greg Burk, Francesco Ponticellie Adam Pache. Le iniziative di divulgazionevedono un omaggio a Thelonious Monkcon Alberto Castelli e Marco Tiso e «JazzStandards», curato da Gerlando Gatto.Roma DA SABATO 18 A SABATO 25 MAGGIO(CASA DEL JAZZ)

Correggio JazzNell’ambito della manifestazioneCrossroads continua il festival al teatroAsioli. Sono previsti un recital in solo delpianista Enrico Zanisi (a cui è stata affidatauna «carta bianca»), l’AlessandroPaternesi P.O.V. Quintet, il gruppo Nekodi Francesco Diodati, El Portal, l’ensembleSousaphonix del trombonista MautoOttolini e lo Yatra Quartet delcontrabbassista Enzo Pietropaoli.Correggio (Re) DA DOMENICA 19A MARTEDI' 21, VENERDI' 24 E SABATO 25 MAGGIO(TEATRO ASIOLI)

Musica per HaitiIl comune di Firenze e la Fondazione F.Rava organizzano un concerto a sostegnodell’ospedale pediatrico Saint Damien diHaiti, a tre anni dal terribile terremoto.Sul palco la cantautrice Paola Turci e iltrombettista Paolo Fresu, già insieme perl’album Attraversami il cuore.Firenze MARTEDI' 21 MAGGIO (TEATRODELLA PERGOLA)

BEATLEMANIAFOREVER

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPALUCIANO DEL SETTEGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESESIMONA FRASCAGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

«Se è vero che ho socializzato conpersone grandi e famose, preferiscoancora un tranquillo pomeriggio conGeorge Martin e sua moglie Judy (...) Epiù di tutto, al di là di quello che puòcomprare il danaro, adoro i gomiti sulletransenne del backstage e guardare ilsipario che si alza su John, Paul, George eRingo (...). Domani? Credo che domanisplenderà il sole»: sono le parole di BrianEpstein, il quinto Beatle, com’è definitodallo stesso McCartney, da uno dei 600libri finora usciti su di loro, in questocaso il primo assoluto in ordine ditempo. Infatti i Beatles ancor oggirestano fonte ispirativa per molta critica,che è fiancheggiata dalla piccola editoria adar man forte a un mito inossidabile, dicui si dovrebbe sapere tutto o quasi, mache invece a ogni nuova opera rivelasempre qualche verità più o menoassoluta. Di loro da noi parlano FrancoBrizi e Maurizio Becker in The BeatlesIn Italy (Arcana, pagine 238, euro 35)libro già trattato su queste pagine mache ci piace ricordare, che, dopo unabella introduzione, raccolgono in unvolume illustrato di grande formato, trail collage e l’anastatica, anno per anno dal1963 al 1970 (periodo dell’esistenza deiFab Four come tali), ritagli di giornale,foto, poster, copertine di rivistesoprattutto musicali che - a differenzadei curatori meritevolissimi nellasingolarità dell’approccio - trattanol’argomento, all’epoca, con banalefaciloneria o scarsa preveggenza.

¶¶¶VANNO A FONDO invece AndreaKerbaker e Alberto Tonti in Let ItBeatles (Skira, pagine 77, euro 13) ascrivere quasi un romanzo epistolareconfessandosi a distanza sulle reciprocheesperienze di beatlesiani più o menoaccaniti, separati da un gap anagrafico (50anni il primo, 70 il secondo)fondamentale per comprendere lecolorate sfumature della loro nostalgicabeatlemania alla ricerca del tempo chefu. Ma forse per capire appieno «quel»tempo giunge finalmente in Italia un testoatteso da quasi mezzo secolo, da quandoinsomma esce nel 1964 in GranBretagna: è Una cantina piena dirumore di Brian Epstein (Arcana,pagine 172, euro 17,50) ossiaL’autobiografia dell’uomo che inventò iBeatles, buttata giù a caldo in piena ascesadei Quattro di Liverpool, ma realizzatacompostamente, puntando il ditosull’ostinazione necessaria a «imporre» auna major discografica, al pubblicoinglese, al mondo intero unagiovanissima rock band di cui lo stessomanager non farà in tempo a vedere glisviluppi artistici e l’improvviso declino,perché suicida nel 1967 a soli 32 anni percause ancora ignote.

Non è la prima volta che succede, nonsarà (per fortuna?) l'ultima. Pelle biancacome il latte, voce nera e sapida come ilcatrame. Jesse Dee, raffinato bostonianopoco più che trentenne è cresciutoascoltando i dischi di Joe Tex e di SamCooke e Otis Redding. Poi è diventato unbuon chitarrista, ha messo su una bandcon dei fiati a dir poco precisi e scalpitanti,e s'è messo a scrivere canzoni come sefossimo nel 1963. Effetto da ritorno alfuturo, dunque: ma in On My Mind/In MyHeart (Alligator) c'è davvero una bellamanciata di quelli che potrebbero essereclassici di domani. Guarda ancora piùindietro la bella canadese AlexPangman in Have a Little Fun (JustinTime): i suoi modelli sono le raffinatejazzsinger degli anni Venti e Trenta, e leisenza alcun problema si ripropone in taleveste, con gusto e ironia. La soul musicpalpitante innestata nel gran corpo nerodel blues torna in un altro disco notevole:I'm Your Man (DixieFrog) di Big DaddyWilson, nero americano trasferito inGermania. Qui produce Staffan Astner, ilchitarrista del grande Eric Bibb, e Bibbstesso regala un gran brano, Hold theLadder. (Guido Festinese)

Il mondo elettronico. Partiamo con ilrientro di Timo Maas e il suo Lifer(Rockets&Pontes). Undici tracce chepartono con ispirazione autorale eambientazioni quasi cinematografiche, perpoi immettere un corposo groove dimarca dance. Non all’altezza il risultato: anulla valgono le presenze di Brian Molko eJames LaVelle. Da annotare solo Train inMy Kitchen. Altra storia invece quella incisadai Jerusalem in My Heart (Constellation)con Motit al-Mo7it. Il titolare del progetto,il libanese R.G. Moumneh trapiantato inCanada, utilizzando sequencer e strumentitradizionali presenta un corpus di setteincisioni. Fusione ardita di musica araba eelettronica. Ma riuscitissima: merita unplauso. Conclusione con Amptek e il suoDreams that Money Can Buy (EclecticProd.). Episodio tra i migliori in assolutodella sua discografia, in cui raggiungel’equilibro tra frammenti di lineemelodiche, modalità idm e ricercadescrittiva di un immaginario filmico.Nei tredici brani presenti, in cui èsupportato da Dr. Lops, BiotechnologicalHumanity e Nothing as it Seems sono forsel’apice di una produzione davverosignificativa. (Gianluca Diana)

SOUL

Il futuro sbarcadal passato

FOLK’N’POP

Che la noiasia con voi

ELETTRONICA

Timo Maas,groove & dance

CANTAUTORI

L’ideologiadi Borghese

AA. VV.ITALIAN RECORDS (Spittle Records/Goodfellas)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Riaffiora la storia del nostrobizzarro paese in questo cofanetto concinque cd e un booklet corredato displendido materiale iconografico. C’ètutta la serie di 45 giri pubblicati dal 1980al 1984 dalla bolognese Italian Records diOderso Rubini, agitatore culturaled’antan. Una piccola grande realtàdiscografica pioniera del «do it yourself»all’italiana, la label disegnò i contorni dellanew wave nostrana pubblicandoGaznevada, Johnson Righeira, FreakAntoni, Stupid Set, Rats, Art Fleury,Diaframma, Confusional Quartet. Chi èrimasto e chi se n’è andato, un’ottimaoccasione per saperne di più. (s.fr.)

MILES DAVIS QUINTETFEATURING BARNEY WILENAMSTERDAM CONCERT («In» Crowd/Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ C'era già stata anni fa unariedizione per questo concerto olandesedi Miles nel '57, ma ben venga questaproposta, a opera di una nuova etichettaassai attiva. La formazione è quellafrancese (con Kenny Clarke, però) cheregistrò Ascensore per il patibolo: ungruppo affiatato con il sassofonista BarneyWilen (in seguito pioniere della worldmusic), René Urtreger, Pierre Michelot.Gente che non aveva nulla da invidiare aglihard bopper americani. E perfettamentein grado di seguire il Dark Magus con latromba. (g.fe.)

BRIAN MC KNIGHTMORE THAN WORDS (Eom/Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Vocalist nonché chitarrista divalore, sulla breccia da un trentennio (conquesto siamo al quindicesimo album),Brian Mc Knight è stato fra i protagonistidella scena r'n'b con ottimi riscontrisoprattutto nei Novanta. Ora - compliceun evidente calo di creatività - gioca le suecarte su una produzione di elegante soul.Ben suonato certamente, ma troppolezioso e di maniera. (s.cr.)

PARENTHETICAL GIRLSPRIVILEGE (Abridged/Goodfellas)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Cinque ep, messi in vendita a suotempo in tiratura limitata, rimasterizzati inun unico lavoro, ed ecco Privilege. Eranoanni che aspettavamo il nuovo album diZac Pennington e soci, e speravamo inqualcosa di completamente nuovo einedito, peccato. Ma poco male, perché laband, coadiuvata come al solito dalbravissimo compositore e arrangiatoreJherek Bischoff, rilascia comunqueun'ottima prova, forse non ai livelli delprecedente Entanglements, ma certamentepiù vario. I momenti migliori restano peròquelli in cui Pennington regala la sua voceandrogina per brani dall'anima chamberpop. (r.pe.)

LISA RICHARDSBEATING OF THE SUN (Kimbaroochie)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Per avere dimostrazione deltalento di Lisa Richards, andate subitoalla traccia che dà titolo al disco. Lavoce di Lisa si accompagna con la solachitarra e un sottofondo di percussioni.La timbrica personale e affascinantedell’artista australiana emerge così intutta la sua pienezza. Poi arrivano raditocchi elettronici, ma la bella solitudinesonora continua a farla da protagonista.A seguire dieci brani, conditi con roots,jazz, folk, world. Da seguire. (l.d.s.)

ESMOND SELWYNRENEGADE (Slam Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Dopo vent’anni a propugnare ilfree britannico, la label di Abingdonpubblica ora per la prima volta undoppio cd di jazz classico, inteso a farconoscere un grande chitarrista inglesenel solco di Wes Montgomery. Selwyn(qui in quartetto) in Renegadeimprovvisa su 11 standard conun’intensità ancor più «realista» di tanterabbiose sfuriate dell’improvised music,rilanciando un suono al contempogodibile, raffinato, virtuosistico. (g.mic.)

THUS:OWLSHARBOURS (Avalanche)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il rientro della band svedese e labellezza della voce di Erika Angell. Popdi alto profilo in cui la ricca tessituramusicale permette alla voce di lei dicostruire paesaggi multiformi. L’umoredel disco è sì tendente al catartico(Island, Roots), ma l’introspezione non èmai debordante né fuoriposto.Cantautorato nordico, suonato conperizia e passionalità (When They Fight),sospeso tra il Mare del Nord e le neviperenni (It’s Gone Now). (g.di.)

C'è anche Sua Ironicità Freak Antoni su IlMagnetofono, nome (e disco omonimo,autoprod.) che, da solo, riassume gliintenti cantautorali di Alan Bedin,Emmanuele Gardin e Marco Penzo,rispettivamente voce, pianoforte econtrabbasso. «Cantiamo l'amarezza, ilmalessere sociale, sorridendo alromanticume di una canzone italianaormai dimenticata»: così si presentano esono, con un suono decisamente acusticoe da presa diretta. Gli intenti sono inpratica gli stessi di Borghese, nomecollettivo che nasconde un quartetto popelettrico con il tiro dell'indie rock e dosid'elettronica, in presentazione conL'educazione delle rockstar (TouchclayRecords). Programmaticamente sivogliono porre come un aggressivo«cantautore collettivo post-ideologico»:sarà, ma nell'ideologia ci si finiscecomunque, magari controvento econtropelo. Titoli come: Dio ha un profilosu Facebook. Infine Enrico Cortellino inarte Cortex con Cinico romantico(autoprod.): dieci brani scritti con ilricordo dei grandi cantautori «classici» dalmultistrumentista, e un bel fondo di bluesche incornicia il tutto. (Guido Festinese)

Chitarre (soprattutto acustiche), batteria evoci. Questo è lo spettro sonoro degliaustraliani Lower Plenty e del loro nuovoHard Rubbish (Fire/Goodfellas). Folk ecountry melanconico alquanto stantio enoioso. Apprezzabili le prime due tracce,ma poi il disco tira avanti in maniera stancae ripetitiva, con ballate sonnolente etentativi di darsi un tono «alternative»piuttosto raffazzonati. Folk in combutta condream pop e orchestrazioni classicheggiantiè invece quello che propongono i LochLomond, americani di Portland, Oregon. Illoro ultimo disco si intitola Dresses(Chemikal Underground/Audioglobe), ed èil naturale successore del precedente ep,White Dresses. Pochi i momenti veramenteispirati (su tutti Spray Paint Drugs) di unalbum anonimo. Oceania, America, Europa.Dal Vecchio Continente arriva ConnyOchs, cantante e autore tedesco, chegiunge al secondo album, Black Happy (Exileon Mainstream/Goodfellas). Chitarra, vocee poco più in questo disco tra ballad folkcountry e brani (vedi in particolarel'apertura Exile) che richiamano alla mentele pulsioni acustiche di Cobain & C. Unaltro disco che passerà senza lasciaretraccia di sé. (Roberto Peciola)

DI GUIDO MICHELONE

ON THE ROAD

Page 16: Alias 18maggio 2013

Visite di primavera18 maggio - 2 giugno2013

Ci sono amici cheti parlano della tua terracome mai avresti creduto

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Regione Toscana