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  • 7/24/2019 Vita di Benedetto Menzini

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    Biografico

    MENZINI, Benedetto

    Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 73 (2009)

    di Carlo Alberto Girotto

    MENZINI, Benedetto. Nacque a Firenze il 29 marzo 1646 da Domenico di Francesco e da

    Domenica di Giovan Battista Cresci, di condizioni assai modeste. Di un fratello gemello, Francesco,

    cui fa cenno Paolucci, non si hanno notizie.

    Il M. fu aiutato negli studi dal marchese Giovan Vincenzo Salviati, che not il suo ingegno. Ebbe

    maestro di lettere greche e latine il prete Filippo Migliorucci, docente di lingua latina presso la

    chiesa di S. Pier Maggiore e poi presso il collegio Eugeniano. Stando a Paolucci, il M. ne avrebbepreso il posto alla morte: tra i suoi allievi ebbe anche Anton Francesco Marmi (Marmi, Zibaldone,

    c. 40v, e la lettera a L.A. Muratori, Firenze, 18 apr. 1730, in Edizione nazionale del carteggio di

    L.A. Muratori). Abbracci lo stato ecclesiastico in data non precisabile, ma era sicuramente prete

    nel 1676. In giovent frequent lAccademia degli Apatisti, verosimilmente sotto il secondo

    consolato di Agostino Coltellini (1664-68). I primi tentativi poetici risalgono al 1674, quando,

    grazie allinteressamento di Francesco Redi, pubblic a Firenze una prima parte di Rime (la

    progettata seconda parte non ebbe esito), con dedica al granduca Cosimo III deMedici.

    Il libretto consta di 21 canzoni. La diciannovesima, dedicata a s. Filippo Benizi, ebbe una stampa

    autonoma (Firenze 1674); le restanti, di argomento sacro o profano, presentano dediche a

    personalit culturali della Firenze di quegli anni, quali Lorenzo Magalotti, Carlo Dati, Redi e

    Lorenzo Panciatichi. Lesordio si segnala per soluzioni poetiche che, allontanandosi da quelle del

    tardo marinismo, guardano al classicismo delle canzoni e delle canzonette di G. Chiabrera. Su

    questa linea poetica si colloca anche la canzone encomiastica Al serenissimo granduca di Toscana

    Cosimo terzo per la vittoria delle galere di S.A.S. ottenuta il d 20 di luglio 1675 contro a quelle di

    Biserta nel canale di Piombino (ibid. 1675).

    Dei primi mesi del 1675 la stampa del De literatorum hominum invidia, dedicato a Redi e

    incentrato sullinvidia livorosa tra gli uomini di lettere. Il libello conobbe qualche risonanza anche

    fuori dItalia, come testimonia una seconda edizione, di due anni successiva, a Kiel, in coda a un

    trattato di argomento analogo (I.D. Major, Genius errans sive De ingeniorum in scientiis abusu

    dissertatio, Kiliae Holsatorum 1677, cc. a1r-d2v).

    Il magistero poetico e umano di Redi fu determinante nella formazione del M., come risulta anche

    dal carteggio tra i due: iniziato nei primi anni Settanta, si protrasse, stando a quanto noto, fino al1692, ma non mancano prove di una corrispondenza successiva. Grazie alla sua raccomandazione,

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    nellottobre 1675 il M. ottenne linsegnamento di umanit e retorica a Prato. Lincarico aveva

    durata biennale, ma i rapporti con i colleghi e con le famiglie pratesi non furono sempre cordiali, e

    nellottobre del 1677 il M. non fu confermato. Dal 1678 torn al servizio del marchese Salviati,

    probabilmente svolgendo ufficio di segreteria, ma non interruppe lattivit letteraria. Alla primavera

    del 1677 risale il De infelicitate terreni amoris, liber elegiacus, raccolta di componimenti in distici

    sul tema dellamore infelice, edita a Firenze nel 1678 con dedica a Francesco Maria Naldini.

    Allo stesso periodo risale anche il trattatello Della costruzione irregolare della lingua toscana,

    seguito da un Discorso nel quale si prova che le lettere deono esser congiunte alle morali discipline

    (Firenze 1679), apparso sotto il nome di Benedetto fiorentino. Lo scritto si sofferma su

    particolarit grammaticali e retoriche non approvate dai grammatici, ma ragionevolmente

    approvate per consuetudine (c. 3r). Oltre che per una notevole conoscenza delle Tre Corone e degli

    altri autori della letteratura italiana, si segnala per alcuni giudizi sulla prassi poetica contemporanea

    e per il distacco che trapela in pi punti dalle scelte retoriche dominanti. Per il suo caratteredidattico, il testo conobbe un discreto successo e fu ripubblicato fino alla prima met

    dellOttocento.

    Stando a un compilatore settecentesco (Firenze, Biblioteca nazionale, Mss., II.V.135, cc. 89r-91v,

    posteriore al 1732), nel settembre 1681 prese lufizio di governatore della Venerabile Compagnia

    di S. Antonio Abate. Nel 1680, ancora col nome di Benedetto fiorentino e con dedica al suo

    protettore Salviati, pubblic a Firenze due volumi di Opere contenenti rispettivamente scritti volgari

    e latini.

    La prima sezione contiene poco meno di quaranta componimenti di matrice anacreontica, rilevanti

    per la vivace sperimentazione di metri acquisita dal modello di Chiabrera; seguono otto sonetti e

    ventuno canzoni che coincidono in parte con quelle pubblicate nelle Rime sei anni prima. Conclude

    il volume il trattato Della costruzione irregolare della lingua toscana, con una nuova dedica a Redi.

    Nel secondo volume compaiono quattro scritti latini: i gi pubblicati De literatorum hominum

    invidia e De infelicitate terreni amoris, e due inediti. LApologeticus, sive De Poesis innocentia

    riprende il motivo umanistico della difesa della poesia; nel De inani gloriae studio, dialogo latino

    alla maniera di Luciano tra lo stesso M. e un auditor, vengono ripresi i temi affrontati nel De

    literatorum hominum invidia.

    Confidando nellappoggio di Redi, di Magalotti, di Lorenzo Bellini e di Anton Maria Salvini,

    verosimilmente tra il 1681 e il 1682, il M. avanz richiesta della cattedra di retorica e umanit

    allUniversit di Pisa, vacante dal 1674 dopo labbandono di Jacob Gronovius, ma fall, forse per il

    veto di Giovanni Andrea Moniglia, docente di medicina a Pisa e vicino al granduca Cosimo III.

    Noto per la sua vena maledica, Moniglia, invidioso dei progressi del M., avrebbe dichiarato che i

    suoi versi erano piscio delle Muse. La questione, sulla quale peraltro assai poco noto, colp nelvivo il M. che da questo episodio avrebbe tratto la linfa per la stesura delle sue virulenti Satire.

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    Le Satire ebbero larga circolazione manoscritta in ambito fiorentino e romano. Mai pubblicate

    vivente lautore, furono edite per la prima volta nel 1718 con il falso luogo di Amsterdam,

    probabilmente a Lucca ovvero a Napoli. Di esse, tuttavia, si conoscevano alcuni excerpta pubblicati

    in almeno due occasioni (la recensione, anonima ma di A. Zeno, allAccademia tuscolana del M.,

    del 1705, in Giornale deletterati dItalia, VII [1711], pp. 390-395, con estratti da varie satire; e

    Bianchini, 1714, pp. 22-24, dove si legge un largo saggio della settima). La princeps contiene dodici

    satire; stando tuttavia a testimonianze pi tarde, sarebbero state in numero maggiore: quattordici o

    quindici a detta di Marmi (Zibaldone, cc. 10v, 40v); senzaltro quindici per il bibliotecario mediceo

    Benedetto Bresciani (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 2821, cc. 226-227r: lettera al marchese

    Ferdinando deBartolomei, 10 ag. 1697).

    Particolarmente lunga fu lelaborazione del testo, come documentano le sicure varianti dautore

    consegnate dalla tradizione manoscritta. Il M. ne dovette consegnare un brogliaccio definitivo, dimolte correzioni e mutazioni arricchito (Bianchini, 1714, p. 21), allamico Paolo Falconieri (lettera

    al M., 8 nov. 1700, in Opere di B. M., III, pp. 348 s.), ma a quella data il testo circolava

    ampiamente. Incerta la data di composizione delle singole satire, anche se elementi interni fanno

    credere che siano state concepite in ambito fiorentino, quindi entro il 1685, quando alcune di esse

    erano state lette da Carlo Maria Maggi (Opere di B. M., III, pp. 276-278); Redi ne fece avere copie

    spicciolate a Giuseppe Valletta a Napoli (cfr. le lettere a Valletta del 28 settembre e del 6 nov. 1688,

    in F. Redi, Opere, V, Milano 1811, pp. 338, 345) e a Gilles Mnage a Parigi (lettera del 21 ott. 1689,

    ibid., pp. 374 s.).

    Assai vari sono i contenuti: per alcune evidente il modello dei satirici latini, in particolare di

    Giovenale (cos per la VI, che contiene proprio come la VI di Giovenale una rabbiosa scrittura

    misogina; per la VII, contro il lusso nobiliare; per lVIII, esemplata sulla IV dellautore latino e

    incentrata sulla corte di Cosimo III; per la XII, sulla variet dei desideri umani). Per altre si fatto il

    nome di Luciano (la II), del Funus di Erasmo da Rotterdam (la IX), di Persio (la X). Si possono

    aggiungere anche episodiche occasioni di confronto con le Satire di Salvator Rosa, peraltro non

    molto apprezzate dal M., e con altre scritture cinque e seicentesche dello stesso genere. Tuttavia, un

    punto di confronto ineludibile per le Satire la Commedia dantesca: tale dipendenza, oltre che in

    prestiti e in pi generali movenze, evidente soprattutto nellintento di castigare figure

    contemporanee, e rappresenta uno dei momenti pi rilevanti della fortuna della Commedia nel

    Seicento.

    Il tono acre della scrittura e gli argomenti affrontati causarono la messa allIndice dellopera gi dal

    1720. Ciononostante, le Satire vennero additate come esempio insuperabile della satira toscana,

    garantendo al nome del M. un significativo primato letterario e morale. Numerose furono le

    ristampe settecentesche, spesso rilevanti per il corredo esegetico, curate da personalit illustri dellacultura fiorentina: Giovanni Bottari (Firenze 1730), A.M. Biscioni con note di Salvini, dello stesso

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    Biscioni e di tale G. Van der Boodt, forse lo stesso Bottari (Leida [ma Lucca] 1759: contiene anche

    un notevole Ragionamento sopra la necessit e utilit della satira, sottoscritto da tale Pier Casimiro

    Romolini da Poggiano), Rinaldo Maria Bracci (Napoli 1763). Da segnalare anche ledizione Londra

    (ma Livorno) 1788, dovuta a G. Poggiali.

    Se si escludono i rapporti cordiali con Vittoria Della Rovere, granduchessa madre di Toscana, che

    ebbe modo di remunerarlo in pi occasioni, dagli ambienti granducali il M. traeva poche

    soddisfazioni: le composizioni di occasione di quegli anni, per quanto apprezzate (la canzone

    Vienna ossessa e liberata, nelle miscellanee Poesie per la liberazione di Vienna di diversi autori,

    Lucca 1684, pp. 13-16; lEpitalamio per le nozze dellillustriss. sig. marchese G. Corsi con

    lillustriss. sig. marchesa T.M. Della Stufa, Firenze 1684), non portarono cambiamenti alla sua

    posizione.

    Di converso, erano sempre pi convinte le speranze di allontanarsi da Firenze, alla ricerca di unambiente pi stimolante. Nel settembre 1682, forte dellappoggio di monsignor Agostino Favoriti,

    prov a richiedere la nomina di lettore presso lUniversit di Padova, ma il negozio fu interrotto

    dalla morte del prelato. Nel settembre 1683 ricevette, tramite Stefano Pignatelli, la proposta di

    diventare segretario di Giacomo Cantelmo, da quellanno arcivescovo in partibus di Cesarea e

    referendario delle due Segnature, ma la proposta fu rifiutata o non ebbe seguito. Poco dopo fu

    proposto come segretario del duca di Mantova Ferdinando Carlo Gonzaga Nevers, ma anche in

    questo caso rifiut. Probabilmente era gi maturata nel M. la risoluzione di muovere verso Roma,

    dove poteva contare da qualche tempo su conoscenze importanti. Tramite il cardinale DecioAzzolini ottenne un impiego alla corte di Cristina di Svezia, con la quale i rapporti dovevano essere

    vivi dal 1679: secondo il registro delle sedute dellAccademia reale (Biblioteca apost. Vaticana,

    Ottob. lat., 2140, c. 1v; Bianchini, 1708, pp. 209 s.), il M. figurava tra gli iscritti gi a quella data.

    Il M. part da Firenze nellottobre 1685, dopo che Vittoria Della Rovere gli ebbe concesso un

    congruo viatico. Giunse a Roma il 2 novembre ed entr nellAccademia reale in qualit di letterato

    trattenuto con uno stipendio regolare che agevol non poco la sua situazione economica. La

    stabilit conseguita gli permise di attendere con tranquillit ai propri lavori. Nello scorcio dellanno

    pubblic il Christinae panegyricus, con dedica ad Azzolini, la cui prima stesura risaliva per alle

    prime settimane del 1685. Agli ultimi mesi del 1686 risale una canzone sulla conquista imperiale di

    Budapest (Jesi, Biblioteca Planettiana, Arch. Azzolino, n. 192, 23, cfr. Battelli), e frutto dei primi

    anni del soggiorno romano il testo teorico pi rilevante della produzione del M., lArte poetica,

    stampata nel 1688 a Firenze, ancora con dedica ad Azzolini.

    Lopera fu rivista dallautore e ripubblicata con considerevoli modifiche (Roma 1690), con dedica

    al giovane cardinale Pietro Ottoboni, nipote di Alessandro VIII. Composta in tempi brevi (forse un

    paio di mesi) e suddivisa in cinque libri in terza rima corredati di annotazioni dello stesso autore,lopera affronta questioni retoriche e stilistiche, e dal secondo libro tratta i caratteri dei principali

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    generi letterari; per il suo impianto sobrio e gradevolmente didattico, godette di ampio credito fino a

    tempi non lontani. Assai considerata dallo stesso M., lArte poetica parte da unimpostazione

    latamente oraziana, ove la natura e larte costituiscono le basi del pensiero poetico. Tuttavia

    presente il tentativo di rinnovamento della produzione secentesca: il criterio del buon giudizio si

    coniuga allesplicito fine di opporsi alla corruttela del secolo (ed. 1688, c. A3r), e si sostanzia

    riportando lattenzione sugli esempi poetici di F. Petrarca, L. Ariosto, T. Tasso e Chiabrera. Le

    riflessioni proposte pongono le premesse per la costituzione di una nuova sensibilit che, rivedendo

    la tradizione lirica postmariniana, trover il suo esito nelle esperienze poetiche della prima Arcadia.

    Il carattere normativo dellopera permette peraltro di avvicinarla allArt potique di N. Boileau-

    Despraux (1674), anche se in pi riprese il M. dichiara di distaccarsene (I, 267 s.: Non aspettar

    Boel che dalla Senna tadditi il buon sentiero) e di aver scritto anzi lopera per prendere la

    difesa del Parnaso toscano e delle muse dItalia, vilmente trattate dalla petulanza duno scrittore

    franzese (lettera a Redi del 24 apr. 1688, in Lettere di B. M., p. 130).

    Allindomani della morte di Cristina di Svezia (19 apr. 1689), le sorti del M. si fecero pi incerte:

    morto Pignatelli nel gennaio 1686, e morto anche, l8 giugno 1689, il cardinale Azzolini, con il

    quale i rapporti erano nel frattempo peggiorati, il M. conobbe un nuovo periodo di indigenza. Verso

    lottobre di quellanno fu assunto in qualit di segretario dal cardinale M.S. Radziejowski, primate

    di Polonia e gran cancelliere del Regno, ma quando verso la fine di maggio 1690 il cardinale part

    alla volta della Polonia, il M. si rifiut di seguirlo. Di nuovo sprovvisto di adeguati mezzi di

    sostentamento, nei primi mesi del 1691 prospett a Redi lipotesi di tornare in Toscana nel caso gli

    fosse stato possibile ottenere la cattedra di filosofia morale gi occupata da Giovan BattistaRicciardi, ma la pratica non ebbe esito. A pi riprese pens di dirigersi a Napoli o a Parigi. Oltre

    agli aiuti concreti di Paolo e Alessandro Falconieri e del cardinale Lorenzo Corsini, il M. si sarebbe

    sostenuto vendendo prediche e panegirici (Paolucci, pp. 178 s.; Negri, p. 93); sovvenzioni gli

    vennero anche da Firenze, in particolare da Vittoria Della Rovere e da Ferdinando deMedici, oltre

    che dallo stesso Redi.

    A dispetto delle avversit, la produzione letteraria del M. dei primi anni Novanta fu particolarmente

    intensa. Nellaprile 1691 concluse uno dei suoi progetti poetici pi laboriosi, il poema eroico in

    ottave Del terrestre paradiso.

    Diviso in tre canti, fu stampato a Roma nel settembre con dedica al cardinale Rinaldo dEste, poi

    duca di Modena. Il poema si segnala per le scoperte vicinanze con i poemi del Tasso, in particolare

    con il Mondo creato (il M. postill un esemplare delledizione Viterbo 1607: le postille sono edite

    in T. Tasso, Il mondo creato, Pisa 1823, pp. 293-296). Poco apprezzato dalla critica odierna, il

    Terrestre paradiso fu oggetto di ampia attenzione presso i contemporanei: messo a diretto confronto

    con la Gerusalemme tassiana, secondo un intimo del M. questa verrebbe addirittura superata dal

    poema del M. di gran lunga nella chiarezza e nella facilit (Lorenzo Bellini al M., lettera datataPisa, 8 ott. 1690, ora in Opere di B. M., III, pp. 300-302).

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    A detta di Cian, al periodo compreso tra lagosto e lottobre 1689, in tempo di sede vacante per la

    morte di Innocenzo XI, risalirebbero due capitoli pasquineschi, il Pasquino zelante al conclave e il

    Secondo Pasquino zelante, segnalati per la prima volta da Arlia (1876). Lattribuzione al M. stata

    messa in discussione da Limentani (pp. 329-332) che, oltre a depennare i due testi dal catalogo

    menziniano, li riporta al periodo successivo alla morte di Innocenzo XII, tra il settembre e il

    novembre 1700. Lidea di mettere in pulito unaltra parte delle sue rime, accarezzata gi dal

    1689, trov compimento solo parziale nei primi mesi del 1692, quando il M. pubblic a Roma una

    raccolta di Sonetti dedicati a Lorenzo Corsini, poi cardinale e papa col nome di Clemente XII.

    Con la parziale esclusione di alcuni sonetti editi nel primo volume delle Opere del 1680, i

    quarantaquattro sonetti, le quattro canzoni e il dialogo in endecasillabi e settenari liberi qui

    raccolti furono composti in ambiente romano. Reperibili in pi punti sono alcune giaciture poetiche

    che arieggiano Tasso e Chiabrera, i due sovrani lumi della toscana poesia (c. A3v), verso i quali ilM. rinnova dichiarazioni di debito; ma evidenti sono anche scelte riconducibili alla coeva

    esperienza arcadica, quali i numerosi sonetti di ambientazione bucolica.

    Risale a questo periodo anche un altro impegnativo progetto degli anni romani, il poema in

    endecasillabi sciolti Filosofia morale, la cui stesura era stata portata a buon punto nei primi mesi del

    1693.

    Pensata in nove libri e modellata sulle Sette giornate del mondo creato del Tasso, rimase incompiutae fu pubblicata postuma, con la progettata dedica a Innocenzo XII, per cura di F. Del Teglia nel II

    tomo delle Opere di B. M. (pp. 1-66) e col titolo a quanto pare spurio di Etopedia ovvero

    Instituzione morale (un brevissimo saggio del poema era stato fornito da Crescimbeni nel suo

    romanzo pastorale LArcadia, Roma 1708, p. 55). Del poema rimangono materiali preparatori

    autografi, riconducibili con ogni evidenza ai primi anni Novanta.

    Il M. fu tra i primi a essere ammesso nel 1691 nellAccademia dellArcadia, in cui assunse il nome

    di Euganio Libade. Oltre a sostenervi pi volte il Collegato (Morei, p. 114), partecip

    frequentemente alle adunanze e vi recit i propri componimenti. Il ruolo del M. in quel consesso fu

    di marcato rilievo: intenzionalmente messa in ombra la produzione satirica, a lui si riconobbero quei

    valori estetici, rappresentati soprattutto dalla produzione di stampo pindarico e anacreontico, che

    costituirono i principali riferimenti culturali della prima stagione arcadica.

    Nel corso di unadunanza nel Bosco Parrasio, nel 1692, il M. pronunci limportante lezione

    accademica LArcadia restituita allArcadia, stampata a Roma nello stesso anno e poi per cura di

    Crescimbeni (Prose degli Arcadi, I, Roma 1718, pp. 104-125). Oltre a enucleare i princip estetici

    dellAccademia, il M. vi esorta i membri della nobile ed erudita adunanza (ed. 1692, p. 19) a farvalere i propri ingegni, a coltivar leloquenza e a recuperare, secondo lesempio del Petrarca, la

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    purit dello stile poetico (p. 20) e la nobilt dellonesto poetare. Sempre entro lattivit arcadica,

    da citare la canzone Per i vincitori ne giuochi olimpici, pubblicata in I giuochi olimpici celebrati

    dagli Arcadi nellOlimpiade DCXX, Roma 1701, pp. 85 s.

    Nel maggio del 1693 si ripresent candidato alla cattedra di lettere e umanit allUniversit di

    Padova, ricorrendo allabate Michele Cappellari, probabilmente conosciuto a Roma: la questione si

    protrasse per parecchi mesi, senza che il M. ottenesse una risposta chiara. Nel frattempo, negli

    ultimi mesi del 1693 fu travagliato da una fastidiosa malattia che si manifest anche in altre

    circostanze. Nel 1694 i problemi economici trovarono finalmente sollievo: tramite il cardinale

    Giovan Francesco Albani (il futuro papa Clemente XI), nel luglio ottenne da Innocenzo XII la

    carica di bussolante tra i servitori del papa. Lanno successivo, sempre grazie ad Albani, gli fu

    concesso il canonicato di S. Angelo in Pescheria. Le due cariche, anche se ostacolato dai gesuiti

    (Fabroni, p. 283), garantirono un periodo di relativa serenit. Cos, nellestate 1695 rifiut lofferta

    che gli venne dallo Studio di Padova, dove era stata accolta la richiesta avanzata nel 1693.

    Ai primi mesi del 1697 risale la pubblicazione a Roma delle Elegie, sulle quali il M. lavorava dalla

    fine del decennio precedente. Ledizione contiene diciassette elegie in terzine, cinque delle quali

    presenti in calce dellArte poetica del 1690, pi unegloga pastorale e una canzone; alla fine

    compare un catalogo delle opere edite, insieme con quelle incominciate e quelle perdute (scritti

    consegnati in lettura al cardinale Cantelmo, a Redi e allAccademia del disegno di Firenze, mai

    restituiti). Al gennaio di due anni pi tardi risale la Canzone per la ricuperata salute dInnocenzo

    XII (Roma 1699).

    Nel 1699 fu eletto membro dellAccademia Fiorentina e il 6 apr. 1702 fu accolto nellAccademia

    della Crusca grazie allintercessione del marchese Alamanno Salviati.

    Da tempo il M. vagheggiava questo onore e, per quanto avesse cercato di farsi valere presso i suoi

    corrispondenti fiorentini, in particolar modo Del Teglia e Salvini, non era riuscito a essere incluso

    tra gli autori nella terza edizione del Vocabolario (Firenze 1691), per quanto negli spogli fossero

    stati inclusi anche scrittori viventi. A tale esclusione fu posto rimedio dopo la morte del M. con la

    quarta edizione del Vocabolario (ibid. 1729-38); da essa si apprende peraltro che le Satire erano

    state spogliate anni prima da Redi, probabilmente in vista della terza edizione (ibid., V, p. 55).

    Nel 1701, grazie allintervento presso Clemente XI del cardinale Giambattista Spinola, cancelliere

    dellUniversit romana, il M. ottenne il titolo di coadiutore alla cattedra di eloquenza alla Sapienza,

    con diritto di successione al lettore Michele Brugueres, allora gravemente malato. da intendere

    come titolo di ringraziamento al pontefice la canzone Per il sommo pontefice Clemente XI,

    pubblicata a Roma in quellanno. Risalgono a quei mesi due orazioni latine pronunciate in

    occasione dellapertura dellanno accademico: De morum philosophia humaniorumque literarumstudiis adiungenda oratio (Roma 1701, con dedica a Spinola) e In funere Leonis decimi oratio (ibid.

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    1701, scritta nellanniversario della morte di Leone X). In questo periodo si infittiscono gli scritti

    poetici di carattere religioso, di cui solo una parte esigua fu pubblicata (due Inni sacri, per la

    Beatissima Vergine Annunziata e alla s. Croce, nei Comentari di Crescimbeni, I, Roma 1702, pp.

    158-160).

    Da lungo tempo sofferente di idropisia e, almeno dal 1689, di calcolosi, debilitato dai molteplici

    incarichi oltre che dallimmoderato uso del vino, il M. cercava spesso sollievo fuori della capitale.

    Di ritorno da un soggiorno presso la badia di S. Paolo ad Albano, ospite del cardinale Ottoboni,

    mor a Roma il 7 sett. 1704. Fu sepolto in S. Angelo in Pescheria.

    Pochi mesi prima, entro il marzo del 1704, era riuscito a vedere pubblicata la traduzione delle

    Lamentazioni di Geremia espresse ne loro dolenti affetti, con dedica a Clemente XI: in terzine

    dantesche, ebbe numerose ristampe e fu fatta distribuire dal pontefice ai cardinali di Curia in

    occasione della quaresima. Postuma , invece, ledizione dellAccademia tusculana, la cui stampa aRoma, cominciata nellestate del 1704, fu portata a termine nei primi mesi del 1705, per cura di Del

    Teglia, con dedica a Ferdinando II di Toscana. Il progetto doveva essere pi antico, come

    documentano alcuni materiali preparatori databili ai primi anni Novanta del secolo precedente e

    raccolti sotto il titolo di La villeggiatura tuscolana (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VII.1376,

    cc. 13r-17r). Modellata sullArcadia di J. Sannazaro, lAccademia tusculana una sorta di

    resoconto delle conversazioni tenutesi durante una villeggiatura nel Tuscolano insieme con altri

    membri della prima Arcadia. Nel prosimetron alleffettiva geografia dei luoghi si sovrappone quella

    della mitologia arcadica: i personaggi dispongono, per lappunto, di un nome arcadico e i valoriistituzionali dellAccademia sono ricondotti a quelli dellantico mito.

    A un anno dalla morte gli Arcadi romani pubblicarono numerose poesie nei Giuochi olimpici

    celebrati in Arcadia nellOlimpiade DCXXI in lode degli Arcadi defunti (Roma 1705, ad ind.);

    Crescimbeni lo ricord nella prosa seconda del secondo libro del romanzo LArcadia (pp. 53-55).

    Un corpus significativo di testi poetici composti in ambito romano fu pubblicato nelle Rime degli

    Arcadi, II, Roma 1716, pp. 147-189; alcune liriche latine furono raccolte negli Arcadum carmina,

    pars prior, Romae 1721, pp. 103-113. A distanza di pi di un ventennio dalla morte del M. si

    pubblicarono a Firenze due importanti edizioni: le Opere di Benedetto Menzini (1730-31) curate da

    F. Del Teglia, cui il M. aveva lasciato per testamento i manoscritti (la biblioteca fu donata allamico

    Filippo Leers), e le Rime in quattro tomi, con data 1730-34, probabilmente col supporto di Biscioni.

    Questa edizione, per la quale si attinse a non precisati originali di propria mano dellautore (II, p.

    VII), raccoglie anche (IV, pp. 121-135) un nucleo di varianti ricavate dal confronto con altri

    testimoni e con ledizione del 1730-31. Per altri testi si dispone di edizioni postume per cura di

    amici romani e fiorentini: cos per la Canzone per la rogazione delle leggi dArcadia (1696),

    pubblicata per la prima volta entro la Vita del M. da Paolucci (pp. 180-183), e per la canzone Le

    quattro stagioni, pubblicata in appendice a J. Philips, Il sidro, poema tradotto dallinglese dal conteL. Magalotti, edizione seconda, Firenze 1752, pp. 198-200.

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    Di grande rilievo il ricco epistolario del Menzini. La maggior parte delle lettere si conserva a

    Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Mss. Redi, 218, cc. 35-38 e 223, cc. 156-210, e a Parigi,

    Bibliothque nationale, Mss. it., 2034, cc. 57-99 (con altri materiali del, e relativi al, M. alle cc.

    100-112). Una parte significativa pubblicata in Opere di Benedetto Menzini, III, pp. 272-363, e

    IV, pp. 123-153 (edizione infida, perch il curatore intervenne pesantemente sul testo). Basata anche

    su documenti non pi reperibili ledizione a cura di D. Moreni: Lettere di Benedetto Menzini e del

    senatore Vincenzo da Filicaia a Francesco Redi, Firenze 1828, pp. 1-142, cui si aggiungono, sempre

    per cura di Moreni, le Lettere di Lorenzo il Magnifico al sommo pontefice Innocenzio VIII e pi

    altre di personaggi illustri toscani, Firenze 1830, pp. 82-108, e Saggio di poesie di Selvaggia

    Borghini nobile pisana e testimonianze del di lei valore, Firenze 1827 (pp. 188-206 e riedite in M.S.

    Borghini, Il canzoniere, a cura di A. Agostini - A. Panajia, Pisa 2001, pp. 71, 75). Inoltre A.

    Lancetta, Lettere inedite di Benedetto Manzini, Modica 1897. Il Del terrestre paradiso si legge in

    Poemi biblici del Seicento, a cura di E. Ardissino, Alessandria 2005, pp. 127-184.

    Fonti e Bibl.:

    - Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VIII.16: A.F. Marmi, Zibaldone, parte II, c. 40v;- L.A. Muratori, Della perfetta poesia italiana, II, Modena 1706, pp. 284, 352, 401-403, 431,

    457-460;- S. Salvini, Vita di Francesco Redi aretino, detto Anicio Traustio, in G.M. Crescimbeni, Le vite

    degli Arcadi illustri, I, Roma 1708, pp. 3 s.;- F. Bianchini, Vita del card. Enrico Noris veronese, detto Eucrate Agoretico, ibid., pp. 209 s.;- G. Paolucci da Spello, Vita di B. M. fiorentino, detto Euganio Libade, ibid., pp. 169-188 (poi, con

    aggiornamenti, in Opere di Benedetto Menzini, IV, pp. 3-40, e in Rime di Benedetto Menzini, IV,

    Firenze 1734, pp. 81-119);

    - O. Rucellai, Saggio di lettere e di testimonianze autorevoli in lode e difesa dellAccademia dellaCrusca, a cura di D. Moreni, Firenze 1826, pp. 111-115;

    - Edizione nazionale del carteggio di L.A. Muratori, XXVIII, Carteggi con Mansi Marmi, a curadi C. Viola, Firenze 1999, p. 455;

    - S. Salvini, Fasti consolari dellAccademia fiorentina, Firenze 1717, pp. 613 s.;- Mireo Rofeatico [G.M. Morei], B. M., in Notizie istoriche degli Arcadi morti, I, Roma 1720, pp.

    112-114;

    - G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 93-95;- G. Bianchini, Della satira italiana, Massa 1714, pp. 19-24;- Id., La villeggiatura, dialogo nel quale si discorre delle poesie di B. M. fiorentino e dA. Guidi, in

    Opere di B. M., IV, pp. 41-104 (in ed. autonoma: Firenze 1732);- M. L[astri], Elogio di B. M., in Id., Elogi degli uomini illustri toscani, IV, Lucca 1774, pp.

    DXCVII-DCIII; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium, VII, Pisis 1781, pp.264-292;

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    10/12

    - [C. Arlia], Una satira inedita di B. M., in Il Borghini, III (1876), 2, pp. 24-28; 3, pp. 37-43; Id.,Quante satire scrisse il M.?, in Il Bibliofilo, VII (1886), 1, pp. 5 s.;

    - L. Bruni, La biografia di B. M., in Rassegna emiliana di storia letteratura ed arte, II (1889), 4, pp.242-256;

    - A. Tessier, B. M., in Giornale di erudizione. Corrispondenza letteraria, II (1890), 7-8, pp.100-108; 13-14, pp. 200-205;

    - G. Ferretti, Francesco Redi e il padre Paolo Segneri, in Giornale storico della letteratura italiana,LV (1910), pp. 99 s.;

    - A.C. Ott, Die Pariser Handschrift Nat.-Bibl. It. 2034 (Fonds Libri) und B. M., in Mlanges offerts m. mile Picot membre de lInstitut par ses amis et ses lves, I, Paris 1913, pp. 275-288;

    - A. Poggiolini, Grandezze e miserie fiorentine durante il sec. XVII, II. Le satire di B. M., inRassegna nazionale, 16 luglio 1915, pp. 144-160;

    - V.C. Mariani, LAccademia tuscolana e lopera di B. M., in Nuova Antologia, 16 luglio 1928, pp.

    261-265;- V. Cian, La satira, Milano 1939, II, pp. 231-271; C. Jannaco, Tradizione e rinnovamento nelle

    poetiche dellet barocca, in Convivium, XXVII (1959), pp. 663-667;

    - C. Calcaterra, Il Parnaso in rivolta, Bologna 1961, pp. 212-218; U. Limentani, La satira nelSeicento, Milano-Napoli 1961, pp. 283-338;

    - W. Binni, LArcadia e il Metastasio, Firenze 1963, pp. 3-46, 116-123; M. Saccenti, Lucrezio inToscana. Studio su Alessandro Marchetti, Firenze 1966, pp. 273-282, 289-297 e ad ind.;

    - C. Di Biase, Arcadia edificante, Napoli 1969, pp. 27-138 e ad ind.;

    - M. Saccenti, Fra satira e scienza: profili di scrittori (1967), in Id., Libri e maschere del Seicentoitaliano, Firenze 1972, pp. 60-69;- U. Schulz-Buschhaus, Honnte homme et poeta doctus. Zum Verhltnis von Boileau und

    Menzinis poetologischen Lehrgedichten, in Arcadia. Zeitschrift fr vergleichende

    Literaturwissenschaft, IX (1974), pp. 113-133;

    - G. Tavani, Dante nel Seicento. Saggi su A. Guarini, N. Villani, L. Magalotti, Firenze 1976, pp. 61s.;

    - Catalogo degli Accademici [della Crusca] dalla fondazione, a cura di S. Parodi, Firenze 1983, p.162;

    - C. Jannaco - M. Capucci, Il Seicento, Padova 1986, pp. 79-84, 362-364, 504-510;- C. Chiodo, Il gioco verbale. Studi sulla rimeria satirico-giocosa del Seicento, Roma 1990, pp.

    249-281;

    - I maestri della Sapienza di Roma dal 1514 al 1787: i rotuli e altre fonti, a cura di E. Conte, I,Roma 1991, pp. 509, 514;

    - A. Grimaldi, M. e lAccademia Tusculana, in Atti e memorie dellArcadia, s. 3, IX (1991-94), pp.239-248; G. Jori, Le forme della creazione. Sulla fortuna del Mondo creato (secoli XVII e

    XVIII), Firenze 1995, pp. 119-121;

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    11/12

    - G. Battelli, La canzone di B. M. dedicata a Cristina di Svezia per la conquista di Buda (1686), inUltra terminum vagari. Studi in onore di Carl Nylander, a cura di B. Magnusson et al., Roma

    1997, pp. 19-26;

    - M.P. Paoli, Come se mi fosse sorella. Maria Selvaggia Borghini nella repubblica delle lettere,in Per lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia, secoli XV-XVII, a cura

    di G. Zarri, Roma 1999, pp. 518 s., 521-523;- C. De Bellis, Le arti allo specchio della poesia. Sei sonetti di B. M., in La lotta con Proteo.

    Metamorfosi del testo e testualit della critica. Atti del XVI Convegno A.I.S.L.L.I., Los

    Angeles 1997, a cura di L. Ballerin et al., Fiesole 2000, I, pp. 525-547;- A. Di Ricco, Le Arcadie settecentesche, in Il prosimetro nella letteratura italiana. Atti del

    Seminario 1997, a cura di A. Comboni - A. di Ricco, Trento 2000, pp. 463-478;- V. Nigrisoli Wrnhjelm, I fermani alla corte della regina Cristina di Svezia, in Cristina di Svezia e

    Fermo. Atti del Convegno internazionale 1995, a cura di V. Nigrisoli Wrnhjelm, Fermo 2001,

    pp. 125, 132;- A. Di Ricco, Fortuna del genere satirico nella Toscana del Settecento, in La Rassegna della

    letteratura italiana, 2002, n. 1, pp. 32-51;

    - Index librorum prohibitorum 1600-1966, a cura di J.M. De Bujanda, Montral-Genve 2002, p.610;

    - E. Ardissino, I poemi sul paradiso terrestre e il modello tassiano, in Dopo Tasso. Percorsi delpoema eroico. Atti del Convegno di studi, Urbino 2004, a cura di G. Arbizzoni et al., Roma-

    Padova 2005, pp. 414-418;

    - W. Bernardi, Tra citt e corte. Promozione sociale e vocazione scientifica nella Toscana delSeicento: Francesco e Gregorio Redi (II), in Medicina & storia, V (2005), 9, pp. 65-93;- G. Bucchi, La Guerra dei topi e dei ranocchi attribuita ad Andrea del Sarto: un falso di

    Francesco Redi?, in Filologia italiana, IV (2007), pp. 128-133, 166.

    * * *

    C.A. Girotto. Monglia, Giovanni Andrea Monglia (o Monglia), Giovanni Andrea. - Medico e

    letterato (Firenze 1624 - ivi 1700). Medico di corte, professore di medicina nell'univ. di Pisa,

    accademico della Crusca. Ebbe violente liti letterarie: B. Menzini e F. Nomi lo satireggiarono sotto

    il nome di Curculione. Compose grande quantit d'intermezzi, drammi, melodrammi, Poesie

    drammatiche (1689-90). Delle composizioni per musica sono da ricordare soprattutto l'Ercole in

    Tebe, per la musica di I Baldinucci, Filippo Baldinucci, Filippo. - Letterato e scrittore d'arte

    (Firenze 1625 - ivi 1696). Consulente del card. Leopoldo de' Medici, ne ordin la collezione di

    disegni e la raccolta degli autoritratti, l'una e l'altra ora agli Uffizi. Scrisse una serie di biografie di

    artisti (Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua, 6 voll., 1681-1728), un'opera

    sull'incisione (Cominciamento e progresso dell'arte dell'intagliare in rame, 1686), una vita del

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    Bernini (1682, per Cristina di Svezia). Compil il Vocabolario toscano dell'arte del disegno (1681).

    Fu accademico della Crusca

    Filicia, Vincenzo da Filicia, Vincenzo da. - Poeta (Firenze 1642 - ivi 1707). Dopo gravi

    ristrettezze, in cui fu aiutato da Cristina di Svezia, fu fatto senatore da Cosimo III, governatore di

    Volterra (1696), di Pisa (1700); le sue rime giovanili, d'argomento amoroso, furono da lui pi tardi

    ripudiate e distrutte. Notevoli le sei Canzoni scritte per l'assedio di Vienna (1684), alle quali ne

    aggiunse un'altra a celebrazione delle vittorie sui Turchi del 1685, e i sonetti e le canzoni all'Italia.

    Per il contenuto patriottico delle sue opere fu celebrato anche in et romantica.

    Giardini, Giovanni Giardini, Giovanni. - Fonditore in bronzo e orefice (Forl 1646 - Roma 1722). In

    S. Pietro fece gli ornamenti in bronzo e il medaglione col ritratto della defunta nel monumento

    eretto da C. Fontana a Cristina di Svezia e il coperchio in bronzo per l'urna del fonte battesimale,

    pure sistemata da Fontana.