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U T O P I A“Non sono gli uomini che guidano la rivoluzione, è la rivoluzione che guida gli uomini.”

Aprile 201 2 Università di Catania

Pietro Figuera

(alle pagine 2 e 3)

Elviana Palermo

La comunicazione è potere, oggi come non mai.

Un anno fa una violenta quanto travolgente offensiva

mediatica ha preparato il terreno per l'offensiva militare

della �ato in Libia. In pochissimi giorni, buona parte

dell'opinione pubblica occidentale si è lasciata convincere

della giustezza della causa dei ribelli ed è divenuta

propugnatrice di un intervento militare alleato. Al di là

degli sviluppi dell'azione bellica, e del rovesciamento del

regime di Gheddafi che non possiamo non vedere come un

progresso per la Libia, c'è da riflettere su come la società

occidentale si sia fatta un'opinione degli eventi grazie ad

una massiccia e ben congegnata operazione mediatica.

Probabilmente un'operazione di questo tipo non la vedremo

mai per la Siria (nè, ad esempio, per lo Yemen). Gli Usa e

molti paesi europei chiave sono vicini alle elezioni o hanno

problemi "più urgenti" da affrontare, per non parlare delle

implicazioni geopolitiche indesiderate in caso di intervento

�ato non sostenuto da Russia e Cina. Sarà un caso, allora,

che i media lascino le notizie dei massacri siriani quasi

sempre in coda? Guai a far risaltare con un servizio di

prima pagina i massacri, si rischierebbe un coinvolgimento

emotivo dell'opinione pubblica, che porterebbe a sua volta

a "inopportune" pressioni politiche sui governi.

Ma al di là delle interferenze politiche, cos'è che regge oggi

l'informazione? Il coraggio dei suoi reporter, l'affidabilità

delle sue fonti? �iente di tutto ciò. O almeno, non solo. A

reggere l'informazione è il suo stesso mercato. Sì, mercato,

quella stessa parola che ormai viene (ab)usata nei più

svariati campi. Tutto oggi è soggetto di mercato: i beni, i

servizi, il lavoro, lo sport, persino gli stessi capitali (la

geniale invenzione della finanza). E' una deformazione del

capitalismo, che predica il libero mercato ovunque: in tutto

il mondo e in tutti i campi dove vi è umano interesse. In

questa logica i media non fanno eccezione. �on si sono

levate ancora abbastanza voci contro la mercificazione del

giornalismo, che troppo spesso sull'onda di un'esasperata

ricerca di audience impone nei notiziari scalette

preconfezionate inaccettabili, rispettose dei gusti

passeggeri del pubblico ma non di un'etica professionale

degna di questo nome. Riprendiamoci l'informazione, che è

nata appunto con la missione di informare; non di servire la

politica, nè di vendere le notizie. Con una prima pagina

dedicata alla quasi ignorata tragedia siriana, abbiamo

voluto lanciare un piccolo sasso nello stagno delle nostre

coscienze. �on importa se i nostri governi non vogliono

impegnarsi, non importa se le notizie sulla primavera araba

non vendono più. Del massacro siriano si deve parlare.

Giovanni Timpanaro

Kony 201 2 Articolo 1 8 Il MUOS di Niscemi

(a pagina 4)

pag. 6 pag. 8 pagg. 12­13

Le notizie riguardanti la Siriaimperversano da qualche settimanasu tutti i media, ma c’è chi comeBassma Al Mohamad ne parla damesi. La redazione di Utopia haquindi deciso di intervistarla persentire da vicino cosa ne pensa unadiciottenne di origini siriane checonosce e vive da vicino lavicenda.

A circa un anno di distanza dalloscoppio delle prime proteste, lasituazione in Siria è ancora piùesplosiva. Bashar al Assad difendeil suo potere con repressioniviolente e mistificate propagandeche infliggono colpi sempre piùduri ai ribelli. Il massacro di Homsè l’esempio più lampante [. . . ]

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Le notizie riguardanti la Siria imperversano da qualche settimana su tutti i media, ma c’è chi come

Bassma Al Mohamad ne parla da mesi. La redazione di Utopia ha quindi deciso di intervistarla per

sentire da vicino cosa ne pensa una diciottenne di origini siriane che conosce e vive da vicino la vicenda.

- �ome?

- Bassma Al Mohamad, un'italiana di origini siriane.

- Da quando vivi in Italia?

- Sono nata e cresciuta qui.

- La tua famiglia è tutta qui con te in Italia o ci sono

ancora membri del tuo nucleo familiare che vivono in

Siria?

- Vivo con i miei genitori e i miei fratelli, ma tutti i miei

parenti - cugini, zii, zie, nonne e così via - sono in Siria

- Che idea ti sei fatta del regime di Bashar al-Assad?

- Quando ero piccola non mi ponevo troppe domande, e

inoltre le persone in generale non ne parlavano. Era

praticamente vietato parlarne, quando si citava il nome del

presidente si faceva sottovoce, e se proprio chiedevo

qualcosa, non rispondevano, dicendo "anche i muri hanno

le orecchie". Crescendo, ho continuato a non fare troppe

domande, anche se mi accorgevo delle differenze tra

l'Italia e la Siria, a livello politico. Poi, da un anno a questa

parte, quando è scoppiata la rivoluzione, ho assistito con

crescente orrore alle azioni del regime. All'inizio il popolo

chiedeva soltanto riforme, non voleva sovvertire l'ordine

politico, ma alle richieste del popolo, il regime di Al Assad

ha risposto uccidendo, imprigionando e torturando i

manifestanti. Con il passare dei mesi, è risultato sempre

più evidente lo scopo del regime, che ha voluto - e tutt'ora

vuole - sopprimere le voci che inneggiano alla libertà. Il

regime non risparmia nessuno: uomini, anziani, donne,

bambini. E' al potere da più di quarant'anni, è sempre stato

un regime dittatoriale a partito unico, che ha sempre

operato la censura, dominato da un'unica famiglia, quella

degli Al Assad.

- �elle ultime settimane i mezzi di informazione italiani

hanno iniziato a parlare della situazione siriana, forse

con qualche mese di ritardo. Come reputi

l'informazione italiana?

- Sì, in effetti ne hanno parlato, ma comunque in generale

non c'è molto interesse: le notizie vengono riportate senza

approfondimenti e comunque sono sporadiche, non è una

questione che viene trattata ogni giorno, come invece

dovrebbe essere. Il problema poi è che ormai la

rivoluzione siriana, nell'ambito della primavera araba, non

suscita più così tanto interesse a livello giornalistico, ha

perso l'elemento di novità. Senza contare che poi per i

giornalisti è impossibile entrare in Siria: c'è un vero e

proprio blocco delle frontiere.

- Avresti un esempio di avvenimento accaduto negli

ultimi mesi in Siria e non narrato dai mezzi

d'informazione italiani?

- Per esempio a Homs, una delle città epicentro della

rivoluzione, il quartiere storico, costruito con delle pietre

particolari del posto (quindi a livello storico e culturale

importantissimo) è bombardato da dodici giorni senza

requie; non mi pare che i giornali ne abbiano parlato. In

ogni caso,altri esempi ce ne sono eccome: basta guardare

tutti i video che i manifestanti postano su youtube; le

scene sono raccapriccianti ma purtroppo reali: si va dai

corpi bruciati, ai bambini bersagliati dai cecchini negli

occhi, ai cadaveri orrendamente trasfigurati dalle torture.

- Le forze non governative hanno iniziato ad

organizzarsi all'estero, anche in Italia. Quali iniziative

hanno portato avanti e cosa c'è in programma per il

futuro prossimo?

- Le forze di opposizione all'estero si sono organizzate con

tre obiettivi principali: primo, informare il più

correttamente possibile a proposito della situazione

all'interno della Siria; secondo, manifestare la loro

solidarietà con i rivoluzionari all'interno della Siria stessa

e la loro opposizione agli atroci sistemi di repressione del

regime; terzo, fare pressione sulle forze politiche e tutte le

organizzazioni non governative ed umanitarie dei paesi in

cui si trovano per prendere posizione nell'ambito della

situazione siriana. Ciò che le forze d'opposizione hanno in

programma è cercare di raccogliere aiuti umanitari per la

popolazione martoriata, lavorare per l'unità di tutte le

forze d'opposizione del regime e costruire una visione il

più possibile unitaria sulla Siria del domani.

2

3

Giovanni Timpanaro

- Mi è capitato di leggere che durante una

manifestazione a Roma, si sospettava che qualcuno stesse

osservando i "dissidenti" che vivono all'estero. �on

avete paura di ripercussioni?

- Sì, è vero, da quando noi siriani all'estero siamo usciti allo

scoperto per manifestare il nostro dissenso siamo stati

fotografati, schedati e catalogati come dissidenti politici.

Certo, la paura c'è; molti di noi sono stati minacciati, anche

le nostre famiglie in Siria hanno subito minacce, ma questo

non ci ha fermati né ci fermerà: la mia famiglia non è

migliore di quelle famiglie che ora in Siria stanno morendo.

Non si può più continuare a rimanere nel silenzio dopo

quarant'anni di oppressione della libertà di parola e di

espressione, questo me l'hanno insegnato i manifestanti in

Siria.

- Le pagine dei social network dei tuoi coetanei sono

profondamente differenti dalla tua, hai scelto di

condividere materiale video ed informazioni che spesso

colpiscono per il loro essere crudi e sanguinolenti. Che

ruolo pensi possano avere i giovani ed i social network in

questa rivoluzione?

- I giovani in Siria sono la forza trainante della rivoluzione,

senza però escludere tutto il resto della popolazione. E'

proprio grazie ai miei coetanei in Siria che io, come molti

altri siriani in Italia, ricevo le informazioni. Senza dubbio

Facebook, Twitter e Youtube hanno contribuito

enormemente a diffondere le notizie. Quello che cerchiamo

di fare è divulgare le stesse informazioni che ci arrivano

dall'interno della Siria: in questo momento sono mezzi

fondamentali, senza di essi non sapremmo nulla.

- Due risoluzioni di condanna del Consiglio di Sicurezza

dell'O�U sono state bloccate dal veto di Russia e Cina,

perché credi che questi due paesi si siano opposti?

- Sostanzialmente, da parte dell'opposizione e dell'America,

così come dall'Europa, a Russia e Cina è stata presentata la

risoluzione mettendo tali paesi a margine della questione,

senza dare loro un ruolo d'importanza a livello di politica

estera. Inoltre, sono paesi che hanno remore su ciò che è

successo in Libia; in particolare la Russia ha delle basi

navali a ridosso delle coste siriane, e con un eventuale

cambiamento di regime non sarebbe garantita tale posizione

navale. Sempre la Russia non vede di buon occhio un

aumento d'importanza del ruolo della Turchia per l'influenza

che quest'ultima ha su diversi paesi dell'ex Unione Sovietica

oltre alla Federazione russa (basti pensare alla Cecenia). E

poi da ultimo non sono certo paesi campioni della

democrazia.

- Quali sono a tuo avviso i possibili sviluppi della

situazione siriana? E cosa speri possa accadere?

- La previsione è che fra la pressione internazionale, la

situazione economica disastrosa e la ferocia usata nei

confronti della popolazione, presto il regime salterà

definitivamente. Quello che spero per la Siria è che venga

instaurato un governo democratico, con rappresentanti del

popolo scelti e votati dal popolo, che vengano rispettate le

libertà fondamentali e i diritti inalienabili di ciascun

individuo, e che finalmente il popolo siriano possa vivere

con libertà e dignità.

- Bassma grazie per averci concesso quest'intervista,

vogliamo salutarci con un detto siriano che per te è

particolarmente significativo?

- Più che con un detto posso risponderti con lo slogan che

da mesi viene intonato dai manifestanti nelle strade e nelle

piazze: "El sha'ab iurid eskat el nizam" che tradotto vuol

dire "Il popolo vuole la caduta del regime". E' grazie a

questo slogan,scritto per la prima volta da dei bambini su un

muro di una scuola il 1 5 marzo a Daraa, città della Siria, che

la rivoluzione è scoppiata in tutto il paese, quindi per noi

tutti ha molta importanza.

Usciamo sicuramente arricchiti da questa conversazione,

ascoltare una liceale appena diciottenne in costante lotta per

i propri ideali non può che aiutarti a crescere. Appena

salutata Bassma arriva la notizia (diffusa da Human Rights

Watch) che durante le ultime operazioni militari contro i

dissidenti, le truppe fedeli ad Al Assad hanno usato decine

di civili come “scudi umani”. Non ci sentiamo di chiederle

di commentare anche questa vicenda. Avvenimenti del

genere sono all’ordine del giorno nei territori siriani ma non

per questo devono smettere di “far notizia”.

Dall’ informazione può passare anche parte della salvezza di

un popolo.

Elviana Palermo

A circa un anno di distanza dallo scoppio delle prime

proteste, la situazione in Siria è ancora più esplosiva.

Bashar al Assad difende il suo potere con repressioni

violente e mistificate propagande che infliggono colpi

sempre duri ai ribelli. Il massacro di Homs è l’esempio

più lampante della ferocia messa in campo dal regime

alawita espressione di una minoranza religiosa

quantitativamente inferiore ai ribelli ma

incomparabilmente superiore a livello militare. La strage

è avvenuta nel quartiere a maggioranza sunnita di Kharm

el-Zeytoun. Secondo l’opposizione, donne e bambini

sono stati uccisi dagli shabiha; i miliziani irregolari sono

stati usati dal governo per colpire oppositori civili. I

corpi appartengono a 28 donne, 23 bambini e 6 uomini,

alcuni presentano i crani spaccati, altri segni di bruciature

estese, tagli alla gola o fori di pallottole in fronte.

Versione contrastata dal governo di Damasco che, invece,

attribuisce il massacro ai ribelli. E infatti, il cinismo di

Assad si manifesta pienamente nella tattiche attuate per

reprimere le rivolte: non solo bombardamenti,

carneficine, torture, ma anche una attenta propaganda che

attira sempre più minoranze al suo seguito. Il regime ha

sostenuto fin dall’ inizio che la rivolta fosse armata,

pilotata da elementi stranieri, frutto di un complotto

internazionale e mossa da ragioni etniche: sunniti contro

alawiti. Nella versione del regime, la repressione contro i

manifestanti è sempre stata presentata come una lotta a

degli invisibili “terroristi” e a non ben identificate bande

armate. Invece il Free Syrian Army, gruppo di militari

disertori, con basi all’estero, non ha mai assunto una

fisionomia né una consistenza operativa sul terreno. I

disertori dell' esercito, che avrebbero dovuto costituirne il

nerbo, si sono dispersi tra fazioni opposte del

movimento. Il governo dissidente in esilio, chiamato

«Consiglio», lacerato tra sostenitori e negatori dell'utilità

di un intervento internazionale, non è riuscito a esprimere

un leader credibile né una politica di resistenza unitaria.

La reazione dei ribelli è stata quella di mettere in campo

nuove tecniche di attacco. Gli attentati di Damasco del

17 Marzo 2012 che hanno provocato 27 morti e 97 feriti,

civili e agenti di polizia, si sono verificati in perfetto stile

terroristico: 2 kamikaze si sono fatti esplodere in 2

autobombe avendo come obiettivo l’edificio della

direzione di polizia criminale e un centro di informazione

dell'aviazione. Anche ad Aleppo, ad un solo giorno di

distanza, 2 autobombe sono esplose causando la morte di

almeno 28 persone, fra militari e civili e il ferimento di

altre 240. Il Free Syrian Army ha dapprima rivendicato

gli attentati, poi li ha attribuiti allo stesso governo di

Damasco.

Il popolo è ormai estenuato, le migrazioni verso il

Libano e la vicina e accogliente Turchia sono in aumento

vertiginoso, lo spirito di sacrificio dei ribelli dà speranza

solo a tratti. Gli attentati seminano il timore che al-Qaeda

abbia approfittato di un anno di rivolte contro il regime

per spostare il ‘focus’ delle sue operazioni, dal vicino

Iraq alla Siria. Le spaccature in seno al «Consiglio» e le

divergenze della comunità internazionale non fanno ben

sperare. Il crescente rilievo che stanno assumendo

differenze religiose ed etniche nella logica della protesta

presuppone una degenerazione che a poco gioverà ai

ribelli, i quali resistono anche grazie ai sostegni più o

meno sommessi di alcuni paesi limitrofi, in particolare la

Turchia, che forniscono armi e viveri. Dall’altra parte vi

è Assad, il suo cinismo, una minoranza religiosa e gran

parte dell’esercito. Si oppongono due forze impari che

probabilmente non riusciranno a trionfare l’una sull’altra

se il panorama nazionale ed internazionale resterà

invariato.

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Francesco Vasta

“La privazione dei diritti è stata un prezzo ragionevole da

pagare in cambio di negozi ben forniti e libertà di

viaggiare”: per il giornalista Michael Idov, autore di

recente di un reportage per il N.Y. Magazine sulle proteste

dei giovani moscoviti contro Putin, sarebbe

essenzialmente questo il tacito patto tra potere e cittadini

russi che dal 1999 sostiene “la verticale di potere” dell’ex

colonnello del Kgb. Dopo le elezioni parlamentari del 4

dicembre 2011 , vinte da Russia Unita anche senza i

numeri “bulgari” del passato, studenti, giornalisti ed

alcuni media liberali moscoviti, si sono mobilitati

riuscendo a portare in piazza Bolotnaja decine di migliaia

di persone contro i brogli elettorali, stradocumentati, a

favore dei vincitori. Contro i brogli, ma senza piattaforme

politiche ulteriori e spinti soltanto dalla rabbia e dalla

voglia di misurarsi in piazza. “Molti di noi avrebbero

votato Medvedev se non si fosse fatto da parte in quel

modo” racconta ad Idov un manifestante: quella che

sembra mancare è proprio la coscienza della situazione e

delle reali possibilità della gente per giungere ad un

cambiamento. I russi spesso parlano di “democrazia

souvenir”, ma questo non li porta a cercare altre strade,

narcotizzati dalla presenza decorativa “dell’opposizione

di sistema” di comunisti, liberali e quant’altro. Il 4 marzo

la sentenza è arrivata puntuale: ancora un trionfo per

Putin, il suo “regno” si prolunga fino al 2018! Del

cambiamento evocato da piazza Bolotnaja, della sfida al

gelido inverno russo di queste migliaia di temerari,

rimane soltanto la lettura frettolosa di opinionisti e media

occidentali: nessuna “primavera moscovita”, nessun

parallelo con il Nordafrica è reale. Sarebbe “perché lo

fate?” la domanda più spesso rivolta dalla gente comune

ai ragazzi che “hanno fatto tremare il Cremlino”. Si

comprende quanto una svolta sinceramente democratica

per la Russia sia ancora molto distante. Come detto sopra,

“la verticale di potere” putiniana poggia stabilmente sul

consenso della maggioranza dei russi, cittadini stretti tra

le asprezze autoritarie della “democratura”, ibrido tra

democrazia e dittature, e, incredibilmente, la nostalgia

sovietica. Proprio così: gli italiani (ed i siciliani) nel loro

paradossale approccio alla realtà politica hanno la buona

compagnia dei russi. Fino a due anni fa il 58% degli

intervistati per un sondaggio del Pew research center,

considerava “una grande disgrazia la dissoluzione

dell’Unione Sovietica”. I radicali e drammatici

cambiamenti del primo decennio postcomunista in

Russia, l’abbassamento del tenore di vita e le ingiustizie

diffuse, hanno prodotto questa inverosimile reazione.

Non ci vuole molto per immaginare un collegamento tra

questo ed il successo politico dell’uomo forte Vladimir

Putin. Un leader che ha sempre minuziosamente coltivato

la sua immagine granitica, sostenuto dalla sempre ben

orchestrata propaganda e dall’uso della forza. Il

terrorismo, la Cecenia, la crisi economica: per tanti russi

tutti problemi affrontati di petto dal presidente, custode

del ruolo di potenza internazionale che “di diritto” spetta

alla Russia e favorevole al recupero di tanto

dell’armamentario valoriale del passato sovietico. I russi

cercano ordine e calma, Putin li garantisce: Il vero

cambiamento è ancora lontanissimo da Piazza Bolotnaja.

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Valeria Narzisi

Recentemente, il web è stato invaso da un video intitolato

“Kony 2012”. Nell’ intera rete non si legge altro: Stop Kony!

Ma chi è Kony? Joseph Kony è il signore della guerra

ugandese a capo dell’LRA (Lord’s Resistance Army) che

negli ultimi 25 anni ha organizzato il rapimento di più di

30000 bambini e bambine, gli uni addestrati alla guerra e al

massacro degli stessi genitori, le altre inserite in una fitta

rete di prostituzione. Dal 2005 Kony è ricercato dalla Corte

Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. “Kony

2012” è un filmato prodotto dall’associazione NO PROFIT

“Invisible Children” per informare e sensibilizzare la

popolazione mondiale, affinchè quest’uomo venga fermato

e consegnato alla giustizia. Il filmato, che ha avuto oltre 100

milioni di visualizzazioni in 5 giorni, si propone di utilizzare

la forza del web e dei cittadini di tutto il mondo per arrestare

Joseph Kony. Alla base della campagna d’azione promossa

da Invisible Children vi è la convinzione che solo rendendo

Kony un volto noto a tutti sarà possibile procedere con la

cattura. Catania è promotrice di una mobilitazione globale,

chiamata “Cover the night”, prevista per il 20 aprile 2012,

giornata in cui la città sarà “coperta” da migliaia di

manifesti raffiguranti il volto del warlord. Nonostante

Invisible Children sia tra le più note associazioni a difesa

dei diritti umani, è stata aspramente criticata. Pare che solo

il 30% delle donazioni sia stato devoluto a sostegno della

causa, mentre il restante 70% sarebbe già nelle tasche dei

promotori dell’ iniziativa. Inoltre, l’appoggio dato dagli

USA, motivato dal solo desiderio di voler “fare la cosa

giusta”, potrebbe essere collocato nel quadro del soft power

statunitense per sorreggere l’estensione americana in Africa,

considerando che l’Uganda è, dagli anni della guerra civile

in Somalia, alleata degli Stati Uniti d’America. La scoperta

dei giacimenti petroliferi nel territorio ugandese può, tra

l’altro, rappresentare la ragione economica dell’ interesse

alla causa africana. L’esercito regolare ugandese

sembrerebbe poi colpevole degli stessi crimini contro

l’umanità di cui sono responsabili Kony e il suo esercito.

Anche gli Anonymous, famoso gruppo di hacktivists,

ovvero di persone che manifestano il proprio dissenso in

stile hacker, hanno pubblicato in rete un filmato inerente

l’ iniziativa “Kony 2012”, sostenendo non solo che l’LRA

sia una milizia inattiva dal 2006, ma persino che lo stesso

Joseph Kony sia morto. Non ha potuto esimersi nemmeno il

premier ugandese Amama Mbabazi, il quale ha

elegantemente invitato i cittadini desiderosi di voler fare del

bene a spendere i propri soldi in favore di altre associazioni

umanitarie con sede in Uganda, e soprattutto a venire a

visitare personalmente il paese (“Abbiamo pace, stabilità e

siamo un grande popolo”, ha dichiarato il leader). Invisible

Children ha replicato alle accuse pubblicando un video di

risposta in cui vengono mostrati e spiegati i grafici

finanziari dell’associazione e ha sottolineato come la cattura

di Kony sia l’unica cosa importante a prescindere da dove

egli si trovi. Nonostante ciò, l’opinione pubblica è ancora

divisa tra chi ritiene il video virale la geniale trovata per

l’ennesima truffa ai danni della sensibilità degli abitanti del

mondo intero, e chi, non badando nemmeno al recente

arresto di Jason Russell, uno dei produttori del filmato, per

atti osceni in luogo pubblico, ritiene che i propositi di

“Kony 2012” siano onesti e degni di essere perseguiti.

Stabilire se si tratti di aiutare giovani amanti della giustizia

o di assecondare il desiderio di ricchezza di abili truffatori

interessati solo al profitto personale è pressoché

impossibile. È molto difficile individuare la verità, tanto più

se si tratta di una notizia nata e cresciuta sul web. Non resta

che attendere l’evolversi della storia, e sperare che venga

smascherata l’ iniquità di chiunque stia cercando di opporsi

al corso della giustizia.

In alto, l'immagine-simbolo della campagna.

A sinistra, il famigerato Joseph Kony.

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Nicolò Pappalardo

Nei mesi passati abbiamo tanto sentito parlare di un

eventuale e clamoroso rischio default in Grecia, ma adesso

che è arrivato le informazioni fornite dai media sono poche

e confuse.

A chi rimane ancora scettico sul definitivo crollo del debito

greco basti il fatto che sono ormai scattati i temuti

pagamenti dei CDS.

Un CDS (Credit Default Swap) non è altro che una sorta di

assicurazione su un titolo a rischio. Se ho, per esempio,

acquistato dei titoli di dubbia esigibilità, nel caso in

questione titoli di debito greco, posso “assicurarli”

acquistando dei CDS, garantendo cosi il rimborso di perdite

o mancati guadagni. In questo periodo di incertezza il CDS

è uno strumento finanziario derivato tra i più utilizzati.

Chiaramente agli istituti emittenti di questo tipo di derivati,

nel caso dei CDS l'ISDA (International Swap Derivative

Association: un circolo di 17 importanti banche

commerciali e circa 800 fondi speculativi utilizzatori di

prodotti derivati), non converrà ammettere l'effettivo

default dei titoli a rischio, dato che si troverebbero costretti

a rimborsare i detentori dei CDS.

Il fatto che che i circoli ISDA siano sparsi in tutta Europa e

in tutto il mondo, potrebbe in parte spiegare questo quasi

silenzio mediatico: basti pensare che da sola la “nostra”

Unicredit dovrà sborsare circa 250 milioni di euro, e

sicuramente una notizia del genere non farà piacere ai suoi

investitori e correntisti.

C'è insomma molta cautela e paura nell'utilizzo della parola

default, al suo posto molti descrivono la situazione del

debito greco con termini più sofisticati e cauti, ad esempio

“Credi Event” (rinegoziazione del debito), ma la sostanza

non cambia. Sta di fatto che l'85% degli investitori privati

si sono dovuti accontentare del solo 45% del valore

nominale dei titoli greci posseduti, e la ormai celebre

agenzia di rating “Standard & Poor's” ha rivisto al ribasso

la qualità dei titoli greci declassandoli alla fascia SD

(Selective Default, default selettivo).

Comunque lo si chiami, questo quasi dichiarato default

potrebbe rappresentare un buon passo avanti per il governo

greco, finalmente svincolato da buona parte degli

speculatori esteri, anche se ancora avvinghiato dalla morsa

dei cosiddetti “aiuti” dei fondi internazionali (vedi FMI)

che continuano e continueranno per chissà quanto tempo ad

imporre una folle politica di austerity ed una grave quanto

inaccettabile perdita di sovranità interna.

E' inevitabile, alla parola austerity, pensare al nostro

governo di tecnici, capeggiato da consulenti di banche

commerciali, dirigenti di banca e docenti di

macroeconomia (nell'ordine Monti, Passera e Fornero). Le

ricette utilizzate per il risanamento del nostro debito non

sono cosi diverse da quelle messe in atto in Grecia, ovvero:

intanto si accontentino gli speculatori esteri e le banche

aumentando la pressione fiscale e riducendo stipendi e

diritti, le misure per la crescita verranno dopo (forse).

Ricette di austerità giustificate con frasi che vanno da

“l'Europa ce lo impone” alla più pessimistica “Meglio cosi

che fare la fine della Grecia”, che hanno trovato appoggio

in tutte le nostre figure istituzionali. L'austerity è d'obbligo

per tutti, per l'Europa, per il governo, per il parlamento e

per Napolitano. Personalmente penso (e spero) che questa

crisi riesca a farci uscire da certi dogmi di comportamento

economici e a liberarci dai troppi vincoli imposti da

organismi finanziari sovranazionali non eletti ma imposti.

Chissà se anche il nostro governo, come quello greco e

degli altri PIIGS, entrerà nell'ottica che è inutile quanto

impossibile accontentare i propri creditori, o meglio

speculatori, che non fanno altro che comportarsi come

strozzini. Ad uno strozzino non converrà mai portare il suo

debitore nella condizione di ripagare tutto il suo debito,

dato che fino a quel momento sarà lo strozzino a

comandare la sua vita.

7

Luca Tasinato

Nello Statuto dei Lavoratori italiano, l’articolo 18 che

implementa la cosiddetta tutela reale disciplinando il caso

di licenziamento illegittimo (perché effettuato senza

comunicazione dei motivi, perché ingiustificato o perché

discriminatorio) di un singolo lavoratore, è oggi uno degli

argomenti più dibattuti, controversi e spinosi nell’agenda

politica del Paese.

Nel piano del Governo, la riforma del lavoro ha assunto

infatti un ruolo da protagonista per lo sviluppo e la ripresa

economica, in uno Stato segnato negli ultimi anni

dall’assenza di politiche reali che lo portassero fuori dalla

crisi.

Nel primo testo della riforma targata Fornero, approvato in

Consiglio dei Ministri il 23 marzo, l’articolo 18 è stato

modificato in maniera radicale provocando

una forte indignazione in primo luogo della

CGIL che non ha firmato l’accordo, di

CISL, UIL e altre sigle sindacali che sotto

forte pressione delle proprie basi hanno

dichiarato in fasi successive la propria

contrarietà, nonché di tutta la società civile

che non ha tardato a manifestare il proprio

disappunto dai social network alle piazze.

A fare esplodere la bomba è stato il punto

sui licenziamenti illegittimi (ingiusti,

ingiustificati) di natura economica, motivati,

cioè, dalle necessità economiche di

un’azienda. Allo stato attuale le aziende

(con più di 1 5 dipendenti) che perdono le

cause contro i dipendenti ingiustamente

licenziati, devono necessariamente

reintegrare il lavoratore. Con il primo testo

questo reintegro è stato annullato, sostituito da un

indennizzo economico che va dalle 1 5 alle 24 mensilità in

caso di illegittimità dimostrata.

Gli effetti di questa modifica sarebbero devastanti, in

quanto tutti i lavoratori a tempo indeterminato verrebbero

posti in condizione di inferiorità nei confronti dell’azienda.

Infatti qualsiasi licenziamento motivato secondo ragioni

economiche (anche inesistenti) garantirebbe solo un

contributo di tipo economico ai lavoratori licenziati che

quindi si ritroverebbero nuovamente reimmersi nella

voragine della ricerca del lavoro senza garanzie di

assunzione e quindi con il serio rischio di non avere più la

possibilità di trovare lavoro.

Tutto questo, accompagnato dall’ulteriore attacco che

questa riforma opera sugli ammortizzatori sociali

(introducendo al posto della cassa integrazione e

dell’assegno di disoccupazione l’ASPI - Assicurazione

Sociale per l’ Impiego – che non solo non è garantita per

tutti ma è anche minore rispetto alle formule precedenti) e

da un sistema di inserimento nel mondo del lavoro

flessibile che nel nostro Paese si è tradotto in assoluto

precariato (basti pensare alle 46 tipologie di contratti atipici

che non solo si trasformano in un limbo senza tutele per i

lavoratori ma che condannano inoltre una generazione al

precariato a vita) ha reso seriamente questa riforma un

pericolo reale non solo per lo sviluppo del Paese ma anche

e soprattutto per la persona come individuo e come parte

integrante della società.

Nelle ultime settimane l’ impegno e la determinazione dei

sindacati (in particolar modo della CGIL

che non ha mai ceduto ad alcun

compromesso, ritenendo intoccabile

baluardo di tutela dei lavoratori l’articolo

18), e dei partiti di centro sinistra (in

particolar modo del Partito Democratico

che, pur mantenendo sempre la fiducia in

questo Governo tecnico ha dichiarato sin da

subito che in Parlamento avrebbe dibattuto

per difendere l’articolo 18) hanno fatto si

che il ministro Fornero facesse un passo

indietro nella riforma.

Il testo definitivo della riforma, infatti,

rimette alla decisione del giudice, in caso di

ritenuta illegittimità del licenziamento, la

valutazione dei casi specifici e l’utilizzo

della formula di indennizzo o del reintegro

del lavoratore.

Questa è stata una grande vittoria ed è anche una

dimostrazione del fatto che le battaglie trasversali per la

difesa dei diritti dei lavoratori (e quindi di tutti i cittadini

del nostro Paese) che vanno dalle piazze, ai tavoli

sindacali, alle aule del Parlamento, hanno ancora oggi, più

che mai, ragion di esistere e continuare in modo

imperterrito affinché questo Paese possa ancora definirsi

democratico.

Ma la battaglia non è finita. Purtroppo i problemi su citati

riguardanti gli ammortizzatori sociali e il precariato

dilagante sono ancora esistenti e gravano soprattutto sui

giovani e sulle nuove generazioni. E’ fondamentale

continuare a manifestare il nostro dissenso e a lottare, a

tutti i livelli, affinché tutele e diritti vengano garantiti a tutti

costi come già previsto dalla nostra Costituzione.

8

Gianluca Scerri

Salve a tutti, mi presento, sono uno studente “sfigato” (cit.

viceministro Martone), in quanto posso ormai essere

definito “lo studente decano della facoltà”. Io però, non mi

offendo troppo. Da anni ormai sono uno dei famosi “idonei

non assegnatari” di borse di studio, e, pertanto, la mia

identità tende quasi più verso quella del lavoratore (plurimo,

oserei dire), che verso quella dello studente. Pensavo

pertanto, di essere al sicuro da ogni tipo di scherno da parte

dei ministri della nostra repubblica, quando ho sentito la

ministro cancellieri, additarmi a lavoratore “mammone”. Un

po’ confuso, penso che forse ha ragione:” Mamma, prepara

la valigia (e, se puoi magari, anche il panino con la

parmigiana che mi piace tanto)…parto”. L’autonomia. Mi

chiedo come ho fatto a vivere senza fino ad ora. Scorro con

le mie dita vivaci gli annunci per gli affitti delle case,

fiducioso che potrò presto comprarne una! . . .no, case no. Il

portafogli langue. Meglio una stanza…no, una stanza no.

Meglio un prestito. Ricordo bene le parole del nostro

premier Monti, quando mi disse una volta: “figliolo, il posto

fisso ormai è out…il “must” è rimanere precario a vita! ” Mi

dirigo fiducioso presso la filiale di banca sotto casa mia

(ops, di mia madre. Devo ancora abituarmi all’autonomia,

scusate), e vado a chiedere un prestito:” Salve, sono uno

studente – precario da 3 anni. Il mio ultimo contratto scade

tra un mese, ma sono sicuro che troverò presto un lavoro

all’altezza delle mie aspirazioni! ”. La dialettica non è mai

stato il mio forte, e sono sicuro che il mio interlocutore non

abbia ben inteso quello che il Premier abbia voluto dire a

me..e a lui! Ci penso e ci ripenso. Forse, se riuscissi a

convincere la mia ragazza ad andare a convivere, potremmo

farcela agevolmente! Tra l’altro, spero proprio che lei sappia

cucinare e lavare la biancheria meglio di me, perché

io…non sono ancora abituato all’autonomia. Lei è laureata

(si sa che le ragazze si laureano prima! ). Lavora ormai in

uno studio commercialista a 400 euro al mese (un lavorone.

Io sono ancora fermo alla provvigione sulla vendita di

schede per abbonamenti televisivi! ). La situazione è molto

cambiata da quando faceva la cameriera in un pub per 30

euro a sera (full time, in nero), però il datore di lavoro le ha

già fatto firmare le dimissioni nel caso in cui dovesse

rimanere incinta. Quindi, stiamo molto attenti (mi

raccomando, usate sempre i contraccettivi. Se non altro,

perché le vostre ragazze potrebbero essere licenziate da un

momento all’altro! ). Ma, dopo questa rocambolesca ma

soddisfacente ricerca di casa, una mattina ricevo una

telefonata non troppo piacevole. Mia madre: “torna a casa,

mi costa di più mantenerti fuori che a casa”. Devo tornare a

casa, ma non capisco perché. Certo, le ho chiesto un aiuto,

ma era giusto per iniziare. Il tempo di ingranare con una

vendita abbastanza appagante di abbonamenti per tv. Ma

poi, giusto ora che sono riuscito a prendere la provvigione

sulla vendita di abbonamenti telefonici e pannelli

fotovoltaici?! Ma, ad un tratto, tutto mi è più chiaro. Sento

entusiasta la voce della nostra Ministra Fornero, che

annuncia che, le tutele, o si danno a tutti, o a nessuno: e

siccome a tutti non siamo capaci di darle, meglio non darle

a nessuno! Ecco allora, svelato l’arcano: molte aziende, non

sono più improvvisamente in grado di mantenere i propri

dipendenti: non possono mantenere giusto quelli che lottano

per i diritti dei lavoratori, ma non possono mantenere più

neanche gli ultracinquantenni, che un altro lavoro

difficilmente lo troverebbero. Ecco allora, la proposta

indecente: vuoi lavorare? Ti mantengo. In nero. Oppure, no.

Hai pienamente ragione, ci conosciamo da troppi anni: ti

faccio un contratto part-time, da 16 ore. Ma tu ne lavori 40.

Il resto? In nero. Se ritieni che possa non andarti bene, io lo

capisco. Ma a quel punto ritengo che dovresti cercare un

altro lavoro. Difficile da trovare alla tua età, dici? Lo

capisco, ma affrettati! Hai solo dalle 1 5 alle 27 mensilità

per trovarne uno. E poi? E poi, se ti andrà bene, tornerai a

lavorare in nero per me.

9

Federica Susini

Giorno 9 Marzo la Cassazione ha annullato con rinvio la

sentenza d'appello di condanna a sette anni di reclusione per

il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri per concorso esterno

in associazione mafiosa.

La vicenda ha ovviamente suscitato profondo scalpore,

soprattutto per il contenuto della requisitoria, e per i

commenti che vi hanno fatto seguito. Il sostituto procuratore

generale presso la Cassazione Francesco Iacoviello sostiene

infatti che vi sono lacune giuridiche nel concorso esterno in

associazione mafiosa, critica il legislatore parlando di

condotta indeterminata o addirittura di reato indefinito!

Una delle ultime sentenze in merito definisce il concorrente

esterno come “colui che, pur non inserito stabilmente nella

struttura organizzativa del sodalizio, fornisce tuttavia un

concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, di

natura materiale o morale, sempre che questo abbia una

effettiva rilevanza causale nella conservazione o nel

rafforzamento delle capacità operative dell’associazione,

rivelandosi in tal senso condizione necessaria per la

concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo”.

Tale figura di reato sussiste quindi allorché qualcuno

contribuisca a rafforzare l’esistenza dell’associazione

criminale pur non essendo formalmente partecipe della

medesima associazione.

Iacoviello, e con lui molti altri, lamentano la mancata

definizione delle singole condotte che possano integrare il

concorso, ma c’è chi invece come Leonardo Guarnotta,

Presidente del Tribunale di Palermo, esprime un parere

totalmente opposto.

Il Magistrato palermitano, che ha lavorato al fianco di

Falcone e Borsellino al Maxiprocesso di Palermo, ricorda

che tante posso essere le ipotesi di condotta poste in essere

da soggetti che, pur non facendo parte dell’associazione, ne

rafforzano i fini.

"Tipicizzare il reato significherebbe restringere il campo di

operatività dello stesso" aggiunge, ricordando che ciò è già

accaduto per quanto riguarda art. 416 ter c.p. "in cui al reato

di scambio elettorale politico-mafioso è stata ricondotta solo

l’ ipotesi di una promessa di voti in cambio di erogazione di

denaro. Tuttavia, non è affatto scontato che lo scambio

avvenga solo dietro erogazione di denaro. Può avvenire

anche attraverso concessione di appalti, sub-appalti, posti di

lavoro o qualsiasi altra utilità".

Importante da sottolineare in chiusura è senz’altro il

commento del procuratore aggiunto di Palermo Ingroia, che

dichiara amareggiato “Spero che questa sentenza non si

trasformi nel colpo di spugna finale al cosiddetto metodo

Falcone” ma soprattutto aggiunge in merito al continuo

richiamo di Iacoviello alla sentenza Mannino “La sentenza

Mannino dice che per rispondere di questo reato occorre la

prova di condotte concrete che si risolvono in un

rafforzamento dell’associazione mafiosa, e poi sostiene che

nel caso di Mannino questa prova non c’è. Ma non è certo il

caso di Dell’Utri. Il processo al senatore Pdl contiene una

miriade di fatti concreti e non può essere messo sullo stesso

piano di quello di Mannino”.

1 0

Vuoi scrivere per noi? Hai consigli, idee o suggerimenti? Vuoi segnalarci qualcosa?Scrivi alla nostra redazione! [email protected] perso un numero precedente? Leggilo in PDF nel nostro sito web!http://uduct.altervista.org/blog/Per qualsiasi richiesta o informazione, non esitare a [email protected] [email protected]

La sera del 10 marzo 1948 tre uomini rapiscono e uccidono

barbaramente Placido Rizzotto, segretario della CGIL di

Corleone. Il suo cadavere viene gettato nella foiba di Rocca

Busambra.

Perché questo atroce omicidio? Chi era Placido Rizzotto? E

quali anomali meccanismi sociali stava per scardinare?

Il sindacalista corleonese, prima di abbracciare le lotte

contadine, si era unito ai partigiani della Brigata Garibaldi per

combattere i nazifascisti, ed è proprio qui che matura gli ideali

di libertà, di uguaglianza e di lotta agli oppressori: i fascisti,

ma anche i “signorotti” di Corleone. Tornato in Sicilia rifonda

la cooperativa agricola “B. Verro” per ottenere l'assegnazione

delle terre incolte. Organizza i contadini, li incoraggia a

prendere coscienza dei loro diritti, delle loro potenzialità,

della loro possibilità di riscatto in una terra ostica come quella

siciliana. Si batte con tenacia per l'applicazione dei Decreti

Gullo: quei provvedimenti portati avanti dal 1944 in poi dal

Ministro comunista dell'Agricoltura che miravano a spezzare

l'equilibrio esistente nei rapporti di classe del Meridione

rurale. Un tentativo di riforma portato avanti da esponenti di

governo della sinistra che fu subito visto come una seria

minaccia poiché da un lato autorizzava le cooperative

contadine ad impadronirsi dei latifondi incolti e dall'altro

stabiliva una più equa ripartizione dei prodotti agricoli. Le

agitazioni contadine per assicurare l'attuazione dei decreti

Gullo si intensificarono nel 1946 ed ebbero come effetto una

crescita notevolissima dell'organizzazione dei contadini nelle

Camere del Lavoro e nelle sezioni di Partito. Le lotte non

raggiunsero gli obiettivi sperati a causa della forte

opposizione di democristiani e liberali: il nuovo ministro

dell'agricoltura, il democristiano Antonio Segni, svuotò in

parte la legislazione. Una volta estromesse le sinistre dal

governo, partì una grande controffensiva dei proprietari contro

le cooperative contadine.

E' in questo scenario che va inquadrata la storia di Placido

Rizzotto. Una breve vita spesa a fianco dei lavoratori, e dei

contadini in particolare. Una lotta audace per risollevare le

sorti di una terra da secoli sottomessa al dominio straniero e

ancora in preda ad un sistema feudale di antiche e becere

radici.

Vita interrotta bruscamente quella tarda sera di marzo quando

Pasquale Criscione (gabellotto del feudo “Drago”), Vincenzo

Collura e Luciano Liggio lo rapiscono e lo portano fuori

paese per “andare a ragionare”.. .

Placido non ritornò a casa quella sera, e non vi tornò mai

più.. .

L'impegno e le indagini dell'allora giovane capitano Carlo

Alberto Dalla Chiesa portarono all'arresto di Criscione e

Collura e ad incriminare Luciano Liggio: tutti e tre però in

seguito assolti per insufficienza di prove! Omicidio senza

colpevoli. . .

Ed è di pochissime settimane fa la notizia che i resti trovati

nel 2009 presso la foiba di Roccabusambra appartengono a

Placido; e non possiamo che accogliere con un pizzico di

sollievo la decisione del Consiglio dei Ministri di indire i

funerali di Stato per il sindacalista ucciso dalla mafia.

E' l'esempio di Placido Rizzotto e di Pio La Torre (che diventa

segretario della Camera del Lavoro di Corleone al suo posto)

che dà a noi giovani la voglia e la grinta di poter continuare a

lottare in questa terra ancora tristemente arida e ostile.

Filippo Biondi

11

Correva l’anno 1989 quando a Niscemi, un piccolo paesino

dell’entroterra siciliano, iniziarono i lavori per la

costruzione di una stazione di telecomunicazioni progettata

e pianificata dalla marina militare Usa, la Naval Radio

Transmitter Facility (NRTF). Vennero installate ben 41

antenne radiatori verticali operanti nella banda HF

(frequenza 3-30 MHz di onda 100-100 mt), che dal 1991

trasmettono comunicazioni segrete delle forze di superficie,

sottomarine, aeree e terrestri dei centri C41 di USA ed

alleati NATO.

A distanza di un decennio circa, gli USA decisero di

puntare nuovamente sul medesimo territorio, ma stavolta

avanzarono un progetto ben più ampio e maestoso: il

MUOS (Mobile User Objective System). Verranno

installate tre grandi antenne circolari con un diametro di

1 8,4 metri, e due torri radio alte 149 metri. L’ impianto

trasmetterà in VHF-UHF (Very High Frequency ed Ultra

High Frequency) con frequenze che raggiungeranno valori

compresi tra 244 e 380 MHz. Le tre mega antenne

sorgeranno in contrada Ulmo, nella ormai famosa

“Sughereta”, Sito di Importanza Comunitaria (SIC). Sino al

2006 la base prescelta per il MUOS era Sigonella.

Successivamente la Us Navy decise di dirottare il terminal

presso la stazione di Niscemi. Il cambio di destinazione

venne giustificato da uno studio elaborato da AGI

(Analytical Graphics). Dallo studio è emerso che le

fortissime emissioni elettromagnetiche potessero avviare la

detonazione degli ordigni presenti ed inoltre causare

problemi al traffico aereo (data la vicinanza con l’aeroporto

di Catania). Pertanto era necessario trovare un’altra

destinazione. Quale posto migliore della Sughereta?! ?

La messa in funzione di tale sistema, secondo esperti e

professionisti, comporterà gravissimi impatti ambientali

per le pregiate specie di animali e vegetali presenti nel

territorio, e devastanti effetti collaterali per la salute dei

cittadini, generando problemi genetici e promuovendo

l’ insorgenza dei tumori. Questo prospetto, evidenziato

dagli esperti, spaventa e atterrisce la popolazione che da

anni porta avanti la battaglia “NO-MUOS”.

Il Muos per Niscemi non è solo una questione

“ambientale”, fin dai suoi albori è stata anche una

questione meramente politica.

Il comando dell’Aeronautica militare italiana di Sigonella

inoltrò nel 2007 il progetto MUOS all’Assessorato

regionale Territorio e Ambiente, diretto al tempo da

Rossana Interlandi (importante esponente dell’MPA a

Niscemi, nonché candidata a sindaco alle elezioni comunali

2007). Da qui ha inizio una sorta di “laviamoci le mani”

collettivo. Sempre nello stesso anno con un decreto dello

stesso assessore vengono trasferiti agli enti locali i

Melania Cultraro

1 2

procedimenti di valutazione ed incidenza ambientale. I

“tecnici” al tempo presenti all’ interno

dell’amministrazione comunale, nell’ immediatezza non si

resero conto di ciò che poteva rappresentare il Muos,

avanzando successivamente un parere favorevole

all’ impatto sulla fauna e sulla flora che la messa in

funzione delle antenne potesse avere. Solo nel 2009, come

afferma l’Ingegnere Gianfranco Di Pietro (consigliere

comunale del PD), l’amministrazione inizia ad interrogarsi

sul problema. Non mancano le interrogazioni parlamentari

da parte dei deputati Pd all’ex ministro della difesa La

Russa. Non è mancata neanche la visita a Niscemi del

presidente Lombardo accompagnato da professori

dell’Università di Palermo, il quale, nel suo discorso pro-

MUOS ha esordito con le testuali parole “Se non mi fossi

convinto della sicurezza del Muos… io non sarei qui

sicuramente a parlarvi, perché non c’è niente che valga di

più della salute dei cittadini. Abbiamo riposto sulla

questione Muos tutta la nostra scienza”.

Nonostante la sicurezza mostrata dal Presidente della

Regione (che a dire il vero sembrava anche disposto ad

installarlo sotto la propria casa! ) i cittadini e il sindaco non

si fermano. Nel 2011 è stato presentato il ricorso al Tar di

Palermo, per bloccare la costruzione del pauroso

marchingegno. Il ricorso è stato bocciato, il problema reale

non risiede nella costruzione ma nella messa in funzione

del sistema. E’ in corso un secondo ricorso di merito

relativo ai danni che il sistema potrebbe comportare se

messo in funzione.

Oltre al problema politico si aggiunge anche un

“particolare”, l’aggiramento dei protocolli istituzionali in

tema di legalità ed opere pubbliche. In base a delle

indagini della Direzione Distrettuale Antimafia, il

capitolato d’appalto per la realizzazione dei lavori è stato

affidato ad una ditta che appare legata ad un noto

esponente di un clan mafioso.

Insomma il MUOS apre un ventaglio di questioni che, per

certi aspetti, indeboliscono e vanificano le proteste e le

lotte dei cittadini. Nonostante ciò la protesta è ancora viva

a Niscemi. Centinaia di giovani, docenti (tra cui Giuseppe

Maida che con le sue proteste simboliche è diventato punto

di riferimento per molti cittadini) hanno aderito al comitato

NO-MUOS. La popolazione, dopo anni di lotte, non ha

perso la forza e la tenacia per esprimere il bisogno e la

necessità della tutela del territorio e della salute dei

cittadini. Nessun presidente e nessuna forza politica potrà

convincere i Niscemesi dei "certificati" aspetti positivi che

“l’ innocuo” Muos porterà.

* il professor Luigi Zanforlin sostieneche i campi di frequenza emessisaranno delle radiazioni non ionizzantie quindi non modificano il DNA.

* Lo “Studio di Incidenza Ambientale”della Marina USA non ha affrontato ipossibili effetti sulla salute dellapopolazione per le esposizioni a lungotermine ai campi elettromagnetici delMUOS.

* Dagli studi effettuati dal professor MassimoZucchetti (professore ordinario di ImpiantiNucleari del Politecnico di Torino) e MassimoCoraddu (ex ricercatore dell’IstitutoNazionale di Fisica Nucleare), il sistemaMUOS causererebbe gravi danni per lapopolazione.* Si prevedono effetti collaterali riconducibiliall’ipertermia con successiva necrosi deitessuti, leucemie e melanomi. L’organo piùesposto sarà l’occhio, diventerà frequente lacataratta indotta da esposizione aradiofrequenze o a microonde. Inoltre leapparecchiature elettromediche potrannorisultare vulnerabili alle interferenzeelettromagnetiche.

In alto, alcune tesi contrarie e a sostegno dell'impianto Muos.

A sinistra, uno dei manifesti degli attivisti No-Muos.

1 3

Santiago del Cile. Fine del Novecento. Un susseguirsi di tre

generazioni di donne, Clara, Blanca e Alba, la cui forza

straordinaria riesce a tener testa alle tempeste della vita. Un

uomo, Esteban Trueba, dalle mille contraddizioni, che

suscita al contempo tenerezza, in una sofferta lotta per

l’ascesa socio-economica, e rabbia, per la violenza che

riserva a chi sta più in basso di lui in una scala gerarchica

legittimata dal comune credo di quel tempo. Passioni,

complotti e misteri si intrecciano alle vicende di una guerra.

Attraverso l’abile penna di Isabelle Allende, emergono i

contrasti che stravolsero un popolo come quello cileno,

credente ad un cristianesimo pregno di elementi spiritisti

dalle antiche origini inca. Sono proprio gli spiriti dei defunti

a dare il nome al romanzo e ad accompagnare l’animo dei

vivi, lasciandoci colmi di domande sul senso della morte. E’

la storia di una lotta di classe che degenera con le elezioni

del 1970 che portano al governo Salvador Allende e si

avvera la più grande paura di Esteban. Tuttavia all’alleanza

tra Forze Armate e Congresso si aggiunge l’appoggio degli

USA che sostengono militarmente il complotto per <<curare

il cancro marxista>>. Così giunge l’11 settembre 1973. I

militari assalgono il Palazzo della Moneda e uccidono

Allende. E’ il giorno del golpe e della nascita della dittatura

militare del generale Augusto Pinochet. Questa fu solo la

Grande Storia, perché la parola è data alla povera gente.

Amori contrastati di giovani ribelli sopravvivono alla

crudeltà, agli odi e ai rancori. Emergono personaggi come

Pedro Terzo Garcìa, i fratelli Jaime e Nicolàs Trueba e il

giovane Miguel. Figlia di Salvador Allende, dedica alle

sofferenze del suo popolo la maggior parte dei suoi

contributi letterari, il primo dei quali fu proprio il romanzo

“La casa degli spiriti”. E’ un libro che racconta ciò che non

può essere dimenticato né trascurato, che grida la libertà.

Quest'anno, come tutti gli anni, si è tenuta la premiazione

degli Academy Awards, a trionfare insieme a “The Artist” e

“Hugo Cabret” l'ultimo film di Woody Allen “Midnight in

Paris”, ed è proprio di quest'ultimo che vi vorrei parlare.

Il film racconta di Gil, uno sceneggiatore hollywoodiano e

aspirante scrittore, che durante un suo breve soggiorno a

Parigi, con la futura moglie e i genitori di lei, si ritrova

davanti al suono della mezzanotte una macchina degli anni

'20 che funge da macchina del tempo per il protagonista.

Attraverso questa, avrà la possibilità di conoscere alcune

delle menti più influenti del 1 920 che lo aiuteranno a finire e

perfezionare il suo libro. Tra i personaggi che verrà ad

incontrare non si può non citare la bella Adriana, di cui lo

scrittore si innamorerà, distraendo deliziosamente

dall'assurdità della situazione.

Gil preso dallo stupore delle sue folli nottate trascurerà la

sua fidanzata Inez e i suoi genitori, questi ultimi

assumeranno un investigatore privato per spiare il futuro

genero mentre la fidanzata Inez, uscirà sempre più

frequentemente con il suo irritante amico Paul.

Il cast ci offre un protagonista del calibro di Owen Wilson,

che nonostante in molti film dai toni leggeri non abbia

dimostrato la sua bravura, in Midnight in Paris dimostra

veramente quanto vale come attore; Inez viene interpretata

da Rachel McAdams che si è fatta recentemente conoscere

per la presenza nei due ultimi film su Sherlok Holmes, come

personaggi secondari troviamo Adriam Brody a interpretare

Salvator Dalì e Michael Sheen nel ruolo di Paul, diciamo

che queste due interpretazioni non sono di particolare rilievo

nella storia, nonostante l'indiscussa bravura dei due attori, vi

segnalo inoltre una spumeggiante interpretazione dello

scrittore Hemingway da parte di Corey Stoll un attore ben

poco conosciuto.

Woody Allen realizza davvero un film fuori dal comune,

infatti troviamo una commedia unita a una storia stravagante

e fuori dal normale, il tutto contornato dalla splendida

Parigi. Inutile sottolineare che il film sia un pretesto per

mettere a confronto epoche diverse, scopo riuscitissimo al

punto da non far vedere nulla sotto un aspetto

fantascientifico. I Personaggi sono ben strutturati nonostante

i caratteri tipici dei personaggi di Woody Allen che si

potrebbe pensare possano cadere nella “ripetitività”; inoltre

di particolare rilievo le parti comiche sottilmente realizzate

da un Owen Wilson balbettante e a volte impacciato.

Il paragone tra la Parigi di oggi e quella degli anni '20 ci

offre senza dubbio qualche curioso momento di riflessione

sulla società di oggi, e su come spesso si tenda a mitizzare il

passato trascurando il presente che ci è offerto da vivere.

L'utilizzo delle musiche è divino, e fungono da sottofondo

perfetto per la storia al punto dall'essere fondamentale per

l'introduzione della magia nella quale questo film vi

catapulterà.

Concludendo, Woody Allen ha senza dubbio realizzato un

piccolo capolavoro, che consiglio vivamente di vedere a

tutti, ed in particolare a coloro che adorano Parigi e i suoi

numerosi figli d'arte.

Giulia Sottile

Simone Chisari

1 4

Per celebrare la Giornata Internazionale della Donna,

i Coordinamenti Donne di CGIL Catania e UDU

Catania hanno tenuto, in data 7 marzo 201 2 presso

l 'aula A1 dell 'ex Monastero dei Benedettini , una

conferenza dal titolo "Viaggio tra le Donne: dal la

sol itudine della violenza ad una rete femminile come

espressione della nostra forza". La conferenza era

moderata da Luisa Albanella, Segretaria Confederale

CGIL Catania.

Dopo i saluti di Angelo Vil lari , Segretario Generale

CGIL Catania, ha preso la parola Erica Sapienza,

Responsabile Coordinamento Femminile CGIL, la

quale ha delineato con lucidità le violenze e le

discriminazioni del le quali sono quotidianamente

vittime le donne, dal contesto famil iare a quello

lavorativo.

Un chiaro excursus sul tema è stato possibi le anche

grazie al contributo della prof.ssa Rita Palidda, di

Loredana Piazza e della prof.ssa Stefania Mazzone,

che con testimonianze esterne e personali hanno

colpito la platea ricordando che una situazione di

violenza può nascondersi anche dietro i l sorriso di

una nostra conoscente.

La conferenza è proseguita con la proiezione del

video "I l corpo delle donne", per analizzare ed

indignarsi del degrado odierno della figura della

donna causato dai media, e con gli interventi di

Elviana Palermo, Responsabile Opportunità e Diritti

Civi l i UDU Catania, e di Anna Bonforte, del l 'Unione

Donne in I tal ia, i l tutto interval lato dalla lettura di

monologhi tratti dagl i scritti di grandi donne del

panorama letterario come Rosa Luxemburg, Olympe

de Gouges e Marie Curie.

L'intervento finale è stato affidato ad Elvira Ricotta

Adamo, membro dell 'esecutivo nazionale dell 'Unione

Degli Universitari , che ha ricordato come da sempre

l 'UDU combatta anche a fianco delle donne contro le

discriminazioni sul lavoro e le violenze delle quali

sono vittime.

Al termine della conferenza ha avuto luogo la

premiazione del concorso letterario "Storie di Donna",

indetto per l 'occasione con la collaborazione

dell 'Associazione Culturale Akkuaria, che ha visto

partecipare giovani e meno giovani ispirati dal la loro

sensibi l ità sul tema.

Cristopher Gaziano

8 MARZO, UNA RIFLESSIONE SULLA CONDIZIONE FEMMINILE

Dall'alto in basso, gli ospiti presenti alla conferenza "Viaggio tra le

donne". Nella foto centrale, Elviana Palermo (a sinistra),

responsabile del Coordinamento Femminile UDU Catania, ed

Elvira Ricotta Adamo, dell'esecutivo nazionale UDU; nella foto in

basso, il Coordinamento Femminile UDU Catania.

1 5

Utopia - Stampato non periodico. Direttore: Pietro Figuera. Stampatore: UDU Catania. Redazione: Via Crociferi 40, Catania.

Stampato in aprile 201 2 presso la Copisteria "L'Arte Tipografica", del Gruppo Paglia (via Vittorio Emanuele 202, Catania).

CHIUSURA DELLA CAMPAGNA "L'ITALIA SONO ANCH'IO"In base a cosa ci definiamo Ital iani?

A questa domanda rispondereste “perché i miei

genitori sono ital iani” o “perché sono nato, cresciuto in

I tal ia e mi sento parte integrante di questo paese”?

Usando termini un po' più complessi la prima risposta

si chiama ius sanguinis, ed è quella che sino ad oggi

la nostra legislazione ci ha proposto, la seconda si

chiama ius soli ed è approdata per la prima volta al la

Camera dei Deputati giorno 6 marzo, sotto forma di

proposta di legge di iniziativa popolare. Si conclude

così, con uno storico risultato, la campagna nazionale

“L'I tal ia sono anch'io”, promossa da più di 1 00

comitati promotori e 1 9 organizzazioni (fra cui

troviamo anche la CGIL e l 'associazione Libera nomi

e numeri contro le mafie).

Sei mesi di iniziative e duro lavoro hanno colorato le

piazze ital iane e 1 09268 ital iani hanno risposto IUS

SOLI al la precedente domanda, supportando, con le

loro firme, la proposta di legge sul la riforma del diritto

di cittadinanza.

Un altro sorprendente risultato arriva dalla seconda

battagl ia portata avanti dal la campagna nazionale,

ossia la realizzazione di una norma che permetta i l

diritto di voto amministrativo ai lavoratori stranieri

presenti in I tal ia da almeno 5 anni: raggiunti 1 06329

consensi. Forse è davvero arrivato i l momento per

quel mil ione di giovani figl i di immigrati (i cosiddetti

“immigrati di seconda generazione”), di poter uscire

dal l imbo nel quale, fino ai 1 8 anni, sono costretti a

stare: i l non essere “immigrati”, perché di fatto non

hanno compiuto nessuna “migrazione” da un paese

all 'altro; ma non essere nemmeno “cittadini”,

nonostante siano cresciuti nel lo stesso Paese e

vivano lo stesso contesto dei loro coetanei “ital iani”. I l

1 9 marzo tutte le piazze d'I tal ia hanno festeggiato la

chiusura della campagna e lo straordinario risultato

ottenuto. Sorge però spontanea una domanda:

possiamo davvero sentirci soddisfatti e considerare

“risultato” la conquista parziale di un diritto come

l'uguaglianza, che dovrebbe essere naturale ed

innato in ognuno di noi? Se ci sono voluti anni di lotte,

1 9 associazioni e 6 mesi di campagna nazionale per

affermare che un bambino nato in I tal ia è a tutti gl i

effetti ital iano anche se ha gli occhi a mandorla o la

pelle color ebano, in che direzione stiamo andando?

Stiamo lottando per diritti, non per privi legi! Quanto

tempo ancora dovrà passare prima che ce ne

accorgiamo davvero?

Giorgia Musmeci

1 6