Progetto Lauree Scientifiche
Progetto nazionale Orientamento degli studenti e Formazione degli insegnanti per l’area
chimica
Unità di Modena e Reggio Emilia
Corso sperimentale di laboratorio di Chimica per studenti delle scuole superiori
Descrizione delle esperienze
Rilevazione dei risultati
Modena, maggio 2006
Premessa
Il Progetto Lauree Scientifiche, lanciato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca MIUR nel
2005, con la collaborazione della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Scienze e Tecnologie e di
Confindustria, si pone l’obiettivo di attirare l’attenzione degli studenti delle scuole superiori verso i
corsi di laurea delle materie scientifiche di base, Matematica, Fisica e Chimica, che da tempo
soffrono di una carenza di immatricolazioni, e di migliorare la qualità degli studi universitari in
questi corsi di laurea, così da ottenere un maggior numero di laureati in queste discipline, con una
migliore preparazione. Il Progetto ha una durata biennale, interessando gli anni scolastici 2005-06
e 2006-07 ed è articolato in diversi progetti nazionali, uno dei quali riguarda Orientamento degli
studenti e Formazione degli insegnanti per l’area chimica, cui partecipano 29 sedi universitarie
presso le quali è attivato un corso di laurea triennale della Classe di Scienze e Tecnologie
Chimiche (classe 21).
Il progetto Orientamento degli studenti e Formazione degli insegnanti per l’area chimica prevede
l’attuazione di diversi tipi di azione da parte delle unità operative locali:
• Corsi sperimentali di laboratorio di Chimica per studenti, allo scopo di avvicinare gli studenti
agli aspetti sperimentali della chimica, contribuendo nello stesso tempo a formare gli insegnanti di
chimica.
• Corsi di formazione per insegnanti di scienze, allo scopo di contribuire alla formazione degli
insegnanti di chimica relativamente ad argomenti specifici.
• Esperienze dimostrative e conferenze, visite di studenti, allo scopo di avvicinare gli studenti
agli aspetti sperimentali della chimica, e di aggiornare studenti ed insegnanti alle tematiche attuali
di ricerca in campo chimico.
L’unità locale della Università di Modena e Reggio Emilia ha programmato, tra l’altro, la
realizzazione di un Corso sperimentale di laboratorio, che nell’arco dei due anni ha gli obiettivi di:
• progettare, sperimentare e realizzare laboratori di chimica per gli studenti delle scuole
superiori;
• realizzare nuovi materiali, oppure raccogliere e adattare materiali esistenti per la
comunicazione e la didattica della chimica, da utilizzare nei laboratori;
• formare insegnanti delle scuole e metterli in grado di svolgere autonomamente i laboratori e
altre attività analoghe;
Nel primo anno sono state progettate e realizzate una serie di esperienze di laboratorio, che
sono state proposte agli studenti del Liceo Scientifico “A. Tassoni” di Modena. L’offerta ha riscosso
una ottima accoglienza da parte degli studenti delle classi quarte e quinte, tanto che il numero
degli studenti disponibili superava la massima capienza dei laboratori didattici del Dipartimento di
Chimica. Pertanto si è deciso di svolgere le attività programmate con i soli allievi delle classe
quinte, ricevendo l’adesione di 43 studenti. Due degli insegnanti di Scienze del Liceo, le proff.
Caterina Bortolani e Paola Fregni, hanno dato la loro disponibilità a partecipare attivamente alla
progettazione e realizzazione del laboratorio.
Nella prima parte del fascicolo sono riportate, per ogni esperienza, le schede introduttive che
sono state consegnate agli studenti. Non tutti gli studenti partecipanti hanno effettuato tutte le
esperienze, ma 34 di essi ne hanno seguito la maggior parte. Tenendo presente che la
partecipazione era su base volontaria, si tratta sicuramente di una conferma dell’interesse degli
studenti. Alla fine del ciclo di esperienze, è stato sottoposto un questionario agli studenti, i cui
risultati sono riportati nella seconda parte di questo fascicolo. La programmazione dell’attività per
l’anno scolastico 2006-07 terrà conto anche di queste risposte.
L’attività si è svolta nel periodo ottobre 2005 – aprile 2006 ed è stata coordinata dai proff.
Gianantonio Battistuzzi e Claudio Fontanesi del Dipartimento di Chimica, che hanno usufruito della
collaborazione delle proff. Paola Ambrogi e Rossana Zanoli, supervisori della Scuola di
Specializzazione per l’Insegnamento Secondario SSIS, nonché dell’aiuto dei dott. Stefano
Casalini, Giulia Di Rocco, Paolo Ferrarini ed Alfonso Pedone, che stanno svolgendo un periodo di
formazione post-laurea presso il Dipartimento di Chimica. Tre tirocinanti della SSIS (dott. Maria
Cannio, Roberto Ferrari Valeriani e Paola Montorsi) hanno seguito e monitorato le attività svolte
dagli studenti, ricavando da questa esperienza il materiale per la loro Tesi di specializzazione.
Il contributo finanziario per la realizzazione di questa attività è venuto dal MIUR, dall’Ufficio
Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna, dalla Università di Modena e Reggio Emilia (anche
attraverso la SSIS ed il Dipartimento di Chimica) e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Modena.
Il responsabile della Unità locale
prof. Ulderico Segre
Prima parte
Descrizione delle esperienze
I – MISURE DI FORZA ELETTROMOTRICE DI UN GENERATORE ELETTROCHIMICO
II – DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DI UN MISCUGLIO METALLICO
III – ESPERIENZA SULLA CORROSIONE DEL FERRO
IV - DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DI ACIDO ACETICO IN UN ACETO
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
VI – OSCILLATORE AD ACQUA SALATALA
APPENDICE 1: POTENZIALI STANDARD:
APPENDICE 2: LO STATO GASSOSO
I-1
I – MISURE DI FORZA ELETTROMOTRICE DI UN GENERATORE
ELETTROCHIMICO
1. Cella galvanica o pila
Una cella galvanica può essere pensata come il risultato ottenuto dall’unione di due semi-
elementi galvanici (semicelle). Una semicella è formata da una lamina metallica immersa in
una soluzione acquosa di un sale dello stesso metallo. Le soluzioni contenute nelle due unità
(Fig.1) sono collegate da un ponte salino (nel nostro caso si tratta di una striscia di carta
bagnata con una soluzione satura di KNO3) che ha la funzione di riequilibrare la neutralità
elettrica delle soluzioni. La semicella in cui avviene la semireazione di ossidazione, nella
quale vengono liberati degli elettroni, si chiama anodo (o polo negativo) mentre quella in
cui avviene la semireazione di riduzione si chiama catodo (polo positivo). Gli elettroni
liberati dalla semireazione di ossidazione sull’anodo si trasferiscono per mezzo di un cavo
conduttore esterno verso il catodo dove vengono consumati dalla semireazione di riduzione.
Con un voltmetro è possibile misurare la differenza di potenziale (f.e.m., forza
elettromotrice) generata dalla pila.
2. Aspetti teorici
Le reazioni chimiche in cui si ha un trasferimento di elettroni da una specie ad un’altra sono
note come reazioni di ossido-riduzione o reazioni redox (vedi Appendice). Qualunque
reazione redox si può scomporre concettualmente come la risultante di due semi-reazioni,
una di acquisto di elettroni e l’altra di cessione di elettroni. Si consideri, ad esempio, la
reazione:
+−−+ ++→++ 2)(
2)(4)()(
2)(4
2)( ZnSOCuZnSOCu slzslzsolidosolidoslzslz (1)
Questa può essere scomposta nelle seguenti semireazioni:
−+ +→ eslzsolido 2ZnZn 2)()( semireazione di ossidazione
)(2
)( Cu2Cu solidoslz e →+ −+ semireazione di riduzione (2)
I – MISURE DI FORZA ELETTROMOTRICE DI UN GENERATORE ELETTROCHIMICO
I-2
La specie ossidata Ox e quella ridotta Red di una semireazione sono denominate coppia di
ossido-riduzione e vengono indicate per convenzione con il simbolo Ox/Red. Per esempio:
Zn è la specie ridotta e Zn2+ è la specie ossidata nella coppia redox −+ +→ eslzsolido 2ZnZn 2
)()(
3. Parte sperimentale
La pila che sarà utilizzata è rappresentata in Fig. 1. Si tratta delle cosiddetta Pila Daniell
costituita dalla seguente Catena galvanica:
(-) Pt / Zn / ZnSO4 (1M) // CuSO4 (1M) / Cu / Pt (+)
Fig.1
Il materiale occorrente consiste in:
• Elettrodo di rame, polo (+), catodo.
• Elettrodo di zinco, polo (–), anodo.
• ponte salino (striscia di carta bagnata con soluzione satura di KNO3)
• Soluzioni di solfato di rame: 1M; 0,001 M
• Soluzione di solfato di zinco: 1M
Lo strumento di misura è un millivoltmetro
4. Procedimento e osservazioni
a) Versare la soluzione di CuSO4 1 M nel bicchiere dove avete messo l'elettrodo di rame e la soluzione di ZnSO4 1M dove si trova l'elettrodo di zinco.
b) Collegare il millivoltmetro e misurare la f.e.m. della pila.
I – MISURE DI FORZA ELETTROMOTRICE DI UN GENERATORE ELETTROCHIMICO
I-3
c) Eseguire le operazioni seguenti:
1) Annotare il valore di f.e.m. misurato e le osservazioni relative alla sua stabilità nel tempo:
2) Ripetere l’esperienza impiegando la soluzione di CuSO4 0,001 M. Osservazioni?
3) Mentre il sistema è in fase di misura asportare il ponte salino. Osservazioni?
4) Confrontare i due valori di f.e.m. misurati (sperimentali) con quelli calcolati utilizzando l’equazione di Nernst :
usando i seguenti dati:
E0Pila = E0
Cu2+
/Cu – E0Zn
2+/Zn
E0Pila è la differenza dei potenziali standard delle coppie Redox:
E0Cu
2+/Cu = + 0,34 V,
E0Zn
2+/Zn = – 0,76 V.
logaritmo naturale: ln x = (1/log e) log x = 2,3026 log x
R (costante universale dei gas) = 8,314 J mol–1 K–1
T (temperatura assoluta) = 298 K
F (costante di Faraday) = 96500 C mol–1
n (numero di elettroni scambiati) = 2
[Zn2+] = concentrazione ZnSO4
[Cu2+] = concentrazione CuSO4
5) Immaginate di possedere una semicella costituita da una lamina (elettrodo) di Mg immersa in una soluzione di MgSO4 1 M. Calcolate la f.e.m. della pila nei due casi in cui si sostituisca prima la semicella della coppia Zn2+/Zn, poi la semicella della coppia Cu2+/Cu. Individuare il valore di E0Mg2+/Mg nella tabella dei potenziali standard. Osservazioni?
Catena galvanica 1: (-) Pt / Mg / MgSO4 (1M) // CuSO4 (1M) / Cu / Pt (+)
Catena galvanica 2: (-) Pt / Zn / ZnSO4 (1M) // MgSO4 (1M) / Mg / Pt (+)
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+= +
+
]Zn[]Cu[ln ... 2
20
nFRTEmef Pila
II-1
II – DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DI UN MISCUGLIO METALLICO
1. Aspetti teorici
In questa esperienza vedremo come è possibile determinare la composizione di un miscuglio
metallico di rame e zinco grazie al diverso valore dei potenziali standard di riduzione dei
due metalli.
Consideriamo cosa succede quando uno dei due metalli, ad esempio Zn, viene in contatto
con una soluzione acquosa di acido cloridrico: il metallo attaccato dall’acido e subisce una
corrosione, sciogliendosi in acqua sotto forma di sale cloruro di zinco. Dato che HCL è un
acido forte, in soluzione acquosa è completamente dissociato in ioni cationi H+ ed anioni Cl-
, così come è dissociato il sale. Si ha la seguente reazione:
−++ ++→++ )(2
)()(2-
)()()( Cl2ZnHCl2H2Zn aqaqgasaqaqsolido (1)
In questa reazione si ha trasferimento di elettroni da una specie ad un’altra e quindi è una
reazione di ossidoriduzione:
Il metallo cede elettroni e si ossida passando in soluzione acquosa sotto forma di ione.
L’idrogeno acquista elettroni e si riduce nella sua forma elementare H2 gassosa.
Questa può essere scomposta nelle seguenti semireazioni:
−+ +→ eslzsolido 2ZnZn 2)()( semireazione di ossidazione
)(2)( H22H gasslz e →+ −+ semireazione di riduzione (2)
Dato che il valore del potenziale standard di riduzione dello zinco E°Zn2+
/Zn(-0.763V) è
minore di quello dell’idrogeno(che è per definizione zero, in quanto costituisce il potenziale
di riferimento), la reazione avviene nel senso indicato. Viceversa, la corrispondente reazione
per il rame:
−++ ++→++ )(2
)()(2-
)()()( Cl2CuHCl2H2Cu aqaqgasaqaqsolido (3)
II – DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DI UN MISCUGLIO METALLICO
II-2
Non avviene in quanto il potenziale di riduzione del rame E°Cu2+
/Cu(0.340V) è maggiore di
quello dell’idrogeno (i valori dei potenziali standard di riduzione sono riportati
nell’Appendice 1 sulle reazioni di ossidoriduzione).
Dalla reazione (1) si ricava che il numero di moli di H2 è uguale al numero di moli di Zn.
Pertanto, dalla misura del numero di moli di H2 liberate è possibile risalire a quelle di Zn
presenti nel miscuglio e quindi alla composizione di quest’ultimo.
Applicando l’equazione dei gas ideali (vedi Appendice 2), si ottiene che
RTPV
=2Hn (4)
perciò il numero di moli di H2 formato nH2 è ricavato misurando il volume di gas liberato
quando la reazione (1) avviene a pressione e temperatura ambiente.
2. Parte sperimentale
I materiali sono:
• Miscela solida Cu-Zn a composizione incognita
• Soluzione HCl concentrato (37%)
• Acqua distillata
La disposizione sperimentale è indicata in Figura 1.
A
B
C D
E
A
B
C D
E
Figura 1
II – DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DI UN MISCUGLIO METALLICO
II-3
A Provettone codato, dove va posto il campione di miscuglio metallico da analizzare
B Imbuto gocciolatore, dove va posto HCl
C Beuta codata da 400 cm3, riempita di H2O distillata fino a 4-5 cm dalla coda
D Becker da 400 cm3, riempito con circa 200 cm3 di H2O distillata
E Sifone di collegamento fra la beuta codata ed il becker
Il meccanismo di funzionamento è il seguente:
1) HCl gocciola dall’imbuto gocciolatore B al provettone A, dove avviene la reazione (1)
2) H2 liberato passa dal provettone codato A alla beuta C, spostando un volume di H2O pari
al suo, volume che andrà nel becker D
3) Determinando la massa di H2O spostata è possibile risalire al suo volume (vedi dopo, al
punto 2 del paragrafo Calcoli), che coincide con quello di H2 liberato dalla reazione fra
Zn e HCl. Noto quest’ultimo, è poi possibile calcolare il numero di moli di H2 liberato
(sfruttando l’equazione dei gas ideali), che coincidono con quelle di Zn presenti nel
campione.
3. Procedimento e osservazioni
• Pesare su un vetrino da orologio circa 0.2gr del campione incognito di Cu-Zn
mcampione=________________________________________________
• Porre il solido nel provettone A e coprirlo con 5 mL circa di acqua distillata
• Montare l’imbuto gocciolatore B e riempirlo con 10 mL di HCl (con il rubinetto chiuso)
• Riempire la beuta codata C con acqua distillata fino a 5 cm circa dalla coda
• Versare nel becker D 200 mL circa di acqua distillata
• Pesare il becker D contenente l’acqua
m iniziale(becker+acqua) = ___________________________________
• Riempire il sifone E con acqua distillata aiutandosi con una siringa e un secondo becker
(evitare bolle d’aria); chiudere la pinza centrale e collegare come in figura
• Aprire lentamente il rubinetto dell’imbuto gocciolatore B e far gocciolare HCl sul
campione: cosa osservi? __________________________________________________
_______________________________________________________________________
• Chiudere il rubinetto dell’imbuto prima di svuotarlo completamente. Osservazioni:
Che gas si è sviluppato nella reazione?_____________________________________
A C
D
II – DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DI UN MISCUGLIO METALLICO
II-4
Cosa è successo al livello di acqua nella beuta?______________________________
Cosa è successo al livello di acqua nel becker?______________________________
• Una volta terminata la reazione, abbassare il becker in modo che i livelli di liquido nei
due recipienti siano uguali, così che la pressione del gas raccolto in C sia uguale alla
pressione atmosferica che insiste sul liquido del recipiente D
• Chiudere la pinza del sifone, toglierlo e pesare il becker con l’acqua
m finale (becker+acqua) =_____________________________________
4. Calcoli
I. La massa di acqua spostata è:
=−= ++ )m(iniziale)m(finalem OHbeckerOHbeckerOH 222________
II. Il volume di acqua spostata:
==OH
OHOH
2
2
2 dm
V ________
OH2d è il valore della densità dell’acqua a temperatura ambiente.
III. Il volume d’ idrogeno sviluppato si calcola sottraendo al volume di acqua spostata il
volume di HCl aggiunto nel provettone (che anch’esso ha contribuito a spostare acqua
nella beuta):
=−= HClOHH VVV22
________
IV. Consideriamo che le pressioni che insistono sui liquidi nella beuta e nel becker sono:
OHH 22PP)beuta(P +=
atmP)becker(P =
dove atmP è la pressione atmosferica sperimentale e OH2P è la tensione di vapore dell’acqua a
temperatura ambiente (i cui valori sono dati nella Tabella in Appendice 2). D’altra parte,
avendo raggiunto l’equilibrio, le due pressioni debbono essere uguali, e quindi la pressione
dell’idrogeno prodotto si ricava dall’espressione:
=−= OHH 22PPP atm _______
V. Il numero di moli di idrogeno è ottenuto usando la equazione (4)
=⋅
=RT
VPn 22
2
HHH ________
II – DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DI UN MISCUGLIO METALLICO
II-5
VI. Data la stechiometria della reazione (1), il numero di moli di Zn è uguale al numero di
moli di H2 e la massa dello zinco reagito è:
ZnZn PMnm ⋅= Zn ________
dove PMZn è il peso atomico dello zinco
VII. Infine, la percentuale di zinco nel campione iniziale è data da:
=×= 100campionem
Znm%Zn ________
III-1
III – ESPERIENZA SULLA CORROSIONE DEL FERRO
1. La corrosione
La corrosione di un metallo, dal punto di vista chimico consiste in una reazione tra metallo
ed ossigeno che trasforma la superficie del metallo in un ossido. L’ossigeno presente in
atmosfera è in generale l’agente di questa reazione, ed un elementare procedimento anti-
corrosivo consiste nel proteggere la superficie del metallo ricoprendola con una vernice.
E’ esperienza comune che la presenza di acqua favorisce la corrosione (basta pensare a
superfici metalliche quali la carrozzeria delle automobili o ad un qualunque metallo posto in
contatto con “l’acqua di mare”). In particolare, il processo di corrosione che avviene in un
sistema costituito da una goccia d'acqua in contatto con una superficie metallica può essere
interpretato sulla base del modello della corrosione per aerazione differenziata, rappresentato
in Figura 1. Paradossalmente, questo tipo di processo di corrosione avviene, in modo
preferenziale, nella zona di metallo “protetta” (al centro della goccia), piuttosto che nella
zona anulare della goccia. La driving force (forza guida) del processo di corrosione è
determinata dalla diversa concentrazione di ossigeno presente nella zona centrale della
goccia (bassa) rispetto a quella che è presente nella zona dove esiste il contatto tra
metallo/acqua/aria (alta).
Le reazioni chimiche attive durante il processo di corrosione si possono evidenziare
utilizzando una soluzione contenente un indicatore di pH (fenoftaleina) e ferricianuro di
potassio K3[Fe(CN)6]. L’aumentare del valore del pH è segnalato dalla fenoftaleina che vira
di colore da incolore a rosa sul bordo della goccia. Il ferricianuro di potassio evidenzia le
zone soggette a corrosione, formando un complesso di colore blu con gli ioni Fe++ (zona più
interna alla goccia, vedi Figura 1).
2. Aspetti teorici
La differente concentrazione dell’ossigeno disciolto nell’acqua della goccia fa sì che nella
zona ricca di ossigeno, contatto tra metallo/acqua/aria, sia favorita la seguente reazione di
riduzione:
III – ESPERIENZA SULLA CORROSIONE DEL FERRO
III-2
−
→++ −)(2)(2 4OH4 OHO slzslz e (1)
che costituisce una semireazione di riduzione (vedi Appendice 1). Gli elettroni coinvolti
nella reazione di riduzione possono essere forniti dal processo di ossidazione del metallo che
avviene nella zona centrale della goccia, che può essere immaginata come una 'semicella'
povera di ossigeno. La semireazione di ossidazione è:
−+ +→ eslzsolido 2FeFe 2)()( (2)
che sintetizza il processo di corrosione della superficie metallica. Gli ioni Fe +2 , a contatto con
H2O, danno luogo a processi di idrolisi:
++ +→+ (slz)2(solido)22(slz) H2Fe(OH)OH2Fe (3)
Il ferro può andare poi incontro a dei successivi processi sia chimici (reazioni con acqua,
reazione con anione carbonato) che di ossidazione (ancora a spese dell’ossigeno): Fe2+ →
Fe3+ + e–. Le varie specie chimiche che si formano in questo modo (ossidi, ossidi idrati,
idrossidi, idrossidi idrati, carbonati) concorrono a formare la ruggine, che è un composto che
non ha una stechiometria ben definita.
Nel processo di corrosione giocano un ruolo importante anche i cloruri Cl–, anioni molto
diffusi nelle acque sia superficiali che sotterranee. Infatti, si ritiene che essi siano in grado di
penetrare e superare i film passivanti/auto-protettivi dei metalli, favorendo i processi di
corrosione anche in metalli generalmente molto resistenti come gli acciai inox.
Figura 1
III – ESPERIENZA SULLA CORROSIONE DEL FERRO
III-3
3. Parte sperimentale
Il sistema elettrochimico in esame è schematizzato in Figura 2.
Figura 2 Il materiale occorrente consiste in:
• Lastrina di acciaio lucidata a specchio per lappatura e sgrassata con acetone.
• Soluzione acquosa di fenolftaleina e ferricianuro di potassio (indicatori).
• Cloruro di sodio
• Pipetta Pasteur
4. Procedimento e osservazioni
Le operazioni da effettuare sono le seguenti:
a) Depositare sulla lastrina di metallo una goccia della miscela contenente gli indicatori.
b) Attendere almeno cinque minuti ed osservare lo sviluppo di diverse colorazioni
all’interno della goccia.
III – ESPERIENZA SULLA CORROSIONE DEL FERRO
III-4
c) In parallelo, le stesse operazioni vanno effettuate (deposito goccia e osservazione) anche
con la miscela di indicatori a cui è stato aggiunto una punta di spatola di NaCl.
Effettuare, in progressione, le seguenti osservazioni:
1) Annotare la colorazione ai bordi e al centro della goccia dovuta alla presenza degli
indicatori.
2) Che cosa indicano dal punto di vista chimico le varie colorazioni osservate in zone
diverse della goccia?
3) Una volta trascorsi 10 minuti dalla deposizione della goccia (quindi dall’inizio del
processo di corrosione), lavare e asciugare (delicatamente) la superficie. Osservi delle
differenze tra la superficie coperta dalla goccia e il metallo circostante?
IV-1
IV - DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DI ACIDO ACETICO IN UN ACETO
1. Acidità totale di un aceto.
L’acidità totale di un aceto si determina titolando l’aceto (previa opportuna diluizione del
medesimo) con una soluzione di idrossido di sodio a titolo noto fino al raggiungimento del
punto equivalente, determinabile o attraverso il viraggio di un opportuno indicatore acido
base (come la fenolftaleina che ha pKa = 9.3) o tramite l’utilizzo di un pH-metro.
L’acidità totale viene convenzionalmente espressa in grammi di acido acetico per 100 ml
di aceto; in pratica si assume che l’aceto sia una soluzione diluita di acido acetico. Questo
non è rigorosamente vero in quanto, anche se l’acido acetico è presente in maggiore
percentuale, esso non è l’unico. Ad esempio, un altro acido normalmente presente negli
aceti è l’acido tartarico.
Secondo la normativa in vigore, in un aceto di vino l’acidità totale non deve essere inferiore
a 6 g di acido acetico per 100 ml di aceto.
2. Aspetti teorici
In generale, la reazione che avviene tra un acido e una base si chiama reazione di
neutralizzazione. La reazione consiste nella combinazione tra gli ioni H+ dell’acido e gli
ioni OH– della base, con la formazione di molecole di acqua e la combinazione dei rispettivi
contro-ioni per formare un sale. Tali reazioni vengono sfruttate nelle titolazioni acido-base.
Queste vengono ampiamente usate nei metodi chimico-analitici, esse fanno parte in
particolare, dei metodi basati sull’analisi volumetrica. Lo schema generale di questi metodi
si basa sull’aggiunta, in piccole aliquote successive, di un determinato volume di uno
standard a concentrazione (titolo) nota ad un determinato volume di una soluzione a
concentrazione sconosciuta, da titolare. La soluzione standard, il titolante, viene aggiunta
finché si verifichi una variazione apprezzabile del pH della soluzione tale da indicare che il
titolante e la sostanza da titolare hanno reagito in maniera completa.
Il requisito fondamentale di questo tipo di analisi è che il titolante e la sostanza da titolare
reagiscano in maniera stechiometrica e che la reazione vada a completamento.
IV – DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DI ACIDO ACETICO IN UN ACETO
IV-2
Nel caso particolare, la quantità di acido acetico (acido debole) presente nel campione di
aceto è determinata sfruttando la reazione di salificazione o neutralizzazione con una
soluzione di NaOH (base forte) per formare il sale acetato di sodio (CH3COONa):
CH3COOH(aq) + NaOH(aq) → CH3COONa(aq) + H2O(liq.) (1)
Volumi noti di NaOH vengono aggiunti nel becker dalla buretta, facendo avvenire la
reazione (1). Poiché nel corso della reazione una certa quantità di acido acetico viene
consumata, il pH della soluzione passa progressivamente da acido a basico quando tutto
l’acido acetico è stato consumato.
Essendo i coefficienti stechiometrici unitari, al punto equivalente si ha che il numero di moli
di CH3COOH è uguale al numero di moli di NaOH. Perciò dal volume di NaOH necessario
per arrivare al punto equivalente è possibile ricavare il numero di moli di acido acetico
presenti nel volume di aceto prelevato. Da queste è possibile poi risalire ai grammi di acido
acetico presenti in 100 ml di aceto.
3. Parte sperimentale
L’attrezzatura che sarà utilizzata è mostrata in Fig. 1.
Figura 1. Attrezzatura utilizzata nell’esperienza: A) becker B) buretta C) agitatore magnetico e D) pH-metro
IV – DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DI ACIDO ACETICO IN UN ACETO
IV-3
Il materiale occorrente consiste in:
• Becker da 200 ml, riempito con 25 ml di aceto e 50 ml di H2O distillata.
• Buretta da 50 ml. Contenente NaOH 1.0 M.
• Agitatore magnetico, su cui va posto il Becker da 200 ml, contenente il campione.
• pH-metro, necessario per seguire la variazione di pH della soluzione di aceto ad ogni
aggiunta successiva di NaOH contenuto nella buretta.
4. Procedimento e osservazioni
a) Prelevare 25 ml di aceto con un cilindro graduato, porli in un Becker da 200 ml e aggiungere ad essi 50 ml di H2O distillata.
b) Inserire una ancoretta magnetica nel becker contenente l’aceto e porlo sull’agitatore magnetico.
c) Aggiungere al campione di acido acetico 2-3 gocce di una soluzione contenente fenolftaleina.
d) Riempire la buretta con la soluzione 1.0 M di NaOH dopo averla avvinata. Eliminare eventuali bolle d’aria presenti.
e) Azzerare la buretta portando allo zero il menisco superiore della soluzione di NaOH in essa contenuta.
f) Immergere nel campione di aceto contenuto nel becker l’elettrodo a vetro collegato al pH-metro.
g) Accendere l’agitatore magnetico, dando inizio ad una blanda agitazione.
h) Eseguire le operazioni seguenti:
1) Annotare il valore di pH che compare sul display del pHmetro, che corrisponde al pH iniziale del campione di aceto diluito.
2) Procedere con 20 aggiunte successive di 1 ml di NaOH ciascuna, annotando il valore di pH misurato dopo ogni aggiunta (attendere che il valore sul display dello strumento si sia stabilizzato). 3) Procedere a 20 aggiunte successive di 0.5 mL di NaOH ciascuna, leggendo il valore di pH misurato dopo ogni aggiunta (attendere che il valore sul display dello strumento si sia stabilizzato). 4) Costruire una tabella in cui si riporta il volume totale di NaOH addizionato dopo ogni singola aggiunta ed il corrispondente valore di pH letto. 5) Proseguire in questo modo fino a quando il volume totale di NaOH aggiunto alla campione iniziale è pari a 30 mL.
6) Indicare in tabella l’aggiunta che provoca la variazione di colore della soluzione. Di che colore si presenta la soluzione iniziale? E quella finale? Annotare tutte le osservazioni che vi sembrano importanti.
IV – DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DI ACIDO ACETICO IN UN ACETO
IV-4
Volume di NaOH
(mL) pH
0 1.0 2.0 3.0 4.0 . . .
30.0
5. Elaborazione dei dati e calcolo dell’acidità dell’aceto.
a) Costruire su carta millimetrata un grafico riportando i valori di pH letti in funzione del volume totale di NaOH addizionato in seguito ad ogni singola aggiunta, ottenendo una curva di titolazione simile a quella riportata in Figura 2.
0 5 10 15 20 252
4
6
8
10
12
pH
Volume NaOH aggiunto /mL
Figura 2. Curva di titolazione dell’acido acetico con idrossido di sodio
b) Calcolare la variazione di pH indotta da ogni singola aggiunta rispetto alla precedente ed il corrispondente volume di NaOH (espresso in ml) addizionato nel corso di ogni singola aggiunta:
∆pH = pH (aggiunta N) – pH (aggiunta N-1)
∆VNaOH = VNaOH(N) – VNaOH(N-1)
c) Costruire la corrispondente tabella
IV – DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DI ACIDO ACETICO IN UN ACETO
IV-5
V(NaOH) ΔV (NaOH) (mL) ΔpH ΔpH/ΔV (NaOH) 0 0 - -
1.0 1.0 2.0 1.0 3.0 1.0 4.0 . . .
30.0
d) Costruire su carta millimetrata un grafico riportando i valori di ∆pH/∆V in funzione delle aggiunte VNaOH.
0 5 10 15 20
0
1
2
3
4
5
6
7
8
dpH
/dV
Volume NaOH aggiunto /mL
Figura 3. Grafico ∆pH/∆V al variare di base aggiunta. Il massimo corrisponde al punto equivalente.
e) Il punto di tale grafico in cui si registra la massima variazione di pH in seguito ad una singola aggiunta corrisponde al punto equivalente, in cui, il n° di moli di CH3COOH presenti nel campione di aceto è uguale al n° di moli di NaOH aggiunte.
f) Dal grafico 2 estrapolare il volume di NaOH necessario per raggiungere il punto equivalente.
g) Le moli di idrossido di sodio necessarie per raggiungere il punto equivalente sono date da:
n° moli NaOH = VNaOH al punto equivalente * MNaOH
IV – DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DI ACIDO ACETICO IN UN ACETO
IV-6
h) Le moli di acido acetico presenti nel campione iniziale di aceto sono:
mol CH3COOH nel campione = mol NaOH al punto equivalente
i) Massa (in grammi) di acido acetico presente nel campione di aceto analizzato
Massa CH3COOH = n° moli CH3COOH * MM CH3COOH
MM(CH3COOH) = 60.05 g/mol
l) Massa (in grammi) di acido acetico presente in 100 ml di aceto analizzato
massa CH3COOH (in 100ml) = mCH3COOH (g) *100 (ml)/Vcampione (ml)
V-1
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
1. La transferrina
Il ferro è un elemento essenziale per ogni forma di vita, ma la sua assunzione a pH
fisiologici (attorno alla neutralità) è resa molto difficile dalla precipitazione di Fe(OH)3 che
si verifica in tali condizioni. Gli animali superiori hanno superato questo problema
evolvendo una famiglia di proteine, chiamate transferrine, che sono in grado di coordinare
lo ione Fe3+ presente nei fluidi biologici. A seconda della provenienza, esse svolgono
funzioni fisiologiche differenti: la transferrina del siero dei vertebrati è responsabile del
trasporto del ferro nei fluidi fisiologici, mentre l'ovotransferrina (presente nell'albume
dell'uovo) e la lattoferrina (presente nel latte e in altri fluidi di origine ghiandolare) svolgono
una funzione antibatterica, impedendo ai batteri patogeni di approvvigionarsi del ferro
necessario per la crescita.
Figura 1 Struttura tridimensionale della transferrina
Tutte le transferrine hanno un peso molecolare di circa 80000 Da e presentano la medesima
struttura tridimensionale (Figura 1), formata da una singola catena polipeptidica organizzata
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
V-2
in due lobi, ognuno dei quali contiene un sito di legame per uno ione Fe3+, indicati
rispettivamente con le lettere C ed N. Tali siti sono molto simili, ma non equivalenti, dal
momento che il Fe3+ si lega preferenzialmente al sito C, il quale svolge la sua attività
metallo-legante già a pH moderatamente acidi, mentre il sito N è in grado di legare Fe3+
solamente a pH neutro o debolmente basico. Affinché le transferrine possano esercitare la
propria funzione fisiologica è necessaria la presenza di ioni carbonato (CO3–2), anche detti
anioni sinergici perchè facilitano l'ingresso dello ione metallico nei siti di legame e
permettono alla proteina di assumere una conformazione chiusa, una volta coordinato il
Fe3+, in modo da renderlo inaccessibile ad altri leganti. In Figura 1 sono rappresentate la
apotransferrina sulla sinistra e la ovotransferrina sulla destra nella quale è evidenziata, in
rosso, la presenza del ferro e dello ione sinergico CO3-2.
2. Aspetti teorici
L’ovotransferrina (OTF) è una proteina in grado di legare due ioni Fe3+ in altrettanti siti di
legame secondo la reazione:
( ) [ ](aq)232(aq.)3(aq.)3
aq. OTF)(HCOFe2HCO2FeOTF −−→++ −−+ (1)
formando un addotto [Fe2- (HCO3-)2 - OTF ] caratterizzato da una colorazione rossa, la cui
intensità è proporzionale alla concentrazione dell’addotto presente in soluzione. Essa
aumenta in seguito alla progressiva formazione di [Fe2 - (HCO3¯)2 - OTF], causata
dall’aggiunta di Fe3+, fino alla completa saturazione dei siti di legame, dopodichè, per
ulteriori aggiunte di Fe3+, non si ha più formazione di addotto e l’intensità della colorazione
della soluzione proteica non aumenta più.
Qualora tutti i siti di legame siano occupati dagli ioni Fe3+, si ha che:
n° moli di OTF = 2 n° moli di Fe3+ aggiunto (2)
Per aggiunte successive di volumi noti di una soluzione (a concentrazione nota) di Fe3+, è
possibile determinare il numero di moli di Fe3+ necessarie per raggiungere la condizione in
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
V-3
cui l’intensità della colorazione della soluzione proteica è costante, e quindi risalire alla
percentuale di occupazione dei siti di legame della ovotransferrina da parte di Fe3+.
3. Parte sperimentale
Per misurare le variazioni delle intensità di colore si utilizza lo spettrofotometro, uno
strumento che misura l’assorbimento della radiazione elettromagnetica da parte di soluzioni.
Lo schema di uno spettrofotometro è rappresentato in figura 2:
(Source) Sorgente: emette radiazioni.
(Dispersion device) Monocromatore: seleziona le radiazioni con lunghezze d’onda
più opportune per la misura.
(Sample) Compartimento per cuvette: zona in cui alloggiano le cuvette che
contengono la soluzione campione
(Detector) Rivelatore: misura l’intensità della radiazione dopo che è passata
attraverso la soluzione.
Figura 2. Schema di uno spettrofotometro
Il materiale occorrente consiste in:
• Cuvette da 1 ml di plastica (trasparenti nel visibile) (Fig.3).
• Microsiringhe e micropipette (Fig.4 e Fig.5).
• Spettrofotometro operante nella zona del Uv-visibile (Fig.6).
• Soluzione [OFT]= 4·10-4 M, NaHCO3 10-2 M, TRIS 5 10-2 M, pH 7.4 (pH =7.4).
• Soluzione Fe(NTA) 1.6 x 10-2 M (NTA: ione nitrilotriacetato).
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
V-4
Figura 3
Figura 4
Figura 5 Figura 6
La molarità indica la concentrazione espressa in mol/dm3.
4. Procedimento e osservazioni
a) Volumi noti della soluzione di Fe3+ vengono aggiunti, utilizzando la siringa o la
micropipetta, nella cuvetta contenente la soluzione OTF, facendo avvenire la
seguente reazione:
( ) [ ](aq)232(aq.)3(aq.)3
aq. OTF)(HCOFe2HCO2FeOTF −−→++ −−+ (3)
b) Dato che l’addotto [Fe2- (HCO3-)2 - OTF ] presenta un’intensa colorazione rossa, in
seguito alle successive aggiunte di Fe3+, anche la soluzione proteica contenuta nella
cuvetta assume una colorazione rossa sempre più intensa.
c) L’andamento della reazione può quindi essere seguito utilizzando uno
spettrofotometro Uv-visibile che misura l’aumento dell’intensità della colorazione
rossa della soluzione di ovotransferrina per aggiunte successive della soluzione
contenente Fe3+. La colorazione non aumenta più quando le molecole di
ovotransferrina presenti nel campione non sono più in grado di legare ulteriori ioni
Fe3+ (i siti di legame delle molecole proteiche sono saturati da Fe3+).
d) Eseguire le seguenti operazioni:
1) Prelevare 2 aliquote da 1 mL di soluzione di OTF 4 × 10-4 M con una
micropipetta di precisione e porli nelle due cuvette di plastica a vostra disposizione.
Di che colore si presenta la soluzione iniziale di OTF?
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
V-5
2) Inserire le due cuvette piene negli appositi alloggiamenti all’interno dello
spettrofotometro, chiudere il coperchio e registrare la linea di base (lo zero) dello
spettro operando da 800 nm a 350 nm.
3) Procedere a 15 aggiunte successive di 4.0 μL della soluzione contente Fe(NTA)
1.6 x 10-2 M ciascuna sempre nella stessa cuvetta, registrando lo spettro dopo ogni
aggiunta (attendere almeno 2 minuti dopo l’aggiunta prima di iniziare la
registrazione). Di che colore si presenta la soluzione finale di OTF? Dopo quale
aggiunta l’intensità della colorazione rossa cessa di aumentare?
4) Costruire una tabella in cui riportare il volume totale di soluzione di Fe(NTA) 1.6
x 10-2 M addizionato dopo ogni singola aggiunta ed il corrispondente valore di
assorbanza (proporzionale all’intensità della colorazione rossa) letto a 465 nm
(lunghezza d’onda del massimo di assorbimento di Fe2- (HCO3-)2 – OTF).
In seguito alle aggiunte successive della soluzione contenente Fe3+
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
V-6
Volume di Fe(NTA) (μL)
Assorbanza a 465 nm
0 Α = 5 Β = 10 Χ = 15 Δ = 20 Ε = 25 Φ = 30 Γ = 35 Η = 40 Ι = 45 Λ = 50 Μ = 55 Ν = 60 Ο = 65 Π = 70 Θ = 75 Ρ=
5. Calcoli
Calcolare:
I. il numero di moli totali di OTF presenti nel campione:
( ) L)in espresso OTF (campione(OTF)totali VMmoliOTFn =°=q (4)
II. il numero di moli di Fe3+ addizionato dopo ogni singola aggiunta
( ) L)in espresso aggiunta (singola)(Feaggiunta singola3 VMmoliFen 3+=°= +x (5)
III. il numero di moli totali di Fe3+ presenti nella soluzione di OTF dopo ogni singola
aggiunta:
( ) ) aggiunta (dopo3
aggiunta singola3 moliFenmoliFen nnnx ++ °=×°= (6)
IV. il rapporto fra il numero di moli di Fe3+ presenti nella soluzione di OTF dopo
ogni singola aggiunta e il numero di moli di OTF presenti nel campione:
qnxn =
°°
=+
(totali)
) aggiunta (dopo3
moliOTFnFemolitotalinα (7)
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
V-7
V. la differenza fra i valori di assorbanza a 465 nm letti dopo ogni aggiunta e quello
iniziale della soluzione di OTF (prima di iniziare le aggiunte della soluzione di
Fe3+):
( ) ( )aggiunta iniziare di prima465 aggiunta dopo465465 AAA n −=Δ (8)
VI. Riportare tali dati nella seguente tabella:
Volume di Fe(NTA)
(μL) n° moli Fe3+
(singola aggiunta) n° moli totali Fe3+ (dopo aggiunta n)
α ΔA465
0 0 0 0 Α −Α= 5 x = x = x/q = Β −Α = 10 x = 2 x = 2x/q = Χ−Α = 15 x = 3 x = 3x/q = Δ −Α= 20 x = 4 x = 4x/q = Ε −Α= 25 x = 5 x = 5x/q = Φ −Α= 30 x = 6 x = 6x/q = Γ −Α= 35 x = 7 x = 7x/q = Η −Α= 40 x = 8 x = 8x/q = Ι −Α= 45 x = 9 x = 9x/q = Λ −Α= 50 x = 10 x = 10x/q = Μ −Α= 55 x = 11 x = 11x/q = Ν −Α= 60 x = 12 x = 12x/q = Ο −Α= 65 x = 13 x = 13x/q = Π−Α = 70 x = 14 x = 14x/q = Θ −Α= 75 x = 15 x = 15x/q = Ρ−Α = VII. Costruire su carta millimetrata un grafico riportando i valori di ΔA465 calcolati
per ogni singola aggiunta in funzione di α.
α
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0
ΔAs
sorb
anza
(465
nm
)
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
V – PROPRIETÀ METALLO-LEGANTI DI UNA PROTEINA
V-8
VIII. Verificare per quale valore di α il valore di assorbanza a 465 nm cessa di
aumentare ( αsaturazione). Tale numero corrisponde al numero di siti di legame saturati
da Fe3+ per ogni molecola di OTF.
IX. Calcolare la percentuale di saturazione dei siti di legame di OTF nelle condizioni
sperimentali da noi usate:
1002
Fe da saturati legami di siti% esaturazion3 ×=+ α (9)
VI-1
VI – OSCILLATORE AD ACQUA SALATALA
1. Caos chimico
L’applicazione delle leggi della termodinamica chimica, accoppiata alla conoscenza della
stechiometria di una reazione e delle condizioni iniziali, consente di determinare, in modo
virtualmente esatto, i rapporti delle quantità di reagenti e prodotti presenti nello stato di
finale in cui si raggiunge l’equilibrio.
Lo studio termodinamico non permette di affrontare altri aspetti fondamentali che
riguardano il “come” e in “quanto tempo” viene raggiunto lo stato finale di equilibrio.
Questi ultimi argomenti costituiscono l’oggetto di studio della cinetica chimica.
Esiste un numero elevato di reazioni chimiche per le quali il controllo è “cinetico”, cioè una
reazione non avviene, malgrado la applicazione dei criteri termodinamici ne assicuri la
spontaneità, perché la sua cinetica è estremamente lenta. L’esempio più importante di
controllo cinetico di un processo chimico “termodinamicamente spontaneo”, è l’esistenza,
in uno stato metastabile, degli esseri viventi (combustile) in una atmosfera che contiene
ossigeno (comburente).
2. Aspetti teorici
In generale, la velocità di reazione, indicata con v, è definita come la variazione della
quantità di un componente della reazione chimica nell'unità di tempo. Tipicamente si fa
riferimento ad una qualche funzione opportuna rappresentativa della concentrazione, Ci:
dtCdv ii /][= (1)
Normalmente, le misure sperimentali mostrano un andamento della concentrazione dei
reagenti e dei prodotti simile a quanto mostrato nella Figura 1. La caratteristica saliente è
che in generale si osserva un andamento monotono della concentrazione nel tempo.
VI – OSCILLATORE AD ACQUA SALATA
VI-2
Figura 1
Non sempre le cose seguono questo schema. Boris Pavlovich Belousov nasce in Russia alla
fine del 19 esimo secolo e si avvicina alla chimica sulle orme del fratello maggiore che
vuole costruire una bomba per uccidere lo zar. Dopo tutte le opportune traversie del caso,
Belousov, che nel frattempo studia chimica in Svizzera e Russia, nel 1951 cerca di
pubblicare un articolo dove si tratta di una reazione molto particolare, la sua spiegazione dei
risultati comporta che le concentrazioni di reagenti e prodotti non diminuiscano e aumentino
in modo monotono durante la reazione, ma “oscillino”. I suoi studi non sono pubblicati (gli
editori interpellati sostengono che la sua spiegazione delle osservazioni sperimentali
comporta la violazione dei principi della termodinamica) e si deve attendere il 1968 perché
la comunità scientifica internazionale si arrenda anche di fronte ai risultati di Zhabotinskii, e
che l’esistenza delle reazioni chimiche “oscillanti” sia infine accettata (comunemente si
parla di reazione BZ).
Dal punto di vista matematico l’esistenza di processi chimici nei quali le concentrazioni di
reagenti e prodotti oscillano, in funzione del tempo, mentre si avvicinano al loro valore
finale di equilibrio, può essere spiegata facilmente.
Un tipico esempio risulta essere il caso di reazioni la cui “time law” (legge temporale) segue
lo schema di reazione di Lotka-Volterra, dove si considera un processo chimico
complessivo la cui cinetica sia dominata da tre step elementari simultanei, uno dei quali
(step 2) prevede un processo di autocatalisi:
VI – OSCILLATORE AD ACQUA SALATA
VI-3
step 1 XA k⎯→⎯ 1 ]][[2][1/][ YXkAkdtXd −=
step 2 YYX k 22⎯→⎯+ ][3]][[2/][ YkYXkdtYd −=
step 3 PY k⎯→⎯ 3 ][3/][ YkdtPd =
(2)
La risoluzione (effettuata per via numerica) del sistema di equazioni differenziali (3) mostra
che i valori delle concentrazioni di X e di Y oscillano in funzione del tempo, come mostrato
in Figura 2: dove sono riportate in blu la concentrazione di X e in verde quella di Y in
funzione del tempo.
Figura 2
Parte sperimentale
In realtà lo studio di sistemi chimici standard (BZ, BR, ...) oscillanti risulta piuttosto
complesso dal punto di vista sperimentale. Il cosiddetto “Salt Water Oscillator” (Oscillatore
ad Acqua Salata) consente di studiare un sistema la cui dinamica di rilassamento presenta un
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
VI – OSCILLATORE AD ACQUA SALATA
VI-4
andamento oscillante nel dominio del tempo e che è facilmente caratterizzabile dal punto di
vista sperimentale.
. Il sistema è costituito da un contenitore di acqua ad elevata concentrazione di sale (NaCl) e
un serbatoio di acqua (pura), questi sono messi in contatto idraulico attraverso un capillare
di opportuni diametro e lunghezza, Fig. 3, dove il pedice s indica la soluzione e w l’acqua.
:
Figura 3
Il materiale occorrente consiste in:
• Acqua distillata, NaCl, Blu di bromofenolo (oppure un qualsiasi altro indicatore),
• Siringa con innestato il puntale di una pipetta Pasteur.
• Cronometro
• Cilindro graduato
• Eventualmente: due elettrodi di riferimento ed uno millivoltmetro capace di registrare il
potenziale in funzione del tempo).
• Soluzioni: 100 ml di una soluzione satura in NaCl alla quale si aggiungono 15 ml di
indicatore Blu di bromofenolo
3. Procedimento e osservazioni
a) Riempire con acqua distillata il cilindro di vetro.
VI – OSCILLATORE AD ACQUA SALATA
VI-5
b) Preparare 100 ml di una soluzione satura di NaCl alla quale si aggiunge 15 ml di
indicatore Blu di bromofenolo.
c) Riempire la siringa con la soluzione descritta nel punto b) e immergerla nel cilindro
graduato avendo cura che il livello dell’acqua nel ciliindro e quello di soluzione interna
alla siringa siano circa allo stesso livello (l’altezza del livello della soluzione satura nella
siringa sia di circa 5 cm).
d) Eventualmente: inserire due elettrodi di riferimento ad Ag/AgCl, collegati al
millivoltmetro, rispettivamente nel cilindro graduato e nella siringa contenente la
soluzione salina satura.
1) Inizialmente, la soluzione satura (colorata) fluirà all’esterno della siringa. Osservare la
natura del flusso dovuto alla diffusione e il suo verso iniziale.
2) Dopo circa 4-5 minuti si potrà osservare che il verso del flusso si inverte e l’acqua
(incolore e trasparente) risalirà il capillare.
3) Utilizzando il cronometro si può misurare l’intervallo di tempo tra i diversi cicli ed
osservarne la costanza. In realtà per tempi lunghi (una giornata circa) questo fenomeno
si smorzerà, fino a raggiungere l’equilibrio finale nel quale la concentrazione del sale è
costante sia all’interno che all’esterno della siringa.
4) Eventualmente osservare come variano gli intervalli di tempo tra i diversi cicli
cambiando i parametri sperimentali L,h,b.
5) Nel caso si abbia a disposizione uno strumento per la registrazione del potenziale e due
elettrodi di riferimento (immersi uno nella siringa e uno nel cilindro) si può registrare
l’andamento della differenza di potenziale nel tempo ottenendo un andamento come
riportato in figura 4.
VI – OSCILLATORE AD ACQUA SALATA
VI-6
Figura 4
A1-1
APPENDICE 1: POTENZIALI STANDARD:
1. Scala dei potenziali standard di riduzione
Indichiamo con A e B due specie chimiche qualunque. Una generica reazione di
ossidoriduzione può essere scritta in questa forma (trascurando i coefficienti stechiometrici):
redox BA + oxred BA + (1)
oxA specie A nella forma ossidata
redB specie B nella forma ridotta
redA specie A nella forma ridotta
oxB specie B nella forma ossidata
Qualunque reazione di ossidoriduzione si può scomporre concettualmente come la risultante
di due semi-reazioni, nel nostro caso:
redox AA →+ −ne semireazione di riduzione
→redB −+ neoxB semireazione di ossidazione (2)
Possiamo immaginare che le due semi-reazioni rappresentino le reazioni che avvengono
nelle due semicelle di una ipotetica pila, ciascuna con il suo potenziale (Esemicella). La
differenza rispetto ad una pila consiste nel fatto che, mentre nella pila le due semi-reazioni
avvengono separatamente in due recipienti distinti (collegati da un conduttore elettrico e da
un ponte salino in modo da consentire il passaggio di elettroni ed il mantenimento
dell’elettroneutralità delle soluzioni), nel nostro caso le due semi-reazioni avvengono nello
stesso recipiente.
La specie oxA acquista elettroni, riducendosi a redA , a spese della specie redB , la quale li
cede ossidandosi a oxB . Naturalmente sarebbe anche possibile il processo opposto, cioè una
cessione di elettroni dalla specie A alla specie B. Cosa determina il fatto che nella reazione
di ossidoriduzione proceda in un modo o nell’altro? Occorre confrontare il guadagno
energetico delle due semi-reazioni di riduzione: ad ogni semi-reazione di reazione è
associato un diverso valore di potenziale di riduzione E :
A1 – POTENZIALI STANDARD
A1-2
redox AA →+ −ne redox AAE
redox BB →+ −ne redox BBE
(3)
Il valore del potenziale di riduzione definisce la tendenza della semi-reazione di riduzione
ad avvenire, perciò maggiore è il valore di redoxE maggiore è la tendenza della specie
ossidata ad acquistare elettroni per ridursi. Nel nostro esempio, la reazione avviene come
indicato nella eq. (2) dal momento che redox AAE >
redox BBE e quindi oxA ha una maggiore
tendenza a ridursi rispetto a oxB . Se invece fosse redox AAE <
redox BBE , allora la reazione di
ossidoriduzione avverrebbe iene nel senso opposto: redoxoxred BABA +→+ .
Il valore del potenziale di riduzione per una generica coppia redox AA è definito dipende da
vari fattori. Il potenziale standard di riduzione 0AA redox
E corrisponde al potenziale di
riduzione misurato utilizzando soluzioni in cui tutte le specie hanno concentrazione 1M, le
pressioni parziali di tutti i gas coinvolti sono 1 atm e il comportamento di gas e soluzioni è
ideale. Inoltre, dato che il valore del potenziale è relativo ad un valore di riferimento,
occorre anche indicare come sia definito questo punto di riferimento.
Nella pagina seguente è riportata la tabella contenente i potenziali standard di riduzione per
alcune semi-reazioni, costruita assegnando il valore 0 V al potenziale standard di riduzione
della coppia 2HH + , che viene quindi presa come zero di tale scala.
In conclusione, la scala dei potenziali standard di riduzione permette di prevedere, entro
certi limiti, la direzione delle reazioni redox: le specie con maggiori valori di E° ossidano le
specie a minore E°.
2. Il metodo della gamma
Esiste un semplice metodo grafico per prevedere la direzione di ossidoriduzione osservando
la scala dei potenziali standard. Si tratta di scrivere le coppie che partecipano alla reazione
(nel senso della riduzione) su un asse che rappresenta i potenziali standard, quindi tracciare
una curva avente la forma della lettera greca γ (gamma): la reazione procederà proprio nel
senso in cui si è scritta la γ.
A1 – POTENZIALI STANDARD
A1-3
Aox
Box
Ared
Bred
E0
Aox
Box
Ared
Bred
E0
In questo esempio: oxredredox BABA +→+
Problemi
1) Osservando la scala dei potenziali standard di riduzione, ricava i valori dei potenziali per
queste coppie:
• CuCu 2+ : =+0
CuCu 2E
• 2HH + : =+0
HH 2E
• ZnZn 2+ : =+0
ZnZn2E
2) Applica il metodo della gamma a queste tre coppie, riportando sul grafico le tre coppie, in
ordine crescente di potenziale:
Prova a rispondere a queste domande:
• +H riesce ad ossidare Zn a Zn2+?
• H+ riesce ad ossidare Cu a Cu2+?
• Se aggiungiamo HCl a un miscuglio di Cu e Zn, cosa prevedi che succeda?
• Cosa prevedi che succeda a una barra di argento posta in acido cloridrico
concentrato? Perché?
A1 – POTENZIALI STANDARD
A1-4
Scala dei Potenziali Standard
Semi–Reazione E° (V)F2(g) + 2e– → 2F– +2.866O(g) + 2H+ + 2e– → H2O +2.420O3(g) + 2H+ + 2e– → O2(g) + H2O +2.070S2O8
2–(aq) + 2e– → 2SO42–(aq) +2.050
Ag2+(aq) + e– → Ag+(s) (HClO4 4f) +1.987NiO2(s) + 4H+ + 2e– → Ni2+(aq) + 2H2 +1.930Co3+(aq) + e– → Co2+(aq) (HNO3 3f) +1.842H2O2 + 2H+ + 2e– → 2H2O +1.780PbO2(s) + SO4
2– + 4H+ + 2e– → PbSO4(s) + 2H2O +1.685Au+(aq) + e– → Au(s) +1.680Ce4+(aq) + 3e– → Ce3+(aq) +1.610MnO4
–(aq) + 5H+ + 5e– → Mn2+(aq) + 4OH– +1.507PbO2(s) + H+ + 2e– → Pb2+(aq) + 2H2O +1.460Au3+(aq) + 3e– → Au(s) +1.420Cl2(g) + 2e– → 2Cl–(aq) +1.358HBrO + H+ + 2e– → Br–(aq) + H2O +1.331Cr2O7
2–(aq) + 14H+ + 6e– → 2Cr3+(aq) + 7H2O +1.232O2(g) + 4H+ + 4e– → 2H2O +1.229Br2(aq) + 2e– → 2Br– +1.087NO3
–(aq) + 4H+ + 3e– → NO(g) + 2H2O +0.96 2Hg2+(aq) + 2e– → Hg2
2+(aq) +0.920H2O2 + 2e– → 2OH– +0.88 Ag+(aq) + e– → Ag(s) +0.7991/2Hg2
2+(aq) + e– → Hg(s) +0.799Hg2
2+(aq) + 2e– → 2Hg(s) +0.797Fe3+(aq) + e– → Fe2+(aq) +0.771O2(g) + 2H+ + 2e– → H2O2 +0.68 MnO4
–(aq) + e– → MnO42–(aq) +0.558
I2(s) + 2e– → 2I– +0.535Cu+(aq) + e– → Cu(s) +0.522ClO4
–(aq) + H2O + 2e– → ClO3– + 2OH–<> +0.360
[Fe(CN)6]3–(aq) + e– → [Fe(CN)6]4–(aq) +0.358Hg2Cl2(s) + 2e– → 2Hg(s) + 2Cl– (NaOH 1f) +0.342Cu2+(aq) + 2e– → Cu(s) +0.340Cu2+(aq) + e– → Cu+(aq) +0.158Sn4+(aq) + 2e– → Sn2+(aq) (HCl 1.0 f) +0.139Co(NH3)6
3+(aq) + e– → Co(NH3)63+(aq) +0.100
Sn4+(aq) + 2e– → Sn2+(aq) (HCl 0.1 f) +0.0702H+(aq) + 2e– → H2(g) +0.000
Semi–Reazione E° (V)AgCN(s) + e– → Ag(s) + CN– –0.020Pb2+(aq) + 2e– → Pb(s) –0.126CrO4
–(aq) + 4H2O + 3e– → Cr(OH)3(s) + 5OH– –0.130Sn2+(aq) + 2e– → Sn(s) –0.136Mo3+(aq) + 3e– → Mo(s) –0.200Ni2+(aq) + 2e– → Ni(s) –0.230PbCl2(s) + 2e– → Pb(Hg)(s) + 2Cl– –0.262Co2+(aq) + 2e– → Co(s) –0.280Cd2+(aq) + 2e– → Cd(s) –0.403Cr3+(aq) + e– → Cr2+(aq) –0.407Fe2+(aq) + 2e– → Fe(s) –0.447Cr3+(aq) + 3e– → Cr(s) –0.744Zn2+(aq) + 2e– → Zn(s) –0.763Mn2+(aq) + 2e– → Mn(s) –1.185Al3+(aq) + 3e– → Al(s) (NaOH 0.1f) –1.706Na+(aq) + e– → Na(s) –2.71Ca2+(aq) + 2e– → Ca(s) –2.76Sr2+(aq) + 2e– → Sr(s) –2.89Ba2+(aq) + 2e– →Ba(s) –2.912Cs+(aq) + e– → Cs(s) –2.92K+(aq) + e– → K(s) –2.92Ba(OH)2(s) + 2e– →Ba(s) + 2OH– –2.990Li+(aq) + e– → Li(s) –3.040N2(g) + 2H+ + 2e– → 2HN3 –3.100Ca+(aq) + e– →Ca(s) –3.800Sr+(aq) + e– →Sr(s) –4.100
A2 - 1
APPENDICE 2: LO STATO GASSOSO
Le proprietà di un gas che più immediatamente si impongono all’osservazione sono il volume (che
coincide con quello del contenitore), la pressione, la temperatura. Ovviamente, quando parliamo di
un gas ci riferiamo ad una determinata quantità di esso, traducibile, una volta nota la composizione,
nel numero di moli.
1. La pressione e le sue unità di misura.
La pressione esprime l’effetto di una forza che agisce sopra una superficie:
SFP = (1)
S rappresenta l’area di superficie (perpendicolare alla direzione della forza). Ora, maF = (con m la
massa ed a l’accelerazione), quindi le dimensioni fisiche di una forza sono:
2
)(tempo
lunghezzamassa× cioè 2]][][[ −TLM nel SI
Ne viene che le dimensioni della pressione saranno:
2
2
][]][][[
LTLM −
ossia 21 ][]][[ −− TLM
Nel SI l’unità di misura della forza è il Newton (simbolo N), corrispondente al prodotto della massa
di 1 kg per l’accelerazione di 1 metro al secondo per secondo:
1 N = 1 kg m s–2
L’unità di misura della pressione è il Pascal (simbolo Pa)
1 Pa = 1 N m–2
Vi sono altre unità di misura per la pressione, che hanno origine storica e sovente prevalgono
nell’uso comune. L’atmosfera (simbolo atm) misura la pressione di una colonna di 760 mm di
mercurio, da cui discende anche l’uso dell’unità millimetro di mercurio (simbolo mmHg). Quindi,
dato che la densità del mercurio è 13.6 g/cm3:
1 atm = 101325 Pa
1 mmHG = 133,32 Pa
Inoltre, si usa talora il bar (simbolo bar) come abbreviazione per 105 Pascal:
1 bar = 105 Pa
A2 – LO STATO GASSOSO
A2 - 2
2. I gas e le loro leggi.
In questa sezione richiameremo le principali leggi dei gas, deducibili dall’indagine sperimentale.
Le molecole mono o poliatomiche che costituiscono un gas si agitano incessantemente, muovendosi
nello spazio con una velocità che dipende dalla temperatura. Questo moto produce, fra l’altro,
l’effetto di pressione contro le pareti del recipiente, tramite gli urti delle singole particelle che lo
colpiscono.
Contemporaneamente, le molecole sono soggette alle interazioni attrattive e repulsive tra di loro,
atte a modificarne il movimento in una misura che dipende dalla distanza intermolecolare. Una
legge che volesse correlare pressione, volume e temperatura, tenendo conto di tutti questi fattori,
risulterebbe estremamente complicata. Fortunatamente le interazioni decadono velocemente con
l’aumento della distanza e ciò permette di ritenere che un gas, in condizioni ordinarie, cioè piuttosto
rarefatto, si comporti semplicemente come un insieme di particelle indipendenti in movimento:
l’agitazione termica, cioè, rende trascurabili gli effetti delle interazioni. Così stando le cose,
l’espressione che correla p, V e T risulta assai semplice.
2.1 Il gas ideale.
Per gas ideale si intende un gas che possieda le seguenti proprietà:
• Molecole puntiformi (cioè prive di dimensioni) che interagiscono tra loro e con le pareti del
recipiente mediante urti elastici;
• Non esistono forze di interazione a distanza tra le molecole del gas;
• L’energia cinetica media delle molecole del gas è direttamente proporzionale alla
temperatura: TmvEC ∝= 221
2.2 L’equazione di stato del gas ideale.
L’equazione di stato dei gas ideali, o legge dei gas ideali, descrive le condizioni fisiche di un gas
perfetto o ideale, correlandone le grandezze che ne definiscono completamente lo stato fisico::
quantità di sostanza, pressione, volume e temperatura. La sua espressione più comune è:
nRTpV = (2)
in cui p è il valore della pressione del gas, V è il volume occupato dal gas, n è il numero di moli del
gas, R è una costante universale, detta costante dei gas, il cui valore è 8.314472 J/mol K nel Sistema
Internazionale e T è la temperatura assoluta del gas.
Questa equazione rappresenta una generalizzazione delle leggi empiriche osservate da Boyle (in un
gas, in condizioni di temperatura costante, il volume è inversamente proporzionale alla pressione),
Charles (in un gas a volume costante, la pressione è proporzionale alla temperatura assoluta) e Gay
A2 – LO STATO GASSOSO
A2 - 3
Lussac (in un gas a pressione costante, il volume è proporzionale alla temperatura assoluta),
ottenibili rispettivamente ponendo T = costante ovvero V = costante ovvero p = costante.
L’equazione di stato dei gas perfetti descrive bene il comportamento dei gas reali per pressioni non
troppo elevate e per temperature non troppo vicine alla temperatura di liquefazione del gas.
Considerando lo stesso numero di moli, si ricava per due condizioni diverse di pressione, volume e
temperatura:
2
22
1
11
TVP
TVP
= (3)
Esempio
Quale temperatura occorre imporre ad un gas, inizialmente a 268 K, affinché la sua pressione
aumenti da 312 mmHg a 825 mmHg, mentre il volume viene ridotto da 0.85 dm3 a 0.15 dm3 ?
Risposta. Poiché ci si riferisce ad una quantità determinata di gas, n = costante, sicchè si può usare
l’equazione 3 esplicitando Tfin:
inin
finfininfin Vp
VpTT =
Introducendo i dati avremo:
K125dm85.0mmHg312dm15.0mmHg825K268 3
3=
××
=finT
Il valore richiesto è dunque 125 K.
2.3 Tensione di vapore saturo.
Per capire cos’è la pressione o tensione di vapore saturo immaginiamo di eseguire il seguente
esperimento. Mettiamo un po’ d’acqua in un recipiente chiuso collegato con un manometro, dopo
aver tolto l’aria (per cui la pressione p ≈ 0). L’acqua incomincia ad evaporare e di conseguenza si
osserva un progressivo aumento di pressione sul manometro fintantoché il processo non si arresta:
siè raggiunto l’equilibrio tra la fase liquida e la fase di vapore. Se la temperatura resta costante,
anche la pressione non varia più. Anche dopo parecchi giorni la situazione non cambia e se la
temperatura viene mantenuta a 25°C, la pressione del vapore si stabilizza sul valore costante di
3.167 kPa che è detta pressione o tensione di vapore saturo. La tensione di vapore è perciò la
pressione che si instaura all’equilibrio liquido-vapore ad una data temperatura, ed è caratteristica di
ogni singola sostanza. Nella Tabella sono riportati i valori della tensione di vapore per l’acqua
nell’intervallo di temperatura compreso tra la temperatura di fusione (273 K) e la temperatura di
ebollizione (373 K). Osserviamo che la tensione di vapore a 373 K è pari alla pressione atmosferica,
760 mmHg.
A2 – LO STATO GASSOSO
A2 - 4
Tensione di vapore dell’acqua per alcune temperature.
Pressione Temperatura (K)
mmHg Pa 273 4.6 613 274 4.9 653 275 5.3 706 276 5.6 746 277 6.1 813 278 6.5 866 279 7.0 933 280 7.5 1000 281 8.0 1066 282 8.6 1146 283 9.2 1226 284 9.8 1306 285 10.5 1400 286 11.2 1493 287 11.9 1586 288 12.7 1693 289 13.5 1800 290 14.4 1920 291 15.4 2053 292 16.3 2173 293 17.4 2319 294 18.5 2466 295 19.8 2639 296 20.9 2786 297 22.2 2958 298 23.6 3146 299 25.1 3346 300 26.5 3532 301 28.1 3746 302 29.8 3972 303 31.5 4199 304 33.4 4452 305 35.4 4719 306 37.4 4985 307 39.6 5279 308 41.9 5585 309 44.2 5892 310 46.7 6225 311 49.4 6585 312 52.1 6945 313 55.0 7331 323 92.5 1.233 104
333 149.4 1.992 104 343 233.7 3.115 104 353 355.1 4.733 104
363 525.1 7.009 104
373 760 1.013 105
Seconda parte
Questionari sottoposti agli studenti
A- Questionario introduttivo
risposte al questionario introduttivo
B Questionario di valutazione finale
risposte al questionario di valutazione finale
Questionario introduttivo
1) Sai dare una definizione sintetica della disciplina “chimica”. ____________________________________________________________
_____________________________________________________________
_____________________________________________________________
2) Le reazioni chimiche permeano la vita di tutti i giorni. Sapresti fare un esempio? ________________________________________________________________________________ 3) Conosci esempi di composti chimici che rientrano nella vita quotidiana? ________________________________________________________________________________ 4) La scienza , ed in particolare la chimica, è utile o dannosa? Come ti poni di fronte a questo
quesito? _____________________________________________________________
_____________________________________________________________
_____________________________________________________________ 5) Dovendo scegliere un futuro corso di laurea, da quale indirizzo ti senti più attratto?
o facoltà umanistiche (lettere, scienza delle comunicazioni) o facoltà sanitarie (farmacia, medicina, odontoiatria, veterinaria) o facoltà scientifiche o facoltà giuridico-economiche-sociali o facoltà tecniche (agraria, architettura, ingegneria,...)
6) Cosa ti ha spinto ad aderire al progetto?
o Interesse per le scienze in generale o Interesse per la chimica in particolare o Curiosità per le attività di laboratorio o Esperienza da condividere con amici e compagni di classe o Esperienza formativa per il futuro o Altro____________________________________
7) Cosa ti aspetti da questa esperienza? _____________________________________________________________
_____________________________________________________________
_____________________________________________________________
Risposte ad alcune domande
2) Le reazioni chimiche permeano la vita di tutti i giorni. Sapresti fare un esempio?
Esempio di reazione: numero di risposte
Combustione (carburante, sigaretta ) 11 Ebollizione dell’acqua 8 Fotosintesi clorofilliana 6 Dissoluzione di zucchero o sale in acqua 5 Formazione di ruggine 4 Ossidazione (non specificata) 4 Cottura (di cibo, di uova) 4 Reazioni nella batteria dell’automobile 4 Metabolismo 2 Digestione 1 Uso dell’anti-calcare 1 Piogge acide 1 Inquinamento 1
3) Conosci esempi di composti chimici che rientrano nella vita quotidiana?
Esempio di composti: numero di risposte
Sale da cucina (cloruro di sodio) 36 Acqua 21 Glucosio, Zucchero 12 Ammoniaca 6 Anidride carbonica 5 Ossigeno 3 Acqua ossigenata 2 Acetone 2 Profumi 2 Detersivi 2 Bicarbonato di calcio 1 Sapone 1 Medicine 1 Coca-cola 1 Lampade al neon 1 Sali 1
5) Dovendo scegliere un futuro corso di laurea, da quale indirizzo ti senti più attratto?
Facoltà Risposte (in %)
Facoltà scientifiche 50 % Facoltà sanitarie (farmacia, medicina, odontoiatria, veterinaria)
30 %
Facoltà tecniche (agraria, architettura, ingegneria,...)
16 %
Facoltà giuridico-economiche-sociali 4 % Facoltà umanistiche (lettere, scienza delle comunicazioni)
0 %
6) Cosa ti ha spinto ad aderire al progetto? (più di una risposta)
Motivazione Risposte (in
percentuale) Esperienza formativa per il futuro 30 % Interesse per le scienze in generale 30 % Curiosità per le attività di laboratorio 20 % Interesse per la chimica in particolare 18 % Esperienza da condividere con amici e compagni di classe
1 %
Altro 1 % 7) Cosa ti aspetti da questa esperienza?
Aspettative Percentuale Migliorare/ripassare le conoscenze di chimica 40 % Approfondire l’aspetto sperimentale Imparare a muoversi in laboratorio
30 %
Capire come può essere la facoltà di chimica 15 % Avvicinarsi al mondo dell’università 15 %
Il questionario riportato in questa pagina è concordato a livello nazionale e viene
sottoposto a tutti gli studenti che partecipano alle attività di orientamento previste dal
Progetto. Le risposte saranno utilizzate al fine di confrontare i risultati ottenuti dagli
specifici progetti sviluppati dalle varie unità locali.
Progetto Lauree Scientifiche
Questionario di valutazione delle attività da parte degli STUDENTI
Parte da compilare dal Responsabile Locale prima di sottoporre agli studenti
Sede Disciplina1 CHIMICA
Titolo attività2 Data 1indicare una tra: CHIMICA, FISICA, MATEMATICA O SCIENZA DEI MATERIALI 2deve corrispondere a quello indicato nella Scheda Attività del Monitoraggio
Parte da compilare dallo studente
Scuola: Classe Genere M F
Percentuale di attività seguita < 50% > 50% Per ogni frase, poni una crocetta sulla colonna che meglio corrisponde alla tua opinione sull’attività svolta
Decisa-mente
NO
Più NO che SI
Più SI che NO
Decisa-mente
SI
Gli argomenti dell’attività svolta sono stati interessanti?
L’attività è stata impegnativa?
La tua preparazione scolastica era sufficiente per seguire l’attività?
I locali e l'attrezzatura a disposizione erano adeguati?
I materiali scritti (schede o dispense) utilizzati per le attività erano chiari?
I docenti sono stati chiari?
Le attività svolte sono state utili per capire meglio cos’è la Chimica?
Le attività svolte ti saranno utili nella scelta dei tuoi studi futuri?
Valeva la pena di partecipare all’attività?
Risposte
Gli argomenti dell’attività svolta sono stati interessanti?
3%
7%
73%
17% decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
L’attività è stata impegnativa?
3%23%
40%
34% decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
La tua preparazione scolastica era sufficiente per
eseguire l’attività?
53%30%
17% decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
I locali e l’attrezzatura a disposizione erano adeguati?
17%
83%
decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
I materiali scritti (schede o dispense) utilizzati per
le attività erano chiari?
3%
40%57%
decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
I docenti sono stati chiari?
53%47%
decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
Le attività svolte sono state utili per capire meglio
cos’è la chimica?
5%
85%
10%decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
Le attività svolte ti saranno utili nella scelta dei tuoi studi futuri?
6%
40%
34%
20% decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
Valeva la pena di partecipare all’attività?
3% 10%
60%
27% decisamente NOpiù NO che SIpiù SI che NO decisamente SI
Agli studenti è stato sottoposto anche il seguente questionario, rivolto in modo specifico al
contenuto delle sei esperienza. Esprimi il tuo parere/giudizio con un voto da 1 a 4 su questi aspetti delle esperienze effettuate: 1. molto negativo 2. negativo 3. positivo 4. molto positivo
Esperimento Interessante Adatto alle mie
conoscenze
Chiarezza delle
istruzioni
Parere complessivo
I – Misure di forza elettromotrice di un generatore elettrochimico
II – Determinazione della composizione di un miscuglio metallico
III – Esperienza sulla corrosione del ferro
IV - Determinazione del contenuto di acido acetico in un aceto
V – Proprietà metallo-leganti di una proteina
VI – Oscillatore ad acqua salatala
Le risposte sono state le seguenti
Interesse
32,7
3,53,2
2,82,9
0 2 4
1
sistema oscillante
spettrofotometria
Titolazione acido acetico
Corrosione ferro
miscuglio Cu-Zn
pila Daniell
Adatto alle conoscenze
2,92,82,8
32,52,6
0 2 4
1
sistema oscillante
spettrofotometria
Titolazione acido acetico
Corrosione ferro
miscuglio Cu-Zn
pila Daniell
Chiarezza delle istruzioni
3,43,43,53,53,5
3,3
0 2 4
1
sistema oscillante
spettrofotometria
Titolazione acido acetico
Corrosione ferro
miscuglio Cu-Zn
pila Daniell
Parere complessivo
33
3,33,3
32,9
0 2 4
1
sistema oscillante
spettrofotometria
Titolazione acido acetico
Corrosione ferro
miscuglio Cu-Zn
pila Daniell
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