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TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI

Programma per la classe V - I.T.G.

Modulo n.0 Titolo: Igiene ambientale

Contenuti del modulo: U.D. 1 L’aria; U.D. 2 L’acqua; U.D. 3 Il suolo; U.D. 4 I rifiuti solidi; U.D. 5 L’uomo e l’ambiente.

Modulo n.1 Titolo: Storia dell’architettura

Contenuti del modulo: U.D. 1 Architettura e rivoluzione industriale; U.D. 2 L’Art Nouveau; U.D. 3 Gli esordi della nuova architettura in Europa e negli Stati Uniti (Wright - Le Corbusier); U.D. 4 Le nuove frontiere dell’architettura contemporanea.

Modulo n. 2 Titolo: Tipi edilizi

Contenuti del modulo: U.D. 1 La casa di abitazione: tipologia in linea, a schiera, a ballatoio, a torre; U.D. 2 Edifici di interesse pubblico; U.D. 3 Esecuzioni di semplici elaborati grafici con l’ausilio di strumenti informatici quali: “Autocad”

Modulo n. 3 Titolo: Storia e tecnica dell’urbanistica

Contenuti del modulo: U.D. 1 Elementi di storia dell’urbanistica; U.D. 2 Elementi di tecnica urbanistica: gli strumenti urbanistici; U.D. 3 Standard urbanistici e disciplina dell’attività edilizia.

Modulo n. 4 Titolo: Normative tecniche

Contenuto del modulo: U.D. 1 Barriere architettoniche; U.D. 2 Norme di prevenzione sugli infortuni riguardanti i cantieri edili (cenni).

“Igiene ambientale”Anno 2009-2010

Tecnologia delle costruzioni

CLASSE: 5ª

Igiene ambientaleDisciplina che si occupa di salvaguardare le grandi risorse ambientali

SUOLO

ACQUA

ritenute un tempo inesauribili e che oggi si stanno inquinando.

Si occupa anche dei problemi relativi a

ARIA

RAPPORTO UOMO-AMBIENTE SMALTIMENTO RIFIUTI

ARIA

ATMOSFERA TERRESTRE

Involucro di gas che avvolge il pianeta, senza la quale la temperatura oscillerebbe da valori altissimi a valori bassissiminon sopportabili dall’uomo

Composizione dell’aria:

varia in base alla distanza dalla superficie terrestre:

Strato che interessa l’attività dell’uomo

Caratteristiche dell’aria

•UMIDITA’ (Insalubrità dei luoghi)-Rugiada-Brina-Galaverna-Nubi e pioggia

•TEMPERATURA-Durata insolazione-Obliquità dei raggi-Spessore dello strato atmosferico-Presenza di nubi-Latitudine e altitudine

•PRESSIONE ATMOSFERICALivello del mare:

760 mm di mercurio della colonna barometrica

INVERSIONE TERMICA: l’aumento della temperatura per effetto di strati di nubi che trattengono il calore;

INQUINAMENTO

DELL’ARIA

Variazioni quantitative dei normali componenti dell’aria

Prodotti estranei Impianti di riscaldamento (60%)

Attività industriale (20%)

Motorizzazione (20%)

Ministero dell’ambiente, D.L. 15 Aprile 1994

CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINAMENTI

Prodotti pulviscolari•Fumi•Polveri

Prodotti gassosi•Anidride carbonica•Anidride solforosa•Ossido di carbonio•Idrocarburi•Biossido di azoto

Prodotti biologici•Pollini •Spore

Eolica

Carboniosa

EFFETTO SERRA

PROTOCOLLO DI KYOTO16 febbraio 2005. Trattato che impegna i paesi che vi aderiscono a diminuire l’emissione di sostanze inquinanti per l’aria.

INCENTIVI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

•Pannelli solari

•Pannelli fotovoltaici

3. Modulo fotovoltaico in silicio monocristallino

4. Schema di impianto fotovoltaico

1. Pannello solare

2. Schema di un pannello solare

PANNELLO DIASSORBIMENTO

CONDOTTO DI INSERIMENTO

SERBATOIO DI ACCUMULOVALVOLA

CONDOTTO INSERIMENTOACQUA FREDDA

PROVVEDIMENTI CONTRO L’INQUINAMENTO DELL’ARIA

•Riduzione fonti di inquinamento (benzina, oli minerali pesanti)

•Controllo assetto urbanistico del territorio•Dispersione aria•Adozione di tecniche di abbattimento

Depuratore elettrostatico Depuratore a umido

Depuratore a ciclone

Depuratore a filtroDepuratore a secco

ACQUAHa una funzione biologica fondamentale, è l’elemento principale della maggior parte dei tessuti e degli organismi.

Formula chimica: H² O Solidifica a 0 °C

Va in ebollizione a 100 °C

Si distinguono diversi tipi di acqua

Meteoriche

Superficiali

Telluriche o sorgive

Sotterranee

Fluviali o lacustri

Marine

“CARTA DELL’ACQUA”- Strasburgo 1968

Caratteristiche dell’acqua

•CHIMICHE-durezza

Acque leggere o dolci

Acque medie

Acque dure

•FISICHE-temperatura-limpidezza e torbidità-colore-conducibilità elettrica

•BIOLOGICHE

Determinazione del tasso microbicoAcqua -purissima o pura

-mediocre-impura-molto impura

Determinazione degli indicatori fecali-bacterium coli-streptococco fecale-bacillus perfrigens

REQUISITI DI POTABILITA ’

•D.P.R. n° 236

•C.E.E. n° 80/788

APPROVVIGIONAMENTO IDRICO

Impianti a serbatoio

Impianti ad acqua fluente

Contatore

sorgenti

pozzi

Distribuzione

Bocca tarata

Condotte idriche

Vasche di decantazione

Serbatoi cittadini

POTABILIZZAZIONE DELL’ACQUA

Processi di correzione(Acqua non inquinata)

Processi di depurazione(Acqua inquinata)

•Mezzi fisici

•Mezzi meccanici

•Mezzi chimici

Caratteri fisici

•Regolazionetemperatura

•Eliminazionetorbidità

Caratteri chimici

•Ebollizione

•Calce-soda

•Deferrizzazione

•Demineralizzazione

Ebollizione

Raggi U.V.

Filtri

Clorazione

Ozonizzazione1. Sedimentazione

2. Flocculazione

3. Flottazione

Potabilizzatori

INQUINAMENTO DELL’ACQUA

Scarichi urbani•Acque bianche meteoriche•Acque bianche saponose•Acque nere

Scarichi industriali•Acque con sostanzeorganiche•Acque con sostanzeinorganiche

Agricoltura•Pesticidi•Diderbanti

FOGNATURA

Mista Separata

TRATTAMENTO DELLE ACQUE LURIDE PRIMA DELLA LORO IMMISSIONE IN CORSI D’ACQUA O IN MARE

BOD:

ossigeno biochimico richiesto

SUOLOIl concetto di suolo non va limitato alle sole caratteristiche fisiche dello strato superficiale (terreno e humus), ma anche alle proprietà biologiche che consentono la mineralizzazione ed il riutilizzo della sostanza organica.

Microbi saprofiti

Ciclo del carbonioCiclo dell’azoto

Caratteristiche fisiche del suolo :

concorrono a rendere i terreni salubri, fertili e idonei alla costruzione degli edifici.

•POROSITA’

•PERMEABILITA’

•TEMPERATURA

•CAPILLARITA’

•ADSORBIMENTO

INTERVENTI CONTRO L’INQUINAMENTO DEL SUOLO•Bonifica•Concimazioni razionali•Limitazione impiego di fitofarmaci e diserbanti•Interventi per le discariche

Controllo del territorioper evitare discaricheabusive

Strumenti urbanistici•impatto ambientale

Tecniche ditrattamento dei rifiuti urbani e industriali

INQUINAMENTO DEL SUOLO•Utilizzo indiscriminato di pesticidi (fitofarmaci, atrazina)•Eccessi di concimazione chimica (nitrati, fosfati)•Discariche per rifiuti urbani (materiali plastici)•Discariche per rifiuti industriali (tossici,radioat tivi)

SMALTIMENTO DEI RIFIUTI- Scarico all’aperto con incenerimento

- Scarico controllato

- Fermentazioni dei rifiuti

- Forni inceneritori

Esalazioni

Economico

Discariche di 1ª, 2ª, 3ª categoria

Aerobica naturale

Microcolture idonee

Sostanze tossiche: diossinaCosto elevato

•RACCOLTA DIFFERENZIATA

Prevista dall’art. 39 del D.L. n°22 del 1997 (Decreto Ronchi), obbliga la pubblica amministrazione ad organizzare sistemi adeguati per consentire al consumatore la selezione dei rifiuti domestici.

RICICLAGGIORisparmio di energia Vantaggio economico

•Prodotti per colture agricole

L’UOMO E L’AMBIENTEL’ambiente ideale è quello in cui l’uomo può vivere in uno stato di benessere.

Lo stato di benesseredipende dalle condizioni climatiche di uno spazio confinatoossia dal microclima idealeche dipende da diversi fattori rilevabili e misurabili:

•Temperatura

•Umidità

•Ventilazione

•Illuminazione

•Rumorosità

•Qualità dei materiali

CARTA

DEL

BENESSERE

Temperatura ottimale•Temperatura esterna

•Temperatura media corpo umano 37 °CDispersione di calore dal corpo umanoper un totale di 100 calorie all’ora

•Impianti di riscaldamentoo raffreddamento (elettrici)

•Soleggiamento

•Coibenza termica

25% conduzione

25% convezione

50% irraggiamento

Orientamento dell’ambiente

Valore eliotermico

Soleggiamento x temperatura media

Differenza max 5-6 °C

Centralizzati

Autonomi

Camera d’aria

Materiale isolante

Umidità relativa ottimale 40%- 60%

Cause

Ventilazione ottimale•0,20 metri al secondo•Ventilazione naturale o artificiale Ricambi d’aria

Clima della zona

Infiltrazioni, capillarità

Impianti di ventilazione-deumidificazione

Vespai, impermeabilizzazioni, scolo

Illuminazione

Condizione di illuminazione ideale negli ambienti chiusi è quella di avere la stessa luminosità in ogni punto.

Illuminazione naturale

•Superfici vetrate (1/8 pavimento)

•Colore pareti

Illuminazione artificiale

•Lampade a incandescenza

•Lampade a fluorescenza

Illuminazione

Condizione di illuminazione ideale negli ambienti chiusi è quella di avere la stessa luminosità in ogni punto

LUX

Sistema di illuminazione diretto e indiretto

RumoreL’inquinamento da rumore è prodotto da:

•Fenomeni naturali (vento, tuoni)•Traffico veicolare e aereo•Industrie, macchinari, elettrodomestici

Decreto del Presidente del Consiglio del 1°marzo 1991 DECIBEL

Interventi per l’eliminazione o la riduzione dei rumori sono:•Utilizzo di apparecchiature meno rumorose•Coibentazione acustica

Qualità dei materiali da costruzione

La scelta dei materiali da costruzione deve essere fatta tenendopresenti tutti i parametri che concorrono al raggiungimento del benessere fisiologicodella persona.

VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE

ARIA, ACQUA, SUOLO, sono elementi essenziali della progettazione dei grandi interventi dell’uomo sul proprio habitat.

La V.I.A. ha lo scopo di analizzare, prevenire e valutare anche sul piano economico le conseguenze negative o positive sull’ambiente di opere da realizzare sul territorio:

•Raffinerie, acciaierie

•Centrali termiche,nucleari

•Impianti eliminazione rifiuti

•Autostrade, ferrovie

•Aeroporti, porti

•Dighe

•Pianificazione territoriale

Legge n° 349 del 1986:Ministero dell’Ambiente

Direttiva C.E.E. 8 Luglio 1985

“Storia dell’Architettura”Anno 2009-2010

Tecnologia delle costruzioni

CLASSE: 5ª

ARCHITETTURA E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

1. Le conseguenze della rivoluzione industriale sulla città: la città moderna

La nascita dell’architettura e dell’urbanistica moderna deve essere ricercata nel clima che caratterizzò la situazione storica negli anni della prima rivoluzione industriale, termine con cui si indica quel vasto fenomeno di trasformazione dei sistemi produttivi che ebbe la sua origine nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento e di lì si diffuse, a distanza di tempo, talvolta anche notevole, nei Paesi dell’Europa continentale e negli Stati Uniti.La rivoluzione industriale, dagli inizi dell’ottocento, ebbe dei riflessi notevoli sulle città europee. La concentrazione di attività manifatturiere nelle città, ebbe la conseguenza di svuotare le campagne e di incrementare improvvisamente le popolazioni urbane (fenomeno definito urbanesimo). La maggior parte delle cittànon era attrezzata per assorbire questo massiccio esodo di persone. Le condizioni di vita che si crearono, sia nei centri storici sia nelle periferie, furono decisamente precarie. L’affollamento delle abitazioni creò problemi sia di igiene, sia di ordine pubblico, per le condizioni di povertà in cui versavano gli strati sociali più bassi. Le città divennero man mano degli organismi sempre più congestionati. L’Inghilterra, dove prima ebbe inizio la rivoluzione industriale e il fenomeno dell’urbanesimo, fu anche la prima nazione che cercò di affrontare il problema dell’igiene nelle città. Gli interventi ebbero un carattere più legislativo che urbanistico, ma servirono a porre all’attenzione della cultura e della politica il

problema delle città e della classe operaia e proletaria. Il problema di dare una casa a tutti, era un tema ancora al di là da venire. Tuttavia, la gran richiesta di abitazioni che si creò, da questo momento in poi, portò ad un atteggiamento completamente diverso nei confronti dell’edilizia e delle città. Sorsero le prime imprese immobiliari, che cercarono di sfruttare le rendite urbane attraverso investimenti in caseggiati d’affitto. Le città iniziarono ad espandersi a macchia d’olio, anche perché dall’ottocento vennero meno i problemi difensivi delle città, e queste poterono agevolmente superare il perimetro della propria cinta muraria.L’amministrazione civica non poteva restare inerme, subendo l’iniziativa privata che tendeva a trasformare il volto delle città. L’intervento pubblico, sul privato, divenne per la prima volta avvertito ed applicato, grazie a due nuovi istituti giuridici: il piano regolatore e l’esproprio per pubblica utilità.Da quel momento sorse un rapporto di intensa dialettica, non sempre trasparente, tra interesse pubblico e interesse privato nel campo delle pianificazioni urbanistiche. Le città divennero terreno di conquista per interventi speculativi; di contro le amministrazioni cercano di rendere questi interessi non lesivi della pubblica utilità. E la storia di tutte le città europee, da quel momento, è ruotata intorno a questo conflitto di interessi. La cultura ottocentesca, in campo urbano, sperimentò un altro tipo di intervento, che ebbe sostanziali applicazioni nei decenni successivi: gli sventramenti urbani.

Con tale operazione si tagliava il tessuto urbano esistente, fatto di caseggiati divisi da stradine piccole e tortuose, con nuove ed ampie strade rettilinee. La giustificazione di tali interventi era una risposta a quei mali della città che abbiamo già visto: l’igiene e l’ordine pubblico. Con ciò, infatti, si potevano costruire, ai lati delle nuove strade, case migliori, e si dava la possibilità, alle forze pubbliche di controllare quartieri che, altrimenti, erano per loro inaccessibili, con conseguenze di disordine sociale ed anarchia criminale. Inoltre, con queste nuove strade si favoriva il transito veicolare di carri e carrozze. La prima città a sperimentare tali tagli era già stata la Roma di papa Sisto V, alla metà del Cinquecento. Egli, infatti, intendeva unire le sette principali basiliche di Roma con strade rettilinee, creando così un circuito di fede, per i pellegrini che affluivano nella città eterna. Il suo fu un progetto solo parzialmente realizzato.Alla fine dell’Ottocento, la città che, invece, realizzò in grande stile operazioni del genere fu Parigi, grazie al suo prefetto Haussmann. In seguito, la pratica degli sventramenti ha coinvolto moltissime città europee, con demolizioni tanto estese da rappresentare, in molti casi, un danno enorme per la perdita o lo sconvolgimento di ambiti urbani fortemente significativi dal punto di vista sia storico sia ambientale.Da questa pratica degli sventramenti non sono state esenti le città italiane, sia alla fine dell’Ottocento — Corso Umberto I a Napoli — sia nella prima metà del Novecento — via dei Fori Imperiali o via della Conciliazione a Roma.

2. I protagonisti

Verso la metà dell’Ottocento il campo di sperimentazione dell’ architettura si arricchìdi una nuova tipologia: il padiglione per le esposizioni universali, cioè per quelle mastodontiche fiere, organizzate quasi annualmente dai Paesi all’avanguardia in campo industriale, nelle quali venivano messi in mostra i prodotti più significativi di tutte le nazioni.I principali rappresentanti di questo particolare settore della progettazione furono l’inglese Joseph Paxton e il francese Victor Contamin.Paxton (1803-1856), ingegnere e costruttore di serre, realizzò nel 1851 a Londra, in occasione della prima Grande Esposizione,il Palazzo di Cristallo che è senz’altro da considerare il prototipo delle grandi opere realizzate con impiego di elementi prefabbricati (segmenti di ghisa e lastre di vetro) prodotti in serie in officina e montati in cantiere.Si tratta di un edificio che, nonostante fosse stato ideato con la precisa volontà di ottenere il massimo risparmio di tempo e di denaro (tra l’altro, una volta terminata l’esposizione, si doveva poter recuperare completamente il materiale usato, in modo che fosse possibile una sua riutilizzazione), contribuì in maniera determinante, con il suo enorme volume trasparente e con la quasi totale assenza dell’ornamentazione (intesa come elemento sovrapposto alla struttura e non direttamente collegato ad essa) a creare l’estetica dell’architettura moderna.

Un’estetica che si basava, già in quell’occasione, soprattutto sulla chiara prevalenza dei vuoti (le lastre di vetro) sui pieni (gli elementi metallici), e sull’intenzione, chiaramente espressa nell’opera cli Paxton, di intendere lo spazio esterno e lo spazio interno come una sola cosa. Purtroppo la strada che l’ingegnere inglese (sia pure, forse, inconsciamente e soltanto per i motivi pratico-economici che si sono detti) aveva indicato fu per lungo tempo ignorata. Basta pensare che all’Esposizione di Parigi del 1889 un’opera ingegneresca ancor più interessante e rivoluzionaria di quella di Paxton, la Galleria delle Macchine, una grandiosa struttura in ferro costituita da una serie di enormi archi a tre cerniere —115 metri di luce per una lunghezza di 420 — progettata da Contamin (1845-1906), venne coperta da una pessima architettura, inutilmente ricolma di orpelli e decorazioni, ma perfettamente in accordo col gusto eclettico dell’epoca. È importante tuttavia notare che in quella stessa esposizione fu eretta, contro il parere della maggior parte degli uomini di cultura e nonostante le incessanti polemiche, la torre in ferroalta 300 metri, progettata dal più geniale fra gli ingegneri del XIX secolo, Gustave Eiffel (1832-1923), autore, tra l’altro, di alcuni dei più audaci viadotti ferroviari che siano mai stati realizzati, quali, ad esempio, quello di Garabit nel Massiccio Centrale in Francia, con un’arcata di 165 metri, e quello sul fiume Duero, in Portogallo, con una luce di poco inferiore. Come per i viadotti, anche nella realizzazione della torre, Eiffel applicò un identico principio: l’uso di elementi portanti costituiti dall’unione di profilati standardizzati di piccole dimensioni, in modo che si potessero ottenere, col minimo peso, i massimi risultati statici.

J. Paxton e V. Contamin

Palazzo di CristalloLondra

Galerie de machines

G. Eiffel

Tour EiffelParigi

L’ART NOUVEAU

1. Il primo stile industriale

Con lo sviluppo dell’industria, che comporta un radicale cambiamento nei sistemi di produzione, prende piede uno stile più libero dagli schemi del passato. Ciò porta come più immediata conseguenza a un ripudio delle forme tradizionali e storicistiche in particolare per rivolgere invece una viva attenzione alla reinterpretazione di forme floreali o comunque naturalistiche. Un uso abbondante del colore, un uso delle linee curve e di elementi di forte plasticità possono essere considerati come le caratteristiche più evidenti. Questo nuovo stile, che spesso andò a confondersi con un gusto e un fenomeno di moda, interessò in particolare i nuovi tipi edilizi realizzati in genere in ferro e vetro, come le stazioni ferroviarie e della metropolitana, i grandi magazzini, le gallerie, i padiglioni e i chioschi. Si deve dire comunque che non furono certo le arti “maggiori” ad essere maggiormente interessate da questa rivoluzione ma quelle che per lungo tempo furono chiamate arti “applicate” o “minori” (oreficeria, ebanisteria, tessitura ecc.) Esso nacque in ambito architettonico, grazie al belga Victor Horta. Negando tutto quell’apparato decorativo di colonne, capitelli o murature medievali, l’Art Nouveau si basava sulla linea «a colpo di frusta». Dal Belgio, dove fu chiamato «Art Nouveau», questo nuovo stile si diffuse in tutta Europa, prendendo vari nomi, che ne sottolineavano il carattere di novità: “Liberty” in Italia, “Arts and Craft” in Inghilterra; “Jugendstil” in Germania; “Secessione” in Austria; “Modernismo” in Spagna.

Liberty

Casa fenoglio Torino

Facciata Vienna

Balcone Milano

2. Il Liberty

L’art nouveau italiana, il liberty o “stile floreale”, si manifesta con un certo ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Questo fatto è dovuto all’arretratezza sia culturale che sociale nel quale si dibatte il nostro Paese alla fine del XIX secolo. Gli architetti italiani che progettano opere art nouveau si ispirano per lo più alla scuola viennese di Otto Wagner e di Joseph Olbrich. Seguendo questo esempio, nel 1901, Giuseppe Sommaruga (1867-1917) costruisce a Milano il palazzo Castiglioni e Ernesto Basile(1857- 1932) gli edifici per l’Esposizione Agricola di Palermo. Ma l’architetto più interessante del periodo liberty è senz’altro Raimondo D’Aronco(1857-1932), di cui l’opera più importante fu il Padiglione della Esposizione Internazionale di Torino.

3. L’opera di Antoni Gaudì

Il più importante esponente dell’art nouveau spagnola fu l’architetto catalano Antoni Gaudi (1852- 1926) il quale unì ad una fantasia ricca di spunti simbolisti e di espressioni allucinanti una profonda inventiva ingegneresca che lo portò a realizzare complesse forme paraboliche e incredibili giochi di natura statica.Una tra le sue opere più famose, la casa Milà, è “tutta concepita su un tema di carnosi ritmi ondulati che si frastagliano in mille episodi scultorei e cromatici e modellano la struttura insieme col crespo e ferrigno muro, in cui [...] tutto èlaboriosamente plasmato”

Antoni Gaudì

Casa MilàBarcellona

Antoni Gaudì

Sagrada Familia - Barcellona

Casa Batllò - Barcellona

Antoni Gaudì

Parco GuellBarcellona

GLI ESORDI DELLA NUOVA ARCHITETTURA: STATI UNITI ED EUROPA

1. Tecniche costruttive e concezione spaziale in America

Intorno ai primi decenni dell’Ottocento in America prese avvio una nuova tendenza architettonica, che si basava su l’uso dell’acciaio per la costruzione di edifici multipiano, i grattacieli. Nel 1871, un incendio distrusse quasi completamente Chicago. Nei decenni successivi, l’opera di ricostruzione permise la sperimentazione su grande scala delle nuove tecnologie architettoniche. Una visione comune accompagnò i professionisti coinvolti nell’impresa, facendoli identificare nella cosiddetta «scuola di Chicago». Lo spirito che informava questa nuova tendenza univa due caratteristiche della cultura americana: il pionierismo, nello sperimentare nuove frontiere, e il pragmatismo utilitaristico, che li portava a soluzioni pratiche, meno vincolate a formalismi inutili. In questa cultura si formò anche Louis Sullivan, al quale viene attribuita la celebre frase: “form follows function” cioè la forma segue la funzione. Ossia, la forma di un edificio deve essere la diretta conseguenza della funzione che esso deve svolgere. Da qui prese l’avvio anche il maggior architetto americano di tutti i tempi, Frank Lloyd Wright, la cui opera architettonica, improntata a quella visione successivamente definita architettura “organica”, doveva profondamente influenzare la moderna cultura architettonica.

2. Frank Lloyd Wright

Dato il lungo arco di tempo in cui si è svolta l’opera di Frank Lloyd Wright (1869-1959), appare necessario, in questa nostra esposizione, trattarne in due momenti distinti, il primo dei quali arriva fino al 1910. Nonostante la sua formazione professionale sia avvenuta nel pieno del fervore che animava gli architetti di Chicago durante la ricostruzione della città, Wrjght, non seguìl’impostazione architettonica propria della Scuola di Chicago. Addirittura non si dedicò alla progettazione di grandi edifici commerciali in ferro e vetro, ma rivolse tutta la sua attenzione al rinnovamento dell’edilizia domestica. Nelle piante delle sue case, proprio per il rifarsi alla tradizione sei-settecentesca del suo Paese, Wright colloca il grande camino in pietra o in mattoni al centro dell’abitazione e individua in esso il punto di partenza dell’intera progettazione, cosicché i vari ambienti trovano la loro naturale disposizione attorno al nucleo centrale massiccio. Tutte le stanze, partendo questo punto di riferimento si stendono verso l’esterno “come le pale di un mulino a vento”. Si tratta della tipica pianta cruciforme dall’incontro di due assi ortogonali (Casa Willitts del 1901, Casa Roberts del 1908, Casa Robie del 1909). Tutta la prima parte della attività di Wright è dedicata, salvo rarissime eccezioni, alla progettazione di quelle case di abitazione unifamiliari che sono passate alla storia col nome di case della prateria. Riassumendo quanto scrive Wright in uno dei suoi numerosi libri, possiamo descrivere il programma delle case della prateria attraverso questi punti principali:

1) L’interno della casa deve essere inteso come uno spazio unico; 2) Deve esistere una perfetta armonia tra l’edificio e l’ambiente esterno; 3) L’abitazione deve essere progettata tenendo conto delle proporzioni umane; 4) Il basamento della casa deve essere portato al di sopra del livello del terreno;5) Tutte le aperture della casa - porte e finestre - devono essere distribuite lungo le

pareti in maniera non casuale ma perfettamente aderente alle necessità degli abitanti;

6) Evitare la combinazione di materiali diversi e l’ornamentazione deve nascere dalla natura stessa dei materiali;

7) Integrazione tra la struttura dell’edificio e l’insieme degli impianti tecnici di ogni tipo;

8) Il mobilio deve diventare un tutt’uno con l’architettura.

Nel 1936 dopo un periodo di stasi Wright torna alla ribalta con la realizzazione della «Falling Water», la Casa Kaufmann; realizzata a BearRun, la casa si inseriva con una naturalità poetica, in un ambiente decisamente singolare. Le due ampie terrazze, a sbalzo sulla cascata, creavano un effetto quanto mai suggestivo, dando l’idea che l’acqua sgorgasse direttamente dalla casa, o da una grotta, per metà naturale e per metà costruita dall’uomo.

Da quel momento l’architetto americano non ebbe più un momento di sosta progettuale fino alla morte che lo colse nel 1959 mentre stava realizzando il suo ultimo capolavoro: il Museo Guggenheim di New York.

Frank Lloyd Wright

Casa Robie

Frank Lloyd Wright

Casa Kaufmann(Falling Water)

Frank Lloyd Wright

Gugghenheim Museum

3. L’architettura europea tra le due guerre : il razionalismo

Frank Lloyd Wright, agli inizi di questo secolo, aveva già creato un’architettura totalmente nuova rispetto al passato. Ad un analogo risultato giunse, dopo qualche anno, anche la cultura europea. Il liberty, espressione di una borghesia ricca e proiettata verso una modernità più viva rispetto al passato, aveva già creato una discontinuità, ma solo in senso decorativo.La prima vera rottura avvenne con Adolf Loos, architetto viennese degli inizi del secolo, autore della celebre frase: «ornamento è delitto». Egli, infatti, sosteneva che la bellezza degli edifici era nella loro forma strutturale e volumetrica, non nelle decorazioni che vi si applicavano. Pertanto i suoi edifici, si presentarono, per la prima volta, con prospetti totalmente spogli, il cui piano era disegnato unicamente dalle bucature delle finestre. La svolta decisiva avvenne dopo gli anni ‘20, contemporaneamente in Francia ed in Germania, grazie a due grandi personalità di questo secolo: Walter Gropius e Le Corbusier. L’opera più importante di Walter Gropius è la sede della scuola Bauhaus, di cui egli ne era direttore. In questa scuola Gropius chiamò ad insegnare alcuni degli artisti piùsignificativi del panorama europeo: Mies van der Rohe, Kandisky, Klee, ed altri. La Bauhaus non era solo una scuola d’architettura, ma anche una scuola d’arte applicata. In essa si cercava un metodo che consentisse di arrivare al progetto e al design, tramite una rigorosa analisi funzionale degli oggetti e degli edifici: la scuola affermava di non avere affatto uno stile, ma di basarsi solo su scelte motivate razionalmente.

«Dal cucchiaio alla città» divenne il nuovo slogan, ad indicare come il metodo era comune sia alla progettazione di piccoli oggetti, sia alla progettazione di intere città. Non a caso, questa architettura prese il nome di «funzionale» o di «razionale», in quanto esprimeva l’intento di progettare unicamente in base a considerazioni di carattere funzionale e non estetico.Dopo aver abbandonato l’attività didattica Gropius si dedicò alla progettazione di alcuni grossi quartieri popolari (Dammerstock e Siemensstadt).La cultura tedesca tra le due guerre, quindi, affrontò da un punto di vista architettonico, per laprima volta, anche il problema delle abitazioni popolari od operaie. A questo tema furono dedicati numerosi studi e realizzazioni, che costituirono la base per la quasi totalità dei quartieri popolari che in seguito sorsero in Europa, in particolare nella Russia comunista, ma anche in Italia. Tuttavia, furono proprio i regimi totalitari degli anni Trenta a costituire il maggior ostacolo alla diffusione della nuova architettura. La Russia di Stalin, l’Italia di Mussolini, la Germania di Hitler, bandirono questi fermenti innovativi, preferendo affidarsi ad un’architettura neoclassica, pomposa, magniloquente, che si basava su pretestuose continuità di tradizioni. La Bauhaus fu chiusa dai nazisti, e la maggior parte degli insegnanti ed allievi emigrò negli Stati Uniti, portando li il frutto delle esperienze europee maturate in un ventennio quanto mai intenso e rivoluzionario per l’architettura.

4. Le Corbusier

Jean-Paul Jenneret, più noto con lo pseudonimo di Le Corbusier, facendo tesoro delle esperienze innovative che si andavano svolgendo agli inizi del secolo, grazie all’utilizzo dei nuovi materiali, ed in particolare del cemento armato, propose un’ architettura del tutto innovativa rispetto al passato. Di spirito ordinato e preciso, egli sintetizzò la nuova architettura in cinque punti: 1) i “pilotis”; 2) i tetti-giardino; 3) la pianta libera; 4) le finestre continue; 5) la facciata libera.Secondo Le Corbusier, gli edifici non dovevano più appoggiarsi direttamente a terra, ma essere innalzati, rispetto al suolo, da pilastri, che egli chiamava «pilotis». In tal modo lo spazio sotto gli edifici poteva essere utilizzato per spazi verdi, ed inoltre le case, non avendo un contatto diretto con il suolo, ricevevano minor problemi dall’umidità sottostante. Allo stesso modo, i giardini dovevano estendersi anche sui tetti delle case, da realizzarsi con coperture piane e non più a spioventi, come nei tetti tradizionali. Gli altri tre punti del suo programma, erano resi possibili dalle nuove possibilità compositive offerte dal cemento armato. Con questo materiale, infatti, la parte resistente di un edificio si concentra in pochi punti, i pilastri, pertanto le piante delle case erano meno vincolate da muri portanti, che dovevano sottostare a rigide logiche costruttive. E, quindi, le piante degli edifici potevano articolare spazi e ambienti con maggior libertà, senza vincoli eccessivi di strutture. Inoltre, i pilastri portanti potevano situarsi in posizione arretrata, rispetto al muro esterno. La facciata, quindi, era solo un muro di chiusura dello spazio, ed era portato e non portante.

Poteva, allora, avere un disegno del tutto svincolato da esigenze statiche, ma improntarsi solo a ragioni artistiche o utilitaristiche. Una di queste era la possibilità di avere finestre in lunghezza - il quarto punto -, che permettevano agli ambienti interni di ricevere molta più luce.La suggestione ed il fascino di questa nuova visione architettonica ebbe immediato successo. L’architettura che proponeva Le Corbusier era lontana anni luce da qualsiasi tradizione accademica: i suoi erano edifici erano fatti di luce e muri bianchi. L’edificio in cui egli applica per la prima volta in maniera globale i cinque punti pubblicati nel documento del 1926 è la villa Savoye costruita a Poissy, non lontano da Parigi (1929). Si tratta di un perallelepipedo a base quadrata sostenuto da esili pilastri con quattro facciate perfettamente uguali. Con questa casa Le Corbusier ha dimostrato tra l’altro, come la possibilità di concentrare il peso su poche colonne porti come conseguenza principale una completa libertà della pianta. Addirittura l’edificio è come svuotato nel suo interno e i tre piani sono collegati tra loro da una lunga rampa a lieve pendenza che sale dal pianterreno al tetto-giardino. Con la cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp del 1954, Le Corbusier realizzò un’opera che destò grande interesse, tra i critici e gli architetti in quanto, con essa, sembra che l’architetto svizzero avesse abbandonato il suo rigido razionalismo a favore di un accentuata tensione fantastica e di una inventiva assai meno inquadrabile nel rigoroso metodo progettuale fino ad allora applicato. Ciò è vero solo in parte. Èpiuttosto il particolare tema (una chiesa) a spingere Le Corbusier al di là dei canoni da lui stesso stabiliti.

Nella cappella di Ronchamp la vasta copertura, realizzata con due membrane di cemento armato, è l’elemento principale sia dal punto di vista estetico che strutturale. Essa è sostenuta da una serie di appoggi in cemento armato ed è separata per mezzo di una sottile fessura dai larghi muri esterni grossolanamente intonacati. La luce che filtra tra copertura e muri crea un particolare effetto per cui la copertura stessa sembra essere quasi priva di peso, come se fosse una semplice tenda appoggiata lungo il perimetro dell’edificio.Nel 1950 Le Corbusier aveva intanto ottenuto l’incarico che aveva atteso per tutta la vita: quello di progettare cx novo una città.La realizzazione di Chandigarh, la nuova capitale del Punjab, gli permise di concretizzare tutte le concezioni urbanistiche ipotizzate in tanti anni. A Chandigarh Le Corbusier applica la teoria delle sette vie e ripartisce la città in settori di circa cento ettari ciascuno. Ogni settore è a sua volta suddiviso in zone diverse corrispondenti alle tredici classi che costituiscono l’ordinamento sociale indiano. Pur dovendo accettare questa mancanza di integrazione fra la popolazione, e dovendo perciò ideare tredici diverse categorie di abitazione, Le Corbusier propone comunque la creazione per tutti gli appartamenti di servizi comuni alle diverse categorie sociali.Per Chandigarh, oltre al piano urbanistico generale, Le Corbusier progetta anche gli edifici rappresentativi -il Palazzo del Governatore, il Parlamento, il Segretariato e la Corte di Giustizia - creando alcune tra le più suggestive realizzazioni architettoniche che mai siano state immaginate.

Le Corbusier

Le Modulor

La scelta del Modulor ha consentito di spiegare lo studio delle proporzioni del corpo umano in relazione all’architettura e la sua importanza nello studio razionalista delle unitàd’abitazione

Le Corbusier

Villa SavoyePoissy

Le Corbusier

Chandigarh

Cappella di Ronchamp

5. Hans Scharoun

Il massimo rappresentante del cosiddetto espressionismo organico tedesco è Hans Scharoun (1893-1972).Già nel 1927, all’esposizione, organizzata dal Werkbund (associazione di artisti critici e industriali tedeschi) a Stoccarda, egli presentò una casa unifamiliare con la quale, pur tenendo presenti i concetti del razionalismo, rompeva la rigida stereometria degli edifici esposti in quella stessa occasione dai maestri del razionalismo europeo: Walter Gropius, Mies van deh Rohe, Le Corbusier e altri.La genialità di Scharoun esplode, comunque, nel secondo dopoguerra e si esprime soprattutto attraverso la progettazione di due particolari tipi edilizi: la scuola ed il teatro. È una genialità tutta rivolta alla risoluzione dei problemi spaziali, ma profondamente indifferente nei confronti dell’aspetto formale dell’architettura. Ne risulta una progettazione che può apparire, all’esterno, talvolta arbitraria e non sufficientemente curata. Ed è un’impressione rispondente alla realtà in quanto, come si è detto, la massima preoccupazione di Scharoun è quella di creare nuovi spazi per soddisfare nuove esigenze e non, piuttosto, quello di fare della bella architettura. Non v’è dubbio che i due il risultati più significativi del vasto impegno progettuale che ha occupato Hans Scharoun negli ultimi anni sono, nel settore scuole il liceo di Lunen e, per quanto riguarda la tipologia dei teatri, la Philharmonia di Berlino.

La Philarmonia di Berlino fu realizzata da Scharoun tra il 1956 e il 1963. Si tratta di un ampio invaso di forma irregolare, capace di 2500 posti, il cui centro è occupato dall’orchestra. I critici ne parlano dicendo: «La sensazione, dovuta all’invaso, di essere non solo spettatori, ma anche attori dello spettacolo, è piacevole in sommo grado; e sommando a questa l’acustica perfetta, il godimento si raddoppia. L’aspirazione costante dei grandi architetti - la pianta centrale - trova qui la sua trionfale affermazione, realizzabile, senza dar di cozzo ai vincoli funzionali, solo nella sala da concerto, dove, a differenza del teatro, il fatto sonoro predomina su quello visivo». La grande conchiglia è fasciata tutt’intorno da un ampio spazio percorribile, il foyer, che permette agli spettatori, durante gli intervalli, di spostarsi tra i diversi livelli e, perfino, di uscire all’aperto, grazie a un complesso di rampe e di scale.

Hans Sharoun

PhilarmonieBerlino

LE NUOVE FRONTIERE DELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA

1. Le ricerche tra espressione e rigore

Cercare di restituire un panorama il più possibile fedele di quella che è l’architettura contemporanea, risulta essere un compito davvero arduo. E questo per una serie di motivi, il primo dei quali è la mancanza di quella che viene chiamata prospettiva storica e che pone l’osservatore in un contatto troppo diretto, tanto da porlo in una situazione di scarsa oggettività, con quanto deve analizzare. A questa difficoltà, comune agli storici di tutte le epoche nel momento in cui hanno tentato di valutare gli avvenimenti artistici di un periodo a loro vicino, se ne aggiungono altre di natura diversa e proprie di questa fase culturale. Abbiamo visto come fino alla metà del ventesimo secolo le ricerche degli architetti, almeno relativamente al mondo occidentale, potessero essere abbastanza facilmente definibili come appartenenti ad una tendenza comune; anche se, naturalmente, i vari progettisti, soprattutto quelli di maggior qualità, davano il loro contributo artistico aggiungendo ciascuno i caratteri della propria personalità.Oggi, a quella sorta di patrimonio comune, costituito, pur nella sua complessiva unitarietà, dai due grandi filoni del funzionalismo e dell’organicismo, che aveva portato ad una maniera progettuale facilmente riconoscibile, i progettisti tendono a sovrapporre, se non a sostituire, espressioni formali e di contenuto che hanno soprattutto l’intento di valorizzare quelli che sono i contributi specifici delle culture locali. Se da un lato, quindi, la facilità di movimento, sia delle informazioni che degli uomini, ha posto le condizioni per lo sviluppo di una cultura omogenea quasi in ogni parte del globo, dall’altro lato le esperienze riferite a realtà locali anche molto circoscritte hanno cominciato ad avere

un’attenzione sempre maggiore da parte dei progettisti soprattutto per quanto riguarda gli aspetti relativi alle problematiche tecniche.Infatti, mentre fino a poco tempo fa, l’uso e più in generale l’attenzione ai materiali tradizionali trovava spazio in special modo nei lavori di restauro, oggi importanti ricerche sono rivolte proprio all’impiego di materiali tradizionali sia nella forma, nella tecnicad’uso e di assemblaggio, che nella lavorazione.A questi motivi si aggiunge sicuramente il fatto che all’arte del costruire vengono richieste sempre nuove prestazioni; gli obiettivi e di conseguenza i risultati dei progettisti si possono differenziare notevolmente: chi ha come obiettivo il risparmio energetico trascurerà elementi che sono invece fondamentali per chi, magari, sceglie di confrontarsi con tecniche di tipo tradizionale usando materiali da costruzione del luogo. Orientarsi quindi, tra i numerosi indirizzi è davvero arduo, anche perché ogni progettista oggi, tranne alcune eccezioni, non fa più riferimento ad una scuola o ad un gruppo, ma rappresenta se stesso.La caotica situazione attuale può aver favorito un ripensamento sul ruolo dell’architettura nella cultura: architettura che sempre più spesso sembra avere un valore come immagine piuttosto che come fatto concreto. E se le immagini sono, come si può facilmente intuire, effimere, sempre più spesso assistiamo alla costruzione di architetture a vita programmata. Se ci pensiamo bene questa è stata una delle novità dell’architettura contemporanea, dalla realizzazione del Christal Palace in poi.Di conseguenza l’architetto non costruirà più per eternità, bensì per un periodo di tempo ben determinato, e, se pur espresso sotto varie forme, questo concetto è sicuramente frutto di una cultura funzionalista che vedeva la casa come una macchina per abitare.

2. Tecniche costruttive e concezione spaziale

Come accennato, le tecniche del montaggio a secco sembrano avere ripreso un vigore e un interesse nuovo presso gli architetti contemporanei.Originariamente la tecnica della muratura a secco riguardava i muri composti generalmente da elementi grossi al punto tale da non richiedere malta per la loro connessione, dal momento che il loro peso garantiva la coesione tra gli elementi. In tempi molto più recenti il montaggio a secco ha invece interessato le tecniche di prefabbricazione . Nell’edilizia industrializzata, infatti, le operazioni di muratura allungano in modo significativo i tempi di costruzione e per questo si preferisce escluderle. Dallo studio di queste due diversissime concezioni provengono le esperienze più recenti del montaggio a secco riguardanti materiali tradizionali come la pietra o il mattone. Lo stesso Renzo Piano ha studiato, negli ultimi anni, dei pannelli di facciata composti da elementi in laterizio montati a secco. Gli elementi in laterizio sono forati in modo da poter essere semplicemente infilati in tondini di ferro quasi come perle in una collana, e vanno a costituire i pannelli che vengono montati sulla facciata esterna. Sempre più spesso a seguito di questa e di esperienze simili anche i diversi produttori di laterizi studiano soluzioni adatte a questi nuovi impieghi rinnovando così le possibilità di uso di questo materiale. In molte occasioni l’architettura ha saputo interpretare tecniche provenienti da settori produttivi affini ma non identici come quello del design. Quella che viene chiamata generalmente chiusura esterna difficilmente risulta essere formalmente e funzionalmente indipendente dallo spazio interno.

Renzo Piano

Pompidou CentreParigi

Renzo Piano

Centro Paul Klee

Chiesa di San Giovanni Rotondo

Auditorium Olimpico di Torino

3. Zaha Hadid

L’architetto iracheno Zaha Hadid si impose all’attenzione dei critici quando, a soli

trentadue due anni (è nata nel 1950), si aggiudicò il primo premio nel concorso

indetto da una società di Hong Kong che intendeva realizzare sul Victoria Peak - un

grande parco di sua proprietà, uno dei più bei luoghi della città- un organismo a

carattere plurifunzionale, ma sostanzialmente dedicato agli appartenenti ad un club

elitario.

Le architetture di Zaba Hadid erano state, sino ad allora, conosciute in una ristretta

cerchia di critici e progettisti, dato che alcune di esse erano state pubblicate su riviste

d’avanguardia; tuttavia, nessuno di questi progetti era stato poi realizzato. E anche

se, con il successo ottenuto nel concorso di Hong Kong, l’architetto iracheno divenne

assai nota, pur tuttavia ella non riuscì a veder realizzata la sua opera, in quanto il

concorso non andò oltre la fase progettuale.

Da allora, comunque, Zaha Hadid ha realizzato numerose opere in gran parte del

mondo; e tutte almeno fino a ora, appaiono come sviluppi successivi delle prime

idee. Hadid fu infatti, tra i primi architetti che si avviarono lungo quel percorso

progettuale a cui è stato dato il nome di decostruttivismo, rappresentato

eloquentemente nelle opere che Eisenman (altro importante architetto

contemporaneo) comincia a realizzare intorno alla metà degli anni ottanta, quando

egli porta, a conclusione il processo di accettazione-critica-superamento del

razionalismo di marca lecorbusieriana.

Se, infatti, i razionalisti, pensavano ad

architetture aventi la solidità e la fermezza delle

figure prismatiche, con Eisenman l’inversione di

tendenza è tale che l’architettura viene, invece,

ad assumere un carattere visivo che predilige il

senso dell’ instabilità.

Tornando a parlare di Zaha Hadid, l’edificio che

sembra rappresentare una sorta di elemento

spurio nell’iter progettuale dell’architetto

iracheno è il museo d’arte contemporaneacostruito a Cincinnati. Con esso, appunto, in

maniera abbastanza contrastante con le ipotesi

precedentemente esposte parlando di

decostruttivismo, Zaha Hadid da’ vita ad un

organismo ben solido che per nulla vuol

suggerire un carattere di precarietà strutturale.

Ciò è la conseguenza di un doppio ordine di

fattori: uno, di carattere contingente, che

consiste nella relativa limitatezza del lotto a

disposizione; l’altro, più concettuale, appare

derivare dal desiderio dell’architetto di voler

consolidare esteticamente, con quell’edificio,

un’area banale della città americana.

Centro arti contemporanee,

Cincinnati

Zaha Hadid

Vitra Fire Station

Zaha Hadid

Bar Moonsoon

Sapporo, Giappone

4. Frank O. Gehry

Negli spazi che Frank O. Gehry progetta e realizza, e dei quali il museo Guggenheim di Bilbao è sicuramente il più noto, l’architetto ha proceduto plasmando le forme esterne in modo non molto diverso dall’esecuzione di alcune monumentali strutture scultoree,

come ad esempio la Statua della Libertà che domina l’ingresso nel porto di New York. Sopra una struttura reticolare metallica (nel caso della statua americana l’intelaiatura di

sostegno fu progettata da Gustave Eiffel) sono state fissate delle lastre in titanio

modellate a formare una gigantesca rosa metallica.

Nel 1991 viene firmato un accordo tra il governo basco e la fondazione Guggenheim per

la costruzione di un museo di arte contemporanea. Viene così indetto un concorso e

Frank O. Gehry risulterà essere il vincitore. Nel 1993 prendono il via i lavori e nel 1997 si

inaugura il nuovo museo.

Situato nei pressi dell’estuario del fiume Nerviòn, su un terreno destinato in precedenza

agli impianti industriali legati all’attività portuale della città, il museo occupa un’area di

24.290 metri quadrati. Di questo particolare progetto dobbiamo mettere in evidenza, oltre

alla forma suggestiva e l’aspetto quasi immateriale, il rapporto stabilito con la città. La

città storica e il fiume si trovano a quote differenti, e Gehry si è dato l’obiettivo di ricucire

quei livelli e di integrarli con la struttura museale in cui sono presenti due bacini l’acqua

definiti come giardini l’acqua. Da un punto di vista spaziale il fulcro del progetto è la

grande hall centrale, che si sviluppa in un volume a tutta altezza, e dal quale si accede alle numerose gallerie che si dipartono, quasi a raggiera, e dove sono concentrati tutti i

collegamenti verticali: sia quelli meccanizzati (ascensori in cristallo) che le scale.

Le nuove tecniche per la rappresentazione

architettonica sono state fondamentali per

la restituzione di questo progetto in quel

delicato passaggio che avviene dal plastico

ai disegni bidimensionali, alla

realizzazione.

Per quanto riguarda la tecnica di

realizzazione, la struttura portante è mista

e vede l’impiego di calcestruzzo armato

per i pilastri e le scale, e il metallo per la

struttura reticolare che da la forma

dell’edificio. A questa è fissata una

seconda struttura reticolare con maglie

molto più fitte alla quale si ancora il

rivestimento esterno. Le lastre sono in

acciaio galvanizzato dello spessore di 2

millimetri su cui è stata stesa una

membrana impermeabile continua

ricoperta poi da pannelli di titanio spessi

0,38 millimetri.

Frank O. Gehry

Guggenheim MuseumBilbao

Frank O. Gehry

Guggenheim MuseumBilbao

Frank O. Gehry

Dancing House

Praga

Frank O. Gehry

DG Bank

Berlino

Frank O. Gehry

Walt Disney Concert HallLos Angeles

Frank O. Gehry

Weisman Art Museum

Frank O. Gehry

Porta d’Acqua di Venezia

Frank O. Gehry

Wfm Stata Center

SOMMARIO

ARCHITETTURA E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

1. Le conseguenze della rivoluzione industriale sulla città: la città moderna

2. I protagonisti

L’ART NOUVEAU

1. Il primo stile industriale

2. Il Liberty

3. L’opera di Antoni Gaudì

GLI ESORDI DELLA NUOVA ARCHITETTURA: STATI UNITI ED EUROPA

1. Tecniche costruttive e concezione spaziale in America

2. Frank Lloyd Wright

3. L’architettura europea tra le due guerre : il razionalismo

4. Le Corbusier

5. Hans Scharoun

LE NUOVE FRONTIERE DELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA

1. Le ricerche tra espressione e rigore

2. Tecniche costruttive e concezione spaziale

3. Zaha Hadid

4. Frank O. Gehry

TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI

CLASSE: 5ª

“TIPI EDILIZI”

MODULO 2

1

INDICE 1

1. LA CASA DI ABITAZIONE: TIPOLOGIA IN LINEA, A SCHIERA, A BALLATOIO, A TO RRE

1.1. CASE UNIFAMILIARI 2 1.2. CASE PLURIFAMILIARI 5

1.3. ESEMPI DI TIPI EDILIZI 7

1.3.1. Walter Gropius: Casa Doppia a Dessau 7 1.3.2. M. Campi e F. Pessina: Case a Schiera a Massagno-Lugano 8 1.3.3. Mecanoo Arkitecten: Torri per abitazioni a Stoccarda 10

1.4. GLI SPAZI DELLA CASA 11

2. EDIFICI DI INTERESSE PUBBLICO

2.1. EDILIZIA PER LA CULTURA 15 2.1.1. Biblioteche 15 2.1.2. Musei 16 2.1.3. Vittorio De Feo: Biblioteca a Nocera Inferiore 18 2.1.4. Massimo Pica Ciamarra: Museo della Scienza a Bagnoli 19

2.2. EDILIZIA PER IL CULTO 20

2.2.1. Chiese cattoliche 20 2.2.2. Sinagoghe ebraiche 22 2.2.3. Moschee musulmane 22 2.2.4. Aldo Van Eyck: La Chiesa Blu a Deventer in Olanda 23 2.2.5. Paolo Portoghesi e Sami Mousawi: La Moschea di Roma 24

2.3. EDILIZIA PER L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 25 2.3.1. Palazzo Comunale 25 2.3.2. Guido Canella e collaboratori: il Centro Civico a Segrate, Milano 26

2

TIPI EDILIZI

1. LA CASA DI ABITAZIONE:

TIPOLOGIA IN LINEA, A SCHIERA, A BALLATOIO, A TORRE .

Si può stilare sommaria classificazione per “tipi” della casa d’abitazione; questo

consente di raggruppare questi edifici in due grandi categorie: le case unifamiliari e le

case plurifamiliari. Le prime si possono ulteriormente suddividere in case unifamiliari

singole e case unifamiliari associate, analogamente, le seconde si dividono in case

isolate e case contigue.

1.1. CASE UNIFAMILIARI

Le case unifamiliari singole sono edifici isolati, liberi da ogni lato e destinati ad

ospitare un solo nucleo familiare per il soggiorno temporaneo oppure permanente (fig.

1). Le case unifamiliari associate, invece, sono edifici che pur essendo composti da

più alloggi (abbinati, raggruppati, sovrapposti e a schiera) destinati a diversi nuclei

familiari, prevedono per ciascuno di questi un ingresso indipendente.

Le case associate con alloggi abbinati (fig. 2), hanno in comune tra loro soltanto un

muro perimetrale, mentre gli altri tre lati sono completamente liberi. In questo caso, i

due alloggi abbinati sono per lo più disposti in modo simmetrico rispetto al muro che

essi hanno in comune. Questo non è dovuto unicamente a motivi di carattere estetico,

ma a un insieme di esigenze funzionali ed estetiche (sistemazione giustapposta dei

Fig.1

Fig.2

3

bagni, cucine e altri locali di servizio con conseguente alloggiamento delle tubazioni e

delle canne fumarie nella zona comune, concentrazione delle scale e dei locali che non

hanno necessità di particolare illuminazione nella parte interna, in modo da permettere

agli ambienti di soggiorno e alle camere da letto una sistemazione per quanto possibile

rivolta verso l’esterno).

Le case associate con alloggi raggruppati sono in genere costituite dall’unione di quattro

appartamenti accostati tra loro in modo tale che ciascuno di essi presenti due muri

perimetrali in comune e due liberi (fig. 3). Ovviamente questa a soluzione, assai più di

quella degli alloggi abbinati, presenta notevoli inconvenienti relativi ai problemi di

orientamento e della ventilazione.

Le case associate con alloggi sovrapposti, presentano, nei casi generici, un

appartamento posto al piano terra e comunicante con l’esterno direttamente al livello

stradale e un altro, al primo piano a cui si accede sempre direttamente dall’esterno per

mezzo di una scala privata (fig. 4). Per lo più la pianta dei due alloggi coincide: in

questo caso, i due ingressi non sono situati sullo stesso lato; spesso, invece la pianta

dell’alloggio posto al piano superiore è uguale a quella dell’appartamento del piano

terra.

La casa a schiera (fig. 5) è forse l’elemento edilizio che ha maggiormente caratterizzato

le espansioni delle città per tutto il Medioevo. Rappresenta quindi il tessuto embrionale

degli antichi centri italiani.

I caratteri principali del tipo edilizio a schiera sono essenzialmente: lo sviluppo su di un

lotto rettangolare molto allungato prospiciente e ortogonale a una strada che presenta,

Fig.3

Fig.4

4

sul fronte, un’ampiezza di circa 5-6 m; la presenza, sul lato opposto alla strada stessa, di

un’area di pertinenza sulla quale sono possibili ulteriori accrescimenti della cellula

abitativa; comunanza dei muri perimetrali (quelli sul lato lungo) con le schiere adiacenti

e, di conseguenza, l’affaccio limitato ai due soli lati corti. L’altezza della casa a schiera

era, generalmente, limitata a tre piani fuori terra, dei quali il pian terreno era

esclusivamente adibito ad attività lavorative o commerciali, mentre il primo e il secondo

piano costituivano l’abitazione vera e propria (fig. 6). La serialità e la rigidezza solo

apparente di tale procedimento insediativo ne garantirono il successo e la larga

diffusione, che proseguì per molti secoli e non pare tutt’ora, seppure con caratteri

diversi, assolutamente esaurita.

Fig.5

Fig.6

5

1.2. CASE PLURIFAMILIARI

Le case plurifamiliari isolate (per esempio, la casa torre, quando il numero dei piani

diventa elevato) sono fabbricati liberi da ogni lato, nei quali i singoli alloggi sono

disimpegnati dalla stessa zona di ingresso che, nei casi di strutture pluripiano accoglie

anche il corpo scala-ascensore (fig. 7). A differenza di quelle isolate, le case

plurifamiliari contigue hanno in comune i muri perimetrali (fig. 8). Quest’ultimo tipo

edilizio può suddividersi in due sottogruppi: case plurifamiliari contigue a blocco chiuso

e a blocco aperto (fig. 9).

Fig.9

Fig.7

Fig.8

6

La casa torre (fig. 10), è considerata da alcuni studiosi dei tessuti urbani come il

risultato del processo di sviluppo in altezza della cellula abitativa di base (ambiente di

forma quadrata). Questa, comunque, si qualifica proprio nel Medioevo, come residenza

gentilizia, parzialmente fortificata, inserita entro i centri abitati. La sua dimensione in

altezza, teoricamente indefinita e incentrata sulla ripetizione seriale di un unico

ambiente, stava spesso a simboleggiare la ricchezza e la potenza della famiglia che la

occupava.

La casa in linea (figg. 11 e 12), ha iniziato a svilupparsi in età tardo medievale. La casa

a schiera perde qui la sua singolarità, accorpandosi ogni due o quattro alloggi per piano;

l’abitazione si distende orizzontalmente su un unico livello e si ripete in cellule uguali,

dal piano terra all’ultimo piano, abbandonando così il concetto di unitarietà abitativa in

verticale dalla terra al tetto.

Fig.10

Fig.12

Fig.11

7

1.3. ESEMPI DI TIPI EDILIZI

1.3.1. Walter Gropius: Casa Doppia a Dessau

Queste due case unifamiliari (fig. 13) abbinate fanno parte di un gruppo di abitazioni

che l’architetto tedesco costruì a Dessau, nel 1925, per alcuni insegnanti della scuola di

cui egli era direttore: la Bauhaus.

Si tratta di case gemelle, le quali presentano l’accostamento di due piante simili ruotate

tra loro di 180°. Tale rotazione ha come scopo quello di evitare la monotona simmetria

generata dall’adozione di piante identiche e ugualmente disposte.

A proposito dell’utilizzo di elementi identici (anche standardizzati) e del diverso modo

di assemblarli tra loro al fine di ottenere una flessibilità di pianta e una varietà

dell’aspetto esterno, scrive lo stesso Gropius: «Un prototipo di base può essere variato

all’infinito grazie all’unione o alla sovrapposizione di elementi di costruzione identici.

L’idea fondamentale consiste nel conciliare la più grande standardizzazione con la più

grande diversità possibile.

Tornando alle case gemelle di Dessau, è interessante notare, tra l’altro, come in esse il

primo piano sia per metà occupato da un grande spazio indiviso, lo studio: un ambiente

indispensabile, dal momento che gli abitanti di queste case erano tutti artisti. Anzi, in

questo caso si può senz’altro parlare di vere e proprie case-studio.

Fig.13

8

1.3.2. Mario Campi e Franco Pessina: Case a Schiera a Massagno-Lugano

Il tipo edilizio impiegato per questo progetto, quello della casa a schiera, è uno di quelli

che negli ultimi tempi viene più frequentemente adottato. Spesso chi affronta questo

tipo di progettazione, si lascia suggestionare dall’architettura «tradizionale» non tanto

per quanto riguarda il sistema costruttivo, ma soprattutto per il linguaggio formale.

Gli autori di questo progetto, che già altre volte si erano impegnati nel tema della casa a

schiera, hanno invece adottato un linguaggio interessante che, senza comunque cercare

un rapporto mimetico col paesaggio, riesce a inserirsi nell’ambiente in modo corretto.

Si tratta di cinque case individuali rispondenti a standard abitativi molto elevati, poste

su un lotto di terreno triangolare che presenta un notevole dislivello. I progettisti hanno

posto il lato nord della costruzione a ridosso della strada, in modo da lasciare unito lo

spazio destinato al verde. Ai due lati principali è stato così attribuito un preciso

carattere: a nord, una fronte compatta che si presenta come una quinta stradale con un

carattere fortemente urbano; a sud, invece, la parte rivolta verso i giardini si presenta più

articolata e capace di instaurare un rapporto tra interno ed esterno.

La costruzione si sviluppa su quattro livelli: il piano interrato che ospita le autorimesse,

i locali di servizio e le cantine, il piano terra con due camere poste a nord e un

soggiorno che si affaccia sul giardino pensile la cui quota di calpestio è stata rialzata per

colmare, almeno in parte, il forte dislivello naturale del lotto, il primo piano, dove si

trovano i locali della zona giorno, posto alla stessa quota della strada e, infine, il

secondo piano riservato alle quattro camere (figg. 14, 15, 16).

Fig.14

9

Fig.15

Fig.16

10

1.3.3. Mecanoo Arkitecten: Torri per abitazioni a Stoccarda

Si tratta di tre torri situate nell’insediamento sperimentale Garten Austellug (fig. 17).

La scelta di frammentare l’intervento in tre blocchi, anche se economicamente più

gravosa, è stata preferita per un motivo «compositivo», nel senso che si è cercata una

soluzione d’angolo articolata. Per quanto riguarda, invece, la posizione dei corpi

all’interno del lotto, questo intervento sembra essere in linea con i dettami del

movimento moderno relativamente al fatto di non seguire gli allineamenti stradali. Gli

architetti progettano le fronti rivolte verso la strada e quelle che guardano verso la corte

alberata interna cercando di raggiungere due obiettivi: alle prime, quelle rivolte a sud-

ovest si conferisce un carattere tendenzialmente urbano con un utilizzo quasi esclusivo

del vetro mentre alle seconde si è attribuito un carattere di astrattezza facendole poi

apparire anche con minor importanza. Il punto fondamentale è rappresentato dallo

studio dei collegamenti verticali: esternamente, la torre dell’ascensore completamente

vetrata e le passerelle, che da questa permettono l’accesso ai vari livelli, svolgono la

funzione di collegamento tra l’esterno e le singole unità abitative. Le scale a chiocciola

interne, ben visibili dal prospetto, sulla strada, sono state studiate sia per un utilizzo

privato, cioè per il collegamento tra i diversi livelli di una stessa unità abitativa, sia per

quello pubblico.

Fig.17

11

1.4. GLI SPAZI DELLA CASA

Gli spazi interni di ogni tipo di abitazione possono dividersi in due categorie, che

chiameremo spazi serventi e spazi serviti. Gli spazi serventi sono gli ingressi, i corridoi

e i disimpegni. Gli spazi serviti possono ancora suddividersi in due sottoclassi: spazi

serviti principali, che sono i soggiorni, le stanze da pranzo e le camere da letto, e spazi

serviti di sevizio che sono le cucine, i bagni, i gabinetti e i ripostigli.

La possibilità di sfruttare altri spazi non direttamente collegati all’abitazione come le

cantine, gli stenditoi e le autorirnesse, aumenta la funzionalità dell’abitazione; al pari

degli spazi inter-esterni, come i loggiati e le terrazze.

In condizioni climatiche favorevoli, l’utilizzo di questi spazi inter-esterni, proprio della

tradizione abitativa italiana, consente di diminuire, se non addirittura eliminare, quel

senso di costrizione che spesso deriva dalla necessità di muoversi in uno spazio

eccessivamente angusto.

Passiamo ora in rassegna, uno per uno, i principali spazi serviti e serventi

dell’abitazione, ricordando che le altezze minime previste dalla normativa sono di 2,70

m per i primi e di 2,40 m per i secondi.

L’ingresso e i disimpegni

Nelle case d’abitazione più economiche è presente un solo ingresso; tuttavia, quando è

previsto personale di servizio che vive permanentemente nell’abitazione, è consigliabile

avere un secondo ingresso, detto di servizio, che comunica direttamente con la cucina.

La distribuzione dei vari ambienti della casa è tradizionalmente affidata ai corridoi sui

quali si affacciano le porte d’ingresso alle varie stanze. Gli orientamenti più attuali

tendono invece a concepire organismi planimetrici diversi:

1) o si tende a trasformare questi spazi serventi indifferenziati in organismi più

articolati, suddivisi in varie sezioni di differente larghezza e altezza, in modo da

divenire vere e proprie appendici del soggiorno o luoghi di lavoro domestico;

2) o si predispone un grande soggiorno centrale, sfruttandolo anche per smistare gli

accessi alle varie stanze.

12

Il soggiorno

È lo spazio interno principale dell’abitazione.

L’elenco delle funzioni che si svolgono in un soggiorno è piuttosto vario, in ogni

soggiorno si possono quindi enucleare vari gruppi:

1) gruppo di conversazione principale, al quale sono dedicati i divani e le poltrone;

2) gruppo di conversazione secondario, per il quale, in genere, possono bastare le sedie;

3) gruppo di lettura, al quale occorre un tavolino;

4) gruppo di scrittura o di studio, che può utilizzare gli spazi del gruppo precedente;

5) gruppo per il gioco degli adulti, il quale utilizza un tavolino di minori dimensioni, se

disponibile;

6) gruppo di ascolto e di visione.

La superficie minima del soggiorno è di 14 mq.

La stanza da pranzo

Nella casa borghese, la sala da pranzo era quasi sempre uno spazio a se stante, ma è

stata giustamente la prima a essere sacrificata a causa della carenza di spazio e della

mancanza di personale di servizio. Anche quando esiste lo spazio necessario al pranzo si

assiste al curioso fenomeno della sala da pranzo coincidente con il salotto.

Nelle case di abitazione in cui l’economia spaziale è un elemento dominante, al pranzo

possono essere adibiti due ambienti:

a) un prolungamento dello spazio-cucina detto tinello; questo semplifica notevolmente

le operazioni di apparecchiatura e sparecchiatura della tavola, nonché la fatica del ser-

vizio;

b) una parte del soggiorno, convenientemente dimensionata. In questo caso, il tavolo da

pranzo, utilizzato come tale solo durante i pasti, può essere adibito durante il giorno ad

altre funzioni.

Le dimensioni del tavolo da pranzo per N persone sono:

13

— per un tavolo rettangolare, 75-85 cm in larghezza, 60-70 x (n-2)/2 in lunghezza;

— per un tavolo rotondo, diametro 60-70N/3,14.

La cucina

Le operazioni che si svolgono in cucina sono: conservazione dei cibi, preparazione dei

pasti, cottura e preparazione finale, lavaggio delle stoviglie e loro asciugatura. A

ciascuna di queste quattro operazioni corrisponde un centro di lavoro. A. Klein, nel

1928 accertò con indagini ergonomiche che la buona disposizione di questi centri

consente risparmiare alla fine dell’anno varie decine di chilometri, corrispondenti a ore

e ore di cammino inutile.

I tipi fondamentali di spazio-cucina derivano dai posizionamenti reciproci degli

elementi necessari per le quattro operazioni suddette e sono:

a) cucina in linea;

b) cucina a L;

c) cucina a due elementi in pallelo;

d) cucina a U.

La normativa impone che la cucina sia dotata di una finestra o che sia munita di un

impianto di aspirazione forzata, per un’adeguata aspirazione dei fumi e dei vapori.

La camera da letto

La funzione svolta dalle camere da letto è quasi sempre una costante universale; tant’è

vero che anche per gli architetti che più si sono battuti per la continuità spaziale

all’interno dell’abitazione, essa si è arrestata di fronte alla funzione del dormire. La

stanza da letto è sempre restata isolata dal resto dell’abitazione, salvo i casi, piuttosto

rari, della casa concepita per un’unica persona. Oltre all’ovvia suddivisione tra camera e

camera, è egualmente necessaria una divisione netta tra la zona-notte e la parte restante

dell’abitazione, in modo da garantire la necessaria intimità a quest’area dell’abitazione.

Nelle camere per i giovani, ciascuno dei quali dovrebbe avere la propria stanza, deve

14

essere previsto lo spazio per lo studio, con un tavolinetto e una libreria; si tratta quindi

di spazi misti, che assommano le funzioni di zona notte con quelle di soggiorno. La

normativa italiana impone che le camere da letto doppie non abbiano dimensioni

inferiori a 14 mq e 9 mq quelle singole.

La stanza da bagno

Lo sviluppo tecnico degli apparecchi igienico-sanitari ha portato alla riduzione degli

spazi occorrenti per i locali da bagno, come è avvenuto per le moderne cucine.

Analogamente, anche il tempo di permanenza giornaliera nel bagno è stato

notevolmente ridotto. L’abitudine di chiudersi per lungo tempo nel bagno, magari per

leggere, derivava dal fatto che spesso questo era l’unico luogo della casa che garantiva

una privacy assoluta, specie per i figli; questa abitudine è tuttavia scomparsa quando è

stato possibile disporre di spazi ugualmente privati e più consoni alle attività di lettura,

scrittura o studio. La comparsa sul mercato di nuovi apparecchi igienico-sanitari

poilfunzionali ha scarsamente influenzato l’adozione degli apparecchi tradizionali che

sono:

— il lavabo;

— la vasca da bagno;

— il water-closet;

— il bidet;

— la doccia.

La distribuzione degli apparecchi suddetti nei bagni può raggiungere dimensioni

minime piuttosto ristrette (3,70 x 1,45 m), anche se è sconsigliabile scendere sotto i 6

mq, dovendo il bagno ospitare la macchina lavatrice e la cassetta dei panni sporchi. La

sistemazione razionale degli apparecchi è molto importante, non solo per l’economia di

spazio, ma anche per quella dell’impianto e la garanzia del suo corretto funzionamento.

Lo studio di queste apparecchiature è un aspetto importante degli impianti tecnici

dell’abitazione.

15

2. EDIFICI DI INTERESSE PUBBLICO.

2.4. EDILIZIA PER LA CULTURA

2.1.1. Biblioteche

Sono edifici destinati alla raccolta di libri, quotidiani (emeroteca) e altri generi di

documenti. La loro progettazione è regolata dalla L. 765/67 e dal D. M. 1444/68. In

relazione al tessuto urbano esistente, esse possono localizzarsi indifferentemente in aree

centrali o in zone periferiche della città. In questo secondo caso, la biblioteca, in

genere, diventa anche luogo di incontro con spazi polivalenti.

Il suo dimensionamento varia quindi in funzione di numerosi fattori; infatti, oltre

all’importanza che essa deve assumere, occorre valutare il numero potenziale di lettori.

Naturalmente i suoi spazi, oltre a esser regolati dalle norme sopraddette, devono

osservare i regolamenti antincendio, che in questo caso sono estremamente rigorosi.

Sono strutture che devono garantire la massima flessibilità; per questo motivo, e

soprattutto per facilitare le eventuali trasformazioni interne, devono essere progettate

secondo criteri di modularità, sia per quanto riguarda gli «spazi» sia per gli arredi

Un altro elemento da studiare con attenzione durante la fase

di progettazione è l’illuminazione; infatti un adeguato comfort visivo è garantito da una

corretta disposizione delle fonti illuminanti. L’illuminazione, sia naturale sia artificiale,

deve essere il più possibile uniforme, diffusa e non diretta (fig. 18 ). Per questi ambienti

sono sconsigliate grandi aperture (anche perché si riduce lo spazio per gli scaffali) e il

rapporto aeroilluminante

consigliabile è equivalente a

1/5. Gli ambienti presenti

all’interno di una biblioteca di

medie dimensioni sono: la zona

ingresso, in cui è consigliabile

posizionare il banco per le

informazioni, con altezza da

terra compresa tra 90 e 96 cm

(per consentire un appoggio

confortevole all’utente in piedi)

e larghe tra 45 e 60 cm; la zona

Fig.18

16

lettura, arredata con tavoli (con dimensioni 60 x 90 cm e altezza da terra 70-76 cm) e

scaffali a parete. Questa è la parte della biblioteca in cui è maggiore la fruizione; per

questo motivo, i percorsi di distribuzione tra i tavoli non possono essere inferiori a 90

cm, mentre quelli laterali devono essere di almeno 120 cm, per garantire il passaggio di

due persone; il deposito è un corpo fabbrica attrezzato con scaffalature di altezza non

superiore a 197 cm, profondità che varia tra 20 e 30 cm, lunghezza 90 cm e con una

distanza minima tra scaffali paralleli di 80 cm; gli uffici, per la gestione complessiva

della biblioteca; la zona fotocopie, con un’area che occupi al massimo il 15%

dell’intera superficie; per finire, i servizi igienici.

2.1.2. Musei

Il museo è tradizionalmente il luogo che ospita oggetti di diversa natura, utili per la

conoscenza e la diffusione del sapere. Negli ultimi anni si è tuttavia affermata una nuova

tipologia di museo che, oltre alle opere vere e proprie, espone anche modelli e

riproduzioni, avvalendosi di moderne tecnologie. La progettazione di un museo richiede

anche lo studio dell’allestimento interno (fig. 19); per tale motivo, in questo campo si

raggiungono ottimi risultati unicamente quando esiste una piena e fattiva collaborazione

tra progettista, direttore e il curatore del museo. I criteri di ordinamento più diffusi sono

tre: l’ordinamento cronologico, quello topografico e quello tematico. Connesso ai criteri

sopra esposti è lo studio dei percorsi; questi possono essere liberi, consigliati, oppure

obbligati e servono a far «conoscere» il museo e le sue opere in base a determinate

successioni che sono state stabilite dall’ordinamento. Un museo accoglie mostre a

carattere permanente ma anche temporaneo, quindi deve avere una struttura flessibile e

Fig. 19

17

adatta a ospitare oggetti di varia natura. Si studieranno quindi pannelli scorrevoli su

binari, moduli aggregabili e orientabili. L’illuminazione è uno degli aspetti più

importanti per la progettazione di una struttura a carattere museale, poiché essa, oltre a

valorizzare l’opera esposta, può contribuire attraverso un utilizzo corretto alla sua

conservazione (che, naturalmente, è garantita anche da un rapporto ottimale tra

temperatura e umidità che avviene con l’utilizzazione di apposite teche, fig. 20). Esiste,

quindi, una normativa che fissa i valori massimi di illuminamento consentiti, rispetto al

tipo di materiale di cui l’opera è composta; questi si ottengono con strumenti che

misurano le radiazioni visibili dall’occhio umano (luxmetri). Sono tuttavia consigliabili

lampade che emettono una luce vicina a quella solare e che abbiano una resa dei colori

fedele.

Fig.20

18

2.1.3. Vittorio De Feo: Biblioteca a Nocera Inferiore

Si tratta di un edificio (fig. 21) collocato in un giardino ottocentesco situato, a sua volta,

al limitare di un importante parco della cittadina campana. L’architetto, sfruttando i

vincoli posti dal sito e in particolar modo la presenza di una ricca alberatura, ha

progettato un interessante esempio di edificio polifunzionale, nel quale, tuttavia, è

largamente predominante l’elemento della biblioteca. Tale organismo, quindi, offre

anche importanti servizi ausiliari, essendovi collocati una sala per le audizioni, un

apposito spazio di lettura per i bambini, una sezione speciale, l’emeroteca e un

ambiente, opportunamente recintato, per la lettura all’aperto. Inoltre, in questo

complesso trovano posto alcuni servizi propri di un centro polifunzionale; vi sono,

infatti, oltre ad alcuni uffici del centro sociale, uno spazio predisposto per l’allestimento

di mostre ed è prevista la possibilità, spostando gli arredi mobili, di ricavare dalla sala

di lettura centrale un ambiente per riunioni di buone capacità ricettive.

Anche dal punto di vista distributivo la struttura appare ben organizzata. Infatti, gli

ambienti di servizio, dal deposito dei libri agli uffici della biblioteca e del centro

sociale, sono raggruppati in un corpo, a forma di rettangolo molto allungato,

parzialmente interrato, ove sono disposti anche i servizi igienici, il guardaroba e la sala

per le audizioni. Gli altri ambienti (sale di lettura, spazio per mostre ecc.) sono, dal

punto di vista architettonico, estremamente articolati e, ruotando attorno a un

interessante patio circolare sistemato a gradonate, proiettano verso l’esterno il volume

dell’edificio sull’unico prospetto che, dato il dislivello del terreno, si presenta

completamente libero.

Fig. 21

19

2.1.4. Massimo Pica Ciamarra: Museo della Scienza a Bagnoli.

Il museo (fig. 22) inaugurato nel 2001, fa parte di un progetto molto più ampio che

prevede l’intera riqualificazione dell’area industriale di Bagnoli. Il sito dell’intervento,

molto vasto (circa 63,000 mq), è diviso al centro da una grande arteria. Per questo

motivo l’elemento fondamentale nel nuovo progetto è stato proprio il superamento di

questa «barriera». Questo è stato possibile, essenzialmente, tramite due interventi:

una dilatazione della strada stessa, la quale ha assunto il carattere di una «lunga» piazza,

e una riqualificazione degli edifici che su di essa prospettano. Nell’edificio a est

dell’area, quindi, trovano posto laboratori di ricerca e uffici, mentre nell’edificio a ovest,

cioè quello che guarda verso il mare, è collocato il museo.

Questa struttura, oltre al museo vero e proprio, prevede al suo interno numerosi altri

ambienti tra cui ricordiamo: uno spazio per mostre temporanee, un planetario, la «città

dei bambini», un bar-ristorante e, infine, uffici per l’amministrazione e la direzione

generale. All’interno, questi spazi si snodano e si dilatano attorno a una serie di percorsi

e di dislivelli disegnati secondo una logica che è indipendente dall’andamento

longitudinale delle cinque navate in cui è suddivisa l’intera struttura.

Molto interessante appare la fronte nord dell’edificio: l’ultima capriata della copertura è

lasciata libera e «sospesa» nello spazio e il tamponamento della parete è stato eseguito

per mezzo di superfici in vetro, inclinate di 45°. Queste, inoltre, chiudono vasche

d’acqua ricavate tra muretti di laterizio che si distendono ortogonali all’edificio stesso.

Fig 22

20

2.2. EDILIZIA PER IL CULTO

2.2.1. Chiese cattoliche.

È abbastanza difficile, oggi, dare una definizione tipologica della chiesa. Questo

organismo architettonico, che per secoli ha risposto ad alcuni canoni progettuali

estremamente rigorosi (a croce latina, a croce greca, a pianta centrale), è infatti stato

oggetto negli ultimi tempi una notevole evoluzione che ha generato una grande varietà di

soluzioni.

Il rinnovamento proposto, di volta in volta con iniziative individuali, dai progettisti più

ricchi di personalità e pronti a comprendere le mutate esigenze dei tempi, ha assunto in

un secondo momento valore di norma, a seguito delle direttive impartite dal Consiglio

Ecumenico Vaticano II. A questo proposito infatti, nel Dizionario Enciclopedico di

Architettura e di Urbanistica, si legge: “Nell’ambito delle grandi direttrici conciliari che

richiamano la chiesa all’ idea primigenia di domus ecclesia, il cambiamento che

maggiormente ha inciso riguarda la posizione dell’officiante, che la liturgia vuole rivolto

verso i fedeli. Ne scaturiscono una serie di necessità che condizionano la distribuzione

degli ambienti interni e degli stessi arredi [...]. Il senso di comunità dovrà ancora essere

accentuato dalla disposizione della schola, dell’organo e soprattutto dei posti per i fedeli,

studiati in modo tale da abolire ogni senso gerarchico e da permettere la partecipazione

completa allo svolgimento della sinassi. Inoltre, pur lasciando ampia libertà ai singoli

architetti, si è posto l’accento sulla chiesa come luogo che soddisfi tutte le esigenze del

cattolico; oltre agli ambienti più strettamente legati alle necessità della vita religiosa,

devono essere considerati come parti integranti e non collaterali tutti i locali adibiti alle

attività sociali, ricreative e assistenziali.” A titolo d’esempio forniamo alcune indicazioni

valide per la progettazione di un complesso di questo tipo.

- Trattandosi di un edificio pubblico, anche la chiesa deve rispettare le norme in

merito alla protezione contro gli incendi e per l’eliminazione delle barriere

architettoniche.

- Deve essere ubicata in un luogo «tranquillo» e baricentrico rispetto al nucleo

abitato nelle cui vicinanze dovrebbero essere disponibili zone di sosta per le

automobili e spazi da adibire a verde pubblico.

21

- È consigliabile progettare l’edificio rialzato dal livello stradale e da esso arretrato

attraverso la costruzione di un portico (nartece).

- All’interno il presbiterio, la cui superficie minima misura 60 mq, deve

distinguersi dall’aula dei fedeli tramite alcuni gradini. Inoltre, deve ospitare la

croce dell’altare e una tavola per sistemare il materiale liturgico.

- Il fulcro verso il quale è rivolta l’attenzione dei fedeli è l’altare: esso deve essere

previsto in posizione centrale su una pedana rialzata, in genere, da tre gradini e

libero su tutti quattro i lati.

- La sede, posizionata al centro oppure a destra guardando l’altare (lato epistola), in

genere è affiancata da due sedili; la superficie che occupano può variare da un

minimo di 42 mq a un massimo 59 mq.

- Le cappelle devozionali, quando previste, devono avere una superficie minima di

25 mq.

- Il battistero deve essere uno spazio indipendente aperto verso l’aula dei fedeli e

possibilmente a un livello inferiore rispetto a quello della sala.

- L’aula per i fedeli deve essere arredata con panche e banchi dotati di

inginocchiatoio (lunghe massime 3 m). Le porte per accedere all’aula devono

essere almeno due, larghe 1,7 m e alte 3 m (fig. 23).

Fig. 23

22

- La sagrestia, posizionata vicino al presbiterio e al suo stesso livello, deve avere

una superficie di 30 mq.

- Gli standard minimi di superficie sono stabiliti dalla circolare della Pontificia

commissione per l’arte sacra, che assegna 0,08 mq ad abitante per i quartieri di

maggiori dimensioni e 0,17 mq per quelli di dimensioni minori.

2.2.2. Sinagoghe ebraiche.

La loro costruzione deve essere progettata lungo l’asse ovest-est, affinché i fedeli siano

rivolti verso Gerusalemme. Al loro interno, molto importanti sono la pedana (bimà), sulla

quale trova posto un tavolo per le letture e un armadio (aron) che ospita i rotoli della

Bibbia (dimensioni minime 80 x 160 cm). La prima, in genere posizionata al centro della

sinagoga, ha una superficie che varia tra i 5 e i 7 mq; l’aron invece ha dimensioni minori

(2-4 mq) ed è rialzato dal pavimento (fig. 24).

2.2.3. Moschee musulmane.

Queste strutture devono essere posizionate in direzione della Mecca e devono

comprendere due nuclei fondamentali: il mihrab, cioè la nicchia-sacrario, e il minbar,

ovvero il pulpito. Spesso questi ambienti sono posizionati attorno ad un cortile (haram) in

cui trovano posto un portico e una fontana. (fig. 25)

Fig. 24

Fig. 25

ARON

BIMA’

MIHRAB

MINBAR

HARAM

23

2.2.4. Aldo Van Eyck: La Chiesa Blu a Deventer in Olanda

Si tratta di una chiesa (fig. 26) realizzata nel 1985 in un quartiere di edilizia popolare.

Essa è situata su un lotto quadrato delle dimensioni di circa 50 x 50 m.

Il progettista ha voluto creare un contrasto tra la nuova chiesa e le costruzioni preesistenti

che non presentano particolari qualificazioni da un punto di vista formale. Questo

risultato è stato ottenuto dal punto di vista volumetrico (i caseggiati intorno sono alti e la

nuova costruzione è bassa), nell’utilizzo dei materiali (la chiesa, diversamente dagli

edifici vicini, è realizzata con materiali che cambiano il loro aspetto con il passare del

tempo) e nelle aperture che negli edifici a uso abitativo sono abbondanti, mentre

l’edificio religioso sembra quasi chiudersi verso l’esterno. Su un corpo rettangolare si

innestano alcuni settori circolari che vanno a costituire la chiesa vera e propria; la

sacrestia, divisa dalla chiesa da una fascia nella quale sono raggruppati gli ingressi, ha

forma rettangolare. Realizzata in blocchi di cemento monocromatico, la chiesa ha le

facciate esterne realizzate nella parte alta da pannelli di legno e, nella parte inferiore, in

calcestruzzo di colore blu intenso, presenta strutture metalliche per le rose rampicanti alle

quali il progettista ha attribuito un ruolo estetico molto importante

L’illuminazione proviene

in modo prevalente dai

lucernari. Le pareti interne

sono tinteggiate con tre

tonalità di azzurro e,

incastonate nell’intonaco,

si trovano conchiglie di

madreperla che vanno a

disegnare le linee di

movimento dei pesci. Il

colore blu, prevalente nella

costruzione, è stato scelto

in ricordo del mare delle

isole Molucche dalle quali

proviene la comunità alla

quale è stato destinato

l’edificio.

Fig. 26

24

2.2.5. Paolo Portoghesi e Sami Mousawi: La Moschea di Roma

La costruzione della grande Moschea di Roma (fig. 27), con annesso centro culturale

islamico, è stata terminata nel 1994 ed è il risultato di una vicenda lunga quasi un

ventennio.

Essa infatti ebbe inizio quando fu bandito il concorso vinto dal gruppo di progettisti

guidato da Paolo Portoghesi; un architetto, è bene ricordarlo, che, fin dagli esordi, è

sempre stato molto attento ai suggerimenti della storia (non solo occidentale),

divenendo uno dei maggiori protagonisti di quel movimento che intese prendere le

distanze dai dogmi del cosiddetto movimento moderno. Il vastissimo impianto è situato

ai piedi del Monte Antenne, in un’area che il municipio di Roma volle donare alla già

numerosa comunità islamica presente nella capitale. Presentando questo edificio, il

critico Mario Pisani ha scritto, tra l’altro: «La costruzione si pone più che come edificio

isolato — situazione tipica del monumento — come un vero e proprio brano di città,

aperto, simmetrico, articolato. Quasi un’opera non finita, che cerca un proprio rapporto

con l’atmosfera, l’ambiente dell’intorno, oltre che le presenze più suggestive della

capitale. L’impianto si compone infatti di un elemento geometricamente forte, di

carattere simmetrico e per alcuni versi persino bloccato, mentre quando ci si allontana

da questo nucleo centrale, costituito dalla sala di preghiera e dalla piazza porticata, si

attenua la compattezza e l’insieme si ammorbidisce dilatandosi».

Fig. 27

25

2.3. EDILIZIA PER L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

La pubblica amministrazione è divisa in vari comparti tra i quali quello degli enti locali.

Esso si suddivide ulteriormente in Regioni, Province e Comuni. Tra questi enti, quello

più importante, soprattutto perché maggiormente a contatto con i cittadini, è il Comune.

La legge n. 142/90 detta il «nuovo ordinamento delle autonomie locali ed elenca in

modo dettagliato i compiti e le funzioni che deve assolvere il Comune. A titolo

d’esempio, analizziamo in questa sede le caratteristiche del luogo di governo del

Comune.

2.3.1. Palazzo comunale

Il palazzo comunale è diviso in tre organi istituzionali. Essi sono: il consiglio

comunale, che è l’organo deliberativo e che è composto da un numero variabile di

consiglieri proporzionato all’importanza stessa del Comune; la giunta municipale, che è

l’organo esecutivo, anch’essa proporzionata in rapporto al numero dei cittadini

residenti; infine, il sindaco capo dell’amministrazione comunale e ufficiale di governo

Nella progettazione di una struttura in grado di far funzionare un organismo di questo

tipo, oltre a studiare gli ambienti per gli organi istituzionali sopra menzionati, è

opportuno prevederne altri destinati a uffici pubblici di vario genere come, per esempio,

ufficio di stato civile, ufficio anagrafico, ragioneria, tesoreria, esattoria e commissione

edilizia. Pertanto, un palazzo comunale di un piccolo centro può essere ubicato, come

avveniva anche in passato, al centro dell’abitato, nella zona cioè in cui converge

l’insieme degli interessi di carattere sociale della comunità; per i palazzi comunali delle

grandi e medie città si presentano invece problemi di natura urbanistica, di volta in

volta diversi ma sempre così complessi da portare, spesso, verso soluzioni di

decentralizzazione.

Tutti gli ambienti, quindi, saranno ogniqualvolta studiati in base al “tipo” di Comune.

Lo spazio più importante, quello che qualifica l’intero complesso strutturale, è la sala

per le riunioni del consiglio comunale. La sua disposizione all’interno dell’edificio e il

suo dimensionamento devono essere studiati tenendo presente che in essa non prendono

posto soltanto il sindaco, gli assessori e i consiglieri, ma anche il pubblico e i

rappresentanti della stampa. Vicino alla sala del consiglio, in genere ubicata al primo

piano del palazzo, sono da prevedere gli ambienti da destinare agli organi istituzionali:

ufficio del Sindaco, della Giunta, degli Assessori ecc. Per quanto riguarda, invece, i

26

numerosi altri ambienti, essi saranno situati in posizioni di accesso più o meno agevole,

a seconda che vi sia o meno affluenza di pubblico. Per esempio, seguendo questo

criterio, il progettista collocherà preferibilmente al piano terra tutti gli uffici nei quali

l’afflusso di pubblico è massimo (per esempio, tributi, anagrafe, assistenza sociale,

igiene) e ai piani superiori quelli in cui il cittadino si reca raramente (per esempio,

archivio, protocollo, statistica e censimento). Alcuni di questi uffici, per evitare un

eccessivo affollamento, potranno essere dotati d’accesso indipendente. Inoltre, è utile la

comunicazione diretta tra i vari uffici senza la necessità di passare dai disimpegni

comuni.

È importante, in particolar modo nei complessi di dimensioni maggiori, differenziare i

percorsi dei dipendenti da quelli del pubblico: i primi tramite un accesso direttamente

collegato con il parcheggio per le automobili, gli altri tramite un atrio di

«smistamento». Gli uffici degli enti pubblici sono caratterizzati dal principio del plan

libre, in modo da consentire un’elevata flessibilità e prevedere spazi di lavoro collettivo

e/o singolo in base alle diverse esigenze. L’ufficio del Sindaco, nel quale si potranno

svolgere anche piccole riunioni, avrà dimensioni maggiori rispetto a tutti gli altri. Esso

sarà accessibile tramite un disimpegno che comunica con la sala di attesa.

Le aperture degli uffici devono consentire un rapporto illuminante minimo di 1/8. Oltre

a questi ambienti, è necessario progettare una zona da destinare ad archivio. Questa

avrà una dimensione non inferiore a 300 mq; per questo motivo la sua ubicazione sarà

in una parte «isolata» del complesso oppure nei sotterranei. Infine, già durante la fase di

progettazione, è consigliabile prevedere aree per possibili ampliamenti, vicine e

facilmente collegabili con il resto della struttura.

2.3.2. Guido Canella e collaboratori: il Centro Civico a Segrate, Milano

L’ esigenza di polifunzionalità è stata avvertita come primaria dai progettisti di questo

centro civico realizzato a Segrate nel 1967. L’edificio (fig. 28 e 29) sorge in una

posizione intermedia tra il nucleo vecchio del paese e la nuova zona di espansione

edilizia ponendosi come elemento di collegamento tra due differenti situazioni socio-

ambientali e, di conseguenza, come polo di attrazione per l’intera comunità.

Analizzando questo complesso organismo, di notevole interesse anche per la forma

particolare che lo contraddistingue, scrive un critico sulla rivista L’architettura: “ Il

palazzo comunale racchiude già una serie di funzioni: quella amministrativa con vari

uffici, quella culturale, con la biblioteca pubblica e la sala di riunione, oltre ai servizi

27

sanitari e civici più elementari. Tutti questi ambienti sono raggruppati intorno a un

cuore di servizi e si sviluppano in tutte le direzioni. Ciascuna delle destinazioni è

chiaramente descritta: l’articolazione volumetrica che ne consegue sottolinea i quattro

settori principali: salone sportelli (anagrafe) con soprastante aula di consiglio

(utilizzabile anche come sala per conferenze, concerti e proiezioni); uffici per il

Sindaco e gli assessori, sale di riunione, segreterie; uffici tecnici e amministrativi,

chiusi in un corpo rigido con alta elasticità interna; biblioteca comunale con soprastante

ridotto dell’aula di proiezioni, da utilizzare per mostre, affacciato a semicerchio sulla

campagna circostante”.

Fig. 28

Fig. 29