SCUOLA MEDIA N°1
“P. BORROTZU”
Relax
BARZELLETTE
(di Joelle Peddio)
Siamo su Internet:
www.scuolamedianuoro1.net
La redazione
Seconda G
Seconda H
Terza H
Mattia Garau, Elisa Giraldi, Chiara Murgia, Gio-
vanni Marreddu, Sarah Fenu, Chiara Zizzi
Jessica Arberi, Elia Arridu, Luca Depalmas,
Adriano Gusai, Fabio Mele, Joelle Peddio,
Luciano Tolu, Daniele Catte, Sandro Catte.
Mario Cadinu, Simona Medde, Greta Cugusi, Cateri-
na Spada, Ileana Sulas, Andrea Carta, Gianluigi Ca-
nu, Alberto Iollo, Elisabetta Zucchelli
• Un bimbo dice al papà: “Papà, papà, dove si trovano i monti Carpazi?” -
“Chiedi alla mamma, è lei che sistema in casa!”
• Due mamme parlano dei loro figli. Una dice con orgoglio:“Mio figlio cammi-
na già da tre mesi!” - “ Oh, chissà dove sarà ormai!”
• Fine del compito in classe. Pierino chiede al compagno:” Com’è andata?” -
“Male, ho consegnato il compito in bianco!” .“ Maledizione!” -dice Pierino-
“Anch’io!!! La maestra penserà che abbiamo copiato!”
• Il bambino alla maestra: “ Maestra, ho visto una scimmia che mangia 100
banane al minuto?” - “ E allora?” - “ Beh, all’ora sono seimila!”
A nord di Manantiales, villaggio
petrolifero della Terra del Fuoco, in
Cile, sorgono le quindici o venti
case di un paesino di pescatori
chiamato Angostura, cioè
“strettoia”, perché si trova proprio
davanti al primo restringimento
dello stretto di Magellano. Le case
sono abitate soltanto durante la
breve estate australe. Poi, durante
il fugace autunno e il lungo inver-
LA RIVISTA CHE MANCAVA… E NON GIUSTIFI
CAVA
SCUOLA MEDIA N°1
“P. BORROTZU”
Via Tolmino
Nuoro www.scuolamedianuoro1.
net
Cari lettori... Eccoci giunti al secondo ed
ultimo numero (per
quest’anno) del nostro gior-
nale scolastico. Rispetto al
primo numero ci sono delle
novità. Alcuni compagni sono
andati via e altri hanno preso
il loro posto. Come nel primo
numero abbiamo voluto dare
spazio ad argomenti di attua-
lità ma anche alle nostre pas-
sioni e alla nostra creatività. In
questo numero si è dato spa-
zio al lavoro di gruppo piutto-
sto che valorizzare il lavoro
esclusivamente individuale.
Infatti alcuni articoli sono scrit-
ti a più mani, o sono addirittu-
ra nati amalgamando tra loro
parti di testi diversi. Speriamo
di non deludere le vostre a-
spettative e vi auguriamo an-
cora una volta una buona
lettura. Luca Depalmas
no, non sono altro che un punto di rife-
rimento nel paesaggio.
Angostura non ha cimitero, ma ha una
tomba, un piccolo sepolcro che è sta-
to dipinto di bianco e che guarda ver-
so il mare. Vi riposa Panchito Barrìa, un
ragazzo morto a undici anni. In tutto il
mondo si vive e si muore, ma il caso di
Panchito è tragicamente speciale, per-
ché il bambino è morto… di tristezza.
(a pag. 13)
“Il delfino di Panchito” Fumetto tratto dal racconto di Luis Sepùlveda
Segue a pag. 9
Anno 1, Numero 2—Maggio 2
012
Seven Arts. L’arte per
l’integrazione (p.3)
Fumo, alcool, adolescenza
(p.5)
La bocciatura può far bene
(p.7)
Pagina 2 PREDISTAMPA
Riflessioni sul tema della diversità
“Io sono Pino”
color pomodoro, denti di
mozzarella e occhi acciuga
poco, ma proprio un poco,
storti.
Sono anche un po’ cicciot-
tello. Sto sempre in casa e vado e vengo dal frigorifero
…..tanto per fare due passi e scacciare, in verità, la noia.
Insomma sono un bel bambi-no, anche se non si direbbe:
nessuno me lo ha mai detto, ma io credo di esserlo per-
ché nessuno mi ha mai det-to il contrario. Nessuno mi
dice mai niente.
Di Jessica Arberi
Buongiorno, io mi chiamo
Pino.
Non sono molto contento di
questo nome, che, in verità,
mi ricorda un albero di Nata-
le.
Sono un ragazzino di undici
anni, quasi dodici.
Cresco molto in fretta. Trop-
po, dicono, rispetto al mio
cervello … Ho un’intelligenza
pigra, sempre in ritardo. Non
sono come gli altri, ma se gli
altri non me lo facessero no-
tare così spesso, io non ne
farei un dramma. Adesso
che sono qui a guardarmi
nello specchio posso dirvi,
altrimenti non me lo ricorde-
rei, che ho il viso tondo co-
me una pizza, con guance
A mio fratello
razzista
Siamo tutti gocce
dello stesso mare,
Siamo tutte persone
da rispettare,
Siamo petali dello stesso fiore
Che la vita riempie
di colore.
Non aver paura
dello straniero mai,
Impara a conoscerlo
E apprezzarlo saprai.
E quando non ti sentirai
più solo e perso
Sappi che è perché
hai avuto il coraggio
di accettare il diverso.
Di Jessica Arberi
Disegno di Jessica Arberi
Anno 1, Numero 2 Pagina 19
po!”. Si parcheggiarono ed entrarono dentro un casolare. Elia salì sul furgone e lo mise in moto collegando due cavi. Recuperammo Fabio lungo la strada ed entrammo a scuola trionfanti. La preside ci ringra-ziò e finalmente la nostra clas-se diventò la migliore della scuola. Lampis e Marcellino furono mandati in prigione e costretti a ripagare i danni. “Ero stanco di lavare bagni e aule sempre più sporche” – disse Marcellino - “Ed io mi ero
rotto di fare lezione con ani-mali simili!” – disse Lampis al momento della confessione . Insomma, tutto è bene quel che finisce bene!
Sandro Catte,
Daniele Catte,
Elia Arridu,
Luca Depalmas
Luciano Tolu
Su monte de Nugoro
este unu monte meda bellu
unu de sos menzus
de tottu sa Sardigna,
Pro sos nugoresos
Su pru bellu.
Ma como
Su monte este abbandonau,
Su parcu este tottu imbruttau.
Su camminu este disastrau.
Ana puru brusiau
Medas ungrones,
chi amusu a torrare a biere
Solu in fotografia.
Di Luciano Tolu
Su monte
Visti per voi:
“Diario di un maestro” anni Sessanta e la raccontò nel libro “Un anno a Pietralata”, di cui in classe abbiamo letto alcuni bra-ni.
Quasi tutti i ragazzi della classe vivono nella periferia di Roma, e sopravvivono cercando ferro nelle discariche, facendo qualche altro lavoro o grazie a qualche piccolo furto. Sono ragazzi che vivono in baracche senza riscaldamento e senza acqua calda. Più della me-tà di loro all’inizio del film non fre-quenta la scuola.
La situazione che si presenta al maestro è dunque drammatica: egli cerca di capire come vivono i suoi alunni per poter elaborare il modo migliore per aiutarli. Esce dalla scuola insieme a loro, per vedere le loro abitazioni, per co-noscere le loro famiglie e per sa-pere quali sono i loro interessi. Sco-pre così che si divertono ad osser-vare, cacciare e catturare le lu-certole, capisce che la loro intelli-genza è viva e che dalle lucertole si può iniziare ad ampliare le loro conoscenze e migliorare le loro capacità nell'uso del linguaggio.
Piano piano, maestro e allievi di-ventano un vero gruppo, con re-gole rispettate da tutti. Anche l'au-la si trasforma, e da triste e spoglia diviene allegra e ricca di cartelloni
e di teche al cui interno vivono e si riproducono le lucertole catturate. Cambia anche la disposizione dei banchi, che vengono raggruppati a quattro a quattro per creare dei tavoli da lavoro più grandi.
Con il passare dei mesi i ragazzi si appassionano alla scuola e capi-scono che è importante sapersi e-sprimere per raccontare le loro vi-cende e per capire meglio la realtà della vita.
Uno dei momenti più significativi del film è quello della discussione tra il maestro e il preside, che è lo scon-tro tra una scuola vecchia e polve-rosa e una più moderna e coinvol-gente. Non vi sveliamo come va a finire la storia: non vi resta che guar-dare il film!
Di Mattia Garau e Giovanni Marreddu
Diario di un maestro. 2 DVD. Con libro
Anno: 1972
Durata: 290 minuti
Regia: Vittorio De Seta
Editore: Feltrinelli
Diario di un maestro”, che ab-biamo visto a scuola, è un film che racconta l'esperienza di un maestro elementare meridiona-le (di Napoli), che va a insegna-re in una scuola di Roma, nella borgata chiamata Tiburtino III.
È ispirato all'esperienza di un in-segnante di Siniscola, Albino Bernardini, che si trovò in una situazione simile all’inizio degli
Anno 1, Numero 2 Pagina 18
“Investigatori per caso”
Giallo a più mani, scritto, rivisto e corretto
infatti amano fare ginnastica e non avevano mai dimenticato l’occorrente. Mi chiesi se fosse un normale “salto di palestra” per stanchezza o se avessero in mente qualcos’altro, tipo aggi-rarsi negli anditi di soppiatto e darsi alla fuga alla vista di bidelli, preside o professori. Il professor Pinna ci fece scrivere gli obiettivi della giornata: “Oggi calcetto!”. Chiudemmo la porta e ci diri-gemmo verso il cortile. Una volta giunti, incominciammo il riscal-damento: corsetta leggera ad alternanza, un po’ di stretching e incomincia la partita! Io in por-ta. Dopo solo due minuti erava-mo in vantaggio di due punti. Ero concentratissimo sulla palla e mi ripetevo: “Non devo sba-gliare … non devo sbagliare..”, ma ecco che alle 9:00 la preside interruppe la partita e ci convo-cò nell’anfiteatro. “Vi ho convo-cato tutti, alunni, professori e bi-
delli, per comunicarvi che è stato commesso un furto in palestra e la cosa mi indispo-ne moltissimo!” A Tora cadde la scopa dalle mani. “Nessuno uscirà di qui”- continuò la pre-side- “ se prima non si scopre il colpevole!”. Con nostra mera-viglia, la preside ci assegnò il compito di investigare sul fat-to. Riflettemmo sul da farsi e Tora ci si avvicinò dicendo: “Solo voi siete autorizzati ad entrare in palestra, intesi?”. Ci recammo sulla scena del fur-to: “ Aeeeeee!!!!” dicemmo in coro: la palestra era comple-tamente vuota. Erano rimasti solo due materassi uno sopra l’altro. Niente palloni, reti da pallavolo e racchette. Ci met-temmo subito al lavoro per trovare qualche indizio, ma niente: “Cavolo! Se non sco-priamo qualcosa, ci sospen-deranno tutti!”. Fabio si avvici-nò al termosifone e guardò fuori dalla finestra. Sul retro del cortile c’era un furgone. “Andiamo a vedere di che si tratta”, disse Fabio. Uscimmo correndo. Il furgone era aper-to, e sentite un po’, c’era tutta la refurtiva. Ci nascondemmo ed aspettammo. Dopo un’oretta ecco arrivare, guar-dinghi, professor Lampis e il bidello Marcellino. Entrarono nel furgone bianco e si avvia-rono verso la chiesa di San Giovanni Battista. Noi partim-mo all’inseguimento, ma Fa-bio cadde rompendosi una gamba. “Tranquillo”-dissi- “torniamo a riprenderti do-
Era Sabato 10 febbraio 2012.
Mi svegliai per andare a scuo-
la, mi preparai e uscii di casa.
Alle 8:20 entrai nel grande cor-
tile asfaltato. Ecco che, come
ogni giorno, i ragazzi della
scuola media n°1, entravano
nell’atrio per recarsi alle rispet-
tive aule, tristi di essere a
scuola e come sempre già de-
siderosi di sentire suonare la
campana della ricreazione. La
seconda ora del sabato è
quella che preferisco: profes-
sor Pinna entrò in classe, men-
tre Luciano giocava con delle
calamite. Fece l’appello e
chiese ad ognuno se avessimo
l’attrezzatura. Emanuela, Mar-
ta, Chiara, Daniele e Luciano
non l’avevano.
-“MMMM” - pensai… - ”molto strano…”. Daniele e Luciano
l’allestimento dei laboratori,
anche perché si tratta di
un’associazione auto finan-
ziata. Ogni componente ha
un suo ruolo ben specifico,
per esempio se uno si occu-
pa del catering non si potrà
occupa-
re della
g r a f i c a
pubblici-
taria. Se-
c o n d o
me que-
sta asso-
ciazione
è molto
eff icace
e impor-
t a n t e ,
perché offre servizi utili alla
società unendo alla passio-
ne per l’arte la missione
d’integrare le persone svan-
taggiate.
Di Luciano Tolu
A Nuoro, la città in cui vi-
vo, si sono create molte
associazioni che si occu-
pano di giovani, anziani e
disabili. Una tra le più re-
centi, ma non meno im-
portante, è Seven Arts.
Fondata nel 2010
da Alessandro
Canu, Antonella
Piras e Letizia Le-
vanti, il movimen-
to si occupa
d’introdurre le arti
nella formazione
di disabili, anziani
e giovani con dif-
ficoltà. Musica,
danza, pittura,
scultura, cinema,
teatro, architettura e poe-
sia, sono quindi le discipli-
ne che vengono insegnate
nelle aule dell’ associazio-
ne. Essa ha sede a Nuoro
ed è ospitata presso i locali
della scuola di San Pietro.
Gli allievi che frequentano
vengono poi inseriti nel
mondo del lavoro o resi
protagonisti di spettacoli,
eventi in piazze e teatri. A-
lessandro, fa il musicista da
oltre 18 anni e da sempre
si presta all’organizzazione
di spettacoli di beneficen-
za per disabili o ragazzi in
difficoltà. Un successo per
tutti, soprattutto per que-
sti giovani, che incompre-
si fuori, all’interno del
gruppo riescono a far u-
scire tutto quello che han-
no dentro e che magari
si vergognano di fare in
altri contesti. A me è capi-
tato poche volte di parte-
cipare o assistere ad e-
venti di questa organizza-
zione, ma sono sempre
state esperienze bellissi-
me. A Natale ho imperso-
nato Babbo Natale, gira-
vo per negozi e cercavo
bambini con cui farmi fo-
tografare. Il ricavato veni-
v a i n v e s t i t o p e r
PREDISTAMPA
Seven Arts: l’arte al servizio dell’integrazione
...un successo per tutti, soprattutto per
questi giovani che, incompresi fuori,
all’interno del gruppo riescono a far u-
scire tutto quello che hanno dentro...
Anno 1, Numero 2 Pagina 3
Diversamente uguali
Diversità è il concetto che si usa
per distinguerci, ma anche per
rapportarci gli uni agli altri. Siamo
tutti diversi: uno è musulmano e
uno è ebreo, uno è cinese, l’altro
è africano, uno può correre con
le gambe, l’altro può correre solo
con la fantasia. Tutto ciò non ci
divide, ma anzi dovrebbe favorire
rapporti, amicizie e affetti in un
meraviglioso scambio di culture. Il
NUOVO, infatti, apre a nuove e-
sperienze.
Nella mia città esistono luoghi di
accoglienza per stranieri: il Ctp, le
parrocchie, l’ufficio di mediazione
culturale, sono solo alcuni esempi.
Gli operatori aiutano le persone
immigrate, marocchini, cinesi, se-
negalesi, rumeni, ad imparare la
nostra lingua e ad inserirsi nel tes-
suto sociale con più facilità. Nel
mio palazzo c’è un’associazione
che si chiama ARCI ed è aperta a
tutti. Anche nella mia scuola è fa-
cile incontrare ragazzi stranieri, tutti
ottimamente inseriti, e ragazzi di-
versamente abili. In entrambi i casi
costituiscono una risorsa, nel senso
che da loro e con loro, si possono
imparare tante cose. La cosa in-
credibile è che invece per alcuni
la DIVERSITÀ è una colpa. È una
colpa non vestirsi come gli altri,
non parlare come tutti o non a-
vere gli stessi interessi o le stesse
frequentazioni. A me dà molto
fastidio e mi indigna che qualcu-
no si permetta di ignorare ed e-
marginare una persona senza
nessun motivo se non quello della
loro stessa ignoranza.
Di Joelle Peddio
Ho da poco cambiato casa. Tra i
nuovi vicini, c’è una famiglia che
ha una particolarità: ad essa ap-
partiene una bambina autistica.
Dopo averla conosciuta, mi è
nato dentro una gran desiderio di
saperne di più su questa patolo-
gia. Quindi sono andata a parlar-
ne con il padre della bambina.
Lui mi ha dato una serie di infor-
mazioni, di cui io ho preso nota.
L'autismo è un disturbo che colpi-
sce in media un bambino ogni
150, e i suoi sintomi si manifestano
a due-tre anni circa. L'autismo
non è timidezza o blocco psicolo-
gico o carenza di amore mater-
no, ma è mancanza di abilità so-
ciali e incapacità di immaginare,
di giocare e di esternare i propri
sentimenti.
Sempre più interessata, ho chie-
sto al padre della bambina
com’è la vita per un adolescente
autistico. Mi ha risposto che un
adolescente con autismo ha diritto
a frequentare la scuola comune e
a ricevere trattamenti adatti e lui/
lei, alla sua età e alla sua disabili-
tà. Spesso, però, a 14-16 anni di
età, i ragazzi con autismo vengo-
no allontanati dalla scuola e rara-
mente trovano un centro adatto a
loro che possa dargli un adeguato
progetto educativo, e molte volte
vengono perfino trattati male dal-
le persone comuni. Ma la gente
non sa che cosa in realtà affronti-
no ogni giorno quegli adolescenti
e le loro famiglie.
Ho chiesto infine di conoscere le
prime manifestazioni dell’autismo.
Il padre della bambina mi ha det-
to che anche nei bambini molto
piccoli sono identificabili tratti del
comportamento che prefigurano il
rischio di autismo. Tratti come non
riuscire o non sapere relazionarsi
con bambini o adulti, non parlare
o parlare molto poco, mostrare
molta sensibilità ai rumori, usare i
giochi in modo strano, essere i-
persensibili al contatto e non tol-
lerare cambiamenti di abitudini.
Anche se la famiglia se ne doves-
se accorgere da sola deve co-
munque rivolgersi al pediatra per
farsi spiegare qual è il percorso
opportuno da svolgere col bam-
bino.
Dopo questo lungo discorso mi
ha fatto passare un po’ di tempo
in compagnia di sua figlia… e mi
sono accorta che aveva gli stessi
sintomi che mi aveva elencato
lui. Felice che mi avesse ascolta-
ta e avesse risposto alle mie do-
mande, l'ho salutato ringrazian-
dolo... e ho iniziato a scrivere ciò
che mi aveva raccontato, sicura-
mente più ricca di prima.
Di Sarah Fenu
Parliamo di autismo
Anno 1, Numero 2 Pagina 4 Anno 1, Numero 2 Pagina 17
Anno 1, Numero 2 Pagina 16
Anno 1, Numero 2 Pagina 5
Un disagio che viene spesso affrontato in TV è il consumo dell’alcol da parte degli ado-lescenti. Il fenomeno è preoc-cupante, in quanto sembra che si inizi a bere tra gli 11 e i 12 anni. Dalle indagini di mer-cato risulta che molti di loro hanno trascor-so gran parte del loro tem-po libero da-vanti al com-puter o navi-gando su internet.
Le ultime notizie afferma-no che il 7% degli adolescenti consumano alcol almeno tre volte la settimana. Tra essi una grossa fetta è composta da ragazze. Nella mia città è ca-pitato di aver sentito parlare di ragazzi molto giovani, che ac-quistano casse di birra da consumare nelle piazze. Ma visto che i minorenni non pos-sono acquistare alcolici, come è possibile che lo facciano re-golarmente? Come è possibile che nessun adulto li abbia vi-sti? E soprattutto come è pos-sibile che I LORO GENITORI non si accorgano delle loro condizioni quando fanno ritor-no a casa?
Io penso che bere sia una co-sa sbagliata a tutte le età, ma soprattutto alla nostra. I ragaz-zi della mia età dovrebbero provare piacere a fare altre cose come giocare a calcet-to, mangiare una pizza con gli amici e bere Coca Cola. Io e mio fratello navighiamo su
internet per fare delle ricer-che, raccogliere notizie sulle squadre di calcio o per guar-dare video musicali. Insomma non credo che internet usato in questo modo e con il con-trollo dei genitori, possa esse-re un motivo per iniziare a be-re.
So che ci so-no dei ministri che promuo-vono nelle s c u o l e l’informazione su queste tema-tiche, ma so an-che che dai dati emerge che
spesso i genitori sono al cor-rente del consumo di alcol dei loro figli, ma lo giustificano come un periodo che non avrà seguito e che finirà con l’adolescenza.
Io sono fortunato, perché ho dei genitori molto presenti e prima di darmi il consenso di uscire con i miei amici al Cor-so o ai Giardini, mi ricordano sempre quello che non devo fare, sottolineando la perico-losità del fumo e dell’alcol. Questo mi fa sentire importan-te per loro e so che in futuro, quando mi troverò a sceglie-re cosa fare, le loro parole continueranno a guidarmi.
A tutti i ragazzi che fumano e bevono vorrei poter spiegare quanto sia divertente giocare a calcio e mostrare la propria bravura segnando un Goal….
CHI BEVE NON SEGNA MAI!
Di Fabio Mele
Il consumo dell’alcol tra gli adolescenti
CHI BEVE NON SEGNA MAI!
…. A tutti i ragazzi che fumano e bevono, vorrei poter spiega-re quanto sia divertente gioca-re a calcio e mostrare la pro-pria bravura segnando un GO-
AL….CHI BEVE NON SEGNA MAI!
I danni
del fumo
Da poco mi è capitato di sfogliare una rivista, nella quale mi ha col-pito molto l'articolo che parlava del fumo. Pare, infatti, che nel 2010, per la prima volta dal 1997, le sigarette vendute sono meno di 90 milioni di chilogrammi all'anno. Nel corso del 2010 la vendita di sigarette è scesa del 2,4% rispetto al 2009, quasi un pacchetto in meno a persona al mese.
Secondo il giornali questo calo di vendite è dovuto alla legge Sir-chia, che dal 2005 vieta di fumare nei locali pubblici.
Leggendo questo articolo ho pensato che anche i miei parenti e le persone che mi stanno ac-canto dovrebbero smettere di fumare perché oltre ad inquinare l'ambiente causano dei danni an-che a me e alle persone accan-to, perché la parte del fumo che si disperde nell'aria va a finire nel corpo e nei polmoni anche di chi non fuma.
I danni che può causare il fumo sono tanti, e in particolare ci sono sicuramente vari tipi di tumore:
alla gola, alla lingua, ai polmoni e via dicendo.
Una cosa che mi dà fastidio sono i ragazzi e le ragazze dalla mia età in su che iniziano a fumare: penso che stiano solo sbagliando per-ché si stanno complicando la vita e stanno spendendo soldi inutil-mente invece di usarli magari per andare a mangiare una pizza con gli amici.
Secondo gli esperti il fumo rimane la prima causa di mortalità preve-nibile e la più grave minaccia per la salute dei cittadini europei, compresi i ragazzini.
Di Sarah Fenu
sì? Alcuni di loro assumono questi atteggiamenti semplice-mente perché sono maledu-cati, oppure per attirare l'at-tenzione delle compagne e compagni. A volte lo fanno anche per sfidare i professori, provocandoli. Le conseguenze possono esse-re tante e dannose, anche per i professori, che si innervosisco-no e faticano a mantenere l'auto-controllo . Capita rare volte che in una classe come quella che ho de-scritto si riesca a lavorare be-ne. Ciò si verifica quando mancano quei ragazzi che di solito impediscono lo svolgi-mento di qualsiasi attività. Le lezioni, così, scorrono più leggere, e noi ragazzi riuscia-mo ad ascoltarle, seguirle e
Pagina 6 PREDISTAMPA
Non sono tantissime, in una classe, le ore serene, quelle in cui l'unica preoccupazione è fare lezione. Questo fatto è dovuto all'atteggiamento sba-gliato di troppi ragazzi e ra-gazze. I maschi spesso disturbano la lezione alzandosi dal banco continuamente, senza per-messo, chiacchierando ripetu-tamente, urlando al cambio dell'ora. Ci sono alcuni ragazzi che si affacciano alla finestra inutilmente. Soprattutto le ra-gazze, poi, escono dalla clas-se per andare in bagno an-che una volta per ogni ora. Di solito ci sono pochi ragazzi, in una classe, che stanno davve-ro attenti. Gli altri fanno tutt'al-tro. Ma perché si comportano co-
LEZIONI AGITATE: CHE FARE?
LA MATERIA ODIOSA
Quando si parla, invece, si può anche ignorare qualche rego-la. Ad esempio quelle sulla pun-teggiatura: quando io parlo nessuno si ac-corge se ho messo le virgole al posto giusto. Però so che la grammatica è importante. Ci sono regole che devono essere applicate per forza, come per esempio quel-la di mettere le lettere nell'ordi-ne corretto oppure quella di coniugare bene i verbi. A pensarci bene, a non sapere le regole della grammatica si corre un rischio troppo grosso: quello di passare per una per-sona ignorante. Perciò, volenti
La materia che eliminerei dai programmi scolastici è la gram-matica. Non la sopporto, la grammati-ca. La detesto, la odio. Ci sono troppe regole da studiare, trop-pi compiti da fare. E' vero, ci sono degli argomenti che se-condo me sono più semplici, come ad esempio l'uso delle doppie e della “h” nel verbo avere. Ma sono davvero pochi. Per la maggior parte, la gram-matica è difficile da imparare. Inoltre con la grammatica non posso scrivere a modo mio per-ché devo pensare alle regole, e questo mi toglie libertà. Se-condo me, poi, la grammatica è importante solo nello scritto.
o nolenti, è meglio impegnarsi a studiarle.
Di Giovanni Marreddu
“...quando io parlo nes-
suno si accorge se ho
messo le virgole al po-
sto giusto....”
quindi capirle, e la maggior parte delle volte sono molto interessanti. Come risolvere il problema? Non credo che esista una ricet-ta infallibile, anche perché altri-menti i professori la conosce-rebbero. Tuttavia sono convin-ta che certe volte allontanare alcuni alunni per un po’ di tem-po dalla scuola potrebbe esse-re una soluzione. Però ritengo anche che il modo migliore per rendere una lezione più “divertente”, per far rilassare e stare attenti i ragazzi, sia quello di svolgere attività più “partecipate” e coinvolgenti, come fare cartelloni o guarda-re film belli e interessanti.
Di Elisa Giraldi
Anno 1, Numero 2 Pagina 15
Anno 1, Numero 2 Pagina 14
Anno 1, Numero 2 Pagina 7
La bocciatura può far bene Non è bello essere bocciati, tornare a casa e dover trovare una spiegazione da dare ai genitori e ai pa-renti, affrontare il momento drammatico di varcare la soglia di casa e dover comunicare il proprio falli-mento. Ma questo capita perché non si studia: molti ragaz-zi, infatti, prendono lo studio e la scuola come un gioco, convinti che uscire in giro la sera sia più im-portante. Non pensano che se non si studia, poi, non si viene promossi! Questo però lo capiscono troppo tardi, e perciò è anche inutile studiare gli ulti-mi giorni, perché ormai la bocciatura è inevitabile. A quel punto devi solo aspettare l'anno successivo, quando, se sarai fortunato, potrai capitare in una bella classe, con persone che ti potranno stare sim-patiche e tra le quali magari trovi anche l'amica o l'amico del cuore che ti capisce, ti difende, ti consi-glia e ti consola nei momenti più difficili. Mentre guardi i tuoi nuovi amici, però, ti viene da pensare alla classe in cui eri prima, e a quanto ti di-vertivi, o a quanto ti annoiavi, a tutte le stupidaggi-ni, a tutte le passeggiate per la scuola e tutto il re-sto… E forse un po' ti si spezza il cuore! Ma poi guardi davanti a te e vedi le tua nuova si-
tuazione, e capisci che quella è vita passata! Ora si deve guardare il presente, e ciò che si ha davanti, non quello che c'è dietro! Per quanto riguarda lo studio, ripetere l’anno secon-do me non può far altro che bene. È inutile, infatti, essere sempre promossi se poi non si sa niente. La bocciatura può essere un fatto positivo, perché così capisci che devi studiare, seguire le lezioni e se non capisci chiedere spiegazioni. Quest'ultima strategia in particolare, a mio parere, è fondamentale, perché attuandola le lezioni si capiscono meglio e magari scopri che la materia che tanto odiavi non è poi così ostica e che se la detestavi era solo perché non fa-cevi attenzione a quello che dicevano i professori . E proprio questi ultimi, i professori, possono essere il fattore determinante per la tua rivincita scolastica. Infatti, se sei fortunato, puoi capitare in una classe nella quale i docenti sono più alla mano e magari hanno un metodo che si adatta meglio al tuo modo di imparare. Per questo puoi stare tranquillo, sapendo che con loro potrai essere promosso!
Di Chiara Zizzi
Io sono la prima ad usare il telefono in ogni momento, davanti a qualsiasi persona, mentre parlo con altra gente e
persino quando mangio. E’ proprio per questo, per tentare di darmi una regolata, che voglio fare un elenco dei
casi in cui è più corretto ed educato non usarlo, o tenerlo proprio spento. Ci si dovrebbe astenere:
1. quando si è a pranzo o a cena, sia con amici che con familiari , per portare rispetto alle persone con cui
ci si trova in quel momento .
2. quando si è in macchina, se si sta guidando.
3. quando si è in chiesa: sarebbe inopportuno che squillasse mentre, magari, il sacerdote sta dando la
comunione .
4. quando si è al cinema: capita a volte che qualche telefonino squilli proprio nel momento culminante del
film, e tutti se la prendono con il malcapitato che non l’ha spento .
5. quando si è ad una mostra: immaginate un telefono che rumoreggia mentre c’è un momento di
silenziosa contemplazione, e tutti si girano e guardano chi potrebbe essere quel deficiente.
6. quando si è in classe: potrebbe squillare proprio mentre sei all’ interrogazione, e magari è proprio tua
mamma che ti vuole chiedere come è andata .
7. quando si è ad un funerale. Magari la sua suoneria allegra vi assale proprio mentre state facendo le
vostre condoglianze.
8. …...tutte le volte che non si ha niente da dire. Chiara Zizzi
Galateo del telefonino
Anno 1, Numero 2 Pagina 8
La passione del calcio l’ho eredi-
tata da mio padre e la pratico
da quando avevo sei anni. È
uno sport che mi piace non solo
perché posso divertirmi correndo
all’aria aperta, ma anche per-
ché quando gioco dimentico
tutti i pensieri negativi. Per tre
giorni la settimana frequento il
campo della Solitudine, luogo
d’incontro con i miei amici, con i
quali condivido la passione per il
Pallone. Infatti, come tutti gli
sport, il calcio aiuta a fare nuove
conoscenze e a rafforzare le a-
micizie.
Da mio zio, più che da mio pa-
dre che giocava in difesa, ho
ereditato il ruolo del portiere. Ec-
co perché spesso faccio allena-
menti individuali con un esperto.
Il mio idolo è Buffon perché se-
Io faccio parte della squadra dei cadetti di scherma e fioretto che
si allena tre volte la settimana in una palestra presso il complesso
dei Salesiani a Nuoro. Pur non es-sendoci molti iscritti, è una buona
squadra ed i suoi atleti stanno iniziando a farsi conoscere dagli
altri club della Sardegna. Non per vantarmi, ma mio fratello Lorenzo
ha già una piccola bacheca di medaglie ed anche una coppa,
giacché le sue ultime competizio-ni si son concluse sempre sul po-
dio. Anche io mi sto appassionan-do a questa accademia d’armi,
che non è uno sport solo fisico, ma anche di grande equilibrio e
concentrazione. Devi studiare l’avversario, attaccare, parare,
affondare con velocità e destrez-
za, senza per questo dimenti-care mai di avere un’arma in
mano. Il nostro allenatore si chiama Luciano, è un finanzie-
re siciliano che alla fine degli anni Ottanta è stato una gio-
vane promessa della nazionale under 20. Egli, oltre ad allenar-
ci, è un buon educatore. Le regole a cui ci richiama sono
valide non solo in palestra ma ovunque. Per questo talvolta è
un po’ troppo severo, ma i suoi consigli sono sempre giusti ed
io finalmente mi sento a mio agio in questo ambiente. Non
è infatti il mio primo inserimento sportivo. Ho praticato la palla-
canestro, il rugby e il taekwon-do, ma non mi sono mai sentito
parte di una squadra. In parti-
colare nel taekwondo tutti erano contro tutti ed io non sono riuscito a
farmi nessun amico, a parte mio cu-gino. Anche il maestro era severissi-
mo e quando sbagliavamo o parla-vamo, lui ci frustava con un pezzo di
tatami o ci puniva con 100 piega-menti. Invece il maestro di scherma
ci punisce solo se giochiamo con le spade, facendoci sedere per due
minuti a riflettere sulla pericolosità delle armi. Insomma qui mi sento
parte di una squadra, dove tutti sono amici, nessuno escluso. L’unità della
squadra è sempre incoraggiata dal maestro, che spesso organizza occa-
sioni d’incontro e socializzazione da-vanti ad una bella pizza.
Di Adriano Gusai
La Scherma
Il ruolo del portiere perso. Possiamo dire che ora siamo
veramente una squadra. Segnare e
fare giocate individuali non è più il
nostro obiettivo, ma giochiamo la
palla con i compagni, ognuno con il
suo ruolo, uniti nel nostro sogno di
vittoria. Di Sandro Catte
condo me è l’unico portiere ita-
liano che svolge questo compito
in modo giusto e corretto, aiuta-
to anche dalla sua notevole al-
tezza.
Nel ricoprire questo ruolo ho ca-
pito che il segreto di un portiere
è la concentrazione, perché solo
se sei concentrato riesci a parare
la palla in modo quasi naturale.
Tuttavia il portiere non va consi-
derato un escluso dagli altri, ma
è parte integrante della squadra:
incita i compagni, li incoraggia
nei momenti difficili e non è un
caso se spesso il portiere è an-
che il capitano della squadra.
Divertendoci, ma soprattutto al-
lenandoci con serietà e costan-
za, siamo riusciti a battere squa-
dre con le quali prima avevamo
NON SOLO SPORT
Disegno di Sandro Catte
Anno 1, Numero 2 Pagina 13
Cronaca semiseria della Terza H
Ultimi canti del poema... epico-scolaresco!
Anno 1, Numero 2 Pagina 12
INCERTEZZE DELLA 3H
Che ne sarà del nostro futuro?
Sarà piacevole o oscuro?
Dove andare?
Su chi potremo contare?
Questa strada sarà tortuosa
Come un’onda impetuosa,
non sappiamo che cosa accadrà
che cosa ci aspetterà
e soprattutto che destino ci riserve-rà.
La difficile scelta …
L’ORIENTAMENTO
Ancora pochi giorni e proprio
Come quattro anni fa,
si dovranno operare nuove scelte…
Quando eravamo bambini
Era facile fantasticare
Su quale mestiere fare…
L’ idraulico, il chirurgo, l’ ingegnere
Oppure il maestro, il poliziotto, il pompiere?
Ed ora, che di scegliere abbiamo l’ occasione,
Stentiamo a prendere una giusta decisione.
Dubbi, paure, perplessità
Non è più tempo di sogni:
bisogna affrontare la dura realtà.
L’ ESAME
Ci sarà ancora da studiare… Studia-re…. Studiare…. Studiare… studiare…
E poi pronti a saltare “l’ ostacolo fina-le”!
Sin dalla prima lo abbiamo aspettato
E adesso il momento è quasi arrivato
“farete i conti con l’ esame” ci ripete-vano professori
Rinnovando di volta in volta i nostri ti-mori.
Saremo in grado di ricordare la regola grammaticale???
La questione meridionale….
“La seconda guerra mondiale??”
Secondo noi restano due cose da fa-re:
o stare chini sui libri, ore e ore a studia-re
oppure uscire con gli amici, sperare nella fortuna e…. tentare…. di bluffare.
La terza H Didascalia dell'immagi-
ne o della fotografia
Pagina 9 PREDISTAMPA
Perdere l’amore Amore ,
ormai sono diversi giorni
che ci siamo lasciati; non
faccio altro che pensare a
te, a te che per me sei sta-
to speciale, tanto speciale,
a te che hai reso la mia vita
unica, splendida ma anche
orrenda nello stesso tempo!
A te che con un sorriso mi
cambiavi l’intera giornata!
A te che con un niente riu-
scivi a fare moltissimo, a te
che con immenso amore
mi rendevi la vita magnifi-
ca! A te che in ogni mes-
saggio mi scrivevi “Ti amo”,
a te che in qualsiasi mo-
mento riuscivi a strapparmi
un sorriso, a te che forse mi
hai fatto spesso arrabbiare,
a te che sei riuscito a ren-
dermi la vita impossibile,
ma meravigliosa!!!
Grazie a te, amore, la mia
vita è cambiata: è diventa-
ta più bella, più allegra. Ma
poi, non so come, tutto è
cambiato, tu sei diventato
più freddo, molto più di-
staccato, e in quel momen-
to mi si è spezzato il cuore,
era come se il mondo mi
fosse caduto addosso, e
quella sensazione ce l’ho
ancora, la sento dentro di
me, non riesco a farla usci-
re, è entrata ma non esce,
non vuole... . E’ come se
dentro di me ci fossi tu, tu
che sei tutto, e allora capi-
sco perché non se ne vuole
andare via, perché sono io
che non voglio mandarla
via. Anche se è una sensa-
zione che mi fa soffrire la
voglio tenere dentro di me,
almeno mi rimane qualcosa di
te, anche se mi strazia !!!
Per te, amore, ho sofferto tan-
tissimo, e sto continuando a
soffrire, non riesco a non pen-
sare a te! Mi sveglio la mattina
e mi ricordo che io e te non
siamo più fidanzati e che quin-
di se mi arriva un messaggio
non sei di sicuro tu!!! Ci sto ma-
lissimo, non riesco ancora a
crederci, ma purtroppo è così!
Giorno dopo giorno cerco di
farmene una ragione ma non
ci riesco e non voglio aprire
veramente gli occhi e vedere
che nella mia vita tu non ci sei
più! Continuo a fare la finta
tonta, e auto-ingannandomi mi
dico che noi siamo ancora fi-
danzati; ma so che non è vero,
e mi chiedo: perché proprio a
me ?! Poteva capitare ad altre
persone, invece è capitato a
me! Ogni giorno che passa
penso a quanto sono stata for-
tunata ad incontrarti, mi hai
reso felicissima, hai cambiato il
mio modo di guardare la vita,
ma poi hai voluto rovinare tut-
to !!
Ogni tanto, in questa sofferen-za, qualche luce si accende e
si fa viva la speranza… credere che forse in un tempo lontano
ci rimetteremo insieme, e che magari un giorno ti avvicinerai e mi dirai che mi vuoi ancora.
Non voglio credere che sia fini-ta per sempre. E magari, dopo
tanto star male, riuscirò a ricon-quistare il tuo cuore. Sarebbe
bellissimo!
Cuore infranto
Il sonetto della Commozione
Ero quel giorno con la mia Fidanzata alla quale avevo promesso l'anello; nel concludere la lunga passeggiata ci avvicinammo lenti al suo cancello. Lei mi pareva proprio interessata
e tutto mi sembrava molto bello son sicuro che l'avrei baciata se non fosse comparso suo fratello. L'apparire di quel gran bestione rappresentò per me una vera rogna
perché reggeva in mano un bel bastone. Si scatenò così una gran tenzone e fu per me motivo di vergogna quella mia CEREBRALE COMMOZIONE
Di Francesco Capelli ( Seconda L)
Anno 1, Numero 2 Pagina 10
LUI
Il fenomeno
Arrivo a scuola: En-
tra dall’ingresso
principale e subito
viene circondato
dagli amici, che gli
offrono subito una sigaretta.
Look: pantaloni larghi a vita bassis-
sima, boxer colorati, maglietta fir-
mata e occhiali da sole, anche se
il sole non c’è .
Ingresso a scuola: Arriva sempre
con 15 minuti di ritardo, spalan-
cando la porta.
All’interrogazione: prende la se-
dia , mette i piedi sulla cattedra e
non dice nulla.
Al compito in classe: aspetta che
qualcuno gli passi il compito già
corretto e copiato in bella.
Alla ricreazione: non mangia nul-
la, esce senza permesso dall’aula
e cerca gli amici per fare qualche
cavolata.
In palestra: si esibisce in doppi salti
mortali per farsi notare. Se sbaglia
qualcosa dà sempre la colpa a
qualcos’altro.
mettono in punizione.
Il Caimano
Arr ivo a scuola : Ent ra
dall’ingresso principale ciondo-
lando come un ebete.
Look: pantaloni ascellari e ca-
micia dentro i pantaloni.
Ingresso in classe: Arriva sem-
pre puntuale, ma l’insegnante
non se ne accorge e gli mette
lo stesso l’assenza.
All’interrogazione : con una
camminata da pinguino, arriva
alla cattedra, sfrega le mani
sino a consumarsele, intreccia
le dita e non dice nulla.
Al compito in classe: cerca di
copiare, nessuno gli suggerisce,
mastica la penna sino a consu-
marla.
Alla ricreazione: finge di gioca-
re a flipper con il banco, cade
e tutti gli saltano addosso.
In palestra : tutti saltano i mate-
rassi in corsa, ma solo lui cade
rovinosamente a terra.
Diario: Ha il diario tutto rotto,
perché i compagni glielo lan-
ciano regolarmente dalla fine-
stra.
In presidenza:Entra in presiden-
za , sposta la sedia per sedersi,
ma cade fragorosamente a
terra, facendo volare in aria
una cartella piena di documen-
ti.
L’uscita: esce da scuola e in-
ciampa davanti a tutti rotolan-
do dalla scalinata
Di Elia Arridu, Daniele Cat-
te, Luca Depalmas
LUI e LEI: Il fenomeno, il medio e il caimano LIBERAMENTE ISPIRATO A UN RACCONTO DI STEFANO BENNI
Diario: Non ha il diario.
In presidenza : si siede rilassato e
dice alla Preside:” qual è il suo pro-
blema?”
Uscita: Esce aprendo le porte anti-
panico con un calcio e le ragazze
gli saltano addosso adoranti.
Il medio
Arrivo a scuola : Entra dall’ingresso
principale con una sigaretta in
bocca, ma tossisce
ad ogni boccata.
Look: pantaloni lar-
ghi a vita bassissi-
ma, mutande bian-
che e maglietta di
due taglie in meno.
Ingresso in classe:
Arriva in classe e fa
perdere 10 minuti, perché non sa
mai qual è il suo posto.
All’interrogazione : studia a memo-
r i a , m a q u a n d o v a
all’interrogazione non ricorda mai
niente.
Al compito in classe: cerca di co-
piare, ci riesce anche, ma i suoi
voti sono ugualmente insufficienti.
Alla ricreazione : mangia una me-
la.
In palestra: dice di essere il più for-
te a basket ma quando tira, la pal-
la non arriva nemmeno a cane-
stro.
Diario: Ha il diario, ma non lo usa
mai
In presidenza: entra tremante e
imbarazzato.
Uscita: Esce da scuola e torna su-
bito a casa, perché altrimenti lo
Il Fenomeno, il Medio e il Caimano sono tre personaggi nati dalla fantasia dello scrittore Stefano Benni, che sulla pista da sci si comportano e si caratte-rizzano in modo differente.
Liberamente ispirandoci ad essi, ab-biamo calato i tre personaggi nella nostra realtà scolastica e con ironia ed esagerazioni siamo riusciti a creare la versione maschile e femminile del Fe-nomeno, del Medio e del Caimano della Scuola media n°1. Daniele Catte
Disegno di Elia Arridu
Pagina 11 PREDISTAMPA
LEI
La “fenomena”
L’arrivo a scuola: arriva a scuola
con la scorta, saluta le amiche e
fulmina con lo sguardo le sue po-
tenziali rivali. Bacia il suo ragazzo
assicurandosi che la stiano guar-
dando.
Look: pantaloni a vita bassa, ma-
glietta corta, scarpe Nike Air. Cer-
chietto maculato, occhiali fucsia,
trucco pesante. Maggior spesa-
smalto per le unghie.
Ingresso in classe: entra senza
guardare in faccia nessuno e si
siede al suo posto , osserva e
commenta le sue unghie favolo-
se.
All’interrogazione: fa la saputella.
Compito in classe: scrive, tra uno
sbadiglio e l’altro, dieci pagine.
La ricreazione: mangia solo un
po’ di frutta perché tiene molto
alla linea..
In palestra: corre come un oca
giuliva, sfoggiando il completino
nuovo.
Il diario: è tempestato di strass.
In presidenza: entra e chiacchie-
ra con la preside.
Uscita: cammina svelta, a testa
alta seguita da tutti i suoi preten-
denti.
La media
L’arrivo a scuola: non saluta nes-
suno e quando lo fa nessuno ri-
sponde.
Look: pantaloni a vita bassa, ma-
glietta corta, scarpe da tennis
taroccate. Cerchietto maculato,
occhiali fucsia comprati dai cine-
si, trucco pesante. Maggior spesa
– il cerchietto maculato-
Ingresso in classe: entra a testa
alta si siede al suo posto, osserva
e si rende conto di non aver por-
tato il quaderno giusto.
All’interrogazione: cerca di fare
la saputella, ma ripete la stessa
frase tre volte.
Compito in classe: crede di sape-
re tutto, si fa pagare per suggeri-
re e prende quattro.
La ricreazione: ha tre pacchetti di
crakers ma non ne offre a nessu-
no.
In palestra: corre come un coni-
glio impazzito.
Il diario: non lo usa. Scrive i com-
piti sul braccio, perché da qual-
che parte ha letto che è più chic.
In presidenza: vorrebbe chiac-
chierare, ma la preside la zittisce
e la rimprovera.
Uscita: cammina svelta, a testa
alta e inciampa sull’ultimo gradi-
no.
La caimana
L’arrivo a scuola: cammina a te-
sta bassa e sbatte contro il can-
cello.
Look: pantaloncini corti, gambe
pelose.
Ingresso in classe: cerca di fare
uno scherzo ad una compagna,
questa si spaventa e le sbatte in
faccia la porta
All’interrogazione: cerca di sbir-
ciare il libro. È convinta di averce-
la fatta, ma la pagina è sbagliata
e l’argomento non è ancora sta-
to spiegato.
Compito in classe: starnutisce e
bagna di bava la bella.
La ricreazione: va alla macchi-
netta, ma come al solito, a lei e
solo a lei, si incastrano i soldi e ri-
mane .
senza merenda.
In palestra: inizia a correre e si slo-
ga una caviglia.
Il diario: ha il diario comix, perché
fa figo. Finge di ridere a crepapel-
le leggendo le barzellette, ma in
realtà non ne capisce nemmeno
una.
In presidenza: entra, inciampa e
scivola, rompendo il soprammobile
sulla scrivania della preside che la
guarda senza parole.
Uscita: esce frettolosamente, vor-
rebbe fare uno sprint e uscire pri-
ma degli altri, ma inciampa.
Di
Joelle Peddio e
Jessica Arberi
Disegno di Joelle Peddio
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