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per la Continuit Competitiva delle PMI
Progetto Ri-lancioRilevazione, analisi e studio del fenomeno passaggio generazionale nelle PMI
nel territorio regionale veneto, al fine di valutare la necessit di avviaremisure regionali di accompagno ed innovazione a sostegno del passaggio generazionale
Vicenza, ottobre 2002
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Quando parlava Eschine, gli Ateniesi dicevano: "Come parla bene!"
Quando parlava Demostene, gli Ateniesi dicevano: "Uniamoci contro Filippo!".
Lo spirito di questa ricerca non vuol essere tanto quello di un eloquio rotondo,
quanto quello di fornire informazioni motivanti, che spingano ad agire.
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SINTESI DELLA RICERCA.
Premessa.La trasmissione aziendale o successione il processo attraverso il quale la propriet
dellazienda viene trasferita ad unaltra persona o ad unazienda, in modo tale che
loriginaria impresa continui ad operare.
Una trasmissione aziendale pu avvenire allinterno della famiglia proprietaria, attraverso
lacquisto di manager interni o la vendita a terzi.
La trasmissione pu infine avvenire tramite un progetto mirato, oppure come risultato di
eventi accidentali (morte, incidente o malattia delloriginario titolare).
Obiettivi.Lobiettivo principale della presente indagine quello di capire come si potrebbero
migliorare le condizioni di trasmissione aziendale in Veneto. Ci al fine di poter
salvaguardare e migliorare le condizioni economiche e, soprattutto, mantenere la
competitivit delle nostre imprese.
Parte generale.Lanalisi avvenuta attraverso la rilevazione, sulla base dellanzianit aziendale,
dellestensione sul territorio del fenomeno della criticit del trasferimento delle imprese da
una generazione all'altra, e del conseguente rischio di loro cessazione.
Tale analisi ha riguardato la dimensione delle imprese in termini di dipendenti, fatturato e la
loro significativit in quanto patrimonio del territorio (assumendo quale indicatore la
capacit di export).Luniverso di riferimento stato quello delle 444.376 ditte attive PMI (alla data
31/03/2002).
Tale rilevazione di primo livello ha riguardato un campione (5.000) ditte statisticamente
rappresentative delle sette province venete e dei diversi settori merceologici.
Il campione stato fornito da Infocamere, in stretta collaborazione con Unioncamere
Veneto.
Le risultanze della parte generale possono essere cos sintetizzate:
- media dipendenti: 3,78- media addetti familiari: 1,44- media collaboratori (dipendenti pi addetti familiari): 5,22- fatturato medio: 3.090.664 Euro (calcolo riferito alle sole societ di capitali)- livello medio di export: 35,71%- aziende che hanno almeno 22 anni di vita (cio sorte prima del 1980): nr. 63.812- aziende che avranno almeno 22 anni di vita nei prossimi 5 anni: nr. 54.125
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- totale aziende che ad oggi ed entro i prossimi 5 anni saranno interessate alla tematicadella trasmissione: nr. 117.937
- rischio socio economico (in base ai parametri europei):nr. 400-410.000 collaboratori a rischio di doversi riqualificare
45-50.000 mil. di Euro di fatturato* a rischio
17-18.000 mil. di Euro di export* a rischio
(*valore riferito alle sole societ di capitali)
Parte specifica e mirata.La rilevazione specifica stata attuata mediante un campione mirato di 142 aziende fra
quelle precedentemente selezionate, e ha riguardato l'attuale anzianit dei titolari alla guida
dell'impresa, la presenza o meno di possibili successori e le rispettive caratteristiche
anagrafiche e di posizionamento professionale.
Si precisa inoltre che tali aziende - intervistate telefonicamente mediante un questionario -
erano particolarmente significative, sotto il profilo della pertinenza del problema e della
significativit statistica.
Le risultanze della parte mirata possono essere cos sintetizzate:
- oltre il 36% dei titolari o fondatori delle aziende ha pi di 60 anni;- la classe di et dei titolari pi numerosa quella dai 56 ai 60 anni;- l80% delle aziende intervistate sono ancora guidate dal fondatore (nel 92% dei casi di
sesso maschile);
- l80% dei Senior ricopre un ruolo in azienda definibile di generalista;- nel 97% delle aziende c la presenza di continuatori (effettivi o potenziali);- due terzi dei continuatori (effettivi o potenziali) sono di sesso maschile;- la classe det degli Junior pi numerosa quella dai 26 ai 30 anni;- il 48% degli Junior ha maturato unesperienza in azienda di almeno 6 anni;- oltre il 50% degli Junior in possesso di un diploma superiore, e oltre il 30% di una
laurea;
- i fattori interni (leadership interna, aspetti relazionali e familiari) condizionanomaggiormente la continuit rispetto ai fattori esterni (leadership esterna, competitivit
sul mercato);
- sul totale delle aziende intervistate, il 35% di queste prevede un passaggio di testimoneentro 5 anni, il 20% lha gi effettuato negli ultimi 5 anni, mentre un altro 34% non loprevede nel medio termine;
- il tipo di trasferimento - attuato o previsto - nell82% dei casi definibile in famiglia(cio un vero e proprio passaggio generazionale);
- la forma di trasferimento attuata o prevista nel 69% dei casi quella della cessione(meglio se graduale) delle quote o azioni ai continuatori;
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- le ragioni del trasferimento - attuato o previsto sono nel 65% dei casi legate alpensionamento/et del Senior;
- l8% delle aziende intervistate dichiara di aver attivato o di farlo in futuro un precisoprocesso di pianificazione con scadenze ben definite;
- il 56% degli intervistati dichiara che il tempo medio di pianificazione del proprioprocesso successorio compreso tra 4 e 10 anni;
- rispetto alle possibili misure dintervento glintervistati hanno espresso il seguentegradimento: 30% per i supporti finanziari, 24% per gli incentivi fiscali, 22% e 21%
rispettivamente per azioni formative e interventi consulenziali.
Conclusioni.I dati sopra esposti rilevano che la problematica della continuit nel Veneto di stretta
attualit, e presenta dimensioni quali-quantitative significative, in termini di rischio socio-
economico in caso di una non corretta gestione.
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Indice.
Introduzione p. 7
Metodologia della ricerca p. 13
La rilevazione:- Generale p. 16- Specifica e mirata p. 27Conclusioni p. 67
Alcuni elementi utili per le possibili fasi successive. p. 69
Appendice: traccia commentata del questionario p. 71
A cura di:
StudioCentroVeneto Sas
Via G.B. Imperiali, 7736100 Vicenza
Tel. 0444-512733
Fax 0444-512420
Lindagine stata diretta da Toni Brunello, condotta da Paolo Zaramella, e con la
collaborazione di: Luisa Barausse, Vladimiro Barocco, Mirco Casteller, Ferruccio Dal Lin,
Elena Padovan, professionisti che cooperano nellambito dellAtelier StudioCentroVeneto
per la continuit delle imprese.
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INTRODUZIONE.
Sono oramai quasi dieci anni che lUnione Europea ha posto laccento sulla problematica
della continuit/passaggio generazionale, intervenendo - per la prima volta a livello
normativo con la Raccomandazione del 7 dicembre 1994, che sollecitava gli StatiMembri ad intervenire per favorire la trasmissione, in particolare delle micro e piccole
imprese.
Il motivo di tale particolare attenzione strettamente legato allevoluzione socio-economica
della popolazione: stato infatti calcolato che, mediamente, una generazioneimprenditoriale in Europa dura 29 anni.Questo significa che le numerosissime imprese nate nel secondo dopo guerra, in particolare
negli anni del boom economico e fino alla met degli anni Settanta, stanno affrontando in
questo periodo, per questioni per cos dire anagrafiche, la problematica successoria.
Questo sta determinando una vera e propria esplosione del fenomeno un po in tutta Europa ;la problematica sta quindi assumendo quasi un carattere di epidemia a livello di sistema,
costringendo i diversi attori economici, sia pubblici che privati, ad attivarsi.
In Italia e nel Veneto in particolare - la durata media di una generazione forse un po pi
elevata rispetto alla media europea, in quanto sembra vi sia una tendenza da parte del
Senior, talora critica per la competitivit aziendale, a procrastinare la sua uscita o comunque
la delega effettiva alla nuova generazione.
Sempre a livello diniziative di sensibilizzazione ed informazione, importante ricordare il
forum di Lille del febbraio 1997, primo appuntamento a livello europeo sul tema.Un dato importante emerso, e preoccupante allo stesso modo, la scarsa consapevolezzarilevata in quelloccasione su tale problematica (oltre il 60% degli imprenditori riteneva,a quel tempo, che la trasmissione per loro non sarebbe stato un problema).
Successivamente, nella sua Comunicazione del 28.3.1998, lUnione ha sollecitato i PaesiMembri a favorire i meccanismi di trasmissione delle PMI, con supporti pubblici e privati,
perch la scarsa efficienza di quelli attuali fonte di una preoccupante mortalit per le
imprese europee e di una conseguente, grave emorragia di posti di lavoro.
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Infatti, come gi nel 94, la UE denunciava:
- due imprese su tre scompaiono entro i 5 anni dalla formale trasmissione;- ci determina la perdita di circa 300.000 posti di lavoro lanno in Europa;- il 10% dei fallimenti in Europa risulta dovuto allinadeguatezza dei diversi
operatori
nel governare i processi di trasmissione;
- in sintesi, si parla di 5 milioni di posti di lavoroa rischio nei prossimi anni.
Un dato molto interessante, emerso da una pi recente ricerca francese condotta su un
campione esteso a livello europeo, ha calcolato che se mediamente unostart-up (nascita diuna nuova impresa) crea due posti di lavoro, una trasmissione di successo ne mantieneben cinque.Questo dovrebbe spingere i diversi Governi anche regionali - ad incentivaremeccanismi di trasmissione adeguati, essendo dimostrata la maggiore efficacia
nellordine del 150% e quindi il minor rischio insito nella continuit di unimpresarispetto alla sua nascita.
Il recentissimo Seminario di Vienna del 23-24 settembre scorsi raccomanda di dedicare lastessa attenzione alla creazione di nuove imprese e al loro trasferimento nellaprospettiva della continuit.Mutuando un fondamentale concetto di marketing, questo viene confermato considerando
che molto pi difficoltoso trovare un nuovo cliente rispetto a mantenerlo.
Se a questo aggiungiamo il fatto che, mediamente, una trasmissione in Europa dura 7-8
anni (fonte belga del 1997 su pi di mille PMI, confermata da pi recenti dati) chiaro cheil governo della stessa riveste un ruolo strategico per la competitivit del tessuto economico.
In sintesi, con le sue ricerche lUnione Europea individua, quali principali cause deipesanti insuccessi nella gestione della trasmissione:
- la mancata preparazione della trasmissione con congruo anticipo, soprattuttoda parte degli imprenditori trasmittenti, cio dei cosiddetti Senior;
- la mancata consapevolezza dellinteresse generale ad una continuit delleimprese, da parte di tutti gli interessati diretti ed indiretti
(istituzioni, mondo del credito, consulenti, sindacati, ecc.);- il mancato coordinamento fra i vari specialisti che intervengono, ciascuno
troppo settorialmente, nelle diverse fasi e ambiti della trasmissione;
- il mancato accompagnamento formativo/consulenziale nelle fasi, non brevi,della transizione.
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Emerge, complessivamente, la mancanza di una precisa qualificazione di quellinsiemedi competenze che dovrebbero contraddistinguere la qualit dei servizi alle imprese inquestambito nuovo.
Una vera e propria nuova cultura della trasmissione delle imprese dovrebbe esserealimentata e diffusa, in modo da coinvolgere non solo i pi diretti interessati, ma tutti coloro
che a vario titolo vengono ad avere ruolo nelle dinamiche della trasmissione.
A seguito di queste iniziative, un paio danni fa stato costituito a Bruxelles, in seno alla
Direzione Generale Impresa, il cosiddettoExpert Group on Transfer of Businesses.1
Il Gruppo si posto lobiettivo di verificare la situazione nei diversi paesi europei, in
particolare rispetto allapplicazione o meno della Raccomandazione e della Comunicazione,
individuando inoltre le buone pratiche attuate.Queste ultime sono state divise in support measures e tax measures cio, rispettivamente, in
misure di supporto (azioni di informazione/sensibilizzazione, formazione ed
accompagnamento) e misure legali e fiscali (interventi normativi in senso stretto, atte a
favorire la trasmissione).
E stato infine elaborato ilReportfinale, presentato al recentissimo Seminario europeo diVienna del 23-24 settembre scorsi.Si riportano qui di seguito alcuni punti specifici delReport:
- si calcola che circa un terzo delle imprese europee dovr trasferire la proprietentro i prossimi 10 anni (da 25% a 40% a seconda degli Stati);
- il pensionamento, cio lanzianit del titolare, ancora la causa principale ditrasmissione. Stanno per crescendo di numero le trasmissioni per ragionipersonali;
- un numero elevato di trasmissioni avverranno al di fuori della famiglia;- tutti gli Stati Membri hanno attuato una parte della Raccomandazione sul
tema; ci nonostante, nel 51% delle potenziali aree dintervento non si sono
sviluppate misure adeguate;
- sono attive molte iniziative di supporto, ma non sempre in maniera strutturataed organica (questo porta a non raggiungere spesso i destinatari).
Si ribadisce, in sintesi, la tendenziale limitatezza di interventi ed azioni concrete che,come visto, sono state spesso effettuate in maniera poco coordinata luna con laltra.
1LItalia ha due rappresentanti: il Dr Carlo Spagnoli di Unioncamere in qualit di membro istituzionale, e il Dr ToniBrunello di StudioCentroVeneto di Vicenza, in qualit di membro tecnico.
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Anche analizzando i dati italiani e regionali sul tema, emerge che il problema delpassaggio generazionale di grande attualit anche nel nostro paese.Molti imprenditori stanno cominciando a vedere allorizzonte la possibilit di godersi
finalmente i frutti del loro lavoro e, parallelamente, dovrebbero aver gi impostato il
processo che si concluder con il passaggio del timone ad un successore.
Secondo una ricerca del 1998 promossa dallAPI (Associazione Piccole e Medie Industrie)
di Vicenza, una delle pi grandi dItalia, emerge come sulle 1050 aziende associate
allepoca, circa il 22-23% di queste fosse da considerarsi a rischio nei successivi 5 anni, per
un totale di 7 mila posti di lavoro e un volume daffari di pi di mille milioni di Euro.
Unaltra indagine del 1997, svolta dallUnione Artigiani di Belluno, portava alla
conclusione che la non preparazione e pianificazione del passaggio generazionale significa,
molto spesso, mettere fortemente a repentaglio la continuit dellazienda e quindi il
benessere economico-sociale di un determinato territorio. Dal pur limitato campione
risultava che ben il 75% delle imprese intervistate apparteneva alla cosiddetta matrice
unitaria-dinastia unitaria, cio al tipico caso di un solo titolare/fondatore e di un unico
erede/successore. Questo fatto, se da un lato facilita apparentemente la scelta da parte del
fondatore (essendoci un unico potenziale continuatore), determina una forte pressione da
parte del padre/madre per lentrata in azienda del continuatore.
Inoltre, la particolare struttura organizzativa determinava una fortissima commistione tra
caratteristiche aziendali e aspetti familiari.
Unindagine ancor pi recente (Ervet anno 2001) - inserita allinterno di un progetto
complesso di sensibilizzazione sul tema - effettuata in Emilia Romagna, dimostra che una
impresa artigianale su tre rischia la chiusura nel medio termine.Questo dato, di per s allarmante, conferma precedenti ricerche effettuate su realt aziendali
leggermente pi grandi. In particolare, secondo Infocamere, circa un terzo dei titolari delle
70.000 imprese della provincia di Bologna ha pi di 55 anni, trovandosi quindi nella
condizione di dover trasmettere limpresa ai figli o a terzi.
Questo significa che la ricchezza sociale di quel territorio e le potenzialit imprenditoriali e
produttive che rischiano di scomparire sono enormi. Questo vale in particolare per le realt
pi piccole e a prevalente conduzione familiare.
In questi ultimi mesi sono uscite due anteprime daltrettante ricerche sul tema delpassaggio generazionale. Tali indagini hanno un significato particolare: evidenziano che il
tema inizia ad essere considerato strategico dagli imprenditori e dai diversi attori del sistema
socio-economico (banche, consulenti, formatori, associazioni di categoria).
Pi in dettaglio, si tratta di una ricerca dellIspo (Istituto per gli studi sulla pubblica
opinione) e di uno studio del progetto Tra.Smes svolto in Friuli Venezia Giulia.
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Un dato su tutti: la considerazione di attualit del tema passata dal 37% del 1995 al60% attuale (confronto de Il Sole-24Ore).Alcuni altri spunti interessanti, emersi dalle ricerche sopra esposte, possono essere cos
sintetizzati:
- la successione imprenditoriale, se supportata da un chiaro progetto di sviluppo e
accompagnata dallintervento di specialisti esterni, pu rappresentare unottima occasionedi evoluzione e crescita per lazienda, un rilancio;- governare, e non subire, la transizione significa pianificare una serie coordinata diazioni che dovrebbero avere un unico obiettivo strategico: la continuit dellimpresa;- la successione spesso una strettoia per i manager in quanto, pur se ritenuti utili dalla
maggioranza degli imprenditori, i dirigenti trovano comunque difficolt nel loroinserimento (significativo il dato della ricerca friulana: si evidenzia che solo nel 26% deicasi vi unapertura della famiglia proprietaria nei confronti di dirigenti esterni);
- quasi due terzi degli intervistati ritiene molto utile il sostegno di soggetti esterni
specializzati;- le tre figure che sono intervenute con pi frequenza per facilitare il processo ditransizione sono, nellordine: commercialista, consulente aziendale, amici di famiglia,cio figure di generalisti;
- non emerge ancora una figura di specialista per la continuit;- n la Borsa n le merchant bank riscuotono grande successo tra le PMI secondo le duericerche;
- nel complesso, nonostante le oggettive difficolt, la grande maggioranza delle PMI sidicono ottimiste guardando al futuro.
E da qualche anno che ci si chiede se la dimensione effettiva del fenomeno trasmissione
dimpresa in Italia e in Europa abbia raggiunto, o stia raggiungendo, il suo apice.
Molto probabilmente la situazione italiana diventata matura: da unindagine del Centro
studi della Cgia di Mestre (VE) si sta iniziando ad assistere, per la prima volta, ad unaleggera flessione di titolari e soci con pi di 50 anni.In altri termini: molti degli attuali titolari sono diventati maturi (quasi il 40% del totale a
livello nazionale, secondo lindagine) e stanno quindi iniziando a cedere il comando alle
nuove leve.
Ci potrebbe contribuire ad innescare processi di trasmissione generazionale non semprefacilmente gestibili e ad alto rischio d'insuccesso.
Nei mesi scorsi stata presentata a Padova, in occasione dellassemblea del Gruppo
Giovani Imprenditori di Unindustria, uninteressante indagine dallemblematico titolo
Imprese al bivio.
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Pur rappresentando una ricerca su un campione limitato (effettuata cio solamente su iscritti
allAssociazione) sono emersi alcuni elementi significativi che possono essere cosriassunti:
- quasi la met delle imprese intervistate sta pensando seriamente alla propriacontinuit;
- c una generalizzata e pericolosa tendenza al far da s, cio a non essereaiutati nella difficile gestione di tale problematica;
- si tratta in genere di una gestione fatta in casa, nel senso che solo il 10% deicasi tende ad aprirsi al capitale esterno;
- sta comunque iniziando ad emergere una certa consapevolezza che il passaggiodi testimone deve essere preparato con cura.
Linsieme di questi elementi testimonia una certa ritrosia, se non proprio un rifiuto, da parte
soprattutto dei Senior, ad affrontare il tema in termini gestionali.
Probabilmente ci dovuto al fatto che la problematica non stata ancora inquadrata inun proprio profilo definito, n si pu dire che competenze professionali e strumentispecialistici collaudati siano disponibili.Testimonianza di ci per esempio il grande successo riscosso dalla recente iniziativa degli
Industriali di Vicenza dal titolo Continuit: parliamone tra noi, che ha condotto
glimprenditori Senior a confrontarsi a porte chiuse con i colleghi, sulla base di esperienze
vissute come storie aziendali e familiari.
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METODOLOGIA DELLA RICERCA.
Lindagine stata progettata partendo da alcune indicazioni metodologiche provenienti
direttamente dalloperato della Commissione Europea e da quanto emerso dal Report finale
del Gruppo di Esperti.
Come accennato, da quasi una decina danni lUnione Europea sta studiando, analizzando
ed intervenendo sul tema del business transfer, al fine di garantire il consolidamento e la
futura competitivit delle moltissime PMI, spesso a prevalente conduzione familiare,
interessate alla problematica.
Tra i tanti interventi auspicati legislativi, di sostegno, di sensibilizzazione particolare
importanza riveste la sistematica rilevazione del fenomeno.Onde evitare interventi per cos dire a macchia di leopardo, cio scollegati e non
confrontabili, lindagine mette in pratica - per quanto possibile alcuni dei diversi
indicatori quali-quantitativi suggeriti dalla Commissione.
LUnione Europea auspica infine che tali rilevazioni siano impostate in modo da poteravere cadenza annuale o, comunque, siano ripetute nel tempo, al fine di monitorare a largoraggio in una logica di Osservatorio permanente il fenomeno indagato.
Obiettivi della ricerca.Lindagine stata progettata in funzione di una precisa finalizzazione di potenzialesuccessivo intervento, a diversi livelli dapprofondimento.Il criterio guida fondamentale quello dellanzianit aziendale, che si collega direttamenteal rischio socio-economico - in termini di fatturato, dipendenti e capacit di export, cio di
competitivit - derivante dalla chiusura delle imprese in odore di business transfer(sia essoavvenuto, in atto o in previsione) nonch alle possibili linee dintervento.
Il tutto stato attuato, in stretto concerto con Unioncamere regionale e Infocamere,
rispettando la rappresentativit statistica del campione analizzato sia in terminiterritoriali (cio di ripartizione delle sette province venete) sia dei diversi settori
merceologici.
Strutture della ricerca.Lanalisi stata effettuata a due livelli:
- Rilevazione generale, su un campione casuale di 5.000 ditte attive iscritte allaCamera di Commercio (ripartite nelle sette province in base alla numerosit delle
imprese, e dei diversi settori merceologici) rappresentative dellintero universo delle
oltre 440.000 ditte nel Veneto. Si precisa inoltre che tali aziende sono tutte PMI
(secondo la definizione europea, cio con un numero di dipendenti inferiori alle 250
unit) e che il campione rappresenta anche le imprese artigiane in senso stretto (che
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sono sempre PMI). Queste ultime costituiscono, mediamente, circa un terzo del totale
delle ditte.
- Rilevazione specifica e mirata, tramite questionari semi-strutturati somministratitelefonicamente a 142 aziende particolarmente significative, sotto il profilo dellapertinenza del problema (assumendo let come discriminante) e appartenenti al
campione delle 5.000 imprese. In queste aziende esiste il problema del passaggio
generazionale in quanto in atto, previsto nel medio termine o appena concluso.
La fonte delle informazioni elaborate nel campione di 5.000 imprese deriva dalle
registrazioni delle Camere di Commercio.
Con la rilevazione generale - si sono indagati i seguenti aspetti:- dimensione azienda, attraverso le variabili fatturato e numero di dipendenti
- settore merceologico dappartenenza
- et dellazienda e, ove possibile, del titolare/i
- quota di export sul volume del fatturato (su basi-dati dirette ed indotte)
Sul totale delle ditte attive sono stati successivamente analizzati il numero di start-up e il
numero di cessazioni (ultimo valore annuale aggregato disponibile, e confronto della
dinamica degli ultimi cinque anni).
Lobiettivo della rilevazione generale, lo si ribadisce, era quello di ottenere una correttastima del numero di imprese coinvolte nel fenomeno, nonch il grado di rischio insito inuna non corretta gestione delle delicate fasi della trasmissione.
Con la rilevazione specifica e mirata si voluto studiare in modo approfondito il problemadella trasmissione dazienda.
Lo si fatto analizzando i seguenti aspetti:
- anzianit manageriale dei titolari
- loro grado di istruzione e posizione aziendale
- presenza o meno di possibili continuatori
- loro et anagrafica e aziendale
- loro grado di istruzione e posizione aziendale
- presenza o meno di una trasmissione avvenuta (negli ultimi cinque anni)- previsione di una trasmissione entro i prossimi cinque anni (prendendo come
variabile
discriminante il trasferimento della maggioranza proprietaria e dei poteri di controllo
alla nuova generazione imprenditoriale)
- tipo di trasferimento (allinterno della famiglia, ai dipendenti, a terzi)
- forma del trasferimento (successione, donazione, vendita, accorpamento, ecc.)
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- ragione del trasferimento (pensionamento, incidente, altri motivi)
- presenza o meno di un processo di pianificazione (non tanto formale ma sostanziale:
piano, scadenze, modalit, ecc.)
- tempo medio di pianificazione.
Come detto precedentemente, i fattori sopra esposti sono quelli auspicati dal Report del
Gruppo di Esperti della Commissione Europea.
Si precisa inoltre che le aziende, direttamente intervistate per telefono, sono tutte PMI e
presentavano un minimo di struttura organizzativa e familiare, al fine di poter verificare in
concreto lattuazione delle future misure regionali daccompagnamento, anche nellottica
dinnovazione e ammodernamento delle modalit gestionali.
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LA RILEVAZIONE.
La rilevazione generale.Per effettuare lanalisi di primo livello, avente come obiettivo la quantificazione del
fenomeno nelle sue direttrici essenziali (numerosit delle aziende interessate alla
problematica, fatturato, dipendenti e livello di export a rischio) stato estratto un campione
casuale rappresentativo dellintero universo dimprese venete.
Questo campione composto da 5.000 imprese estratte dalle 444.376 ditte attive iscritte al
Registro imprese (alla data 31 marzo 2002) secondo i seguenti criteri:
- PMI (dipendenti inferiori a 250);- Ripartizione nelle sette province in base alla numerosit delle ditte iscritte;- Rispetto della proporzione esiste tra i diversi settori merceologici.
Rispetto a questultimo punto, il dettaglio della ripartizione settoriale il seguente:
Tab. 1 Popolazione aziende venete
Settore Totale attive %
Agricoltura, caccia e silvicoltura 103.383 23,265
Pesca, piscicoltura e servizi connessi 2.244 0,505
Estrazione di minerali 297 0,067
Attivit manifatturiere 68.753 15,472
Produzione e distribuzione energia elettrica, gas e acqua 129 0,029
Costruzioni 57.525 12,945
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazione beni personali e per la casa 103.493 23,290
Alberghi e ristoranti 21.000 4,726
Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 16.967 3,818
Intermediazione monetaria e finanziaria 8.328 1,874
Attivit immobiliare, noleggio, informatica, ricerca 41.561 9,353
Istruzione 1.050 0,236
Sanit e altri servizi sociali 966 0,217
Imprese non classificate 2.488 0,560
Altri servizi pubblici, sociali e personali 16.174 3,640
Servizi domestici presso famiglie 18 0,004totale 444.376 100
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A questi valori vanno per aggiunti gli addetti familiari che sono mediamente 1,44(sempre calcolati in base ai dati del campione, forniti da Infocamere).
Si pu quindi affermare che, mediamente, le PMI venete hanno circa 5 collaboratoriciascuna (dipendenti in senso stretto pi i familiari), ai quali va aggiunto il titolare o ititolari.
Sar quindi questo valore che verr successivamente considerato per calcolare il numero
totale di dipendenti/collaboratori a rischio in caso di chiusura dellazienda.
Le aziende del campione sono cos suddivise per classi di dipendenti:
Tab. 4 Classi
Classi da 0 a 1 da 2 a 5 da 6 a 10 da 11 a 50 da 51 a 250
Percentuale 74,14 11,58 5,54 7,08 1,66
Si nota che tre quarti delle aziende analizzate o non ha dipendenti o ne ha solo uno. Dal
punto di vista della risoluzione delle problematiche legate alla continuit questa struttura
(della propriet) presenta forti rischi. Da un lato tutta la conoscenza concentrata nel
proprietario/fondatore, dellaltro non vi un minimo di struttura extra familiare che possa
affiancare la nuova generazione o comunque interpretare le nuove esigenze aziendali, anche
nellottica di unaccresciuta spinta allinnovazione.
Fatturato.Media regionale: Euro 3.090.664Va immediatamente precisato che tale dato, riferito generalmente al 31-12-2000, stato
calcolato solo per le societ di capitali (Spa, Srl e Sapa) che sono obbligate per legge a
depositare annualmente il proprio bilancio.
Il dato si riferisce a poco meno del 20% del campione totale che tuttavia riteniamo, sulla
base di altri studi, indicativo delle aziende del Veneto.
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Pi nel dettaglio, il dato medio ripartito per singole province, sempre riferito alle sole
societ di capitali, il seguente:
Tab. 5 Fatturato medio
Provincia Fatturato medioBelluno 3.942.555
Padova 3.113.567
Rovigo 1.991.029
Treviso 2.392.687
Venezia 4.243.149
Verona 2.251.972
Vicenza 3.699.687
Per un maggior dettaglio, che comprende anche i valori di fatturato delle societ di persone
e delle ditte individuali, si rimanda alle successive rilevazioni effettuate sul campione
mirato di 142 aziende.
***
Et dellazienda.(calcolata rispetto alla data di iscrizione al registro imprese, cio anno davvio dellattivit)
Lanzianit delle aziende del campione che rappresenta un dato rilevante nellottica della
continuit dimpresa e dei possibili interventi regionali daiuto risulta cos ripartita:
Tab. 6 Classi di et delle aziende
Annodavvio
< 1950 1951-1960 1961-1965 1966-1970 1971-1975 1976-1980 1981-1985 > 1986
Percentuale 0,44% 0,94% 0,76% 1,68% 4,28% 6,26% 12,18% 73,46%
Et aziende > 52 42-51 37-41 32-36 27-31 22-26 17-21 < 16
Nr. aziende 22 47 38 84 214 313 609 3673
Applicando questi parametri allintero universo di ditte/PMI attive a livello regionale siperviene alla seguente ripartizione, per un totale di 444.376 imprese:
Tab. 7 Ripartizione popolazione aziende per et
< 1950 1951-1960 1961-1965 1966-1970 1971-1975 1976-1980 1981-1985 > 1986
1.955 4.177 3.377 7.466 19.019 27.818 54.125 326.439
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Nella successiva tabella, sono stati invece ripartiti questi soggetti per classi di anni di
nascita:
Tab. 9 Classi di et dei titolari
Anno < 1935 1936-40 1941-45 1946-50 1951-55 1956-60 1961-65 1966-70 1971-75 >1976Et > 67 62-66 57-61 52-56 47-51 42-46 37-41 32-36 27-31 > 26
% 9,38 7,37 9,79 13,76 12,54 13,46 14,53 11,22 5,70 2,25
Si possono fare alcune considerazioni osservando i dati:- la classe di et pi numerosa quella dal 1961 al 1965 (da 37 a 41 anni);- prendendo in esame solamente i soggetti nati prima del 1950 (e che quindi ad oggi hannoalmeno 52 anni) si perviene ad una percentuale molto rilevante: 40,3%. Possiamo quindiaffermare, con buona approssimazione, che nella nostra regione quattro imprenditori (o
comunque soggetti che hanno un ruolo di propriet o gestione) su dieci hanno unetconsiderabile in fascia successione;- una percentuale significativa di soggetti (9,38% per lesattezza) hanno pi di 67 anni, equindi sono caratterizzati da unet avanzata rispetto ai processi di trasmissione in atto. Va
per precisato che in questa classe ci sono diversi soggetti che hanno spesso un ruolo pi
rappresentativo (es. presidente onorario) che effettivo;
- nellottica di medio termine dei possibili interventi regionali sul tema, sono individuabili
le due classi centrali (anno di nascita dal 1946 al 1955, cio et compresa tra i 47 e 56anni) che da sole rappresentano oltre il 26% del totale dei soggetti presi inconsiderazione. In altri termini, i destinatari deventuali azioni coordinate a livello
regionale, nellimmediato o entro cinque anni, risultano essere un numero significativo.
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Livello di export per provinciaIl terzo elemento utile per stimare il successivo rischio socio economico che si aggiunge al
fatturato e al numero di collaboratori/dipendenti il livello di export, cio della
percentuale di vendite sui mercati esteri rispetto al totale.
Questo indicatore significativo perch evidenzia la capacit di essere competitivi sul
mercato globale, quindi sia su quello interno che su quello estero.
Va inoltre precisato che, a differenza di altri dati puntuali (es. anno di nascita dellazienda,
et dellimprenditore, ecc.) con riferimento allexport non stato possibile quantificare il
valore preciso.
Ci si quindi avvalsi di informazioni indotte ricavate da altre fonti; in particolare dalla
pubblicazione periodica di Unioncamere Veneto, relativa allandamento congiunturale delle
industrie manifatturiere.
Tab. 10 Quota export
Provincia % exportBelluno 34,77Padova 32,22Rovigo 25,77Treviso 33,87
Venezia 50,22Verona 40,87Vicenza 32,25
(fonte: Unioncamere Veneto, Giuria della congiuntura, media anno 2001)
La media regionale quindi del 35,71%
***
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Start-up e cessioniUnulteriore informazione rilevante riguarda le cessioni e nuove iscrizioni effettuate presso
le diverse Camere di Commercio.
Si nota che le cessazioni, riportate nella tabella qui di seguito, avvenute negli ultimi cinqueanni e ripartite tra le sette province venete hanno avuto un andamento modestamente
crescente. Il dato annuale si attesta infatti sempre tra poco pi di 30.000 a quasi 32.000
aziende.
Analizzando la situazione delle singole province si rileva:
- Belluno: andamento tendenzialmente invariato;
- Padova: andamento decisamente crescente;
- Rovigo: andamento notevolmente decrescente;
- Treviso: andamento leggermente crescente con un picco nel 2000;
- Venezia: andamento crescente a partire dal 1999;
- Verona: andamento lievemente crescente;
- Vicenza: andamento leggermente decrescente.
Tab. 11 Cessazioni
Provincie cessate 1997 cessate 1998 cessate 1999 cessate 2000 cessate 2001
BELLUNO 1.067 1.095 1.159 1.076 1.119
PADOVA 5.703 6.691 6.688 6.456 6.824
ROVIGO 3.175 2.096 1.741 1.672 1.909
TREVISO 5.304 5.392 5.383 6.838 5.919VENEZIA 4.840 4.820 5.692 5.247 5.716
VERONA 5.002 5.087 5.205 5.272 5.324
VICENZA 5.212 4.714 4.935 4.861 4.916
Totale 30.303 29.895 30.803 31.422 31.727
Analizzando invece la situazione per quanto riguarda le nuove iscrizioni si rileva che:- Belluno: andamento leggermente crescente;
- Padova: andamento tendenzialmente costante sino al 1999 e poi decisamente
crescente;
- Rovigo: andamento fluttuante;
- Treviso: notevole riduzione nel 1998 e poi leggera crescita;
- Venezia: andamento tendenzialmente costante;
- Verona: andamento leggermente crescente con esclusione del 1998;
- Vicenza: andamento leggermente crescente con esclusione del 1998.
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Tab. 12 Iscrizioni
Provincie iscritte 1997 iscritte 1998 iscritte 1999 iscritte 2000 iscritte 2001
BELLUNO 726 728 735 867 906
PADOVA 4.888 4.857 4.642 5.408 6.163
ROVIGO 1.672 1.967 1.234 1.480 1.790
TREVISO 8.389 4.787 4.304 5.051 5.502
VENEZIA 4.477 4.339 3.821 4.286 4.903
VERONA 5.126 4.581 5.009 5.310 5.865
VICENZA 4.303 3.598 4.055 4.547 5.013
Totale 29.581 24.857 23.800 26.949 30.142
Rispetto agli obiettivi specifici della presente indagine, appare per pi rilevante analizzare
i saldi relativi alle cessazioni ed iscrizioni. Questo dato di sintesi permette di illustrare
landamento complessivo, o meglio di dare un riscontro sulleffettiva inclinazioneallimprenditorialit nel Veneto.
Questultima ovviamente condizionata anche da fattori non solo strettamente individuali,
ma anche dal contesto specifico, dallandamento dei mercati, dalla situazione socio-
economica, ecc..
Tab. 13 Saldi tra cessazioni e iscrizioni
Provincie Saldo 1997 Saldo 1998 Saldo 1999 Saldo 2000 Saldo 2001
BELLUNO -341 -367 -424 -209 -213
PADOVA -815 -1.834 -2.046 -1.048 -661
ROVIGO -1.503 -129 -507 -192 -119
TREVISO 3.085 -605 -1.079 -1.787 -417
VENEZIA -363 -481 -1.871 -961 -813
VERONA 124 -506 -196 38 541
VICENZA -909 -1.116 -880 -314 97
Totale -722 -5.038 -7.003 -4.473 -1.585
E evidente dai dati emersi dalla tabella che i saldi tra ditte iscritte e cessate risultano essere
quasi tutti negativi. In effetti, solo Treviso nel 1997 e Verona e Vicenza saltuariamente,
presentano saldi positivi.
Purtroppo, non possibile individuare con precisione i fattori che hanno causato e favorito
la cessazione delle ditte. Queste cause possono essere di varia natura: andamento economico
generale, situazione socio-economica, evoluzione dei mercati, vicende personali dei titolari,
ecc.
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Si nota che nel biennio 1998-1999 il saldo complessivo a livello regionale risulta essere
fortemente negativo. Questo pu essere avvenuto anche per effetto di una congiuntura
economica (addirittura a livello mondiale) sfavorevole.
In Europa, e in Italia in particolare, questo fenomeno potrebbe anche aver risentito delle
dinamiche intervenute in concomitanza con lingresso nellarea Euro.
Lultimo dato disponibile (anno 2001), pur sempre negativo, mette per in evidenza una
certa riduzione del saldo considerato, e cio un recupero di vitalit imprenditoriale.
Come gi citato nella parte introduttiva, la ricerca della CGIA di Mestre ha rilevato che,
negli ultimi due anni, i titolari/fondatori over 50 sono diminuiti, e che quindi
tendenzialmente dovrebbe essere in atto un incremento dei trasferimenti dimpresa o
passaggi generazionali.
In sintesi, la vivace dinamica start up/cessazioni sembra testimoniare di un significativoincremento delle dinamiche nelle fasi di trasmissione, proprio quelle fasi cherichiederebbero risorse mirate in termini di consapevolezza, competenza specifica e
strumentazioni gestionali, e alla fine finanziarie.
Rischio socio-economicoSe i dati emersi in precedenza vengono incrociati tra di loro, si sar in grado di calcolare il
cosiddetto rischio socio-economico legato ad una non adeguata pianificazione dellatrasmissione.Molteplici indagini hanno confermato che, mediamente, due imprese su tre scompaiono
entro cinque anni dal primo passaggio di consegne (oggettivamente il pi impegnativo)
mentre una su due scompare nel corso del secondo.
Possiamo quindi calcolare, con buona approssimazione, il rischio anzidetto come segue:
- Imprese che ad oggi o entro i prossimi cinque anni saranno interessate al tema:
n.117.937 di cui- n.6.132 nate prima del 1960 (cio che hanno almeno 42 anni e quindi sonoipotizzabili di seconda generazione e oltre)
- e n.111.805 nate tra il 1961 e il 1985 (cio che hanno dai 17 ai 41 anni e quindisono ipotizzabili di prima generazione)
Applicando i parametri di rischio sopra esposti si perviene al seguente risultato:
Imprese di seconda generazione e oltre a rischio* 3.066Imprese di prima generazione a rischio** 74.537Previsione totale imprese a rischio: 77.603
(* mediamente unimpresa su due a rischio, fonte UE)
(** mediamente due imprese su tre a rischio, fonte UE)
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Per dare una dimensione di rischio delleventuale cessazione di queste aziende, si pu
stimare che:
400-410.000 dipendenti/collaboratori* sono a rischio di doversi riqualificare45-50.000 mil. di Euro di fatturato** a rischio17-18.000 mil. di Euro di export** a rischio
(* media dipendenti/collaboratori familiari: 5,22)
(** valore riferito alle societ di capitali che depositano obbligatoriamente il bilancio in
Camera di Commercio).
I dati sopra esposti sono indubbiamente preoccupanti nella loro dimensionequantitativa, ma anche in linea con quanto emerso da altre ricerche che, sia pur effettuatein ambiti territoriali pi ristretti, avevano segnalato lattualit del fenomeno.
Allo stesso modo, quanto emerso rispecchia anche la situazione negli altri paesi europei,dove le PMI ricoprono un ruolo chiave nelleconomia e dove il tema continuit sta
crescendo dimportanza nelle politiche e negli interventi governativi, sia centrali che
regionali (per maggiori dettagli si pu fare riferimento al citatoReportdellExpert Group on
Transfer of Businesses di Bruxelles).
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La rilevazione specifica e mirata.Lanalisi mirata ed approfondita ha riguardato n. 142 imprese venete, ripartite nelle sette
province, rispettando la proporzione della numerosit delle ditte attive iscritte alle Camere
di Commercio del Veneto.
Grafico 1
Tali imprese sono state selezionate, in maniera ragionata, dal campione di partenza di 5.000ditte, scegliendo casi particolarmente interessanti ai fini della ricerca, sia in termini dipertinenza del problema che di rilevanza delle linee-guida considerate.
Questo tipo di scelta ha permesso di effettuare, successivamente, alcune considerazioni
legate a possibili interventi regionali (in ambito finanziario, fiscale e
formativo/consulenziale) nonch allo sviluppo di pratiche innovative (in particolare da parte
degli Junior) per sviluppare lattivit originaria.
Ripartizione aziende intervistate per
provincia
BL
4 %
PD
2 1 %
RO
6 %
TV
1 8 %VE
1 5 %
VI
1 6 %
VR
2 0 %
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Grafico 2
Per quanto riguarda gli intervistati, sono stati sentiti tutti soggetti che conoscono a fondo
lazienda e le sue dinamiche, nonch le relazioni familiari in essere.
La scelta di non aver voluto parlare solo con una categoria di persone (per esempio gli
Junior, cio i continuatori presenti o potenziali) stata dettata dal fatto di voler avere una
visione dinsieme del problema della trasmissione, elaborando le risposte provenienti da tre
categorie di soggetti che, inevitabilmente, vivono il tema in modo diverso.
Per quanto riguarda la categoria altri si trattato di persone che, per il ruolo svolto in
azienda, sono/erano in possesso di informazioni utili per la ricerca.
Per quanto riguarda infine gli Junior sono stati privilegiati quelli gi presenti in azienda, e
quindi probabili continuatori dellattivit, senza comunque dimenticare anche i potenziali
continuatori, sempre in grado di percepire le dinamiche familiari ed aziendali.
Intervistati per tipologia
SENIOR
4 7 %
JUNIOR
4 0 %
ALTRO
1 3 %
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Grafico 3
Per quanto riguarda la forma societaria delle ditte intervistate, si nota che un terzo del totale
rappresentato da societ a responsabilit limitata, mentre un altro 29% da societ per
azioni.
La scelta voluta, nel senso che come anticipato precedentemente le interviste
telefoniche dapprofondimento hanno riguardato imprese particolarmente significative dal
punto di vista della pertinenza del problema, e quindi anche nellottica di un possibile avvio
di concrete misure regionali daccompagnamento e dinnovazione.
Sono state quindi individuate aziende che, pur rispettando sempre la definizione formale di
PMI e pur essendo generalmente gestite ancora in modo familiare (o caratterizzate
comunque dalla presenza di soggetti legati da un vincolo di parentela) avessero un minimo
di struttura e dimensione.
Questo valso anche, e a maggior ragione, per le circa quaranta imprese artigiane che erano
per la maggior parte societ di persone (Snc o Sas) oppure societ di capitali (Srl).
Forma societaria delle aziende intervistate
Ditta
individuale
1 3 %
Snc
1 9 %
S r l
3 3 %
Spa
2 9 %
Altro1 %
Sas
5 %
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Grafico 4
Per quanto riguarda la dimensione delle aziende intervistate, cio il numero di
dipendenti/collaboratori (escluso quindi il titolare o i titolari) si pu notare che la classe pi
numerosa quasi il 40% del totale rappresentata da quella da 11 a 50 soggetti, mentre
quasi il 60% da 2 a 50.
Lultima classe dimensionale, quella dai 51 ai 250 dipendenti, rappresenta circa il 30% delle
aziende intervistate, anche se quelle che superano i 100 sono poche unit.Anche in questo caso, si quindi privilegiata una dimensione medio-piccola, in grado di
delineare con buona approssimazione la struttura tipica delle PMI venete.
Imprese suddivise per classi di dipendenti
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%45%
0-1 2-5 6-10 11-50 51-250
Numero di dipendenti
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Grafico 5
Per quanto riguarda il fatturato (ultimo dato disponibile: anno 2001) anche in questo caso le
classi pi numerose sono quelle centrali (da 5,1 a 25 milioni di Euro), mentre solo il 7%
delle aziende intervistate fattura pi di 25 milioni di Euro, cos come meno del 20% non
supera i 500.000 Euro.
Imprese suddivise per classi di fatturato (in mil. di Euro)
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
fino a 0,5 0,6-2,5 2,6-5 5,1-25 25,1 in suFatturato delle imprese
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Grafico 6
Laltro elemento importante da indagare, sempre a livello di dimensioni e struttura generale,
il livello di export che, in un mercato sempre pi concorrenziale e globalizzato, pu essere
considerato un buon indicatore del grado di competitivit sul contesto internazionale, o
almeno europeo.
Si nota subito che quasi un terzo delle aziende dichiara di vendere i loro prodotti solo sul
mercato nazionale. Questo risultato non deve stupire, se si pensa che una buona percentuale(circa il 30%) degli intervistati sono artigiani o comunque micro-imprese, e che quindi si
tratta di aziende che operano, per esigenze organizzative, su contesti locali.
Ci nonostante, si nota che quasi un terzo delle aziende esporta pi del 30% della propria
produzione, dimostrando una propensione elevata ad essere presenti anche su mercati esteri.
Tale dato coerente con le indicazioni di carattere generale emerse nel primo livello
danalisi, e spinge ad affermare che la corretta gestione del processo di transizione, se
accompagnata da una nuova spinta innovativa spesso da parte delle giovani generazioni
pu aiutare limpresa a mantenere, ed anzi incrementare, la propria presenza sui mercati
internazionali.
Questultima condizione sembra essere diventata quasi necessaria per rimanere competitivi,
ed innesca una serie di considerazioni ed approfondimenti su altri temi cruciali per il futuro
delle PMI venete quali: delocalizzazione, sviluppo dei distretti, creazione di consorzi,
apporto della politica industriale regionale allo sviluppo, ruolo delle istituzioni economiche
(in primis sistema camerale e associazioni imprenditoriali) per la promozione delle attivit
allestero, ecc.
Imprese suddivise per classi peso export
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%40%
0 51Percentuali peso export su fatturato
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Analisi dei fattori maggiormente coinvolti nel fenomeno della continuit.
Grafico 7
Passiamo ora ad analizzare gli elementi pi specifici emersi dalle interviste telefoniche, epi in linea con la tematica della transizione in senso stretto.
Innanzi tutto, una delle variabili che condizionano di pi le dinamiche successorie
indubbiamente let aziendale, o meglio lanno di prima fondazione della stessa. In effetti,
indipendentemente dalle successive trasformazioni (per esempio: passaggio da ditta
individuale a societ, o da societ di persone a capitali) il dato originario da recuperare
proprio lanno in cui iniziata lattivit, in quanto questo permette poi di incrociare le
informazioni provenienti dallet anagrafica del titolare o dei titolari.
In altri termini, mentre let dellazienda d unidea abbastanza precisa dellevoluzione
strutturale della stessa e del suo posizionamento sul mercato, let dellimprenditore
dovrebbe esprimere maggiormente la fase successoria che si sta vivendo.
Per esempio, nellottica degli interventi daccompagnamento per lo sviluppo innovativo, ci
potranno quindi essere aziende che pur non essendo condotte da un titolare in odore di
successione necessitano comunque di un rafforzamento della propria struttura, e di
uniniezione di metodologie innovative per continuare ad essere competitive sul mercato.
Et dell'azienda
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
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Pi nel dettaglio, si nota che circa la met delle aziende intervistate sono state fondate nel
decennio 1971-1980, e quindi hanno dai 20 ai 30 anni.
Ripartendo ulteriormente questa categoria, si evidenzia che quasi il 30% delle aziende sono
nate nella seconda met degli anni 70 ed iniziano quindi ad essere interessate alla
problematica della successione.
Queste aziende sono forse le pi interessanti da analizzare, in quanto molto probabile che
ci troviamo di fronte a situazioni in cui si avviato il lungo e difficile processo di
transizione da una generazione allaltra. In questo senso, le indicazioni emerse sono molto
preziose nellottica di una futura gestione del problema, in particolare per quanto riguarda la
disponibilit a progettare la propria successione e lapertura allaiuto esterno.
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Grafico 8
Il secondo elemento fondamentale da analizzare let del titolare o dei titolari.
Va subito precisato che, al di l degli aspetti formali, in questo caso sintendeva titolare
colui, o coloro, che al comando dellazienda, cio che effettivamente prende decisioni
strategiche.
In alcuni casi si tratta quindi di un soggetto che non deteneva la maggioranza della propriet
o il ruolo formale (es. amministratore delegato) ma di chi, in pratica, d gli orientamenti
strategici allazienda. Questa situazione pu manifestarsi nei casi in cui lo Junior
generalmente il figlio o la figlia del titolare/fondatore, ha acquisito un ruolo formale di
comando o entrato in possesso di una quota considerevole dellazienda, senza per di fatto
esercitare il proprio potere in piena autonomia.
Dallanalisi dei dati si nota che una percentuale elevata di soggetti (oltre il 36%) ha pi di
60 anni. Questo indica, in maniera chiara, che c un tendenziale procastinarsi delluscita
del Senior, nel senso che permangono, per diversi anni, due generazioni in azienda, creando
spesso una difficile convivenza. Al contrario, in certi casi laffiancamento dello Junior al
Senior pu favorire lintegrazione dei due saperi imprenditoriali.E altrettanto chiaro che let del titolare rimane il vero elemento discriminante nella
gestione della transizione, in quanto pu essere contemporaneamente un campanello
dallarme di una riduzione di vitalit e spinta imprenditoriale, ma anche un indicatore della
presenza spesso da diversi anni della nuova generazione, che pu iniziare ad esprimere
una nuova forma di leadership, a volte in contrasto con quella esistente.
Et titolari/fondatori
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
45-50 51-55 56-60 61-65 >66
Classi d'et
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La classe pi numerosa quella da 56 a 60 anni (quasi il 28%) ed indica situazioni in cui la
corretta gestione delle delicate fasi successorie necessaria per la stessa sopravvivenza
dellazienda.
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Grafico 9
Per le ragioni gi indicate, sono state considerate soprattutto imprese di prima generazione,
in quanto queste ultime sono pi interessanti nellottica dellanalisi del fenomeno continuit
dimpresa e di possibili interventi daiuto, perch presentano fattori di rischio pi elevati.
In questo senso, la grande maggioranza delle aziende intervistate telefonicamente (80% per
lesattezza) di prima generazione, nel senso che lattuale proprietario anche il fondatore.
Si tratta, in sostanza, dimprese nate dal 1960 in poi, cio negli anni del cosiddetto boomeconomico, e che ora si affacciano ad un difficilepassaggio di testimone.
Aziende guidate dal fondatore
S
8 0 %
No
2 0 %
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Grafico 10
Pi del 90% dei titolari maschio; questa tendenza non invece presente nelle nuove
generazioni di continuatori (ma neppure nelle nuove aziende; basti pensare che, in base ad
alcune recenti indagini, quasi una nuova attivit imprenditoriale su tre attualmente avviata
da una donna).
Dal punto di vista del tema trattato questo un aspetto molto importante, nel senso che
spesso limprenditore maschio, secondo il Tavistock Institute di Londra, pi portato a far
s che lazienda muoia con lui.Sempre secondo gli studi di tale istituto limprenditore donna e di conseguenza anche le
potenziali continuatrici avrebbe una probabilit maggiore di successo nella trasmissione
rispetto al maschio, essendo per la donna la continuit un elemento naturale (quasi
genetico).
In altri termini, alcuni fattori psico-sociologici fanno s che se limpresa fondata e poi
continuata da una donna, le caratteristiche distintive di questultima (maggiore attenzione ai
rapporti interpersonali, propensione al lavoro in squadra, ecc.) facilitino la transizione da
una generazione allaltra.
Sesso
Maschio
92%
Femmina
8 %
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Grafico 11
Passiamo ora ad analizzare la formazione scolastica del fondatore/titolare. Come si pu
notare quasi la met dei soggetti in possesso della licenza di media inferiore (o titolo
equivalente, cio scuola dellobbligo), mentre circa il 44% in possesso di un diploma
superiore. Questultimo prevalentemente un diploma tecnico (perito meccanico,
elettronico, ecc.) o commerciale.
Una parte molto esigua dei titolari in possesso di una laurea o di un master o corso di
specializzazione.
Questi dati di sintesi potrebbero indicare una bassa scolarit deglimprenditori di prima
generazione, che sono pi portati ad avviare unattivit dopo le scuole dellobbligo o dopo
un diploma tecnico, rispetto ad unapprofondimento teorico, attraverso il conseguimento di
una laurea.
In realt, non va dimenticato il contesto socio-economico del Veneto di 30-40 anni fa.
Gli imprenditori del campione sembrano avere una scolarizzazione superiore ai loro
coetanei non imprenditori.
I dati emersi sono per interessanti, perch permettono un confronto diretto con la
successiva rilevazione della scolarit degli Junior/continuatori che, essendo di tuttaltra
natura, consentono di effettuare alcune importanti considerazioni di fondo sulla diversa
influenza nella risoluzione delle problematiche trattate.
Formazione scolastica Senior
0 %
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Media inf. Media sup. Laurea Master o corso
Tipologia
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Grafico 12
Passando ad analizzare il ruolo, in impresa, ricoperto dal Senior, si nota che nella grande
maggioranza dei casi (80%) si pu definire generalista, cio una figura eclettica in grado di
seguire quasi tutte le funzioni aziendali e con un ruolo di supervisione.
Questo possibile principalmente grazie alle piccole dimensioni delle imprese analizzate,
ma anche per effetto del tipico stile di direzione del titolare/fondatore nel territorio
considerato: piuttosto accentratore, poco aperto alla delega ed allo spirito di squadra.
Lesperienza diretta del contatto con le imprese induce ad aggiungere che questo stile pu
condizionare fortemente, anche in negativo, la risoluzione delle problematiche successorie,
in quanto non permette alle nuove generazioni di emergere adeguatamente, o comunque di
esprimere le proprie potenzialit negli ambiti in cui regna il titolare/fondatore (tipico: la
produzione).
A questo si aggiunge il fatto che, essendo il sapere aziendale molto spesso concentrato nella
figura del titolare/fondatore, si riscontra unoggettiva difficolt nel trasmettere queste
conoscenze.
In altri termini, i potenziali continuatori ma anche pi in generale i diversi collaboratori
del Senior a volte non riescono a codificare le modalit pratiche, gli stili e gli
atteggiamenti imprenditoriali del leader.
Per quanto riguarda i compiti specialistici e quindi esclusivi - ricoperti, questi si attestano
su percentuali basse. Nellordine produzione 9%; amministrazione 6% e commerciale 4%.
Specializzazione aziendale del Senior
Generalista
8 0 %
Acquisti
1 %
Produzione9 %
Vendite
commerciale
4 %
Amministr.
6 %
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Grafico 13
Una delle domande pi importanti, nellottica di una corretta gestione della trasmissione,
quella utile per capire se ci sono o meno continuatori, presenti o potenziali.
Come si pu notare, la quasi totalit degli intervistati ha risposto positivamente, smentendo
almeno a livello teorico le presunte difficolt nel motivare gli Junior a rimanere in
azienda.
In realt, necessario chiarire che una parte considerevole dei continuatori dichiarati sono
potenziali, cio rappresentati da giovani generalmente figli o figlie dimprenditori
ancora in fase di studio o non ancora entrati (per vari motivi) nellazienda familiare.
Allo stesso modo, come sottolineato da varie ricerche, le vere difficolt di gestione si hanno
entro i primi cinque anni dalla trasmissione effettiva dellattivit, cio nelle fasi di
passaggio formale della maggioranza della propriet da una generazione allaltra.
In altri termini, la presenza effettiva o potenziale di Junior non rappresenta una garanzia di
continuit, ma una condizione favorevole per la stessa.
Ci che invece confermato sembra essere la modalit di possibile continuazione
dellattivit, cio il cosiddetto passaggio generazionale dal titolare ai figli. Infatti, la quasi
totalit dei continuatori appartengono alla famiglia proprietaria.
Presenza (potenziali) continuatori
S
9 7 %
No
3 %
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Grafico 14
Un altro elemento interessante, e collegato a quanto detto sopra, rappresentato da una
buona numerosit di continuatori (effettivi o potenziali).
In effetti, meno di un terzo unico continuatore (effettivo o potenziale) mentre quasi il 55%
sono due o tre soggetti. Nel 14,6% dei casi si arriva addirittura ad avere quattro o pi
continuatori, per effetto principalmente della presenza di due o pi soci generalmente
fratelli fondatori o titolari.
In questa situazione, la difficolt oggettiva rappresentata da ci che stato efficacemente
definito deriva generazionale, cio da quel fenomeno che porta a moltiplicarsi gli
eredi/continuatori durante il susseguirsi delle generazioni imprenditoriali, fino a costituire
unapiccola folla.
In questi casi, secondo una letteratura oramai consolidata, appare pi opportuno cercare di
razionalizzare gli assetti proprietari, per garantire una funzione di comando forte e
sufficientemente unitaria.
In sintesi, almeno sulla carta le aziende intervistate sembrano essere nelle condizioni di
garantire una certa continuit, ma chiaro che per tradurre queste potenzialit in atto sono
molti i fattori che determineranno poi il successo nella trasmissione: dalle capacitdimostrate sul campo dagli Junior, allevoluzione di mercato e relative nuove esigenze, alle
modalit pratiche di passaggio generazionale, allapertura o meno del Senior, ad altro
ancora.
Numero continuatori
0 %
1 0 %
2 0 %
3 0 %
4 0 %
5 0 %
6 0 %
7 0 %
1 2 3 >4
Numerosit
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Grafico 16
Analizzando lo status aziendale dei continuatori, si evidenzia che un po pi della met di
questi (51% per lesattezza) non ancora socio, anche di minoranza.
Il dato ovviamente di difficile interpretazione in quanto le tipologie di Junior analizzate
sono molto differenti: effettivi, potenziali, in qualche limitato caso non familiari, ecc..
Elemento discriminante oltre ovviamente alla presenza effettiva in azienda let del
soggetto: pi questa avanzata pi probabile che il continuatore sia anche socio. Vedremo
per in un grafico successivo questo aspetto.
Ci nonostante, il dato sopra esposto sembra essere abbastanza negativo, nel senso che una
buona percentuale daziende intervistate (quasi il 50%) caratterizzata dalla presenza di
Junior che hanno almeno 6 anni desperienza.
Proprio questa concentrazione sulle mani del Senior della propriet oltre che del controllo
gestionale conferma la tendenza a posticipare il passaggio di consegne effettivo tra le due
generazioni.
Ci si potrebbe chiedere se agli Junior, come contropartita del loro ruolo consolidato, non
debba essere riconosciuta in tempi pi brevi una quota (grande o piccola) di propriet
dellimpresa stessa.
Soci
S
4 9 %No
5 1 %
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Grafico 17
Per quanto riguarda let degli Junior (effettivi o potenziali continuatori) il grafico evidenzia
come vi sia una ripartizione omogenea.
Questo pu essere spiegato, ancora una volta, dalle differenti situazioni presenti e, in
particolare, dal fatto che i figli o le figlie sono piuttosto numerosi, e quindi di et differenti.
Pi nel dettaglio, circa il 13% ha meno di 20 anni (generalmente continuatori potenziali) un
altro 16% ha unet compresa tra i 21 e 25 anni (ancora continuatori potenziali, se studenti
universitari, oppure lavoratori se diplomati) mentre la classe pi numerosa (oltre il 28%)
quella centrale, con Junior dai 26 ai 30 anni.
In altri termini, siamo in presenza di una buona percentuale di Junior che si trovanoproprio nella fascia det critica, nel senso che sono molto probabilmente in aziendaalmeno da un paio danni (se non di pi) e, soprattutto, allorch il titolare (generalmente il
padre) inizia ad avere unet a rischio rispetto al passaggio generazionale.
Anche le ultime due fasce det presentano percentuali significative: ha dai 31 ai 35 anni
quasi il 20% e, addirittura, quasi il 23% degli Junior ha unet superiore ai 36 anni.
Queste due ultime classi che assieme rappresentano pi del 42% del totale evidenziano
che esiste un tendenziale allungamento dellet media dello status di Junior, con relativa
proroga del passaggio di testimone.
In effetti, come detto in premessa, molto probabile che nel Veneto let media di una
generazione imprenditoriale sia un po superiore rispetto a quella calcolata a livello europeo
(circa 29 anni).
Et Junior/continuatori
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
36
Classi
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Ha quindi senso parlare anche di convivenza generazionale, e non tanto di passaggio di
testimone, perch il tempo medio in cui il Senior e lo Junior lavorano fianco a fianco
elevato.
In termini organizzativi ma anche relazionali questo pu portare ad un incremento degli
scontri e delle dinamiche familiari, essendo spesso le visioni dellazienda differenti, a
seconda delle diverse ottiche generazionali.
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Grafico 18
Un altro elemento importante, accanto allet anagrafica, lesperienza degli Junior in
azienda.
Analizzando i dati, si nota che unelevata percentuale (quasi il 75%) ha maturato
unesperienza di almeno due anni.
Una percentuale significativa di Junior (pi del 21%) in azienda da un periodo compreso
tra i 6 e i 10 anni, pi del 27% da almeno 11 anni.In questi ultimi casi si potrebbe presumere che si tratti di Junior quasi titolari, nel senso che
la loro esperienza in azienda cos elevata da poterli considerare, almeno sulla carta,
continuatori effettivi e dotati di tutte le competenze necessarie per gestire adeguatamente
limpresa.
Semmai, come detto in precedenza, il problema legato alla scarsa propensione del Senior a
delegare e, pi in generale, a cedere quote considerevoli di comando.
Vedremo successivamente che questo aspetto strettamente legato al ruolo ricoperto dallo
Junior che, tendenzialmente, ha una competenza pi specialistica rispetto a quella del
titolare/fondatore.Lesperienza diretta con le imprese sembra indicare che gli Junior siano portati a
focalizzarsi su determinati aspetti, quali ad esempio: certificazione e qualit, sicurezza,
informatizzazione dellazienda, export, ecc.
Esperienza in azienda
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
50%
0 11
Anni
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Grafico 19
Passando alla formazione scolastica degli Junior si nota una tendenza che li porta ad avere
un livello di studi decisamente superiore rispetto al Senior.
In effetti, pi della met degli Junior diplomato e quasi un terzo in possesso di unalaurea (o la sta conseguendo in tempi brevi).Ci che sorprende, in negativo, invece la scarsa partecipazione a master o a corsi dispecializzazione post laurea (poco pi del 2%) quasi a significare che, dopo il diploma o
la laurea, non c il tempo o la volont di approfondire il proprio ambito di studi.Questa tendenza ci fa anche presumere che raramente gli Junior veneti facciano
unesperienza di lavoro post laurea o post diploma, sia questa effettuata presso unaltra
azienda (del settore o meno) oppure allestero, per esempio per migliorare una lingua
straniera.
In altri termini, lovvio consiglio che viene sempre dato di passare almeno 1-2 anni
allesterno dellazienda di famiglia prima di entrarci viene quasi sempre disatteso, rendendo
il pi delle volte difficile la convivenza tra chi non ha esperienza - e responsabilit cio lo
Junior, e chi invece da anni abituato a confrontarsi in piena autonomia decisionale con le
diverse problematiche aziendali, cio il Senior.
Formazione scolastica Junior
0 ,00%
10,00%
20,00%
30,00%
40,00%
50,00%
60,00%
Media inf. Media sup. Laurea Master o
corso
Tipologia
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Grafico 20
E molto utile analizzare invece il ruolo ricoperto dagli Junior che lavorano in azienda
perch, attraverso il confronto con la situazione del Senior, si notano differenze
significative.
C infatti una tendenziale specializzazione per funzioni da parte dello Junior che, complice
let e quindi la non elevata esperienza aziendale, pi portato ad approfondire un singolo
ambito dellazienda.
Pi nel dettaglio, solo il 15% pu essere considerato generalista, e quindi in grado disvolgere una funzione imprenditoriale a tutto tondo, tipica di chi sta per prendere in mano le
redini aziendali e ha la necessit di conoscere a fondo lazienda.
Questo pu significare che da un lato il Senior accentra ancora in s buona parte delle
funzioni, costringendo i continuatori a specializzarsi su una singola mansione, e dallaltro
lato che laccresciuta complessit di mercato (e le dimensioni aziendali) portano ad
organizzare limpresa in maniera diversa e pi complessa rispetto al passato.
Le tre funzioni aziendali tipiche amministrazione, produzione e commerciale sono
equamente distribuite (26-27% ciascuna).
Il fatto che lo Junior svolga spesso una funzione specialistica pu anche essere visto
positivamente, nellottica di una maggiore concentrazione e competenza in quel determinato
ambito aziendale.
Ruolo aziendale Junior
Generalista
1 5 %
Acquisti
5 %
Produzione
2 7 %
Amministr.
2 7 %
Vendite
commerciale
2 6 %
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Grafico 21
Dopo aver analizzato i tratti salienti degli Junior/continuatori, passiamo ad un aspetto molto
importante per capire la percezione del passaggio generazionale: lindividuazione dei fattori
condizionanti.
Questi ultimi sono stati ripartiti in due grandi categorie: fattori interni (capacit di esprimere
una leadership interna, aspetti relazioni e dinamiche familiari) e fattori esterni (capacit di
esprimere una leadership esterna, competitivit sul mercato e sua evoluzione).
Questa scelta deriva da unattenta analisi dei fattori che, in generale, garantiscono una
maggiore probabilit di successo nella trasmissione, fattori rappresentati dalla presenza
allinterno dellazienda di un futuro leader imprenditoriale e, rispetto al mercato, la capacit
di continuare ad essere competitivi innovando.
Si nota subito che la cosiddetta Leadership interna viene considerata prevalente (45%
rispetto a 33%) nei confronti del rapporto con il mercato, mentre il 22% degli intervistati d
lo stesso peso ai due fattori (leadership interna e leadership esterna).
Questo risultato, per certi versi sorprendente, sembra confermare una visione abbastanza
inerziale del problema della trasmissione generazionale, nel senso che i fattori interni(famiglia, rapporti e dinamiche interpersonali) tendono a prevalere sugli aspetti pi
strettamente aziendali e di mercato.
Nellottica dellintero progetto questo segnale sembra fornire una forte indicazione per
eventuali interventi regionali di supporto alla trasmissione nellottica innovativa.
Questi ultimi non potranno non tenere in adeguata evidenza le dinamiche interne e una loro
strutturata e articolata gestione.
Fattori condizionanti la continuit
Entrambi
2 2 %
Fattori interni4 5 %
Fattori esterni
3 3 %
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Passiamo ora ad analizzare alcuni elementi pi qualitativi, legati in particolare al problema o
ai vincoli per il Senior e per lo Junior (sempre rispetto alla tematica successoria) nonch ai
punti di forza degli stessi soggetti.
Ricordiamo che la panoramica che emerge la risultante di tutte le risposte (Senior, Junior e
Altri).
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Grafico 22
Per quanto riguarda i problemi pi rilevanti vissuti dal Senior, quello
organizzativo/gestionale appare il pi importante (38%) seguito dal mercato/concorrenza
(27%) e dagli aspetti relazionali/formativi (20%).
Gli aspetti produttivi non sembrano destare particolare preoccupazione, rappresentando
solamente l8% del totale.
Analisi dei problemi
dal punto di vista del Senior
Produttivo
8 %
Altro
7 %
Organizzativo
gestionale
3 8 %
Mercato
concorrenza
2 7 %
Relazionale
formativo
2 0 %
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Grafico 23
Analizzando parallelamente i problemi dello Junior, si nota che nel complesso non
differiscono molto da quelli del Senior, con un paio di importanti eccezioni, rappresentate
dal maggior peso dato dai giovani (27% anzich 20%) agli aspetti relazionali e formativi, e
al minor peso dato a quelli di mercato (19% anzich 27%).
A livello pi generale, si pu quindi dire che i vincoli maggiori vissuti da entrambe le
generazioni sono proprio quelli interni (organizzativo/gestionali ma anche relazionali)mentre una quota minoritaria (seppur importante) d rilievo ai fattori esterni, cio al mercato
e alla concorrenza.
Questultimo aspetto ritenuto meno grave proprio per gli Junior.
Questo conferma, ancora una volta, il tendenziale ottimismo sullandamento del mercato
(sia interno che esterno) e quindi sulla competitivit dellazienda stessa.
Sembra utile rilevare che vi consapevolezza sul fatto che gli aspetti relazionali e formativi,
sia sul fronte Senior che Junior, sono di peso superiore agli aspetti tecnico/produttivi e
addirittura comparabili a quelli del mercato e della concorrenza.
Dallaltro canto, si pu presumere che laspetto organizzativo/gestionale interno
(considerato prevalente) inglobi in s quote importanti di gestione del potere, e quindi di
relazioni Senior/Junior.
Analisi dei problemi
dal punto di vista dello Junior
Produttivo
6 %
Altro
1 2 %
Relazionale
formativo
2 7 %
Organizzativo
gestionale
3 6 %
Mercato
concorrenza
1 9 %
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Passando ora ad analizzare congiuntamente i punti di forza dei protagonisti, si nota che
differiscono abbastanza, nel senso che quelli ritenuti propri del Senior sono pi tradizionali
(organizzazione/flessibilit, prodotto e qualit del prodotto, lesperienza maturata sul campo
e la tenacia dimostrata) e interni allazienda, mentre quelli propri dello Junior sono pi
focalizzati allesterno e agli aspetti organizzativi e relazionali (flessibilit gestionale,
innovativit e apertura, spirito di squadra e capacit di delega, attenzione alla clientela e al
mercato).
Per rendere pi agevole la risposta stato chiesto allintervistato di individuare solo un
punto di forza aziendale del Senior e dello Junior.
Va puntualizzato che le risposte sono state date sia dal Senior che dallo Junior, nonch da
una piccola percentuale di non familiari. Il soggetto intervistato ha quindi dato una sua
risposta diretta, ma si poi immedesimato nellaltro o, nel caso del dipendente non
familiare, addirittura ha ipotizzato i punti di forza di entrambi.
In realt, a livello di ricerca e successiva elaborazione di possibili linee dazione, si
ritenuto interessante cercare di capire, nel complesso e non singolarmente, i vincoli
(problemi) e le opportunit (punti di forza) percepiti dai due protagonisti del processo
successorio.
Grafico 24
Punto di forza Senior
Esperienza
2 9 %
Intuito,
tenacia
2 0 %
Altro
4 %
Clientela
mercato
1 1 % Spirito di
squadra
4 %
Prodotto
qualit
1 4 %
Organizzazione
flessibilit
1 8 %
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Grafico 25
In particolare, appare interessante la rilevanza dimostrata per la propensione allinnovazione
e allapertura da parte dello Junior, in quanto questo aspetto potrebbe rappresentare un
ottimo spunto per sviluppare ulteriormente lazienda attraverso una corretta gestione del
processo di trasmissione facendo, come auspicabile, di un momento critico un trampolino
per apportare competitivit nuova.
Per facilitare lanalisi, si riporta qui di seguito il confronto tra i diversi fattori individuati:
Punto di forza Senior Junior Differenza
Organizzazione/flessibilit 18% 23% +5%
Spirito di squadra 4% 11% +7%
Esperienza 29% - -
Innovativit - - 23%
Clientela/mercato 11% 9% -2%
Intuito, tenacia, volont 20% 13% -7%
Punto di forza Junior
Altro
1 3 %
Spirito di
squadra
1 1 %
Clientela
mercato
9 %
Innovativit
apertura
2 3 %
Organizzazione
flessibilit
2 3 %
Tenacia
volont
1 3 %
Prodotto
qualit
8 %
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Le successive due domande hanno cercato di capire se leffettiva trasmissione avvenuta o
avverr entro i prossimi cinque anni. Va subito precisato che per trasmissione avvenuta si
inteso il trasferimento della maggioranza di propriet (quote o azioni) da una generazione
allaltra2, e non una manifestazione dintenzione (per esempio: che il passaggio
generazionale era stato attuato perch il Senior aveva iniziato a dare spazio ai
continuatori).
Grafico 26
Questo pu giustificare in parte lalta percentuale 80% - degli intervistati che hanno
risposto negativamente.
Ancora una volta si sottolinea che la selezione effettuata partendo dal campione iniziale ha
cercato di privilegiare le situazioni in cui stava profilandosi la problematica successoria, al
fine di indagare in prospettiva il fenomeno e le sue dimensioni quali-quantitative pi
rilevanti.
2 In ci adeguandosi alla definizione formale della Commissione Europea, presente nel gi citatoReport.
Trasmissione avvenuta negli ultimi 5 anni
S
2 0 %
No
8 0 %
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Grafico 27
Al contrario, se andiamo ad analizzare le previsioni di trasmissione entro i prossimi 5 anni,
si nota che unelevata percentuale (44% per lesattezza) ha dato risposta affermativa.
Questo dimostra, come daltra parte era gi emerso dallanalisi dei dati a livello generale
(cio sul campione casuale di 5.000 ditte attive) e da altre recenti indagini, che la
problematica di stretta attualit, e che anzi nel prossimo quinquennio il numero di aziende
interessate destinato a crescere ulteriormente.
Previsione trasmissione entro 5 anni
S
4 4 %
No
4 3 %
Non so
1 3 %
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Ci nonostante, anche nel Veneto la quota di trasferimenti non interni (18%) abbastanza
significativa, anche se legata spesso ad esigenze di mercato, e non tanto ad una precisa
strategia per risolvere la problematica successoria.
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60
Grafico 29
Anche le forme tecniche di trasferimento sia attuate che previste non presentano modelli
particolarmente evolutivi.
Il trasferimento di quote o azioni (per lo pi graduale) da una generazione proprietariaallaltra rappresenta ancora il 69% dei casi, mentre le restanti tipologie(successione/donazione, vendita e accorpamento) sono solo il 17%.
Il restante 14% non ha ancora deciso la forma di trasmissione, o perch non stato
pianificato il processo oppure, molto pi semplicemente, perch lazienda non si trova
ancora nella fase critica.
Si evidenzia la bassa percentuale di soggetti che hanno risposto scegliendo la modalit della
successione e donazione, se si pensa che recentemente stata introdotta labolizione della
relativa imposta.
In altri termini, non sono molti glimprenditori orientati a valorizzare questa nuova
possibilit legislativa.
Tali agevolazioni, pur implicando il beneficio di un impatto fiscale nullo o quasi, sembra
portare con s il rischio di indurre gli attori interessati a posticipare il momento di affrontare
il nodo successorio.
Forme attuate o previste
di trasferimento dell'impresa
non so
1 4 %
vendita
7 %accorpamento
1 %
trasferimento
quote/azioni6 9 %
succesione
donazione
9 %
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Grafico 30
Passiamo infine ad analizzare i motivi che hanno spinto, o che spingeranno nel medio
termine, a trasmettere lattivit.
Anche qui la percentuale pi elevata (65%) rappresentata da un fattore classico: let del
titolare e quindi lapprossimarsi del suo pensionamento/ritiro o comunque di una riduzione
dellimpegno in azienda, a causa della diminuzione di energia e di motivazione.Sembrano per emergere e questo in linea con alcune conclusioni del citato Gruppo di
esperti anche altre motivazioni, non strettamente legate allet anagrafica del Senior.
Una buona percentuale, il 29% per lesattezza, imputa la trasmissione ad altri motivi, legati
per esempio alla situazione di mercato, allaccresciuta competitivit, alla presenza di figli
non pi giovanissimi in azienda e che quindi hanno bisogno di nuovi spazi per muoversi e
per decidere.
Anche il relazione ad altre fonti, questultimo aspetto potrebbe rappresentare una
motivazione di particolare interesse.
In questottica, sar quindi importante cogliere le nuove esigenze dei Senior, non pi legatesolo alla loro et ma anche allevoluzione del contesto, sia interno (es. la presenza di
continuatori) che esterno (es. levoluzione del mercato e di nuovi orientamenti
imprenditoriali).
Ragione del trasferimento dell'impresa
altri motivi
2 9 %
incidente
salute
6 %
pensionamento
et
6 5 %
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Grafico 31
Unaltra domanda importante riguarda la presenza o meno di un processo di pianificazione
della propria successione.
Molteplici ricerche hanno confermato che un piano, anche se di massima, per gestire e non
subire la trasmissione, favorisce una continuit di successo.
Su questo punto solo il 24% degli intervistati hanno dato una risposta affermativa, alquale va aggiunto un altro 21% che ritiene di aver attuato o di prevedere almeno in parte
un piano.
(Una recentissima testimonianza presentata al Seminario di Vienna, rileverebbe che selindice di fallimento delle trasmissioni non pianificate pari al 25%, tale indicescenderebbe drasticamente al 5% se c stato un piano).
Presenza di un processo di pianificazione
S
2 4 %
No
5 5 %
In parte
2 1 %
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Grafico 32
Andando pi nel dettaglio, per i soggetti che hanno risposto affermativamente alla
precedente domanda, stato chiesto se erano state attivate (o progettate in futuro) modalit
pratiche per governare il processo successorio, se esiste un piano strategico scritto di
massima e, infine, se sono state fissate scadenze precise per attuare quanto programmato.
Con riferimento a questo, le tre opzioni hanno avuto un peso abbastanza simile, con una
leggera predominanza delle modalit pratiche (39% del totale) rispetto alla fissazione di
scadenze precise (34%).
Prendendo come elemento discriminante proprio questultimo aspetto, e incrociando il dato
con quanto emerso nella precedente domanda, se ne desume che poco pi dell8% degliintervistati dichiara di avere attivato o di volerlo fare in futuro - un preciso processodi pianificazione con scadenze definite.Si tratta, evidentemente, di una percentuale molto bassa, e che non sembra garantire una
sistematica governabilit dei processi in atto sul territorio.
Dettaglio processo di pianificazione
Piano
strategico
2 7 %
Scadenze
3 4 %
Modalit
3 9 %
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Grafico 33
Lindagine conferma quanto verificato da molteplici ricerche, e cio che si tratta
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