POLITECNICO DI TORINO
Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale
Corso di laurea in Ingegneria Meccanica
Monografia di laurea
Implementazione di un modello di combustione con fronte di
fiamma sferico con specifico riferimento ad un motore
bicilindrico ad accensione comandata
Relatore: Candidato:
Prof.ssa Misul Daniela Anna Lafratta Antonio
15 Ottobre 2015
Ringrazio Daniela e Danilo
che con la loro professionalità, disponibilità e simpatia
hanno reso possibile lo svolgimento di questo lavoro.
A mia madre e a mio padre, che mi hanno insegnato che senza sacrifici e duro lavoro non si va da
nessuna parte, che l’onestà di una persona vale più di tutto il denaro di questo mondo, che anche
quando le cose sembrano non andare per il verso giusto, basta avere la forza di rialzarsi e
continuare a lottare, perché alla fine della corsa, ne sarà valsa la pena.
A Maria, senza la quale oggi non sarei qui, che mi ha accompagnato ogni giorno in questo cammino
e mi ha tenuto per mano quando ne ho avuto bisogno, che ha creduto sempre nelle mie scelte, giuste
o sbagliate, standomi vicino nei momenti difficili e gioendo con me nei momenti più belli.
Ad Andrea, con cui sono cresciuto divertendomi e combinandone di tutti i colori e a cui auguro il
meglio per il suo futuro, perché vivere senza un fratello è come vivere a metà, senza qualcuno con
cui condividere le tue gioie e i tuoi dolori.
Alle mie nonne, che mi hanno tenuto a bada quando le facevo arrabbiare, che mi hanno accontentato
anche quando non lo meritavo e a cui ho sempre voluto bene, perché è impossibile non apprezzare
la propria nonna.
A Francesco e Andrea, i miei amici di sempre, perché in un mondo come questo, quando ci si può
sentire soli e lontani da tutto, sai già che loro due saranno lì accanto a te, pronti ad aiutarti come
hanno sempre fatto.
A Oronzo e Giovanna, che mi hanno accolto come uno di famiglia, facendomi sentire sempre come
se fossi a casa, e che mi hanno insegnato con il loro esempio che la strada intrapresa, anche se dura
e piena di ostacoli, può essere sempre percorsa fino in fondo, basta metterci tutto l’impegno possibile.
A Stefano e Grazia, che mi hanno sempre seguito da quando sono nato e che saranno sempre un
punto di riferimento per me in qualsiasi momento della mia vita.
A tutti i miei parenti, amici e alle persone che mi sono vicine.
Indice
1. Analisi di rilascio termico…………………………………………………………..…..…1
1.1. Introduzione……………………………………………………………………….……...…1
1.2. Modelli di rilascio termico: 1 zona……………………………………………….…………2
1.3. Modelli di rilascio termico: 2 zone……………………………………………….…………2
1.4. Modelli di rilascio termico: Multizona……………………………………......….…………3
2. Il modello CAD della camera di combustione……………………...…………15
2.1. Modellazione pistone………………………………………………………………………16
2.2. Testata e cilindro…………………………………………………………………………...22
2.3. Fronte di fiamma…………………………………………………………………………...24
2.4. Assieme finale……………………………………………………………………………...25
3. Acquisizione dei dati sperimentali…………………………………………..…27
3.1. Anomalia nel calcolo delle aree……………………………………………………………33
4. Verifica dei punti sperimentali…………………………………………………38
5. Bibliografia………………………………………………………………………39
1. Analisi di rilascio termico
1
Analisi di rilascio termico
1.1 Introduzione
Lo studio del funzionamento dei motori a combustione interna è basato principalmente sulla misura
della pressione istantanea all’interno della camera di combustione, ritenuta uno dei principali
strumenti diagnostici utilizzati per questa analisi.
L’aumento di pressione dei gas nel cilindro, infatti, permette all’energia chimica rilasciata durante il
processo di combustione di essere convertita in lavoro utile sulla superficie dello stantuffo.
Nei primi anni di lavoro, la procedura accennata è stata effettuata in primis per verificare quanto
regolare fosse l’aumento della pressione nella camera causato dalla combustione, quindi il grado di
qualità del procedimento stesso, pur non dando indicazioni utili per la fase di progettazione del
motore.
Ci si rese conto, pertanto, che l’informazione mancante per la completa comprensione del processo
di combustione era quella riguardante l’avanzamento istantaneo della combustione stessa, ossia la
quantità di carica bruciata a partire dall’istante iniziale dello scoccare della scintilla fino all’istante
considerato.
La puntuale identificazione del grado di avanzamento del fronte di fiamma deve essere quindi
effettuata tenendo conto di vari fattori influenzanti il cambiamento della pressione nella camera: la
pressione è funzione della variazione di volume della camera, dello scambio termico con le pareti,
dei flussi di massa entranti ed uscenti dalle crevices (regioni confinate tra il pistone, la canna del
cilindro e i segmenti di tenuta) e delle fughe di fluido verso il basamento.
L’analisi di rilascio termico, inteso come fenomeno mediante il quale l’energia chimica del
combustibile viene convertita in energia termica a seguito dell’ossidazione dello stesso con l’ossigeno
comburente dell’aria, è il metodo fondamentale per la realizzazione di questo procedimento.
Di seguito, vengono riportati tre dei principali modelli di rilascio termico messi a punto.
1. Analisi di rilascio termico
2
1.2 Modelli di rilascio termico: 1 zona
Questa metodologia di analisi di rilascio termico consiste nel considerare il contenuto della carica
completamente omogeneo (da cui il nome “1 zona”). Rispetto a modelli più complessi del tipo “2
zone” o “multizona” (che verranno descritti in seguito), presenta il vantaggio molto importante della
rapidità di calcolo, che consente di analizzare il rilascio termico ciclo per ciclo in modalità “real time”.
Ciò permette ad esempio di verificare istantaneamente l’effetto che la modifica di un parametro
motoristico ha sulla combustione, mentre il motore in studio sta girando al banco. Questa proprietà
deriva fondamentalmente dal conoscere la soluzione analitica di xb in funzione del tempo, oltreché
dal non dover calcolare né le proprietà termochimiche della carica, né le aree istantanee di scambio
termico dei gas combusti con le pareti mediante procedura CAD, come modelli più raffinati invece
fanno.
1.3 Modelli di rilascio termico: 2 zone
Il modello di rilascio termico qui riportato suddivide la camera di combustione in due zone omogenee
e permette di calcolare con sufficiente accuratezza le proprietà termochimiche dei gas combusti
(burned gas) e della carica da bruciare (unburned gas).
A seconda del valore dell’angolo di manovella ϑ si hanno tre incognite: la temperatura dei gas
combusti Tb, la temperatura della carica fresca Tb e la frazione di massa bruciata xb.
1. Analisi di rilascio termico
3
Rappresentazione schematica delle zone “burned” (Vb) ed “unburned” (Vu) nella camera di
combustione del motore
1.4 Modelli di rilascio termico: Multizona
In questo tipo di modello il contenuto della carica risulta suddiviso tra tre o più zone internamente
omogenee. Ciò significa che la temperatura e la composizione della carica possono essere calcolate
con ancora maggior dettaglio, con considerevoli miglioramenti nel calcolo delle emissioni di ossidi
d’azoto.
Come è ovvio, in questo caso aumentano (anche in misura considerevole) i gradi di libertà a
disposizione dell’utilizzatore, che può infatti adottare ipotesi diverse per la composizione delle varie
zone o per lo scambio termico che queste hanno tra loro e con le pareti della camera. Per contro,
comporta una taratura più laboriosa, perché i parametri liberi devono essere scelti in modo da rendere
il più possibile coerenti gli output del modello con i dati sperimentali. Ad esempio, calibrando
opportunamente il numero di zone in cui è suddivisa la camera ed il coefficiente di scambio convettivo
h, si possono rispettare contemporaneamente i vincoli posti dalla misura di tutte e tre le emissioni
inquinanti allo scarico: CO, HC, NOx.
La scrittura delle equazioni che reggono il modello parte dall’applicazione del principio di
conservazione della massa e dell’energia a ciascuna zona costituente il volume della camera di
combustione. Nell’esplicitare i termini che compaiono in queste equazioni intervengono contributi
legati alla pressione (supposta spazialmente uniforme e pari a quella misurata dal trasduttore) in
1. Analisi di rilascio termico
4
camera di combustione, alla cinematica del manovellismo ed alla geometria del motore. Inoltre si
suppone che per ciascuna delle zone valga l’ipotesi di gas quasi perfetto. L’effetto delle crevices e
delle fughe viene trascurato (l’influenza che esse hanno sui risultati è minima, a condizione che il
motore in studio sia in buono stato).
Anche in questo caso si suppone ragionevolmente che la combustione provochi un’espansione dei
gas combusti secondo una geometria di tipo sferoide. Coerentemente, si prevede un’evoluzione delle
frazioni successive di massa bruciata secondo gusci sferici centrati tra gli elettrodi della candela.
Rappresentazione schematica della camera di combustione suddivisa in 6 zone “burned” (Vb) e nella
zona “unburned” (Vu)
Per poter intraprendere l’analisi di rilascio termico occorre considerare che, ad un generico angolo di
manovella ϑ, esistono in camera n zone burned internamente omogenee ed una zona unburned
anch’essa internamente omogenea. Si tratta quindi di individuare un numero di relazioni sufficiente
per determinare univocamente le proprietà di ciascuna zona. Si può dimostrare che, per l’ipotesi fatta
di gas quasi perfetto, oltre alla pressione (costante per tutte le zone), occorre una sola altra variabile
per ciascuna zona per individuarne univocamente lo stato termodinamico, e questa variabile è la
temperatura. Quindi si tratterà di scrivere e risolvere un sistema di n+1 equazioni in n+1 incognite.
Queste equazioni, per definizione di modello di rilascio termico, sono proprio il risultato
dell’applicazione del primo principio della termodinamica a ciascuna zona. Per motivazioni inerenti
1. Analisi di rilascio termico
5
la modellizzazione degli scambi termici tre le varie zone, si è scelto di sostituire una di queste
equazioni, in particolare quella relativa all’ultima zona burned che va formandosi (la più esterna,
indicata con n), con l’equazione di conservazione dell’energia applicata all’intera carica.
Si parte con l’esplicitare il primo principio della termodinamica in forma euleriana non stazionaria
per il generico volume di controllo, coincidente di volta in volta con quello di una determinata zona
(o dell’intera camera) all’istante iniziale. Si può quindi scrivere la seguente equazione fondamentale:
dtIdIdpVQ SC (1.4.1)
in cui:
Q : energia termica scambiata attraverso la superficie di controllo, positiva se ceduta dal sistema;
V : volume del sistema;
p : pressione agente sulla superficie del sistema;
I : entalpia totale del sistema;
SCI : flusso di entalpia attraverso la superficie di controllo, positivo se uscente dal sistema.
La (1.4.1) viene applicata per prima alla zona “unburned”:
uuuuuu idmimddpVQ
uuuuuuuu idmdimidmdpVQ
ubu
n
i
ibuu dimxdimxdpVQ
int,
1
, 11 (1.4.2)
Il pedice u indica la zona unburned, il pedice b le zone burned, m la massa totale in camera, xb,i la
frazione di massa bruciata della zona burned i-esima, mentre xb,int la frazione di massa bruciata
integrale, somma delle xb,i delle n zone.
In seguito la (1.4.1) viene applicata all’intera carica presente in camera di combustione:
n
i
ibibuuc imimddpVQ1
,,
n
i
ibib
n
i
ibibuuuuc idmdimidmdimdpVQ1
,,
1
,,
1. Analisi di rilascio termico
6
nella quale il pedice c si riferisce all’intera camera.
Ricordando che valgono le seguenti relazioni:
nb
n
i
ibnbub dxmxdmdxmdmdm ,
1
,,
la formula precedente si può così riscrivere:
nbib
n
i
ibibnbuubc dximdixmdxmidimxdpVQ ,,
1
,,,int,1
n
i
ibibnbunbubc dixmdxmiidimxdpVQ1
,,,,int,1 (1.4.3)
Le rimanenti condizioni necessarie alla determinazione di tutte le incognite sono determinabili
applicando la (1.4.1) alle n-1 zone burned “interne”. Le zone burned 1…n-1 coinvolte sono quelle a
“massa congelata”. Quindi, per n > 1, si può scrivere:
ibibibib imddpVQ ,,,,
ibibibib dimdpVQ ,,,,
ibibibib dixmdpVQ ,,,, i = 1…n-1 (1.4.4)
A questo punto si ha a disposizione un numero di equazioni sufficiente a risolvere il sistema
determinato risultante. In effetti, come già detto, il sistema presenta come incognite primarie le
temperature delle singole zone: una volta note le temperature, tutte le variabili termodinamiche (che
sono da esse dipendenti) sono a questo punto definite e si possono calcolare le ulteriori grandezze di
interesse.
Fra di esse la quantità più importante è certamente la frazione di massa bruciata. Essa può essere
ottenuta applicando il principio di conservazione del volume totale della camera:
nb
n
i
ibu
n
i
ibuc VVVVVV ,
1
1
,
1
,
1. Analisi di rilascio termico
7
nbnbib
n
i
ibuuc mmmV ,,,
1
1
,
Dividendo tutto per m , facendo comparire la pressione p ed applicando l’equazione di stato dei gas
perfetti TRmp si giunge all’espressione di nbx ,:
uunbnb
n
i
ibibibuu
n
i
ibc
nbTRTR
TRxTRxm
Vp
x
,,
1
1
,,,
1
1
,
,
1
(1.4.5)
Calcolo della potenza termica scambiata dai gas con le pareti
Per una accurata valutazione delle temperature delle singole zone in cui la camera è idealmente
suddivisa è fondamentale calcolare con un buon grado di approssimazione la potenza termica che
ciascuna zona scambia istantaneamente con le altre e con le pareti della camera.
Si suppone che lo scambio termico con le pareti della camera sia dominante rispetto a quello tra zona
e zona, poiché certamente il primo rappresenta la frazione maggiore della potenza termica che i gas
di ciascuna zona scambiano con la loro frontiera. In effetti bisogna ricordare che, per come è stato
costruito il modello, ci si trova a trattare uno sferoide di gas combusti ad elevata temperatura che,
espandendo dalla zona compresa tra gli elettrodi della candela, andrà progressivamente ad occupare
l’intera camera. Questo sferoide è costituito da n gusci concentrici a temperatura elevata, ciascuno
dei quali ha una superficie di contatto con le pareti della camera. Inoltre, di questi sferoidi, solo il più
esterno presenta una superficie di contatto con gli unburned gas. Quest’ultimi, oltre che con lo strato
n-esimo più esterno dei burned gas, possono scambiare calore con le pareti della camera.
Per quanto riguarda le n-1 zone burned interne, si è scelto di considerare unicamente il calore
scambiato da queste ultime con le pareti della camera, trascurando gli altri contributi dovuti alle zone
burned adiacenti. Questa scelta appare giustificata per due motivi: il primo è che una superficie di
contatto tra un gas ed una superficie metallica energicamente refrigerata presenta un coefficiente di
scambio termico convettivo molto maggiore rispetto ad una superficie di contatto tra due gas; il
secondo è che la differenza di temperatura tra burned e pareti è molto maggiore di quella tra burned
di zone adiacenti, senza considerare che in questo caso il flusso di calore netto di una zona burned i
che non sia la prima sarebbe molto basso, perché somma tra quello positivo ricevuto dalla zona i-1 e
quello negativo ceduto alla i+1. La zona burned n più esterna non possiede pienamente queste
1. Analisi di rilascio termico
8
caratteristiche (la frontiera con la zona unburned è caratterizzata da un elevato salto di temperatura)
ed in effetti per quest’ultima è possibile modellizzare diverse ipotesi di scambio di calore con gli
unburned:
- ipotesi della frontiera adiabatica tra burned ed unburned, prevede che lo scambio termico tra
il cuore della zona n dei burned gas e gli unburned gas sia trascurabile;
- ipotesi dell’evoluzione isentropica, prevede che il calore globale scambiato dagli unburned
gas sia nullo (la potenza termica che essi ricevono dalla zona n dei burned è istantaneamente
uguale a quella che cedono alle pareti);
- ipotesi dell’interfaccia interamente adiabatica, prevede che gli unburned gas costituiscano un
sistema totalmente adiabatico.
Calcolo del punto di inizio combustione
Un aspetto fondamentale dei modelli di rilascio termico è quello inerente la determinazione del punto
di inizio della combustione. In effetti il sistema risolutivo presentato ammette soluzione fisicamente
accettabile solo se la combustione è già iniziata.
Dal punto di vista termodinamico, l’inizio della combustione coincide con l’istante in cui viene
liberata la prima frazione di energia chimica, la quale fa aumentare pressione e temperatura della
carica oltre il valore corrispondente alla politropica che avrebbe seguito il corrispondente ciclo
‘motored’. E’ possibile calcolare l’energia chimica liberata dalla combustione attraverso
l’applicazione del primo principio della termodinamica all’intera carica, inizialmente costituita dai
soli unburned. Infatti si può dimostrare che lo sviluppo di calore conseguente all’inizio della
combustione è equivalente alla somministrazione di una eguale quantità di calore dall’esterno del
sistema, chiamato calore chimico Qch. Poiché è noto l’andamento della pressione in camera, è
possibile calcolare l’istante in cui questa si discosta dal valore che avrebbe avuto se il calore fornito
dall’esterno fosse stato nullo.
Questa condizione si verifica quando il calore chimico fornito alla carica, all’istante iniziale costituita
da soli unburned, diviene positivo. Esso risulta come somma del calore scambiato con le pareti e del
calore apparente fornito alla carica:
dpVdhmQQQ ubuwuch
(1.4.6)
1. Analisi di rilascio termico
9
Si può intuire che, a seconda di quale ipotesi di modellizzazione degli scambi termici venga usata, si
avranno due diversi punti di inizio di combustione: uno più anticipato, corrispondente all’ipotesi di
frontiera adiabatica tra burned ed unburned, uno più ritardato, comune alle altre due ipotesi, per le
quali il calore netto scambiato con le pareti dagli unburned gas è nullo.
Calcolo delle velocità caratteristiche di combustione
In letteratura sono definite tre velocità caratteristiche inerenti il processo di combustione:
- Sb: velocità di combustione turbolenta (“burning speed”);
- ub: velocità assoluta del fronte di fiamma (“mean expansion speed of the burned gas”);
- ug: velocità di espansione;
Le tre grandezze sono legate dalla seguente relazione:
bbg Suu (1.4.7)
Si riportano di seguito due esempi utili per meglio comprendere il significato delle tre velocità appena
introdotte:
- combustione in un fluido in quiete. Il fronte di fiamma avanza in un fluido fermo
(macroscopicamente). Si avrà quindi ug nullo e ub pari a Sb;
- combustione in un combustore. In questo caso il fronte di fiamma è fermo (ub nullo), mentre
il flusso di gas attraversa il combustore. Si avrà quindi gb uS .
Si consideri la massa mb dei burned gas all’istante di tempo t. Nell’intervallo di tempo infinitesimo
dt tale massa subisce un incremento dmb perché una porzione di ‘unburned gas’, bruciando, si
trasforma in ‘burned gas’ ed attraversa la superficie di separazione delle due zone buA .
L’incremento di massa dmb può essere espresso come:
dtASdm bubub (1.4.8)
1. Analisi di rilascio termico
10
dove Sb indica la velocità con cui gli ‘unburned gas’ attraversano la superficie di separazione;
dtAS bub rappresenta il volume degli ‘unburned gas’ che verrà inglobato nella zona dei ‘burned
gas’ nell’intervallo dt; u indica la densità degli ‘unburned gas’.
Si ottiene quindi:
(1.4.9)
Nell’intervallo dt, la zona dei ‘burned gas’ aumenta il proprio volume di una quantità dVb che, a
posizione fissa dello stantuffo (cioè a ϑ = cost), si può scrivere come:
tbbutb drAdV
coscos
dove tbdr
cos rappresenta lo spostamento infinitesimo, nell’intervallo dt, della zona di separazione
tra ‘unburned gas’ e ‘burned gas’. Pertanto:
tbbbu rVA
cos (1.4.10)
Combinando la (1.4.9) e la (1.4.10) si ottiene:
tbb
b
u
brV
dtdmS
cos
1
(1.4.11)
Ricordando che:
HRRmdt
d
d
dm
dt
dmist
bb
(dove wist rappresenta la velocità angolare istantanea del motore, m la massa contenuta nel cilindro
all’istante di chiusura delle valvole di aspirazione) si ottiene dalla (1.4.11)
buu
b
bA
dtdmS
1. Analisi di rilascio termico
11
tbb
ist
u
brV
HRRmS
cos
1
(1.4.12)
Il termine tbb rV
cos
che compare nella (1.4.12) può essere calcolato mediante il modello
geometrico che descrive il fronte di fiamma sferico con centro nella posizione della candela e la
geometria della camera di combustione.
La velocità assoluta del fronte di fiamma ub è definita come:
bu
bb
A
tVu
(1.4.13)
Richiamando la (1.4.10) si ottiene
t
ru b
b
(1.4.14)
A questo punto utilizzando la (1.4.7) si può calcolare ug.
Calcolo della concentrazione istantanea di NOx
La formazione degli ossidi di azoto (NO, NO2 ed N2O) nei motori a combustione interna è un
fenomeno fisico molto complesso, che risente dell’interazione di almeno tre grandezze fondamentali:
la temperatura, la concentrazione di ossigeno ed il tempo di permanenza in camera. Nel caso dei
motori ad accensione comandata a quattro tempi, la frazione di NO misurata allo scarico è superiore
al 95% del totale degli ossidi di azoto. Per questo motivo la modellistica chimica è generalmente
incentrata solo sul calcolo di quest’ultimo.
L’ossido di azoto NO è originato secondo tre meccanismi di formazione principali:
- NO termico: avviene soprattutto nei gas combusti dopo il passaggio della fiamma. Questo
meccanismo è pressoché irrilevante per temperature al di sotto di 1700K, ma diventa
importante oltre i 2000K;
- NO prompt: la formazione di NO secondo questo meccanismo avviene solo in una parte della
fiamma in cui la combustione non è completa e quindi c’è la presenza di gruppi radicali. La
1. Analisi di rilascio termico
12
formazione di ossidi di azoto secondo questo meccanismo è estremamente rapida, da cui il
nome prompt;
- NO fuel: in questo caso l’azoto che va ad originare il proprio ossido deriva direttamente dal
combustibili, a cui è legato chimicamente.
L’ordine in cui i meccanismi sono stati riportati riflette la loro importanza relativa. In particolare, gli
“NO termici” sono all’incirca il 90÷95% del totale, mentre gli “NO fuel” non superano l’1% del totale.
I rimanenti sono quindi “NO prompt”.
Il modello di rilascio termico “multizona” include uno specifico sotto-modello per la stima della
formazione dell’NO. La routine si basa sui modelli di formazione “termico” e “prompt”, al fine di
individuare gli effetti di tali meccanismi di formazione e dei parametri termodinamici sulle emissioni
di ossidi di azoto.
Per quanti riguarda la formazione dell’NO termico, ci si basa sul modello di Zeldovich super-esteso,
costituito dalle seguenti reazioni:
NNOON 2 (1.4.15)
ONOON 2 (1.4.16)
HNOOHN (1.4.17)
OHNONH 22 (1.4.18)
222 ONONO (1.4.19)
NONOONO 2 (1.4.20)
Le rispettive velocità di reazione sono state aggiornate più volte nel corso degli anni. Le espressioni
più recenti sono quelle proposte da Miller.
Combinando le equazioni (1.4.15÷1.4.20) si arriva a scrivere l’espressione di evoluzione della
concentrazione istantanea di NO:
54
6
6
32
1
,
1
2
, 11
12
RR
R
R
RR
R
NO
NO
R
NO
NO
dt
NOd
ei
iei
ii ni ...1 (1.4.21)
1. Analisi di rilascio termico
13
L’equazione è applicabile ad ogni singola zona burned della camera e mette in relazione la variazione
nel tempo della concentrazione di NO con la concentrazione istantanea effettiva e con quella che si
avrebbe se venisse raggiunto l’equilibrio chimico a quella temperatura e pressione.
Il meccanismo prompt, che come già detto riguarda la formazione dell’NO nella zona della fiamma,
introduce le seguenti reazioni:
NHCNCHN 2 (1.4.22)
NONNHNCOHCNOHOHHO
2
(1.4.23)
Per miscele leggermente povere (RAFR ≈ 1.05), il contributo del meccanismo prompt è trascurabile
rispetto al meccanismo termico, mentre la sua importanza cresce per le miscele ricche o povere.
Unendo i contributi dei due meccanismi e considerando anche l’NO derivante dai gas residui, il livello
di NO per ciascuna zona burned ad un generico istante t può essere espressa come:
ib
prompt
u
ib
rbb
tii
dttidttititiM
NOM
MNOxxm
dtNdt
NOdNNONNO
dttiti
,
,
,,,,,
,,
(1.4.24)
dove Ni rappresenta il numero totale di moli nella zona i-esima, Mb,i e Mu le masse molecolari medie
della zona burned e degli unburned rispettivamente.
Calcolo delle proprietà termodinamiche di burned ed unburned gas
Per la risoluzione delle equazioni costituenti il modello, occorre determinare in funzione della
temperatura e della pressione, la composizione delle n+1 zone in cui è suddivisa la carica. La
composizione così determinata viene utilizzata per il calcolo delle proprietà termochimiche dei gas
(entalpia specifica i, calore specifico a pressione costante cp, costante elastica del gas R); essa
corrisponde alla composizione che si raggiungerebbe ad una determinata temperatura e pressione
qualora le reazioni potessero giungere all’equilibrio chimico. Ciò non sempre è compatibile con i
tempi a disposizione in camera di combustione. Relativamente ai burned gas, si otterranno
composizioni diverse a seconda che si consideri o no la dissociazione.
1. Analisi di rilascio termico
14
In assenza di dissociazione, nei gas combusti si devono considerare in alternativa, CO ed H2 nel
campo delle miscele ricche, O2 per miscele povere. In caso avvenga invece la dissociazione di alcuni
dei prodotti della combustione in quantità apprezzabili, ovvero se si raggiungono temperature
superiori a 1850 K circa, si può verificare che le specie significative nei prodotti siano CO, H2, O,
OH, H ed NO, indipendentemente dal fatto che si stia lavorando con miscela ricca o povera. Dunque
si può affermare che O, OH, H ed NO siano legati solo alla dissociazione, mentre CO ed H2 derivano
certamente dalla dissociazione, ma sono presenti anche in assenza di essa quando si lavori nel campo
del ricco. Di conseguenza, mentre in assenza di dissociazione è necessario considerare separatamente
il caso povero e quello ricco, in presenza di dissociazione si può affrontare il problema senza
distinzioni.
Una volta determinata la composizione dei burned e degli unburned gas, è possibile calcolarne le
principali proprietà termodinamiche per le diverse specie presenti. In particolare è possibile calcolare
i valori dell’entalpia massica i e del calore specifico a pressione costante cp. Per tali grandezze sono
disponibili equazioni polinomiali, nelle quali compare anche la dipendenza dalla temperatura.
L’entalpia massica media della carica è determinabile quindi come sommatoria, zona per zona, dei
prodotti tra l’entalpia massica della singola specie per la frazione in massa di quella specie in camera.
Può essere valutato inoltre l’andamento dell’esponente medio dell’isentropica della carica ,
fondamentale per poter applicare modelli di rilascio termico di tipo “1 zona”.
In conclusione si può dire che il fatto di considerare oppure no la dissociazione avrà un effetto sul
calcolo delle temperature in camera di combustione, il quale si riflette sul calcolo delle proprietà
termodinamiche.
2. Il modello CAD della camera di combustione
15
Il modello CAD della camera di combustione
L’analisi diagnostica del motore T-Jet 4 cilindri preso in considerazione sarà condotta attraverso il
modello di rilascio termico Multizona.
Per lo sviluppo dei calcoli, il programma necessiterà della conoscenza delle aree e dei volumi
caratteristici del processo di combustione per ogni valore di angolo di manovella ϑ.
Si propone di seguito la legenda delle principali variabili calcolate:
- Ab: area dei burned gas
- Au: area degli unburned gas
- Aub: area di separazione tra burned ed unburned gas
- Vb: volume dei burned gas
Per la realizzazione dei pezzi che andranno a comporre l’assieme finale del modello della camera di
combustione, si è utilizzato il software di modellazione CAD Solidworks.
In particolare, mediante opportune messe in tavola fornite dal Centro Ricerche Fiat, è stato modellato
interamente il pistone, mentre per le restanti parti sono stati adottati dei modelli semplificati che
verranno esposti in seguito.
Nella creazione dell’assieme si è scelto di utilizzare apposite funzioni di Solidworks in modo tale da
poter generare dei volumi e non delle superfici, in quanto le intersezioni tra le facce dei singoli pezzi
andrebbero a creare una geometria con cavità, implicando quindi valori di Vb e Aub totalmente errati.
2. Il modello CAD della camera di combustione
16
2.1 Modellazione pistone
Figura 1: Vista isometrica
La realizzazione del modello 3D del pistone è il punto di partenza dell’intero processo di creazione
delle matrici di aree e volumi.
Mediante un’attenta analisi della geometria e delle quote funzionali ricavate dalle messe in tavola
fornite, si è realizzata la forma base dello stantuffo, estrudendo in rivoluzione un cilindro con
diametro base di 72mm.
Successivamente, si è ridotto il diametro della fascia superiore come da disegno e si è creata la cavità
relativa al raschiaolio; si è quindi realizzata la cavità interna del pistone, sagomando opportunamente
le varie superfici raccordate e infine si è realizzato il “cratere” sulla superficie di testa del pezzo.
2. Il modello CAD della camera di combustione
17
Figura 2: Quote pistone
2. Il modello CAD della camera di combustione
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Figura 3: Quote pistone
2. Il modello CAD della camera di combustione
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Figura 4: Vista frontale
Figura 5: Vista laterale
2. Il modello CAD della camera di combustione
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Figura 6: Vista superiore
Per la creazione dell’assieme, si è deciso di sagomare lo stantuffo come in figura 7, mantenendo la
superficie frontale identica alla geometria reale ed estrudendo un cilindro pieno come corpo
principale, riempiendo quindi le cavità del raschiaolio e delle fasce.
Questa scelta è stata effettuata dopo aver stabilito che l’errore commesso semplificando la geometria
del pistone può essere ritenuto trascurabile ai fini dei calcoli.
2. Il modello CAD della camera di combustione
21
Figura 7
Al di sotto della superficie frontale si è optato per aumentare leggermente il diametro del corpo,
dettaglio visibile dalla sporgenza a gradino in figura 8, in modo tale da creare una lieve interferenza
durante l’accoppiamento con il cilindro ed evitare eventuali problemi durante il calcolo dei valori di
area e volume da parte del software.
Figura 8
2. Il modello CAD della camera di combustione
22
2.2 Testata e cilindro
Per permettere al calcolatore di effettuare le operazioni in maniera semplice ed efficace, si è scelto di
realizzare la testata e il cilindro in un unico blocco, tralasciando i dettagli della loro geometria esterna
perché ininfluenti ai fini del calcolo e creando un parallelepipedo con una cavità al centro di una delle
facce. (Figura 9)
Figura 9: Camera di combustione
In figura 10 sono riportati gli inserti delle valvole di aspirazione e scarico, la non simmetria della
parte superiore della camera di combustione e la posizione della candela, mediante una vista
attraverso la cavità del parallelepipedo.
In figura 11 invece, sezionando la camera mediante un piano passante per il centro della candela, è
possibile individuare il punto di accensione della miscela fredda tra gli elettrodi della candela, zona
dalla quale si propagherà il fronte di fiamma.
2. Il modello CAD della camera di combustione
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Figura 10: Vista inferiore della camera
Figura 11: Sezione testata-cilindro
2. Il modello CAD della camera di combustione
24
Isolando la candela, è possibile osservare al meglio quanto appena descritto.
Figura 12: Punto di avvio della combustione
2.3 Fronte di fiamma
La modellazione del fronte di fiamma è stata effettuata adottando un’ipotesi semplificativa,
considerando cioè la fiamma come una sfera, a causa della complessità del fenomeno reale.
La veridicità di questa assunzione è stata dimostrata sperimentalmente su motori con caratteristiche
simili a quelle del T-Jet adottato in questa sede, in cui la turbolenza è omogenea e la propagazione
del fronte di fiamma è pseudo-sferica.
2. Il modello CAD della camera di combustione
25
Figura 13: Fronte di fiamma
2.3 Assieme finale
Per creare l’assieme finale della camera di combustione si è proceduto utilizzando le seguenti funzioni
di accoppiamento:
- Funzione Abbina tra testata e parallelepipedo per permettere il calcolo dei volumi da parte del
software;
- Funzione Sposta/Copia per accoppiare pistone e camera e renderli concentrici;
- Funzione Sposta/Copia per accoppiare il fronte di fiamma con il pistone e la camera;
- Creazione di due assi e due piani tra gli elettrodi della candela per individuare il punto di
inizio della combustione;
- Funzione Abbina tra fronte di fiamma, pistone e camera per permettere il calcolo delle aree e
dei volumi da parte del software.
2. Il modello CAD della camera di combustione
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Figura 14: Assieme finale
3. Acquisizione dei dati sperimentali
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Acquisizione dei dati sperimentali
Il procedimento di acquisizione dei dati sperimentali ottenuti mediante reiterazione della procedura
CAD è stato effettuato creando in primis una matrice in formato Excel.
La matrice è composta, sull’orizzontale, dai valori dello spostamento del pistone in mm,
corrispondenti ad un determinato angolo di manovella ϑ e sulla verticale dai valori del raggio della
sfera raffigurante il fronte di fiamma.
Per iniziare il processo, viene aperto il file Excel contenente la matrice e, attraverso Solidworks, il
modello della camera di combustione, nonché il file del fronte di fiamma e quello dello stantuffo.
In seguito, si procede all’acquisizione dei dati sperimentali mediante le seguenti operazioni:
1. Lettura dal file Excel del valore dello spostamento del pistone x da sommare al valore Δz di
origine del sistema di riferimento;
2. Lettura dal file Excel del valore del raggio della sfera;
3. Modifica del raggio della sfera r e dello spostamento assiale del pistone Δz sul modello globale
attraverso Solidworks e successiva ricostruzione dello stesso per accertarne la modifica;
4. Lettura del volume e dell’area superficiale dalla sezione Proprietà di massa di Solidworks e
inserimento dei loro valori nelle due matrici sul file Excel;
5. Ripetizione del procedimento per ogni riga e colonna della matrice.
Si riportano di seguito degli esempi ottenuti utilizzando la procedura CAD appena descritta, in cui è
possibile visualizzare le effettive aree e volumi di cui si è parlato.
Caso 1
Considerando i valori:
Δz = -29.65328773 mm
Raggio sfera = 23 mm
Si ottiene il seguente risultato:
Volume = 27200.73 mm3
Area superficie = 5428.49 mm2
3. Acquisizione dei dati sperimentali
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In queste condizioni il fronte di fiamma non ha ancora raggiunto le superfici interne del cilindro e
superiori del pistone.
Figura 1
Figura 2
3. Acquisizione dei dati sperimentali
29
Caso 2
Considerando i valori:
Δz = -33.65328773 mm
Raggio sfera = 50 mm
In cui il pistone è circa a metà corsa e la dimensione della sfera è molto grande, si ottiene il seguente
risultato:
Volume = 126215.65 mm3
Area superficie = 15813.48 mm2
In questo caso si ha la comparsa dell’impronta della geometria superficiale superiore dello stantuffo,
con ampia zona creata dall’intersezione del fronte di fiamma con le pareti del cilindro.
Figura 3
3. Acquisizione dei dati sperimentali
30
Figura 4
Caso 3
Considerando infine la sfera molto grande e il pistone prossimo al PMS:
Δz = -12.65328773 mm
Raggio sfera = 50 mm
Si ottiene il seguente risultato:
Volume = 40714.9 mm3
Area superficie = 11063.38 mm2
La superficie laterale data dall’intersezione con le pareti del cilindro risulta essere diminuita, mentre
l’impronta del pistone permane interamente.
3. Acquisizione dei dati sperimentali
31
Figura 5
Figura 6
Al termine dell’elaborazione sono stati ricavati due grafici, raffiguranti l’andamento delle aree e dei
volumi in funzione dello spostamento assiale dello stantuffo per diversi raggi della sfera del fronte di
fiamma.
Analizzando i due diagrammi si può constatare che, percorrendo una isoraggio, dopo un certo numero
di valori crescenti di area e volume, si raggiunge un livello circa costante dei valori, rappresentabile
con una retta parallela all’asse dello spostamento x del pistone.
3. Acquisizione dei dati sperimentali
32
0.00
10.00
20.00
30.00
40.00
50.00
60.00
70.00
80.00
0 5 10 15 20 25
Vo
lum
i d
el f
ron
te [
cm3]
Spostamento dello stantuffo x [mm]
Raggio20 mm
Raggio25 mm
Raggio22.5mmRaggio30 mm
0.00
5.00
10.00
15.00
20.00
25.00
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Are
e d
el f
ron
te [
cm3]
Spostamento dello stantuffo x [mm]
Raggio 20mm
Raggio 30mm
Raggio 40mm
Raggio 50mm
Raggio 70mm
3. Acquisizione dei dati sperimentali
33
3.1 Anomalia nel calcolo delle aree
Durante la procedura iterativa effettuata mediante Solidworks, è emerso un particolare “anomalo”
riguardante le diverse aree calcolate all’aumentare dello spostamento x del pistone e del raggio della
sfera.
In particolare, si è notata una leggera diminuzione (di circa qualche decimo di mm2) dell’area Ab +
Aub a partire dalle coordinate delle matrice relative a x = 3.5 mm e r = 14.5 mm, fino alle coordinate
x = 75.36 mm e r = 85 mm.
Prendendo a campione due punti della matrice sono stati rilevati i seguenti particolari:
Anomalia con: raggio 16mm e 4 mm < x < 6 mm
Figura 7: x = 4 mm, r = 16 mm
3. Acquisizione dei dati sperimentali
34
Figura 8: x = 4.5 mm, r = 16 mm
Figura 9: x = 5 mm, r = 16 mm
3. Acquisizione dei dati sperimentali
35
Figura 10: x = 6 mm, r = 16 mm
Anomalia con: raggio 55mm e 43.686 mm < x < 49.298 mm
Figura 11: x = 43.686 mm, r = 55 mm
3. Acquisizione dei dati sperimentali
36
Figura 12: x = 45.579 mm, r = 55 mm
Figura 13: x = 47.451 mm, r = 55 mm
3. Acquisizione dei dati sperimentali
37
Figura 14: x = 49.298 mm, r = 55 mm
Con l’ausilio delle figure sopra riportate, si può ipotizzare che questa situazione sia dovuta
inizialmente alla particolare geometria della testa del pistone, che va a creare una concavità sulla sfera
e un appiattimento sulla stessa, visibili in figura 21.
All’aumentare dello spostamento del pistone, a parità di raggio della sfera, l’area della concavità
diminuirebbe più velocemente rispetto all’aumento dell’area relativa alla scomparsa
dell’appiattimento (Figura 22), causando pertanto il lieve abbassamento di area totale.
Successivamente, all’aumentare del raggio sferico e dello spostamento dello stantuffo, le impronte di
quest’ultimo sulla sfera cambiano e l’insieme dei raccordi e concavità create potrebbe essere un
indizio fondamentale per la risoluzione di questo “problema” che tuttavia, globalmente, non reca
alcun disagio sui calcoli effettuati.
4. Verifica dei punti sperimentali
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Verifica dei punti sperimentali
Le aree indicate nel secondo grafico rappresentano, come già precedentemente affermato, la somma
delle due componenti Ab e Aub, mentre nel primo grafico si vedono in ordinata i valori di Vb.
Per procedere ad una verifica dei punti sperimentali è necessario quindi aver ottenuto dal modello
CAD i valori di Ab + Aub e del valore del volume Vb.
Con questi dati si può quindi procedere nella determinazione teorica del valore di Aub tramite
l’espressione:
𝐴𝑢𝑏 = [𝜕𝑉𝑏
𝜕𝑟𝑏]
𝜃=𝑐𝑜𝑠𝑡
che può essere approssimata attraverso il rapporto incrementale:
𝐴𝑢𝑏 ≈ [∆𝑉𝑏
∆𝑟𝑏]
𝜃=𝑐𝑜𝑠𝑡
Pertanto numericamente l’espressione finale di verifica è:
𝐴𝑢𝑏 =𝑉𝑏(𝑟 + ∆𝑟) − 𝑉𝑏(𝑟)
∆𝑟
dalla quale si possono trarre i valori di Aub cercati.
A questo punto per differenza è possibile valutare il valore da Ab tramite:
(𝐴𝑢𝑏 + 𝐴𝑏) − 𝐴𝑢𝑏
I valori di Ab e Aub, ottenuti tramite il procedimento appena illustrato, possono essere confrontati con
quelli elaborati dal programma Multizona, a titolo di verifica della coerenza della procedura seguita.
5. Bibliografia
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Bibliografia
Giancarlo Ferrari – Motori a combustione interna, Edizioni “Il Capitello”, Torino 1992
CRF – Quote pistone per cilindro
Emilio Chirone, Stefano Tornincasa – Disegno tecnico industriale, Edizioni “Il Capitello”,
Torino 1996
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