Download - PROVINCIA DI PIACENZA BOBBIO - Scuola di cinema a Bobbio · 2019-07-24 · 1. N. ella splendida cornice del borgo di Bobbio ritorna l’atteso appuntamento estivo con il Bobbio Film.

Transcript

COMUNE DI BOBBIO

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALIDirezione Generale per il Cinema

Chiostro di San Colombano 27 LUGLIO - 10 AGOSTO 2019

BOBBIOFilmFestivalDirezione artistica Marco Bellocchio

PROVINCIA DI PIACENZA

VENTITREESIMA

EDIZIONE

Sponsor tecnici

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Nella splendida cornice del borgo di Bobbio ritornal’atteso appuntamento estivo con il Bobbio FilmFestival. Giunta alla ventitreesima edizione, la rassegna

riconferma il suo alto profilo e la sua offerta culturale.

Durante le due settimane del Festival proseguono naturalmenteil Seminario residenziale di critica cinematografica e FareCinema, il corso di alta formazione che quest’anno vede il ritornodi Marco Bellocchio in qualità di docente di regia.

Bobbio si animerà così di artisti, critici cinematografici, addetti ailavori, appassionati, stagisti che renderanno più interessante ilmomento caratterizzante del Festival: l’incontro-confronto delpubblico con i registi dopo le proiezioni dei film serali.

Un Festival che, pur mantenendo intatta la sua prima vocazionee la sua autenticità, si rinnova e si impreziosisce grazie allaprogettualità della Fondazione Fare Cinema, alla sinergia delComune di Bobbio e al sostegno di Ministero dei Beni Culturali,Regione Emilia Romagna, Fondazione di Piacenza e Vigevano,Camera di Commercio di Piacenza.

A tutti loro va il nostro più sentito grazie!

Marco Bellocchio, Pier Giorgio Bellocchio, Paola Pedrazzini

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Schede dei film a cura di Anton Giulio Mancino

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PROGRAMMA DELLE PROIEZIONIChiostro di San Colombano ore 21.15

Sabato 27 luglio Il traditore regia di Marco Bellocchio

Domenica 28 luglio Ride regia di Valerio Mastandrea

Lunedì 29 luglio Un giorno all’improvviso regia di Ciro D’Emilio

Martedì 30 luglio Tutte le mie notti regia di Manfredi Lucibello

Mercoledì 31 luglio Dafne regia di Federico Bondi

Giovedì 1 agosto La paranza dei bambini regia di Claudio Giovannesi

Venerdì 2 agosto Il testimone invisibile regia di Stefano Mordini

Sabato 3 agosto Il primo re regia di Matteo Rovere

Domenica 4 agosto Sulla mia pelle regia di Alessio Cremonini

Lunedì 5 agosto In viaggio con Adele regia di Alessandro Capitani

Martedì 6 agosto Gelsomina Verde regia di Massimiliano Pacifico

Giovedì 8 agosto Bangla regia di Phaim Bhuiyan

Sabato 10 agosto Polvere di stelle regia di Alberto Sordi

Alle ore 20.30 prima della proiezione del film

CERIMONIA DI PREMIAZIONE

Ogni sera dopo la proiezione, i registi e gli attori ospiti converseranno con il pubblico, in un dibattito

moderato dai critici cinematografici Enrico Magrelli, Anton Giulio Mancino, Giona Nazzaro.

Comitato di Direzione Artistica: Marco Bellocchio, Pier Giorgio Bellocchio, Enrico Magrelli, Paola Pedrazzini

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La trama

All'inizio degli anniOttanta, profilandosi laguerra tra le vecchiefamiglie della mafiapalermitane e Totò Riinacapo dei corleonesi per ilcontrollo sul traffico didroga, Tommaso Buscetta,soprannominato il “bossdei due mondi”, lascia laSicilia per occuparsi deisuoi affari in Brasilelasciando i figli Antonio eBenedetto. Gli emissari di Riina si accaniscono sucostoro come su parenti e mafiosi avversari. A Buscetta non resta cheparlare con il giudiceFalcone, quindi collaborarecon la giustizia, purdichiarando di non essereun “pentito”. Fatto sta cheper il codice d'onoremafioso questa sceltacostituisce un“tradimento”.

Ospiti della seratail regista MarcoBellocchio, l’attorePierfrancesco Favino,i produttori BeppeCaschetto, Paolo DelBrocco, Simone Gattoni

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Sabato 27 luglio

Il traditoreItalia, Francia, Germania,Brasile 2019

RegiaMarco Bellocchio

Sceneggiatura Marco Bellocchio, LudovicaRampoldi, Valia Santella,Francesco Piccolocon Francesco La Licata

conPierfrancesco FavinoFausto Russo AlesiFabrizio FerracaneLuigi Lo Cascio

Fotografia Vladan RadovicMontaggio Francesca Calvelli Scenografia Andrea CastorinaCostumi Daria Calvelli Musica Nicola PiovaniDurata 148 minuti Distribuzione01 Distribution

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Nell’incipit del film la simulazione di una pace recuperata in extremiscela l’avvio, di lì a poco, dell’inesorabile mattanza sillabata dal pro-gressivo scorrere in sovraimpressione di numeri che offrono un’uni-ca indicazione ugualmente scenica, l’unica possibile, in perfettasintonia con le didascalie relative ai luoghi e alle date dei delitti. Lacronologia, collegata alla geografia e topografia della conta inesora-bile e inarrestabile dei morti, scandisce lo sterminio come in ambitodrammaturgico la suddivisione in atti, parti e scene cadenza il pro-cedimento spettacolare. I morti sono morti, la somma che li riguardacresce a livello esponenziale. Anche piangerli fa parte del rituale, dellascena, appunto, che si ripete, replica dopo replica. Sin dal principio il“teatro” è la chiave di volta del meccanismo scenico e conoscitivo.L’asse portante del divenire. Un divenire narrativo, storico, giudizia-rio, politico assai appariscente e sfrontato, drammatico e melodram-matico a un tempo, debordante di personaggi istrionici e situazionisbalorditive. Il giro di vite, anzi di morti, è talmente risaputo che l’in-dagine si concentra sul conguaglio funebre di una storia altrimentitroppo nota. Donde la necessità ne Il traditore, che consente a Bel-locchio di recuperare la Sicilia “manzoniana” provocatoriamente“mafiosa” de Il regista di matrimoni, di spingersi oltre. Oltre l’evidenzaprobatoria, prediligendo ben altro genere di “prove”. Se il cinema ela televisione, bene o male sul caso Buscetta hanno già dato, se nesono bene o male occupati, non resta che restituire all’insieme untocco, un ritmo, un andamento recitativo.

Anton Giulio Mancino, Cineforum

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La trama

Manca solo un giornoal alle esequiepubbliche di MauroSecondari, il giovaneoperaio scomparsoprematuramente in unincidente sul lavoro. La compagna Carolinae il figlio di dieci anni, inprocinto di prendereparte allacommemorazione, nonsanno come elaborare illutto, né affrontare tutticoloro che desideranodarle conforto inmaniera invadente.

Ospiti della seratail regista ValerioMastandrea e l’attriceChiara Martegiani

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Domenica 28 luglio

Ride Italia 2018

Regia Valerio Mastandrea

Sceneggiatura Valerio MastandreaEnrico Audenino

conChiara MartegianiArturo MarchettiRenato Carpentieri

Fotografia Andrea FastellaMontaggio Mauro Bonanni Scenografia Marta MaffucciCostumi Olivia BelliniMusica Riccardo Sinigallia,Emiliano Di MeoDurata 95 minutiDistribuzione 01 Distribution

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Ogni definizione di lutto è un piccolo atto di presunzione. "Lutto" èuna parola che racchiude tante, troppe cose. Una parola da usarecon cura, da maneggiare con i guanti. Perché il dolore è un canovac-cio instabile e irrequieto, che non dovrebbe conoscere sceneggiaturerigide, tempi e battute prestabilite. Il dolore dovrebbe sentirsi liberodi manifestarsi come meglio crede senza sentirsi in dovere di qual-cosa, senza dover rispettare aspettative, abitudini, riti socialmenteaccettabili. Eppure, Ride è qui a ricordarci che una burocrazia deldolore esiste eccome. L'atteso esordio alla regia di Valerio Mastan-drea è un film che affonda le sue radici sul senso di colpa dei viviche non riescono a versare lacrime. Ride è un'opera prima imper-fetta ma audace, perché non ha paura di trattare il dolore in manieraagrodolce. Il che può accogliere o respingere. Nel dubbio, sappiamoche Valerio Mastandrea è un autore che dirige cinema per soffocaree far esplodere i suoi bisogni. Accade tutto in un film in cui emergeforte una visione d'autore chiara e forte, un'esigenza personale dicarezze e pugni nello stomaco. Sospeso tra dramma e commedia,Ride graffia e accarezza, commuove e ti fa sentire quasi in colpa perqualche sorriso fuori posto. Grazie a un ritratto familiare sentito,Mastandrea scardina il preconcetto che il dolore debba attenersi auno suo galateo funereo e ci scendere a patti con la nostra perce-zione della perdita e del suo inevitabile superamento. Il che lo rendeper forza di cose un film condannato a dividere. Da queste parti gliabbiamo voluto bene.

Giuseppe Grossi, www.movieplayer.it

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La trama

Il diciassettenneAntonio si divide tra lapompa di benzina, ilcampo di calcio e lospazio familiare checondivide con suamadre, laproblematica Miriam.Solo sul campo dacalcio Antonio puòpensare a se stesso,agli amici Peppe eStefano, quindi al suoavvenire. Michele, untalent scout, crede inlui e gli offre unachance: la Primaveradel Parma Calcio.

Ospiti della seratail regista Ciro D'Emilioe l’attrice Anna Foglietta

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Lunedì 29 luglio

Un giornoall’improvvisoItalia 2018

Regia Ciro D’Emilio

SceneggiaturaCosimo CalaminiCiro D’Emilio

conAnna FogliettaGiampiero De ConcilioMassimo De Matteo

Fotografia Salvatore LandiMontaggio Gianluca ScarpaScenografiaAntonella Di MartinoCostumi Rossella ApreaMusica Bruno FalangaDurata 88 minutiDistribuzioneNomad Enterteinment

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Come l’omonimo coro reso famoso dai tifosi del Napoli, Un Giornoall’Improvviso racconta una storia di amore incondizionato e di fe-deltà dove il calcio rappresenta la speranza di una vita migliore. Tuttoquesto è raccontato con una schiettezza che non cede a lusinghenemmeno nel mostrare il mondo del calcio. L’opportunità per il no-stro protagonista non è quella del glamour o dei soldi, ma di un ri-scatto sociale e di vita: la prova che qualcosa può andare bene ancheper questa sgangherata coppia di madre e figlio, il sogno di cancellaredalla mente di Miriam tutta la sua sofferenza.Opera prima di Ciro D’Emilio, è un film intenso e doloroso che conun’ottima recitazione affronta lucidamente il tema della malattiamentale. D’Emilio ha detto di essersi ispirato a Sweet Sixteen di KenLoach per affrontare il difficile rapporto tra madre e figlio adole-scente. Di affine all’opera di Loach in Un giorno all’improvviso c’èanche il tono essenziale, l’intensità degli interpreti e un pessimismoche non cancella la profondità dei sentimenti. La Campania come laScozia o l’Inghilterra del Nord, perché quella che racconta D’Emilioè una storia universale che parla di disperazione, amore e di un suc-cesso che senza affetti perde tutto il proprio significato.

Costanza Morabito, www.cinematografo.it

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La trama

Nelle strade deserte diuna cittadina di mare,l’incontro in una notteautunnale tra ladiciassettenne Sara, infuga da un pericolo, ela quarantenneVeronica offre loroun’improvvisa einimmaginabileoccasione dicambiamento dellerispettive vite. Dal groviglio fatto disegreti, bugie, paure,poco per voltaemergeranno verità,prima che giungal’alba.

Ospiti della seratail regista Manfredi Lucibello,l’attrice BarboraBobulova, i produttoriManetti Bros e Carlo Macchitella

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Martedì 30 luglio

Tutte le mienotti Italia 2018

RegiaManfredi Lucibello

SceneggiaturaManfredi Lucibello,Andrea Paolo Massara

conBarbora BobulovaBenedetta PorcaroliAlessio Boni

Fotografia Gianluca PalmaMontaggio Paolo Cottignola Scenografia Noemi MarchicaCostumiMargherita ZanobelliMusica Yakamoto KotzugaDurata 81 minutiDistribuzione102 Distribution

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L’esordio nel lungometraggio di finzione del fiorentino Manfredi Lu-cibello si muove nel segno del cinema di genere. Un esordio che, na-to sotto l’egida dei fratelli Manetti (qui produttori) sfrutta l’unità ditempo e di luogo per imbastire un atipico ed essenziale thriller. Pro-prio l’essenzialità narrativa è la cifra stilistica principale del film chemuove da uno spunto semplice, diremmo scarnificato, che chiamalo spettatore ad assistere a una vicenda in cui ha pochissimi punti diriferimento. Il film si giova di una struttura thriller che viene dipanatain un racconto – volutamente – immobilizzato, affidata ai dialoghi eal lento svelamento dei personaggi, a un “noir dell’anima” le cui con-seguenze non risultano meno profonde e durature delle declinazionipiù fisiche del genere. La sceneggiatura volge a proprio favore l’es-senzialità del racconto, facendo scaturire la tensione dalle cangiantie ambigue interazioni tra le due donne, e utilizzando in chiave sim-bolica le luci, le ombre e gli spazi della villa che è teatro della storia.In questo senso, la regia accetta senza timore il rischio di scivolarenel formalismo, facendo frequente uso di filtri cromatici e specchi,alludendo a ciò che non viene mostrato tramite il rimando quasionirico, suggerito indirettamente dal luogo che ne è stato testimone.Riflettendo anche, come nello specchio infranto che appare in unasequenza, una personalità “liquida” e in evoluzione come quella dellaprotagonista; unitamente a quella, solo apparentemente più struttu-rata, della sua carceriera/compagna col volto di Barbora Bobulova.

Marco Minniti, www.quinlan.it

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La trama

Dafne, trentacinqueanni, ha la sindrome diDown. Vive insieme aigenitori. Il suo lavoro lepiace. Gli amici e icolleghi le voglionobene. Ma lascomparsa dellamadre stravolge gliequilibri familiari:costretta ad affrontarenon solo il lutto maanche a sostenere ilpadre caduto indepressione, Dafnesfoderadeterminazione etrova la forza direagire.

Ospiti della seratail regista FedericoBondi e gli attoriCarolina Raspanti,Antonio Piovanelli

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Mercoledì 31 luglio

DafneItalia 2019

RegiaFederico Bondi

Sceneggiatura Simona BaldanziFederico Bondi

conCarolina RaspantiAntonio PiovanelliStefania Casini

Fotografia Piero BassoMontaggio Stefano CraveroScenografiaCristiana Del ZottoCostumiMassimo Cantini ParriniMusica Saverio LanzaDurata 94 minuti DistribuzioneIstituto Luce Cinecittà

Dafne, come la sua interprete Carolina Raspanti, è affetta dalla Sindromedi Down. Una forma non tra le più gravi, che ha permesso al regista Fe-derico Bondi di poter lavorare molto bene con l’espressività naturaledi Carolina. Questo rende Dafne un’opera differente e fresca nel pano-rama cinematografico odierno; il tema della malattia è affrontato quicon uno sguardo più immediato, forse meno attento al quadro socialein cui è calato il dramma dei protagonisti. Al cuore delle intenzioni delregista rimane quindi la realtà e i sentimenti che emergono da gesti esorrisi. Dafne e la sua diversità vengono calati in un ambiente prontoad accoglierli, come dimostrano le amicizie più strette oppure l’impor-tante ambiente di lavoro (Carolina, e così la sua Dafne, lavorano in unsupermercato), ma c’è spontanea comprensione anche negli incontrioccasionali, come quello con gli agenti della Guardia Forestale o gli al-bergatori incontrati durante la gita. Non un film che guarda alla disabilitàcon sensibile distacco e attenzione, ma un’opera che la affronta dall’in-terno, dal punto di vista della stessa attrice affetta da questa sindrome.Non si pensi però che la disabilità di questa giovane protagonista siamessa in una sorta di secondo piano, o che la sua presenza sia inseritain un clima di placido idillio o indifferenza. La sua energia è prepotente,inesauribile, quasi innaturale vettore di una positività d’animo che noncessa nemmeno nel momento del lutto, che comunque va superato.

Michele Bellantuono, www.indie-eye.it

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La trama

A Napoli un gruppocomposto daquindicenni voglionoemergere, persinoaiutare i genitorisottoposti al pizzo.Vedono e quindidesiderano soldi, vestitifirmati, motorini nuovi,tavoli riservati indiscoteca. Imparanoben preso amaneggiare le armi,i loro feticci, quindipossono sognare erealizzare di sfrecciarein scooter perprendersi il RioneSanità.

Ospite della seratail regista Claudio Giovannesi

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Giovedì 1 agosto

La paranzadei bambini Italia-Francia 2019

RegiaClaudio Giovannesi

SceneggiaturaMaurizio BraucciClaudio GiovannesiRoberto Saviano

conFrancesco Di NapoliViviana ApreaRenato Carpentieri

Fotografia Daniele CiprìMontaggioGiuseppe TrepiccioneScenografia Daniele FrabettiCostumi Olivia BelliniMusica Andrea MoscianeseDurata 105 minuti DistribuzioneVision Distribution

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La paranza dei bambini, come film a sé stante, prosegue lungo una li-nea guida che si è evoluta a tal punto sul piano artistico che non vapiù in cerca delle cause in chiave didascalica e sociologica, né tanto-meno si pone il problema degli improbabili messaggi. Come in Fratellid’Italia, Alì ha gli occhi azzurri e Fiore, quindi nei suoi inequivocabiliepisodi della serie Gomorra, Giovannesi esplora il mondo che cambiae sceglie come soggetti ideali per interpretare l’esistente quelli piùgiovani, irrisolti, problematici. Con o senza le armi in pugno, con osenza reati alle spalle o all’orizzonte, sono quel che sono, non chesembrano, e si interfacciano con un ambiente preciso. La modularitàdel loro sguardo è significativa di un mondo che c’è, marginale, ne-gletto, indicibile, e spesso somiglia molto a quello che si finge essereagli antipodi, al sicuro, civile. L’apparato oramai ringiovanito anagra-ficamente della compagine oscena napoletana è diventato senzaequivoci talmente speculare e proporzionato al modello nazionalediffuso da non richiedere nemmeno chiose. La paranza dei bambiniin quanto film con cognizione di causa diviene il tassello più avanzato,provocatorio, irrimediabile di coincidenza tra un microcosmo e unmacrocosmo ugualmente violenti, aggressivi, prepotenti, dove prevalela legge tribale. I bambini/ragazzi/adolescenti di Giovannesi si atteg-giano ad adulti, ad essi reagiscono e a maggior ragione scoprono ilproprio fragile carattere, compensato da un’energia comunque po-sitiva, dove l’azione è reazione e soggiace o resiste a contraddizionielementari, errori, gesti tremendi.

Anton Giulio Mancino, Cineforum

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La trama

Adriano Doria, giovaneimprenditore dacopertina, si risveglia inuna camera d'albergoal fianco del cadaveredella sua amante, lafotografa Laura.L’accusa di omicidio difronte all’evidenza èinevitabile. Lui continuaa dichiararsi innocente.La nota penalistaVirginia Ferrara ha conlui un lungo colloquio dacui emergonoretroscena multipli ecangianti.

Ospite della seratal’attrice Miriam Leone

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Venerdì 2 agosto

Il testimoneinvisibileItalia 2018

RegiaStefano Mordini

SceneggiaturaStefano MordiniMassimiliano Catoni

conRiccardo ScamarcioMiriam LeoneFabrizio Bentivoglio

Fotografia Gigi MartinucciMontaggio Massimo Fiocchi Scenografia Paolo BonfiniCostumiMassimo Cantini ParriniMusica Fabio BaroveroDurata 102 minuti DistribuzioneWarner Bros. Pictures

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Lunga vita ai produttori, gli sceneggiatori e i registi nostrani che sisforzano di farci andare al cinema senza tirare in ballo gli immigratio le periferie violente. Con Il testimone invisibile l’offerta prenataliziasi arricchisce di un giallo alla vecchia maniera, ricco di colpi di scena,girato con grande eleganza formale e pieno controllo degli ambienti,recitato bene nonché - dettaglio importante - in grado di contenerea un livello accettabile qualche inevitabile falla della sceneggiaturatratta, peraltro, dal buon thriller spagnolo Contratiempo distribuitoin Italia l’anno scorso solo su Netflix. D’altra parte il cinquantennetoscano Mordini è un professionista duttile e non murato nell’iden-tità dell’autore sprezzante del cinema di genere: considerando il gra-do di difficoltà presentato da un racconto tutto fondato su unintricato gioco di apparenze e un’overdose di dialoghi che attivanoil continuo viavai tra passato e presente, si può dire che sia riuscitoa ribadire il tratteggio raffinato ma mai pretestuoso utilizzato nelprecedente Pericle il nero. Tutto succede in una serie di location delTrentino che stavolta non rispondono, deo gratias, alle esigenze dellaFilm Commission locale bensì interagiscono strettamente non solocon la trama, ma addirittura con gli stati fisici e mentali dei perso-naggi: ne consegue che la suspense del supercollaudato dubbio sul-l’innocenza o la colpevolezza dell’accusato di turno si accentuiproprio grazie alle scene sospese tra un albergo situato a 3200 metrie un bosco fitto e suggestivo che saggiamente s’alternano alle cor-pose parti claustrofobiche dello svolgimento.

Valerio Caprara, Il Mattino

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La trama

I fratelli Romolo eRemo, soli e in grado dicontare l’uno nellaforza dell'altro, simuovono in un mondoremoto e ostilesfidando il volereirriducibile degli Dei.Dal sangue versatonascerà una città,Roma, all’origine delpiù grande imperodella Storia. Il loro è unlegame saldo, intrepido,destinato adalimentare la leggenda.

Ospite della seratal’attore AlessandroBorghi

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Sabato 3 agosto

Il primo reItalia, Belgio 2018

Regia Matteo Rovere

SceneggiaturaFilippo GravinoFrancesca ManieriMatteo Rovere

conAlessandro BorghiAlessio LapiceFabrizio Rongione

Fotografia Daniele CiprìMontaggio Gianni VezzosiScenografia Tonino ZeraCostumi Valentina TavianiMusica Andrea FarriDurata 127 minuti Distribuzione 01 Distribution

Un incipit da kolossal, estremamente verosimile, totalizzante. L’at-teso film da quasi nove milioni di euro di budget, diretto da un co-raggioso giovane innovatore come Matteo Rovere (Veloce come ilvento), ha una partenza sprint da impallidire. Altro cinema rispettoa tinelli e commedie della tradizione, altra roba rispetto ai fellinismid’esportazione per gli Oscar. La voglia di stupire e sconvolgere, dimostrarsi americani a Roma, è vulgata industriale nuova e stimo-lante per tutti. Insomma visivamente il risultato è notevole. Unari-creazione verista, tattile, violenta di un’epoca storica che nelpassato, magari di qualche peplum d’annata, si era contraddistintagiusto per sandalini comodi e pugnali di plastica con la partecipa-zione naif delle star di Hollywood. Affascinante è anche l’immer-sione nella foresta, tutta luci naturali (fotografia di Daniele Ciprì)per il manipolo in fuga. Il primo re, oltre al discorso fondativo della leggenda della nascitadi Roma, curioso espediente drammaturgico ai confini del fantasypiù che dalla storia al cinema, prova a fondare anche un linguaggioautonomo rispetto al milieu linguistico dell’industria del cinemaitaliano. Il proto latino con relativi sottotitoli sono una scelta cheha più di un debito con altri prodotti del settore (vedi il maya yu-cateco in Apocalypto o l’aramaico de La Passione di Cristo) ma il ri-sultato di straniamento culturale vale l’azzardo. Stesso discorsoper questo necessario scioglimento delle acque nell’ambito del-l’action adventure.

Davide Turrini, Il Fatto Quotidiano

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La trama

Stefano Cucchi haappena trentun anniquando muoreall'ospedale SandroPertini di Roma, mentreè in stato di detenzione.Dopo l’arresto, trascorrela sua ultima settimanadi vita tra procedureincomprensibili, violenzee abusi. Una settimanache cambia anche lavita della sua famigliache non riesce avederlo, se non damorto, e che cercainvano di capire.

Ospiti della seratail regista AlessioCremonini e l’attoreAlessandro Borghi

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L’impatto della denuncia che segue una linea politico-indiziaria, offren-dosi come strumento interpretativo e di supporto persino sul frontegiudiziario, comporta un viaggio in un incubo reale fatto di soprusi, re-ticenze, burocrazia, norme vessatorie e legalità calpestata, assume dasubito una valenza da “cronaca di una morte annunciata”, tra le sbarre.Potrebbe essere addirittura un film di fantascienza, ovviamente disto-pica. Un’allucinazione futuristica. Invece siamo in Italia, quella di appenanove anni fa, al cospetto dell’oggi in cui si reclama l’ordine e non si ri-flette su quanto esso debba andare di pari passo con la giustizia umana,la libertà, il diritto. L’interpretazione mimetica impressionante di Ales-sandro Borghi, fisicamente trasformato, è l’oggetto costante dell’in-quadratura orizzontale, calibrata per ospitare il corpo straziato einfermo. Il formato oblungo del Cinemascope, secondo Fritz Lang, erafatto apposta per inquadrare serpenti e funerale. In Sulla mia pelle nonci sono serpenti, ma funerali. Tutto il film ospita cioè il corpo del pro-tagonista già condannato alla posizione orizzontale, come se lo spaziovisivo concesso fosse il perimetro di una bara funebre. Inevitabili per-ciò i rimandi pittorici al Cristo morto di Andrea Mantegna, quindi aMamma Roma di Pier Paolo Pasolini e Salvatore Giuliano di FrancescoRosi e al fitto indotto cinematografico in cui si piangono i morti at-traverso questo riferimento pittorico costante, diuturno, emblematico,simile ad un codice cifrato che restituisce intatta la misura dello sde-gno, della pietà, del disagio civile.

Anton Giulio Mancino, Nocturno

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Domenica 4 agosto

Sulla mia pelle Italia 2018

RegiaAlessio Cremonini

SceneggiaturaLisa Nur SultanAlessio Cremonini

conAlessandro BorghiJasmine TrincaMax Tortora

Fotografia Matteo Cocco Montaggio Chiara Vullo ScenografiaRoberto De AngelisCostumi Stefano GiovaniMusica MokadelicDurata 100 minutiDistribuzioneLucky Red, Netflix

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La trama

Adele non è unaragazza come le altre.Niente tabù oinibizioni. Veste con unpigiama rosa eorecchie da coniglio.Ed è sempre con il suogatto immaginario.In giro sparge post-itcon i nomi di quel chevede attorno. Aldo, unattore teatrale cinico esul viale del tramonto,scopra all’improvviso diessere suo padre.Dirglielo o liberarsidella ragazza?

Ospiti della seratail regista AlessandroCapitani e l’attriceSara Serraiocco

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È raro che un'opera prima riesca e soprattutto che riesca a com-muovere. Ce l'ha fatta Alessandro Capitani con In viaggio con Adele,una commedia intelligente e delicata sulla diversità. Capitani, vincitoredel David di Donatello nel 2016 per il miglior cortometraggio conBellissima, ci regala una storia che tocca la nostra emotività nel pro-fondo, ma che rimane al tempo stesso leggera. Non c'è solo il rapportotra un padre e una figlia, ma c'è una riflessione su ciò che è consideratonormale e sulla paura della diversità. Insieme al protagonista impariamoa non avere paura dell'altro, delle malattie, dei germi, dei sentimenti,della pazzia e in generale della vita. Perché Aldo, come tanti di noi, ecome gli dirà la giovane “non tiene paura di morire, ma di vivere”.Un'affermazione che ci farà capire ben presto quanto la normalità siaun concetto relativo e come talvolta i così detti folli siano più saggidelle persone "normali". Al buon esito del film contribuiscono le mu-siche originali di Michele Braga e la fotografia di Massimiliano Kuveiller.In più alcune scene (come quella dei tampax) e le battute su Servilloe Margherita Buy e insomma sul mondo del cinema in generale dannosicuramente un tocco di ironia davvero originale e apprezzabile. Splen-dido poi il finale con il sottofondo musicale della stupenda Life onMars di David Bowie cantata da Aurora. Brividi e lacrime.

Giulia Lucchini, www.cinematografo.it

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Lunedì 5 agosto

In viaggio conAdele Italia 2018

RegiaAlessandro Capitani

SceneggiaturaNicola Guaglianone

conSara SerraioccoAlessandro HaberIsabella Ferrari

FotografiaMassimiliano KuveillerMontaggio Luciana Pandolfelli Scenografia Andrea CastorinaCostumi Catia DottoriMusica Michele BragaDurata 80 minutiDistribuzioneVision Distribution

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La trama

È una storia vera, notaalle cronache, quella diGelsomina Verde. È laventiduenne diScampia dedita alvolontariato, torturataper ore e infine uccisacon un colpo di pistolanel 2004. Il suo corpoviene dato alle fiammeall’interno dell’autoessendo stata per unbreve periodo laragazza di GennaroNotturno, membro delclan degli “scissionisti”di Secondigliano.

Ospiti della seratail regista Massimiliano Pacifico e il produttoreGianluca Arcopinto

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Martedì 6 agosto

GelsominaVerde Italia 2019

Regia Massimiliano Pacifico

SceneggiaturaMassimiliano PacificoDario De Natale

conMaddalena StornaioloPietro CasellaGiuseppe D’Ambrosio

Fotografia Cristiano Di NicolaMontaggio Cesare Apolito Musica Evan MacDonaldDurata 78 minuti

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Narrare la storia di Gelsomina significa raccontare la comunità in cuiè nata e cresciuta, e per ciò molto intelligentemente il regista Massi-miliano Pacifico si serve di un'altra comunità in piccolo, ovvero un col-lettivo teatrale (Collettivo Mina) gestito qui dal drammaturgo DavideIodice, allo scopo di tentare di mettere in scena un contesto ben par-ticolare. Ciò non significa una semplice rappresentazione del fatto,quanto di un racconto corale che è anche elaborazione meditata at-traverso punti di vista diversi e contraddizioni condivise, unite alla te-stimonianza del fratello di Mina, Francesco, anch’esso perdutosi allorasulla medesima strada fatta di carcere e reati. Il punto più potente del-l’opera di Pacifico è proprio questo emergere di voci che talvolta sisovrappongono incomprese e discordi - il killer, l’amica omertosa, ilfratello, il poliziotto - perché il caso di Gelsomina ha attirato a suotempo sospetti e pregiudizi: perché la ragazza aveva avuto una storiacon un ragazzo poco raccomandabile? Perché la sua famiglia ha accet-tato un risarcimento da Cosimo Lauro, considerato il mandante del-l’omicidio? E in fondo, non è tutta colpa della stessa Scampia, dove finda bambini per tanti viene facile essere automaticamente instradativerso il crimine e l’affiliazione verso una o un’altra famiglia mafiosa? In-vece di assopirsi sugli allori di una facile pietà Gelsomina Verde raccontala struttura sociale dilaniata e corrotta, l’assoluta mancanza di sceltealternative per i giovanissimi, la mafia come figlia e madre di una povertàeconomica, lavorativa e culturale che avvelena ogni appartenente alquartiere. Condanna, ma cerca anche di indagare emotivamente oltrel’istintivo ritrarsi orripilati. È il modo migliore, oltre ogni ritratto mar-tirizzante, per capire la vita e le scelte di una ragazza che ha preferitosporcarsi le mani all’interno del suo mondo sbagliato, per provare amigliorare a migliorarlo, piuttosto che dissociarsene completamente.

Veronica Vituzzi, www.pointblank.it 2019BOBBIOFilmFestival

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La trama

Phaim è un giovanebengalese musulmano.Ha ventidue anni, ènato in Italia, vive con lafamiglia a Torpignattara,lavora come steward inun museo e suona inun gruppo. Durante unconcerto incontra Asia,istintiva, sregolata, moltodiversa da lui. Nascel’amore, che Phaimdovrà conciliare con laprescrizione islamicadella castità prima delmatrimonio.

Ospite della seratail regista Phaim Bhuiyan

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Giovedì 8 agosto

Bangla Italia 2019

Regia Phaim Bhuiyan

SceneggiaturaVanessa PicciarelliPhaim Bhuiyan

conPhaim BhuiyanCarlotta AntonelliAlessia Giuliani

Fotografia Simone D’OnofrioMontaggio Roberto Di TannaScenografia Mauro VanzatiCostumi Patrizia MazzonMusica Dario LanzellottiDurata 86 minutiDistribuzione Fandango

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Ci sono le ombre assertive e scanzonate del primo Nanni Moretti,siccome Ecce Bangla. Si avverte lo stream of consciousness à la Paterson,almeno a dar retta al regista. Ci sono, quantomeno si vedono, le in-fluenze familiari di East Is East e le geometrie di coppia di (500) giorniinsieme. C’è, soprattutto, il nitore acuto e il calmo furore di PhaimBhuiyan, che scrive e si dirige in una commedia sentimentale al tempo,e nei modi, delle seconde generazioni. Diciamolo subito, Bangla è unpiccolo grande film, in cui la povertà dei mezzi è ricchezza ideale,sprone creativo, libertà d’espressione: se le dimensioni contano, anchequelle produttive, qui Tim Vision e Fandango, di più conta il divariotra promessa e fine, premesse e svolgimento, che il ventiquattrenneitaliano di origine bengalese Bhuiyan appiana facilmente e felicemente.Supportato creativamente e fattivamente da Emanuele Scaringi,Bhuyian fa di necessità produttiva virtù estetica: davanti alla macchinada presa è come se ci vivesse abitualmente, dietro predica semplicitàe raccoglie naturalezza, intestando a sé e ad Asia/Carlotta uno sguar-do anagraficamente, emotivamente ed empaticamente all’altezza. Ildato autobiografico, quello spicciamente delle seconde generazioni,si diluisce senza grumi ideologici né sovra-intenzioni politiche nel vol-taggio universale della storia d’amore, nell’indicazione antropologicatipica delle identità multiple e della sintesi auspicabile: si ride, si sor-ride, e mentre lo fai ti accorgi di un surplus di significato, di uno slit-tamento di senso, di una sprezzatura gentile, ovvero di un intentocomprensivo e originale, pubblico e privato.

Federico Pontiggia, www.cinematografo.it

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La trama

A Roma nel 1943 lasoubrette Dea Dani eil comico MimmoAdami, marito emoglie, fanno la fame,in cerca di scrittureanche sottopagate conuna scalcinatacompagniad'avanspettacolo.Durante una tournèein Abruzzo finisconoimprigionati dai fascisti.Liberati e condotti aBari, conoscono con letruppe americane unabrevissima ma intensanotorietà, al TeatroPetruzzelli.

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Sabato 10 agosto

Polvere di stelleVERSIONE INTEGRALERESTAURATA A CURA DELLACINETECA NAZIONALE

Italia 1973

Regia Alberto Sordi

SceneggiaturaRuggero MaccariBernardino ZapponiAlberto Sordi

conAlberto SordiMonica VittiJohn Phillip Law

Fotografia Franco Di GiacomoMontaggio Raimondo Crociani Scenografia Mario GarbugliaCostumi Bruna ParmesanMusica Piero PiccioniDurata 145 minuti DistribuzioneCentro Sperimentale diCinematografia - CinetecaNazionale

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È forse il primo film di Alberto Sordi regista in cui il fatto che l’attoreprincipale diriga gli altri attori appare giustificato. È forse il primofilm di Alberto sordi attore in cui il fatto che l’attore principale sicomporti da gigione appare legittimo. È forse il primo film di AlbertoSordi regista e attore in cui il fatto che accanto all’attore principaleci sia un’attrice principale appare sacrosanto. Polvere di stelle, insom-ma, è un’eccezione che conferma un sacco di regole. Polvere di stelleè un titolo significativo per gli italiani aventi purtroppo diritto a esi-bire un mezzo secolo di debolezze e frustrazioni, in una parola, diesperienze. Traduzione italiana di Stardust di Carmichael, più che auna canzone celebre è apponibile a un sentimento, il sentimento deltempo anacronistico e crudele, cinico e patetico che fu il tempo diguerra qui da noi. Una tragedia in molti casi non vissuta responsa-bilmente, sopportata con riserva mentale, patita quasi irrilevante-mente. La tragedia di una transizione da padrone a padronestraniero. Polvere di stelle camuffa Stardust ai microfoni dell’Eiar e, in-sieme, Polvere di stelle e Stardust camuffano questo sentimento cheera di languore, d’abbandono, di voglia di chiudere gli occhi, di conatod’obnubilamento in attesa che il vecchio padrone sgombrasse e ilnuovo padrone si decidesse ad arrivare. Alberto Sordi, che è straor-dinariamente efficace come interprete armistiziale, ovvero come ita-liano medio smarrito nel 1943, ripete in Polvere di stelle la riuscita diTutti a casa. Gli avvenimenti sono gli stessi, ma, evidentemente, Al-berto sordi è più nel vero ora che rettifica la portata del personaggioprincipale dalla faccia paciosa.

Oreste Del Buono, L’Europeo

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Protagonista della 23a edizione del Bobbio Film Festival è, comesempre, l’alta formazione cinematografica, grazie allo storicolaboratorio Fare Cinema creato e diretto da Marco Bellocchio nel1995 a cui si è aggiunta negli ultimi anni una seconda attivitàformativa, il seminario di critica cinematografica. Come ogni anno, durante il periodo del festival ragazzi e ragazze pro-venienti da tutta l’Italia, selezionati fra i tanti aspiranti che hannomandato la loro candidatura, hanno la possibilità di acquisire specifichecompetenze nel settore del cinema e di seguire tutte le fasi creativedi un'opera cinematografica. Un percorso di ricerca e di scoperta, rivolto a tutti coloro chedesiderano lavorare nel campo cinematografico e che vogliono par-tecipare ad una esperienza cinematografica unica al di fuori dei clichée degli schemi del mercato, accanto a un regista italiano che fa delcinema non un prodotto ma un'arte. L’edizione di quest’anno è diretta da MARCO BELLOCCHIO.

L'offerta formativa si è arricchita negli ultimi anni dell'importanteesperienza del Seminario Residenziale di Critica Cinematografica. Il seminario offre ai partecipanti un’occasione di crescita culturale edi alta formazione, unica nel suo genere: i corsisti hanno infatti lapossibilità di seguire laboratori, lezioni, esercitazioni, affiancate dallavisione dei film, a cura di critici cinematografici delle più importantitestate italiane, nonché di incontrare attori e registi presenti durantele giornate del Bobbio Film Festival.I corsisti possono così imparare o perfezionare attraverso esercita-zioni pratiche e teoriche le forme della recensione, l’attacco e lachiusura di un pezzo, il lavoro sul ritmo della scrittura, la realizzazionedell’intervista e l’analisi del film.

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CORSO DI ALTA FORMAZIONE IN

REGIA CINEMATOGRAFICA

diretto da Marco Bellocchio

BOBBIO25 luglio - 10 agosto 2019

SEMINARIORESIDENZIALEDI CRITICACINEMATOGRAFICA

CINEMA SUMMER SCHOOL

BOBBIO27 luglio - 10 agosto 2019

FORMAZIONE 2019

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Biglietti e abbonamenti

I biglietti e gli abbonamenti possono essere acquistati:

on line nel sito www.comune.bobbio.pc.it

oppure a Bobbio presso l’ufficio IAT (Piazza San Francesco)

dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 18.00

tutti i giorni dall'inizio festival anche dalle 19.30 alle 21.30

presso chiostro di San Colombano piazza Santa Fara.

Per informazioni sull’acquisto di biglietti e abbonamenti:

[email protected]

Informazioni:

Per informazioni sui programmi, le attività, gli ospiti del festival consultare il sito

www.fondazionefarecinema.it o scrivere a [email protected]

Fondazione Fare Cinema

Per informazioni logistiche è possibile anche rivolgersi allo

IAT del Comune di Bobbio,

Piazza San Francesco, 29022 Bobbio (Pc), tel 0523 962815

CREDITS

Direzione artistica e organizzazione

Fondazione Fare Cinema

Logistica e biglietteria

Comune di Bobbio

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Per tutta la durata della manifestazione nel corridoio di accesso alle proiezioni

è allestita la mostra con immagini degli attori e registi

ospiti del Bobbio Film Festival dal 1995 al 2018

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